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RASSEGNA
Diabete mellito e malattie cutanee autoimmuni
Gualtieri B, Chiricozzi A, Romanelli M
Clinica Dermatologica, Università di Pisa, Pisa
RIASSUNTO
Il gruppo delle dermatosi a patogenesi autoimmune è vasto e comprende patologie organo-specifiche e sistemiche. Si tratta di entità
nosologiche relativamente rare accomunate da un’eziopatogenesi multifattoriale complessa, in cui fattori ambientali di varia natura
(infettivi, farmacologici, fisici o psichici) agiscono da trigger su una base poligenica predisponente. Fra queste, alcune patologie come
la vitiligine o l’alopecia areata si possono associare ad altre malattie autoimmuni, compreso il diabete mellito di tipo 1. La vitiligine
è un disordine acquisito della pigmentazione che interessa lo 0,5-2% circa della popolazione e fa il suo esordio generalmente in
età pediatrica. L’alopecia areata, invece, esordisce spesso prima dei 20 anni con la comparsa improvvisa di chiazze ovalari glabre
al cuoio capelluto o all’area della barba dando origine a quadri differenti per estensione, evoluzione e prognosi. La popolazione
diabetica presenta una prevalenza maggiore di celiachia rispetto alla popolazione generale (4% circa): la dermatite erpetiforme
rappresenta l’espressione cutanea dell’enteropatia in un subset di pazienti. Altre patologie cutanee immunomediate si associano al
diabete di tipo 2. La psoriasi mostra un’aumentata incidenza di diabete mellito di tipo 2 che incrementa il rischio di complicanze
cardiovascolari. L’idrosadenite suppurativa è malattia infiammatoria cronica invalidante a eziologia sconosciuta. Alla luce della
complessità che caratterizza patologie ritenute in passato di interesse esclusivamente dermatologico, dunque, un nuovo approccio
multidisciplinare appare necessario per questa tipologia di pazienti a elevato rischio cardiovascolare.
SUMMARY
Diabetes mellitus and autoimmune skin diseases
Autoimmune diseases of dermatological interest can be classified as organ-specific and systemic. These relatively rare skin diseases, such
as vitiligo and alopecia areata, have a complex pathogenesis and may might be associated with other autoimmune diseases including
type 1 diabetes. Vitiligo is an acquired disease of pigmentation caused by destruction of melanocytes. The prevalence ranges from
0.5 to 2.0% of the general population, and it is more common in childhood. Alopecia areata, another autoimmune skin disorder,
causes patchy hair loss mainly on the scalp, but may involve other areas as well, and usually appears in young people under 20 years
old. Approximately 4% of diabetic patients have concomitant celiac disease, hence also its skin manifestations, namely dermatitis
herpetiformis. Other immune-mediated skin disorders such as psoriasis are associated with metabolic syndrome and type 2 diabetes,
with increasing risk for cardiovascular diseases. Hydradenitis suppurativa/acne inversa (HS) is another debilitating chronic inflammatory
skin disorder with an unknown etiology that is commonly associated with dysmetabolic diseases. These patients, with their intrinsically
higher risk of metabolic comorbid conditions, need holistic management.
Diabete mellito di tipo 1 e malattie cutanee
autoimmuni
Le patologie autoimmuni con le quali lo specialista dermatologo è chiamato a confrontarsi si dividono in organo-specifiche (le dermatosi bollose acantolitiche del gruppo del
pemfigo, quelle appartenenti al gruppo del pemfigoide, la
vitiligine, l’alopecia areata, la psoriasi, la dermatite atopica,
il lichen planus, l’orticaria cronica autoimmune) e non
organo-specifiche (il lupus eritematoso, la sclerodermia
sistemica, la dermatomiosite, la connettivite mista).
