VITA QUOTIDIANA NEL
GHETTO DI VARSAVIA
UN PERCORSO DI EDUCAZIONE ALLA
CITTADINANZA
Da “Inverno nel mattino” di Janina Bauman
“Chiesi a mio padre cosa significasse ebreo, quando avevo 5
anni…lui trovò molto difficile spiegarlo, non solo alla sua giovane
figlia, ma a se stesso…C’erano ebrei poveri, ebrei benestanti come
la mia famiglia e ebrei molto, ma molto più ricchi di noi…Pensai
che gli ebrei si potevano riconoscere semplicemente dal loro
aspetto: capelli scuri e ricciuti, occhi neri, naso a gobba. Ma anche
questo non funzionava. Zio Josef era biondo…forse c’entravano in
qualche modo la chiesa e la religione. Gli ebrei non andavano in
chiesa…andavano in sinagoga; ma noi non andavamo neanche lì.
E come i non ebrei facevamo l’albero di Natale”.
Ebrei polacchi ortodossi
Janina Bauman, nata Lewinson,
con la sorella Sophie
COSA SIGNIFICA, SECONDO
VOI,
ESSERE EBREO?
È RICONOSCIBILE UN EBREO?
2
1
3
SI PUÓ INDIVIDUARE UN
EBREO?
4
5
6
1
2
3
4
Queste persone, del
tutto irriconoscibili,
sono
state,
in
periodi
e
paesi
diversi, ghettizzate.
5
6
Anticamente il termine ghetto indicava un quartiere della
città in cui gli ebrei erano costretti ad abitare, e dove
venivano rinchiusi durante la notte. Fu istituito da Papa
Paolo IV nel 1555. L'ultimo ghetto di questo tipo ad essere
abolito, fu quello di Roma nel 1870.
GHETTO
Il nazismo ripristinò i ghetti
nell’Est Europa. Solo in Polonia
erano 400. Durante la seconda
guerra mondiale vi
furono
concentrati gli ebrei, privati di ogni
diritto e costretti a vivere in grande
miseria.
Attualmente col nome ghetto si
indica un'area nella quale persone
considerate (o che si considerano)
di un determinato gruppo etnico,
culturale o religioso, vivono in
gruppo volontariamente, più o meno
separati dagli altri.
Il piccolo ghetto di Lugo nel 1600
NEL PASSATO
Foto dell’ex ghetto di Roma
GHETTO
GHETTO
Immagini di ghetti in
Polonia, durante
l’occupazione nazista
Campo nomadi
GHETTO
NEL
PRESENTE
Baraccopoli a Nairobi
L’INVASIONE TEDESCA
Alle 12,40 del 31 agosto 1939 Hitler ordinò che
l’attacco alla Polonia iniziasse alle 4,45 del mattino
seguente. I tedeschi impiegarono 40 divisioni di
fanteria e 14 divisioni corazzate. L’8 settembre
avevano raggiunto i sobborghi di Varsavia.
L’esercito polacco si ritirò a Sud-Est, ma il 17
settembre l’Armata sovietica aveva invaso la parte
est del paese. Il governo polacco prese la via
dell’esilio. Varsavia resistette fino al 28
settembre: perse 10.000 uomini, 50.000 rimasero
feriti.
Il 3 settembre, Inghilterra e Francia avevano
dichiarato guerra alla Germania
Nel 1924 A. Hitler in “MEIN KAMPF”
aveva scritto:
“Esistono razze superiori
destinate a comandare
e razze spregevoli
destinate a servire.
Poiché i tedeschi eccellono
su tutte le razze hanno il
dovere di massacrare
donne e bambini che non
appartengano alla razza
tedesca, e il diritto di guidare
il mondo.”
