SAPERE AUDE UT LIBER SIS

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SAPERE AUDE UT LIBER SIS
Il cammino dell’uomo alla ricerca di sé stesso
“Descartes compì un decisivo passo in avanti: fece dell’uomo il signore e padrone
della natura. E c’è di sicuro una profonda correlazione nel fatto che sia stato proprio
lui a negare categoricamente un’anima agli animali: l’uomo è padrone e signore,
mentre l’animale – dice Descartes – non è che un automa, un meccanismo animato,
una machina animata. Se un animale si lamenta, quello non è un lamento ma solo il
cigolio di un congegno che funziona male. Se la ruota di un carro stride, non vuol
dire che il carretto soffre, vuol dire che non è oliato.”1
Così scrive Kundera nel suo capolavoro del 1982 “L’insostenibile leggerezza
dell’essere”, citando Descartes, italianizzato in Cartesio. Secondo queste poche
righe, l’uomo è l’unica creatura libera esistente e la sua libertà coincide con la sua
stessa essenza, ovvero la sua anima razionale. Si tratta di una visione del mondo
meccanicistica da cui solo l’uomo si salva. Gli animali infatti, non possedendo anima,
sono ridotti ad ingranaggi progettati solo ed esclusivamente per la sopravvivenza:
nutrimento e riproduzione, e sono dunque privati non solo di qualunque libera
iniziativa ma, ancor prima, di una coscienza che permetta loro di identificare la
possibilità di un’ipotetica libera iniziativa. L’uomo invece possiede un quid in più,
un’anima che gli permette non solo di sopravvivere ma di vivere e dunque di
dominare su tutte le altre creature. Kundera critica fortemente il pensiero di
Descartes, non tanto negando l’inferiorità degli animali rispetto all’uomo, quanto
contestando l’uso improprio e spregevole che l’uomo stesso fa della propria libertà.
La consapevolezza dell’uomo della sua superiorità, e di conseguenza libertà, lo ha
portato a compiere innumerevoli (ingiuste?) prevaricazioni verso gli altri enti con cui
è costretto a condividere la Terra.
Pilastro essenziale su cui poggia la filosofia è il fatto che solo l’essere umano in
quanto tale possiede una razionalità che consiste nell’attività del pensare. Il
pensiero è alla base del progresso e dello sviluppo della nostra civiltà.L’uomo pensa.
L’uomo osserva, si stupisce della realtà, si interroga e di conseguenza cerca risposte
alle domande che non può fare a meno di porsi. Fin dalle origini della filosofia,
Parmenide si interrogava sull’essere e tutta la filosofia fino ad Heidegger ruota
1
KUNDERA, L’insostenibile leggerezza dell’essere, Adelphi, Milano 1989, p.292
intorno alla domanda “Perché vi è in generale l’essente e non il nulla?”2. Questo
interrogativo a un primo impatto ci può apparire stupido o insensato ma basta
soffermarsi pochi secondi perché comincino a sorgere dei dubbi: perché l’essere e
non il nulla? Nei secoli l’uomo ha continuato, instancabile, a cercare la risposta, a
tendere alla verità. Ciò a cui il pensiero ci spinge continuamente è la conoscenza:
corsa verso una meta che si allontana, la nostra ricerca continua da sempre e
continuerà all’infinito, come una funzione tende al suo asintoto, avvicinandosi
sempre più senza mai arrivare a toccarlo.
Questo stesso progetto delle Romanae Disputationes è uno slancio per noi ragazzi a
porci domande e cercare risposte, aggiungendo così un altro piccolo tassello nel
puzzle infinito della conoscenza. Noi cogliamo la palla al balzo e per quest’occasione
ci proponiamo proprio di cercare la relazione fra conoscenza e libertà: la conoscenza
limita o agevola la libertà dell’uomo? Ne favorisce un uso giusto e corretto? La
libertà dunque è legata all’istinto o alla consapevolezza?
