Studia Theologica VIII, 1/2010, 11 - 19 Vasile Gorzo CRISTO DIO E UOMO SECONDO CIRILLO DI ALESSANDRIA I. CIRILLO DI ALESSANDRIA - ELEMENTI BIOGRAFICI I.1. La sua vita Cirillo nacque ad Alessandria, dove ricevette anche la sua formazione classica e teologica. La notizia su una sua permanenza da giovane per qualche tempo nel deserto preso i monaci è stata messa in dubbio dagli studiosi1. Invece una data certa della sua vita è l’anno 403, in cui Cirillo accompagna suo zio Teofilo, vescovo di Alessandria, a Costantinopoli per la deposizione di Giovanni Crisostomo nel Sinodo della Quercia. Cirillo fu eletto patriarca di Alessandria nel 412 dopo la morte di Teofilo. Nell’attività vescovile mostrò durezza nel confronto con gli avversari: novazioni, ebrei e soprattutto pagani; gli è stato attribuito la responsabilità dell’assassinio della filosofa Ipazia, sovvenuta nel marzo 4152. Il nome di Cirillo è legato alla seconda cristi cristologica nella chiesa, provocata da Nestorio, che si concluse nel concilio di Efeso (431). Dopo l’accesso di Nestorio al trono di Costantinopoli (428), esistono dati biografici più numerosi su Cirillo, dato che si è implicato in maniera attiva nelle discussioni teologiche del tempo come difensore dell’ortodossia: confutazione della dottrina nestoriana nella lettera pasquale del 429; scambio di lettere tra Cirillo e Nestorio e appello al papa Celestino nel 430; i dodici anatemi di Cirillo contro Nestorio dello stesso anno; la presidenza di Cirillo al concilio ecumenico di Efeso 431; dissenso di Cirillo con Giovanni di Antiochia e riconciliazione dei due patriarchi nel 433; confronti dottrinali di Cirillo contro Diodoro di Tarso e Teodoro di Mopsuestia tra 438-4403. Su questi elementi biografici di Cirillo ritorneremmo di seguito, nel trattare la sua dottrina cristologia. Dopo ardue attività letterali teologiche e implicazioni politico-ecclesiastiche, Cirillo morì il 27 giugno 444, ma la sua fama lo ha seguito oltre la morte, rimanendo un punto di riferimento per la teologia ortodossa dopo il concilio ecumenico di Calcedonia e per la chiesa monofisita dei secoli V-VII4. Cirillo è venerato nella Chiesa cattolica, ortodossa e copta come uno dei più grandi santi padri e dottori della fede5. I.2. I suoi scritti Cirillo scrisse molto. La sua opera occupa dieci volumi dell’edizione di Migne6. L’insorgere della crisi nestoriana divise la sua produzione letteraria in due: la prima parte anteriore al 328 è 1 2 3 4 5 6 Severo di Antiochia, in: CSCO 101, 252. Socrate, Stor. Eccles. 7,15, in: PG 67, 340. Quasten, II, 192ss. J. Meyendorff, 1993, 187ss. Campenhausen, 1995, 153ss. PG 68-77. 11 dedicata all’esegesi biblica e alla lotta antiariana, dopo questa data la sua attività letteraria è indirizzata alla controversia nestoriana; scrisse ugualmente omelie e numerose lettere7. Le opere esegetiche sono influenzate dalla tradizione alessandrina dell’interpretazione dell’Antico Testamento, con largo uso dell’allegoria, mentre la sua esegesi sul Nuovo Testamento ha un carattere più letterale. Opere esegetiche: Adorazione e il culto di Dio in spirito e verità, Glaphyra, Commenti a Isaia e ai profeti minori, frammenti di Commenti sui Salmi, sul Cantico, sui Proverbi, Commento al Vangelo di Giovanni, Commento al Vangelo di Luca. Nel campo dottrinale, prima di 429, Cirillo scrisse contro gli ariani due opere di carattere globale: Il Tesoro sulla santa e consustanziale Trinità e i Dialoghi riguardo La santa e consustanziale Trinità. La dottrina presentata in queste opere è quella consacrata già nel IV sec. dall’apporto dei Cappadoci: una sostanza e tre ipostasi. L’attività letterale di Cirillo contro Nestorio contiene tre lettere indirizzate a Nestorio stesso; la seconda contiene una