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comunicazione realizzato dall’associazione Accatagliato degli studenti di Fisica dell’Università Sapienza di Roma con il
duplice obiettivo di mostrare al pubblico non specialistico e
agli studenti delle scuole superiori le ricerche portate avanti
nell’area romana e di fornire l’occasione agli studenti universitari e ai giovani ricercatori di raccontare il proprio lavoro
quotidiano e di confrontarsi con la comunicazione scientifica
non specialistica.
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Indice
num. 4, Febbraio 2011
EDITORIALE
Luce e computer quantistici
Le mille facce di una rivoluzione
tecnologica
5
di F. Sciarrino e P. Mataloni
Le leggi della meccanica quantistica applicate all’immagazzinamento, la manipolazione e la trasmissione
dell’informazione porteranno a un notevole avanzamento
nella risoluzione di vari problemi, impossibili da affrontare
con la tecnologia attuale. L’ottica quantistica è un ottimo
approccio sperimentale per la verifica di diversi concetti
introdotti nell’ambito dell’informazione quantistica
Abbiamo appena festeggiato il cinquantesimo compleanno
del laser, una rivoluzione scientifica e tecnologica che
ha segnato come nessun’altra la ricerca di base, quella
applicata e la vita quotidiana. Un’occasione d’oro per
ribadire il successo di molte linee di ricerca a noi vicine che
hanno il laser come obiettivo o che nel laser trovano uno
strumento essenziale
Laser ad elettroni liberi
LE SPALLE DEI GIGANTI
Tutt’altro che un perdente
6
di D. Giovannini
Se Gordon Gould avesse seguito il suggerimento linguistico
di Arthur Schawlow, avremmo appena celebrato il cinquantennale del loser. Ma il laser è tutt’altro che un perdente:
nato come soluzione in cerca di un problema, il laser è
ormai una delle applicazioni tecnologiche più diffuse e di
successo della teoria quantistica di luce e materia
13
16
di M. Ferrario
Da un prodotto ritenuto di scarto degli acceleratori di
particelle, la luce di sincrotrone, nasce una tecnologia che
sta aprendo la strada a tecniche innovative di microscopia
con applicazioni in nanotecnologia, biologia e medicina
Luce sull’atmosfera: il LiDAR
19
di R. Garra e G. Casasanta
Dal pulviscolo in atmosfera, alla morfologia dei fondali
marini al disboscamento virtuale delle zone sismiche:
un’applicazione del laser che non smette di sorprendere
IL RICERCATORE ROMANO
Accelerazione laser-plasma
10
di S. Martellotti
Passare dai chilometri dell’anello di LHC a pochi centimetri aumentando la potenza dei futuri acceleratori di
particelle: è la promessa ambiziosa dell’applicazione del
laser alla fisica del plasmi, in sperimentazione nell’ambito
del progetto PlasmonX di Frascati
RECENSIONI
Il fascino sottile del laser
22
di A. Cimarelli
Ciò che del laser stupisce è la sua pervasività: a mezzo
secolo di distanza dal primo prototipo se ne continuano a
inventare nuovi tipi e a scoprirne inattese applicazioni
accastampato num. 4, Febbraio 2011
3
accastampato
Rivista degli Studenti di Fisica
dell’Università Sapienza di Roma
www.accatagliato.org
EDITORIALE
R EDAZIONE
[email protected]
Le mille facce di una rivoluzione tecnologica
Alessio Cimarelli
[email protected]
Carlo Mancini
È passato poco più di mezzo secolo da quando Theodore Maiman “accese” nel 1960 il suo rubino sintetico producendo la prima luce laser della storia, basandosi sulle intuizioni di Albert Einstein di quarantatre anni prima. Cinquant’anni in cui un’invenzione predestinata ad avere un successo straordinario
ha mantenuto tutte le sue promesse e continua a stupire per le sue infinite applicazioni.
[email protected]
Silvia Mariani
[email protected]
Leonardo Barcaroli
Daniele Giovannini ci tratteggia cosı̀ in Tutt’altro che un perdente una lunga storia fatta di competizione tra istituzioni scientifiche, di battaglie per i brevetti, di idee presenti nell’aria che aspettavano
solo le condizioni giuste per concretizzarsi, a partire da un gioco di parole di Arthur Schawlow che
non avrebbe fatto giustizia a un’invenzione di cosı̀ grande successo.
[email protected]
Tanto successo che nell’era di LHC, l’acceleratore di particelle più grande di sempre, l’inedita accoppiata di laser e plasma fa intravedere un futuro di acceleratori molto più potenti degli attuali, ma
decisamente più piccoli, quasi da scrivania. Silvia Martellotti in Accelerazione laser-plasma ci apre
le porte di PlasmonX, esperimento unico al mondo di accelerazione di particelle tramite plasma, che
nei Laboratori Nazionali di Frascati tenta di concretizzare l’idea di due fisici americani appassionati
di surf.
Niccolò Loret
Il laser non è solo uno dei concetti più usati nella fantascienza, ma entra a pieno titolo anche nelle
linee di ricerca più avanzate della fisica moderna, come quelle attorno al computer quantistico e al
teletrasporto. In Luce e computer quantistici Fabio Sciarrino e Paolo Mataloni ci offrono un rigoroso
spaccato di questo mondo entangled, aggrovigliato, in cui i protagonisti indiscussi sono i qubit e le
applicazioni possono avere un impatto ancora difficilmente immaginabile, ma che ha tutte le carte in
regola per segnare il secolo in cui viviamo.
Erica Chiaverini
[email protected]
Roberto Garra
[email protected]
[email protected]
Isabella Malacari
[email protected]
Massimo Margotti
[email protected]
Angela Mecca
[email protected]
Kristian A. Gervasi Vidal
[email protected]
C OMMISSIONE
Giorgio Parisi
SCIENTIFICA
Laser a rubino, a gas, a diodi. . . vien da chiedersi quanti laser esistano. Massimo Ferrario ce ne propone
un tipo con un carattere da fuoriclasse: il laser ad elettroni liberi, FEL (da free electron laser per
gli amici, che aprirà la strada a tecniche di microscopia di altissimo livello, con applicazioni nelle
nanotecnologie, in biologia, in medicina. Il tutto a partire da un prodotto di scarto degli acceleratori di
particelle ad anello, la luce di sincrotrone, che negli anni ’40 era visto con fastidio e che oggi, invece,
è uno degli strumenti più potenti di indagine della struttura della materia.
[email protected]
Un laser, si sa, può essere puntato in qualsiasi direzione. Perché non in cielo? Ecco che in Luce sull’atmosfera, il LiDAR, Roberto Garra e Giampietro Casasanta ci presentano con dovizia di particolari
questo versatile strumento di misura delle caratteristiche atmosferiche, a partire da quello realmente
montato sul tetto dell’Edificio Fermi di Fisica presso l’Università Sapienza di Roma. Nulla evita però
di puntare lo stesso strumento verso il mare o direttamente in terra. Sempre il LiDAR rimane protagonista, con le sue innumerevoli applicazioni di telerilevamento dei fondali oceanici e dei profili costieri
e di mappatura del suolo.
Riccardo Faccini
Davvero poche innovazioni tecnologiche come quella del laser possono insomma vantare un successo
cosı̀ trasversale. Dalla ricerca di base a quella applicata, dai processi di produzione industriale all’intrattenimento e alla vita quotidiana, i laser sono ormai presenti un po’ ovunque e sempre più fanno
impallidire la fantasia degli autori di fantascienza che se ne avvalgono nelle loro opere. Ecco una
preziosa occasione per dare un’occhiata più da vicino a questo straordinario strumento e per scoprire
la ricerca di altissima qualità che si avvale delle sue caratteristiche uniche, a pochi chilometri dalle
nostre case.
Giovanni Battimelli
[email protected]
Fabio Bellini
[email protected]
Lara Benfatto
[email protected]
[email protected]
Francesco Piacentini
[email protected]
Antonio Polimeni
[email protected]
Antonello Polosa
[email protected]
H ANNO CONTRIBUITO
R. Garra e G. Casasanta, A. Cimarelli, M. Ferrario, D. Giovannini, S. Martellotti, F. Sciarrino e P.
Mataloni.
Buona lettura!
S I RINGRAZIANO ANCHE
Donald E. Knuth, Leslie Lamport, il
TEX Users Group (www.tug.org)
e Gianluca Pignalberi
Con il patrocinio del
accastampato num. 4, Febbraio 2011
Tutt’altro che un perdente
Un’invenzione che ha rivoluzionato la fisica moderna e la vita quotidiana
Daniele Giovannini
(Dottorando presso il gruppo di ottica dell’Università di Glasgow)
Se Gordon Gould avesse seguito il suggerimento linguistico di
Arthur Schawlow, avremmo appena celebrato il cinquantennale
del loser. Ma il laser è tutt’altro che un perdente: nato come soluzione in cerca di un problema, il laser rappresenta ormai una delle applicazioni tecnologiche più diffuse e di successo della teoria
quantistica di luce e materia.
ciò che fino a quel momento era noto come maser ottico. Il laser, Schawlow obiettò, è più un oscillatore che un amplificatore:
l’amplificazione avviene infatti facendo letteralmente rimbalzare
avanti e indietro le particelle di luce, i fotoni, all’interno di una cosiddetta cavità risonante. Il nuovo dispositivo proposto da Gould,
suggerı̀ Schawlow, avrebbe dovuto quindi più appropriatamente
essere chiamato L . O . S . E . R . (che in inglese, incidentalmente, vuol
dire perdente), da Light Oscillation by Stimulated Emission of
Radiation. Ma il laser, nei decenni successivi alla sua ideazione e
alla realizzazione del primo prototipo funzionante, si è dimostrato tutt’altro che un perdente: ha rivoluzionato la fisica moderna,
molte tecniche di indagine scientifica e, attraverso innumerevoli
applicazioni tecnologiche, la nostra vita quotidiana.
