I Diritti Umani - VIS - Volontariato Internazionale per lo Sviluppo

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I Diritti Umani
Di Carola Carazzone
(aggiornata al 30.05.2001)
Indice degli argomenti
I. APPROFONDIMENTO
1. Cosa significa “diritti umani”.
2. La lunga marcia dei diritti umani attraverso la storia.
2.1. Dalla filosofia al diritto.
BOX 1: La conquista dei diritti umani: un cammino lungo migliaia di anni.
2.2. Dal diritto interno al diritto internazionale.
2.3. Roosevelt: quattro libertà fondamentali per la pace internazionale.
2.4. La Dichiarazione Universale dei diritti umani.
2.5. Diritti civili e politici e diritti economici e sociali: lo scontro di due visioni.
2.6. Oltre la guerra fredda: universalità e indivisibilità di tutti i diritti umani.
BOX 2: La Dichiarazione Universale oggi.
2.7. I diritti umani sono diritti storici. Le “generazioni” dei diritti umani.
2.8. Dalla Dichiarazione Universale al sistema internazionale di tutela dei diritti umani.
3. Il sistema internazionale di tutela dei diritti umani.
3.1. Livello globale: il sistema ONU.
a) La Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite.
BOX 3: La Sotto-Commissione per la prevenzione della discriminazione e la
protezione delle minoranze.
b) I sei Comitati.
c) L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani,
d) Il Tribunale Penale Internazionale per la ex-Yugoslavia.
e) Il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda.
f) Il Tribunale Penale Internazionale Permanente.
3.2. Livello regionale: il sistema europeo.
BOX 4: Il Consiglio d’Europa.
BOX 5: Gli Stati Membri del Consiglio d’Europa oggi.
3.3. Livello regionale: il sistema americano.
BOX 6: l’Organizzazione degli Stati Americani
a) Dichiarazione americana dei diritti e dei doveri dell’uomo.
b) La Commissione Interamericana dei diritti umani.
c) La Convenzione americana dei diritti umani e la Corte Interamericana dei diritti
umani.
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3.4. Livello regionale: il sistema africano.
BOX 7: L’Organizzazione per l’Unità Africana.
a)
La Commissione africana dei diritti dell’uomo e dei popoli.
b)
E La Corte africana?
3.5. Livello regionale: il sistema arabo.
BOX 8: La Lega degli Stati Arabi.
3.6. E l’Asia?
4. Limiti e prospettive del sistema internazionale di tutela dei diritti umani.
5. Educare ai diritti umani: per un approccio cognitivo pluridisciplinare.
II. STRUMENTI
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Tabelle
Giochi
Ricorrenze
Bibliografia scelta
Filmografia
Musica
Links
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I. APPROFONDIMENTO
1. COSA SIGNIFICA “DIRITTI UMANI”.
I diritti umani sono i diritti di ogni essere umano.
Sono i diritti fondamentali, universali, inviolabili e indisponibili di ogni persona.
I diritti umani sono fondamentali in quanto corrispondono ai bisogni vitali, spirituali e
materiali della persona. Sono i diritti della persona alle libertà fondamentali civili, politiche,
sociali, economiche, culturali.
I diritti umani sono universali in quanto appartengono ad ogni essere umano per il solo
fatto di essere tale, senza distinzione di razza, di colore di pelle, di sesso, di lingua, di
religione, di opinione politica, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di
altra condizione.
I diritti umani sono inviolabili in quanto sono i diritti di cui nessun essere umano può
essere privato.
I diritti umani sono indisponibili in quanto sono i diritti a cui nessuno può rinunciare,
neppure volontariamente.
2. LA LUNGA MARCIA DEI DIRITTI UMANI ATTRAVERSO LA STORIA.
2.1 Dalla filosofia al diritto.
Volendo risalire indietro nella storia del pensiero dell’umanità e ricercare i primi frammenti
della concezione dei diritti dell’uomo - o, con terminologia più moderna e corretta, priva di
connotazioni di genere, dei diritti umani - si arriverebbe ad una riflessione in un certo
senso paradossale.
Sarebbe possibile rinvenire frammenti di quelli che oggi chiamiamo diritti umani all’inizio
stesso della storia dell’uomo.
La storia dei diritti umani è la storia delle lotte dell’umanità per la libertà ed è ancora oggi
in atto.
Il cammino per l’affermazione dei diritti umani trova radici millenarie nel pensiero di filosofi
e pensatori di molte distinte culture e civiltà, ma è necessario attendere la fine del XVIII
secolo per il riconoscimento in norme giuridiche scritte di alcuni diritti.
Le Costituzioni francese e nordamericane della fine del 1700 segnano il passaggio dalla
filosofia al diritto, dalle aspirazioni etiche e morali al riconoscimento giuridico.
BOX 1: La conquista dei diritti umani: un cammino lungo migliaia di anni.
Già migliaia di anni fa, molti testi religiosi di diverse civiltà hanno sottolineato l’importanza dell’eguaglianza,
della dignità, della responsabilità di aiutare gli altri: 3000 anni fa i testi hindu Veda, Agama e Upanishad e il
testo giudaico Torah; 2500 anni fa i testi buddisti Tripitaka e Anguttara-Nykaya e il testo confuciano Anaclet;
2000 anni fa il Nuovo Testamento cristiano.
Per quanto riguarda la cultura occidentale, già nel contesto primordiale dei poemi epici di Omero, l’Iliade e
l’Odissea, emerge una timida distinzione tra themis e dike, tra una decisione ispirata dagli dei e un
comportamento moralmente doveroso anche se non conveniente, rispondente a una sorta di coscienza
sociale collettiva e la legge terrena.
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L’Antigone di Sofocle, risalente alla metà del V secolo a. C. è tutta fondata sul tragico dilemma tra
l’adempimento o meno a una norma scritta palesemente ripugnante ai valori morali diffusi nella collettività.
Cicerone, nei trattati De legibus e De Republica, seppur a livello embrionale enuncia alcuni doveri che il
cittadino romano è tenuto a rispettare anche nei confronti degli stranieri.
Anche durante il Medio Evo, contrariamente a quanto potrebbe apparire ad un esame superficiale, si
possono rinvenire alcune tracce di una tutela giuridica della persona.
Siamo di fronte, ovviamente, a garanzie frammentarie e particolari, concesse all’interno di alcuni feudi dal
signore locale.
Di questo periodo storico va sicuramente citata la Magna Charta del 1215 con cui Enrico III si rivolge ad
alcuni ceti – arcivescovi, prelati, conti, nobili – ai quali garantisce il diritto alla giustizia, a non essere
arrestato o imprigionato senza ragione e a non essere privato della libertà.
E’ però solo con l’elaborazione del pensiero filosofico giusnaturalista di John Locke, sviluppato nel Second
Treatise of Government del 1690, che si arriva ad una enunciazione dell’idea che l’uomo in quanto tale – e
non l’uomo in quanto appartenente a certi gruppi o a certi ceti - ha dei diritti naturali, innati, che nessuno,
neppure lo Stato, può sottrarre e a cui non è possibile rinunciare, neppure volontariamente.
Per Locke il vero stato dell’uomo è lo stato di natura in cui gli uomini sono liberi ed eguali, lo stato civile è
solo una creazione artificiale che deve essere finalizzata a permettere la più ampia esplicazione della libertà
e dell’eguaglianza naturali.
Successivamente Voltaire, Rousseau, Kant e tutta la corrente dei filosofi illuministi contribuirono in maniera
determinante all’elaborazione delle idee di libertà, eguaglianza e fratellanza.
2.2 Dal diritto interno al diritto internazionale.
Solo un secolo più tardi rispetto agli scritti di Locke alcune delle istanze propugnate dai
filosofi vennero sancite in norme giuridiche.
Ciò avvenne con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, seguita alla
rivoluzione francese ed approvata dall’Assemblea nazionale il 26 agosto del 1789, e con
le Dichiarazioni dei diritti degli Stati nordamericani, poste alla base di un nuova
concezione dello Stato, non più assoluto ma limitato.
Siamo di fronte al rovesciamento del rapporto stato-cittadini che ha caratterizzato la
formazione dello Stato moderno e al passaggio dalla priorità dei doveri dei sudditi alla
priorità dei diritti del cittadino, ad un nuovo e diverso modo di intendere il rapporto politico,
non più prevalentemente dal punto di vista del sovrano, ma prevalentemente dal punto di
vista del cittadino.
Siamo di fronte ad una tappa fondamentale nella storia dei diritti umani: per la prima volta
le aspirazioni etiche e morali vengono affermate in norme scritte.
Nel passaggio dalle teorie filosofiche alla codificazione nelle prime Costituzioni nazionali i
diritti umani acquistano forza normativa - diventano appunto, in termini legali, diritti positivi,
cioè sanciti in norme giuridiche – ma perdono l’universalità: sono diritti dell’uomo in quanto
cittadino e non dell’uomo in quanto individuo, straniero, cittadino o apolide.
Per quanto venga mantenuta nelle formule solenni la distinzione tra diritti dell’uomo e diritti
del cittadino, i diritti riconosciuti nelle Dichiarazioni della fine del 1700 sono diritti dell’uomo
solo in quanto sono diritti del cittadino di questo o di quello Stato particolare e valgono solo
nell’ambito dello Stato che li riconosce.
È necessario giungere alla seconda metà del Novecento e, in particolare, agli anni
successivi alla tragedia della Seconda Guerra Mondiale, per arrivare al riconoscimento
internazionale dei diritti umani.
Il 10 dicembre del 1948 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la
Dichiarazione Universale dei diritti umani.
Per la prima volta nella storia dell’umanità, vennero sanciti in un documento internazionale
i diritti umani e le libertà fondamentali di ogni essere umano senza distinzione di razza, di
colore di pelle, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica, di origine nazionale o
sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione (art.2 della Dichiarazione Universale).
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E i diritti delle donne?
Il movimento per i diritti delle donne e per l’eliminazione della discriminazione di genere
viene fatto risalire all’opera di Mary Wollstonecraft che nel 1792 pubblicò: Vindication of
the rights of woman e, nel secolo successivo, alle figure di Mirza Fath Ali Akhundzade in
Iran, di Tan Sitong in Cina e di Rosa Guerra in America Latina.
E i diritti dei bambini?
Il movimento per i diritti dei minori, invece, acquistò voce e consistenza solo nel XX
secolo.
Viene fatto risalire a Eglantyne Jebb, fondatrice di Save the Children, oggi una delle più
importanti organizzazioni non governative internazionali che si occupano di diritti
dell’infanzia.
La Lega delle Nazioni adottò nel 1924 la Dichiarazione dei diritti dell’infanzia da lei redatta.
2.3 Roosevelt: quattro libertà fondamentali per la pace internazionale.
Il movimento politico che ha portato all’adozione della Dichiarazione Universale viene fatto
risalire al celebre discorso che il Presidente degli Stati Uniti Delano Roosevelt tenne il 6
gennaio del 1941 al Congresso americano sulle quattro libertà fondamentali - libertà di
parola, libertà di credo, libertà dal bisogno e libertà dalla paura – indicate come
fondamento, al termine del conflitto, della erigenda società mondiale e come condizione
necessaria per una pace internazionale durevole.
L’impostazione fondata sul collegamento ideale e politico fra protezione dei diritti umani e
mantenimento della pace internazionale fu ripresa dalla Carta Atlantica del 14 agosto del
1941 e successivamente dalle varie conferenze intergovernative susseguitesi nella prima
metà degli anni Quaranta, fino alla Conferenza di San Francisco, apertasi il 25 aprile del
1945 ed al termine della quale venne istituita l’Organizzazione Internazionale delle Nazioni
Unite (ONU).
In quella sede si fece un tentativo di introdurre un “catalogo” dei diritti umani nella Carta –
lo Statuto - delle Nazioni Unite, ma alla fine si optò per l’elaborazione di atti separati.
2.4 La Dichiarazione Universale dei diritti umani.
La Carta delle Nazioni Unite stabilisce che la promozione del rispetto dei diritti umani è tra
gli scopi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, assieme al mantenimento della pace ed
al progresso economico e sociale (art.1); che gli organi della Nazioni Unite
promuoveranno “il rispetto e l’osservanza universale dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione” (art.55) e che
gli stati membri “si impegnano ad agire, collettivamente o singolarmente, in cooperazione
con l’organizzazione per raggiungere tali fini” (art.56).
L’art.68 della Carta delle Nazioni Unite prevede poi l’istituzione da parte del Consiglio
Economico e Sociale di una Commissione “per promuovere i diritti dell’uomo”.
Tale Commissione, presieduta dalla vedova del Presidente Roosevelt, avrebbe dovuto
elaborare una Dichiarazione Universale, una Convenzione (destinata a tradurre in obblighi
vincolanti per gli Stati che l’avessero ratificata i principi enunciati nella dichiarazione, in
base al diritto internazionale, giuridicamente non vincolante) e un insieme di misure di
attuazione.
