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25 maggio 2015
QUADERNO N.7
L’ISLAM A
TORINO
!
a cura del
comitato
scientifico di
Benvenuti in Italia
! INDICE
Islam: uno sguardo d’insieme
Stereotipi sull’Islam,
Fondamentalismo, Fondamentalismi
Fondamentalismo islamico
Le moschee
Luoghi religiosi dell’Islam a Torino
La pluralità delle moschee
Luoghi religiosi a Torino
Interviste
Intervista a Ilda Curti
Intervista a Brahim Baya
Media
Rassegna Stampa
Bibliografia
Filmografia
1
PREMESSA
L’Italia non è più un paese (solo)
cattolico. L’Italia è un paese plurale e Torino
una città in cui la super-diversità costituisce
un tratto identitario innegabile, per quanto
riguarda le lingue, le culture, i gruppi sociali,
le religioni. Negli ultimi decenni le
confessioni registrate sono passate dalle
120 alle più di 200.
!
“A Torino si prega ovunque”: nelle
chiese, nei cortili, nei garage e nelle
palestre; chiese strutturate e forme di
aggregazione temporanea sono mescolate
a pratiche di vita e filosofie del benessere.
In questo contesto cangiante e
sfaccettato, il progetto di mappatura dei
luoghi di culto (www.reparty.it), iniziato nel
2011 da Benvenuti in Italia e non ancora
concluso, ha permesso di studiare la
presenza delle religioni sul territorio, in
termini di visibilità, di integrazione sociale e
culturale, inclusione/esclusione, sia
dall’interno (le comunità religiose) sia
dall’esterno (le istituzioni pubbliche e i
cittadini). Al contempo, la città di Torino ha
avviato politiche e progettualità che
riconoscono il pluralismo religioso come
elemento di dialogo, mutuo riconoscimento,
rispetto e relazione tra le diverse comunità
religiose presenti in città. Esse hanno
contribuito alla istituzionalizzazione di molti
di questi luoghi.
!
Le minoranze religiose autoctone più
tradizionali, in particolare quella valdese e la
comunità ebraica, così come la religione
cattolica che resta maggioritaria, le
comunità della diaspora, tra cui il vivace
mondo dell’ortodossia, i nuovi movimenti
religiosi sono impegnati nel promuovere
dialogo e iniziative comuni e in molti casi
sono e sono state capaci di accompagnare
processi di crescita di altre comunità
2
religiose. Ma senza dubbio, la comunità
religiosa in continua espansione è quella
islamica, composta da fedeli provenienti da
Marocco, Egitto, Albania, Tunisia, Nigeria,
Senegal, Costa d'Avorio, Somalia, per un
totale di circa 30.000/35.000 fedeli.
!
Che cosa sappiamo di questi uomini,
donne e bambini? Quali sono le loro
esigenze di cittadini e abitanti di una città
che da sempre è considerata un laboratorio
per sperimentare nuove politiche e pratiche
di cittadinanza? I luoghi di culto a
disposizione delle comunità musulmane
sono adeguati a questi bisogni?
!
Più in generale, che cosa sappiamo
dell’islam per come si sta radicando e
caratterizzando nel nostro Paese? Quanto
siamo disposti a uscire dal cliché
islam=violenza e ricomporre un immaginario
collettivo troppo infestato dai virus degli
stereotipi?
!
Il quaderno “Islam a Torino” prova a
dare delle risposte a queste domande,
offrendo i risultati di ricerche di studiosi e
dando voce a rappresentanti religiosi e
politici che si occupano da anni di islam, di
luoghi di culto, di libertà religiosa.
!
Il Centro Studi di Acmos e il Comitato
scientifico di Benvenuti in Italia hanno
lavorato alla composizione di questo
dossier, per fornire uno strumento utile a
conoscere le opportunità, le sfide
e i
problemi che il pluralismo religioso porta con
sé.
!
ISLAM
!
3
* Le
! Origini
L’islam è una religione monoteista, che
ritiene Allah l’unico Dio, capace di ergersi
giudice assoluto e potente ma al tempo
stesso benevolo e paziente. La religione è
nata in Arabia per opera di un uomo,
Muhammad (Maometto), vissuto tra il 570 e
il 632 d.C., considerato un profeta venuto a
completare il messaggio di altri grandi
uomini del passato, ritenuti anch’essi
profeti, come Abramo, Mosè e infine Gesù.
L'inizio dell'attività profetica di Maometto
è collocato nella cosiddetta "notte del
destino", alla fine del mese di Ramadan del
610, quando gli apparve l'arcangelo
Gabriele comunicandogli il primo
messaggio divino. Tale evento coronò
presumibilmente un lungo e profondo
travaglio interiore precedente, che lo aveva
già portato a scostarsi dal rudimentale
politeismo dei suoi concittadini per un suo
peculiare monoteismo permeato di elementi
giudaici e cristiani. Egli credette quindi di
ricevere direttamente da Allah i canoni della
rivelazione, costituenti nel loro complesso il
Corano, che dapprima fu da lui considerato
il corrispondente arabo di quanto già
stabilito dalle Sacre scritture giudaiche e
cristiane. La sua prima predicazione,
preannunciante la fine dei tempi e
esortante alla penitenza, ebbe un certo
successo tra gli strati più umili della società
meccana, ma fu invece osteggiata dalla
ricca classe mercantile che dal grande
pellegrinaggio convergente da tutta l'Arabia
verso il santuario pagano cittadino della
Ka'ba traeva cospicui vantaggi. Fu proprio
l'avversione nutrita contro di lui
dall'aristocrazia meccana a convincere nel
622 Maometto a passare con una parte dei
suoi seguaci a Yathrib, poi ribattezzata
Medina, con una migrazione (Egira) da cui
prese poi inizio il computo degli anni
dell'era musulmana. Tale avvenimento influì
profondamente nel determinare i suoi
successivi orientamenti. A Medina venne a
4
trovarsi a capo di una comunità politica e
per questo motivo dovette abbracciare con
il suo insegnamento, che sino ad allora era
stato di carattere esclusivamente etico e
religioso, tutte le tematiche proprie della
vita socio-politica. A Medina, dopo essere
riuscito a dirimere equamente le dispute
che opponevano da tempo le varie fazioni
cittadine, seppe dar vita a
un'organizzazione statuale tutta incentrata
attorno alla sua persona e ancor di più
attorno al suo messaggio religioso, che
troncava nettamente con la perenne
disgregazione politica in cui si trovavano da
sempre le popolazioni dell'Arabia. Queste
infatti riconoscevano come unico loro
vincolo quello inerente la ristretta
solidarietà tribale. Il nuovo stato medinese
venne a rappresentare quindi un'eccezione,
dal momento che i suoi cittadini
accettavano di cooperare tra loro sulla base
di un legame ideologico-religioso
alternativo a quegli antichi vincoli. Il periodo
medinese di Maometto fu anche
caratterizzato da un suo maggiore sforzo
per emancipare la dottrina nascente
dell'islamismo dalle altre due religioni
monoteistiche. Ebrei e cristiani, che non
avevano voluto riconoscere la validità del
nuovo credo, furono così accusati di avere
in vario modo adulterato, tradito e frainteso
le loro stesse Sacre scritture. Di esse il
profeta arabo si proclamò perfezionatore e
ultimo esecutore, realizzando così un
disegno divino risalente al biblico Abramo,
comune capostipite di ebrei e arabi
attraverso i suoi due figli Israele e Ismaele.
Nel 624 Maometto fissò anche alcune
pratiche rituali distintive della nuova
religione rispetto al cristianesimo e al
giudaismo, stabilendo alla Mecca (e non
più a Gerusalemme) la direzione verso cui
rivolgere la preghiera e decretando il
venerdì come il giorno da deputarsi al
servizio divino comunitario in alternativa al
sabato ebraico e alla domenica cristiana.
Nel frattempo la comunità medinese aveva
iniziato un'attività militare contro i
meccani attaccandone le carovane
commerciali e cogliendo una prima
significativa vittoria nel marzo 624 a Badr, a
un centinaio di chilometri da Medina. La
controffensiva dei meccani non si fece
attendere e nel 625 un loro esercito
sconfisse le forze avversarie a Uhdd, ove lo
stesso Maometto fu ferito al volto. Nel 627 i
dirigenti meccani tentarono poi un supremo
sforzo radunando contro Medina una
confederazione di tribù alleate di circa
10.000 uomini. Medina fu assediata e si
salvò solo grazie all'abile costruzione di una
trincea difensiva. Sventato così l'attacco
meccano, Maometto scatenò una durissima
repressione contro la comunità ebraica
medinese accusata di aver simpatizzato
con il nemico. Alcune famiglie furono
semplicemente espulse, mentre per altre
venne decretata l'uccisione di tutti gli
uomini adulti (circa 600 persone) e la
riduzione in schiavitù per le loro donne e i
loro figli. Con il 628 finì il periodo difensivo
e si aprì quello del consolidamento del
nuovo stato medinese sancito dall'adesione
al nuovo credo di numerose tribù beduine e
dalla stipulazione di un armistizio
decennale con i meccani. Nel nuovo clima
Maometto poté anche compiere (marzo
629) un pellegrinaggio privato nella sua
città natale, dove visitò la tomba di
Khadigia, sua moglie, e pregò presso il
santuario della Ka'ba. Oramai la situazione
era matura per la grande svolta
dell'aristocrazia meccana, vale a dire una
sua, più o meno sincera, conversione alla
religione predicata da Maometto. Ciò
avvenne nel gennaio 630 allorché
Maometto, accompagnato da alcune
migliaia di seguaci, poté entrare alla Mecca
senza colpo ferire. Penetrato nel recinto
sacro della Ka'ba, distrusse tutti i simulacri
dell'antico paganesimo, prese possesso
della sacra pietra nera che vi era
conservata e, proclamato solennemente
sciolto ogni vincolo dell'età pagana,
5
instaurò l'era nuova di Allah. Maometto, che
pure aveva elevato La Mecca a città santa
dell'Islam, non ne fece comunque la
capitale del suo stato, ma volle fare ritorno
a Medina da dove organizzò nuove
campagne militari volte a rafforzare la sua
egemonia in tutta l'Arabia. Compiuto nel
febbraio-marzo 632 un nuovo
pellegrinaggio alla Mecca (che la tradizione
islamica ricorda come il pellegrinaggio
dell'addio) Maometto morì a Medina l'8
giugno di quello stesso anno fra le braccia
della moglie prediletta Aisha, figlia del
futuro primo califfo Abu Bakr. La sua tomba,
venerata dai musulmani, è una meta rituale
per chi compie il sacro pellegrinaggio alla
Mecca.
!
* Musulmani
oggi
!
All’inizio del XXI sec. l’islam appare in
espansione, non soltanto a causa della
crescita demografica nei paesi a
maggioranza islamica, ma anche in altre
zone come l’Africa sub-sahariana e in
alcuni Stati asiatici un tempo appartenenti
all’Unione Sovietica. A causa dei flussi
migratori l’islam si sta diffondendo anche
negli Stati Uniti e in diversi paesi
dell’Europa occidentale. Secondo stime
recenti, il numero degli aderenti all’islam nel
mondo supera il miliardo e mezzo
!
* Libri
sacri
!
1. Il Corano o meglio Al-Qur'ânu-l-karîm
(il Generoso Corano), la raccolta delle
rivelazioni fatte dall'arcangelo Gabriele a
Maometto;
2. gli ahâdîth (sing. hadîth): il racconto
dei fatti e dei detti del Profeta, lasciati a
commento del Corano;
3. il consenso dei teologi o, per la legge,
dei giurisperiti, intesi come rappresentanti
della comunità islamica.
!
Il Corano per i credenti è una
rivelazione, cioè è frutto di una
comunicazione tra Dio e il suo profeta,
Maometto, attraverso la mediazione
dell’arcangelo Gabriele (Jibril). Il Corano
contiene dei testi spirituali, che insegnano
agli uomini come comportarsi davanti a Dio,
ma anche parti che spiegano come
comportarsi con gli altri uomini e come
organizzare la società. Il Corano è diviso in
114 capitoli, sure, e non può essere
maneggiato da chiunque: prima ancora di
toccare il testo sacro, il credente deve fare
delle abluzioni rituali (cioè, un rito per
lavarsi), deve imparare a recitarlo in una
maniera precisa e impararne a memoria
alcuni brani. Il concetto di ispirazione divina
del Corano è decisamente diverso da
quello usualmente considerato nella
tradizione cristiana per la Bibbia. Nel
Corano ogni singola parola è di Dio e sacra
in quanto è l'esatta trascrizione del Libro
sacro che è in Cielo presso Dio.
L'ortodossia islamica ammette l'eternità del
Corano in quanto parola di Dio, ovvero uno
dei suoi attributi, tutti eterni come Dio
stesso. Anche se non è un'affermazione
dogmatica, questa convinzione ha
determinato una certa diffidenza verso le
traduzioni del Corano in lingue diverse
dall'arabo. I musulmani anzi parlano di
traduzioni "del significato" del Corano, ma
non del Corano stesso, parola di Dio. Per
quanto concerne il mondo mediterraneo,
solo nel 1976 il numero 12 della
Risoluzione finale del Seminario per il
dialogo islamo-cristiano di Tripoli ha
incoraggiato la diffusione delle traduzioni
del testo sacro nelle varie lingue nazionali.
- Preghiera: pregare Allah cinque volte
al giorno
- Imposta religiosa: donare una parte
di denaro guadagnato ai poveri
- Ramadan: digiunare durante il
giorno nel mese di Ramadan
Pellegrinaggio: andare almeno una
volta nella vita alla Mecca, città santa.
!
La professione di fede fondamentale è
che Allah è l’unico Dio e Maometto il suo
profeta. La rivelazione di Allah e la fede in
lui guidano gli uomini sulla strada della
verità: il grado di adesione alla volontà di
Dio fa
della vita umana una prova.
Secondo il Corano Mosè, Davide, Gesù e
Muhammad hanno trasmesso letteralmente
i loro testi sacri, rispettivamente: la Torah, i
Salmi, il Vangelo e il Corano nel quale
Tutto è rivelato, quindi la lettura dei
precedenti testi sacri non aggiunge nulla. I
teologi islamici parlano anche di pagine
sparse di Abramo, andate perdute.
Punto rilevante nella credenza del
musulmano è credere nell’esistenza degli
angeli; chiamati in arabo malak, sono i
messaggeri,
gli inviati di Dio. Il più
importante è l’arcangelo Gabriele, al quale
Allah ha affidato la rivelazione del Corano.
Collegata alla credenza degli angeli c’è
quella
dei demoni; il demone più
importante è Iblis: all’origine un angelo che
si rifiutò di prostrarsi davanti ad Adamo, il
primo
uomo, e fu quindi cacciato dal
paradiso e maledetto in eterno. Il peccato
di Satana/sIblis è descritto nella sura 7 vv.
11-18. Troviamo, molto diffusa a livello
popolare, la credenza nei jinn, una sorta di
spiritelli divisi in buoni e cattivi, musulmani
e miscredenti; rappresentano le forze della
natura e sono retaggio di credenze
dell’epoca preislamica. La fede nei libri
sacri
e nei profeti
è un’altra
delle
I fedeli dell’Islam devono rispettare i
caratteristiche fondamentali della
fede
“Cinque Pilastri” della religione:
islamica. Fondamentale è la profezia:
- Professione di Fede: credere
secondo i teologi, Dio con un atto
nell’unico Dio Allah e nel suo profeta
personalissimo e arbitrario manifesta la
Maometto
!
* I! pilastri
6
*! Festività
propria volontà agli uomini attraverso
degli
inviati. Questo agente umano è
appellato in vari modi: rasul, cioè inviato;
Per i musulmani il venerdì è un giorno
nabi, cioè profeta.
particolare: l’Islam non impone il riposo
festivo di domenica come è per i cristiani,
ma il venerdì, giorno in cui si tiene la
preghiera rituale collettiva nella moschea.
Due sono le principali feste dell’islam: la
Il luogo di culto per la preghiera comune
è la moschea, dove, oltre alle sale di festa dei sacrifici, detta anche grande festa,
preghiera, vi è una torre alta e slanciata, il che commemora il sacrificio di Abramo e si
minareto, dal quale il muezzin chiama alla celebra il decimo giorno del mese di hijah;
preghiera cinque volte al giorno. All’interno la festa della rottura del digiuno, detta
della sala della preghiera si trova il mihrab, anche piccola festa, che si celebra il primo
la nicchia che indica la direzione della giorno del mese di shawwâl che segue il
Mecca e, di fronte a essa, si trova una mese di ramadan e segna la liberazione
stanza leggermente rialzata e chiusa da dal rigore del digiuno.
Vengono celebrate il 12 del mese di
una griglia di ferro, dalla quale le donne
possono assistere alla funzione. I pavimenti rabî, settimo mese del calendario islamico,
delle moschee sono quasi coperti di tappeti la festa dell’anniversario della nascita del
Profeta e la festa del capodanno il 1Åã di
e vi si entra scalzi.
La Mecca, in Arabia Saudita, è per muharran. Molto diffusa soprattutto nel
antonomasia
la città santa
per i mondo sciita la festa di âshûrâ, che cade il
musulmani, in cui è nato il profeta; in essa decimo giorno del mese di muharran e
sorge il grande santuario al centro del ricorda l’assassinio di Husayn ibn Ali e di 72
quale è ubicata la Ka‘aba, una piccola suoi seguaci ad opera delle truppe di un
costruzione cubica, posta su una base in califfo omayyade. La strage avvenne il 10
marmo, di circa 10-12 metri e alta 15 metri, del mese di muharram, ed il lutto per
detta pietra nera, considerata il più antico l'evento, presso gli sciiti, dura 40 giorni. Il
santuario di Allah. Medina, Yathrib è la centro principale delle celebrazioni sciite è
seconda città santa dei musulmani, sorge la città di Karbala in Iraq, dove si svolge il
nell’Arabia Saudita occidentale e vi sono pellegrinaggio principale. Centinaia di
conservate le reliquie di Muhammad, che migliaia di pellegrini si recano ogni anno
qui si rifugiò nel 622 dopo avere dovuto nella città di Karbala, dove si trovano le
abbandonare
La Mecca. Ogni anno la tombe dell'imam e dei suoi seguaci, per
tomba di Mohammad, che si trova nella celebrare il lutto e piangere l'imam.
Il Ramadan, è uno dei cinque pilastri
moschea a lui
dedicata, nella zona
orientale della città,
viene visitata da dell’Islam, rappresenta un periodo di
migliaia di pellegrini. Nella stessa moschea rinnovo e di equilibrio voluto da Allah,
si trovano anche le tombe di Fatima, la durante il quale i musulmani cercano di
purificare corpo e anima. Il Ramadan
figlia di Maometto, e del califfo Umar I.
celebra il periodo in cui Maometto ricevette
per la prima volta la visita dell’arcangelo
Gabriele; durante i trenta giorni del mese i
fedeli non mangiano, non bevono e non
fumano dall’alba al tramonto (il Corano
dice«mangiate e bevete fino a quando
!
* !Luoghi sacri
!
!
7
l’aurora distingue il filo bianco da quello
nero. Allora osservate il digiuno fino alla
notte»)Il digiuno non è una punizione, e
non deve essere vissuto come un castigo
ma richiede grande fatica ed impegno, sia
fisico che osservate il digiuno fino alla
notte»). Il digiuno non è una punizione, e
non deve essere vissuto come un castigo
ma richiede grande fatica ed impegno, sia
fisico che interiore. Sono tenuti al digiuno
tutti i musulmani adulti in grado di intendere
e di volere: non devono quindi rispettare
questa norma i malati, coloro che sono in
viaggio, le persone in età avanzata e le
donne incinte o che allattano. Dopo il
tramonto, finiscono il digiuno con un pasto
leggero, per poi consumare il pasto
principale dopo le preghiere della sera.
Prima dell’alba si consuma un altro pasto
leggero ma sostanzioso. Il digiuno non è
l’unico obbligo: durante questo mese i
musulmani devono avere un
comportamento particolarmente pio,
scrupoloso e di attenzione nei confronti
degli altri fedeli, evitando i discorsi inutili,
indecenti e importuni, gli insulti e la
calunnia, la menzogna; si deve essere
invece disponibili, gentili e concilianti.
Durante il Ramadan tutti i credenti devono
anche recitare delle preghiere e cercare di
leggere tutto il Corano.
8
STEREOTIPI
!
9
L’immagine dell’Islam.
Riflessioni
per superare gli stereotipi
!
Il mondo islamico viene spesso rappresentato a partire da pregiudizi o stereotipi
derivanti da una scarsa conoscenza della religione islamica: la percezione pubblica lo
intende come un oggetto lontano, antico e tradizionalista, impermeabile ai cambiamenti.
