Capitolo 17 LE GALASSIE ATTIVE Una percentuale inferiore all’1% delle galassie presenta caratteristiche di attività fortemente al di sopra delle galassie normali finora discusse. Le forme di attività sono diverse e sono osservate in diverse bande spettrali. Alcune galassie hanno nuclei eccezionalmente brillanti nell’ottico, spettroscopicamente simili a regione di idrogeno ionizzato: possono quindi essere galassie giovani in cui è presente una forte attività di formazione stellare nelle regioni centrali. In altri casi nuclei brillanti sono chiaramente collegati con galassie vecchie e le temperature del loro gas appaiono molto elevate. Spesso vengono osservate righe spettrali molto allargate che indicano grandi velocità interne, eventualmente dovute ad eeventi esplosivi. In effetti nella banda radio sono spesso associate con la presenza di getti supersonici che si estendono a grandi scale, al di fuori della galassia ottica. In molti casi lo spettro delle regioni nucleari è non termico, e polarizzato, indicando che la radiazione sia dovuta ad emissione sincrotrone da elettroni relativistici in presenza di campi magnetici. La caratteristica comune è comunque quella che le luminosità delle galassie attive integrate sulle varie bande spettrali sono estremamente grandi, superiori fino ad un fattore 1000 a quelle della galassie normali. Ciò implica che la vita di questi oggetti non possa essere molto lunga, il che concorda con la loro bassa percentuale numerica. Per tale ragione, e per altre considerazioni legate alle teorie della formazione delle galassie, si concorda oggi sull’idea che le galassie attive non siano famiglie separate di oggetti, ma rappresentino uno stadio evolutivo della vita di tutte le galassie, probabilmente legata alle loro prime fasi. Le classi più caratterizzanti delle galassie attive sono le galassie di Seyfert e le radiogalassie, le prime associate con galassie spirali, le seconde con galassie ellittiche. Pertanto si può pensare che le Seyfert corrispondano alle fasi attive delle spirali e le radiogalassie alle fasi attive delle ellittiche. 449 450 CAPITOLO 17. LE GALASSIE ATTIVE 17.1 Le galassie di Seyfert Prendono il nome dal loro scopritore che nel 1943 notò come un certo numero di spirali avesse un nucleo centrale molto compatto, molto luminoso e con uno spettro ricco di righe di emissione da atomi ad alta eccitazione ed eccezionalmente larghe, interpretabili come prodotte da nuvole di gas dense e ad alto grado di ionizzazione in moto a grandi velocità. Lo spettro ha inoltre una componente non termica, importante soprattutto nella banda ultravioletta. In Fig. 17.1 è riportato il caso della galassia del Circinus (ESO 97-G13). Fig. 17.1: La galassia di Seyfert nella costellazione australe del Circinus Sulla base degli spettri le Seyfert sono classificate in tipo 1 e 2. Nelle Seyfert 1 la larghezza delle righe permesse indica tipiche velocità dell’ordine di 104 km s−1 , mentre le righe proibite sono più strette; nelle Seyfert 2 tutte le righe sono relativamente strette, con velocità < 103 km s−1 . Si conclude che le righe permesse si formano in regioni dense e interne del nucleo, mentre le righe proibite provengono da regioni meno dense e più esterne del nucleo. Nelle Seyfert 2 per contrasto non esisterebbero invece nuvole di gas dense. Le Seyfert risolte sono spirali, con qualche eccezione nel tipo 2. Sono forti sorgenti infrarosse e spesso le tipo 1 mostrano forte emissione X. Tipicamente non sono forti sorgenti radio, anche se esistono sorgenti radio compatte non risolte con spettri simili alle Seyfert 2 e quindi da classificarsi probabilmente come tali. Si stima che circa l’1% delle spirali di alta luminosità siano Seyfert. La luminosità dei loro nuclei è dell’ordine di quella del resto della galassia, Lnuc = 1043 ÷ 1045 erg s−1 , ed è frequentemente variabile. 