RASSEGNA Diabete mellito e malattie cutanee autoimmuni Gualtieri B, Chiricozzi A, Romanelli M Clinica Dermatologica, Università di Pisa, Pisa RIASSUNTO Il gruppo delle dermatosi a patogenesi autoimmune è vasto e comprende patologie organo-specifiche e sistemiche. Si tratta di entità nosologiche relativamente rare accomunate da un’eziopatogenesi multifattoriale complessa, in cui fattori ambientali di varia natura (infettivi, farmacologici, fisici o psichici) agiscono da trigger su una base poligenica predisponente. Fra queste, alcune patologie come la vitiligine o l’alopecia areata si possono associare ad altre malattie autoimmuni, compreso il diabete mellito di tipo 1. La vitiligine è un disordine acquisito della pigmentazione che interessa lo 0,5-2% circa della popolazione e fa il suo esordio generalmente in età pediatrica. L’alopecia areata, invece, esordisce spesso prima dei 20 anni con la comparsa improvvisa di chiazze ovalari glabre al cuoio capelluto o all’area della barba dando origine a quadri differenti per estensione, evoluzione e prognosi. La popolazione diabetica presenta una prevalenza maggiore di celiachia rispetto alla popolazione generale (4% circa): la dermatite erpetiforme rappresenta l’espressione cutanea dell’enteropatia in un subset di pazienti. Altre patologie cutanee immunomediate si associano al diabete di tipo 2. La psoriasi mostra un’aumentata incidenza di diabete mellito di tipo 2 che incrementa il rischio di complicanze cardiovascolari. L’idrosadenite suppurativa è malattia infiammatoria cronica invalidante a eziologia sconosciuta. Alla luce della complessità che caratterizza patologie ritenute in passato di interesse esclusivamente dermatologico, dunque, un nuovo approccio multidisciplinare appare necessario per questa tipologia di pazienti a elevato rischio cardiovascolare. SUMMARY Diabetes mellitus and autoimmune skin diseases Autoimmune diseases of dermatological interest can be classified as organ-specific and systemic. These relatively rare skin diseases, such as vitiligo and alopecia areata, have a complex pathogenesis and may might be associated with other autoimmune diseases including type 1 diabetes. Vitiligo is an acquired disease of pigmentation caused by destruction of melanocytes. The prevalence ranges from 0.5 to 2.0% of the general population, and it is more common in childhood. Alopecia areata, another autoimmune skin disorder, causes patchy hair loss mainly on the scalp, but may involve other areas as well, and usually appears in young people under 20 years old. Approximately 4% of diabetic patients have concomitant celiac disease, hence also its skin manifestations, namely dermatitis herpetiformis. Other immune-mediated skin disorders such as psoriasis are associated with metabolic syndrome and type 2 diabetes, with increasing risk for cardiovascular diseases. Hydradenitis suppurativa/acne inversa (HS) is another debilitating chronic inflammatory skin disorder with an unknown etiology that is commonly associated with dysmetabolic diseases. These patients, with their intrinsically higher risk of metabolic comorbid conditions, need holistic management. Diabete mellito di tipo 1 e malattie cutanee autoimmuni Le patologie autoimmuni con le quali lo specialista dermatologo è chiamato a confrontarsi si dividono in organo-specifiche (le dermatosi bollose acantolitiche del gruppo del pemfigo, quelle appartenenti al gruppo del pemfigoide, la vitiligine, l’alopecia areata, la psoriasi, la dermatite atopica, il lichen planus, l’orticaria cronica autoimmune) e non organo-specifiche (il lupus eritematoso, la sclerodermia sistemica, la dermatomiosite, la connettivite mista). È necessario sottolineare che la definizione, un tempo largamente accettata, di patologia organo-specifica, oggi mal si adatta a definire correttamente la psoriasi, per esempio, a cui si associano varie comorbilità. Vi è, infatti, un ampio spettro di patologie che possono associarsi alla psoriasi, soprattutto di grado moderato-severo. Fra queste, l’artrite, le patologie cardiovascolari, la depressione e la sindrome metabolica sono quelle più frequentemente osservate. La base