Psicologia italiana: cinque nodi da affrontare

Psicologia italiana: cinque
nodi da affrontare.
Il futuro della Psicologia italiana nelle mani degli
psicologi: dal ricambio generazionale all’integrazione di
esperienze, pubblico/privato e istituzioni.
(1)
LA
PSICOLOGIA
NELLA
SOCIETA’
ITALIANA,
OGGI .
Un
recentissimo articolo di Felice Damiano Torricelli traccia i
contorni della strategia UK di miglioramento della presenza
della psicologia in UK. Il programma IAPT (Improve Access to
Psychological
Therapies)
è
strategico,
capillare,
territoriale, programmato e progettato centralmente, attivo
dal 2008, omogeneo, organizzato, trasparente, accountabile.
Tutto ciò a cui la psicologia italiana dovrebbe tendere, oggi.
Una recente ricerca sul sistema della formazione in
psicoterapia in Italia ci informa invece che la realtà è
diversa e che molto lavoro c’è ancora da fare, fin dai
fondamentali.
Come mettere insieme vision e realtà? esperienze virtuose e
drammatica quotidianità? Una soluzione di speranza sta nel
riconoscimento che la psicologia professionale in Italia è
una, unitaria e interconnessa. Che abbiamo istituzioni
(Ordini, ENPAP, Associazioni accademiche, politiche e
scientifiche, sindacato) che possono essere i nodi di un
netowrk virtuoso, in grado di far ripartire la psicologia
italiana. Che abbiamo una presenza nel Sistema Sanitario
Nazionale che va sostenuta, promossa e valorizzata, sia per il
suo ruolo di snodo strategico che per le eccellenze che ha
saputo produrre. Per fare questo, occorre certamente un minimo
comune denominatore di buona gestione, trasparente e ispirata
a logiche di accountability. Ma questo è solo l’inizio.
Un secondo passo è creare, coltivare e riconoscere esperienze
virtuose. In una logica integrata di pubblico e privato, di
scienza e applicazione, di accademia e professione. E questo
significa agire con rigore, non spacciare per nuove frontiere
i format da imbonitori. Abbandonare le antiche rivalità e i
vezzi di un mondo al tramonto di cui ancora si odono gli echi,
che non possono non apparire bizzarri, assurdi, al cittadino
del mondo che sbarchi in Italia alla ricerca di un paese al
passo con i tempi.
Siamo già oltre i temi che hanno caratterizzato il dibattito
interno alla psicologia negli ultimi anni. Oltre la tutela
contro l’abusivismo. Oltre le diatribe dipendenti e liberi
professionisti e fra accademici e professionali. Oltre la
rivalità fra scuole di pensiero, di formazione e di
psicoterapia. Alcune di queste restano questioni importanti.
Ma non possiamo illuderci che il futuro della
psicologia dipenda dal rafforzamento delle mura
intorno o dentro alla professione, o dalla
cesellatura sempre più accurata (o delirante?)
dei nostri linguaggi interni.
(2) VALUTAZIONE DEGLI ESITI. Ritengo che questo sia un nodo
cruciale, ma ancora poco frequentato dagli psicologi italiani.
Come valutiamo l’esito in contesto naturale degli interventi
psicologici? quali modelli di applicazione della psicologia
possono essere utilmente impiegati in contesti socio-sanitari
complessi? Non si tratta di questioni meramente tecniche, non
si risolvono implementando un protocollo. Qui si tratta di un
nuovo modo di intendere la professione come una presenza
reale, pragmatica e inserita nel mondo. Un richiamo brutale
per la psicologia professionale al suo compito di intervenire
nei processi e nei contesti e di non agire un linguaggio
ermetico e iniziatico.
Ogni comunità professionale oggi è chiamata
rispondere di ciò che produce in termini di
risultato e di apporto di qualità alla società.
Secondo canoni etici che sono irrinunciabili.
Gli psicologi non sono esenti.
Vi sono significative esperienze di valutazione degli esiti
nate nel contesto pubblico, e non a caso: è proprio nei
servizi, a contatto con una domanda variegata, ineludibile e
di prima linea, che la psicologia applicata si mette davvero
alla prova. Ed è proprio qui che agli psicologi è richiesto di
rispondere ai bisogni emergenti della popolazione, ma anche di
rendere conto della loro utilità come erogatori di servizi
finanziati dal denaro pubblico. Si svolgerà a Trento, il
prossimo 21 e 22 Aprile 2016 un convegno dedicato a questi
temi.