esposizione della sua cristologia, e la terza si esprime in forma radicale per 12 anatematismi (saranno lette nei tre Concili ecumenici successivi); scrive 5 libri Contro Nestorio e Contro i vescovi orientali, una Lettera a Evopzio; dopo il Concilio di Efeso scrive Spiegazione dei 12 anatematismi; tre allocuzioni al imperatore Sulla vera fede, e poi Difesa all’imperatore; conservati solo in latino sono gli Scholia de incarnatione unigeniti; più tardivi sono invece i frammenti Contro Diodoro e Teodoro; da ricordare è anche l’opera Contro coloro che non vogliono ammettere che la santa Vergine è Madre di Dio e Cristo è uno solo, e fra tante lettere la Lettera 39 di carattere cristologico indirizzata a Giovanni di Antiochia. L’ultima parte dell’attività letterale di Cirillo produce un’opera particolare: Per la santa religione dei cristiani contro i libri del empio Giuliano, un opera di risposta alla virulenta opera anticristiana Contro i galilei, dell’imperatore Giuliano l’Apostata8. II. CRISTOLOGIA DI CIRILLO Cirillo apportò al contenuto cristologico cristiano un contributo molto importante. Cirillo è un innovatore anche come metodo teologico ugualmente, poiché fa parte dei primi Padri, assieme a Basilio di Cesarea, a servirsi dell’argomentazione patristica al pari della testimonianza biblica. Come metodo di ricerca, Cirillo usa non solo l'argomento patristico, ma anche le prove della ragione9. Per quanto riguarda il contenuto cristologico delle sue opere, si osserva una netta differenza tra le prime due opere (Thesaurus e Dialoghi) che continuano la cristologia del suo predecessore Atanasio e le rimanenti scritte dopo 429-430 nelle quali egli sviluppa le sue argomentazioni contro Nestorio. II.1. Cristologia di Cirillo anteriore alla crisi nestoriana Secondo Grillmeier, la prima fase della cristologia di Cirillo si situa nella linea di Atanasio, che è d’impostazione logos-sarx, tradizionale ad Alessandria negli ultimi decenni del III sec.10. Atanasio e Apollinare furono le due figure classiche, uno ortodosso, altro eretico, della 7 8 9 10 Simonetti: NDPAC I, 1045ss. Mahé in: DTC 3 (1908), 2476ss. Cirillo, Ep.4, MG 77,45A; Richard in: CGG I (1951), 721-748. Grillmeier, vol. I.2, 1982, 779ss. 12 cristologia logos-sarx che hanno influenzato decisivamente il primo Cirillo. Cirillo non porta modificazioni sostanziali all’argomentazione antiariana di Atanasio11. La questione cristologica come Dio e uomo siano una in Cristo non è risentita da parte di Cirillo prima del Concilio di Efeso; ma soprattutto l’elemento dell’anima di Cristo non è per niente approfondito. Il Thesaurus e i Dialoghi non forniscono elementi di conferma al fatto che Cirillo riconosceva all’anima di Cristo una scienza umana e lo sviluppo di un’intelligenza umana12. Il progresso di Gesù non è altro che un graduale manifestarsi della sapienza del Logos. Come Atanasio, Cirillo riconosce la realtà delle sofferenze della carne in Cristo, ma non le reali sofferenze della sua psyché. Cirillo non confuta mai il principio cristologico fondamentale degli ariani, che mettevano il Logos al posto dell’anima di Cristo; contesta solo le conseguenze di questo principio riguardo alla natura del Logos. Cirillo non riesce ad integrare ancora l’unita ontologica delle due nature in Cristo, ma non può essere considerato neppure un duofisita ante literam. Non riesce ad arrivare ad una prospettiva dell’unità ontologica in Cristo, e rimane ancora alla prospettiva dinamico-storica di interpretare i vangeli, attribuendo alcune parti bibliche al Logos prima dell’incarnazione e altri al Logos dopo l’incarnazione, prospettiva che lo aiuta solo a conservare la trascendenza e l’immutabilità del Figlio13. È sintomatica la sua dipendenza da Atanasio nella ripresa