Dal maser al laser
Figura 1 – Charles Townes e James Gordon con il loro secondo dispositivo maser del 1955. Da http://aip.org/history/exhibits/
laser/sections/themaser.html.
Loser?
Nel 1951 Arthur Schawlow, un valente fisico statunitense di origini lettoni-canadesi, lasciò i laboratori Bell per iniziare a lavorare
all’Università di Stanford. Charles Townes, amico e cognato di
Schawlow, racconta di come quest’ultimo, nel nuovo contesto accademico, si rivelò un insegnante brillante e un arguto umorista.
Tra i molti aneddoti raccontati su Schawlow, uno riguarda una
conferenza tenutasi nel 1955. Schawlow presiedeva una sessione durante la quale Gordon Gould presentava un lavoro dal titolo
“The L . A . S . E . R ., Light Amplification by Stimulated Emission of
Radiation”1 , quello con il quale fu introdotto, a opera dello stesso
Gould, l’acronimo che avrebbe presto universalmente sostituito
Fu Albert Einstein nel 1917 a introdurre l’idea secondo la quale è
possibile stimolare sistemi di atomi o molecole eccitati attraverso un’opportuna interazione con la radiazione elettromagnetica,
in modo tale che questi producano altra radiazione, amplificando
in tal modo quella originariamente inviata al sistema. Il concetto
di emissione stimolata rimase di interesse prevalentemente teorico fino all’inizio degli anni Cinquanta, quando furono ideati e
realizzati i primi maser. Il maser è un dispositivo che amplifica attraverso emissione stimolata le vibrazioni di un sistema di
molecole per rilasciare energia in forma di luce e calore. In generale un atomo che si trova in uno stato eccitato e che interagisce con un’onda elettromagnetica a una certa frequenza può, con
una probabilità ben determinata, decadere a un livello energetico
inferiore, trasferendo l’energia cosı̀ rilasciata al campo elettromagnetico circostante. Si produce cosı̀ radiazione con la stessa
frequenza e direzione di quella originariamente incidente. I primi
maser, descritti e sviluppati tra il 1952 e il 1960, erano in grado
di emettere radiazione in forma di microonde, da cui le due prime lettere dell’acronimo (Microwave Amplifier). Nikolaj Basov
e Aleksandr Prokhorov, che nel 1964 vinsero insieme a Townes
il premio Nobel per la fisica, svilupparono nel 1955 un maser capace di produrre radiazione continua, utilizzando la transizione
delle molecole tra due diversi livelli energetici superiori a quello
fondamentale, di riposo, del sistema2 .
2
1
6
“Il L . A . S . E . R ., amplificazione della luce attraverso emissione
stimolata di radiazione”.
In accordo con la teoria quantistica gli elettroni si dispongono attorno al nucleo atomico su livelli energetici ben precisi e in conseguenza a emissione o assorbimento di energia possono saltare da un
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LE SPALLE DEI GIGANTI
Proprio in quegli anni, nel 1957 ai laboratori Bell, Charles Townes
e Leonard Schawlow tentarono di estendere i principi di funzionamento del maser dalle microonde alla radiazione infrarossa. I
progetti per lo studio di un maser infrarosso furono però presto
abbandonati in favore di un amplificatore di luce visibile, o maser
ottico. I risultati teorici di Townes e Schawlow furono pubblicati nel 1958, nello stesso anno in cui i Bell Labs inoltravano la
richiesta di brevetto per la proposta del maser ottico.
evoluzione parallela di un’idea scientifica e degli attriti che possono nascere quando una tale idea è tanto figlia dei tempi quanto
di un affollato pantheon di menti brillanti. Contemporaneamente a Townes e Schawlow e dopo una conversazione con il primo,
infatti, Gordon Gould, all’epoca studente di dottorato alla Columbia University, annotò durante il lavoro per la propria tesi l’idea
di usare un risonatore, cioè uno spazio cavo all’interno del quale il campo elettromagnetico oscilla naturalmente a ben precise
frequenze, per realizzare un laser. Fu però Prokhorov, sempre
nel 1958, a pubblicare per la prima volta nell’Unione Sovietica
una proposta sperimentale basata su un risonatore ottico. Tale
proposta fu formulata poco prima che Schawlow e Townes, apparentemente all’oscuro della pubblicazione di Prokhorov e del
lavoro inedito di Gould, iniziassero a lavorare a uno schema sperimentale basato proprio sul tipo di risonatore ideato da Gould e
Prokhorov.
Gould inviò all’inizio del 1959 una propria richiesta di brevetto
per la sua idea di maser per luce visibile basato su un risonatore.
Il rifiuto della richiesta di Gould da parte dell’ufficio brevetti statunitense, che assegnò infine l’anno successivo l’ambito brevetto
ai Bell Labs, dove lavoravano Schawlow e Townes, fu l’inizio di
una battaglia legale che si sarebbe protratta per ventotto anni. Fu
infatti solo nel 1987 che un Gould quasi settantenne si vide riconosciuta dall’ufficio brevetti la paternità intellettuale dei principi
del moderno laser.
Figura 2 – La pagina di quaderno in cui Gordon Gould coniò il termine
laser nel 1957. Da http://en.wikipedia.org.
Evoluzioni parallele e convergenze
tecnologiche
In realtà già negli anni Trenta le tecniche e le conoscenze teoriche
necessarie a realizzare un laser erano disponibili: solo un quarto
di secolo più tardi, però, gli eventi avrebbero fatto sı̀ che tecniche
precedentemente disconnesse convergessero in un’unica direzione di ricerca. La nascita del laser costituisce un ottimo esempio di
livello all’altro. Quando ciò avviene, si dice che vi è una transizione
energetica dell’atomo.
Sorprendentemente, però, la corsa al laser tra la fine degli anni
Cinquanta e l’inizio dei Sessanta tra Columbia University, Gould
e la TRG Corporation, i Westinghouse Research Laboratories,
l’IBM e i Bell Labs non fu vinta da nessuno dei maggiori contendenti. Messo ormai da parte il termine maser ottico, o maser a
luce visibile, quello che a pieno diritto può essere considerato il
primo laser funzionante fu infatti realizzato nel 1960 da Theodore H. Maiman agli Hughes Research Laboratories in California.
Usando un rubino sintetico stimolato da brevi ma intensi impulsi
luminosi e racchiuso tra due specchi paralleli, Maiman fu in grado di produrre un fascio di luce laser con una lunghezza d’onda
di 694 nm, tale cioè da apparire rosso all’occhio umano.
Il laser di Maiman era basato sull’eccitazione e diseccitazione degli atomi del mezzo attivo, in questo caso il rubino, tra tre diversi
livelli energetici. Tale principio di funzionamento consentiva al
primo laser di produrre solo brevissimi impulsi luminosi, piuttosto che un fascio continuo. Ma fu solo poco tempo dopo, nello
stesso anno, che Ali Javan, William R. Bennett e Donald Herriot
costruirono il primo laser a gas, basato su una miscela di elio e
neon, capace di operare in regime continuo.
La fisica del laser
Nel laser di Maiman un cilindro di rubino, costituito da una struttura cristallina di ossido di alluminio (Al2 O3 )con inclusioni di
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7
LE SPALLE DEI GIGANTI
quenza, legata al mezzo attivo utilizzato e alle caratteristiche del
dispositivo: tale frequenza è pura come quella del suono prodotto da un diapason. La luce laser si propaga prevalentemente in
una direzione ben definita con una divergenza estremamente ridotta, tanto che è possibile osservare chiaramente, inviando dalla
Terra un segnale laser agli specchi posti sulla Luna dall’Apollo
11, quanto rimane del riflesso proveniente dal nostro satellite. Il
campo elettromagnetico associato alla luce prodotta da un laser,
inoltre, oscilla in posizioni spaziali diverse con precise relazioni
di fase, contrariamente alla luce ordinaria o alla radiazione prodotta da una sorgente termica come una lampadina. È proprio per
questa ragione che un fascio laser è in grado di propagarsi senza
allargarsi e, al tempo stesso, può essere focalizzato in punti molto
piccoli.
Figura 3 – Theodore Maiman, accanto a una lampada e un cilindro di
rubino simili a quelli usati nel primo laser (1960): i giornalisti intervenuti alla conferenza stampa degli Hughes Laboratories insistettero perché Maiman posasse con dei componenti fittizi molto più grandi degli
originali, viste le piccole dimensioni (e le evidentemente non apprezzate compattezza ed eleganza) del primo laser. Da http://aip.org/
history/exhibits/laser/sections/therace.html.
Oltre al laser a rubino e a quelli a gas già citati, che sfruttano l’eccitazione e la diseccitazione rispettivamente di atomi di cristalli
e di miscele di gas, negli anni sono stati introdotti anche i diodi
laser, basati sull’eccitazione elettrica di diodi a semiconduttore,
dispositivi elettronici che conducono la corrente in una sola direzione. Proposto da Basov e Javan, realizzato per la prima volta
da Robert N. Hall nel 1962 in regimi impulsati a quasi −200◦ C,
e finalmente reso funzionante a temperature ordinarie e con emissione continua nel 1970 da Zhores Alferov nell’Unione Sovietica
e Izuo Hayashi e Morton Panish ai Bell Labs, il diodo laser e le
sue evoluzioni hanno avuto un grande successo tecnologico, rendendo possibile la larghissima diffusione commerciale dei laser:
dai lettori CD e DVD alle prospettive di interfacce tra i circuiti integrati tradizionali e quelli fotonici, elemento centrale del futuro
campo della computazione ottica.
