Geometria e Topologia I - Pagina web di Matapp

Appunti di
Geometria e Topologia I
Davide L. Ferrario
A.A. 2006/2007
Dipartimento di Matematica e Applicazioni
Università di Milano–Bicocca
c Davide L. Ferrario, 2007
Appunti del corso di Geometria e Topologia I (A.A. 2006/2007)
Davide L. Ferrario
[email protected]
Dipartimento di Matematica e Applicazioni
Università di Milano-Bicocca
Premessa
Queste sono le note per il corso di Geometria e Topologia I (primo anno del CdL in Matematica), tenuto nel secondo semestre dell’A.A. 2006/2007 presso il Dipartimento di Matematica
e Applicazioni dell’Università di Milano-Bicocca. Gli argomenti presentati a lezione sono
riassunti in modo molto schematico (e approssimativo nonché non esente da errori di varia
natura); ogni settimana viene presentato un elenco di esercizi assegnati (facoltativi). La parte
teorica di queste note non può essere considerata un testo su cui studiare, ma solo un compendio abbastanza dettagliato degli argomenti affrontati. Lo studio deve essere necessariamente
svolto sui libri consigliati (o sui numerosi volumi presenti in letteratura e in biblioteca dedicati
a questi argomenti) e sui propri appunti, possibilmente confrontando quanto si legge con quanto presentato in queste note. Gli esercizi proposti settimanalmente possono essere semplici, di
media difficoltà, oppure presentare difficoltà significative (questi esercizi sono segnalati in genere con un asterisco). A volte l’asterisco segnala semplicemente l’importanza dell’argomento
affrontato nell’esercizio.
Milano, Maggio 2007
Davide L. Ferrario
([email protected])
i
Indice
1 Richiami di logica matematica
1
2 Richiami di teoria degli insiemi
4
3 Spazi metrici e continuità: topologia degli spazi metrici
6
4 Sottoinsiemi chiusi di uno spazio metrico
13
5 Spazi topologici
15
6 Funzioni continue
20
7 Topologia prodotto
21
8 Spazi di identificazione e topologie quoziente
22
9 Compattezza
26
10 Compattezza in spazi metrici ed euclidei
31
11 Spazi metrici completi
36
12 Spazi connessi
40
13 Gruppi topologici
46
14 Gruppi di trasformazione
49
15 Spazi affini
56
16 Sottospazi affini
60
17 Mappe affini
65
18 Incidenza e parallelismo
69
19 Spazi affini euclidei
74
20 Angoli e proiezioni ortogonali
79
21 Spazi proiettivi
83
22 Coniche proiettive
92
23 Coniche affini e coniche euclidee
96
2
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1
Geometria e Topologia I
Richiami di logica matematica
Definire cos’è un enunciato, una proposizione (elemento primitivo della logica delle proposizioni). La definizione è data in termini di una proprietà dell’enunciato: l’essere vero o falso
(logica bivalente). Dunque si assume che ogni proposizione abbia un solo valore di verità scelto
tra i due: vero oppure falso. Sistemi logici più completi possono averne altri (indeterminato,
per esempio).
Variabili : Lettere dell’alfabeto (maiuscole o minuscole), se serve con sottoscritte (con apici
o pedici): A, x, B1 , j, . . . Assegnamento di valore alle variabili.
Connettivi logici : : (Operazioni binarie, unarie tra proposizioni). Si formano nuove
proposizioni a partire da proposizioni date.
• negazione: ¬p.
• congiunzione (AND): p ∧ q.
• disgiunzione (OR, p vel q): p ∨ q.
• disgiunzione esclusiva (p XOR q, aut p aut q) : p ⊕ q.
• implicazione (materiale) (se p allora q, p implica q): p =⇒ q.
• doppia implicazione (se e solo se): p ⇐⇒ q.
Valori di verità: Vero (1) e Falso (0). Dato che gli enunciati p, q, . . . assumo valori di
verità 0/1, è possibile definire i connettivi logici scrivendo le corrispondenti tabelle di verità.
p
1
0
¬p
0
1
p
1
0
1
0
q
1
1
0
0
p =⇒ q
1
1
0
1
p
1
0
1
0
p
1
0
1
0
q p∧q
1
1
1
0
0
0
0
0
q p ⇐⇒ q
1
1
1
0
0
0
0
1
p
1
0
1
0
q
1
1
0
0
p∨q
1
1
1
0
p
1
0
1
0
q
1
1
0
0
p XOR q
0
1
1
0
Simboli primitivi ed espressioni logiche: A partire da proposizioni date p, q, r, . . . si costruiscono espressioni composte (dette anche forme o espressioni, nel calcolo delle proposizioni),
utilizzando le parentesi per esplicitare la precedenza tra le operazioni. Alcune espressioni sono
sempre vere (cioè assumono valore di verità 1 per ogni possibile scelta dei valori delle variabili),
e si chiamano tautologie. Altre, invece, sono sempre false (cioè assumono valore di verità 0
per ogni possibile scelta dei valori delle variabili): si chiamano contraddizioni. Quando due
espressioni hanno le medesime tavole di verità si dicono equivalenti . A e B sono equivalenti
se e solo se A ⇐⇒ B è una tautologia.
Le seguenti sono tautologie:
(i) A ∨ ¬A (terzo escluso);
(ii) ¬(A ∧ ¬A) (non contraddizione);
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Geometria e Topologia I
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(iii) ¬(¬A) ⇐⇒ A (doppia negazione);
(iv) A ∧ A ⇐⇒ A, A ∨ A ⇐⇒ A;
(v) A ∨ B ⇐⇒ B ∨ A, A ∧ B ⇐⇒ B ∧ A (commutatività);
(vi) associatività:
(A ∨ B) ∨ C ⇐⇒ A ∨ (B ∨ C);
(A ∧ B) ∧ C ⇐⇒ A ∧ (B ∧ C);
(vii) Leggi distributive:
A ∧ (B ∨ C) ⇐⇒ (A ∧ B) ∨ (A ∧ C);
A ∨ (B ∧ C) ⇐⇒ (A ∨ B) ∧ (A ∨ C);
(viii) Leggi di de Morgan:
¬(A ∧ B) ⇐⇒ ¬A ∨ ¬B;
¬(A ∨ B) ⇐⇒ ¬B ∧ ¬A;
Le seguenti tautologie sono uno schema del ragionamento logico formale. Sono esempi di
sillogismi, riscritti nei termini della logica matematica delle proposizioni.
(i) (A ∧ B) =⇒ A;
(ii) (A =⇒ B) ⇐⇒ (¬B =⇒ ¬A) (contronominale, contrapposizione, per assurdo);
(iii) (A =⇒ B) ∧ A =⇒ B (modus ponens);
(iv) (A =⇒ B) ∧ ¬B =⇒ ¬A (modus tollens);
(v) (A =⇒ B) ∧ (B =⇒ C) =⇒ (A =⇒ C) (modus barbara, sillogismo ipotetico);
(vi) ((A ∨ B) ∧ ¬A) =⇒ B (sillogismo disgiuntivo).
Predicati Quando una espressione p(x) contiene delle variabili (x) che non sono state assegnate (variabili libere) si dice predicato, proprietà, funzione proposizionale o anche enunciato
aperto.
Quantificatori: I quantificatori trasformano enunciati aperti in proposizioni (vere o false).
Se ci sono più variabili libere, si possono usare più quantificatori. Le variabili con un valore
assegnate oppure quantificate da un quantificatore si dicono vincolate.
• Quantificatore universale: ∀ (per ogni, per tutti).
Uso: ∀x, p(x).
Significato: Per ogni x (nell’universo U), la proprietà p(x) è vera (cioè x gode della
proprietà p). Anche: ∀x ∈ U, p(x).
• Quantificatore esistenziale: ∃ (esiste, esiste almeno un x).
Uso: ∃x : p(x).
Significato: Esiste almeno un x (nell’universo U) per cui la proprietà p(x) è vera
(cioè x gode della proprietà p). Anche: ∃x ∈ U : p(x).
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Geometria e Topologia I
• ¬(∀x, p(x)) ⇐⇒ ∃x : ¬p(x) (principio di negazione).
• ¬(∃x : p(x)) ⇐⇒ ∀x, ¬p(x) (principio di negazione).
• ∀x, ∀y, p(x, y) ⇐⇒ ∀y, ∀, xp(x, y) (principio di scambio).
• ∃x : ∃y : p(x, y) ⇐⇒ ∃y : ∃ : xp(x, y) (principio di scambio).
• ∃x : ∀y, p(x, y) =⇒ ∀y, ∃x : p(x, y) (principio di scambio).
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Richiami di teoria degli insiemi
Concetti primitivi (non definiti ):
• Insieme di oggetti/elementi (anche: collezione, famiglia).
• Relazione di appartenenza: x ∈ X, x 6∈ X.
In altri termini, in questa teoria intuitiva (naive) degli insiemi1 si definisce un insieme
come collezione di oggetti definiti e distinguibili (cioè si deve essere in grado di stabilire se
x = y oppure x 6= y). Si assumono anche i seguenti principi:
(i) Principio di estensione: Due insiemi sono uguali se e solo se hanno gli stessi elementi.
(ii) Principio di astrazione: Una proprietà p(x) definisce un insieme A con la convenzione
che gli elementi di A sono esattamente gli “oggetti” x per cui P (x) è vera:
A = {x : p(x)}.
(iii) Assioma della . . .
Estensioni di questa notazione:
{x ∈ A : p(x)} Esempio: {x ∈ R : x ≥ 4}
{f (x) : p(x)} Esempio: {x2 : x ∈ Z}
{1, 2, 3}, {1, 2}
Insieme vuoto: ∅. 2
Relazioni tra insiemi:
• (Inclusione) A ⊂ B (anche A ⊆ B): se x ∈ A implica x ∈ B. A è un sottoinsieme di
B.
• A ⊃ B: se B ⊂ A.
• A = B se e solo se (A ⊂ B) e (B ⊂ A).
Operazioni con gli insiemi:
• Unione A ∪ B = {x : x ∈ A ∨ x ∈ B}.
• Intersezione A ∩ B = {x : x ∈ A ∧ x ∈ B} (due insiemi sono disgiunti quando
A ∩ B = ∅).
• Prodotto cartesiano (insieme delle coppie ordinate) A × B = {(a, b) : a ∈ A, b ∈ B} =
{(a, b) : a ∈ A ∧ b ∈ B}.
1
G. Cantor (1845–1918). Il termine intuitiva è usato anche poiché la sola intuizione dovrebbe essere il
criterio per stabilire cosa è un insieme e cosa no; conseguenze di questo approccio sono famosi paradossi
(contraddizioni), come il paradosso di Russell (1901): sia X l’insieme di tutti gli insiemi che non appartengono
a se stessi, cioè che non hanno se stessi come elementi (x 6∈ x); se X appartiene a se stesso, X ∈ X, allora per
definizione X 6∈ X, cioè X non appartiene a se stesso. Viceversa. . .
2
Il concetto complementare di insieme vuoto è quello di insieme universo. S’intende che questo viene scelto
– e sottinteso – in dipendenza dal contesto. Per esempio: numeri naturali, numeri reali, . . .
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• Complemento di A in B ⊃ A (differenza tra insiemi): A0 (= Ac = B r A) = {x ∈ B :
x 6∈ A}.
• Insieme delle parti: P(X) = 2X = l’insieme dei sottoinsiemi di X (cioè l’insieme delle
funzioni f : X → {0, 1}).
P
Operazioni per collezioni/famiglie di insiemi: come il simbolo di sommatoria
può
essere usato per definire la somma di una serie di numeri, cosı̀ i simboli di unione e intersezione
possono essere usati per famiglie di insiemi. Siano J e U due insiemi non vuoti e f : J → 2U
una funzione. Per ogni i ∈ J, il sottoinsieme f (i) ∈ 2U può anche essere denotato con Xi , per
esempio (cf. successioni xi vs. funzioni x = f (i)).
[
•
Xi := {x ∈ U : (∃i ∈ I : x ∈ Xi )}, o equivalentemente3
i∈J
S
•
\
i∈J
Xi := {x ∈ U : x ∈ Xi per qualche i ∈ I}.
Xi := {x ∈ U : (∀i ∈ J, x ∈ Xi )}, o equivalentemente
i∈J
T
i∈J
Xi := {x ∈ U : x ∈ Xi per tutti gli i ∈ J}.
In ultimo, si ricordi che una funzione f : X → Y si dice iniettiva se ∀x ∈ X, ∀y ∈ Y, (x 6=
y =⇒ f (x) 6= f (q)), suriettiva se ∀y ∈ Y, ∃x ∈ X : f (x) = y, bijettiva (biunivoca) se è sia
iniettiva sia suriettiva.
(2.1) Definizione. Sia f : X → Y una funzione. Se B ⊂ Y è un sottoinsieme di Y , la
controimmagine di B è
f −1 (B) = {x ∈ X : f (x) ∈ B}.
3
6
Si noti l’uso del simbolo “:=” usato per le definizioni o gli assegnamenti.
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Spazi metrici e continuità: topologia degli spazi metrici
Ricordiamo alcuni fatti elementari sugli spazi metrici.
(3.1) Definizione. Uno spazio metrico è un insieme X munito di una funzione d : X ×X → R
tale che per ogni x1 , x2 ,x3 ∈ X:
(i) ∀x1 , ∀x2 , d(x1 , x2 ) ≥ 0 e d(x1 , x2 ) = 0 se e solo se x1 = x2 .
(ii) Simmetria: d(x1 , x2 ) = d(x2 , x1 ).
(iii) Disuguaglianza triangolare: d(x1 , x3 ) ≤ d(x1 , x2 ) + d(x2 , x3 ).
La funzione d viene chiamata metrica su X. Gli elementi di X vengono anche chiamati punti.
(3.2) Esempio. Metrica su R: d : R × R → R, d(x, y) = |x − y|, ha le proprietà che per ogni
x, y ∈ R
(i) |x − y| ≥ 0 e |x − y| = 0 ⇐⇒ x = y.
(ii) |x − y| = |y − x|.
(iii) |x − z| ≤ |x − y| + |y − z|.
Importante concetto associato al concetto di metrica/distanza:
(3.3) Definizione. Palla aperta (intorno circolare) di raggio r e centro in x0 ∈ X (X spazio
metrico):
Br (x0 ) = {x ∈ X : d(x, x0 ) < r}.
(Anche più esplicitamente Br (x0 , X))
(3.4) Nota. Una funzione f : A ⊂ R → R è continua nel punto x ∈ A se per ogni > 0 esiste
un δ > 0 tale che |x − y| < δ =⇒ |f (x) − f (y)| < . Cioè, equivalentemente, f è continua in
x ∈ R se per ogni > 0 esiste δ > 0 tale che y ∈ Bδ (x) =⇒ f (y) ∈ B (f (x)), cioè
f (Bδ (x)) ⊂ B (f (x)).
In generale, f : A → R è continua in A ⊂ R se è continua per ogni x ∈ A, cioè se per ogni
> 0 e per ogni x ∈ A esiste δ (dipendente da e x) tale che f (Bδ (x)) ⊂ B (f (x)).
Dal momento che f (A) ⊂ B ⇐⇒ A ⊂ f −1 B (esercizio (1.7) a pagina 13), la funzione f è
continua in A se e solo se per ogni > 0 e per ogni x ∈ A esiste δ (dipendente da e x) tale
che Bδ (x) ⊂ f −1 (B (f (x))).
(3.5) Definizione. 4 Un sottoinsieme U di uno spazio metrico X si dice intorno di un punto
x ∈ U se contiene un intorno circolare di x, cioè se esiste δ > 0 tale che
Bδ (x) ⊂ U
Se U è un intorno di x, si dice che x è interno ad U .
4
U può non essere aperto. . .
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(3.6) Nota. Se U è un intorno di x e U ⊂ V , allora V è un intorno di V .
Con questo linguaggio, la definizione di continuità in x diventa: la controimmagine f −1 (B (f (x)))
di ogni intorno circolare di f (x) è un intorno di x. Notiamo che una palla è intorno di ogni
suo punto (esercizio (1.10) a pagina 13).
(3.7) Se f : A ⊂ X → Y è continua in A, allora la controimmagine di ogni palla Br (y) in Y
(intervallo!) è intorno di ogni suo punto.
Dimostrazione. Se x ∈ f −1 B (y), cioè f (x) ∈ B (y), allora esiste r abbastanza piccolo per cui
Br (f (x)) ⊂ B (y). Dal momento che f è continua in x, f −1 (Br (f (x))) è intorno di x. Ma
Br (f (x)) ⊂ B (y) =⇒ f −1 (Br (f (x))) ⊂ f −1 (B (y))
e quindi f −1 (B (y)) è un intorno di x.
q.e.d.
(3.8) Definizione. Un sottoinsieme A ⊂ X di uno spazio metrico si dice aperto se è intorno
di ogni suo punto (equivalentemente, ogni punto di A ha un intorno circolare tutto contenuto
in A, o, equivalentemente, ogni punto di A ha un intorno tutto contenuto in A).
(3.9) Una palla aperta Br (x) è un aperto.
Dimostrazione. (Esercizio (1.10) di pagina 13)
q.e.d.
(3.10) Una funzione f : X → Y è continua in X se e soltanto se la controimmagine in X di
ogni palla Br (y) di Y è un aperto.
Dimostrazione. Per la proposizione precedente se una funzione è continua allora la controimmagine di ogni palla è un aperto. Viceversa, assumiamo che la controimmagine di ogni palla
Br (y) è un aperto. Allora, per ogni x ∈ X e per ogni > 0
f −1 (B (f (x)))
è un aperto, ed in particolare è un intorno di x; per definizione di intorno, quindi per ogni x
e esiste δ > 0 tale che Bδ (x) ⊂ f −1 (B (f (x))), cioè f è continua.
q.e.d.
3.1
Proprietà dei sottoinsiemi aperti
Se A ⊂ X è aperto, allora per ogni x ∈ A esiste r = r(x) > 0 tale che Br(x) ⊂ A, e quindi A è
unione di (anche infinite) palle aperte
[
A=
Br(x) (x).
x∈A
Viceversa, si può mostrare che l’unione di una famiglia di palle aperte è un aperto. Quindi
vale:
(3.11) Un sottoinsieme A ⊂ X è aperto se e solo se è unione di intorni circolari (palle).
(3.12) Corollario. L’unione di una famiglia qualsiasi di aperti è un aperto.
(3.13) Nota. Osserviamo che le dimostrazioni appena viste per funzioni reali non utilizzano
null’altro che proprietà degli intorni circolari in R. Dato che queste proprietà valgono in
generale per spazi metrici, le medesime proposizioni valgono per spazi metrici.
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Si possono riassumere tutti i fatti visti nel seguente teorema.
(3.14) Teorema. Una funzione f : X → Y (spazi metrici) è continua se e solo se la controimmagine di ogni aperto di Y è un aperto di X.
Dimostrazione. Sia V un aperto di Y . Allora è unione di intorni circolari Bj := Brj (yj )
V =
[
Bj
j∈J
e dunque la sua controimmagine
!
f
−1
V =f
−1
[
Bj
=
j∈J
[
f −1 Bj
j∈J
è unione di aperti, e quindi è un aperto. Viceversa, se la controimmagine di ogni aperto in Y
è un aperto di X, allora in particolare la controimmagine di ogni intorno circolare di Y è un
aperto di X, e quindi f è continua.
q.e.d.
La continuità di una funzione quindi dipende solo dal comportamento di f sulle famiglie
di aperti degli spazi in considerazione, e non dal valore della metrica.
(3.15) Sia X uno spazio metrico. Allora l’insieme vuoto e X sono aperti.
(3.16) Siano A e B due aperti di X spazio metrico. Allora l’intersezione A ∩ B è un aperto.
Dimostrazione. Sia x ∈ A ∩ B. Dato che A e B sono aperti, esistono rA e rB > 0 tali che
BrA (x) ⊂ A e BrB (x) ⊂ B.
Sia r il minimo tra rA e rB : Br ⊂ BrA , Br ⊂ BrB , e quindi Br ⊂ A∧Br ⊂ B( ⇐⇒ Br ⊂ A∩B).
Quindi A ∩ B è intorno di x e la tesi segue dall’arbitrarietà di x.
q.e.d.
Riassumiamo le proprietà degli aperti: consideriamo il sottoinsieme dell’insieme delle parti
A ⊂ 2X che consiste di tutti i sottoinsiemi aperti di X.
(3.17) L’insieme A di tutti gli aperti (secondo la definizione (3.8 ) di pagina 8) di uno spazio
metrico X verifica le seguenti proprietà:
(i) ∅ ∈ A, X ∈ A,
S
(ii) B ⊂ A =⇒ B∈B B ∈ A,
T
(iii) B ⊂ A, B è finito, allora B∈B B ∈ A.
(3.18) Possiamo riassumere le proprietà degli intorni circolari di uno spazio metrico X:
(i) Ogni elemento x ∈ X ha almeno un intorno (aperto) B 3 x.
(ii) L’intersezione di due intorni circolari B1 ∩ B2 è un aperto, e quindi per ogni x ∈ B1 ∩ B2
esiste un terzo intorno circolare B di x per cui x ∈ B ⊂ B1 ∩ B2 .
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(3.19) Definizione. La topologia di uno spazio metrico X è la famiglia A di tutti i sottoinsiemi aperti definita poco sopra. Si dice anche che è A è la topologia di X generata dagli
intorni circolari (definiti a partire dalla metrica).
(X, d) 7→ (X, d, A)
Dal momento che per determinare la continuità di una funzione è sufficiente conoscere le
famiglie di aperti (nel dominio e codominio) e le controimmagini degli stessi, diciamo che due
metriche sono equivalenti se inducono la stessa topologia.
(3.20) Definizione. Si dice che due metriche sullo stesso insieme X sono equivalenti se
inducono la stessa topologia su X.
(3.21) Due metriche d e d0 su X sono equivalenti se e solo se la seguente proprietà è vera: per
0
ogni x ∈ X e per ogni palla Brd (x) (nella metrica d) esiste r0 > 0 tale che Brd0 (x) ⊂ Brd (x) (dove
0
0
Brd0 (x) è la palla nella metrica d0 ) e, viceversa, per ogni r0 e x esiste r tale che Brd (x) ⊂ Brd0 (x).
Dimostrazione. Supponiamo che le due metriche d e d0 siano equivalenti e siano x e r > 0 dati.
Per (3.9) la palla Brd (x) è aperta nella topologia indotta da d e quindi anche nella topologia
0
indotta da d0 : pertanto esiste r0 tale che Brd0 (x) ⊂ Brd (x). Analogamente se si scambia il ruolo
di d e d0 . Viceversa, supponiamo A aperto secondo la topologia indotta da d. Per ogni x ∈ A
esiste, per definizione, r = r(x) > 0 tale che
Brd (x) ⊂ A,
ed un corrispondente r0 > 0 tale che
0
Brd0 (x) ⊂ Brd (x).
Cioè, per ogni x esiste r0 = r0 (x) > 0 tale che
0
Brd0 (x) ⊂ A,
e quindi A è aperto nella topologia indotta da d0 . Analogamente, ogni aperto nella topologia
indotta da d0 è anche aperto nella topologia indotta da d e quindi le due topologie coincidono.
q.e.d.
(3.22) Esempio. Esempi di metriche su R2 :
p
(i) d(x, y) = (x1 − y1 )2 − (x2 − y2 )2 = |x − y| (metrica euclidea).
(
0 se x = y
(ii) d(x, y) =
(metrica discreta).
1 altrimenti
(iii) d(x, y) = |x1 − y1 | + |x2 − y2 |.
(iv) d(x, y) = max |xi − yi |.
i=1,2
(v) d(x, y) = min |xi − yi | (?).
i=1,2
(vi) d(x, y) = (x1 − y1 )2 + (x2 − y2 )2 (?).
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Geometria e Topologia I
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(3.23) Esempio. Sia p ∈ N un primo ≥ 2. Sappiamo che ogni intero n ∈ Z ha una decomposizione in fattori primi, per cui esiste unico l’esponente α per cui n = pα k, dove l’intero k
non contiene il fattore primo p. Si consideri in Z la funzione | · |p definita da
|pα k|p = p−α
ogni volta che k è primo con p, e |n|p = 0 quando n = 0. Sia quindi d : Z × Z → Q ⊂ R la
funzione definita da d(x, y) = |x − y|p . Si può vedere che è una metrica su Z.
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Esercizi: foglio 1
(1.1) Dimostrare che:
(i) L’insieme vuoto ∅ è unico.
(ii) per ogni insieme A, ∅ ⊂ A.
(iii) per ogni insieme A, A ⊂ A.
(iv) per ogni insieme A, A = A ∪ ∅.
(1.2) Dimostrare (utilizzando le tautologie viste nella lezione 1) che se A, B, C e X sono
insiemi arbitrari:
(i) A ∪ B = B ∪ A.
(ii) A ∩ B = B ∩ A.
(iii) (A ∪ B) ∪ C = A ∪ (B ∪ C).
(iv) (A ∩ B) ∩ C = A ∩ (B ∩ C).
(v) A ∪ (B ∩ C) = (A ∪ B) ∩ (A ∪ C).
(vi) A ∩ (B ∪ C) = (A ∩ B) ∪ (A ∩ C).
(vii) Se A ⊂ X, allora X r (X r A) = A.
(viii) Se A, B ⊂ X, allora X r (A ∪ B) = (X r A) ∩ (X r B).
(ix) Se A, B ⊂ X, allora X r (A ∩ B) = (X r A) ∪ (X r B).
(1.3) Dimostrare che le seguenti proposizioni sono equivalenti:
(i) A ⊂ B;
(ii) A ∩ B = A;
(iii) A ∪ B = B.
(1.4) Costruire una bijezione tra l’insieme delle parti P(X) di un insieme X e l’insieme delle
funzioni f : X → {0, 1}.
*(1.5) Siano A e B due insiemi e X l’insieme definito da X = {{{a}, {a, b}} : a ∈ A, b ∈ B}.
Mostrare che {{a}, {a, b}} = {{b}, {b, a}} se e solo se a = b e costruire una bijezione X →
A × B.
*(1.6) Sia f : X → Y una funzione tra insiemi. Dimostrare che, se A ⊂ X e B ⊂ Y sono
sottoinsiemi di X e Y :
(i) f (f −1 (B)) ⊂ B.
(ii) f è suriettiva se e solo se per ogni B ⊂ Y , f f −1 (B) = B.
(iii) A ⊂ f −1 f (A).
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(1.7) Sia f : X → Y una funzione tra insiemi, A ⊂ X e B ⊂ Y sottoinsiemi di X e Y .
Dimostrare che:
f (A) ⊂ B ⇐⇒ A ⊂ f −1 B.
(1.8) Sia X un insieme e f : X × X → R una funzione tale che:
(i) f (x, y) = 0 se e solo se x = y.
(ii) ∀x, y, z ∈ X, f (x, z) ≤ f (x, y) + f (z, y).
Dimostrare che f è una metrica su X.
(1.9) Dimostrare che ogni intervallo aperto di R è intorno di ogni suo punto.
*(1.10) Dimostrare che in uno spazio metrico ogni palla è intorno di ogni suo punto (cioè è un
aperto).
(1.11) Dimostrare che l’unione di una famiglia qualsiasi di palle aperte di uno spazio metrico
è un aperto.
*(1.12) Sia {Bj }j∈J una famiglia di insiemi in Y e f : X → Y una funzione. Dimostrare che
!
[
[
f −1
f −1 Bj
Bj =
j∈J
j∈J
(1.13) Quali tra questi sottoinsiemi di R2 (con la metrica euclidea) sono aperti?
(i) {(x, y) ∈ R2 : x2 + y 2 < 1} ∪ {(1, 0)}.
(ii) {(x, y) ∈ R2 : x2 + y 2 ≤ 1}.
(iii) {(x, y) ∈ R2 : x2 + y 2 > 1}.
(iv) {(x, y) ∈ R2 : x4 + y 4 ≤ −1}.
(v) {(x, y) ∈ R2 : x4 + y 4 ≥ 1}.
*(1.14) È vero che l’intersezione di una famiglia qualsiasi di intorni aperti di R è un aperto?
Se la famiglia è finita?
*(1.15) Dimostrare che, dato uno spazio metrico X e un punto x0 ∈ X, la funzione f (x) =
d(x, x0 ) è continua.
(1.16) Dimostrare che una metrica d e la metrica 2d sono equivalenti. Quali delle metriche
dell’esempio (3.22) sono equivalenti?
(1.17) Trovare gli errori inseriti nelle lezioni (valido anche nelle prossime lezioni).
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Sottoinsiemi chiusi di uno spazio metrico
(4.1) Definizione. Sia A ⊂ X un sottoinsieme di uno spazio metrico X. Un punto x ∈ X
si dice di accumulazione (anche: punto limite) per A in X se per ogni r > 0 l’intersezione
Br (x) ∩ A contiene almeno un punto oltre al centro x.
Idea: i punti di accumulazione di A dovrebbero essere i punti limite di successioni in A.
Se A = {xn }n∈N ⊂ X è una successione convergente, allora il limite della successione è punto
limite di A. È davvero cosı́?
(4.2) Definizione. Sia X uno spazio metrico. Un sottoinsieme C ⊂ X si dice chiuso se
contiene tutti i suoi punti di accumulazione.
(4.3) Il complementare in X di un chiuso è aperto. Il complementare in X di un aperto è
chiuso. Quindi C ⊂ X è chiuso se e solo se X r C è aperto.
Dimostrazione. Sia C ⊂ X un chiuso e x ∈ X r C. Dato che C è chiuso, x non può essere un
punto di accumulazione, e quindi esiste r > 0 per cui Br (x)∩C = ∅. Ma allora Br (x) ⊂ (X rC)
e quindi X r C è intorno di x. Per l’arbitrarietà di x in X r C si ha che X r C è aperto.
Viceversa, sia A ⊂ X un aperto e sia C il complementare X r A. Se x è un punto di
accumulazione di C allora non è un punto di A: infatti, A sarebbe intorno di x, per cui ci
sarebbe r > 0 tale che Br (x) ⊂ A, ma allora Br (x) ∩ C ⊂ A ∩ C = ∅, cioè x non sarebbe di
accumulazione per C. In altre parole, i punti di accumulazione di C sono contenuti in C e
dunque C è chiuso.
q.e.d.
(4.4) L’insieme C di tutti i chiusi di uno spazio metrico X verifica le seguenti proprietà:
(i) ∅ ∈ C, X ∈ C,
T
(ii) B ⊂ C =⇒ C∈B C ∈ C,
S
(iii) B ⊂ C, B è finito, allora C∈B C ∈ C.
Dimostrazione. Basta considerare la proposizione (3.17) e il fatto che i chiusi sono i complementari degli aperti (dualità).
q.e.d.
(4.5) Definizione. Sia A ⊂ X. L’unione di A con l’insieme di tutti i suoi punti di accumulazione si dice chiusura di A in X e si indica con A.
(4.6) Nota. La chiusura A di A contiene A. Inolre, se A ⊂ B, si ha che A ⊂ B (esercizio
(2.5)).
(4.7) La chiusura A di A è il più piccolo insieme chiuso che contiene A (in altre parole:
l’intersezione di tutti i chiusi che contengono A). In particolare, è un chiuso.
Dimostrazione. Per prima cosa vediamo che A è chiuso e per farlo mostriamo che X r A è
aperto. Se x ∈ X r A, cioè x non è né punto di A né punto di accumulazione, allora in
particolare esiste r > 0 per cui Br (x) ∩ A = ∅; d’altro canto Br (x) è aperto (cioè intorno
di ogni suo punto), e quindi non può contenere punti di accumulazione per A. Ma allora
Br (x) ∩ A = ∅, cioè Br (x) ⊂ X r A.
Ora, consideriamo un insieme chiuso C che contiene A. Dato che A ⊂ C, si ha che A ⊂ C,
ed essendo C chiuso si ha: C = C. Ma allora A ⊂ C, cioè A è contenuto in tutti i chiusi
che contengono A. Essendo A chiuso, in particolare A è un chiuso contenente A, e quindi la
tesi.
q.e.d.
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(4.8) Corollario. Un insieme A ⊂ X è chiuso se e solo se coincide con la sua chiusura
A = A.
(4.9) Sia f una funzione f : X → Y tra spazi metrici. Le tre proposizioni seguenti sono
equivalenti:
(i) f è continua
(ii) ∀A ⊂ X, f (A) ⊂ f (A).
(iii) per ogni C ⊂ Y chiuso, la sua controimmagine f −1 (C) ⊂ X è chiuso.
Dimostrazione. Supponiamo f continua. Mostriamo che 1 =⇒ 2. Sia x ∈ A. Se x ∈ A,
allora f (x) ∈ f (A) ⊂ f (A), e quindi f (x) ∈ f (A). Se x ∈ A r A, allora x deve essere di
accumulazione per A. Vogliamo mostrare che o f (x) appartiene a f (A) oppure ne è punto di
accumulazione. Se f (x) ∈ f (A), allora non c’è altro da dimostrare. Supponiamo altrimenti
che f (x) 6∈ f (A). Ora, dato che f è continua, per ogni r > 0 la controimmagine dell’intorno
circolare f −1 (Br (f (x))) è un intorno di x, e quindi esiste > 0 (che dipende da r e x) per
cui B (x) ⊂ f −1 (Br (f (x))). Ma x è di accumulazione per A, e quindi B (x) ∩ A 6= {x}, cioè
esiste un punto z ∈ B (x) ∩ A, z 6= x, ed in particolare
f (z) ⊂ Br (f (x))
Dato che stiamo supponendo f (x) 6∈ f (A) e che z ∈ A, si ha che f (z) ∈ f (A) e quindi
f (z) 6= f (x). Cioè, per ogni r > 0 l’intorno Br (f (x)) contiene punti di f (A) diversi da f (x),
e quindi f (x) è di accumulazione per f (A).
Ora dimostriamo che (ii) =⇒ (iii). Sia C ⊂ Y un chiuso e A = f −1 C la sua controimmagine in X. Dal momento che f (A) ⊂ f (A), e che f (A) ⊂ C, f (A) ⊂ C = C, e quindi
A ⊂ f −1 C. Ne segue che A ⊂ A, da cui A = A, visto che anche A ⊂ A.
Ora dimostriamo che (iii) =⇒ (i). Se A ⊂ Y è aperto, allora C = Y r A è chiuso in Y ,
e quindi f −1 C è chiuso in X, il che implica che X r f −1 C è aperto. Ma
X r f −1 C = {x ∈ X : f (x) 6∈ C} = f −1 (X r C) = f −1 (A),
quindi f −1 (A) è aperto.
q.e.d.
(4.10) Nota. Continuità: f (lim) = lim(f ) . . .
Ancora: Tutti i punti di uno spazio metrico sono chiusi. Infatti, se y 6= x ∈ X e r = d(x, y),
allora r > 0 e y ∈ Br/2 (y) 63 x, cioè X r {x} è aperto.
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Spazi topologici
Se si analizzano le dimostrazioni delle proprietà finora vista degli aperti, chiusi e funzioni
continue di spazi metrici, ci si rende conto che la metrica serve solo per definire la famiglia
degli intorni circolari e alcune proprietà caratterizzanti.
Sia X un insieme. Una famiglia di sottoinsiemi A ⊂ 2X che verifica le proprietà di (3.17)
consente di fatto di introdurre una definizione non solo metrica di continuità.
(5.1) Definizione. Una famiglia A ⊂ 2X di sottoinsiemi di un insieme X si dice topologia se
verifica le seguenti proprietà:
(i) ∅ ∈ A, X ∈ A,
S
(ii) B ⊂ A =⇒ B∈B B ∈ A,
T
(iii) B ⊂ A, B è finito, allora B∈B B ∈ A.
Uno spazio X munito di una topologia A ⊂ 2X (spesso indicata con la lettera τ ) viene detto
spazio topologico 5 e gli elementi di A si dicono gli aperti di X.
È banale verificare che la definizione di aperto di uno spazio metrico consente di associare
ad ogni spazio metrico una topologia come nella definizione (3.19), che è detta anche topologia
metrica. Sappiamo già che spazi metrici diversi possono avere la stessa topologia metrica (se
le metriche sono equivalenti). Non tutti gli spazi topologici però ammettono l’esistenza di una
metrica che genera la topologia (cioè, non tutti sono metrizzabili).
(5.2) Esempio. Consideriamo le due topologie estreme, cioè quella con più aperti possibile
e quella con meno aperti possibile.
(i) Topologia banale: ha solo i due aperti A = {∅, X} ⊂ 2X (che devono esistere per
poter soddisfare tutti gli assiomi della definizione (5.1)).
(ii) Topologia discreta: tutti i sottoinsiemi sono aperti A = 2X .
Questo serve a rilassare il concetto di “vicinanza” che è intrinseco per gli spazi metrici.
(5.3) Definizione. Se X è uno spazio topologico, A ⊂ X è un sottoinsieme e x ∈ A, si dice
che A è un intorno di x se contiene un aperto B tale che x ∈ B ⊂ A.6 Allora x si dice punto
interno di A.
Possiamo anche definire funzioni continue usando la caratterizzazione del teorema (3.14).
(5.4) Definizione. Siano X e Y spazi topologici. Una funzione f : X → Y si dice continua
se per ogni aperto A ⊂ Y la controimmagine f −1 A è aperto di X.
Anche il concetto di sottoinsieme chiuso, di punto di accumulazione e di chiusura può essere
esteso agli spazi topologici, utilizzando il fatto che gli aperto sono per definizione intorni dei
propri punti.
5
Cosı̀ come uno spazio metrico X è più propriamente una coppia (X, d), anche uno spazio topologico
dovrebbe essere indicato come coppia (X, τ ) con τ ⊂ 2X , ma per brevità la topologia non viene espressamente
indicata, se non quando necessario.
6
Alcuni definiscono intorni solo gli aperti che contengono x.
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(5.5) Definizione. Sia A ⊂ X un sottoinsieme di uno spazio topologico X. Un punto
x ∈ X si dice di accumulazione (anche: punto limite) per A in X se per ogni intorno B di x
l’intersezione B ∩ A contiene almeno un altro punto oltre a x. La chiusura A di A è definita
come l’unione di A con tutti i suoi punti di accumulazione.
(5.6) Sia X uno spazio topologico e C ⊂ X un suo sottoinsieme. Le seguenti proposizioni
sono equivalenti.
(i) X r C è aperto.
(ii) C contiene tutti i suoi punti di accumulazione.
Dimostrazione. Basta ripetere la dimostrazione di (4.3) sostituendo ovunque intorni aperti
invece che intorni circolari.
q.e.d.
(5.7) Definizione. Un sottoinsieme C ⊂ X di uno spazio topologico si dice chiuso se una
delle due proposizioni equivalenti di (5.6) è verificata.
Ancora, cambiando di poco la dimostrazione di (4.7) si può dimostrare che (vedi esercizio
(2.8)):
(5.8) La chiusura A di un sottoinsieme A ⊂ X è il più piccolo sottoinsieme chiuso di X che
contiene A (in altre parole: l’intersezione di tutti i chiusi che contengono A). In particolare,
è un chiuso.
5.1
Base di una topologia
La topologia metrica è generata dalla famiglia di tutti gli intorni circolari, nel senso che gli
aperti sono tutti e soli le unioni di intorni circolari. Ci si può chiedere quando una famiglia
di insiemi genera una topologia in questo modo. Basta prendere le proprietà degli intorni
circolari di spazi metrici di (3.18).
(5.9) Definizione. Una famiglia di sottoinsiemi B ⊂ 2X di un insieme X si dice base se le
seguenti proprietà sono soddisfatte:
(i) per ogni x ∈ XSesiste almeno un elemento della base B ∈ B che contiene x (equivalentemente, X = B∈B B).
(ii) Se B1 , B2 ∈ B e x ∈ B1 ∩ B2 , allora esiste Bx ∈ B tale che x ∈ Bx ⊂ B1 ∩ B2
(equivalentemente, B1 ∩ B2 è unione di elementi della base).
Possiamo riscrivere (3.18) dicendo: gli intorni circolari costituiscono una base. Il modo di
generare una topologia a partire da una base procede dall’osservazione che gli aperti sono le
unioni di intorni circolari.
(5.10) Sia X un insieme. Data una base B ⊂ 2X , sia A ⊂ 2X la famiglia di tutte le unioni
di elementi di B unita a ∅. Allora A è una topologia per X ed è la più piccola topologia in cui
gli elementi della base B sono aperti.
Dimostrazione. Esercizio.
q.e.d.
(5.11) Definizione. La topologia generata come in (5.10) si dice topologia generata dalla
base B.
(5.12) Esempio. In X = N = {1, 2, 3, . . .} siano Bi = {ki : k ∈ N} = {n ∈ N : n ≡ 0modi}.
Sono una base? La topologia in N è quella metrica? È quella discreta? È metrizzabile?
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Topologia indotta
Se X è uno spazio topologico, la topologia τ di X induce una topologia, detta topologia indotta
per restrizione sui sottospazi Y ⊂ X. Cioè, per definizione A ⊂ Y è aperto se e solo se esiste
U ⊂ X aperto la cui intersezione con Y è A: gli aperti di Y sono tutte e sole le intersezioni
A=Y ∩U
di aperti di X con Y . Quando si considerano sottoinsiemi di uno spazio topologico, si assume
che abbiano la topologia indotta, se non esplicitamente indicato in altro modo.
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Esercizi: foglio 2
(2.1) Dimostrare che, se A, B ⊂ X sono sottoinsiemi di uno spazio metrico:
(i) A ∪ B = A ∪ B.
(ii) A ∩ B ⊂ A ∩ B.
(2.2) Trovare i punti di accumulazione dei seguenti sottoinsiemi di R:
(i) { n1 : n ∈ N, n > 0}.
(ii) { nk : k, n ∈ N, n > 0}.
(iii) { 2kn : k, n ∈ N}.
(iv) { k1 +
1
n
: k, n ∈ N, k, n > 0}.
*(2.3) Dimostrare che se A e B sono sottoinsiemi di uno spazio metrico X allora
(i) A ∪ B = A ∪ B;
(ii) A ⊆ A;
(iii) (A) = A;
(iv) ∅ = ∅.
Viceversa, si consideri un operatore C : 2X → 2X con le seguenti proprietà:
(i) CA ∪ CB = C(A ∪ B);
(ii) A ⊆ CA;
(iii) CCA = CA;
(iv) C∅ = ∅.
Dimostrare che, definendo chiusi tutti i sottoinsiemi fissati dall’operatore C (CA = A) si
ottiene una topologia su X (cioè valgono gli assiomi. . . . Questi assiomi alternativi si chiamano
assiomi di Kuratowski ).
1
(2.4) Quali sono i punti di accumulazione per la successione { } (per n > 0) nella retta reale
n
(
0 se x = y
R munita della metrica discreta d(x, y) =
?
1 altrimenti
(2.5) Dimostrare che se A ⊂ B, allora A ⊂ B.
*(2.6) Dimostrare che uno spazio topologico con più di due punti con la topologia banale non
è metrizzabile, mentre ogni spazio topologico discreto (con topologia discreta) è metrizzabile.
*(2.7) Sia X uno spazio topologico e C ⊂ X un suo sottoinsieme. Dimostrare che le seguenti
proposizioni sono equivalenti.
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⇐
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(i) X r C è aperto.
(ii) C contiene tutti i suoi punti di accumulazione.
*(2.8) Dimostrare che la chiusura A di un sottoinsieme A ⊂ X di uno spazio topologico X è
il più piccolo sottoinsieme chiuso di X che contiene A.
(2.9) Sia X un insieme e Y ⊂ X un suo sottoinsieme. Dimostrare che se τ ⊂ 2X è una
topologia per X, allora τY = {U ∩ Y : U ∈ τ } è una topologia per Y , e che l’inclusione
i : Y → X è una funzione continua.
(2.10) Sia X un insieme di tre elementi X = {a, b, c}. Le seguenti sono topologie per X:
(i) {{}, {b}, {a, b}, {b, c}, {a, b, c}}.
(ii) {{}, {a}, {a, b, c}}.
(iii) {{}, {a, b, c}}.
Le seguenti non sono topologie
(i) {{}, {a, b}, {b, c}, {a, b, c}}.
(ii) {{a}, {a, b, c}}.
Quante topologie ci sono su X in tutto? Quanti sono i sottoinsiemi di 2X ?
*(2.11) (Topologia dei complementi finiti) Sia X un insieme e τ ⊂ 2X la famiglia di tutti
i sottoinsiemi A di X con complemento finito, cioè tali che X r A ha un numero finito di
elementi, unita all’insieme X (si vuole che ∅ sia aperto). Si dimostri che τ è una topologia.
(2.12) Consideriamo le seguenti famiglie di sottoinsiemi della retta reale R.
(i) Tutti gli intervalli aperti: (a, b) = {x ∈ R : a < x < b}.
(ii) Tutti gli intervalli semiaperti: [a, b) = {x ∈ R : a ≤ x < b}.
(iii) Tutti gli intervalli del tipo: (−∞, a) = {x ∈ R : x < a}.
(iv) Tutti gli intervalli del tipo: (−∞, a] = {x ∈ R : x ≤ a}.
Quali sono basi? Come sono relazionate le topologie che generano (Cioè quando le topologie
sono contenute una nell’altra)?
(2.13) Dimostrare che se f : R → R è una funzione continua, allora l’insieme {x ∈ R : f (x) =
0} è chiuso in R mentre l’insieme {x ∈ R : f (x) > 0} è aperto in R.
*(2.14) Sia A ⊂ R un insieme e χA la funzione (detta funzione caratteristica di A) definita da
(
1
se x ∈ A;
χA (x) =
0
se x 6∈ A;
In quali punti di R la funzione χA è continua?
*(2.15) Quale topologia deve avere R affinché tutte le funzioni f : R → R siano continue?
*(2.16) Dimostrare che una funzione f : R → R è continua se e solo se per ogni successione
convergente {xn } (cioè per cui esiste x̄ tale che limn→∞ |xn − x̄| = 0) vale l’uguaglianza
lim |f (xn ) − f (x̄)| = 0.
n→∞
(2.17) Dimostrare che un insieme finito di punti di uno spazio metrico non ha punti limite.
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Funzioni continue
Le funzioni continue tra spazi topologici si dicono anche mappe. Si può dimostrare, esattamente
come in (4.9) e in (3.10), che vale la seguente proposizione.
(6.1) Sia f una funzione f : X → Y tra spazi topologici. Le quattro proposizioni seguenti
sono equivalenti:
(i) f è continua
(ii) ∀A ⊂ X, f (A) ⊂ f (A).
(iii) per ogni C ⊂ Y chiuso, la sua controimmagine f −1 (C) ⊂ X è chiuso in X.
(iv) Se B è una base per Y , allora per ogni elemento della base B ∈ B la controimmagine
f −1 B è aperto in X.
(6.2) Teorema. La composizione di funzioni continue è continua.
Dimostrazione. Sia f : X → Y una funzione continua e g : Y → Z una funzione continua. La
composizione gf : X → Z è continua se e solo se (gf )−1 (A) è aperto in X ogni volta che A è
aperto in Z. Ora,
(gf )−1 (A) = {x ∈ X : g(f (x)) ∈ A}
= {x ∈ X : f (x) ∈ g −1 (A)}
= f −1 (g −1 (A))
e dunque se A è aperto anche g −1 (A) è aperto in Y (dato che g è continua), e poiché f è
continua f −1 (g −1 (A)) è aperto in X.
q.e.d.
(6.3) Teorema. Sia f : X → Y una funzione continua. Se A ⊂ X ha la topologia indotta,
allora la restrizione f |A è continua.
Dimostrazione. Sia B ⊂ Y un aperto. La controimmagine f −1 (B) è aperta in X, dato che f
è continua. La controimmagine di B mediante la funzione ristretta f |A è data dall’insieme
{x ∈ A : f (x) ∈ B},
e quindi da A ∩ f −1 (B). Per definizione di topologia indotta, questo è un aperto di A. q.e.d.
(6.4) Definizione. Una funzione f : X → Y tra spazi topologici è un omeomorfismo se è
biunivoca e sia f che la funzione inversa f −1 sono continue. Si dice allora che X e Y sono
omeomorfi (e si indica con X ≈ Y ).
(6.5) Definizione. Una funzione f : X → Y è
(i) aperta se l’immagine f (A) di ogni aperto A di X è aperta in Y .
(ii) chiusa se l’immagine f (C) di ogni chiuso C di X è chiusa in Y .
(6.6) Una funzione f : X → Y è un omeomorfismo se e solo se almeno una delle due proprietà
è vera:
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(i) f è biunivoca, continua e aperta.
(ii) f è biunivoca, continua e chiusa.
La topologia studia gli spazi a meno di omomorfismo. Infatti, una biiezione non è altro
che un “cambiamento di coordinate” in uno spazio, e l’essere omeomorfismo significa che la
famiglia degli aperti viene conservata.
(6.7) Esempio. Sia X l’insieme delle matrici 2×2 a coefficienti reali. Sia d la metrica munito
della metrica d((ai,j ), (bi,j )) = max(|ai,j − bi,j |). X è omeomorfo a R4 con la metrica euclidea
i,j
qP
4
2
d((xi ), (yi )) =
i=1 (xi − yi ) tramite l’omeomorfismo