È necessario sottolineare che la definizione, un tempo largamente accettata, di patologia organo-specifica, oggi mal
si adatta a definire correttamente la psoriasi, per esempio,
a cui si associano varie comorbilità. Vi è, infatti, un ampio
spettro di patologie che possono associarsi alla psoriasi,
soprattutto di grado moderato-severo. Fra queste, l’artrite,
le patologie cardiovascolari, la depressione e la sindrome
metabolica sono quelle più frequentemente osservate. La
base che lega patogeneticamente la psoriasi alle sue comorbilità è rappresentato dagli elevati livelli di citochine
infiammatorie circolanti che possono alterare l’omeostasi
Corrispondenza: prof. Marco Romanelli, UO Dermatologia, edificio 11 c/o Azienda Ospedaliero-Universitaria “Santa Chiara”, via Roma 67,
56126 Pisa • e-mail: [email protected]
Pervenuto il 03-10-2016 • Revisione del 24-10-2016 • Accettato il 12-11-2016
Parole chiave: autoimmunità, diabete mellito, alopecia areata, vitiligine, dermatite erpetiforme, sindrome metabolica, psoriasi, idrosadenite suppurativa • Key words: autoimmunity, diabetes mellitus, alopecia areata, vitiligo, herpetiform dermatitis, metabolic syndrome,
psoriasis, hidradenitis suppurativa
Abbreviazioni: AIRE, auto-immune regulator; APECED, autoimmune polyendocrinopathy candidiasis ectodermal dystrophy; DM1, diabete mellito
di tipo 1; HLA, human leukocyte antigen, antigene leucocitario umano; HS, hidradenitis suppurativa, idrosadenite suppurativa; IL, interleuchina.
G It Diabetol Metab 2016;36:234-240
Diabete mellito e malattie cutanee autoimmuni
Tabella 1 Diabete mellito di tipo 1 e dermatosi associate.
Prevalenza
Esordio
Vitiligine
2%
< 20 anni
Alopecia areata
2%
< 20 anni
intorno ai 40 anni
Dermatite erpetiforme
Rara
Infanzia
età adulta
non soltanto cutanea, ma anche di altri organi e tessuti.
Oltre a un alterato profilo citochinico, nei pazienti affetti da
psoriasi è stato descritto anche un disequilibrio pro-obesità
dell’assetto adipochinico, configurando così un quadro di
patologia infiammatoria sistemica piuttosto che cutanea,
i cui aspetti internistico-endocrinologici continuano a essere sottovalutati all’interno del percorso terapeutico.
Se per la psoriasi nelle ultime tre decadi si è osservata
un’evoluzione rapida sia nella comprensione dei meccanismi patogenetici sia dal punto di vista dell’approccio
terapeutico, per le altre patologie autoimmuni vi sono
ancora molteplici aspetti patogenetici che devono essere
completamente chiariti. La mancata identificazione di
nuovi target terapeutici ha, di fatto, segnato il paradigma
terapeutico, per ora costituito da un ristretto numero di
trattamenti. Di regola, tali dermatosi si associano a un
preciso background genetico, in particolare a certi aplotipi del sistema HLA. Alterazioni genetiche aggiuntive, difetti della barriera epidermica, dell’immunità naturale o
adattativa cooperano per fornire il terreno predisponente
all’insorgenza di queste patologie. A questo background
genetico si associano i cosiddetti “trigger”, fattori ambientali inducenti la malattia, tra cui citiamo le radiazioni
UV, le ustioni (pemfigo volgare), i farmaci (i beta-bloccanti nel caso della psoriasi, lo spironolattone e la furosemide per il pemfigoide bolloso) e gli agenti infettivi. Il
meccanismo che più frequentemente lega questi ultimi
alla patologia cutanea è il mimetismo molecolare, ovvero
la somiglianza tra antigeni batterici e antigeni self in presenza di una particolare predisposizione individuale. Tale
legame era noto molti anni prima che le sue dinamiche
molecolari venissero chiarite. Uno degli esempi più classici ce lo offre la psoriasi guttata. Accade molto frequentemente, infatti, di osservare episodi eruttivi di psoriasi a
seguito di un’infezione streptococcica: la localizzazione e
l’eradicazione del focus infettivo determina in questi pazienti (spesso adolescenti o giovani adulti) la remissione
a lungo termine del quadro cutaneo. Sempre a questo
proposito, è pratica comune ricercare sistematicamente
un’infezione da virus dell’epatite B o C in pazienti con lichen ruber planus.
