MatteoValenti BioCHIMICA Concetti generali di metabolismo: Il metabolismo è una rete di reazioni altamente integrate ed è rappresentato da tutte le reazioni che si hanno in un organismo vivente. Scopo principale del metabolismo è quello di ricavare energia dalle sostanze nutrienti o dalla luce solare e di utilizzarla per: l'esecuzione di lavoro meccanico(motilità cellulare, contrazione muscolare, ecc.), il trasporto attivo di molecole e ioni, la biosintesi di biomolecole a partire da precursori semplici. È dunque un'attività cellulare a cui partecipano molti sistemi enzimatici, le sua funzione è quindi ottenere energia dall'ambiente. Altro scopo del metabolismo è convertire le molecole che provengono dalle sostanze nutrienti nelle molecole monomeriche necessarie alla cellula, partendo da questi monomeri sintetizzare polimeri come proteine, acidi nucleici, lipidi o polisaccaridi. Gli organismi viventi si dividono in 2 grandi classi: gli organismi autotrofi (che usano l'anidride carbonica dell'atmosfera come fonte di atomi di carbonio), e gli organismi eterotrofi (che usano come fonte di atomi di carbonio molecole organiche come il glucosio). Il metabolismo cellulare è organizzato in vie metaboliche (la via metabolica è una sequenza di reazioni chimiche catalizzate da specifici enzimi e con una comune organizzazione spaziale in cui il prodotto della prima reazione è il reagente della seconda). Una via metabolica è costituita da una sequenza di reazioni, catalizzate da enzimi, in cui gli intermedi chimici di una via metabolica sono definiti metaboliti e il prodotto di una via è precursore della via successiva. anabolismo; per anabolismo si intende la sintesi di molecole complesse a partire da loro precursori accompagnata da un dispendio di energia cellulare. L'anabolismo è responsabile della formazione delle componenti cellulari, dei tessuti corporali e, quindi, della crescita. catabolismo: per catabolismo si intende la degradazione ossidativa di “carburanti metabolici” (come carboidrati e acidi grassi) in CO2 e H2O accoppiata alla produzione di energia utile (ATP). Il catabolismo comprende processi quasi: l'idrolisi delle macromolecole, la glicolisi, la Betaossidazione degli acidi grassi, il ciclo dell'urea; un esempio di catabolismo è la respirazione cellulare, dove la molecola altamente energetica del glucosio viene scissa in molecole di acqua e anidride carbonica, ricavando 30 o 32 molecole di ATP. biomolecole, gruppi funzionali:CARBONIO le biomolecole sono composti del carbonio con vari gruppi funzionali ( R). La chimica degli organismi viventi è organizzata intorno al carbonio: il carbonio è il solo elemento che ha la capacità di formare stabili catene di varia lunghezza e forma, costituite da atomi di C legati fra loro da legami covalenti. Il carbonio possiede la metà degli elettroni necessari per riempire i suoi orbitali di valenza, il carbonio ha, pertanto, valenza 4 e ciascun atomo può legare covalentemente fino a 4 atomi. Nell'interazione con altri elementi non acquista e non cede elettroni e di conseguenza non ionizza. Questa assenza di cariche è fondamentale per il ruolo che il carboni svolge in natura perché lo rende capace di formare catene policarboniose. Nelle biomolecole sono presenti catene di atomi di C ciascuno dei quali è legato al precedente e al successivo da un singolo legame covalente, in alcuni casi, 2 atomi di C si possono unire fra loro con un legame covalente doppio. Gli atomi più frequentemente legati con il C, oltre allo stesso C, sono: H (idrogeno, valenza 1), O (ossigeno, valenza 2), N (azoto, valenza 3). Le diverse possibili combinazioni spiegano la grande versatilità chimica e la presenza in natura di innumerevoli composti derivati dal carbonio. -Biomolecole: le biomolecole in gran parte possono essere considerate come derivate degli idrocarburi ,(idrocarburi: composti organici che contengono soltanto atomi di carbonio e di idrogeno. Gli atomi di carbonio sono legati tra loro a formare lo scheletro della molecola, mentre gli atomi di idrogeno sporgono da questo scheletro), in cui atomi di idrogeno sono sostituiti da gruppi funzionali che conferiscono caratteristiche proprietà alle molecole formando le diverse famiglie di composti organici. Alcuni dei gruppi funzionali sono: gruppi ossidrili (alcoli), gruppi amminici MatteoValenti (ammine), gruppi carbonilici (aldeidi e chetoni), gruppi carbossilici (acidi). Molte biomolecole sono polifunzionali poiché contengono due o più gruppi funzionali, ciascuno con caratteristiche specifiche. La “personalità” chimica di un composto deriva dalla chimica dei suoi gruppi funzionali e dalla loro disposizione nello spazio. L'acqua: per via delle sue proprietà chimico-fisiche, determina la struttura e la funzione delle macromolecole biologiche ed è necessaria per le normali attività metaboliche cellulari. È una molecola in cui 2 atomi di idrogeno formano un legame covalente con l'ossigeno. Struttura e proprietà: la forma geometrica e l'elettronegatività dell'atomo di ossigeno rendono la molecola d'acqua polare con l'atomo di ossigeno caricato negativamente ed i 2 atomi di idrogeno caricati positivamente. Ogni molecola d'acqua è un piccolo dipolo e questo è alla base delle sue peculiari proprietà chimiche e biologiche: a temperatura ambiente l'acqua è liquida; termoregolazione (permette agli organismi viventi di mantenere costante la temperatura corporea); liquida è più densa che solida; è il solvente per eccellenza; ionizza. Ionizzazione dell'acqua: (La ionizzazione consiste nella generazione di uno o più ioni a causa della rimozione o addizione di elettroni da una entità molecolare neutra (cioè atomi o molecole),[1] che può essere causata da collisioni tra particelle o per assorbimento di radiazioni (come nel caso dei brillamenti solari). Gli atomi o le molecole che hanno un numero di elettroni minore del numero atomico, rimangono carichi positivamente e prendono il nome di "cationi"; quelli che hanno un numero di elettroni maggiore del numero atomico, rimangono carichi negativamente e prendono il nome di "anioni). L'acqua ha la tendenza, anche se piccola, a formare ioni. L'acqua ionizza perché un atomo di ossigeno elettronegativo strappa l'elettrone ad uno degli atomi di idrogeno, costringendo il protone H+ a distaccarsi. Si formano così 2 ioni, lo ione ossidrile OH- ed il protone o ione idrogeno H+. Il protone non resta libero, ma si lega all'ossigeno di una molecola d'acqua, tramite un legame dativo, che pertanto diventa H3O+. [ reazione di ionizzazione: 2H2O H3O+ + OH- ] Approssimativamente 2 molecole d'acqua si un miliardo sono dissociate in ioni H+ e OH-. Sebbene piccola, questa quantità ha importanti implicazioni chimiche, biologiche, mediche. Acidi: si definisce acida qualsiasi sostanza che, disciolta in acqua, ne aumenta il contenuto in H+. In queste sostanze sono presenti atomi elettronegativi, quale l'ossigeno, che sottraggono l'elettrone ad un atomo di idrogeno costringendo il protone H+ a staccarsi. Esistono acidi deboli, con cui, non tutte le molecole si dissociano (formando l'anione corrispondente e liberando il protone), ma esiste un equilibrio. Esistono acidi forti con cui praticamente tutte le molecole in soluzione sono in forma dissociata. Basi: si definisce base (o sostanza alcalina) una molecola che, disciola in acqua, ha la tendenza a legare i protoni. Una base è una sostanza che, disciolta in acqua, ne aumenta il contenuto in ioni ossidrili. IN ACQUA IONE ACIDI H+ Anione BASI OH- catione MatteoValenti legami idrogeno: ha grande importanza in biochimica dato che le proprietà dell'acqua, il maggiore componente del corpo umano e di molte macromolecole biologiche, sono determinate da questo tipo di legame. Il legame idrogeno è un'attrazione elettrostatica debole tra un atomo elettronegativo (come l'ossigeno o l'azoto) e un atomo di idrogeno legato covalentemente ad un secondo atomo elettronegativo. Amminoacidi: classificazione. Catene di amminoacidi formano le proteine. Gli aminoacidi proteici sono 20 e hanno una struttura comune, sono cioè formati da un atomo di Carbonio centrale al quale si lega un atomo di idrogeno, un gruppo carbossilico (COO-), un gruppo amminico (H3N+), una catena laterale R (caratterizzante dell'amminoacido, in quanto a seconda dell'aminoacido è formata da atomi diversi). Il carbonio è dunque un centro chirale attorno al quale i 4 gruppi differenti possono disporsi nello spazio in 2 modi diversi, quindi per ogni amminoacido sono possibili 2 stereoisomeri. Gli amminoacidi che costituiscono le proteine sono 20 e possono essere suddivisi tra essenziali (ovvero quelli che l’organismo non sintetizza in quantità sufficiente e che deve assumere con l’alimentazione) e non-essenziali (che possono venire sintetizzati dall’organismo a partire dagli aminoacidi essenziali). Gli amminoacidi possono essere ulteriormente classificati in base al loro gruppo R: gruppi R alifatici non polari, quindi idrofobici (glicina, alanina, prolina, valina, leucina, isoleucina, metionina); gruppi R aromatici (fenilanina, tirosina, triptofano); gruppi R polari non carichi (serina, treonina, cisteina, asparagina, glutammina); gruppi R carichi positivamente, quindi basici (lisina, istidina, arginina); gruppi R carichi negativamente (aspartato, glutammato) polimeri di amminoacidi (peptidi e proteine): i peptidi presenti negli organismi viventi hanno dimensioni che variano da 2 o 3 residui amminoacidici fino a migliaia di residui. Due molecole di amminoacidi possono unirsi covalenemente mediante un legame ammidico, chiamato legame peptidico, formando un dipeptide. Questo tipo di legame si genera per eliminazione di una molecola di acqua (deidratazione) dal gruppo α-carbossilico di un amminoacido e dal gruppo α-amminico dell'altro. Tre amminoacidi possono essere uniti tra loro da due legami peptidici, formando un tripeptide; quattro amminoacidi generano un tetrapeptide, cinque amminoacidi un pentapeptide e così via. Quando il numero degli amminoacidi è relativamente piccolo la struttura viene detta oligopeptide; se gli amminoacidi sono invece tanti, il prodotto viene chiamato polipeptide. Le proteine possono avere migliaia di residue amminoacidi. Anche se i termini 'proteina' e 'polipeptide' sono spesso considerati sinonimi, i polipeptidi hanno in genere masse molecolari inferiori a 10000, mentre le proteine hanno pesi molecolari più alti. Proteine: le proteine costituiscono una parte essenziale degli organismi viventi. Molte fanno parte della categoria degli enzimi, la cui funzione è catalizzare le reazioni biochimiche vitali per il metabolismo degli organismi. Alcune hanno funzioni strutturali e meccaniche, come l'actina e la miosina nei muscoli, il collagene in ossa e tessuti, e come componenti del citoscheletro cellulare. Altre proteine sono importanti mediatori nella trasmissione di segnali inter ed intracellulari, nella risposta immunitaria, nei meccanismi di adesione cellulare nel ciclo di divisione cellulare. Le proteine si differenziano principalmente per la sequenza degli amminoacidi che le compongono, la quale a sua volta dipende dalla sequenza nucleotidica dei geni che all'interno della cellula ne esprimono la sintesi. Struttura delle proteine: struttura primaria, secondaria, terziaria, quaternaria: Una proteina nel suo complesso è una molecola in cui vengono convenzionalmente distinti vari livelli di organizzazione, che possono essere tre o quattro a seconda della proteina. -Primaria: la struttura primaria di una proteine è data dalla sequenza degli amminoacidi nella catena peptidica. -secondaria: è determinata dal diverso modo in cui le diverse catene polipeptidiche possono MatteoValenti intrecciarsi o aggomitolarsi. Si riferisce ad un segmento polipeptidico della proteina e descrive l'organizzazione spaziale della catena principale. Solo poche strutture secondarie hanno un particolare stabilità e possono così intervenire regolarmente in molte proteine. Le principali sono l'α elica e la configurazione β; abbastanza comune è anche il ripiegamento β. -terziaria: è data dalla forma tridimensionali dei diversi gomitoli e trecce della struttura secondaria. La disposizione nello spazio di tutti gli atomi di una proteina viene definita dunque come struttura terziaria. La struttura terziaria tiene conto delle relazioni a lungo raggio nella sequenza amminoacidica. Gli amminoacidi che si trovano lontani in una sequenza polipeptidica e quindi fanno parte di tipi differenti di strutture secondarie possono interagire tra loro nella forma completamente avvolta della proteina. -quaternaria: è legata all'associazione di più subunuità proteiche tra loro. Alcune proteine contengono due o più catene polipeptidiche distinte, o subunità, che possono essere identiche o diverse. La disposizione di queste subunità in complessi tridimensionali prende il nome di struttura quaternaria. Considerando questi livelli strutturali, diventa utile classificare le proteine in due gruppi principali: le proteine fibrose, che hanno catene polipeptidiche