Una soluzione in cerca di un problema
cromo, è posto in una cavità risonante costituita da due specchi
paralleli, di cui uno parzialmente riflettente, in modo da permettere alla radiazione laser prodotta di uscire dalla cavità. Una lampada a spirale in grado di inviare impulsi luminosi ad alta intensità, scovata da Maiman nei cataloghi dei produttori, è ciò che gli
permise di battere Schawlow e i suoi collaboratori ai laboratori
Bell, che tentavano invece di ottenere la produzione di luce laser
stimolando il mezzo attivo con luce continua.
In questa configurazione gli impulsi luminosi eccitano gli elettroni degli atomi di cromo, portandoli in quello che viene denominato un livello energetico superiore, o eccitato. L’energia cosı̀
assorbita viene poi spontaneamente rilasciata dagli elettroni, in
forma di luce dal caratteristico colore rosso rubino, quando questi tornano al loro livello energetico di partenza. Parte della luce
cosı̀ prodotta viene riflessa avanti e indietro tra i due specchi, stimolando cosı̀ altre transizioni alla stessa energia, fino a produrre
un fascio luminoso intenso, altamente direzionale e perfettamente
monocromatico.
Tutta la luce prodotta da un laser è infatti generata alla stessa fre8
Theodore Maiman e Irnee D’Haenens, uno degli assistenti di Maiman, definirono il laser “una soluzione in cerca di un problema”.
Ma se le innumerevoli applicazioni del laser erano in principio
ignorate o poco apprezzate, in seguito al successo di Maiman
Figura 4 – Schema di un laser a rubino.
wikipedia.org/.
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Da http://en.
LE SPALLE DEI GIGANTI
divennero presto evidenti. I laser possono produrre in maniera
continua radiazione a una singola frequenza con grandissima precisione. La luce laser costituisce quindi, per esempio, un ottimo
standard di riferimento per lunghezze e misure temporali. È infatti cosı̀ pura da poter essere calibrata perfettamente sulla base
delle frequenze di risonanza di atomi e molecole, permettendo
la manipolazione delle loro proprietà energetiche fino al punto da
fermarne il moto termico a temperature di poco superiori allo zero
assoluto. Il perfetto controllo delle caratteristiche della luce laser
si estende anche alla sua durata temporale: brevissimi impulsi laser consentono per esempio di analizzare reazioni chimiche e altri
processi estremamente rapidi mentre questi avvengono.
fe – si è rivelato, non del tutto inaspettatamente, uno degli sviluppi
scientifici e tecnologici dotati delle più ricche e varie applicazioni e ramificazioni in ogni ambito scientifico e non. Quando nel
2005 Gordon Gould morı̀, con quattro brevetti statunitensi all’attivo, ottantacinquenne e milionario, il termine laser da lui coniato
nei suoi taccuini era divenuto ormai da decenni di uso comune. Il
L . A . S . E . R ., da acronimo modellato su quello dell’ormai assai meno noto maser, nei cinquanta anni successivi alla realizzazione del
primo laser a rubino ad opera di Theodore Maiman si è trasformato in una parola di uso comune, segno evidente del vastissimo
impatto che ha avuto la sua invenzione nella nostra società.
Cinquanta anni e più di laser
Maiman caratterizzò ironicamente la potenza del primo laser trovandola dell’ordine di un gillette, unità di misura di sua invenzione, dato che il fascio di luce si rivelò in grado di forare e attraversare una lama da rasoio Gillette. Anche per questa ragione,
immediatamente dopo la sua invenzione, il laser entrò attraverso
la fantascienza a far parte della cultura popolare. Perfetta incarnazione delle armi a raggi dei racconti pulp e del raggio della morte
favoleggiato sin dagli anni Venti, ingenue armi laser comparvero nella serie televisiva Lost in Space (1965–1968) e nel primo
episodio di Star Trek (1964). Le armi laser furono però presto
abbandonate da quest’ultima in favore della ben più vaga e futuristica tecnologia dei phaser. Gli autori del telefilm previdero, e
la storia diede loro ragione, che l’uso dei laser nella serie avrebbe
causato problemi in futuro, quando fossero stati più chiari i limiti
della recente invenzione. Limiti quasi comicamente ignorati, invece, in Guerre stellari (ma con risultati di grande effetto). Pur se
fisicamente e tecnicamente poco plausibile, però, quella che nella versione italiana è universalmente nota come spada laser resta
una delle armi più memorabili della storia del cinema o, per citare
Obi-Wan Kenobi, “un’arma elegante, per tempi più civilizzati”.
I laser del mondo reale possono essere abbastanza potenti da indurre la fusione nucleare, tanto precisi da sostituire i bisturi nella
chirurgia o perfino manipolare oggetti estremamente piccoli come batteri e molecole; cosı̀ versatili e flessibili da trovare applicazioni nelle tecnologie delle comunicazioni, nella diagnostica per
immagini, nel controllo delle reazioni chimiche, nell’industria e,
capillarmente, in innumerevoli dispositivi di uso quotidiano. Ma
l’ambito in cui il laser ha forse dato e continuerà nel lungo termine a fornire i suoi frutti più importanti è quello della stessa fisica e
delle scienze naturali in generale. Il laser, come elemento di base
di nuove applicazioni e strumento per ulteriori scoperte scientifiche, ha infatti interessato ogni settore della fisica degli ultimi
decenni e rappresenterà certamente la chiave di volta di futuri,
interessantissimi sviluppi.
Nel corso dei decenni successivi all’evoluzione da maser a laser,
quello che avrebbe potuto essere un perdente – almeno all’anagra-
Bibliografia
[1] Townes C.H. e Chu S. Arthur Schawlow, Biographical Memoirs, vol. 83, pp. 196–215. National Academy of Sciences
(2003)
[2] AA. VV. The word: loser. In New Scientist, vol. 2544:54
(2006). URL tinyurl.com/68t7rtu
[3] Schawlow A. e Townes C. Infrared and optical masers. In
Physical Review, vol. 112(6):1940–1949 (1958)
AIP Bright Idea: The First Laser. URL www.aip.org/
history/exhibits/laser/
LaserFest (collaborazione tra American Physical Society, Optical Society, SPIE e IEEE Photonics Society). URL www.
laserfest.org
Sull’autore
Daniele Giovannini ([email protected]) ha conseguito la laurea specialistica in fisica all’Università Sapienza
di Roma nel 2010 nel gruppo di Ottica Quantistica con la tesi
“Manipolazione di stati quantistici multidimensionali a singolo fotone codificati in polarizzazione e momento angolare
orbitale”. Attualmente frequenta il dottorato di ricerca presso
il gruppo di ottica dell’Università di Glasgow.
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Accelerazione
laser-plasma
Una tecnica innovativa per accelerare particelle cariche
Silvia Martellotti
(Dottoranda presso l’Università Roma Tre)
Gli acceleratori di particelle rappresentano da anni lo strumento di
indagine più potente della fisica nucleare e subnucleare. Questo
ramo della fisica si occupa dello studio dei costituenti primi della
materia, le cosiddette particelle elementari, come ad esempio gli
elettroni e i quark che compongono i protoni, e delle leggi che
governano le loro interazioni. A partire dalla comprensione di
queste leggi possiamo scoprire come la materia che si è generata
al momento del Big Bang ha interagito fino a formare l’Universo
a noi conosciuto.
Il compito degli acceleratori è quello di creare fasci di particelle
di altissima energia cinetica. Facendoli collidere tra loro si possono efficacemente indagare le proprietà della materia: maggiore
è l’energia dei fasci, più dettagliate sono le informazioni che si
possono ricavare. L’attuale limite al raggiungimento di energie
sempre più elevate è dato dal fatto che le tecnologie fino ad oggi
utilizzate impongono agli acceleratori enormi costi e dimensioni.
Gli acceleratori di oggi
Per accelerare le particelle cariche si utilizzano i campi elettrici,
ma vi è una soglia di surriscaldamento e rottura dei materiali che
ne limita la massima intensità raggiungibile ad alcune decine di
MV/m, milioni di volt per metro. Per raggiungere energie elevate occorre quindi che l’azione del campo elettrico sia prolungata
nel tempo e per questo sono necessari acceleratori molto lunghi.
Il motivo per cui spesso se ne costruiscono di forma circolare è
la possibilità di far girare le particelle al loro interno più e più
volte. Per curvare la traiettoria delle particelle si sfrutta la forza
di Lorentz fornita da campi magnetici, ma anche in questo caso,
poiché vi è un limite alla massima intensità di questi ultimi, la
circonferenza degli acceleratori deve essere molto grande.
L’acceleratore di particelle più potente mai costruito è l’LHC che
si trova ai laboratori del CERN di Ginevra (cfr. Figura 1). Si tratta dell’acceleratore più grande del mondo: ha una circonferenza
di 27 km e utilizza campi magnetici maggiori di 8 T (Tesla), realizzati con magneti superconduttori. Sviluppare un acceleratore
più potente dello stesso tipo di LHC avrebbe costi e dimensioni
difficilmente sostenibili. L’unico modo per superarne i limiti sarebbe quello di pensare a una tecnica in grado di realizzare campi
elettrici molto più elevati in spazi molto più piccoli.
Campi elettrici nei plasmi
Figura 1 – Tracciato della circonferenza di 27 km dell’acceleratore LHC,
costruito sotto terra in territorio svizzero al CERN di Ginevra.