Clinica
Forme focali o segmentali,
forme generalizzate (acrofaciale, volgare, universale)
Forme lievi a prognosi
benigna, forme totali,
universali, onicopatia
Eruzione simmetrica
pruriginosa di elementi
pomfoidi e/o vescico-bollosi
Modalità d’associazione
Sporadica, sindromi
polighiandolari
autoimmuni(4-6)
Sporadica, sindromi
polighiandolari
autoimmuni(8-11)
Espressione cutanea di
enteropatia glutine-sensibile
(associazione con DM1
2-11%)(12,13)
A causa della loro componente genetico-ereditaria, esse
tendono a manifestarsi all’interno di certi nuclei familiari:
in pazienti con malattie autoimmuni cutanee può essere
quindi osservata una familiarità per processi autoimmunitari anche a carico di altri organi. Talvolta anche il
diabete mellito di tipo 1 (DM1) si associa ad alcune dermatosi a patogenesi autoimmune(1).
Diabete e vitiligine
La vitiligine è un disordine acquisito della pigmentazione
caratterizzato dalla comparsa di macchie acromiche a livello di cute, mucose e annessi cutanei. Interessa circa il
2% della popolazione mondiale, con un esordio generalmente in età pediatrica tra i 4 e gli 8 anni. Clinicamente si distingue una forma generalizzata, la più
frequente, in cui gli spot sono distribuiti sulla maggior
parte della superficie corporea in maniera più o meno
simmetrica, e forme focali o segmentali meno frequenti.
La storia naturale della malattia è caratterizzata da improvvisi peggioramenti spesso conseguenti a stress psicologici o fisici. La sua evoluzione è imprevedibile. Solo
nell’1% dei casi si registra un miglioramento spontaneo
fino alla guarigione completa: fenomeni di repigmentazione parziale si verificano invece nel 20% dei soggetti
soprattutto nelle aree fotoesposte, ma raramente producono un effetto esteticamente accettabile. L’impatto di
questa patologia sulla qualità di vita del paziente e sulla
sua autostima può risultare estremamente negativa: in
alcune aree del pianeta la vitiligine è ancora oggi causa
di segregazione sociale. La patogenesi non è stata ancora
del tutto chiarita. Attualmente è considerata una sindrome nella quale diversi fattori causali in soggetti geneticamente predisposti inducono la scomparsa dei
melanociti. Diverse ipotesi (neurale, metabolica, autoimmune) sono state avanzate per spiegare questo processo.
La quasi totalità dei pazienti presenta anticorpi circolanti
rivolti contro antigeni melanocitari, e la risposta anticorpale può essere causa del danno melanocitario, ma
anche secondaria a questo processo di distruzione melanocitaria(2). Per molti autori il meccanismo patogenetico
principale sarebbe quello cellulo-mediato, come sugge-
235
Gualtieri B et al.
rito dal marcato infiltrato di linfociti citotossici, con un
elevato rapporto CD8+/CD4+, in prossimità dei melanociti apoptotici. Inoltre, nella vitiligine, come nel DM1,
l’espressione di citochine quali interleuchina (IL)-2, IL-6 e
interferone gamma, è significativamente aumentata e patogeneticamente rilevante(3). Anche la vitiligine, come il
DM1, può associarsi ad altre condizioni autoimmuni
come l’ipo-/ipertiroidismo, l’alopecia areata, la malattia di
Addison, l’anemia perniciosa, la sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada. Spesso il DM1 si colloca all’interno di sindromi a carattere familiare in cui più ghiandole sono
colpite da un processo distruttivo autoimmune con conseguente deficit plurighiandolare(4). In queste sindromi
polighiandolari autoimmuni la patologia endocrina può
associarsi ad alterazioni organo-specifiche di tessuti non
endocrini. La dermatosi che più frequentemente entra a
far parte di questi quadri morbosi è la vitiligine(5-7).
adolescenti) con quadri lievi in un setting familiare di
diatesi autoimmune. Anche in questo caso, infatti, la condizione si associa ad altre dermatosi a patogenesi immunologica quali dermatite atopica (fino al 30% dei casi),
vitiligine, psoriasi ma anche a tiroiditi, malattia di Addison, DM1, rettocolite ulcerosa e celiachia. Inoltre, anche
l’alopecia areata, seppur meno frequentemente della vitiligine, può far parte del corteo sintomatologico del
paziente con sindrome polighiandolare autoimmune.
Seppure siano documentate associazioni sporadiche con
tutti i suoi sottotipi(8), essa si presenta più frequentemente
nell’ambito della sindrome polighiandolare di tipo 1 o
complesso APECED (un raro disordine autosomico recessivo causato da mutazioni nel gene regolatore autoimmune AIRE) definito dalla combinazione di patologia
endocrina, candidiasi muco-cutanea cronica e distrofia
ectodermica(9-11).