a
1,1
 a2,1 
a1,1 a1,2

7→ 
 a1,2 
a2,1 a2,2
a2,2
(6.8) Esempio. La circonferenza meno un punto è omeomorfa alla retta reale (proiezione
stereografica).
(6.9) Esempio. La retta è omeomorfa ad un segmento aperto: R ≈ (a, b) per ogni a < b.
7
Topologia prodotto
(7.1) Definizione. Siano X e Y spazi topologici. Il prodotto cartesiano X × Y ammette una
topologia, chiamata topologia prodotto definita a partire dalla base
base = {U × V ⊂ X × Y : U è aperto in X e V è aperto in Y }.
Affinché la definizione sia ben posta dobbiamo verificare che effettivamente l’insieme di
aperti sopra descritto costituisca una base per X × Y : esercizio (3.1).
Le funzione p1 : X × Y → X e p2 : X × Y → Y definite da p1 (x, y) = x e p2 (x, y) = y si
dicono le proiezioni.
(7.2) Se X × Y ha la topologia prodotto, allora X × Y ≈ Y × X (sono omeomorfi), e le
proiezioni p1 : X × Y → X, p2 : X × Y → Y sono continue e aperte.
Iterando il procedimento, si può definire la topologia prodotto di un insieme finito di spazi
˙ n⊂
topologici X1 ,X2 ,. . . , Xn , che ha come base la famiglia di sottoinsiemi del tipo U1 ×U2 × ×U
X1 × X2 × · · · × Xn .
(7.3) Proposizione. Una funzione f : X → Y1 × Y2 (che si può scrivere quindi come f (x) =
(f1 (x), f2 (x))) è continua se e solo se le sue due componenti (f1 = p1 ◦ f e f2 = p2 ◦ f ) sono
continue.
Dimostrazione. Se f è continua, allora f1 e f2 sono continue perché composizioni di f con le
funzioni continue p1 e p2 . Viceversa, se f1 e f2 sono continue, allora se V1 × V2 ⊂ Y1 × Y2 è un
aperto della base per la topologia (prodotto) di Y1 × Y2 , si ha
f −1 (V1 × V2 ) = {x ∈ X : (f1 (x), f2 (x)) ∈ V1 × V2 }
= {x ∈ X : f1 (x) ∈ V1 e f2 (x) ∈ V2 }
= f1−1 (V1 ) ∩ f2−1 (V2 ),
che è aperto perché intersezione di due aperti.
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(7.4) Esempio. La topologia di Rn indotta dalla metrica euclidea (topologia metrica) è uguale
alla topologia prodotto.
(7.5) Esempio. I × I è il quadrato (pieno) di R2 . Analogamente, I n è il cubo di dimensione
n.
(7.6) Esempio. Le proiezioni p1 : X × Y → X e p2 : X × Y → Y sono aperte ma possono
non essere chiuse. Per esempio, se X = Y = R,
C = {(x, y) ∈ R2 : xy = 1}
è chiuso, ma
p1 (C) = {x ∈ R : x 6= 0} = R r {0}
non è chiuso.
(7.7) Nota. Nell’esercizio precedente C è chiuso perché, se si pone f : R2 → R definita da
f (x, y) = xy, si ha che f è continua e
C = f −1 ({1}),
che è chiuso in R2 , dato che {1} è chiuso in R (con la topologia metrica).
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Spazi di identificazione e topologie quoziente
Abbiamo visto la definizione di funzioni continue, proprietà di composizione e restrizione di
funzioni continue. Vediamo ora come costruire spazi topologici a partire da spazi dati.
Problema: sia ∼ una relazione di equivalenza su uno spazio topologico, e f : X → X/∼ la
proiezione sullo spazio quoziente (lo spazio delle classi di equivalenza).
(8.1) Esempio.
(i) I0∼1 .
(ii) R con x ∼ y ⇐⇒ x − y ∈ Z.
(iii) R2 con x = (x1 , x2 ) ∼ y = (y1 , y2 ) ⇐⇒ x − y ∈ Z2 .
(iv) Striscia di Möbius.
In modo equivalente, data una funzione suriettiva f : X → Y , Y si può vedere come insieme
delle classi di equivalenza date dalla relazione
∀x, y ∈ X, x ∈ y ⇐⇒ f (x) = f (y).
(8.2) Definizione. Se X è uno spazio topologico e f : X → Y una funzione suriettiva,
allora si definisce la topologia quoziente su Y come la topologia i cui aperti sono tutti e soli
i sottoinsiemi A ⊂ Y per cui la controimmagine f −1 (A) ⊂ X è aperto. Lo spazio Y si dice
spazio quoziente di X rispetto alla proiezione f .
(8.3) Se f : X → Y è continua e suriettiva, allora la topologia di Y è contenuta nella topologia
quoziente (cioè ogni aperto di Y è aperto nella topologia quoziente di X).
Dimostrazione. Per definizione di continuità, se f : X → Y è continua e A ⊂ Y è aperto nella
topologia di Y , allora f −1 (A) è aperto in X, e quindi per definizione di topologia quoziente è
aperto nella topologia quoziente.
q.e.d.
(8.4) Definizione. Se X è uno spazio topologico e A ⊂ X un sottospazio, si scrive X/A
(quoziente di X su A) per indicare lo spazio ottenuto identificando A ad un punto, che è lo
spazio ottenuto dalla relazione di equivalenza in cui le classi di equivalenza sono tutti i singoli
punti di X r A e A.
(8.5) Esempio. Il toro: [0, 1] × [0, 1] con le identificazioni (i.e. relazione di equivalenza. . . )
(i) (0, 0) ∼ (1, 0) ∼ (1, 1) ∼ (0, 1).
(ii) (x, 0) ∼ (x, 1) per 0 < x < 1.
(iii) (0, y) ∼ (1, y) per 0 < y < 1.
È omeomorfo a S 1 × S 1 ?
(8.6) Esempio. Il disco: D1 (0, R2 ) = D2 = {(x, y) ∈ R2 : x2 + y 2 ≤ 1}, quozientato rispetto
alla relazione di equivalenza:
(
x ∈ ∂D2 ∧ y ∈ ∂D2 (x e y stanno sul bordo)
x ∼ y ⇐⇒
x=y
altrimenti
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(8.7) Esempio. Il piano proiettivo: D2 quozientato rispetto alla relazione:
(
x = −y
se x ∈ ∂D2 ∧ y ∈ ∂D2
x ∼ y ⇐⇒
x=y
altrimenti
Analogo: S 2 /∼ dove x ∼ y ⇐⇒ x = ±y (antipodale).
(8.8) Esempio. Nastro di Möbius:
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Esercizi: foglio 3
(3.1) Verificare che la famiglia di sottoinsiemi U × V , con U aperto in X e V aperto in Y è
una base di intorni nello spazio prodotto (cartesiano) X × Y .
(3.2) Dimostrare che se X × Y ha la topologia prodotto e A ⊂ X, B ⊂ Y sono sottospazi,
allora A × B = A × B, e che A × B è aperto in X × Y se e solo se A è aperto in X e B è
aperto in Y .
*(3.3) Dimostrare che [0, 1) × [0, 1) è omeomorfo a [0, 1] × [0, 1).
(3.4) Dimostrare che R = R (dove Q denota il campo dei razionali) ma che Q non ha punti
interni in R.
(3.5) Dimostrare che il quadrato {(x, y) ∈ R2 : max(|x|, |y|) = 1} è omeomorfo alla circonferenza {(x, y) ∈ R2 : x2 + y 2 = 1}.
(3.6) Dimostrare che la mappa diagonale ∆ : X → X × X definita da x 7→ (x, x) è continua.
*(3.7) Dimostrare che una mappa suriettiva, continua e chiusa è una mappa quoziente.
*(3.8) È vero che la mappe di proiezione p1 : X × Y → X è sempre una mappa chiusa?
(3.9) Sia p1 : R2 = R × R → R la proiezione sulla prima coordinata. Sia
A = {(x, y) ∈ R2 : x ≥ 0 ∨ y = 0},
e f : A → R la restrizione di p1 a A. La mappa f è aperta/chiusa?
(3.10) Dimostrare che se f : X → Y è una funzione tra insiemi allora la relazione x ∼ y ⇐⇒
f (x) = f (y) è una relazione di equivalenza, e la funzione f induce una funzione biunivoca tra
l’insieme delle classi di equivalenza e f (X) ⊂ Y .
*(3.11) Che spazio si ottiene identificando ad un punto il bordo di un nastro di Möbius?
(3.12) Classificare in modo intuitivo (a meno di omeomorfismo) i seguenti spazi:
(i) Cilindro = {(x, y, z) ∈ R3 : x2 + y 2 = 1 ∧ z 2 ≤ 1}.
(ii) Cono = {(x, y, z) ∈ R3 : z 2 = x2 + y 2 ∧ 0 ≤ z ≤ 1}.
(iii) Toro (≈ S 1 × S 1 ≈ . . . ).
(iv) Cilindro (vedi sopra) con ognuna delle due circonferenze (date da z = 1 e z = −1) di
bordo identificate ad un punto.
(v) La sfera {(x, y, z) ∈ R3 : x2 + y 2 + z 2 = 1}.
(vi) La sfera (vedi sopra) meno un punto.
(vii) Il piano R2 .
*(3.13) Dimostrare che la somma, il prodotto e la sottrazione sono operazioni continue su R.
(3.14) Dimostrare che i seguenti insiemi sono insiemi chiusi di R2 :
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(i) {(x, y) : xy = 1}.
(ii) (x, y) : x2 + y 2 = 1}.
(iii) {(x, y) : x2 + y 2 ≤ 1}.
(iv) {(x, y) : x3 + y 3 = 1} (e in generale, {(x, y) : xn + y n = 1}).
*(3.15) Sia f : X → Y una funzione continua (mappa). Dimostrare che se esiste una funzione
continua g : Y → X (inversa destra) tale che f ◦ g è l’identità di Y , allora f è una mappa
quoziente. Se g = i è l’inclusione di un sottospazio i : Y = A ⊂ X (dove A ha la topologia
indotta da X), allora il fatto che i sia inversa destra di f si legge f ◦ i = 1Y , e cioè ∀x ∈
A, f (x) = x, cioè la restrizione f |A è uguale all’identità 1A . In questo caso la mappa f si dice
retrazione.
*(3.16) Consideriamo in R la relazione di equivalenza x ∼ y ⇐⇒ x − y ∈ Q (se la differenza
è razionale); Qual è la topologia dello spazio quoziente R/∼ ? (Dimostrare che è la topologia
banale.)
(3.17) Dimostrare che la composizione di mappe quoziente è una mappa quoziente.
(3.18) Dimostrare che una funzione quoziente è iniettiva se e solo se è un omeomorfismo.
*(3.19) Siano X e Y due spazi metrici con metriche dX e dY . Dimostrare che la funzione
d : X × Y → R definita da
p
d ((x1 , y1 ), (x2 , y2 )) = dX (x1 , x2 )2 + dY (y1 , y2 )2
è una metrica sul prodotto X × Y . Dimostrare anche che la topologia indotta da d coincide
con la topologia prodotto.
*(3.20) (Orecchini delle Hawaii) Sia X l’unione delle circonferenze {(x, y) ∈ R2 : (x− n1 )2 +y 2 =
( n1 )2 }, per n = 1, 2, 3 . . . con la topologia indotta da R2 , e sia Y lo spazio ottenuto identificando
tutti gli interi Z ⊂ R ad un punto. Dimostrare che X e Y non sono omeomorfi.
(3.21) Dimostrare che le due funzioni s : R2 → R e p : R2 → R definite da
s(x, y) = x + y, p(x, y) = xy
sono continue.
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Compattezza
Alcune importanti proprietà di R (dove un sottoinsieme viene detto compatto se è chiuso e
limitato):
(i) L’immagine di un compatto è compatta.
(ii) L’immagine di un intervallo chiuso è un intervallo chiuso (teorema del valore intermedio).
(iii) Una funzione continua ammette massimo e minimo in ogni intervallo chiuso.
(iv) Ogni successione di Cauchy converge.
(v) Se A ⊂ R è compatto, allora ogni successione in A ammette una sottosuccessione
convergente.
Vedremo che queste proprietà derivano da certe proprietà topologiche della retta reale.
Richiamiamo gli assiomi della retta reale R (un campo ordinato con due ulteriori assiomi):
(9.1) Valgono i seguenti assiomi del campo ordinato dei numeri reali:
(i) Assiomi di campo:
(a) ∀x, y, z ∈ R, (x + y) + z = x + (y + z), (xy)z = x(yz).
(b) ∀x, y ∈ R, x + y = y + x, xy = yx.
(c) ∃0 ∈ R : ∀x ∈ Rx + 0 = x; ∃1 ∈ R : ∀x ∈ R, x 6= 0 =⇒ 1x = x.
(d) ∀x ∈ R, ∃ unico y ∈ R : x + y = 0. ∀x ∈ R, x 6= 0, ∃ unico y ∈ R : xy = 1.
(e) ∀x, y, z ∈ R, x(y + z) = xy + xz.
(ii) Asiomi di campo ordinato: la relazione > induce un ordine totale su R in modo tale che
(a) x > y =⇒ x + z > y + z.
(b) x > y, z > 0 =⇒ xz > yz.
(iii) Proprietà dell’ordinamento (continuo lineare):
(a) (Completezza di Dedekind) La relazione d’ordine < ha la proprietà dell’estremo
superiore (cioè ogni insieme non vuoto superiormente limitato ha l’estremo superiore).
(b) Se x < y, allora esiste un numero z ∈ R tale che x < z < y.
(9.2) Definizione. Uno spazio topologico X viene detto di Hausdorff se per ogni x, y ∈ X,
x 6= y, esistono due intorni Ux e Uy di x e y rispettivamente tali che
Ux ∩ Uy = ∅.
(9.3) Nota. Ogni spazio metrizzabile è di Hausdorff (vedi esercizio (4.4)).
Abbiamo già accennato alla definizione di successione convergente (in spazi metrici). Definiamo ora la convergenza di successioni in spazi topologici.
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(9.4) Definizione. Si dice che una successione {xn } in X converge ad un punto x̄ ∈ X se
per ogni intorno Ux̄ di x̄ esiste un intero n (che dipende da Ux̄ ) tale che
j ≥ n =⇒ xj ∈ Ux̄ .
In tal caso si scrive
lim xn = x̄
n
e si dice che xn converge a x̄.
(9.5) Se xnk è una sottosuccessione di una successione convergente xn (con limite limn xn =
x̄), allora la sottosuccessione converge al medesimo limite limk xnk = x̄.
Dimostrazione. Vedi esercizio (4.6).
q.e.d.
(9.6) (Unicità del limite) Sia X uno spazio di Hausdorff e {xn } una successione in X. Se
limn xn = x̄ e limn xn = ȳ, allora x̄ = ȳ.
Dimostrazione. Esercizio (4.7).
q.e.d.
(9.7) Definizione. Uno spazio topologico X si dice compatto se ogni ricoprimento aperto
{Ui }i di X (cioè una famiglia di aperti {Ui }i∈J tale che X = ∪i∈J Ui ) ha un sottoricoprimento
finito, cioè esiste un sottoinsieme finito di indici J0 ⊂ J tale che
[
X=
Ui
i∈J0
(9.8) Nota. Uno spazio metrico si dice compatto quando lo spazio topologico associato (con
la topologia metrica) è compatto.
(9.9) Esempio. Sia X = {x ∈ Q : 0 ≤ x ≤ 1}. L’insieme di tutti gli aperti Vk,n della forma
Vk,n = (
k
k
, ),
n+1 n
con k, n ∈ N, k ≤ n non è un ricoprimento di X. Perché? È un ricoprimento di
Y = {x ∈ Q :
1
2
≤ x ≤ }?
3
3
(9.10) Esempio. L’insieme di tutti gli aperti Vn della forma Vn = (
un ricoprimento aperto di (0, 1) ⊂ R.
1
1
, ), per n ∈ N è
n+2 n
(9.11) Esempio. L’insieme di intervalli aperti