17.2. RADIOGALASSIE 17.2 451 Radiogalassie In accordo col nome, sono galassie forti sorgenti di onde radio; le caratteristiche spettrali e di polarizzazione indicano che la radiazione è di tipo sincrotrone. Le luminosità radio sono tipicamente nell’intervallo Lradio = 1040 ÷ 1045 erg s−1 , ma in alcune sorgenti si raggiungono anche i 1047 erg s−1 ; le luminosità radio possono quindi essere anche maggiori della luminosità della galassia ottica. Il problema principale è quello di spiegare l’origine dei campi magnetici e l’accelerazione continua degli elettroni relativistici responsabili per l’emissione sincrotrone; in particolare, seguendo il principio di equipartizione discusso nel paragrafo 8.4.5, si ricava la presenza di campi magnetici fino a B ∼ 10−3 gauss e di elettroni con fattori di Lorentz fino a γ ∼ 10 − 100. Lo studio della struttura delle radiogalassie ebbe inizio negli anni 1950 con l’entrata in operatività di radiointerferometri ad alta risoluzione spaziale. Le cosiddette radiogalassie estese sono tipicamente costituite di due lobi di emissione simmetricamente opposti rispetto alla galassia ottica cui sono associati (Fig. 17.2). La distanza tra i due lobi può raggiungere i 6 Mpc, quindi le radiogalassie hanno dimensioni oltre 10 volte maggiori quelle di una normale galassia come la Via Lattea. Peraltro, sono presenti forme e dimensioni molto diverse, Fig. 17.2: La radiogalassia Cen A associata con la galassia ellittica NGC 5128. All’immagine ottica è sovrapposta una rappresentazione in falsi colori della radiogalassia estesa. Esiste un collegamento continuo, un ponte, tra i due lobi che origina nel nucleo della galassia ottica. come illustrato nella raccolta di immagini in falsi colori di Fig. 17.3.Le morfologie suggeriscono che le radiogalassie vengono create dall’espulsione collimata di 452 CAPITOLO 17. LE GALASSIE ATTIVE 3C132 3C192 3C184.1 3C98 3C35 3C321 3C236 3C33 3C388 3C382 3C285 3C390.3 3C326 3C303 3C223 Fig. 17.3: Caratteristiche morfologie di radiogalassie estese materia relativistica dal nucleo della galassia ottica in due direzioni opposte. Il problema principale della fisica delle radiogalassie è l’energetica del fenomeno perchè può essere stimata intorno ai 1058 ÷ 1060 erg rilasciati in modo impulsivo e collimato. Inoltre si calcola immediatamente che gli elettroni relativistici responsabili dell’emissione sincrotrone non possono provenire dal nucleo galattico da cui si originano i lobi, in quanto la loro vita media radiativa è minore del tempo di transito tra nucleo e lobo, anche se l’espulsione avviene a velocità relativistica. Un ulteriore problema fisico è pertanto l’individuazione di un meccanismo di accelerazione continua nella struttura estesa, e soprattutto nei lobi. A questo proposito va precisato che nei lobi esistono regioni di piccole dimensioni angolari molto brillanti, chiamate hot-spots, con spettro molto piatto, che vengono associate con la regione di accelerazione, eventualmente un’onda d’urto, da cui gli elettroni diffondono in tutto il lobo. Le recenti osservazioni ad alta risoluzione spaziale mostrano che i lobi sono connessi ai nuclei da stretti "ponti" di emissione radio, generalmente indicati con la parola getti nell’idea che effettivamente il rifornimento energetico ai lobi sia continuo su tutta la fase di attività della galassia; il che allevia il problema energetico in quanto permette di diluire il rifornimento dei radio lobi sul tempo di vita degli stessi. Un caso tipico è quello della radiogalassia Virgo A illustrato in