Cateterismo vescicale a permanenza e del

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Informazioni Generali
DESTINATARI
La Conferenza di Consenso è rivolta a tutte le figure professionali
della Salute e non, all’industria, alle associazioni di pazienti ed ai
caregivers coinvolti nella gestione del cateterismo vescicale.
S.I.M.F.E.R. Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitazione
S.I.U.D.
Società Italiana di Urodinamica
SO.M.I.PAR. Società Medica Italiana di Paraplegia
Conferenza Nazionale
di Consenso
Segreteria organizzativa:
Via Verdi, 37
29100 Piacenza
Tel. +39.0523.338391
Fax. + 39.0523.304695
sullo stato dell’arte su indicazioni e
modalità d’uso del cateterismo vescicale
a permanenza e del cateterismo vescicale
ad intermittenza nella post-acuzie
PIACENZA, 14 – 15 dicembre 2006
Da anni nel mondo si è affermata la tecnica del cateterismo vescicale ad intermittenza (CI)
come metodica elettiva nello svezzamento da cateterismo vescicale a permanenza (CP). Ubiquitariamente
utilizzata e conosciuta in tutte le Unità Spinali, a seguito della sempre più precoce presa in carico da parte
dei riabilitatori della persona affetta da disabilità neurologica o anche secondaria a eventi che abbiamo reso
necessario il cateterismo a dimora per un breve periodo, la tecnica del CI si sta affermando quale metodica
prioritaria nella prevenzione delle infezioni nosocomiali delle vie urinarie anche nei reparti di Riabilitazione,
di Neurologia, di Medicina e Lungodegenza. Sempre più spesso infatti vengono presi in carico riabilitativo
pazienti che necessitano per motivi clinici l’utilizzo del catetere a dimora: lo svezzamento da catetere o la
sostituzione del catetere a permanenza con il CI, quando possibile, devono essere regolamentati da
procedure e protocolli solo in parte sovrapponibili a quelli utilizzati nelle Unità Spinali.
La miglior evidenza scientifica sull’argomento, raccolta in Linee Guida e Raccomandazioni già
disponibili, deve diventare patrimonio dell’équipe riabilitativa, nelle sue diverse figure professionali, ed il
programma di riacquisizione dell’autonomia viscerale è di fondamentale importanza nella realizzazione del
Progetto Riabilitativo Individuale.
La SIMFER (Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitazione), la S.I.U.D.(Società Italiana di
Urodinamica) e la SOMIPAR (Società Medica Italiana di Paraplegia) promuovono questa Consensus
Conference con l’obiettivo di chiarire ed esplicitare a tutti gli utilizzatori una guida che sia definita con il
consenso di tutti i professionisti interessati.
La metodologia delle Conferenze di Consenso prevede che una giuria multidisciplinare
composta da professionisti della salute, esperti di epidemiologia clinica e statistica, di etica, rappresentanti
dei pazienti, economisti, amministratori, esprima un “verdetto” rispetto ad un determinato problema
analizzato secondo la miglior evidenza scientifica disponibile in materia.
In preparazione alla Conferenza sono identificati gruppi di lavoro composti da membri
rappresentativi delle diverse figure professionali e non, che devono predisporre gli elaborati relativi alle
“istruzioni per l’uso” del CP e del CI.
I quesiti “chiave” cui dare risposta nell’elaborato finale saranno:
QUANDO E’ POSSIBILE NELLA FASE POST-ACUTA RIMUOVERE IL CV A
PERMANENZA
E QUALE L’IMPORTANZA IN QUESTA FASE DELLA
“RIEDUCAZIONE VESCICALE”? QUALI LE STRATEGIE DI COMPORTAMENTO E
FARMACOLOGICHE?
IL CATETERISMO AD INTERMITTENZA: QUALI LE CORRETTE PROCEDURE E
MODALITA’ DI ESECUZIONE? QUALI LE STRATEGIE DI COMPORTAMENTO E
FARMACOLOGICHE?
QUALI LE STRATEGIE DI COMPORTAMENTO E FARMACOLOGICHE PER
PREVENIRE LE COMPLICANZE DEL CATETERE VESCICALE A PERMANENZA?
CATETERISMO AD INTERMITTENZA: ESISTE UNA RELAZIONE IPOTIZZABILE
TRA MATERIALI DISPONIBILI ED OUTCOME?
COMITATO PROMOTORE
Raffaele Gimigliano Presidente S.I.M.F.E.R.
Francesco Pesce
Past President S.I.U.D.
Mario De Gennaro
Presidente S.I.U.D.
Claudio Pilati
Presidente SO.M.I.PAR.
COMITATO SCIENTIFICO
Gianfranco Lamberti
Antonella Biroli
Giulio Del Popolo
Giovedì 14 dicembre
Ore 10.00 Apertura dei lavori
Perché una Conferenza di Consenso sul cateterismo?
A. Biroli, G. Del Popolo, GF. Lamberti
I GRUPPI DI LAVORO
Ore 11.00 – 12.00
QUANDO E’ POSSIBILE NELLA FASE POST-ACUTA RIMUOVERE IL CV A PERMANENZA E
QUALE L’IMPORTANZA IN QUESTA FASE DELLA “RIEDUCAZIONE VESCICALE”? QUALI LE
STRATEGIE DI COMPORTAMENTO E FARMACOLOGICHE?
Coordinatore: A. Carbone
componenti: F. Cortese, M. Cianfrocca, M. Aguggia, G. Palleschi, A. Pastore.
