I DIRITTI E LA CARTA DEI DIRITTI DELL’UE Come abbiamo detto, uno dei compiti delle vacanze è quello di leggere con attenzione la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (o Carta di Nizza), che trovate, ad esempio, all’indirizzo web http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf Come introduzione alla lettura della Carta, trovate alcuni appunti ripresi da vari siti Internet e opportunamente riadattati: 1. Una storia dell’evoluzione dell’idea di “diritti” dall’antichità ai giorni nostri 2. Una riflessione sulle diverse categorie di “diritti” 3. Uno schema della Carta di Nizza. Si tratta di testi talvolta impegnativi che non devono essere studiati, ma che devono costituire la trama sulla quale leggere la Carta di Nizza, ponendosi le domande: Quali categorie di “diritti” la Carta garantisce? A chi li garantisce? Che rapporti ci sono tra garanzie a livello di Unione Europea e dei singoli stati che ne fanno parte? È una Carta assolutamente adeguata al presente o presenta limiti di qualche genere? Buon lavoro. Giorgio I DIRITTI DELL’UOMO E LA CARTA DEI DIRITTI DELL’UE 1. Storia La storia dei diritti dell’uomo (o diritti umani) è quasi antica come l’uomo ed è collegata ai primi codici di leggi, il codice del Re di Ur (2050 a.C.) e il codice di Hammurabi (1780 a.C.), che parlano di diritti delle donne, dei bambini, degli schiavi. La prima categoria di diritti è quella dei cosiddetti diritti naturali, una categoria abbastanza vaga e generica, quella di diritti preesistenti ad ogni codificazione legale, talvolta legati ad una dimensione religiosa, ma più spesso dal carattere laico. I diritti naturali sono diritti dei quali ogni individuo è titolare fin dalla nascita, che trovano la loro legittimazione non nel fatto di essere riconosciuti e accettati da un governo che li concede, ma nel fatto di essere costitutivi della natura stessa dell’uomo (per esempio diritto alla vita, alla libertà personale). I filosofi greci si occuparono in modo particolare di diritto naturale, una norma di comportamento che l’uomo deriva dallo studio delle leggi naturali. Aristotele, nell’Etica Nicomachea, sostiene: «Del giusto civile una parte è di origine naturale, un’altra si fonda sulla legge. Naturale è quel giusto che mantiene ovunque lo stesso effetto e non dipende dal fatto che a uno sembra buono oppure no; fondato sulla legge è quello, invece, di cui non importa nulla se le sue origini siano tali o talaltre, bensì importa com’esso sia, una volta che sia sancito». Nel Regno Persiano Ciro il Grande (VI secolo a.C.) fa pubblicare un testo, conservato sul “cilindro di Ciro”, che è considerato la prima carta dei diritti dell’uomo, perché, proponendo un’idea di rispetto dell’uomo in quanto tale, sottolinea una primitiva forma di libertà e tolleranza religiosa: «Io sono Ciro, re del mondo, gran re, re legittimo, re di Babilonia, re di Sumer e Akkad, re delle quattro estremità (della terra), figlio di Cambise, gran re, re di Anzan, nipote di Ciro, gran re, re di Anshan, discendente di Teispe, gran re, re di Anshan, di una famiglia (che) ha sempre regnato. Non permetto a nessuno di spargere terrore nel Paese di Sumer e Akkad. Voglio fermamente la pace a Babilonia e in tutte le sue sacre città. Per gli abitanti di Babilonia [...] io abolisco i lavori forzati [...] Da Ninive, Assur e Susa, Akkad, Eshnunna, Zamban, Me-Turnu e Der fino alla regione di Gutium, restituisco a queste sacre città dall’altro lato del Tigri i templi di cui è stata fatta rovina per lungo tempo, le immagini che una volta vi erano conservate e stabilisco che essi siano i loro templi. Ho anche radunato gli abitanti di queste regioni e ho restituito loro le case che avevano.» Ciro permise anche il ritorno degli ebrei in Palestina dalla cattività babilonese. Nella Roma antica esisteva il diritto di cittadinanza, un insieme di diritti riservati ai cittadini romani, per esempio quello di appellarsi al tribunale dell’Imperatore. Nell’India del III secolo a.C. il Re Aśoka il Grande, convertitosi al Buddismo, praticò una politica di non violenza, di rispetto per la vita degli animali, trattò i suoi sudditi come eguali, indipendentemente dalla religione, dalla casta, dall’attività politica: «Sua Maestà il re santo e grazioso rispetta tutte le confessioni religiose, ma desidera che gli adepti di ciascuna di esse si astengano dal denigrarsi a vicenda. Tutte le confessioni religiose vanno rispettate per una ragione o per l’altra. Chi disprezza l’altrui credo, abbassa il proprio credendo d’esaltarlo.» (Editti di Aśoka) Nelle società antiche i diritti umani sono di solito citati nei testi sacri: i Veda induisti, la Bibbia ebraica, il Vangelo cristiano, il Corano islamico. È nel Medioevo che si sviluppa in particolare l’idea di diritti dell’uomo. Tommaso D’Aquino si fa sostenitore della dottrina giurisdizionalista, quella secondo la quale i diritti naturali sono come un “insieme di primi principi etici, generalissimi” che condizionano il legislatore nel diritto positivo, in quanto sigillo di Dio nella creazione delle cose. I diritti umani quindi non sono più un insieme di cose più o meno benevolmente concesse da qualche autorità. È diritto dell’uomo rivendicare la propria libertà quale suo diritto naturale. Nel 1215 il Re d’Inghilterra Giovanni Senza Terra pubblica la Magna Charta Libertatum, un documento in cui si vieta al sovrano di imporre nuove tasse senza il consenso del Parlamento e si stabiliscono alcuni diritti dei cittadini, ad esempio quello di non