SIF informa – News Letter n. 32 Sommario - Master di II Livello in Valutazione dei Farmaci e Farmacoepidemiologia (Università di Bologna) - “Utilizzo dei Preparati di Medicina non Convenzionale: caratteristiche, eventi avversi ed interazioni", Seminario ECM - "La Gestione del Rischio Clinico nelle Aziende Sanitarie", Workshop GIMBE (ECM) - Nuovo sito web dell’ISoP - Resoconto del XXX Congresso Internazionale della Society for Microbial Ecology and Disease e del 4° Congresso Internazionale sui Probiotici - Dalla letteratura: "FDA is failing to oversee human clinical trials" BMJ 2007; 335: 691. - Autobiografia del premio Nobel Mario Renato Capecchi - “Un Nobel politicamente corretto, ma in estremo ritardo” SIF informa che il Master di II Livello in Valutazione dei Farmaci e Farmacoepidemiologia (Università di Bologna), link: http://farmacologiasif.unito.it/news/master_valutaz_farmaci_bo2008.pdf è aperto a Laureati in Medicina e Chirurgia, Farmacia, Chimica e Tecnologia Farmaceutiche, Biotecnologie, Scienze Biologiche e Medicina Veterinaria orientati al settore privato (Aziende farmaceutiche) o pubblico (AIFA, Assessorati regionali, Aziende sanitarie). Gli obiettivi formativi sono: - esaminare e valutare criticamente il dossier registrativo di un nuovo farmaco - valutare criticamente la documentazione disponibile sul profilo di efficacia e sul costo di farmaci già in commercio per l’inclusione nei prontuari terapeutici - produrre rapporti sulla utilizzazione dei farmaci in gruppi di popolazione, anche in base a indicatori di appropriatezza delle prescrizioni - raccogliere, trasmettere e valutare le informazioni sulle reazioni avverse ai farmaci - programmare studi osservazionali e analitici sui danni da farmaci - inquadrare la normativa farmaceutica in una prospettiva di devoluzione di poteri alle Regioni La scadenza per la presentazione delle domande è il 30 novembre 2007 e le prove di ammissione si terranno l'8 e il 10 gennaio 2008. Il Periodo di svolgimento del Master sarà da febbraio 2008 a gennaio 2009 con frequenza alle lezioni (240 ore) distribuite in una settimana (3 giorni) ogni mese, e un periodo di stage formativo (300 ore) in strutture esterne pubbliche o private. La frequenza è obbligatoria." Il Dipartimento Farmaceutico dell'Az. USL di Piacenza organizza un Seminario di discussione al termine di un'indagine d'uso sui preparati di Medicina non Convenzionale. Tale indagine è stata svolta in collaborazione con alcune UU.OO dell'Azienda USL di Piacenza nell'ambito del Programma Regionale per l'Integrazione delle Medicine non Convenzionali nel Sistema Sanitario dell'EmiliaRomagna. Il Seminario sarà anche l'occasione di presentare il Sistema Regionale di Sorveglianza per i sospetti eventi avversi di Medicina non Convenzionale. Il programma del Seminario "Utilizzo dei Preparati di Medicina non Convenzionale: caratteristiche, eventi avversi ed interazioni" Seminario ECM, Piacenza, 30 Ottobre 2007 è disponibile al link: http://farmacologiasif.unito.it/news/semin_med_non_cov_pc07.pdf SIF informa, nell’ambito del “Progetto Educazionale Clinical Governance”, che consente ai professionisti di costruire un percorso formativo personalizzato, avrà luogo il workshop: "La Gestione del Rischio Clinico nelle Aziende Sanitarie", Workshop GIMBE - ECM (21 crediti) http://www.gimbe.org/eventi/rm/pieghevole_RM.pdf 26 – 28 novembre 2007 La dottoressa Maria Antonietta Catania (Dipartimento Clinico e Sperimentale di Medicina e Farmacologia dell'Università di Messina) informa, chi fosse interessato, che è disponibile il nuovo sito web dell'ISoP (http:www.isoponline.org). L'International Society of Pharmacovigilance (ISoP) ha lo scopo di promuovere "all these aspects of drug safety: safer drug design, safer drug usage at the collective and individual level, by providing an international forum for all those with an interest in the clinical and scientific aspects of safe