Recentemente è però in studio una nuova tecnica che accelera particelle cariche utilizzando i campi elettrici che si generano all’interno di plasmi eccitati da impulsi laser. Si tratta di campi elettrici
elevatissimi, fino a dieci volte maggiori di quelli realizzabili negli
acceleratori tradizionali. Questo metodo, una volta perfezionato,
permetterà di accelerare particelle a energie elevatissime in spazi
molto piccoli.
10
All’interno di un plasma si possono creare campi elettrici elevatissimi poiché non c’è pericolo di rottura, essendo un gas ionizzato
(cfr. Box ). Si può trattare anche di campi elettrici dell’ordine di
centinaia di GV/m (miliardi di volt per metro), ossia cento volte maggiori di quelli presenti nelle più tecnologiche cavità degli
attuali acceleratori. Per generare simili campi è necessario però
perturbare il plasma in modo intenso e mirato e questo viene fatto
utilizzando degli impulsi laser opportuni.
Il moto delle particelle cariche che compongono un plasma non
è governato dalle collisioni, che trasmettono le forze applicate al
sistema solo localmente, ma dai campi elettrici e magnetici generati da concentrazioni delle cariche stesse, che sono forze che
agiscono a lunga distanza. Questo significa che introducendo nel
plasma una perturbazione localizzata (come può esserlo il passaggio di un impulso laser), tutte le particelle di cui è composto
rispondono istantaneamente.
Nella condizione di equilibrio, ossia di plasma imperturbato, elettroni negativi e ioni positivi sono disposti in modo da mantenere,
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IL RICERCATORE ROMANO
globalmente, la neutralità. Se il plasma viene perturbato dal passaggio di un impulso laser, gli elettroni, più leggeri degli ioni,
si allontanano dalla loro posizione di equilibrio e a questo spostamento segue la formazione di campi elettrici di richiamo che
tendono a riportarli nella posizione di partenza. Tuttavia a causa
dell’inerzia, una volta messi in moto, gli elettroni che ritornano
verso la posizione di equilibrio la superano, dando cosı̀ il via a
delle oscillazioni attorno ad essa come se si trovassero al capo
di una molla. Queste oscillazioni avvengono a una frequenza caratteristica che dipende dalla densità elettronica e che si chiama
frequenza di plasma. È il campo elettrico generato dagli elettroni che oscillano all’interno di questa cosiddetta onda di plasma a
essere sfruttato per accelerare particelle.
Questo campo risponde a due requisiti fondamentali per l’accelerazione di particelle a energie elevate: è un campo elettrico longitudinale, cioè nella stessa direzione di propagazione dell’onda, ed
è caratterizzato da una velocità di fase, quella cioè con cui oscilla,
che può avvicinarsi quanto si vuole alla velocità della luce.
Figura 3 – Come la barca lascia sull’acqua onde di scia al suo passaggio,
allo stesso modo l’impulso laser crea un’onda nel plasma che attraversa.
differenza che nel plasma, che è un mezzo risonante, queste onde
hanno una frequenza caratteristica dipendente dal mezzo. È per
questo che si parla di accelerazione sul campo di scia del laser.
Per essere accelerata da questo campo elettrico una particella deve trovarsi sulla cresta dell’onda, in fase con essa e deve avere una
velocità opportuna. Allo stesso modo con cui un surfista deve acquisire una velocità iniziale per prendere l’onda dell’oceano. L’idea di eccitare onde di plasma longitudinali utilizzando fasci laser
focalizzati per accelerare elettroni è venuta nel 1979 a Tajima e
Dawson, due fisici californiani (surfisti?).
I primi risultati sperimentali sono stati raggiunti solo recentemente, poiché questa tecnica è strettamente legata alla tecnologia
dei laser. Per eccitare onde di plasma di grande ampiezza occorre
avere un impulso laser super intenso e ultra corto, caratterizzato
da una lunghezza d’onda pari a metà della lunghezza d’onda di
plasma: solo in questo modo il sistema entra in risonanza.
Particelle sulla cresta dell’onda
Figura 2 – Per essere accelerata dall’onda di plasma una particella deve avere la giusta velocità iniziale, come un surfista che si prepara a
prendere l’onda dell’oceano.
Quello che succede quando un impulso laser attraversa il plasma,
eccitando delle oscillazioni elettroniche al suo passaggio, è lo
stesso fenomeno che si verifica quando una barca, attraversando
il mare piatto, genera dietro di sé delle onde di scia, con l’unica
Un possibile modo con cui sfruttare il campo elettrico associato
alle onde di plasma per accelerare particelle è quello di accelerare
le particelle del plasma stesso. Ciò può essere fatto utilizzando
un impulso laser sufficientemente elevato da rompere l’onda elettronica. In questo modo gli elettroni che seguono l’oscillazione
acquistano sufficiente energia da staccarsi dalla cresta dell’onda
e vengono accelerati in avanti fino a fuoriuscire dal plasma (cfr.
Figuranella prossima pagina).
Il plasma
Il plasma è un gas ionizzato all’interno del quale gli elettroni e gli ioni che compongono gli atomi sono slegati e possono muoversi liberamente. In condizione di equilibrio,
quando il plasma è imperturbato, elettroni e ioni si dispongono in modo da annullare i
campi elettrici generati dalle loro distribuzioni di carica positive e negative e il plasma si
presenta, a livello macroscopico, come globalmente neutro. Tuttavia a governare il moto
delle particelle all’interno di un plasma non sono le collisioni tra di esse, ma le forze
elettrostatiche che si esercitano tra le cariche.
accastampato num. 4, Febbraio 2011
11
IL RICERCATORE ROMANO
Più interessante per le applicazioni future è la possibilità
di accelerare nel plasma particelle iniettate dall’esterno.
Se si immette all’interno
del plasma eccitato da laser un pacchetto di particelle sufficientemente stretto
(metà della lunghezza d’onda di plasma) e con la giusta fase rispetto alla cresta dell’onda, le particelle iniettate possono essere
spinte in avanti e accelerate dall’onda stessa. Per fare
questo è sufficiente utilizzare plasmi con lunghezze dell’ordine di
qualche centimetro, da confrontare con i metri di lunghezza degli
acceleratori canonici.
Attualmente ai Laboratori Nazionali di Frascati è in via di realizzazione proprio l’esperimento PlasmonX, il primo in assoluto che
prevede di accelerare tramite plasma un pacchetto di particelle
iniettate dall’esterno come appena descritto.
Bibliografia
[4] Tajima T. e Dawson J. Laser electron accelerator. In Physical
Review Letters, vol. 43(4):267–270 (1979)
[5] Giulietti D., Galimberti M., Giulietti A., Gizzi L., Numico
R., Tomassini P., Borghesi M., Malka V., Fritzler S. e Pittmann
M. Multi-MeV electrons produced by a femtosecond laser pulse
propagating in an exploding foil plasma. In Workshop on 2nd
Generation Laser and Plasma Accelerators, France (2001)
Progetto FLAME dell’INFN presso i Laboratori Nazionali di
Frascati. URL tinyurl.com/6hdvjrf
Sull’autore
Silvia Martellotti (silvia.martellotti@gmail.
com) ha conseguito la laurea specialistica in fisica all’Università Sapienza di Roma nel 2010 con la tesi “Lo
Spettrometro Magnetico dell’esperimento PlasmonX”.
Attualmente è dottoranda presso l’Università Roma Tre.
Luce e computer
quantistici
Verso l’ottica quantistica integrata per l’informazione quantistica
Fabio Sciarrino, Paolo Mataloni
(Gruppo di Ottica Quantistica del Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma)
L’uso delle leggi della meccanica quantistica per l’immagazzinamento, la manipolazione e la trasmissione dell’informazione potrebbe portare a un notevole avanzamento nella risoluzione di vari
problemi, altrimenti impossibili da affrontare con la tecnologia attuale. In questo contesto l’ottica quantistica rappresenta un ottimo
approccio sperimentale per la verifica di diversi concetti introdotti
nell’ambito dell’informazione quantistica, in quanto i fotoni sono
praticamente immuni alla decoerenza e possono essere trasmessi
con grande facilità su grandi distanze, sia nello spazio libero che
in fibra ottica.
Negli ultimi due decenni l’IQ ha compiuto enormi progressi, sia
da un punto di vista teorico che sperimentale, e ci si aspetta che
possa dare un contributo a diverse aree scientifiche e tecnologiche nel prossimo futuro [10]. Nell’ambito dell’IQ, se da un lato
la computazione quantistica è volta a fornire le basi per ottenere
capacità computazionali che vadano oltre le possibilità dei computer classici, dall’altro la crittografia quantistica mira a garantire,
almeno in via di principio, la capacità di effettuare comunicazioni
assolutamente sicure.
-------------------------------------------
Diverse sono le applicazioni di queste metodologie nel campo
della comunicazione e della computazione: il teletrasporto, la
crittografia quantistica [6], la simulazione quantistica di fenomeni
fisici, la computazione quantistica [7].
L’ottica quantistica è un eccellente banco
di prova sperimentale per i concetti
dell’informazione quantistica
Informazione Quantistica
Il campo dell’Informazione Quantistica (d’ora in poi IQ) nasce
come unione fra la teoria dell’Informazione e la Meccanica Quantistica. Le sue origini possono essere ricondotte a una proposta di
Richard Feynman che risale alla prima metà degli anni Ottanta
del secolo scorso. Secondo Feynman il computer quantistico, ovvero un dispositivo nel quale le basi degli algoritmi della teoria
dell’informazione vengono riformulate nel contesto matematico
della meccanica quantistica, diventerebbe uno strumento necessario per simulare e analizzare correttamente i processi naturali
quantistici. L’IQ, in virtù delle sue caratteristiche predittive e della sua intrinseca natura interdisciplinare, ha richiamato l’attenzione di diverse aree sia della fisica teorica e sperimentale, come ad
esempio la fisica atomica, l’ottica quantistica, la fisica dei laser,
la materia condensata, ecc., sia di altre discipline, come la computer science, la complessità matematica, le scienze dei materiali,
le discipline ingegneristiche [8].