della formula classica di tipo logossarx: Il Verbo è diventato uomo e non è entrato in un uomo14. Cirillo riconosce un’anima in Cristo, ma solo come un fattore fisico. Fino all’apparire di Nestorio, Cirillo non sembra riconoscere l’anima di Cristo come fattore teologico15. Cirillo in questo periodo riconosce che l'abitazione è un termine teologico che designa la relazione tra Dio e l'uomo in Cristo, sicché incontriamo facilmente nelle sue prime opere teologiche le nozioni di tempio e di dimora riferiti all'abitazione di Dio nella carne16. Possiamo affermare che nelle opere antiariane precedenti alla controversia nestoriana, Cirillo si limita a ripetere le formule di Atanasio; nel giovane Cirillo tutta la cristologia è imperniata ancora dalla categoria logos-sarx. II.2. La crisi nestoriana e gli anatematismi di Cirillo Dopo la nomina di Nestorio sulla sede patriarcale di Costantinopoli si produsse uno scontro tra le due teorie cristologiche, alessandrina e antiochena: l’unione naturale delle volontà in Cristo professata da Cirillo, e l’unione volontaria sostenuta da Nestorio. L’impostazione cristologica cirilliana di tipo alessandrino, rivelando al massimo la subordinazione (origenista, apollinarista) dell’umanità di Cristo alla sua divinità, ne coglieva meglio l’unità e s’insospettiva ad una distinzione netta in lui delle proprietà umane e divine. La cristologia antiochena invece distingueva con massima precisione in Cristo le proprietà divine di quelle umane, con rischio di separarlo in due persone (possibile reminiscenze di Paolo di Samosata sulla abitazione adozionista17). L’opposizione dei due patriarchi riposava anche su un’antica rivalità politica ecclesiastica e dottrinale tra le due sedi di Alessandria e Antiochia: Cirillo vedeva di mal occhio un antiocheno 11 12 13 14 15 16 17 Cirillo, Thesaurus: PG 75,9-656; Dialoghi s. Trinitate: PG 75,656-1124. Liébaert 1951, 82ss. Grillmeier, I.2, 1982, 781. Atanasio, Ctr. Arian. 3,30: PG 26,388A; Cirillo, Dial. I: PG 75, 681C. Grillmeier, I.2, 1982, 783. Cirillo, Thesaurus 23,24,28; Dialog. 5. Simonetti, 1993, 239. 13 sulla sede episcopale di Costantinopoli, nella persona di Nestorio che gli evocava il fantasma del Crisostomo18. Infatti una volta nominato sulla sede di Costantinopoli (482), la tendenza di dividere di Nestorio lo condusse a disapprovare l’uso ormai invalso nel popolo di conferire a Maria il titolo di Madre di Dio (θεοφόρος); per lui Maria doveva essere considerata stricto sensu solo madre del uomo o madre di Cristo (Cristòtokos). L’atteggiamento di Nestorio suscitò proteste che indussero Cirillo ad intervenire: scrive due lettere dogmatiche a Nestorio e informa il papa Celestino a Roma. Già Nestorio aveva ugualmente scritto a Celestino senza ricevere risposta. Il papa, senza troppo approfondire la questione, decise in favore di Cirillo e lo incaricava di inviare a Nestorio le decisioni di un concilio di Roma (430) che condannava le eresie nestoriane. Cirillo trasmise la decisione del papa con ritardo, accompagnandola di una serie di 12 anatematismi che professavano la cristologia alessandrina in forma più radicale; nessun antiocheno avrebbe potuto sottoscrivergli. In questo contesto l’imperatore Teodosio II convocò un concilio ecumenico a Efeso nel 431; il concilio si svolse con irregolarità, per iniziativa di Cirillo che, condannò e depose Nestorio prima che tutti i padri arrivassero, mentre qualche giorno più tardi i sostenitori di Nestorio condannarono e deposero Cirillo. L’imperatore approvò ambedue le condanne e deposizioni, ma quella a carico di Cirillo non si applicò una volta ritornato in Egitto, mentre Nestorio si ritirò dalla sede costantinopolitana in un monastero di Antiochia. Solo nel 433 si è ricostruita l’unione