essere imprigionati senza aver subito un regolare processo. Alla fine dell’anno 1222, il giorno dell’incoronazione di Sundjata Keïta quale sovrano dell’Impero del Mali, fu solennemente proclamata e tramandata oralmente la Carta Manden, una dichiarazione di diritti umani essenziali quali il diritto alla vita e il diritto alla libertà. La Carta Manden si rivolge ai “quattro angoli del mondo” con sette affermazioni: «ogni vita è una vita»; «il torto richiede una riparazione»; «aiutatevi reciprocamente»; «veglia sulla patria»; «combatti la servitù e la fame»; «che cessino i tormenti della guerra»; «chiunque è libero di dire, di fare e di vedere». Si trovano in questa carta i temi che saranno trattati vari secoli dopo in Occidente nelle dichiarazioni dei diritti umani: il rispetto della vita umana e della libertà dell’individuo, la giustizia e l’equità, la solidarietà. Prendendo posizione contro la schiavitù, divenuta corrente in Africa occidentale, la carta identifica la violenza delle cause come precedente la violenza della guerra. L’abolizione della schiavitù fu probabilmente il grande merito di Sundjata Keïta. La Carta Manden può probabilmente essere considerata come una delle prime dichiarazioni dei diritti dell’uomo. A partire dal 1305, sotto il regno di Edoardo I d’Inghilterra si diffonde l’istituto dell’Habeas corpus: un suddito imprigionato deve essere condotto, sottraendolo alle legislazioni particolari, davanti ad un tribunale reale perché abbia un giusto processo o deve essere, in alternativa, scarcerato. Dal corpus legislativo inglese l’Habeas corpus è passato in tutte le costituzioni occidentali, fino ad approdare alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che all’Articolo 9 recita: “Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.” La conquista delle Americhe riaprì il dibattito sui diritti umani: gli indigeni erano uomini a tutti gli effetti e quindi possessori di diritti inviolabili? È da inscrivere in questo quadro lo scontro filosofico conosciuto come Giunta di Valladolid (1550-1551) che vide contrapposte la teoria del frate domenicano Bartolomeo de Las Casas a difesa della libertà naturale degli indigeni americani e quella dell’umanista Juan Gines de Sepùlveda, sostenitore della loro naturale schiavitù. Questi primi dibattiti sull’argomento nella storia europea si manifestarono con la bolla Sublimis Deus, attraverso la quale il papa Paolo III dichiarò l’umanità degli indigeni americani e il loro diritto alla libertà e alla proprietà, condannando la pratica della schiavitù. Las Casas lottava dal 1512 per i diritti degli indigeni, quando era cappellano dei conquistadores a Cuba sotto il comando di Diego Velázquez de Cuéllar. Più volte testimone e attore della resistenza indigena alla penetrazione sanguinaria dei conquistadores e della cristianizzazione imposta “a ferro e fuoco”, egli aveva scritto la Brevísima o Breve relazione sulla distruzione delle Indie nella quale descriveva le crudeltà di cui erano fatti oggetto gli indigeni. Il 26 gennaio 1542 Las Casas fu presentato all’imperatore Carlo V, al quale riassunse il contenuto della Brevísima. Da questo incontro nacquero le Leggi nuove del novembre 1542 che proclamavano: la libertà naturale degli indigeni e la messa in libertà degli schiavi; la libertà del lavoro, che limita le corvée e abolisce la pesca delle perle; la libertà di residenza e la libera proprietà dei beni, fino alla punizione di coloro che saranno violenti o aggressivi verso gli indigeni; l’abolizione del sistema delle encomiendas, consistente nell’affidare a degli encomenderos spagnoli determinati territori abitati con, “in dotazione”, un gruppo di indigeni, che dovevano essere colonizzati e cristianizzati, con libertà assoluta di governo. Le rivolte e l’anarchia che seguirono nelle colonie spagnole del Nuovo Mondo portarono all’abrogazione di queste leggi in favore della conquista indiscriminata. E riprese così vigore in modo sistematico la “tratta” degli schiavi. Tra il Seicento e il Settecento si diffuse il giurisdizionalismo moderno, specie in epoca illuministica, una dottrina che affermava la libertà dell’individuo contro ogni forma di assolutismo. I diritti dell’uomo non dipendono da una visione religiosa, ma sono diritti connaturati alla ragione. Tra i sostenitori di questa dottrina troviamo Hobbes, Locke, Rousseau, Kant. La prima dichiarazione dei diritti dell’uomo dell’epoca moderna è quella dello Stato della Virginia (USA), scritta da George Mason e adottata dalla Convenzione della Virginia il 12 giugno 1776. Questa fu largamente copiata da Thomas Jefferson per la dichiarazione dei diritti dell’uomo contenuta nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America (4 luglio 1776) la quale afferma “che tutti gli uomini sono creati uguali tra loro, che essi sono dotati dal loro creatore di alcuni inalienabili diritti tra cui la vita, la libertà e la ricerca della felicità”. Ma la prima vera carta formale dei diritti dell’uomo, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, nasce nel 1789 con la Rivoluzione francese. L’Ottocento e il Novecento videro l’abolizione della schiavitù, l’affermarsi delle libertà di stampa e di parola, il diffondersi delle libertà sindacali, l’estensione del diritto di voto, l’emancipazione della donna. Un’ulteriore grande affermazione dei diritti umani si ebbe dopo la fine della Seconda guerra mondiale con la costituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e con la redazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, siglata a New York nel 1948. Con questa Carta si stabiliva, per la prima volta nella storia moderna, l’universalità di questi diritti, non più limitati unicamente ai paesi occidentali, ma rivolti ai popoli del mondo intero, e basati su un concetto di dignità umana intrinseca, inalienabile e universale. La Dichiarazione riconosce tra le altre cose il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza personale; al riconoscimento come persona e all’uguaglianza di fronte alla legge; a garanzie specifiche nel processo penale; alla libertà di movimento e di emigrazione; all’asilo; alla nazionalità; alla proprietà; alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; alla libertà di associazione, di opinione e di espressione; alla sicurezza sociale; a lavorare in condizioni giuste e favorevoli e alla libertà sindacale; a un livello adeguato di vita e di educazione. Sulla scia della Dichiarazione dell’ONU, i paesi membri del Consiglio d’Europa hanno fatto un ulteriore passo in avanti attraverso una Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 ed entrata in vigore nel 1953. Tra le altre cose, la convenzione stabilisce che il godimento dei diritti da essa garantiti non è soggetto ad alcuna discriminazione fondata su ragioni di razza, lingua, religione, opinione pubblica, origine nazionale o sociale. Il passaggio successivo è quello della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea solennemente proclamata una prima volta il 7 dicembre 2000 a Nizza e una seconda volta, in una versione adattata, il 12 dicembre 2007 a Strasburgo da Parlamento, Consiglio e Commissione. La Carta di Nizza ha, secondo il Trattato di Lisbona, lo stesso valore dei trattati, ai sensi dell’art. 6 del Trattato sull’Unione europea, e si pone quindi al vertice dell’ordinamento dell’Unione europea. GLOSSARIO DIRITTI NATURALI: Diritti dei quali ogni individuo è titolare fin dalla nascita, che trovano la loro legittimazione non nel fatto di essere riconosciuti e accettati da un governo che li concede, ma nel fatto di essere costitutivi della natura stessa dell’uomo (per es. diritto alla vita, alla libertà personale). Ai governi spetta il compito di dare veste giuridica a tali diritti per garantirne l’effettivo rispetto. GIURISDIZIONALISMO: Sistema di rapporti fra Stato e Chiesa caratterizzato dalla loro distinzione e dal loro coordinamento, che può ispirarsi a due concetti diversi: a) può fondarsi sul carattere confessionale dello Stato, che esercita diritti sulla Chiesa, ma al tempo stesso la protegge; si ha allora la reciproca concessione di particolari facoltà, in deroga al diritto comune dello Stato, a organi della Chiesa e della Chiesa a organi dello Stato, e una cooperazione delle due potestà al raggiungimento degli stessi fini (g. confessionista); b) gli Stati che non hanno carattere confessionale, ritenendo nel proprio interesse che la Chiesa non debba vivere secondo il diritto comune, possono assoggettarla a particolari misure di vigilanza (g. aconfessionista o laico). APPENDICE DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEL CITTADINO 28 agosto 1789 I Rappresentanti del Popolo Francese, costituiti in ASSEMBLEA NAZIONALE, considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le sole cause delle sfortune pubbliche e delle corruzione dei governi, hanno deciso di esporre, in una solenne Dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo, affinché questa Dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, ricordi ad essi senza posa i loro diritti e i loro doveri; affinché gli atti del Potere legislativo e quelli del Potere esecutivo, potendo essere in ogni momento confrontati coi fini di tutte le istituzioni politiche, vengano maggiormente rispettati; affinché i reclami dei cittadini, fondati d’ora in poi su princìpi semplici ed incontestabili, siano sempre rivolti al mantenimento della Costituzione ed alla felicità di tutti. In conseguenza, l’ASSEMBLEA NAZIONALE riconosce e dichiara, alla presenza e sotto gli auspici dell’Essere supremo, i seguenti Diritti dell’Uomo e del Cittadino. Art. 1 Gli uomini nascono e rimangono liberi ed eguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune. Art. 2 Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza, e la resistenza all’oppressione. Art. 3. Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun corpo, nessun individuo può esercitare un’autorità che non emani espressamente da essa. Art. 4. La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri: così, l’esercizio dei diritti naturali di ciascun uomo non ha confini se non quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento dei medesimi diritti. Questi confini non possono essere determinati che dalla Legge. Art. 5. La Legge non ha diritto di vietare se non le azioni nocive alla società. Tutto ciò che non è vietato dalla Legge non può essere impedito, e nessuno può essere costretto a fare ciò che essa non ordina. Art. 6. La Legge è l’espressione della volontà generale. Tutti i cittadini hanno il diritto di concorrere di persona, o mediante loro rappresentanti, alla sua formazione. Essa deve essere la stessa per tutti, sia che protegga, sia che punisca. Tutti i cittadini essendo eguali ai suoi occhi, sono egualmente ammessi a tutte le dignità, posizioni ed impieghi pubblici, secondo la loro capacità, e senza altre distinzioni che quelle delle loro virtù e dei loro talenti. Art. 7. Nessun uomo può essere accusato, arrestato o detenuto se non nei casi