------------------------------------------Da un punto di vista più fondamentale, uno degli scopi principali
dell’IQ è approfondire e comprendere gli aspetti sottili della meccanica quantistica al fine di formulare, manipolare, processare e
comunicare l’informazione nel modo più efficiente possibile utilizzando sistemi fisici basati sui suoi principi. Questo obiettivo
richiede necessariamente un’interfaccia priva di fenomeni di decoerenza tra il mondo microscopico delle singole particelle quantistiche (fotoni, atomi, ecc.) e i sistemi di misura macroscopici
che rendono l’informazione accessibile all’uomo.
Un groviglio di qubit
L’IQ si basa sul concetto di quantum bit o qubit, ovvero un sistema quantistico bidimensionale che in generale non possiede i
valori definiti di un bit classico 0 e 1, ma che si trova in quello
che viene chiamato uno stato di sovrapposizione coerente dei due
stati di base |0i e |1i. Questo stato presenta proprietà non usuali, in particolare quando si realizza in sistemi composti. Infatti la
caratteristica peculiare che identifica la meccanica quantistica è
la possibilità di rendere entangled1 qubit differenti. Riconosciuto
per primo da Erwin Schrödinger come “il tratto caratteristico della meccanica quantistica”, l’entanglement rappresenta la risorsa
chiave per la manipolazione e l’analisi dell’informazione quantistica. Essa deriva dalle correlazioni non-locali tra le diverse parti
di un sistema quantistico e racchiude i tre elementi strutturali di
base della teoria quantistica, ossia il principio di sovrapposizione,
1
Figura 1 – Sorgente di stati di fotoni multipath entangled. Da [9].
La parola entangled può essere tradotta in italiano come
aggrovigliato, intrecciato.
accastampato num. 4, Febbraio 2011
13
IL RICERCATORE ROMANO
la non-separabilità e la possibilità di accrescere in modo esponenziale lo spazio degli stati con il numero delle sue partizioni.
L’entanglement non ha nessun analogo classico. Questa risorsa, associata alle correlazioni non-classiche tra sistemi quantistici
separati, può essere sfruttata per scopi crittografici e computazionali che sono impossibili da perseguire con sistemi puramente
classici. Uno stato entangled condiviso da due o più partecipanti
distinti è una importante risorsa per protocolli di comunicazione
quantistica, come ad esempio la crittografia e il teletrasporto.
Ottica Quantistica
Negli ultimi anni, l’Ottica Quantistica (d’ora in poi OQ) si è rivelata un eccellente banco di prova per realizzare sperimentalmente
i concetti introdotti nel contesto dell’IQ: gli stati fotonici possono essere facilmente e accuratamente manipolati usando dispositivi ottici lineari e non lineari e possono essere efficientemente
misurati per mezzo di rilevatori a singolo fotone [11] [12].
Il qubit può essere fisicamente realizzato considerando gli stati
di polarizzazione di un singolo fotone come stati di base. Da
un punto di vista pratico, singoli fotoni o coppie di fotoni sono
portatori ideali di informazione per la comunicazione quantistica
potendo essere distribuiti su lunghe distanze nello spazio libero o
mediante fibre ottiche con basse perdite.
Il processo ottico non lineare chiamato spontaneous parametric
down conversion (SPDC) costituisce un approccio molto efficace
per generare coppie di fotoni entangled. Esso consiste in un effetto attraverso il quale è possibile generare in modo probabilistico
coppie di fotoni dall’eccitazione di un cristallo da parte di un fascio laser. Lo stato quantistico di questa coppia di fotoni è uno
stato entangled nei gradi di libertà della frequenza e del momen-
to del fotone, ma a seconda dell’interazione non lineare i fotoni
possono essere entangled anche in polarizzazione.
Coppie di fotoni entangled hanno costituito lo strumento centrale
per diversi esperimenti fondamentali e applicazioni. Una spettacolare e paradigmatica applicazione dell’entanglement è rappresentata dal teletrasporto di uno stato quantistico (QST), proposta dal gruppo di Bennett in [14] e realizzata per la prima volta nel 1997 in due esperimenti differenti a Roma e a Innsbruck
[15] [16]. Attualmente la crescente proliferazione di applicazioni
dell’entanglement quantistico, dalla crittografia quantistica [6] ai
campi della metrologia e della litografia quantistica, richiamano
la necessità di tecniche innovative che siano anche flessibili e affidabili per generare stati entangled di dimensioni crescenti e per
realizzare protocolli ancora più avanzati. Allo stesso tempo l’abilità di generare e manipolare sistemi quantistici di complessità
crescente richiede lo sviluppo di tecniche e strumenti finalizzati alla caratterizzazione sia delle sorgenti che dei processi fisici
adottati. Un notevole sviluppo è rappresentato dall’implementazione della tecnica di tomografia degli stati quantistici di sistemi
a molti qubit e dei processi quantistici a uno e due qubit.
Un approccio fotonico che può essere adottato per elaborare la IQ
si basa esclusivamente su componenti ottici lineari come beamsplitter2 , beam-splitter polarizzatori e rilevatori di singoli fotoni.
In un lavoro fondamentale E. Knill, R. Laflamme e G. J. Milburn
hanno mostrato che è possibile realizzare un computer quantistico scalabile con sorgenti e rilevatori di singoli fotoni e con l’uso
dell’ottica lineare [11]. Questo lavoro ha rivelato tutta la potenza
dell’ottica lineare stimolando una grande quantità di ricerche teoriche e sperimentali che hanno conseguito notevoli risultati tra cui
varie realizzazioni sperimentali di una porta logica a due qubit, la
cosiddetta Gate Control-NOT (C-NOT) [12].
La sfida tecnologia delle guide d’onda
La possibiltà di manipolare l’informazione quantistica attraverso
i fotoni rappresenta una grande sfida tecnologica poiché richiede
la capacità di controllare ciascun sistema quantistico con elevata precisione. Lo sviluppo continuo di sistemi ottici di crescente
complessità formati da vari interferometri3 , elementi base della
tecnologia ottica, richiede l’uso di sistemi miniaturizzati integrati in guida d’onda. Il vantaggio di lavorare con le guide risiede essenzialmente nella loro elevata stabilità di fase e nelle loro
ridotte dimensioni, confrontate con quelle di interferometri tradizionali costruiti su sistemi costituiti da specchi e beam-splitter
convenzionali.
2
3
Figura 2 – Dispositivo ottico integrato per la manipolazione di stati di
fotoni entangled in polarizzazione. Da [13].
14
Si tratta di specchi semiriflettenti che permettono di separare un
fascio luminoso e indirizzarlo su due cammini diversi.
Strumento di base dell’interferometria che permette di studiare gli effetti di composizione delle onde (in particolare
elettromagnetiche).
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IL RICERCATORE ROMANO
Figura 3 – Possibile architettura di un processore quantistico realizzato
con l’ottica integrata.
È stata di recente dimostrata la possibilità di utilizzare guide d’onda in silicio per applicazioni quantistiche [17] [18] [19]. Tali guide sono infatti state usate per creare un interferometro di alta stabilità e precisione, che realizza una porta logica a due qubit in
grado di generare l’entanglement. Più precisamente tali circuiti
sono stati utilizzati per realizzare la prima porta logica C-NOT
integrata con caratteristiche del tutto confrontabili con il valore
teorico aspettato [19].
Più recentemente è stata anche dimostrata la possibilità di utilizzare guide d’onda scritte su vetro attraverso l’uso di laser a
femtosecondi di elevata intensità, per la realizzazione di alcuni
esperimenti di interferometria quantistica. In particolare il gruppo di Ottica Quantistica del Dipartimento di Fisica dell’Università
Sapienza di Roma, in collaborazione con l’Istituto di Fotonica e
Nanotecnologie del CNR e il Politecnico di Milano, ha realizzato un dispositivo integrato che preserva il grado di polarizzazione
dei fotoni guidati [13]. Queste peculiarità permetteranno in futuro
il suo possibile utilizzo in protocolli di informazione quantistica,
come la crittografia e la computazione quantistica.
[11] Knill E., Laflamme R. e Milburn G. A scheme for efficient quantum computation with linear optics. In Nature, vol.
409(6816):46–52 (2001)
[12] Kok P., Munro W., Nemoto K., Ralph T., Dowling J. e Milburn G. Linear optical quantum computing with photonic qubits.
In Reviews of Modern Physics, vol. 79(1):135–174 (2007)
[13] Sansoni L., Sciarrino F., Vallone G., Mataloni P., Crespi A.,
Ramponi R. e Osellame R. Polarization Entangled State Measurement on a Chip. In Phys. Rev. Lett., vol. 105(20):200503 (Nov
2010)
[14] Bennett C., Brassard G., Crepeau C., Jozsa R., Peres A. e
Wootters W. Teleporting an unknown quantum state via dual classical and Einstein-Podolsky-Rosen channels. In Physical Review
Letters, vol. 70(13):1895–1899 (1993)
[15] Boschi D., Branca S., De Martini F., Hardy L. e Popescu S.
Experimental realization of teleporting an unknown pure quantum state via dual classical and Einstein-Podolsky-Rosen channels. In Physical Review Letters, vol. 80(6):1121–1125 (1998)
[16] Bouwmeester D., Pan J., Mattle K., Eibl M., Weinfurter H. e
Zeilinger A. Experimental quantum teleportation. In Nature, vol.