disposti in lunghi fasci o in foglietti, e le proteine globulari, che hanno invece catene polipeptidiche ripiegate e assumono forme globulari o sferiche. I due gruppi sono strutturalmente distinti: le proteine fibrose sono costituite in gran parte da un unico tipo di struttura secondaria e la struttura terziaria è relativamente semplice, mentre le proteine globulari contengono più tipi di struttura secondaria. I due gruppi differiscono anche funzionalmente per il fato che le proteine che determinano la resistenza, la forma e la protezione esterna delle cellule dei vertebrati sono fibrose, mentre gli enzimi e le proteine regolatrici sono per la maggior parte globulari. Alfaelica e foglietto beta. l'α elica è la più semplice organizzazione regolare che una catena polipeptidica può assumere ed è una struttura elicoidale. In questa struttura lo scheletro carbonioso polepeptidico si avvolge strettamente intorno ad un asse immaginario che attraversa longitudinalmente la parte centrale della spirale, mentre i gruppi R dei residui amminoacidici sporgono al di fuori dello scheletro elicoidale. Nella conformazione Foglietto β lo scheletro della catena polipeptidica si estende in una conformazione a zig-zag; con tale disposizione le catene possono essere posizionate una accanto all'altra, formando una struttura che nel suo insiem presenta una serie di pieghettature. Nelle proteine globulari, che hanno una struttura ripiegata compatta, quasi un terzo dei residui amminoacidici si trova in ripiegamenti o anse, dove la catena polipeptidica inverte la sua direzione. Mioglobina ed emoglobina: struttura e funzione: la miglobina è una proteina muscolare relativamente piccola che lega l'ossigeno. La sua funzione è quella di immagazzinare l'ossigeno, e di facilitarne la diffusione nei muscoli in rapida contrazione. È costituita da 153 amminoacidi, di cui è nota la sequenza, e da una singola protoporforina, o gruppo eme. Lo stesso grupo eme della mioglobina è presente anche nell'emoglobina, la proteina che lega l'ossigeno negli eritrociti, responsabile del colore rosso brunastro sia della mioglobina che dell'emoglobina. La mioglobina è particolarmente abbondante nei muscoli dei mammiferi marini che rimangono immersi a lungo. La funzione di deposito dell'ossigeno della mio globina e la sua distribuzione permettono ai mammiferi marini di rimanere immersi per lunghi periodi. Nella struttura della mioglobina la catena polipeptidica si avvolge per assumere la sua caratteristica struttura terziaria (tridimensionale). Lo scheletro della molecola della mioglobina è costituito da otto segmenti relativamente compatti di α eliche interrotte da ripiegamenti, alcuni dei quali sono ripiegamenti β. L'α elica più lunga ha 23 residui amminoaicidici e la più corta ne ha soltanto 7; tutte sono destrorse. Più del 70% degli amminoacidi della molecola della mioglobina è strutturato in α eliche. L'analisi ai raggi X ha rivelato la posizione precisa di ogni gruppo R, ciascuno dei quali riempie tutto lo spazio esistente all'interno della catena ripiegata. MatteoValenti curva di legame: le proteine sono molecole dinamiche, le cui funzioni dipendono invariabilmente da interazioni con altre molecole. Per la maggior parte questi contatti molecolari sono fugaci, ma rappresentano ugualmente le basi di processi fisiologici importanti come il trasporto dell'osigeno e la funzione immunitaria. Le funzioni di molte proteine richiedono il legame reversibile di altre molecole, una molecola unita reversibilmente a una proteina viene detta ligando. Un ligando si lega ad un sito sulla proteina detto sito di legame (l'interazione è specifica). Le proteine sono flessibili e le modificazioni conformazionali sono molto spesso essenziali per la funzione della proteina.Il legame tra una proteina è il liagando è spesso accoppiato a una modificazione conformazionale della proteina che rende il sito di legame più complementare al ligando, un processo chiamato adattamento indotto. In un sistema multisubunità, una modificazione conformazionale che avviene in una subunità può influenzare la conformazione delle altre subunitù. Le molecole su cui agiscono gli enzimi sono dette substrati e il sito che lega il ligando viene detto n questo caso sito catalitico o sito attivo. L'ossigeno è poco solubile in acqua, nessuna delle catene laterali degli amminoacidi risulta idonea a legare reversibilmente la molecola dell'ossigeno, questo ruolo può essere svolto da certi metalli di transizione, tra cui il ferro. Il ferro negli organismi multicellulari è spesso incorporato nel gruppo prosteico legato ad una proteina chiamata eme. Quando al ferro si lega l'ossigeno, le proprietà elettroniche del ferro si modificano; ciò spiega il diverso colore che ha il sangue venoso povero di ossigeno (rosso scuro) rispetto al sangue arterioso ricco di ossigeno (rosso brillante). La mioglobina è una proteina relativamente semplice che lega l'ossigeno. Come proteina di trasporto, essa facilita la diffusione dell'ossigeno nel muscolo. La funzione della mioglobina dipende dalla capacità delle proteine non solo di legare l'ossigeno, ma anche di rilasciarlo quando è necessario. Il legame dell'ossigeno provoca una variazione strutturale nell'emoglobina: lo stato R e lo stato T (rilassato e teso); l'ossigeno si lega ad entrambi gli stati dell'emoglobina, ma ha un'affinità maggiore per lo stato R. Enzimi: catalizzatori delle reazioni che avvengono nei sistemi biologici, sono cioè molecole che aumentano la velocità delle reazioni biologiche rendendole compatibili con la vita, e si trovano inalterati al termine della reazione, rendendosi così nuovamente disponibili per la catalisi. Molti enzimi hanno nomi che derivano da quello del loro subastrato o da una parola o una frase che descrive la loro attività, a cui è stato aggiunto il suffisso '-asi'; altri enzimi hanno il nome assegnato dai loro scopritori in base ad una data funzione, prima che fosse conosciuta la reazione specifica catalizzata. La catalisi enzimatica delle reazioni è un processo essenziale per gli organismi viventi, in quanto alcune reazioni, se non fossero catalizzate, avrebbero o bisogno di tempi molto lunghi per avvenire o scarse probabilità di avvenire. Un enzima genera un ambiente specifico in cui una data reazione è energeticamente favorita. Una caratteristica delle reazioni catalizzate dagli enzimi è proprio quella di avvenire all'interno dei confini di una tasca dell'enzima chiamata sito attivo. La molecoca che si lega al sito attivo e