Fig. 17.4. Lo spettro della radiazione sincrotrone è continuo e non presenta righe, per cui non è possibile utilizzare l’effetto Doppler per misurare la velocità di espulsione. Peraltro la vita media stimata per la fase attiva in circa 1% della vita delle galassie nella fase normale richiede velocità prossime a quelle della luce per estendersi sulle dimensioni delle radioagalassie. Inoltre osservazioni ad alta risoluzione con radio interferometria a lunga base (VLBI) hanno permesso 17.2. RADIOGALASSIE 453 di risolvere moti propri nelle fasi iniziali della formazione dei getti che indicano velocità superluminali: si tratta ovviamente di un effetto legato al Doppler beaming studiato nel paragrafo 8.7, che comunque indica l’esistenza di velocità non superiori, ma prossime alla velocità della luce. Fig. 17.4: La stuttura della radiogalassia Virgo A associata con la galassia ellittica M87 studiata attraverso uno zoom verso le regioni nucleari osservando a diverse lunghezze d’onda (ricordiamo che l’angolo di risoluzione è ∼ λ/D); le scale vanno dai 200 kpc dell’immagine centrale fino agli 0.2 pc delle mappe VLBI in basso. Si osserva l’esistenza di un "getto" continuo su tutte la scale, evidente solo nel lato destro delle immagini; quello a sinistra è probabilmente oscurato per Doppler beaming di allontanamento. Recentemente è stato possibile ottenere osservazioni ad alta risoluzione e sensibilità di radiogalassie estese anche nelle bande ottiche e nei raggi X; nella Fig. 17.5 è ancora mostrato il caso di Virgo A - M87. Esse mostrano come la morfologia dei getti sia presente, almeno nelle sorgenti più brillanti, anche alle alte frequenze, sempre con caratteristiche di emissione sincrotrone, il che richiede elettroni relativistici con fattori di Lorentz molto elevati, γ ≈ 104 , rendendo ancora più pressante il problema della loro accelerazione lungo il getto stesso. La corrispondenza delle strutture brillanti (knots) lungo il getto indicano un meccanismo di emissione localizzato, probabilmente attraverso onde d’urto. Alcune radio galassie presentano una struttura "a coda", cioè con i getti 454 CAPITOLO 17. LE GALASSIE ATTIVE Fig. 17.5: La struttura del getto di M87 nelle bande radio, ottica e X. Fig. 17.6: La radiogalassia "a coda" associata con la galassia NGC 1265 17.3. QUASAR 455 curvati perpendicolarmente alla loro direzione: tale piegamento è interpretato come un effetto del moto della galassia e del suo nucleo attivo attraverso il mezzo intergalattico. Un caso esemplare è quello della radiogalassia associata con NGC 1265 (Fig. 17.6). 17.3 Quasar Alla fine degli anni 1950 le osservazioni radio rivelarono una serie di sorgenti radio compatte apparentemente associate ad oggetti con spettro peculiare e forte eccesso ultravioletto. Cyril Hazard a Cambridge utilizzò la tecnica delle occultazioni lunari per ottenere con estrema precisione la posizione di una di queste sorgenti, 3C 273, e ciò permise a Maarten Schmidt di identificarla con un oggetto di apparenza stellare, seppur circondato da un alone diffuso, e le cui righe spettrali mostravano uno spostamento verso il rosso corrispondente, se interpretato secondo le leggi dell’effetto Doppler, ad una velocità di allontanamento v/c = z = 0.158 (Fig. 17.7). Nell’ipotesi che l’effetto Doppler fosse dovuto all’espansione dell’Universo, come studieremo in cosmologia, l’oggetto era da porre a distanza cosmologica, presumibilmente una galassia mascherata come una stella: venne per esso coniato il termine di "quasi-star" o quasar. Fig. 17.7: L’oggetto quasi stellare associato con la sorgente radio compatta 3C 273 e il suo spettro Successivamente molti di questi oggetti sono stati identificati