390(6660):575–579 (1997)
[17] Matthews J., Politi A., Stefanov A. e O’Brien J. Manipulation of multiphoton entanglement in waveguide quantum circuits.
In Nature photonics, vol. 3(6):346–350 (2009)
[18] Politi A., Cryan M., Rarity J., Yu S. e O’Brien J.
Silica-on-silicon waveguide quantum circuits. In Science, vol.
320(5876):646 (2008)
[19] Politi A., Matthews J. e O’Brien J. Shor’s quantum factoring
algorithm on a photonic chip. In Science, vol. 325(5945):1221
(2009)
Bibliografia
[6] Gisin N., Ribordy G., Tittel W. e Zbinden H. Quantum cryptography. In Reviews of Modern Physics, vol. 74(1):145–195
(2002)
[7] Ladd T., Jelezko F., Laflamme R., Nakamura Y., Monroe C. e
O’Brien J. Quantum computers. In Nature, vol. 464(7285):45–53
(2010)
[8] Nielsen M. e Chuang I. Quantum Computation (1999)
[9] Rossi A., Vallone G., Chiuri A., De Martini F. e Mataloni P.
Multipath entanglement of two photons. In Physical review letters, vol. 102(15):153902 (2009)
[10] Dowling J. Quantum optical metrology–the lowdown on
high-N00N states. In Contemporary Physics, vol. 49(2):125–143
(2008)
Sull’autore
Paolo Mataloni ([email protected]) è
professore ordinario presso il Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma ed è direttore dei Laboratori di
Ottica Quantistica: http://quantumoptics.phys.
uniroma1.it. Fabio Sciarrino (fabio.sciarrino@
uniroma1.it) è ricercatore universitario presso il Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma.
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15
Laser ad elettroni liberi
Produrre radiazione coerente dalla luce di sincrotrone
Massimo Ferrario
(INFN/LNF – Laboratori Nazionali di Frascati)
Una particella carica in moto su un’orbita curvilinea emette spontaneamente radiazione elettromagnetica detta luce di sincrotrone
[20]. La prima osservazione diretta di questo fenomeno fu effettuata nel 1947 osservando l’intensa luce uscente da una finestra
installata su un piccolo acceleratore circolare di particelle, un sincrotrone appunto, ed è stata considerata per molto tempo un effetto di disturbo per la dinamica delle particelle accelerate, che
perdono parte della loro energia proprio sotto forma di energia irraggiata. Uno studio più accurato del fenomeno [21] rivelò che
la luce di sincrotrone è la sovrapposizione di un ampio spettro di
radiazioni con lunghezze d’onda che si estendono dal lontano infrarosso fino ai raggi X e che può essere utilizzata come potente
sorgente di radiazione per effettuare indagini sulla natura microscopica dei materiali, delle cellule, delle proteine e per ottenere
immagini ad altissima risoluzione di tessuti biologici.
po magnetico dell’ondulatore λu e inversamente proporzionale al
quadrato dell’energia degli elettroni γ2 : λr ∝ λγ2u [23].
In una prima fase, detta di letargia, l’interazione tra il fascio di
elettroni e la radiazione emessa dal fascio stesso mentre viaggia
all’interno dell’ondulatore produce una ridistribuzione spaziale
degli elettroni in tanti piccoli pacchetti, distanziati esattamente
una lunghezza d’onda di risonanza, come mostrato in Figura 2.
In questo modo miliardi di elettroni si auto-organizzano per partecipare all’emissione di radiazione in fase tra loro (coerenza) e
alla stessa lunghezza d’onda (monocromaticità) con una crescita
esponenziale della potenza emessa. Il processo si arresta quando gli elettroni hanno convertito in energia elettromagnetica una
frazione tale della loro energia cinetica iniziale (> 5%) da non
soddisfare più la condizione di risonanza: si è nella fase di saturazione. Inoltre, poiché la lunghezza d’onda emessa dipende
dall’energia degli elettroni, è possibile modificare la lunghezza
d’onda cambiando l’energia del fascio iniettato nell’ondulatore,
cosa impossibile con i laser convenzionali.
Il FEL consentirà di aumentare di parecchi ordini di grandezza la
potenza di picco (flusso di fotoni) rispetto alle migliori sorgenti
attuali di luce di sincrotrone, con notevoli vantaggi per la ricerca
e per la tecnologia industriale. Si potranno utilizzare ad esempio
tecniche innovative basate sulla formazione d’immagini a raggi
X, sia nella scienza dei materiali (nanotecnologie) che in biolo-
Figura 1 – Un modulo dell’ondulatore di SPARC.
Dalla luce di sincrotrone al laser
Il Laser ad Elettroni Liberi [22], spesso chiamato FEL dall’acronimo inglese Free Electron Laser, è una sorgente di luce di sincrotrone in grado di produrre radiazione elettromagnetica monocromatica anche a lunghezza d’onda inferiore a un milionesimo di
millimetro (raggi X). Questo dispositivo consiste essenzialmente
in un lungo magnete, detto ondulatore e visibile in Figura 1, caratterizzato da un campo magnetico sinusoidale prodotto da una
serie di piccoli dipoli magnetici con polarità alternata, in cui viene
iniettato un fascio di elettroni di alta densità di carica prodotto da
un acceleratore lineare (Linac). All’interno di questa struttura magnetica gli elettroni emettono radiazione di lunghezza d’onda λr ,
detta di risonanza, direttamente proporzionale al periodo del cam16
Figura 2 – Moto degli elettroni all’interno dell’ondulatore e corrispondente curva di crescita di intensità della radiazione emessa. Il fascio
di elettroni (ellisse arancione) è rappresentato nelle tre fasi principali:
letargia, crescita esponenziale, saturazione.
accastampato num. 4, Febbraio 2011
IL RICERCATORE ROMANO
gia o medicina, aprendo nuove prospettive nella microscopia a
raggi X e rendendo possibili nuove metodologie nel campo della
cristallografia delle proteine.
Il progetto SPARC
Nato da una collaborazione tra l’INFN, l’ENEA e il CNR, il primo FEL italiano in grado di produrre radiazione monocromatica
a 500 nm (nella regione dello spettro corrispondente al verde) è
entrato in funzione nel Gennaio 2009 a Frascati.
Lo schema di Figura 3 illustra le componenti principali di
SPARC. Un fascio di elettroni viene generato per effetto fotoelettrico da un catodo in rame posto all’interno di una struttura accelerante (Gun) che cattura il fascio e lo accelera fino all’energia
di 5 MeV. Il fascio viene ulteriormente accelerato fino all’energia
di 150 MeV da tre strutture acceleranti e trasportato fino all’ingresso dell’ondulatore, composto da sei moduli di circa due metri
di lunghezza ciascuno con un campo magnetico massimo di circa 1 T e periodo di 2.8 cm. Per cambiare l’energia del fascio e
di conseguenza il colore della radiazione emessa è sufficiente variare il campo accelerante nel Linac. Un’immagine recente del
Linac di SPARC è riportata in Figura 4.
Figura 4 – Vista del Linac di SPARC.
Il panorama internazionale e il futuro
I notevoli risultati ottenuti nell’ultimo decennio con gli esperimenti pilota negli Stati Uniti (UCLA, VISA e LEUTL), dove la
fisica del FEL è stata studiata in dettaglio fino al regime di saturazione, e la prima macchina aperta anche agli utenti, FLASH a
DESY (Amburgo), in grado di offrire radiazione coerente fino a
5 nm, hanno stimolato il proliferare di nuovi progetti in tutto il
mondo, come illustrato nella Figura 5.
La frontiera dei raggi X (1 Å) è stata raggiunta nel 2009 con il
progetto LCLS a SLAC (Stanford) con un fascio di elettroni da
15 GeV, offrendo un nuovo strumento rivoluzionario a una vasta comunità scientifica. Si veda ad esempio nella Figura 6 lo
schema di un esperimento in preparazione a LCLS per la misura
della struttura delle proteine con la tecnica della diffrazione della
radiazione X.
In Italia oltre al progetto dimostrativo SPARC sta per entrare in
funzione un altro FEL a Trieste in grado di offrire radiazione di
lunghezza d’onda fino a 10 nm. La comunità scientifica si sta ora
organizzando per un ulteriore passo significativo: la realizzazione di un FEL a raggi X ultracompatto. La via maestra a questo
scopo sembra passare attraverso lo sviluppo di acceleratori di particelle a plasma [24], in grado di produrre campi acceleranti fino
al TV/m, riducendo cosı̀ le dimensioni di un FEL a raggi X da
alcuni chilometri a pochi centimetri.
Figura 3 – Schema del progetto SPARC.
SPARC è un esperimento pilota in cui vengono studiati nuovi
schemi di generazione di fasci di elettroni e soluzioni innovative per migliorare la qualità e la durata temporale della radiazione
emessa, in vista di possibili sviluppi nell’area romana di macchine di maggiore energia (1 ÷ 2 GeV) in grado di generare radiazione X. La produzione di impulsi di radiazione ultra-corti, della
durata inferiore a decine di femtosecondi, aprirebbe nuove prospettive per lo studio di fenomeni veloci caratteristici delle reazioni chimiche di interesse biologico, quali ad esempio le reazioni
fotosintetiche.
Figura 5 – Distribuzione dei progetti FEL nel mondo. I cerchi bianchi
indicano gli esperimenti pilota non più in funzione. I cerchi colorati
indicano i progetti in via di sviluppo basati su tecnologie superconduttive
(blu) e normal conduttive (rossi).
accastampato num. 4, Febbraio 2011
17
Figura 6 – Schema di misura della struttura delle proteine con la
diffrazione dei raggi X prodotti da LCLS.