drug use". Il prof. Gianfranco Donelli (Dipartimento di Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità) informa che dal 16 al 18 settembre si sono tenuti congiuntamente a Roma,presso l’Università Urbaniana, il XXX Congresso Internazionale della Society for Microbial Ecology and Disease ed il 4° Congresso Internazionale sui Probiotici, presieduti rispettivamente dal socio Prof. Gianfranco Donelli e dal Prof. Lucio Capurso, con la partecipazione di oltre 450 congressisti provenienti sia dai paesi europei che da Australia, Brasile, Canada, Cile, Giappone, Russia, Tunisia, USA and Venezuela. L’importanza dell’ecologia microbica in salute e malattia è stata al centro dei lavori congressuali: è ben noto infatti come, non solo i batteri contenuti nel nostro organismo siano quantitativamente superiori al numero di cellule che lo costituiscono, ma come il solo intestino ne contenga da 1012 a 1014 , appartenenti ad oltre 500 specie diverse.Molti sono tuttavia i fattori che possono perturbare i delicati equilibri di questa ampia comunità microbica e diversificate sono le possibili strategie preventive e terapeutiche che includono il trattamento con antibiotici e probiotici. Tra gli argomenti di maggior interesse affrontati dai molti relatori italiani e stranieri intervenuti, meritano di essere sottolineati quelli relativi a: 1. Gli effetti a lungo termine delle terapie antibiotiche sui batteri della flora microbica intestinale. La Dott.ssa Maria Saarela, del VTT Technical Research Centre finlandese, ha riportato come la terapia orale con doxiciclina aumenti drasticamente il numero di bifidobatteri intestinali resistenti alle tetracicline. La Prof.ssa Anne Collignon, dell’Università di Parigi, ha mostrato, in un modello animale, come l’impiego probiotico del lievito Saccharomyces boulardii sia in grado di prevenire le alterazioni della flora intestinale successive al trattamento antibiotico prolungato con amoxicillina e acido clavulanico. La Dott.ssa Paola Mastrantonio, dell’Istituto Superiore di Sanità, ha riportato come dal 2003 in poi si sia registrato in Canada e USA e successivamente in Inghilterra e Francia un notevole incremento di casi di diarrea associati a prolungato trattamento antibiotico, causati da un clone epidemico ipervirulento del batterio intestinale Clostridium difficile, di cui si teme la possibile diffusione ospedaliera anche in Italia. La Prof.ssa Giovanna Blandino, dell’Università di Catania, ha affrontato il problema emergente dell’antibiotico-resistenza dei microrganismi utilizzati come probiotici, riportando i dati di sensibilità agli antibiotici relativi a 15 isolati di Lactobacillus, Bifidobacterium, Streptococcus e Enterococcus contenuti in prodotti disponibili in Italia. 2. Il ruolo dei biofilm microbici nella patogenesi di importanti malattie umane È noto da alcuni anni che le mucose umane vengono colonizzate da batteri che crescono ad esse adesi (crescita sessile) dando luogo a comunità microbiche note come “biofilm”. Nel caso di specie patogene, le terapie antimicrobiche spesso falliscono dal momento che i batteri cresciuti all’interno del biofilm mostrano una antibiotico-resistenza anche 1000 volte superiore a quella delle stesse specie sviluppatesi allo stato libero (crescita planctonica). La Prof.ssa Sandra McFarlane, dell’Università di Dundee, ha fatto il punto sulle conoscenze relative ai biofilm microbici del tratto gastrointestinale umano. Il Dott. Emilio Guaglianone, dell’Istituto Superiore di Sanità, ha illustrato come alla base dell’occlusione degli stent biliari, dispositivi sempre più spesso impiantati in pazienti con patologie tumorali e non del dotto biliare, vi sia proprio la formazione di biofilm microbici multispecie. Il Prof. Soren Molin, dell’Università danese di Lyngby, ha mostrato un quadro aggiornato sui meccanismi patogenetici dell’infezione polmonare cronica nei pazienti con fibrosi cistica, dovuta alla crescita in biofilm del batterio patogeno Pseudomonas aeruginosa. Il Dott. Marco Oggioni, dell’Università di Siena, ha illustrato come il passaggio dalla crescita planctonica a quella sessile in biofilm sia un passo cruciale nella patogenicità di Streptococcus pneumoniae che è il principale responsabile di polmonite negli adulti. 