su cui l'enzima agisce è detta substrato. La superficie di un sito attivo è rivestita da residui amminoacidici i cui gruppi funzionali legano il substrato e catalizzano la reazione chimica. La funzione di un catalizzatore è quella di aumentare la velocità di una reazione, i catalizzatori non modificano però gli equilibri delle reazioni. Il punto di partenza per la reazione in un senso o nel senso opposto è definito stato basale e corrisponde al contributo di energia libera fornito al sistema da una molecola in ben definite condizioni. La differenza tra i livelli di energia dello stato di base e dello stato di transizione è l'energia di attivazione. L'energia di attivazione può essere abbassata aggiungendo un catalizzatore. Il catalizzatore aumenta la velocità della reazione abbassando l'energia di attivazione. Il ruolo dell'enzima è quelo di accelerare l'interconversione tra S (substrato) e P (prodotto), L'enzima non viene consumato durante questo processo e l'equilibrio resta inalterato. La reazione raggiunge però l'equilibrio molto più rapidamente quando è presente l'enzima, in quanto la velocità della reazione è molto superiore a quella normale. La molecola su cui agisce l’enzima si chiama substrato, il quale “s’incastra”, come una chiave nella sua serratura, nel sito attivo (la parte di enzima in cui avvengono le reazioni). Dopo di che il prodotto viene allontanato dall’enzima, che rimane disponibile per agire nuovamente, ne bastano quantità piccolissime: una singolo enzima è in grado di catalizzare in un secondo le reazioni di decine di MatteoValenti migliaia di substrati. La maggior parte degli enzimi presenta una notevolissima specificità per la reazione catalizzata e per i substrati coinvolti. Tale specificità è legata a diversi fattori che caratterizzano l'associazione tra il substrato ed il sito attivo. Il primo modello ad essere stato messo a punto per spiegare la specificità degli enzimi è quello suggerito da Hermann Emil Fischer nel 1894, secondo il quale l'enzima ed il substrato possiedono una forma esattamente complementare che ne permette un incastro perfetto. Tale modello è spesso definito come chiave-serratura. Nel 1958 Daniel Koshland propose una modifica del modello chiave-serratura: dal momento che gli enzimi sono strutture relativamente flessibili, egli suggerì che il sito attivo potesse continuamente modellarsi in base alla presenza o meno del substrato. Come risultato, il substrato non si lega semplicemente ad un sito attivo rigido, ma genera un rimodellamento del sito stesso, che lo porta ad un legame più stabile in modo da portare correttamente a termine la sua attività catalitica. Il legame iniziale tra enzima e substrato è necessario anche da un punto di vista energetico. L'energia del legame deriva non solo da eventuali legami covalenti, ma anche da una fitta rete di interazioni deboli, ioniche o elettrostatiche. Solo il corretto substrato è in grado di partecipare a tutte le interazioni previste. Ciò, oltre a spiegare la sorprendente stabilità del legame tra enzima e substrato, permette di comprendere i meccanismi che conferiscono elevata specificità all'enzima stesso. La riduzione dell'energia di attivazione può essere invece spiegata dal fatto che tutte le interazioni tra enzima e substrato sono possibili solo quando il substrato si trova nello stato di transizione. Tale stato è dunque stabilizzato (in un certo senso esso viene forzato) dal legame tra enzima e substrato. Il substrato nello stato di transizione può essere considerato un vero e proprio nuovo substrato di una nuova reazione, avente una energia di attivazione inferiore a quella originale. La riduzione della ∆G‡ può dunque essere intesa come conseguenza della creazione di una sorta di nuova reazione, impossibile senza la presenza dell'enzima corretto. L'affinità dell'enzima per il substrato è quindi la condizione necessaria per il suo funzionamento; ma questo non significa che nel complesso le forze di interazione debbano essere molto elevate: se il complesso enzima-substrato fosse eccessivamente stabile, per esempio, l'enzima non tenderebbe a formare i prodotti. Se l'affinità troppo alta fosse invece tra enzima e stato di transizione (o tra enzima e prodotto) la reazione si bloccherebbe, non permettendo al complesso di dissociarsi e liberare i prodotti. Costante di Michaelis-Menten: è un indice di affinità tra enzima e substrato. La costante di Michaelis-Menten è una grandezza caratteristica di ciascun enzima. Essa è un termine che indica quantitativamente l'affinità tra un enzima e il suo substrato: più basso è il valore di KM e più bassa sarà la concentrazione di substrato che permette di raggiungere un valore di velocità di reazione pari alla metà della velocità massima, il che indica una alta affinità dell'enzima per il substrato. Viceversa un alto valore di KM indica che sarà necessario più substrato per raggiungere una velocità di reazione pari alla metà della velocità massima, il che significa una minore affinità dell'enzima per il substrato. MatteoValenti inibizione enzimatica (reversibile, irreversibile, competitiva, non competitiva): l'inibizione enzimatica è processo che riduce o annulla la velocità di trasformazione del substrato in prodotti da parte di un enzima a causa dell’interazione dell’enzima stesso con particolari sostanze dette appunto inibitori. L’inibizione può essere di due tipi: irreversibile e reversibile. L’inibizione irreversibile si verifica quando l’inibitore si lega fortemente all’enzima, rendendo quasi impossibile la sua rimozione. L’inibizione reversibile, che rappresenta il meccanismo di controllo delle attività enzimatiche in vivo, può essere di tre tipi: competitiva, non competitiva e acompetitiva. L’inibizione competitiva si verifica quando l’inibitore, presentando analogie strutturali con il substrato, interagisce reversibilmente con il sito attivo dell’enzima, senza però subire alcuna trasformazione da parte dell’enzima stesso. Il substrato dell’enzima non ha quindi libero accesso al sito attivo e l’enzima risulta inattivo. L’inibizione competitiva può essere rimossa aumentando la concentrazione del substrato che, per azione di massa, provoca la rimozione dell’inibitore. L’inibizione acompetitiva si verifica quando l’inibitore si lega reversibilmente al complesso enzimasubstrato ES, formando il complesso inattivo enzima-substrato-inibitore ESI. Carboidrati: i carboidrati (o zuccheri o saccaridi o glucidi) sono le molecole biologiche più abbondanti in natura. Dopo la