LEGGI DI
NORIMBERGA
1935
tedesco
Negano agli
EBREI
la
cittadinanza
germanica
Proibiscono matrimoni
e convivenze tra
"ebrei“ e “ariani”
Truppe tedesche sfilano
a Varsavia
Il ghetto di Varsavia fu istituito nell’ottobre 1940. I tedeschi fecero
costruire dei muri per isolare un quartiere in cui avviavano ebrei espulsi
dalla provincia e i 140mila ebrei di Varsavia, mentre i cristiani che vi
risiedevano dovettero trasferirsi altrove. Dal 16 novembre gli ebrei non
poterono più uscire dal ghetto senza speciale autorizzazione. Si trattava di
gente di tutte le età, di tutte le professioni, di tutte le classi sociali, con
cultura e lingua diversi (l'ebreo ortodosso parlava solo l’yiddish, l'ebreo
istruito il polacco). C’erano anche ebrei convertiti che frequentavano le tre
chiese del ghetto. Tutti dovevano portare una fascia al braccio, con la stella
di David. (lettura 1 e 2)
Entrata principale del ghetto. Le porte erano in tutto 14
Gli ebrei si
trasferiscono nel
ghetto
ZONA DI RESIDENZA EBRAICA
2,4% superficie di Varsavia
IL GHETTO
Circondato da un muro
alto 3 m. e lungo 18 km
circa 500.000
ebrei
Parte del muro che separa il
ghetto dal resto della città.
Un militare tedesco sorveglia le mura del ghetto
Alimentazione nel
ghetto
in base al razionamento
spettavano
ai tedeschi 2613 cal.
ai polacchi
agli ebrei 184 cal.
669 cal.
SOVRAFFOLLAMENTO
27.000 appartamenti
circa 8 persone per stanza
mancanza di medicinali,
di cibo , d’igiene
epidemie: 1941, 15.750 vittime del tifo
(lettura
n 3)
Interno di un’abitazione nel ghetto (lett.4)
Donne che lavano vestiti in un rifugio per senzatetto al n. 19 di via Nalewki
Una strada affollata del ghetto. Inverno 1941
Il ghetto di Varsavia era amministrato da un Consiglio Ebraico, Judenrat, nominato
dai tedeschi, presieduto dall'ingegnere Adam Czerniakow. Venne istituito un
corpo di polizia ebraica; furono imposte delle tasse, per tentare di soccorrere i più
poveri. Spettava al Consiglio fornire la manodopera richiesta dai tedeschi.
Czerniakow fa l’appello del corpo di
polizia ebraico
Un’entrata del ghetto. Un tedesco
con poliziotti polacchi
Membri delle SS e poliziotti ebrei nelle strade
del ghetto
Bambini che giocano. Inverno ’41-’42
Una strada del ghetto
Il mercato del ghetto
Nei primi tempi si riesce ad organizzare un reparto di
maternità al n. 35 di via Twarda
Profughi in un rifugio al n.37 di via Nalewki .
Prima il rifugio era un bagno pubblico
Nuovi arrivati celebrano Peshach in un rifugio al n. 6 di via Leszno
Ebrei in fila per una distribuzione di zuppa
Una mensa per i bambini
Bambini che mangiano alla mensa ortodossa di via Twarda 21
Dopo il pasto i bambini si lavano le mani
Il riposo nell’orfanotrofio al n. 10 di via Graniczna
Bambini dell’orfanotrofio di via Leszno n.127
La fame mieteva vittime. Molti morivano nelle strade e i passanti ricoprivano i
cadaveri con giornali. Nel gennaio 1942 ci furono 5.123 decessi, nel maggio 3.363.
I primi a morire erano gli ammalati, i vecchi e i bambini.
(Lett. 5, 6)
I bambini
furono le
prime vittime
della fame
Bambini affamati in strada
Febbraio 1941.
Bambina nel ghetto
Poveri e affamati nel ghetto di Varsavia.
Molti bambini morivano per strada.
Pietre tombali nel nuovo cimitero del ghetto
Gli abitanti potevano uscire solo per il lavoro: sentinelle polacche e tedesche
stavano a guardia delle quattordici porte di entrata, sparando sugli ebrei che si
avvicinavano troppo. Le linee tranviarie, erano state interrotte (una linea speciale
di tram che portava la stella di Sion, funzionava all'interno del ghetto). La posta
era proibita. (lett. 7)
Ebrei al lavoro in una
fabbrica di bambole(1), di
scatole(2), in una sartoria(3).
