Così lo spot trasloca dalla tv al video online

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n°11. 20 giugno 2011
Gli autori chiedono più voce
nel ridefinire le norme europee sul
copyright. L’ex Bee Gees Robin
Gibbs (presidente Cisac): «Google
e YouTube devono pagarci»
L’era della convergenza
L’ERA DELLA CONVERGENZA
Trend. Al decollo l’industria dei contenuti over the top
SENTIERIdelVIDEO
Così lo spot trasloca
dalla tv al video online
Programmi e film online pronti a intercettare la pubblicità broadcaster
patriziaLIcata
Non sono solo le telco a guardare con preoccupazione al business
degli over the top, le aziende nate
sul Web (Google, Facebook ecc).
Anche le tv tradizionali dovrebbero
prepararsi a dar battaglia sul fronte
pubblicitario, dove si prospetta uno
“scippo” di pubblicità a favore dei
nuovi entranti.
Il business dei fornitori di video
over the top va infatti a gonfie vele e
potrebbe rubare spazi, o almeno spot,
alle tv tradizionali: è quanto emerge
dall’ultimo studio di Abi Research
secondo cui l’industria video degli
Ott totalizzerà 20 miliardi di dolla-
lioni del 2010. “Nei prossimi anni,
YouTube e le altre piattaforme basate
su Internet si guarderanno sempre di
più nel salotto di casa e questo aprirà
importanti opportunità per gli Over
the top in tutti i Paesi per catturare gli
investimenti pubblicitari”, spiegano
a Abi Research “Il trend sarà accelerato dal potenziamento dei contenuti
di video on demand su YouTube, come annunciato di recente”.
La nuova industria dei servizi video su Internet si basa su un vero e
proprio ecosistema che richiede una
stretta cooperazione tra produttori
di elettronica di consumo e set-top
box, fornitori di contenuti e service
provider in tutto il mondo, sottolinea
Abi: “La scoperta del contenuto da
parte del consumatore” è solo uno
degli esempi che dimostra come lo
scenario stia rapidamente cambiando: gli spettatori non vogliono più
palinsesti preconfezionati e nemmeno le tradizionali guide tv, “ma
scelte personalizzate e basate sulla
ricerca e sulle raccomandazioni che
riescono a trovare online”, conclude
Jason Blackwell, practice director di
Abi Research.
à
à
Previsioni
platea
mondiale
YouTube e le altre
piattaforme
Web-based
sono destinate
a essere fruite
sempre più
nei salotti di casa
Abi: i video Ott
avranno 1,3 miliardi
di utenti nel 2016
Iab Europe
Rinasce la pubblicità su display
Chi si rivede, la pubblicità sul display. Secondo AdEx, rapporto annuale
di Iab Europe, il 2010 è stato l’anno
della rinascita di questo segmento,
cresciuto del 21,3% rispetto all’anno
precedente. Il display torna quindi ad
essere il format pubblicitario digitale in
maggior crescita, recuperando il ruolo
di leadership nei confronti del search,
che aveva invece catalizzato gran parte
degli investimenti negli ultimi anni e
DELLE
ri di revenue in Nord America nel
2016 e circa due terzi del giro d’affari, ovvero 13,3 miliardi di dollari,
arriveranno dalla pubblicità, che sarà
intercettata proprio dalla televisione
tradizionale.
La parte più consistente della
torta, dice Abi, da ora al 2016 sarà
rappresentata dall’advertising, “e
tutto lascia pensare che le revenue
saranno sottratte alla pubblicità sulla
tv classica: gli investimenti pubblicitari si indirizzeranno sempre più
sui video online man mano che si
arricchiranno di contenuti più interessanti e attraenti”.
Un’altra componente significativa
del business degli Ott sarà rappresentata dagli abbonamenti: parte del
fatturato - dice Abi - sarà generato
dalle nuove voci di spesa sostenute
dagli utenti per consumare programmi, film e serie sulle piattaforme Ott,
mentre altre quote saranno sottratte
a piattaforme e servizi concorrenti:
“non solo la tv tradizionale, ma anche il noleggio o l’acquisto di film”,
nota Abi.