Ore 12.00 – 12.30
Discussione
Ore 14.00 – 15.00
IL CATETERISMO AD INTERMITTENZA: QUALI LE CORRETTE PROCEDURE E MODALITA’ DI
ESECUZIONE? QUALI LE STRATEGIE DI COMPORTAMENTO E FARMACOLOGICHE?
Coordinatore: T. Redaelli
componenti: F. Vallone, M. Mellano, E. Federico, F. Delmastro, G. Gibertini, L. Zanollo, A. Massone.
Ore 15.00 – 15.30
Discussione
Ore 15.45 – 16.45
QUALI LE STRATEGIE DI COMPORTAMENTO E FARMACOLOGICHE PER PREVENIRE LE
COMPLICANZE DEL CATETERE VESCICALE A PERMANENZA?
Coordinatore: S. Sandri,
componenti: S. Biscotto, R. Nardulli, P. Ferroni, S. Filoni, G. Malini
Ore 16.45 – 17.15
Discussione
Ore 17.15 – 18.15
CATETERISMO AD INTERMITTENZA: RELAZIONE TRA MATERIALI DISPONIBILI ED
OUTCOME?
Coordinatore: M. Lamartina
componenti: G. Panariello,, A. Di Girolamo, C. Genova, F. Caliva.
Ore 18.15 – 18.45
Discussione
Venerdì 15 dicembre
Ore 15.00
COMUNICAZIONE DEI RISULTATI PRELIMINARI E PRESENTAZIONE DELLA BOZZA DEL DOCUMENTO
FINALE DELLA CONFERENZA DI CONSENSO.
CONFERENZA STAMPA.
REVISORI DEI REPORTS PRELIMINARI
GF. LAMBERTI, A. BIROLI, E. FINAZZI-AGRO’, S. MUSCO, A. ASIMAKOPOULOS, G. MOSIELLO, G. DEL
POPOLO, S. MALAGUTI, P. FERRONI, E. DRIGO.
GIURIA
PRESIDENTE (invitato):
COMPONENTI (invitati): S. NEGRINI, P. BOLDRINI, R. CARONE, M.. SPINELLI, P. DI BENEDETTO, W.
ARTIBANI, F. GELLONA, A. GIUSTINI, C. SANSEVERINO, G. VALANCOGNE, S. BRUSAFERRO, A. SILVESTRO,
P. LANDI, R.GORETTI, F.DIOMEDE, A.FALCIONI, R. FORMISANO, M.MENARINI, MP.MASSIMIANI,
W.POLAZZO, L.VALSECCHI.
Sono stati invitati come discussants e come componenti dei gruppi di lavoro preparatori
rappresentanti di:
S.I.M.F.E.R. (Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitazione)
S.I.U.D. (Società Italiana di Urodinamica)
SO.M.I.PAR. (Società Medica Italiana di Paraplegia)
Fondazione Italiana Continenza
E.P.M.R. (European Society of Physical Medicine and Rehabilitation)
S.I.R.E.P.P. (Société Internationale de Rééducation en Pelvi-Périnéologie)
S.I.N. (Società Italiana di Neurologia)
S.I.G.G. (Società Italiana di Gerontologia e Geriatria)
S.I.M.P.I.O.S. ( Società Italiana Multidisciplinare per la Prevenzione delle Infezioni nelle
Organizzazioni Sanitarie)
S.N.O. (Società dei Neurologi, Neurochirurghi e Neuroradiologi Ospedalieri)
R.I.D.A. (Riabilitatori Italiani Disfunzioni Autonome)
S.I.T.I. (Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica)
FNOMCeO (Federazione Nazionale Ordini dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri)
S.I.M.G. (Società Italiana di Medicina Generale)
S.I.O.T.(Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia)
S.I.U. (Società Italiana di Urologia)
F.O.F.I. (Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani)
C.N.O.P.U.S. (Coordinamento Nazionale Operatori Professionali Unità Spinali)
A.I.T.O. (Associazione Italiana Terapisti Occupazionali)
Assobiomedica
I.R.C.S.S. S. Lucia Roma
Montecatone Rehabilitation Institute
F.I.A.S.O. (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere)
I.P.A.S.V.I. (Federazione Nazionale Collegi Infermieri)
A.I.U.R.O. (Associazione Infermieri di Urologia Ospedaliera)
Aniarti (Associazione Nazionale Infermieri di Area Critica)
F.I.F. (Federazione Italiana Fisioterapisti)
F.A.I.P. (Federazione Associazioni Italiane Para-tetraplegici)
FINCO (Federazione Italiana Incontinenti)
CittadinanzAttiva
Adiconsum (Associazione Difesa Consumatori Ambiente)
Per l’industria saranno presenti:
Astratech
Coloplast
Hollister
Teleflex
PATROCINI CONCESSI
PRESIDENZA della REPUBBLICA
SENATO della REPUBBLICA
PROVINCIA DI PIACENZA
S.I.M.P.I.O.S. ( Società Italiana Multidisciplinare per la Prevenzione delle Infezioni nelle
Organizzazioni Sanitarie)
C.N.O.P.U.S. (Coordinamento Nazionale Operatori Professionali Unità Spinali)
A.I.U.R.O. (Associazione Infermieri di Urologia Ospedaliera)
Aniarti (Associazione Nazionale Infermieri di Area Critica)
Finco (Federazione Italiana Incontinenti)
FNOMCeO (Federazione Nazionale Ordini dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri)
S.I.R.E.P.P. (Société Internationale de Rééducation en Pelvi-Périnéologie)
Fondazione Italiana Continenza
A.I.T.O. (Associazione Italiana Terapisti Occupazionali)
Assobiomedica
Adiconsum (Associazione Difesa Consumatori Ambiente)
E.P.M.R. (European Society of Physical Medicine and Rehabilitation)
I.P.A.S.V.I. (Federazione Nazionale Collegi Infermieri)