1
3
2
1942 CONFERENZA DI WANNSEE
SI ORGANIZZA LA SOLUZIONE
FINALE: AVREBBE COINVOLTO
11 MILIONI DI EBREI
OBIETTIVO: GASARE 2500
EBREI ALL’ORA
GEOGRAFIA
DEI CAMPI
GLI EBREI CREDEVANO DI PARTIRE PER
CAMPI DI LAVORO
Il Consiglio Ebraico annunciò la deportazione di tutti gli abitanti del ghetto, tranne
quelli occupati nelle industrie tedesche, o nel Consiglio. In una foresta, a 100 km da
Varsavia, fu creato un campo di sterminio: Treblinka. A Varsavia venne costruita
una piattaforma di raccolta (Umschlagplatz), da dove ogni giorno partivano circa
6.000 ebrei. Dal 22 luglio al settembre 1942 più di 200.000 ebrei di Varsavia furono
condotti alla morte. (lett. N 8)
Rastrellamento di
ebrei, in marcia verso
l’Umschlagplatz
http://www1.yadvashem.org/
exhibitions/Katz/
katz_first.htm
Gente che fugge, prima di una retata (lett. n 9)
Varsavia. Ebrei all’Umschlagplatz in attesa di essere deportati.
Ebrei stanno per essere caricati sui treni
Ebrei che
salgono sui
treni
Il 22 luglio 1942 Adam Czerniakow riceve l’ordine di consegnare 6.000 ebrei ogni giorno.
Scrive nel diario: "… gli ebrei di ogni età e sesso saranno trasferiti ad Est. Oggi dovranno
essere consegnate le prime 6.000 persone. Ogni giorno questa sarà la cifra minima. Per il
momento mia moglie è libera ma, se l'evacuazione non dovesse riuscire, sarà fucilata".
Il 23 luglio Czerniakow scrive : "Sono le tre del pomeriggio. In questo momento sono
pronti a partire in 4.000. Alle 16 dovranno essere 6.000. Le SS vogliono che uccida i
bambini con le mie mani. Non c'è altra via d'uscita: devo morire". Czerniakow si
suicidò con una fiala di cianuro.
Czerniakow e una
pagina del diario
Il tragico destino di migliaia di ebrei fu condiviso anche dal dottor Janusz Korczak
(1878-1942), uno dei migliori educatori nel periodo bellico, autore di manuali
scolastici e libri per l’infanzia, fondatore di diversi orfanatrofi.
Fu ucciso a Treblinka, insieme con i suoi orfani, poiché non aveva voluto
abbandonarli. Lettura n 10, 11
Korczak con i bambini in
una foto dell’epoca
Bambine che pelano patate nell’orfanotrofio al n. 92 di via Krochmalna, di cui
era direttore Janusz Korczak.
Gli ultimi abitanti del ghetto, vedendo che la loro sorte era segnata, si
nascondevano nelle case, altri si facevano murare nelle cantine con qualche
provvista, i più coraggiosi tentarono la fuga. Profondi rifugi furono scavati nel
sottosuolo: prendendo inizio dalla rete delle fognature, un vero ghetto sotterraneo
sorgeva a Varsavia. Iniziava la resistenza ebraica. (lett. N 12, 13, 14)
Varsavia
1943.
Ebrei estratti dai
bunker durante la
soppressione
del
ghetto
Di fronte alla minaccia della liquidazione totale del Ghetto, il 19 aprile 1943,
una rivolta guidata dall’Organizzazione Militare Ebraica, scoppiò nel Ghetto,
sotto la guida di un giovane di 23 anni, Mordechai Anielewicz. (Lett. n 15)
L’incendio del ghetto visto dalla parte ariana
Mordechai Anielewicz
Ebrei catturati durante
l’insurrezione
Altri ebrei catturati
Un’intera famiglia strappata dal proprio nascondiglio
Soldati della milizia ucraina, di guarda ai cadaveri di
ebrei uccisi durante l’insurrezione
Maggio 43. Tedeschi che hanno il compito di far saltare
in aria i bunker, assieme a ebrei che sono stati catturati.
Il ghetto ormai deserto, sta per essere distrutto.
Dove sono finiti tutti i suoi abitanti?
La rivolta durò tre settimane. Vi trovarono la morte tutti i 16 capi della rivolta.
Otto giorni più tardi, un generale delle SS, Jurgen Stroop, distrusse la Grande
Sinagoga, come simbolo della totale distruzione del Ghetto di Varsavia. I
sopravvissuti furono condotti nei campi di sterminio e il Ghetto fu raso al suolo.
Il soldato Joseph Bloshe (condannato a morte nel 1969) scattò questa foto nel 1943, a
prova della distruzione del ghetto, da inviare a Himmler.
