La Rivoluzione Francese La Francia era la patria dell’Illuminismo, di Voltaire e Montesquieu, nonché promotrice, tramite l’enciclopedia, delle idee di libertà e democrazia. Tuttavia le istituzioni francesi, in particolare la monarchia assoluta che ancora dominava lo Stato sia con Luigi XV, successore del re sole, che col suo erede Luigi XVI, erano obsolete e in netto contrasto con la vivacità culturale che, grazie agli illuministi, si era diffusa in Francia e Europa. La sua popolazione era divisa in tre stati rigidamente separati: nobiltà, clero e terzo stato: quest’ultimo era composto dalla maggioranza dei francesi (25 milioni su 26), ma politicamente non contava nulla. Gli altri due stati erano i reali possessori della ricchezza e della gestione della nazione. Inoltre erano esentati dal pagamento dei tributi e godevano di forti privilegi (prestazione gratuita di manodopera, amministrazione della giustizia sulle proprie terre su cui potevano riscuotere tasse, pedaggi, ecc.). Intorno al 1770 la Francia cadde in una profonda crisi economica dopo la politica scialacquatrice di Luigi XIV e di Luigi XV (fallimento del “sistema di Law”1). Il nuovo sovrano, Luigi XVI, si rese conto, grazie al suo ministro delle finanze Turgot, che per uscire dalla crisi occorreva eliminare i privilegi di nobiltà e clero e tassarli. L’idea fu fortemente avversata dai ceti dominanti, ma nel 1789 si giunse alla conclusione con Necker, ministro delle finanze francesi in quel momento, che non vi erano soluzioni alternative, per cui furono convocati gli Stati Generali francesi, non più riuniti dal 1614, per esaminare il problema. L’assemblea appena radunata iniziò a litigare sul metodo di votazione (per testa o per stato): non trovando un accordo, il terzo stato si ritirò e fece il giuramento della pallacorda (20 giugno) con cui si ripromise di rimanere in riunione fin quando avrebbe dato un’altra costituzione più democratica alla Francia. In luglio, però, grazie all’intercessione del re, gli Stati Generali tornarono a riunirsi integralmente, ma si trasformarono in Assemblea Nazionale Costituente per scrivere una costituzione più moderna e meno assolutista. Luigi XVI e l’aristocrazia rimanevano comunque ostili al mutamento della situazione politica, che andava a favore del Terzo Stato, per cui furono ammassate truppe mercenarie alle porte di Parigi, e venne licenziato il ministro Necker, vicino alle idee economiche della borghesia. I parigini, temendo che la situazione restasse invariata, il 14 luglio 1789 assaltarono e presero la Bastiglia, prigione simbolo dove erano rinchiusi i prigionieri politici. Fu poi creata una milizia rivoluzionaria comandata da Lafayette. Fu l’inizio della rivoluzione che si diffuse in tutto il territorio francese. Il 26 agosto l’Assemblea Nazionale emanò la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (uguaglianza dei cittadini, libertà di pensiero, di parola, di stampa, di religione, sovranità popolare, inviolabilità della proprietà privata). Il re rimaneva ambiguo nei suoi atteggiamenti, dimostrando malanimo verso le novità che stavano accadendo, per cui il 5 ottobre i parigini assalirono Versailles e obbligarono la famiglia reale a trasferirsi a Parigi. Nel frattempo nacquero i primi partiti politici (clubs) che si aggregavano in base alle idee che avevano sul tipo di costituzione da dare alla Francia. I più estremisti erano i Giacobini -di ideali di sinistra, ma al loro interno avevano più anime (Robespierre, Danton, Marat, Hebert)- che avrebbero voluto una costituzione filopopolare. Nacquero pure altri partiti con tendenze diverse, come il monarchico costituzionale di Mirabeau. Nel luglio del 1790 fu varata la Costituzione civile del clero (gallicanesimo), che rendeva i preti e i vescovi sottomessi allo Stato, riforma molto avversata