F.I.A.S.O. (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere)
F.I.F. (Federazione Italiana Fisioterapisti)
S.I.R.N. (Società Italiana di Riabilitazione Neurologica)
R.I.D.A. (Riabilitatori Italiani Disfunzioni Autonome)
S.I.G.G. (Società Italiana di Gerontologia e Geriatria)
S.I.U. (Società Italiana di Urologia)
Montecatone Rehabilitation Institute
F.O.F.I. (Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani)
PATROCINI RICHIESTI
S.I.N. (Società Italiana di Neurologia)
S.N.O. (Società dei Neurologi, Neurochirurghi e Neuroradiologi Ospedalieri)
S.I.T.I. (Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica)
S.I.M.G. (Società Italiana di Medicina Generale)
S.I.O.T.(Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia)
I.R.C.S.S. S. Lucia Roma
Introduzione
Da anni nel mondo si è affermata la tecnica del cateterismo ad intermittenza (C.I.) come metodica elettiva nello
svezzamento da cateterismo a permanenza. Ubiquitariamente utilizzata e conosciuta in tutte le Unità Spinali, a seguito della
sempre più precoce presa in carico da parte dei riabilitatori della persona affetta da disabilità neurologica o anche secondaria a
eventi che abbiamo reso necessario il cateterismo a dimora per un certo periodo, la tecnica del C.I. si sta affermando quale
metodica prioritaria nella prevenzione delle infezioni delle vie urinarie anche nei reparti di Riabilitazione di secondo e terzo livello.
Sempre più spesso infatti vengono presi in carico riabilitativo pazienti che necessitano per motivi clinici l’utilizzo del catetere a
dimora: lo svezzamento da catetere o la sostituzione del catetere a dimora con il C.I. , quando possibile, devono essere
regolamentati da procedure e protocolli solo in parte sovrapponibili a quelli utilizzati nelle Unità Spinali.
Un recente studio condotto su 292 pazienti ricoverati in 30 strutture italiane di degenza riabilitativa (II livello, III livello per
Gravi cerebrolesioni Acquisite ed Unità Spinali) ha evidenziato comportamenti difformi e spesso non supportati dalle
raccomandazioni di buona pratica clinica attualmente disponibili (seppur limitate).
Obiettivi
La SIMFER (Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitazione), la S.I.U.D. (Società Italiana di Urodinamica) e la SOMIPAR (Società
Medica Italiana di Paraplegia) promuovono questa Consensus Conference con l’obiettivo di individuare protocolli, percorsi comuni e
corrette strategie di comportamento secondo la migliore evidenza scientifica disponibile per la gestione dello svezzamento da
catetere a permanenza e per la gestione del cateterismo ad intermittenza.
Definizione dei quesiti
Il comitato promotore ed il comitato scientifico hanno individuato 4 quesiti a cui fornire risposte da parte dei gruppi di lavoro, sulla
base della miglior evidenza scientifica disponibile.
QUANDO E’ POSSIBILE RIMUOVERE IL CATETERE VESCICALE A PERMANENZA E QUALE L’IMPORTANZA IN QUESTA FASE
DELLA “RIEDUCAZIONE VESCICALE”? QUALI LE STRATEGIE DI COMPORTAMENTO E FARMACOLOGICHE?
IL CATETERISMO AD INTERMITTENZA: QUALI LE CORRETTE PROCEDURE E MODALITA’ DI ESECUZIONE? QUALI LE
STRATEGIE DI COMPORTAMENTO E FARMACOLOGICHE?
QUALI LE STRATEGIE DI COMPORTAMENTO E FARMACOLOGICHE PER PREVENIRE LE COMPLICANZE DEL CATETERE
VESCICALE A PERMANENZA?
CATETERISMO AD INTERMITTENZA: ESISTE UNA RELAZIONE IPOTIZZABILE TRA MATERIALI DISPONIBILI ED
OUTCOME?
Metodi
Costituzione del gruppo di lavoro e identificazione dei quesiti clinici.
Il gruppo di lavoro multidisciplinare (interdisciplinare?) che ha progettato
questa Conferenza di Consenso comprende clinici
rappresentanti delle principali discipline coinvolte nell’utilizzo della tecnica del cateterismo vescicale, rappresentanti delle
associazioni dei cittadini, dei pazienti e dell’industria.
Le società scientifiche nazionali hanno designato gli esperti con le competenze appropriate per partecipare alla preparazione del
documento.
Il comitato promotore ed il comitato scientifico si sono incontrati più volte fra novembre 2005 e giugno 2006, per predisporre
l’organizzazione della Conferenza di Consenso.
Il gruppo di lavoro ha in primo luogo identificato i quesiti clinici e, in coerenza con questi, i criteri di inclusione ed esclusione degli
studi e le parole chiave per la costruzione della strategia di ricerca per la consultazione della letteratura.