che lega patogeneticamente la psoriasi alle sue comorbilità è rappresentato dagli elevati livelli di citochine infiammatorie circolanti che possono alterare l’omeostasi Corrispondenza: prof. Marco Romanelli, UO Dermatologia, edificio 11 c/o Azienda Ospedaliero-Universitaria “Santa Chiara”, via Roma 67, 56126 Pisa • e-mail: [email protected] Pervenuto il 03-10-2016 • Revisione del 24-10-2016 • Accettato il 12-11-2016 Parole chiave: autoimmunità, diabete mellito, alopecia areata, vitiligine, dermatite erpetiforme, sindrome metabolica, psoriasi, idrosadenite suppurativa • Key words: autoimmunity, diabetes mellitus, alopecia areata, vitiligo, herpetiform dermatitis, metabolic syndrome, psoriasis, hidradenitis suppurativa Abbreviazioni: AIRE, auto-immune regulator; APECED, autoimmune polyendocrinopathy candidiasis ectodermal dystrophy; DM1, diabete mellito di tipo 1; HLA, human leukocyte antigen, antigene leucocitario umano; HS, hidradenitis suppurativa, idrosadenite suppurativa; IL, interleuchina. G It Diabetol Metab 2016;36:234-240 Diabete mellito e malattie cutanee autoimmuni Tabella 1 Diabete mellito di tipo 1 e dermatosi associate. Prevalenza Esordio Vitiligine 2% < 20 anni Alopecia areata 2% < 20 anni intorno ai 40 anni Dermatite erpetiforme Rara Infanzia età adulta non soltanto cutanea, ma anche di altri organi e tessuti. Oltre a un alterato profilo citochinico, nei pazienti affetti da psoriasi è stato descritto anche un disequilibrio pro-obesità dell’assetto adipochinico, configurando così un quadro di patologia infiammatoria sistemica piuttosto che cutanea, i cui aspetti internistico-endocrinologici continuano a essere sottovalutati all’interno del percorso terapeutico. Se per la psoriasi nelle ultime tre decadi si è osservata un’evoluzione rapida sia nella comprensione dei meccanismi patogenetici sia dal punto di vista dell’approccio terapeutico, per le altre patologie autoimmuni vi sono ancora molteplici aspetti patogenetici che devono essere completamente chiariti. La mancata identificazione di nuovi target terapeutici ha, di fatto, segnato il paradigma terapeutico, per ora costituito da un ristretto numero di trattamenti. Di regola, tali dermatosi si associano a un preciso background genetico, in particolare a certi aplotipi del sistema HLA. Alterazioni genetiche aggiuntive, difetti della barriera epidermica, dell’immunità naturale o adattativa cooperano per fornire il terreno predisponente all’insorgenza di queste patologie. A questo background genetico si associano i cosiddetti “trigger”, fattori ambientali inducenti la malattia, tra cui citiamo le radiazioni UV, le ustioni (pemfigo volgare), i farmaci (i beta-bloccanti nel caso della psoriasi, lo spironolattone e la furosemide per il pemfigoide bolloso) e gli agenti infettivi. Il meccanismo che più frequentemente lega questi ultimi alla patologia cutanea è il mimetismo molecolare, ovvero la somiglianza tra antigeni batterici e antigeni self in presenza di una particolare predisposizione individuale. Tale legame era noto molti anni prima che le sue dinamiche molecolari venissero chiarite. Uno degli esempi più classici ce lo offre la psoriasi guttata. Accade molto frequentemente, infatti, di osservare episodi eruttivi di psoriasi a seguito di un’infezione streptococcica: la localizzazione e l’eradicazione del focus infettivo determina in questi pazienti (spesso adolescenti o giovani adulti) la remissione a lungo termine del quadro cutaneo. Sempre a questo proposito, è pratica comune ricercare sistematicamente un’infezione da virus dell’epatite B o C in pazienti con lichen ruber planus. Clinica Forme focali o segmentali, forme generalizzate (acrofaciale, volgare, universale) Forme lievi a prognosi benigna, forme totali, universali, onicopatia Eruzione simmetrica pruriginosa di elementi pomfoidi e/o vescico-bollosi Modalità d’associazione Sporadica, sindromi polighiandolari autoimmuni(4-6) Sporadica, sindromi polighiandolari autoimmuni(8-11) Espressione cutanea di enteropatia glutine-sensibile (associazione con DM1 2-11%)(12,13) A causa della loro componente genetico-ereditaria, esse tendono a manifestarsi all’interno di