1.La conoscenza ostacola la libertà
Molte volte si è osservato che la conoscenza non facilita la libertà anzi rende più
difficile vivere e che l’aumentare delle conoscenze non ha fatto altro che far
crescere la condizione di schiavitù dell’uomo. Troviamo diverse correnti
settecentesche che sostengono questa tesi. Il mito del buon selvaggio è una
corrente di pensiero nata all’inizio del Diciottesimo secolo secondo cui l’uomo in
origine era un animale buono e pacifico e solo successivamente è stato corrotto
dalla società e dal progresso. Questo ideale esalta e ama incondizionatamente tutto
ciò che è naturale e detesta ciò che è innaturale. L’essere umano al suo stato
originale viveva in una specie di eterna età dell’oro, in armonia con una natura
materna e benevola che provvedeva a tutti i suoi bisogni. Stiamo parlando di una
condizione dell’umanità sgombra dalla civiltà per cui l’uomo era assolutamente
libero solo in quanto privo di impedimenti; si tratta però parimenti di una
condizione di totale ignoranza dell’uomo, all’oscuro di tutte le leggi che dominano la
natura tanto amata, un uomo che vive seguendo più l’istinto che la ragione,
similmente agli animali meccanici descritti da Descartes. Anche e soprattutto ai
giorni nostri è piuttosto evidente che senza la civilizzazione gli uomini godrebbero di
maggior libertà. Notoriamente la società impone canoni in cui gli individui vengono
inevitabilmente inviluppati, estremamente difficili da evadere e che dunque limitano
2
HEIDEGGER, Introduzione alla metafisica, Mursia, Milano 1990, p.13
la libertà individuale. La manipolazione delle masse si è drammaticamente
consolidata tanto che oggi si pratica abitualmente in innumerevoli campi:
nell’economia, nella politica, nell’informazione, nella pubblicità. Ai cittadini vengono
inculcate idee così radicate che essi finiscono per crederle proprie.
Bisognerebbe però porsi un interrogativo fondamentale: un uomo che intraprende
scelte sbagliate, nuocendo a sé stesso, può essere sollevato da ogni responsabilità
con la giustificazione di essere stato manipolato dalla società? È stato manipolato o
si è lasciato manipolare?
La posizione secondo cui la conoscenza limita la libertà è facilmente confutabile:
indubbiamente la società tenta di irretire gli individui per i suoi scopi ma l’unico
modo per ribellarsi a ciò è proprio la conoscenza. Se l’uomo è consapevole della sua
posizione e di quanto la società influisce sulla sua libertà, è certamente anche in
grado di opporsi e uscire dal sistema e se questo non avviene è solo per un uso
scorretto della libertà di cui l’uomo è però in possesso.
Inoltre il “buon selvaggio” era indubbiamente un tipo di uomo buono e pacifico ma
buono e pacifico non vuol dire libero. Parliamo infatti di una bontà e di una
concordia dettate dall’ingenuità e non dalla consapevolezza e di conseguenza
volontà. L’uomo nelle condizioni primordiali non era consapevole della possibilità di
migliori condizioni di vita e dunque più che altro si adeguava passivamente e di buon
grado a quelle che gli erano a portata di mano. Oggi lo stato dell’uomo è l’opposto di
quello del buon selvaggio primitivo: abbiamo sempre più strumenti per giungere ad
essere liberi ma, a causa del cattivo uso di questi ultimi, non siamo più buoni e
pacifici. Proprio questo però può essere inteso come un sintomo della libertà:
l’uomo oggi conosce il bene come conosce il male, ha gli strumenti per scegliere e
spesso sceglie il male ma comunque sceglie. Le scelte sbagliate sono colpe
dell’uomo e non assenza di libertà.
2.La conoscenza favorisce la libertà:
Esiste al contrario una nutrita corrente di pensatori e filosofi secondo cui la libertà
presuppone la conoscenza.
2.1. Da Buddha a Socrate a Freud
Secondo la filosofia buddista, causa della sofferenza è l’ignoranza, l’ignoranza della
vera natura della realtà e della mente. La conoscenza vi renderà liberi, diceva
Socrate. Liberi da che cosa? Da superstizioni, illusioni, legami. Liberi quindi da ciò
che ci rende schiavi e sofferenti. Ma quale conoscenza può sottrarci alla tirannia
delle superstizioni interne ed esterne? Freud non aveva dubbi al riguardo: la
conoscenza di sé. Rendere conscio l’inconscio, comprendere i nostri moventi
nascosti. In caso contrario, noi non siamo padroni di noi stessi, ma sudditi di forze
oscure che abitano al nostro interno e governano la nostra vita.