soprattutto attraverso l’eccesso ultravioletto: nella banda del visibile lo spettro dei quasar è infatti dominato dalle emissioni nell’ultravioletto, solo una frazione di essi emette nel radio. Gli spostamenti verso il rosso raggiungono valori z = 5 (vedremo nel capitolo della cosmologia come debba essere corretto l’effetto Doppler in condizioni relativistiche). Nell’ipotesi appunto che siano oggetti a distanze cosmologiche, la loro energetica è valutata corrispondere alle più potenti radiogalassie estese, con luminosità oltre 1000 volte quella delle galassie normali. Molti quasar hanno spettro continuo che si estende fino alla banda X e gamma. In Fig. 17.8 è riportata 456 CAPITOLO 17. LE GALASSIE ATTIVE l’immaggine X di 3C 273 che mostra tra l’altro l’esistenza di un getto, presente anche nelle mappe radio e ottica. Assumendo che queste galassie attive molto lontane ed essendo appunto la loro peculiarità quella di avere nuclei molto più brillanti delle regioni esterne, non è facile rivelare il tipo di galassie con cui sono associati e di cui presumibilmente rappresentino una fase primordiale di vita. I recenti dati del telescopio spaziali indicano che i quasar siano posti al centro di galassie relativamente normali. Potrebbero quindi rientrare nella categoria delle galassie Seyfert. I quasar hanno tipicamente sia righe di emissione sia righe di assorbimento nel loro spettro. Le righe di emissione hanno origine nel quasar stesso, le righe di assorbimento si formano invece in nuvole di gas freddo espulse dal quasar o presenti nel mezzo intergalattico; in quest’ultimo caso lo studio delle righe fornisce importanti informazioni sulla distribuzione del gas alle grandi scale. La luminosità dei quasar è tipicamente variabile, in modo irregolare, su tempi scala dei giorni e spesso delle ore. Questo fatto pone un limite alle dimensioni della regione emettente che non può essere maggiore di pochi giorni luce, ossia inferiore alle 100 unità astronomiche. Una particolare classe di galassie attive è quella degli oggetti BL Lac e blazar, oggetti molto compatti e luminosi, fortemente variabili, ma senza righe di emissione. Tipicamente emettono nelle bande di alta energia, raggi X e gamma. 17.4 Modello unificato Il modello oggi accettato per interpretare i nuclei galattici attivi, in particolare le loro estreme energetiche e piccole dimensioni, è il cosiddetto modello unificato basato sulla liberazione di energia gravitazione per accrescimento di materia verso un buco nero supermassivo (M ≈ 107 ÷109 M¯ ), formazione di un disco che, riscaldandosi per effetto di "viscosità", dà origine ad una forte emissione termica nella banda ultravioletta, mentre fenomeni di plasma producono le componenti radiative radio per mezzo di accelerazione di elettroni relativistici sincrotrone, e X-gamma per mezzo di effetto Compton inverso. La presenza di campi magnetici nel disco permettono anche di spiegare l’espulsione di getti supersonici di materia relativistica che formano le radiogalassie estese. Le parti esterne del disco di accrescimento, con temperature relativamente basse, emettono nella banda infrarossa e possono parzialmente o totalmente oscurare l’emissione del nucleo, dando origine a varie classi di nuclei attivi che sono stati via via classificati sulla base di differenti peculiarità, ad esempio, violente formazioni stellari, eccessi non termici, ecc. Lo schema generale del modello è rappresentato in Fig. ??.In Fig. 17.10 è illustrata la relazione tra il modello e i vari tipi di nuclei galattici attivi combinando la potenza del nucleo e l’inclinazione del disco rispetto alla linea di vista. Accenniamo qui brevemente alle osservazioni che sostengono