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Itinerari
l’invasione degli svevi, successivamente ospitò
il famoso banchetto organizzato per festeggiare Guido Dampierre, conte di Fiandra, e i suoi
compagni di armi, tornati vittoriosi dalla crociata fatta con re Luigi IX di Francia. Non solo
guerre e guerrieri, però, interessano questa residenza.
In una novella del Boccaccio si narra, infatti, che
la giovane Lisa Puccini, invaghitasi perdutamente di re Pietro d’Aragona, pregò un valente trovatore di raccontare in versi la sua pena al re.
“Muoviti, amore, e vattene a Messere,
E contagli la pena ch’io sostegno:
Digli che a morte vegno,
Celando per temenza il mio volere”.
Queste sono solo alcune rime di quella poesia
d’amore che tanto commosse Re Pietro, al punto
da recarsi da lei, darle in sposo il nobile giovane
Pedicone e donarle in dote il castello e le terre di
Caltabellotta. Comune dell’agrigentino noto anche per la famosa “Pace di Caltabellotta” firmata,
il 19 aprile 1302, tra Federico II e Carlo di Valois.
Evento memorabile, poiché pose fine alla guerra
del Vespro e lasciò la Sicilia in mano a Federico.
Da quel momento varie dinastie si susseguirono
tra le mura di questa struttura di cui oggi non
resta solo che la porta, un bell’arco che svela un
paesaggio quasi dantesco.
Lo stesso Dante, in alcuni versi racconta un’altra dolorosa vicenda storica che ha caratterizzato
un altro castello siciliano, quello di Sperlinga,
nell’Ennese.
“Se mala signoria che sempre accora
Li popoli suggetti, non avesse
Mosso Palermo gridar: Mora, mora”.
Con queste parole viene ricordata la strage dei
Vespri Siciliani. Che durò circa un mese e che
contrappose il popolo dell’isola ai francesi.
Si narra che gli insorti, per distinguere di notte i
francesi dai siciliani, facevano ripetere la parola
“ciciri”, ovvero “ceci”, che ovviamente, per la sua
inconfondibile pronuncia, solo i siculi sapevano
ben articolare. In questa vicenda, il castello assunse una certa importanza e un particolare ruolo strategico. Infatti, rappresentò il solo posto da
cui i francesi non poterono essere attaccati.
“Sola Sperlinga negavit quod siculis placuit”.
“Sola Sperlinga acconsentir non volle
a quel che fè tutta Sicilia insieme”.
Il Castello di Sperlinga
Un’iscrizione densa di storia e drammaticità, che
sintetizza quanto accaduto in quei giorni.
Gli sperlinghesi, rinchiusi dentro il castello insieme ai francesi, cercarono di resistere con vari
stratagemmi all’assedio dei palermitani. L’assedio, però, durò talmente tanto che sia i francesi
che i siciliani morirono di fame. L’iscrizione si
ritrova, ancora adesso, incisa sulle pietre che sovrastano la seconda porta d’ingresso del castello.
Un castello, incastrato in un’alta roccia, al quale
si accedeva mediante un ponte levatoio di cui si
vedono, ancora oggi, le mensole restanti.
Scavate nella pietra erano le stalle, i posti per gli
armati e le tremende prigioni, tuttora visibili.
Meno tracce restano, invece, della parte “nobile”
dell’edificio, del quale sopravvive qualche finestra bifora, alcune merlature ma soprattutto le
naturali e formidabili rocce.
Fuso con la roccia, fu un altro stupendo castello,
quello di Mussomeli, nella provincia di Caltanissetta. Definito “un nido d’aquila fuso nella rupe”,
rappresenta sicuramente uno dei più suggestivi e
Nuove direzioni • n. 4 luglio-agosto 2011
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