determinati dalla Legge, e secondo le forme che essa ha prescritto. Coloro che sollecitano, spediscono, eseguono o fanno eseguire ordini arbitrari, debbono essere puniti; ma ogni cittadino chiamato o arrestato in virtù della Legge, deve obbedire istantaneamente: egli si rende colpevole se oppone resistenza. Art. 8. La Legge non deve stabilire se non pene strettamente ed evidentemente necessarie, e nessuno può essere punito se non in virtù di una legge stabilita e promulgata anteriormente al delitto, e legalmente applicata. Art. 9. Poiché ogni uomo si presume innocente finché non sia stato dichiarato colpevole, se si sia giudicato indispensabile arrestarlo ogni rigore che non sarà necessario per assicurarsi della sua persona dev’essere severamente represso dalla Legge. Art. 10. Nessuno dev’essere molestato per le sue opinioni, anche religiose, purché la loro manifestazione non turbi l’ordine pubblico stabilito dalla Legge. Art. 11. La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo: tutti i cittadini possono dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge. Art. 12. La garanzia dei diritti dell’uomo e del cittadino necessita di una forza pubblica; questa forza è dunque istituita a vantaggio di tutti, e non per l’utilità particolare di coloro ai quali essa è affidata. Art. 13. Per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese dell’amministrazione, una contribuzione comune è indispensabile: essa dev’essere egualmente ripartita fra tutti i cittadini, in ragione delle loro facoltà. Art. 14. Tutti i cittadini hanno il diritto di constatare, da loro stessi o mediante loro rappresentanti, la necessità della contribuzione pubblica, di consentirla liberamente, di seguirne l’impiego e di determinarne la quantità, la ripartizione, l’esazione e la durata. Art. 15. La società ha il diritto di chieder conto a tutti gli agenti pubblici della loro amministrazione. Art. 16. Ogni società nella quale la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri fissata, non ha una Costituzione. Art. 17. Poiché la proprietà è un diritto inviolabile e sacro, nessuno può esserne privato, se non quando la necessità pubblica, legalmente constatata, lo esiga in modo evidente, e sotto la condizione di una giusta e previa indennità. DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’UOMO adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948 Preambolo Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo; Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell’uomo hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godono della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo; Considerato che è indispensabile che i diritti dell’uomo siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione; Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo dei rapporti amichevoli tra le Nazioni; Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’eguaglianza dei diritti dell’uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un migliore tenore di vita in una maggiore libertà; Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l’osservanza universale dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; Considerato che una concezione comune di questi diritti e di queste libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni; L’Assemblea Generale proclama la presente Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo come ideale da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo e ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l’insegnamento e l’educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l’universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione. Articolo 1 Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Articolo 2 1. Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. 2. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del Paese o del territorio cui una persona appartiene, sia che tale Paese o territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranità. Articolo 3 Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona. Articolo 4 Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma. Articolo 5 Nessun individuo potrà essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli, inumani o degradanti. Articolo 6 Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica. Articolo 7 Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad un’eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad un’eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione. Articolo 8 Ogni individuo ha diritto ad un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge. Articolo 9 Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato. Articolo 10 Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta. Articolo 11 1. Ogni individuo accusato di reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie per la sua difesa. 2. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetrato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso. Articolo 12 Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesioni del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni. Articolo 13 1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. 2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese. Articolo 14 1. Ogni individuo ha diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni. 2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l’individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite. Articolo 15 1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza. 2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza. Articolo 16 1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento. 2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi. 3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato. Articolo 17 1. Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà privata sua personale o in comune con gli altri. 2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà. Articolo 18 Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti. Articolo 19 Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere. Articolo 20 1. Ogni individuo ha il diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica. 2. Nessuno può essere costretto a far parte di un’associazione. Articolo 21 1. Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio Paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti. 2. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio Paese. 3. La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione. Articolo 22 Ogni individuo in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale nonché alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità. Articolo 23 1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione. 2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro. 3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia un’esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, ad altri mezzi di protezione sociale. 4. Ogni individuo ha il diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi. Articolo 24 Ogni individuo ha il diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite. Articolo 25 1. Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà. 2. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale. Articolo 26 1. Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito. 2. L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace. 3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli. Articolo 27 1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici. 2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore. Articolo 28 Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e la libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati. Articolo 29 1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità. 2. Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e della libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica. 3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite. Articolo 30 Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di qualsiasi Stato gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione dei diritti e delle libertà in essa enunciati. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA Anche la Costituzione della Repubblica italiana recepisce e sviluppa in modo particolarmente incisivo la riflessione e la difesa dei diritti dell’uomo: puoi leggere il preambolo (Principi fondamentali) e la Parte prima (Diritti e doveri nei cittadini) nel sito web del Governo italiano http://www.governo.it/Governo/Costituzione/principi.html 2. Le generazioni dei diritti Le tre generazioni di diritti dell'uomo È ormai abituale distinguere tre generazioni di diritti dell’uomo, anche se tale classificazione e la nozione stessa di “generazione” non sono universalmente accettate. La prima generazione di diritti e di libertà ha come fonte il Bill of rights inglese del 1689 (erede a sua volta della Magna Charta di Giovanni Senzaterra del 1215), la Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 e i primi dieci emendamenti della Costituzione americana (o Bill of rights) del 1791: da questi testi sono poi discese la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950. I diritti della prima generazione hanno in comune il fatto di essere stati concepiti essenzialmente per garantire agli individui una tutela nei confronti dello Stato, ottenendo da esso, se non una totale astensione, almeno una limitazione dei suoi interventi al minimo indispensabile: per questo motivo essi sono talvolta denominati “diritti di resistenza”. La filosofia liberale che li ha ispirati è quella sviluppatasi tra il XVIII e il XIX secolo: oggi essa sopravvive a rigore solo negli Stati Uniti (e anche qui con parecchie attenuazioni), mentre in Europa la stessa Convenzione del 1950 si sta evolvendo, sulla scia dei successivi protocolli addizionali e delle interpretazioni giurisprudenziali della Corte europea dei diritti dell’uomo. Nel nostro secolo queste libertà sono state definite “libertà formali”, e talvolta anche “libertà negative”. È ben noto l’argomento della critica d’ispirazione marxista, secondo il quale a nulla servirebbe proclamare l’esistenza di certe libertà quando molti individui, non disponendo del minimo occorrente per sostentarsi, non possono usufruirne. Quest’argomento - che è stato ripresentato anche a proposito dei diritti economici e sociali - non è errato in sé, ma ha il difetto di essere stato utilizzato per mascherare, se non per giustificare, l’assenza delle libertà della prima generazione, specialmente in quelli che erano gli Stati marxisti dell’Europa centrale e orientale, e per mettere in discussione il sistema nordamericano e, in generale, i sistemi occidentali. In nome di argomenti e di principî come questi, nella Francia del dopoguerra intellettuali di sinistra come Jean-Paul Sartre o Michel Foucault si sono lasciati andare a un’aspra critica delle libertà “borghesi” e a un’apologia dei sistemi marxisti. Oggi la situazione è molto cambiata: dopo la caduta del muro di Berlino - avvenuta proprio nel bicentenario della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino - le ex democrazie popolari si sono affrettate a includere nei loro nuovi testi costituzionali l’elenco completo delle cosiddette libertà borghesi, formali o negative. Tuttavia ciò non significa che le libertà sostanziali non debbano più essere prese in considerazione: esse corrispondono ai diritti e alle libertà della seconda generazione, che in questa fine di secolo fanno indubbiamente parte dell’insieme dei diritti fondamentali. La seconda generazione di diritti e di libertà è emersa essenzialmente nella prima metà del nostro secolo, anche se già verso la fine del Settecento è possibile intravederne le premesse in alcuni testi costituzionali. La Costituzione francese del 24 giugno 1793 (che, com’è noto, non entrò mai in vigore), includeva nella Dichiarazione dei diritti un articolo che introduceva già una nuova concezione dei diritti e delle libertà: “L’assistenza pubblica è un obbligo sacro. La società deve provvedere al sostentamento dei cittadini poveri, sia procurando ad essi un lavoro, sia assicurando i mezzi di sopravvivenza a chi non è in grado di lavorare” (art. 21). Lo stesso concetto si ritrova nella Costituzione della Seconda Repubblica del 4 novembre 1848 (art. 13): “ la società [...] assiste i bambini abbandonati, gli infermi e i vecchi privi di risorse e di familiari in grado di soccorrerli”. Ma è all’inizio del XX secolo che si comincia a inserire nelle costituzioni un insieme di disposizioni riguardanti questi diritti: ciò avviene, ad esempio, nella Costituzione messicana del 1917, e, subito dopo, nella prima Costituzione sovietica (1918). Dopo la Seconda guerra mondiale la maggior parte delle nuove costituzioni, sia all’Est sia all’Ovest, recepiscono questa nuova generazione di diritti. Fanno peraltro eccezione la Legge fondamentale tedesca del 1949 e la Costituzione giapponese del 1946; inoltre, come già si è osservato, non vi è traccia di questi diritti nella Convenzione europea del 1950. I diritti della seconda generazione, comunemente denominati “diritti economici e sociali”, si ispirano a una filosofia che mette in risalto, al contrario di quella liberale, il dovere d’intervento dello Stato. La collettività deve garantire agli individui un minimo di mezzi di sussistenza: i diritti enunciati sono “diritti di credito”, in base ai quali gli individui potranno reclamare dalla società il soddisfacimento di un certo numero di bisogni. I diritti economici e sociali sono dunque in generale - secondo una locuzione talvolta utilizzata in Italia – “diritti a” (in contrapposizione ai “diritti di”, ossia ai diritti e alle libertà classici): diritto al lavoro, alla casa, all’istruzione, alla sicurezza sociale, alla tutela della salute, ecc. Essi permettono di chiedere allo Stato non più un’astensione, ma un’azione positiva, consistente per lo più nella fornitura di una prestazione e implicante l’istituzione e il funzionamento di servizi pubblici. Poiché questi diritti non trovano applicazione direttamente, bensì attraverso un intervento legislativo, non sempre esiste la possibilità di fondare su di essi un’azione giudiziaria. Non bisogna però pensare che sia impossibile invocarli davanti alla giustizia costituzionale o a quella ordinaria: in effetti, la cosiddetta “normatività” dei diritti economici e sociali non è necessariamente legata all’intervento preventivo del legislatore. Con la terza generazione di diritti dell’uomo, alle libertà classiche e ai diritti economici e sociali vengono ad aggiungersi i “diritti di solidarietà”, talvolta rivendicati sotto forma di diritto alla pace, allo sviluppo, alla tutela dell’ambiente ecc. Alcuni di essi vengono affermati in qualche costituzione recente: ad esempio, il diritto alla pace nella Costituzione giapponese e il diritto alla protezione dell’ambiente in quella portoghese, in quella brasiliana e nella maggior parte delle nuove costituzioni dell’Europa centrale e orientale. Questa concezione estensiva dei diritti dell’uomo è stata oggetto di critiche . Secondo Jean Rivero, ‟per quanto dettata dalla generosità, anche quest’inflazione, come ogni altra, è pericolosa, perché rischia di togliere alla nozione di diritti dell’uomo il suo carattere operativo”. In particolare si è osservato che rimangono indefiniti i titolari dei nuovi diritti (ciascun individuo o la collettività?), il loro oggetto (qual è l’oggetto del diritto allo sviluppo?) e la loro opponibilità (diritti opponibili al complesso dei paesi, a determinati paesi, alle collettività che li compongono?). Tuttavia alcuni di questi diritti cominciano a essere riconosciuti: ad esempio, non soltanto il diritto alla tutela dell’ambiente è sancito da convenzioni internazionali, ma vengono applicate e osservate le norme costituzionali che lo affermano. (Louis Favoreau, Enciclopedia del Novecento) Alcune teorie sostengono che esistano quattro generazioni di diritti, che, cioè, si stia sviluppando una nuova generazione di diritti nella società contemporanea. LA PRIMA GENERAZIONE: i diritti civili e politici La prima generazione dei diritti umani viene fatta risalire al 1789, quindi alla fine della Rivoluzione francese con l’approvazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Sono diritti che nascono dalla rivendicazione di una serie di libertà fondamentali che erano precluse ad ampi strati della popolazione. Si tratta in particolare del diritto alla vita e all’integrità fisica, e poi di tutti quei