loro assunzione con la dieta, essi vengono riossidati dall'ossigeno introdotto con la respirazione, generando nuovamente anidride carbonica ed acqua e liberando l'energia necessaria per i vari processi metabolici. Esiste pertanto in natura un ciclo del carbonio, mantenuto a spese della luce del sole. I carboidrati sono composti chimicamente semplici formati soltanto da carbonio, ossigeno ed idrogeno, combinati fra loro del rapporto stechio metrico Cn(H2O)n, da cui il nome idrati di carbonio o carboidrati. La classificazione dei carboidrati è basata sul numero delle unità presenti nella molecola: i monosaccaridi sono le unità strutturali di base (i monomeri); i disaccaridi contengono 2 monosaccaridi legati insieme covalentemente; i polisaccaridi sono macromolecole formate da numerose unità di monosaccaridi (sono pertanto polimeri). I monosaccaridi sono caratterizzati da una struttura chimica ben definita: 1 gruppo funzionale carbonilico (che può essere aldeico o chetonico); almeno 2 gruppi funzionali alcolici. Una classificazione dei monosaccaridi è basata sul numero degli atomi di C (triosi: 3 atomi di carbonio, pentosi: 5 atomi di carbonio, esosi: 6 atomi di carbonio). I monosaccaridi più piccoli, a 3 atomi di C sono la gliceraldeide e il diidrossiacetone. Il ribosio è un aldoso a 5 atomi di C ed è un componente dei nucleotidi e degli acidi nucleici (da esso deriva il 2deossiribosio presente specificamente nel DNA). Il glucosio (aldoso a 6 atomi di carbonio: aldoesoso) rappresenta il carboidrato più importante nella biochimica dei mammiferi e costituisce l'unità di base delle maggiori fonti alimentari di carboidrati. Disaccaridi: l'unione di 2 monosaccaridi comporta l'eliminazione di una molecola di acqua. I disaccaridi di importanza fisiologica sono: il maltosio (composto da 2 molecole di glucosio), il saccarosio (composto da glucosio e fruttosio), il lattosio (composto da galattosio e glucosio). Data la natura polare e di piccole dimensioni, monosaccaridi e disaccaridi sono solubili in acqua; i polisaccaridi di grandi dimensioni sono, invece, insolubili pur essendo polari. Polisaccaridi: l'amido e il glicogeno sono polimeri del glucosio uniti da legami α glicosidici, con MatteoValenti funzioni di riserva rispettivamente nelle piante e negli animali. L'amido è costituito da amilosio e amilopectina. La cellulosa è un polimero lineare del glucosio. Da un punto di vista nutrizionale, i carboidrati introdotti con gli alimenti possono essere classificati in modo diverso da quello chimico ed essere raggruppati in 3 categorie: gli zuccheri propriamente detti, i carboidrati complessi e digeribili (amido), i carboidrati complessi e indigeribili (fibra). Oltre al ruolo energetico i carboidrati possono svolgere altri ruoli fisiologici: -ruolo strutturale; i principali componenti della matrice extracellulare dei tessuti connettivi sono il collagene (proteina strutturale) e i peptidoglicani (formati da proteine e polisaccaridi) -ruolo di riconoscimento;le proteine destinate ad essere secrete o ad essere posizionate sulla superficie delle membrane plasmatiche cellulari hanno catene oligosaccaridiche legate covalentemente e sono denominate glicoproteine; queste catene glicolidiche codificano informazioni biologiche. Metabolismo dei carboidrati: La digestione dei carboidrati incomincia nelle bocca. La saliva contiene un enzima, l'amilasi salivare, che idrolizza i legami (alfa-glicosidico) dell'amido cotto, formando le destrine (carboidrati con un peso molecolare medio. La loro catena è corta rispetto all'amido, quindi risultano di più facile assorbimento). L'azione dell'amilasi salivare è comunque molto limitata, sia a causa della limitata permanenza in bocca, che per l'ambiente acido dello stomaco. La digestione dei carboidrati riprende nell'intestino ad opera dell'amilasi pancreatica che idrolizza le destrine a maltosio. Successivamente, la digestione si completa ad opera dell'enzima maltasi, che idrolizza il maltosio e dell'enzima deramificante il quale, rompendo i legami delle ramificazioni, permette la liberazione del glucosio. Glicolisi: è un processo metabolico che provoca la demolizione del glucosio fino ad acido lattico. MatteoValenti La glicolisi, che si verifica anche in assenza di ossigeno, costituisce la fase anaerobia del catabolismo dei carboidrati e consiste in reazioni di fosforilazione che richiedono la partecipazione di ATP e di NAD. Nell'ambito della glicolisi avviene la sintesi di importanti metaboliti intermedi (glucosio-6-fosfato, fosfogliceraldeide, piruvato, ecc..), alcuni dei quali intervengono nel metabolismoo dei lipidi e delle proteine. Al termine del processo una molecola di glucosio è trasformata in due molecole di acido lattico con liberazione di energia, che può essere direttamente utilizzata per la produzione di lavoro (contrazione muscolare, processi di secrezione o di assorbimento attivo, ecc..), oppure immagazzinata, sotto forma di legami fosforici ad alto contenuto energetico (ATP). In presenza di ossigeno l'acido lattico viene ulteriormente metabolizzato nell'ambito del ciclo di Krebs, che costituisce invece la fase aerobia ed ossidativa del catabolismo dei carboidrati. Il glucosio e la via deputata al suo metabolismo, cioè la glicolisi, sono utilizzati da tutti gli organismi, dai batteri all'uomo. Il glucosio è l'unica fonte energetica in grado di produrre ATP a livello extramitocondriale e tale sintesi di ATP può avvenire anche in assenza di ossigeno (metabolismo anaerobico). Il glucosio è la fonte energetica principale per il cervello, ed è indispensabile per catabolizzare efficientemente gli acidi grassi. Il fegato è l'organo deputato al mantenimento di una glicemia stabile, grazie all'azione di ormoni (insulina, glucagone, cortisolo). La glicolisi è una via rapida e può fornire energia sia in assenza sia in presenza di ossigeno. Nella glicolisi il glucosio (molecola a 6 atomi di carbonio) viene scisso in in 2 molecole a a 3 atomi di cabonio, l'acido piruvico (detto piruvato). Reazioni chimiche della glicolisi: fase endoergonica (investimento energetico) in cui l'ATP è usato per fosforilare il glucosio, fase ergonica (produzione energetica) in cui si produce NADH+H dal NAD e si formano 2 composti con legami fosforici ad alta energia che vengono poi utilizzati per la sintesi di ATP a partire da ADP. Possiamo suddividere il processo di glicolisi in 10 tappe: 1. appena entrato nella cellula il glucosio viene fosforilato tramite il trasferimento di un gruppo fosfato dall'ATP