2.2 Platone e il cammino di liberazione attraverso la conoscenza
La filosofia greca con Platone ha posto con efficacia il legame fra conoscenza e
libertà attraverso il suo mito della caverna. Il prigioniero della caverna, liberato dalle
catene, è l’emblema dell’uomo che intraprende il cammino della conoscenza. La
strada che viene costretto a percorrere è in salita, lunga e ripida, il percorso è
addirittura doloroso poiché l’improvvisa luce abbagliante del mondo reale offusca gli
occhi e rende momentaneamente cieco il pellegrino che inizialmente vorrebbe
tornare alla sua condizione precedente, rivolto verso il muro della caverna. Viene
però trascinato fino alla fine del cammino e la vista si abitua gradualmente alla
nuova realtà: riesce dapprima a distinguere le ombre delle cose reali, poi i riflessi
nelle acque e infine le cose stesse. Quando finalmente riesce a distinguere tutte le
cose terrene, il sole e gli astri, l’uomo giunge a contemplare la verità. A questo
punto egli mai tornerebbe alla condizione di ignoranza e ingenuità della caverna. La
conoscenza è dunque un lungo cammino verso l’alto che ci porta a contemplare la
realtà da un punto di vista sempre più ampio e porta l’uomo a raggiungere una
comprensione reale e autentica del mondo. La luce del sole cui l’uomo tende nel
mito platonico, è il fine ultimo del suo cammino ovvero il raggiungimento della
felicità, e quindi della libertà, posseduta in quantità sempre maggiore, quanto
maggiore è la consapevolezza e la piena coscienza di tutto ciò che ci circonda.
Inoltre Platone collega la felicità alla phronesis e alla sophia, che solitamente
vengono tradotti come saggezza e sapienza, ma che spesso Platone ritiene sinonimi.
Egli ritiene l’uomo un soggetto libero, come possiamo intendere anche dal Mito di
Er, che attraverso l’utilizzo della libertà può procurarsi quello che è l’obbiettivo
comune a tutti gli uomini, cioè appunto la felicità. Risalta quindi una forte
corrispondenza tra la sophia, che si ottiene con lo studio ed è quindi il
raggiungimento di una conoscenza il più elevata possibile, e la libertà dell’uomo.
2.3 La “Teoria dell’Illuminazione” di Sant’ Agostino
Analogamente Sant’Agostino scrive nel De Ordine: “Se qualcuno vedesse in modo
tanto minuto che in un pavimento mosaicato il suo sguardo non fosse capace di
abbracciare niente altro che la misura di una singola tessera, questi rimprovererebbe
l’artista come se fosse incapace di dare ordine e comporre, per il fatto che
penserebbe che la varietà delle pietre è confusa, perché quelle tessere non possono
venir da lui viste e analizzate assieme come proporzionate in una sembianza di
unitaria bellezza. Infatti non accade niente altro agli uomini meno eruditi che con la
loro mente claudicante nono sono capaci di riunire e pensare assieme l’universale
armonia e concordia delle cose, se qualcosa li abbia urtati perché è più grande del
loro pensiero, pensano che ci sia, nelle cose, una grande bruttezza”3. Dunque più ci
innalziamo a osservare le cose dall’alto, più la nostra visione sarà precisa e si
avvicinerà a quella reale. Solo a quel punto potremo dire di conoscere mentre una
veduta delle cose singolarmente e non nell’insieme di cui fanno parte, è limitata e
porta l’uomo a grandi abbagli e fraintendimenti.
Nel decimo libro delle confessioni, Sant’Agostino intesse una lunga riflessione, apice
della ricerca che ha segnato tutta la sua vita, con cui giunge a stabilire il fine ultimo
del suo cercare e definisce una relazione fra l’uomo e Dio. Agostino inizialmente
interroga sul suo Dio tutti gli oggetti terreni, gli astri e i pianeti ma non ottiene che
una risposta: cerca altrove. Agostino guarda allora dentro di sé e scopre l’immenso
mondo della memoria, nel quale c’è infinitamente di più di quanto ci sia in tutta la
realtà esteriore. Per quanto sia grande lo stupore per la grandezza dell’uomo, la
ricerca non si ferma qui: dove si trova dunque Dio? Non nella memoria poiché ciò
significherebbe già conoscere ma nemmeno fuori perché non si può cercare ciò che
non si ha in qualche modo già conosciuto. Ciò che tutti gli uomini hanno in comune è
l’esperienza della felicità. Ognuno identifica la felicità con qualcosa di diverso ma è
universale la ricerca. L’idea della felicità presente nella memoria è, per
Sant’Agostino, un’orma di Dio nell’uomo. Ma cos’è dunque la felicità? Agostino
risponde: “[…] La felicità della vita è il godimento della verità, cioè il godimento di te,
che sei la verità, o Dio, mia luce, salvezza del mio volto, Dio mio. Questa felicità della
vita vogliono tutti, questa vita che è l’unica felicità vogliono tutti, il godimento della
verità vogliono tutti”.