tra i patriarchi di Alessandria e Antiochia19. Presentiamo adesso un riassunto di alcuni anatematismi più significativi di Cirillo inviti a Nestorio; si trovano nella terza lettera che Cirillo indirizza a Nestorio20. Il primo anatema sostiene che Maria è Madre di Dio (θεοτόκον) poiché ha partorito secondo la carne il Verbo nato da Dio che si è fato carne. Il secondo sostiene che il Verbo è unito alla carne secondo l’ipostasi (καθ’υπόστασιν). Il terzo anatema rifiuta ogni separazione di ipostasi dopo l’unione e qualsiasi tentativo di unirli e congiungerli mediante una pura associazione (συναφεια) basata sulla dignità (αξίαν), autorità (αυθεντίαν) e potere (δυναστέιαν); le ipostasi del unico Cristo si congiungono per unione naturale (ένωσιν φυσικήν). Il quinto rifiuta di definire Cristo come uomo portatore di Dio (θεοφόρον άνθρωπον). L’ottavo anatema condanna coloro che parlano dell’uomo assunto (αναληφθέντα άνθρωπον) che meriterebbe di ricevere il culto insieme col Dio Verbo, come se fosse uno insieme con un altro (formula sostenuta da Nestorio). L’undicesimo dichiara che la carne del Signore è la stessa (ιδίαν) del Verbo nato dal Padre e questa carne non le è unita secondo la dignità e non ha ricevuto l’inabitazione divina, ma è vivificante perché è propria del Logos. Il dodicesimo insiste sul fato che realmente il Verbo soffrì nella carne, fu crocifisso nella carne e ha provato la morte nella carne21. Nestorio inviò questi anatematismi a Giovanni di Antiochia, il quale affidò a Teodoreto di Ciro e ad Andrea di Samosata il compito di confutare i dodici anatematismi, ma la loro opera ci è giunta solo in parte. Questi capita rimassero un grande ostacolo da accettare per gli Orientali anche moderati che condannarono Nestorio e sottoscrissero alla formula di unione del 433. II.3. Cristologia del “secondo” Cirillo 18 19 20 21 Kopallick 1981, 14ss. Quasten, II, 119-120. Cirillo, Ep.17 in: Schwartz, ACO, I,1,1, 40-42. Simonetti, Il Cristo. II, 378-383. 14 Alla cristologia di Nestorio, Cirillo rispose con forza, sostenuto da Roma. La cristologia di Cirillo acquistò un’importanza storica sopratutto per l’aspetto in qualche modo negativo di contrapposizione a Nestorio22. II.3.a. Cristologia non-apollinarista Una prima questione nella cristologia del cosiddetto secondo Cirillo, vale a dire dopo la crisi nestoriana, è il superamento della teologia apollinarista. Abbiamo rilevato sopra il legame di Cirillo con la cristologia alessandrina di tipo Logos-sarx. Da questo legame risulta anche la penetrazione di alcune formule apollinariste nel linguaggio teologico di Cirillo: la μία φύσις e la μία υπόστασις23. Però in Cirillo c’è una reale differenza, rispetto alla sola φύσις apollinarista di Cristo; in Apollinare la μία φύσις ha un senso vitale, dinamico: c’è una sola natura perché c’è una sola fonte di vita e di movimento in Cristo, cioè il Logos; Cirillo trasforma ora questo concetto di φύσις: egli riconosce in Cristo l’anima e dunque la φύσις umana completa. Questa evoluzione di Cirillo è testimoniata nella sua Seconda Lettera a Succenso, dove Cirillo riconosce, diverso da Apollinare, la reale sofferenza di Cristo non solo nella carne ma anche nell’anima razionale, e dunque nella natura umana integra: Io (Cirillo) so che essi hanno in mente qualcosa di più in aggiunta a questa (και ετερόν τι προς τούτοις εστί το ζετούμενον). Poiché colui che dice: il Signore ha sofferto soltanto nella carne (e non nell’anima) rende la sofferenza irrazionale e non sopportata dalla volontà (ακούσιον); ma se qualcuno dice che ha sofferto con anima razionale cosi che colui che soffriva aveva una volontà libera, non c’è obbiezione al dire che egli soffriva nella sua natura umana. Ma se questo è vero, come non possiamo