Bibliografia
[20] Sokolov A., Ternov I. e Kilmister C. Radiation from
relativistic electrons. American Institute of Physics (1986)
[21] Wiedemann H. Synchrotron radiation. Springer Verlag
(2003)
[22] Madey J.M.J. Stimulated Emission of Bremsstrahlung
in a Periodic Magnetic Field. In Journal of Applied Physics,
vol. 42(5):1906–1913 (1971)
[23] Dohlus M., Dohlus J. e Schmuser P. The Ultraviolet and
Soft X-Ray FEL in Hamburg. In Ultraviolet and Soft X-Ray
Free-Electron Lasers, pp. 1–28 (2009)
[24] Esarey E., Schroeder C. e Leemans W. Physics of laserdriven plasma-based electron accelerators.
In Reviews of
Modern Physics, vol. 81(3):1229–1285 (2009)
Sito dedicato a news e didattica sul mondo dei sincrotroni e dei
laser: www.lightsources.org/cms/
Progetto SPARC: www.lnf.infn.it/acceleratori/
sparc/
Laser a elettroni liberi FLASH: flash.desy.de
Progetto LCLS a SLAC: tinyurl.com/2cl4scj
Laser a elettroni liberi FERMI: www.elettra.trieste.
it/FERMI/
Sull’autore
Massimo Ferrario ([email protected].
it) è in servizio dal 1991 presso i Laboratori Nazionali
di Frascati dell’INFN. Ha collaborato alla progettazione degli iniettori di LCLS e di FLASH, è responsabile nazionale
del progetto SPARC di Frascati e insegna fisica del FEL al
Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma.
18
Luce sull’atmosfera:
il LiDAR
Una tecnologia laser per indagare cielo, mare e terra
Roberto Garra, Giampietro Casasanta
(Dipartimento di fisica dell’Università Sapienza di Roma)
La comprensione e lo studio dei processi fondamentali che hanno
luogo nell’atmosfera terrestre sono legati a doppio filo con lo sviluppo degli strumenti per il sondaggio delle grandezze fisiche che
li caratterizzano: concentrazione dei vari costituenti, densità, velocità e direzione dei venti, ecc. Alcuni di questi strumenti, chiamati di telerilevamento attivo, sono basati sullo studio della risposta del sistema fisico a un’emissione di onde elettromagnetiche o
acustiche. In questo campo uno degli strumenti più utilizzati e
con una consolidata storia alle spalle è il LiDAR, Light Detection
And Ranging, uno strumento di monitoraggio a sorgente laser.
L’idea di analizzare la luce retrodiffusa dalle particelle alle diverse quote per misurare il profilo di densità dell’alta atmosfera precede addirittura l’invenzione del laser1 . Infatti dagli studi di Rayleigh (1842–1919) e Mie (1869–1957) sull’interazione tra luce e
materia era chiaro che, attraverso lo studio della luce retrodiffusa
dai diversi strati dell’atmosfera, sarebbe stato possibile dedurre
la composizione della stessa con la conoscenza dei coefficienti di
assorbimento e diffusione dei diversi costituenti.
denza diretta e indiretta sul cambiamento climatico globale è una
questione aperta e molto studiata. Si può vedere ad esempio il report dell’IPCC del 2007 su questo problema, mentre sui possibili
effetti indiretti si veda anche [29].
È impossibile in questa breve nota dar conto dei numerosi sviluppi nella ricerca legata al LiDAR [30], pertanto tenteremo di fornire un’idea del principio di funzionamento di questo strumento
descrivendone una tipologia particolare, che sfrutta i processi di
retrodiffusione elastica in atmosfera.
Dal laser al LiDAR
Parallelamente all’invenzione del laser nel 1960 iniziarono i primi
sviluppi della moderna tecnologia LiDAR. Storicamente il primo
a utilizzare il laser per il telerilevamento attivo in atmosfera è stato
Giorgio Fiocco2 [27], docente di Fisica Terrestre all’Università
Sapienza di Roma e membro del G24, il gruppo di ricerca che
usa quotidianamente sistemi LiDAR montati al quinto piano del
Nuovo Edificio di Fisica (cfr. Figura 1) per lo studio di diversi
parametri atmosferici [28].
La storia degli sviluppi delle tecniche LiDAR si muove parallelamente agli sviluppi tecnologici dei laser e dell’elettronica moderna, verso prestazioni sempre più alte nella risoluzione spaziale e
temporale delle misure per il sondaggio atmosferico e non solo.
Nel tempo sono stati costruiti, a seconda delle esigenze di ricerca, diversi modelli di LiDAR atti allo studio di vari processi, da
quelli turbolenti della bassa atmosfera a quelli legati a bassissime
concentrazioni di gas o alla distribuzione degli aerosol, particelle
micrometriche o nanometriche che svolgono un ruolo importante
nei processi radiativi in atmosfera. Questi ultimi possono avere origine naturale o antropogenica e il problema della loro inci1
2
I primi studi sulla composizione dell’alta atmosfera basati sulla
risposta a emissione luminosa risalgono al 1930. Si veda [25].
A proposito dell’attività scientifica del professor Fiocco, che è stato
anche direttore dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), si veda [26].
Figura 1 – Foto di uno dei sistemi LiDAR con emissione a 532 nm (colore verde) installato sul tetto del Nuovo Edificio di Fisica all’Università
Sapienza di Roma. Da g24ux.phys.uniroma1.it.
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IL RICERCATORE ROMANO
Uno sguardo dentro il LiDAR
Focalizziamo la nostra attenzione sull’apparato rappresentato
schematicamente in Figura 2. Il sistema è composto da una sorgente laser che emette verticalmente radiazione di una certa lunghezza d’onda (nel caso della Figura 1 a circa 532 nm, corrispondente al verde) e da un ricevitore che, attraverso un opportuno
sistema ottico, raccoglie la luce retrodiffusa da ogni strato di spessore ∆z del mezzo sovrastante e la incanala verso un rilevatore di
radiazione.
Il fotomoltiplicatore è un rilevatore di radiazione che converte il
segnale luminoso in una corrente di elettroni e quindi in un segnale analogico. I fotoni colpiscono una superficie fotosensibile
chiamata fotocatodo, da cui vengono emessi per effetto fotoelettrico degli elettroni, che vengono poi accelerati con una serie di
elettrodi (chiamati dinodi) disposti all’interno di un tubo da vuoto. Gli stessi elettroni, colpendo i dinodi, stimolano l’emissione
di altri elettroni, da cui una moltiplicazione a cascata che arriva
all’altra estremità del tubo chiamata fotoanodo. Il segnale viene
infine elaborato e analizzato tramite un computer. Questa schematizzazione semplificata descrive una particolare configurazione, detta monostatica, dell’apparato LiDAR, utilizzata spesso per
lo studio dei processi di retrodiffusione (backscattering) elastica
della radiazione3 .
Ma cosa possiamo imparare dallo studio del segnale registrato?
Per capirlo è necessario riflettere sui processi di interazione nell’atmosfera tra la radiazione e la materia presente alle diverse quote. Nella configurazione appena descritta la sorgente luminosa è
quasi monocromatica, cioè a lunghezza d’onda fissata, ad esempio nel visibile, e proveniente da un laser impulsato. Le caratteristiche della sorgente laser sono fondamentali nel determinare
la risoluzione spaziale e temporale della misura: la durata degli
impulsi permette di determinare la quota alla quale la radiazione
raccolta a un certo istante è stata diffusa. La luce emessa dal laser
interagisce con le particelle presenti nei vari strati dell’atmosfera
e in generale può essere assorbita o diffusa in modo diverso al
variare dalle caratteristiche fisiche e geometriche delle particelle, che possono essere molecole o aerosol. Il segnale registrato
è il risultato di una serie di interazioni della luce con la materia,
descritte da una legge di estinzione4 .
3
4
20
Si definisce elastico un processo di diffusione in cui la lunghezza
d’onda della radiazione incidente è approssimativamente uguale a
quella della radiazione diffusa.
2
Per i più curiosi è una legge del tipo P(z) = P0 zA2 ηott cτ
2 β(z)T (z), in
cui P(z) è la potenza misurata dal sensore in funzione della quota, P0
la potenza emessa dal laser, A l’area del telescopio, ηott l’efficienza
ottica del sistema, c la velocità della luce, τ la durata dell’impulso
di radiazione emesso
dal laser, β il coefficiente di retrodiffusione,
Rz
0
0
T 2 (z) = exp−2 0 α(z )dz la trasmissività dell’atmosfera nel processo
che va dalla quota dello strumento a z. Il coefficiente di estinzione
α(z) tiene conto dei processi alle diverse quote.
Figura 2 – Schema dell’apparato LiDAR in configurazione monostatica:
un fascio laser viene sparato verso l’alto e diffuso dallo strato di spessore ∆z a quota Z. La luce diffusa viene poi raccolta da un telescopio e
indirizzata a un rilevatore che consente di analizzare il segnale.
Aerosol in atmosfera
Lo studio del ruolo degli aerosol atmosferici è molto importante nella ricerca attuale in fisica dell’atmosfera, specialmente per
la comprensione dei processi di trasferimento radiativo. A differenza delle proprietà ottiche delle molecole, descritte in modo
completo dalla teoria di Mie, l’indagine sulle proprietà ottiche dei
diversi tipi di aerosol presenti in atmosfera e sull’effetto della loro
presenza è un argomento tuttora molto studiato e il LiDAR è uno
degli strumenti più utilizzati a questo scopo.