I gruppi di lavoro individuati hanno il compito di elaborare le risposte ai quesiti sulla base della miglior evidenza scientifica
disponibile. Il gruppo dei revisori verifica la completezza e l’appropriatezza dei reports preliminari, predisponendo i documenti finali
da sottoporre alla Giuria.
Ricerche di letteratura
La strategia di ricerca ha compreso l’analisi di database elettronici e tecniche di “hand searching” su materiale pubblicato tra il
1972 ed il 2005.
Come filtro di ricerca principale è stato utilizzato, con le combinazioni opportune per i differenti tipi di studio, il seguente:
•
•
•
•
o
o
o
o
•
•
Catheterization, Urinary
Catheterizations, Urinary
Urinary Catheterizations
Urinary Catheter
Urinary Catheterization/adverse effects*
Urinary Tract Infections/epidemiology
Urinary Tract Infections/microbiology
Urinary Tract Infections/prevention & control*
Catheterization, Ureteral
Ureteral Catheterization
•
•
•
•
Catheterizations, Ureteral
Ureteral Catheterizations
Catheterization, Urethral
Urethral Catheterizations
La ricerca è stata estesa agli studi randomizzati controllati, agli studi osservazionali e alle serie di casi.
Le ricerche sono state effettuate su Banche Dati Generali (Meline, Embase), Banche Dati Specialistiche (Cinahl, PEDro),
Pubblicazioni Secondarie (ACP Journal Club, Bandolier, Evidence-Based Medicine), Clinical Evidence (versione inglese), Banche Dati
di Health Tecnology Assessment (HTA Database) e Meta-database (TRIP Database).
Revisioni sistematiche
Revisioni sistematiche sono state ricercate sulla Cochrane Library, sul Cochrane Database of Systematic Reviews (CDSR) e sul
Database of Abstracts of Reviews of Effects (DARE).
Le 24 revisioni sistematiche rintracciate sono state valutate in doppio sulla base del titolo e dell’abstract. Per 18 revisioni
sistematiche pertinenti si è proceduto alla valutazione metodologica e all’estrazione dei dati tramite le schede definite dallo
Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN, www.sign.ac.uk).
Linee guida
Sono stati interrogati le principali Banche Dati di Linee-Guida (National Guideline Clearinghouse, CMA Infobase, SIGN) per
individuare i documenti di interesse, evitando, in questo caso, l’uso restrittivo di filtri di ricerca.
Sono state così identificate 38 linee guida correlate all’argomento, che sono state valutate sulla base della Conference Guidelines
Standardisartion (COGS, www.openclinical.org/prj_cogs.html).
Altre ricerche
Gruppi di ricerca, singoli ricercatori ed industrie sono stati contattati per informazioni sugli studi in corso non ancori pubblicati, e
per valutare e integrare l’elenco degli studi identificati.
Anche il comitato promotore, il comitato scientifico ed i componenti dei gruppi di lavoro hanno fornito materiale bibliografico.
Criteri di selezione e strumenti per valutazione metodologica
La ricerca delle banche dati ha originato 132 titoli e abstracts che sono stati ispezionati in doppio. 105 articoli sono stati selezionati
per pertinenza ed acquisiti nel testo integrale. Ulteriori articoli sono stati reperiti in base alle segnalazioni del gruppo di lavoro.
Estrazione dei dati, sintesi delle prove e formulazione delle raccomandazioni
Considerando la specificità non sempre adeguata dei dati reperiti l’approccio metodologico alla ricerca della letteratura è stato
orientato più alla sensibilità che alla specificità, mirando a includere il maggior numero di studi. Pertanto, i criteri di valutazione
metodologica non sono stati orientati all’esclusione degli studi più deboli ma alla loro corretta valutazione.
Il metodo di grading delle prove adottato è quello raccomandato dall’International Continence Society (www.ics.org) (2):
con il Livello di Evidenza (LE) ci si riferisce alla probabilità che un certo numero di conoscenze sia derivato da studi pianificati e
condotti in modo tale da produrre informazioni valide e prive di errori sistematici.
con la Forza della Raccomandazione (FR) ci si riferisce invece alla probabilità che l’applicazione nella pratica di una
raccomandazione determini un miglioramento dello stato di salute della popolazione obiettivo cui la raccomandazione è rivolta
(www.pnlg.it)
-
-
La chiave di lettura dei livelli di evidenza è la seguente:
Livello 1 (LE Oxford 1a – 1b): metanalisi di rCT di buona qualità.
Livello 2 (LE Oxford 2a - 2b – 2c) : trials randomizzati controllati di bassa qualità (follow up <80%), meta-analisi di studi di coorte
di buona qualità.
Livello 3 (LE Oxford 3a - 3b – 4): studi caso-controllo retrospettivi di buona qualità, serie di casi di buona qualità
Livello 4 (LE Oxford 4): opinione di esperti o di comitati di esperti come indicato in linee guida o consensus conference, o basata
su opinioni dei membri del gruppo di lavoro di questa Conferenza di Consenso.
La chiave di lettura dei gradi delle raccomandazioni è la seguente:
Grado A: generalmente si basa su LE 1 e spesso significa che la raccomandazione è effettivamente mandataria e collocata in un
percorso clinico.