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La Dichiarazione venne elaborata in tempi relativamente brevi dalla Commissione per poi
passare attraverso diversi organi – Segretariato delle Nazioni Unite, Consiglio Economico
e Sociale, Comitato di redazione (quest’ultimo composto dai rappresentanti di Australia,
Cile, Francia, Gran Bretagna, Libano , Stati Uniti e URSS) - e venire finalmente approvata
dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nella seduta del 10 dicembre del 1948.
Dei 58 Paesi che facevano allora parte delle Nazioni Unite, vi furono 48 voti favorevoli, 8
astensioni ( Unione Sovietica, Polonia, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Ucraina, Bielorussia,
Sudafrica, Arabia Saudita) e 2 furono i Paesi che non parteciparono al voto (Honduras e
Yemen).
Ma è sufficiente la Dichiarazione?
Per quanto riguarda la Convenzione, giuridicamente vincolante per gli Stati Membri, e le
misure di attuazione fu invece necessario attendere quasi trent’anni.
In realtà un’unica Convenzione comprensiva dei diritti civili, politici, economici, sociali e
culturali non poté mai essere approvata.
Furono necessari quasi vent’anni per giungere all’approvazione da parte dell’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite di due Patti Internazionali separati ed altri dieci perché tali
Patti entrassero in vigore (il Patto Internazionale sui diritti civili e politici, approvato
dall’Assemblea Generale il 16 dicembre del 1966 ed entrato in vigore il 23 marzo 1976, e il
Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, approvato dall’Assemblea
Generale il 16 dicembre del 1966 ed entrato in vigore il 3 gennaio 1976).
L’adozione di un’unica Convenzione Internazionale per la protezione di tutti i diritti umani
fu impedita dall’esacerbarsi di due opposte posizioni in seno agli Stati membri delle
Nazioni Unite che videro contrapporsi i Paesi Occidentali ai Paesi del blocco comunista.
Al momento dell’adozione della Dichiarazione Universale la comunità internazionale era
profondamente diversa da quella attuale.
Gli stati membri dell’ONU erano all’epoca 58, meno di un terzo di quelli di oggi.
Inoltre molti Paesi afro-asiatici erano allora ancora soggetti alla dominazione coloniale.
La stessa Dichiarazione Universale pertanto fu il frutto di un compromesso fra le tesi dei
due gruppi occidentale e socialista o, come non a torto è stato sostenuto, “un pezzo di
guerra fredda”.
I rappresentanti delle democrazie occidentali propugnavano la proclamazione in chiave
universale dei soli diritti civili e politici e unicamente nell’impostazione individualistica
ereditata dalla tradizione settecentesca del costituzionalismo francese e americano.
All’opposto gli esponenti degli stati dell’area socialista volevano il riconoscimento
universale dei diritti economici e sociali e soltanto di taluni diritti politici (quali, per esempio,
il diritto di ribellione nei confronti delle autorità oppressive).
Per quanto riguarda la Dichiarazione Universale - che proprio in quanto dichiarazione è, in
base al diritto internazionale, in astratto atto non giuridicamente vincolante ma a carattere
meramente esortativo – ma non per quanto riguarda l’approvazione di un’unica
Convenzione Internazionale legalmente vincolante, gli Stati membri dell’ONU pervennero
ad una soluzione compromissoria.
Da un lato le nazioni occidentali accettarono di inserire alcuni diritti economici e sociali e,
dall’altro, i paesi socialisti si impegnarono a collaborare fattivamente alla stesura del testo
della Dichiarazione Universale e alla fine espressero un voto di astensione.
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2.5 Diritti civili e politici e diritti economici e sociali: lo scontro di due visioni.
Il contenuto dei 30 articoli che costituiscono la Dichiarazione Universale è stato descritto in
tanti modi diversi.1
La distinzione che ebbe certamente maggiore rilevanza non solo teorica ma soprattutto
pratica nei decenni successivi fu quella tra diritti civili e politici da un lato e diritti economici,
sociali e culturali dall’altro.
I diritti civili e politici riconosciuti dalla Dichiarazione Universale sono: il diritto alla vita,
alla libertà e alla sicurezza della propria persona; la libertà dalla schiavitù, dalla tortura e
da ogni trattamento o punizione crudele, inumana o degradante; l’uguaglianza davanti alla
legge; la protezione contro l’arresto, la detenzione o l’esilio arbitrari; il diritto ad un’equa e
pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente ed imparziale; il diritto alla
presunzione di innocenza sino a che la colpevolezza non sia stata provata legalmente in
un pubblico processo; il diritto a non essere condannato per un comportamento che nel
momento in cui sia stato commesso non costituisse reato secondo il diritto interno o
internazionale; il diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni stato;
il diritto di chiedere e godere dell’asilo dalle persecuzioni in altri Paesi; il diritto alla
cittadinanza; il diritto al matrimonio; il diritto a non essere privato arbitrariamente della
proprietà; il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; il diritto alla libertà di
riunione e associazione pacifica; il diritto di partecipare al governo del proprio Paese, sia
direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.
I diritti economici sociali e culturali riconosciuti dalla Dichiarazione Universale sono: il
diritto al lavoro e alla protezione contro la disoccupazione; il diritto ad eguale retribuzione
per eguale lavoro; il diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri al
lavoratore e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se
necessario, da altri mezzi di protezione sociale; il diritto a fondare sindacati o ad aderirvi
per la difesa dei propri interessi; il diritto al riposo, a una ragionevole limitazione delle ore
di lavoro e a ferie periodiche retribuite; il diritto alla sicurezza sociale e alla realizzazione,
attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con
l’organizzazione e le risorse di ogni stato, dei diritti economici sociali e culturali
indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità; il diritto
all’istruzione.
Tradizionalmente si afferma che ai diritti civili e politici corrispondono le libertà negative, a
un non fare da parte dello Stato e dei pubblici poteri, mentre ai diritti economici, sociali e
culturali corrispondono le libertà positive, a un fare da parte dello Stato e dei pubblici
poteri.
I primi, nati storicamente in epoca precedente, sono richieste di limitazioni del potere
pubblico, i secondi sono richieste allo stesso potere pubblico di interventi di tipo protettivo.
La distinzione tra diritti civili e politici e diritti economici, sociali e culturali, polarizzata dalla
guerra fredda, ha comportato, nei decenni successivi alla Dichiarazione, una retorica dei
diritti umani spesso ridotta ad un’arma di propaganda a favore di interessi geopolitici.
Renè Cassin, uno dei padri della Dichiarazione Universale, afferma che essa si fonda su quattro “pilastri
fondamentali”: i diritti della persona (diritti di eguaglianza, alla vita, alla libertà, alla sicurezza...); i diritti spettanti
all’individuo nell’ambito dei suoi rapporti con i gruppi sociali di cui fa parte; i diritti politici; i diritti economici e
sociali. Su tali pilastri si erge il “frontone del tempio” composto dalla quinta sezione – di cui fanno parte disposizioni
eterogenee (come il diritto a un ordine sociale e internazionale favorevole alla piena realizzazione dei contenuti della
Dichiarazione) – e dalla previsione di possibili limiti dei diritti contemplati, legati a particolari esigenze, tra cui in
particolare: assicurare il rispetto dei diritti degli altri; la necessità di esercitare i diritti e le libertà in modo non
confliggente con i fini e i principi dell’ONU; la clausola di salvaguardia, vale a dire l’esigenza che le libertà e i diritti
non siano utilizzati allo scopo di distruggere i principi della Dichiarazione stessa.
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Gli Stati hanno utilizzato tale distinzione per accampare facili giustificazioni ad una
mancata attuazione di tutti i diritti umani.
I diritti economici, sociali e culturali, proprio perché comportanti un obbligo a un fare
positivo da parte degli Stati, e quindi la previsione specifica di risorse economiche,
istituzionali, umane finalizzate a garantirne l’effettivo godimento, sono rimasti per lo più
sulla carta.
E’ utile sottolineare qui che la distinzione tra diritti civili e politici e diritti economici, sociali e
culturali è palese fin dall’enunciazione di tali diritti nel testo delle convenzioni successive
alla Dichiarazione Universale.
I diritti economici, sociali e culturali sono infatti sempre riconosciuti con clausole che
potremmo definire di derogabilità, per esempio che lo Stato si impegna a operare per
garantirli con il massimo delle risorse di cui dispone o tenuto conto dell'economia
nazionale o attraverso la cooperazione internazionale (si vedano, a titolo esemplificativo
l’art.2 del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 16 dicembre del
1966 e l’art.4 della Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia del 20 novembre del
1989).
Sulla base, quindi, della distinzione tra diritti civili e politici e diritti economici, sociali e
culturali è stata sostenuta, nei decenni successivi alla Dichiarazione Universale, la
diversità del tipo di obblighi che gli Stati si sono impegnati a rispettare: obblighi precettivi
nel caso dei diritti civili e politici, obblighi meramente programmatici nel caso dei diritti
economici, sociali e culturali.
Distinti sono poi i meccanismi di garanzia internazionale che, nel caso dei diritti economici
e sociali, sono particolarmente deboli.
Anche le organizzazioni non governative impegnate per l’attuazione dei diritti sono, in linea
di massima, diverse: organizzazioni di cooperazione allo sviluppo da una parte e
organizzazione per i diritti umani in senso classico dall’altra.
2.6 Oltre la guerra fredda: universalità e indivisibilità di tutti i diritti umani.
Ma l’importanza fondamentale e l’attualità della Dichiarazione Universale sta proprio nel
riconoscimento dell’universalità e della indivisibilità di tutti i diritti umani.
I diritti umani sono universali in quanto appartengono a ciascun essere umano e ciascuno
ha eguale status in relazione a tali diritti.
L’incapacità di rispettare i diritti umani di un individuo non si aggrava a seconda del
genere, della razza, del gruppo etnico, della nazionalità, della condizione economica o
sociale o di qualsiasi altro carattere distintivo.
I diritti umani sono indivisibili e interdipendenti in due sensi.
In primo luogo, non vi è gerarchia tra diversi tipi di diritti: i diritti civili, politici, economici,
sociali e culturali sono tutti ugualmente necessari per la libertà e la dignità di ogni essere
umano.
I diritti civili e politici senza i diritti economici e sociali sono, come dice Norberto Bobbio,
vuoti.
Se una persona è stremata dalla fame e analfabeta a nulla o a molto poco vale che le sia
garantito il diritto di libera manifestazione del pensiero. Allo stesso modo se una persona
può essere incarcerata o addirittura torturata ad arbitrio di pubblici ufficiali a nulla o a molto
poco vale che le sia garantito il diritto alla sicurezza alimentare.
In secondo luogo, i diritti umani sono indivisibili in quanto non è possibile cancellare alcuni
diritti allo scopo di promuoverne altri. Non è possibile pertanto violare i diritti civili e politici
per promuovere i diritti economici e sociali o viceversa.
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Mary Robinson, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, afferma che
l’obiettivo del XXI secolo è quello di ottenere tutti i diritti umani per tutti.
BOX 2: La Dichiarazione Universale oggi.
L’importanza che la Dichiarazione Universale ha avuto e ad oggi attualmente ha nel processo di
universalizzazione dei diritti umani consente di condividere un’interpretazione in base alla quale sostenere
che i diritti proclamati nella Dichiarazione, al di là della sua efficacia giuridica formale, abbiano assunto
carattere precettivo di fatto, divenendo norme internazionali consuetudinarie o generali.
Ciò è molto significativo poiché le norme internazionali consuetudinarie vincolano tutti gli Stati del mondo e
non soffrono dei limiti di efficacia soggettiva delle norme internazionali scritte (convenzioni, trattati, accordi)
che invece vincolano soltanto gli Stati che le hanno ratificate.
I principi proclamati nella Dichiarazione, oltre ad essere stati e ad essere il punto di riferimento per
l’adozione di tutti gli accordi e convenzioni internazionali successivi in materia di diritti umani, sono stati
ripresi e sanciti nelle Costituzioni nazionali di singoli stati e richiamati nelle decisioni delle Corti Supreme di
molti paesi.
A livello internazionale inoltre i principi sanciti nella Dichiarazione Universale sono stati espressamente
riaffermati da tutti gli Stati membri dell’ONU – più che triplicati rispetto al 1948 - nella prima Conferenza
Internazionale sui diritti umani di Tehran del 1968 e, 25 anni dopo, nella Conferenza Mondiale sui diritti
umani di Vienna (1).
Ora, se gli elementi costitutivi di una norma internazionale consuetudinaria sono la ripetizione di una
condotta nel tempo – diuturnitas – e la convinzione generalizzata che quella condotta sia dovuta – opinio
iuris – è allora possibile affermare che molti diritti sanciti nella Dichiarazione siano oggi oggetto di norme
internazionali consuetudinarie.
Moltissimi ordinamenti giuridici statali prevedono un adattamento “automatico” alle norme internazionali
consuetudinarie (si veda, per esempio, l’art.10 della Costituzione italiana) mentre per le convenzioni
internazionali è invece necessario un procedimento di firma e ratifica.