Diabete mellito di tipo 1 e alopecia areata
Diabete e celiachia cutanea
L’alopecia areata è una frequente dermatosi autoimmune, linfocito-mediata, caratterizzata dalla comparsa
improvvisa di una o più chiazze ovalari prive di peli in assenza di segni di flogosi e con la tendenza all’estensione
centrifuga. Istologicamente, un ricco infiltrato linfocitario
“a sciame d’api” attorno al follicolo è evidenziabile in
tutte le fasi della malattia. Si tratta di una condizione che
può presentarsi a qualunque età ma che nel 60% dei casi
esordisce prima dei 20 anni. Non sono ancora chiari i fattori eziologici responsabili del suo sviluppo ma è evidente
che, a un background genetico predisponente, si associano fattori psichici ed emotivi che portano poi all’attivazione immunologica. Infatti, spesso l’esordio della
patologia, come accade nella vitiligine, può essere ricondotto a un evento particolarmente stressante sul
piano psicofisico. La clinica dell’alopecia areata è estremamente variabile: si va da forme lievi, costituite da
un’unica chiazza localizzata solitamente al capillizio o all’area della barba, a casi in cui l’intero cuoio capelluto
(alopecia totale) o tutti i peli del corpo (alopecia universale) sono interessati. Le forme severe possono accompagnarsi a coinvolgimento delle venti unghie sotto forma
di trachionichia (la superficie ungueale diviene rugosa e
assume un aspetto “a vetro smerigliato”), pitting (depressioni puntiformi della lamina), o linee di Beau (presenza di solchi trasversali). Il dato positivo è che nella
maggioranza dei casi la prognosi nei bambini è favorevole. Questi piccoli pazienti presentano sovente un’unica
chiazza localizzata al cuoio capelluto che tende alla guarigione spontanea nel giro di alcune settimane. Nell’adulto anche in assenza di trattamento si assiste alla
ricrescita in un terzo dei casi. La persistenza delle aree
alopeciche per più di un anno riduce le probabilità di
guarigione. È di frequente riscontro nell’ambulatorio dermatologico l’osservazione di giovani pazienti (infanti o
La malattia celiaca è un disordine immunologicamente
mediato scatenato dell’ingestione di glutine in individui
geneticamente predisposti. Il suo spettro clinico è ampio
e include la classica presentazione clinica con diarrea e
malassorbimento, manifestazioni extraintestinali, forme
subcliniche o asintomatiche e casi di malattia potenziale
(nei casi con sierologia positiva e biopsia intestinale normale). È noto che i pazienti celiaci e i parenti di primo
grado hanno una aumentata prevalenza di malattie autoimmuni. In modo simile, i pazienti affetti da malattie
autoimmuni o in un setting familiare di diatesi autoimmune hanno un aumentato rischio di sviluppare celiachia. Una delle associazioni più studiate è quella tra
celiachia e DM1. La prevalenza di celiachia tra i soggetti
con DM1 è intorno al 4% (2-11%) e il rischio è più alto
quando il diabete insorge nell’infanzia. Questa associazione è soprattutto determinata da fattori di rischio genetici: celiachia e DM1 condividono i medesimi aplotipi
HLA. La quasi totalità dei soggetti affetti da DM1 possiede gli aplotipi DQ2 o DQ8 rispetto al 40% della
popolazione generale. All’omozigosi per DR3-DQ2 consegue un rischio del 33% di avere autoanticorpi diretti
contro la transglutaminasi tessutale(12). Dal punto di vista
clinico la malattia celiaca dà spesso origine a quadri subdoli che ne ritardano il riconoscimento, ma in una quota
di pazienti la cute può funzionare da spia e agevolare la
diagnosi. La dermatite erpetiforme, che è appunto la dermatosi infiammatoria esclusiva del paziente celiaco, accompagna nella maggioranza dei casi forme intestinali
paucisintomatiche o subcliniche(13), e può essere considerata il primo segno di celiachia in questi pazienti e
accorciare sensibilmente i tempi diagnostici. Questa dermatosi può presentarsi a ogni età ma inizia abitualmente
nell’infanzia. Si manifesta con un’eruzione simmetrica
intensamente pruriginosa in aree cutanee circoscritte,
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Diabete mellito e malattie cutanee autoimmuni
solitamente quelle sottoposte a microtraumi ripetuti (gomiti, ginocchia, natiche, regione sacrale) e ha un decorso
cronico-recidivante a poussées. Clinicamente è una malattia polimorfa: in sede di lesione si possono osservare
eritema, papule, rare vescicole disposte ad anello o ad
arco di cerchio, e lesioni indotte dal grattamento. In alcune fasi può assumere un aspetto infiammatorio estremamente aspecifico che ne rende difficile la diagnosi.