Le rovine del ghetto
L’ultimo muro del ghetto
Irena Sendler
Irena Sendler lavorava come assistente
sociale e riesce ad entrare nel ghetto
con la scusa di un controllo sanitario.
Organizza una rete di soccorso per gli
ebrei. Fa parte dell’organizzazione
segreta “Consiglio per l’aiuto degli
ebrei” (Zegota) e si occupa dei
bambini.
Al
momento
delle
deportazioni, ne porta via con
innumerevoli stratagemmi (ceste,
pacchi, ambulanze...) affidandoli a
orfanotrofi e a strutture della Chiesa.
Viene data loro una nuova identità, ma
Irena ne conserva il vero nome per
restituirli ai genitori, a guerra finita.
Il 20 ottobre del ’43 è arrestata e torturata, ma si salva. Continua ad aiutare i bambini.
Finita la guerra consegna la lista ai leader della comunità ebraica, che restituiscono i
bambini ai parenti. Irena ha salvato circa 2500 piccoli. Ha ricevuto il riconoscimento di
“Giusto tra le nazioni” .
Ma la storia non
finisce qui.
I sopravissuti
sperarono in un
futuro diverso, che
garantisse loro pace
e sicurezza.
Ci fu un gran
numero di
matrimoni e di
nascite. La vita
riprendeva .
1946, Due coppie nel giorno del matrimonio, in un campo profughi in Germania. A
destra: Tovah e Yosef Zilberberg; a sinistra: Rachel e Yishayahu Novogrodsky,
16 maggio 1948,
genitori e bambini
a un raduno
sionista, in un
campo profughi
tedesco.
Tutti costoro,
sopravvissuti
ai lager in
Europa,
partiranno
per Israele,
nato due
giorni prima.
Vita quotidiana nel Ghetto di Varsavia
- Letture scelte Da “Inverno nel mattino” di Janina Bauman
“Chiesi a mio padre cosa significasse ebreo, quando avevo 5 anni…lui trovò molto difficile spiegarlo,
non solo alla sua giovane figlia, ma a se stesso…C’erano ebrei poveri, ebrei benestanti come la mia
famiglia e ebrei molto, ma molto più ricchi di noi…Pensai che gli ebrei si potevano riconoscere
semplicemente dal loro aspetto: capelli scuri e ricciuti, occhi neri, naso a gobba. Ma anche questo non
funzionava. Zio Josef era biondo…forse c’entravano in qualche modo la chiesa e la religione. Gli
ebrei non andavano in chiesa…andavano in sinagoga; ma noi non andavamo neanche lì. E come i non
ebrei facevamo l’albero di Natale”.
LETTURA N 1
Fine 1941…Io porto la stella; mi ricordo che ero seduto accanto a mia madre, quando lei mi cuciva la
stella sul cappotto; cucendo cantava e mi diceva: “Che fortuna che hai, figlio mio! Sai quanti pochi
bambini hanno il diritto di portare questa stella?”
A ogni ricreazione i compagni mi saltavano addosso, i maestri guardavano la scena senza intervenire
e io tornavo a casa tutto segnato…
Io avevo l’impressione di battermi per una causa giusta. Ero un eletto, in un certo senso, secondo le
spiegazioni di mia madre. Solo che non avevo scelto di essere un eletto.
Da Claudine Vegh “Non gli ho detto arrivederci”.
Lettura N2
Le forze di occupazione naziste si erano insediate nel paese e vi avevano stabilito il loro ordine
crudele. Tutti i giorni ci giungevano notizie di esecuzioni. Nelle strade di Varsavia, gli ebrei che
indossavano l’abito tradizionale venivano fermati dai nazisti e costretti a compiere umilianti ed
estenuanti esercizi fisici di fronte ai passanti. Le loro barbe venivano crudelmente tagliate insieme a
lembi di pelle. Il bracciale bianco con la stella di Davide blu divenne obbligatorio per tutti gli ebrei
sopra i tredici anni.
Da “Inverno nel mattino” di Janina Bauman
LETTURA N 3
Il dottore che chiamammo, subito confermò i sospetti: era tifo. Ordinò alcune medicine contro i dolori
e la febbre e chiamò un’unità sanitaria. I pochi ospedali del ghetto erano pieni di malati fino a
scoppiare, le forniture di medicinali erano scarse; la sola cosa che un medico ebreo poteva fare per un
paziente ebreo era ordinargli di stare a letto, se ne aveva uno.