questo modello. Anzitutto discutiamo quali siano i dati in favore dell’esistenza di fenomeni di accrescimento su buchi neri al centro delle galassie attive. Già abbiamo discusso 17.4. MODELLO UNIFICATO Fig. 17.8: Il quasar 3C273 con getto osservato dal satellite X Chandra Fig. 17.9: Modello unificato per i nuclei galattici attivi 457 458 CAPITOLO 17. LE GALASSIE ATTIVE nel caso delle galassie normali alle varie indicazioni fotometriche e dinamiche circa la presenza di concentrazioni di massa nei loro nuclei. Nel caso dei nuclei galattici attivi la loro variabilità è legata alle dimensioni: la concentrazione di masse > 107 M¯ in regioni inferiori alle dimensioni del sistema solare (< 1015 cm) comporta che i nuclei galattici attivi siano al limite dell’orizzonte gravitazionale: M 2GM Rg = = 3 × 105 cm . (17.1) 2 c M¯ Esistono argomenti evolutivi e dinamici che permettono di concludere che una massa così vicina alle condizioni di buco nero vi evolverà in un tempo relativamente breve. Assumendo quindi che il nucleo galattico corrisponda ad un campo gravitazionale molto intenso, si può sfruttare il processo di accrescimento per liberare grandi quantità di energia gravitazionale, in linea di principio fino a 0.42mc2 per ogni massa m catturata. Naturalmente occorre che questa energia venga estratta prima della scomparsa della massa oltre l’orizzonte gravitazionale; in tal senso si sfrutta la presenza di un momento angolare che comporti che le particelle si pongano su orbite quasi-kepleriane intorno al buco nero formando un disco e possano, interagendo fra loro, trasformare l’energia cinetica acquisita in riscaldamento del disco e in irraggiamento. L’efficienza del processo di accrescimento intorno a un buco nero di massa M può essere valutata attraverso il rapporto tra luminosità prodotta e massa accresciuta: L 0.42ṁc2 ∼ , M M dove ṁ è il tasso di accrescimento. Valori del rapporto > 104 erg g−1 s−1 sono tipicamente osservati nei nuclei galattici attivi potenti con L > 1045 erg s−1 e M > 108 M¯ ; si noti che lo stesso rapporto nel caso della luminosità delle stelle è dell’ordine dell’unità, per cui le reazioni termonucleari sarebbero inefficienti dal punto di vista dei nuclei galattici attivi. Dalla (??) risulta che un tasso di accrescimento ṁ > 0.1M¯ anno−1 può sostenere l’attività dei nuclei galattici attivi. I primi modelli di dischi di accrescimento sono stati studiati da Shakura e Sunyaev negli anni 1970 e permettono di spiegare l’eccesso ultravioletto osservato. La "viscosità" assunta da questi autori per determinare l’interazione delle particelle nel disco non può essere quella molecolare classica o dovuta a interazioni coulombiane. Una maggior efficienza si può ottenere tramite effetti di plasma in presenza di campi magnetici; il meccanismo attualmente accettato è quello della instabilità magneto-rotazionale in cui il campo magnetico deformato dalla rotazione differenziale del disco kepleriano genera uno sforzo di tensione tra le particelle. Dopo circa 108 anni si può pensare che il nucleo galattico attivo abbia inghiottito la maggior parte del materiale delle regioni centrali delle galassia e quindi termini la sua fase di attività parossistica. 17.4. MODELLO UNIFICATO 459 Fig. 17.10: Classificazione dei tipi di nuclei galattici attivi con il modello unificato. In alto: sorgenti di elevata potenza, struttura del disco (toro) aperta, OVV = Optically Violent Variables, RQ = Radio Quasars, FRII = radiogalassie di alta potenza. In basso: sorgenti attive di bassa potenza, struttura a disco (toro) chiusa, BL Lac = nuclei galattici attivi variabili e spettro continuo, Sy1 e Sy2 = galassie di Seyfert, FRII = radiogalassie di bassa potenza