La patogenesi della dermatite erpetiforme è complessa e
non ancora completamente chiarita. È ormai assodato il
ruolo induttore di IgA prodotte a livello intestinale dalle
plasmacellule della sottomucosa e rivolte contro le transglutaminasi epidermiche, gli enzimi che formano l’involucro rigido (cosiddetto cornified cell envelope) dei corneociti e assicurano l’integrità della barriera cutanea.
Questi anticorpi circolanti sono in grado di fissarsi alla
giunzione dermo-epidermica e amplificare il danno
mediato dai granulociti neutrofili. Nelle aree microtraumatizzate, infatti, i neutrofili aderiscono a queste immunoglobuline e, attivandosi, liberano enzimi lisosomiali. Vi
è inoltre il contributo dei linfociti CD4+ che, producendo
IL-4 e IL-5, richiamano mastociti ed eosinofili a livello della
cute lesionale. Alla luce di questa associazione clinica e
patogenetica, soggetti affetti da diabete autoimmune andrebbero sottoposti al test per la celiachia. Va sottolineato
ancora che la conoscenza delle caratteristiche cliniche
della dermatite erpetiforme, dotata di un’estrema variabilità e dunque facilmente misdiagnosticata, rappresenta
un’arma in più per la diagnosi precoce della celiachia, una
comorbilità ad alto impatto sulla qualità di vita della popolazione diabetica, soprattutto pediatrica.
Diabete mellito di tipo 2 e malattie cutanee
autoimmuni
La sindrome metabolica definisce una combinazione di
fattori (obesità addominale, ipertensione arteriosa, dislipidemia, iperglicemia) che causa un aumento del rischio
cardiovascolare, soprattutto coronarico. Molti anni fa si
riteneva che il tessuto adiposo fosse un semplice sito di
accumulo di colesterolo e trigliceridi. Oggi sappiamo che
l’adipe in eccesso, in particolare quello addominale, si
comporta come una vera e propria ghiandola, secernendo una serie di fattori umorali in grado di influenzare
l’omeostasi energetica e l’infiammazione(14).
Numerosi studi condotti negli ultimi anni sul profilo metabolico di pazienti dermatologici hanno messo in luce
un legame tra malattie cutanee croniche e alterazioni “interne”.
Insulino-resistenza e malattia psoriasica
La psoriasi è una malattia infiammatoria cronica immunomediata che coinvolge primariamente la cute. In Italia
circa il 3% della popolazione ne è affetto.
L’artrite psoriasica, la malattia di Crohn, i disordini psichiatrici e l’uveite sono comorbilità classicamente associate(15). Oggi è noto che i pazienti affetti da psoriasi di
grado moderato-severo hanno un aumentato rischio di
sviluppare diabete e sindrome metabolica.
La relazione tra queste due condizioni è bidirezionale: i
pazienti psoriasici hanno un’aumentata incidenza di diabete e sindrome metabolica rispetto alla popolazione generale; allo stesso tempo obesità, ipertrigliceridemia e
iperglicemia sono fattori riconosciuti in grado di scatenare o esacerbare un quadro di psoriasi. Le citochine
coinvolte nella patogenesi della psoriasi (TNF-alfa e IL-6
in primis) stimolano l’asse ipotalamo-ipofisario, contribuendo allo sviluppo di obesità centrale, ipertensione e
insulino-resistenza, l’elemento centrale della sindrome.
Invece, l’obesità è in grado di potenziare il pathway infiammatorio tipico della psoriasi, portando a un ulteriore
sbilanciamento nell’omeostasi glucidica, dislipidemia, disfunzione endoteliale e ipertensione(16).
Queste complesse alterazioni del sistema immunitario e
metabolico si traducono, nei pazienti con psoriasi da più
di 8 anni, in una più alta prevalenza di malattia coronarica e una ridotta aspettativa di vita(17).