Da “Inverno nel mattino” di Janina Bauman
LETTURA N 4
12 giugno 1941
Il ghetto va affollandosi sempre più; abbiamo in questo momento un afflusso costante di nuovi
rifugiati.
Questi disgraziati sono laceri e scalzi, con gli occhi tragici di chi muore di fame. Sono in gran parte
donne e bambini. Affidati alla carità pubblica, vengono inviati nei cosiddetti asili, dove presto o tardi
moriranno.
Mi sono recata a visitare uno di questi rifugi. Una casa squallida, che stringe il cuore. Le pareti delle
stanze sono state abbattute per formare grandi sale: non ci sono bagni, né gabinetti, le condutture sono
distrutte. Lungo le pareti sono allineate le brande fatte di tavole coperte di stracci. Si vede qua e là
qualche sudicio piumino. Ho visto coricati sul pavimento bambini sporchi, seminudi, scossi da un
pianto convulso. In un angolo era seduta, in lacrime, una deliziosa bambina di quattro o cinque anni.
Non ho potuto impedirmi di accarezzare i suoi capelli biondi spettinati. La bambina mi ha guardato
con i suoi grandi occhi azzurri e mi ha detto: “Ho fame”. Ho provato un sentimento di profonda
vergogna.
Dal “Diario” di Mary Berg
LETTURA N 5
4 novembre 1940
Da ogni parte del paese il popolo ebraico è arrivato a Varsavia con le mani vuote.
A migliaia mendicano per le strade, ti accerchiano, ti tirano la manica, danno prova di una
immaginazione fuori del comune per toccare il cuore dei passanti. Ho incontrato un gruppo di
bambini dai quattro ai dieci anni: con le voci ben intonate cantavano canzoni che esaltavano il dolore
degli ebrei.
Da “Cronaca del ghetto” di Kaplan
Lettura n 6.
18 aprile 1941
Due ragazzini chiedono l’elemosina nella strada vicino al nostro portone. Li vedo ogni volta che esco.
Magari sono bambine, non lo so. Hanno la testa rapata, sono coperti di stracci, i loro faccini
spaventosamente emaciati fanno venire in mente più degli uccelli che degli esseri umani.
I loro occhi neri, tuttavia, sono umani; così pieni di tristezza… Il più piccolo potrà avere cinque o sei
anni, il più grande forse dieci. Non si muovono, non parlano. Il più piccolo sta seduto sul marciapiedi,
il più grande sta in piedi e stende la mano magra come un artiglio.
Da Janina Bauman “Inverno nel mattino”
LETTURA N 7
Quando ripenso a questo primo inverno nel ghetto, sento ancora il pungente miscuglio di odori
prodotti della lampada a cherosene, la sera. Per la maggior parte del tempo non ci fu energia elettrica,
e tutte le finestre furono accuratamente oscurate, così che dopo i precoci tramonti invernali le strade
erano completamente buie – ovunque nelle città occupate della Polonia, non soltanto nel ghetto. Ma
nel ghetto era pressoché impossibile camminare la sera. C’era così tanta gente che cercava di aggirarsi
nell’oscurità delle strade che era un continuo scontrarsi e inciampare gli uni contro gli altri. Spille
fluorescenti da appuntarsi sul bavero, inventate e vendute da qualche ingegnoso artigiano a chi poteva
permettersele, erano di qualche aiuto.
La cosa che più cercavamo di evitare era il contatto fisico con gli sconosciuti. C’era già una massa di
disperati che vivevano accanto ai più fortunati…I profughi delle piccole città di provincia, privati dai
nazisti delle loro case e dei loro beni e ridotti a straccioni, erano stipati nel ghetto a forza. Gli esseri
laceri, affamati e senzatetto che sfioravamo passando per le strade erano coperti di pidocchi e spesso
soffrivano di malattie infettive.
La propaganda nazista giocava su questo fatto, sostenendo che gli ebrei erano portatori di pidocchi e
germi. I tedeschi ci temevano veramente per questo e entravano raramente nel ghetto, tranne che su
veicoli blindati. Ciò ci faceva sentire più sicuri adesso, nel ghetto, che prima, sempre esposti alla
violenza esterna.