3. Le nuove prospettive terapeutiche correlate all’impiego dei prodotti probiotici La Prof.ssa Marika Mikelsaar, dell’Università di Tartu, ha illustrato le promettenti prospettive probiotiche di un nuovo ceppo di Lactobacillum fermentum di provenienza umana, dotato sia di attività antimicrobica contro patogeni intestinali che di elevata attività antiossidante, in grado quindi di ridurre il rischio di infezioni e di aterosclerosi. Il Prof. Shigeru Kamiya, della Kyorin University di Tokyo, ha illustrato gli effetti preventivi e terapeutici di un particolare ceppo del batterio anaerobio Clostridium butyricum nei riguardi delle infezioni enteriche causate da alcuni batteri patogeni quali la Salmonella enteritidis e gli Escherichia coli enteroemorragici. Il Dott. Gregor Reid, del Canadian Research and Development Centre for Probiotics, ha passato in rassegna i più recenti studi di efficacia dei prodotti probiotici per la prevenzione e il trattamento sia delle infezioni del tratto urinario che delle vaginosi batteriche e delle vaginiti fungine, sottolineando tuttavia come, nella maggior parte dei casi, l’impiego dei probiotici non possa ancora oggi essere considerato sostitutivo delle appropriate terapie antimicrobiche. La Prof.ssa Elisa Bertazzoni Minelli, dell’Università di Verona, ha affrontato il problema tuttora irrisolto del numero ottimale di batteri che devono essere contenuti nei prodotti probiotici per assicurarne la loro efficacia terapeutica anche in relazione alla sopravvivenza delle singole specie microbiche durante la conservazione dei prodotti stessi. La Prof.ssa Patrizia Brigidi, dell’Università di Bologna, ha illustrato i più recenti risultati sui meccanismi coinvolti nell’interazione tra intestino umano e bifidobatteri, sottolineando come questi ultimi, contenuti anche in molti prodotti probiotici, rappresentino uno delle componenti microbiche maggiormente in grado di contribuire alla salute dell’uomo. La dott.ssa Alessandra Russo (Dipartimento Clinico e Sperimentale di Medicina e Farmacologia dell'Università di Messina) informa, per chi fosse interessato, che sul BMJ (2007; 335: 691) è stato pubblicato un breve articolo, ad opera di Tanne JH, dal titolo "FDA is failing to oversee human clinical trials". In esso viene affermato, fra l'altro, che: a) i problemi relativi al sistema di gestione stanno impedendo all'FDA di supervisionare i trial clinici e di proteggere i soggetti reclutati; b) l'Agenzia non ha a disposizione un database relativo agli institutional review boards, che approvano, monitorano e rivedono gli studi clinici; c) la maggior parte dei comitati, a dispetto del loro nome, sono costituiti da imprese commerciali dipendenti dalle industrie produttrici dei farmaci valutati nei trial clinici; d) l'FDA ha ispezionato soltanto l'1% dei centri in cui si sono svolti i trial clinici. Buona lettura. In riferimento al SIF-informa News-Letter n. 30, in cui si riportava il commento del prof. Lucio Costa all’assegnazione del Premio Nobel al prof. Mario Renato Capecchi, e la richiesta di inviare eventuali commenti è pervenuto alla SIF, quanto segue: Il prof. Marco Cosentino (Università dell’Insubria) suggerisce la lettura di una breve autobiografia di Mario Renato Capecchi: http://healthcare.utah.edu/capecchi/HHMI.pdf, un poco datata ma sempre attuale, da lui trovata particolarmente suggestiva e toccante. Il dott. Antonio Caputi (IZN, Department of Clinical Neurobiology, University of Heidelberg, Germany) ha scritto: “Un Nobel politicamente corretto, ma in estremo ritardo” Il premio Nobel assegnato a Mario Capecchi, Sir Martin Evans e Oliver Smithies per aver aver creato la tecnologia per introdurre geni esogeni in cellule staminali con ricombinazione omologa e la susseguente generazione di topi transgenici, é stato un premio molto atteso negli ultimi 25 anni. Nel 2001 gli stessi tre scienziati ottennero il premio Laser per gli stessi successi scientifici. La storia racconta che nel lontano 1981 Evans e Kaufmann (Nature. 