3
AURELIO AGOSTINO, De ordine, I, 2.
L’equazione sostenuta da Sant’Agostino è Felicità = Verità e Verità = Dio. L’uomo
non è lui stesso la verità, poiché è mutevole e imperfetto ma ne è un semplice
ricercatore, anche se non giunge mai a possederla interamente. Dio illumina
l’interiorità dell’uomo che può pertanto ritrovare Dio nella sua coscienza; l’uomo
infatti non essendo e non possedendo per sé la verità, la riceve da Dio che come una
vivida luce, gli concede il più grande dono cioè la possibilità di conoscere.
Lo scopo dell’etica è proprio la realizzazione di sé stessi ovvero il raggiungimento
dell’eudaimonia cioè della felicità. Per il percorso svolto da Sant’Agostino, cercare la
felicità significa cercare la verità di Dio e dunque conoscere. Ma cosa ci rende liberi
se non il compimento di noi stessi e il conseguimento di quella condizione di felicità
e pace che permette di vivere in armonia con la propria persona e con Dio? La
conoscenza dunque non solo favorisce la libertà, ma è l’unico mezzo messo a
disposizione dell’uomo da Dio, per ottenerla.
2.4 Spinoza: la libertà di realizzare pienamente la propria natura attraverso il
conatus
Nella filosofia di Spinoza ci imbattiamo in una fortissima domanda sulla libertà, che,
inizialmente, sembra venirci negata: egli infatti considera tutto ciò che accade come
assolutamente necessario e fa rientrare anche l’uomo dentro a questo meccanismo,
eliminando il dualismo di Cartesio. In realtà Spinoza ci dice che la nostra libertà sta
proprio nell’aderire alla necessità che è espressione del divino. Egli infatti
afferma:“Io dico libera quella cosa che esiste e agisce unicamente in virtù della
necessità della sua natura; è invece coatta quella che è determinata da altro ad
esistere e agire per una certa e determinata ragione. Per esempio, Dio, per quanto
necessariamente, tuttavia esiste unicamente in virtù della necessità della sua natura.
E così, pure, Dio intende se stesso e tutte le cose in modo assolutamente libero,
perché discende unicamente dalla necessità della sua natura che egli intenda tutto.
Vedi dunque che io pongo la libertà non in un libero decreto ma in una libera
necessità”4. Spinoza non intende dunque la libertà come scelta fra diverse opzioni
ma come scelta volontaria dell’unica opzione che può portare a realizzarci, ovvero il
libero assenso alla nostra necessità.La sua etica parte dal presupposto che ogni ente
sia spinto da uno sforzo di autoconservazione di sé (conatus) che giunge a coincidere
con un cammino ascetico di liberazione. Ad ogni step di questo cammino l’uomo
raggiunge un livello di libertà ed un corrispondente livello di conoscenza. La
4
SPINOZA, Ethica ordine geometrico demonstrata, parte I, definizione 7
conoscenza progressiva è il mezzo a disposizione dell’uomo per arrivare alla
liberazione dalle passioni che lo porta alla libertà, intesa come piena realizzazione di
sé. All’ultimo livello del cammino, la conoscenza intuitiva, l’uomo arriva alla
beatitudine ovvero a osservare le cose non più dal proprio personale punto di vista
ma dal punto di vista della necessità e quindi a contemplare Dio.
3.La conoscenza favorisce la libertà. Ma quale libertà?
Dopo aver analizzato diversi punti di vista, giungiamo alla conclusione che è
innegabile che la conoscenza sia un mezzo fondamentale a disposizione dell’uomo
per raggiungere la libertà. Possiamo riconoscere questo in primo luogo a livello
individuale poi a livello storico.
3.1 L’esperienza della libertà.
Riconduciamo tutta la questione a noi stessi come individui, nel nostro piccolo.