all'ossidrile legato al carbonio 6 della molecola di glucosio, si ha così la formazione di glucosio-6-fosfato (G6-P) (mediante l'esochinasi) 2. il glucosio-6-fosfato è convertito nell'isomero fruttosio-6-fosfato (F6-P) dall'enzima G6-P isomerasi: la reazione può procedere velocemente in entrambe le direzioni a seconda delle concentrazioni dei substrati 3. a spese dell'ATP avviene una seconda fosforilazione catalizzata dall'enzima fosfofruttochinasi che converte il F6-P in fruttosio 1,6-bifosfato (1,6 FBF) 4. scissione dell'1-6FBF in 2 molecole a 3 atomi di carbonio: gliceraldeide 3 fosfato (da trioso fosfato isomerasi) 5. il diidrossiaceton-fosfato viene convertito in gliceraldeide 3 fosfato (da triosofosfato isomerasi) ____da qui ogni reazione va considerata in duplicato______________ la gliceraldeide-3-fosfato viene convertita in acido 1,3-bifosfoglicerico; ad opera di una reazione di fosforilazione mediante gliceraldeide 3 fosfato deidrogenasi 6. trasferimento del gruppo fosfato anidridico dal 1,3-BPG all'ADP, con conseguente formazione di ATP e 3-fosfoglicerato (mediante l'enzima fosfoglicerato chinasi) 7. la riorganizzazione interna del 3-fosfoglicerato sposta il gruppo fosfato dal carbonio in posizione 3 al carbonio in posizione 2, formando 2-fosfoglicerato (in una reazione catalizzata dalla fosfogliceralmutasi) 8. una reazione di deidratazione (catalizzata dall'enolasi) porta alla formazione del fosfoenopiruvato (PEP) contenente un legame ad alta energia con il fosfato 9. trasferimento dal gruppo fosfato dal PEP all'ADP con formazione di ATP e piruvato (l'enzima responsabile è la piruvato chinasi) risultato: 3NADH, 2FAD, 2ATP MatteoValenti Ciclo di Krebs: Il ciclo di Krebs consiste in una serie di reazioni in cui sono convogliati i prodotti della glicolisi, cioè della demolizione delle sostanze alimentari (zuccheri, grassi, proteine) per essere ulteriormente degradati fino ad acqua, H2O, e diossido di carbonio, CO2, rendendo così disponibile per la cellula l’energia chimica dei loro legami (sotto forma di ATP). Tali prodotti, trasformati in acido piruvico, sono immessi nel ciclo sotto forma di acetil-coenzima A (o acetilCoA), molecola ottenuta dall’unione di un gruppo acetilico (a 2 atomi di carbonio) con il coenzima A, presente all’interno dei mitocondri. Nella prima delle nove reazioni di cui si compone il ciclo, l’acetil-CoA reagisce con l’ossalacetato, formando un composto a 6 atomi di carbonio: l’acido citrico. Questo viene ossidato nel corso delle reazioni successive formando diversi composti intermedi, fino alla riformazione della molecola di ossalacetato che “chiude” un giro del ciclo. Le ossidazioni avvengono attraverso l’azione di coenzimi, detti anche trasportatori di elettroni, che vengono ridotti, ossia assumono gli elettroni carichi di energia provenienti dalla rottura dei legami. I coenzimi coinvolti sono principalmente NAD (nicotinammide-adenin-dinucleotide) e FAD (flavinadenin-dinucleotide) i quali, riducendosi, diventano rispettivamente NADH e FADH. Il bilancio energetico del ciclo di Krebs è di una sola molecola di ATP, essendo la maggior parte dell’energia contenuta nelle molecole dei trasportatori di elettroni, che la renderanno disponibile per la cellula dopo essere stati ossidati a opera degli enzimi della cosiddetta catena respiratoria. Reazioni chimiche del ciclo di Krebs: è la via finale dell'ossidazione di carboidrati, lipidi e proteine, che sono completamente degradati in molecole di CO2 (denominato anche: ciclo dell'acido citrico o ciclo degli acidi carbossilici). Scopo di questa via è degradare l'acetil-ScoA, intermedio comune di tutti i subastrati energetici, in 2 molecole di CO2 e contemporaneamente produrre coenzimi ridotti che serviranno per ricavare energia. Il composto di partenza e di arrivo del ciclo di Krebs è l'ossalacetato che è una molecola centrale del metabolismo. 1. Nella prima reazione , l'acetil-ScoA si condensa irreversibilmente con l'ossalacetato per formare il citrato (grazie all'azione della citrato sinteasi) 2. una volta formato, il citrato è convertito (ad opera dell'enzima aconitasi) nel suo isomero isocitrato. Quest'ultimo subisce una deidrogenazione e conseguentemente decarbossilazione trasformandosi in α-chetoglutarato. (In questa reazione sono rilasciate una molecola di CO2 e la prima delle 3 molecole di NADH+H+) 3. un'altra molecola di CO2 ed un'altra di NADH+H+ si formano con la successiva decarbossilazzazione ossidativa dell' α-chetoglutarato a succinil-ScoA (ad opera del complesso enzimatico α-chetoglutarato deidrogenasi 4. la succinato sinteasi catalizza la rottura del legame tiostere del succinil-ScoA formando succinato 5. il succinato viene ossidato (per deidrogenazione) e diventa fumarato (ad opera della succinato deidrogenasi, con la partecipazione del coenzima FAD che si riduce a FADH2) 6. il fumarato subisce un'idratazione (catalizzata dall'enzima fumarasi) trasformandosi in malato 7. infine, l'enzima malato deidrogenasi ossida il malato ad ossalacetato, con riduzione di un'altra molecola di NAD+, chiudendo così il ciclo Per ogni molecola di acetil-ScoA che entra nel ciclo di Krebs, si formano 1 molecola di ATP, 1 di FADH2 e 3 di NADH+H+. La riossidazione di ciascuna molecola di NADH+H+ fornisce energia sufficiente per la sintesi di circa 2,5 molecole di ATP, mentre la riossidazione del FADH2 dà origine a 1,5 molecole di ATP; pertanto ogni giro del ciclo di Krebs sviluppa energia in quantità tale da consentire la fosforilazione di 10 molecole di ADP trasformandole in altrettante di ATP. Fosforilazione ossidativa: è l'ultimo passaggio della respirazione cellulare. È composta da due parti: catena di trasporto degli elettroni in cui gli elettroni trasportati da NADH e FADH2 vengono scambiati dalla catena enzimatica transmembrana, che provvede a sfruttare questo MatteoValenti movimento per generare un gradiente protonico transmembrana, riducendo l'ossigeno ad acqua; sintesi di ATP tramite fosforilazione di ADP da parte dell'enzima ATP sintetasi con catalisi rotazionale che sfrutta il gradiente creato in precedenza. La catena di trasporto degli elettroni è un processo cellulare di riduzione dell'O2 ad opera di NADH e FADH2 tramite trasferimento di elettroni nei mitocondri. È la parte iniziale della fosforilazione ossidativa, ed è seguita dalla sintesi di ATP da fosforilazione di ADP. È costituita da una serie di complessi proteici e composti liposolubili capaci di produrre un potenziale elettrochimico attraverso la membrana mitocondriale