Per chiarire questo punto è sufficiente guardare la Figura 3, in cui
si presenta il rapporto di retrodiffusione5 giornaliero alle diverse
quote, in un sondaggio effettuato alla Sapienza il 19 luglio 2010.
Questo grafico mostra l’effetto della presenza degli aerosol alle
diverse quote e al variare delle ore rispetto alla diffusione che si
avrebbe in un’atmosfera puramente molecolare. Tramite sondaggi di questo tipo è possibile indagare la distribuzione degli aerosol
al variare della quota.
5
Sempre per i curiosi, il rapporto di retrodiffusione è definito da R =
1 + ββa , in cui βa è il coefficiente di retrodiffusione aerosolico e βm
m
quello molecolare.
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IL RICERCATORE ROMANO
Si può insomma ben dire che il LiDAR sia uno di quegli strumenti
che ci stanno aiutando, non solo metaforicamente, a portare un
po’ di luce nella nostra comprensione della natura.
Bibliografia
Figura 3 – Esempio di un sondaggio giornaliero sul rapporto di retrodiffusione effettuato con il LiDAR alla stazione della Sapienza il 19 luglio
2010. Da g24ux.phys.uniroma1.it.
Oltre l’atmosfera
Fin qui abbiamo accennato ad alcune applicazioni del LiDAR nella fisica dell’atmosfera, riguardanti lo studio dei processi di trasferimento radiativo e degli aerosol e il sondaggio delle grandezze fisiche e meccaniche (densità, temperatura, velocità e direzione del
vento). Ma il LiDAR è uno strumento ormai utilizzato in un gran
numero di applicazioni, dal monitoraggio ambientale all’oceanografia. In particolare sono diversi gli utilizzi dei sistemi LiDAR
montati sugli aerei, detti Airborne Lidar, che consentono di fare
sondaggi atmosferici da quota, ma anche di effettuare misure sulla profondità dei fondali marini [31]. Da questo punto di vista il
LiDAR ha anche diverse applicazioni nella gestione delle regioni costiere, consentendo di avere un quadro estremamente preciso
della geomorfologia dei bacini dei fiumi e dei bacini marini anche
nelle zone meno profonde.
Similmente il LiDAR consente di effettuare una fotografia della
topografia terrestre anche in zone boscose. Questa potenzialità
è stata recentemente esplorata per lo studio delle faglie attive in
regioni a rischio sismico in cui la copertura boscosa non consentirebbe di identificarle in altri modi [32]. Esiste infatti un algoritmo
che consente di disboscare virtualmente la regione interessata e
di studiare in modo diretto la topografia della superficie. L’individuazione con questo metodo delle faglie attive può avere un ruolo importante per l’identificazione delle zone a maggiore rischio
sismico su un territorio.
Una menzione particolare va poi data al progetto della NASA,
realizzato nel 1994, basato sul montaggio della tecnologia LiDAR a bordo di una stazione spaziale. Il progetto Lidar Inspace Technology Experiment (LITE) ha portato a diversi studi
sull’atmosfera terrestre, dai processi radiativi, allo studio dell’effetto degli aerosol sull’albedo, all’evoluzione dello strato limite
planetario (PBL) [33].
[25] Synge E.H. A method of investigating the higher atmosphere. In Phiios. Mag, vol. 9:1014–1020 (1930)
[26] Benedetti-Michelangeli G., Cacciani M., Capasso A., Congeduti F., Di Iorio T. et al. Giorgio Fiocco: a jolly good fellow
and his research. In Annals of Geophysics, vol. 46(2) (2009)
[27] Fiocco G. e Smullin L. Detection of scattering layers in the
upper atmosphere (60-140 km) by optical radar. In Nature, vol.
199:1275–1276 (1963)
[28] Castracane P., Selmi L., Casadio S., Cacciani M. e Fiocci G.
Ground-based remote sensing of wind, temperature and aerosol
backscattering in an urban environment during different atmospheric stability conditions. In Physics and Chemistry of the Earth, Part B: Hydrology, Oceans and Atmosphere, vol. 26(3):239–
245 (2001)
[29] Lohmann U. e Feichter J. Global indirect aerosol effects:
a review. In Atmospheric Chemistry and Physics, vol. 5(3):715–
737 (2005)
[30] Weitkamp C. Lidar: range-resolved optical remote sensing
of the atmosphere. Springer Verlag (2005)
[31] Gao J. Bathymetric mapping by means of remote sensing:
methods, accuracy and limitations. In Progress in Physical Geography, vol. 33(1):103 (2009)
[32] Cunningham D., Grebby S., Tansey K., Gosar A. e Kastelic
V. Application of airborne LiDAR to mapping seismogenic faults
in forested mountainous terrain, southeastern Alps, Slovenia. In
Geophysical Research Letters, vol. 33(20):L20308 (2006)
[33] Winker D., Couch R. e McCormick M. An overview of LITE:
NASA’s lidar in-space technology experiment. In Proceedings of
the IEEE, vol. 84(2):164–180 (2002)
Gruppo G24: g24ux.phys.uniroma1.it
Report IPCC “Climate Change 2007”: tinyurl.com/
6cepdy9
Sull’autore
Roberto Garra ([email protected]) è studente specializzando in geofisica all’Università Sapienza di Roma e fa parte dello staff del sito degli studenti accatagliato.org.
Giampietro Casasanta (giampietro.
[email protected]) è dottorando in telerilevamento
presso il gruppo G24 dell’Università Sapienza di Roma.
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RECENSIONI
Il fascino sottile del laser
C OPERTINA
“A oltre quarant’anni di distanza dalla sua invenzione, il laser continua a creare intorno a sé un’atmosfera mista di curiosità e meraviglia. La curiosità è essenzialmente alimentata dal fatto che nuovi tipi
di laser vengono ancora oggi inventati e nuove, affascinanti, persino impensabili applicazioni vengono
continuamente introdotte. Il senso di meraviglia, cui non si sottrae anche il lettore meno informato, deriva soprattutto dal carattere pervasivo del laser: non esiste infatti campo della scienza e della tecnica
che non sia stato influenzato, a volte in maniera rivoluzionaria, da questa invenzione”.
Il giudizio di Orazio Svelto sul laser è molto semplice, ma contiene tutto ciò che rende speciale questa
tecnologia. L’autore di “Il fascino sottile del laser” e del precedente “Principles of laser” del 1970,
punto di riferimento internazionale per la didattica in questo campo, è un ingegnere italiano, laureato
al Politecnico di Milano e attualmente ordinario di fisica della materia. È socio dell’Accademia dei
Lincei e dell’Accademia Nazionale delle Scienze e il suo lavoro si è concentrato sullo sviluppo di
nuovi laser a stato solido, sulla generazione di impulsi ultra-brevi di luce laser e sulle applicazioni del
laser in medicina e biologia e ha prodotto tre brevetti nel settore. Nel 2000 il Comitato del Premio
Nobel per la fisica, su segnalazione di numerosi proponenti, ha deciso di assegnare il nuovo Premio
Nobel nell’ambito dei laser, nominando il prof. Svelto come consulente ed esperto, riconoscendogli
esperienza internazionale nel settore. Nel maggio del 2006 ha ottenuto l’importante Premio “Charles
Townes” della Optical Society of America, istituito in onore del padre del laser e assegnato annualmente a quello scienziato autore di lavori di eccellenza, scoperte o invenzioni nel settore dei laser e
dell’elettronica quantistica
“Il fascino sottile del laser” non è propriamente un libro sui laser, ma l’autobiografia di un uomo che ha
speso l’intera vita professionale al loro studio. Un breve testo, nemmeno cento pagine, in cui trovano
posto numerose riflessioni sulla situazione attuale italiana, sia nell’ambito della ricerca, che in quello
formativo e politico. Un esempio è la seguente considerazione sulla riforma universitaria in atto che,
benché del 2007, accompagna perfettamente la recente nomina dei membri dell’ANVUR (Agenzia
Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca): “tre sono le cose da non fare:
non rassegnarsi, non negare la gravità della crisi, non addossarsi vicendevolmente le colpe, di contro
ridare valore al merito, valutare periodicamente i risultati conseguiti da docenti e ricercatori, mettendo
in preventivo che molte sono e saranno le resistenze al cambiamento”.
Quella dell’autobiografia scientifica è una formula editoriale già testata con successo su luminari dello
spessore di Edoardo Bancinelli e Margherita Hack: l’intreccio tra il vissuto umano e quello professionale, tra percorsi culturali, sociali, meritati riconoscimenti, dedizione, impegno, sacrificio e tanta,
tanta passione per la conoscenza. Sono gli studenti, la generazione più giovane che si sta formando per
prendere in mano e affrontare le sfide del futuro, ad essere al centro della riflessione di Orazio Svelto:
il suo suggerimento per loro è di “non lasciarsi mai fuorviare nella scelta della propria carriera da argomentazioni di carattere venale o da pressioni familiari”, facendosi invece guidare dalla passione per
“la ricerca, perché in essa è racchiuso il futuro non solo della nostra nazione, ma di tutta l’umanità”.
Alessio Cimarelli
(Studente del Master in Comunicazione
della Scienza della SISSA di Trieste)
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I N BREVE
Titolo
Autore
Editore
Anno
Pagine
Prezzo
ISBN
Il fascino sottile del
laser
Orazio Svelto
Di Renzo
2007
96
11.00 e
9788883231780
La rivista è prodotta dal motore di composizione tipografica LATEX. I sorgenti sono sviluppati e mantenuti da Alessio
Cimarelli e sono disponibili richiedendoli alla Redazione.
La rivista è disponibile on-line all’indirizzo http:
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accastampato/n04/, navigabile sia da computer
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