Sostenere che i contenuti della Dichiarazione Universale abbiano assunto valore giuridicamente vincolante
divenendo, nel corso della seconda metà del XX secolo, norme internazionali consuetudinarie consente
inoltre di riconoscere la grande efficacia propulsiva attuale della Dichiarazione nel superamento della
concezione dualistica e della sterile separazione tra diritti civili e politici e diritti economici, sociali e culturali.
(1) Il Programma di azione adottato al termine della Conferenza Mondiale sui diritti umani di Vienna, il 25 giugno 1993, al par.8 del
Preambolo afferma: “the Universal Declaration constitutes a common standard of achievement for all people and all nations. It is the
duty of States, regardless of their political, economic and cultural systems, to promote and protect all human rights and fundamental
freedoms”.
2.7 I diritti umani sono diritti storici. Le “generazioni” dei diritti umani.
I diritti umani sono diritti storici, cioè nati, come afferma Norberto Bobbio, in certe
circostanze, contrassegnate da lotte per la difesa di nuove libertà contro vecchi poteri,
gradualmente, non tutti in una volta e non una volta per sempre.
“I diritti umani nascono quando l’aumento del potere dell’uomo sull’uomo, che segue
inevitabilmente al progresso tecnico, cioè al progresso della capacità dell’uomo di
dominare la natura e gli altri uomini, o crea nuove minacce alla libertà dell’individuo oppure
consente nuovi rimedi alla sua indigenza: minacce cui si contrasta con richieste di limiti del
potere; rimedi cui si provvede con la richiesta allo stesso potere di interventi protettivi”. 2
Distinguere diverse “generazioni” di diritti umani serve soltanto a coglierne la dimensione
storica e, in nessun modo, a sostenerne una gerarchizzazione o una priorità di taluni
rispetto ad altri.
I diritti civili e politici e i diritti economici e sociali sono tutti ugualmente indispensabili per
una vita libera e dignitosa.
Solo in una prospettiva storica, pertanto, si può parlare dei diritti civili e politici come
prima generazione dei diritti umani; dei diritti economici, sociali e culturali come seconda
2
Norberto Bobbio, L’età dei diritti, Torino, 1990, p.15.
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generazione e dei “nuovi” diritti, ancora non compiutamente riconosciuti, di terza
generazione (diritto all’autodeterminazione dei popoli, diritto allo sviluppo e diritto a vivere
in un ambiente non inquinato) e quarta generazione ( diritto al genoma umano e al
patrimonio genetico dell’individuo).
Se, pertanto, i diritti umani sono diritti storici, un sistema efficace di tutela dei diritti umani
non può né deve essere statico.
2.8 Dalla Dichiarazione Universale al sistema internazionale di tutela dei diritti
umani.
Con la Dichiarazione Universale i diritti umani diventano materia di diritto internazionale e
smettono di essere una questione meramente di diritto interno, nazionale.
Fino ad allora il diritto internazionale classico si era solo ed esclusivamente occupato dei
rapporti tra gli Stati (regolamentazione dei confini, di guerre, alleanze, accordi
commerciali, etc.).
Il rapporto tra lo Stato ed i propri cittadini così come i diritti individuali erano sempre stati
un affare “domestico”, soggetto alla sovranità nazionale ed escluso da ogni disciplina
internazionale.
Soggetti di diritto internazionale sono stati tradizionalmente solo gli Stati e dal XIX secolo
le organizzazioni internazionali.
Con la Dichiarazione Universale ed il successivo sviluppo del sistema internazionale di
tutela dei diritti umani prende forma un nuovo diritto internazionale, contrapposto a quello
tradizionale, il diritto internazionale cd. solidaristico.
Tale diritto promuove il riconoscimento degli individui, dei popoli e delle organizzazioni
della società civile (organizzazioni non governative, associazioni, sindacati, etc.) quali
soggetti – ossia titolari di diritti e doveri - di diritto internazionale.
Il diritto internazionale solidaristico si scontra con le forti spinte della sovranità nazionale e
difesa della non ingerenza negli affari interni.
La Carta dell’ONU stabilisce che gli organi delle Nazioni Unite non possono intervenire
nelle questioni che appartengono al dominio riservato degli stati e ciò ha limitato, per
alcuni decenni dalla sua istituzione, la Commissione per i diritti umani ad un ruolo
meramente generale ed astratto, di predisposizione di progetti di dichiarazioni.
Solo a partire dalla fine degli anni Sessanta, con l’istituzione della procedura pubblica, si
sono avute, fra vivi contrasti, le prime iniziative relative alla situazione dei diritti umani in
singoli stati, da principio limitatamente all’ipotesi di “violazioni gravi e sistematiche”, in
seguito, con l’istituzione dei meccanismi “a tema”, anche in relazione a violazioni singole o
simple violations.
Ancora oggi vi sono attività di protezione dei diritti umani che continuano ad essere
strutturalmente soggette alla condizione del consenso delle autorità dello stato interessato
(così è per esempio per le operazioni di peace-keeping).
Lo stesso sistema internazionale di tutela dei diritti umani sconta ancora troppo spesso
l’inefficacia, per esempio per quanto riguarda la debolezza di poteri coercitivi, dovuta a tale
contrapposizione.
Ma gli sviluppi dell’ultimo decennio, seguiti al crollo del muro di Berlino (la creazione
dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, l’istituzione di Tribunali
Internazionali per il Ruanda e l’ex-Jugoslavia, la previsione di un Tribunale Penale
Internazionale permanente, il Protocollo alla Convenzione per la lotta di ogni forma di
discriminazione nei confronti delle donne) consentono di guardare al futuro con la
speranza che il godimento dei diritti umani sia davvero oggi un obiettivo raggiungibile.
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Oggi il mondo ha le risorse e la consapevolezza per un nuovo, deciso impegno per i diritti
umani.
La realizzazione dei diritti umani è responsabilità di tutti e di ciascuno.
3. IL SISTEMA INTERNAZIONALE DI TUTELA DEI DIRITTI UMANI.
Il sistema internazionale di tutela dei diritti umani è l’insieme di convenzioni, procedure,
meccanismi ed organi creati, nei decenni successivi alla Dichiarazione Universale, per
promuovere e proteggere i diritti umani o categorie specifiche di diritti umani.
Il sistema internazionale di tutela dei diritti umani si articola su due livelli: globale e
regionale.
A livello globale - o, meglio, ad aspirazione globale - il riferimento è al sistema di tutela dei
diritti umani dell’ONU che si articola in diverse convenzioni volte a proteggere specifiche
categorie di diritti umani e che vincolano gli Stati Membri di ciascuna convenzione, cioè gli
Stati che hanno ratificato ciascuna convenzione.
A livello regionale, invece, le diverse regioni (America, Europa, Africa e dei paesi arabi)
hanno adottato, in seguito alla Dichiarazione Universale, convenzioni e meccanismi
regionali per la tutela dei diritti umani che vincolano gli Stati di ogni rispettiva regione che li
hanno ratificati.
3.1 Livello globale: il sistema ONU.
a) La Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani.
La Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani, istituita nel 1946 dal Consiglio
Economico e Sociale (ECOSOC) - uno degli organi principali dell’ONU www.un.org - è
stata il primo organismo ad essere stato creato per la tutela dei diritti umani.
La Commissione è composta dai rappresentanti di 53 Stati Membri dell’ONU che durano in
carica tre anni.
Funzioni.
Per i primi decenni dalla sua istituzione il ruolo della Commissione è stato limitato alla
redazione di testi di dichiarazioni e convenzioni in materia di diritti umani (abbiamo già
visto per esempio che preparò il testo della Dichiarazione Universale).
Nel 1967 la Risoluzione 1235 del Consiglio Economico e Sociale ha autorizzato la
Commissione ad esaminare informazioni riguardanti violazioni gravi e sistematiche dei
diritti umani e delle libertà fondamentali.
Nel 1970 la Risoluzione 1503 del Consiglio Economico e Sociale ha stabilito un
meccanismo di risposta alle istanze individuali presentate da persone che denunciano le
violazioni dei diritti umani subite.
Se la denuncia è giudicata veridica e seria, la Commissione ha il potere di investigare la
situazione attraverso un sistema di procedure speciali.
In base a tali procedure speciali la Commissione può nominare singoli esperti
internazionali indipendenti o gruppi di lavoro, anch’essi costituiti da esperti
internazionali indipendenti.
Gli esperti così come i gruppi di lavoro vengono nominati dalla Commissione per
investigare, analizzare e pubblicare rapporti
a) su violazioni dei diritti umani in un determinato paese
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b) su violazioni dei diritti umani definite “tematiche”.
Quest’ultimo è il caso in cui le violazioni di determinati diritti umani riguardino più paesi,
come per esempio per l’intolleranza religiosa o la pornografia e lo sfruttamento della
prostituzione di minori.
Gli esperti nominati dalla Commissione possono usare qualsiasi fonte nella preparazione
dei loro rapporti e compiono missioni in loco, dove conducono interviste con le autorità,
con le organizzazioni non governative e con le vittime.
Gli esperti sono tenuti a riferire annualmente alla Commissione del loro operato,
esplicitando anche specifiche raccomandazioni di azioni da intraprendere per porre fine
alle violazioni dei diritti umani e prevenirne ulteriori.
Le funzioni della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani possono dunque
essere così riassunte:
1) definisce standard per i diritti umani e redige testi di dichiarazioni e convenzioni;
2) si riunisce annualmente per sei settimane a Ginevra per discutere in base ad
un’agenda delle violazioni dei diritti umani;
3) nomina relatori speciali, esperti e gruppi di lavoro per studiare situazioni tematiche
di violazioni dei diritti umani;
4) nomina relatori speciali, esperti e gruppi di lavoro per studiare situazioni nazionali di
violazioni dei diritti umani.
La Commissione, pertanto, pur non avendo poteri coercitivi o impositivi nei confronti degli
Stati – che non sono legalmente tenuti a rispettare le Raccomandazioni espresse dalla
Commissione - svolge un ruolo fondamentale nell’individuazione delle violazioni dei diritti
umani e nella pressione politica che può esercitare nei confronti degli Stati.
Il punto di forza della Commissione sta poi nel fatto che, essendo un organo istituito sulla
base della Carta dell’ONU (art.68), la sua competenza riguarda tutti i paesi membri
dell’ONU.
BOX 3: La Sotto-Commissione per la prevenzione della discriminazione e la protezione delle
minoranze.
Nel 1948 è stata creato un organo sottoposto alla Commissione, la Sotto-Commissione per la
prevenzione della discriminazione e la protezione delle minoranze per occuparsi specificamente dei
diritti umani delle persone indigene e delle minoranze etniche.
Successivamente il mandato della Sotto-Commissione è stato ampliato e la Sotto-Commissione ha nominato
esperti , relatori speciali e gruppi di lavoro per studiare numerose situazioni problematiche dei diritti umani
(tra le altre, quelle riguardanti i lavoratori migranti, le pratiche tradizionali che violano la salute delle donne e
delle bambine, la violenza sessuale durante i conflitti armati).
La Sotto-Commissione è composta da 26 esperti internazionali indipendenti.
b) I sei Comitati.
Nel corso dei decenni successivi alla Dichiarazione Universale sono stati istituiti, dalle
rispettive convenzioni internazionali, sei Comitati, definiti organismi dei trattati, volti a
monitorare l’attuazione, da parte degli Stati Membri di ciascuna convenzione, dei diritti
umani riconosciuti dalla specifica convenzione.
Nel 1969 venne istituito il Comitato per l’eliminazione della discriminazione razziale,
previsto dalla Convenzione Internazionale per l’eliminazione di tutte le forme di
discriminazione razziale, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1965
ed entrata internazionalmente in vigore nel 1969 dopo aver raggiunto il numero di ratifiche
necessario.
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RISORSE DIDATTICHE – VILLAGGIO VOLINT – WWW.VOLINT.IT
Tale Comitato è composto da 18 esperti internazionali indipendenti.
Nel 1976 venne istituito il Comitato per i diritti umani, previsto dal Patto Internazionale
sui diritti civili e politici, approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1966
ed entrato internazionalmente in vigore nel 1976 dopo aver raggiunto il numero di ratifiche
necessario.
Tale Comitato e composto da 18 esperti internazionali indipendenti.
Nel 1981 venne istituito il Comitato per l’eliminazione delle discriminazioni nei
confronti delle donne, previsto dalla Convenzione Internazionale per l’eliminazione di
ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, approvata dall’ Assemblea
Generale delle Nazioni Unite nel 1979 ed entrata internazionalmente in vigore nel 1981
dopo aver raggiunto il numero di ratifiche necessario.
Tale Comitato e composto da 23 esperti internazionali indipendenti.
Nel 1985, nove anni dopo l’entrata in vigore del Patto Internazionale sui diritti economici,
sociali e culturali (approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1966 ed
entrato internazionalmente in vigore nel 1976 dopo aver raggiunto il numero di ratifiche
necessario) venne istituito il Comitato per i diritti economici, sociali e culturali da parte
del Consiglio Economico e Sociale dell’ ONU.