√
√
√
√

2
2
2
2

se n ≥ 1: {x ∈ Q :
+
<x<
+
}
n
√2
√+ 1
√ 2 √n
Vn =

2
2
2
2

se n ≤ 1: {x ∈ Q :
−
<x<
−
,}
2
n
2
n+1
con n ∈ Z r {0} è un ricoprimento dell’insieme X = {x ∈ Q : 0 < x < 1}.
(9.12) Se X è compatto e C ⊂ X è un sottoinsieme chiuso, allora C è compatto (con la
topologia indotta).
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Dimostrazione. Se {Ui }i∈J è un ricoprimento mediante aperti di C, allora, con un abuso di
notazione, possiamo considerare un ricoprimento di C mediante aperti dato da {C ∩ Ui }i∈J ,
dove Ui sono aperti di X. Dato che C è chiuso X r C è aperto, e quindi
{X r C} ∪ {Ui }i∈J
è un ricoprimento aperto di tutto X (dato che C ⊂ ∪i Ui ), e quindi esiste un sottoricoprimento
finito, che sarà della forma
{X r C} ∪ {Ui }i∈J0
oppure {Ui }i∈J0 . In entrambi i casi, risulta
C⊂
[
Ui ,
i∈J0
e quindi la tesi.
q.e.d.
(9.13) Un sottospazio compatto di uno spazio di Hausforff è chiuso.
Dimostrazione. Sia C ⊂ X sottospazio compatto di uno spazio di Hausdorff X. Dimostriamo
che C è chiuso. Sia x ∈ X r C. Per ogni c ∈ C, dato che X è di Hausdorff, esistono due
intorni disgiunti Uc e Vc tali che Uc ∩ Vc = ∅, c ∈ Uc , x ∈ Vc . Ora, {Uc }c∈C è un ricoprimento
di C di aperti, quindi esiste un sottoricoprimento finito, cioè
C ⊂ Uc1 ∪ Uc2 ∪ · · · ∪ UcN .
L’intersezione di un numero finito di aperti è aperto, quindi
V = Vc1 ∩ Vc2 ∩ · · · ∩ VcN
è un aperto che contiene x. Dato inoltre che per ogni i = 1 . . . N , l’intersezione Vci ∩ Uci = ∅,
V ∩ C = ∅,
cioè V ⊂ X r C e quindi X r C è aperto per l’arbitrarietà di x, cioè C è chiuso.
q.e.d.
(9.14) L’immagine di un compatto mediante una funzione continua è compatta.
Dimostrazione. Sia X compatto e f : X → Y una funzione continua. Dobbiamo dimostrare
che f (X) è compatto con la topologia indotta da Y . Ogni ricoprimento aperto {Ui }i di f (X)
in Y induce un ricoprimento aperto
{f −1 (Ui )}i
di X, che ha un sottoricoprimento finito dal momento che X è compatto. La tesi segue dal
fatto che per ogni i
f (f −1 (Ui )) ⊂ Ui .
q.e.d.
(9.15) Corollario. Se X e Y sono due spazi topologici omeomorfi, allora X è compatto se e
solo se Y è compatto.
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Dimostrazione. Sia f : X → Y un omeomorfismo. Se X è compatto, allora f (X) = Y è
compatto. Viceversa, se Y è compatto, allora X = f −1 (Y ) è compatto dato che f −1 è continua.
q.e.d.
(9.16) Teorema. Una funzione f : X → Y continua e suriettiva tra X compatto e Y Hausdorff è sempre chiusa.
Dimostrazione. Se C ⊂ X è un chiuso di X, allora per (9.12) C è compatto. Ma per (9.14)
f (C) è compatto di Y , ed un compatto di uno spazio di Hausdorff è chiuso per (9.13), quindi
f (C) è chiuso.
q.e.d.
(9.17) Corollario. Una funzione continua, suriettiva e chiusa è una mappa quoziente
Dimostrazione. Esercizio (3.7).
q.e.d.
(9.18) Corollario. Una funzione continua f : X → Y , biunivoca da un compatto X a un
Hausdorff Y è un omeomorfismo.
Dimostrazione. È continua, biunivoca e chiusa, dunque un omeomorfismo.
q.e.d.
(9.19) Nota (Opzionale). Uno spazio X è compatto se ogni famiglia di chiusi {Ci } di X
con intersezione vuota ammette una sottofamiglia finita con intersezione vuota (infatti. . . ).
Questo consente di esprimere la compattezza nel seguente modo: diciamo che un famiglia
J di chiusi di uno spazio topologico X ha la FIP (finite intersection property) se
\
∀J0 ⊂ J, |J0 | < ∞ =⇒
Ci 6= ∅
i∈J0
(l’intersezione di ogni sottofamiglia finita di chiusi è non vuota). Si può dimostrare che X
è compatto se e solo se ogni famiglia di chiusi con la FIP ha intersezione non vuota (vedi
esercizio (4.8)).
(9.20) Nota. Se B è una base di intorni per la topologia di X, e X è compatto, allora, in
particolare, ogni ricoprimento di X mediante intorni (che sono aperti) di B ammette un ricoprimento finito. Viceversa, se ogni ricoprimento mediante intorni di B ammette un ricoprimento
finito, allora X è compatto (cioè ogni ricoprimento di aperti ammette un sottoricoprimento
finito, non solo ogni ricoprimento mediante intorni della base). Infatti, se {Ui } è un generico
ricoprimento di X, allora (visto che ogni Ui è aperto) Ui = ∪j Bi,j dove i Bi,j sono una famiglia
di intorni della base B (ogni aperto è unione di intorni aperti della base B). Ma allora
[
[[
[
X=
Ui =
Bi,j =
Bi,j ,
i
i
j
i,j
e quindi {Bi,j }i,j è un ricoprimento di X mediante aperti della base, che ammette l’esistenza
di un sottoricoprimento finito
X = Bi1 ,j1 ∪ Bi2 ,j2 ∪ · · · ∪ BiN ,jN .
Dal momento che Ui =
S
j
Bi,j , per ogni i, j si ha Bi,j ⊂ Ui , e quindi
X = Ui1 ∪ Ui2 ∪ · · · ∪ UiN ,
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Geometria e Topologia I
cioè {Ui }i ammette sottoricoprimento finito. In altre parole, se H è l’insieme dei Bi,j e J
l’insieme degli Ui , allora
S si può definire una funzione g : H → J tale che Bh ⊂ Ug(h) per ogni
h ∈ H. Dato che X ⊂ h∈H0 Bh per un certo sottoinsieme finito H0 ⊂ H, dovrà essere anche
X⊂
[
h∈H0
[
Bh ⊂
Bi ,
i∈g(H0 )
dove g(H0 ) ⊂ J è l’insieme finito di indici cercato.
(9.21) Teorema (Tychonoff – fin(i)to). Se X e Y sono due spazi topologici compatti,
allora il prodotto cartesiano X × Y (con la topologia prodotto) è compatto.
Dimostrazione. Per la nota (9.20), è sufficiente dimostrare che ogni ricoprimento di X ×
Y dato da aperti della base {U × V } (con U aperto di X e V aperto di Y ) ammette un
sottoricoprimento finito. Passo 1 : supponiamo che Y sia compatto, x0 ∈ X un punto e
N ⊂ X × Y un intorno di {x0 } × Y in X × Y . Allora esiste un intorno W di x0 in X tale che
N ⊃ W ×Y (l’intorno W ×Y è detto il tubo attorno a {x0 }×Y ). Dato che {x0 }×Y è compatto
(è omeomorfo a Y !) è possibile estrarre sottoricoprimenti finiti da tutti i ricoprimenti dati
dagli elementi della base di intorni (per la topologia prodotto) U × V (quelli che generano N
con la loro unione. . . ). A meno di scartare qualche intorno della base, si può supporre che
U1 × V1 , . . . , Un × Vn
ricoprono {x0 } × Y . Sia W = U1 ∩ U2 ∩ · · · ∩ Un , che è un intorno aperto di x0 con la proprietà
cercata: W × Y ⊂ N .
Passo 2 : Sia {Ui × Vi } un ricoprimento mediante aperti della base Ui × Vi . Dato che {x} × Y
è compatto, è contenuto in un sottoricoprimento finito, e l’unione degli aperti di tale ricoprimento per quanto visto sopra contiene un aperto del tipo Wx ×Y che contiene {x}×Y . Quindi
per ogni x ∈ X si può troare un aperto Wx di X tale che Wx × Y è contenuto nell’unione di un
un numero finito di aperti del ricoprimento. Ma dato che X è compatto, esiste una famiglia
finita di Wi che ricopre X, e quindi il prodotto cartesiano X × Y è uguale al prodotto dei tubi
Wxi × Y , ognuno dei quali è coperto dall’unione di un numero finito di aperti del ricoprimento
{Ui × Vi }.
q.e.d.
(9.22) Il teorema appena visto non è il teorema di Tychonoff: il vero teorema stabilisce che
il prodotto di una famiglia qualsiasi di compatti è compatto (nella topologia prodotto); se
infatti la famiglia è infinita non si può ripetere il ragionamento sopra esposto.
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Esercizi: foglio 4
*(4.1) Sia A ⊂ R un sottoinsieme non vuoto. Un numero m ∈ R è un maggiorante se
∀a ∈ A, a ≤ m (per definizione, un insieme limitato superiormente è un insieme con almeno
un maggiorante). L’insieme di tutti i maggioranti di A è chiuso? È limitato inferiormente
(nota: l’estremo superiore sup A è il minimo dell’insieme dei maggioranti)?
*(4.2) Dimostrare che se A ⊂ R è un sottoinsieme di R (con la metrica euclidea), allora sup A
e inf A appartengono alla chiusura A.
(4.3) Sia C ⊂ [a, b] ⊂ R un sottoinsieme chiuso di [a, b] (chiuso nella topologia indotta su
[a, b] da R). Dimostrare che C è chiuso in R. Dimostrare che la stessa proprietà è falsa per gli
aperti: trovare un sottoinsieme A ⊂ [a, b] ⊂ R aperto nella topologia di [a, b] ma non in quella
di R.
(4.4) Dimostrare che uno spazio X metrizzabile è di Hausdorff.
(4.5) Sia A ⊂ X un sottoinsieme di X spazio topologico. Dimostrare che x ∈ X è un punto
di accumulazione di A se e solo se
x ∈ A r {x}.
(4.6) Dimostrare che ogni sottosuccessione di una successione convergente converge.
(4.7) Dimostrare l’unicità del limite di successioni in spazi di Hausdorff: Se X è uno spazio
di Hausdorff e {xn } una successione in X, allora limn xn = x̄ e limn xn = ȳ implica x̄ = ȳ.
*(4.8) Diciamo che un famiglia di chiusi di uno spazio topologico X ha la FIP (finite intersection property) se
\
∀J0 ⊂ J, |J0 | < ∞ =⇒
Ci 6= ∅
i∈J0
(l’intersezione di ogni sottofamiglia finita di chiusi è non vuota). Diciamo che X ha la FIP se
ogni sua famiglia di chiusi con la FIP ha intersezione non vuota:
\
Ci 6= ∅.
i∈J
Dimostrare che X è compatto se e solo se ha la FIP. (Suggerimento: X r Ci è aperto, e
quindi. . . ).
*(4.9) Dimostrare che l’ultimo assioma della lista di assiomi di R è ridondante (si può dedurre
dai primi 7).
(4.10) È vero che se un insieme X è finito allora è compatto per ogni topologia che si considera? E il viceversa (cioè è vero che se un insieme è compatto rispetto ad ogni possibile
topologia, allora ha un numero finito di punti)?
(4.11) Si consideri la famiglia τ di tutti i sottoinsiemi di N = {1, 2, . . . } costitutita dall’insieme vuoto, da N e da tutti i sottoinsiemi del tipo
{1}, {1, 2}, {1, 2, 3}, {1, 2, 3, 4}, {1, 2, 3, 4, 5} . . .
È vero che τ è una topologia? Se sı̀, allora, rispetto a questa topologia, N è compatto?
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Geometria e Topologia I
(4.12) Determinare se l’intervallo I = {x, ∈ R : 0 ≤ x ≤ 1} meno un punto x0 ∈ I è
compatto, al variare di x0 . (I r x0 = {x ∈ I : x 6= x0 } ).
(4.13) Si consideri il sottoinsieme di R definito da
p
100
.
X = x ∈ R : x = , p, q ∈ Z, |pq| ≤ 10
q
Determinare quali delle seguenti affermazioni è vera (nella topologia euclidea di R):
(i) X è chiuso;
(ii) X è aperto;
(iii) X è compatto.
(4.14) Sia an la successione di numeri razionali (n ≥ 1) definita come segue:
an =
p
se n = 2p q con q dispari diverso da 0 .
q
Se n è dispari risulta quindi an = 0 (dato che l’unico modo di scrivere un numero dispari nella
forma 2p q è con p = 0). Quali sono i suoi punti di accumulazione?
(4.15) Sia X ⊂ R2 l’insieme definito da
X = {(x, y) ∈ R2 : y 2 = x3 − x}.
Quali delle seguenti sono vere?
(i) X è un chiuso di R2 .
(ii) La parte X ∩ {(x, y) ∈ R2 : x ≤ 0} è compatta.
(iii) L’interno di X in R2 è vuoto.
(4.16) Determinare quali dei seguenti spazi sono tra loro omeomorfi (esibendo gli omeomorfismi, altrimenti dimostrando che non ne esistono).
(i) L’intervallo chiuso [0, 1];
(ii) La circonferenza S 1 = {(x, y) ∈ R2 : x2 + y 2 = 1}.
(iii) Il quadrato: Q = {(x, y) ∈ R2 : (x2 − 1)(y 2 − 1) = 0, x2 ≤ 1 ≥ y 2 }.
(iv) L’intervallo aperto (0, 1).
(4.17) Si consideri nello spazio R la relazione: x ∼ y ⇐⇒ sin2 x = sin2 y.
(i) È una relazione di equivalenza?
(ii) Se sı̀, si dia a X = R/∼ la topologia quoziente. Lo spazio cosı̀ ottenuto è compatto?
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D.L. Ferrario
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Compattezza in spazi metrici ed euclidei
(10.1) Teorema. Sia X uno spazio metrico e C ⊂ X un sottoinsieme. Le seguenti proposizioni sono equivalenti:
(i) C è compatto ( Heine-Borel).
(ii) Ogni insieme infinito di punti di C ha un punto di accumulazione in C ( BolzanoWeierstrass).
(iii) Ogni successione in C ammette una sottosuccessione che converge in C (i.e. C è compatto per successioni).
Dimostrazione. Cominciamo a dimostrare che (i) =⇒ (ii), cioè che ¬(ii) =⇒ ¬(i). Se
è vero 6= (ii), esiste un insieme infinito A ⊂ C di punti di C che non ha nessun punto di
accumulazione in C (cioè nessun punto di C è di accumulazione per A, e quindi in particolare
nessun punto di A è di accumulazione per A). Questo significa che ogni a ∈ A non è di
accumulazione, e quindi per ogni a ∈ A esiste un intorno aperto Ua di a tale che Ua ∩ A non
contiene altri punti oltre ad a, cioè
Ua ∩ A = {a}
(10.2)
Si consideri ora il ricoprimento aperto di A:
A⊂
[
Ua .
a∈A
Per la (10.2), il ricoprimento {Ua } di A non ammette nessun sottoricoprimento, e dato che se
A è infinito anche il ricoprimento è infinito, risulta che A non è compatto. Per mostrare che
C non è compatto, basta osservare che A è chiuso in C (dal momento che nessun punto di C
è di accumulazione per A, la chiusura di A in C è uguale a A): se C fosse compatto anche A
dovrebbe essere compatto, per (9.12). Quindi C non è compatto.
Ora mostriamo che (ii) =⇒ (iii). Sia {xi }i∈J una successione di punti di C e A ⊂ C
l’insieme dei punti di {xi }i∈J . Se A è un insieme finito, allora c’è (in modo banale) una
sottosuccessione {xi }i∈J0 con J0 ⊂ J che converge in C: basta prendere una successione
costante. Altrimenti, A è un insieme infinito, e dunque per (ii) esiste un punto x̄ ∈ C che è
di accumulazione per A. Per definizione, questo vuol dire che per ogni > 0 l’intersezione
B (x̄) ∩ (A r {x̄}) 6= ∅.
Cioè, per ogni > 0 esiste y ∈ A, y 6= x̄ per cui
y ∈ B (x̄)
(ricordiamo anche che y ∈ A ⇐⇒ y = xn per qualche n). Dato che X è uno spazio metrico,
segue che per ogni > 0 B (x̄)∩A ha infiniti punti (vedi anche esercizio (5.2)). Ora, definiamo
la successione {nk } per induzione: si scelga y ∈ B1 (x̄) ∩ A. Allora esiste n1 tale che xn1 = y.
1
, ed allora esistono infinite scelte per
Supponiamo di aver definito nk . Definiamo k+1 =
k+1
y ∈ Bk+1 (x̄) ∩ A, dunque infinite soluzioni (intere) dell’equazione
xn ∈ Bk+1 (x̄).
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Geometria e Topologia I
Dato che sono infinite, ne esiste una per n > nk , che chiamiamo nk+1 . È facile vedere che la
sottosuccessione {xnk } converge a x̄ ∈ C.
Infine mostriamo che (iii) =⇒ (i). Questa è la parte più difficile della dimostrazione.
Per prima cosa, supponiamo di avere un ricoprimento {Ui } di C costituito esclusivamente da
intorni circolari Ui = Bri (ci ) e mostriamo che esiste δ > 0 per cui per ogni x ∈ C l’intorno Bδ (x)
è contenuto in qualche Ui (cioè, per ogni x ∈ C esiste Ui = Bri (ci ) tale che Bδ (x) ⊂ Bri (ci )).
Se ciò non fosse vero, dovrebbe essere vero che per ogni δ > 0 esiste x = x(δ) ∈ C tale che per
ogni i Bδ (x) 6⊂ Bi . Consideriamo la successione δn = n1 . Allora, per ogni n ≥ 1 si può definire
un elemento xn ∈ C per cui
∀i : Bδn (xn ) 6⊂ Ui .
(10.3)
Di nuovo, consideriamo che per ipotesi (iii) è vera, e quindi la successione {xn } ammette una
sottosuccessione {xnk } che converge ad un certo y ∈ C. Dal momento che C è ricoperto dagli
aperti Ui , esiste un aperto Uiy del ricoprimento che contiene y, cioè tale che
lim xnk = y ∈ Uiy .
k
Ma per ipotesi Uiy è aperto, quindi esiste un raggio r > 0 tale che Br (y) ⊂ Uiy , e se k è grande
abbastanza si ha che xnk ∈ Br/2 (y) (dalla convergenza della sottosuccessione) e quindi per la
disuguaglianza triangolare che
Br/2 (xnk ) ⊂ Br (y) ⊂ Uiy .
Dato che per k abbastanza grande δnk < 2r , si può trovare un k per cui
Bδnk (xnk ) ⊂ Br (y) ⊂ Uiy .
Ma questo contraddice la definizione degli {xn } (equazione (10.3)), per cui l’ipotesi è falsa.
Abbiamo mostrato che esiste δ > 0 per cui per ogni x ∈ C l’intorno Bδ (x) è contenuto in
qualche Ui del ricoprimento aperto.
Ora, mostriamo che per ogni > 0 l’insieme C può essere ricoperto da un numero finito di
intorni circolari di raggio . Se ciò non fosse vero, per un certo > 0, si scelga x1 ∈ C; dato che
B (x1 ) non può ricoprire C (per ipotesi), esiste x2 ∈ C tale che x2 6∈ B (x1 ). Analogamente,
si scelga x3 ∈ C r (B (x1 ) ∪ B (x2 )), e per induzione
!
n
[
xn+1 ∈ C r
B (xi ) .
i=1
La successione (di infiniti punti distinti) esiste perché
Inoltre, se h 6= k si ha
d(xh , xk ) ≥ ,
Sn
i=1
B (xi ) non può mai coprire C.
e quindi la successione {xi }i non può avere sottosuccessioni convergenti. Ma dato che stiamo
assumendo (iii) vera, ogni successione in C deve avere almeno una sottosuccessione convergente, e questa proprità è contraddetta dall’esistenza della successione {xi }. Quindi l’ipotesi
era falsa, e per ogni > 0 l’insieme C è ricoperto da un numero finito di intorni circolari di
raggio .
Sia quindi C ricoperto da un numero finito di intorni circolari B (cj ) di raggio e {Ui } il
ricoprimento di C di intorni circolari definito sopra, con < δ. Dato che < δ, ogni per ogni
intorno B (cj ) (nell’insieme finito di intorni che ricopre C) esiste un intorno Ui = Ui(j) tale
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che B (cj ) ⊂ Ui(j) . L’insieme finito di intorni {Ui(j) }j ricopre C, dato che B (cj ) ricopre C, ed
è quindi un sottoricoprimento finito di {Ui }. Per concludere la dimostrazione, bisogna trovare
sottoricoprimenti finiti per ricoprimenti aperti generici, e non solo per ricoprimenti di intorni
della base di intorni circolari. Ma questo segue da (9.20).
q.e.d.
(10.4) Esempio. L’intervallo [0, 1] di Q non è compatto. Per (10.1), basta trovare una
successione in [0, 1] che converge a un numero irrazionale.
(10.5) Sia X uno spazio metrico e C ⊂ X un sottoinsieme. Se C è compatto, allora C è
chiuso e limitato.
Dimostrazione. Ogni spazio metrico è di Hausdorff (vedi esercizio (4.4)), e ogni compatto di
uno spazio di Hausdorff è chiuso (vedi (9.13)), per cui se C è compatto di X allora C è chiuso.
Dobbiamo quindi mostrare che C è limitato. Sia x0 un punto di X e Bn (x0 ) la successione
crescente di intorni circolari di raggio n ∈ N. Dato che {Bn (x0 )}n è un ricoprimento aperto di
C, deve ammettere un sottoricoprimento finito, cioè deve esistere n0 ∈ N per cui C ⊂ Bn0 (x0 ),
cioè C è limitato.
q.e.d.
(10.6) Teorema (Heine-Borel). L’intervallo unitario [0, 1] ⊂ R è compatto.
Prima dimostrazione. Sia {Ui }i∈J un ricoprimento di [0, 1] e definiamo
F = {t ∈ I : [0, t] è coperto da una famiglia finita di intervalli di {Ui }i∈J .
Si vede che 0 ∈ F (e quindi F non è vuoto) e che t ∈ F, 0 ≤ s < t =⇒ s ∈ F . Si consideri
m = sup F (l’estremo superiore di F , che esiste per gli assiomi (9.1)). Allora t < m =⇒ t ∈ F
e t > m =⇒ t 6∈ F . Vediamo se m ∈ F oppure no. Dato che m ∈ [0, 1] e {Ui } ricopre [0, 1],
esiste im ∈ J per cui m ∈ Uim . Ma Uim è aperto, e dunque esiste un intorno circolare di raggio
tale che B (m) ⊂ Uim . Visto che m − ∈ F , l’intervallo [0, m − ] è ricoperto da un numero
finito di aperti Ui , che uniti ad Uim costituiscono un numero finito di aperti che copre [0, m],
e dunque m ∈ F , cioè
F = [0, m].
Ora, se m < 1, allora un ricoprimento finito di [0, m] sarebbe anche ricoprimento finito di
[0, m + ] per un certo abbastanza piccolo, per cui deve essere m = 1, cioè F = [0, 1] (in altre
parole, abbiamo trovato il ricoprimento finito di [0, 1]).
q.e.d.
Seconda dimostrazione. Sia {Ui }i∈J un ricoprimento aperto di I0 = [0, 1]. Supponiamo per
assurdo che non ammetta sottoricoprimenti finiti. Dividiamo I0 nelle due metà di lunghezza
1
:
2
1
1
[0, 1] = [0, ] ∪ [ , 1].
2
2
Se entrambe le metà fossero ricoperte da un numero finito di Ui , cadremmo in contraddizione,
per cui almeno una delle due non lo è, e la chiamiamo I1 . Dividendo I1 in due metà, possiamo
di nuovo applicare lo stesso argomento per definire I2 , e cosı̀ via una successione In di intervalli
chiusi non ricopribili da un numero finito di aperti Ui , di lunghezza 2−n , e con la proprietà
In ⊂ In−1 per ogni n ≥ 1.
I0 ⊇ I1 ⊇ I2 ⊇ · · · ⊇ In ⊇ . . . .
Ora, se definiamo
I∞ =
∞
\
In ,
i=0
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osserviamo che I∞ non può avere più di un punto (infatti, x, y ∈ I∞ =⇒ ∀n ≥ 0, x, y ∈
In =⇒ ∀n ≥ 0, |x − y| ≤ 2−n , che implica |x − y| = 0). Come conseguenza dell’esistenza
dell’estremo superiore in R, si può mostrare (vedi esercizio (5.3)) che I∞ non è vuoto, e che
I∞ = {inf(max In ) = sup(min In )}.
Sia p ∈ I∞ . Dato che p ∈ I, esiste ip ∈ J per cui p ∈ Uip , e quindi esiste un > 0 tale che
B (p) ⊂ Uip .
Ma se n è abbastanza grande, In ⊂ B (p), e dunque esiste un n per cui
In ⊂ B (p) ⊂ Uip :
ciò contraddice l’ipotesi che ogni In non si può coprire con un insieme finito di Ui (un solo Uip
è sufficiente!).
q.e.d.
(10.7) Corollario. Per ogni a < b ∈ R, l’intervallo [a, b] è compatto.
Dimostrazione. Dato che l’intervallo [a, b] è omeomorfo all’intervallo [0, 1], segue immediatamente da (10.6).
q.e.d.
(10.8) Teorema (Heine-Borel II). Se X = Rn con la metrica euclidea, allora C è compatto
se e solo se chiuso e limitato.
Dimostrazione. La proposizione (10.5) è la parte “solo se”. Viceversa, se C ⊂ Rn è limitato,
allora è contenuto nel parallelepipedo del tipo
C ⊂ [a, b]n ⊂ Rn ,
che è compatto per il corollario (10.7) unito al teorema (9.21). Quindi, se C è chiuso in X,
è chiuso anche in [a, b]n e quindi è un sottoinsieme chiuso di uno spazio compatto, e quindi è
compatto per la proposizione (9.12).
q.e.d.
(10.9) Corollario (Bolzano-Weierstrass). Ogni insieme infinito e limitato in Rn ha almeno un punto di accumulazione.
Dimostrazione. Un insieme infinito e limitato in Rn è anche, come sopra, un sottoinsieme
infinito di del compatto [a, b]n per qualche a, b. Per (10.1), (ii), esiste quindi un punto di
accumulazione.
q.e.d.
(10.10) Teorema. Una funzione continua f : X → R definita su un dominio compatto X ha
massimo e minimo.
Dimostrazione. Dato che X è compatto, f (X) è compatto e quindi chiuso e limitato in R. Dato
che è limitato, sia l’estremo superiore M = sup(f (X)) che l’estremo inferiore m = inf(f (X))
esistono finiti. Gli estremi m e M appartengono alla chiusura f (X) (vedi esercizio (4.2)), che
coincide con f (X) dato che f (X) è chiuso, quindi m ∈ f (X), M ∈ f (X), e quindi sia m che
M sono assunti in X, cioè m = minx∈X f (x), M = maxx∈X f (x).
q.e.d.
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Esercizi: foglio 5
*(5.1) Si consideri su N la famiglia τ di insiemi formata dall’insieme vuoto ∅ e dagli tutti i sottoinsiemi di N con complementare finito. Sia X uno spazio topologico e {xn } una successione
in X (vista come una funzione f : N → X, definita da ∀n ∈ N : f (n) := xn ).
(i) Dimostrare che τ è una topologia per N.
(ii) Dimostrare che se {xn } è una successione convergente, allora la corrispondente funzione
f : N → X è continua all’infinito, cioè la controimmagine di ogni intorno del limite
x̄ = limn xn ∈ X è un aperto di N (nella topologia dei complementari finiti).
(iii) È vero che f è continua?
(5.2) Dimostrare che un punto di accumulazione a di un sottoinsieme A ⊂ X di uno spazio
metrico X ha la seguente proprietà: ogni intorno di a in X interseca A in infiniti punti.
*(5.3) Si consideri in un campo totalmente ordinato una famiglia di intervalli chiusi In =
[an , bn ] decrescenti In ⊃ In+1 , per n → ∞. Si dimostri che se X ha la proprietà dell’estremo
superiore (cioè ogni insieme limitato superiormente ammette estremo superiore), allora
\
In 6= ∅.
n
(5.4) Dimostrare che il cilindro {(x, y, z) ∈ R3 : x2 + y 2 = 1 ∧ z 2 ≤ 1} con il bordo su z = 1
identificato ad un punto è omeomorfo al cono {(x, y, z) ∈ R3 : z 2 = x2 + y 2 ∧ 0 ≤ z ≤ 1}.
(5.5) Dimostrare che il toro, definito come nell’esempio (8.5), è omeomorfo a S 1 × S 1 (dove
S 1 è la circonferenza di raggio 1).
(5.6) Dimostrare che lo spazio dell’esempio (8.6) è omeomorfo ad una sfera di dimensione 2.
*(5.7) Dimostrare che il piano proiettivo, definito come nell’esempio (8.7), è omeomorfo al
quoziente S 2 /∼ , dove x ∼ y ⇐⇒ x = ±y (antipodale).
(5.8) Dimostrare che incollando lungo il bordo due nastri di Möbius si ottiene una bottiglia
di Klein (che cos’è una bottiglia di Klein?).
(5.9) Quali dei seguenti spazi è compatto?
(i) Q.
(ii) La sfera S 2 .
(iii) La sfera S 2 meno un numero finito di punti.
(iv) La sfera S 2 meno un disco chiuso.
(v) La striscia di Möbius.
(5.10) Dimostrare che ogni sottospazio di uno spazio di Hausdorff è di Hausdorff.
(5.11) Consideriamo il seguente sottoinsieme di R2 (munito della topologia euclidea):
X = {(x, y) ∈ R2 : xy 6∈ Z}.
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(i) È aperto? È chiuso?
(ii) Consideriamo la circonferenza C di raggio 1 e centro (0, 0) di equazione x2 + y 2 = 1.
L’intersezione C ∩ X è aperta nella topologia di C? È chiusa? E nella topologia di R2 ?
(iii) Discutere della compattezza di X e C ∩ X.
(5.12) Si consideri l’intervallo
√
√
[0, 2) = {x ∈ R : 0 ≤ x < 2} ⊂ R.
(i) È chiuso nella topologia Euclidea?
√ √
(ii) Sia√X l’intervallo (− 2, 2) ⊂ R con la topologia indotta da quella di R. Dato che
[0, 2) è anche un sottoinsieme di X, esso è un chiuso della topologia di X?
√
(iii) Calcolare l’insieme di tutti i maggioranti di [0, 2) in R.
(iv) Trovare, se esiste, un sottoinsieme Y ⊂ R tale che l’insieme di tutti i maggioranti di Y
in R non è un chiuso di R.
(5.13) Si consideri il sottoinsieme X di Q definito da
q
: q ∈ N}.
X={
q+1
(i) Determinare i punti di accumulazione di X.
(ii) X è un chiuso di Q?
√
(iii) Sia {an } una successione di frazioni di Q che converge a 2 (6∈ Q!) e Y l’insieme dei
suoi elementi Y = {an : n ∈ N} ⊂ Q. In questo caso Y è un chiuso di Q?
(5.14) Sia C ⊂ Q un sottospazio compatto di Q (campo dei numeri razionali con la topologia
Euclidea).
(i) Dimostrare che C è chiuso in Q.
(ii) Dimostrare che C è limitato in Q.
(iii) Dimostrare che C è anche un chiuso di R. (Suggerimento: Dato che l’inclusione i : Q → R
è una funzione continua (rispetto alle topologie Euclidee di Q e R). . . )
(iv) Dedurre che l’interno di C è vuoto.
**(5.15) Su Z sia B la famiglia di tutte le progressioni aritmetiche (Ua,n = {a+kn : k ∈ Z} ⊂ Z).
Dimostrare che:
(i) La famiglia B è una base per una topologia di Z.
(ii) In questa topologia, le progressioni Ua,n sono sia aperti che chiusi.
(iii) L’unione di un numero finito di progressioni aritmetiche è un chiuso.
(iv) Se Ap = U0,p denota l’insieme dei multipli del numero p, si dimostri che
[
A=
Ap
p primo, ≥2
non può essere chiuso, visto che il suo complementare ha un numero finito di elementi.
(v) Dedurre che esistono infiniti numeri primi.
(Harry Furstenberg: è una topologia metrizzabile!)
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Spazi connessi
Il teorema del valore intermedio si può esprimere in termini di connessione:
(11.1) Definizione. Uno spazio topologico X è detto connesso se gli unici sottoinsiemi di X
simultaneamente aperti e chiusi7 sono ∅ e X.
Quando si considera un sottospazio Y ⊂ X, allora Y è connesso se è connesso nella
topologia indotta da X. Osserviamo che se A ⊂ X è un sottoinsieme sia chiuso che aperto,
anche il suo complementare X r A è sia chiuso che aperto. Quindi X = A ⊂ (X r A), cioè X
è unione disgiunta di due aperti non vuoti.
(11.2) Teorema. Uno spazio topologico X è connesso se e solo se X non è unione di due
aperti non vuoti e disgiunti X = A1 ∪ A2 . (Equivalentemente: uno spazio topologico X non è
connesso se e solo se X è unione di due aperti non vuoti e disgiunti X = A1 ∪ A2 ).
(11.3) Esempio. Sia S 0 = {−1, +1} la sfera di dimensione 0 (soluzioni dell’equazione x2 = 1).
Entrambi i punti sono chiusi in R, quindi S 0 non è connesso.
(11.4) Esempio. L’insieme vuoto e gli spazi con un solo punto sono connessi.
(11.5) Definizione. Un intervallo in R (più in generale: in un insieme ordinato) è un insieme
I ⊂ R contentente più di un punto, tale che x, y ∈ I, s ∈ R, x < s < y =⇒ s ∈ I.
Dato che R ha la proprietà dell’estremo superiore e dell’estremo inferiore, gli intervalli
sono tutti gli insiemi del tipo (−∞, b],(−∞, b),(a, b),(a, b], [a, b), [a, b], [a, +∞), (a, +∞), con
a < b. Mostreremo che tutti gli intervalli sono connessi. Cominciamo dall’intervallo chiuso
(compatto) [a, b].
(11.6) Teorema. Ogni intervallo chiuso [a, b] ⊂ R è connesso.
Dimostrazione. Per assurdo, supponiamo che l’intervallo [a, b] sia unione di due aperti disgiunti
non vuoti [a, b] = A1 ∪ A2 (dove A1 , A2 6= ∅, A1 ∩ A2 = ∅, e quindi A1 e A2 sono chiusi nella
topologia di [a, b]). Essendo [a, b] chiuso in R, A1 e A2 sono anch’essi chiusi e non vuoti in R
(nota: non sono necessariamente aperti! Vedi esercizio (4.3)). Dato che gli estremi superiore
e inferiore di un sottoinsieme chiuso di R sono contenuti nell’insieme stesso (vedi esercizio
(4.2)), risulta sup Ai ∈ Ai , inf Ai ∈ Ai per i = 1, 2. Consideriamo per ogni y ∈ [a, b] l’insieme
chiuso
By = {x ∈ A1 : x ≤ y} = [a, y] ∩ A1 ⊂ A1 .
L’intersezione
B=
\
By = {x ∈ A1 : ∀y ∈ A2 , x ≤ y}.
y∈A2
è dunque un chiuso contenuto in A1 (che consiste di tutti i minoranti di A2 in A1 ). Ora,
a meno di cambiare gli indici, possiamo supporre che a ∈ A1 (e quindi a 6∈ A2 , poiché
A1 ∩ A2 = ∅), e quindi a ∈ B. L’estremo superiore s1 = sup B (che esiste perché B 6= ∅ ed è
limitato) appertiene al chiuso B (e quindi è un minorante di A2 ), e dunque appartiene a A1
(che contiene B). D’altra parte, consideriamo l’estremo inferiore s2 di A2 , che appartiene a
A2 dato che A2 è chiuso: si ha che s2 ≤ t per ogni t ∈ A2 , e
t ∈ [a, b] ∧ t > s2 =⇒ ∃y ∈ A2 : t > y,
7
In inglese: clopen.
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(cioè non esistono minoranti di A2 più grandi di s2 , s2 è il massimo dei minoranti). Quindi
s1 ≤ s2 , dato che gli elementi di B sono minoranti di A2 . Ora, se s1 = s2 , si ha
A1 ⊃ B 3 s1 = s2 ∈ A2 =⇒ s1 = s2 ∈ A1 ∩ A2 ,
che è assurdo visto che A1 ∩ A2 = ∅. Dunque deve essere s1 < s2 .
Ora, prendiamo un s ∈ [a, b] compreso tra s1 e s2 :
sup B = s1 < s < s2 = inf A2 .
Dato che per definizione di s1 (estremo superiore di B)
t ∈ [a, b] ∧ t > s1 =⇒ t 6∈ B,
il punto s non è in B, e quindi non è in A1 . Ma s < s2 = inf A2 , e quindo s non può essere
un elemento di A2 : e questo è assurdo, dato che per ipotesi A1 ∪ A2 = [a, b] (cioè s dovrebbe
appartenere a A1 oppure a A2 ).
q.e.d.
(11.7) Nota. Vedremo che il teorema precedente può essere generalizzato nel modo seguente:
Un sottoinsieme A ⊂ R con almeno due punti è connesso se e solo se è un intervallo. Per la
parte “solo se”, si cerchi di dimostrare (esercizio (6.5)) che se un insieme ha almeno due punti
e non è un intervallo, allora non è connesso (si veda anche la prossima nota).
(11.8) Nota. Usando la stessa tecnica di dimostrazione di (11.6), si può dimostrare che A ⊂ R
non è connesso se e solo se esistono x, y ∈ A, s 6∈ A tali che x < s < y (cioè A è connesso se
e solo se x, y ∈ A, x < s < y =⇒ s ∈ A). Infatti, se A non fosse connesso, si definiscono A1 ,
A2 , B, s1 e s2 come sopra (s1 = sup B e s2 = inf A2 ), e deve risultare s1 < s2 . Ma allora esiste
s 6∈ A tale che s1 < s < s2 – basta prendere s = 21 (s1 + s2 ). Questo fa seguire dall’ultimo
assioma di (9.1) la connessione di R. Viceversa, se esistono x, y ∈ A e s 6∈ A tali che x < s < y,
allora si possono definire i seguenti sottoinsiemi (chiusi e aperti) di A:
A1 = {x ∈ A : x ≤ s} = {x ∈ A : x < s}
A2 = {x ∈ A : x ≥ s} = {x ∈ A : x > s}
la cui intersezione è vuota e la cui unione è A.
(11.9) Teorema. Se X è connesso e f : X → Y è una funzione continua, allora f (X) ⊂ Y è
connesso (con la topologia indotta da Y – si dice che l’immagine di un connesso è connessa).
Dimostrazione. Se f (X) fosse non connesso, esisterebbero A1 ⊂ f (X) e A2 ⊂ f (X) aperti
disgiunti (nella topologia indotta) e non vuoti tali che f (X) = A1 ∪ A2 . Le controimmagini
f −1 A1 e f −1 A2 sarebbero aperti disgiunti non vuoti in X tali che X = f −1 A1 ∪ f −1 A2 , e
dunque X non sarebbe connesso.
q.e.d.
(11.10) Corollario. Se X e Y sono due spazi topologici omeomorfi, allora X è connesso se
e solo se Y è connesso.
Dimostrazione. Come nella dimostrazione del corollario (9.15)
q.e.d.
Ricordiamo che S 0 = {±1} è lo spazio con due punti e la topologia discreta.
(11.11) Uno spazio X è connesso se e solo se ogni funzione continua f : X → S 0 è costante.
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Dimostrazione. Supponiamo che X sia connesso. Allora la sua immagine è un sottospazio
connesso di S 0 . Dato che S 0 non è connesso, f X non può essere S 0 . Dato che f X 6= ∅, f X
ha esattamente un elemento, e quindi f è costante.
Viceversa, se X non è connesso allora esistono A1 , A2 aperti disgiunti non vuoti tali che
X = A1 ∪ A2 . Si definisca allora la funzione f : X → S 0 ponendo
(
+1 if x ∈ A1
f (x) =
−1 if x ∈ A2 .
La funzione è ben definita, dato che A1 ∩ A2 = ∅ e X = A1 ∪ A2 . È continua: basta osservare
che gli aperti di S 0 sono tutti i suoi sottoinsiemi ∅, {+1}, {−1}, S 0 , e la controimmagine di
ognuno di essi è aperto in X:
f −1 (∅) = ∅
f −1 ({+1}) = A1
f −1 ({−1}) = A2
f −1 (S 0 ) = X.
E non è una funzione costante.
q.e.d.
(11.12) Siano B ⊂ X e {Yw }w∈W sottoinsiemiSconnessi di uno spazio topologico X tali che
∀w ∈ W, B ∩ Yw 6= ∅. Allora l’unione Y = B ∪ w∈W Yw è connesso.
Dimostrazione. Supponiamo che A1 e A2 siano aperti disgiunti tali che Y = A1 ∪ A2 . Per ogni
w ∈ W , A1 ∩ Yw e A2 ∩ Yw sono aperti disgiunti in Yw , e quindi non possono essere entrambi
non vuoti, visto che Yw è connesso: cioè, Yw ⊂ A1 oppure Yw ⊂ A2 . Lo stesso per A1 ∩ B e
A2 ∩ B: supponiamo senza perdere in generalità che B ⊂ A1 . Ma allora, poiché per ipotesi
B ∩ Yw 6= ∅, deve anche essere ∀w ∈ W, Yw ⊂ A1 , e cioè Y ⊂ A1 . Ma allora A2 = ∅. (Si può
anche dimostrare usando (11.11 ))
q.e.d.
(11.13)
Corollario.
T
S Siano Aw , per w ∈ W , sottospazi connessi di uno spazio X tali che
A
=
6
∅.
Allora
w w
w Aw è connesso.
Dimostrazione. Basta prendere uno degli Aw e chiamarlo B: per ogni w0 ∈ W
\
Aw ⊂ Aw0 ∩ B,
∅=
6
w
e quindi si può applicare il lemma precedente.
q.e.d.
(11.14) Corollario. La retta reale R è connessa.
Dimostrazione. Basta osservare che si può scrivere R = {0}∪
S
R>0 [−R, R]
e applicare (11.12).
q.e.d.
(11.15) Esempio. Rn è connesso: è unione di rette per l’origine. Rn r {0} è connesso.
Perché? Vedi esercizio (6.2).
(11.16) Teorema. Due spazi topologici X e Y sono connessi se e solo se il prodotto X × Y
è connesso.
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Geometria e Topologia I
Dimostrazione. Se X × Y è connesso, allora X e Y , in quanto immagini delle proiezioni
canoniche p1 : X × Y → X e p2 : X × Y → Y , sono connessi (vedi (11.9)). Viceversa, se X
e Y sono connessi, allora si scelga y0 ∈ Y : per ogni x ∈ X i sottospazi {x} × Y ⊂ X × Y e
X × {y0 } ⊂ X × Y sono omeomorfi rispettivamente a Y e X, e quindi entrambi connessi. Ma
allora
[
X × Y = X × {y0 } ∪
({x} × Y ),
x∈X
e quindi possiamo applicare (11.12) con B = X × {y0 } e Yx = {x} × Y .
q.e.d.
(11.17) Definizione. Uno spazio non connesso è unione di sottospazi sia aperti che chiusi.
Definiamo componenti connesse di X i sottospazi connessi massimali (cioè i sottospazi connessi
di X che non sono contenuti in sottospazi connessi di X).
(11.18) (Teorema del valore intermedio) Sia f : [a, b] → R una funzione continua tale
che f (a) < 0 e f (b) > 0. Allora esiste x0 ∈ (a, b) tale che f (x0 ) = 0.
Dimostrazione. L’intervallo [a, b] è connesso per (11.6), e quindi la sua immagine
f ([a, b]) = {f (x) : a ≤ x ≤ b}
è connessa, e dunque un intervallo (vedi anche (11.8)). Cioè, visto che f (a) ∈ f ([a, b]) e
f (b) ∈ f ([a, b]), anche tutti i valori intermedi y ∈ [f (a), f (b)] appartengono all’immagine
f ([a, b]). In particolare, 0 ∈ [f (a), f (b)], e quindi 0 ∈ f ([a, b]), cioè esiste x ∈ [a, b] tale che
f (x) = 0.
q.e.d.
11.1
Spazi connessi per archi
Un arco (oppure un cammino) in uno spazio X è una mappa γ : [0, 1] → X. Si dice che l’arco
parte da γ(0) e arriva a γ(1).
(11.19) Definizione. Si dice che uno spazio X è connesso per archi se per ogni coppia di
punti x0 , x1 ∈ X esiste un arco γ tale che γ(0) = x0 e γ(1) = x1 .
(11.20) Se f : X → Y è una funzione suriettiva e X è connesso per archi, allora Y è connesso
per archi.
Dimostrazione. Siano y0 , y1 due punti di Y . La funzione è suriettiva, e dunque esistono x0
e x1 in X tali che f (x0 ) = y0 e f (x1 ) = y1 . Dato che X è connesso, esiste un cammino
γ : [0, 1] → X tale che γ(0) = x0 e γ(1) = x1 . Ma la composizione di funzioni continue è
continua, e quindi il cammino ottenuto componendo γ con f : f ◦ γ : [0, 1] → X → Y è un
cammino continuo che parte da y0 e arriva a y1 .
q.e.d.
(11.21) Corollario. Se due spazi X e Y sono omeomorfi, allora X è connesso per archi se
e solo se Y è connesso per archi.
Dimostrazione. Si dimostra come nel caso della connessione e della compattezza (9.15). q.e.d.
(11.22) Teorema. Uno spazio connesso per archi è connesso.
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Dimostrazione. Sia X uno spazio connesso per archi. Supponiamo che non sia connesso, e
dunque che esista A ⊂ X, A 6= ∅, A 6= X sia aperto che chiuso. Dato che A 6= ∅, possiamo
scegliere un punto x0 ∈ A. Dato che A 6= X, possiamo scegliere un punto x1 6∈ A. Dato che X
è connesso, esiste un cammino γ : [0, 1] → X che parte da x0 e arriva a x1 . La controimmagine
γ −1 (A) è un sottoinsieme chiuso di [0, 1] (dato che γ è continua e A è chiuso) ed al tempo
stesso un sottoinsieme aperto (dato che γ è continua e A aperto). Ma [0, 1] è connesso, quindi
γ −1 A può solo essere oppure tutto [0, 1]. Ma x0 ∈ γ −1 A, e quindi γ −1 A 6= ∅, e x1 6∈ γ −1 A, e
quindi γ −1 A 6= [0, 1], e questo ci porta ad una contraddizione.
q.e.d.
(11.23) Teorema. Se X è un sottoinsieme aperto e connesso di Rn , allora X è connesso per
archi.
Dimostrazione. Vedi esercizio (6.19)
q.e.d.
Esempio: coniche e complementari di coniche in R2 .
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Esercizi: foglio 6
*(6.1) Dimostrare che gli intervalli semiaperti [a, b) sono connessi, cosı̀ come gli intervalli
(−∞, a), (−∞, a], (a, ∞) e [a, ∞) (vedi teorema (11.6) e (11.12)).
(6.2) Dimostrare che Rn r {0} è connesso.
(6.3) Dimostrare che i punti di uno spazio topologico sono connessi.
(6.4) Dimostrare che Q non è connesso. Quali sono le sue componenti connesse? (Nota: Q
non ha la topologia discreta!)
(6.5) Dimostrare che i sottoinsiemi connessi non vuoti di R sono tutti e soli i singoli punti e
gli intervalli (dove diciamo che un sottoinsieme A ⊂ R è un intervallo se contiene almeno due
punti distinti e se x, y ∈ A, x < s < z =⇒ s ∈ A).
(6.6) Sia X un insieme con almeno due elementi. Quali sono i sottoinsiemi connessi, se X ha
la topologia discreta? E se ha la topologia banale?
(6.7) Determinare quali dei seguenti sottospazi di R2 sono connessi:
(i) {(x, y) ∈ R2 : x2 + y 2 < 1}.
(ii) {(x, y) ∈ R2 : x2 + y 2 = 1}.
(iii) {(x, y) ∈ R2 : x2 + y 2 6= 1}.
*(6.8) Supponiamo che f : X → Z sia una funzione continua (dove Z, con la topologia indotta
da R, ha la topologia discreta) e non costante. Dimostrare che X non è connesso.
*(6.9) Dimostrare che Rn r {0} è connesso per n ≥ 2. Dedurne che la sfera di dimensione n
S n e il piano proiettivo P2 (R) sono connessi.
(6.10) Dimostrare che le componenti connesse (definite in (11.17)) di uno spazio topologico
sono disgiunte e (effettivamente) spazi connessi.
*(6.11) Sia X l’unione dei sottospazi A e B di R2 definiti da A = {(x, y) ∈ R2 : x = 0 ∧ −1 ≤
y ≤ 1} e B = {(x, y) ∈ R2 : y = cos x1 ∧ 0 < x ≤ 1}. Dimostrare che X è connesso.
(Suggerimento: dimostrare prima che A e B sono connessi )
1
y
0.5
0
0
0.2
0.4
0.6
0.8
x
1
-0.5
-1
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Geometria e Topologia I
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*(6.12) Siano A = {(x, y) : 12 ≤ x ≤ 1, y = 0} e B = {(x, y) : y = nx , 0 ≤ x ≤ 1 per qualche n ∈ N}.
Dimostrare che X = A ∪ B è connesso.
1.2
y
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.4
0.6
0.8
x
1
-0.2
(6.13) Sia S n = {x ∈ Rn+1 : |x|2 = 1}. Dimostrare che S n è connesso. (Suggerimento:
Rn r {0} è connesso)
*(6.14) Dimostrare che S 1 non è omeomorfo ad un intervallo. (Suggerimento: S 1 meno un
punto . . . )
*(6.15) Dimostrare che gli intervalli (0, 1) e [0, 1] non sono omeomorfi.
(6.16) Dimostrare che un insieme X è connesso se e solo se ogni volta che si scrive come
X = A ∪ B con A 6= ∅ e B 6= ∅ allora A ∩ B 6= ∅ oppure B ∩ A 6= ∅.
(6.17) Dimostrare che se S ⊂ R non è un intervallo (cioè se esistono x, y, z con x < s < y,
x, y ∈ S e s 6∈ S ) allora S non è connesso.
(6.18) Dimostrare che se uno spazio ha un numero finito di componenti connesse allora esse
sono sia aperte che chiuse. Trovare un esempio di spazio con infinite componenti tutte chiuse
ma mai aperte.
*(6.19) Dimostrare che se X ⊂ Rn è un sottoinsieme aperto e connesso di Rn , allora è anche
connesso per archi. (Suggerimento: osservare che i cammini si possono comporre nel seguente
modo: se γ : [0, 1] → X è un cammino che va da x0 ∈ X a x1 ∈ X, e γ 0 : [0, 1] → X un
secondo cammino che va da x1 a x2 , allora γ 0 può essere riparametrizzato (utilizzando un
omeomorfismo [0, 1] ≈ [1, 2]) come γ 00 : [1, 2] → X. Ma allora è possibile definire un nuovo
cammino α : [0, 2] → X “incollando” i due cammini – e verificare che è ancora continuo.
Ora non rimane che dimostrare la seguente cosa: se si sceglie x0 ∈ X, lo spazio di tutti i
punti raggiungibili con un cammino che parte da x0 è un aperto (“incollando” al cammino un
pezzettino di cammino rettilineo. . . ), ma è anche un chiuso (cioè lo spazio di tutti i punti non
raggiungibili con un cammino che parte da x0 è un aperto) . . . )
(6.20) Sia X uno spazio topologico, e ∼ la seguente relazione in X: x ∼ y se e solo se esiste
cammino γ : [0, 1] → X che parte da x e arriva a y. Dimostrare che la relazione “∼” è di
equivalenza. Cosa sono le classi di equivalenza?
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Geometria e Topologia I
Gruppi topologici
Ricordiamo gli assiomi di gruppo: un gruppo è un insieme G, munito di operazione binaria (di
solito indicata con la moltiplicazione) G × G → G che sia associativa, in cui esista l’elemento
neutro 1 ∈ G, e per cui ogni g ∈ G abbia un inverso g −1 (cioè un elemento g −1 tale che
gg −1 = g −1 g = 1).
(12.1) Definizione. Un gruppo topologico è sia un gruppo sia uno spazio topologico di
Hausdorff, con in più le seguenti proprietà di continuità:
(i) Il prodotto G × G → G, definito da (g, h) 7→ gh è una funzione continua.
(ii) L’inversione G → G definita da g 7→ g −1 è una funzione continua.
(12.2) Esempio. I campi Q e R (visti come gruppi additivi) sono gruppi topologici rispetto
alla somma. I gruppi moltiplicativi Qr{0}, Rr{0} sono gruppi topologici rispetto al prodotto.
(12.3) Nota. Ogni gruppo, munito della topologia discreta, può essere visto come gruppo
topologico. Per esempio, l’anello degli interi Z (in cui si considera solo la struttura di somma)
è un gruppo discreto infinito.
(12.4) Esempio. Z/nZ è gruppo topologico (con la topologia discreta).
(12.5) Sia G un gruppo topologico. Allora: Se H ⊂ G è un sottogruppo di G allora (con la
topologia indotta da G) è un gruppo topologico.
Dimostrazione. Se H ⊂ G è un sottogruppo, allora la moltiplicazione e l’inversa sono mappe
ottenute per restrizione:
m : H × H ⊂ G → G, i : H ⊂ G → H,
e quindi sono continue. Questo dimostra (12.5) (insieme al fatto che un sottospazio di uno
spazio di Hausdorff è di Hausdorff).
q.e.d.
(12.6) Siano dati N spazi topologici X1 , X2 , X3 , . . . , XN . Consideriamo il prodotto X =
X1 × X2 × · · · × XN e le proiezioni sulle componenti p1 : X → X1 , p2 : X → X2 , . . . , pN : X →
XN . Allora una funzione f : Y → X1 × X2 × · · · × XN è continua se e solo se lo sono tutte le
composizioni pi ◦ f : Y → Xi . (Di solito si scrive, per semplificare, fi = pi ◦ f )
Dimostrazione. Sappiamo per (7.2) che le proiezioni pi sono continue, per cui le composizioni
pi ◦ f sono continue se f è continua. Viceversa, supponiamo che le composizioni pi ◦ f siano
continue e dimostriamo che f è continua. Sia A = A1 × A2 × · · · × AN un intorno (nella
base canonica di intorni del prodotto X) aperto in X, e consideriamo la sua controimmagine
f −1 (A). Essa si può scrivere come
f −1 (A) = {y ∈ Y : f (y) ∈ A}
= {y ∈ Y : p1 (f (y)) ∈ A1 ∧ p2 (f (y)) ∈ A2 ∧ · · · ∧ pN (f (y)) ∈ AN }
=
=
N
\
i=1
N
\
{y ∈ Y : pi (f (y)) ∈ Ai }
(pi ◦ f )−1 Ai
i=1
che è intersezione di aperti, e quindi aperto.
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q.e.d.
D.L. Ferrario
Geometria e Topologia I
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(12.7) Lo spazio euclideo Rn è gruppo topologico rispetto alla somma
(x1 , . . . , xn ) + (y1 , . . . , yn ) = (x1 + y1 , . . . , xn + yn ).
Dimostrazione. È una conseguenza del fatto che la somma è una funzione continua (come
anche il prodotto), e del lemma (12.6).
q.e.d.
(12.8) Sia GL(n) = GL(n, R) il gruppo (chiamato gruppo lineare) di tutte le matrici invertibili n × n a coefficienti reali (gruppo rispetto alla moltiplicazione di matrici), munito
2
della topologia metrica – indotta dalla inclusione GL(n) ⊂ Rn . Allora GL(n) è un gruppo
topologico.
Dimostrazione. Osserviamo che lo spazio di tutte le matrici n × n è isomorfo (come spazio
2
2
vettoriale, per esempio) a Rn , per cui in questa lezione denoteremo con il simbolo Rn lo
2
spazio delle matrici n × n. L’inclusione GL(n) ⊂ Rn è indotta dall’inclusione di GL(n) nello
2
spazio di tutte le matrici n × n. Dal momento che Rn è metrico, GL(n) è di Hausdorff.
Dobbiamo mostrare che la moltiplicazione di matrici e l’inversione inducono funzioni continue
m : GL(n) × GL(n) → GL(n) e i : GL(n) → GL(n). Osserviamo che, dato che GL(n) ha la
2
topologia indotta da Rn , le funzioni m e i sono continue se e solo se lo sono le corrispondenti
2
2
funzioni m : GL(n) × GL(n) → Rn e i : GL(n) → Rn , e quindi, per (12.6) se tutte le
composizioni con le proiezioni pi sono continue (cioè, se ogni componente è continua). Ma il
prodotto di matrici (righe per colonne) si scrive come
N
X
ai,k bk,j ),
((ai,j ), (bi,j )) 7→ (
k=1
cioè è un polinomio nei coefficienti delle matrici (ai,j ) e (bi,j ). Dal momento che ogni polinomio
è funzione continua, la moltiplicazione è continua. Analogamente, il determinante di una
matrice è espressione polinomiale dei suoi coefficienti ed è sempre diverso da zero in GL(n),
ed anche i cofattori (che compaiono nella definizione di matrice inversa) si esprimono come
polinomi dei coefficienti, per cui la funzione di inversione i è continua.
q.e.d.
(12.9) Il gruppo lineare GL(n, R) non è compatto.
2
Dimostrazione. Per il teorema (10.8) un sottoinsieme di Rn è compatto se e solo se chiuso e
limitato, e quindi GL(n, R) non è compatto perché non è limitato: contiene tutte le matrici
diagonali λIn , con λ ∈ R. Non è nemmeno chiuso: infatti, nella dimostrazione di (12.8)
2
abbiamo usato il fatto che la funzione determinante det : Rn → R è continua. Per definizione
si ha
GL(n, R) = {M : det(M ) 6= 0},
cioè GL(n, R) è la controimmagine del sottospazio aperto R r {0} ⊂ R, ed è quindi un aperto
2
di Rn . Ma quest’ultimo spazio è connesso, e quindi un aperto non vuoto con complementare
non vuoto non può essere chiuso.
q.e.d.
(12.10) Sia O(n) il gruppo ortogonale, costituito da tutte le matrici ortogonali n × n a
coefficienti reali, e SO(n) il gruppo speciale ortogonale, costituito da tutte le matrici di O(n)
con determinante +1. Allora O(n) e SO(n) sono gruppi topologici compatti.
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Geometria e Topologia I
Dimostrazione. Ricordiamo che O(n) è formato da tutte le matrici A (invertibili) di GL(n)
tali che AAt = At A = In (dove At indica la trasposta di A e In la matrice identica n × n).
2
Dato che O(n) ⊂ GL(n) ⊂ Rn , per (10.8) dobbiamo mostrare che è chiuso e limitato. La
moltiplicazione di matrici è continua, e chiaramente l’operazione di trasposizione induce un
2
2
omeomorfismo Rn → Rn , per cui la funzione
2
2