(3) LA PSICOLOGIA NEL SETTORE PUBBLICO. Questo è uno dei nodi
cardinali della professione. Una realtà minoritaria per numero
di occupati, ma assolutamente centrale per il ruolo
dirigenziale che riveste e come cerniera fra bisogno dei
cittadini e della società e programmazione sanitaria. Le
istanze trasformative in atto nella società impattano prima di
tutto sui servizi sociali e sanitari, i soli con un mandato
stringente di rispondere a tali istanze. I colleghi che
operano come dirigenti nella frontiera del servizio pubblico
sono chiamati ad un compito di rilevanza strategica per
l’intera professione. La rappresentano nel dialogo con lo
Stato, con i cittadini e con le altre professioni. La
traducono in prassi e in risposta ad una domanda ineludibile,
e certamente non purificata in setting asettici da manuale.
(4) LA PSICOLOGIA LIBERO-PROFESSIONALE. Non possiamo ritenerci
esenti da alcune questioni epocali. Anche se siamo liberi
professionisti, anche nei nostri studi più privati,
rappresentiamo comunque la professione. E non possiamo eludere
una domanda sempre più varia e informata da parte dei
cittadini, perché per ogni contatto gestito in modo improprio
da uno psicologo nel privato, ci sarà un cittadino segnato da
un’esperienza negativa, insoddisfacente.
E la valutazione di esito riguarda anche la libera
professione. Stare sul mercato non significa solo fare
marketing in modo efficace e dignitoso o assolvere all’obbligo
di leva della formazione continua (qualunque essa sia, e
ancora non si capisce), ma significa anche lavorare in qualità
e accuratezza, collegati agli altri nodi della rete e ai
servizi pubblici, per saper rispondere in modo integrato ad
una domanda sempre più varia e che coinvolge sempre di più
diversi livelli dell’esistenza delle persone.
Chiudere gli occhi di fronte ad un bisogno sociale, economico
o medico, e occuparsi solo della psiche secondo i propri
modelli di riferimento, significa compiere lo stesso atto che
rimproveriamo da sempre alla cultura medica: scotomizzare una
parte della persona. Pensare che la psiche sia il nostro unico
oggetto di lavoro, considerandola un pezzo di persona
trasportato in giro da un corpo che riguarda i medici e
mantenuto in vita da un ecosistema sociale, politico ed
economico di cui non siamo tenuti ad occuparci, significa non
cogliere un mutamento paradigmatico nella società, nella
comunicazione e nel ruolo delle professioni. Significa tradire
il nostro mandato di una professione attenta a leggere,
decodificare e migliorare i processi sociali, comportamentali
e psicologici degli individui, dei gruppi e della società.
(5) LE ISTITUZIONI DEGLI PSICOLOGI. Di fronte a sfide così
grandi, a tali e tanti mutamenti sociali e di ruolo, non
possiamo presentarci con abiti logori, con istituzioni gestite
secondo una logica pre-europea, pre-globale e pre-internet.
Mentre le persone, i gruppi e le società a cui dovremmo
offrire il nostro contributo professionale vivono in una
molteplicità interconnessa, in universi paralleli che sono
tutto meno che virtuali e in una disponibilità di informazioni
mai vista prima, spesso le nostre istituzioni di categoria
faticano a pubblicare i propri bilanci. Ed è qualcosa di
assurdo questo, che sfugge ad ogni logica e ci fa funzionare
secondo stilemi da Prima Repubblica al tramonto.
La presenza sindacale nel sistema sanitario pubblico, piegata
da una serie di incursioni del legislatore ma anche – dobbiamo
dircelo francamente – dall’incapacità della nostra categoria
di rigenerare una vision e ossigenare i tessuti con un sano
ricambio generazionale ai vertici sindacali, dovrà fare i
conti con sfide che non sono domani, dopodomani o al prossimo
rinnovo contrattuale, ma oggi. Quanti colleghi conta il
sindacato? e quanti contano, nel sindacato? chi di questi è in
grado di presentarsi con la veste candida di fronte alla
società a rappresentare la psicologia? quale strategia di
ricambio è pensata oggi? quale coinvolgimento per i giovani
nuovi dirigenti del SSN entrati di ruolo negli ultimi anni?
quali responsabilità politiche incombono?
Più di tutto, serve un approccio che faccia dell’etica, della
trasparenza e della legalità elementi strutturanti. Non
possiamo più pensare alla correttezza gestionale come ad un
paio di baffi posticci, aggiunti alla meglio per nascondere il
ghigno del clientelismo e dell’illegalità. La correttezza nei
rapporti e nella gestione del ruolo politico deve essere un
elemento portante delle istituzioni.