Sapremmo definire un momento specifico della nostra vita, una particolare
occasione in cui abbiamo fatto l’esperienza della libertà? Riusciamo a dare una
definizione universale di questa parola? Ci rendiamo immediatamente conto che
questo termine tanto utilizzato, “libertà”, quest’idea nel nome della quale, nella
storia, si ha combattuto e ucciso, è in realtà un concetto molto complesso e difficile
da definire con precisione. Mettiamo in luce in questo paragrafo due tipologie di
libertà che sicuramente la conoscenza favorisce: la cosiddetta “libertà da”
(dall’inglese “freedom from”) e la cosiddetta “libertà di” (dall’inglese “freedom
to”)5.
Tentiamo di fare un semplice esempio concreto: supponiamo che un bambino si
trovi di fronte ad una serie di biglie di diversi colori e che sia del tutto libero di
scegliere una o più biglie fra quelle che preferisce. Sono presenti tutti i colori tranne
il rosso,che però è l’unico che il bambino davvero desiderava. Il bimbo può
tranquillamente tenere per sé tutte le biglie ma non si sentirà soddisfatto della sua
scelta poiché non è riuscito ad ottenere quella del colore che sognava. Se invece
fosse stata disponibile una biglia di colore rosso, egli avrebbe scelto solamente
quella, scartando tutte le altre, e ciò l’avrebbe reso felice.
La “libertà da” è forse la prima determinazione a cui pensiamo quando tentiamo di
dire cos’è la libertà, nonostante ne limiti notevolmente il suo ampissimo significato:
la possibilità di scegliere liberamente senza impedimenti o costrizioni, solo seguendo
5
http://www.treccani.it/enciclopedia/liberta_(Enciclopedia_del_Novecento)/
la nostra volontà. Possibilità di cui il fanciullo non è stato assolutamente privato,
nonostante questo non sia bastato a soddisfarlo. È evidente che la conoscenza
amplia la gamma delle possibili scelte che possiamo compiere: più conosciamo, più
opzioni abbiamo a disposizione. Supponiamo infatti che al bambino siano state
nascoste alcune biglie. Ci rendiamo immediatamente conto che, pur a sua insaputa,
la sua libertà sarebbe stata limitata. Egli sarebbe stato comunque libero di scegliere
ma solo fra le biglie che gli fossero state mostrate e non, evidentemente, fra quelle
di cui non fosse stato a conoscenza. Se immaginiamo infatti il caso estremo in cui
tutte le biglie tranne una venissero nascoste, il bimbo sarebbe privato del tutto della
sua libertà di scelta.
La “libertà di”, al contrario di quella descritta in precedenza, rende sicuramente
pago e felice l’uomo che ne è in possesso. Si tratta infatti della possibilità di cercare
e trovare, nel ventaglio delle scelte a nostra disposizione, quella che realmente
desideravamo, ciò che davvero ci realizza. Possiamo intenderla come un
ampliamento della “libertà da” ma in questo caso la conoscenza gioca un ruolo di
importanza molto maggiore e addirittura fondamentale. Immaginiamo dunque che
al bambino sia stata nascosta proprio la biglia rossa che desiderava; egli non è in
alcun modo spogliato della sua libertà di scelta ma è stato spogliato di un diritto
molto più importante per l’uomo: la possibilità di raggiungimento della felicità.
L’esempio apportato è ovviamente riduttivo (di certo l’assenza di una biglia rossa
non avrebbe influenza sul futuro del fanciullo) ma traslato alla vita reale degli
uomini, assume proporzioni di rilevante importanza. L’unico modo per aumentare le
proprie possibilità di trovare ciò che veramente ci realizza, ci porta all’eudaimonia, è
proseguire nel cammino della conoscenza, senza la quale le nostre scelte possibili si
riducono a pochi campioni fra i quali difficilmente troveremmo ciò che cerchiamo.
Accrescendo la nostra consapevolezza, ci avviciniamo sempre più alla meta ultima di
tutti gli uomini, la tanto bramata felicità.