f : Rn → Rn
definita da
A 7→ AAt
si può scrivere come composizione di funzioni continue. Gli insiemi costituiti da singoli punti
2
2
di Rn sono tutti chiusi, ed in particolare l’insieme {In } ⊂ Rn è chiuso. Dunque f −1 (In ) è un
2
sottospazio chiuso di Rn ; ma
2
f −1 (In ) = {A ∈ Rn : f (A) = In }
2
= {A ∈ Rn : AAt = In }
= O(n)
e dunque O(n) è chiuso. Ora, si indichino con a:,1 , a:,2 , . . . a:,n i vettori colonna di A ∈ O(n).
La condizione AAt = In si può riscrivere come
(
1 se i = j
a:,i · a:,j =
0 se i 6= j
dove v·w indica il prodotto scalare standard in Rn , e dunque, considerando la prima equazione,
si ha per ogni i
a:,i · a:,i == a21,i + a22,i + · · · + a2n,i = 1,
e quindi ai,j ≤ 1 per ogni i, j = 1, . . . , n, Ne segue che
X
a2i,j ≤ n,
i,j
2
e dunque O(n) è limitato nella metrica euclidea di Rn .
Non rimane che dimostrare che SO(n) è compatto. Ma, dato che si può scrivere come la
controimmagine di 1 mediante la funzione (continua) determinante det : O(n) → R, esso è un
sottospazio chiuso di O(n). Allora segue da (9.12) che esso è compatto.
q.e.d.
(12.11) (Classi laterali) SO(2) ≈ S 1 . O(2) = SO(2) ∪ SO(2) ≈ S 1 ∪ S 1 .
(12.12) Esempio. SO(n) è gruppo topologico.
(12.13) Esempio. SO(2) ⊂ O(2) ⊂ GL(2, R).
(12.14) Esempio. Gruppo delle rotazioni di R3 : SO(3). È compatto e connesso per archi.
Problema dei videogames (interpolazione di rotazioni) e della robotica (bracci e moti vincolati).
(12.15) Esempio. Gruppo di simmetrie di un triangolo equilatero: è isomorfo al gruppo di
permutazioni sui tre vertici?
(12.16) Esempio. Gruppo ciclico {z n = 1}: è il gruppo di simmetrie di un poligono regolare?
Per esempio, il gruppo di simmetrie di un quadrato? Un esagono?
(12.17) Esempio. Gruppo generato dalle rotazioni di angolo π attorno ai (due) tre assi
ortogonali di R3 .
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D.L. Ferrario
Geometria e Topologia I
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Gruppi di trasformazioni
(13.1) Definizione. Sia G un gruppo e X un insieme. Si dice che G agisce (da sinistra) su
X se esiste una funzione φ : G × X → X, denotata da (g, x) 7→ g · x = gx, per cui
(i) ∀x ∈ X, 1 · x = x (1 ∈ G è l’elemento neutro).
(ii) ∀x ∈ X, ∀g, h ∈ G, g · (h · x) = (gh) · x.
L’insieme X si dice anche G-insieme.
(13.2) Definizione. Se G agisce su X, allora per ogni x ∈ X si definiscono:
(i) lo stabilizzatore di x: Gx = {g ∈ G : g · x = x}.
(ii) L’orbita di x: G · x = {gx : g ∈ G}.
(13.3) Sia G un gruppo e X un insieme su cui G agisce. Allora la relazione x ∼ y ⇐⇒
∃g ∈ G : gx = y è una relazione di equivalenza, che partiziona X in classi di equivalenza. Le
classi di equivalenza sono le orbite di G in X.
Dimostrazione. Per mostrare che la relazione è di equivalenza, bisogna mostrare che è riflessiva,
simmetrica e transitiva. Dato che 1x = x, si ha che x ∼ x, per cui è riflessiva. Inoltre, se
gx = y (cioè x ∼ y) allora g −1 (gx) = g −1 y, e quindi x = g −1 y, cioè y ∼ x. Quindi è simmetrica.
Infine, è transitiva: se x ∼ y e y ∼ z, si ha che esistono g1 e g2 per cui g1 x = y e g2 y = z.
Quindi (g1 g2 )x = g2 (g1 x) = g2 y = z, cioè x ∼ z. Ora, è facile vedere che due punti stanno
nella stessa classe di equivalenza se e solo se appertengono alla medesima orbita.
q.e.d.
(13.4) Definizione. L’insieme di tutte le orbite (classi di equivalenza) di X secondo per
l’azione di un gruppo G su X si indica con X/G e si chiama spazio delle orbite.
(13.5) Esempio. Il gruppo (additivo) Z degli interi agisce sulla retta reale R (vedi sotto).
Lo spazio quoziente è omeomorfo alla circonferenza S 1 .
(13.6) Definizione. L’azione di G su X si dice fedele se per ogni g ∈ G, g 6= 1 ∈ G, la mappa
indotta g : X → X (da x 7→ g · x) non è l’identità 1X : X → X.
(13.7) Definizione. L’azione di G su X viene detta transitiva se per ogni x, y ∈ X esiste
g ∈ G per cui g · x = y. In questo caso si dice che X è uno spazio omogeneo.
(13.8) Esempio. L’azione di Z su R (traslazioni intere) è fedele ma non è transitiva. L’azione
di R su R è fedele e transitiva.
(13.9) L’azione è transitiva se e solo se esiste solo una G-orbita in X.
Dimostrazione. Sia x ∈ X un punto fissato. Allora per ogni y esiste g ∈ G per cui g · x = y,
cioè ogni y in X sta nella stessa G-orbita di x, che quindi è unica. Viceversa, supponiamo
esista una sola orbita: allora esiste x ∈ X per cui {g · x|g ∈ G} = X, e quindi per ogni y ∈ X
esiste g ∈ G tale che g · x = y.
q.e.d.
(13.10) Nota. Se G è un gruppo, G agisce su se stesso X = G semplicemente per moltiplicazione a sinistra. L’azione è transitiva e fedele. Se H è un sottogruppo di G, anche H agisce su
G per moltiplicazione da sinistra. Le orbite sono i laterali (sinistri) di H in G. La notazione
G/H quindi è consistente: da un lato indica l’insieme (algebrico) dei laterali sinistri di H in
G, dall’altro l’insieme delle orbite dell’azione di H su G.
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(13.11) Definizione. Se G è un gruppo topologico, allora si dice che G agisce su uno spazio
topologico X se esiste una funzione φ : G × X → X che induca una azione di G su X (come
nella definizione (13.1)) con l’ulteriore proprietà che la funzione
G×X →X
è continua. Allora X si chiama G-spazio.
(13.12) Esempio. È facile vedere che R2 agisce su R2 come gruppo (additivo) di traslazioni
(x, y) · (u, v) = (x + u, y + v).
(13.13) Esempio. I gruppi GL(n, R), O(n) e SO(n) agiscono su Rn in modo canonico. Come
visto sopra, si può vedere facilmente che l’azione è continua, cioè che agiscono come gruppi
topologici su Rn .
(13.14) Definizione. Se G è un gruppo topologico che agisce su uno spazio topologico X, lo
spazio delle orbite X/G è uno spazio topologico con la topologia quoziente.
(13.15) Esempio. Sia G = Z (con la topologia discreta) e X = R. Allora G agisce su R
mediante la somma (g, t) 7→ g+t per ogni g ∈ Z e ogni t ∈ R. Lo spazio delle orbite è uguale allo
spazio R/ ∼ dell’esempio (8.1). Mostriamo che è omeomorfo a S 1 = {(x, y) ∈ R2 : x2 +y 2 = 1}.
Sia f : R → R2 la funzione definita da
f (t) = (cos(2πt), sin(2πt)).
Si vede subito che induce una funzione f (t) : R → S 1 ⊂ R2 , e che è continua (le funzioni
trigonometriche sono continue, poi si usa (12.6)). Dal momento che
f (g + t) = (cos(2πt + 2gπ), sin(2πt + 2gπ))
= (cos(2πt), sin(2πt))
= f (t),
la funzione f induce una funzione sullo spazio delle orbite f¯: R/Z → S 1 . La funzione indotta
f¯ è continua: infatti, se U ⊂ S 1 è un aperto di S 1 , la sua controimmagine f¯−1 (U ) in R/Z è
continua se e soltanto se (per definizione di topologia quoziente) il sottoinsieme
p−1 f¯−1 (U ) ⊂ R
è aperto in R, dove p indica la proiezione sul quoziente p : R → R/Z. Ma
p−1 f¯−1 (U ) = {t ∈ R : f¯ (p(t)) ∈ U }
= {t ∈ R : f (t) ∈ U }
= f −1 (U ),
che è aperto, visto che f è continua.
Ora, la funzione indotta f¯: R/Z → S 1 è iniettiva: se f¯(t1 ) = f¯(t2 ) si ha che cos(2πt1 ) =
cos(2πt2 ) e sin(2πt1 ) = sin(2πt2 ), e quindi t2 = 2kπ + t1 per un certo k ∈ Z, cioè esiste g ∈ Z
tale che g · t1 = t2 : i due punti t1 e t2 appartengono alla stessa G-orbita. È facile vedere che
f¯ è suriettiva. Osserviamo che l’inclusione [0, 1] ⊂ R è una funzione continua, e quindi la
composizione [0, 1] → R → R/Z è anch’essa una funzione continua, e suriettiva. Quindi la sua
immagine R/Z, per (9.14), è un compatto. Ora, f¯ è una funzione continua e biunivoca da un
compatto ad uno spazio di Hausdorff (S 1 ), e quindi un omeomorfismo per (9.16).
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(13.16) Esempio. Sia G = Z2 ⊂ R2 il reticolo degli interi (h, k) ∈ R2 . Allora R2 /G è
omeomorfo a S 1 × S 1 . Sappiamo dall’esempio precedente che R/Z ≈ S 1 . Per prima cosa
mostriamo che la funzione
f : R2 /Z2 → R/Z × R/Z ≈ S 1 × S 1
definita da
(x, y) + Z2 7→ (x + Z, y + Z)
è ben posta. Se (x0 , y 0 )+Z2 = (x, y)+Z2 ∈ R2 /Z2 , allora per definizione x0 −x ∈ Z e y 0 −y ∈ Z,
e quindi x + Z = x0 + Z e y + Z = y 0 + Z. È iniettiva: se (x + Z, y + Z) = (x0 + Z, y 0 + Z),
allora x − x0 ∈ Z e y − y 0 ∈ Z, e quindi (x0 , y 0 ) + Z2 = (x, y) + Z2 ∈ R2 /Z2 . Analogamente si
può mostrare che è suriettiva.
Dimostriamo che è continua: denotiamo con P : R2 → R2 /Z2 la proiezione sul quoziente
e con p × p la mappa p × p : R × R → R/Z × R/Z (che è continua). Se U ⊂ R/Z × R/Z è
un aperto, allora (p × p)−1 (U ) è aperto in R × R, e quindi è aperto in R2 (che è identificato
con R × R tramite la mappa f˜: R2 → R × R che induce f ). Ma il sottoinsieme di R2 dato
da f˜−1 (p × p)−1 (U ) coincide con P −1 (f −1 (U )), che quindi è aperto. Ora, per definizione di
topologia quoziente f −1 (U ) è aperto se e solo se P −1 (U ) è aperto in R2 , e quindi f −1 (U ) è
aperto. Di nuovo, una funzione biunivoca da uno spazio compatto ad uno spazio di Hausdorff
è un omeomorfismo.
(13.17) Esempio. Si consideri l’azione di SO(2) sulla circonferenza unitaria S 1 . Ogni elemento di SO(2) agisce ruotando la circonferenza su se stessa: ogni punto ha stabilizzatore
banale e l’azione è transitiva e fedele. Fissiamo e0 = (1, 0) ∈ S 1 . L’orbita di e0 è tutto S 1 , e
quindi c’è una funzione continua
f : SO(2) → S 1
definita da f (g) = g · e0 . L’azione è transitiva, e quindi f è suriettiva. Inoltre lo stabilizzatore
è banale, e quindi f è iniettiva. Dato che SO(2) è compatto e S 1 di Hausdorff, f è un
omeomorfismo tra SO(2) e S 1 .
(13.18) Esempio. Consideriamo ora l’azione di SO(3) su S 2 (la sfera di dimensione 2, centro
nell’origine e raggio 1, contenuta in R3 ). L’azione è ancora transitiva (perché?), fedele, ma ogni
punto ha uno stabilizzatore non banale (cosa sono le rotazioni di R3 che fissano un punto?).
(13.19) Esempio. Il gruppo Z/2Z agisce su S 2 ponendo g · x = −x.
(13.20) Esempio. Le isometrie di uno spazio metrico X costituiscono un gruppo topologico
che agisce su X. Quali sono le isometrie di R? Le isometrie di C ∼
= R2 ? Di R3 ?
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Geometria e Topologia I
Esercizi: foglio 7
(7.1) Sia G un gruppo e H ⊂ G un sottogruppo. L’insieme G/H è definito come l’insieme
di tutti i laterali, cioè di tutti gli insiemi del tipo {gh : h ∈ H} per qualche g (fissato) in G.
Equivalentemente, sia ∼H la relazione in G definita da: x ∼H y ⇐⇒ x−1 y ∈ H. Dimostrare
che la relazione ∼H è di equivalenza, e che le classi di equivalenza sono proprio i laterali di H
in G.
(7.2) Dimostrare che GL(n, R) non è limitato.
2
(7.3) Si scriva la funzione GL(n) → GL(n) ⊂ Rn definita da A 7→ AAt (dove At indica la
trasposta di A) come composizione di funzioni continue.
(7.4) Sia G un gruppo topologico e H ⊂ G un sottogruppo. Dimostrare che la chiusura H di
H in G è anch’esso un sottogruppo.
(7.5) Dimostrare che Z è un sottogruppo topologico (rispetto alla somma) di R.
(7.6) È vero che Q è un sottogruppo topologico (rispetto alla somma) di R?
(7.7) Dimostrare che GL(n) e O(n) non sono connessi. (Suggerimento: utilizzare il teorema
(11.9 ) con la mappa determinante)
*(7.8) Dimostrare che se S ⊂ R è un sottogruppo discreto (nel senso che ha la topologia
discreta), allora è isomorfo a Z (cioè è un gruppo ciclico infinito).
(7.9) Sia nZ ⊂ Z il sottogruppo (additivo) di tutti i multipli di un intero n ∈ N. L’azione da
sinistra g · x = g + x fa agire G = nZ su Z. L’azione è fedele? È transitiva? Cosa è l’insieme
delle classi di equivalenza?
(7.10) Mostrare che il quoziente R2 /Z2 è compatto.
*(7.11) Trovare un gruppo G che agisca sulla striscia X = {(x, y) : y 2 ≤ 1} ⊂ R2 tale che
X/G sia omeomorfo al cilindro S 1 × [0, 1].
*(7.12) Trovare un gruppo G che agisca sulla striscia X = {(x, y) : y 2 ≤ 1} ⊂ R2 tale che
X/G sia omeomorfo al nastro di Möbius.
*(7.13) Si consideri S 2 con l’azione antipodale di G = Z2 (gruppo di due elementi) data da
g · x = −x se g 6= 1. Che cosa è S 2 /G? È compatto? È connesso?
(7.14) Trovare un’azione sul toro che abbia come spazio quoziente un cilindro.
(7.15) Dimostrare che lo stabilizzatore di un punto x ∈ X rispetto ad un’azione di un gruppo
topologico G è un sottogruppo chiuso di G.
(7.16) Si consideri il gruppo G generato da una rotazione nel piano di angolo θ, che agisce
sulla circonferenza S 1 = {(x, y) : x2 + y 2 = 1} ⊂ R2 . Studiare, al variare di θ, la topologia
dello spazio quoziente S 1 /G.
(7.17) Siano r1 e r2 riflessioni lungo due rette passanti per l’origine in R2 . Mostrare che la
composizione r1 r2 è una rotazione.
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Geometria e Topologia I
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*(7.18) Sia G = Q e X = R, con azione data da g · x = g + x per ogni g ∈ Q e x ∈ R.
Dimostrare che è un’azione di gruppo topologico. È transitiva? Lo spazio quoziente X/G è di
Hausdorff?
(7.19) Si consideri l’azione di GL(1) = R r {0} su R data dalla moltiplicazione g · x = gx.
Quali sono le orbite?
(7.20) Sia G = R (gruppo additivo) e X = R2 , con azione data da g · (x, y) = (g + x, g + y)
per ogni g ∈ G e ogni (x, y) ∈ X. Che cosa è lo spazio delle orbite?
(7.21) Consideriamo la stessa azione dell’esercizio precedente. Che cosa è lo spazio delle
orbite per l’azione di Z ⊂ G = R su X? È compatto? È connesso? È Hausdorff?
(7.22) Quanti elementi ha il gruppo di simmetrie G di un quadrato Q in R2 ? Che cosa è
(cioè, descriverlo esplicitamente) lo spazio quoziente Q/G.
(7.23) Sia X uno spazio su cui un gruppo topologico X agisca in modo transitivo. Dimostrare
che lo spazio è “omogeneo”, cioè per ogni coppia di punti c’è un omeomorfismo f : X → X che
manda x in y (cioè un “cambio di coordinate” che manda x in y). Rispetto a quale gruppo R
è omogeneo? E Rn ?
(7.24) Trovare un gruppo topologico che agisca in modo transitivo su O(n). Più in generale,
se G è un gruppo topologico e H ⊂ G un sottogruppo, determinare un gruppo che agisce
transitivamente sullo spazio quoziente G/H.
*(7.25) Dimostrare che se G è un gruppo topologico che agisce su uno spazio X, allora la
proiezione sullo spazio delle orbite X → X/G è una mappa aperta. Se G è finito, è anche
chiusa. (Suggerimento: se U ⊂ X è un aperto, allora p(U ) è aperto (chiuso) se e solo se
GU = {g · x : g ∈ G, u ∈ U } è aperto (chiuso) in X.)
(7.26) Dimostrare che se G (gruppo topologico) agisce su X, allora per ogni g ∈ G la mappa
x 7→ g · x è un omeomorfismo.
**(7.27) Sia G un gruppo topologico d N C G un suo sottogruppo normale (dal punto di vista
algebrico) e chiuso (dal punto di vista topologico) in G. Sia G/N il quoziente (quoziente dal
punto di vista algebrico, insieme dei laterali), con la topologia quoziente.
(i) Dimostrare che la proiezione p × p : G × G → G/N × G/N è una mappa quoziente.
(ii) Dimostrare che la moltiplicazione G × G → G induce una moltiplicazione m̄ : G/N ×
G/N → G/N , che è continua.
(iii) Dimostrare che G/N è un gruppo topologico.
(7.28) Sia l ≥ 2 un intero. Sia Zl ⊂ C l’insieme delle radici l-esime dell’unità Zl = {z ∈
C : z l = 1}. Dimostrare che Zl è un gruppo topologico, che agisce su C per moltiplicazione a
sinistra g · z = gz (g ∈ Zl , z ∈ C). Al variare di l, determinare lo spazio quoziente C/Zl .
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Geometria e Topologia I
Spazi metrici completi
(14.1) Definizione. Una successione {xn }n in uno spazio metrico si dice di Cauchy se per
ogni > 0 esiste un intero N = N () per cui
n, m > N =⇒ d(xn , xm ) < .
(14.2) Una successione convergente in uno spazio metrico è di Cauchy.
Dimostrazione. Se limn xn = x̄, allora per ogni > 0 esiste n0 > 0 tale che n > n0 =⇒
d(x̄, xn ) < . Quindi se n, m > n0 si ha (per la disuguaglianza triangolare)
d(xn , xm ) ≤ d(xn , x̄) + d(x̄, xm ) < 2,
e quindi la successione è di Cauchy.
q.e.d.
(14.3) Ogni successione di Cauchy è limitata.
Dimostrazione. Per definizione, esiste N ≥ 1 tale che m, n ≥ N =⇒ d(xn , xm ) < 1. Ma
allora in particolare per ogni n ≥ N d(xn , xN ) < 1 e quindi per ogni n ≥ 1
d(xn , x1 ) ≤ M = max{d(x1 , x2 ), d(x1 , x3 ), . . . , d(x1 , xN )} + 1,
e dunque {xn } ⊂ BM (x1 ) è limitata.
q.e.d.
(14.4) Definizione. Uno spazio metrico X si dice completo se ogni successione di Cauchy in
X converge in X.
(14.5) Uno spazio metrico X è completo se e solo se ogni successione di Cauchy in X ammette
una sottosuccessione convergente.
Dimostrazione. È ovvio che se è completo allora ognu successione di Cauchy converge, e dunque basta prendere la successione stessa {xn }. Supponiamo invece che ogni successione di
Cauchy ammetta una sottosuccessione convergente. Sia {xn } una successione di Cauchy e
{xnk } la sottosuccessione convergente a x̄ ∈ X. Per ogni > 0 esiste N tale che
m, n > N =⇒ d(xn , xm ) < /2,
ed un K tale che k > K =⇒ nk > N e
d(xnk , x̄) < /2.
Ma allora se n > N si ha per ogni k > K
d(xn , x̄) ≤ d(xn , xnk ) + d(xnk , x̄) < ,
cioè {xn } converge a x̄.
q.e.d.
(14.6) Siano X e Y due spazi metrici con metriche dX e dY . Allora X × Y è uno spazio
metrico con la metrica prodotto definita da
p
d ((x1 , y1 ), (x2 , y2 )) = dX (x1 , x2 )2 + dY (y1 , y2 )2
Dimostrazione. Esercizio (3.19).
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Geometria e Topologia I
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(14.7) Se X e Y sono spazi metrici completi, allora X × Y con la metrica prodotto è uno
spazio metrico completo.
Dimostrazione. Esercizio (8.1).
q.e.d.
(14.8) Un sottospazio S ⊂ X di uno spazio metrico completo è completo se e solo se è chiuso
in X.
Dimostrazione. Esercizio (8.2).
q.e.d.
(14.9) La retta reale R è uno spazio metrico completo. Per ogni n ≥ 1 lo spazio euclideo Rn
è completo.
Dimostrazione. Cominciamo a mostrare che R è completo. Se {xn } è una successione di
Cauchy, allora per (14.3) è una successione limitata che per (10.9) ha una sottosuccessione
convergente ad un limite in R (se non fosse infinita sarebbe immediato trovare il limite. . . ). Ma
per (14.5) allora {xn } converge in R, e dunque R è completo. La seconda parte dell’enunciato
segue da (14.7).
q.e.d.
(14.10) Nota. Il campo Q non è completo: basta trovare successioni convergenti a numeri
irrazionali.
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Geometria e Topologia I
Esercizi: foglio 8
*(8.1) Dimostrare che se X e Y sono spazi metrici completi, allora X × Y con la metrica
prodotto è uno spazio metrico completo.
*(8.2) Un sottospazio S ⊂ X di uno spazio metrico completo è completo se e solo se è chiuso
in X.
*(8.3) Si consideri Q con la topologia generata dagli intervalli aperti (a, b), con a, b ∈ Q,
a < b (generata dalla metrica d(x, y) = |x − y|, notiamo che è una metrica a valori razionali).
Dimostrare che se {xn } e {yn } sono due successioni di Cauchy in Q, allora la somma {xn + yn }
e il prodotto {xn yn } sono successioni di Cauchy in Q. (Suggerimento: per la moltiplicazione
usare il fatto che ogni successione di Cauchy è limitata (14.3 ))
*(8.4) Consideriamo l’insieme R di tutte le successioni di Cauchy su Q. Dimostrare che R è
un anello commutativo con unità, cioè che valgono i seguenti assiomi:
(i) ∀x, y, z ∈ R, (x + y) + z = x + (y + z), (xy)z = x(yz).
(ii) ∀x, y ∈ R, x + y = y + x, xy = yx.
(iii) ∃0 ∈ R : ∀x ∈ Rx + 0 = x; ∃1 ∈ R : ∀x ∈ R, x 6= 0 =⇒ 1x = x.
(iv) ∀x ∈ R, ∃ unico y ∈ R : x + y = 0.
(v) ∀x, y, z ∈ R, x(y + z) = xy + xz.
*(8.5) Sia R come nell’esercizio precedente l’anello delle successioni di Cauchy, e N ⊂ R il
sottoinsieme definito da
N = {{xn } ∈ R : lim xn = 0 ∈ Q}.
n
Mostrare che N è un ideale in R, cioè che N è un sottogruppo additivo e se {xn } è una
successione di Cauchy e {zn } una successione di Cauchy convergente a zero allora la successione
{zn xn } converge a zero. Dedurre che il quoziente (algebrico) R := R/N è un anello (cioè
l’insieme di classi di equivalenza di successioni di Cauchy, dove {xn } ≡ {yn } ⇐⇒ limn (xn −
yn ) = 0).
*(8.6) Dimostrare che R, definito come quoziente nell’esercizio precedente, è un campo, che
contiene il campo dei razionali Q come sottocampo. (Suggerimento: basta far vedere che se
{xn } 6∈ N , allora esiste > 0 per cui se n è abbastanza grande xn > (oppure xn < −), e
dunque. . . )
*(8.7) Dimostrare che la relazione di ordine di Q può essere estesa a R ponendo x < y ⇐⇒
y − x > 0 (e dunque è sufficiente descrivere l’insieme dei numeri reali positivi, cioè le classi
di equivalenza di successioni di Cauchy che sono definitivamente positive), e cioè che R è un
campo ordinato.
*(8.8) Dimostrare che R (definito sopra) è completo (cioè che ogni successione di Cauchy in R
converge). (Suggerimento: una successione in R è una successione di classi di equivalenza di
successioni: possiamo scrivere la successione {xn } come {[an,k ]}, dove xn è uguale alla classe
di equivalenza [an,k ] della successione di Cauchy (in k) {an,k }k )
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Geometria e Topologia I
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*(8.9) Dimostrare che R ha la proprietà dell’estremo superiore (cioè che ogni sottoinsieme limitato superiormente ha estremo superiore in R). (Suggerimento: utilizzare un argomento di tipo
“bisezione di intervalli” per associare ad un insieme limitato superiormente una successione
decrescente di intervalli chiusi, e quindi la successione di Cauchy degli estremi – razionali –
di questi intervalli; vedi la seconda dimostrazione di (10.5 ))
*(8.10) Se invece della metrica euclidea in Q si ripete il procedimento degli esercizi precedenti
partendo dalla metrica discreta su Q, cosa si ottiene? Cosa sono le successioni di Cauchy? Il
quoziente R/N è ancora una estensione del campo dei razionali Q? Quale?
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Geometria e Topologia I
Esercizi: foglio 9
(9.1) Consideriamo il sottoinsieme Q ⊂ Q dei numeri razionali positivi o nulli: Q = {x ∈
Q : x ≥ 0}. Lo scopo di questo esercizio (e dei seguenti) è di rivisitare la costruzione delle
sezioni di Dedekind in termini di connessione (cosı̀ come la costruzione di Cantor dei numeri
reali come completamento di Q è fatta in termine di convergenza di successioni di Cauchy).8
Sappiamo che Q e Q non sono connessi (perché?): esistono quindi due aperti-e-chiusi non
vuoti A1 ,A2 ⊂ Q tali che A1 ∪ A2 = Q. Definiamo le sezioni di Q come segue: una sezione
α ⊂ Q è un intervallo aperto e limitato di Q contenente lo 0, cioè
(i) 0 ∈ Q;
(ii) p ∈ α =⇒ ∃ > 0, B (p) ⊂ α (α è aperto).
(iii) p ∈ α =⇒ [0, p) ⊂ α (α è un intervallo che contiene lo 0);
(iv) α è limitato (equivalentemente, α 6= Q, dal momento che α è un intervallo che contiene
0).
Dimostrare che le sezioni (definite come sopra) soddisfano le seguenti proprietà:
(i) α non è vuoto e α 6= Q;
(ii) Se p ∈ α e q ∈ Q e q < p allora q ∈ α;
(iii) Se p ∈ α allora p < r per qualche r ∈ α.
(9.2) Sia S l’insieme di tutte le sezioni di Q. Consideriamo la funzione f : Q r {0} → S
definita da f (q) = α = [0, q), per ogni q ∈ Q r {0}. Dimostrare che è iniettiva (non è definita
in 0).
*(9.3) Dimostrare che la relazione di inclusione α < β ⇐⇒ α ⊂ β ∧ α 6= β è una relazione di
ordine totale su Q, cioè:
(i) Se α e β sono sezioni in S, allora una sola delle relazioni seguenti è vera: α < β, β < α,
β = α.
(ii) (proprietà transitiva): se α, β e γ sono in S, e α < β ∧ β < γ, allora α < γ.
*(9.4) Dimostrare che l’insieme delle sezioni S ha la proprietà dell’estremo superiore: ogni
insieme non vuoto e limitato in S ammette estremo superiore. (Suggerimento:
se A ⊂ S è
S
un insieme limitato e non vuoto, allora si può definire l’unione U = α∈A α – le sezioni sono
sı̀ elementi di S, ma sono anche intervalli di numeri razionali, e quindi è possibile definire
l’unione. . . poi si dimostra che l’unione in effetti è una sezione, e quindi U ∈ S . . . è un
maggiorante di A, ed è poi possibile vedere che è il minimo dei maggioranti. . . )
*(9.5) Ora dobbiamo mostrare che la somma e il prodotto, definite in Q, si estendono a S.
Definiamo la somma come
α + β = {a + b : a ∈ α, b ∈ β}
e il prodotto come
αβ = {ab : a ∈ α, b ∈ β}.
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Questa non è la costruzione dei reali con le sezioni di Dedekind.
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Geometria e Topologia I
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Dimostrare che la somma e il prodotto di sezioni sono ancora sezioni. Dimostrare che la
funzione f dell’esercizio (9.2) conserva le operazioni di somma, prodotto e la relazione d’ordine:
f (p + q) = f (p) + f (q), f (pq) = f (pq), p < q =⇒ f (p) < f (q).
*(9.6) Dimostrare che se α, β ∈ S, e α < β, allora esiste un unico γ ∈ S tale che β = α + γ.
(9.7) Dimostrare che se α ∈ S, allora esiste un unico β tale che αβ = 1 (dove identifichiamo
1 = [0, 1) = f (1).
*(9.8) Ora siano S + e S − due copie di S, e sia R = S − ∪{0}∪S + . Se α ∈ S, allora indicheremo
con +α (o anche semplicemente con α) l’elemento corrispondente in S + , e con −α l’elemento
corrispondente di S − . Definire operazioni di addizione, moltiplicazione e la relazione d’ordine
su R in modo che R risulti un campo ordinato.
*(9.9) Mostrare che la funzione f di (9.2) si estende in modo naturale ad una inclusione di
campi
Q ⊂ R.
(Vale la pena di concludere osservando che R = R. . . ).
D.L. Ferrario
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Geometria e Topologia I
Spazi affini
Sappiamo come è definita l’azione di un gruppo G su un insieme e l’azione di un gruppo
topologico su uno spazio topologico. Ricordiamo anche che cosa è uno spazio vettoriale su un
campo K (per esempio, K = R, K = C).
(15.1) Definizione. Uno spazio vettoriale V è un gruppo abeliano (additivo) su cui il campo
degli scalari K “agisce”; l’azione di un campo K su un gruppo abeliano è data in termini di
una legge di composizione (“prodotto per uno scalare”)
(k, v) ∈ K × V 7→ kv ∈ V
con le proprietà seguenti.
(i) Per ogni k ∈ K la funzione indotta v ∈ V 7→ kv ∈ V è un omomorfismo del gruppo
additivo V (cioè è additiva, manda lo zero nello zero, . . . )
(ii) Per ogni k1 , k2 ∈ K, v ∈ V :
(a) (k1 + k2 )v = k1 v + k2 v,
(b) (k1 k2 )v = k1 (k2 v)
(iii) 1v = v.
(15.2) Esempio. Sia Rn il prodotto diretto di n copie di R. Ha per elementi le n-uple di
numeri reali, ed è un gruppo additivo rispetto alla somma componente-per-componente. Il
prodotto di uno scalare per una n-upla è il modello di prodotto di scalare per vettore più in
generale. Infatti, in molti contesti non si distingue il concetto di vettore (riga o colonna) dal
concetto di n-upla.
L’idea di spazio affine è l’applicazione della omogeneità degli spazi vettoriali (vedi definizione (13.7)) rispetto al gruppo delle traslazioni: a meno di traslazioni, gli intorni dei punti
Rn sono gli stessi. 9 Si può dire che uno spazio affine è uno spazio che localmente è come uno
spazio vettoriale, e dati due punti c’è ben definita una unica trasformazione (traslazione) che
manda un punto nell’altro (trasporto parallelo). Vedremo poi come da questa idea si deducono
i concetti di parallelismo e incidenza.
(15.3) Definizione. Uno spazio affine X su un campo K è un insieme X (insieme di punti)
→
−
su cui agisce in modo fedele e transitivo uno spazio vettoriale X su K (considerato solo come
gruppo additivo – insieme delle traslazioni). Gli elementi di X si chiamano punti, gli elementi
→
−
di X si dicono vettori affini o traslazioni, e il campo K viene detto campo dei coefficienti.
9
La parola affine fu usata per la prima volta da Eulero, ma la geometria affine fu riconosciuta come disciplina
soltanto dopo il l’avvio del programma di Erlangen di Felix Klein (1849–1925) – cioè il famoso discorso tenuto
nel 1872 da Klein nell’Università di Erlangen, in cui Klein propone una unificazione delle geometrie note al
tempo (euclidea piana e dello spazio, non-euclidea, proiettiva, affine,. . . ) con una interpretazione in termini di
gruppi di simmetria – o meglio gruppi di trasformazioni: gli spazi tradizionali sono “spazi omogenei” rispetto ad
una opportuna scelta del gruppo di trasformazioni (le similitudini e le rototraslazioni per la geometria euclidea,
le trasformazioni lineari per la geometria affine, . . . ) e le proprietà che si studiano sono quelle invarianti rispetto
all’azione di tale gruppo (angoli, lunghezze, . . . ). Questo approccio ha avuto una significativa influenza sul
modo in cui la geometria è stata insegnata e divulgata nei successivi (≥ 50) anni.
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→
−
(15.4) Sia X uno spazio affine e X lo spazio vettoriale (su campo K) associato. Allora
→
−
−→
esiste (unica) una funzione X × X → X , indicata da (A, B) 7→ AB (indicato anche come
−→
AB = B − A), con le seguenti proprità:
→
−
−→
(i) ∀A ∈ X, ∀v ∈ X , ∃ unico B ∈ X : AB = v.
−→ −−→ −→
(ii) ∀A, B, C ∈ X, AB + BC = AC.
→
−
Dimostrazione. L’azione di X su X è per definizione transitiva: dunque per ogni scelta di A
→
−
→
−
→
−
e B in X esiste v ∈ X tale che v + A = B. Ora, se v, w ∈ X sono due vettori di X tali che
v + A = B e w + A = B, allora si ha v + A = w + A, cioè il vettore v − w fissa il punto A
((v − w) + A = A). Ma se v − w fissa il punto A allora, dal momento che (essendo l’azione
→
−
transitiva) ogni punto di X si può scrivere come z + A per qualche z ∈ X , per ogni B ∈ X si
ha
(v − w) + B = (v − w) + (z + A)
= (v − w + z) + A
= (z + (v − w)) + A
= z + (v − w + A)
=z+A
=B
e dunque v − w fissa ogni punto di X. Ma l’azione è fedele, e quindi deve essere v = w (cioè
→
−
−→
per ogni A, B in X esiste unico v ∈ X per cui B = v +A. Si può dunque indicare con AB = v.
−→ −−→ −→
Ora mostriamo che ∀A, B, C ∈ X, AB + BC = AC. Infatti, per definizione risulta
−→
AB + A = B
−−→
BC + B = C
e quindi
−−→
−−→ −→
C = BC + B = (BC + AB) + A
che per definizione (e commutatività) si legge come
−→ −→ −−→
AC = AB + BC.
q.e.d.
−
→
(15.5) Supponiamo di avere un insieme non vuoto X e uno spazio vettoriale X , insieme con
→
−
−→
una funzione X × X → X , indicata da (A, B) 7→ AB che soddisfa i due assiomi:
→
−
−→
(i) ∀A ∈ X, ∀v ∈ X , ∃ unico B ∈ X : AB = v.
−→ −−→ −→
(ii) ∀A, B, C ∈ X, AB + BC = AC (assioma di Chasles.10 )
Allora X è spazio affine rispetto all’azione
→
−
(v, A) ∈ X × X 7→ A + v,
−→
dove si definisce A + v l’unico punto B ∈ X tale che AB = v (primo assioma).
10
Michel Chasles, matematico francese (1793–1880).
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Dimostrazione. Vedi esercizio (10.1).
q.e.d.
→
−
(15.6) Esempio. X = X = Rn . Allora lo spazio affine si indica con An (R). Analogamente,
per K = C, lo spazio affine n-dimensionale si indica con An (C).
(15.7) Definizione. Una retta nello spazio affine X è un sottoinsieme di X che si può scrivere
come
r = {x0 + tv : t ∈ K}
→
−
per un certo x0 ∈ X e v ∈ X r {0}. 11 Si dice che la retta passa per un punto se il punto
→
−
appartiene alla retta. Lo spazio vettoriale hvi ⊂ X di dimensione uno generato da v è la
giacitura della retta.
(15.8) Due rette r = {A + tv : t ∈ K} e s = {B + tw : t ∈ K} coincidono se e solo se i
vettori v e w sono linearmente dipendenti (cioè se le giaciture coincidono) e A ∈ s ∧ B ∈ r.
Dimostrazione. Supponiamo che r = s. Allora è ovvio che A ∈ s ∧ B ∈ r. Ora, dato che
A ∈ s, esiste tA ∈ K tale che A = B + tA w; analogamente, esiste tB ∈ K tale che B = A + tB v.
Segue che
B − A = −tA w = tB v,
cioè tA w + tB v = 0. Se tA 6= 0 oppure tB 6= 0, allora abbiamo dimostrato che v e w sono
linearmente dipendenti. Altrimenti, tA = 0 = tB cioè A = B. Ma allora, dato che A+v ∈ r = s
, esiste t0 ∈ K tale che A + v = A + t0 w, e quindi v − t0 w = 0 (ancora, v e w sono linearmente
dipendenti).
Viceversa, supponiamo che A ∈ s e B ∈ R e che v e w siano linearmente dipendenti. Segue
che A = B + tA w per un certo tA ∈ K e che esiste t0 ∈ K, t0 6= 0, tale che v = t0 w; quindi
r = {A + tv : t ∈ K}
= {B + tA w + tv : t ∈ K}
= {B + tA w + tt0 w : t ∈ K}
= {B + (tA + tt0 )w : t ∈ K}
= {B + tw : t ∈ K}
=s
q.e.d.
(15.9) Teorema. Consideriamo il piano affine. Se A ∈ A2 (K) è un punto e r una retta
che non passa per A, allora esiste unica la retta per A che non interseca r (la parallela a r
passante per A). Tale retta ha la stessa giacitura di r. Due rette sono quindi parallele se
hanno la stessa giacitura.
Dimostrazione. Per definizione esistono un punto x0 e un vettore v 6= 0 per cui
r = {x0 + tv : t ∈ K},
e non esiste t ∈ K per cui x0 + tv = A (dato che r non passa per A). La retta
r0 = {A + tv : t ∈ K}
11
In altre parole, una retta è l’orbita del punto x0 ∈ X mediante l’azione di un sottogruppo 1-dimensionale
→
−
∼
(= K) dello spazio di traslazioni X
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passa certamente per A. Supponiamo che r ∩ r0 6= ∅. Allora esistono t1 , t2 ∈ K tali che
A + t1 v = x0 + t2 v ∈ r ∩ r0 ,
e quindi
A = x0 + (t2 − t1 )v =⇒ A ∈ r
che è assurdo. Abbiamo mostrato che esiste una retta che non interseca r.
Supponiamo di avere due rette s e s0 tali che s ∩ r = ∅ e s0 ∩ r = ∅ e passanti per A.
Allora si possono scrivere con le equazioni s = {A + tw} e s0 = {A + tw0 }. Per la proposizione
(15.8) le due rette coincidono se e solo se w e w0 sono linearmente dipendenti. Analogamente
a quanto visto sopra, s ∩ r = ∅ se e solo se non esistono t1 e t2 ∈ K tali che A + t1 w = x0 + t2 v,
cioè se e solo se l’equazione vettoriale (nelle incognite t1 e t2 )
t1 w − t2 v = x0 − A
non ha soluzioni, il che avviene se e solo se il vettore x0 − A non appartiene al sottospazio
di K 2 generato da w e v. Ora, se v e w sono linearmente indipendenti allora tale sottospazio
coincide con K 2 , per cui la soluzione c’è. Affinché la soluzione non esista è necessario che v e w
siano dipendenti. Abbiamo quindi mostrato che w è necessariamente multiplo di v. Dato che
lo stesso vale per w0 , risulta che w e w0 sono linearmente dipendenti e quindi s = s0 .
q.e.d.
Osserviamo che valgono le seguenti proprietà: Se X è un piano affine, allora
(i) Per ogni due punti distinti passa una unica retta.
(ii) Per ogni retta r e punto A 6∈ r, esiste una unica retta per A che non interseca r (detta
parallela).
(iii) Esistono almeno 4 punti che non contengono terne di punti allineate.
(15.10) Esempio. Sia GF (pk ) il campo finito di ordine pk (prossimo anno, algebra). Primo
p ≥ 2. Allora, A2 (GF (pk )) è un piano affine sul campo GF (pk ). Se Per p = 2, k = 1,
A2 (GF (2)) quanti punti ha? Quante rette? Che legame ha con un tetraedro?
(15.11) Nota. Segue che esiste una relazione di equivalenza tra rette (relazione di parallelismo: r k s ⇐⇒ r = s ∨ r ∩ s = ∅). In particolare, un piano affine ha una struttura di
incidenza, nel senso che si ha un insieme P di punti, un insieme R di rette, e una relazione di
appartenenza ∈ : P × R → {0, 1}.
(15.12) Nota. Supponiamo che una retta di un piano affine X abbia un numero finito di
punti, n (deve essere n ≥ 2) perché. . . Il piano si dice di ordine n. Dimostriamo che tutte le
rette hanno n punti, che per ogni punto passano n + 1 rette, e che in totale ci sono n2 punti e
n2 + n rette.
Dimostrazione. Sia r la retta con n punti e sua P un punto non su r (che esiste per il (iii)).
Sia x il numero di rette per P e n il numero di punti di r. Delle x rette, una sola è parallela
a r (per (ii)); le x − 1 rette hanno intersezione con r e passano per P . Let intersezioni delle
rette con r sono necessariamente distinte, per cui x − 1 ≤ n. D’altro canto per ogni punto R
di r esiste una unica retta passante per R e per P (e queste rette sono tutte distinte): quindi
x − 1 ≥ n, cioè per ogni punto non sulla retta r passano n + 1 rette distinte.
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Ora, siano P e Q due punti distinti. Per (iii), esiste sicuramente una retta l che non
contenga né P né Q (altrimenti, tutte le rette contengono almeno P oppure Q: tutte le rette
intersecano la retta per P e Q: non ci possono essere punti al di fuori di questa retta (per
l’assioma delle parallele): tutti i punti sono allineati). Il numero di rette per P e Q è uno in
più del numero di punti di l, e dunque il numero di rette per P è uguale al numero di rette
per Q.
Ora, se l è una retta e la retta r ha n punti, allora scegliamo un punto P non su l e non
su r (ancora, P deve esistere per (iii), altrimenti tutti i punti sono in l ∪ r, e quattro punti
distinti necessariamente contengono tre punti allineati. . . ). Segue che r e l hanno lo stesso
numero di punti, e per l’arbitrarietà di l la tesi.
Ora, se x è il numero totale di punti e y il numero totale di rette, abbiamo:
ny = (n + 1)x
(15.13)
(contando i punti al variare delle rette, alla fine ogni punto è stato contato esattamente n + 1
volte). Ma possiamo contare anche le rette con le coppie di punti distinti: per ognuna delle
x(x − 1)/2 coppie di punti distinti c’è una retta, ed ogni retta è contata n(n − 1)/2 volte in
questo modo. Dunque
x(x − 1) = yn(n − 1).
(15.14)
Risolviamo le due equazioni (15.13) e (15.14) otteniamo subito x = n2 e y = n2 + n.
q.e.d.
(15.15) Esempio. Quadrato magico latino di ordine n: matrice n×n con i numeri {1, 2, . . . , n}
in cui ogni riga e ogni colonna contiene ogni numero esattamente una volta. =⇒ le somme
delle righe e delle colonne sono uguali a n(n + 1)/2, oppure, se si somma k ∈ Z ad ogni
coefficiente della matrice, n(n + 1)/2 + nk.
La tabella di moltiplicazione di un gruppo G di ordine n è di fatto un quadrato magico:
...
Un piano affine di ordine n genera n − 1 quadrati magici n × n: fissiamo un punto O del
piano e due rette x e y distinte per O. Ci sono n + 1 − 2 = n − 1 altre rette per O distinte, n
rette parallele a x e n rette parallele a y. Sia z una delle n − 1 rette per O diversa da x e y.
Allora i fasci di rette parallele saranno x1 , . . . , xn , y1 , . . . , yn e z1 , . . . , zn . Fissato z, appunto,
sia A la matrice n × n con coefficienti ai,j determinati da
ai,j = k ⇐⇒ xi ∩ yj ∩ zk 6= ∅.
Quindi al variare di z nell’insieme delle n − 1 rette per O otteniamo n − 1 quadrati magici
(esercizio (10.19)). Quanti sono i quadrati magici di ordine n?
C’è anche la nozione di quadrati magici ortogonali che risolve alcuni interessanti problemi
combinatorici e scientifici (esperimenti): Due quadrati magici ai,j e bi,j sono ortogonali se le
coppie ordinate (ai,j , bi,j ) sono tutte distinte al variare di i, j.
Problema dei 36 ufficiali (L. Euler, 1782): c’è una delegazione di 36 ufficiali, ognuno dei
quali appartiene ad uno dei 6 reggimenti (a, b, c, d, e, f ). I 6 gradi sono (α, β, γ, δ, , ϕ), cioè
colonnello, tenente-colonnello, maggiore, capitano, tenente, sottotenente. Possono formare
un quadrato 6 × 6 in modo tale che ogni grado e reggimento è rappresentato in ogni riga
e in ogni colonna (equivalentemente, in ogni riga e in ogni colonna non compaiono mai due
reggimenti uguali o due gradi uguali)? (Quadrato greco-latino, perché gli elementi possono
essere rappresentati da aα, aβ, . . . f , f ϕ).
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−→ −→
È possibile definire il rapporto (ratio) AC : AB di tre punti allineati in uno spazio affine
A, B, C come quell’unico ρ tale che
−→
−→
AC = ρAB.
(15.16) Teorema (Talete (∼624–546)). Siano li , i = 1, 2, 3 tre rette parallele distinte di
un piano affine X, e r1 , r2 altre due rette non parallele a li , con intersezioni Pi,j = ri ∩ lj .
Allora
−−−−→ −−−−→ −−−−→ −−−−→
P1,1 P1,3 : P1,1 P1,2 = P2,1 P2,3 : P2,1 P2,2 = ρ.
Viceversa, se B è un punto di r1 tale che
−−−→ −−−−→
P1,1 B : P1,1 P1,2 = ρ,
allora B = P1,3 ∈ r2 .
Dimostrazione. Esercizio (10.11) a pagina 72.
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q.e.d.
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Sottospazi affini
→
−
(16.1) Definizione. Sia X uno spazio affine e X lo spazio vettoriale su campo K associato.
→
−
Se P ∈ X è un punto fissato di X e W ⊂ X è un sottospazio vettoriale, allora il sottospazio
S = {x ∈ X : x − P ∈ W }
di tutti i punti x per cui x − P ∈ W si dice sottospazio affine passante per P e parallelo a W .
Il sottospazio W si dice giacitura di S. La dimensione di S è per definizione la dimensione di
W.
(16.2) Nota. I sottospazi affini sono le orbite mediante l’azione del sottospazio W , che agisce
mediante traslazioni sullo spazio affine. Osserviamo anche che, seguendo la definizione (16.1),
le rette sono proprio i sottospazi affini di dimensione 1. Inoltre non è difficile vedere che i punti
sono i sottospazi affini di dimensione 0. I sottospazi di dimensione dim(X) − 1 (codimensione
1 in X) si dicono iperpiani. I sottospazi di dimensione 2 si dicono piani. Se n = 3, piani e
iperpiani coincidono.
→
−
(16.3) Proposizione. Se S ⊂ X è un sottospazio affine con giacitura W ⊂ X , allora è uno
→
−
→
−
spazio affine con spazio vettoriale associato S = W ⊂ X
→
−
Dimostrazione. Il gruppo additivo X agisce in modo fedele e transitivo su X per definizione,
−
→
e dunque W ⊂ X agisce in modo fedele e transitivo sulla sua orbita, che per definizione è
S!
q.e.d.
→
−
(16.4) Proposizione. Siano P1 , P2 ∈ X due punti di uno spazio affine X, W1 , W2 ⊂ X due
sottospazi vettoriali e S1 = P1 + W1 , S2 = P2 + W2 i due sottospazi affini passanti per Pi con
giacitura Wi (i = 1, 2). Allora S1 = S2 se e solo se W1 = W2 , P2 ∈ S1 e P1 ∈ S2 . Cioè, un
sottospazio affine è identificato da uno qualsiasi dei suoi punti e dalla giacitura.
Dimostrazione. Supponiamo che S1 = S2 . Allora è ovvio che P1 ∈ S2 e P2 ∈ S1 . Vogliamo
dimostrare che W1 = W2 . Osserviamo che per definizione W1 = S1 − P1 e W2 = S2 − P2 . Dato
che P1 ∈ S1 = S2 , per definizione il vettore P1 −P2 appartiene a W2 . Inoltre P2 = P1 +(P2 −P1 )
da cui si trae che
S 2 = P2 + W 2
= P1 + (P2 − P1 ) + W2
= P1 + W 2
dato che w+W2 = W2 (come insiemi!) per ogni w ∈ W2 (vedi esercizio (10.4)), ed in particolare
per P2 − P1 . Ora, questo implica che S1 = S2 se e solo se
P1 + W 1 = P 1 + W 2
ma questo accade se e solo se W1 = W2 .
Viceversa, se P1 ∈ S2 e P2 ∈ S1 e W1 = W2 , allora come sopra si può scrivere S1 = P1 + W1
e S2 = P2 + W2 , e quindi S1 = S2 .
q.e.d.
(16.5) Per due punti distinti di uno spazio affine passa una unica retta. Per tre punti non
allineati di uno spazio affine passa un unico piano.
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Osserviamo che la proposizione (16.4) generalizza la proposizione (15.8): basta considerare
i sottospazi 1-dimensionali generati da v e w.
(16.6) Definizione. Consideriamo un insieme di d + 1 punti P0 , P1 , . . . Pd in uno spazio
affine X. Il più piccolo sottospazio affine S ⊂ X che contiene tutti i punti P0 , . . . , Pd si dice
sottospazio affine generato dai d + 1 punti P0 , . . . , Pd .
(16.7) Nota. Dobbiamo dimostrare che la definizione (16.6) è ben posta, dal momento che
potrebbe non esistere un sottospazio con la proprietà cercata. Vediamo come.
(16.8) Proposizione. Il sottospazio affine di X generato da d + 1 punti P0 , . . . , Pd ∈ X è il
sottospazio passante per P0 e con giacitura
−−→ −−→
−−→
→
−
hP0 P1 , P0 P2 , . . . P0 Pd i ⊂ X ,
e non dipende dall’ordine con cui i punti P0 , . . . , Pd sono stati scelti.
Dimostrazione. Sia S il sottospazio affine di X passante per P0 e con giacitura
−−→ −−→
−−→
→
−
W = hP0 P1 , P0 P2 , . . . P0 Pd i ⊂ X .
Si ha ovviamente P0 ∈ S e, inoltre, per ogni i Pi ∈ S dato che per ogni i = 1, . . . d si ha
Pi = P0 + (Pi − P0 ) ∈ P0 + W = S (per definizione Pi − P0 ∈ W ). Quindi S contiene tutti i
punti P0 , . . . , Pd .
Supponiamo che S 0 sia un altro sottospazio affine contenente i punti P0 , . . . , Pd . In
→
−
particolare, P0 ∈ S 0 , per cui esiste W 0 ⊂ X tale che
S 0 = P0 + W 0 .
Dal momento che per ogni i = 1, . . . , d Pi ∈ S 0 , e quindi Pi − P0 ∈ W 0 ,
−−→ −−→
−−→
W = hP0 P1 , P0 P2 , . . . P0 Pd i ⊂ W 0 .
Cioè S è contenuti in ogni sottospazio affine contenente i d + 1 punti. Sia ora S 0 il sottospazio
affine costruito a partire da una permutazione dei d + 1 punti esattamente come S. Allora
l’argomento di sopra si applica sia a S che a S 0 , per cui S ⊂ S 0 e S 0 ⊂ S, cioè S = S 0 . q.e.d.
(16.9) Nota. Consideriamo d + 1 punti x0 , x1 , . . . , xd nello spazio affine X. A priori non ha
senso scrivere la somma
d
X
λi xi =?
i=0
per dei coefficienti λi ∈ K, dal momento che non abbiamo definito prodotto di uno scalare λi
per un punto xi (potremmo farlo solo moltiplicando vettori con scalari, non punti P
con scalari).
Però, si può prendere un punto qualsiasi z ∈ X e definire tale somma solo nel caso di=0 λi = 1:
!
d
d
d
X
X
X
→) +
λx =
λ (−
zx
λ z
i i
i
i=0
=
i=0
d
X
i
i
i=0
→) + z
λi (−
zx
i
i=0
Possiamo in questo modo definire il baricentro di d + 1 punti, interpretando λi come masse
(più propriamente, densità di massa).
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(16.10) Definizione. In uno spazio affine di dimensione n, si dice che d + 1 punti sono indipendenti se la dimensione del sottospazio affine generato è d, altrimenti si dicono dipendenti.
È chiaro che se sono indipendenti, allora d ≤ n. Due punti sono dipendenti se e solo se coincidono. Tre punti sono dipendenti se e solo se appartengono ad una stessa retta (e si dicono
allineati . Analogamente, quattro punti sono indipendenti se non sono contenuti in un piano,
per cui quattro punti sono dipendenti se e solo se appartengono ad uno stesso piano.
(16.11) d + 1 punti
. . . , xd sono dipendenti se e soltanto se esistono λ1 , . . . , λn non
Pdx0 , x1−,−→
tutti nulli tali che i=0 λi x0 xi = 0.
Dimostrazione. Segue dalla definizione.
q.e.d.
(16.12) Nota. Due punti distinti nel piano sono sempre allineati. È vero che tre punti nello
spazio sono allineati (dipendenti) se e soltanto se il determinante della matrice 3 × 3 delle loro
coordinate è nullo? Quale direzione della doppia implicazione è vera e quale no?
(16.13) Definizione. Sia X uno spazio affine su campo K di dimensione n ≥ 1. Un
riferimento affine in X è (equivalentemente):
(i) Una scelta di n + 1 punti di X linearmente indipendenti.
→
−
(ii) Una scelta di un punto x0 di X e di n vettori indipendenti di X (cioè, di una base per
→
−
→
−
X , visto che dim( X ) = dim(X) = n).
(16.14) (Equazioni parametriche) Sia S ⊂ X un sottospazio affine. Allora se si sceglie
un riferimento affine x0 , x1 , . . . , xd ∈ S si può scrivere S mediante le equazioni parametriche
come
d
X
→
S = {x0 +
ti −
x−
0 x1 : ti ∈ R},
i=1
o anche come
x = x0 +
d
X
→
ti −
x−
0 x1
i=1
(16.15) Nota. Ritroviamo qui le equazioni parametriche di rette (x = x0 + tv) e piani
(x = x0 + sv + tw).
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Esercizi: foglio 10
(10.1) Dimostrare la proposizione (15.5): supponiamo di avere un insieme non vuoto X e
→
−
→
−
−→
uno spazio vettoriale X , insieme con una funzione X × X → X , indicata da (A, B) 7→ AB
che soddisfa i due assiomi:
→
−
−→
(i) ∀A ∈ X, ∀v ∈ X , ∃ unico B ∈ X : AB = v.
−→ −−→ −→
(ii) ∀A, B, C ∈ X, AB + BC = AC
Allora X è spazio affine rispetto all’azione
→
−
(v, A) ∈ X × X 7→ A + v,
−→
dove si definisce A + v l’unico punto B ∈ X tale che AB = v.
*(10.2) Sia l una retta del piano affine A2 (R). Dimostrare che l non può incontrare tutti i lati
di un triangolo.
(10.3) Dimostrare che il segmento che unisce i punti medi di due lati di un triangolo è parallelo
al terzo lato.
(10.4) Dimostrare che, se V è uno spazio vettoriale e v ∈ V , V = v + V = {v + w, w ∈ V }.
(10.5) Dimostrare che se S ⊂ An (K) è un sottospazio affine e v ∈ K n è un vettore non nullo,
→
−
allora S è parallelo al suo traslato v + S (S k (v + S)). e che se v 6∈ S allora Determinare per
quali v ∈ K n si ha che S ∩ (v + S) = ∅.
     