A differenza di tutti gli altri Comitati, i cui membri vengono eletti dagli Stati Parti delle
rispettive Convenzioni e devono riferire del proprio operato all’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite, i 18 esperti internazionali indipendenti membri del Comitato per i diritti
economici, sociali e culturali vengono eletti dall’ECOSOC, cui devono riferire del proprio
operato.
Nel 1987 venne istituito il Comitato contro la tortura, previsto dalla Convenzione
Internazionale contro la tortura e ogni altra forma di trattamento o punizione crudele,
inumana o degradante, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1984
ed entrata internazionalmente in vigore nel 1987 dopo aver raggiunto il numero di ratifiche
necessario.
Tale Comitato e composto da 10 esperti internazionali indipendenti.
Nel 1991 venne istituito il Comitato per i diritti dell’infanzia, previsto dalla Convenzione
Internazionale per i diritti dell’infanzia, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite nel 1989 ed entrata internazionalmente in vigore nel 1991 dopo aver raggiunto il
numero di ratifiche necessario.
Tale Comitato è composto da 10 esperti internazionali indipendenti.
Funzioni dei Comitati.
I sei Comitati ciascuno nell’ambito della Convenzione Internazionale per l’attuazione della
quale sono stati istituiti:
1) ricevono da parte degli Stati Membri della convenzione i rapporti governativi
nazionali periodici sullo status di attuazione dei diritti umani sanciti nella specifica
convenzione;
2) ricevono i rapporti “alternativi” redatti da organizzazioni non governative e
organizzazioni della società civile;
3) presentano osservazioni conclusive e raccomandazioni sulle condizioni dei diritti
umani nei paesi considerati;
4) pubblicano raccomandazioni generali sui diritti oggetto delle convenzioni di loro
competenza;
5) esaminano le controversie sorte fra due Stati Membri.
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Solo tre delle sei Convenzioni Internazionali consentono ai rispettivi Comitati - Comitato
per l’eliminazione della discriminazione razziale, Comitato per i diritti umani e
Comitato contro la tortura - di ricevere denunce individuali da parte di cittadini degli Stati
che hanno ratificato ciascuna convenzione
Il 6 ottobre del 1999 è stato approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite un
Protocollo Opzionale alla Convenzione Internazionale per l’eliminazione di ogni forma di
discriminazione nei confronti delle donne che consente ad individui o a gruppi di individui,
che hanno esaurito i rimedi nazionali, di denunciare al Comitato per l’eliminazione delle
discriminazioni nei confronti delle donne le violazioni subite.
Tale Protocollo Opzionale non è ad oggi internazionalmente in vigore in quanto non ha
ancora raggiunto il numero di ratifiche necessario.
I Comitati non hanno potere coercitivo nei confronti degli Stati che non adottano misure
positive di attuazione dei diritti umani o che li violano.
La stessa presentazione dei rapporti governativi nazionali periodici sullo status dei diritti
umani è rimessa alla volontà degli Stati Parti.
Vi sono Stati che hanno ratificato la convenzione ma che non hanno mai presentato alcun
rapporto, neppure quello iniziale.
Anche le raccomandazioni rivolte agli Stati che hanno presentato i rapporti non hanno
valore legalmente vincolante per lo stato che le riceve.
Il punto di forza del meccanismo dei Comitati sta invece nella pressione politica che i
Comitati sono in grado di esercitare e nella possibilità di ricevere i rapporti “alternativi”,
cioè non governativi, da parte della società civile.
c) L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani.
L’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani www.unhchr.ch
venne istituito dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993 in seguito alla
Conferenza Mondiale sui diritti umani di Vienna per rafforzare il sistema di tutela dei
diritti umani dell’ONU.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani opera sotto la diretta direzione
del Segretariato Generale dell’ONU e riferisce del suo operato all’Assemblea Generale, al
Consiglio Economico e Sociale e alla Commissione per i diritti umani.
L’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha sede a Ginevra
ed ha un organico di oltre 200 persone.
Funzioni.
L’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani:
1) fornisce servizi di consulenza ed assistenza tecnica a richiesta degli Stati;
2) si impegna per migliorare la cooperazione internazionale in materia di diritti umani;
3) si occupa di aumentare il dialogo con i governi per garantire il rispetto di tutti i diritti
umani;
4) adatta, razionalizza e rafforza il sistema esistente delle Nazioni Unite per la tutela
dei diritti umani.
d) Il Tribunale Penale Internazionale per l’ex Yugoslavia.
Nel maggio del 1993, al fine di punire le atrocità commesse sotto la politica cd. della
“pulizia etnica”, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha istituito, in base al Cap. VII
della Carta dell’ONU, il Tribunale Internazionale per la prosecuzione delle persone
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responsabili di serie violazioni delle leggi internazionali umanitarie commesse nel
territorio dell’ex-Yugoslavia dal 1991.
Tale Tribunale ha sede a L’Aja ed è costituito da due Collegi di Primo Grado (composti
ciascuno da tre giudici) ed un Collegio di Appello (composto da sei giudici).
In base al suo Statuto, il Tribunale ha l’autorità di perseguire quattro tipi di violazioni:
1) gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 1949 che codificano le norme
internazionali umanitarie in tempo di guerra;
2) violazioni delle leggi e delle consuetudini di guerra;
3) genocidio;
4) crimini contro l’umanità.
Il Tribunale dell’Aja ha autorità superiore rispetto ai Tribunali nazionali e può emettere
mandati di arresto internazionali.
Se le autorità nazionali non collaborano nel consegnare gli individui incriminati, il Tribunale
notifica al Consiglio di Sicurezza che adotta le misure idonee ad eseguire l’arresto.
Fino ad oggi il Tribunale ha incriminato pubblicamente 99 individui.
Di questi 66 individui sono in corso di giudizio di Primo Grado o di Appello.
33 individui pubblicamente incriminati permangono in libertà, in attesa dell’arresto.
I tentativi del Tribunale di arrestare persone incriminate che attualmente vivono nella
Repubblica Federale di Yugoslavia sono falliti. Il Governo ha infatti costantemente rifiutato
di collaborare e di adempiere ai propri obblighi internazionali di cooperazione.
Il Tribunale per l’ex-Yugoslavia costituisce il primo tentativo internazionale, dai tempi del
Tribunale di Norimberga che nel 1945 giudicò i criminali nazisti, di punire le responsabilità
individuali degli individui.
Pur se sconta dunque molteplici difficoltà, va dunque riconosciuto che esso rappresenta
una tappa fondamentale per la protezione dei diritti umani.
e) Il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda.
Nel novembre del 1994, al fine di punire le atrocità commesse durante la guerra civile, il
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha istituito, in base al Cap. VII della Carta
dell’ONU, il Tribunale Internazionale per la prosecuzione delle persone responsabili
di genocidio e di altre serie violazioni delle leggi internazionali umanitarie
commesse nel territorio del Ruanda e dei cittadini del Ruanda responsabili di
genocidio e di altre gravi violazioni del diritto internazionale commesse negli Stati
confinanti www.hirondelle.org .
Il Tribunale ha competenza sui crimini commessi dal 1 gennaio del 1994 al 31 dicembre
del 1994.
Tale Tribunale ha sede ad Arusha in Tanzania ed è costituito da tre Collegi di Primo Grado
(composti ciascuno da tre giudici) ed un Collegio di Appello (composto da sei giudici).
La prima incriminazione fu emessa dal Tribunale nel novembre del 1995.
Oggi sono in arresto cautelare in Arusha 44 individui.
Nel maggio del 1998 il Tribunale ha condannato all’ergastolo l’ex Primo Ministro del
Ruanda, Kambanda, per aver commesso e pubblicamente confessato il crimine di
genocidio.
È stata la prima condanna per genocidio mai emessa nei confronti di una persona.
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f) Il Tribunale Penale Internazionale Permanente.
Fin dalla fine della tragedia della Seconda Guerra Mondiale e per circa mezzo secolo le
Nazioni Unite hanno riconosciuto la necessità di un Tribunale Internazionale Permanente
per giudicare e punire i responsabili dei più gravi crimini di rilevanza internazionale.
Il Tribunale Penale Internazionale per l’ex Yugoslavia e il Tribunale Penale
Internazionale per il Ruanda costituiscono il primo impegno internazionale concreto in tal
senso.
Ma entrambi sono Tribunali ad hoc, specifici, e non precostituiti.
Ciò significa che entrambi tali Tribunali hanno giurisdizione limitata nel tempo e nello
spazio - crimini commessi in un determinato intervallo temporale e in un determinato
territorio.
Sia il Tribunale Penale Internazionale per l’ex Yugoslavia che il Tribunale Penale
Internazionale per il Ruanda inoltre sono stati istituiti dopo che i crimini che devono
giudicare e punire sono stati commessi.
Il 17 luglio del 1998 a Roma la Conferenza Diplomatica delle Nazioni Unite ha approvato
lo Statuto istitutivo del Tribunale Penale Internazionale Permanente.
Lo Statuto prevede l’istituzione del Tribunale Penale Internazionale Permanente
www.igc.org/icc/ .
Tale Tribunale avrà sede a L’Aja e sarà costituito da:
a) Presidenza;
b) Sezione di Appello, Sezione di Primo Grado e Sezione Preliminare;
c) Ufficio del Procuratore;
d) Cancelleria.
I 18 giudici del Tribunale Penale Internazionale Permanente sono indipendenti e saranno
eletti dall’Assemblea degli Stati che avranno ratificato lo Statuto.
Il Tribunale avrà giurisdizione sui seguenti crimini:
a) Genocidio;
b) altri crimini contro l’umanità;
c) crimini di guerra commessi nel corso sia di conflitti internazionali sia di conflitti interni ai
confini nazionali;
d) crimini di aggressione.
Con l’istituzione del Tribunale Penale Internazionale Permanente i responsabili di tali
crimini potranno essere perseguiti senza limiti né spaziali né temporali.
Siamo di fronte a una tappa di importanza fondamentale per la tutela dei diritti umani.
Il fatto poi che il Tribunale sia permanente, precostituito rispetto alla commissione dei
crimini, potrà svolgere un’importante funzione deterrente, “preventiva”, nel dissuadere gli
individui dal commettere i crimini contro l’umanità, di genocidio, di guerra e di aggressione.
Il Tribunale Penale Internazionale Permanente non sostituirà i Tribunali nazionali, se
questi avranno la volontà e la capacità di perseguire tali crimini.
La sua giurisdizione è cioè complementare rispetto a quelle nazionali e si attiverà solo nel
caso in cui i crimini non potranno essere perseguiti a livello nazionale.
Oggi lo Statuto del Tribunale Penale Internazionale Permanente non è ancora
internazionalmente in vigore poiché non ha ancora raggiunto il numero minimo di 60
ratifiche necessario per la sua entrata in vigore.
Le Campagne che sono state attivate per fare pressione ai Governi per la ratifica dello
Statuto di Roma, sottolineano l’importanza di esortare gli Stati affinché, al momento della
ratifica, non si avvalgano della clausola prevista dall’art.124.
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In base all’art.124: “uno Stato che diviene parte dello Statuto può, nei setti anni successivi
all’entrata in vigore dello Statuto nei suoi confronti, dichiarare di non accettare la
competenza del Tribunale per quanto riguarda i crimini di guerra”.
3.2 Livello regionale: il sistema europeo.
La tutela internazionale dei diritti umani a livello regionale europeo si inserisce nel quadro
istituzionale del Consiglio d’Europa www.coe.int e si fonda sulla Convenzione Europea
per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, approvata dal Consiglio
d’Europa nel 1950 ed entrata internazionalmente in vigore nel 1953, dopo aver raggiunto il
numero di ratifiche necessario da parte degli Stati Membri del Consiglio d’Europa.
BOX 4: Il Consiglio d’Europa.
Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione internazionale regionale fondata il 5 maggio del 1949 ed
inizialmente composta da 10 Stati Membri ( Belgio, Danimarca, Francia, Liechtenstein, Lussemburgo,
Irlanda, Italia, Norvegia, Regno Unito e Svezia).
La volontà politica degli Stati fondatori, a quattro anni dal termine della Seconda Guerra Mondiale e dalla
fondazione dell’ONU, fu quella di unire i Paesi europei attorno ad un obiettivo comune: “salvaguardare e
promuovere gli ideali ed i principi che sono patrimonio comune, così come favorire il progresso economico e
sociale".
La sede venne fissata a Strasburgo, città simbolo della riconciliazione franco-tedesca.
Oggi sono membri del Consiglio d’Europa 41 Stati.
In seguito alla caduta del muro di Berlino nel novembre del 1989 sono entrati a far parte del Consiglio
d’Europa moltissimi Paesi dell’Europa dell’Est.
Il finanziamento del Consiglio d’Europa è a carico di ciascuno Stato Membro in proporzione della ricchezza e
della popolazione di ciascuno.