Sono solo cinque fra le diverse questioni
che oggi bussano alla porta della
psicologia. Da come sapremo affrontarle
come comunità professionale, dipenderà il
nostro destino.
Come aumentare l'accesso agli
interventi psicologici in
Italia
Il Centro per le Performance Economiche della London School of
Economics (LSE), una delle più prestigiose ed influenti
università britanniche, ha prodotto, in occasione delle
elezioni nel Regno Unito del maggio 2015, un’interessante
analisi di scenario che presenta in maniera sintetica i dati
circa la ricaduta degli interventi psicologici attivati ed
attivabili dal sistema sanitario pubblico inglese anche in
termini di valore economico.
Al centro della breve riflessione vi è l’affermazione,
supportata dai dati riferiti, che gli interventi di cura per
la malattia mentale si ripagano ampiamente con i risparmi che
consentono al sistema economico.
Negli ultimi anni le politiche per la salute mentale in Gran
Bretagna sono state grandemente incentivate sulla base di una
serie di studi, partiti da analisi proprio della London School
of Economics, che hanno fatto rilevare il deciso vantaggio
economico derivante dalla diffusione dell’offerta pubblica di
psicoterapia.
IL COSTO DELLA PATOLOGIA PSICHICA
La patologia psichica è la principale causa di povertà e il
principale problema di salute in età lavorativa, nei paesi
ricchi, e ciò implica conseguenze economiche decisamente
rilevanti visto che, solo in GB, le malattie mentali contano
per il 40% di tutte le invalidità (richiedenti di sussidi di
disoccupazione e simili) e per il 40% di tutti i casi di
assenza dal lavoro.
Questo fa si che il costo delle patologie psichiche per
l’economia inglese sia di circa 70 miliardi di sterline, di
cui grosso modo la meta è a carico della spesa pubblica.
Inoltre, le malattie mentali aggiungono il 50% ai costi delle
cure sanitarie per malattie fisiche (altri 10 miliardi di
sterline), visto che la comorbilità aggiunge complicanze e
quindi costi.
IAPT: UN PROGRAMMA PUBBLICO PER INCENTIVARE LA TERAPIA
PSICOLOGICA
In quel Paese è stato
pertanto attivato, dal 2008,
un programma pubblico di
incentivazione all’accesso
alla terapia psicologica per
gli adulti affetti da ansia e
depressione (IAPT – Improving
Access to Psychological
Therapies) i cui risultati
sono
al
cento
delle
riflessioni proposte nel
citato opuscolo della London
School of Economics.
I pazienti possono presentare anche autonomamente richiesta di
accesso a questo programma e i dati rilevano che circa 780.000
persone l’anno, il 13% dei sei milioni che ne avrebbero
bisogno, usufruiscono dei servizi psicologici offerti dallo
IAPT.
I risultati in termini di efficacia sono sostanzialmente in
linea con le previsioni degli economisti e con i rilevamenti
della letteratura scientifica in psicologia: alla fine della
terapia il 45% delle persone curate si è ristabilito.
Nonostante i grandi sforzi messi in campo negli ultimi anni,
sforzi che hanno portato al reclutamento di oltre 6.000
psicoterapeuti nel programma IAPT e di altri 1000 nel
programma – più recente – per bambini e adolescenti, la London
School of Economic rileva la necessità di implementare
ulteriormente i fondi stanziati, raddoppiando il budget
previsto nel 2015 per portarlo, entro il 2020, a 600 milioni
di sterline.
Oltre a che a migliorare l’offerta di terapie psicologiche per
le patologie mentali gravi (già strutturalmente affrontate dal
sistema sanitario inglese) nonché per l’ansia e per la
depressione (affrontate con IAPT), questi stanziamenti
servirebbero a cogliere una delle principali sfide per la
salute pubblica dei prossimi anni: la comorbilità tra malattie
fisiche croniche e problemi psicologi.
Un paziente con una malattia cronica costa, ogni anno, 2000
sterline in più al sistema sanitario se ha una comorbilità
psichica ed una percentuale rilevante di patologia psichica
può essere risolta con percorsi psicoterapeuti il cui costo è,
dati alla mano, di 650 sterline una tantum: meno costi
ambulatoriali, meno ricoveri ospedalieri, meno visite al
pronto soccorso, minor ricorso a prescrizioni farmacologiche
per tutta la vita a fronte della spesa per un trattamento
psicoterapeutico una volta soltanto.
INTERVENTO PSICOLOGICO: SPESA O INVESTIMENTO?