Pur concentrandosi sul Nord
America come mercato leader (anche
perché è da qui che arrivano i numeri
uno del settore, Netflix innanzitutto,
ma anche Hulu e iTunes), lo studio di
Abi Research prevede un forte sviluppo del video over the top anche
nel resto del mondo, con un’audience
globale che supererà 1,3 miliardi di
spettatori nel 2016, contro i 780 mi-
che conferma comunque una crescita
del 15,1 % anche nel 2010. Il search
rimane in ogni caso il comparto più
importante nell’intero settore dell’advertising digitale europeo rappresentando il 45% del totale, contro il 33%
del display. La costante crescita nel
consumo di contenuti Tv web based
e di video in generale, ha giocato un
ruolo di primo piano nella “rinascita”
del display advertising.
Apple e la mossa
del cavallo
Il pensiero laterale di Steve Jobs riesce
a spiazzarci di nuovo con iCloud
T
utti parlano di cloud computing, nuvole di ogni
tipo si aggirano nei nostri cieli e siamo sicuri
che questi nuvoloni sono una parte del nostro
futuro, ma non si sa ancora bene quale. Per adesso abbiamo visto cloud di tipo “storage”, grossi magazzini
nel cielo a cui uplodare i nostri dati per poi prelevarli
dove e quando ci pare, magari ad un congresso in Patagonia nel quale, improvvisamente, sentiamo il bisogno
di documentarci con un articolo che abbiamo scritto
nel 1992 e che ora, dopo vent’anni di oblio, ci appare
importantissimo. Una variante sono i cloud di backup,
per avere una copia di sicurezza della nostra attività e,
possibilmente, sincronizzare tutti i computer che abbiamo (e i tablet, gli smartphone ecc.). Poi abbiamo visto
i cloud di tipo “software”: invece di riempirci il pc di
applicativi, li noleggiamo e/o scarichiamo dalla nuvola,
se ne abbiamo bisogno per una sola volta: ad esempio,
per fare la tesi di laurea e poi più. Infine è emerso il cloud
“cooperativo”: gruppi di lavoro sparsi ai quattro angoli
del globo prelevano e aggiornano i materiali, utilizzando i
molti software per il lavoro collettivo, come Acrobat, e giù
commenti, sottolineature e varianti a non finire (alcune
solo per far sapere di esistere). Adesso Apple, come è il
suo solito, fa la mossa del cavallo e per farla Steve Job
interrompe la convalescenza. Una mossa laterale, non
convenzionale proprio come il pezzo degli scacchi che
fa un passo avanti e due di lato, oppure due avanti e uno
di fianco, spiazzando il tranquillo conservatorismo degli
alfieri, vincolati a vita al loro colore, la prepotenza un po’
debole delle torri, e perfino l’onnipotenza della regina
che può tutto ma si ferma davanti ad un pedone (mentre
il cavallo zompetta qua e là). I vecchi giocatori sanno
che ognuno ha uno stile di gioco e quindi ricordano che
Apple uscì da un’ormai pronunciata marginalità nel 2001
grazie ad un aggeggio musicale chiamato iPod, che nel
2002 generò il primo negozio musicale online, iTunes, la
terza via fra l’arroganza dei discografici e i libertari del
filesharing p2p. Allora, nel suo keynote address, Steve
Jobs si buttò nella sociologia della musica, il linguaggio più universale, che tutti pratichiamo canticchiando
sotto la doccia, con cui tutti siamo entrati prima o poi in
contatto, e che rappresentava una diversificazione straordinaria per un’azienda che produce computer. Si era
ancora nel dominio del mondo materiale, tutto giocava
attorno a un oggetto, l’iPod, come è avvenuto poi con
iPhone e con iPad, ma con una componente immateriale
sempre più pronunciata. Si riparte dalla musica anche
nel 2011, con iCloud: un servizio “virtualizzato” per il
download dei brani in streaming. Non c’è più bisogno
di farsi la propria collezione di musica, basta scaricare
di volta in volta quello che ci serve. Un pensiero laterale,
dunque. Si comincia con la musica poi, come con iTunes,
verrà anche il resto.
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