dal papa e da tanti sacerdoti francesi che non l’accettarono (preti refrattari). Luigi XVI, sempre più in disaccordo, tentò di fuggire dalla Francia nel giugno del 1791 con tutta la sua famiglia, ma venne arrestato a Varennes (fuga di), sul confine belga, e riportato a Parigi. Ormai vi era grande ostilità nei suoi confronti, per cui si cominciò a dibattere se trasformare la Francia in repubblica, o se continuare a lasciarla in mano ad un sovrano in cui non si aveva più alcuna fiducia. Il 17 luglio i parigini si riunirono a Campo di Marte per sottoscrivere un documento contro la monarchia, ma la guardia nazionale rivoluzionaria disperse con violenza la folla provocando una strage con un centinaio di morti. Pochi mesi dopo l’Assemblea Nazionale dichiarò di aver esaurito i suoi compiti, avendo varato il 3 settembre ’91 una costituzione censitaria favorevole all’alta borghesia, per cui si sciolse e trasmise i suoi poteri all’Assemblea legislativa, composta da 745 deputati completamente nuovi, in cui permanevano le tendenza politiche già sviluppatesi in precedenza (a destra i Foglianti pro monarchia costituzionale, al centro la Palude 1 Fu il tentativo d’introdurre la carta moneta, esperimento che fallì perché essa fu garantita dalle terre coloniali francesi, che però non assunsero mai grande valore economico. senza un orientamento politico preciso, a sinistra i Giacobini (Montagna + intransigenti; Girondini + moderati). Alla fine prevalse l’ala più intransigente capeggiata da Robespierre che il 9 e 10 agosto assaltò il palazzo reale catturando il re (verrà ghigliottinato il 21 gennaio 1793) e la sua famiglia e imprigionandoli. A questo punto l’Assemblea legislativa dichiarò decaduta la monarchia e si sciolse in favore di una Convenzione Nazionale, creata per dare una nuova costituzione di indole repubblicana (filopopolare e a favore dei sanculotti) che verrà emanata nel 1793, ma non entrerà mai in vigore perché inizierà la fase del Terrore. La decapitazione di Luigi XVI e ancor più la paura che gli ideali democratici della Rivoluzione potessero diffondersi ovunque stimolò la creazione della 1a Coalizione antifrancese tra una decina di Stati europei, tra cui l’Austria e la Prussia con cui la Francia già era in guerra. Inoltre in alcune regioni francesi, soprattutto in Vandea, si scatenò per opera di aristocratici e contadini (questi per l’antireligiosità del governo giacobino) la rivolta contro il governo. Tutti questi fatti determinarono paura tra i governanti e la presa di potere di Robespierre che impose un governo dittatoriale facendo ghigliottinare molti dei suoi compagni girondini di partito (Danton). Iniziò il periodo chiamato del Terrore (agosto ’93) in cui la situazione interna divenne esplosiva con uccisioni e complotti (Charlotte Corday, girondina, uccise Marat, montagnardo), e facili condanne a morte tramite tribunali rivoluzionari da parte del governo (Comitato di salute pubblica: Robespierre e Saint-Just). Tale situazione durò qualche mese e vennero giustiziate migliaia di persone. Terminò quando dal fronte su cui si stava combattendo la guerra contro la 1a coalizione giunse la notizia di un importante vittoria (Flerus) che calmò un po’ la paura che si era diffusa di un’invasione straniera, facendo capire che Robespierre aveva creato una dittatura personale, e che se un governo nelle sue mani era un pericolo per tutti. Il 27 luglio (9 termidoro: da qui congiura termidoriana) egli fu arrestato e il giorno dopo ghigliottinato. Dopo la fine del governo degli intransigenti, venne rifatta la costituzione (dell’anno III) con spirito borghese e anche reazionario: i cittadini furono divisi in attivi e passivi in base al censo (potevano o no votare); l’Assemblea Legislativa fu divisa in Consiglio dei 500 e Consiglio degli Anziani; il potere