Alla base della “marcia psoriasica”(18) (dall’infiammazione
cutanea al diabete e all’accelerata aterosclerosi) ci sono le
adipochine, molecole a basso peso molecolare secrete
dal grasso viscerale e sottocutaneo che, associate alle citochine e chemochine prodotte a livello della placca psoriasica, costituiscono un vero e prioprio link tra sistema
immunitario e funzioni metaboliche(19).
I pazienti con psoriasi moderata-severa presentano un’alterazione del profilo adipochinico molto simile a quella
dei soggetti con pre-diabete(20). I due gruppi sono accomunati da un’aumentata secrezione di adipochine ad
attività proflogistica e diabetogena (leptina, resistina,
visfatina) e una riduzione di quelle dotate di attività protettiva nei confronti dell’aterosclerosi (adiponectina,
omentina).
Se è vero che le terapie sistemiche, sia tradizionali
(methotrexate(21), ciclosporina(22)) sia a target molecolare
(anti-TNF(23), ustekinumab(24)) sono capaci di influenzare
positivamente i livelli di adipochine e gli indici metabolici, è doveroso sottolineare come la riduzione del peso,
attraverso interventi educazionali, farmacologici e/o chirurgici, sia in grado da sola di indurre un netto miglioramento degli indici di severità della malattia e della qualità
di vita del paziente(25).
Ciò che preoccupa attualmente è la scarsa attenzione che
medici e pazienti pongono a questi aspetti “sommersi”
della malattia(26). È doveroso rivalutare il significato di una
corretta gestione terapeutica del paziente psoriasico soprattutto in chiave preventiva alla luce dei legami emergenti tra obesità, insulino-resistenza, infiammazione e
rischio cardiovascolare: la figura specialistica ha il dovere
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Gualtieri B et al.
Tabella 2 Diabete mellito di tipo 2/insulino-resistenza e dermatosi associate.
Prevalenza
Età d’esordio
Clinica
Tipo d’associazione
Chiazze eritemato-desquamative Precede/segue lo sviluppo di DM2/
< 40
Psoriasi
3%
nelle aree sottoposte a trauma
insulino-resistenza
57-60 anni
(psoriasi volgare)
(trigger infiammatorio?)(16-18)
Noduli dolenti,
Può essere preceduta
Idrosadenite
1%
comedoni doppi, sinus tract,
Intorno ai 20 anni
da obesità/insulino-resistenza
suppurativa
(sottostimata)
cicatrici a ponte
(trigger ormonale?)(28,29,33)
nelle pieghe cutanee
di recuperare una concezione olistica del paziente e di
renderlo più partecipe e conscio del processo terapeutico.
La psoriasi non è l’unica patologia cronica in cui molti
aspetti sono stati fortemente rivisti sotto una luce “internistica” negli ultimi anni. L’idrosadenite è un’altra patologia cutanea a cui si associa il diabete di tipo 2.
Insulino-resistenza e idrosadenite suppurativa
L’idrosadenite suppurativa (HS), o acne inversa, è una
malattia infiammatoria cronica dell’unità pilo-sebacea caratterizzata da infiammazioni cutanee recidivanti in corrispondenza delle pieghe cutanee (perianali, inguinali e
ascellari le sedi più frequenti). La sua prevalenza nella
popolazione generale oscilla tra l’1 e il 4% e le donne ne
risultano affette più degli uomini(27). L’esordio (generalmente dopo la pubertà, nella seconda e terza decade di
vita) è insidioso e la diagnosi spesso tardiva. La lesione
iniziale è costituita da un nodulo infiammatorio dolente
che evolve verso la fistolizzazione, liberando un materiale
torbido e maleodorante. Il decorso è scandito da una
serie di riaccensioni che si succedono a livello di una o
più sedi alle quali consegue la formazione di cercini fibrosi. Le frequenti recidive sono responsabili di gravi ripercussioni funzionali e psicologiche specialmente nelle
forme severe.
L’eziologia rimane sconosciuta: il fumo di sigaretta, l’obesità, fattori ormonali uniti a una predisposizione genetica
di tipo poligenico giocano un ruolo nell’induzione/cronicizzazione del quadro clinico(27). il ruolo degli ormoni non
è chiaro ma l’osservazione di esacerbazioni nel periodo
premestruale, la predominanza nel sesso femminile e il
miglioramento durante la gravidanza suggeriscono un
background ormonale/metabolico. La riportata efficacia
delle terapie anti-androgeniche supporta un possibile
ruolo eziologico di questa classe di ormoni(28).