certi nuclei familiari: in pazienti con malattie autoimmuni cutanee può essere quindi osservata una familiarità per processi autoimmunitari anche a carico di altri organi. Talvolta anche il diabete mellito di tipo 1 (DM1) si associa ad alcune dermatosi a patogenesi autoimmune(1). Diabete e vitiligine La vitiligine è un disordine acquisito della pigmentazione caratterizzato dalla comparsa di macchie acromiche a livello di cute, mucose e annessi cutanei. Interessa circa il 2% della popolazione mondiale, con un esordio generalmente in età pediatrica tra i 4 e gli 8 anni. Clinicamente si distingue una forma generalizzata, la più frequente, in cui gli spot sono distribuiti sulla maggior parte della superficie corporea in maniera più o meno simmetrica, e forme focali o segmentali meno frequenti. La storia naturale della malattia è caratterizzata da improvvisi peggioramenti spesso conseguenti a stress psicologici o fisici. La sua evoluzione è imprevedibile. Solo nell’1% dei casi si registra un miglioramento spontaneo fino alla guarigione completa: fenomeni di repigmentazione parziale si verificano invece nel 20% dei soggetti soprattutto nelle aree fotoesposte, ma raramente producono un effetto esteticamente accettabile. L’impatto di questa patologia sulla qualità di vita del paziente e sulla sua autostima può risultare estremamente negativa: in alcune aree del pianeta la vitiligine è ancora oggi causa di segregazione sociale. La patogenesi non è stata ancora del tutto chiarita. Attualmente è considerata una sindrome nella quale diversi fattori causali in soggetti geneticamente predisposti inducono la scomparsa dei melanociti. Diverse ipotesi (neurale, metabolica, autoimmune) sono state avanzate per spiegare questo processo. La quasi totalità dei pazienti presenta anticorpi circolanti rivolti contro antigeni melanocitari, e la risposta anticorpale può essere causa del danno melanocitario, ma anche secondaria a questo processo di distruzione melanocitaria(2). Per molti autori il meccanismo patogenetico principale sarebbe quello cellulo-mediato, come sugge- 235 Gualtieri B et al. rito dal marcato infiltrato di linfociti citotossici, con un elevato rapporto CD8+/CD4+, in prossimità dei melanociti apoptotici. Inoltre, nella vitiligine, come nel DM1, l’espressione di citochine quali interleuchina (IL)-2, IL-6 e interferone gamma, è significativamente aumentata e patogeneticamente rilevante(3). Anche la vitiligine, come il DM1, può associarsi ad altre condizioni autoimmuni come l’ipo-/ipertiroidismo, l’alopecia areata, la malattia di Addison, l’anemia perniciosa, la sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada. Spesso il DM1 si colloca all’interno di sindromi a carattere familiare in cui più ghiandole sono colpite da un processo distruttivo autoimmune con conseguente deficit plurighiandolare(4). In queste sindromi polighiandolari autoimmuni la patologia endocrina può associarsi ad alterazioni organo-specifiche di tessuti non endocrini. La dermatosi che più frequentemente entra a far parte di questi quadri morbosi è la vitiligine(5-7). adolescenti) con quadri lievi in un setting familiare di diatesi autoimmune. Anche in questo caso, infatti, la condizione si associa ad altre dermatosi a patogenesi immunologica quali dermatite atopica (fino al 30% dei casi), vitiligine, psoriasi ma anche a tiroiditi, malattia di Addison, DM1, rettocolite ulcerosa e celiachia. Inoltre, anche l’alopecia areata, seppur meno frequentemente della vitiligine, può far parte del corteo sintomatologico del paziente con sindrome polighiandolare autoimmune. Seppure siano documentate associazioni sporadiche con tutti i suoi sottotipi(8), essa si presenta più frequentemente nell’ambito della sindrome polighiandolare di tipo 1 o complesso APECED (un raro disordine autosomico recessivo causato da mutazioni nel gene regolatore autoimmune AIRE) definito dalla combinazione di patologia endocrina, candidiasi muco-cutanea cronica e distrofia ectodermica(9-11). Diabete mellito di tipo 1 e alopecia areata Diabete e celiachia cutanea L’alopecia areata è una frequente dermatosi autoimmune, linfocito-mediata, caratterizzata