mediante la creazione di un gradiente di concentrazione di ioni H+ tra i due lati della membrana. Tale poltenziale è sfruttato per attivare i canali di trasporto presenti sulla membrana stessa e per promuovere la sintesi dell'ATP da parte dell'ATP sinteasi. La catena di trasporto degli elettroni è coinvolta nei processi della fosforilazione e della respirazione. La catena di trasporto degli elettroni è situata nella membrana interna dei mitocondri, all'interno dei quali accetta atomi di idrogeno da molecole donatrici, quali i coenzimi NADH, FADH2 e succinati, e si occupa di separare gli elettroni dai protoni liberando questi ultimi all'interno dello spazio intermembrana e trasportando gli elettroni, attraverso vari complessi, verso l'accettore finale e cioè l'ossigeno. I vari trasportatori sono disposti in maniera tale da avere potenziali di riduzione crescenti e per questo motivo gli elettroni venendo trasportati passano da uno stato energetico più alto ad uno stato energetico più basso con conseguente liberazione di energia, la quale verrà utilizzata in parte per la sintesi di ATP, ed in parte verrà dispersa come calore. Tappe della catena di trasporto degli elettroni: ogni tappa rappresenta una pompa protonica localizzata nella membrana interna del mitocondrio. 1. Da NADH a coenzima Q: il NADH viene ossidato liberando 2 elettroni e riducento la FMN a FMNH2. Quest'ultima riossidandosi trasferisce 2 elettroni al gruppo prostetico (costituti da centri Fe-S) dell'enzima NADH-coenzima Q reduttasi (o coenzima Q reduttasi o NADH deidrogenasi o complesso I). I centri Fe-S trasferiscono gli elettroni al coenzima Q trasformandolo in QH2 passando da Fe2+ a Fe3+. Tappa alternativa: invece che ridurre l'FMN a FMNH2 si riduce il FAD a FADH2. La riduzione del FAD tramite ossidazione del succinato a fumarato porta alla formazione di FADH2 che viene ossidato dal centro Fe-S (che si riduce da Fe3+ a Fe2+). La successiva ossidazione del Fe riduce Q MatteoValenti a QH2. L'enzima di questa tappa è il succinato-coenzima Q reduttasi (o complesso II). Questa pompa protonica porta 4 protoni fuori dalla matrice del mitocondrio e abbiamo un flusso di 2 elettroni per ogni NADH. Nella tappa alternativa non c'è trasporto di protoni. 2. Da QH2 a citocromo: il QH2 si ossida a Q liberando due H+ e riducendo il Fe3+ del citocromo b a Fe2+ che riossidandosi a sua volta riduce i centri Fe-S da Fe3+ a Fe 2+. La successiva ossidazione di questi centri riduce il Fe del citocromo c1 a Fe2+. Il Fe2+ del citocromo c1 riossidandosi riduce il Fe3+ del citocromo c a Fe2+. L'enzima di questa tappa è il QH2-citocromo c reduttasi (o citocromo c reduttasi o complesso III). Durante questa tappa 2 protoni vengono prelevati dalla matrice e 4 vengono liberati nel citoplasma mitocondriale. 3. Da cicromo c a O2 (ciclo Q): il Fe2+ del citocromo c viene ossidato riducendo il Fe3+ del citocromo a; quest'ultimo riossidandosi riduce il Fe3+ del citocromo a3. Il Fe2+ del citocromo a3 riduce il Cu2+ legato alla citocromo ossidasi (o citocromo c ossidasi o complesso IV) a Cu1+ che riossidandosi riduce l'O2+ a H2O consumando 2 H+ ogni O. altri 2 protoni vengono portati dalla matrice al citoplasma. Sintesi di ATP: la sintesi di ATP utilizza l'energia liberata dal passaggio di idrogeno o di elettroni da un trasportatore all'altro lungo la catena respiratoria. Il trasferimento di elettroni che si produce nella catena respiratoria fa passare protoni (H+) attraverso la membrana interna del mitocondrio. Si crea così un gradiente elttrochimico. Il gradiente di protoni che si forma determina la forza per la sintesi dell'ATP. Gli elettroni passano spontaneamente dal NADH all'O2 attraverso i complessi respiratori. Il flusso di elettroni è accoppiato al pompaggio dei protoni verso l'esterno contro il gradiente elettrochimco. In questo modo si crea ai 2 lati della membrana un gradiente di potenziale elettrico ∆V+ e quindi un gradiente di potenziale chimico. L'energia per la sintesi dell'ATP deriva dall'uso di questa energia potenziale ottenuta annullando il gradiente con un flusso di protoni inverso. Quando gli elettroni arrivano all'ossigeno, la catena di trasporto si interrompe per una frazione di tempo necessaria affinché avvenga il riequilibrio protonico. Si annullano le differenze di potenziale e la variazione del pH e i protoni ritornano attraverso il complesso proteico (proteina canale) dell'ATP sintetasi. L'energia endoergonica (dovuta alle differenze di potenziale e di pH), forma di conservazione dell'energia metabolica, così liberata, è l'energia capace di spingere la reazione endoergonica ADP+Pi=ATP. Si avrà quindi l'ultima forma di conservazione di energia immagazzinata nei legami di 38 molecole di adenosindifosfato (ADP), tramite il legame di gruppi fosfato e la sintesi di molecole di adenosintrifosfato (ATP). La sintesi di tali molecole viene operata dall’enzima ATP sintasi, un grande complesso proteico inserito nella membrana mitocondriale interna che permette ai protoni di attraversarla in una singola direzione, secondo il processo di chemiosmosi, e l'energia liberata dal flusso di ioni secondo il gradiente di concentrazione viene usata per la sintesi dell'ATP, secondo la reazione: ADP3- + H+ + Pi ↔ ATP4- + H2O. La cellula, quando ne avrà bisogno, potrà liberare l'energia contenuta nell'ATP tramite un processo chiamato idrolisi catalizzato dall'enzima ATPasi Mg++ dipendente. Lipidi: sono un gruppo di composti eterogenei con la proprietà chimica comune di contenere gruppi idrocarburici apolari e, conseguentemente, con la proprietà fisica comune di essere insolubili in acuq e solubili in solventi non polari. Esistono diverse classi di lipidi: acidi grassi, trigliceridi (o triacilgliceroli), fosfolipidi, steroidi, vitamine liposolubili (A,D,E,k). acidi grassi: gli acidi grassi sono acidi carbossilici, per la maggiorparte costituiti da un numero di pari di atomi di carbonio, in generale da 4 a 24. la forma è CH3-(CH2)n-COOH ; forma sintetica R-COOH Gli acidi grassi si possono trovare liberi, ma per lo più si trovano in forma legata nei trigliceridi e nei fosfolipidi, sotto forma di esteri del glicerolo. La numerazione comincia dal gruppo carbossilico e l'acido grasso è identificato da due numeri indicanti, rispettivamente, il numero di atomi di carbonio ed il numero di doppi legami. MatteoValenti Principali acidi grassi: saturi:acido palmitico (16:0), acido stearico (18:0) monoinsaturi: acido oelico (18:1) polinsaturi: acido linoleico (18:3), acido arachidonico (20:4) TRIACILGLICERIDI (o trigliceridi): contengono una molecola di glicerolo esterificato a 3 molecole di acido grassi. Sono composti neutri completamente apolari. Costituiscono la maggior parte dei lipidi assunti con la dieta. Nel nostro organismo rappresentano la più importante riserva di acidi grassi e quindi di energia. Fosfolipidi: sono formati da glicerolo esterificato in posizione 1 e 2 con acidi grassi ed in posizione 3 con acido fosforico; quest'ultimo a sua volta lega un quarto composto. La presenza del fosfato che ha carica negativa e l'eventuale presenza dell'amina caricata positivamente, rendono il fosfolipide un composto anfipatico, con una parte polare idrofilica ed una parte idrogobica, Il fosfolipide è pertanto in grado di interagire sia con composti apolari che con l'acqua (i fosfolipidi sono i principali costituenti delle membrane cellulari). Steoridi: il colesterolo è il capostipite della classe degli steroidi. È una strttura debolmente anfipatica in quanto contiene un gruppo polare -OH. Funzioni biologiche: trigliceridi: il tessuto adiposo, sede di accumulo dei trigliceridi, assolve ad importanti funzioni come riserva energetica, protezione termica, protezione meccanica. Fosfolipidi: ruolo strutturale nelle membrane cellulari (membrana plasmatica e membrane degli organelli intracellulari); ruolo nel trasporto plasmatico dei lipidi, i lipidi sono insolubili in acqua e pertanto non si trovano liberi nel sangue bensì sono trasportati sotto forma di aggregati unicellulari capaci di formare sospensioni stabili; precursori di regolatori metabolici. Colesterolo: ruolo strutturale nelle membrane cellulari: è un modulatore della fluidità delle membrane; funzione metabolica come precursore di: acidi biliari, ormoni stereoidei, vitamina D. lipidi di interesse alimentare: con l'alimentazione vengono assunti: grassi propriamente detti (trigliceridi, fosfolipidi); colesterolo (libero o esterificato, nei grassi di origine animale); vitamine liposolubili A,D,E,K; acidi grassi essenziali; inoltre i grassi alimentari sono necessari per l'assorbimento intestinale dei lipidi essenziali. Ciclo dell'urea: L'urea viene prodotta dall'ammoniaca in cinque tappe enzimatiche Il ciclo dell'urea inizia all'interno dei mitocondri degli epatociti, ma tre tappe avvengono nel citoplasma. Il primo gruppo amminico ad entrare nel ciclo dell'urea deriva dall'ammoniaca presente nei mitocondri, prodotta attraverso le tappe di mobilitazione dei gruppi amminici dagli amminoacidi. Una parte dell'ammoniaca deriva anche dall'ossidazione intestinale degli amminoacidi ad opera dei batteri, ed arriva al fegato tramite la vena porta. 1. Lo ione ammonio (ammoniaca) presente nei mitocondri viene immediatamente utilizzato, insieme alla CO2 (sotto forma di ione bicarbonato) che deriva dalla respirazione mitocondriale, per formare il carbamil fosfato. La reazione richiede ATP, avviene nella matrice mitocondriale ed è catalizzata dall'enzima carbamil fosfato sintetasi I (la forma mitocondriale, indicata con la sigla II, interviene nella biosintesi delle pirimidine). 2. Il carbamil fosfato entra nel ciclo dell'urea, composto da 4 tappe enzimatiche. Nella prima tappa, il carbamil fosfato dona il suo gruppo carbamilico all'ornitina per formare la citrullina; contemporaneamente viene rilasciato Pi. L'enzima di riferimento è l'ornitina transcarbamilasi. La citrullina esce dai mitocondri ed il ciclo continua nel citosol. 3. Il gruppo amminico dell'aspartato viene condensato al gruppo ureidico della citrullina. Il prodotto della reazione è l'argininosuccinato e l'enzima è l'argininosuccinato sintetasi; la reazione richiede ATP e procede attraverso la formazione di un intermedio (citrullul-AMP) 4. L'argininosuccinato viene scisso reversibilmente dall'argininnosuccinato liasi, con formazione di MatteoValenti arginina e fumarato; quest'ultimo entra nel ciclo di Krebs. 5. L'ultima tappa è la scissione dell'arginina in urea ed ornitina, nella reazione catalizzata dall'enzima arginasi. L'ornitina entra nei mitocondri per iniziare un nuovo giro del ciclo dell'urea ….nel mitocondrio... 1)ammoniaca+anidride carbonica=carbamilfosfato (si usano 2 atp; mediante la carbamilfosfato sinteasi 2)carbamilfosfato+ornitina=citrullina (liberazione di 1 gruppo fosfato; mediante ornitina transcarbamilasi) …...nel compartimento citoplasmatico.(citosol).......... 3)citrullina+aspartato=argininasuccinato (mediante enzima argininasuccinato sinteasi) 4)argininasuccinato=fumarato+arginita (mediante argininasuccinato liasi) 5)arginina ----subusce idrolisi----> = urea + ornitina l'urea passa nel torrente circolatorio e raggiunge il rene e viene escreta, l'ornitina viene trasportata nel mitocondrio e può iniziare un altro giro di ciclo dell'urea Insulina: l'insulina è un ormone peptidico dalle proprietà anaboliche, prodotto dalle cellule beta delle isole di Langerhans all'interno del pancreas; è formata da due catene unite da due ponti solfuro: catena A di 21 aminoacidi e catena B di 30 aminoacidi. La sua funzione più nota è quella di regolatore dei livelli di glucosio ematico riducendo la glicemia mediante l'attivazione di diversi processi metabolici e cellulari. Ha inoltre un essenziale ruolo nella proteosintesi (sintesi proteica) assieme ad altri ormoni che sinergicamente partecipano a tale processo, tra cui l'asse GH/IGF-1, e il testosterone. L'insulina è il principale ormone responsabile del fenomeno di ingrassamento (lipogenesi), cioè lo stoccaggio di lipidi all'interno del tessuto adiposo. Il glucagone: Il glucagone è un ormone peptidico secreto dal pancreas, esattamente dalle cellule α delle isole di Langerhans, che ha come bersaglio principale alcune cellule del fegato; esso permette il controllo dei livelli di glucosio nel sangue, affinché rimangano entro certi limiti: se il livello ematico di glucosio scende sotto una soglia di circa 80 - 100 mg/dl (= 0,8 - 1 g/l), le cellule α cominciano a secernere glucagone. Questo si lega immediatamente ai suoi recettori presenti principalmente sugli epatociti, attivando la degradazione del glicogeno (glicogenolisi) ed un conseguente rilascio di glucosio nel sangue. Sebbene venga in genere considerato antagonista dell'insulina per il suo compito di contrastare l'ipoglicemia, insulina e glucagone intervengono in sinergia in seguito all'introduzione di proteine/amminoacidi, poiché il primo determina lo stivaggio degli amminoacidi (proteosintesi) nei tessuti, mentre il secondo previene l'ipoglicemia causata dall'insulina.