L’evento patogenetico centrale è l’occlusione del follicolo
pilifero che conduce a un’infiltrazione linfo-istiocitaria. Le
citochine coinvolte nella cascata patogenetica sono
quelle proinfiammatorie: IL-1 beta, IL-10, IL-12, IL-23 e
TNF-alfa(29).
La prevalenza generale di sindrome metabolica nei pazienti con HS risulta perfino maggiore rispetto ai pazienti
con psoriasi(30). Rispetto alla psoriasi, inoltre, non vi è alcuna correlazione tra durata e severità di malattia e
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insorgenza di alterazioni metaboliche. È importante sottolineare, per le evidenti ripercussioni sul piano prognostico, che i pazienti con HS sviluppano alterazioni
metaboliche quando sono ancora molto giovani. Ciò li
espone a un rischio maggiore di eventi cardiovascolari e
a una riduzione della qualità e dell’aspettativa di vita.
I dati epidemiologici fanno ipotizzare che le alterazioni
metaboliche rappresentino non la conseguenza, come
accade nella psoriasi, bensì il trigger per l’HS(31).
Alla luce dei risultati poco chiari delle indagini genetiche,
oggi si ritiene che alla base di questo link vi siano gli effetti sistemici dell’infiammazione cronica (le citochine
proinfiammatorie IL-1 e TNF-alfa sono up-regolate nella
malattia cardiovascolare), insieme ad abitudini di vita
quali il tabagismo, uno stile alimentare scorretto e lo
scarso esercizio fisico che si riscontrano abitualmente in
questi pazienti(32). In particolare una dieta ad alto contenuto di carboidrati e proteine determina un aumentato
signalling dell’insulina e dell’IGF-1 a livello cellulare. L’attivazione disfunzionale di mTORC1 che ne consegue è
implicata nella patogenesi di obesità, diabete mellito e
cancro per il suo impatto negativo su metabolismo e differenziazione cellulare, compresa la proliferazione delle
ghiandole sebacee e dei cheratinociti(33). Questi meccanismi potrebbero rappresentare la base comune per le
alterazioni metaboliche, in particolare obesità e insulinoresistenza, e il trigger iniziale per l’ipercheratosi del follicolo pilifero nell’HS.
La terapia è complicata dal suo decorso cronico e dalle
frequenti recidive(34): la terapia antibiotica è in grado di
controllare solo le forme lievi, mentre nelle forme severe
l’efficacia di farmaci sistemici risulta essere limitata.
Per l’importanza che i fattori metabolici, in primis l’insulino-resistenza, hanno nella complessa catena di eventi
che porta alle lesioni infiammatorie cutanee, le modificazioni dello stile di vita dovrebbero essere enfatizzate
nel management di questa patologia.
È possibile ottenere un netto miglioramento del quadro
cutaneo, infatti, dopo la riduzione del peso corporeo, sia
attraverso il solo intervento dietetico(35) sia in associazione
alla chirurgia bariatrica(36). In particolare, una riduzione
del 15% del peso corporeo si traduce in un significativo
miglioramento della severità della malattia(37).
Non sorprende che la metformina sia in grado di ridurre
Diabete mellito e malattie cutanee autoimmuni
le manifestazioni dell’HS a fronte di effetti collaterali
minimi. Oltre ai vantaggi derivanti dal controllo dell’insulino-resistenza è dimostrato che questo anti-iperglicemizzante orale inibisce mTORC1 riducendo l’iperandrogenismo e la dislipidemia, con il conseguente miglioramento del quadro infiammatorio cutaneo(38).
Emerge sempre più chiaramente che patologie in passato
considerate esclusivamente cutanee rivestono al contrario
un grande interesse dal punto di vista internistico. Le
nuove acquisizioni sull’ampio corollario di comorbilità associate a queste patologie cutanee impongono di riconsiderarne l’approccio. Gli obiettivi terapeutici non sono
limitati al controllo dei sintomi e segni cutanei (obiettivo
peraltro non facile nei casi severi o recalcitranti), ma riguardano anche il miglioramento delle condizioni generali, offrendo così la possibilità di un’aspettativa di vita
paragonabile a quella della popolazione generale.
Conflitto di interessi
Nessuno.
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