dalla comparsa improvvisa di una o più chiazze ovalari prive di peli in assenza di segni di flogosi e con la tendenza all’estensione centrifuga. Istologicamente, un ricco infiltrato linfocitario “a sciame d’api” attorno al follicolo è evidenziabile in tutte le fasi della malattia. Si tratta di una condizione che può presentarsi a qualunque età ma che nel 60% dei casi esordisce prima dei 20 anni. Non sono ancora chiari i fattori eziologici responsabili del suo sviluppo ma è evidente che, a un background genetico predisponente, si associano fattori psichici ed emotivi che portano poi all’attivazione immunologica. Infatti, spesso l’esordio della patologia, come accade nella vitiligine, può essere ricondotto a un evento particolarmente stressante sul piano psicofisico. La clinica dell’alopecia areata è estremamente variabile: si va da forme lievi, costituite da un’unica chiazza localizzata solitamente al capillizio o all’area della barba, a casi in cui l’intero cuoio capelluto (alopecia totale) o tutti i peli del corpo (alopecia universale) sono interessati. Le forme severe possono accompagnarsi a coinvolgimento delle venti unghie sotto forma di trachionichia (la superficie ungueale diviene rugosa e assume un aspetto “a vetro smerigliato”), pitting (depressioni puntiformi della lamina), o linee di Beau (presenza di solchi trasversali). Il dato positivo è che nella maggioranza dei casi la prognosi nei bambini è favorevole. Questi piccoli pazienti presentano sovente un’unica chiazza localizzata al cuoio capelluto che tende alla guarigione spontanea nel giro di alcune settimane. Nell’adulto anche in assenza di trattamento si assiste alla ricrescita in un terzo dei casi. La persistenza delle aree alopeciche per più di un anno riduce le probabilità di guarigione. È di frequente riscontro nell’ambulatorio dermatologico l’osservazione di giovani pazienti (infanti o La malattia celiaca è un disordine immunologicamente mediato scatenato dell’ingestione di glutine in individui geneticamente predisposti. Il suo spettro clinico è ampio e include la classica presentazione clinica con diarrea e malassorbimento, manifestazioni extraintestinali, forme subcliniche o asintomatiche e casi di malattia potenziale (nei casi con sierologia positiva e biopsia intestinale normale). È noto che i pazienti celiaci e i parenti di primo grado hanno una aumentata prevalenza di malattie autoimmuni. In modo simile, i pazienti affetti da malattie autoimmuni o in un setting familiare di diatesi autoimmune hanno un aumentato rischio di sviluppare celiachia. Una delle associazioni più studiate è quella tra celiachia e DM1. La prevalenza di celiachia tra i soggetti con DM1 è intorno al 4% (2-11%) e il rischio è più alto quando il diabete insorge nell’infanzia. Questa associazione è soprattutto determinata da fattori di rischio genetici: celiachia e DM1 condividono i medesimi aplotipi HLA. La quasi totalità dei soggetti affetti da DM1 possiede gli aplotipi DQ2 o DQ8 rispetto al 40% della popolazione generale. All’omozigosi per DR3-DQ2 consegue un rischio del 33% di avere autoanticorpi diretti contro la transglutaminasi tessutale(12). Dal punto di vista clinico la malattia celiaca dà spesso origine a quadri subdoli che ne ritardano il riconoscimento, ma in una quota di pazienti la cute può funzionare da spia e agevolare la diagnosi. La dermatite erpetiforme, che è appunto la dermatosi infiammatoria esclusiva del paziente celiaco, accompagna nella maggioranza dei casi forme intestinali paucisintomatiche o subcliniche(13), e può essere considerata il primo segno di celiachia in questi pazienti e accorciare sensibilmente i tempi diagnostici. Questa dermatosi può presentarsi a ogni età ma inizia abitualmente nell’infanzia. Si manifesta con un’eruzione simmetrica intensamente pruriginosa in aree cutanee circoscritte, 236 Diabete mellito e malattie cutanee autoimmuni solitamente quelle sottoposte a microtraumi ripetuti (gomiti, ginocchia, natiche, regione sacrale) e ha un decorso cronico-recidivante a poussées. Clinicamente è una malattia polimorfa: in sede di lesione si possono osservare eritema, papule, rare vescicole disposte