Nella sezione qui di seguito proviamo a proporre delle riflessioni a partire dai più comuni
stereotipi relativi all’Islam
”arabofone”, poiché quello che unisce
realmente queste popolazioni, che vanno
dall’Iraq a al Marocco, oltre ovviamente alla
religione islamica, è proprio la lingua araba,
mentre l’origine etnica è varia. È infatti
DI LUCA PATRIZI
sufficiente viaggiare nel mondo arabo per
rendersi conto dai differenti tratti somatici e
In lingua italiana il termine musulmano, dai differenti temperamenti, della profonda
sia come sostantivo che come aggettivo, si differenza tra le etnie che lo popolano.
dovrebbe usare soltanto in riferimento agli Anche nel caso della formula “mondo
uomini, essendo un calco del termine arabo arabo”, sarebbe più corretto utilizzare
“muslim”, che si riferisce all’uomo “mondo arabofono”, ma anche in questo
musulmano, mentre il termine islamico si caso, essendo questa denominazione così
utilizza per le cose, derivando dal termine radicata, si è costretti ad utilizzarla.
arabo “islām”, che si riferisce alla religione
L’ultima precisazione: in italiano per
islamica. L’aggettivo arabo e l’aggettivo indicare il Profeta dell’Islam si usa spesso il
islamico non coincidono, e quindi la formula nome italianizzato Maometto; questo
“mondo arabo” non copre tutta l’area del termine deriva probabilmente da una
mondo islamico, bisognerebbe dunque storpiatura medievale, Macometto o
utilizzare “mondo arabo e islamico” oppure Malcometto in forma italiana o Mahomé in
semplicemente “mondo islamico” o “paesi francese. In tutte le altre lingue moderne è
islamici”. Arabo e islamico non coincidono o r m a i i n u s o i l t e r m i n e o r i g i n a l e
anche perché una minoranza consistente di Muḥammad, tranne in italiano.
popolazione che fa parte del mondo arabo,
15 milioni di persone circa, è di religione
cristiana fin dal periodo preislamico, ed è
arabofona. Per quel che riguarda il termine
“arabo”, deriva dal termine “ʿarab”, termine
collettivo che si riferisce in maniera esatta DI LUCA PATRIZI
alle popolazioni nomadi del deserto della
La nozione di jihād, parola maschile che
penisola arabica. Questo termine si significa “sforzo”, può essere declinata in
dovrebbe quindi utilizzare, in linea di varie modalità nell’Islam, anche in relazione
principio, soltanto in riferimento alle alle diverse situazioni storiche. Riferito agli
popolazioni che vivono o che sono individui, il jihād significa lo sforzo costante
originarie della penisola araba, mentre per al miglioramento di se stessi, nel
tutte le altre popolazioni si dovrebbe parlare combattere le proprie tendenze individuali
p i ù p r o p r i a m e n t e d i p o p o l a z i o n i scorrette.
I. M u s u l m a n o ,
islamico, arabo:
sono tutti sinonimi.
!
!
II. Jihād significa
guerra santa
!
10
È celebre il detto del profeta
Muhammad, che al ritorno da una battaglia
disse: “Siamo tornati dal piccolo jihād al
grande jihād”. Vi sono delle azioni, tra le
altre, che il Profeta considerava come
forme di jihād, attraverso alcuni hadith,
come ad esempio prendersi cura dei
genitori anziani, come il Profeta ordinò di
fare a un giovane, che voleva invece unirsi
ad una campagna militare.
Anche l’azione militare può rientrare
nella nozione di jihād, ma soltanto se è
combattuta come guerra difensiva e mai
come guerra offensiva, come si può
osservare a partire dai versetti che si
riferiscono alla guerra difensiva nel Corano,
ai quali si deve sempre accostare previo
utilizzo di materiale esegetico. La polemica
occidentale sulla “guerra santa nell’Islam” è
causata da un utilizzo errato di questa
nozione sia da parte dei musulmani che la
utilizzano per i propri fini politici e militari,
sia da parte dei non-musulmani che
considerano vere ed autorevoli queste
manifestazioni ideologiche minoritarie.
!
III. L’Islam è una
religione violenta e
intollerante
!
DI LUCA OZZANO
Dopo gli attentati dell’11 settembre si è
diffusa l’idea che l’Islam sia una religione
per sua natura anti-democratica e orientata
al conflitto. Questa posizione è definita
‘essenzialista’, perché presuppone che ogni
religione abbia alla propria base un nucleo
di credenze e valori che non cambiano nel
tempo e nei diversi contesti. Così, ogni
religione avrebbe un diverso ‘potenziale’ di
democraticità e di conflitto. Questa
posizione è stata resa celebre da studiosi
americani come Bernard Lewis e Samuel
Huntington (l’autore del ben noto saggio
“Lo scontro di civiltà e il nuovo ordine
11
mondiale”). Secondo questi autori, l’Islam si
distinguerebbe per una mancanza di
separazione tra stato e religione, per la
mancanza dell’idea di sovranità popolare, e
per uno scarso rispetto dei diritti umani, in
particolare della donna.
Negli ultimi anni, tuttavia, sempre più
studiosi rifiutano queste tesi e propongono
un diverso punto di vista, che è stato
definito ‘multivocale’. Secondo questo
punto di vista, ogni religione contiene nei
propri testi i semi della democrazia e della
tolleranza, e anche quelli del conflitto e
dell’autoritarismo. Quali di questi semi
vengono sviluppati dipende poi da come i
testi sacri vengono interpretati e in quali
pratiche politiche si traducono. Per
esempio, per il Cristianesimo, vengono
messi a confronto alcuni passi ‘intolleranti’
dell’Antico Testamento, con il messaggio di
amore evangelico. Questa visione sarebbe
applicabile anche al Corano, in cui
coesistono i versetti ‘medinesi’, più orientati
all’intolleranza, e quelli ‘meccani’, in cui
invece è mostrata più apertura al rispetto
delle altre religioni. Secondo questi autori,
quindi, non esisterebbe un problema
relativo all’Islam, ma solo un problema
relativo a come il suo messaggio è stato
interpretato e utilizzato a livello politico
negli ultimi secoli.
!
IV. Il Corano istiga
alla guerra santa
!
DI LUCA PATRIZI
I Versetti del Corano che parlano di
guerra si riferiscono in tutta evidenza ad
avvenimenti accaduti all’epoca della vita del
profeta Muhammad, vi sono riferimenti
anche geografici a luoghi specifici. Questo
ad esempio è il più significativo:
Corano 2:190-193
«Combattete per la causa di Dio contro
coloro che vi combattono ma senza eccessi
ché Dio non ama coloro che eccedono.
Uccideteli ovunque li incontriate, e
scacciateli da dove vi hanno scacciati: la
sedizione è peggiore dell'omicidio. Ma non
attaccateli vicino alla Santa Moschea, fino a
che essi non vi abbiano aggredito. Se vi
assalgono, uccideteli. Questa è la
ricompensa dei miscredenti.
Se però cessano, allora Dio è
perdonatore, misericordioso.
Combatteteli finchè non ci sia più
persecuzione e il culto sia reso solo a Dio.
Se desistono, non ci sia ostilità, a parte
contro coloro che prevaricano.»
Anche il versetto 4:39: «Combatteteli
finchè non ci sia più politeismo, e la
religione sia tutta per Dio. Se poi smettono?
Ebbene, Dio ben osserva quello che
fanno.»: non va decontestualizzato, se si
leggono i versetti precedenti è chiaro che ci
si riferisce ad un avvenimento preciso della
vita del Profeta e della prima comunità
musulmana, altrimenti anche i versetti
dell’Antico Testamento potrebbero essere
utilizzati a giustificazioni delle peggiori
azioni.
!
V. Il Corano fomenta
la violenza?
!
DI MARCO DEMICHELIS
Il Corano istiga alla violenza se chi lo
legge e lo interpreta è una persona
violenta. Ciò ha valore per l’Islam così
come per qualsiasi religione. Nel
Cristianesimo anche la frase evangelica:
«Andate in tutto il mondo e predicate il
vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e
sarà battezzato sarà salvo, ma chi non
crederà sarà condannato» (Mc, 16, 15-16),
è stata per secoli interpretata e applicata
attraverso “la parola e la spada”.
I versetti coranici che istigherebbero alla
violenza fanno riferimento nello specifico al
conflitto del Profeta Muhammad, in seguito
12
alla sua emigrazione a Medina (622), in
antitesi alla comunità meccana, la quale,
rigettando il suo messaggio religioso, era
rimasta legata ad una forma di politeismo
fideistico. È inoltre rilevante sottolineare
alcuni aspetti fondamentali del binomio
Corano – violenza. Se infatti la Lex Talionis,
o legge del taglione è ben presente, ancora
oggi, all’interno del sistema giuridico
islamico, i riferimenti coranici sono limitati
ad alcuni versetti e precisamente a Corano
V, 45, nel quale la compensazione
pecuniaria è preferita alla pena capitale e a
Corano, II, 178-179 che recita: «O Voi che
credete! In materia d’omicidio v’è prescritta
la legge del taglione: libero per libero,
schiavo per schiavo, donna per donna;
quanto a colui cui venga condonata la pena
dal suo fratello si proceda verso di lui con
dolcezza; ma paghi un tanto, con
gentilezza all’offeso. Con questo il vostro
Signore ha voluto misericordiosamente
alleggerire le precedenti sanzioni; ma chi,
dopo tutto questo, trasgredisca la legge,
avrà castigo cocente. La legge del taglione
è garanzia di vita, o voi dagli intelletti sani,
a che forse acquistiate timor di Dio» Ad
indicare come la Lex Talionis fosse
garanzia della vita nella comunità, in un
periodo storico nella quale la sicurezza
personale era alquanto limitata.
!
VI. L’Islam è
contrario ai diritti
umani e alla libertà
!
DI LUCA PATRIZI
L’Islam è una religione con una storia
antica, come l’Ebraismo e il Cristianesimo,
e quindi non può essere giudicata
attraverso nozioni moderne come i diritti
umani e la libertà incondizionata, perché
dal punto di vista teologico nessuna delle
grandi religioni del mondo antico si può
riconoscere in un discorso di tal genere.
Nella religione è Dio a trovarsi al centro
e non gli uomini, e la libertà dell’uomo è
limitata dal punto di vista teologico. La
religione è un sistema con una gerarchia,
quindi c’è il primato di Dio, poi della
comunità (l’interesse comunitario viene
prima dei diritti individuali). Il ruolo della
donna è subordinato a quello dell’uomo
nella gerarchia familiare non soltanto
nell’Islam, ma in tutte le religioni e società
antiche e premoderne, Cristianesimo
compreso, ad esempio in San Paolo, che
consiglia inoltre alla donna di coprirsi il
capo. Una cosa è il rispetto dei diritti di tutte
le creature, un’altra è la constatazione di
una gerarchia all’interno della società e
della famiglia in cui l’uomo in linea di
principio è al centro, con potestà su moglie
e figli. In una società tradizionale con al
centro la famiglia composta da uomo e
donna, finalizzata alla procreazione, non vi
è posto per altre configurazioni che non
conducano alla procreazione, e quindi
l’omosessualità è scoraggiata, ma è
perseguita soltanto quando è dichiarata
apertamente. Sono 78 i paesi nel mondo in
cui l’omosessualità conclamata è
perseguita dalla legge, gran parte di questi
paesi non sono islamici, e in Africa molti
sono cristiani.
!
VII. La religione
Islamica prevede
l’esistenza di un
Califfato.
!
DI MARCO DEMICHELIS
Ogni religione nel corso della sua
evoluzione storica ha acuito in alcuni casi,
o attenuato in altri, la propria relazione con
l’elemento politico, dalla fase monarchica
del popolo ebraico (Saul, Davide,
Salomone ecc. XI-X secolo dell’era antica),
al potere temporale papale, dalla figura del
13
Profeta Muhammad (570-632) a quella del
Basileus bizantino. L’assunzione di un
duplice ruolo, non esclusivamente religioso,
è oltremodo presente in tutte le religioni
semite, ma anche nello Shintoismo
giapponese, si pensi al ruolo imperiale sino
alla fine del secondo conflitto bellico
mondiale o alla figura del Dalai Lama nel
Buddismo tibetano.
Soltanto attraverso uno studio critico
della storia delle religioni si può
approfondire senza preconcetti il rapporto
“religio-polis” all’interno di un specifica
confessione.
Il profeta Muhammad deve essere
contemplato all’interno del proprio
background storico-culturale, sia come
principale interprete di un messaggio
religioso rivoluzionario per la Penisola
Araba del VII secolo, sia in quanto uomo
politico che ha assunto un ruolo
fondamentale per l’unità dei popoli arabi
residenti in questo spazio geografico. In
relazione a questo aspetto, si può quindi
scindere la fase profetica meccana (prima
del 622, cioè dell’Hijra, l’emigrazione a
Medina), nella quale Muhammad non si
trova a capo di una comunità di credenti,
perché il suo messaggio non viene accolto
che da una minoranza, da quella medinese,
dove invece assumerà un ruolo di primus
inter pares, non solo in quanto portatore di
un messaggio rivelato, ma anche in quanto
autorità politica di una nuova comunità di
credenti.
!
La storia islamica presenta questa
duplice unicità all’interno della figura
califfale, la quale tuttavia non ha alcuna
base coranica, in altre parole, non trova
una corrispondenza all’interno del testo
religioso islamico. Al contrario, il Califfo, sia
per quanto concerne la dinastia Omayyade
(661-750) a Damasco, che quella Abbaside
(750-1258) a Baghdad, presenta molte
similitudini con le antiche figure imperiali
del Cesare romano o del Re dei Re,
persiano–sassanide, perdendo
velocemente nei secoli successivi, qualità
specificatamente religiose. È quindi
fondamentale sottolineare come sia più la
propaganda, che concreti fondamenti
storici, a paventare la ricreazione di un
“Califfato” in quanto aspetto essenziale per
l’unità della comunità islamica. Ciò che a
partire dagli anni ’70 è stato definito con il
termine di “Islam politico” presuppone un
processo di ancoramento del messaggio
religioso a esigenze di governo, che si
oppone a quei regimi miliari, secolarizzati,
alla guida degli stati arabo – musulmani
dalla fase di decolonizzazione degli anni
’50.
È quindi stato il potere politico che negli
ultimi decenni del XX secolo ha attirato a sé
gli ‘Ulema, i dottori della legge e le
università religiose al Cairo (al-Azhar) e in
Arabia Saudita, così come in Iran (a Qom),
enfatizzando una forma islamica di cesaropapismo nel mondo sunnita, nei califfati,
sultanati ed emirati della Penisola Araba e
di teocrazia in quello sciita iraniano.
!
VIII. Non esiste un
Islam moderato
!
DI MARCO DEMICHELIS
Questa domanda dovrebbe far riflettere,
a secoli di distanza dall’inizio della fase
coloniale, come sia ancora ben presente
all’interno del nostro apparato mediatico
una evidente propensione eurocentrica,
chiaramente neo-coloniale, che non si pone
il quesito inverso. L’Europa, e soprattutto gli
Stati Uniti che negli ultimi anni hanno
profondamente alterato la geografia del
Vicino Oriente, si sono mai posti la
domanda se esiste un Cristianesimo
moderato o se le proprie campagne di
“politica estera” abbiano
favorito
l’emergere di un Islam moderato? E
ancora: il duplice mandato presidenziale di
14
George W Bush (2000-2008), fervente
membro della United Methodist Church, ha
incentivato la pace nel mondo islamico? È
chiaro invece che è stato proprio questo
presidente, affermando il falso, a volere
l’invasione dell’Iraq e a provocare
l’uccisione di almeno 130.000 civili, oltre
alla forzata emigrazione o uccisione di
migliaia di cristiani iracheni appartenenti
alla chiesa caldea. A differenza di ciò che si
potrebbe pensare, la comunità cristiana
dell’Iraq era protetta dal dittatore Saddam
Hussein, il cui vice, Tareq Aziz, era appunto
un membro di questa Chiesa orientale.
Durante la Guerra Fredda o dopo la caduta
del muro di Berlino nel 1989, la
democratica Europa o gli Stati Uniti hanno
mai favorito, o minacciato di sanzioni
economiche, presidenti come Mubarak in
Egitto, Ben ‘Ali in Tunisia, la famiglia
Saudita in Arabia, gli ‘Asad in Siria, o di
ritorsioni, nel caso in cui non avessero
deliberato libere e democratiche elezioni?
Come quindi ci si può arrogare il diritto di
pensare che esista un Islam moderato?
L’Islam moderato è un ossimoro, come ha
affermato in più occasioni il politologo
Sartori, o il termine “moderato” di per sé
non è attribuibile in maniera così
superficiale ad una religione con una storia
di oltre 1400 anni? Si potrebbe dire che i
cristiani vicini a Pax Christi o al Movimento
dei Focolarini siano moderati, mentre quelli
legati a Comunione & Liberazione o
all’Opus Dei, siano degli estremisti? Al
contrario si può affermare che esiste un
approccio islamico fondamentalista che
considera in maniera esclusiva alcuni
“fondamenti” della religione in quanto
superiori ad altri; cerca di imporli, anche
attraverso la violenza ed assume una
posizione di totale esclusivismo verso altre
sensibilità religiose sia all’interno che
all’esterno dello stesso Islam. Tuttavia
coloro che approvano opinioni
fondamentaliste sono un numero
estremamente limitato in relazione agli oltre
estremamente limitato in relazione agli
oltre 1 miliardo e 300 milioni di musulmani
presenti nel mondo. Possiamo quindi dire,
in chiave deliberatamente eurocentrica, che
esiste un Islam moderato; al contrario,
possiamo sostenere che esiste l’Islam, che
come il Cristianesimo, l’Ebraismo,
l’Induismo e anche il Buddismo, presenta
minoranze fondamentaliste pericolose e
nocive per le altre comunità religiose.
!
IX. L’Islam è una
religione
“monolitica”, che
non si è
trasformata nel
tempo
!
DI MARCO DEMICHELIS
La religione islamica si è storicamente
affermata nella Penisola Araba durante il
VII secolo; tuttavia in appena 150 anni, si è
diffusa in Nord Africa, raggiungendo il
Marocco e fino al confine del Subcontinente
Indiano, nell’attuale Pakistan. A partire
inoltre dal Mille, l’Islam avrebbe
parzialmente assimilato la penisola indiana
(dove comunque è ancora oggi minoranza
religiosa) e l’Africa Sahariana, giungendo
due secoli dopo ad interessare gli
arcipelaghi malesiano e indonesiano,
sempre ad est, e l’Africa Sub sahariana,
fino al nord della Nigeria, ad ovest.
In questo percorso storico-geografico
l’Islam ha incontrato popoli e religioni
differenti, usanze ed abitudini lontane da
quelle dell’Arabia, subendo in alcuni casi il
fascino di una precipua civiltà, si pensi
all’Iran e all’India, o influenzando, in altri
casi, società meno strutturate come le
popolazioni mongoliche che invasero il
Vicino e Medio Oriente a partire dal XIII
secolo.
15
Questa “religio-diversità” ha portato la
fede islamica a confrontarsi con differenti
sensibilità spirituali, dal Cristianesimo (e le
sue differenti Chiese), allo Zoroastrismo (in
Iran), dall’Induismo, al Buddismo, dallo
Sciamanesimo (mongolo e africano)
all’ateismo (in ambito contemporaneo, in
Europa, Russia, Cina e Nord-America),
provocando una naturale evoluzione che ha
reso l’Islam tutt’altro che monolitico. Se le
distinzioni tra Sunniti, Sciiti e Kharijiti
(Ibaditi, oggi presenti ormai solo più in
Oman, Tunisia e deserto Algerino) sono
ancorate a decisioni politiche inerenti
alcune divisioni settarie del primo secolo
della storia islamica e che solo in quelli
successivi hanno assunto importanza
religioso-teologica; l’orto-prassi
musulmana, ha invece risentito nei secoli di
specifiche peculiarità geografiche. Ad
esempio, lo Zoroastrismo iraniano ha
condizionato la formazione del pensiero
sciita, così come il cenobitismo cristiano e il
Buddismo hanno influenzato quella della
prima mistica islamica e direttamente,
alcune confraternite Sufi; in nord Africa
inoltre, così come nella regione delle ex
repubbliche centro-asiatiche, il culto dei
santi è profondamente legato a pratiche
sciamaniche turco-mongole o cristiane
nestoriane e ariane. La compagine etnicoculturale, infine, sottolinea come l’Islam sia
profondamente vincolato a questa diversità:
gli arabi sono infatti soltanto il 20% della
popolazione musulmana mondiale e gli stati
nazionali con il maggior numero di
musulmani sono oggi l’India, l’Indonesia, il
Bangladesh e il Pakistan, tutti paesi non
arabofoni. La religione islamica quindi
presenta differenti peculiarità in relazione al
proprio background storico–culturale e si
può senza dubbio affermare che ci siano
almeno sette aree geografiche di
riferimento: il mondo Arabo, quello Iraniano,
quello Turco e delle ex repubbliche centroasiatiche, il subcontinente Indiano, il sud-
est asiatico, l’Africa sahariana e sub- m u s u l m a n o , f o n d a t o s u i p r i n c p i
sahariana ed infine l’Islam in “Occidente”.
costituzionali che tutelano la libertà
religiosa, possono farsi promotori di una
riflessione nei paesi d'origine perchè anche
quei paesi e quei musulmani beneficino dei
frutti di apertura emersi nei contesti di
immigrazione. In questi termini si può,
DI LUCA PATRIZI
allora, pensare la reciprocità. E non come,
La questione della reciprocità ritorna talvolta, capita di udire quale strumento di
spesso nelle narrative e nei dibattiti pubblici propaganda in campo elettorale per
sull'Islam. Interessa in particolar modo il subordinare il diritto costituzionale di libertà
tema della libertà religiosa e nello specifico religiosa (di culto) della minoranza
la richiesta di costruzione di moschee in musulmana al volere della maggioranza,
Italia. L'Islam è una religione che si è che si richiama a presunti valori culturali e
d i f f u s a d a l l ' A r a b i a a l M a r o c c o , cristiani, se non perfino all'uso del
dall'Indonesia all'Europa, in paesi dove referendum, tradendo quei principi a
vigono governi e ordinamenti giuridici fondamento della democrazia e del Paese.
differenti, quindi, per comprendere la
questione della reciprocità è necessario
uno sforzo di contestualizzazione.