x
0
1
3





(10.6) Si consideri la retta r in A (R) di equazioni parametriche y = 1 +t 2 . Scrivere
z
2
3
 
1

l’equazione della parallela s a r passante per 1.
1
(10.7) Determinare il piano/i piani (le equazioni di) che contengono le due rette r e s
dell’esercizio (10.6).
(10.8) Scrivere l’equazione della retta per i due punti A, B ∈ A4 (R)

√ 

1
√2
− 2
 −1 


√ 
A=
 2 , B =  1 .
√
− 2
−1
(10.9) Scrivere l’equazione della retta per i due punti A, B ∈ A4 (C)
 
 
1
i
−1
 −i 

 
A=
 i , B =  1 .
−i
−1
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Geometria e Topologia I
(10.10) Dimostrare che due rette non parallele nel piano affine si intersecano esattamente in
un punto.
*(10.11) (Teorema di Talete) Siano l1 , l2 e l3 rette parallele e distinte del piano affine A2 (R),
e r1 , r2 rette non parallele a l1 , l2 , l3 . Per l’esercizio precedente (10.10), le intersezioni li ∩ rj
per i = 1, 2, 3 e j = 1, 2 sono sei singoli punti, che chiamiamo Pi,j . Dimostrare che esiste t ∈ R
tale che
(−−−−→
−−−−→
P1,1 P3,1 = tP1,1 P2,1
−−−−→
−−−−→
P1,2 P3,2 = tP1,2 P2,2 .
(10.12) Determinare quali delle seguenti terne di punti di A3 (R) sono allineate:
                 
1
2
3
2
4
3
1
1
2
2, 3, 1 ; 4, 6, 5 ; 0, 1, 1 .
3
1
2
6
2
4
0
0
1
(10.13) Considerare le tre terne di punti dell’esercizio precedente. Siano S1 , S2 e S3 i sottospazi affini di A3 (R) generati da esse. Determinare quali tra S1 , S2 e S3 sono parallele,
sghembe o incidenti.
(10.14) Un piano e una retta in A3 (R) possono essere sghembi?
1
2
0
(10.15) Si considerino i tre punti
,
,
di A2 (R). Se costituiscono un riferimento
1
2
2
affine, scrivere esplicitamente il cambio di coordinate: un punto di coordinate (generiche) x, y
si scriverà come . . .
     
1
0
0






0
1
   0
(10.16) Determinare l’equazione del piano di A4 (R) passante per i tre punti 
0, 0, 1.
1
2
3
       
1
0
0
1/3








0
1
0
     1/3
(10.17) Determinare se i quattro punti di A4 (R) 
0, 0, 1, 1/3 costituiscono un
1
2
3
2
riferimento affine. Se sı̀, scrivere le equazioni del piano dell’esercizio precedente (10.16) in
queste coordinate.
*(10.18) Rappresentare in un grafo la struttura di piano affine per A2 (GF (3)), dove GF (3) =
Z3 (9 punti e 12 rette).
*(10.19) Dimostrare che le matrici generate da un piano affine come nell’esempio (15.15) di
pagina 66 sono quadrati magici.
(10.20) Dimostrare che tre punti A = (a1 , a2 ), B = (b1 , b2 ) e C = (c1 , c2 ) di A2 (K) sono
allineati se e solo se il determinante


a1 b 1 c 1
det a2 b2 c2  = 0.
1 1 1
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Geometria e Topologia I
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Mappe affini
(17.1) Definizione. Siano X e Y due spazi affini sullo stesso campo K. Una funzione
f : X → Y si dice affine (anche, mappa affine o trasformatione affine) se per ogni x ∈ X la
→
−
→
−
funzione indotta sugli spazi vettoriali sottostanti X → Y definita da
→
−
→
−
v ∈ X 7→ f (x + v) − f (x) ∈ Y
è lineare.
(17.2) Esempio. Se X = Y = K = R, allora le mappe affini sono le mappe che si possono
scrivere come x 7→ ax + b.
(17.3) Esempio. Se f : X → Y è una mappa costante, allora è affine. L’identità è anche una
mappa affine.
(17.4) Esempio. Tutte le traslazioni x 7→ x + v sono mappe affini.
(17.5) Una funzione f : X → Y tra spazi affini su campo K è una mappa affine se esiste
x0 ∈ X per cui la funzione
→
−
→
−
v ∈ X 7→ f (x0 + v) − f (x0 ) ∈ Y
è lineare.
Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare che per ogni x ∈ X la funzione indotta v 7→ f (x +
→
−
→
−
v) − f (x) è lineare X → Y . Sia dunque x ∈ X arbitrario. Supponiamo che esista x0 come
→
−
→
−
nell’enunciato, e quindi sia L : X → Y la funzione lineare (omomorfismo di spazi vettoriali)
definita da
L(v) = v 7→ f (x0 + v) − f (x0 ).
→
−
Dal momento che per ogni v ∈ X
−→
f (x + v) − f (x) = f (x0 + −
x→
0 x + v) − f (x0 + x0 x) ,
si ha
−→
f (x + v) − f (x) = f (x0 + −
x→
0 x + v) − f (x0 ) + − (f (x0 + x0 x) − f (x0 ))
−→
= L(−
x→
0 x + v) − L(x0 x)
−→
= L(−
x→
0 x) + L(v) − L(x0 x)
= L(v)
che è quindi lineare in v.
q.e.d.
(17.6) Definizione. Una mappa affine f : X → Y tra spazi affini su campo K si dice isomorfismo affine se è una mappa affine biunivica. Se X = Y , allora si dice automorfismo affine o
anche affinità.
(17.7) Teorema. Sia X uno spazio affine su campo K di dimensione n. La scelta di un
riferimento affine induce un isomorfismo di spazi affini X ∼
= An (K). Quindi due spazi affini
su campo K con la stessa dimensione sono sempre tra loro isomorfi.
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Geometria e Topologia I
Dimostrazione. Se x0 , x1 , . . . xn è un riferimento affine per X, allora si può definire la mappa
f : An (K) → X definita da
(λ1 , . . . , λn ) 7→ x0 +
n
X
→
λi −
x−
0 xi ∈ X.
i=1
Non è difficile verificare che f è una mappa affine. Dato che i punti x0 , . . . , xn costituiscono
un riferimento affine, la giacitura
→
−−→
h−
x−
0 x1 , . . . , x0 xn i
ha dimensione n, e quindi la funzione lineare indotta f (x0 + v) − f (v) è un isomorfismo di
spazi vettoriali. Da cui segue che f è bijettiva.
q.e.d.
(17.8) Teorema. Ogni mappa affine f : Ad (K) → An (K) (nel sistema di riferimento affine
standard) si scrivere in modo unico come
f (x) = Ax + b = A(x − 0) + (b − 0),
dove A è una matrice n × d e b un vettore di Rn .
Dimostrazione. Basta considerare il punto z = (0, . . . , 0) ∈ Ad (K). Per definizione la mappa
f (z + v) − f (z) è lineare, e dunque esiste A : K d → K n (rappresentata come matrice nella
basta standard) tale che f (z + v) − f (z) = Av. Ponendo f (z) = b − 0 si ha
f (z + v) = Av + b,
cioè f (x) = Ax + b in coordinate di K d .
q.e.d.
(17.9) Corollario. Sia X uno spazio affine di dimensione n e Y uno spazio affine di dimensione d. Se p0 , p1 , . . . , pn sono un riferimento affine per X, allora per ogni scelta di n + 1
punti q0 , q1 , . . . , qn in Y esiste una unica mappa affine f : X → Y tale che f (pi ) = qi per ogni
i = 0, . . . , n.
Dimostrazione. Sia X ∼
= An (K) l’isomorfismo indotto dalla scelta del riferimento affine. Il
riferimento corrispondente in An (K) è 0, e1 , . . . , en , dove gli ei sono i versori canonici di K n .
Scelto un qualsiasi riferimento affine per Y , l’applicazione affine cercata si può scrivere come
f (x) = Ax + b, dove A è la matrice che ha per colonne le coordinate dei vettori q1 , . . . , qn ,
mentre il termine noto b è il vettore colonna delle coordinate di q0 . Infatti, se Ai,j indicano le
componenti di A e bi le componenti di b, si ha (nelle coordinate scelte) per ogni i = 1 . . . n
P

Ai,1 ej + b1
i,1
P Ai,2 ej + b2 
 i,2

f (pi ) = Aei + b = 

..