ad anello o ad arco di cerchio, e lesioni indotte dal grattamento. In alcune fasi può assumere un aspetto infiammatorio estremamente aspecifico che ne rende difficile la diagnosi. La patogenesi della dermatite erpetiforme è complessa e non ancora completamente chiarita. È ormai assodato il ruolo induttore di IgA prodotte a livello intestinale dalle plasmacellule della sottomucosa e rivolte contro le transglutaminasi epidermiche, gli enzimi che formano l’involucro rigido (cosiddetto cornified cell envelope) dei corneociti e assicurano l’integrità della barriera cutanea. Questi anticorpi circolanti sono in grado di fissarsi alla giunzione dermo-epidermica e amplificare il danno mediato dai granulociti neutrofili. Nelle aree microtraumatizzate, infatti, i neutrofili aderiscono a queste immunoglobuline e, attivandosi, liberano enzimi lisosomiali. Vi è inoltre il contributo dei linfociti CD4+ che, producendo IL-4 e IL-5, richiamano mastociti ed eosinofili a livello della cute lesionale. Alla luce di questa associazione clinica e patogenetica, soggetti affetti da diabete autoimmune andrebbero sottoposti al test per la celiachia. Va sottolineato ancora che la conoscenza delle caratteristiche cliniche della dermatite erpetiforme, dotata di un’estrema variabilità e dunque facilmente misdiagnosticata, rappresenta un’arma in più per la diagnosi precoce della celiachia, una comorbilità ad alto impatto sulla qualità di vita della popolazione diabetica, soprattutto pediatrica. Diabete mellito di tipo 2 e malattie cutanee autoimmuni La sindrome metabolica definisce una combinazione di fattori (obesità addominale, ipertensione arteriosa, dislipidemia, iperglicemia) che causa un aumento del rischio cardiovascolare, soprattutto coronarico. Molti anni fa si riteneva che il tessuto adiposo fosse un semplice sito di accumulo di colesterolo e trigliceridi. Oggi sappiamo che l’adipe in eccesso, in particolare quello addominale, si comporta come una vera e propria ghiandola, secernendo una serie di fattori umorali in grado di influenzare l’omeostasi energetica e l’infiammazione(14). Numerosi studi condotti negli ultimi anni sul profilo metabolico di pazienti dermatologici hanno messo in luce un legame tra malattie cutanee croniche e alterazioni “interne”. Insulino-resistenza e malattia psoriasica La psoriasi è una malattia infiammatoria cronica immunomediata che coinvolge primariamente la cute. In Italia circa il 3% della popolazione ne è affetto. L’artrite psoriasica, la malattia di Crohn, i disordini psichiatrici e l’uveite sono comorbilità classicamente associate(15). Oggi è noto che i pazienti affetti da psoriasi di grado moderato-severo hanno un aumentato rischio di sviluppare diabete e sindrome metabolica. La relazione tra queste due condizioni è bidirezionale: i pazienti psoriasici hanno un’aumentata incidenza di diabete e sindrome metabolica rispetto alla popolazione generale; allo stesso tempo obesità, ipertrigliceridemia e iperglicemia sono fattori riconosciuti in grado di scatenare o esacerbare un quadro di psoriasi. Le citochine coinvolte nella patogenesi della psoriasi (TNF-alfa e IL-6 in primis) stimolano l’asse ipotalamo-ipofisario, contribuendo allo sviluppo di obesità centrale, ipertensione e insulino-resistenza, l’elemento centrale della sindrome. Invece, l’obesità è in grado di potenziare il pathway infiammatorio tipico della psoriasi, portando a un ulteriore sbilanciamento nell’omeostasi glucidica, dislipidemia, disfunzione endoteliale e ipertensione(16). Queste complesse alterazioni del sistema immunitario e metabolico si traducono, nei pazienti con psoriasi da più di 8 anni, in una più alta prevalenza di malattia coronarica e una ridotta aspettativa di vita(17). Alla base della “marcia psoriasica”(18) (dall’infiammazione cutanea al diabete e all’accelerata aterosclerosi) ci sono le adipochine, molecole a basso peso molecolare secrete dal grasso viscerale e sottocutaneo che, associate alle citochine e chemochine prodotte a livello della placca psoriasica, costituiscono un vero e prioprio link tra sistema immunitario e funzioni metaboliche(19). I pazienti con psoriasi moderata-severa