Ci sono paesi musulmani, per esempio
il Marocco e la Tunisia, con ordinamenti
costituzionali con una certa tutela della
libertà religiosa, dove è possibile praticare DI SARA HEJAZI
un culto diverso dall'Islam in edifici pubblici;
Nel presente il contesto culturale in cui il
di fatto in questi paesi sono presenti molte
velo è indossato ne determina la sua
chiese. Più critico si fa, invece, il discorso
stessa essenza; nelle realtà metropolitane
sull'esposizione di simboli religiosi (croce) o
occidentali il velo - indumento la cui
su aspetti architettonici come i campanili
funzione è quella di coprire - finisce in
che rimandano alla visibilità di una religione
realtà per evidenziare il corpo di chi lo
nello spazio pubblico e al suo prestigio.
indossa, connotandolo subito come corpo
Rimane, invece, l'interdizione sulle
altro od estraneo.
conversioni e sulla possibilità che una
Nonostante si parli del velo come fosse
donna musulmana sposi un uomo non
un unico indumento sempre uguale a se
musulmano. Tuttavia, in Italia e in Europa,
stesso, infatti, in realtà esso compare in
la realtà sociale musulmana pone in
molteplici forme, colori e dimensioni e ogni
evidenza lo sviluppo di un Islam sempre più
volta apporta un significato diverso agli
europeo e con le “seconde generazioni” il
occhi di chi lo osserva. Un chador nero
crescere del numero di coppie miste, tra le
indossato a Teheran può voler dire per
quali qualche volta è anche possibile
esempio che chi lo porta appartiene alla
trovare un uomo non-musulmano accanto
classe meno abbiente, oppure che è una
a una donna musulmana.
guardiana della rivoluzione, o che sta
La reciprocità si gioca così su livelli
andando ad un funerale o in una moschea
diversi: statale e individuale. I musulmani
ecc. Al contrario, un hejab colorato unito a
italiani e europei con la loro rielaborazione
un trucco vistoso e a vestiti succinti può
dell'Islam nel vissuto in un paese nonesprimere una forma di dissidenza verso il
!
X. Jihād significa
guerra santa
!
!
XI.Le donne
indossano un velo
sempre uguale
!
16
regime islamico, l’appartenenza ad una
classe media o medio alta della società, o
perfino la disponibilità della donna ad
incontri sessuali occasionali, ecc.
Ovunque e comunque venga indossato
nel presente, il velo non rappresenta mai
dunque una scelta “neutra” ma il frutto di
una negoziazione dell’identità femminile
con il contesto circostante, che sia
l’occidente con il suo sguardo spesso
inquisitore e demonizzante, o l’oriente,
ancorato ad un’idea di onore (namus)
intrecciato proprio al corpo femminile e alla
sua visibilità: l'onore era basato sulla
disciplina nella pratica sessuale di ciascun
membro della comunità che sottostava alle
regole del Corano e doveva comunque
avvenire solo ed esclusivamente all’interno
dei legami matrimoniali.
!
XII. Il velo è una
tradizione solo
islamica
!
DI SARA HEJAZI
Delle origini del velo poco si sa: era
un’usanza diffusa molto probabilmente in
tutta l’area del Mediterraneo in epoca preislamica: già le ancelle che in Persia
custodivano il fuoco sacro di Zoroastro
circa duemila anni prima di Cristo
indossavano un velo sul capo; la
raccomandazione alle donne di coprirsi i
capelli con un velo si trova nell’Antico
Testamento, mentre è probabile che le
donne romane patrizie lo dovessero
indossare nei rari casi in cui uscivano,
come tratto distintivo.
Più in generale l’antica pratica di velarsi
aveva a che fare con una visione molto
particolare della donna e del suo corpo, che
venne poi pienamente espressa nelle fedi
monoteiste. In esse la concezione del corpo
era infatti caratterizzata da un duplice
aspetto, costituito dall’idea di impurità da un
lato, legata alle mestruazioni,
all’allattamento e a tutta la prepotente
17
fisicità dell’esperienza femminile della
gravidanza e del parto; e dall’altro collegato
all’idea di sacralità e di potenza creatrice
messo in relazione alla donna,
comunemente associata al mondo della
natura, della terra e dei suoi cicli.
Il velo serviva così a rendere la fisicità
della donna riconoscibile in quanto entità
diversa e pericolosa per eccellenza, ma, al
contempo, dimostrava la possibilità di
controllo maschile attraverso la limitazione
della sua stessa visibilità.
Al corpo femminile la comunità intera,
comprese le donne stesse, attribuivano
infatti poteri naturali di vario genere: essa
era capace al contempo di nuocere e
creare, limitare il caos o indurlo, sovvertire
l’ordine costituito per mezzo della
promiscuità sessuale o mantenerlo
attraverso la morale e l’ordine. Così, il velo
non fu che uno degli infiniti segni sul corpo
femminile che si sono succeduti nel corso
del tempo e che avevano l’intento di
suggellare - attraverso la pubblica visibilità contemporaneamente la diversità della
donna dotata di un corpo pericoloso,
potente e terreno rispetto all’uomo, e il
controllo del corpo femminile esercitato
dall’intera comunità per mantenerne l’ordine
fondante.
Per quanto riguarda la pratica femminile
di velarsi nell’Islam è storicamente noto che
le mogli del profeta avessero l’abitudine di
indossare sempre un velo sul capo per
distinguersi dalle donne comuni; esse
divennero un esempio agli albori dell’Islam
per le mogli dei musulmani dell’epoca che
iniziarono ad indossarlo sistematicamente,
mentre velarsi fu proibito alle schiave, il cui
status, essendo svelate, era
immediatamente identificabile. Così, le
donne senza velo nel mondo recentemente
islamizzato del VIII e IX secolo erano
potenzialmente soggette a violenze di ogni
tipo in quanto non godevano dei diritti
giuridici riservati invece alle donne libere.
L’avvento dell’Islam rappresentò dunque
l’istituzionalizzazione di una pratica, quella
di velarsi, già conosciuta in precedenza
nella penisola araba; in seguito, con
l’espansione dell’Islam, il velo assunse il
ruolo di indumento disciplinante rispetto alla
disordine o al caos preesistente la
rivelazione coranica (jahillyia), diventando
un tratto distintivo delle donne libere e
musulmane, cioè assoggettate alla fede
islamica.
!
XII. Il corano
obbliga ad usare il
velo
!
DI SARA HEJAZI
Nel Corano non si fa esplicito
riferimento al velo sulle donne, ma piuttosto
si raccomanda loro di velare le “parti belle”
o intime, per non attirare l’attenzione su di
sé. All’interno del sacro libro dell’Islam
infatti la parola hejab, che in italiano si può
tradurre come “tenda” compare in una sura
(sura 33, versetto 53), che fa riferimento
alla buona educazione e al decoro nel
comportamento, e, nello specifico,
all’educazione che si deve avere in casa
dello stesso Profeta Maometto, ad esempio
delle case di tutti i membri della comunità.
Per spiegare meglio questa sura dove
hejab e buon costume sono messi in
relazione, vi è un hadith tramandato dal
testimone Anas, discepolo e seguace di
Maometto, che narra che nel giorno delle
nozze tra il Profeta e Zeynab, donna dalla
bellezza straordinaria, fosse stata invitata al
pranzo nuziale nell’Harem tutta la comunità
musulmana di Medina. Una volta terminato
il pranzo di nozze, tre invitati grossolani
insistettero a rimanere e a gozzovigliare
nella casa degli sposi; il profeta, il cui
desiderio immediato era di stare solo con
Zeynab, ma le cui caratteristiche principali
erano la calma e la riservatezza, si
allontanò dalla sala da pranzo, aspettando
con pazienza che i tre ospiti maleducati si
congedassero. Quando tornò, i rozzi invitati
erano ancora seduti al tavolo, offendendo,
18
con la loro prolungata presenza, la giovane
sposa.
Maometto, mantenendo ancora la
calma, si allontanò di nuovo, finché gli
uomini non se ne andarono. Allora il
Profeta, tenendo un piede dentro la camera
nuziale di Zeynab e un piede nella sala da
pranzo, fece cadere dal soffitto un hejab tra
lui e il suo discepolo Anas, e, proprio in
quel momento, gli fu dettato il versetto sullo
hejab, che si trova nel Corano.
In base a questo hadith, appare
evidente come l’idea stessa di hejab
nell’Islam sia nato dunque non tanto per
separare i due sessi e creare così una
gerarchia di genere, o per proibire il corpo
della donna allo sguardo esterno come se
esso rappresentasse un luogo e uno spazio
geografico inaccessibile, bensì come un
oggetto la cui improvvisa comparsa
sarebbe servita a separare due uomini
(Anas e Maometto) o meglio due ambiti
differenti della vita sociale: l’ambito
pubblico da quello privato.
Da un lato della tenda vi è il profeta,
che si trova a guidare spiritualmente una
comunità con poche norme di autodisciplina, per trasformarla in un popolo
sottomesso (muslimun) ad un unico Dio e a
precise regole di vita spirituali, ma
soprattutto materiali e sociali, compresa la
buona creanza; dall’altro lato della tenda vi
è Anas, suo discepolo, che rappresenta
l’occhio del pubblico onnipresente, che
infine, dopo l’incidente dei tre invitati, viene
escluso per mano divina dalla sfera privata
del profeta, o meglio della sua famiglia. La
funzione dello hejab è dunque in origine
quella di separare in modo tangibile il sacro
-lo spazio dell’intimità- dal profano, ciò che
è accessibile allo sguardo di tutti, che è
condiviso con il resto della comunità. La
tenda e la sua funzione sono in tal modo
specchio della necessità, nell’Islam, che è
una religione che si fonda sulla vita
comunitaria, di porre dei confini materiali e
immateriali tra gli spazi a cui i componenti
della comunità hanno diritto e dovere di
accesso e gli spazi proibiti, di delimitare
le sfere allora ancora sconosciute del
pubblico e del privato, di regolare,
attraverso le dimensioni spazio e tempo, i
rapporti tra i membri della comunità, della
‘umma, in quanto i concetti di lecito e
illecito non riguardano esclusivamente il
comportamento che un fedele ha nei
confronti del proprio Dio, ma anche, e
soprattutto, quello che i fedeli hanno tra di
loro: ciò che è nascosto da un velo o una
tenda diventa dunque un oggetto o uno
spazio proibito nel momento stesso in cui
viene velato.
!
XIII. Perché “loro”
da noi possono
fare quello che
vogliono,
mentre noi da
loro no?
!
DI MARIA BOMBARDIERI
La questione della reciprocità ritorna
spesso nelle narrative e nei dibattiti pubblici
sull'Islam. Interessa in particolar modo il
tema della libertà religiosa e nello specifico
la richiesta di costruzione di moschee in
Italia. L'Islam è una religione che si è
diffusa dall'Arabia al Marocco,
dall'Indonesia all'Europa, in paesi dove
vigono governi e ordinamenti giuridici
differenti, quindi, per comprendere la
questione della reciprocità è necessario
uno sforzo di contestualizzazione.
Ci sono paesi musulmani, per esempio
il Marocco e la Tunisia, con ordinamenti
costituzionali con una certa tutela della
libertà religiosa, dove è possibile praticare
un culto diverso dall'Islam in edifici pubblici,
di fatto in questi paesi sono presenti molte
chiese, più critico si fa, invece, il discorso
sull'esposizone di simboli religiosi (croce) o
su aspetti architettonici come i campanili
19
che rimandano alla visibilità di una religione
nello spazio pubblico e al suo prestigio.
Rimane, invece, l'interdizione sulle
conversioni e sulla possibilità che una
donna musulmana sposi un uomo non
musulmano. Tuttavia, in Italia e in Europa,
la realtà sociale musulmana pone in
evidenza lo sviluppo di un Islam sempre più
europeo e con le “seconde generazioni” il
crescere del numero di coppie miste, tra le
quali qualche volta è anche possibile
trovare un uomo non-musulmano accanto
a una donna musulmana.
La reciprocità si gioca così su livelli
diversi: statale e individuale. I musulmani
italiani e europei con la loro rielaborazione
dell'Islam nel vissuto in un paese nonmusulmano, fondato sui princpi
costituzionali che tutelano la libertà
religiosa, possono farsi promotori di una
riflessione nei paesi d'origine perchè anche
quei paesi e quei musulmani beneficino dei
frutti di apertura emersi nei contesti di
immigrazione. In questi termini si può,
allora, pensare la reciprocità. E non come,
talvolta, capita di udire quale strumento di
propaganda in campo elettorale per
subordinare il diritto costituzionale di libertà
religiosa (di culto) della minoranza
musulmana al volere della maggioranza,
che si richiama a presunti valori culturali e
cristiani, se non perfino all'uso del
referendum, tradendo quei principi a
fondamento della democrazia e del Paese.
!
!
Hanno scritto questi
articoli:
!
Dr. Marco Demichelis (Torino, 1979) è
assegnista di ricerca, dal 2013, in Studi islamici e
Storia del Medio Oriente presso il Dipartimento di
Scienze Religiose dell'Università Cattolica di
Milano. Il Dr. Demichelis ha recentemente
pubblicato Una storia di mondo arabo (Ananke:
Torino, 2013), un testo pedagogico per studenti
universitari.
!
Dr. Luca Patrizi, insegna Storia dei paesi
islamici nel Dipartimento di Studi Umanistici
dell’Università degli Studi di Torino.
!
Dr. Luca Ozzano e' docente di Scienza
Poiitica all'Universita' di Torino, e coordinatore
dello standing group SISP 'Politica e religione'. Il
suo ultimo libro (scritto con Alberta Giorgi) e' in
corso di pubblicazione presso Routledge con il
titolo "European Culture Wars and the Italian
Case: Which Side Are You on?”.
!
Dr.ssa Sara Hejazi,
antropologa e
giornalista, ha conseguito il dottorato di ricerca in
Antropologia della complessità presso il Centro e
studi sulla complessità (C.E.R.C.O)
dell'università di Bergamo. Si occupa di
spiritualità e religioni nelle società complesse.Tra
le sue ultime pubblicazioni, con Maria Chiara
Giorda, Luoghi e spazi sacri (Morcelliana,
Humanitas, 2014) e Monaci senza Dio (Mimesis,
2014).
!
Dr.ssa Maria Bombardieri, dottoranda in
Scienze sociali: interazioni, comunicazione,
costruzioni culturali e tutor nel Master in Studi
sull’Islam d’Europa presso l’Università degli Studi
di Padova. Tra le sue pubblicazioni: “Islam e
Integrazione in Italia” (a cura con Angelucci A.,
Tacchini D., Marsilio 2014) e “Moschee d’Italia. Il
diritto al luogo di culto. Il dibattito sociale e
politico” (Emi, 2011).
20
FONDAMENTALISMI
!
21
Fondamentalismo, fondamentalismi
appunti per una definizione
di MARIA CHIARA GIORDA
Il concetto di ‘fondamentalismo religioso’
ha conosciuto negli ultimi decenni un’ampia
d i ff u s i o n e , s i a n e l l e p u b b l i c a z i o n i
giornalistiche, sia nel linguaggio comune.
Questa popolarità del termine, tuttavia, è
coincisa con una sempre minore precisione
nel suo uso, che lo ha fatto identificare con
l’estremismo religioso in genere e in
particolare con le sue manifestazioni
violente e i fenomeni di terrorismo.
!
Quando nasce il termine in ambito
religioso?
!
Il concetto di fondamentalismo non
nasce nell’ambito del mondo islamico ma
all’interno del Protestantesimo americano.
Negli Stati Uniti, infatti, a partire dagli ultimi
decenni dell’Ottocento, si sviluppò un
movimento religioso che intendeva reagire
alle interpretazioni moderniste della Bibbia
che dall’Europa si erano diffuse sul Nuovo
Continente. Queste teorie, note agli studiosi
come higher criticism, si ponevano in una
prospettiva critica rispetto al testo sacro, a
cui applicavano le più raffinate tecniche
filologiche per vagliarne l’attendibilità.
I teologi conservatori statunitensi
presero posizione contro le nuove mode
interpretative del testo biblico in quello che
è ora considerato il manifesto fondatore del
fondamentalismo, elaborato durante la
conferenza di Niagara Falls del 1895 e
articolato nei seguenti punti: 1) assoluta
inerranza del testo sacro; 2) riaffermazione
della divinità di Cristo; 3) Cristo è nato da
una Vergine; 4) redenzione universale
garantita dalla morte e risurrezione di
Cristo; 5) risurrezione della carne e
certezza della seconda venuta di Cristo.
I religiosi conservatori ribadirono con
forza quelli che ritenevano i dogmi
fondamentali del cristianesimo: fra il 1909 e
il 1915, questi ultimi vennero così divulgati
22
in una serie di volumetti chiamata
Fundamentals. Dopo la Prima Guerra
Mondiale, nacque con lo stesso scopo la
World Christian Fundamentals Association;
i membri del movimento iniziarono, così, ad
autodefinirsi, comunemente,
“fondamentalisti” (appunto nel senso di
“ritorno ai fondamenti del Cristianesimo”).
Nel 1925 nello stato del Tennessee, a
Dayton, un pastore fondamentalista accusò
un professore di biologia, John Scopes, di
insegnare le teorie di Darwin, nonostante la
proibizione che vigeva di insegnare le
teorie sull'evoluzionismo nelle scuole
pubbliche. (Il Tennessee è una delle aree
meridionali degli Stati Uniti, la cosiddetta
Bible belt o cintura della Bibbia).
L'insegnante, con l'appoggio dei liberali,
denunciò il fatto e intentò un procedimento
giudiziario che lo vide sconfitto: il cosiddetto
‘processo alle scimmie’ (Monkey trial).
!
Qual è la storia degli studi sul
fondamentalismo?
!
Da questo uso del termine (che è
ancora oggi in uso presso alcune
denominazioni dell’ala estrema dello
schieramento evangelical americano) va
distinto quello scientifico e comparativo,
utilizzato solo a partire dagli anni ’80 del
Novecento per rappresentare un fenomeno
di revival religioso sviluppatosi, negli stessi
anni, nell’ambito di tutte le principali
confessioni. Questo ritorno in auge della
religione – che venne definito,
probabilmente per la prima volta, dallo
studioso francese Gilles Kepel (G. Kepel,
La revanche de Dieu, Seuil, Paris 1991
[trad.it., La rivincita di Dio, Rizzoli, Milano
1991), con la fortunata formula revanche de
Dieu (rivincita di Dio) – rappresentava un
evento del tutto inatteso. Infatti, per buona
parte del Novecento, era stato del tutto
predominante, all’interno delle scienze
sociali, il cosiddetto “paradigma della
secolarizzazione”, che vedeva nella
religione niente più che un fenomeno
regressivo, destinato ad essere superato
(o, al massimo, ridotto a fenomeno
esclusivamente privato) dalla modernità. La
religione, del resto, pareva un aspetto
sempre meno importante della vita della
maggior parte delle persone, in tutte le
principali culture.
A partire dalla seconda metà degli anni
’70 ebbe invece luogo non solo una
generale rinascita del sentimento religioso,
ma soprattutto un suo ritorno evidente sulla
scena pubblica e politica: negli Stati Uniti,
con l’elezione a Presidente dell’evangelical
Jimmy Carter e, successivamente, la
nascita del movimento della Christian
Right; In Iran, con la rivoluzione islamica di
Khomeyni; in Israele, con l’ascesa al potere
della destra religiosa nel Governo di
Menachem Begin; in India, con la nascita e
lo sviluppo del partito della destra indù
Bharatiya Janata Party (solo per citare i
casi più emblematici). Dalla necessità
interpretativa di dare un nome a queste
tendenze (e, in particolare, alle innovative
tendenze estremiste dell’Islam) emerse
così l’applicazione in prospettiva comparata
del termine fondamentalismo. Tale
processo non avvenne, del resto, senza
riserve: secondo Bruce Lawrence (autore,
nel 1989, di Defenders of God, che può
probabilmente essere considerato il primo
libro ‘serio’ in cui si applichi il concetto, in
modo comparato, a Cristianesimo, Islam ed
Ebraismo), persisteva infatti in molti
studiosi una tendenza a considerare il
fondamentalismo “una riserva speciale del
Cristianesimo protestante”, con una
riluttanza a menzionare le varietà non
cristiane di fondamentalismo. Lawrence
sottolineò inoltre l’importanza di non
fermarsi al solo aspetto scritturale,
mettendo in luce l’importanza di fattori quali
la reazione alla modernità e la leadership
23
carismatica, che cooperano nel trarre dalle
scritture una ideologia religiosa. Egli
evidenziò inoltre uno dei principali
paradossi dell’universo fondamentalista,
che è per lo più contro il modernismo, ma
non contro la modernità, di cui vengono
spesso accettati e utilizzati “i benefici
strumentali” (tecnologie, media e modalità
organizzative in primo luogo), “ma non il
suo ri-orientamento di valori” (ovvero le
ideologie pluraliste, laiciste e materialiste).