esecutivo venne affidato ad un Direttorio di cinque membri. Fu il periodo del cosiddetto Terrore Bianco (reazione termidoriana- scioglimento del club dei giacobini nel ‘94) in cui i perseguitati dalla Rivoluzione reagirono violentemente contro i loro persecutori. Fu durante tale periodo che il giovane Napoleone Bonaparte si mise in luce reprimendo con decisione una rivolta realista scoppiata a Parigi. La guerra contro gli Stati della 1a Coalizione proseguì, anche se Prussia e Spagna si erano ritirate, ma l’Austria continuava a combattere. Napoleone Bonaparte (Aiaccio/Corsica 1769 – Sant’Elena 1821) Il clima rimase assai teso e pericoloso (colpo di Stato fallito nel ’95 da parte dei realisti - Congiura degli Eguali di Babeuf nel ’96), per cui il Direttorio accentuò la guerra contro l’Austria per acquisire prestigio. L’esercito che doveva attaccarla attraverso il nord Italia fu affidato a Napoleone Bonaparte, generale appena ventisettenne che dimostrerà subito doti di comando eccezionali, insieme a geniali capacità di strategia militare. Nel giro di pochi mesi, nel 1796 egli riuscì a sconfiggere l’esercito sabaudo, facendosi consegnare Nizza e la Savoia, ed il 15 maggio occupò Milano. Nei mesi successivi conquistò tutta l’Italia del centro-nord creando entusiasmo tra i repubblicani italiani che lo vedevano come un liberatore dagli austriaci e dal papato. Nelle zone occupate dell’Italia settentrionale (Lombardia, Emilia Romagna) creò dapprima 2 repubbliche (Cispadana e Transpadana) che poi fuse insieme creando la Repubblica Cisalpina (poi chiamata Italiana nel 1801). Napoleone proseguì la sua avanzata vittoriosa conquistando Venezia, che terminò così la sua lunga vita di Stato indipendente, e giungendo a un centinaio di Km da Vienna. L’Austria, sentendosi ormai seriamente minacciata, accettò di sottoscrivere nell’ottobre del 1797 il Trattato di Campoformio, con cui le veniva ceduta Venezia, mentre lei doveva riconoscere l’indipendenza della Cisalpina e cedere ai francesi Belgio e Renania. Nel frattempo in Italia venivano fondate altre repubbliche, tra cui quella ligure (giugno ’97), quella romana (febbraio ’98) dopo che era stato sottomesso anche lo Stato Pontificio, e quella partenopea (gennaio ’99). Nel ‘1798, dopo aver sconfitto e costretto alla pace l’Austria, la Francia decise di colpire l’altra grande potenza con cui era ancora in guerra, cioè l’Inghilterra, chiudendole le vie commerciali nel Mediterraneo. Nel mese di maggio Napoleone trasferì una buona parte del suo esercito in Egitto, allora possedimento turco, conquistandolo facilmente grazie alla battaglia delle piramidi. La flotta inglese, guidata dall’ammiraglio Nelson, riuscì però a distruggere quella francese nella battaglia di Abukir (1 agosto 1798) facendo fallire il piano2. Tale sconfitta, insieme alle turbolenze politiche e sociali che continuavano ad agitare la Francia, indusse alcuni membri del Direttorio, sostenuti da Napoleone rientrato avventurosamente dall’Egitto e pronto a rimangiare i suoi ideali di indole repubblicana per schierarsi con la ricca borghesia, ad attuare il Colpo di Stato del 18 brumaio (9 novembre) con cui fu abolita la costituzione dell’anno III e il Direttorio, per creare un consolato composto da 3 persone tra cui lo stesso Napoleone che divenne addirittura primo console. Il passo successivo fu l’emanazione della Costituzione dell’anno VIII con cui, pur ribadendo il principio della sovranità popolare e l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge e al fisco, dava al primo console poteri molto forti, tra cui quello di poter condizionare il potere legislativo, riforme che calmarono per il momento l’agitata situazione sociale francese. Inoltre il governo consolare s’industriò subito per tranquillizzare la ricca borghesia aumentando le imposte