Da “Inverno nel mattino” di Janina Bauman
LETTURA N 8
Il 22 luglio del 1942, cominciò la deportazione in massa (Aktion) degli ebrei del ghetto. Dopo qualche
giorno non c’erano più mendicanti sdraiati sui marciapiedi e non si sentivano più implorazioni
d’aiuto. I “rifiuti umani” erano stati spazzati via e messi sui treni. Anche gli orfanotrofi del ghetto, i
ricoveri per gli anziani e i precari alloggi dei profughi erano stati a poco a poco svuotati. Ora i nazisti
con l’aiuto delle truppe ucraine e lettoni, oltre che della polizia ebraica, lanciarono una caccia
sistematica casa per casa. Gli edifici venivano circondati dalle truppe, tutte le porte e le uscite
bloccate, i residenti radunati nei cortili. Venivano controllati i loro documenti. Solo quelli in possesso
di un Ausweis che provava la loro utilità per i tedeschi erano esentati dalla deportazione. Tutti gli altri
erano costretti a mettersi in fila e a marciare verso l’Umschlagplatz. Nel frattempo, gli appartamenti
erano perquisiti; chiunque veniva trovato nascosto era di regola ucciderlo sul posto.
La casa venne circondata e isolata all’alba. Dal nostro appartamento al quinto piano udimmo lo
strepito dei soldati che irrompevano nel cortile, il suono lacerante del fischiettio, e quindi l’ordine
assordante: “Tutti gli ebrei fuori, in fretta, in fretta, tutti gli ebrei giù”. Poi lo scalpiccio di decine di
piedi che si precipitavano giù, giù verso la rovina. E quindi urla, gemiti, fischi, lamenti, dal cortile…
due soli spari… un confuso agitarsi di violenza e disperazione.
Noi restammo nel nostro appartamento. Avevamo già da tempo deciso di non obbedire, di non
scendere. Essere uccisi all’istante con un solo colpo di pistola ci sembrava assai preferibile al lungo e
lento processo di una morte dolorosa e umiliante. Inoltre non c’era alcuna speranza di sopravvivenza
nell’obbedire all’ordine, mentre poteva forse essercene qualcuna nel disobbedire. Perciò restammo
sedute immobili, in ascolto.
Ben presto ci giunse un fragore di pesanti stivali su per le scale, di serrature scardinate, di porte
abbattute: i cacciatori frugavano negli appartamenti. Li sentimmo salire sempre più su, al terzo piano,
poi al quarto... Non avevamo ormai che qualche minuto.
Aspettavamo.
Poi all’improvviso un lungo fischio lacerante e un ordine in tedesco dal cortile ad annunciare la fine
della retata, a richiamare indietro tutti i cacciatori.
Eravamo sopravvissuti.
Da Janina Bauman, “Inverno nel mattino”.
LETTURA N 9
Passammo quattro giorni nascosti dietro la credenza, quindici persone pigiate come sardine in quel
ripostiglio vuoto e oscuro. C’erano tre bambini piccoli con noi, che avrebbero potuto scoppiare a
piangere tradendo così il nostro nascondiglio in qualsiasi momento. Il caso volle che non lo facessero.
Il primo mattino il nostro appartamento venne invaso e perquisito. Potevamo sentire voci aspre e passi
pesanti provenire dalle nostre stanze. Qualcuno gettò un’occhiata dietro la credenza e disse in tedesco
che era vuota. Poi i cacciatori si allontanarono. Eravamo sopravvissute ancora una volta.
Da Janina Barman “inverno nel mattino”
Lettura n 10
Varsavia soffriva la fame, ma Januz Korczak riusciva sempre a trovare i viveri per i suoi bambini
[…]. Venne l’ordine di deportare tutti gli ebrei […].
Non si sa se avesse spiegato ai bambini del suo orfanotrofio a che cosa dovessero prepararsi e dove
sarebbero stati condotti. Si sa soltanto che quando gli assassini assalirono la casa di via Sienna 16
[…], i duecento innocenti condannati a morte non piansero […]. Si stringevano al loro maestro…
Fino ad oggi non si è saputo dove sia finito Korczak con i duecento orfani. Secondo ogni probabilità,
nessuno di loro è sopravvissuto.