!
La pietra miliare degli studi sul
fondamentalismo è tuttavia rappresentata
dal Fundamentalism Project, avviato alla
fine degli anni ’80 dall’American Academy
of Arts and Sciences. Dai seminari interni al
progetto, che coinvolsero decine di illustri
studiosi appartenenti a diversi rami delle
scienze umane e sociali (come Shmuel
Eisenstadt, Gabriel Almond, Mark
Juergensmeyer, Ernest Gellner), sarebbero
scaturite nella prima metà degli anni ’80
cinque voluminose raccolte di saggi che
analizzavano i diversi aspetti del
fondamentalismo religioso all’interno delle
principali religioni mondiali. L’ultimo volume
(intitolato Fundamentalisms
Comprehended, Marty e Appleby (a cura
di), The University of Chicago Press,
Chicago 1995), in particolare, si poneva il
proposito di tirare le somme dell’intero
lavoro, per giungere ad una definizione di
fondamentalismo applicabile a tutti gli
ambiti studiati.
In queste pagine, Gabriel Almond,
Emmanuel Sivan e R. Scott Appleby
definiscono il fondamentalismo attraverso
un elenco di nove caratteristiche ricorrenti,
cinque relative all’ideologia e quattro
all’organizzazione:
!
1- Reattività alla marginalizzazione della
religione. Secondo gli autori, un movimento
può essere diretto alla protezione di una
determinata etnia o gruppo, o essere legato
ad una ideologia nazionalista, ma per
deve in ogni caso “essere preoccupato
in primo luogo per l’erosione della religione
e del suo ruolo nella società”. In particolare,
i movimenti reagirebbero alla
secolarizzazione e alla modernizzazione in
modo bivalente: sia opponendosi a
quest’ultima, sia sfruttandola in modo
selettivo per il perseguimento dei propri.
!
2- Selettività. La stessa selettività si
esplica non solo verso i frutti della
modernità – accettando, ad esempio,
talune innovazioni tecnologiche – ma anche
verso la tradizione, che i movimenti
fondamentalisti (a differenza di quelli
meramente conservatori o tradizionalisti)
“selezionano e rimodellano” in alcuni suoi
aspetti particolari, cogliendo “particolari
momenti storici, associati a testi sacri e
tradizioni, e interpretati secondo uno strano
calcolo di tempo e spazio”. L’atteggiamento
selettivo verso la tradizione e quello verso
la modernità, strettamente interrelati,
permettono a loro volta ai fondamentalisti di
identificare particolari aspetti della
modernità che scelgono come bersagli su
cui focalizzare la propria opposizione –
come ad esempio l’aborto negli Stati Uniti o
la cessione dei territori in Israele.
!
3- Manicheismo morale. Secondo i
fondamentalisti il mondo è
incompromissibilmente diviso tra luce e
tenebre, bene e male, tra un mondo interno
puro e un mondo esterno contaminato.
!
4- Assolutismo e infallibilità (inerrancy)
relativi ai testi sacri o ad istituzioni che ne
svolgono la funzione (infallibilità papale,
scuole giurisprudenziali canoniche, etc.),
che costituiscono i fundamentals della
tradizione. Una strenua opposizione è
riservata, specificamente, ai metodi
interpretativi ermeneutici sviluppati dagli
studiosi laici: questo non significa che non
si ammettano differenti interpretazioni, ma
24
soltanto che queste interpretazioni devono
seguire canoni tipici della tradizione in
questione, anziché quelli propri della
razionalità critica.
!
5- Millenarismo e messianismo ,
secondo i quali la storia dovrebbe avere “un
culmine miracoloso”, nel quale il bene
trionferà sul male e le sofferenze per i
credenti avranno fine. Queste
“drammatiche escatologie” sono spesso
fondamentali nel modellare l’identità dei
gruppi e nell’ispirare le loro azioni.
!
6- Appartenenza per elezione o scelta
(divina) al gruppo, definito come ‘i fedeli’,
‘l’ultimo avamposto’, ‘coloro che prestaano
fede al patto’, ‘che portano testimonianza’,
etc. Alcuni gruppi effettuano un’ulteriore
divisione al proprio interno, tra gli eletti veri
e propri e la ‘periferia di simpatizzanti’.
!
7- Confini netti tra gli appartenenti al
movimento e il mondo esterno: di tipo
fisico, come nel caso degli ebrei
ultraortodossi (che vivono in quartieri
separati dal resto della popolazione
israeliana); ma più spesso di tipo simbolico
e immateriale, consistenti in regole di
comportamento, abbigliamento,
alimentazione, o un distinto vocabolario.
Dato il loro scopo, questi confini spesso
sono intenzionalmente scandalosi di fronte
alla mentalità post-illuminista e al sentire
laico: questo per effettuare una sorta di test
‘cartina di tornasole’, al fine di “separare i
veri credenti da chi rimane fuori”.
!
8- Organizzazione autoritaria, strutturata
in genere in modo carismatico, attraverso la
relazione leader-seguace, a cui si
contrappone tuttavia solitamente una
sostanziale eguaglianza tra i membri.
!
9- Requisiti comportamentali,
rappresentati non solo dalle regole di
anche da apparati simbolici distintivi
(musiche, canti, inni rituali), da proibizioni
specifiche (riguardanti ad esempio il
comportamento sessuale, l’uso di alcolici, e
l’educazione dei figli), da censura e
supervisione su letture e altri svaghi, e da
una stretta regolazione sulla scelta del
partner da parte dei membri.
nuovo ordine mondiale, Garzanti, Milano
1997]).
!
Nel nostro Paese, lo studio comparato
del fondamentalismo si è affermato
soprattutto grazie all’opera dei sociologi
Renzo Guolo ed Enzo Pace, i quali nel loro
volume intitolato I fondamentalismi (1998)
hanno proposto una definizione più
S e b b e n e l ’ o p e r a a p p e n a c i t a t a sintetica del fenomeno, che si articola in
costituisca un contributo imprescindibile quattro punti principali:
allo studio del fondamentalismo, a partire
dagli anni ’90 sono state proposte
1- Principio dell’inerranza relativo al
numerose definizioni alternative, che contenuto del Libro sacro, che va assunto
talvolta riprendono in parte quella del nella sua interezza e non può essere
Fundamentalism Project, talaltra se ne interpretato liberamente dalla ragione
discostano decisamente.
umana.
Il sociologo Roland Robertson, per
esempio, ha ipotizzato che il
2- Principio dell’astoricità del Libro e
fondamentalismo possa rappresentare un della verità che esso contiene, la quale non
effetto, o un aspetto stesso, del processo di può essere contestualizzata storicamente o
globalizzazione in atto negli ultimi decenni: adattata al mutare delle circostanze.
le comunità religione non più in grado di
difendere la propria tradizione, secondo
3- Principio della superiorità sulla legge
questa prospettiva, finirebbero infatti per umana della Legge Divina, la quale
proporne su scala globale una versione configura un “modello integrale di società
reinventata (R. Robertson, Globalization: perfetta”.
Social Theory and Global Culture, Sage,
London 1992).
4- Primato del mito di fondazione che,
Un’interpretazione del tutto differente è rappresentando in maniera mitica la nascita
quella fornita da Samuel Huntington e da della comunità dei credenti, funge
a l t r i t e o r i c i , s e c o n d o i q u a l i i l contemporaneamente da legittimazione
fondamentalismo sarebbe uno degli aspetti dell’assolutezza del sistema di credenza e
dello “scontro di civiltà”: il fondamentalismo da strumento di coesione per la comunità
nascerebbe, in particolare, nelle società stessa.
non occidentali, in risposta al senso di
A questi quattro punti gli autori
vuoto generato dalla rapida introduzione di aggiungono poi due corollari: il primo
modelli sociali e politici di stampo relativo all’uso dei simboli religiosi in tutti i
occidentale, e si tradurrebbe in una contesti (compreso quello sociale e quello
accettazione della modernizzazione politico), che viene fatto consapevolmente
a c c o m p a g n a t a d a u n r i f i u t o dai militanti con una finalità che è al
dell’occidentalizzazione (S. Huntington, The contempo di lotta e di testimonianza; il
Clash of Civilizations and the Remaking of secondo riguardante la “sindrome del
World Order, Simon and Schuster, New nemico” che, attribuendo un’immagine
York 1996 [trad. it: Lo scontro di civiltà e il concreta agli avversari del progetto
f o n d a m e n t a l i s t a , r a ff o r z a l e r a d i c i
!
!
!
!
!
25
interno (rappresentato in questo caso
da tutti gli appartenenti alla stessa
comunità etno-religiosa dei fondamentalisti,
che tuttavia ne rifiutano il messaggio,
proponendo un’ideologia laica e pluralista).
Il testo di Pace e Guolo, oltre a fornire
interessanti spunti per una definizione del
fenomeno, chiarisce anche al lettore le
differenze esistenti fra il concetto di
fondamentalismo ed altri concetti utilizzati,
talvolta, come quasi-sinonimi: integrismo,
tradizionalismo e conservatorismo. La
differenza fra fondamentalismo e
integrismo, che secondo i due autori è
molto sottile, va ricercata nel fatto che,
nell’integrismo cattolico non vi è un appello
diretto ad un libro sacro, il rapporto con il
quale è mediato dall’autorità infallibile del
Papa e da quella dell’istituzione
ecclesiastica. Il tradizionalismo sarebbe
invece niente più che l’idea che la linea di
credenza consolidatasi nel tempo non
possa essere mutata, pena la sua
svalutazione e il suo deperimento; il
conservatorismo, invece, identifica piuttosto
una visione ideologica che si rapporta ad
un sistema di credenza religiosa e si
esprime soprattutto nel timore della perdita
di influenza sociale della religione e
dell’equilibrio che essa garantisce.
Mentre gli appartenenti a queste due
correnti hanno quindi un atteggiamento
principalmente difensivo, si può invece
affermare (nelle parole di un altro illustre
studioso) che “i fondamentalisti [...]
contrattaccano. Questo è il loro segno
distintivo. Essi vogliono reclamare un posto
che sentono essere stato loro tolto.
Vogliono recuperare quelli che presumono
o affermano essere gli antichi e sicuri modi
di vita di un mondo che stanno perdendo. I
fondamentalisti faranno quello che è
necessario per assicurare il proprio futuro
in un mondo da loro stessi definito” (dove
“quello che è necessario” può comprendere
azioni volte alla conversione, oppure alla
26
modifica delle leggi e anche, in casi
estremi, la guerra e il terrorismo contro gli
infedeli).
!
Chi sono, dunque, oggi i
fondamentalisti?
!
!
In ambito cristiano protestante vanno
innanzitutto annoverati come tali non solo i
gruppi che si autodefiniscono
“fondamentalisti”, ma anche altri movimenti
religiosi che ne condividono in tutto o in
parte il messaggio, sia all’interno dello
schieramento evangelical, sia in gruppi
dell’estrema destra cristiana come Christian
I d e n t i t y. I n q u e s t o c o n t e s t o , i
fondamentalisti protestanti, in alleanza con
altre denominazioni cristiane meno
estremiste, hanno fondato la cosiddetta
Christian Right, che ha acquisito, a partire
dagli anni ’90, una considerevole influenza
sul Partito Repubblicano. Sempre in ambito
protestante vengono in genere classificati
come fondamentalisti anche alcuni gruppi
di attivisti protestanti dell’Ulster. All’interno
del mondo cattolico, gli studiosi non hanno
invece fino ad oggi ravvisato fenomeni di
vero e proprio fondamentalismo (secondo
alcuni a causa della presenza
dell’istituzione ecclesiastica, che impedisce
una eccessiva eterodossia nelle credenze
che, invece, sarebbe facilitata all’interno di
confessioni tendenzialmente ‘anarchiche’,
come il Protestantesimo e l’Islam Sunnita).
In ambito ortodosso esistono invece
probabilmente diverse realtà
fondamentaliste (in genere coniugate con
un acceso nazionalismo) che tuttavia sono
state finora studiate in modo limitato.
Nell’Islam – nonostante la quantità e la
natura estremamente variegata di gruppi e
movimenti che, insieme alle differenze di
contesto geografico e culturale, rende
difficile una classificazione – è possibile
ravvisare due grandi tendenze. La prima di
queste, esemplificata dal movimento dei
come Hamas) mira ad una
islamizzazione dal basso della società,
nella quale opera con una serie di attività,
educative e di welfare, preliminarmente alla
conquista del potere. L’altra (personificata
da una serie di movimenti rivoluzionari
diffusi in tutto il mondo islamico e da
fenomeni atipici come quello dei Taliban)
opera invece in una logica di intervento
dall’alto, mirante innanzitutto a conquistare
il potere attraverso l’azione violenta di una
avanguardia, per poi islamizzare
successivamente la società.
In ambito ebraico, considerando in
primo luogo Israele (ma non trascurando
una galassia di piccoli gruppi diffusi dagli
USA ad alcuni Paesi europei), esistono
almeno due grandi ‘famiglie’ religiose cui ci
si riferisce, in genere, come
fondamentaliste. La prima è rappresentata
dal Sionismo religioso, che fin dal principio
ha appoggiato la creazione dello Stato di
Israele e si è concretizzata, a partire dalla
fine degli anni ’70 in gruppi estremisti dal
forte accento nazionalistico come Gush
Emunim e Kach, partecipando spesso a
Governi di coalizione attraverso partiti
religiosi di estrema destra e infiltrandosi
con successo nello stesso Likud. L’altra è
costituita dai cosiddetti haredim
(riconoscibili dall’abbigliamento, che
conserva le forme diffuse nei villaggi
dell’Est Europa prima della Shoah), che
hanno sempre avuto, per ragioni religiose,
forti riserve sulla creazione dello Stato
Ebraico: in questo caso, gli studiosi sono
tuttavia discordi sull’assegnazione alla
categoria dei fondamentalisti o a quella dei
tradizionalisti.
Nell’ambito delle religioni indiane, il
fenomeno che più frequentemente ha
guadagnato la definizione di
fondamentalista è l’estremismo sikh
(religione nata in Punjab dall’incontro fra
Islam e Induismo). All’interno di questa
confessione è infatti sorta (in particolare
27
dopo atti di repressione del Governo
indiano come quello del 1984 ad Amritsar)
una corrente che ha recuperato l’antico
ideale di monaco-guerriero nella sua lotta
contro il potere centrale, dichiarando contro
di esso una vera e propria guerra santa.
Anche il mondo hindu non è tuttavia scevro
da fondamentalismi (che tuttavia alcuni
studiosi preferiscono identificare sotto la
categoria di nazionalismo religioso):
rappresentati, in primo luogo, dalle
associazioni del cosiddetto Sangh Parivar,
come l’RSS e soprattutto il VHP. Queste
ultime, che si sono dotate anche di bracci
paramilitari per affrontare le controparti
islamiche, hanno inoltre promosso la
creazione del Bharatiya Janata Party (BJP),
il quale ha governato l’India dal 1998 al
2004.
!
Una riflessione conclusiva
!
La promozione di atteggiamenti
fondamentalisti si lega alla critica alla
contemporaneità (modernità e
globalizzazione, in primis) e al ritorno ai
valori tradizionali. La culla del
fondamentalismo potrebbe essere
individuata nella cultura dell’enclave, la
“nicchia identitaria”: un gruppo, di fronte a
un rischio, cerca uno spazio simbolico
alternativo in cui vige soltanto l’ordine eticomorale e civico dato da una tradizione
religiosa, i cui confini simbolici e fisici sono
forti e l’esterno percepito come
inconciliabile.
I caratteri che si ritrovano in questa
chiusura, sono il ritiro dal mondo (la
separazione simbolica può essere
accompagnata da separatezza fisica),
un’identità comunitaria forte, in cui vi è la
possibilità di una scalata al potere da parte
di ogni suo membro, il ricorso alla violenza
simbolica e non solo per imporre una verità
ritenuta sacra, la riduzione alla sfera
politica per cui la lotta religiosa, il conflitto
religioso diventa un affare politico.
Possiamo tentare di applicare
operativamente il modello enclave ai
“fondamentalismi” contemporanei, per
interrogarci sui nessi –che paiono
ineludibili- tra le ricerche di fondamento e
l’innescarsi di meccanismi violenti che non
vanno solo in direzione di un fundus, ma
che escludono e tagliano.
!
Riflessioni a partire dai testi:
!
- M. Giorda, Dio lo vuole!, I
fondamentalismi religiosi, SEI, 2012.
- R. Guolo, E. Pace, I Fondamentalismi,
Laterza, 2002
- L. Ozzano,Fondamentalismo e
democrazia, Il Mulino, Bologna 2009
28
Fondamentalismo Islamico
Breve excursus storico
a cura del Centro Studi di Acmos
Per cercare le origini del fondamentalismo
islamico, è necessario tornare al periodo tra
il XVIII e il XIX sec secolo, quando si
diffonde il risveglio, una corrente del
fondamentalismo islamico che si sviluppa
nelle aree periferiche degli imperi
musulmani. È una risposta alla crisi socioreligiosa del 1700, ed è portato avanti da
tribù che si oppongono alla burocrazia e
istituzione islamica ormai in decadenza, e
che propongono un Islam magico-popolare
o un misticismo sufi. L’Islam del risveglio
ha, quindi, caratteri fortemente etnonazionali e si sviluppa soprattutto in India
del Nord, in Nigeria, in Somalia, in Sudan.
Questi movimenti non riescono a produrre
cambiamenti strutturali né nelle istituzioni
né nella religione: rimangono periferici, che
conoscono la “solitudine del deserto” e che
non riescono a reggere il confronto con la
supremazia Europea.
In breve, è possibile individuare alcuni
caratteri comuni:
- riaffermazione del carattere rigidamente
monoteista dell’Islam.
- abbandono dei territori dove la presenza
di infedeli, politeisti e pagani è troppo alta
oppure riconquistarli,
- presenza di un capo carismatico che si
presenta come rinnovatore (Mahdi, l’atteso
o l’inviato di Dio).
Il messianismo islamico sostiene che il
Mahdi arriverà solo in seguito ad una fase
di guerre civili, di falsi profeti e di devianza,
che provoca la vittoria degli infedeli.
La corrente più importante è quella
salafiyyai, che nasce in ambito ottomano, in
particolare con Muhammad Abduh e Jamal
al-Din Asadabadi e con importanti
intellettuali dell'Università al-Azhar e con il
siriano Rashid Rida. La corrente sostiene
che la rinascita musulmana dovesse venire
dall’alto, per via politica, mettendo al centro
concetti come amministrazione, burocrazia
e autorità politica: la sfida è di conciliare
modernità e Islam.
!
!
In realtà, il più importante dei movimenti di
risveglio è quello fondato da Muhammad
Abd al Wahhab (1705-1787) in Arabia
Saudita, che predica un ritorno alle fonti di
un Islam puro, liberato dalle innovazioni dei
secoli moderni. L’Islam wahhabita si basa
sul concetto di sovranità assoluta di Dio,
anche sul piano mondano, sul rigido
monoteismo, che comporta anche il rifiuto
all’adorazione di ogni essere vivente altro,
come i santi.
29
!
Una nuova corrente che si sviluppa nel
cuore del mondo musulmano è il
riformismo, che pone al centro il problema
dell’arretratezza in campo politico, militare
e tecnologico. I suoi seguaci vogliono
rinnovare dall’interno, acquisendo e
dominando le tecniche istituzionali, militari
e di produzione dell’occidente.
!
!
Il riformismo ha una notevole influenza
all’inizio del Novecento e dopo la caduta
dell’impero ottomano, soprattutto in ragione
delle rivendicazioni nazionaliste e alle lotte
per l’indipendenza. Questa scuola di
pensiero, però non saprà collocarsi alla
testa di questi movimenti, perché cercherà,
senza successo, di modernizzare l’Islam
senza assorbire la cultura della modernità:
alla testa dei movimenti indipendentisti si
collocheranno élites nazionaliste di matrice
occidentale che, una volta al potere,
ridurranno l’Islam ad una dimensione
culturale e privata.