indirette, abbassando quelle dirette e eliminando i provvedimenti di indole giacobina. In Europa, tuttavia, permanevano molte diffidenze verso la Francia rivoluzionaria, per cui si formò una Seconda coalizione che indusse Napoleone a muoversi nuovamente contro l’Austria, sconfitta a Marengo nel 1800 (14 giugno), e a costringerla ad una pace vantaggiosa per la Francia. Ugualmente dopo pochi mesi riuscì a concludere con gl’inglesi la pace di Amiens (25/8/1802), anche questa vantaggiosa per i francesi. In seguito Napoleone poté dedicarsi alla politica interna riformando l’amministrazione pubblica, varando leggi sempre più filo-borghesi e a favore del suo potere personale, permettendo ai nobili in esilio di tornare, sottoscrivendo un Concordato con la Chiesa nel 1801per ristabilire buoni rapporti. Grande cura fu dedicata alla stesura di un nuovo Codice civile che, pur ispirandosi agli ideali rivoluzionari, di fatto favoriva la borghesia, e alle scuole superiori (licei) che dovevano preparare le nuove classi dirigenti. Scarso fu l’impegno per la scuola di base. Inoltre furono investiti molti soldi nei lavori pubblici, vennero prosciugate paludi, abolite le dogane interne, unificato il sistema monetario, dei pesi e delle misure. Napoleone rapidamente acquisì tanto prestigio da farsi dapprima proclamare tramite un plebiscito Console a vita, e nel 1804 Imperatore dei Francesi, incoronandosi da solo alla presenza del papa a Notre-Dame il 2 dicembre. La stessa Repubblica italiana fu trasformata in Regno italico sotto la sua sovranità. Tra la Francia e l'Inghilterra la pace non durò a lungo in quanto era chiaro che Napoleone mirava a dominare tutta l’Europa. La guerra quindi riprese con un’altra coalizione, la terza, a cui parteciparono Inghilterra, Russia, Svezia, Austria e Regno di Napoli. Le armate di Napoleone risultarono ancora una volta vittoriose riuscendo a occupare la stessa Vienna e, nel 1806, il Regno di Napoli, che venne assegnato a un fratello di Napoleone, Giuseppe Bonaparte. Ad un altro fratello, Luigi Bonaparte, fu data la corona del Regno d'Olanda. Nel luglio 1806 Napoleone creò la Confederazione del Reno unificando i numerosi staterelli germanici che tolse alla sovranità dell'imperatore d'Austria. Questo determinò la fine del Sacro Romano Impero. A seguito di questi fatti, l'Inghilterra, la Prussia, la Russia e la Svezia crearono la quarta coalizione, ma anche in questa occasione furono sconfitti con sconcertante rapidità e Napoleone allargò ulteriormente i suoi domini grazie alla pace di Tilsit (7 luglio 1807), che segnò una svolta, anche se di breve durata, nei rapporti tra Francia e Russia: esse infatti convennero di spartirsi l'Europa in due rispettive zone d'influenza. In seguito lo zar Alessandro 1° sfruttò tale accordo ai danni della Turchia e della Svezia, mentre Napoleone poteva dedicarsi più intensamente, come un nuovo Carlo Magno, alla sognata restaurazione del grande impero europeo e alla guerra contro l'Inghilterra, sua irriducibile avversaria. Ritenendo irrealizzabile l’invasione dell'isola, Napoleone cercò di strangolare l'economia inglese creando un blocco navale (1806-1807), ovvero la proibizione per tutta l’Europa di esportare merci in Inghilterra e di trattenere con essa ogni rapporto commerciale. Il blocco in effetti danneggiò l'economia inglese, ma produsse gravi guasti anche all'economia degli Stati europei, perché dovevano rinunciare ad un grande e proficuo mercato di esportazione che né la Francia né il mercato interno potevano in alcun modo sostituire. Le infrazioni al blocco divennero quindi numerose, specie nei porti spagnoli e portoghesi non ancora controllati da Napoleone che, per questo, decise di occupare Spagna e Portogallo (1807-1808). Gli spagnoli però non accettarono mai il dominio napoleonico e condussero una costante guerriglia contro gli invasori. 