BOX 5: Gli Stati Membri del Consiglio d’Europa oggi.
Albania, Andorra, Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia,
Francia, Georgia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania,
Lussemburgo, Malta, Moldavia, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Romania, Russia, San Marino,
Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito, ex- Repubblica di Macedonia, Turchia,
Ucraina.
La Convenzione Europea è stata il primo strumento internazionale a tradurre in obblighi
legalmente vincolanti per gli Stati Parti i principi sanciti nella Dichiarazione Universale.
I diritti umani riconosciuti dalla Convenzione Europea sono civili e politici.
11 Protocolli alla Convenzione Europea, approvati ed entrati in vigore nei decenni
successivi, hanno ampliato la lista originaria dei diritti e rafforzato il meccanismo di tutela
inizialmente previsto.
Oggi la Convenzione Europea prevede una Corte Europea per i diritti umani
www.echr.coe.int che ha sede a Strasburgo.3
La Corte Europea esamina casi di violazione dei diritti umani:
a) di uno Stato nei confronti di un persona
Il Protocollo 11, approvato dal Consiglio d’Europa nel 1994 ed entrato in vigore nel 1998, ha modificato il
meccanismo di tutela istituendo un’unica Corte Europea dei diritti umani al posto della Commissione Europea dei diritti
umani e della Corte Europea dei diritti umani previste precedentemente.
17
3
RISORSE DIDATTICHE – VILLAGGIO VOLINT – WWW.VOLINT.IT
b) di uno Stato nei confronti di un altro Stato.
Le denunce rivolte alla Corte Europea vengono inizialmente esaminate da un Collegio di
tre giudici che decide della loro ammissibilità.
La Corte ha ricevuto, dal momento della sua istituzione nel 1959, più di 40.000 denunce.
Di queste più di 4000 sono state dichiarate ammissibili.
Le altre sono state rigettate o perché manifestamente infondate o perché riguardavano
materie non coperte dalla Convenzione Europea o perché erano rivolte contro Stati che
non erano parti della Convenzione.
Per le denunce dichiarate ammissibili, la Corte propone alle parti un tentativo obbligatorio
di conciliazione.
Se la conciliazione si rivela impossibile, il caso viene esaminato in un giudizio pubblico.
Il caso, in dipendenza della gravità, viene giudicato e deciso o da una Chamber, composta
da sette giudici, o dalla Grand Chamber, composta da 17 giudici.
Le decisioni della Corte sono legalmente vincolanti per gli Stati Parti che sono tenuti ad
applicarle.
La Corte ha il potere di imporre agli Stati Parti:
a) le modificazioni legislative e/o amministrative necessarie ad evitare che le violazioni si
possano ripetere;
b) il risarcimento del danno alla persona i cui diritti sono stati violati.
Tutti gli Stati Parti, ad eccezione di Norvegia ed Irlanda, hanno inoltre incorporato la
Convenzione Europea dei diritti umani nelle proprie legislazioni nazionali.
Ciò fa sì che i giudici nazionali siano tenuti a tenere conto dei diritti sanciti dalla
Convenzione Europea nell’emettere le sentenze nazionali.
Una volta esauriti i rimedi nazionali, l’individuo può comunque denunciare una violazione
della Convenzione alla Corte Europea.
Un ultimo importantissimo punto di forza del sistema per la tutela dei diritti umani europeo
sta nel fatto che ogni nuovo Stato Membro che entra a far parte del Consiglio d’Europa è
tenuto a firmare la Convenzione Europea e a ratificarla entro un anno.
E i diritti economici e sociali?
I diritti economici e sociali non sono previsti dalla Convenzione Europea per la protezione
dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Solo nel 1961 venne approvata dal Consiglio d’Europa la Carta Sociale Europea che entrò
in vigore nel 1965 dopo aver raggiunto il numero di ratifiche necessario.
Ad oggi la Carta Sociale Europea è stata ratificata da 22 Stati Membri del Consiglio
d’Europa.
I diritti economici e sociali garantiti nella Carta Sociale Europea sono di due tipi e
riguardano:
a) le condizioni di impiego (a titolo esemplificativo: il diritto di non discriminazione, il diritto
ad una retribuzione equa, il diritto delle donne e degli uomini ad un eguale trattamento
economico per uguale lavoro, il diritto all’eguale trattamento dei lavoratori migranti, la
proibizione del lavoro minorile sotto i 15 anni, il diritto alla protezione della maternità);
b) la protezione sociale (a titolo esemplificativo: il diritto all’assistenza medica e sociale, il
diritto alla sicurezza sociale, il diritto alla pensione per gli anziani).
Al momento della ratifica, uno Stato Parte può scegliere di ritenersi vincolato solo ad un
certo numero di diritti sanciti dalla Carta Sociale Europea, sebbene vi siano alcuni diritti
che devono essere obbligatoriamente sottoscritti (cfr. art.20).
18
RISORSE DIDATTICHE – VILLAGGIO VOLINT – WWW.VOLINT.IT
Il meccanismo di tutela dei diritti economici e sociali riconosciuti nella Carta Sociale
Europea è basato sui rapporti periodici che gli Stati Parti devono sottomettere al Comitato
Europeo per i diritti sociali, previsto dalla Carta.
Tale Comitato è composto da esperti indipendenti che esaminano i rapporti che,
successivamente, mandano ad un Comitato Intergovernativo, composto dai
rappresentanti dei Governi degli Stati Parti.
Il Comitato Intergovernativo, in caso di violazioni, invia delle Raccomandazioni al
Comitato dei Ministri, l’organo esecutivo del Consiglio d’Europa, composto dai Ministri
degli Affari Esteri di tutti gli Stati Membri del Consiglio d’Europa.
Nel luglio del 1998 è entrato in vigore, per gli Stati che lo hanno ratificato, il Protocollo
Opzionale alla Carta Sociale Europea che prevede un sistema di ricorsi collettivi.
Tale Protocollo infatti consente ad organizzazioni internazionali dei lavoratori, sindacati
internazionali, organizzazioni nazionali dei lavoratori rappresentative, sindacati nazionali
rappresentativi e organizzazioni non governative di denunciare direttamente casi di
violazioni al Comitato Europeo per i diritti sociali.
3.3 Livello regionale: il sistema americano.
La tutela internazionale dei diritti umani a livello regionale americano si inserisce nel
quadro istituzionale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OAS) www.oas.org e si
fonda sulla Dichiarazione americana dei diritti e doveri dell’uomo e sulla Convenzione
americana dei diritti umani.
BOX 6: L’Organizzazione degli Stati Americani.
L’Organizzazione degli Stati Americani è un’organizzazione internazionale regionale fondata il 30 aprile del
1948 per unire gli Stati del continente intorno ad obbiettivi comuni, nel rispetto della sovranità nazionale dei
singoli Stati.
L’OAS era inizialmente composta da 21 Stati Membri (Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Costarica,
Cuba, Repubblica Dominicana, Ecuador, Salvador, Guatemala, Haiti, Honduras, Mexico, Nicaragua,
Panama, Paraguay, Perù, Stati Uniti, Uruguay, Venezuela).
Oggi tutti i 35 Stati del continente americano fanno parte dell’OAS: Barbados, Trinidad e Tobago (1967);
Jamaica (1969); Grenada (1975);Suriname (1977); Dominica, Saint Lucia (1979); Antigua e Barbuda, Saint
Vincent e Grenadines (1981); Bahamas (1982); St. Kitts e Nevis (1984); Canada (1990); Belize, Guyana
(1991).
L’OAS ha sede a Washington (USA).
a) Dichiarazione americana dei diritti e doveri dell’uomo.
Il 30 aprile del 1948, quindi qualche mese prima rispetto alla Dichiarazione Universale dei
diritti umani delle Nazioni Unite, l’OAS adottò la Dichiarazione americana dei diritti e doveri
dell’uomo.
La Dichiarazione americana è stato il primo documento internazionale sui diritti umani a
collegare in modo esplicito diritti e doveri.
La Dichiarazione americana riconosce tutti i diritti umani: civili, politici, economici, sociali e
culturali.
Nel Cap.II sancisce, invece, i doveri di ciascuno nei confronti della società, tra gli altri:
doveri di assistenza e protezione verso i figli e verso i genitori, doveri elettorali, doveri di
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RISORSE DIDATTICHE – VILLAGGIO VOLINT – WWW.VOLINT.IT
obbedienza alla legge, doveri di servire la comunità e la nazione, dovere di pagare le
imposte.
Oggi, la Commissione Interamericana dei diritti umani, ritiene che la Dichiarazione
americana, nonostante formalmente non abbia valore legale vincolante, sia diventata, nel
corso dei decenni successivi alla sua adozione, norma internazionale consuetudinaria che
tutti gli Stati dell’OAS sono legalmente tenuti a rispettare.
b) La Commissione Interamericana dei diritti umani.
Nel 1959, una Risoluzione del Consiglio dei Ministri degli Affari Esteri dell’OAS creò la
Commissione Interamericana dei diritti umani www.cidh.org che nel 1967, in base ad una
modifica sostanziale dello Statuto dell’OAS e in un momento storico di violazioni massive
dei diritti umani in America Latina, ne è divenuta uno degli organi principali.
La Commissione Interamericana dei diritti umani è un organo tecnico, composto da 7
esperti internazionali eletti dall’Assemblea Generale dell’OAS.
La sua sede è a Washington (USA).
Inizialmente la Commissione Interamericana aveva soltanto funzioni educative in materia
di diritti umani (seminari, corsi, etc).
A partire dal 1967, essendo la Commissione divenuta uno degli organi principali dell’OAS,
tutti gli Stati Membri dell’OAS sono soggetti alla competenza della Commissione, senza
necessità di alcun procedimento di ratifica ed indipendentemente dal fatto che abbiano
ratificato o meno la Convenzione americana dei diritti umani del 1969.
A partire dal 1967, la Commissione svolge le seguenti funzioni, basandosi sulla
Dichiarazione americana dei diritti e doveri dell’uomo per tutti gli Stati e sulla Convenzione
americana dei diritti umani per gli Stati che l’hanno ratificata:
a) redige rapporti sullo status dei diritti umani in singoli paesi americani
b) riceve denunce individuali di violazioni dei diritti umani subite da parte degli Stati. Tale
denuncia può essere fatta non solo dalla vittima, come nel sistema europeo, ma anche
da associazioni, organizzazioni non governative, altri individui.
Per poter sporgere la denuncia è necessario che la persona abbia esaurito tutti i rimedi
nazionali.
Se la Commissione ritiene la denuncia ammissibile, esamina il caso e propone un
tentativo di conciliazione.
Se questo non viene raggiunto, la Commissione manda allo Stato “colpevole” un
rapporto confidenziale con le raccomandazioni che ritiene necessarie.
Nel caso in cui lo Stato non adempia alle raccomandazioni la Commissione può
decidere di rendere il rapporto pubblico.
c) La Convenzione americana dei diritti umani e la Corte Interamericana dei diritti
umani.
La Convenzione americana dei diritti umani venne approvata dall’Assemblea dell’OAS nel
1969 ed entrò in vigore nel 1978 dopo aver raggiunto il numero di ratifiche necessario.
I diritti umani riconosciuti dalla Convenzione americana sono civili e politici (l’art.26,
l’unico riguardante i diritti economici e sociali, si limita ad affermare che gli Stati dovranno
progressivamente adottare le misure necessarie a raggiungere la realizzazione dei diritti
economici e sociali).
Ad oggi hanno ratificato la Convenzione americana 25 dei 35 Stati Membri dell’OAS.
Gli Stati Uniti hanno firmato, ma non ratificato la Convenzione americana dei diritti umani.
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RISORSE DIDATTICHE – VILLAGGIO VOLINT – WWW.VOLINT.IT
La particolarità della Convenzione americana sta nel fatto che individua un nucleo “duro”
di alcuni diritti umani che non possono essere derogati neppure in tempo di guerra o di
emergenza (cfr. art.27).
La Convenzione, invece, non proibisce la pena di morte, consentendone l’applicazione nei
casi più gravi.
La Convenzione però impedisce agli Stati che avessero abolito la pena di morte di
ripristinarla.
La Convenzione americana ha istituito la Corte Interamericana dei diritti umani che è
composta da 7 giudici ed ha sede a San Josè, in Costarica.
La Corte Interamericana ha le seguenti funzioni:
a) consultiva (art.64).
Ogni Stato Membro dell’OAS e tutti gli organi dell’OAS possono richiedere opinioni
consultive della Corte sull’interpretazione della Convenzione americana dei diritti
umani, della Dichiarazione americana sui diritti e doveri dell’uomo e su altri trattati sui
diritti umani.
b) giurisdizionale (art.62).
Affinché gli Stati siano soggetti alla giurisdizione della Corte americana non è
sufficiente la ratifica della Convenzione, ma è necessaria un’ulteriore dichiarazione
espressa al momento della ratifica.