Grado B: dipende da studi di LE 2 o 3 o come maggioranza delle evidenze da trias controllati randomizzati
Grado C: dipende da studi di LE 4 o maggioranza di evidenze da studi di livello 2-3 o infine da opinione di esperti
Grado D: non è possibile nessuna raccomandazione
Principi di buona pratica clinica
Nella gerarchia delle prove attualmente in uso le opinioni degli esperti sono considerate come livello non elevato al quale si ricorre
in assenza di prove sperimentali o per quesiti particolari. Formulare raccomandazioni sulla base dell’esperienza derivante dalla
migliore pratica clinica in aree dove la sperimentazione non è effettuabile può peraltro risultare molto utile.
Questa tipologia di principi è stata adottata nella presente linea guida, e viene
segnalata con il seguente acronimo: Buona Pratica Clinica raccomandata (BPC).
Revisione esterna
I documenti preliminari definiti dai gruppi di lavoro sono stati inviati ad un gruppo di revisori con il mandato esplicito di valutare la
leggibilità e la chiarezza del documento nonché la rilevanza clinica e l’applicabilità delle raccomandazioni.
Aggiornamento, implementazione, monitoraggio e valutazione
Un aggiornamento della linea guida è previsto entro il 2008.
Verranno adottate tecniche multiple di diffusione del documento e di implementazione «attiva», che includeranno i seguenti
approcci:
• diffusione dell’iniziativa sui media e articoli sulla stampa divulgativa
• invii postali agli assessorati alla sanità di Regioni e Province Autonome, ASL, ospedali
• pubblicazioni su siti internet
• pubblicazioni scientifiche
• presentazione a congressi nazionali e internazionali
• adattamento delle linee guida alle realtà locali, attraverso la promozione di percorsi clinici integrati a livello aziendale, con
attenzione posta al superamento delle eventuali barriere all’implementazione.
QUANDO E’ POSSIBILE NELLA FASE POST-ACUTA RIMUOVERE IL CATETERE VESCICALE A PERMANENZA E QUALE
L’IMPORTANZA IN QUESTA FASE DELLA “RIEDUCAZIONE VESCICALE”? QUALI LE STRATEGIE DI COMPORTAMENTO E
FARMACOLOGICHE?
SINTESI DELLE RACCOMANDAZIONI
Il posizionamento di un catetere vescicale a permanenza è indicato nelle seguenti condizioni cliniche (FR = D):
1.
Ostruzioni funzionali (discinesia del collo vescicale, mancata coordinazione detruso-sfinterica).
2.
Ostruzioni organiche cervico-uretrali.
3.
Deficit contrattile del detrusore (malattie metaboliche, neuropatie periferiche acute e croniche, denervazioni chirurgice / iatrogene).
4.
Drenaggio vescicale post-chirurgico.
5.
Monitoraggio della diuresi (es: scompenso cardiovascolare, stato comatoso / vegetativo, etc).
6.
Shock cerebro-midollare
I cateteri vescicali al silicone sono in grado di ridurre il rischio di determinare alterazioni/lesioni uretrali catetere-indotte (FR = A)
Misure da adottare per prevenire le infezioni urinarie al paziente cateterizzato (FR = D)
1) eseguire una accurata igiene intima del paziente almeno una volta al giorno e dopo ogni evacuazione, con particolare cura del meato urinario e del catetere;
2) mantenere la sacca di drenaggio del catetere sempre al di sotto del livello della vescica;
3) posizionare correttamente il catetere ed il tubo di drenaggio evitando le piegature;
4) evitare la sovradistensione vescicale garantendo un libero deflusso urinario.
Per i cateteri a permanenza in lattice è raccomandata la sostituzione ogni 15 giorni; a seconda poi della presenza o meno di incrostazioni, l’intervallo di tempo può essere prolungato fino ad un massimo di 30 giorni.(FR
= D)
L’accorgimento dell’impiego di sacche dotate di valvole antideflusso può mantenere il rischio di infezioni urinarie inferiore al 25% per oltre 2 settimane di cateterizzazione (FR = B)
Il lavaggio vescicale può divenire raccomandato in caso di ematuria con formazione di coaguli, ma in tal caso sarà preferibile il posizionamento di un catetere vescicale a tre vie collegato ad un circuito di lavaggio
“chiuso” e continuo (FR = D)
La batteriuria asintomatica non richiede trattamento (FR = A)
La terapia antimicrobica in caso di batteriurie asintomatiche specie nei pazienti cateterizzati a lunga permanenza, è indicata in alcune categorie di pazienti (granulocitopenici, pazienti immunocompromessi, pazienti in
attesa di chirurgia urologia o altra chirurgia maggiore, donne in stato di gravidanza, pazienti con CAUTI secondaria ad infezione da Serratia) (FR = B)
Nel paziente cateterizzato, quando si sospetta un’infezione urinaria devono essere effettuate colture con antibiogramma per guidare
la corretta terapia. Alcuni studi raccomandano l’inserzione di un nuovo catetere per raccogliere le urine per la coltura dimostrando
come questo migliori l’identificazione del germe patogeno, la scelta dell’antibiotico idoneo al trattamento riducendo, inoltre, i cosi di
gestione di tale evenienza. (FR = C)
In pazienti cateterizzati per ritenzione urinaria acuta, i farmaci alfa-litici permettono un successo dell’85% alla rimozione del catetere rispetto al 15% dei soggetti trattati con placebo (FR = B)
Alla rimozione del catetere vescicale a permanenza è da privilegiare la rimozione durante le ore noturne rispetto a quella mattutina precoce (FR = A)
La pratica della “ginnastica vescicale” deve essere sostituita dal regime del cateterismo ad intermittenza, che ha dimostrato maggiore efficacia nel limitare i rischi da infezione urinaria ed una ripresa della funzione
vescicale più precoce (FR = D).