2 Militarmente la spedizione fu un fallimento, ma culturalmente permise di capire che il mondo era molto più antico di quanto si pensasse, e di scoprire la famosa Stele di Rosetta con cui nel 1822 Champollion riuscì a decifrare i geroglifici degli antichi egizi. Infatti Napoleone si era portato dietro anche una serie di studiosi e scienziati per acquisire maggiori conoscenze su tale civiltà ancora poco conosciuta dagli europei. L'instancabile attività espansionistica di Napoleone indusse ancora una volta l'Inghilterra e l'Austria ad allearsi (quinta coalizione), ma ancora una volta furono sconfitte nel 1809 e dovettero giungere ad una pace sfavorevole. Questo fu il momento in cui la potenza napoleonica raggiunse il suo culmine: infatti, l’impero francese si estendeva praticamente su tutta l’Europa che si trovava o sotto il diretto dominio napoleonico o in stato di vassallaggio; per dare poi una parvenza di legalità e di nobiltà al titolo imperiale, Napoleone, ripudiata Giuseppina, la prima moglie di cui pur era innamoratissimo, che non era riuscita a dargli un erede, sposò nel 1810 Maria Luisa, figlia dell'imperatore austriaco, dalla quale ebbe un figlio cui fu dato il titolo di re di Roma. I trionfi e i successi non potevano nascondere comunque i primi sintomi di crisi che si manifestavano all’interno dell’impero. Le simpatie che Napoleone si era creato in tutte le classi sociali francesi stavano scemando poiché, col tempo e il crescere delle ambizioni, il suo regime si faceva sempre più pesante e oppressivo: i contadini erano stanchi della leva militare obbligatoria, la borghesia non poteva condurre i propri affari per le continue guerre, i cattolici s’indignavano per le angherie e i soprusi fatti al papa e alla Chiesa cattolica, i popoli sottomessi, anche grazie alle idee esportate dalla rivoluzione, cominciavano a desiderare un ritorno all’indipendenza e all’autogestione, cioè la fine dell’ingerenza napoleonica. Inoltre il Blocco Continentale continuava a creare forti malumori verso la Francia, soprattutto da parte della Russia che era l’altro grande impero presente in Europa. I suoi tentativi di commerciare ugualmente con l’Inghilterra indussero Napoleone a progettare nel 1812 la Campagna di Russia, marciando con 500.000 soldati contro il suo avversario. I russi però attuarono la tecnica della terra bruciata, cioè attirarono l’esercito francese sempre più all’interno del loro Stato eliminando tutte le fonti di approvvigionamento e aspettando il terribile inverno russo, che in effetti decimò e sconfisse i francesi. Napoleone tornò precipitosamente in Francia perché nel frattempo gli si era formata contro la sesta coalizione che riuscì a sconfiggerlo a Lipsia nell’ottobre del 1813. L’anno dopo riuscì ad occupare addirittura Parigi, fatto che costrinse Napoleone ad arrendersi. Venne esiliato all’Isola d’Elba. La Francia tornò ai confini del 1792 e sul trono fu restaurato un discendente di Luigi XVI, cioè Luigi XVIII. Nel novembre del 1814 si riunì il Congresso di Vienna per risistemare l’Europa sconvolta da Napoleone, ma poco dopo egli riuscì a fuggire dal suo esilio per tornare in Francia, dove fu accolto calorosamente da tanti francesi e dove riorganizzò un esercito per marciare contro i suoi nemici (i 100 giorni). Venne però sconfitto definitivamente a Waterloo (18 giugno 1815). A questo punto la sua avventura terminò del tutto: venne esiliato nella lontana isoletta di Sant’Elena dove morì il 5 maggio 1821. La Francia tornò a Luigi XVIII e dovette accettare le dure condizioni che le furono imposte, ovvero la perdita di tutti i territori conquistati e il pagamento di una forte indennità alle potenze vincitrici. Il contatto tra San Marino e l’armata napoleonica avvenne il 5 febbraio 1797, quando