concedere che le due nature esistono (υφιστάναι) senza separazione dopo l’unione?24. Benché troviamo ancora in Cirillo l’idea apollinarista che la divina ενέγρεια del Logos fluisce direttamente sul corpo di Gesù, comunque Cirillo si distingue da Apollinare nel considerare il dono della vita naturale di cui il corpo di Gesù abbisogno derivato dall’anima e non dal Logos qua Logos. Adesso Cirillo è coscio che se non si accetta la formula della due nature, tutta la psicologia umana di Cristo e l’atto redentivo compiuto dalla sua anima si perdono: Se non c’è che una sola φύσις in Cristo, allora la sofferenza deve essere attribuita alla φύσις divina25, cosa che Cirillo non può accettare. Per Cirillo dunque coesistono due φύσις intere, complete in Cristo. La natura umana di Cristo è un αυτοκίνητον, un principio che ha il suo movimento proprio. Possiamo stabilire che la cristologia di tipo logos-sarx è eliminata ora con Cirillo dalla terra alessandrina. II.3.b. Un linguaggio ambiguo Una cosa rimaneva a Cirillo da fare: abbandonare per sempre il linguaggio apollinarista della formula μία φύσις. La cosa non fu fatta perché Cirillo lo considerava formula sanzionata dalla chiesa, invece era ingannato dai falsi apollinaristi26. Sebbene Cirillo usa ancora la terminologia apollinarista, il contenuto delle sue formule è completamente diverso. Anzi, alcuni elementi atanasiani e apollinaristi lo hanno aiutato a definire in modo giusto l’unità di soggetto in Cristo, attribuita al Logos, rispetto al enuncio più impreciso 22 23 24 25 26 Scipioni, 1974, 94-148. Weischer, 1977, 235-239. Cirillo, Ep. 46 ad Succens. 2,5: ACO I,1,6,161, 19-25; PG 77, 244D. Ibid. Richard in: CGG I (1951), 721-748. 15 degli antiocheni che sembravano mettere a fianco del Logos anche un Cristo come nuovo soggetto di espressioni cristologiche. Cirillo ha chiara coscienza dell’unità in Cristo: Dio il Logos non è venuto in un uomo, ma è ‘veramente’ divenuto uomo, rimanendo Dio27. In questo senso Cirillo evita anche la teoria e la formula dell’inabitazione, molto presente in Nestorio. Ora Cirillo passa dallo schema Logos-sarx a quella più ortodossa Logos-antropos. La sua cristologia si presenta come una sintesi delle due estreme apollinarista-ariana e nestoriana, ma i suoi contemporanei e successori partigiani della formula μία φύσις lo percepiscono come una posizione unilaterale; tanto è verro che Cirillo ha un linguaggio ambiguo riguardo a questa formula che non aiuta ad una chiarificazione equilibrata. Cirillo intende il concetto di φύσις valido anche per l’umanità di Cristo. È vero che non ama molto questa espressione, sia perché la S. Scrittura preferisce il termine σαρξ, sia perché egli vede in essa un concesso al partito di Nestorio. Nondimeno menziona la ανθρωπίνη φύσις di Cristo o la φύσις της ανθρωπότητος e concede che si possa parlare di doppia φύσις in Cristo, ma la possibilità di un equivoco in senso di divisione in due persone lo rende cauto. Sempre attento all’unità in Cristo, nella lettera ad Acacio, Cirillo non si preoccupa dell’uso in se stessa della formula δύο φύσεις, ma del rapporto esistente tra le due nature: Egli (Nestorio) dice: Dio è indivisibile dal visibile (= l’uomo in Cristo), perciò io non divido l’onore di ciò che è indivisibile; i fratelli di Antiochia (= coloro che hanno sottoscritto l’accordo del 433) accettano, ma solamente col pensiero, ciò di cui si pensa che Cristo sia (composto); essi parlano, è vero, di una distinzione delle nature (poiché come è stato detto, divinità e umanità non sono la stessa cosa nei loro caratteri fisici), ma riconoscono un solo Figlio e Cristo e Signore e parlano del solo πρόσωπον in Lui come di una sola realtà; in nessuna maniera essi dividono ciò che è unito. E neppure accettano la divisione fisica (φυσική διαίρεσις), come è accaduto all’autore di queste sfortunate scoperte28. Cirillo ammette che gli antiochieni parlino della distinzione delle due nature, cioè di υποστάσεις, ma non accetta la loro divisione. Più chiaro è Cirillo nella Lettera ad Eulogio: Alcuni criticano la confessione di fede che è stata formulata dagli Orientali e dicono: ‘Perché il vescovo di Alessandria ha tollerato e lodato coloro che parlano di due nature?’ … A coloro che si biasimano per questo, noi rispondiamo che non si deve fuggire da, ne tremare per, tutto quello che dicono gli eretici, poiché anch’essi riconoscono molto di quello che noi professiamo… Questo è anche il caso di Nestorio quando dice che ci sono due nature che significano la distinzione tra la carne e Dio il Verbo (cioè che una è la physis del Logos ed un’altra quella della carne). Ma egli non si unisce a noi nel riconoscere l’unione (ένωσιν)29. Secondo Cirillo, la distinzione delle δύο φύσεις è necessaria, la divisione è condannabile. Nestorio intende una divisione reale, mentre Cirillo parla della due φύσεις soltanto nella sfera del pensiero; le sue espressioni si potevano armonizzare con quelle antiochene, ma in definitivo lui conosce un solo contenuto del termine φύσις, e perciò il suo linguaggio rimane ambiguo. II.3.c. Il concetto di persona C’è una doppia tendenza nelle idee e nel linguaggio cristologico di Cirillo, che sembra vera contraddizione, dovuta al fatto che lui occupa una posizione intermedia fra Apollinare e Nestorio: in opposizione ad Apollinare, egli s’impegna ad attribuire all’umanità di Cristo una φύσις 27 28 29 Cirillo, Or. ad dominas 31: ACO, I,1,5, 73,1-2; PG 76, 1228C. Cirillo, Ep.40 ad Acac. Melit.: ACO, I,1,4, 27; PG 77, 193D-196A. Cirillo, Ep. 44 ad Eulog.: ACO I,1,4, 35; PG 77, 224D-225A. 16 completa, con anima razionale; in opposizione a Nestorio, egli mette sempre l’accento su l’unica φύσις in Cristo. Ma l’opposizione a Nestorio predomina la sua cristologia. L’impegno maggiore di Cirillo è di esprimere l’unità in Cristo. Il suo limite è nel esprimere la distinzione delle nature, e in ciò è condizionato dalla formula apollinarista μία φύσις30. Φύσις significa l’essenza di una cosa, o come spiega Cirillo: ο του πώς είναι λόγος (la ragione del come/modo del essere)31. Il concetto di φύσις comprende non solo l’idea di essenza in genere (ουσία seconda di Aristotele), ma contiene alla fine anche la nozione di attualizzarsi nella vita di una υπόστασις concreta (ουσία prima aristotelica). Il concetto di esistenza concreta che è υπόστασις non viene come significato primo della φύσις, dunque i due termini non sono sinonimi, ma sono associati l’uno al altro32. È chiaro tuttavia che per Cirillo la υπόστασις è la sostanza concreta, reale, πράγμα, realtà33. Vediamo come si può interpretare da questo punto di vista la famosa formula di Cirillo: μία φύσις (υπόστασις) του θεού λόγου σεσαρκωμένη / σεσαρκωμένου34. Sono due le possibilità di leggere questa formula, distinte nel modo di applicare l’aggiunta σεσαρκωμένη/σεσαρκωμένου : uno sola natura incarnata (σεσαρκωμένη) - una sola natura del Verbo incarnato (σεσαρκωμένου). Sembra che Cirillo preferisce piuttosto la prima forma35. Cirillo la intende in modo ortodosso, ma essa apre la porta alla confusione delle nature in Cristo. Per Cirillo la natura umana è radicata nella φύσις concreta o nella υπόστασις del Logos. Cirillo intende il fatto che la divinità e l’umanità conservano il loro proprio carattere (ποιότης φυσική), ma che l’unità si realizza nell’ipostasi del Logos. Per Cirillo la μία φύσις (υπόστασις) significa l’unione ipostatica di Cristo nella persona del Logos, un’unità di persona nella distinzione delle nature. Ma la distinzione tra