Anche nella fase di acuzie della lesione cerebrale il compito di chi assiste il paziente è quello di assicurare il drenaggio vescicale ed il cateterismo a permanenza, necessariamente gestito con drenaggio aperto,
rappresenta una metodica frequentemente utilizzata. Anche in tale fase clinica non costituirebbe, tuttavia, il metodo di scelta, rappresentato dal cateterismo ad intermittenza spesso non preferito in acuto o nella
immediata post-acuzie esclusivamente per motivi di comodità gestionale (FR = D).
SINTESI DELLE RACCOMANDAZIONI IN SALA
Il cateterismo a permanenza nel paziente neurologico in fase post-acuta va sospeso quanto prima possibile.
La presenza di lesioni da decubito non implica necessariamente l’indicazione al cateterismo a permanenza, fatte salve
le situazioni in cui non si possa ovviare con ausili o farmacologicamente alle fughe inter-cateterismi.( quando
necessario si deve privilegiare nel maschio l’uso di condom. )
La giuria ritiene validi i suggerimenti emersi nel corso della discussione in sala e ribadisce pertanto come raccomandazione
condivisa da tutti i presenti in sala: “ IL CATETERE A PERMANENZA DEVE ESSERE RIMOSSO IL PIU’ PRECOCEMENTE
POSSIBILE”
Pertanto si invitano i gruppi di lavoro a :
definire il grado della raccomandazione
definire i motivi per i quali non sia possibile procedere alla rimozione precoce del CP
definire le procedure di valutazione e di comportamento necessarie prima della rimozione del CP
definire le procedure di valutazione e di comportamento dopo la rimozione del catetere
Alla luce di quanto sopra la giuria si riserva successivamente di procedere alla valutazione dei contributi sul cateterismo ad
intermittenza e sulla cateterizzazione a permanenza
Premessa e definizione di cateterismo a permanenza
Il cateterismo vescicale a permanenza consiste nel posizionamento di un catetere vescicale per un periodo di tempo indeterminato (variabile a
seconda della ragione che ha reso necessario il cateterismo) ed assume significato di drenaggio temporaneo della vescica in attesa della risoluzione
della problematica di svuotamento (1). Esso può assumere carattere definitivo nel caso in cui le necessità cliniche o lo stato del paziente non
permettano un cateterismo ad intermittenza.
Indicazioni generali al cateterismo a permanenza, possibili rischi e complicanze.
Il posizionamento di un catetere vescicale a permanenza è indicato nelle seguenti condizioni cliniche (1, LE = 4):
1. Ostruzioni funzionali (discinesia del collo vescicale, mancata coordinazione detruso-sfinterica).
2. Ostruzioni organiche cervico-uretrali.
3. Deficit contrattile del detrusore (malattie metaboliche, neuropatie periferiche acute e croniche, denervazioni chirurgice / iatrogene).
4. Drenaggio vescicale post-chirurgico.
5. Monitoraggio della diuresi (es: scompenso cardiovascolare, stato comatoso / vegetativo, etc) e raccolta urine per test di funzione renale.
6. Shock cerebro-midollare
7. grave macroematuria
In relazione alla sua definizione ed alle indicazioni descritte, il cateterismo a permanenza viene effettuato, necessariamente, mediante un catetere di
tipo autostatico che deve essere periodicamente sostituito. La gestione del paziente con catetere a permanenza comprende differenti aspetti che vanno
dalla gestione sul piano igienico-sanitario alla associazione con presidi farmacologici. Per il cateterismo vescicale a permanenza sono preferibili
cateteri universalmente riconosciuti per prevenire o, almeno, ritardare, lo sviluppo di una infezione urinaria catetere associata (CAUTI) e di
alterazioni a carico della muscosa uretrale e vescicale che sono annoverate tra le possibili complicanze (2). E’ stato dimostrato, infatti, che particolari
composizioni del catetere possono avere effetti positivi in termini di riduzione della batteriuria come nel caso dei cateteri impregnati di argento. Altri
materiali, come il lattice ed il silicone, non hanno dimostrato vantaggi significativi in termini di riduzione delle CAUTI (3, LE = 2). Infatti, dalla
recente revisione della letteratura effettuata dalla Cochrane sulla valutazione dei cateteri uretrali per il management del cateterismo a permanenza
(breve), si evidenzia che nessun catetere standard (lattice, PVC, neoplex, siliconato) risulti migliore degli altri in termini di riduzione di batteriuria in
pazienti ospedalizzati. Tale revisione ha dimostrato, invece, che i cateteri al silicone sono in grado di ridurre il rischio di determinare
alterazioni/lesioni uretrali catetere-indotte (4, LE = 1).
In età pediatrica devono essere utilizzati cateteri il più possibile sottili , compatibilmente con un buon drenaggio di urine.
Il cateterismo vescicale a permanenza presenta rischi, effetti indesiderati e possibili complicanze:
1.
Infezione delle vie urinarie
2.
Dolore in sede vescico-uretrale
3.
Dislocazione accidentale con possibili lesioni traumatiche
4.
Spasmi vescicali
5.
Incrostazioni a carico del catetere
6.
Calcolosi vescicale
7.