diritti legati alla libertà di pensiero, di religione, di espressione, di associazione, il diritto alla partecipazione politica, all’elettorato attivo e passivo. Con questi diritti si rivendicano una serie di libertà, in particolare legate agli aspetti di partecipazione politica; è per questo motivo che si parla di diritti a matrice liberale. LA SECONDA GENERAZIONE: i diritti economici, sociali e culturali Questa seconda generazione ha origine con la Dichiarazione universale del 1948 e comprende diritti di natura economica, sociale e culturale (come per esempio il diritto all’istruzione, al lavoro, alla casa, alla salute ecc.). L’esercizio effettivo di questi diritti dovrebbe contribuire al miglioramento delle condizioni di vita del cittadino. In questo senso si parla di diritti di matrice socialista, contrapponendoli a quelli di matrice liberale della prima generazione. Infatti i diritti di prima generazione sono importantissimi, ma è anche vero che è necessario prima di tutto garantire delle condizioni minime di sopravvivenza uguali per tutti, che facciano da base comune per l’effettivo esercizio delle libertà fondamentali. LA TERZA GENERAZIONE: i diritti di solidarietà Questi diritti sono di tipo collettivo: significa che i destinatari non sono i singoli individui, ma i popoli. Ecco quindi che si parla di diritto all’autodeterminazione dei popoli, alla pace, allo sviluppo, all’equilibrio ecologico, al controllo delle risorse nazionali, alla difesa ambientale. Sono anche diritti di tipo solidaristico: vuol dire che ogni popolo ha delle responsabilità nei confronti degli altri popoli, in particolare nei confronti di quelli che si trovano in situazioni di difficoltà. Si pensi ad esempio al problema dello sviluppo: molti Paesi si trovano in condizioni di povertà perché non sono in grado di fornire cibo a tutti gli abitanti o perché sono colpiti da malattie che non sono in grado di curare a cause della mancanza di denaro per acquistare le medicine. Ora, di fronte a queste situazioni scatta, o dovrebbe scattare, il dovere di solidarietà dei Paesi più ricchi, per due motivi. Primo perché esistono delle responsabilità storiche (si pensi a come certe parti del mondo sono state sfruttate durante l’epoca coloniale), secondo perché spesso queste diseguaglianze sono la conseguenza di meccanismi di commercio praticati a livello mondiale senza considerare che alcuni Paesi del mondo possano subire delle gravi conseguenza. Ecco quindi che si è sentita la necessità di tutelare anche i popoli, intesi come gruppi di individui, cui vanno riconosciuti dei diritti collettivi in modo tale da creare le condizioni affinchè si possano poi effettivamente realizzare i diritti individuali. Fanno parte dei diritti di terza generazione anche quelli che tutelano categorie di individui, ritenute particolarmente deboli ed esposte a pericoli di violazioni dei loro diritti: si tratta in particolare dei diritti dell’infanzia e dei diritti della donna. LA QUARTA GENERAZIONE: i nuovi diritti Esiste infine una quarta generazione di diritti, che tuttavia non è ancora stata elaborata con precisione essendo un fenomeno molto recente: i diritti di quarta generazione sono quelli relativi al campo delle manipolazioni genetiche, della bioetica e delle nuove tecnologie di comunicazione. La nascita di questi nuovi diritti è una conseguenza della scoperta di nuove tecnologie: in questo senso la rivendicazione di nuovi diritti deriva dalla minaccia causata dalle nuove tecnologie. Si pensi ai danni che possono causare alla salute i cibi geneticamente modificati, oppure ai pericoli in cui possono incorrere specialmente i bambini utilizzando Internet. Essendo una nuova categoria occorrerà un po’ di tempo perché questi diritti vengano formulati con precisione e introdotti in documenti ufficiali. 3. La Carta dei diritti dell’UE La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è stata solennemente proclamata una prima volta il 7 dicembre 2000 a Nizza e una seconda volta, in una versione adattata, il 12 dicembre 2007 a Strasburgo da Parlamento, Consiglio e Commissione. Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, la Carta di Nizza ha il medesimo valore giuridico dei trattati, ai sensi dell’art. 6 del Trattato sull’Unione europea, e si pone dunque come pienamente vincolante per le istituzioni europee e gli Stati membri e, allo stesso livello di trattati e protocolli ad essi allegati, come vertice dell’ordinamento dell’Unione europea. Essa risponde alla necessità emersa durante il Consiglio europeo di Colonia (3 e 4 giugno 1999) di definire un gruppo di diritti e di libertà di eccezionale rilevanza che fossero garantiti a tutti i cittadini dell’Unione. È ben noto che i trattati istitutivi delle Comunità prevedevano sì una serie di libertà, ma strumentali alla realizzazione del mercato comune. Dai primi anni Settanta la Corte, però, riconobbe che i diritti fondamentali, quali risultano dalle tradizioni costituzionali dei paesi membri e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), fanno parte dei principi generali di cui essa garantisce l’osservanza (nelle situazioni in cui rileva la disciplina comunitaria). Dal 1977 le istituzioni hanno seguito l’orientamento della Corte e nel 1992, con il Trattato di Maastricht, all’art. 6, si è formalizzata la giurisprudenza della Corte in materia. La comunità ha riconosciuto la CEDU, pur non aderendovi, ma bisogna constatare che comunque la tutela dei diritti fondamentali è sempre stata adeguata