.
P
i,d Ai,2 ej + bd
e f (p0 ) = b. Questo determina i coefficienti Ai,j in modo unico, come indicato sopra.
q.e.d.
(17.10) Teorema (Equazioni cartesiane). Sia S ⊂ X = An (K) un sottospazio affine di
dimensione d. Allora esiste una mappa affine e suriettiva f : X → An−d (K) per cui
S = {x ∈ X : f (x) = 0}.
Viceversa, per ogni mappa affine suriettiva f : X → An−d (K) l’insieme {x ∈ X : f (x) = 0} è
un sottospazio affine di X di dimensione d.
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Dimostrazione. Sia W la giacitura di S e P un punto di S, in modo tale che
S = P + W.
→
−
È sempre possibile trovare un completamento W 0 di W in X , cioè un sottospazio vettoriale
→
−
W 0 di X tale che
→
−
X = W ⊕ W 0.
Se dim(W ) = d, allora dim(W 0 ) = n − d. Per ogni x ∈ X il vettore x − P si scrive in modo
unico come
x − P = w + w0
→
−
con w ∈ W e w0 ∈ W 0 , ed è possibile definire la proiezione (lineare) L : X → W 0 . Scelta una
base per W 0 , è dato un isomorfismo W 0 ∼
= K n−d . Si consideri quindi (mediante l’identificazione
naturale tra An−d (K) e K n−d ) la funzione f : X → An−d (K) definita da
f (x) = 0 + L(x − P ) ∈ An−d (K)
(dove 0 appartiene a K n−d ). È facile vedere che è una mappa affine e che
f (x) = 0 ⇐⇒ x − P ∈ W
⇐⇒ x ∈ P + W
⇐⇒ x ∈ S,
e dunque S = {x ∈ X : f (x) = 0}.
Viceversa, sia f : X → An−d (K) una mappa affine e suriettiva. Sia S = {x ∈ X : f (x) = 0}
→
−
e x0 ∈ S. L’applicazione L : X = K n → K d definita da Lv = f (x0 + v) − f (x0 ) è lineare e
suriettiva, ha quindi un nucleo W ⊂ K n di dimensione n − (n − d) = d. Dal momento che
x0 ∈ S, per definizione f (x0 ) = 0, e quindi un elemento x0 + v appartiene a S se e solo se
f (x0 + v) = 0 ⇐⇒ Lv = 0 ⇐⇒ v ∈ W,
e quindi S = x0 + W , dove W ha dimensione d.
q.e.d.
(17.11) Esempio. In dimensione 2 e 3, si ritrovano le equazioni cartesiane dei delle rette in
A2 (R) (ax + by + c = 0 ), dei piani in A3 (R) (ax + by + cz + d = 0) e delle rette in A3 (R) (viste
come zeri di una funzione A3 (R) → A2 (R).
(
ax + by + cz + d = 0
a0 x + b0 y + c0 z + d0 = 0
(17.12) Proposizione. Se f : X → Y è una mappa affine, allora l’immagine di una retta è
una retta. Più in generale, l’immagine di un sottospazio affine di X è un sottospazio affine di
Y e la controimmagine di un sottospazio affine di Y è un sottospazio affine di Y .
→
−
Dimostrazione. Sia S ⊂ X un sottospazio affine con giacitura S e passante per p ∈ X: S =
→
−
→
−
→
−
p + S . Allora, se L : X → Y denota l’omomorfismo indotto da f (L(v) = f (x0 + v) − f (x0 )),
si ha
→
−
f (S) = {f (p + s) : s ∈ S }
→
−
= {f (p + s) − f (p) + f (p) : s ∈ S }
→
−
= {L(s) + f (p) : s ∈ S }
→
−
→
−
= {f (p) + w : w ∈ L( S ) ⊂ Y }.
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→
−
→
−
Dal momento che L è lineare, l’immagine L( S ) ⊂ Y è un sottospazio vettoriale, da cui segue
la tesi. In modo analogo si dimostra la seconda parte (vedi esercizio (11.18)).
q.e.d.
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Incidenza e parallelismo
(18.1) Definizione. Due sottospazi affini S, T ⊂ X di uno spazio affine X sono paralleli se
→ −
−
→
S ⊂ T , e si indica con S k T . 12 I due sottospazi S e T si dicono incidenti se S ∩ T 6= ∅13 .
(18.2) Proposizione. Se S ⊂ X e T ⊂ X sono due sottospazi affini paralleli e S ∩ T 6= ∅,
allora S ⊂ T oppure T ⊂ S.
Dimostrazione. Sia P ∈ S ∩ T . A meno di scambiare S con T , possiamo supporre dim(S) ≤
dim(T ) e quindi V ⊂ W se V e W sono le giaciture di S e T rispettivamente. Per ogni x ∈ S
si ha x − P ∈ V , e quindi x − P ∈ W , da cui x ∈ T . Cioè S ⊂ T .
q.e.d.
(18.3) Corollario. Se S ⊂ X e T ⊂ X sono due sottospazi affini paralleli, dim(S) = dim(T ),
e S ∩ T 6= ∅ allora S = T .
Dimostrazione. Nella notazione della dimostrazione precedente, risulta V = W , e quindi S =
T.
q.e.d.
(18.4) Corollario. Se S ⊂ X è un sottospazio affine e x ∈ X è un punto di X, allora esiste
un unico sottospazio affine T ⊂ X di dimensione dim(S) che contiene x e parallelo a S.
Dimostrazione. Due sottospazi T 0 e T con la stessa dimensione, contenenti x e paralleli a S,
in particolare sono paralleli tra loro e con intersezione non vuota (x ∈ T ∩ T 0 ), per cui si può
usare il corollario (18.3).
q.e.d.
(18.5) Nota. Nel caso in cui X = A2 (R), ritroviamo la proposizione (15.9) (quinto postulato
di Euclide – “assioma delle parallele”).
(18.6) Definizione. Due sottospazi affini S, T ⊂ X si dicono sghembi se non hanno punti in
comune e non sono paralleli.
(18.7) Proposizione. Siano S, T ⊂ X sottospazi affini di X. Se l’intersezione S ∩ T non è
vuota, allora è un sottospazio affine di X, la cui dimensione soddisfa la disuguaglianza
dim(S) + dim(T ) ≤ dim(X) + dim (S ∩ T )
→ −
−
→
→
−
Vale l’uguaglianza nella disequazione di se e solo se dim( S + T ) = dim( X ).
Dimostrazione. Sia x0 ∈ S ∩ T . Allora risulta
→
−
S = x0 + S
→
−
T = x0 + T
da cui si deduce che
→ −
−
→
S ∩ T = x0 + S ∩ T ,
→ −
−
→
→ −
−
→
Alcuni definiscono sottospazi paralleli i sottospazi per cui S = T , mentre se S ⊂ T allora S e T sono
paralleli in senso lato. Altri poi assumono in più che spazi incidenti non sono affini.
13
Forse sarebbe meglio, seguendo la tradizione italiana, definire incidenti due rette che si incontrano in un
solo punto, due piani dello spazio che si incontrano in una retta, una retta e un piano nello spazio che si
incontrano in un punto, etc. etc. Nella tradizione anglosassone questi vengono chiamati concorrenti (invece
che incidenti). C’è il problema dell’uniformità: due piani nello spazio A3 (R) che si incontrano in una retta
sarebbero incidenti, ma lo sarebbero se immersi in A4 (R), per esempio aggiungendo una coordinata nulla?
12
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Geometria e Topologia I
−−−→
→ −
−
→
e quindi S ∩ T è un sottospazio affine con giacitura S ∩ T = S ∩ T . Ora, la formula di
Grassmann (dimensioni di sottospazi vettoriali di uno spazio di dimensione finita) dà
→
−
→
−
→ −
−
→
→ −
−
→
dim( S ) + dim( T ) = dim( S + T ) + dim( S ∩ T ),
(18.8)
da cui si deduce
→ −
−
→
dim(S) + dim(T ) = dim( S + T ) + dim(S ∩ T )
≤ dim(X) + dim(S ∩ T ),
→ −
−
→
→
−
dato che dim( S + T ) ≤ dim( X ) = dim(X). È altresı̀ chiaro che vale l’uguaglianza quando
vale l’uguaglianza in quest’ultima disequazione.
q.e.d.
(18.9) Nota. Osserviamo che dalla dimostrazione di (18.7) si può dedurre un metodo per
calcolare la dimensione dell’intersezione di due sottospazi affini (calcolando il rango della
matrice del sistema di equazioni).
→ −
−
→ −
→
(18.10) Proposizione. Siano S, T ⊂ X sottospazi affini di X tali che S + T = X . Allora
l’intersezione S ∩ T non è vuota.
Dimostrazione. Siano xS e xT punti di S e T rispettivamente. Un punto x ∈ X appartiene
→
−
→
−
all’intersezione S ∩ T se e solo se esistono v ∈ S e w ∈ T tali che
x = xS + v = xT + w,
→
−
→
−
cioè l’intersezione è non vuota se e solo se esistono v ∈ S e w ∈ T tali che
xT − xS = v − w.
→ −
−
→ −
→
→
−
→
−
→
−
Ma per ipotesi S + T = X , e dato che xT − xS ∈ X esistono s ∈ S e t ∈ T per cui
xT − xS = s + t.
→
−
→
−
Basta porre v = w ∈ S e w = −t ∈ T per ottenere le soluzioni v e w cercate.
q.e.d.
(18.11) Definizione. Consideriamo un sottospazio affine S ⊂ X, S 6= X e un sottospazio
→
−
→
−
→
−
W ⊂ X tale che S ⊕ W = X (complemento). Allora si può definire la proiezione di X su
S parallela a W , indicata con pS,W : X → S, come segue: se x ∈ X, allora per (16.4) esiste
unico il sottospazio affine T = Tx,W passante per x con giacitura W . L’intersezione S ∩ Tx,W
→ −−→
−
→
−
→
−
è non vuota per (18.10), e dato che S + Tx,W = S + W = X per (18.7), la dimensione è
dim(S ∩ Tx,W ) = 0, cioè consiste di un solo punto. Si può dunque definire la proiezione su S
parallela a W pS,W mediante la relazione
∀x ∈ X, pS,W (x) ∈ S ∩ Tx,W .
(18.12) Definizione. In modo analogo definiamo la riflessione rS,W : X → X, lungo S
−
→
−
→
→
−
parallela a W ⊂ X (con S ⊕ W = X ), mediante la formula
−−−−−−→
rS,W (x) = pS,W (x) + xpS,W (x)
78
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D.L. Ferrario
Geometria e Topologia I
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(18.13) Proposizione. Riflessioni e proiezioni sono mappe affini. Le riflessioni sono affinità
con la proprietà che r2 = r ◦ r = 1X . Se S è la sottovarietà su cui si proietta (risp., lungo la
quale si riflette), allora S rimane fissata dalla proiezione (risp., dalla riflessione).
Dimostrazione. Cominciamo a mostrare che le proiezioni sono mappe affini: sia f = pS,W , dove
→
−
→
−
S è un sottospazio affine di X e W un sottospazio vettoriale di X complemento di S . È facile
dedurre dalla definizione che se x ∈ S, allora f (x) = x. Vogliamo mostrare che per qualche
→
−
→
−
x ∈ X la mappa L : X → S definita da L(v) = f (x + v) − f (x) è lineare in v. Per definizione
{pS,W (x + v)} = S ∩ Tx+v,W e {pS,W } = S ∩ Tx,W , dove Tx,W e Tx+v,W sono le sottovarietà con
giacitura W passanti per x e x + v rispettivamente. Nulla ci vieta di considerare x ∈ S, per
→ −
−
→
→
−
cui si ha f (x) = x. Dal momento che per ipotesi X = S ⊕ W , ogni v ∈ X si scrive in modo
→
−
unico come v = s + w con s ∈ S e w ∈ W . Ora, se w ∈ W , allora per ogni y ∈ X i sottospazi
con giacitura W passanti per y e per y + w coincidono
y + W = y + w + W,
e quindi
Tx+v,W = Tx+s+w,W = Tx+s,W ,
→
−
da cui f (x+v) = f (x+s). Ma dato che x ∈ S e s ∈ S , anche x+s ∈ S, per cui f (x+s) = x+s.
Ma allora
f (x + v) − f (x) = f (x + s) − f (x) = x + s − x = s,
→ −
−
→
→
−
cioè L(v) = s, ovvero L : X = S ⊕ W → S è la proiezione (vettoriale) sul primo fattore, ed
è lineare.
Passiamo a dimostrare che le riflessioni sono affini: se r = rS,W è una riflessione X → X,
allora si scrive mediante la formula vista poco sopra
−−−→
r(x) = p(x) + xp(x) = p(x) + (p(x) − x)
dove p è la corrispondente proiezione parallela. Scelto x ∈ X, la corrispondente funzione
L(v) = r(x + v) − r(x) è quindi uguale a
L(v) = p(x + v) + (p(x + v) − (x + v)) − (p(x) + (p(x) − x))
= p(x + v) − p(x) + (p(x + v) − p(x) − (x + v) + x)
= 2(p(x + v) − p(x)) − v,
che è lineare in v dato che p(x+v)−p(x) lo è (e quindi è somma di funzioni lineari in v). q.e.d.
(18.14) Nota. Se K = R oppure K = C (con la topologia metrica), allora ogni spazio
vettoriale V ∼
= K n ha la topologia data dal prodotto. Quindi, se X è uno spazio affine con
→
−
spazio vettoriale associato X ∼
= K n , è possibile, fissato x0 ∈ X, definire una topologia su X
→
−
tramite la biiezione X → X definita da
v 7→ x0 + v.
Si può mostrare che la topologia non dipende dalla scelta di x0 e che tutte le traslazioni sono
omeomorfismi. Quando non indicato altrimenti, uno spazio affine si intende munito della
topologia di K n . In questo modo si può facilmente vedere che tutte le mappe affini sono
continue, e che le affinità sono omeomorfismi. Tutti i sottospazi affini risultano chiusi (dato
che sono controimmagini di 0 mediante mappe affini, cioè funzioni continue).
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Geometria e Topologia I
Esercizi: foglio 11
(11.1) Presi due punti p1 e p2 in uno spazio affine X, come osservato nella nota (16.9), si può
definire il punto p = λ1 p1 + λ2 p2 ogni volta che λ1 + λ2 = 1. Consideriamo il caso in cui il
campo K = R. Dimostrare che il punto ottenuto ponendo λ1 = λ2 = 1/2 è il punto medio del
−→
segmento con estremi p1 e p2 , cioè è tale che −
p→
1 p = pp2 .
(11.2) Proseguendo con l’esercizio precedente (spazio affine con coefficienti reali), i punti del
segmento di estremi p1 e p2 possono essere definiti come tutti i punti per cui esistono λ1 ≥ 0,
λ2 ≥ 0 tali che λ1 + λ2 = 1 e p = λ1 p1 + λ2 p2 . Dimostrare che ogni segmento è omeomorfo
all’intervallo [0, 1] ⊂ R.
(11.3) Dimostrare che se S ⊂ An (R) è un sottospazio affine (proprio) e W un sottospazio
→ −
−
→
→
−
→
−
complementare di S in X (cioè S ⊕ W = X ), allora se p indica la proiezione su S parallela a
W e r la riflessione rispetto a S parallela a W , allora per ogni x ∈ X il punto p(x) è il punto
medio del segmento con estremi x e r(x).
(11.4) Dimostrare che la riflessione r rispetto ad un sottospazio affine S fissa tutti i punti di
S (cioè, per ogni x ∈ S, r(x) = x).
 
 
1
0
0  
(11.5) Determinare, se esiste, la mappa affine A3 (R) → A2 (R) tale che 0 7→
, 0 7→
1
0
0
 
 
0
1
1
0
1  
, 1 7→
e 1 7→
.
0
1
0
0
1
(11.6) Determinare una mappa affine A2 (R) → A2 (R) che sia zero solo sulla retta di equazione
x = y.
3
(11.7)
determinino
   Si 
  le equazioni cartesiane del piano di A (R) che passa per i tre punti
1
1/2
1/3
0, 1/2, 1/3.
0
0
1/3
(11.8) Dare un esempio di due rette sghembe in A4 (R). È possibile trovare due piani sghembi
in A4 ? E due sottospazi di dimensione 3?
(11.9) Trovare, se esistono, due piani paralleli di A4 (C).
 
 
x
1



(11.10) Esiste una retta r parallela alla retta di equazioni parametriche y = t 1 e
z
1
 
     
 
x
1
x
0
0









incidente alle due rette di equazioni y = t 0 e y = 1 + t 0?
z
0
z
0
1
 
 
x
1
3



(11.11) Si scriva l’equazione (cartesiana) della retta di A (R) di equazione y = 1 +
z
0
 
0

t 0.
1
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D.L. Ferrario
Geometria e Topologia I
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(11.12) Determinare la dimensione dell’intersezione dei due piani di A4 (R) (con coordinate
x1 , x2 , x3 , x4 ) di equazioni
 
   
 
x1
1
1
1
(
x2  1
1
0
x1 − x3 = 1
  
 
 
e 
x3  = 0 + u 1 + v 0 .
x2 − x4 = 1
x4
0
1
1
(11.13) Scrivere le equazioni parametriche (del primo) e le equazioni cartesiane (del secondo)
dei due piani dell’esercizio precedente (11.12).
     
2
1
1
3





(11.14) Determinare il valore del parametro k per cui i tre punti di A (R) 1 , k , 1.
k
0
0
sono allineati. Scrivere l’equazione della retta per questi tre punti in forma parametrica e
cartesiana.
*(11.15) Dimostrare che una affinità manda sottospazi paralleli in sottospazi paralleli, sottospazi incidenti in sottospazi incidenti, sottospazi sghembi in sottospazi sghembi. È vero anche
per una mappa affine?
(11.16) Trovare una mappa affine A3 (R) → A2 (R) che manda due rette sghembe in due rette
parallele. È possibile mandare due rette parallele in due rette incidenti e distinte? E in due
rette coincidenti? Viceversa, è possibile mandare due rette incidenti in due rette parallele?
 
 
 
 
x
1
0
x
(11.17) Siano in A3 (R) date le rette di equazioni: r1 : y  = 0 + t 1, r2 : y  =
z
0
0
z
   
     
0
0
x
0
1
1 +t 0 e r3 : y  = 0 +t 0. Quali di queste rette sono sghembe, parallele, incidenti?
0
1
z
1
0
3
Trovare una affinità A : A (R) → A3 (R) tale che A(r1 ) = r2 , A(r2 ) = r3 e A( r3 ) = r1 .
(11.18) Dimostrare che se f : X → Y è una mappa affine e T ⊂ Y un sottospazio affine di
Y , allora f −1 (T ) è un sottospazio affine di X (Vedi proposizione (17.12 )).
*(11.19) (Teorema di Ceva) Siano A, B e C tre punti non allineati, e PAB , PBC e PCA tre
punti sulle rette per AB, BC e CA rispettivamente. Dimostrare che le rette APBC , BPCA e
CPAB si incontrano in un punto se e soltanto se
APAB BPBC CPCA
= 1.
PAB B PBC C PCA A
(Osserviamo che come corollario le mediane si incontrano in un punto).
*(11.20) Teorema di Menelao Siano A, B e C tre punti non allineati, e PAB , PBC e PCA tre
punti sulle rette per AB, BC e CA rispettivamente. Dimostrare che i tre punti PAB , PBC e
PCA sono allineati se e soltanto se
APAB BPBC CPCA
= −1.
PAB B PBC C PCA A
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Geometria e Topologia I
Spazi affini euclidei
(19.1) Definizione. Uno spazio vettoriale euclideo è uno spazio vettoriale E di dimensione
finita su campo R, munito di una forma bilineare definita positiva e simmetrica (cioè b : E ×
E → R è simmetrica e bilineare, e ∀x 6= 0, b(x, x) > 0). Scriviamo b(x, y) = hx, yi = x · y e
chiamiamo questo numero il prodotto scalare di x con y.
√
(19.2) Definizione. La norma di un vettore x è definita da x = x · x.
(19.3) Definizione. Se x · y = 0, allora x e y sono ortogonali. Un insieme di vettori {e1 , e2 , . . . , en } ⊂ E si dice ortogonale se i suoi elementi sono a due a due ortogonali:
∀i, j, i 6= j =⇒ ei · ej = 0, e ortonormale se è ortogonale e in più i vettori hanno norma uno,
cioè ∀i, |ei | = 1. Se l’insieme di vettori {e1 , e2 , . . . , en } è una base per E, allora si dice che la
base è ortogonale (risp. ortonormale) quando lo è come insieme di vettori.
(19.4) Esempio. L’esempio standard di spazio vettoriale euclideo è E = Rn , con il prodotto
scalare canonico dato da
   
x1
y1
n
 x2   y2 
X
   
h ..  ,  .. i =
xi yi .
. .
i=1
xn
yn
(19.5) (Disuguaglianza di Cauchy-Schwartz e disuguaglianza triangolare) Per ogni
x, y ∈ E si ha:
|hx, yi|
≤ |x||y|
|x + y| ≤ |x| + |y|.
Quindi la distanza definita su E da d(x, y) = |x − y| è una metrica (che rende E spazio
topologico, con la topologia metrica).
(19.6) (Formula del parallelogramma) Il prodotto scalare e la norma sono legate dalle
due identità (equivalenti)
|x + y|2
= |x|2 + |y|2 + 2hx, yi
1
hx, yi = (|x + y|2 − |x|2 − |y|2 ) .
2
→
−
(19.7) Definizione. Uno spazio affine euclideo è uno spazio affine (X, X ) per cui lo spa→
−
zio delle traslazioni (dei vettori) X è uno spazio vettoriale euclideo. Un riferimento affine
−−−→ −−−→
−−−→
{A0 , A1 , . . . , An } di X è ortonormale se (A0 A1 , A0 A2 , . . . , A0 An ) è una base ortonormale per
→
−
X . Allora X è uno spazio metrico con la metrica definita da
−→
d(A, B) = |AB|,
→
−
dove la norma è la norma euclidea in X .
(19.8) Definizione. Una isometria tra due spazi affini euclidei f : X → Y è una biiezione
che conserva le distanze: per ogni A, B ∈ X, |f (A) − f (B)|X = |A − B|Y (dove la norma | · |X
è la norma di X e la norma | · |Y è la norma di Y ).
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D.L. Ferrario
Geometria e Topologia I
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(19.9) Ogni spazio affine euclideo di dimensione n è isometrico allo spazio standard Rn .
Dimostrazione. Sia X uno spazio affine euclideo di dimensione n. Scelto un punto O ∈ X, si
→
−
ha la biiezione X ∼
= X data da
−→ −
→
x ∈ X 7→ Ox ∈ X .
→
−
Ora, lo spazio vettoriale euclideo X ha sicuramente una base ortonormale (per esempio, con
il processo di ortogonalizzazione di Gram-Schmidt) {e1 , e2 , . . . , en } ⊂ E, mediante la quale si
può scrivere un isomorfismo
→
−
f: X ∼
= Rn
definito da


hv, e1 i
 hv, e2 i 

f (v) = 
 ... 
hv, en i
→
−
La composizione X → X → Rn è una isometria. Vediamo per prima cosa come è definita. Se
→
−
x ∈ X, il vettore associato in X è x − O, che viene mandato da f in


hx − O, e1 i
 hx − O, e2 i 
.
f (x − O) = 


...
hx − O, en i
Ora, presi x, y ∈ X, se definiamo per ogni i = 1, . . . , n i numeri xi = hx − O, wi i e yi =
hy − O, wi i , si ha che
x−O =
n
X
xi ei
i=1
y−O =
n
X
yi ei ,
i=1
e quindi


x1
 x2 
 
f (x − O) =  ..  ∈ Rn
.
xn
 
y1
 y2 
 
f (y − O) =  ..  ∈ Rn
.
yn
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Geometria e Topologia I
da cui segue che
−
dX (x, y) = |x − y|→
X
→
= |(x − O) − (y − O)|−
X
n
X
→
=|
(xi − yi )ei |−
X
i=1
v
uX
n
X
u n
(xj − yj )ej i
= th (xi − yi )ei ,
i=1
j=1
v
uX
u n
=t
(xi − yi )(xj − yj )hei , ej i
i,j=1
v
u n
uX
= t (xi − yi )2
i=1
= |f (x) − f (y)|Rn = dRn (f (x), f (y)).
q.e.d.
(19.10) Siano X e Y spazi affini euclidei e f : X → Y una isometria (cioè una mappa tale
che |f (x) − f (y)|Y = |x − y|X per ogni x, y ∈ X). Allora f è un isomorfismo affine (una
trasformazione affine invertibile).
Dimostrazione. Cominciamo a mostrare che f è una mappa affine, cioè, per la definizione
→
−
→
−
(17.1), che per ogni x ∈ X la funzione indotta sugli spazi vettoriali sottostanti X → Y
definita da
→
−
→
−
v ∈ X 7→ f (x + v) − f (x) ∈ Y
→
−
→
è lineare. In realtà, per (17.5), basta farlo vedere per un solo x0 ∈ X. Sia T : X → −
y la
→
−
funzione definita da T (v) = f (x0 + v) − f (x0 ). Per ipotesi si ha che per ogni v ∈ X
→ = |(x0 + v) − x0 |X
|v|−
X
= |f (x0 + v) − f (x0 )|Y
→,
= |T (v)|−
Y
e quindi la trasformazione T conserva la norma. Osserviamo anche che per v = 0 questo
implica che |T (0)| = 0, e quindi T (0) = 0 (dove qui con un abuso di notazione usiamo in
→
−
→
−
→
−
simbolo 0 sia per indicare 0X ∈ X che 0Y ∈ Y . Se v, w ∈ X sono due vettori, allora si ha
→ = |(x0 + v) − (x0 + w)|X
|v − w|−
X
= |f (x0 + v) − f (x0 + w)|Y
= |f (x0 + v) − f (x0 ) + f (x0 ) − f (x0 + w)|Y
→,
= |T (v) − T (w)|−
Y
cioè
|T (v) − T (w)|2 = |v − w|2 .
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→
−
Per la formula del parallelogramma (19.6), si ha quindi per ogni v, w ∈ X
−2hT (v), T (w)i = |T (v) − T (w)|2 − |T (v)|2 − |T (w)|2
= |v − w|2 − |v|2 − |w|2
= −2hv, wi,
cioè T conserva anche il prodotto scalare (non solo la norma).
→
−
Non rimane che finire dimostrando che T è lineare: siano a, b ∈ R due scalari e v, w ∈ X
→
−
due vettori. Allora, per ogni scelta di un terzo vettore e ∈ X si ha
hT (av + bw), T (e)i = hav + bw, ei
= ahv, ei + bhw, ei,
ed anche
haT (v) + bT (w), T (e)i = ahT (v), T (e)i + bhT (w), T (e)i
= ahv, ei + bhw, ei,
→
−
cioè per ogni e ∈ X si ha
hT (av + bw), T (e)i = haT (v) + bT (w), T (e)i.
Ora, dato che f è una biiezione, anche T lo è, per cui necessariamente deve essere
T (av + bw) = aT (v) + bT (w),
e quindi T è lineare. Per mostrare che è un isomorfismo, basta notare che è una biiezione, per
cui esiste l’inversa (che è naturalmente una isometria – vedi anche la definizione (17.6)). q.e.d.
(19.11) Una isomorfismo affine f : X → Y è una isometria se e soltanto se l’applicazione lineare associata L : v 7→ f (x + v) − f (x) è una trasformazione ortogonale (cioè una
trasformazione lineare che conserva la norma o, equivalentemente, il prodotto scalare).
Dimostrazione. Nella dimostrazione della proposizione precedente (19.10) abbiamo di fatto
dimostrato anche che la trasformazione L associata ad una isometria conserva il prodotto
scalare e le norme (abbiamo usato questa proprietà per mostrare che è lineare), e cioè che è
una trasformazione ortogonale. Viceversa, supponiamo che un isomorfismo affine f : X → Y
abbia la proprità che la trasformazione lineare associata L sia ortogonale. Allora L(v − w) =
→
−
L(v) − L(w) per ogni v, w ∈ X , e quindi per ogni x = x0 + v e y = x0 + w in X si ha
|f (x) − f (y)| = |f (x0 + v) − f (x0 + w)|
= |f (x0 + v) − f (x0 ) + f (x0 ) − f (x0 + w)|
= |L(v) − L(w)|
= |v − w|
= |x0 + v − (x0 + w)|
= |x − y|,
cioè f è una isometria.
D.L. Ferrario
q.e.d.
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Geometria e Topologia I
(19.12) Proposizione. Le isometrie tra spazi (affini) euclidei si scrivono, scelti sistemi di
riferimenti ortonormali, come
x 7→ Ax + b,
dove A è una matrice ortogonale e b un vettore.
Dimostrazione. Come la dimostrazione di (17.8) (esercizio (12.2)).
q.e.d.
(19.13) Le traslazioni sono isometrie.
Dimostrazione. Vedi esercizio (12.3).
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q.e.d.
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Angoli e proiezioni ortogonali
(20.1) Definizione. Con il prodotto scalare definito su uno spazio euclideo non solo si possono
misurare le distanze tra punti, e quindi in generale lunghezze, ma anche gli angoli (orientati)
tra vettori, mediante la formula
hv, wi
.
cos θ =
|v||w|
Questo consente di calcolare l’angolo, per esempio in A, di un triangolo ABC, moltiplicando
−→ −→
(mediante prodotto scalare) i vettori AB e AC.
(20.2) Nota. Ricordiamo che in uno spazio metrico X la distanza tra un punto p e un
sottoinsieme S ⊂ X è definita con l’estremo inferiore delle distanze d(p, x), al variare di p in
S. In particolare, se X è uno spazio euclideo, si può definire la distanza di un punto p ∈ X da
una retta, da un piano,. . . , da un sottospazio affine S ⊂ X proprio come l’estremo inferiore
delle distanze tra punti di S e il punto p.
(20.3) Definizione. Due sottospazi U, W di uno spazio vettoriale euclideo E si dicono ortogonali se per ogni u ∈ U , per ogni v ∈ V i vettori u e v sono ortogonali, cioè il prodotto
scalare hu, vi è nullo.
(20.4) Definizione. Sia S ⊂ En un sottospazio affine di uno spazio affine euclideo con
→
−
→
−
giacitura S ⊂ Rn . Sia W il complemento ortogonale di S in Rn , cioè l’unico sottospazio
→
−
→
−
→
−
→
−
ortogonale a S tale che S + W = Rn (e in questo caso si scrive S ⊕ W invece che S + W ).
Allora per ogni x ∈ En si può definire la proiezione su S parallela al complemento ortogonale
W , seguendo la definizione (18.11)
pS,W : En → S.
Questa proiezione si chiama proiezione ortogonale di En su S ⊂ En . Dal momento che il
complemento ortogonale W esiste ed è unico, la proiezione è unicamente determinata da S.
(20.5) Sia r ⊂ En una retta (sottospazio affine di dimensione 1) di uno spazio affine euclideo
→
−
con giacitura S = hvi ⊂ Rn e A un punto di r. Allora la proiezione di un punto x ∈ En sulla
retta r si scrive come
hx − A, vi
pS (x) = A +
v.
hv, vi
Dimostrazione. La proiezione di x su r è un punto Q di r per cui Q − r è ortogonale a r. È
facile vedere che tale punto Q è unico (altrimenti si formerebbe un triangolo con due lati di
90◦ ). Dobbiamo trovare un punto Q per cui
hx − Q, vi = 0
e quindi, dato che Q = A + tv per un certo t ∈ R, tale che hx − (A + tv), vi = 0, ovvero
hx − A, vi − thv, vi.
Ma allora per t =
hx − A, vi
(v 6= 0!) si ottiene il punto cercato
hv, vi
pS (x) = Q = A +
hx − A, vi
v
hv, vi
come annunciato.
D.L. Ferrario
q.e.d.
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Geometria e Topologia I
(20.6) Definizione. Se pS è la proiezione ortogonale pS : En → S ⊂ En definita sopra, allora
si può definire come in (18.12) l’isometria (i.e. trasformazione ortogonale)
rS : x 7→ pS (x) + (pS (x) − x),
chiamata riflessione attorno a S 14 . È una involuzione (cioè rS2 è la trasformazione identica,
l’identità) che fissa S.
(20.7) Sia S ⊂ En un sottospazio affine di uno spazio affine euclideo, e p ∈ En un punto non
di S. Allora la distanza di p da S è uguale alla distanza di p dall’unico punto q di S per cui
il vettore p − q è ortogonale a S (cioè la proiezione ortogonale di p su S).
Dimostrazione. Supponiamo che la distanza di p sulla sua proiezione q sia maggiore di quella
→
tra p e un terzo punto A. Dal momento che −
qp per definizione è ortogonale a S, è ortogonale
−
→
→
−
anche al vettore qA, che appartiene a S (dato che sia q che A appartengono a S). Ma allora,
−
→ −
→ →
visto che Ap = Aq + −
qp,
−
→
d(A, p)2 = |Ap|2
−
→ −
→
= hAp, Api
−
→ → −
→ →
= hAq + −
qp, Aq + −
qpi
−
→ −
→
−
→ −
−
→
→
→
→
= hAq, Aqi + hAq, →
qpi + h−
qp, Aqi + h−
qp, −
qpi
−
→2
→
= |Aq| + 0 + 0 + |−
qp|2
→
≥ |−
qp|2
= d(q, p)2 ,
−
→
cioè q realizza la minima distanza (è facile vedere che il minimo si ottiene per |Aq|2 = 0, cioè
quando A = q).
q.e.d.
Ripetendo la dimostrazione del teorema (17.10), si può dimostrare il seguente teorema:
(20.8) Teorema. Se S ⊂ En è un sottospazio affine passante per A, allora esiste un sotto→
−
spazio vettoriale W ⊂ Rn (il complemento ortogonale di S in Rn ) per cui i punti di S sono
tutti e soli i punti x di En tali che x − A è ortogonale a W . Se S è un iperpiano (cioè un
sottospazio di dimensione n − 1 in En ), allora la dimensione di W è 1, per cui i punti di S
sono tutti i punti tali che x − A è ortogonale ad un vettore fissato non nullo a di W (che si
può chiamare vettore normale a S):
S = {x ∈ En : hx − A, ai = 0}.
(20.9) Nota. Dato che hx − A, ai = 0 se e solo se hx, ai = hA, ai, ritorniamo a vedere che
l’equazione di un iperpiano è
a1 x2 + a2 x2 + · · · + an xn = b,
dove b = hA, ai. Per sottospazi generici (cioè non solo di dimensione n − 1, basta prendere una
base del complemento ortogonale W (e questi saranno vettori ortogonali a S) e, nello stesso
modo, scrivere S come luogo delle soluzioni di un sistema di equazioni.
14
Di solito si chiama riflessione una trasformazione isometrica di questo tipo solo quando la dimensione di
S è uguale a n − 1 – come se S fosse uno specchio. Per esempio, se S è un punto, quello che si trova è una
inversione centrale, per cui la scelta del nome non sembrerebbe appropriata. Se S è un punto e n = 2 si ottiene
la rotazione di 180◦ .
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Esercizi: foglio 12
*(12.1) Dimostrare che se {e1 , e2 , . . . , en } sono un insieme di vettori ortogonali di uno spazio
vettoriale euclideo E, allora sono linearmente indipendenti. È vero anche il viceversa (cioè che
se si considerano n vettori linearmente indipendenti in uno spazio vettoriale euclideo E allora
sono ortogonali)? (Suggerimento: se sono linearmente dipendenti allora si possono trovare n
coefficienti non tutti nulli λ1 , λ2 , . . . , λn tali che λ1 e1 + λ2 e2 + · · · + λn en = 0. Ma se λi 6= 0
e si moltiplicano entrambi i membri per ei – con il prodotto scalare – si ottiene . . . . Per il
viceversa: in A2 (R) trovare due vettori linearmente indipendenti ma non ortogonali.
*(12.2) Dimostrare che le isometrie tra spazi (affini) euclidei si scrivono, scelti sistemi di
riferimenti ortonormali, come
x 7→ Ax + b,
dove A è una matrice ortogonale e b un vettore. (Suggerimento: come nella dimostrazione
(17.8 ))
(12.3) Dimostrare che le traslazioni di uno spazio euclideo sono isometrie.
*(12.4) Determinare una formula per la proiezione ortogonale di uno spazio euclideo En su un
suo sottospazio affine S di dimensione d < n, dato un punto di S e una base ortonormale per
→
−
S . (Suggerimanto: si veda la dimostrazione di (20.5 ), in cui si proietta su un sottospazio di
dimensione 1 – una retta. Proiettare sulle rette generate dagli elementi della base e sommare
...)
(12.5) Siano A, B, C ∈ En tre punti di uno spazio euclideo. Dati altri tre punti A0 , B 0 , C 0 ∈
En , dimostrare che esiste una isometria f : En → En tale che f (A) = A0 , f (B) = B 0 e
f (C) = C 0 se e solo se f conserva le distanze tra i punti, cioè
|A0 − B 0 | = |A − B|, |B 0 − C 0 | = |B − C|, |A0 − C 0 | = |A − C|.
 
 
 
1
0
0





(12.6) Siano A = 0 , B = 1 , C = 0 tre punti di E3 . Esiste una isometria f : E3 → E3
0
0
1
tale che f (A) = B, f (B) = C e f (C) = A? Se sı̀, quale (scriverla in forma matriciale)?
(12.7) Siano r1 e r2 due rette di E3 . Sotto quali condizioni esiste una isometria che manda
r1 in r2 ?
 