presentano un’alterazione del profilo adipochinico molto simile a quella dei soggetti con pre-diabete(20). I due gruppi sono accomunati da un’aumentata secrezione di adipochine ad attività proflogistica e diabetogena (leptina, resistina, visfatina) e una riduzione di quelle dotate di attività protettiva nei confronti dell’aterosclerosi (adiponectina, omentina). Se è vero che le terapie sistemiche, sia tradizionali (methotrexate(21), ciclosporina(22)) sia a target molecolare (anti-TNF(23), ustekinumab(24)) sono capaci di influenzare positivamente i livelli di adipochine e gli indici metabolici, è doveroso sottolineare come la riduzione del peso, attraverso interventi educazionali, farmacologici e/o chirurgici, sia in grado da sola di indurre un netto miglioramento degli indici di severità della malattia e della qualità di vita del paziente(25). Ciò che preoccupa attualmente è la scarsa attenzione che medici e pazienti pongono a questi aspetti “sommersi” della malattia(26). È doveroso rivalutare il significato di una corretta gestione terapeutica del paziente psoriasico soprattutto in chiave preventiva alla luce dei legami emergenti tra obesità, insulino-resistenza, infiammazione e rischio cardiovascolare: la figura specialistica ha il dovere 237 Gualtieri B et al. Tabella 2 Diabete mellito di tipo 2/insulino-resistenza e dermatosi associate. Prevalenza Età d’esordio Clinica Tipo d’associazione Chiazze eritemato-desquamative Precede/segue lo sviluppo di DM2/ < 40 Psoriasi 3% nelle aree sottoposte a trauma insulino-resistenza 57-60 anni (psoriasi volgare) (trigger infiammatorio?)(16-18) Noduli dolenti, Può essere preceduta Idrosadenite 1% comedoni doppi, sinus tract, Intorno ai 20 anni da obesità/insulino-resistenza suppurativa (sottostimata) cicatrici a ponte (trigger ormonale?)(28,29,33) nelle pieghe cutanee di recuperare una concezione olistica del paziente e di renderlo più partecipe e conscio del processo terapeutico. La psoriasi non è l’unica patologia cronica in cui molti aspetti sono stati fortemente rivisti sotto una luce “internistica” negli ultimi anni. L’idrosadenite è un’altra patologia cutanea a cui si associa il diabete di tipo 2. Insulino-resistenza e idrosadenite suppurativa L’idrosadenite suppurativa (HS), o acne inversa, è una malattia infiammatoria cronica dell’unità pilo-sebacea caratterizzata da infiammazioni cutanee recidivanti in corrispondenza delle pieghe cutanee (perianali, inguinali e ascellari le sedi più frequenti). La sua prevalenza nella popolazione generale oscilla tra l’1 e il 4% e le donne ne risultano affette più degli uomini(27). L’esordio (generalmente dopo la pubertà, nella seconda e terza decade di vita) è insidioso e la diagnosi spesso tardiva. La lesione iniziale è costituita da un nodulo infiammatorio dolente che evolve verso la fistolizzazione, liberando un materiale torbido e maleodorante. Il decorso è scandito da una serie di riaccensioni che si succedono a livello di una o più sedi alle quali consegue la formazione di cercini fibrosi. Le frequenti recidive sono responsabili di gravi ripercussioni funzionali e psicologiche specialmente nelle forme severe. L’eziologia rimane sconosciuta: il fumo di sigaretta, l’obesità, fattori ormonali uniti a una predisposizione genetica di tipo poligenico giocano un ruolo nell’induzione/cronicizzazione del quadro clinico(27). il ruolo degli ormoni non è chiaro ma l’osservazione di esacerbazioni nel periodo premestruale, la predominanza nel sesso femminile e il miglioramento durante la gravidanza suggeriscono un background ormonale/metabolico. La riportata efficacia delle terapie anti-androgeniche supporta un possibile ruolo eziologico di questa classe di ormoni(28). L’evento patogenetico centrale è l’occlusione del follicolo pilifero che conduce a un’infiltrazione linfo-istiocitaria. Le citochine coinvolte nella cascata patogenetica sono quelle proinfiammatorie: IL-1 beta, IL-10, IL-12, IL-23 e TNF-alfa(29). La prevalenza generale di sindrome metabolica nei pazienti con HS risulta perfino maggiore rispetto ai pazienti con psoriasi(30). Rispetto alla psoriasi, inoltre, non vi è alcuna correlazione