la Reggenza si vide recapitare da Rimini, conquistata dai francesi, una lettera dai toni perentori firmata da un subalterno di Napoleone, il generale Berthier, con cui si chiedeva l'immediata consegna del vescovo, monsignor Ferretti, che s’ipotizzava rifugiato a San Marino. La richiesta creò grande agitazione tra i governanti sammarinesi, che subito si misero alla ricerca del vescovo. Costui, però, era già fuggito dal territorio sammarinese. Nel comunicarlo a Berthier, le autorità del Titano dissero: «Non avrete mai a lagnarvi di una piccola popolazione povera, altrettanto che ambiziosa della libertà che gode da tempo immemorabile», mettendo subito in luce i motivi per cui non meritava invadere la Repubblica, ovvero la volontà di cooperare, la sua piccolezza e la sua povertà, la mitica e perenne libertà fin lì goduta. Il 7 febbraio giunse a San Marino un ambasciatore dei francesi, lo scienziato Gaspare Monge, per assicurare che Napoleone non aveva intenzioni ostili verso la Repubblica, e per garantire l'amicizia, la simpatia e la fratellanza della nuova repubblica francese. Addirittura nella lettera inviata dal Bonaparte, che il Monge portava con sé, era scritto che i sammarinesi avrebbero potuto avere qualche ampliamento territoriale, se lo avessero desiderato. «La libertà era bandita da quasi tutta l’Europa – riporta ancora la lettera– non esisteva che a San Marino, dove, per la saggezza del vostro governo, e soprattutto per le vostre virtù, cittadini, voi avete conservato questo prezioso deposito attraverso tante rivoluzioni e difeso il suo asilo per tanti e tanti anni». «Sembraci ancora un sogno la gentile sorpresa che voi ci faceste coll’augusto carattere di cui eravate investito – risposero rasserenati al Monge il 12 febbraio. – Questa è la prima volta che, distinti dalla turba vile dei servi, abbiamo ricevuto un onore che era riserbato alla vostra grande Nazione di conferirci». I francesi non solo avevano evitato di soggiogare la Repubblica, ma addirittura le avevano dato, primi fra tutti i popoli, una sorta di riconoscimento internazionale. Nella stessa lettera di risposta furono gentilmente rifiutati anche gli ampliamenti territoriali perché San Marino era contenta di rimanere nei suoi confini storici per non rischiar di compromettere la sua indipendenza. L’unica cosa che veniva richiesta, invece, era la possibilità di sottoscrivere convenzioni commerciali con i nuovi vicini per garantire un’adeguata sussistenza al popolo sammarinese. Poco tempo dopo giunse un'altra lettera, siglata addirittura da Napoleone, in cui si affermava che i sammarinesi erano esentati dalle imposte, e che avrebbero ricevuto in dono, in segno di amicizia, 4 cannoni (che però non giunsero mai), e 1.000 quintali di biade, che invece furono regolarmente consegnati. I rapporti con i francesi furono quindi subito ottimi. I motivi di tale simpatia probabilmente sono legati al fatto che San Marino era già abbastanza conosciuto a livello internazionale, e beneficiava della stima di varie grandi nazioni e di diversi noti intellettuali come più antico Stato del mondo, tanto umile e modesto da non aver particolari ambizioni se non la semplice sopravvivenza e la salvaguardia della sua plurisecolare e mitizzata libertà. Non era facile per Napoleone, che stava combattendo animato proprio da ideali repubblicani e liberali, cancellare con la forza, e senza un concreto tornaconto, una simile città ideale, emblema vivente dei suoi sogni politici del momento. Inoltre era una realtà periferica, povera e insignificante nel panorama europeo, del tutto innocua. Fu dunque sicuramente più conveniente e propagandistico blandirla, proteggerla e conservarla, piuttosto che invaderla per soggiogarla. Nel 1798 e nel 1802 i sammarinesi sottoscrissero anche i trattati commerciali desiderati.