Riduzione della compliance vescicale alla rimozione del presidio
8.
Ematuria
9.
Ostruzione del catetere e conseguente ritenzione urinaria
10.
Complicanze peno-scrotali (ascessi, fistole, orchiepididimiti)
11.
Lesioni da decubito
In relazione alle possibili complicanze descritte ed alla ragione clinica che ha condotto al cateterismo di un paziente, dopo il posizionamento di un
catetere a permanenza è necessario gestire correttamente:
1. igiene e funzionamento del catetere, in relazione alla fase di riempimento e svuotamento vescicale;
2. giusto posizionamento e giusta tensione del catetere
3. l’adeguata terapia farmacologica durante e dopo il cateterismo;
4. la corretta programmazione del momento della sua rimozione.
Posizionamento e sostituzione del catetere vescicale
La corretta gestione di un catetere vescicale a permanenza inizia dalla sua introduzione. Il cateterismo vescicale è una manovra invasiva. Tra le
strategie di corretto comportamento, è indispensabile il rispetto delle regole per effettuare un cateterismo sterile (5, LE = 4), tenendo presente che il
catetere deve essere manipolato solo da persone che conoscono la tecnica corretta di inserimento e mantenimento asettico.
- informare il paziente sulle manovre che si andranno ad effettuare rispettando
la sua privacy nel farle;
- effettuazione di lavaggio antisettico delle mani;
- lavaggio dei genitali esterni con acqua e sapone neutro
-
preliminare disinfezione dei genitali esterni con disinfettante da contatto tipo soluzione povidone ioduro e guanti non sterili;
-
preparare tutto l’occorente per effettuare il cateterismo (telino sterile, garze sterili, antisettico sterile monodose, guanti sterili,
lubrificante o idrogel sterile monodose, catetere di corretto diametro, siringa da 10 ml, fiala o flacone di acqua distillata, sacca
drenaggio urine sterile);
-
far assumere al paziente la corretta posizione (uomo supino, donna in posizione ginecologica);
-
nella donna allargare le piccole labbra fino a visionare il meato urinario. Bagnare le garze con il disinfettante e quindi passare
una garza una sola volta sopra il meato urinario, dall’alto in basso, ripetendo la manovra per altre 2-3 volte avendo cura di
lasciare l’ultima garza con il disinfettante in mezzo alle piccole labbra di modo che non si richiudano al di sopra del meato
precedentemente disinfettato;
-
nell’uomo abbassare il prepuzio ed esteriorizzare il glande. Bagnare le garze con il disinfettante e quindi passare una garza una
sola volta sopra il meato urinario, in circolo, ripetere la manovra altre 2-3 volte. Provvedere alla lubrificazione del meato
urinario con il tubo monodose avendo cura di versare prima un po’ di lubrificante sopra il meato introducendo poi il beccuccio
dentro il meato lubrificandolo(manovra da evitare nel bambino) L’ultima garza verrà posta al di sopra del glande di modo che
il prepuzio non vada a ricoprire il meato appena disinfettato e lubrificato;
-
aprire tutte le confezioni del materiale occorrente e gettarle sul telino sterile avendo cura di versare anche un po’ di lubrificante
in una garza sterile per la lubrificazione della punta del catetere nel cateterismo femminile;
-
collegare la sacca di drenaggio sterile con il catetere
-
nell’uomo stirare il pene e ventralizzarlo, introdurre delicatamente il catetere nel meato uretrale e proseguire in modo lento e,
se si sente un’ostacolo, abbassare il pene ed introurre il catetere fino alla comparsa dell’urina;
-
nella donna di divaricare le piccole labbra, individuare il meato uretrale ed introdurre il catetere fino alla comparsa dell’urina;
-
nel caso che nelle bambine per errore il catetere sia inserito in vagina, non sfilare e riutilizzare, per entrare in uretra, al
contrario può essere utile lasciarlo in sede come riferimento ( Bajai L, Bothner J : Urine collection in children, Up To Date
Novembre 2006)
-
evacuare le urine;
-
gonfiare il palloncino del catetere di ancoraggio con acqua distillata avendo cura di non superare mai la quantità di acqua
richiesta e scritta sul catetere;
-
attrarre delicatamente il catetere sino ad avvertire una resistenza alla trazione o meglio, lasciare che il catetere si adagi
lentamente sul collo vescicale mano a mano che si svuota la vescica;
-
Dopo l’inserimento il catetere nel bambino deve essere fissato per evitare movimenti e trazioni sull’uretra ( Linee guida
Ospedale Bambino Gesù )
La corretta gestione del catetere a permanenza prevede anche un adeguato timing per la sua sostituzione. La sostituzione del catetere a permanenza
va effettuata ad intervalli da stabilirsi a seconda:
-
della risposta individuale al cateterismo;
-
del materiale da cui il catetere è costituito;
-
dalla eventuale presentazione di complicanze.
La risposta individuale al catetere potrà variare in base alla cura e gestione dello stesso, all’assunzione di liquidi, alla patologia che ha costituito
l’indicazione al cateterismo. Per i cateteri in lattice è raccomandata la sostituzione ogni 15 giorni; a seconda poi della presenza o meno di
incrostazioni, l’intervallo di tempo può essere prolungato fino ad un massimo di 30 giorni. I cateteri di silicone (100% o rivestiti) non sono
completamente esenti dal rischio di incrostazioni. Pertanto è bene prolungare progressivamente l’intervallo della sostituzione partendo da un periodo
iniziale di 30 – 40 giorni senza superare un intervallo massimo di 60 giorni. La sostituzione del catetere è un momento di particolare importanza e
deve avvenire con tutti gli accorgimenti e le norme di asepsi evidenziate.