Da Giosuè Perle, “La Distruzione Di Varsavia”, diario trovato sotto le macerie del ghetto.
LETTURA N 11
Agosto 1942
L’asilo infantile del dottor Januz Korczak è ora vuoto […] Abbiamo visto i tedeschi circondare la
casa. File di bambini che si tenevano per mano hanno cominciato a uscire. C’erano tra loro
creaturine di due o tre anni; i più grandi arrivavano forse ai tredici. Ognuno portava in mano un
fagotto e indossava un grembiule bianco. Camminavano a due a due, calmi, sorridendo, senza
sospettare nemmeno lontanamente la loro sorte. Il corteo era chiuso dal dottor Korczak […] La casa
ora è vuota; le guardie puliscono le stanze dei bambini assassinati .
Da Mary Berg , “Diario”.
Lettura n 12
La seconda ondata di deportazioni cominciò il 18 gennaio 1943 quando i nazisti fecero irruzione nel
ghetto, circondarono molti edifici e deportarono i suoi abitanti a Treblinka. Liquidarono l’ospedale,
uccisero i pazienti e deportarono il personale. Molti operai che erano stati impiegati fuori del ghetto
furono inclusi fra i deportati. Le organizzazioni clandestine, male equipaggiate e scarsamente
preparate, opposero nondimeno una resistenza armata che si risolse in quattro giorni di guerriglia per
le strade… Come risultato, la seconda ondata di deportazioni venne sospesa dopo quattro giorni, nel
corso dei quali i tedeschi riuscirono a mandare solo 6.000 ebrei a Treblinka. Circa 1000 vennero
uccisi nel ghetto stesso.
Da Enciclopedia Judaica
Lettura n 13
Fuga dal ghetto.
La mamma, Sophie ed io lasciammo il ghetto di Varsavia il 25 gennaio 1943. Verso sera ci mettemmo
addosso tutti i vestiti che avevamo e ci riempimmo le tasche dei nostri piccoli tesori: nel mio caso, il
mio diario e la fotografia di Roman. Portare dei fagotti con noi era fuori questione, visto che
dovevamo fingere di andare a lavorare. Ci unimmo alla folla di operai radunati nel cortile del
Consiglio ebraico e ci presentammo alla guardia di servizio, che aveva promesso a Julian di farci
uscire dal ghetto. Ci disse di allinearci in testa alla colonna e ben presto ci trovammo a guidare la
misera processione verso l’uscita del ghetto. L’attraversammo in fretta, seguite dagli operai. Ora
eravamo oltre le mura. Nel più profondo silenzio, la colonna procedeva attraverso la zona deserta che
separava il ghetto dalla parte “ariana”.
Da Janina Bauman “Inverno nel mattino”
LETTURA N 14
PROCLAMA
Pena di morte per chi presta assistenza agli ebrei che hanno abbandonato le aree residenziali ebraiche
senza permesso.
Numerosi ebrei hanno recentemente abbandonato senza permesso le aree residenziali a cui erano stati
assegnati. Essi si trovano ancora nel distretto di Varsavia.
Con ciò dichiaro che, in virtù degli attuali decreti…non soltanto gli ebrei che hanno abbandonato le
aree residenziali loro assegnate saranno puniti con la pena di morte, ma che la stessa punizione verrà
applicata a qualsiasi persona che consapevolmente assiste tali ebrei… Con ciò ordino alla popolazione
di Varsavia di informare immediatamente la più vicina stazione di polizia della presenza di qualsiasi
ebreo…
Varsavia 6 settembre 1942
L’Alto Comandante delle SS e della Polizia
Distretto di Varsavia
Lettura N 15
Il mattino seguente fui svegliata dal fragore di violente esplosioni. Era il giorno dopo la Domenica
delle Palme e per un po’, nel dormiveglia, mi chiesi perché mai qualcuno avesse scelto di annunciare
la resurrezione con sei giorni di anticipo. Ma ben presto mi resi conto che stava accadendo qualcosa di
diverso. Si sentiva un violento crepitare di mitragliatrici. Halina corse fuori in vestaglia per vedere
cosa stava accadendo. Tornò sconvolta. La gente per la strada sapeva già: una battaglia infuriava
dietro le mura del ghetto.
Da “Inverno nel mattino” di Janina Bauman