φύσις-υπόστασις-πρόσωπον non è chiara in lui. Possiamo riesumare insieme con Richard36 rivelando tre idee essenziali nella cristologia di Cirillo: 1. le υποστάσεις ο φύσεις di Cristo non possono essere divise dopo l’unione; 2. gli ιδιώματα non possono essere divise tra due persone o due ipostasi indipendenti, ma devono riferirsi tutti ad una sola persona, alla μία υπόστασις (φύσις) του θεού λόγου σεσαρκωμένη; 3. il Logos è unito alla carne, che egli ha assunto καθ’υπόστασιν (è l’unione secondo ipostasi delle due nature che si realizza in Cristo). Al contrario di Richard che attribuisce a Cirillo l’espressione unione καθ’υπόστασιν, Lebourlier37 pensa che la formula è anteriore, ed usata in un contesto trinitario, in distinzione della κατά φύσιν che si applica all’unione tra Padre e Figlio. In questo contesto noi possiamo soltanto riportare questa formula di Cirillo che sarà presente anche al concilio di Efeso e poi sarà ripresa nelle controversie postcalcedonese : Nel combattere contro il suo insegnamento (di Nestorio), noi siamo costretti a dire che l’unione ebbe luogo καθ’υπόστασιν. L’aggiunta καθ’υπόστασιν significa semplicemente che la natura o hypostasis del Logos, cioè il Logos stesso è compresso ed è, in realtà, un solo Cristo, il medesimo Dio e uomo, poiché egli si è unito veramente ad una natura umana senza alcuna alterazione o confusione38. 30 31 32 33 34 35 36 37 38 J. van den Dries, 1939, 9-41. Cirillo, Ctr. Nestor. 2: ACO I,1,6, 42,33; PG 76, 85A. Jugie, 1912, 181. Cirillo, Apol. ctr. Theodoret.: ACO I,1,6, 113,22-23; PG 76 397 C. Cirillo, Ep. 46 ad Succens. 2,5: ACO I,1,6,161, 19-25; PG 77, 244D. J. van den Dries, 1939, 113-167. Richard in: MSR 2, 245-252. Lebourlier in: RSPT 44, 470-476 . Cirillo, Apol. ctr. Theodor.: ACO I,1,6, 115, 12-16. 17 Questa formula diverrà un enunciato centrale della cristologia di Cirillo. L'unità delle due nature divina e umana si realizzano secondo l'ipostasi, in una persona. È la persona o l'ipostasi del Verbo che diventa il soggetto dell'unione delle due nature. Il Logos che è Dio da sempre, rimane ciò che era assumendo la carne animata in Cristo. La personalità o il soggetto in Cristo non è un misto, un composito risultato dall'unione delle nature, non è un tertium quid, ma è proprio , il Verbo di Dio, la seconda persona della Trinità. Questo è contenuto solo in nocciolo nelle affermazioni di Cirillo e sarà il compito del concilio di Calcedonia di formulare una tale definizione di persona in Cristo. Conclusioni Cirillo fa derivare l'unità in Cristo dalla persona e la dualità dalle nature, preparando la definizione di Calcedonia. La sua terminologia è difettoso perché usa indistintamente i termini φύσις e υπόστασις per designare lo stesso concetto. Per indicare l'unità della persona, parla dell'unica natura incarnata del Verbo (μία φύσις του θεού λόγου σεσαρκωμένη); la frase che risale ad Apollinare identifica natura con persona e afferma un'unica natura di Cristo e questo è un limite terminologico di Cirillo. Parla di due nature prima dell'unione in Cristo e di una sola natura dopo l'unione, affermazione per la quale si guadagna l'accusa di apollinarismo e monofisismo. Le due nature complete divina e umana si uniscono nella persona del Logos, ma la natura umana non sussiste indipendentemente del Logos. Cirillo intende affermare la dottrina tradizionale in equilibrio tra le due estreme, l'apollinarismo e il nestroianesimo, ma la sua terminologia non è sufficientemente precisa. Sarà il compito del concilio di Calcedonia di precisare il pensiero di Cirillo: una persona in due nature39. Bibliografia e abbreviazioni bibliografiche Campenhausen H.F.von, Griechische Kirchenväter, Stuttgart 1995. 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