La terza corrente analizzata è il
radicalismo, i cui elementi scatenanti sono
la rimozione dell’Islam come elemento
fondativo dei nuovi Stati-nazione e la
d i ff u s i o n e d i i d e o l o g i e o c c i d e n t a l i ,
nazionaliste e socialiste.
Il radicalismo, pur avendo elementi di
continuità con le ideologie precedenti,
inserisce un elemento di novità: la
modernizzazione del concetto di jihad e
l’islamizzazione di quello di modernità.
Il posto centrale è assunto dal concetto di
“politico” e dalla coppia nemico/amico: il
politico è l’elemento centrale per definire
l’inclusione/esclusione dallo Stato Etnico,
permeato di sacralità che si vuole costruire.
Alle origini del radicalismo c’è
l’associazione dei Fratelli Musulmani (1928)
fondata dall’egiziano Hasan al-Banna
(1906-1949) che intende il partito politico
come strumento rivoluzionario e che mira
all’unità islamica come sbocco finale dei
processi di nazionalismo. I Fratelli
Musulmani subirono la repressione del
governo e vennero più volte sciolti.
!
Il radicalismo di Sayyid Qutb(1906-1966): i
fondamenti teorici del radicalismo vengono
formalizzati da Qutb in carcere (era un
membro dei fratelli musulmani e, per
questo, arrestato in Egitto). Tra il 1954 e il
1964 fa pubblicare lo Zilal, un commentario
coranico che cerca di tradurre i principi del
testo sacro in strumenti di analisi
dell’organizzazione sociale, della politica e
dell’economia moderna. L’intento del testo
è di dimostrare come l’Islam sia un sistema
universale ed eterno che deve essere
reinterpretato dinamicamente, rileggendo
con lo sguardo del proprio tempo i principi
fondamentali. L’Islam per Qutb non è una
tradizione cristallizzata ma è continuamente
sollecitata ad evolversi.
I concetti chiave per Qutb sono:
- Jahiliyya: ignoranza religiosa.
- Hakimmiyya: sovranità divina
30
- Tali’a: avanguardia
- Jihad: combattimento sulla via di Dio
Per Qutb è legittimo solo il potere dei
governanti che obbediscono alla Legge
divina: i custodi della fede non sono i
tradizionali attori socio-religiosi (ulama e
fuqaha), bensì i militanti del “partito di Dio”,
cioè un gruppo eletto di credenti,
un’avanguardia che deve trovare le tracce
che porteranno alla fede vera,
nell’ignoranza generale; devono rettificare
qualsiasi violazione da parte umana del
potere-autorità divino.
Nel concreto, è un’azione di guerra contro
ogni potere umano: è una nuova
interpretazione del concetto di jihad che
diventa massimalista e offensivo, e che
pensa che l’Islam debba distruggere
qualsiasi forza che si frapponga tra Dio e gli
uomini. Il jihad ha una valenza anche
interna: i governanti che portano valori
lontani dall’Islam.
Il potere legittimo dello Stato Islamico si
deve fondare sul principio della guida
(imam) che deve emergere in modo
carismatico tra i fedeli e della consultazione
(shura).
Il partito d’avanguardia ha anche il ruolo di
produrre il nuovo diritto, che viene
legittimato religiosamente: per l’Islam infatti,
la fonte della legge è il consenso della
comunità dei dotti (insieme al Corano e alla
Sunna), e Qutb fa identificare l’avanguardia
dei credenti con la comunità, legittimando il
corpus teorico nuovo. Quest’operazione è
una cesura forte con il passato, perché
riapre lo spazio alla interpretazioni
personali della legge (chiuso dalle scuole
coraniche nel X sec).
!
Nel mondo sciita, Khomeini (Iran) fu
l’ispiratore del radicalismo, che riuscirà a
portare al governo, creando, con l’aiuto del
clero medio e inferiore e della gioventù
rivoluzionaria (hezbollah), la Repubblica
Islamica.
Pur avendo alcuni elementi comuni, il Corano che potrebbero ispirare una dottrina
radicalismo sciita e sunnita rimangono islamica della democrazia).
divisi su alcuni elementi:
La rivoluzione Khomeinista non è
a)
Il mondo islamico attuale si trova in rivoluzione del clero, ma solo della parte
uno stato di miscredenza, di lontananza dai medio-inferiore di esso, rappresentato
principi originali dell’Islam, di oppressione e dall’attivismo dei mullah che con l’attivismo
sfruttamento da parte di nuovi imperialisti rompono il tradizionale meccanismo di
(USA in particolare, e Israele) che lottano ascesa basato sul sapere religioso. Quella
con armi e con propaganda per annientare iraniana è una rivoluzione contro la
l’Islam.
tradizione religiosa.
b)
Per combattere questa realtà è
necessario contrapporre una utopia Riflessioni a partire dai testi:
retrospettiva: si procede a fare dell’Islam,
nella sua forma originaria idealizzata, un R. Guolo, E. Pace, I Fondamentalismi,
Laterza, 2002
contrappeso all’identità europea.
c)
Per recuperare l’Islam autentico e
riprodurre le circostanze straordinarie
dell’epoca del Profeta, è necessario
instaurare lo stato Islamico. Il concetto di
stato islamico è totalmente moderno perché
né la pratica né le dottrine classiche lo
hanno mai realizzato o concepito. Infatti,
dopo la Medina di Maometto, nessuno stato
si è effettivamente retto sulla sharia e
nessuno lo ha mai teorizzato (anche perché
il mondo islamico era frammentato), ma
sono stati teorizzati modelli islamici di stato
(per ripristinare la legge islamica in
organismi politici e di regime che si
governavano al di fuori di essa). Tanto che i
radicali islamici auspicano uno stato in cui
politica e religione fossero legati,
lamentando come non sia mai successo in
passato.
d)
Il mezzo per arrivare a combattere i
nemici dell’Islam è il jihad, il dovere
dimenticato che i musulmani devono
tornare a ottemperare, per difendersi:
l’Islam si erge come religione che difende la
giustizia sociale e gli oppressi.
e)
Lo stato islamico si fonda su tre
capisaldi: la sovranità di Dio, la giustizia e
consultazione (sia giustizia che
consultazione sono concetti presenti nel
!
!
!
!
31
!
!
LE
MOSCHEE
!
32
I luoghi religiosi dell’Islam a Torino
DI LUCA BOSSI
La mappatura delle sale di preghiera è stata aggiornata grazie al contributo di Alessandro
Bertaglia, Ahmed Ben Said, Marta Cipolla, Emma Laroche e Angelo Pulini, studenti del corso
magistrale in Sociologia delle Religioni tenuto dalla prof.ssa Stefania Palmisano, Dipartimento
CPS-Unito, in collaborazione con il progetto Re-Party per una mappatura dei luoghi religiosi a
Torino.
Quante sono le moschee a Torino? moschea di Roma); se la moschea è
!
La risposta è tutt’altro che semplice: una,
nessuna, oppure sedici.
Pur potendo definire – e individuare, come
abbiamo fatto – le sedi di associazioni entro
le quali si svolga collettivamente attività
cultuale, ben più complessa è la definizione
di quanto attenga alla categoria della
moschea: se questa identifica un edificio di
culto di proprietà di un ente religioso
riconosciuto dallo Stato italiano, allora
nessuna sede cultuale islamica a Torino è
definibile propriamente come tale (e in linea
di principio l’unica in Italia sarebbe la
33
quell’edificio contraddistinto dalla presenza
di determinati caratteri architettonicoartistici, allora a Torino sembrerebbe
esistere una sola moschea, quella di via
Genova, la cui struttura richiama – più di
altre – alcune tra le peculiarità estetiche
che ne definiscono l’immaginario diffuso; se
moschea è invece quell’edificio
contraddistinto da precisi caratteri
funzionali (la presenza di uno spazio per le
abluzioni rituali, di una musalla ove i fedeli
possano prostrarsi in preghiera, di un
miḥrāb a indicare la corretta direzione),
ecco che i luoghi registrati in città
Anziché di moschee, a Torino – e così nel
resto d’Italia – è più opportuno parlare di
sale di preghiera, fondate e gestite da
associazioni o centri culturali che svolgono
attività cultuali.
!
A maggio 2015 si contano a Torino 16 sale
di preghiera islamiche, diversamente
disseminate sul territorio: 6 di queste si
trovano nella Circoscrizione VII (AuroraVanchiglia-Sassi-Madonna del Pilone),
concentrate nel quartiere Aurora; altre 3 si
trovano nella Circoscrizione VI (Barriera di
Milano, Barca, Bertolla, Falchera,
Rebaudengo, Villaretto), concentrate
soprattutto nel quartiere Barriera di Milano,
al confine con Aurora; sul territorio della
Circoscrizione V (Borgo Vittoria, Madonna
di Campagna, Lucento, Vallette) se ne
incontrano 2, ed altrettante ne ospita la
Circoscrizione VIII (San Salvario,
Cavoretto, Borgo Po), entrambe
concentrate nel quartiere San Salvario;
altre 3 sale, infine, si trovano
rispettivamente nella Circoscrizione II
(Santa Rita, Mirafiori nord), IX (Nizza
Millefonti, Lingotto, Filadelfia), sul confine
con i comuni di Moncalieri e Nichelino, e X
(Mirafiori sud). Stando alle informazioni sin
qui acquisite, fra quelli esistenti uno dei
primi luoghi per data di fondazione è la
Moschea della Pace di Corso Giulio
Cesare: fondata intorno al 1995, si trova nel
quartiere Aurora, a pochi passi da piazza
della Repubblica e dal mercato di Porta
Palazzo. Nell’area tutt’attorno alla Moschea
della Pace sono sorte, negli anni, tre nuove
sale: il Centro Assunnah, l’Associazione
Italo-Marocchina La Pace e il Centro AdDarus Salam; poco più in là, il Centro
Taiba, fondato nel 2006.
ristrutturazione e riadattamento di locali in
edifici preesistenti: molte di esse sorgono in
magazzini, ex palestre, garage, negozi,
spesso all’interno di cortili condominiali. Ad
eccezione dei più ampi edifici di via Genova
e via Padova, le dimensioni sono per lo più
ridotte, limitate all’indispensabile per
ospitare servizi igienici e lavandini per le
abluzioni rituali, rastrelliere per le scarpe,
una sala per le preghiere collettive di un
centinaio di uomini e di donne, un ufficio.
!
Se nel corso della settimana sono in
genere più che sufficienti, le preghiere del
venerdì rivelano la frequente
inadeguatezza degli spazi a disposizione.
Inadeguatezza che emerge con maggiore
vigore durante l’annuale celebrazione
dell’Eid al Fitr – una delle due principali
festività dell’islam, che rompe il mese di
digiuno rituale del Ramadan – in occasione
della quale migliaia di fedeli si radunano in
preghiera. Fino al 2006 la celebrazione è
avvenuta al PalaIsozaki, soluzione cui si è
rinunciato per via dei costi di locazione
troppo elevati per le finanze delle comunità
locali; nel 2007 si è optato dunque per la
Cascina Continassa – Arena Rock, mentre
dal 2007 è il Parco Dora lo scenario
monumentale scelto dal Coordinamento dei
centri di preghiera d’accordo col Comune:
le sue architetture postindustriali sono in
grado di accogliere fino a 40.000 persone.
!
Con un limite significativo: la soluzione è
funzionale all’attuale calendario lunare, che
vede la celebrazione cadere nei mesi caldi
dell’anno; in futuro occorrerà trovare una
diversa soluzione, come sottolinea nel
corso di un’intervista Ilda Curti, Assessore
alle Pari Opportunità, Tempi e Orari della
Città, Rigenerazione Urbana, Politiche
Le sale di preghiera islamiche torinesi – Giovanili del Comune di Torino.
come molte in Italia e in Europa – sono
frutto non tanto di un’edificazione ex novo
quanto di interventi di recupero,
!
34
Perché le sale di preghiera anziché Consiglio dei Ministri, “In mancanza di
un’intesa con lo Stato o del riconoscimento
le moschee?
!
Di fatto, dal punto di vista giuridico, l’edilizia
di culto è disciplinata dal diritto comune in
materia di edilizia e urbanistica, tanto
statale (decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, “Testo
unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di edilizia”) quanto
regionale. In tal senso, le competenze degli
enti locali territoriali emergono con vigore:
con riguardo, per un verso, alla previsione
di aree da destinare ai luoghi di culto nei
piani urbanistici locali e, per un altro verso,
alla possibilità di finanziamento pubblico
per la costruzione degli edifici di culto. In
quanto soggetti competenti in materia
urbanistica, gli enti territoriali devono
provvedere a garantire la libertà di esercizio
e manifestazione del culto per tutte le
confessioni, anche individuando aree
idonee ad accogliere i rispettivi fedeli. Il
Consiglio di Stato, con sentenza n. 8298
del 27 novembre 2010, stabilisce che i
“Comuni non possono sottrarsi dal dare
ascolto alle eventuali richieste delle
confessioni religiose che mirino a dare un
contenuto sostanziale effettivo al diritto del
libero esercizio garantito a livello
costituzionale, non solo nel momento
attuativo, ma anche nella precedente fase
di pianificazione delle modalità di utilizzo
del territorio”. Il solo criterio da seguire nel
giudicare l’opportunità di costruire un
edificio di culto è dunque quello urbanistico:
qualsiasi considerazione di altra natura
rischierebbe di configurarsi come una
violazione della libertà di culto.
!
La Corte costituzionale ha più volte ribadito
la possibilità di ottenere l’assegnazione di
un’area destinata al culto, da parte di tutte
le confessioni religiose (con eguaglianza tra
cattolicesimo e culti dotati o privi di intesa
con lo Stato). Come ricorda l’Ufficio Studi e
Rapporti Istituzionali della Presidenza del
35
della personalità giuridica, la natura di
confessione potrà risultare anche da
precedenti riconoscimenti pubblici, dallo
statuto che ne esprima chiaramente i
caratteri, o comunque dalla comune
considerazione”. “Eppure in realtà neanche
quella [di via Genova, ndr] è una vera
moschea”, fa notare l’assessore Curti: “dal
punto di vista procedurale, però, […] non
avendo l'Islam una intesa con lo Stato
italiano, i suoi luoghi di preghiera non sono
considerati servizi pubblici ai sensi della
legge urbanistica, mentre lo sono le chiese
e le sinagoghe. Per questo motivo, dal
punto di vista urbanistico non si sa come
trattarli”.
!
Da qui l’individuazione di un metodo
procedurale che consentisse
contemporaneamente il rispetto del diritto
del credente e della normativa vigente: di
fatto, la legge permette che un soggetto
privato, in un luogo privato, attraverso il
dispositivo dell’atto unilaterale d'obbligo,
dichiari di svolgere attività di pubblico
servizio, instaurando una convenzione con
l’amministrazione locale che riconosce
l'esistenza del servizio pubblico. Questo
meccanismo, valido per altri enti privati e
associativi a Torino, è stato allargato agli
edifici religiosi di quei culti privi di intesa
con lo Stato, come anche l’Istituto
Buddhista Italiano Soka Gakkai, per fare un
esempio, per poter dare loro un
inquadramento urbanistico ed edilizio
diverso da quello delle associazioni
culturali, pur rimanendo entro i confini
normativi del luogo associativo, che
comporta minori vincoli e ostacoli rispetto al
luogo di culto. Ne consegue che, a Torino,
l'attività di preghiera non è svolta in modo
occulto, ma elencata esplicitamente nella
descrizione delle attività e degli scopi delle
singole associazioni. Il risultato di un lavoro
Città, che ha ottenuto giudizio favorevole come in tabella. Un dato parziale, in attesa
dal Tar piemontese e che rappresenta ora di numeri più certi.
un modello replicabile in altre città,
favorendo l’emersione del fenomeno
religioso islamico. Non l’emersione dei suoi
Marocco
19.193
luoghi di culto: per necessità finanziarie e
Egitto
4.744
organizzative, forse anche per la volontà
delle comunità di individuare soluzioni
Nigeria
4.487
semplici e pacifiche che non prestino adito
Senegal
1.565
a polemiche politiche, gli edifici di preghiera
restano pressoché invisibili nello spazio
Tunisia
1.387
pubblico, segnalati al più da una targa
Bangladesh
1.339
muraria, impossibili da identificare per un
occhio poco esperto. Le possibili
Iran
760
conseguenze di tale invisibilità sulla
Pakistan
619
comune percezione di quella che
rappresenta la seconda religione italiana
Turchia
562
sono ancora tutte da indagare.
Somalia
513
!
Quanti sono i musulmani a Torino?
!
Come per quelli nazionale e regionale,
anche l’emersione del dato locale presenta
molteplici difficoltà: non esistendo un
censimento religioso, il numero di credenti
appartenenti a confessioni diverse dalla
cattolica è dai più stimato sulla base dei
permessi di soggiorno, della nazionalità e,
da qui, sulla base delle percentuali – a loro
volta spesso stimate – relative alle religioni
presenti in ciascun paese. Ne deriva che, a
fronte di un dato numero di immigrati da un
dato paese, questo riproduca in modo
pressoché puntuale la distribuzione delle
fedi entro quella società: un metodo di
stima approssimativo, che non considera le
possibili variabili intervenienti e che ha
ricevuto numerose critiche e – per il
momento – nessuna soluzione. Seguendo
parzialmente questo metodo, guardando ai
soli residenti a Torino con cittadinanza
straniera e selezionando tra queste le
nazionalità ad indiscussa maggioranza
musulmana, ecco che si raggiunge la quota
di 35.585 fedeli dei diversi islam presenti in
città, distribuiti tra le diverse nazionalità
36
Algeria
261
Afghanistan
155
Totale
35.585
!
Quali sono le sale di preghiera a
Torino?
!
1 - Moschea di Torino
Via Baretti 31 - 10125 Torino
Referente: Said
Fondazione: n.d.
!
2 - Associazione Italo Marocchina “La
Pace”
Corso Regina Margherita, 162 - 10152
Torino
Referente: Ahmed
Fondazione: n.d.
!
3 - Centro TAIBA
Via Chivasso 12 - 10152 Torino
Referente: Said Ait Eljide
Fondazione: 2006
!
!
4 - Moschea della Pace
Corso Giulio Cesare, 6 - 10152 TORINO
Referente: Hassan
Fondazione: 1995 ca.
!
!
13 - Centro Hidaya
Piazza Cattaneo 18/B – 10137 Torino (TO)
Referente: Jamal Doulfikar
Fondazione: n.d.
!
14 - Moschea Imam Abd Almoati
Via Mottalciata, 20 c – 10154 Torino ( TO)
Referente: Alala o Abderazak
Fondazione: 2009
!
!
5 - Centro Assunnah
Via Cottolengo, 1-bis – 10152 Torino
Referente: Radaoune
Fondazione: n.d.
!
!
6 - Centro Omar (Moschea Omar Ibn AlKhattab)
15 - Centro Attaquoa
Via Saluzzo 18 - 10125 Torino
Via Sansovino, 5 – 10151 Torino
Referente: Khaled Fayyad
Referente: El Omari
Fondazione: n.d.
Fondazione: n.d.
7 - Centro Ennour
via Piossasco, 21 - 10155 Torino
Referente: Mustafā Cherouach
Fondazione: n.d.
!
8 - Centro Culturale islamico di Moncalieri
Via Genova, 268 - 10127
Referente: El Rhalmi Abdelghani
Fondazione: 2013
!
9 - Moschea di Mirafiori
Strada delle Cacce, 14/12 – 10135 Torino
Referente: Said Hammadha
Fondazione: 2011
!
10 - Centro Mecca
Via Botticelli, 104 - 10154 Torino
Referente: Younes Amir
Fondazione: 2005
!
11 - Centro Rayan
via Reycend 51 Torino zona nord
Referente: n.d.
Fondazione: 2013
!
12- Moschea al Madina e Associazione
Casa di Famiglia
Via Sesia 1, Torino – 10155 Torino (TO)
Referente: Mohamed Bahreddine
Fondazione: n.d.
37
16 - Associazione Culturale Ad-Darus
Salam
Via La Salle 15 – 10152 Torino
Referente: Bhuiyan Humayun Kabir
Fondazione: n.d.
La
! pluralità delle moschee
DI MARIA BOMBARDIERI
Nel dibattito pubblico e politico è spesso
all'ordine del giorno il tema delle moschee
in Italia, in relazione a qualche avvenimento
locale o nazionale che ha suscitato
l'interesse della stampa. Di recente ha, per
esempio, attratto l'attenzione il caso della
“moschea” di Venezia, di un'installazione
che ricrea l'ambiente di culto musulmano in
una chiesa, acquistata da privati e presa in
locazione dalla Biennale. Ma che cos'è una
“moschea”? Di certo il luogo dove i
musulmani pregano prostrandosi verso
Mecca guidati da un imam (guida religiosa),
tuttavia, è anche un ambiente dove
socializzare saldando legami comunitari in
terra d'emigrazione. La parola
"moschea" (masjid) deriva dalla radice
araba sjd (prostrarsi), che indica la
principale funzione, ma non unica, del
luogo di culto musulmano. Nel testo sacro
dell'islam lo spazio cultuale è dato anche
dal termine "musalla" che rimanda a uno
spazio circoscritto dove compiere la salat
(preghiera) e, allo stesso tempo, riunire
l'assemblea dei credenti. Inoltre lo spazio
cultuale può essere riservato per attività
con finalità educative, proprie della
madrasa in terra d’origine, quale
l'insegnamento del Corano e della lingua
araba ai bambini.