Possono denunciare alla Corte americana casi di violazione dei diritti civili e politici
riconosciuti dalla Convenzione solo la Commissione Interamericana e gli Stati Parte
della Convenzione che hanno accettato la giurisdizione della Corte.
La vittima, invece, non può adire la Corte.
La Corte, se ritiene che la violazione si sia verificata, può disporre il risarcimento del
danno a favore della vittima.
3.4 Livello regionale: il sistema africano.
La tutela internazionale dei diritti umani a livello regionale africano si inserisce nel quadro
istituzionale dell’Organizzazione per l’Unità Africana (OUA) www.oau.org e si fonda
sulla Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli del 1981.
BOX 7: L’Organizzazione per l’Unità Africana.
L’Organizzazione per l’Unità Africana è un’organizzazione internazionale regionale fondata il 25 maggio del
1963 al fine di promuovere l’unità e la solidarietà fra gli Stati africani, sradicare tutte le forme di colonialismo,
coordinare e armonizzare le politiche economiche, diplomatiche, educative, sociali, scientifiche e di difesa
degli Stati Membri nel rispetto della Carta dell’ONU e della Dichiarazione Universale dei diritti umani.
Originariamente gli Stati Membri dell’OUA erano 32.
Oggi sono 53: Algeria, Angola, Benin, Botswana, Burkina Faso, Burundi, Camerun, Capo Verde, Ciad,
Comore, Costa d’Avorio, Egitto, Eritrea, Etiopia, Gabon, Gambia, Ghana, Gibuti, Guinea Equatoriale,
Guinea, Guinea-Bissau, Kenia, Lesoto, Liberia, Libia, Madagascar, Malawi, Mali, Mauritania, Mauritius,
Mozambico, Namibia, Niger, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo,
Repubblica del Congo, Repubblica Democratica Araba del Saharawi, Ruanda, Seychelles, Senegal, Sierra
Leone, Somalia, Sudafrica, Sudan, Swaziland, Tanzania, Togo, Tunisia, Uganda, Zambia, Zimbabwe.
La sede dell’OUA è ad Addis Abeba, in Etiopia.
La Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, dopo secoli di dominazione coloniale,
venne approvata nel 1981 dall’OUA ed entrò in vigore nel 1986 dopo aver raggiunto il
numero di ratifiche necessario.
Della Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli sottolineate alcune caratteristiche.
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RISORSE DIDATTICHE – VILLAGGIO VOLINT – WWW.VOLINT.IT
I diritti umani riconosciuti dalla Carta africana sono civili e politici ed economici e
sociali.
La Carta africana poi è la prima convenzione internazionale sui diritti umani a riconoscere i
diritti dei popoli (il diritto all’uguaglianza di tutti i popoli, il diritto all’autodeterminazione, il
diritto di proprietà delle proprie risorse naturali, il diritto allo sviluppo, il diritto ad un
ambiente sano).
La Carta africana è il primo strumento di diritto internazionale legalmente vincolante 4 a
collegare espressamente diritti e doveri.
La Carta africana sancisce, tra gli altri, i doveri dell’individuo verso la famiglia, la società
e la comunità internazionale, il dovere di non discriminare, il dovere di mantenere i genitori
in caso di bisogno, il dovere di lavorare al meglio delle proprie capacità e competenze, il
dovere di preservare e rafforzare i valori positivi della cultura africana.
La Carta africana ha istituito la Commissione africana dei diritti dell’uomo e dei popoli
(artt.30 e ss).
a) La Commissione africana dei diritti dell’uomo e dei popoli.
La
Commissione
africana
dei
diritti
dell’uomo
e
dei
popoli
www1.umn.edu/humanrts/africa/comision.html iniziò a funzionare nel 1987 ed è composta
da 11 esperti internazionali indipendenti.
La Commissione si riunisce in due sessioni annuali ordinarie di 15 giorni e può riunirsi in
sessioni straordinarie.
La sua sede è a Banjiul, in Gambia.
La Commissione africana ha, riguardo ai diritti umani sanciti nella Carta africana, funzioni
di:
a) promozione.
La Commissione da opinioni consultive agli Stati che le richiedano riguardo
all’interpretazione della Carta africana, raccoglie documenti, studi e ricerche sui
problemi africani in materia di diritti umani, organizza seminari e conferenze.
b) protezione.
La Commissione svolge due tipi di funzioni di protezione.
In primo luogo, gli Stati che hanno ratificato la Carta africana devono sottomettere alla
Commissione, ogni due anni, un rapporto sullo status dei diritti umani riconosciuti dalla
Carta e sulle misure di attuazione che abbiano adottato.
In secondo luogo, la Commissione riceve ed esamina denunce di violazioni dei diritti
sanciti nella Carta africana commesse dagli Stati che l’hanno ratificata.
Possono sporgere denunce alla Commissione individui o altri Stati Parti.
Se non è possibile raggiungere una conciliazione amichevole, la Commissione redige
delle raccomandazioni, non legalmente vincolanti per lo Stato che ha violato la Carta.
In realtà solo negli anni più recenti la Commissione ha iniziato a sfruttare davvero le
proprie funzioni di protezione.
Fino al 1992 sono state dichiarate inammissibili dalla Commisione praticamente tutte le
denunce.
Negli anni successivi, invece, la Commissione ha esaminato 79 casi, di cui 28 sono
stati dichiarati ammissibili e giudicati.
In base all’art.59 “tutte le misure adottate dalla Commissione africana dovranno
rimanere confidenziali fino a che L’Assemblea dei Capi di Stato e di Governo dell’OUA
non decida altrimenti”.
Prima la Dichiarazione americana dei diritti e doveri dell’uomo del 1948, che però è una Dichiarazione e in quanto
tale non legalmente vincolante, aveva collegato espressamente diritti e doveri.
22
4
RISORSE DIDATTICHE – VILLAGGIO VOLINT – WWW.VOLINT.IT
Ciò è avvenuto nel 1994.
Negli ultimi anni, inoltre, la Commissione africana ha iniziato ad utilizzare l’art.46 della
Carta che le attribuisce il potere di usare appropriati metodi di investigazione,
nominando Relatori Speciali per investigare le violazioni di alcuni diritti umani e
conducendo missioni in loco negli Stati.
b) E la Corte africana?
Nel 1998 è stato approvato dall’OUA un Protocollo Opzionale alla Carta africana dei
diritti dell’uomo e dei popoli che istituisce la Corte africana dei diritti dell’uomo e dei
popoli.
Tale Protocollo Opzionale non ha ancora raggiunto il numero di 15 ratifiche necessarie
per la sua entrata in vigore.
Ad oggi il Protocollo Opzionale è stato firmato da 33 Stati ma ratificato soltanto da 2,
Burkina Faso e Senegal.
3.5 Livello regionale: il sistema arabo.
In realtà ad oggi non è corretto parlare di un vero e proprio sistema arabo di tutela dei
diritti umani.
Nel 1994 la Lega degli Stati Arabi www.arab.net ha adottato la Carta araba dei diritti
umani.
BOX 8: La Lega degli Stati Arabi.
La Lega degli Stati Arabi è un’organizzazione internazionale regionale fondata nel 1945 da Egitto, Giordania,
Iraq, Libano, Arabia Saudita, Siria e Yemen.
Scopi dell’organizzazione sono il rafforzamento delle relazione tra gli Stati Arabi, il coordinamento delle loro
politiche e la promozione degli interessi comuni.
Oggi sono membri della Lega degli Stati Arabi: Algeria, Bahrain, Comore, Egitto, Gibuti, Giordania, Iraq,
Kuwait, Libano, Libia, Mauritania, Marocco, Oman, Palestina, Qatar, Arabia Saudita, Somalia, Sudan, Siria,
Tunisia, Emirati Arabi e Yemen.
La sede della Lega Araba è al Cairo, in Egitto.
L’Egitto venne escluso dalla Lega degli Stati Arabi, nel 1977, dopo aver firmato un trattato di pace con
Israele. Venne riammesso nel 1989.
Tra il 1977 e il 1989, la sede venne trasferita a Tunisi, in Tunisia.
Ma la Carta Araba dei diritti umani non è ancora entrata in vigore, non avendo ancora
raggiunto il numero di 7 ratifiche necessario.
Ad oggi solo Siria ed Iraq hanno ratificato la Carta araba dei diriti umani.
Tale Carta ha istituito un Comitato di esperti di diritti umani, che sarà incaricato, quando la
Carta araba entrerà in vigore, di esaminare i rapporti presentati dagli Stati Membri sullo
status dei diritti riconosciuti nella Carta e di riferire su di essi ad una Commissione
Permanente della Lega Araba per i diritti umani.
Nè il Comitato nè la Commisione della Lega Araba avranno alcun potere vincolante nei
confronti degli Stati Membri.
La Carta araba non prevede l’istituzione di una Corte.
Per quanto riguarda il contenuto, la Carta araba non prevede diritti di associazione nè
diritti di partecipazione politica.
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RISORSE DIDATTICHE – VILLAGGIO VOLINT – WWW.VOLINT.IT
La Carta araba permette restrizioni e limitazioni dei diritti umani in considerazione dei diritti
altrui e inoltre per ragioni economiche, di sicurezza nazionale, di ordine pubblico.
La Carta araba non definisce i requisiti per la dichiarazione dello stato di emergenza ma
prevede che, nel corso di tale stato di emergenza, siano garantiti soltanto pochi diritti, quali
la proibizione della tortura e la salvaguardia dell’equità dei processi.
3.6 E l’Asia?
Nel corso degli anni più recenti è andato prendendo consistenza e forza un movimento
della società civile asiatica per la promozione e la tutela dei diritti umani.
Nel 1997, dopo più di tre anni di lavori preparatori, tale movimento - costituito da più di 200
organizzazioni non governative, associazioni, giuristi, avvocati ed attivisti dei diritti umani
asiatici– ha adottato una “Carta” asiatica dei diritti umani.
Tale documento non ha ovviamente alcun valore internazionale, né programmatico né
tanto meno normativo.
É una rivendicazione dal basso, dalla società civile, volta a pressionare gli Stati asiatici
perché rispettino e proteggano i diritti umani fondamentali.
Precipuo scopo di tale documento è accrescere la consapevolezza nella gente dei diritti
umani e del diritto a godere di tali diritti, alimentare il dibattito e spingere i Governi degli
Stati asiatici ad attuare politiche per i diritti umani.
Molti Stati asiatici hanno tradizionalmente contrapposto alla filosofia dei diritti umani la
rivendicazione dei valori tradizionali asiatici.
Nelle politiche di numerosi Stati dell’Asia tali valori asiatici si contrapporrebbero alla
concezione individualistica dei diritti umani che definiscono esclusivamente occidentale.
Tali valori asiatici sono la deferenza per l’autorità, la supremazia dei bisogni della
collettività e della famiglia rispetto ai bisogni dell’individuo, la preminenza dei doveri
individuali rispetto ai diritti individuali, la priorità dello sviluppo economico rispetto allo
sviluppo politico e sociale.
Oggi sono moltissimi gli intellettuali asiatici che sostengono, invece, che tali valori asiatici
sono compatibili con il riconoscimento dei diritti umani e che nella storia del pensiero e
della filosofia asiatica sono rinvenibili antiche radici di una concezione improntata
all’affermazione dei diriti dell’uomo.
4. LIMITI E PROSPETTIVE DEL SISTEMA INTERNAZIONALE DI TUTELA DEI DIRITTI
UMANI.
L’evoluzione del sistema internazionale dei diritti umani seguita all’approvazione, il 10
dicembre del 1948, della Dichiarazione Universale dei diritti umani da parte
dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è stata impressionante.
Nel corso della seconda metà del Novecento, passo dopo passo, le Nazioni Unite hanno
creato un vero e proprio sistema internazionale per la promozione e la tutela dei diritti
umani; gli Stati europei, americani, africani hanno adottato convenzioni internazionali
regionali per il riconoscimento dei diritti umani all’interno dei loro continenti, hanno creato
Commissioni e Corti regionali per promuovere e proteggere i diritti umani.
Il nucleo dei diritti umani inizialmente riconosciuti si è andato ampliando con l’adozione di
nuove Convenzioni, Protocolli Opzionali, Dichiarazioni.
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RISORSE DIDATTICHE – VILLAGGIO VOLINT – WWW.VOLINT.IT
Il ruolo degli organi preposti alla tutela dei diritti umani – Commissioni, Corti, Comitati – si
è andato modificando e rafforzando.
I progressi compiuti nel corso dell’ultimo decennio erano probabilmente neppure sperabili
fino alla caduta del muro di Berlino. Basti pensare alla creazione dell’Alto Commissariato
delle Nazioni Unite per i diritti umani, all’istituzione di Tribunali Internazionali per il Ruanda
e l’ex-Jugoslavia, all’approvazione dello Statuto del Tribunale Penale Internazionale
Permanente.
Ma tutto ciò ancora non basta.
Ogni donna e ogni uomo della terra deve poter godere dei propri diritti umani.