al di là di quanto espressamente stabilito dalla base giuridica principale, il Trattato, fino a Maastricht. La Convenzione Il compito di redigere la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è stata affidata ad una Convenzione presieduta da Roman Herzog (ex presidente della Repubblica Federale tedesca) e composta di 62 membri: 15 rappresentanti dei Capi di Stato e di Governo degli stati membri; 1 rappresentante della Commissione europea; 16 membri del Parlamento europeo; 30 membri dei parlamenti nazionali. La Carta enuncia i diritti e i principi che dovranno essere rispettati dall’Unione in sede di applicazione del diritto comunitario. L’attuazione di tali principi, comunque, è affidata anche alle normative nazionali. Il testo della Carta inizia con un preambolo e i 54 articoli sono suddivisi in 6 capi i cui titoli enunciano i valori fondamentali dell'Unione: Dignità (art 1-5); Libertà (art. 6-19); Uguaglianza (art. 20-26); Solidarietà (art. 27-38); Cittadinanza (art. 39-46); Giustizia (art. 47-50). Il settimo capo (art. 51-54) è rappresentato da una serie di "Disposizioni Generali" che precisano l’articolazione della Carta con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). I diritti contenuti nella Carta sono classificabili in quattro categorie: le libertà fondamentali comuni, presenti nelle costituzioni di tutti gli stati membri; i diritti riservati ai cittadini dell’Unione, in particolare riguardo alla facoltà di eleggere i propri rappresentanti al Parlamento europeo e di godere della protezione diplomatica comune; i diritti economici e sociali, quelli che sono riconducibili al diritto del lavoro; i diritti moderni, quelli che derivano da alcuni sviluppi della tecnologia, come la tutela dei dati personali o il divieto all'eugenetica. (da Wikipedia) ________________________________________________________________________________ Nel dicembre 2009, con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, è stato conferito alla Carta lo stesso effetto giuridico vincolante dei trattati. A tal fine, la Carta era stata modificata e proclamata una seconda volta nel dicembre 2007. La Carta riunisce in un unico documento i diritti che prima erano dispersi in vari strumenti legislativi, quali le legislazioni nazionali e dell’UE, nonché le convenzioni internazionali del Consiglio d'Europa, delle Nazioni Unite (ONU) e dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). Grazie alla visibilità e alla chiarezza che la Carta conferisce ai diritti fondamentali, essa contribuisce a creare la certezza del diritto nell’UE. La Carta dei diritti fondamentali comprende un preambolo introduttivo e 54 articoli, suddivisi in sette capi: capo I: dignità (dignità umana, diritto alla vita, diritto all’integrità della persona, proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, proibizione della schiavitù e del lavoro forzato); capo II: libertà (diritto alla libertà e alla sicurezza, rispetto della vita privata e della vita familiare, protezione dei dati di carattere personale, diritto di sposarsi e di costituire una famiglia, libertà di pensiero, di coscienza e di religione, libertà di espressione e d’informazione, libertà di riunione e di associazione, libertà delle arti e delle scienze, diritto all’istruzione, libertà professionale e diritto di lavorare, libertà d'impresa, diritto di proprietà, diritto di asilo, protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione); capo III: uguaglianza (uguaglianza davanti alla legge, non discriminazione, diversità culturale, religiose e linguistica, parità tra uomini e donne, diritti del bambino, diritti degli anziani, inserimento dei disabili); capo IV: solidarietà (diritto dei lavoratori all’informazione e alla consultazione nell'ambito dell'impresa, diritto di negoziazione e di azioni collettive, diritto di accesso ai servizi di collocamento, tutela in caso di licenziamento ingiustificato, condizioni di lavoro giuste ed eque, divieto del lavoro minorile e protezione dei giovani sul luogo di lavoro, vita familiare e vita professionale, sicurezza sociale e assistenza sociale, protezione della salute, accesso ai servizi d’interesse economico generale, tutela dellambiente, protezione dei consumatori); capo V: cittadinanza (diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali, diritto ad una buona amministrazione, diritto d’accesso ai documenti, Mediatore europeo, diritto di petizione, libertà di circolazione e di soggiorno, tutela diplomatica e consolare); capo VI: giustizia (diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, presunzione di innocenza e diritti della difesa, principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene, diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato); capo VII: disposizioni generali. Campo di applicazione La Carta si applica alle istituzioni europee nel rispetto del principio della sussidiarietà e in nessun caso può ampliare le competenze e i compiti a queste attribuiti dai trattati. Essa si applica anche ai paesi dell’UE nell’ambito della loro attuazione della normativa dell’UE. Qualora uno qualsiasi dei diritti corrisponda ai diritti garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, il suo significato e campo d’applicazione deve essere uguale a quello definito dalla Convenzione, anche se il diritto comunitario può prevedere una maggiore tutela. Qualunque diritto risultante dalle tradizioni costituzionali comuni dei paesi dell'UE deve essere interpretato conformemente a tali tradizioni.