1981 Jul 9;292(5819):154-6) isolarono per la prima volta cellule pluripotenti da embrioni di topo, nel 1987 Thomas e Capecchi (Cell. 1987 Nov 6;51(3):503-12) stabilirono la tecnica per introdurre un designata mutazione puntiforme in un gene designato (gene targeting) nel topo, metodologia sviluppata in contemporanea nel laboratorio di Smithies (Doetschmann et al., Nature. 1987 Dec 10-16;330(6148):576-8). Nel frattempo nel laboratorio di Evans si mise a punto la tecnica per generare chimere embrionali utilizzando cellule staminali per generare topi geneticamente modificati (Kuehn el al., Nature. 1987 Mar 19-25;326(6110):295-8). Questa tecnologia ha rappresentato per decenni l’unico metodo di ricombinazione omologa in vertebrati. L’impatto nei campi della genetica e della biologia molecolare in particolare, nonché l’impatto nell’economia e nella politica della ricerca scientifica fu enorme. La genetica allora si basava sulla generazione di mutazioni casuali con tecniche differenti, con conseguente screening nel genoma del gene mutato dopo analisi fenotipica e susseguente ricerca del gene mutato nel genoma. Di conseguenza i modelli animali utilizzati non erano mammiferi per ovvi motivi economici, di spazio e di tempo. La biologia molecolare si basava al contrario sulla clonazione di geni da reperti spesso umani con la speranza di trovare il gene importante. I biologi molecolari avevano la strategia “clone and publish” e i geneticisti “mutate and publish”. Da quel momento quasi tutti i grandi centri di ricerca si dotarono di strutture per la generazione di topi geneticamente modifica, il topo divenne il modello più diffuso nella ricerca biomedica di base e le grosse riviste scientifiche pretesero che oltre alla scoperta di un nuovo gene bisognava dimostrarne la funzione creando un topo geneticamente modificato. Tale tecnica e’ lunga, costosa e rischiosa, ma quando funziona può dare risultati incontrovertibili. Qualsiasi malattia genetica può essere riprodotta utilizzando questa tecnica. Nel 2001, l’anno di assegnazione del premio Lasker, più di 4000 topi geneticamente modificati erano pubblicamente noti. I premi Nobel del 2000 per le neurobiologia, nel 2002 per l’apoptosi e del 2004 per il sistema olfattivo probabilmente non si sarebbe assegnati se l’uso di questa tecnologia non avesse confermato le scoperte iniziali. Eppure questo è un premio Nobel per un avanzamento tecnologico; l’importanza di una tecnologia dovrebbe essere riconosciuta rapidamente. Kary Mullis vinse il premio Nobel per la PCR a meno di 10 anni della scoperta e all’incirca a meno di 5 dalla sua diffusione mondiale. Sakmann e Neher vinsero il Nobel per il “patch clamp” 15 anni dopo la prima scoperta, ma la tecnica si affermò 6-7 anni dopo. Attualmente nuove tecniche biotecnologiche si stanno affermando: “RNA interferance” (Nobel a Mello e Zire nel 2006), “virus vectors and carriers” e “nuclear substitusions “. Io credo che il premio Nobel per la generazione di topi modificati geneticamente sia giustissima, ma in estremo ritardo. E’ stata aggiudicata in un momento in cui l’opinione pubblica è dibattuta tra gli enormi vantaggi scientifici e potenzialità terapeutiche delle cellule staminali, e lo “spauracchio”, pardon, problema etico ad esso correlato. Tra le righe mi sembra di leggere che questo premio Nobel premia la ricerca sulle cellule staminali EMBRIONALI e le sue potenzialità, ma anche ha paura di premiare troppo”. 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