In Italia da un punto di vista
architettonico risulta problematico
distinguere le moschee da altri edifici,
trattandosi in maggioranza di spazi
riadattati, talvolta di fortuna e poco
dignitosi, non edificati con l'intenzione di
ospitare funzioni cultuali: capannoni,
garage, magazzini, appartamenti o
sottoscala, in affitto o acquistati da
comunità islamiche locali, come
documentato nel nostro censimento
nazionale in Moschee d’Italia (Emi, 2011) e
da diverse altre ricerche locali, come
Hidden islam, photobook sulle sale di
38
preghiera del Triveneto realizzato dal
fotografo Nicolò De Giorgis.
!
Cercando di definire la realtà delle
moschee in termini numerici e di
appartenenza a organizzazioni islamiche
nazionali, attraverso il Censimento sono
stati registrati 769 luoghi di culto, di cui più
della metà nel Nord Italia e in totale solo
sette di nuova edificazione con cupola o
minareto, nelle città di Segrate, Brescia,
Torino, Ravenna, Colle di Val d'Elsa, Roma
e Catania. Di queste la più recente è il
Centro Culturale Islamico di Moncalieri
nella città di Torino, afferente alla
Federazione Islamica Piemontese (FRIP) e
in parte finanziata con fondi del governo
marocchino, ospita durante la preghiera del
venerdì dai 150 ai 350 fedeli. Sulla base del
nostro censimento del 2009 nel torinese
erano presenti 18 sale di culto islamiche, a
distanza di sei anni si registra un
incremento, oggi, infatti, sono 28 i centri
islamici di cui 17 solo nel capoluogo
piemontese. La maggioranza è di
orientamento sunnita e frequentata da
marocchini, una è sciita e due sono salafite,
per quanto riguarda l'affiliazione a
organismi regionali dieci appartengono al
FRIP, infine i due terzi dei locali sono in
locazione.
!
In Italia le musalla coprono la quasi
totalità del dato numerico sui luoghi di culto
islamici. Circa 200 sono le sale che fanno
riferimento all’Unione delle Comunità
Islamiche d’Italia (UCOII), mentre 150
quelle marocchine confluite nella
Confederazione Islamica Italiana (CII): due
delle principali sigle associative dell’islam
italiano che si rapportano con lo Stato. In
tutto il Paese sono stati poi intessuti dal
basso network di sale di preghiera per
facilitare la rappresentanza a livello
istituzionale. Tra i più recenti si segnala
il Coordinamento delle associazioni
islamiche di Milano, Monza e Brianza
(CAIM) che ha negoziato con la giunta
Pisapia il riconoscimento e la
regolarizzazione dei luoghi di culto, in
primis nella città meneghina, oltre a
promuovere l’istanza di costruzione di una
moschea a Milano. Se nello spazio Expo di
Cascina Triulza, il padiglione della società
civile, ospiterà uno spazio per la preghiera
dedicato a tutte le religioni; nella città di
Milano saranno probabilmente due i siti che
vedranno l'edificazione di moschee per i
musulmani milanesi. Il 7 maggio 2015 si è
riunita, infatti, la Commissione tecnica per
la valutazione delle offerte giunte in
risposta al bando pubblico emesso dal
Comune. Tra i sette contendenti - tutti
iscritti all'Albo delle religioni – cinque sono
le associazioni islamiche, incluso il CAIM.
Entro fine mese ci sarà l'assegnazione.
!
Oltre alle musalla, in tutte le regioni
sono visibili numerosi centri islamici ormai
da molti anni. Hanno locali distinti per la
salat e altri per attività non prettamente
cultuali; includono spesso una libreria dove
poter acquistare libri o materiale audiovideo in arabo o in italiano, talvolta una
macelleria o negozi con prodotti halal e una
mensa per i fedeli. Sono strutture che
promuovono attività per musulmani, anche
in forme assistenziali nelle carceri e negli
ospedali, e per non musulmani, come corsi
di lingua araba o iniziative culturali e di
dialogo interreligioso. I centri islamici hanno
leadership – rispetto a qualche anno fa si
intravede un coinvolgimento maggiore dei
giovani di seconda generazione – che si
confrontano sul piano pubblico con le
istituzioni laiche e religiose: non di rado
sono di riferimento per amministrazioni e
prefetture.
!
39
Figura chiave all’interno delle moschee,
ponte per l’integrazione delle comunità
islamiche, è l’imam. Gli imam in Italia non
sempre godono di una buona preparazione
teologica, linguistica e storico-culturale.
Dalla conferenza internazionale “Imams in
Western Europe”, organizzata dalla LUISS
nel novembre 2014, è nuovamente emersa
l’esigenza di incrementare le occasioni di
formazione per gli imam perché possano
meglio conformare il messaggio della
khutba (sermone) al contesto sociale in cui
operano. Un’iniziativa che ha guardato in
tale direzione è stata promossa, nel triennio
2010-2013, dal Centro interuniversitario
Culture Diritti e Religioni – Forum
Internazionale Democrazia & Religioni
(www.fidr.it), volta a offrire strumenti
giuridici, culturali e sociali agli esponenti
dell’associazionismo islamico italiano.
!
Tornando alle moschee, solitamente,
sono frequentate da musulmani senza
alcuna distinzione etnico-nazionale. In altri
casi possono essere sale “etniche” ovvero
frequentate da musulmani dalla comune
origine nazionale. Queste sale di preghiera
appartengono per lo più a gruppi
pachistani, bengalesi, senegalesi e turchi, e
determinano una prima forma di
frammentazione della comunità
musulmana, dovuta a specifiche esigenze
rituali, a diversità culturali e linguistiche. Per
anni infatti la khutba è stata pronunciata
solo in arabo, escludendo dalla piena
comprensione e partecipazione i
musulmani non arabofoni, organizzatisi
così in altre sale di preghiera con propri
connazionali. Oltre alle sale di preghiera
etniche troviamo in Italia centri in parte
espressione di governi di paesi musulmani,
come il Centro Culturale Islamico d’Italia
che gestisce la Grande Moschea di Roma o
realtà turche e iraniane. Inoltre ci sono sale
private di confraternite sufi , costituite e
frequentate in maggioranza da italiani
Oltre alle musalla, in tutte le regioni
sono visibili numerosi centri islamici ormai
da molti anni. Hanno locali distinti per la
salat e altri per attività non prettamente
cultuali; includono spesso una libreria dove
poter acquistare libri o materiale audiovideo in arabo o in italiano, talvolta una
macelleria o negozi con prodotti halal e una
mensa per i fedeli. Sono strutture che
promuovono attività per musulmani, anche
in forme assistenziali nelle carceri e negli
ospedali, e per non musulmani, come corsi
di lingua araba o iniziati convertiti: la
Comunità religiosa islamica italiana
(COREIS) della tariqa Ahmadiyya Idrisiyya
Shadiliyya in Europa, Jerrahi Halveti della
Khalwatiyya e la Muridiyya che, invece,
raccorda i senegalesi. Infine, le moschee
sciite frequentate da musulmani di diversa
nazionalità (italiani, iraniani, libanesi,
iracheni e afghani), alcune delle quali
gestite da associazioni (es. l’Associazione
Imam Mahdi A.J. di Roma).
pensarsi nella ricchezza della sua
multireligiosità. Le istituzioni locali non
contribuiscono a maturare tale
consapevolezza: il centro-destra, in primis
la Lega Nord, talvolta si prodiga a indire
referendum autogestiti per dire “no alla
moschea”, dimenticando che i diritti di una
minoranza non sono subordinabili a quelli
della maggioranza. La regione Lombardia
aveva elaborato e fatto entrare in vigore la
“legge anti-moschee”, una legge anti-culto,
per frenare l' apertura di luoghi di culto
musulmani, ma il Governo l'ha impugnata
davanti alla Corte Costituzionale. Se
guardiamo al centro-sinistra manda segnali
contraddittori sulla questione, la gestione
dei casi delle moschee di Genova e Milano
lo hanno messo in evidenza in questi anni.
Per concludere, se la moschea da un
lato è il marchio della progressiva stabilità e
integrazione dei musulmani, dall’altro può
strumentalmente essere richiamata per
rimandare a giovani collusi in gruppi
terroristici, in realtà non socializzati nelle
Sotto il profilo urbanistico le sale di moschee ma adescati nelle fitte reti del
preghiera dei musulmani sono localizzate jihadismo web.
maggiormente nelle periferie. Se è vero che
in zone periferiche c’è maggiore
disponibilità di terreni e prezzi più
competitivi, è anche possibile pensare che
tale scelta sia preferita per evitare
l’insorgere di conflitti nei quartieri, a causa
della visibilità della cupola e del minareto,
spesso neanche inserito nei progetti. I
conflitti intorno alle moschee sono
principalmente riconducibili, come
sottolinea il sociologo Stefano Allievi, a
motivazioni “reali o presunte tali” come il
problema della sicurezza o della perdita del
valore immobiliare, e a ragioni di tipo
“culturale” in cui si fa riferimento a una
presunta incompatibilità tra islam e
democrazia, valori italiani e principi
cristiani. I conflitti intorno alle moschee
sono il segno più evidente di quanto la
società italiana non sia ancora abituata a
!
40
Islam a Torino
Intervista a Ilda Curti Assessore per le
Politiche per l’integrazione della Città
di Torino
Quanti sono (in via
approssimativa) i musulmani a
Torino, e da quali Paesi
provengono?
!
Si stimano intorno ai 35-40.000, perchè non
essendoci un censimento sulla fede si può
solo fare una stima. Rispetto alla
provenienza geografica, si tratta
ovviamente di Paesi a maggioranza
musulmana. Sono rappresentate quasi tutte
le nazionalità che hanno presenza di
musulmani. La comunità più grande è
quella marocchina, con circa 25.000
presenze; poi quella egiziana (ovviamente
tra gli egiziani non ci sono soltanto
musulmani; ci sono anche copti, che sono
una minoranza cristiana), gli egiziani sono
sull'ordine dei 10-12.000; poi gli altri Paesi
del Nord Africa: i tunisini, ad esempio, non
sono tantissimi. Infine Pakistan,
Bangladesh, Turchia, i rifugiati che arrivano
dal Sudan e i senegalesi, che però sono
prevalentemente muridi. Quindi insomma
siamo sull'ordine dei 35-40.000.
!
Noi abbiamo fatto una nuova e
aggiornata mappatura delle sale di
preghiera di Torino, inserendo
anche la nuova moschea di via
Genova. Una domanda, a cui
immagino non sia facile
rispondere: perchè la sala di via
Urbino ha avuto una gestazione
lunghissima, e poi di fatto il
processo si è bloccato, e invece
per via Genova c'è voluto
relativamente poco?
!
Perchè via Genova ha avuto dei sostegni
economici da parte del consolato del
Marocco. E' entrata nella Federazione
Italiana delle Moschee Marocchine, una
federazione fortemente voluta anche dal
41 governo marocchino, dall'ambasciata e dal
consolato ed aveva raccolto offerte dai
fedeli quando si trattava di trovare una
sede nel Comune di Moncalieri. Poi è stato
un intervento, dal punto di vista economico,
molto meno significativo di quanto non sia
stato quello di via Urbino, che ha implicato
l'acquisto di un immobile di più di 1000
metri quadri. Lo spazio di via Genova, al
contrario, esisteva già: un basso fabbricato
interno cortile, con delle caratteristiche
strutturali diverse. Credo che l'investimento
totale in via Genova sia stato importante
ma accessibile: si è trattato di una
ristrutturazione edilizia di uno spazio
definito. Mentre la struttura di via Urbino
richiedeva un intervento decisamente più
significativo, perchè il costo dell'acquisto
della struttura è stato di circa un milione di
euro, e altrettanti erano necessari per la
ristrutturazione. Ora bisognerà capire che
destino avrà: per l'acquisto era stata creata
una fondazione no profit, i cui promotori si
sono trasferiti in Francia per lavoro a
seguito della crisi economica. Altre persone
sono dunque subentrate nell'associazione,
e in questo momento stanno tenendo ferma
la ristrutturazione dell'immobile per
questioni relative al reperimento di risorse
finanziarie per poter avviare i lavori.
!
Possiamo fare una riflessione su
simpatie e affiliazioni delle varie
sale di preghiera, tra di loro e con i
rispettivi Paesi di origine…
!
Questo è un quadro abbastanza in
movimento, anche se mi sembra che ci sia
un livello accettabile di cooperazione e
collaborazione tra centri e sale di preghiera.
Dico "accettabile" perchè non credo sia
sufficiente: il percorso che dovranno fare
sarà di diventare un po' meno
"coordinamento" e un po' più "consulta". E'
un processo che io mi sono dichiarata
disponibile ad accompagnare, ma che deve
partire da loro. La mia è una posizione
di accompagnamento, ma anche di
profondo rispetto per la libertà associativa.
Non impongo ad associazioni italiane di
alcun tipo di darsi un coordinamento, ma
sono pronta ad appoggiarlo e sostenerlo
perchè ne vedo l'utilità; allo stesso tempo,
troverei iniquo imporre un coordinamento.
Quello che io chiedo, in veste istituzionale,
è che nella celebrazione di alcuni momenti
come il Ramadan, per i quali viene richiesto
alle istituzioni di concedere lo spazio
pubblico o di intervenire, siano
rappresentati equamente tutti i centri di
preghiera come interlocutori. Non è il
Ramadan della singola sala di preghiera
ma dell'intera comunità musulmana, e
quindi è giusto che ci sia una forma di
partire da loro. La mia è una posizione di
accompagnamento, ma anche di profondo
rispetto per la libertà associativa. Non
impongo ad associazioni italiane di alcun
tipo di darsi un coordinamento, ma sono
pronta ad appoggiarlo e sostenerlo perchè
ne vedo l'utilità; allo stesso tempo, troverei
iniquo imporre un coordinamento. Quello
che io chiedo, in veste istituzionale, è che
nella celebrazione di alcuni momenti come
il Ramadan, per i quali viene richiesto alle
istituzioni di concedere lo spazio pubblico o
di intervenire, siano rappresentati
equamente tutti i centri di preghiera come
interlocutori. Non è il Ramadan della
singola sala di preghiera ma dell'intera
comunità musulmana, e quindi è giusto che
ci sia una forma di coordinamento nella
relazione con l'amministrazione. Credo che
sia un processo inevitabile, che noi
accompagneremo.
!
Negli ultimi mesi i controlli della
Prefettura sono nettamente
aumentati, anche in seguito ad
alcuni arresti avvenuti nella zona.
Qual è la tua opinione?
Ci sono stati due arresti in provincia di
Torino, ma entrambi gli arrestati sono stati
42
in seguito rilasciati. Va benissimo che si
facciano controlli approfonditi. Ma tutti gli
episodi terroristici europei dimostrano che
non necessariamente sono le moschee i
portatori di fanatismo, anzi: sono i luoghi
più controllati. In più, da parte di queste
cellule terroristiche c'è una capacità
altissima di utilizzo delle tecnologie 2.0, per
cui è più facile che il reclutamento avvenga
via internet che in moschea. Credo che
l'inasprirsi dei controlli sia parte di un
atteggiamento un po' esagerato che
l'Europa e l'Italia hanno spesso dimostrato
di fronte a questi fenomeni. Non mi pare
che ci siano episodi che richiamino alla
responsabilità diretta di una sala di
preghiera.
!
Al contrario - o meglio, in positivo
- ci sono progetti di informazione
adeguata su questi temi per i
cittadini di Torino?
!
Su questo stiamo portando avanti una
serie di iniziative, a cui ho partecipato con
Brahim e coon giovani di seconda
generazione, che hanno capacità
relazionali eccellenti. Abbiamo tenuto
un'assemblea pubblica su questi temi a
Condove, siamo stati nelle scuole - il
dialogo è un modo per creare anticorpi. I
Giovani Musulmani in particolare sono
molto attivi, su questo, e molto capaci. La
nuova generazione è molto interessata a
radicarsi qui, rispetto ai loro padri che
spesso si mettevano i bastoni tra le ruote a
vicenda, perdendo credibilità. Questo
atteggiamento per fortuna è stato superato,
e ho molta fiducia nella nuova generazione.
!
E gli universitari stranieri,
conoscono le sale di preghiera?
!
Alcuni sì, in particolare ragazzi egiziani
e marocchini, forse qualche pakistano,
anche se non ho dati precisi.
La nuova moschea inaugurata nel
2013 in via Genova ha fatto
nascere delle tensioni, ci sono
stati tentativi di contrasto, e si è
parlato molto di questa prima
"vera" moschea a Torino.
!
Eppure in realtà neanche quella è una
vera moschea. C'è molta confusione nel
dibattito pubblico tra sala di preghiera e
moschea. C'è una forte necessità di
educare al linguaggio.
Dal punto di vista procedurale, però, noi
abbiamo trattato via Genova allo stesso
modo di via Urbino. La questione è
puramente urbanistica, non teologica: non
avendo l'Islam una intesa con lo Stato
Italiano, i suoi luoghi di preghiera non sono
considerati servizi pubblici ai sensi della
legge urbanistica, mentre lo sono le chiese
e le sinagoghe. Per questo motivo, dal
punto di vista urbanistico non si sa come
trattarli. Noi abbiamo trovato questa
soluzione, del tutto innovativa, usando la
legge urbanistica: la legge permette che un
soggetto privato, in un luogo privato, con un
atto unilaterale d'obbligo - che è uno
strumento giuridico - dichiari di svolgere un
servizio pubblico attraverso la fornitura di
alcune tipologie di servizi rientranti
nell'elenco delle attività svolte in quel
luogo. Ciò permette di instaurare una
convenzione che riconosce l'esistenza del
servizio pubblico. Questo meccanismo non
è relativo esclusivamente ai luoghi di culto,
ma l'abbiamo applicata ai luoghi di culto
delle religioni che sono presenti sul
territorio ma che non hanno intesa con lo
Stato, ad esempio i buddhisti, oltre che i
musulmani, per poter dare loro un
inquadramento urbanistico ed edilizio
diverso da quello delle associazioni
culturali. L'attività di preghiera non è
mascherata, ma elencata esplicitamente
nella descrizione delle attività e degli scopi
dell'associazione che vanno
necessariamente inseriti nell'atto unilaterale
43
d'obbligo. Come previsto dalla libertà di
associazione sancita dalla nostra
Costituzione, ogni associazione può
costituirsi liberamente e affittare uno spazio
privato dove svolgere la propria attività. Se
fra le attività rientra il culto, questo ricade
nella loro libertà. Noi siamo riusciti ad
evitare che le sale di preghiera venissero
mascherate dietro centri culturali, e
abbiamo fatto in modo che la preghiera
potesse essere esplicitamente citata tra gli
scopi dell'associazione riconoscendo così
la sua presenza ed evitandone
l'occultamento. Il precursore di questa
procedura è stata la moschea di via Urbino,
su cui ci sono stati anni di battaglia: ma in
seguito a un ricorso proposto dalla Lega
Nord, il TAR si è pronunciato a favore della
procedura adottata dalla Città di Torino. Per
gli altri luoghi di culto si segue la stessa
procedura, che dal punto di vista giuridico e
amministrativo ha ricevuto l'avallo del
tribunale amministrativo regionale.
Questo è il risultato di un lavoro che ha
coinvolto diversi assessorati, ma tutto
all'interno della Città di Torino. Il modello
però è certamente replicabile in altre città.
!
Per quanto riguarda le sale
costruite in anni precedenti, ci
sono stati attriti, occasioni di
contrasto?
!
Sempre, su tutte. In via Chivasso,
quando ha aperto circa quindici anni fa,
c'era stata una raccolta di firme,
manifestazioni contrarie, poi tutto si è
tranquillizzato.
Queste proteste avevano una
radice politica, o provenivano dalla
cittadinanza?
La radice politica sobilla la cittadinanza,
ma poi sono i cittadini a sentirsi chiamati in
causa attraverso un processo di
"costruzione del nemico" che è cresciuto
dal 2001 a oggi. Anche in via Genova è
successa esattamente la stessa cosa:
addirittura gli abitanti della via temevano
che i loro alloggi si sarebbero deprezzati.
C'è una forte manipolazione delle paure, e
la gente più o meno giustamente si
spaventa. La responsabilità della politica è
quella di continuare a spiegare - le
moschee sono luoghi che tendenzialmente
poi hanno un maggior controllo sociale.
Occupano luoghi abbandonati che poi
diventano vissuti, e questo
immediatamente affievolisce il conflitto.
!
Come si è individuato il parco
Dora come luogo per ospitare la
celebrazione della fine del
Ramadan?
!
Perchè è il più grande. Fino al 2007 o
2008 si faceva al PalaIsozaki, che è molto
costoso. Però è anche vero che era
d'inverno, adesso invece la celebrazione
avviene in estate, e per il futuro si vedrà. La
prima volta che è stato fatto fuori è stato
alla Continassa, all'Arena Rock.