Ciò non può certo essere concesso con una bacchetta magica dalla sera al mattino.
Deve essere costruito, passo dopo passo, generazione dopo generazione, con l’impegno
individuale.
Ora, guardando al sistema internazionale di tutela dei diritti umani così come è oggi ci si
rende conto della necessità di alcuni cambiamenti di pensiero.
In primo luogo, il sistema internazionale di tutela dei diritti umani oggi crea, quando riesce,
responsabilità statali.
Ma oggi è necessario andare verso un sistema di responsabilità per i diritti umani molto
più differenziato.
Nell’era della “globalizzazione” imprese multinazionali e organizzazioni globali – Banca
Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, World Trade Organization (WTO) – sono in
grado di avere un impatto immenso sui diritti umani degli individui.
È allora necessario costruire un sistema internazionale di responsabilità per la promozione
e la protezione dei diritti umani che coinvolga, non solo gli Stati, ma anche le imprese, le
organizzazioni internazionali economiche, i media, le scuole, le comunità, le famiglie, gli
individui.
In secondo luogo, ancora oggi i diritti economici e sociali appaiono all’interno del
sistema internazionale di tutela dei diritti umani deboli.
Ma oggi è risaputo che i diritti civili e politici senza i diritti economici e sociali sono vuoti.
Tutti i diritti umani, civili, politici, economici, sociali, culturali, sono ugualmente necessari
perché ciascuno possa vivere una vita libera e dignitosa.
Non è vero che la garanzia dei diritti economici e sociali richiede risorse economiche che
non tutti gli Stati hanno.
Ci sono dei diritti economici e sociali che non sono “costosi” e che non necessitano di una
realizzazione graduale, per esempio rimuovere le discriminazioni - tra uomini e donne, tra
etnie, tra caste - nell’accesso alla scuola o agli ospedali.
Per tali diritti gli Stati, le istituzioni, le comunità non possono trovare la scusa della
mancanza di risorse e della possibilità della realizzazione soltanto graduale.
Per i diritti economici e sociali che invece richiedono dispendio di risorse e di tempo – per
esempio il diritto al lavoro, alla protezione contro la disoccupazione, alla pensione,
all’assistenza sanitaria – è necessario l’impegno, nazionale e locale, verso una definizione
delle proprie priorità e l’impegno della comunità internazionale verso un programma
esplicito volto alla loro realizzazione graduale, anche attraverso la cooperazione
internazionale.
In terzo luogo, fino ad oggi la prospettiva dei diritti umani a livello internazionale è stata
troppo spesso esclusivamente una prospettiva “punitiva”.
Ora, la denuncia delle violazioni dei diritti umani è sicuramente un’arma fondamentale a
disposizione delle organizzazioni non governative, di associazioni, di singoli, a maggior
ragione oggi che l’era dell’informazione permette attraverso un computer di aderire a
campagne internazionali, movimenti, appelli a favore dei diritti umani.
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RISORSE DIDATTICHE – VILLAGGIO VOLINT – WWW.VOLINT.IT
Ma la denuncia e il biasimo non vanno però confusi, per esempio, con la cd.
condizionalità degli aiuti internazionali, in base alla quale alcuni Stati ricchi decidono di
togliere o non iniziare a dare aiuti a Stati poveri che non rispettano i diritti umani.
Il venir meno di tali aiuti peggiora certamente le condizioni economiche e sociali delle
persone più povere, ma probabilmente non sfiora neppure i governanti dello Stato
“incriminato”.
Allora sarebbe forse meglio che gli Stati ricchi adottassero una politica “positiva” dei diritti
umani, per esempio premiando i paesi che migliorano la propria situazione dei diritti umani
con maggiori aiuti internazionali.
Tutto ciò a livello internazionale, non bisogna dimenticare però che i singoli Stati e le
singole comunità hanno un ruolo determinante nella realizzazione dei diritti umani.
Nessun sistema internazionale di tutela dei diritti umani può essere efficace senza la
volontà, politica e operativa, di ciascuno Stato.
I diritti umani sono universali ma troppo spesso i singoli Stati si nascondono dietro al
paravento del relativismo culturale per negare alcuni o tutti i diritti umani.
È allora necessario un maggior impegno perché i diritti umani siano riconosciuti e tutelati
all’interno delle Costituzioni, delle leggi, delle istituzioni nazionali.
Ciò non significa negare il riconoscimento delle differenze culturali e sociali o voler
occidentalizzare il mondo, ma riconoscere che il rispetto e la dignità della persona umana
devono essere interiorizzati e valorizzati all’interno di ogni cultura.
5. EDUCARE AI DIRITTI
PLURIDISCIPLINARE.
UMANI:
PER
UN
APPROCCIO
COGNITIVO
Si può dire che l’educazione ai diritti umani si articoli in tre fasi:
1) la conoscenza dei propri diritti (e quindi anche dei propri doveri) e dei valori sottostanti;
2) la riflessione personale, l’interiorizzazione di questi valori;
3) il vivere questi valori e imparare a difenderli.
I diritti umani non sono soltanto una materia giuridica o filosofica.
I diritti umani sono una materia interdisciplinare.
Possono essere insegnati a partire da numerose materie: storia, geografia, lingue
straniere, italiano, biologia, matematica, fisica, musica, economia.
Per esempio in biologia si può insistere sulla falsità del concetto di razza.
Per un esempio di un progetto di insegnamento dei diritti umani integrato nei programmi
scolastici elaborato da un’équipe di insegnanti si veda il testo: Educare ai diritti: una
cassetta degli attrezzi a cura di Anne Drerup, pubblicato da Amnesty International nel
1995.
Ma soprattutto la scuola deve essere un luogo dove i diritti umani vengono vissuti,
secondo regole di convivenza, sia a livello di scuola che a livello di classe, tra studenti e
insegnanti e tra gli studenti stessi.
La nuova Carta degli Studenti segna un passo importante in questa direzione.
Nell’educare ai diritti umani è importante offrire sempre ai bambini o ai ragazzi l'occasione
di un impegno concreto, anche per evitare il senso di frustrazione che il contatto con una
realtà drammatica potrebbe lasciare.
A tale fine può essere utile conoscere una delle tante organizzazioni che si occupano di
diritti umani.
Alcune di queste (Amesty International www.amnesty.it , Manitese www.manitese.it )
hanno strutture territoriali diffuse e pertanto è possibile contattarle in loco per avere per
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RISORSE DIDATTICHE – VILLAGGIO VOLINT – WWW.VOLINT.IT
esempio informazioni sulle campagne in atto per poterle sottoscrivere o potervi
partecipare.
Altre informazioni sulle campagne, appelli, sottoscrizioni si possono reperire sul web(cfr.
sezione LINKS).
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RISORSE DIDATTICHE – VILLAGGIO VOLINT – WWW.VOLINT.IT
II. STRUMENTI
1. TABELLE
la tabella a pag.64 del Rapporto UNDP 2000 sullo sviluppo umano: "I diritti umani" il cui
titolo è "Status delle principali convenzioni internazionali per i diritti umani".
2. GIOCHI
Per i ragazzi della Scuola Secondaria:
STESURA DI UNA CARTA DEI DIRITTI UMANI.
Obiettivo: imparare ad individuare i diritti umani e conoscere la Dichiarazione Universale
dei diritti umani approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre del
1948.
Materiale occorrente: una copia della Dichiarazione Universale, una lavagna o un
cartellone bianco.
Svolgimento: il conduttore chiede ai partecipanti di fingere di essere i rappresentanti degli
Stati Membri dell’ONU, riunitisi per scrivere la Carta Internazionale dei diritti umani.
I partecipanti discutono quali sono i diritti umani che ritengono fondamentale che siano
garantiti a qualunque uomo e a qualunque donna.
Per questa fase del gioco si può utilizzare un metodo tipo brain storming: qualsiasi dei
partecipanti dice i diritti che gli sembrano fondamentali che mano a mano vengono scritti
sulla lavagna/cartellone.
Solo in una seconda fase i partecipanti discutono e si accordano per una lista definitiva di
diritti (indicativamente da 20 a 30).
Verifica: viene letto ad alta voce il testo della Dichiarazione Universale e confrontato con la
Carta scritta dai partecipanti.
RIFLESSIONE SU UNA CONVENZIONE SPECIFICA.
 a titolo esemplificativo, la Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione
nei confronti delle donne approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18
dicembre del 1979 (CEDAW) ma l'attività può essere proposta anche per le altre
Convenzioni fondamentali in materia di diritti umani.
Obiettivo: conoscere e riflettere su diritti umani specifici o riguardanti specifici gruppi di
persone.
Materiale occorrente: un testo completo della Convenzione internazionale scelta
(nell’esempio la CEDAW), fotocopie dei singoli articoli selezionati (un articolo per foglio). È
pertanto necessario che il conduttore selezioni preventivamente gli articoli “di contenuto”
della Convenzione, lasciando da parte gli articoli di procedura. Per esempio, per la
CEDAW gli articoli selezionati possono essere: 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16.
Svolgimento: il conduttore divide i partecipanti in coppie o piccoli gruppetti e distribuisce a
ciascuna coppia o gruppo (se il numero dei partecipanti non lo consente, a ciascuno) uno
degli articoli selezionati della Convenzione. L’articolo viene letto e discusso all’interno della
coppia o del gruppetto (altrimenti solo meditato singolarmente). Il conduttore, se lo ritiene
utile, può fornire, oltre al testo dell’articolo, anche una griglia di discussione, per esempio:
ritieni che l’art.x sia violato nel nostro paese? che sia in contrasto con la nostra cultura? e
28
RISORSE DIDATTICHE – VILLAGGIO VOLINT – WWW.VOLINT.IT
negli altri paesi, nelle altre culture? storicamente quando pensi si sia iniziato ad affermare
tale diritto? che cosa si è fatto a livello nazionale, locale, individuale per garantire
concretamente quel diritto?
Nella seconda fase tutti i partecipanti si riuniscono e ciascuna coppia legge agli altri il testo
dell’articolo che ha esaminato e lo commenta. Tutti gli altri intervengono nella discussione.
Verifica: il conduttore commenta il testo integrale della Convenzione esaminata: quando è
stata approvata, quando è entrata in vigore, quanti e quali stati l’hanno ratificata, se gli
Stati al momento della ratifica hanno fatto delle riserve, che tipo di diritti riconosce, perché
era storicamente necessario prevedere una Convenzione specifica per garantire tali diritti,
quali sono i meccanismi di tutela che la Convenzione prevede (Comitati, rapporti periodici
da parte degli Stati, etc.), se sono stati approvati Protocolli Opzionali.
Per i bambini della scuola primaria:
BISOGNI E DESIDERI
Obiettivo: imparare a distinguere tra desideri e bisogni, per introdurre l’idea che i bisogni
essenziali devono essere considerati diritti.
Materiale occorrente: 30 cartoncini (cartoline, disegni) raffiguranti cose necessarie e cose
non strettamente necessarie (solo a titolo esemplificativo: cibo, acqua pulita, cure
mediche, scuola, casa, possibilità di pregare nella propria religione, aria pulita, stereo,
vestiti di moda, computer, vacanze, dolci, bicicletta, televisione, etc). Altri 10 cartoncini
vuoti.
Svolgimento: il conduttore divide i partecipanti in coppie e distribuisce 3-4 cartoncini a
ciascuna coppia (avendo cura di controllare che ciascuna coppia abbia almeno un
cartoncino che rappresenta palesemente una “cosa” non fondamentale).
Il conduttore racconta ai partecipanti di immaginare che un nuovo governo è stato eletto
nel proprio paese. Durante la campagna elettorale il nuovo governo aveva promesso che,
una volta eletto, avrebbe garantito a tutti i cittadini tutte le “cose” scritte o disegnate sui
cartoncini ed aveva chiesto ai cittadini di esprimere altre 10 “cose” che ritenevano
necessarie.
In una prima fase, dunque, i bambini discutono e si mettono d’accordo per identificare altre
10 “cose” che ritengono necessario che tutti abbiano e che scrivono sui 10 cartoncini vuoti.
Ma dopo aver vinto le elezioni ed essere salito al potere, il nuovo governo si rimangia la
parola e dice di non avere più i soldi per garantire tutte e quaranta le “cose” scritte o
rappresentate sui cartoncini ma ne può garantire solo più 30 che chiede ai cittadinipartecipanti di individuare.
In questa seconda fase, pertanto, i bambini discutono in coppia e si mettono d’accordo sui
10 cartoncini da eliminare.
Dopo qualche tempo il governo afferma che è necessario ridurre ancora ed eliminare altri
8 cartoncini.
In questa terza fase, i bambini discuteranno tutti insieme quali sono gli 8 cartoncini che
questa volta dovranno essere eliminati.
Verifica: il conduttore guiderà la discussione di verifica: quali cartoncini sono stati eliminati
la prima volta? Perché? La seconda eliminazione è stata più difficile della prima? Qual’è la
differenza tra bisogni necessari e non necessari? Di tutti i cartoncini, quali sono i bisogni
necessari e quali i desideri? I bisogni necessari e i desideri sono diversi per ciascuna
persona? Perché? Che cosa è un diritto? A un bisogno necessario corrisponde un diritto?