I rilevamenti a livello internazionale riscontano che le
persone a cui è stata somministrata una terapia psicologica
costano in media il 20% in meno per la cura di malattie
fisiche, rispetto alle persone non trattate per gli stessi
problemi psicologici, e i risparmi possono essere ancora più
grandi applicando protocolli specifici per gruppi con diagnosi
specifiche (diabete, angina, ecc.).
Ciò richiederà modi nuovi di lavorare per gli specialisti
della cura psichica, in setting ripensati a stretto contatto
con medici generici e specialisti.
Allo stesso modo, per quanto riguarda i bambini – sostiene la
London School of Economics – l’ampliamento dell’offerta di
servizi per la terapia psicologica dovrebbe essere effettuato
presso le scuole, che rappresentano il contesto più
accettabile per l’ intervento precoce garantendo ricadute
estremamente positive in termini di salute mentale e costi
conseguentemente ridotti negli anni futuri.
UN INTERESSE POLITICO MONDIALE
Si tratta, in gran parte, di dati già noti al pubblico degli
addetti ai lavori ma l’aspetto più interessante di questo
report sta meno nella parte “scientifica” e più in quella
“politica”: la London School of Economics – non nuova ad
esercitare la sua influenza culturale nell’indirizzare le
politiche per la salute mentale in Inghilterra – termina
l’opuscolo con una panoramica sulle azioni circa la salute
mentale previste nei programmi elettorali dei tre principali
partiti inglesi (Laburisti, Social Democratici e
Conservatori).
In occasione della campagna elettorale, cioè, dopo aver
rappresentato come sia nell’interesse concreto e diretto della
collettività valutare, anche dal punto di vista economico, le
politiche che lo stato attua per la salute mentale e dopo aver
indicato le priorità per il futuro in questo campo, la LSE
rileva e rende pubblici, in maniera organica, gli impegni che
i gruppi politici si assumono su questo tema, di fatto
segnalandoli all’opinione pubblica come elementi di rilievo da
tenere presenti al momento del voto.
Può apparire un’anomalia il fatto che siano degli economisti a
propugnare l’utilità di sviluppare un sistema diffuso ed
efficiente per la cura della malattia mentale, ma questo offre
una chiave particolarmente efficace per la promozione dei
trattamenti psicologici in tutti i Paesi.
Molti documenti prodotti dalle istituzioni internazionali
indicano nella dimensione della ricaduta economica l’aspetto
più rilevante a sostegno della diffusione della psicoterapia e
dei trattamenti integrati per la salute mentale.
La Banca Mondiale stima che i costi economici dei disturbi
mentali siano pesantissimi, solitamente occulti e non
considerati: la riduzione nella produzione economica dovuta a
patologia psichica, a livello globale, vale migliaia di
miliardi di dollari; per la sola depressione è stato stimato
un costo di almeno 800 miliardi di dollari nel 2010, una somma
che dovrebbe più che raddoppiare entro il 2030.
Allo stesso tempo sono ormai consolidate dagli studi evidence
based una serie di strategie nell’offerta di servizi e
trattamenti psicologici dimostratesi efficaci nel promuovere,
proteggere e ripristinare la salute mentale. Correttamente
attuati questi interventi rappresentano “i migliori
investimenti possibili” per ogni società, con ritorni
estremamente significativi in termini di salute e di vantaggi
economici.
È anche in questa chiave che l’Organizzazione Mondiale della
Sanità e la Banca Mondiale organizzano per Aprile 2016 un
meeting internazionale a Washington DC con focus
sull’evidenziazione
di
questi
dati
d’impatto
e
sull’implementazione dei servizi pubblici per il trattamento
di ansia e depressione considerandone l’accessibilità, il
costo e l’efficacia in relazione alle ricadute economiche che
producono.
QUALE DIBATTITO IN ITALIA?
In Italia il dibattito su questo fronte tende ad essere
pressoché nullo, limitato ad alcune voci isolate che
propongono interventi più o meno strutturati senza riuscire,
però, ad attivare l’attenzione da parte dell’opinione pubblica
e del mondo politico.
È ora necessario costruire un fronte ampio, che parta dal
mondo della psicologia e della psicoterapia per andare
rapidamente oltre, coinvolgendo le istanze sociali e quelle
economiche al fine di sostenere scelte consapevoli in questo
senso da parte del sistema politico nazionale.
Occorre preliminarmente, però, costruire una unitarietà di
visione strategica all’interno della nostra categoria per
poter aspirare a definire azioni di reale impatto all’esterno.
E questa visione comune, finora, non si è realizzata per mille
motivi peculiari della psicologia professionale in Italia.
Forse, però, i tempi sono maturi: AP è pronta.