Successivamente è stato scelto parco Dora
per ragioni puramente pragmatiche: può
ospitare fino a 40.000 persone, anche al
coperto in caso di pioggia. L'incontro è
organizzato dal coordinamento dei centri di
preghiera, insieme a noi concordando,
come tutte le manifestazioni, i flussi, i
parcheggi e tutta la logistica. Il
coordinamento ha una sorta di
rappresentante ufficiale, Amir Younes della
sala di preghiera di via Botticelli, un
egiziano. Chi ha sempre fornito un grande
sostegno, anche organizzativo, è la
moschea di via Chivasso, che sono i più
strutturati. Però, quest'anno passato, per la
prima volta nella storia della comunità
musulmana torinese, è stata data voce ai
giovani, ad esempio ai Giovani Musulmani.
E' una cosa che mi pare particolarmente
significativa.
!
Di tutte le sale di preghiera, che
sono 15/16 a Torino in tutto,
44
nessuna di queste è ufficialmente
un luogo di culto?
!
No, innanzitutto perchè nessuna di
queste può esserlo mancando un’Intesa
con lo Stato: sono sale di associazioni, che
praticano anche il culto. L'unica moschea
che si può veramente definire tale in Italia è
quella di Roma, che però è sede
diplomatica: è luogo extraterritoriale ed è
sede di ambasciata. Anche quelle milanesi
sono associazioni culturali. Il meccanismo
che abbiamo adottato a Torino risponde a
esigenze politiche e culturali. Una decina di
anni fa, spesso ci si affidava a metodi dubbi
per redigere statuti nebulosi e mascherare
in qualche modo l'attività di preghiera. Noi
abbiamo voluto porci come interlocutori per
le associazioni che volevano costituirsi sul
nostro territorio, proponendo di aiutare
anche nella creazione dello statuto,
spingendo a non nascondere l'attività di
preghiera in modo che l'intero processo sia
trasparente. Spesso siamo noi a indurre a
nascondere l'attività di preghiera, a causa
di un vuoto legislativo.
Anche nelle moschee di Milano, i cui
progetti sono stati approvati di recente, si
tratta di associazioni.
Anche perchè l'Islam non ha una
gerarchia ecclesiastica, non ha un
rappresentante unico. Il modello che io ho
adottato per collaborare con loro è quello
delle comunità ebraiche: il problema eterno
dell'intesa con lo Stato, approvata nel '94, è
stato sentito fortemente anche da loro, non
avendo un rappresentante legale nè una
netta distinzione tra fedeli e ministri di culto.
Ciascun territorio ha dunque una sua
comunità ebraica, che però è un organismo
laico con uno statuto laico, che assume il
rabbino. Il rabbino non è il rappresentante
della comunità ebraica, se non in occasioni
esclusivamente religiose. Per tutti gli altri
rapporti, il rappresentante è il presidente
della comunità. Poi, a livello nazionale, è
stata creata una Unione delle Comunità
Ebraiche federate tra loro. Ma si tratta di
una rappresentanza laica, non religiosa,
che ha poi firmato una intesa con lo Stato.
Questo modello potrebbe essere
applicabile all'Islam, con le difficoltà date
dalla disomogeneità di origine nazionale e
dalle disomogeneità di carattere teologico.
La comunità ebraica è più piccola,
composta di cittadini italiani. Ma ritengo che
questa sia la strada da percorrere: con i
cittadini italiani di fede musulmana, con le
seconde generazioni, che queste
disomogeneità le presentano di meno.
!
Quali sono le sale più frequentate
a Torino?
!
Sicuramente via Genova e via
Chivasso, che ha un bello spazio e una
buona capacità di coinvolgere il territorio
attraverso iniziative di apertura. Ad
esempio, quella di corso Giulio Cesare 6 è
meno attiva rispetto al passato, nonostante
sia ancora frequentata per la preghiera del
venerdì. A San Salvario la moschea di Via
Saluzzo è molto attiva e presente sul
territorio, anche promuovendo occasioni di
dialogo interreligioso. La più antica, la
prima che ha aperto e che adesso non c'è
più, era in corso San Martino, negli anni
Ottanta. In seguito, corso Giulio Cesare 6 e
via Berthollet a San Salvario.
!
Abbiamo notato che la zona
intorno a Porta Palazzo/Aurora è
ricca di sale. La ragione è la
residenza, o il fatto che sia un
luogo di lavoro?
!
Si tratta di entrambe le ragioni: è un
luogo di lavoro ma soprattutto un luogo di
incontro. Tutti conoscono Porta Palazzo ed
è facile darsi appuntamento lì. "Porta
Palazzo", diceva un mio amico marocchino,
"é l'internet dei poveri".
45
La moschea Taiba
Intervista a Brahim Baya
Portavoce Associazione Islamica delle Alpi [Moschea Taiba e Moschea Rayan]
Può raccontare la storia della
moschea Taiba?
!
Taiba è la moschea più grande e
frequentata di Torino, inaugurata nel 2006
dall’Associazione Islamica delle Alpi,
un’associazione attiva a Torino dal 1998 sui
temi dell’inserimento della comunità
musulmana nel tessuto sociale e culturale
torinese. La moschea oltre ad essere uno
spazio di preghiera e di incontro per la
comunità musulmana torinese - ospita più
di un migliaio di fedeli nella preghiera del
venerdì - è anche un luogo aperto alla città,
che ospita periodicamente visite di classi
scolastiche, associazioni e gruppi nonché
semplici cittadini curiosi di conoscere di più
sull’Islam e i musulmani; La moschea è
inoltre uno spazio di dialogo interreligioso e
interculturale, ha ospitato recentemente la
Giornata del dialogo cristiano-islamico cui
hanno aderito una quarantina di realtà
islamiche, cristiane, religiose e laiche e ha
visto la partecipazione di centinaia di
persone delle diversi fedi.
L’associazione svolge anche attività
rivolte ai giovani, alle donne e ai bambini, a
questi ultimi vengono offerti dei corsi
settimanali di lingua araba in una sede
didattica torinese.
!
E’ stato facile procedere all’affitto
del nuovo spazio?
!
Non ci sono state particolari difficoltà a
trovare lo spazio necessario che era nello
stesso immobile della nostra vecchia sede,
non abbiamo neanche avuto problemi con il
comune per quanto riguarda i permessi e il
cambio della destinazione d’uso. Tuttavia
quando si era diffusa la voce dell’apertura
del centro nel quartiere ci è stata una
raccolta di firme contro l’apertura, ma con il
46
coinvolgimento e l’apertura del centro al
quartiere questa diffidenza è stata
superata, oggi la moschea è un punto di
incontro per il comitato di quartiere dove
discutiamo sui vari temi riguardanti il nostro
quartiere dalla sicurezza alla pulizia, alle
varie iniziative che organizziamo insieme.
C’è da dire che le spese di affitto e di
gestione della moschea sono interamente
sostenute con le offerte dei fedeli che
frequentano e non facciamo ricorso a
nessun finanziamento esterno.
!
Lo spazio del quale disponete ora
risponde ai vostri bisogni?
!
Già dal primo giorno questo spazio, pur
ampio, non soddisfaceva il fabbisogno della
comunità musulmana che abita in questo
zona di Torino, il venerdì la moschea si
riempie al di là della sua capienza e non
disponiamo di altri spazi per svolgere le
nostre attività diverse dalla preghiera.
Per questo nel 2013 abbiamo acquistato un
nuovo spazio molto più grande in zona
Madonna di campagna, nel quale oltre a
svolgere la preghiera abbiamo numerosi
altri spazi per le nostre attività di
formazione e di incontro.
!
Questo luogo ti rappresenta?
!
Certamente, per quello che vi si svolge
all’interno, sono molto fiero di quello che
riusciamo a fare con la comunità e con il
resto della cittadinanza. Resta tuttavia il
punto sulla visibilità di questi spazi che,
purtroppo, siamo costretti a ricavare in
capannoni, garage e che non
rappresentano in modo dignitoso la nostra
fede, questa mancanza credo la
supereremo con il tempo una volta che
avremo le risorse sufficiente per costruire
delle moschee degne di questo nome.
le moschee come purtroppo succede in
altre città italiane.
Noi comunque, come ho detto, stiamo
Questo spazio è affiliato ad altre
acquistando un nuovo spazio in una zona
associazioni islamiche?
periferica di Torino, che vorremo con il
Questo spazio è gestito interamente
tempo ristrutturare e trasformare in un
dall’associazione Islamica delle Alpi che
luogo degno di questo nome, una vera
non è affiliata a nessuna organizzazione
moschea.
nazionale, anche se molti nostri aderenti
sono anche membri dell’organizzazione
“Vera”, come quella di Roma?
nazionale PSM, Partecipazione e
Spiritualità Musulmana, attiva in diverse
La moschea di Roma non fa testo, è
regioni italiane.
stato un progetto fortemente voluto da
La moschea tuttavia collabora con tutte le alcuni Stati musulmani più per questioni
altre realtà islamiche torinesi con cui simboliche che come servizio alla comunità
sediamo in un coordinamento delle musulmana italiana, infatti è stata costruita
moschee torinesi, per discutere le questioni nel quartiere più benestante della città,
riguardanti i musulmani della città.
molto lontana anche fisicamente dalla
comunità musulmana romana. E ad oggi
Quali sono i motivi per cui non vi è nel suo consiglio di amministrazione
possibile disporre di un luogo
siedono gli ambasciatori dei paesi
maggiormente rappresentativo per musulmani senza alcun coinvolgimento
voi?
della comunità musulmana italiana.
!
!
!
!
!
!
I motivi come le ho detto, sono
innanzitutto di natura finanziaria, la
comunità ad oggi non dispone di risorse
economiche sufficienti; il secondo motivo è
trovare uno spazio adatto in una posizione
centrale rispetto alla concentrazione
geografica della comunità; Un’altra ragione
che ostacola in tutta Italia l’apertura di vere
e proprie moschee è la normativa
nazionale, ancora molto arretrata, pensi
che facciamo ancora riferimento alla legge
sui “culti ammessi” risalente all’epoca
fascista, manca quindi una moderna legge
sulla libertà religiosa che attui i principi
stabiliti nella Costituzione, e manca ancora
l’intesa dello Stato italiano con la
confessione islamica come prevede l’art. 8
della Costituzione.
Detto questo, bisogna dire che
l’amministrazione comunale torinese è
stata sempre a disposizione e non si è mai
impegnata in campagne ideologiche contro
47
!
Si è trattato di un importante
riconoscimento per le vostre
comunità?
!
Non lo direi.
Per quanto importante meta turistica e
luogo più che dignitoso in cui recarsi, di
fatto si tratta di una moschea che come
dicevo non si rivolge direttamente alle
nostre comunità, e rappresenta quello che
viene definito l’Islam degli Stati, noi invece
vorremmo costruire un islam autoctono,
italiano a tutti gli effetti, che sia autonomo
finanziariamente, politicamente e anche
religiosamente, e non sia sotto la tutela di
questo o quello Stato straniero, solo un
islam così può essere rappresentativo dei
cittadini musulmani italiani.
Luoghi religiosi a Torino?
Riflessioni
Di Homers, Tra_Architettura condivisa, Benvenuti in Italia
Ovunque nuovi edifici di culto nascono
per far fronte alle esigenze di miliardi di
fedeli. Tra i progetti d’avanguardia che
esprimono la contemporaneità della
tensione del religioso “luoghi multi-fede”
sono immaginati come futuri centri delle
attività culturali e politiche delle città:
l'edificio chiesa-moschea-sinagoga in
Petriplatz a Berlino (si veda il progetto:
http://house-of-one.org/en), o la
Doppelkirche di Friburgo, la piramide
Astana in Kazakistan sono esempi di
questa tendenza; allo stesso modo, il piano
di costruzione di una Casa delle Religioni
nella città di Berna, e in altre metropoli
europee.
!
Altri edifici offrono una concezione
ibrida, più che funzionale, dal punto di vista
del loro significato culturale: è il caso del
Museo Diocesano d'Arte Kolumba, che
mescola l'approccio artistico e quello
religioso alla divinità. La Chiesa Ortodossa
offre a sua volta esempi interessanti: la
chiesa di San Giovanni Battista a L'viv può
essere considerata metaforicamente una
memoria della guerra, e conserva una
traccia dei conflitti negli spazi postsocialisti, dal momento che è stata in
funzione come il Museo dei Monumenti
Antichi a partire dal 1993 e come chiesa
consacrata a partire dal 2009.
!
“Spazi Multi-Fede” vengono sempre più
frequentemente progettati all'interno di
organizzazioni e istituzioni come campus
universitari, prigioni, ospedali, aeroporti, o
spazi pubblici come giardini, centri
commerciali e spazi espositivi.
!
48
In quest'area di studi
sono stati condotti specifici progetti di
ricerca, come “Spazi Multi-Fede: sintomi e
agenti di cambiamento religioso e sociale”
realizzato dall'università di Manchester nel
quadro del programma “Religione e
Società” (2007/2012), e i contributi di altri
studiosi, sul modo in cui i luoghi religiosi
all'interno delle istituzioni pubbliche siano
cambiati nel tempo, principalmente riguardo
al modo in cui vengono immaginati, posti in
essere e utilizzati (per lo più nel Regno
Unito). Similmente in Spagna, mentre
veniva realizzato il primo database dei
luoghi di culto (ad esempio ad opera
dell'Observatorio del Pluralismo Religioso),
alcuni studiosi iniziavano a formulare
un'analisi teoretica in sostegno al design
operativo degli SMF. Contributi di questo
genere possono essere considerati come
punti di partenza che testimoniano la
necessità di una profonda riflessione sulle
connessioni tra gli SMF e la facilitazione
pubblica delle pratiche religiose (o
semplicemente una digressione storica
interessante) e sul modo in cui attori
religiosi e società civile siano contenuti in
tali spazi.
!
E !a Torino?
Negli ultimi decenni le confessioni
religiose a Torino sono passate dalle 120
alle più di 200... Come ha scritto di recente
Letizia Tortello (La Stampa del 28
settembre 2013), a Torino “si prega
ovunque”, nelle chiese, nei cortili, nei
garage e nelle palestre; chiese strutturate e
forme di aggregazione temporanea sono
mescolate a pratiche di vita e filosofie
del benessere. Lo racconta bene
l’osservatorio religioso di Luigi Berzano
(http://www.pluralismoreligioso.it/) e lo
mostra il sito di reparty promosso
Benvenuti in Italia (http://reparty.it/). Senza
dubbio, la comunità religiosa in continua
espansione è quella islamica, composta da
persone provenienti da Marocco, Egitto,
Albania, Tunisia, Nigeria, Senegal, Costa
d'Avorio, Somalia, per un totale di circa
3 0 . 0 0 0 f e d e l i . Vo l e n d o t e n e r e i n
considerazione il volto plurale dell’islam,
che per il 98% a Torino è sunnita, non si
può non dire quanto il panorama sia
complesso e stratificato, sin dalla fine degli
anni Settanta. Tra i differenti “luoghi
dell’islam”, le sale che abbiamo mappato
sono il segno di questa presenza vivace.
!
Eppure anche l’identità tradizionale dei
luoghi religiosi non è sufficiente per
descrivere le possibilità architettoniche
entro cui si muovono le comunità religiose.
I cambiamenti nell'utilizzo degli edifici e
il loro significato per le identità, le politiche,
e le culture urbane sono diventati un tema
importante tra quelli relativi agli spazi
urbani. Fenomeni come la sempre più
veloce secolarizzazione (o sconsacrazione)
delle chiese cristiane, o il loro nuovo ruolo
di simboli di aspirazioni nazionaliste (ad
esempio il caso della nuovissima
“Cattedrale per la Salvezza del Popolo
Romeno) stanno modificando rapidamente
il panorama architettonico e religioso
urbano.
!
Anche per questo Torino può ambire a
realizzare una struttura che ospiti le
religioni presenti in città. L’idea di fondo è
quella di riunire culti diversi all’interno di
una stessa area, in contesto urbano – qual
è quello torinese- in via di ampliamento sia
dal punto di vista architettonico che sociale,
sebbene la location non sia ancora stata
49
decisa definitivamente. Torino è un
laboratorio culturale e sociale e la
superdiversità che la distingue sarebbe
certamente un ottima ragione per riflettere
su nuovi modelli di co-esistenza e incontro.
La prima idea è stata discussa da
Homers, Tra e Benvenuti in Italia, con il
Comitato Interfedi di Torino, per scambiare
opinioni su alcune peculiarità che potrebbe
assumere tale edificio: spazi, ordine
interno, visibilità, criteri di inclusione e
esclusione di fedi e forme di spiritualità.
MEDIA
!
50
Rassegna stampa
Le moschee a Torino
DI ILARIA BIANO
Quella delle Moschee rappresenta una
delle questioni più spinose per quel che
concerne i rapporti con l’Islam, non
solamente in Italia, dove ciclicamente il
dibattito si infiamma, ma in tutta Europa,
seppur con toni e declinazioni differenti,
basti pensare al famoso referendum
svizzero sui minareti. Dietro ai principali
motivi di tensione generalmente esplicitati
nei momenti di maggior conflittualità (dalla
sicurezza alla viabilità, all’esigenza di
trasparenza alla non necessità di luoghi di
culto per altre fedi) si cela evidentemente
anche altro. Come ha notato il sociologo
Stefano Allievi, i conflitti intorno alle
moschee sono più che mai conflitti di
potere: conflitti che hanno piuttosto a che
fare con la gestione e il controllo dello
spazio, fisicamente e simbolicamente.
I due casi di Torino e Milano differiscono
alquanto, soprattutto nella gestione della
tematica da parte dell’amministrazione:
quello di Torino può essere considerato in
parte un caso “virtuoso” in cui si è agito
rispettando prassi e procedure prefissate e
già esistenti e non nell’ottica
dell’eccezionalismo e dell’emergenza,
conducendo a risultati tangibili. La
situazione milanese e lombarda
rappresentano, invece, in maniera plastica
le criticità tipiche dei conflitti legati alla
presenza islamica in Italia. Tuttavia
entrambe le situazioni possono, forse,
rivelare quella dimensione conflittuale
legata alla gestione simbolica del potere e
non solo, seppur con protagonisti diversi. A
Milano e in generale in Lombardia (dato
l’interventismo a più riprese negli ultimi anni
anche dell’amministrazione regionale) tale
conflitto si è esplicitato anche a colpi di
provvedimenti amministrativi ad hoc e leggi
regionali volte a limitare un diritto sancito
51
costituzionalmente quale quello a
esercitare liberamente la propria fede
religiosa. A Torino le speculari vicende della
Moschea di Via Urbino e di quella di Via
Genova lasciano intravedere una
conflittualità questa volta tutta interna al
campo musulmano italiano e alla
costellazione di associazioni che lo
compongono. Realtà spesso in
competizione tra loro per la rappresentanza
ufficiale e istituzionale di tutto l’Islam
italiano, i rapporti con lo Stato e gli organi di
rappresentanza e consultivi che di volta in
volta vengono, anche artificiosamente,
istituiti e la rete transnazionale che collega
l’Islam italiano ai Paesi islamici e alle
organizzazioni islamiche internazionali.
Tutte variabili queste che, come emerge
nelle vicende delineate nella rassegna
stampa proposta, influiscono anche su
realtà locali ma, soprattutto, sulla vita
quotidiana di migliaia di fedeli.
Torino
!
Repubblica 31 Dicembre 2010
Ultimo sì alla moschea possono
partire i lavori
Torino Cronaca 28 Gennaio 2011
Stop alla moschea “Carte
incomplete” arrivederci al 2012
h t t p : / / w w w. c o m u n e . t o r i n o . i t /
urbanbarriera/bm~doc/2011-01-28_stopalla-moschea-carte-incomplete-arrivedercial-2013.pdf
Gli uffici tecnici del Comune hanno
bocciato il progetto presentato
dall’Associazione Casa di famiglia guidata
dall’Imam Mohamed Bahreddine per la
ristrutturazione di un magazzino in zona
Barriera di Milano al fine della creazione di
un Centro culturale e Moschea. Irregolarità
nel cambio di destinazione d’uso la
motivazione. L’assessore Curti invita
l’associazione a seguire l’iter giàpercorso
dall’Associazione La Palma, con la
costituzione anzitutto di una Onlus; un
percorso più lungo ma più trasparente.