3.2 La conoscenza favorisce la libertà nella storia
Se guardiamo non solo la vita individuale dell’uomo ma la sua vita associata nella
complessità dei fenomeni storici, possiamo trovare continui esempi in cui è possibile
osservare l'importanza della conoscenza per giungere alla libertà e, d’altro lato, la
volontà del potere di dominare favorendo l’ignoranza. Ad esempio, nel Cinquecento
gli europei raggiunsero le terre del nuovo continente e incontrarono le popolazioni
native. Queste, vivendo isolate dal resto del mondo, possedevano sia un tasso di
conoscenze tecniche sia un livello di apertura mentale decisamente inferiore
rispetto agli spagnoli e ai portoghesi. Questi ultimi non si fecero scrupoli ad
approfittarsene e li ridussero in loro potere, utilizzandoli alla stregua di schiavi e
bestie per i loro scopi economici, privandoli della loro libertà. Ciò dimostra come
l'ignoranza sia facilmente strumentalizzabile. Come esempio di attualità può essere
citato il problema della criminalità organizzata: queste associazioni mafiose, non
solo in Italia ma in tutto il mondo, prosperano maggiormente nei paesi
sottosviluppati: nel nostro paese, per esempio, le mafie riescono a reclutare un
numero elevatissimo di ragazzini che vivono nelle periferie degradate di grandi città
e sono spesso abbandonati a sé stessi. Queste associazioni criminali sono le prime a
combattere contro il diritto all'istruzione: solo qualche mese fa 43 ragazzi messicani
sono stati rapiti e uccisi da bande di narcos. In Pakistan talebani armati sono
recentemente entrati in una scuola provocando una terribile strage e sono fra i più
agguerriti oppositori dell’ istruzione femminile.
4.La tensione inesauribile alla conoscenza
Abbiamo dunque colto il forte legame fra libertà e conoscenza. Come si presenta la
dinamica della ragione nel suo rapporto con la realtà? Quando l’uomo si impatta con
la realtà, quest’ultima lo colpisce e la ragione, chiamata in causa, reagisce ponendosi
delle domande. La ragione si muove quando si trova davanti ad un problema (da
pro-ballo = getto davanti) cioè un nuovo pezzo di realtà ed è allora che si rivolge la
prima domanda: perché? L’uomo è caratterizzato strutturalmente dal desiderio di
conoscere. “Tutti gli uomini per natura tendono al sapere. Segno ne è l’amore per le
sensazioni: infatti essi amano le sensazioni per se stesse, indipendentemente dalla
loro utilità”6. La filosofia nasce proprio dalla meraviglia, dallo sgomento, dallo
stupore mentre quando l’abitudine prende il sopravvento, termina lo stupore per
tutto il reale e di conseguenza termina l’atto dell’uomo di interrogarsi. C’è inoltre
nella ragione una spinta che la porta ad avanzare a oltranza nel suo cammino di
domande e risposte, una tendenza al tutto; il suo scopo è di diventare coscienza del
reale, dunque ampliarsi il più possibile per contemplare tutti i fattori. È evidente a
questo punto che ogni uomo può dirsi filosofo, ognuno è dominato da una sete
intrinseca di conoscenza che in alcuni momenti si fa sentire con tutta la sua potenza,
in altri è sopraffatta dall’abitudine. Grazie a questa tensione oggi l’uomo è riuscito
ad evolversi in tutti campi con i suoi propri mezzi. Ma, avendo appurato che il
desiderio di sapere è una caratteristica imprescindibile dell’essere umano, come
6
ARISTOTELE, Metafisica, 980a
possiamo affermare di essere liberi senza conoscere? Come possiamo sentirci liberi
se ci fingiamo sordi ad una realtà che ci chiama, se rimaniamo immobili pur sapendo
che c’è qualcosa poco più in là, ad un passo da noi, che deve ancora essere scoperto
e conosciuto? Escludendo che la natura dell’uomo lo spinga a qualcosa che va
contro il suo interesse, dobbiamo necessariamente concludere che, se la meta
dell’uomo è la felicità e quindi la libertà e contemporaneamente la sua stessa
essenza lo incita a conoscere sempre più, la conoscenza accompagna
progressivamente l’uomo alla beatitudine.
5.Conoscenza assoluta e libertà assoluta: quando l’uomo sperimenta la libertà?
L’impulso umano a sapere ci spinge inevitabilmente verso una meta che si allontana
ad ogni nostro passo avanti, la conoscenza assoluta infatti non sarà mai raggiungibile
dall’uomo. A questo proposito citiamo Stephen Beckwith, responsabile del progetto
della NASA Hubble: “Ogni secolo che passa noi rubiamo un bel po’ di terreno
all’infinito, eppure quello non scema, non si restringe. Negli ultimi quattrocento anni
abbiamo spostato di molto il confine del mistero, ma se tu all’infinito sottrai
qualcosa - ci insegna la matematica - non lo hai diminuito di una virgola: sempre
infinito resta”7 Possiamo affermare certamente ciò anche perché un ente che sappia
tutto non potrebbe più dirsi un uomo ma una macchina: avrebbe raggiunto la fine
del cammino e sarebbe dunque esaurita la sua spinta ad apprendere poiché oltre la
conoscenza raggiunta non ci sarebbe nient’altro. Dobbiamo dunque concludere che
senza conoscenza assoluta, non abbiamo possibilità nemmeno di libertà assoluta?