 
1
1
3



(12.8) Calcolare la distanza tra il punto 1 di E e il piano passante per 2 ortogonale al
1
3
 
1

vettore 0.
0
(12.9) Determinare un vettore ortogonale al piano di E4 di equazione
x1 + 2x2 + 3x3 + 4x4 + 5 = 0.
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Geometria e Topologia I
*(12.10) Una similitudine f : En → En è una funzione che conserva i rapporti tra le distanze,
cioè una funzione per cui esiste una costante k > 0 tale che |f (x) − f (y)| = k|x − y| per ogni
x, y ∈ En . Dimostrare che le similitudini conservano gli angoli: se A, B, C ∈ En sono tre punti,
allora l’angolo tra B − A e C − A è uguale (a meno di orientazione) a quello tra f (B) − f (A)
e f (C) − f (A).
*(12.11) È vero che una similitudine, come definita nell’esercizio precedente (12.10), è sempre
una mappa affine? E una isometria? (Suggerimento: si veda la dimostrazione di (19.10 ))
(12.12) Si consideri il piano affine euclideo E2 . Dimostrare che ogni isometria del piano si
può scrivere componendo un numero finito di riflessioni lungo rette. (Suggerimento: anche le
traslazioni e le rotazioni si possono scrivere come composizione di due riflessioni lungo due
rette. . . parallele oppure no. . . )
(12.13) Dimostrare che se S ⊂ En è un sottospazio e pS è la proiezione ortogonale pS : En →
S, allora la funzione f : En → En definita da
f (x) = pS (x) + (pS (x) − x)
è una isometria che fissa tutti e soli i punti di S (cioè tale che f (x) = x se e solo se x ∈ S).
0
1 0
(12.14) Scrivere una isometria del piano che manda i punti
,
ad una distanza
0
0 1
dall’origine di almeno 4 unità.
0
1
x
+t
in E2 . Scrivere le equazioni
(12.15) Sia S la retta di equazione parametrica 1 =
x2
1
1
della riflessione (ortogonale) di E2 attorno a S.
x1
p1
v
*(12.16) Sia S la retta di equazione parametrica
=
+ t 1 in E2 . Determinare i
x2
p2
v2
valori dei coefficienti ai,j e bi per cui la trasformazione affine
x1
a1,1 a1,2 x1
b
7→
+ 1
x2
a2,1 a2,2 x2
b2
è la riflessione (ortogonale) attorno a S.
(12.17) Determinare tutte le isometrie del piano euclideo che fissano almeno un punto.
(Suggerimento: usare (19.11 ) e trovare tutte le trasformazioni ortogonali di O(2).)
(12.18) Dimostrare che ogni isometria del piano può essere scritta come la composizione di
al più tre riflessioni (lungo rette). (Suggerimento: se A, B e C sono tre punti linearmente
indipendenti del piano, cioè non allineati, allora le immagini A0 , B 0 e C 0 sono anch’esse tre
punti non allineati del piano. Con una riflessione (quale?) si può mandare A in A0 . Poi si
può mandare B in B 0 riflettendo lungo una retta passante per A = A0 , e quindi trovarsi con
A = A0 , B = B 0 . . . )
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Spazi proiettivi
(21.1) Definizione. Sia V uno spazio vettoriale su campo K. Lo spazio proiettivo generato
da V (il proiettivizzato di V , denotato con P(V )), è il quoziente di V r {0} con la relazione
di equivalenza v ∼ w ⇐⇒ ∃λ ∈ K ∗ = K r {0} : w = λv. La dimensione di P(V ) è uguale a
dim(V ) − 1.
(21.2) Esempio. L’esempio standard si ottiene considerando lo spazio vettoriale K n+1 di
dimensione n + 1. Il proiettivo associato si indica con Pn (K) (dunque Pn (R) e Pn (C) indicano
lo spazio proiettivo reale e complesso di dimensione n). Se K ha una topologia (metrica), cosı̀
come An (K) ha la topologia generata da quella di K, anche Pn (K) ha una topologia naturale:
la topologia quoziente.
(21.3) Nota. Osserviamo che la definizione (21.1) può essere data anche in termini di gruppi
di trasformazioni: l’insieme degli scalari non nulli K ∗ = K r {0} è un gruppo rispetto all’operazione di moltiplicazione (gruppo moltiplicativo), che agisce su V r {0} (moltiplicazione per
uno scalare). Allora semplicemente il proiettivizzato P(V ) è uguale allo spazio delle K ∗ -orbite
P(V ) = V r {0}/K ∗ .
Se V ha dimensione 1, allora V ∼
= K e V r {0} ∼
= K r {0}; non è difficile vedere che quindi
P(V ) è costituito da un elemento solo.
(21.4) Nota. Una definizione equivalente di spazio proiettivo è la seguente: P(V ) è l’insieme
di tutti i sottospazi di dimensione 1 di V . Come esercizio, dimostrare che questa definizione coincide con la definizione (21.1) (cioè che i due insiemi ottenuti sono in corrispondenza
biunivoca).
(21.5) Definizione. Consideriamo lo spazio proiettivo Pn (K) di dimensione n su campo K.
Un punto di x ∈ K n+1 si scrive come (n + 1)-upla con coordinate xi ∈ K
(x0 , x1 , . . . , xn ).
Se x 6= 0 (cioè non tutte le coordinate xi sono nulle), la classe di equivalenza di x si può
indicare con [x] ∈ Pn (K). Le coordinate xi di x si chiamano coordinate omogenee, e si scrive
[x] = [x0 : x1 : · · · : xn ]
(21.6) Siano p = [p0 : p1 : · · · : pn ] e q = [q0 : q1 : · · · : qn ] due punti di Pn (K). Allora p = q
se e solo se esiste λ ∈ K r {0} tale che
∀i = 0, . . . n, qi = λpi .
Dimostrazione. È una conseguenza immediata della definizione (21.1).
q.e.d.
(21.7) La funzione
j0 : An (K) → Pn (K),
definita da
(x1 , x2 , . . . , xn ) 7→ [1 : x1 : x2 : · · · : xn ]
è iniettiva. La sua immagine è
j0 (An (K)) = {[p0 : p1 : · · · : pn ] ∈ Pn (K) : p0 6= 0},
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e si può definire l’applicazione inversa
{[p0 : p1 : · · · : pn ] ∈ Pn (K) : p0 6= 0} → An (K)
[p0 : p1 : · · · : pn ] 7→ (
pn
p1 p2
, , . . . , ).
p0 p0
p0
Dimostrazione. È ovvio che j0 è ben definita. Per mostrare che è iniettiva, basta mostrare che
l’applicazione definita sopra è la sua inversa (definita su {p0 6= 0}). Infatti, la composizione
(x1 , x2 , . . . , xn ) 7→ [1 : x1 : x2 : · · · : xn ] 7→ (
xn
x1 x2
, ,..., )
1 1
1
è chiaramente l’identità di An (K), mentre la composizione
[p0 : p1 : · · · : pn ] 7→ (
p1 p2
pn
p1 p2
pn
, , . . . , ) 7→ [1 :
:
: ··· : ]
p0 p0
p0
p0 p0
p0
è l’identità dato che esiste λ = p0 6= 0, λ ∈ K r {0} tale che
λ(1,
p1 p2
pn
, , . . . , ) = (p0 , p1 , . . . , pn ).
p0 p0
p0
q.e.d.
(21.8) Nota. È chiaro che avremmo potuto definire una funzione come la j0 considerando
non la prima coordinata (p0 ), ma una qualsiasi delle n + 1 coordinate di K n+1 . In questo
modo possiamo “includere” lo spazio affine An (K) nello spazio proiettivo Pn (K) in almeno
n + 1 modi distinti. Più in generale, cambiando le coordinate in K n+1 e in An (K) si possono
trovare infiniti modi di definire tale inclusione.
(21.9) Definizione. Per ogni i = 0, . . . , n il sottoinsieme di Pn (K) definito da
{[p0 : p1 : · · · : pn ] ∈ Pn (K) : pi 6= 0}
si chiama la i-esima carta affine, e si indica con il simbolo Ani (K). È il complementare del
sottospazio definito dall’equazione pi = 0, che si dice iperpiano dei punti impropri, o punti
all’infinito. I punti della i-esima carta affine hanno, oltre che le coordinate omogenee, anche
coordinate affini relative a i, mediante l’applicazione inversa ji−1 :
[p0 : p1 : · · · : pn ] = [
p0
pi−1
pi+1
pn
p0
pi−1 pi+1
pn
: ··· :
:1:
: · · · : ] 7→ ( , . . . ,
,... )
pi
pi
pi
pi
pi
pi pi
pi
(21.10) Definizione. Sia V ⊂ K n+1 un sottospazio vettoriale dello spazio vettoriale K n+1 .
Allora è ben definita l’inclusione
P(V ) ⊂ Pn (K).
Il sottospazio P(V ) ⊂ Pn (K) si dice sottospazio proiettivo (o sottospazio lineare) di Pn (K) di
dimensione dim(P(V )) = dim(V ) − 1.
(21.11) Nota. I sottospazi di dimensione 0 si dicono punti, quelli di dimensione 1 rette, quelli
di dimensione 2 piani, quelli di dimensione n − 1 (codimensione 1) iperpiani.
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(21.12) Proposizione. Se L è un sottospazio proiettivo di Pn (K) di dimensione d, allora per
ogni carta affine Ani (K) ⊂ Pn (K) l’intersezione Ani (K) ∩ L, se non vuota, è un sottospazio
affine di Ani (K) ∼
= An (K) di dimensione d. Viceversa, per ogni sottospazio affine S ⊂ Ani (K)
di dimensione d esiste un sottospazio proiettivo L ⊂ Pn (K) di dimensione d tale che S =
Ani (K) ∩ L.
Dimostrazione. Sia V ⊂ K n il sottospazio vettoriale per cui P(V ) = L. Senza perdere in
generalità, a meno di cambi di variabili, possiamo supporre che i = 0. Come abbiamo già
notato nella dimostrazione di (17.10), è sempre possibile scrivere V come luogo degli zeri di
una applicazione lineare (suriettiva) K n+1 → K n−d , cioè come sistema di n − d equazioni
(omogenee e indipendenti) nelle n + 1 incognite (le coordinate di K n+1 , cioè le coordinate
omogenee dello spazio proiettivo associato); quindi esiste una matrice (n − d) × (n + 1) (una
funzione lineare M : K n+1 → K n−d ) di rango n − d tale che
V = {v ∈ K n+1 : M (v) = 0}.
L’intersezione An0 (K) ∩ L è quindi l’insieme di tutti i punti [1 : x1 : x2 : · · · : xn ] di An0 (K) tali
che
 
1
 x1 
 

M (
 x2 ) = 0.
. . .
xn
Ma M è lineare, per cui si può scrivere (scelte le basi) come moltiplicazione di una matrice
per un vettore, e quindi esistono coefficienti bi , ai,j tali che i punti di An0 (K) ∩ L sono tutti e
soli i punti di coordinate (x1 , x2 , . . . , xn ) tali che
 
 

 1
0
b1
a1,1
a1,2 . . . a1,n  
x1   
 b2


a2,1
a2,2 . . . a2,n    0

 ..
..
..
..   x2  =  .. 
..
 .
.
.  .
.
.
. 
 .. 
bn−d an−d,1 an−d,2 . . . an−d,n
0
xn
il che è equivalente a scrivere che

 
   
b1
a1,1
a1,2 . . . a1,n
x1
0
 b2   a2,1





a
.
.
.
a
x
2,2
2,n   2 

 
0
 ..  +  ..
..
..   ..  =  ..  .
...
 .   .
.
.   .  .
bn−d
an−d,1 an−d,2 . . . an−d,n
xn
0
L’insieme di soluzioni, se non vuoto, è uno spazio affine. Per verificare che si tratta di uno
spazio affine di dimensione d, basta osservare che il rango della matrice (ai,j ) è proprio n − d.
Infatti, il rango della matrice (ai,j ) può essere uguale soltanto a n − d e n − d − 1, dal momento
che la matrice (ai,j ) si ottiene cancellando la prima colonna della matrice completa (bi , ai,j )
(che ha rango n − d per ipotesi). Ma se il rango è uguale a n − d − 1, allora il vettore (bi )
non è combinazione lineare dei vettori colonna di (ai,j ), e quindi il sistema non ha soluzioni.
Quindi deve necessariamente essere uguale a n − d, e l’insieme di soluzioni ha dimensione d.
Abbiamo dimostrato la prima parte della proposizione.
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Ora, supponiamo di avere un sottospazio affine S di dimensione d, e quindi l’insieme di
soluzioni di Ax + b = 0. Proseguendo come sopra, ma al contrario, possiamo osservare che la
matrice M = (bi , ai,j ) ha rango n − d e che individua il sottospazio vettoriale V di dimensione
d + 1 tale che P(V ) = L cercato.
q.e.d.
(21.13) Nota. Come segue da (21.12), lo spazio proiettivo Pn (K) può essere pensato come
l’unione di uno spazio affine An0 (K) con coordinate [1 : x1 : x2 : · · · : xn ] più un iperpiano di
punti all’infinito (i punti impropri) di coordinate [0 : x1 : x2 : · · · : xn ]. I sottospazi proiettivi
di Pn (K) sono quindi i sottospazi affini in An0 (K) cui sono stati aggiunti i loro punti all’infinito.
(21.14) Definizione. Se S ⊂ An (K) è un sottospazio affine e An (K) ∼
= Ani (K) ⊂ Pn (K) è
una carta affine, il sottospazio proiettivo L ⊂ Pn (K) tale che Ani (K)∩L = S della proposizione
appena dimostrata si dice il completamento proiettivo (o anche chiusura proiettiva) di L.
(21.15) Esempio. Determiniamo la chiusura proiettiva e i punti all’infinito della retta S di
A2 (R) di equazione x1 +x2 = 1. Per prima cosa, aggiungendo una coordinata, scriviamo A2 (R)
come carta affine di P2 (R), con coordinate [1 : x1 : x2 ]. Per trovare la chiusura proiettiva di
S in P2 (R) dobbiamo trovare una (sola) equazione lineare omogenea nelle coordinate [z0 : z1 :
z2 ], che definisca un sottospazio vettoriale di R3 di dimensione 2 (che corrisponde alla retta
proiettiva L cercata). Cioè
b1 z0 + a1 z1 + a2 z2 = 0
in modo tale che
b 1 · 1 + a1 x 1 + a2 x 2 = 0
sia l’equazione di S nella carta affine. Basta riscrivere l’equazione come
−1 + x1 + x2 = 0,
e quindi definire b1 = −1, a1 = 1, a2 = 1. La retta proiettiva L ha quindi equazione
−z0 + z1 + z2 = 0
nelle coordinate omogenee [z0 : z1 : z2 ] di P2 (R). I punti all’infinito sono le intersezioni di L
con la retta impropria di equazione z0 = 0, e quindi sono le soluzioni (omogenee) del sistema
(
−z0 + z1 + z2 = 0
z0 = 0
che ha come soluzione tutti l’unico punto di coordinate omogenee [0 : 1 : −1] (che possiamo
scrivere come [0 : t : −t] per ogni con t 6= 0).
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Isomorfismi proiettivi e proiettività
(21.16) Definizione. Siano P(V ) e P(W ) due spazi proiettivi. Una funzione f : P(V ) →
P(W ) si dice isomorfismo proiettivo se esiste un isomorfismo di spazi vettoriali F : V → W
tale che per ogni v ∈ V si ha f ([v]) = [F (v)].
V r {0}
F
∼
=
/ W r {0}
f
/ P(W )
P(V )
Si dice che F induce l’isomorfismo f e che P(V ) e P(W ) sono isomorfi. Se V = W (e quindi
P(V ) = P(W ), allora un isomorfismo proiettivo si dice proiettività.
(21.17) Nota. Due spazi vettoriali della stessa dimensione (su campo K) sono isomorfi, per
cui due spazi proiettivi sullo stesso campo e con la stessa dimensione sono isomorfi. Quindi
senza perdere in generalità si può sempre pensare che uno spazio proiettivo su campo K
sia Pn (K). Osserviamo anche che se λ ∈ K ∗ , allora gli isomorfismi F : V → W (di spazi
vettoriali) e λF inducono lo stesso isomorfismo proiettivo f : P(V ) → P(W ) – isomorfismi
vettoriali diversi possono indurre lo stesso isomorfismo proiettivo. Se indichiamo con GL(V )
il gruppo di tutti gli isomorfismi dello spazio vettoriale V in sé e P GL(V ) il gruppo di tutte le
proiettività di P(V ) in sé, si ha un omomorfismo (di gruppi) GL(V ) → P GL(V ) suriettivo (per
definizione) ma non iniettivo. Si può dimostrare che il suo nucleo è proprio dato dall’insieme
di tutti i multipli di 1V (identità di V ) del tipo λ1V , con λ ∈ K ∗ .
(21.18) Definizione. Si dice che sottoinsiemi S, S 0 ⊂ Pn (K) sono proiettivamente equivalenti
se esiste una proiettività f : Pn (K) → Pn (K) tale che f (S) = S 0 .
21.2
Incidenza e parallelismo
(21.19) Definizione. Cosı̀ come nella definizione (16.6), presi d + 1 punti [p0 ], [p1 ], . . . , [pd ]
di Pn (K) si può definire il sottospazio proiettivo generato dai punti stessi come l’insieme di
tutte le combinazioni lineari
[λ0 p0 + λ1 p1 + · · · + λd pd ]
con i coefficienti λi ∈ K non tutti nulli. I punti [pi ] ∈ Pn (K) si dicono linearmente dipendenti
se i corrispondenti vettori pi ∈ K n+1 sono linearmente dipendenti, e linearmente indipendenti
se lo sono i vettori.
(21.20) Se S, T ⊂ Pn (K) sono due sottospazi proiettivi e dim(S) + dim(T ) ≥ n, allora
S ∩ T 6= ∅, cioè S e T sono incidenti.
Dimostrazione. Siano V e W i due sottospazi vettoriali di K n tali che P(V ) = S ⊂ P(K n+1 )
e P(W ) = T ⊂ P(K n+1 ). Per definizione si ha dim(S) = dim(V ) − 1, dim(T ) = dim(W ) − 1.
Per la formula di Grassmann si ha dim(V + W ) + dim(V ∩ W ) = dim(V ) + dim(W ), e quindi
dim(V ) + dim(W ) − dim(V ∩ W ) ≤ n + 1 = dim(K n+1 ).
Dato che dim(S ∩ T ) + 1 = dim(V ∩ W ), i due sottospazi hanno punti in comune se e solo se
dim(V ∩ W ) ≥ 1 (per la definizione di spazio proiettivo); inoltre, se dim(S) + dim(T ) ≥ n si
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ha
dim(S ∩ T ) = dim(V ∩ W ) − 1
≥ (dim V + dim W − n − 1) − 1
= (dim S + 1 + dim T + 1 − n − 1) − 1
≥ 0,
e quindi la tesi.
q.e.d.
(21.21) Corollario. Due rette distinte nel piano proiettivo P2 (K) si incontrano sempre in
un unico punto. Una retta e un piano che non la contiene, nello spazio proiettivo P3 (K), si
incontrano sempre in un unico punto.
Dimostrazione. Per (21.20) in entrambi i caso l’intersezione non è vuota. A questo punto
osserviamo che esiste una unica retta (proiettiva) passante per due punti distinti di uno spazio
proiettivo, per cui due rette non possono avere due punti in comune senza essere coincidenti.
Per quanto riguarda la retta e il piano, si procede in modo analogo (vedere anche esercizi
(13.12) e (13.15)).
q.e.d.
(21.22) Nello spazio proiettivo Pn (K) comunque scelti n iperpiani, essi hanno almeno un
punto in comune.
Dimostrazione. Di fatto si tratta di n sottospazi di K n+1 di dimensione n (codimensione 1),
cioè di n equazioni (omogenee) nelle n + 1 coordinate di K n+1 . La dimensione dello spazio di
soluzioni è sempre almeno 1.
q.e.d.
(21.23) Se H ⊂ Pn (K) è un iperpiano e P un punto non in H, allora ogni retta passante per
P incontra H esattamente in un punto.
Dimostrazione. Sia H = P(V ) per il sottospazio vettoriale V ⊂ K n+1 . Dire che P = [p] ∈
Pn (K) non appartiene a H significa dire che il vettore (non nullo) p non appartiene a V . Sia
l una retta per P , cioè l = P(W ), con W ⊂ K n+1 sottospazio vettoriale di dimensione 2, e
P = [p] ∈ l, cioè p ∈ W . Dato che la somma delle dimensioni dim(l) + dim(K) è esattamente
n, per (21.20) la retta e l’iperpiano devono avere necessariamente almeno un punto in comune.
Se ne avessero due distinti, risulterebbe che la dimensione dell’intersezione V ∩ W sarebbe
≥ 2, e quindi W ⊂ V =⇒ l ⊂ H. Ma questo non può essere dato che P 6∈ H (vedi anche
esercizio (13.15)).
q.e.d.
(21.24) Nota. Mediante (21.23) si può dimostrare che è possibile definire la proiezione proiettando non solo parallelemante (come abbiamo visto fare per spazi affini e euclidei), ma
anche proiettando da un punto di Pn (K). Vediamo come: se Q ∈ Pn (K) è un punto fissato
e H e H 0 due iperpiani di Pn (K) che non contengono Q, per ogni [x] ∈ H esiste una (unica)
retta passante per [x] e per Q; questa retta interseca H 0 in un unico punto, che chiamiamo
f ([x]). Abbiamo definito quindi una funzione f : H → H 0 (chiamata anche proiezione prospettica, o prospettiva, di H su H 0 ). È un isomorfismo proiettivo tra H e H 0 . Per mostrare
questo, osserviamo che H = P(V ) e H 0 = P(V 0 ) con V e V 0 sottospazi di K n+1 di dimensione
n. La funzione f è un isomorfismo proiettivo se esiste F : V → V 0 lineare (isomorfismo di
spazi vettoriali) che induce f . Ora, sia q ∈ K n+1 un vettore per cui [q] = Q. Dal momento
che q 6∈ V 0 , si può scrivere K n+1 come somma (diretta) di sottospazi vettoriali
K n+1 = hqi ⊕ V 0
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e di conseguenza si può definire la proiezione π : K n+1 → V 0 lungo la direzione del vettore q
(meglio, del sottospazio vettoriale generato da q, di dimensione 1). La restrizione di π a V è
anch’essa un omomorfismo di spazi vettoriali, e quindi lo è la composizione F : V → K n+1 →
V 0 , che è un isomorfismo dato che q 6∈ V . Non rimane che mostrare che per ogni x ∈ V si ha
[F (x)] = f ([x]). La retta per [x] e Q è il sottospazio (di dimensione 2) generato da x e da q. È
chiaro che la sua intersezione con V 0 coincide con la sua proiezione mediante π definita sopra
(che proietta su V 0 ), dato che la proiezione è parallela a q e [q] = Q è un punto della retta (e
quindi del piano che stiamo considerando), cioè che l’intersezione è generata da F (x).
(21.25) Nota. A patto di aggiungere i punti all’infinito, possiamo definire una proiezione
prospettica anche tra iperpiani affini (e quindi non sarà definita in alcuni punti degli iperpiani
affini).
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Geometria e Topologia I
Esercizi: foglio 13
(13.1) Dimostrare che la definizione (21.1) di spazio proiettivo come spazio delle orbite mediante l’azione del gruppo moltiplicativo del campo è equivalente (nel senso che gli insiemi
ottenuti sono in corrispondenza biunivoca) alla definizione della nota (21.4), cioè P(V ) è
l’insieme di tutti i sottospazi di dimensione 1 di V .
(13.2) Dimostrare che P1 (R) è omeomorfo alla circonferenza S 1 .
*(13.3) Dimostrare che P1 (C) è omeomorfo alla sfera S 2 .
*(13.4) Dimostrare che tutti gli spazi proiettivi Pn (R) e Pn (C), per n ≥ 1, sono compatti.
(Suggerimento: invece che considerare lo spazio proiettivo come quoziente di Rn+1 r {0} con
l’azione del gruppo moltiplicativo R∗ , si può considerare il quoziente solo della sfera S n ⊂ Rn+1
di equazione x20 + x21 + · · · + x2n , che è compatta. . . e quindi l’immagine di un compatto mediante
la mappa (continua) quoziente è . . . )
(13.5) Dimostrare che A2 (R) è omeomorfo ad un disco aperto, e che quindi P2 (R) si può
scrivere come unione disgiunta di un disco aperto (la carta affine) e la retta di punti all’infinito
(che, siccome è omeomorfa a P1 (R), è omeomorfa a una circonferenza S 1 ).
(13.6) Dimostrare che ogni sottospazio proiettivo L ⊂ Pn (K) di dimensione d è omeomorfo
allo spazio proiettivo Pd (K).
(13.7) Si considerino i punti [1 : 2 : 3], [2 : 3 : 1] e [3 : 1 : 2] di P2 (R). Dimostrare che non
sono allineati (cioè che non c’è una retta proiettiva che passa per i tre punti). Sono punti
impropri per la carta affine {[1 : x : y] : x, y ∈ R} ⊂ P2 (R)?
(13.8) Si consideri il piano proiettivo P2 (R) con carta affine A2 (R) = {[1 : x : y]} come
nell’esercizio precedente. Esiste una retta in A2 (R) che ha come punti impropri [0 : 1 : 0] e
[0 : 0 : 1]?
(13.9) Dimostrare che ogni retta del piano affine ha uno e uno solo punto all’infinito, in
qualsiasi chiusura proiettiva.
(13.10) Dimostrare che due rette distinte del piano proiettivo P2 (K) hanno sempre uno e un
solo punto in comune (e quindi non ci sono rette parallele).
(13.11) Dimostrare che due rette parallele di A2 (K) hanno lo stesso punto all’infinito in
qualsiasi chiusura proiettiva di A2 (K) (cioè dimostrare che due rette con punti all’infinito
distinti si devono incontrare).
(13.12) Dimostrare che per due punti distinti di Pn (K) passa e una sola retta (sottospazio
proiettivo di dimensione 1).
(13.13) Sia S ⊂ Pn (K) il sottoinsieme di Pn (K) definito come segue: presi in Pn (K) d + 1
punti [p0 ], [p1 ], . . . , [pd ], i punti di S sono quelli che si possono scrivere (in coordinate omogenee)
come combinazioni lineari
[λ0 p0 + λ1 p1 + · · · + λd pd ]
per certi coefficienti λi ∈ K non tutti nulli. Dimostrare che S è un sottospazio proiettivo e
che ogni sottospazio proiettivo di Pn (K) si può scrivere in questo modo. (Vedi la definizione
(21.19 ))
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D.L. Ferrario
Geometria e Topologia I
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(13.14) Dimostrare che il sottospazio (proiettivo) di Pn (K) generato da d + 1 punti è il più
piccolo sottospazio proiettivo che contiene tutti i d + 1 punti.
(13.15) Dimostrare che esiste uno ed un unico sottospazio proiettivo di dimensione d che
passa per d + 1 punti di Pn (K) linearmente indipendenti.
(13.16) Dimostrare che una retta proiettiva è generata da due suoi punti distinti.
(13.17) Dimostrare che se un sottospazio proiettivo S di Pn (K) passa per d + 1 punti, allora
S contiene il sottospazio proiettivo generato dai d + 1 punti (cioè l’unico spazio proiettivo di
dimensione d dell’esercizio (13.15)).
1
(13.18) Scrivere la proiezione prospettica con centro nel punto
∈ A2 (R), dalla retta di
1
equazione {(x, y) ∈ A2 (R) : y = 0} alla retta di equazione (x, y) ∈ A2 (R) : x = 0}.
(13.19) Si scriva in coordinate affini (rispetto ad una carta) la proiezione prospettica di P2 (R)
dove Q = [0 : 1 : 1], H = {[x0 : x1 : x2 ] ∈ P2 (R) : x1 = 0} e H 0 = {[x0 : x1 : x2 ] ∈ P2 (R) : x2 =
0}. È una trasformazione affine di H in H 0 ?
(13.20) Determinare le equazioni omogenee (in P2 (R)) della retta di A2 (R) di equazione
x + y = y − 1. Qual è il suo punto all’infinito?
(13.21) Si considerino le rette di A2 (R) di equazione y = x + b, con b ∈ R. Calcolare, al
variare di b, le coordinate (omogenee) del punto all’infinito della retta.
(13.22) Si considerino le rette di A2 (R) di equazione y = mx, con m ∈ R, m 6= 0. Calcolare,
al variare di m, le coordinate (omogenee) del punto all’infinito della retta.
*(13.23) Determinare le proiettività : P2 (R) → P2 (R) che fissano la retta (impropria) {x0 = 0}
(cioè ogni punto della retta impropria viene mandato in sé).
(13.24) È possibile scrivere una traslazione di A2 (R) come restrizione ad una carta affine di
una proiettività di P2 (R)?
0
1
0
0
(13.25) Esiste una proiettività che manda i punti
,
,
di una carta affine in
,
0
0
1
0
1
2
e
?
0
0
*(13.26) Sia An (K) ⊂ Pn (K) una carta affine e T : An (K) → An (K) una affinità. Determinare
(in un sistema di riferimento fissato, se si crede) una proiettività P che manda An (K) in sé
(e quindi l’iperpiano dei punti impropri in sé) e che ristretta a An (K) sia proprio uguale a T .
(Suggerimento: Si scriva T come x 7→ Ax + b per una matrice A e un vettore b. Nel cercare la
matrice F corrispondente della proiettività (che sarà una matrice (n + 1) × (n + 1)), si osserva
che se l’iperpiano dei punti impropri va in sé, allora la prima riga di F ha un solo termine
non zero. . . e a meno di moltiplicare F per una costante si può supporre questo termine uguale
a 1 . . . poi si utilizzano b e A per riempire la matrice. Provare cone matrici 3 × 3 all’inizio. )
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Geometria e Topologia I
Coniche proiettive
(22.1) Definizione. Sia K[x0 , x1 , . . . , xn ] l’anello dei polinomi nelle indeterminate (variabili)
x0 , x1 , . . . , xn . Un polinomio di K[x0 , x1 , . . . , xn ] si dice omogeneo se tutti i suoi monomi
hanno lo stesso grado.
(22.2) Nota. L’insieme costituito dal polinomio nullo e da tutti i polinomi omogenei di grado
d fissato è uno spazio vettoriale rispetto alla somma di polinomi; una base è costituita da tutti
i monomi (con coefficienti 1) di grado d. Per esempio, se d = 2 i seguenti monomi costituiscono
una base:
x20 , x21 , x22 , x0 x1 , x0 x2 , x1 x2 .
(22.3) Un polinomio p(x0 , x1 , . . . , xn ) non nullo di K[x0 , x1 , xn ] è omogeneo di grado d se e
solo se per ogni t ∈ K si ha
p(tx0 , tx1 , . . . , txn ) = td p(x0 , x1 , . . . , xn ).
Dimostrazione. Se p è omogeneo, cioè somma di monomi di grado d, allora la proprietà è vera
dato che lo è per monomi di grado d. Viceversa, raggruppando i monomi dello stesso grado
possiamo scrivere p = f0 + f1 + f2 + · · · + fl , dove ogni fi è omogeneo di grado i. Ma se per
ogni t ∈ K si ha p(tx) = td p(x) (qui scriviamo x = (x0 , x1 , . . . , xn ) in forma vettoriale per
brevità), allora
f (tx) = f0 (tx) + f1 (tx) + f2 (tx) + · · · + fl (tx) = f0 (x) + tf1 (x) + t2 f2 (x) + · · · + tl fl (x)
td f (x) = td f0 (x) + td f1 (x) + td f2 (x) + · · · + td fl (x).
Osserviamo che possiamo considerare f (tx) e td f (x) come polinomi in K[t], considerando x
come coefficiente fissato. Ma i polinomi
f0 (x) + tf1 (x) + t2 f2 (x) + · · · + tl fl (x) = td f0 (x) + td f1 (x) + td f2 (x) + · · · + td fl (x)
coincidono se e soltanto se i coefficienti dei monomi (in t) con lo stesso grado coincidono:
quindi deve essere che tutti gli fi sono zero tranne fd , cioè p = fd (ovvero, p è omogeneo di
grado d).
q.e.d.
Consideriamo il piano proiettivo P2 (K) reale (K = R) o complesso (K = C).
(22.4) Definizione. Una conica di P2 (K) è l’insieme delle soluzioni dell’equazione (detta
equazione della conica)
f (x0 , x1 , x2 ) = 0,
dove f è un polinomio omogeneo a coefficienti in K di grado 2.15
(22.5) Esempio. Le seguenti sono equazioni omogenee (nelle coordinate omogenee [u : x : y])
di coniche in P2 (R):
(i) x2 + y 2 = u2 ;
15
In molti testi si definisce l’insieme delle soluzioni come supporto della curva, mentre la curva è la classe
di equivalenza del polinomio f costituita da f e da tutti i suoi multipli scalari – come per i punti dello spazio
proiettivo. Questa definizione sarebbe più appropriata, perché tiene conto della molteplicità delle soluzioni, in
casi degeneri, anche se accade che una conica possa ridursi ad un punto o all’insieme vuoto.
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(ii) x2 + y 2 − xu = xy;
(iii) x2 + xy − y 2 = ux;
(22.6) Definizione. Due coniche C, C 0 ⊂ P2 (K) sono proiettivamente equivalenti se esiste
una proiettività T : P2 (K) → P2 (K) tale che T (C) = C 0 .
(22.7) Sia p(x) = 0 l’equazione di una conica in P2 (K), con x = [x0 : x1 : x2 ]. Allora esiste
una matrice 3 × 3 con coefficienti in K (unica – a meno di fattore scalare in K ∗ ) A = (ai,j )
simmetrica tale che l’equazione della conica si scrive come p(x) = txAx = 0, cioè

 
a
a
a
x0
0,0
0,1
0,2
x0 x1 x2 a1,0 a1,1 a1,2  x1  = 0
a2,0 a2,1 a2,2
x2
Dimostrazione. Sia p(x) il polinomio omogeneo di grado 2 con coefficienti a, b, c, d, e, f in K,
cioè
p(x0 , x1 , x2 ) = ax20 + bx21 + cx22 + dx0 x1 + ex0 x2 + f x1 x2 .
D’altro canto si ha
t
xAx = x0 x1


a
x
+
a
x
+
a
x
0,0
0
0,1
1
0,2
2
x2 a1,0 x0 + a1,1 x1 + a1,2 x2 
a2,0 x0 + a2,1 x1 + a2,2 x2
=x0 (a0,0 x0 + a0,1 x1 + a0,2 x2 ) + x1 (a1,0 x0 + a1,1 x1 + a1,2 x2 ) + x2 (a2,0 x0 + a2,1 x1 + a2,2 x2 )
=a0,0 x20 + a0,1 x0 x1 + a0,2 x0 x2 + a1,0 x0 x1 + a1,1 x21 + a1,2 x1 x2 + a2,0 x0 x2 + a2,1 x1 x2 + a2,2 x22
=a0,0 x20 + a1,1 x21 + a2,2 x22 + (a0,1 + a1,0 )x0 x1 + (a0,2 + a2,0 )x0 x2 + (a1,2 + a2,1 )x1 x2
Basta quindi porre a0,0 = a, a1,1 = b, a2,2 = c, a0,1 = a1,0 = d/2, a0,2 = a2,0 = e/2 e
a1,2 = a2,1 = f /2.
q.e.d.
(22.8) Definizione. La matrice simmetrica A della proposizione (22.7) si dice matrice associata alla equazione della conica.
(22.9) Sia T : P2 (K) → P2 (K) una proiettività (isomorfismo proiettivo). Se p(x) = 0 è
l’equazione della conica C, allora p(T −1 x) = 0 è l’equazione della conica T (C). La matrice
t
associata al polinomio omogeneo di secondo grado p(T −1 x) è uguale a T −1 AT −1 , dove A è la
matrice associata al polinomio p(x).
Dimostrazione. Ricordiamo che la proiettività si scrive come matrice 3 × 3 invertibile a coefficienti in K, per cui possiamo scrivere, semplificando, T (x) = T x e T −1 x = T −1 (x). Sia
C 0 = {x = [x0 : x1 : x2 ] ∈ P2 (K) : p(T −1 x) = 0}. Osserviamo che se x ∈ C (cioè p(x) = 0), si
ha che p(T −1 T x) = 0, cioè T x è un punto di C 0 . In altre parole, T (C) ⊂ C 0 . Analogamente
T −1 (C 0 ) ⊂ C, e quindi T (C) = C 0 . Sia A la matrice (simmetrica) associata a p(x), e quindi
p(x) = txAx. Allora si ha
t
p(T −1 x) = (T −1 x)AT −1 x
t
= tx T −1 AT −1 x.
q.e.d.
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(22.10) Nota. Se T è una matrice in GL(3, K), segue dalla dimostrazione della proposizione
precedente che le coniche di equazioni
xAx = 0 txtT AT x = 0
t
sono proiettivamente equivalenti.
Ricordiamo ora alcuni teoremi relativi alle matrici simmetriche con coefficienti in K (forme
bilineari simmetriche):
(22.11) Ogni forma bilineare simmetrica A su K n è diagonalizzabile, cioè se A è una matrice
n × n simmetrica allora esiste una matrice M ∈ GL(n, K) tale che tM AM è diagonale.
(22.12) Se K è algebricamente chiuso (per esempio K = C), per ogni forma bilineare simmetrica A esiste M ∈ GL(n, K) tale che tM AM è diagonale e gli elementi della diagonale
sono tutti 1 oppure 0, cioè
Ir 0
t
M AM =
0 0
dove Ir è la matrice identica r × r e il resto della matrice ha coefficienti nulli (r è il rango di
A).
(22.13) (Sylvester) Se K = R, per ogni forma bilineare simmetrica A esiste M ∈ GL(n, K)
tale che tM AM è diagonale e gli elementi della diagonale sono tutti ±1 oppure 0, cioè