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/
archivio/repubblica/2010/12/31/ultimo-sialla-moschea-possono-partire-lavori.html?
ref=search
Dicembre 2011, l’amministrazione
comunale accorda il permesso a
ristrutturare un ex fabbrica acquistata
dall’associazione La Palma, cui fa capo il
Centro islamico di Corso Giulio Cesare, al
fine di realizzare una Moschea in Via
Urbino, zona Nord della città. Il progetto per
la ristrutturazione mira a creare un Centro
culturale aperto alla comunità e alla città,
senza minareto, con attività di culto in
arabo e in italiano. L’acquisto dei locali e la
ristrutturazione sono stai possibili anche
grazie al finanziamento del governo del Torino CronacaQui 31 Agosto 2011
Marocco, fatto che ha destato le critiche di Un’altra moschea: dopo Via Urbino
tocca a Torino Sud
Lega Nord e centrodestra.
h t t p : / / w w w. c r o n a c a q u i . i t / t o r i n o /
17635_unaltra-moschea-dopo-via-urbinoLa Repubblica 2 Gennaio 2011
tocca-a-torino-sud.html
La Lega ricorre al Tar contro la
L’esempio di Via Urbino sollecita altre
moschea
http://torino.repubblica.it/cronaca/ realtà torinesi e l’amministrazione stessa a
2 0 1 1 / 0 1 / 0 2 / n e w s / avviare pratiche analoghe in altre zone
la_lega_ricorre_al_tar_contro_la_moschea- della città. Altri Imam si dicono interessati a
seguire l’iter che ha portato l’associazione
10773803/
In seguito alla concessione del La Palma e il suo responsabile Abdelaziz
permesso da parte del Comune per partire Khounati a ottenere i permessi per la
di
To r i n o
Nord
con i lavori di ristrutturazione dello stabile di m o s c h e a
Via Urbino e l’annuncio da parte del (momentaneamente bloccata per un ricorso
responsabile del Centro culturale islamico al Tar della Lega Nord). In particolare il
Khounati dell’avvio dei lavori in Gennaio Centro culturale di Moncalieri sarebbe già
2011, la Lega Nord annuncia il ricorso al in trattativa.
!
!
Tar, sostenendo l’inadeguatezza del luogo
scelto e la necessità di una variante al
piano regolatore. Il sindaco Chiamparino si
dice sicuro della regolarità e della
trasparenza dell’iter e l’assessore Curti è
certa che Torino diventerà un modello.
!
52
!
La Stampa 29 Ottobre 2011
Sì definitivo alla moschea in Via
Urbino
http://www.lastampa.it/2011/10/29/
cronaca/si-definitivo-alla-moscheain-viaurbino-pKZV1de04zlDDSQBoY1rpL/
pagina.html
Il Tar ha respinto il ricorso della Lega
non essendo i ricorrenti legittimati a
ricorrere in quanto non direttamente toccati
dal provvedimento. L’iter di assegnazione è
stato riconosciuto corretto: il magazzino è
attualmente area destinata a servizi e la
moschea, luogo di culto, vi rientra. Entro sei
mesi, secondo il responsabile, sarà così
pronta la seconda “vera” moschea d’Italia,
specificamente luogo di culto e non Centro
culturale.
collaborazione delle comunità islamiche
non solo di Torino, ma anche di Moncalieri
e Nichelino, per i responsabili è solo un
punto di partenza per aprirsi a tutta la città.
Manifestazione di protesta della Lega
all’esterno; alcuni manifestanti hanno
accettato l’invito a prendere parte al
banchetto.
!
Repubblica 6 Luglio 2013 La prima
preghiera nella moschea
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/
archivio/repubblica/2013/07/06/la-primapreghiera-nella-moschea.html?ref=search
Tre anni sono passati dalla richiesta dei
permessi, ma la Mosche di Via Genova
apre ora i battenti: locali acquistati anche
grazie al contributo del Marocco, lavori
svolti da tutta la comunità, quella al confine
Repubblica 14 Febbraio 2012 Non con Moncalieri sarà la prima Moschea
vogliamo la moschea. La Lega
d’Italia a ottenere l’affiliazione alla Grande
sobilla Via Genova
Moschea di Roma e a essere riconosciuta
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/
come luogo di culto dallo Stato.
archivio/repubblica/2012/02/14/nonvogliamo-la-moschea-la-lega-sobilla.html?
Repubblica 30 Giugno 2014 Il
ref=search
luogo di culto di Via Genova
Proteste da parte degli abitanti della compie un anno e si apre alla città
Circoscrizione 9 a un incontro promosso
http://rassegnastampa.comune.torino.it/
dalla Lega Nord alla vigilia dell’avvio dei E c o T i f f P i l o t / D e f a u l t . a s p x ? F N = D :
lavori di ristrutturazione del locale di Via % 5 C E c o s t a m p a % 5 C I m g % 5 C 2 R 9 Y
Genova acquistato dal Centro culturale %5C2R9YFZP?.TIF&MF=1&SV=Rassegna
islamico di Moncalieri; l’autorizzazione del %20Stampa&PD=1
Comune c’è fin dal 2009, nessun cambio di
La Moschea di Via Genova compie un
destinazione d’uso necessario. Residenti si anno e in occasione delle celebrazioni per il
dicono preoccupati per la sicurezza e la mese di Ramadan apre le porte a tuta la
Circoscrizione vuole rassicurazioni su c o m u n i t à t o r i n e s e . I l r e s p o n s a b i l e
viabilità, uso degli spazi, traffico.
Abdelghani El Rhalmi ha spiegato infatti
che, soprattutto nel fine settimana, saranno
organizzati momenti d’incontro e banchetti
Il Giornale 6 Luglio 2013 Torino,
apre la moschea la Lega scende in dopo il tramonto per far conoscere questa
piazza
particolare celebrazione islamica.
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/
torino-apre-moschea-lega-scende-piazzaquesta-non-933519.html
Si inaugura la prima Moschea
riconosciuta come tale ufficialmente a
Torino, in Via Genova. Nata dalla
!
!
!
53
Torino CronacaQui 2 Ottobre
2014
A Torino 15 moschee. Gli Imam
si uniscono in un
coordinamento
http://rassegnastampa.comune.torino.it/
EcoTiffPilot/Default.aspx?FN=D:
%5CEcostampa%5CImg%5C325M
%5C325MHJP?.TIF&MF=1&SV=Rassegna
%20Stampa&PD=1
Quindici le sale di preghiera islamiche a
Torino, la Moschea di Via Genova e
trentamila musulmani sul territorio cittadino.
Ora le Associazioni e Centri culturali
islamici stanno pensando di riunirsi in un
Coordinamento cittadino che superi le
differenze e divisioni tra i vari centri. Da
Porta Palazzo a Mirafiori, da San Salvario a
Madonna di Campagna; tutti riuniti con
l’eccezione di quella che fino a qualche
anno fa sembrava l’unica certezza: Via
Urbino e il Centro culturale La Palma, un
“giallo” dal destino sospeso. Divisioni
politiche da superare soprattutto tra le due
più grandi realtà associative italiane: l’UCOI
e la Confederazione Islamica Italiana nata
nel 2012 di cui fa parte anche la Grande
Moschea di Roma.
!
Torino CronacaQui 2 Ottobre 2014
Il ministero di Rabat congela i
fondi. Bloccati i cantieri al centro
islamico
http://rassegnastampa.comune.torino.it/
EcoTiffPilot/Default.aspx?FN=D:
%5CEcostampa%5CImg%5C325M
%5C325MA5P?.TIF&MF=1&SV=Rassegna
%20Stampa&PD=1
Lavori fermi da un anno nei locali di Via
Urbino, più di tre anni di ritardo sul progetto
e i fondi dal Marocco che sembrano non
arrivare più. All’origine dei dissensi sembra
esserci la presa di distanza
dell’associazione La Palma dall’Ucoii e
dalla Coreis e la mancata adesione alla
Confederazione Islamica Italiana. Il
governo del Marocco avrebbe preferito
54
dirottare i fondi sulla Moschea di Via
Genova; aspre critiche sono state rivolte
nei confronti del responsabile de La Palma,
Khounati.
Il Giornale 4 Ottobre 2014 Via
Urbino “Presto la moschea
diventerà una realtà e senza
pregiudizi”
http://rassegnastampa.comune.torino.it/
EcoTiffPilot/Default.aspx?FN=D:
%5CEcostampa%5CImg%5C32FO
%5C32FO6JP?.TIF&MF=1&SV=Rassegna
%20Stampa&PD=1
Le autorizzazioni sono tutte pronte da
tre anni, ma la Moschea di Via Urbino
ancora non ha visto il via dei lavori; la
mancanza di fondi è il problema maggiore,
nonostante il coinvolgimento del governo
del Marocco. Il responsabile Khounati si
dice fiducioso; a questo scopo ha anche
creato l’Unione Musulmani Italiani che
presiede e che mira a creare una
federazione nazionale di Centri culturali con
fedeli di origine marocchina. La Moschea di
Via Urbino sarà comunque un centro aperto
a tutta la comunità islamica e a tuta la città,
promotrice del dialogo interreligioso. Quello
che ancora manca è un finanziatore.
!
Torino CronacaQui 15 Gennaio
2015 “Vogliono aprire un’altra
moschea” Scatta l’allarme a
Barriera di Milano
http://rassegnastampa.comune.torino.it/
EcoTiffPilot/Default.aspx?FN=D:
%5CEcostampa%5CImg%5C3EOA
%5C3EOADPP?.TIF&MF=1&SV=Rassegn
a%20Stampa&PD=1
La Lega Nord e il comitato spontaneo di
cittadini Barriera di Milano Torino Nord
hanno presentato un esposto per chiedere
verifiche circa la presenza di un luogo di
aggregazione e culto islamico in Via Sesia
e la possibilità di apertura di un uovo luogo
di culto in Via Ceresole. I residenti si dicono
preoccupati e evidenziano come in zona
siano già presenti altri tre luoghi di culto.
Milano
!
Repubblica 27 Aprile 2011
Sicurezza e nuova Moschea si
infiamma la campagna elettorale
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/
archivio/repubblica/2011/04/27/sicurezzanuova-moschea-si-infiamma-lacampagna.mi_005sicurezza.html?
ref=search
La campagna elettorale tra Letizia
Moratti e Giuliano Pisapia si infiamma sulla
possibilità di costruire una Moschea in città.
Pisapia ha scritto in una lettera al comitato
Jenner-Farini che una nuova Moschea non
è più rinviabile, il Comune deve dare una
risposta durature per il bene di tutta la città.
Di segno opposto la risposta del
Centrodestra: nessuna misura finché non ci
sarà una normativa nazionale e,
comunque, Milano non ha bisogno di una
Moschea.
!
Repubblica 6 Marzo 2012 Mosche
di Cascina Gobba: il Comune
verso il via libera
http://milano.repubblica.it/cronaca/
2 0 1 2 / 0 3 / 0 6 / n e w s /
arriva_il_via_libera_del_comune_alla_mosc
hea_di_cascina_gobba-31008865/
Il Comune di Milano riconoscerà il
Centro culturale islamico di Cascina
Gobba, 1200 metri quadri in Via Padova,
tra gli spazi più moderni e ampi tra i luoghi
di culto islamici in città. La giunta Moratti
aveva più volte invocato la chiusura;
l’associazione guidata da Mohamed Maher
Kabakebbji ha svolto ingenti lavori di
ristrutturazione. Il vice sindaco Guida in
seguito a una visita in Via Padova si è detta
soddisfatta dei rapporti istituiti con la realtà
di Cascina Gobba, un esempio da seguire.
Il Giornale 10 Maggio 2013
Moschea a Milano, arrivata la
richiesta. Maroni “rispettare le
radici”
55
http://www.ilgiornale.it/news/milano/
moschea-milano-arrivata-richiesta-comunemaroni-rispettare-915981.html
Il sindaco Pisapia ha creato un albo al
fine di procedere alla costruzione di nuovi
luoghi di culto, così come previsto dal
nuovo Paiano di governo del territorio. E
sono già arrivate le prime richieste da parte
delle associazioni islamiche per la
costruzione della prima Moschea nel
capoluogo lombardo. Possibilita in linea di
principio il governatore Maroni; pronti a dar
battaglia i leghisti in consiglio che tornano a
parlare di referendum cittadino o di
quartiere.
!
Il Giornale 6 Agosto 2014
“Moschea per Expo? Il tempo c’è”
http://www.ilgiornale.it/news/milano/
moschea-expo-tempo-c-1043104.html
Dopo un incontro con tutte le comunità
religiose milanesi che reclamano la
costruzione di nuovi luoghi di culto, il
Comune ha promesso l’individuazione di
quattro aree dedicate e la creazione di un
portale in vista dell’Expo con l’indicazione
dei luoghi già esistenti. Mahmoud Asfa
della Casa di cultura islamica di Via Padova
si dice convinto che con la volontà politica il
tempo per la costruzione di una moschea
entro il 2015 ci sarebbe. I fondi non
mancherebbero e l’Associazione sarebbe
un riferimento già conosciuto e rispettato in
città.
!
Milano Today 25 Agosto 2014
Moschee a Milano? Lo deciderà un
referendum cittadino
http://www.milanotoday.it/politica/
referendum-moschee-milano-25agosto-2014.html
La Lega Nord presenta un progetto di
legge regionale per ostacolare con regole
più severe la creazione di moschee. Tra le
altre misure l’indizione di un referendum
nelle città in cui si facesse richiesta di
costruire un luogo di culto, vincolante
anche per l’amministrazione comunale. gara per Lampugnano il Centro islamico di
Per la lega, i luoghi di culto islamici sono Vale Jenner, la Coreis e il Caim.
centri di indottrinamento per i terroristi e
vanno bloccati.
Repubblica 12 Marzo 2015 Il
!
!
Repubblica 30 Gennaio 2015
Legge anti moschee: Pisapia sfida
Maroni
http://milano.repubblica.it/cronaca/
2 0 1 5 / 0 1 / 3 0 / n e w s /
legge_anti_moschee_dopo_i_dubbi_della_
curia_pisapia_sfida_maroni_arriver_alla_co
nsulta-106119550/
la Regione Lombardia ha approvato la
nuove legge in materia di costruzione di
luoghi di culto che istituisce norme e
condizioni estremamente rigide, volte
esplicitamente in senso anti moschee. Il
Comune, che ha già bandito una gara per
l’assegnazione di tre lotti per l’edificazione
di luoghi di culto non si ferma e si dice
sicuro dell’incostituzionalità della legge e
della necessità di rivolgersi alla Consulta.
Perplessità anche dalla curia.
!
Il Sole 24 Ore 19 Febbraio 2015
Moschea di Milano: queste le aree
scelte dal comune
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/
2015-02-19/milano-sprint-finale-lamoschea-aree-scelte-comune-e-chipartecipa-gara-101925.shtml?
uuid=ABaVTLxC
il Comune di Milano ha indetto un bando
per mettere a disposizione di associazioni
senza scopo di lucro con finalità religiose
due aree e un immobile per la realizzazione
di nuovi luoghi culto. Rogoredo,
Lampugnano vicino al Palasharp dove già
si riunisco i musulmani per la preghiera e
uno stabile da ristruttura in viale Padova
sono i siti in questione. È previsto un
canone annuale per ciascun anno di
concessione fino a un massimo di 30 anni,
con spese di riqualificazione e
manutenzione a carico del assegnatario. In
56
governo la impugna la legge anti
moschee
http://milano.repubblica.it/cronaca/
2 0 1 5 / 0 3 / 1 2 / n e w s /
islam_il_governo_impugna_la_legge_anti_
moschee_del_pirellone_il_pd_maroni_cam
bi_rotta_-109396265/
Il Governo ha deciso di portare davanti
alla Corte Costituzionale la nuova legge
regionale lombarda in materia di urbanistica
e edificazione di luoghi di culto; una legge
volta esplicitamente contro la comunità
islamica dato il requisito richiesto ai
richiedenti di aver stipulato un’Intesa con lo
Stato, ma che pone paletti molto rigidi
anche a altre confessioni. Per il
Governatore Maroni si tratta di una
ritorsione.
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Edizioni, Alessandria 2015
59
Filmografia
!
‣ Il cacciatore di aquiloni di Marc
Foster (2008) : storia di amicizia e
separazione fra Amir, ragazzo afghano
di etnia Pashtun, e Hassan, figlio del
suo servo di etnia Hazara. Tratto dal
romanzo di K.Hosseini
!
‣ Osama di Siddiq Bornaq (2003):
Nella Kabul governata dai Talebani una
ragazzina è costretta a travestirsi da
maschio per mantenere madre e nonna.
!
‣ Viaggio a Kandahar di Moshen
Mokhmalbaf (2001) : donna afgana
rientra clandestinamente in Afganistan
per soccorrere la sorella ferita da una
mina.
!
‣ Il fondameltalista riluttante, Un film
di Mira Nair. Con Riz Ahmed, Kate
H u d s o n , L i e v S c h r e i b e r, K i e f e r
Sutherland, Om Puri. Titolo originale
The Reluctant Fundamentalist. Thriller,
durata 130 min. - USA, Gran Bretagna,
Qatar 2012.
http://www.mymovies.it/
film/2012/thereluctantfundamentalist/
!
‣ Monsieur Ibrahim e i fiori del
Corano, Un film di François Dupeyron.
Con Omar Sharif, Pierre Boulanger,
Isabelle Adjani, Isabelle Renauld, Eric
Caravaca Titolo originale Monsieur
Ibrahim et les fleurs du Coran.
Drammatico, Ratings: Kids+16, durata
94 min http://www.mymovies.it/film/
2003/monsieuribrahimeifioridelcorano/
Parigi, anni '60. Momo, un ebreo di
undici anni, vive solo con un padre
depresso e taciturno. Il ragazzino
stringe amicizia con Ibrahim, il
proprietario arabo della drogheria del
quartiere ebraico. Insieme
intraprendono un viaggio verso Oriente,
lungo un percorso disseminato di "fiori
60
del Corano", le frasi che l'anziano
saggio sufita pronuncia nelle
conversazioni con il suo piccolo amico.
!
‣ Valzer con Bashir, Un film di Ari
Folman. Con Ari Folman, Mickey Leon,
Ori Sivan, Yehezkel Lazarov, Ronny
Dayag. Titolo originale Waltz With
Bashir. Drammatico, durata 87 min. Israele, Germania, Francia 2008 http://
w w w. m y m o v i e s . i t / f i l m / 2 0 0 8 /
valzerconbashir/
!
‣ La bicicletta verde, Un film di
Haifaa Al-Mansour. Con Reem Abdullah,
Waad Mohammed, Abdullrahman
Algohani, Ahd Kame, Sultan Al Assaf
Titolo originale Wadjda. Drammatico,
durata 100 min. - Arabia Saudita,
Germania 2012. http://www.mymovies.it/
film/2012/wadjda/
!
‣ Mio figlio il fanatico Un film di
Udayan Prasad. Con Stellan Skarsgård,
Om Puri, Akber Kurtha, Gopi Desai,
Harish Patel. Titolo originale My Son the
Fanatic. Commedia, Ratings: Kids+16,
durata 95' min. - Gran Bretagna 1998.
http://www.mymovies.it/film/1998/
miofiglioilfanatico/
!
‣ East is East, Un film di Damien
O'Donnell. Con Om Puri, Linda Bassett,
Jordan Routledge, Archie Panjabi, Jimi
Mistry Commedia, durata 96 min. - Gran
Bretagna 1999. http://www.mymovies.it/
dizionario/recensione.asp?id=32889
!
‣ Persepolis di Marjane Satrapi
(Francia, 2006, 95')
Teheran, 1978: Marjane, otto anni,
sogna di essere un profeta che salverà
il mondo. Educata da genitori molto
moderni ed impegnati politicamente,
segue gli avvenimenti che porteranno
alla Rivoluzione provocando la caduta
dello Scià. Con l'instaurazione !
dellaRepubblica islamica, Marjane
diventa rivoluzionaria, ma la repressione
islamica diventa ogni giorno più dura…
http://www.mymovies.it/film/2007/
persepolis/
!
‣ Viaggio alla Mecca di Ismael
Ferroukhi (Francia, 2004, 105')
In Francia, un anziano marocchino
vuole recarsi a La Mecca prima di
morire e chiede al giovane figlio, che è
nato in Francia e non è musulmano, di
accompagnarlo in automobile. Fra loro
c'è una grande distanza. La cultura
diversa, la fede fervida del padre e
debole nel figlio, l'età, sono i muri che si
frappongono nella costruzione di un
dialogo e di una condivisione. Il viaggio
sarà lungo e difficile, con molti ostacoli
da superare, ma l'arrivo alla Mecca li
costringerà a parlarsi.
!
‣ Acque silenziose di Sabiha Sumar
(Pakistan, 2003, 105')
Aisha decide, dopo la morte del marito,
di dedicarsi all'educazione del figlio
Salim. L'avvento della legge islamica
integralista nel paese le sconvolgerà la
vita. Salim entrerà nel gruppo degli
attivisti, mentre l'arrivo nel villaggio di
pellegrini indiani-indu' risveglierà in
Aisha ricordi strazianti della sua vera
infanzia.
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Sitografia
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www.cosmonitor.com/site/
www.cpdsi.fr/wp-content/uploads/2014/04/
UNE-NOUVELLE-FORMEDEMBRIGADEMENT-DES-MINEURS-ETDES-JEUNES-MAJEURS-DANS-LETERRORISME-CPDSI-RAPPORT-RECHETAPE-1.pdf
www.icsr.info/category/publications/
www.itstime.it/w/tag/isis/
www.jihadology.net/
61
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