tra durata e severità di malattia e 238 insorgenza di alterazioni metaboliche. È importante sottolineare, per le evidenti ripercussioni sul piano prognostico, che i pazienti con HS sviluppano alterazioni metaboliche quando sono ancora molto giovani. Ciò li espone a un rischio maggiore di eventi cardiovascolari e a una riduzione della qualità e dell’aspettativa di vita. I dati epidemiologici fanno ipotizzare che le alterazioni metaboliche rappresentino non la conseguenza, come accade nella psoriasi, bensì il trigger per l’HS(31). Alla luce dei risultati poco chiari delle indagini genetiche, oggi si ritiene che alla base di questo link vi siano gli effetti sistemici dell’infiammazione cronica (le citochine proinfiammatorie IL-1 e TNF-alfa sono up-regolate nella malattia cardiovascolare), insieme ad abitudini di vita quali il tabagismo, uno stile alimentare scorretto e lo scarso esercizio fisico che si riscontrano abitualmente in questi pazienti(32). In particolare una dieta ad alto contenuto di carboidrati e proteine determina un aumentato signalling dell’insulina e dell’IGF-1 a livello cellulare. L’attivazione disfunzionale di mTORC1 che ne consegue è implicata nella patogenesi di obesità, diabete mellito e cancro per il suo impatto negativo su metabolismo e differenziazione cellulare, compresa la proliferazione delle ghiandole sebacee e dei cheratinociti(33). Questi meccanismi potrebbero rappresentare la base comune per le alterazioni metaboliche, in particolare obesità e insulinoresistenza, e il trigger iniziale per l’ipercheratosi del follicolo pilifero nell’HS. La terapia è complicata dal suo decorso cronico e dalle frequenti recidive(34): la terapia antibiotica è in grado di controllare solo le forme lievi, mentre nelle forme severe l’efficacia di farmaci sistemici risulta essere limitata. Per l’importanza che i fattori metabolici, in primis l’insulino-resistenza, hanno nella complessa catena di eventi che porta alle lesioni infiammatorie cutanee, le modificazioni dello stile di vita dovrebbero essere enfatizzate nel management di questa patologia. È possibile ottenere un netto miglioramento del quadro cutaneo, infatti, dopo la riduzione del peso corporeo, sia attraverso il solo intervento dietetico(35) sia in associazione alla chirurgia bariatrica(36). In particolare, una riduzione del 15% del peso corporeo si traduce in un significativo miglioramento della severità della malattia(37). Non sorprende che la metformina sia in grado di ridurre Diabete mellito e malattie cutanee autoimmuni le manifestazioni dell’HS a fronte di effetti collaterali minimi. Oltre ai vantaggi derivanti dal controllo dell’insulino-resistenza è dimostrato che questo anti-iperglicemizzante orale inibisce mTORC1 riducendo l’iperandrogenismo e la dislipidemia, con il conseguente miglioramento del quadro infiammatorio cutaneo(38). Emerge sempre più chiaramente che patologie in passato considerate esclusivamente cutanee rivestono al contrario un grande interesse dal punto di vista internistico. Le nuove acquisizioni sull’ampio corollario di comorbilità associate a queste patologie cutanee impongono di riconsiderarne l’approccio. Gli obiettivi terapeutici non sono limitati al controllo dei sintomi e segni cutanei (obiettivo peraltro non facile nei casi severi o recalcitranti), ma riguardano anche il miglioramento delle condizioni generali, offrendo così la possibilità di un’aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione generale. Conflitto di interessi Nessuno. Bibliografia 1. Witek PR, Witek J, Pańkowska E. Type 1 diabetes-associated autimmune diseases: screening, diagnostic principles and management. Med Wieku Rozwoj 2012;16:23-34. 2. Schild M, Meurer M. Vitiligo: clinical presentation and pathogenesis. Hautarzt 2016;67:173-86. 3. Farhan J, Al-Shobaili HA, Zafar U, Al Salloom A, Meki AR, Rasheed Z. Interleukin-6: a possible inflammatory link between vitiligo and type 1 diabetes. Br J Biomed Sci 2014;71:151-7. 4. Hansen M, Matheis N, Kahaly GJ. Type 1 diabetes and polyglandular autoimmune syndrome: a review. World J Diabetes 2015;6:67-79. 5. 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