Ip
0
0
t
M AM =  0 −Ir−p 0
0
0
0
dove Ip è la matrice identica p × p, Ir−p analoga e il resto della matrice ha coefficienti nulli.
22.1
Classificazione proiettiva delle coniche
(22.14) Teorema (Forme canoniche su R). Consideriamo le seguenti equazioni di coniche
in P2 (R):
(i) x20 + x21 + x22 = 0 (conica senza punti reali: ∅).
(ii) x20 + x21 − x22 = 0 (conica non degenere).
(iii) x20 + x21 = 0 (conica degenere: un punto [0 : 0 : 1]).
(iv) x20 − x21 = 0 (conica degenere: due rette x0 = x1 , x0 = −x1 ).
(v) x20 = 0 (conica doppiamente degenere: due rette coincidenti x0 = 0, x0 = 0).
Ogni conica C ⊂ P2 (R) è proiettivamente equivalente ad una e una sola delle coniche 1, 2, 3,
4. 5.
Dimostrazione. Abbiamo visto sopra che ogni conica nel piano proiettivo può essere riscritta,
mediante una proiettività, come una delle coniche dell’elenco. Dobbiamo mostrare che non
sono proiettivamente equivalenti per stabilire l’unicità della forma canonica. È chiaro che la
3 non è equivalente alle altre, dato che è formata da solo un punto mentre le altre hanno
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infiniti punti. Dato che una proiettività porta rette in rette, 4 e 5 non sono equivalenti: altrimenti la proiettività trasformerebbe una retta nell’unione di due rette distinte, cioè una
retta coinciderebbe con l’unione di due rette distinte. Per concludere la dimostrazione dobbiamo dimostrare che la conica generica non è proiettivamente equivalente né ad una retta
né all’unione di due rette (cioè che l’insieme delle soluzioni di una equazione con matrice non
singolare non può essere proiettivamente equivalente all’insieme di soluzioni di una equazione
con matrice singolare). Mostriamo a questo scopo che l’intersezione di una retta con una
conica non degenere ha sempre solo al massimo un numero finito di punti. A meno di un
cambio di coordinate x = x0 + x1 , y = x0 − x1 e z = x2 possiamo supporre che l’equazione
della conica sia xy − z 2 = 0. L’equazione di una retta generica l in coordinate omogenee è
ax + by + cz = 0. Consideriamo la carta affine di coordinate [x : y : 1]. Se la retta l coincide
con la retta all’infinito (di equazione z = 0), allora le intersezioni sono i due punti [0 : 1 : 0]
e [1 : 0 : 0]. Altrimenti, se assumiamo che l’intersezione tra la conica e la retta è composta
da infiniti punti, allora ce ne sono infiniti nella parte affine dell’intersezione, dal momento che
l’intersezione della conica con l e con la retta all’infinito è contenuta nell’intersezione di l con
la retta all’infinito, che ha un punto solo. Ma nella carta affine le intersezioni sono le soluzioni
del sistema di equazioni
(
xy = 1
ax + by + c = 0
con a oppure b diversi da zero. Questo può avere infinite soluzioni soltanto per a = b = c = 0,
contro l’ipotesi.
q.e.d.
(22.15) Teorema (Forme canoniche su C). Consideriamo le seguenti equazioni di coniche
in P2 (C):
(i) x20 + x21 + x22 = 0 (conica generica non degenere).
(ii) x20 + x21 = 0 (conica degenere: due rette).
(iii) x20 = 0 (conica doppiamente degenere: due rette coincidenti x0 = 0, x0 = 0).
Ogni conica C ⊂ P2 (C) è proiettivamente equivalente ad una e una sola delle coniche 1, 2, 3.
Dimostrazione. Dato che C è algebricamente chiuso, si può usare la classificazione delle forme
bilineari simmetriche su C di (22.12) per vedere che ogni conica di P2 (C) è proiettivamente
equivalente ad una delle tre coniche dell’elenco (in funzione del rango della matrice associata).
Poi si prosegue come nella dimostrazione della proposizione precedente (vedi anche esercizio
(14.9)).
q.e.d.
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Geometria e Topologia I
Coniche affini e coniche euclidee
Se C ⊂ P2 (K) è una conica proiettiva (dove K = R oppure K = C) e A20 (K) è una carta
affine di P2 (K), allora l’intersezione C ∩ A20 (K) si dice conica affine, o anche parte affine (al
finito) della conica C. Se K = R e A20 (K) è anche euclideo, allora l’intersezione si dice conica
euclidea. Il problema della classificazione è analogo a quello della classificazione proiettiva:
diciamo che due coniche affini Γ e Γ0 sono affinemente equivalenti (oppure, equivalenti dal
punto di vista affine) se esiste una affinità T : A20 (K) → A20 (K) tale che T (Γ) = Γ0 .
(23.1) Se T : A20 (K) → A20 (K) è una affinità, allora esiste una proiettività f : P2 (K) → P2 (K)
che manda A20 (K) in A20 (K) (e la retta all’infinito nella retta all’infinito) tale che per ogni
x = (x1 , x2 ) ∈ A20 (K) si ha T (x) = f ([1 : x1 : x2 ]). Viceversa, ogni proiettività che manda la
carta affine in sé induce (nello stesso modo) una affinità sulla carta affine.
Dimostrazione. La trasformazione affine si scrive come
x1
a1,1 a1,2 x1
b
7→
+ 1
x2
a2,1 a2,2 x2
b2
per certi coefficienti ai,j e bi . Ma questo si può scrivere, aggiungendo la terza coordinata
x0 = 1, anche come
 

 
1
1 0
0
1
x1  7→ b1 a1,1 a1,2  x1 
x2
b2 a2,1 a2,2
x2


1 0
0

Se M è la matrice b1 a1,1 a1,2 , si vede subito che è invertibile se e solo se A è invertibile, per
b2 a2,1 a2,2
cui la matrice M induce una proiettività M : P2 (K) → P2 (K), che manda la retta all’infinito
(di equazione x0 = 0) in se stessa, e il piano A20 (K) = {[x0 : x1 : x2 ] : x0 6= 0} in sé. Viceversa,
è facile vedere che una proiettività che manda la retta all’infinito in sé, in particolare deve
mandare i punti [0 : 1 : 0] e [0 : 0 : 1] nella retta all’infinito, per cui la matrice di una
proiettività di questo tipo si scrive come


m1,1 0
0
m2,1 a2,2 a2,3 
m3,1 a3,2 a3,3
Ma m1,1 6= 0, altrimenti la matrice è singolare, e dato che la proiettività è definita a meno
di una costante, si può supporre (dividendo per m1,1 tutti i coefficienti mi,j ) senza perdere in
generalità che m1,1 = 1.
q.e.d.
(23.2) Teorema (Forme canoniche su affini reali). Consideriamo le seguenti equazioni
di coniche in A2 (R):
(i) x2 + y 2 − 1 = 0 (ellisse/circonferenza).
(ii) x2 − y 2 = 1 (iperbole).
(iii) y − x2 = 0 (parabola).
(iv) x2 − y 2 = 0 (iperbole degenere: due rette secanti).
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(v) x2 = 1 (parabola degenere: due rette parallele).
(vi) x2 = 0 (conica doppiamente degenere: due rette coincidenti).
Ogni conica C ⊂ A2 (R) con più di un punto è affinemente equivalente ad una e una sola delle
coniche dell’elenco.
Dimostrazione. Scriviamo l’equazione (affine) della conica come
xM x + 2tbx + c = 0,
t
dove M è una matrice simmetrica 2 × 2, b un vettore 2 × 1 e c uno scalare. Se cambiamo
variabile mediante una affinità del tipo x = Ay (dove A è invertibile), allora l’equazione diventa
y AM Ay + 2tbAy + c = 0.
t t
Possiamo quindi diagonalizzare
M mediante
la matrice A (teorema di Sylvester), e supporre
m1,1
0
che M è diagonale M =
. Tramite una traslazione del tipo y = v + z possiamo
0 m2,2
poi trasformare l’equazione in
(tv + tz)M (v + z) + 2tb(v + z) + c = 0.
vM v + 2tvM z + tzM z2tbv + 2tbz + c = 0
t
zM z2tvM z + 2tbz + tvM v + 2tbv + +c = 0.
t
Se det(M ) 6= 0 (cioè M è invertibile), basta prendere v tale che 2tvM +2tb = 0, per trasformare
l’equazione in
t
zM z tvM v + 2tbv + +c = 0,
cioè esistono tre costanti a1 , a2 e a3 tali che l’equazione diventa
a1 z12 + a2 z22 + a3 = 0.
Abbiamo mostrato che se det(M ) 6= 0 si può comunque diagonalizzare la matrice mediante
trasformazioni affini. Se invece det(M ) = 0 (se M non è invertibile), potrebbe essere che non
esiste tale v. Dal momento che M è diagonale,
m1,1 0
t
t
+ b1 b2
vM + b = v1 v2
0 0
= m1,1 v1 + b1 b2
quindi almeno è possibile trovare v per cui m1,1 v1 + b1 = 0: l’equazione quindi, dopo la
traslazione, si può scrivere come
m1,1 x21 + 2b2 x2 + c = 0.
per una certa costante c. Ulteriori cambi di coordinate (tenendo conto che si possono prendere
radici quadrate di numeri positivi) ci portano alla lista dell’enunciato.
q.e.d.
(23.3) Teorema (Forme canoniche su affini euclidee). Consideriamo le seguenti equazioni di coniche in E2 , per a, b > 0:
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(i)
x2
a2
+
y2
b2
= 1 (ellisse/circonferenza).
(ii)
x2
a2
−
y2
b2
= 1 (iperbole).
Geometria e Topologia I
(iii) y = ax2 (parabola).
Ogni conica C ⊂ A2 (R) non degenere con più di un punto è isometrica (congruente) ad una
e una sola delle coniche dell’elenco.
Dimostrazione. Il procedimento è come quello della dimostrazione del teorema precedente,
con la limitazione che si deve diagonalizzare M mediante trasformazioni ortogonali e che
le similitudini non si possono più usare (si possono usare solo traslazioni e trasformazioni
ortogonali). I dettagli della dimostrazione si possono facilmente dedurre dal procedimento
usato sopra (vedi esercizio (14.12)).
q.e.d.
(23.4) Nota. Supponiamo che A2 (R) = A20 (R) ⊂ P2 (R). Sia


a0,0 a0,1 a0,2
M = a1,0 a1,1 a1,2 
a2,0 a2,1 a2,2
la matrice
associata
all’equazione di una conica affine, C il suo completamento proiettivo, e
a1,1 a1,2
A=
il minore 2x2. Si può vedere che, mediante una trasfomazione affine, A viene
a2,1 a2,2
trasformata in A0 = tT AT , per cui il segno e la nullità di det(A) vengono conservati. Si può
dimostrare (vedi esercizio (14.10) che se C è una conica non degenere allora


det(A) = 0 se C è una parabola
det(A) < 0 se C è una iperbole


det(A) > 0 se C è un’ellisse
Lo stesso vale per coniche euclidee.
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Esercizi: foglio 14
*(14.1) Sia f : R → R una funzione derivabile e con derivata continua (C 1 ) tale che per un
certo k ∈ R ∀λ ∈ R, ∀x ∈ R, f (λx) = λk f (x) (f è omogenea di grado k). Dimostrare che
l’identità di Eulero è soddisfatta:
∀x ∈ R, xf 0 (x) = kf (x).
Scrivere una identità analoga per le derivate successive, per funzioni di classe C p omogenee di
grado k. Dedurre che se f è omogenea di grado k e di classe C k allora f (x) = xk . Mostrare
che la condizione di essere di classe C k è necessaria.
(14.2) Dimostrare che non esiste una proiettività T : P2 (K) → P2 (K) che manda una retta r
nell’unione di due rette distinte s, s0 ⊂ P2 (K), cioè T (r) = s ∪ s0 .
(14.3) Dimostrare che l’intersezione tra la conica di equazione xy = z 2 in P2 (R) e la retta
(generica) di equazione ax + by + cz = 0 è composta da 0, 1 oppure 2 punti.
(14.4) Considerare la conica Γ in A2 (R) di equazione y = x2 . Sia C la chiusura proiettiva
(aggiungendo una terza variabile z e omogeneizzando l’equazione) di Γ in P2 (R). Determinare
l’intersezione tra C e la retta all’infinito.
*(14.5) Dimostrare che se una retta ha un solo punto di intersezione con una conica, allora è
tangente. (Suggerimento: la definizione di tangente ad una curva in un punto è. . . )
(14.6) Scrivere le equazioni di una proiettività che manda la conica di equazioni x2 + y 2 = z 2
nella conica di equazioni yz = x2 .
(14.7) Determinare se la conica di equazione
x2 + 5y 2 + 7z 2 + 8xy + 10xz + 11yz = 0
è degenere oppure no.
*(14.8) Dimostrare che una conica e una retta in P2 (C) hanno sempre almeno un punto di
intersezione e non più di due punti di intersezione.
(14.9) Dimostrare che le coniche di P2 (C) di equazioni x20 + x21 + x22 = 0, x20 + x21 = 0 e x20 = 0
non sono proiettivamente equivalenti. (Questo conclude la dimostrazione della classificazione
delle coniche di P2 (C) (proposizione (22.15 )))
*(14.10) Dimostrare che, a seguito della classificazione delle coniche affini reali (23.2), una
conica non degenere è parabola, ellisse o iperbole a seconda che la matrice 2x2 ottenuta
considerando la parte omogenea di secondo grado dell’equazione ha determinante det(A) = 0,
det(A) > 0 oppure det(A) < 0, e che è degenere se e solo se il determinante della matrice
associata è 0.
(14.11) Dimostrare che ogni conica affine si può scrivere con l’equazione
xM x + 2tbx + c = 0,
t
dove M è una matrice simmetrica 2 × 2, b un vettore 2 × 1 e c uno scalare.
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Geometria e Topologia I
*(14.12) Completare i dettagli della dimostrazione del teorema (23.3): ogni conica non degenere in E2 è isometrica ad una conica tra le seguenti:
(i)
x2
a2
+
y2
b2
= 1 (ellisse/circonferenza).
(ii)
x2
a2
−
y2
b2
= 1 (iperbole).
(iii) y = ax2 (parabola).
(14.13) Determinare se la conica di equazione
20x2 − 12xy + 5y 2 − 1 = 0
è degenere, e se non lo è determinare di quale tipo si tratti (iperbole,ellisse,parabola).
(14.14) Scrivere l’equazione della conica seguente in forma canonica:
16xy + 8x − 8y 2 = 4y + 1
(14.15) Scrivere l’equazione della conica seguente in forma canonica:
5y + y − 4x2 − 4xy − y 2 = 1
*(14.16) Siano F1 e F2 due punti di E2 . Determinare il luogo di punti P tali che la somma
delle distanze |P − F1 | + |P − F2 | è costante (i due punti si dicono fuochi ). (Suggerimento:
basta considerare il caso in cui F1 e F2 giacciono su uno degli assi, e il loro punto medio è
l’origine. Allora le coordinate . . . )
*(14.17) Siano F1 e F2 due punti di E2 (detti fuochi ). Determinare il luogo di punti P tali
che la differenza delle distanze |P − F1 | − |P − F2 | è costante.
*(14.18) Sia F un punto di E2 , d una retta (chiamata direttrice) non passante per F e e una
costante positiva. Determinare il luogo di tutti i punti di E2 tali che il rapporto della distanza
tra punto e F con la distanza tra il punto e d è uguale alla costante e (chiamata eccentricità).
Studiare, al variare di e, il tipo della curva ottenuta. (Suggerimento: prendendo un opportuno
sistema di riferimento, si può assumere che la retta d e il punto F abbiano coordinate . . . Poi
osservare che se l’eccentricità è 1 per la parabola, < 1 per l’ellisse e > 1 per l’iperbole).
x2 y 2
+
=
(14.19) Calcolare le coordinate dei fuochi e l’eccentricità della conica di equazione
9 16
1.
(14.20) Determinare l’intersezione della conica di equazione
x2 + xy + y 2 + x + y + 1 = 0
con la retta di equazione x + y = −1.
(14.21) Sia y = x2 la parabola di A2 (R). Nella chiusura proiettiva, quante sono le intersezioni
della parabola con la retta all’infinito? E per l’iperbole?
*(14.22) È possibile distinguere tra una ellisse e una iperbole in A2 (C)? Come si potrebbero
definire?
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Geometria e Topologia I
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Riferimenti bibliografici
Testi consigliati
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[2] H.S.M.Coxeter: Introduction to geometry. John Wiley and Sons, 1961, 1969, 1989.
[3] M.Nacinovich: Elementi di geometria analitica. Serie di matematica e fisica, 1996.
Approfondimenti
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D.L. Ferrario
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Indice analitico
A
proiettiva: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 94 (2006-mag-30)
circonferenza: . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 104, 105 (2006-giu-13)
classificazione
delle coniche affini: . . . . . . . . . . . . pag. 107 (2006-giu-13)
delle coniche affini euclidee: . . . . pag. 105 (2006-giu-13)
delle coniche affini reali: . . . . . . . pag. 104 (2006-giu-13)
proiettiva delle coniche: . . . . . . . . pag. 102 (2006-giu-13)
clopen: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 41 (2006-apr-11)
cofattori
di una matrice: . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 49 (2006-apr-18)
compattezza
degli intervalli chiusi di R: . . . . . . . pag. 38 (2006-apr-4)
degli spazi proiettivi: . . . . . . . . . . pag. 98 (2006-mag-31)
compatto
insieme di R: . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 (2006-mar-28)
per successioni: . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 35 (2006-apr-4)
spazio topologico: . . . . . . . . . . . . . . pag. 29 (2006-mar-28)
complementare: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 6 (2006-mar-07)
di un aperto: . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 14 (2006-mar-14)
di un chiuso: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 14 (2006-mar-14)
complemento: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 6 (2006-mar-07)
complemento ortogonale: . . . . . . . . . . . . pag. 87 (2006-mag-24)
completezza: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 56 (2006-apr-26)
(non) dei numeri razionali: . . . . . pag. 57 (2006-apr-26)
dei numeri reali: . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 57 (2006-apr-26)
di Dedekind: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 (2006-mar-28)
componenti
connesse: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 44 (2006-apr-11)
pag. 46 (2006-apr-12)
composizione
di funzioni continue: . . . . . . . . . . . pag. 21 (2006-mar-21)
congiunzione:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 2 (2006-mar-05)
conica: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 100 (2006-giu-13)
affine: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 104 (2006-giu-13)
degenere: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 102 (2006-giu-13)
doppiamente degenere: . . . . . . . . pag. 102 (2006-giu-13)
euclidea: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 104 (2006-giu-13)
non degenere:. . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 102 (2006-giu-13)
senza punti reali: . . . . . . . . . . . . . . pag. 102 (2006-giu-13)
connessione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 41 (2006-apr-11)
degli intervalli: . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 46 (2006-apr-12)
dei numeri razionali: . . . . . . . . . . . . pag. 46 (2006-apr-12)
di Rn : . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 43 (2006-apr-11)
connessione per archi
degli aperti connessi di Rn : . . . . . pag. 45 (2006-apr-11)
di uno spazio connesso: . . . . . . . . . pag. 44 (2006-apr-11)
connesso: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 41 (2006-apr-11)
per archi: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 44 (2006-apr-11)
connettivi logici: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
continuità: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7 (2006-mar-8)
di funzioni su spazi metrici: . . . . . . pag. 9 (2006-mar-8)
di una funzione tra spazi topologici: . . . . . . . . . . pag. 21
(2006-mar-21)
contrimmagine
di aperti:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 9 (2006-mar-8)
controimmagine: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 6 (2006-mar-07)
di un chiuso: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 15 (2006-mar-14)
di un intorno circolare: . . . . . . . . . . . pag. 8 (2006-mar-8)
di un sottospazio affine:. . . . . . . .pag. 81 (2006-mag-17)
coordinate omogenee: . . . . . . . . . . . . . . . pag. 91 (2006-mag-30)
coppie ordinate: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5 (2006-mar-07)
accumulazione
punto di: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 14 (2006-mar-14)
affine
spazio: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 62 (2006-mag-3)
affinità: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 73 (2006-mag-16)
allineati
punti: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 70 (2006-mag-9)
angoli: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 87 (2006-mag-24)
aperta
funzione:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 21 (2006-mar-21)
aperti
di una topologia:. . . . . . . . . . . . . . .pag. 16 (2006-mar-15)
disgiunti: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 41 (2006-apr-11)
aperto
di uno spazio metrico: . . . . . . . . . . . . pag. 8 (2006-mar-8)
arco: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 44 (2006-apr-11)
assioma
delle parallele: . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 77 (2006-mag-17)
assiomi
del campo dei numeri reali: . . . . pag. 28 (2006-mar-28)
di gruppo: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 48 (2006-apr-18)
di Kuratowski: . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 19 (2006-mar-15)
di una topologia:. . . . . . . . . . . . . . .pag. 16 (2006-mar-15)
associativa
operazione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 48 (2006-apr-18)
automorfismo
affine: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 73 (2006-mag-16)
azione
antipodale: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 54 (2006-apr-19)
di gruppi: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 51 (2006-apr-19)
di un gruppo topologico:. . . . . . . .pag. 52 (2006-apr-19)
pag. 62 (2006-mag-3)
fedele: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 51 (2006-apr-19)
transitiva: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 51 (2006-apr-19)
B
baricentro: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 69 (2006-mag-9)
base
di una topologia:. . . . . . . . . . . . . . .pag. 17 (2006-mar-15)
Bolzano-Weierstrass: . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 35 (2006-apr-4)
bottiglia
di Klein: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 39 (2006-apr-5)
C
cammino: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 44 (2006-apr-11)
campo: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 (2006-mar-28)
degli scalari: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 62 (2006-mag-3)
dei coefficienti:. . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 62 (2006-mag-3)
ordinato: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 (2006-mar-28)
Cantor, G.: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5 (2006-mar-07)
carta affine: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 92 (2006-mag-30)
Cauchy
successione di: . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 (2006-mar-28)
Cauchy-Schwartz: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 82 (2006-mag-23)
Chasles, M.: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 63 (2006-mag-3)
chiusa
funzione:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 21 (2006-mar-21)
chiusi
insieme dei: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 14 (2006-mar-14)
chiuso: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 14 (2006-mar-14)
di uno spazio topologico: . . . . . . . pag. 17 (2006-mar-15)
e limitato: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 37 (2006-apr-4)
insieme: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 14 (2006-mar-14)
chiusura: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 14 (2006-mar-14)
pag. 17 (2006-mar-15)
dei razionali in R: . . . . . . . . . . . . . . pag. 26 (2006-mar-22)
di un sottogruppo:. . . . . . . . . . . . . .pag. 54 (2006-apr-19)
D
Dedekind: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 (2006-mar-28)
pag. 60 (2006-apr-26)
determinante: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 49 (2006-apr-18)
diagonalizzabilità
di una matrice simmetrica: . . . . pag. 102 (2006-giu-13)
dimensione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 70 (2006-mag-9)
110
Geometria e Topologia I
111
dipendenti
punti di uno spazio affine: . . . . . . pag. 70 (2006-mag-9)
direttrice
di una conica: . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 108 (2006-giu-13)
disgiunzione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
esclusiva: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
distanza: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7 (2006-mar-8)
di un punto da un sottoinsieme:pag. 87 (2006-mag-24)
minima da un piano: . . . . . . . . . . pag. 88 (2006-mag-24)
disuguaglianza
triangolare: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7 (2006-mar-8)
disuguaglianza triangolare: . . . . . . . . . . pag. 82 (2006-mag-23)
E
eccentricità
di una conica: . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 108 (2006-giu-13)
elemento neutro: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 48 (2006-apr-18)
ellisse: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 104, 105 (2006-giu-13)
enunciato: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
proprietà di un: . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
equazione
omogenea: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 94 (2006-mag-30)
omogenea di una conica: . . . . . . . pag. 100 (2006-giu-13)
omogeneizzata: . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 94 (2006-mag-30)
equazioni
cartesiane: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 74 (2006-mag-16)
parametriche: . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 74 (2006-mag-16)
equivalenti
metriche: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 10 (2006-mar-8)
equivalenza
affine di coniche:. . . . . . . . . . . . . . .pag. 104 (2006-giu-13)
proiettiva: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 95 (2006-mag-31)
proiettiva di coniche: . . . . . . . . . . pag. 101 (2006-giu-13)
relazione di: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 24 (2006-mar-22)
Erlangen
programma di: . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 62 (2006-mag-3)
espressioni
equivalenti: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
logiche: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
estremo
inferiore: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 33 (2006-mar-29)
pag. 41 (2006-apr-11)
inferiore delle distanza: . . . . . . . . pag. 87 (2006-mag-24)
superiore: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 33 (2006-mar-29)
pag. 41 (2006-apr-11)
Euclide
quinto postulato: . . . . . . . . . . . . . . pag. 77 (2006-mag-17)
Eulero:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 62 (2006-mag-3)
identità di: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 107 (2006-giu-13)
F
forma bilineare: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 82 (2006-mag-23)
forme canoniche
di coniche: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 102 (2006-giu-13)
di coniche affini euclidee: . . . . . . pag. 105 (2006-giu-13)
di coniche affini reali: . . . . . . . . . . pag. 104 (2006-giu-13)
formula
di Grassmann: . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 95 (2006-mag-31)
formula del parallelogramma: . . . . . . . pag. 82 (2006-mag-23)
funzione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 6 (2006-mar-07)
aperta: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 21 (2006-mar-21)
caratteristica: . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 20 (2006-mar-15)
chiusa: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 21 (2006-mar-21)
continua: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7 (2006-mar-8)
pag. 16 (2006-mar-15)
fuochi
di una conica: . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 108 (2006-giu-13)
G
giacitura: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 64 (2006-mag-3)
di un sottospazio affine: . . . . . . . . . pag. 68 (2006-mag-9)
D.L. Ferrario
Grassmann: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 95 (2006-mag-31)
formula di: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 78 (2006-mag-17)
gruppo: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 48 (2006-apr-18)
delle rotazioni del piano:. . . . . . . .pag. 53 (2006-apr-19)
delle rotazioni dello spazio: . . . . . pag. 53 (2006-apr-19)
delle simmetrie di un quadrato: . pag. 55 (2006-apr-19)
lineare: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 49 (2006-apr-18)
pag. 54 (2006-apr-19)
ortogonale: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 49 (2006-apr-18)
speciale ortogonale: . . . . . . . . . . . . . pag. 49 (2006-apr-18)
topologico: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 48 (2006-apr-18)
pag. 62 (2006-mag-3)
H
Hausdorff:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 28 (2006-mar-28)
Heine-Borel: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 35 (2006-apr-4)
I
identificazione
di punti in uno spazio topologico: . . . . . . . . . . . . . pag. 24
(2006-mar-22)
identità
di Eulero: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 107 (2006-giu-13)
immagine
di un compatto: . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 (2006-mar-28)
pag. 30 (2006-mar-28)
di un connesso: . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 42 (2006-apr-11)
di un intervallo chiuso: . . . . . . . . . pag. 28 (2006-mar-28)
di una rette con una mappa affine: . . . . . . . . . . . . pag. 75
(2006-mag-16)
implicazione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
doppia: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
incidenti: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 77 (2006-mag-17)
indipendenti
punti di uno spazio affine: . . . . . . pag. 70 (2006-mag-9)
insieme: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5 (2006-mar-07)
aperto: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 8 (2006-mar-8)
chiuso: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 14 (2006-mar-14)
dei laterali: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 55 (2006-apr-19)
delle parti: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 6 (2006-mar-07)
vuoto: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5 (2006-mar-07)
pag. 9 (2006-mar-8)
insiemi
complemento: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 6 (2006-mar-07)
disgiunti: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5 (2006-mar-07)
inclusionedi: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5 (2006-mar-07)
intersezione di: . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5 (2006-mar-07)
prodotto cartesiano:. . . . . . . . . . . . .pag. 5 (2006-mar-07)
unione di: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5 (2006-mar-07)
interno: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7 (2006-mar-8)
intersezione
di aperti:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 9 (2006-mar-8)
di insiemi: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5 (2006-mar-07)
di intorni: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 8 (2006-mar-8)
di rette proiettive: . . . . . . . . . . . . . pag. 96 (2006-mag-31)
finita: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 33 (2006-mar-29)
intervalli
connessione degli: . . . . . . . . . . . . . . pag. 41 (2006-apr-11)
nella retta reale: . . . . . . . . . . . . . . . pag. 20 (2006-mar-15)
intervallo
di razionali: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 37 (2006-apr-4)
in un insieme ordinato: . . . . . . . . . pag. 41 (2006-apr-11)
semiaperto: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 46 (2006-apr-12)
intorni
circolari, base: . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 17 (2006-mar-15)
intorno: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7 (2006-mar-8)
circolare: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7 (2006-mar-8)
in uno spazio topologico: . . . . . . . pag. 16 (2006-mar-15)
inversione
in un gruppo topologico:. . . . . . . .pag. 48 (2006-apr-18)
involuzione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 88 (2006-mag-24)
iperbole: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 104, 105 (2006-giu-13)
111
112
Geometria e Topologia I
iperpiani affini:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 68 (2006-mag-9)
iperpiano
dei punti impropri: . . . . . . . . . . . . pag. 92 (2006-mag-30)
proiettivo: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 92 (2006-mag-30)
isometria: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 82 (2006-mag-23)
come trasformazione affine: . . . . pag. 84 (2006-mag-23)
isomorfismo
affine: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 73 (2006-mag-16)
proiettivo: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 95 (2006-mag-31)
K
Klein: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 62 (2006-mag-3)
bottiglia di: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 39 (2006-apr-5)
Kuratowski: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 19 (2006-mar-15)
L
laterali
di un sottogruppo: . . . . . . . . . . pag. 54, 55 (2006-apr-19)
lineare
funzione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 73 (2006-mag-16)
linearmente dipendenti: . . . . . . . . . . . . . pag. 95 (2006-mag-31)
logica
bivalente: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
dei predicati:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 3 (2006-mar-05)
M
Möbius
nastro di: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 24 (2006-mar-22)
pag. 39 (2006-apr-5)
maggiorante: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 33 (2006-mar-29)
mappa
affine: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 73 (2006-mag-16)
diagonale: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 26 (2006-mar-22)
tra spazi topologici: . . . . . . . . . . . . pag. 21 (2006-mar-21)
massimo
di una funzione continua: . . . . . . pag. 28 (2006-mar-28)
pag. 38 (2006-apr-4)
matrice
associata ad una conica: . . . . . . . pag. 101 (2006-giu-13)
matrici
invertibili: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 49 (2006-apr-18)
metrica: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7 (2006-mar-8)
p-adica: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 11 (2006-mar-8)
discreta: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 10 (2006-mar-8)
esempi di:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 10 (2006-mar-8)
euclidea: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 10 (2006-mar-8)
prodotto: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 56 (2006-apr-26)
metriche
equivalenti: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 10 (2006-mar-8)
metrizzabile: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 (2006-mar-28)
pag. 33 (2006-mar-29)
spazio topologico: . . . . . . . . . . . . . . pag. 19 (2006-mar-15)
minimo
di una funzione continua: . . . . . . pag. 28 (2006-mar-28)
pag. 38 (2006-apr-4)
minorante: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 33 (2006-mar-29)
N
nastro
di Möbius: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 24 (2006-mar-22)
pag. 39 (2006-apr-5)
negazione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
norma:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 82 (2006-mag-23)
numeri reali: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 59 (2006-apr-26)
O
omeomorfismo: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 21 (2006-mar-21)
operazione
binaria: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 48 (2006-apr-18)
orbita: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 51 (2006-apr-19)
112
orecchini
delle Hawaii: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 27 (2006-mar-22)
ortogonali: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 82 (2006-mag-23)
ortonormale: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 82 (2006-mag-23)
P
palla: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7 (2006-mar-8)
parabola: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 104, 105 (2006-giu-13)
parallela:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 65 (2006-mag-3)
paralleli
sottospazi affini: . . . . . . . . . . . . . . . pag. 77 (2006-mag-17)
parallelogramma
formula del: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 82 (2006-mag-23)
parte
affine di un sottospazio proiettivo: . . . . . . . . . . . . pag. 93
(2006-mag-30)
affine di una conica: . . . . . . . . . . . pag. 104 (2006-giu-13)
parti
insieme delle: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 6 (2006-mar-07)
piano
affine: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 68 (2006-mag-9)
proiettivo: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 92 (2006-mag-30)
proiettivo reale: . . . . . . . . . . . . . . . pag. 98 (2006-mag-31)
piano proiettivo: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 25 (2006-mar-22)
pag. 39 (2006-apr-5)
polinomio
omogeneo: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 100 (2006-giu-13)
prodotto
cartesiano di insiemi: . . . . . . . . . . . . pag. 5 (2006-mar-07)
di matrici: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 49 (2006-apr-18)
di spazi connessi: . . . . . . . . . . . . . . . pag. 43 (2006-apr-11)
di spazi metrici: . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 56 (2006-apr-26)
in un gruppo topologico:. . . . . . . .pag. 48 (2006-apr-18)
prodotto scalare: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 82 (2006-mag-23)
proiettività: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 95 (2006-mag-31)
proiettivizzato:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 91 (2006-mag-30)
proiezione
di uno spazio affine su un sottospazio: . . . . . . . . pag. 78
(2006-mag-17)
ortogonale: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 87 (2006-mag-24)
prospettica: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 96 (2006-mag-31)
pag. 99 (2006-mag-31)
stereografica: . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 22 (2006-mar-21)
sullo spazio delle orbite: . . . . . . . . pag. 55 (2006-apr-19)
sullo spazio quoziente: . . . . . . . . . pag. 24 (2006-mar-22)
proiezioni:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 22 (2006-mar-21)
proposizione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
punti
all’infinito di uno spazio proiettivo: . . . . . . . . . . . pag. 92
(2006-mag-30)
di uno spazio affine: . . . . . . . . . . . . pag. 62 (2006-mag-3)
di uno spazio proiettivo: . . . . . . . pag. 92 (2006-mag-30)
impropri di uno spazio proiettivo: . . . . . . . . . . . . . pag. 92
(2006-mag-30)
punto
di accumulazione: . . . . . . . . . . . . . . pag. 14 (2006-mar-14)
pag. 17 (2006-mar-15)
di uno spazio metrico: . . . . . . . . . . . . pag. 7 (2006-mar-8)
interno: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7 (2006-mar-8)
pag. 16 (2006-mar-15)
limite: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 14 (2006-mar-14)
pag. 17 (2006-mar-15)
medio: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 80 (2006-mag-17)
Q
quantificatore
esistenziale: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3 (2006-mar-05)
univerale: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3 (2006-mar-05)
quantificatori: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3 (2006-mar-05)
quinto postulato di Euclide: . . . . . . . . . pag. 77 (2006-mag-17)
D.L. Ferrario
Geometria e Topologia I
113
R
rapporto: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 67 (2006-mag-3)
ratio: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 67 (2006-mag-3)
relazione
di equivalenza: . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 24 (2006-mar-22)
pag. 47 (2006-apr-12)
restrizione
di funzioni: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 21 (2006-mar-21)
reticolo
degli interi: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 53 (2006-apr-19)
retrazione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 27 (2006-mar-22)
retta
affine: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 64 (2006-mag-3)
tangente ad una conica: . . . . . . . pag. 107 (2006-giu-13)
rette
parallele: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 64 (2006-mag-3)
proiettive: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 92 (2006-mag-30)
riferimento
affine: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 70 (2006-mag-9)
ortonormale:. . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 89 (2006-mag-24)
riflessione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 88 (2006-mag-24)
parallela ad un sottospazio affine: . . . . . . . . . . . . . pag. 78
(2006-mag-17)
riflessioni
lungo rette:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 54 (2006-apr-19)
rotazioni
gruppo delle: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 53 (2006-apr-19)
Russell, B.: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5 (2006-mar-07)
S
scalari: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 62 (2006-mag-3)
segmento: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 71 (2006-mag-10)
pag. 80 (2006-mag-17)
sezioni
di Dedekind: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 60 (2006-apr-26)
sfera: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 39 (2006-apr-5)
di dimensione 0: . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 41 (2006-apr-11)
sghembi: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 77 (2006-mag-17)
simboli
primitivi: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
similitudine: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 90 (2006-mag-24)
sottogruppo
di un gruppo topologico:. . . . . . . .pag. 48 (2006-apr-18)
sottoinsieme: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5 (2006-mar-07)
chiuso di un compatto: . . . . . . . . . pag. 30 (2006-mar-28)
compatto di uno spazio di Hausdorff: . . . . . . . . . pag. 30
(2006-mar-28)
sottoinsiemi
di uno spazio topologico: . . . . . . . pag. 18 (2006-mar-15)
sottospazi
euclidei ortogonali: . . . . . . . . . . . . pag. 87 (2006-mag-24)
incidenti: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 77 (2006-mag-17)
sottospazi affini
sghembi: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 77 (2006-mag-17)
sottospazio
affine: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 68 (2006-mag-9)
affine generato da punti: . . . . . . . . pag. 69 (2006-mag-9)
affine, paralello e passante per un punto: . . . . . . pag. 77
(2006-mag-17)
proiettivo: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 92 (2006-mag-30)
proiettivo generato da punti:. . .pag. 95 (2006-mag-31)
pag. 99 (2006-mag-31)
sottosuccessione
convergente: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 (2006-mar-28)
di una successione convergente: pag. 29 (2006-mar-28)
spazi
omeomorfi: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 21 (2006-mar-21)
spazio
affine euclideo:. . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 82 (2006-mag-23)
delle orbite: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 51 (2006-apr-19)
di Hausdorff:. . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 28 (2006-mar-28)
di identificazione: . . . . . . . . . . . . . . pag. 24 (2006-mar-22)
D.L. Ferrario
metrico: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7 (2006-mar-8)
metrizzabile: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 (2006-mar-28)
omogeneo: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 51 (2006-apr-19)
pag. 55 (2006-apr-19)
proiettivo: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 91 (2006-mag-30)
quoziente: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 24 (2006-mar-22)
topologico: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 16 (2006-mar-15)
vettoriale: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 62 (2006-mag-3)
vettoriale euclideo: . . . . . . . . . . . . pag. 82 (2006-mag-23)
spazio affine: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 62 (2006-mag-3)
spazio metrico
completo: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 56 (2006-apr-26)
spazio vettoriale
euclideo: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 82 (2006-mag-23)
stabilizzatore: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 51 (2006-apr-19)
successione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 6 (2006-mar-07)
convergente: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 29 (2006-mar-28)
convergente in uno spazio metrico: . . . . . . . . . . . . pag. 56
(2006-apr-26)
di Cauchy: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 (2006-mar-28)
pag. 56 (2006-apr-26)
Sylvester: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 102 (2006-giu-13)
T
tangente
ad una conica: . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 107 (2006-giu-13)
tautologie: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
teorema
del valore intermedio: . . . . . . . . . . . pag. 44 (2006-apr-11)
di Bolzano-Weierstrass: . . . . . . . . . . pag. 38 (2006-apr-4)
di Heine-Borel: . . . . . . . . . . . . . . . pag. 37, 38 (2006-apr-4)
di Sylvester: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 102 (2006-giu-13)
di Tychonoff: . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 32 (2006-mar-28)
topologia
banale: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 16 (2006-mar-15)
definizione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 16 (2006-mar-15)
dei complementi finiti: . . . . . . . . . pag. 20 (2006-mar-15)
di uno spazio affine: . . . . . . . . . . . pag. 79 (2006-mag-17)
di uno spazio metrico: . . . . . . . . . . . pag. 10 (2006-mar-8)
discreta: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 16 (2006-mar-15)
generata dalla base: . . . . . . . . . . . . pag. 17 (2006-mar-15)
indotta: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 18 (2006-mar-15)
metrica: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 16 (2006-mar-15)
prodotto: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 22 (2006-mar-21)
quoziente: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 24 (2006-mar-22)
toro: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 39 (2006-apr-5)
toro bidimensionale: . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 24 (2006-mar-22)
pag. 53 (2006-apr-19)
trasformazione
affine: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 73 (2006-mag-16)
traslazioni: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 62 (2006-mag-3)
insieme delle: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 62 (2006-mag-3)
Tychonoff
teorema di: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 32 (2006-mar-28)
U
unicità
del limite: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 29 (2006-mar-28)
della parallela per un punto: . . . . pag. 64 (2006-mag-3)
unione
di insiemi: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5 (2006-mar-07)
di una famiglia di intorni circolari:pag. 8 (2006-mar-8)
V
valore di verità: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
variabili: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
verità
tabelle di: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
valori di: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 (2006-mar-05)
vettori affini: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 62 (2006-mag-3)
vettori ortogonali
indipendenza lineare dei: . . . . . . pag. 89 (2006-mag-24)
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