Dobbiamo considerare il fatto che il desiderio dell’uomo è di ricercare la
conoscenza. Ottenerla è un risultato in più, una vittoria ulteriore. Per realizzare la
sua natura, all’uomo è sufficiente una ricerca fine a sé stessa, è sufficiente la
possibilità di indagare, ipotizzare, tentare risposte plausibili ma non per forza
universalmente vere. La libertà è dunque ricerca senza impedimenti e l’uomo può
farne un’esperienza completa ogni volta che, trovandosi davanti ad un nuovo
problema, ha a disposizione tutti gli strumenti per affrontarlo e sceglie con la
propria volontà di usarli per indagarlo, senza che vi sia alcun ostacolo esterno fra sé
e la risposta. Paradossalmente nell’istante in cui otteniamo la consapevolezza di un
aspetto indagato e la ricerca si ferma ci sentiamo meno liberi. Nel minimo arco di
tempo fra il raggiungimento di una risposta e la domanda successiva, quando per un
momento l’indagine si interrompe, la spinta dell’uomo si spegne. La libertà, da
7
STEPHEN BECKWITH, Il finito e l’infinito nel cosmo, in G. Vittadini (a cura di) La ragione esigenza di infinito,
Mondadori università, Milano 2007, p.81
Platone a Sant’Agostino a Spinoza, è il cammino e non la meta, parziale o totale che
sia.
6.Conclusione
Con questa tesina abbiamo cercato di dare una risposta al problema del rapporto fra
libertà e conoscenza, giungendo a questa punto fermo nella nostra riflessione:
l’uomo si sente tanto più libero quanto più è ampia e dettagliata la sua coscienza
della realtà che lo circonda. L’unico modo per progredire nell’acquisizione di questa
coscienza è non smettere mai di porsi domande, non smettere mai di essere filosofi.
Proprio per questo motivo, vogliamo terminare il nostro lavoro aprendo un varco a
nuovi interrogativi, perché possiamo continuare la nostra ricerca anche una volta
terminato questo progetto. La questione della libertà, che come abbiamo visto ha
interessato l’uomo fin dai tempi più antichi, si fa sentire, più forte che mai, ai giorni
nostri. I recenti fatti accaduti a Parigi all’inizio di gennaio, hanno scosso tutto il
mondo, dando il via ad una serie di affermazioni e opinioni contrastanti. In molte
città italiane il supporto a Parigi è stato deciso e immediato: sono state organizzate
manifestazioni con lo scopo di far sentire la propria indignazione e la propria
vicinanza, almeno spirituale. Ciò che la gente si è riunita per gridare nelle piazze è:
libertà. Ognuno di noi nel proprio piccolo si è sentito minacciato e privato di questo
diritto fondamentale. Ed è forse questo il significato del movimento che ha portato
moltissimi a pubblicare su Facebook l’affermazione “Je suis Charlie” (pur un po’
superficiale poiché non considera innumerevoli altri fattori): rivendicare il diritto di
ogni uomo alla libertà e, ancor prima, alla vita. Ciò che non notiamo
immediatamente, poiché ci appare scontato, è proprio che la reazione istintiva
dell’uomo ad avvenimenti come questo (ma anche ad avvenimenti di minor
rilevanza) è quella di chiedersi: perché? E ancora di più questa è la reazione di noi
ragazzi, che conserviamo ancora un po’ la capacità di lasciarci colpire da fatti che ci
paiono incomprensibili: perché due uomini armati entrano un giorno qualunque
nella redazione di un giornale e uccidono a sangue freddo 12 persone come loro?
Più semplicemente: come può l’uomo uccidere un suo simile? Come può convivere
poi con la consapevolezza di aver scelto liberamente di compiere un atto così
inumano? Esistono forse condizioni in cui l’uomo perde la sua natura e non è più
padrone di sé stesso? Cosa ci sfugge in tutto questo? Non diamo una risposta a
queste domande ma ci proponiamo di indagarle e le lasciamo aperte a tutti coloro
che non termineranno qui il loro cammino verso la libertà.
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