Quale può essere una lista dei diritti fondamentali che spettano a ciascuna persona?
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RISORSE DIDATTICHE – VILLAGGIO VOLINT – WWW.VOLINT.IT
3. RICORRENZE
Un calendario per i diritti umani.
20 novembre: anniversario della Convenzione Internazionale sui diritti dei bambini
approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989.
25 novembre: anniversario della Dichiarazione per l’eliminazione di ogni forma di
intolleranza o di discriminazione basata sulla religione approvata dall'Assemblea Generale
delle Nazioni Unite il 25 novembre del 1981.
30 novembre: anniversario della Convenzione Internazionale per l’eliminazione e la
punizione del crimine di apartheid approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite
il 30 novembre del 1973.
4 dicembre: anniversario della Dichiarazione sul diritto allo
dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 4 dicembre del 1986.
sviluppo
adottata
10 dicembre: anniversario della Dichiarazione Universale sui diritti umani approvata
dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948.
10 dicembre: anniversario della Convenzione Internazionale contro la tortura e altri
trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti approvata dall'Assemblea Generale
delle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1984.
18 dicembre: anniversario della Convenzione Internazionale per l’eliminazione di ogni
forma di discriminazione nei confronti delle donne approvata dall'Assemblea Generale
delle Nazioni Unite il 18 dicembre del 1979.
18 dicembre: anniversario della Convenzione Internazionale per la protezione dei diritti di
tutti i lavoratori migranti e delle loro famiglie approvata dall'Assemblea Generale delle
Nazioni Unite il 18 dicembre del 1990.
21 dicembre: anniversario della Convenzione Internazionale contro tutte le forme di
discriminazione razziale approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 21
dicembre del 1965.
4. BIBLIOGRAFIA SCELTA
Testi didattici:

Drerup A., Educare ai diritti. Una "cassetta degli attrezzi", Amnesty International, 1995.

Drerup A., Il tempo dei diritti. Piccolo "ideario" per un'educazione ai diritti umani,
Amnesty International, Edizioni Cultura della Pace, 1999.
30
RISORSE DIDATTICHE – VILLAGGIO VOLINT – WWW.VOLINT.IT

Fountain S., It's only right! A practical guide to learn about the Convention on the rights
of the child, UNICEF, 1993.

Levin L., Questions and answers, UNESCO, 1996.

Lotti F. e Giandomenico N., Insegnare i diritti umani, Edizioni Gruppo Abele, Torino,
1998.
Testi di approfondimento:
Abou S., Diritti e culture dell'uomo, SEI, Torino, 1995.
AA.VV., Diritti dell’uomo e leggi (in)umane, Messaggero. Padova, 1998.
Bobbio N., L'età dei diritti, Einaudi, Torino, 1990.
Casavola F.P., I Diritti Umani, Cedam, Padova, 1997.
Cassese A., Umano-disumano. Commissariati e prigioni nell'Europa di oggi, Laterza, Bari,
1994.
Ciaurro L. e Marchesi A.., Introduzione ai diritti umani. A cinquant'anni dalla Dichiarazione
Universale, Amnesty International, Edizioni Cultura della Pace, 1998.
Papisca A., Democrazia internazionale, via di pace. Per un nuovo ordine internazionale
democratico, Angeli, Milano, 1995.
Papisca A., Voce: “Diritti umani”, in Berti E. – Campanini G. (a cura di), Dizionario delle
idee politiche, Ave, Roma, 1993.
UNDP, Rapporto 2000 sullo sviluppo umano: "I diritti umani", Rosenberg & Sellier, 2000.
5. FILMOGRAFIA
Contro la tortura e le sparizioni:
o GARAJE OLIMPO – M. Bechis, Argentina - Italia, 1999. Un film sui desaparecidos
durante le dittature militari.
o LE ALI DELLA LIBERTÁ – F. Darabont, USA, 1994. Tratto da un racconto di S.
King, l’esperienza di un bancario condannato ingiustamente all’ergastolo.
o IN THE NAME OF THE FATHER -NEL NOME DEL PADRE - J. Sheridan, Gran
Bretagna 1993. Gran Bretagna, 1974: quindici anni di carcere per un attentato non
commesso.
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o MERY PER SEMPRE - M. Risi, ltalia 1989. Un giovane maestro esperimenta in un
carcere metodi antiautoritari. Con attori presi dalla strada.
o LA NOTTE DELLE MATITE SPEZZATE - H. Olivera, Argentina 1986. Argentina,
anni '70: dal racconto di un sopravvissuto, le tragiche vicende della tortura e
dell'eliminazione di un gruppo di liceali.
o LA STORIA UFFICIALE - L. A. Puenzo, Argentina 1985. Alicia e un'insegnante di
storia, avvolta nelle facili certezze di una vita benestante, fino a quando scopre la
vera storia dell'Argentina.
o LA RIVOLTA (IL MURO) - Y. Guney, Francia 1983. Turchia, 1976: una prigione in
rivolta diviene il simbolo di una degradazione senza rimedio e della repressione
politica.
o MISSING. SCOMPARSO - C. Costa-Gavras, USA 1982. Attraverso la ricerca di un
"desaparecido" americano, si scopre la drammatica realtà del Cile di Pinochet.
Contro la pena di morte:
o PORTE APERTE - G. Amelio, ltalia 1990. Il processo a un pluriomicida di Palermo,
diventa per il giudice Di Francesco l'occasione per sfidare il codice Rocco. Tratto
dall'omonimo romanzo di Leonardo Sciascia.
o IL DECALOGO 5 - K. Kieslowski, Polonia 1988. Un'efficace illustrazione del
comandamento "Non uccidere".
o GANDHI - R. Attenborough, Gran Bretagna 1983. Narra la storia delI'apostolo della
non-violenza, dal 1893 alla morte.
Contro la repressione:
o LA STORIA DI QIU JU - Z.Yimou, Cina/Hong Kong 1992. Una contadina chiede
tenacemente giustizia nelle Cina di oggi, in bilico tra innovazione e tradizione.
o SALVADOR - 0. Stone, USA 1986. Due Americani in cerca di avventure
attraversano un Salvador, lacerato dalla politica di Reagan.
o URLA DEL SILENZIO - R. Joffe, Gran Bretagna 1984. Ripercorre la tragedia della
Cambogia dal 1975 al 1979.
o Z. L'ORGIA DEL POTERE - C. Costa Gavras, Francia 1968. Ricostruisce il clima di
repressione del regime dei colonnelli in Grecia.
Contro la discriminazione:
o IL MIO PIEDE SINISTRO - J. Sheridan, Gran Bretagna 1989.
Christy Brown (Daniel Day Lewis) può comunicare col mondo solo attraverso il
proprio piede sinistro; ciò tuttavia non gli impedisce di esprimersi.
o RAIN MAN - L'UOMO DELLA PIOGGIA -B. Levinson, USA 1988.
Tom (Dustin Hoffman), affetto da autismo, da una lezione di vita al fratello Charlie
(Tom Cruise), "normale".
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Contro l’antisemitismo:
o TRAIN DE VIE – UN TRENO PER VIVERE – R. Mihaileanu, Francia, 1998. Gli
ebrei di un villaggio dell’Europa orientale escogita un travestimento per sfuggire ai
nazisti.
o LA VITA È BELLA – R. Benigni, Italia, 1997. Lo sterminio trasformato in un gioco
per proteggere un bambino.
o LA TREGUA – F. Rosi, Italia, 1996. Tratto dal romanzo di P. Levi, il viaggio di
ritorno di un gruppo di sopravvissuti ai campi di sterminio.
o JONA CHE VISSE NELLA BALENA - R. Faenza, It./Fr. 1993. Le deportazioni viste
da un bambino.
o SCHINDLER'S LIST -LA LISTA DI SCHINDLER - S. Spielberg, USA 1993.
Schindler, eroe per caso, salva dallo sterminio centinaia di Ebrei facendoli lavorare
nelle sue officine.
Contro il razzismo:
o MALCOLM X - S. Lee, USA 1991.
Ricostruisce la biografia del leader del Black Power.
o UN MONDO A PARTE - C. Menges, Gran Bretagna 1988. Sudafrica: il difficile
rapporto tra una giornalista bianca, che lotta contro l'apartheid, e la figlia
adolescente.
o MISSISSIPPI BURNING (LE RADICI DELL'ODIO) - A. Parker, USA 1988. Un fatto
di cronaca del 1964 e l'occasione per denunciare il razzismo del profondo Sud degli
States.
o KITCHEN TOTO: IL COLORE DELLA LIBERTA -H. Hook, Gran Bretagna 1987.
Kenia, anni '50: la lotta per l'indipendenza del popolo Man Man, vista attraverso gli
occhi di un ragazzo di 12 anni.
Contro la discriminazione delle minoranze etniche:
o IL TEMPO DEI GITANI -E, Kusturica, Jugoslavia 1988. Il giovane Perhan vive in
maniera drammatica la sua condizione di zingaro.
o BALLA COI LUPI – K.. Costner, USA 1990. Un western dalIa parte dei Sioux.
o MISSION - R. Joffe, Gran Bretagna 1986. Sec. XVIII, Paraguay: il messo papale
ordina ai Gesuiti di chiudere una missione, uno dei rari luoghi dove viene rispettata
la dignità umana degli Indios.
Contro la negazione dell’infanzia:
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o IL LADRO Dl BAMBINI -G. Amelio, It./Fr. 1992. Due piccoli emarginati trovano
comprensione ed amicizia nel giovane carabiniere con cui attraversano l'ltalia.
o BASHTU, IL PICCOLO STRANIERO - B. Beizai, Iran 1989. Il piccolo Bashtu, in
fuga dalla guerra, attraversa un Iran a lui sconosciuto.
o SALAAM BOMBAY! -CIAO BOMBAY - M. Nair, India 1988. Rappresenta il duro
contatto con la vita dei bambini poveri nella megalopoli indiana.
6. MUSICA: alcune canzoni
Masters of war – Dylan B.
With God on our side – Dylan B.
Unknown soldier – The doors
Give peace a chance – Lennon J.
Have you ever seen the rain? - Creedence Clearwater Revival
La guerra di Piero – De André F.
Don’t give up – Peter Gabriel
Youngstown – Bruce Spreengsteen
Russians – Sting
They dance alone – Sting (Gueca Solo)
Undercover of the night - Rolling Stones
Mothers of disappeared – U2
Famine – Sinead O’Connor
Bury my heart at Wounded Knee – Buffy St. Mary
Homeless child – B. Harper
Revolution – Beatles
Oppression – Ben Harper
Sunday bloody Sunday – U2
7. LINKS
www.amnesty.it  sito web di Amnesty International-Italia
www.amnesty.org  sito web di Amnesty International
www.cepadu.unipd.it  sito web del Centro di studi e di formazione sui diritti dell'uomo e dei
popoli dell'Università di Padova
www.cidh.org  sito web della Comisión Interamericana de derechos humanos
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www.coe.int  sito web del Consiglio di Europa
www.derechos.net  sito web del Derechos Cafe sui diritti umani
www.echr.coe.int  sito web della Corte Europea dei diritti umani
www.edf.unicall.be  sito web del Forum Europeo Disabilità
www.globalmarch.org  sito web della Campagna Mondiale contro lo sfruttamento del lavoro
minorile
www.hirondelle.org  sito web sul Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda
www.hri.org  sito web di Human Rights International
www.hrw.org  sito web di Human Rights Watch
www.igc.org/icc/  sito web di Coalition for International Criminal Court
www.ilo.org  sito web dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro
www.manitese.it  sito web di Manitese-Italia
www.mostradirittiumani.it  sito web della mostra itinerante: “I Diritti Umani nel mondo
contemporaneo”
www.nessunotocchicaino.it  sito web dell’Associazione Nessuno Tocchi Caino, contro la pena di
morte
www.oas.org  sito web dell' Organization of American States
www.oau.org  sito web dell' Organization for African Unity
www1.umn.edu/humanrts/africa/comision.html  sito web dell'African Commission of human and
people's rights
www.un.org  sito web delle Nazioni Unite
www.unhchr.ch  sito web dell’Alto Commissariato dei diritti umani delle Nazioni Unite
www.unhcr.ch  sito web dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati
www.unesco.org  sito web del Fondo delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura
www.unicef.org  sito web del Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia
www.unimondo.org  portale sui temi dello sviluppo umano sostenibile (all’interno della sezione
guide è possibile trovare articoli, campagne in atto e links sui diritti umani).
www.up.ac.za/chr  sito web dell’Istituto per I diritti umani e lo sviluppo del Gambia che contiene
un data base sui diritti umani in Africa e links
www.iidh.org  sito web Istituto Internazionale dei diritti dell'uomo di Strasburgo
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