Igiene del catetere e della regione genitale, profilassi.
Il rischio di contrarre una infezione urinaria è legato non solo al momento del cateterismo vescicale ma anche agli interventi effettuati
quotidianamente sul sistema di drenaggio durante il periodo di cateterizzazione a permanenza. L’utente portatore di catetere vescicale a permanenza e
la famiglia devono apprendere l’importanza delle norme igienico-preventive legate al mantenimento del catetere, per evitare complicanze primarie e
secondarie. Un’adeguata igiene del catetere e della regione genito-anale è essenziale a prevenire fenomeni infiammatori ed infettivi a carico delle vie
urinarie e della cute. In Letteratura sono riportate misure indispensabili da adottare per prevenire le infezioni urinarie al paziente cateterizzato
(cosiddette regole del cateterismo pulito), tra cui: 1) eseguire una accurata igiene intima del paziente almeno una volta al giorno e dopo ogni
evacuazione, con particolare cura del meato urinario e del catetere; 2) mantenere la sacca di drenaggio del catetere sempre al di sotto del livello della
vescica; 3) posizionare correttamente il catetere ed il tubo di drenaggio evitando le piegature; 4) evitare la sovradistensione vescicale garantendo un
libero deflusso urinario (6 – 9, LE = 4).
Inoltre, dopo il posizionamento del catetere, è necessario il mantenimento di un circuito drenaggio “chiuso”. Questo è possibile, ad esempio, con
l’impiego di buste dotate tappi per il deflusso, che consentono quindi di evitare l’esposizione dell’estremità del catetere all’ambiente esterno poiché
non necessitano di essere frequentemente sostituite. Tale accorgimento può mantenere il rischio di infezioni urinarie inferiore al 25% per oltre 2
settimane di cateterizzazione (10, LE = 2). Altri fattori sono di importanza per ridurre il rischio di una infezione urinaria in un soggetto con catetere a
permanenza: assicurare una diuresi abbondante attraverso una corretta terapia idropinica (povera di oligoelementi) e mantenere un pH urinario acido
per inibire la crescita batterica e prevenire la formazione di depositi e concrezioni litiasiche e, quindi, la calcolosi vescicale secondaria. A tale scopo,
alcuni autori hanno proposto l’impiego della vitamina C, della metanamina oppure dell’acido acetilsalicilico (11, LE = 3). Tra le procedure
comunemente adottate per una gestione pulita del catetere vescicale vi è inoltre il “lavaggio vescicale” (irrigazione). La sua utilità, al fine di
rimuovere materiale di origine flogistica e combattere l’infezione urinaria è stata motivo di controversie e discussioni. L’uso di soluzioni antisettiche
quali clorexidina, fenossietanolo, venne sostenuto da alcuni autori, ma altri non ottennero alcun effetto in pazienti geriatrici portatori di catetere a
permanenza. I lavaggi vescicali non sembrano modificare in modo significativo l’incidenza di infezioni urinarie in pazienti portatori di catetere a
permanenza. Anzi, possono essere essi stessi veicolo di infezione se non eseguiti correttamente. Il lavaggio può, al contrario, divenire raccomandato
in caso di ematuria con formazione di coaguli, ma in tal caso sarà preferibile il posizionamento di un catetere vescicale a tre vie collegato ad un
circuito di lavaggio “chiuso” e continuo (12 – 13, LE = 4). Nei casi in cui il lavaggio debba essere eseguito, ad esempio se si nota la comparsa di
materiale corpuscolato nelle urine drenate o piccoli coaguli ematici, la procedura deve rispettare le più scrupolose norme di sterilità. Infatti, ad
esempio le incrostazioni e gli essudati fibrinoso-flogistici prevalentemente depositati sulla punta e sui fori del catetere possono essere sospinti
definitivamente in vescica senza possibilità di esserne poi aspirati. Questo materiale rappresenterà potenzialmente matrice per la formazione di un
calcolo vescicale (da sedimento). A questo proposito è bene ricordare in questa sede che la formazione di calcoli vescicali ed incrostazioni del
catetere è secondaria alla presenza di germi che possono determinare la scissione dell’urea e formare radicali ammonio che a loro volta sono causa di
una elevata alcalinità urinaria. In questo ambiente alcalino, microcristalli di magnesio, ammonio, fosfato, tendono a precipitare, anche grazie alla
presenza di catalizzatori quali i detriti flogistici e batterici. L’acidificazione ed un adeguato apporto idrico che aumentando la diuresi diluisce la
concentrazione dei soluti e ne favorisce l’eliminazione rimangono i consigli più pratici ai fini di una prevenzione (1).
Nel paziente pediatrico questo tipo di cateteri non sono utilizzati, e non è stata dimostrata alcuna utilità nella prevenzione delle infezioni.
L’irrigazione vescicale è indicata solamente nel caso di urine fortemente corpuscolate , con macroematuria o con muco ( se pregresso ampliamento
vescicale) e nel caso che venga effettuata deve essere eseguita con materiale e tecniche asettiche.
( Linee guida Ospedale Pediatrico Bambino Gesù).
Farmacoterapia nel paziente con catetere a permanenza
a) Antibiosi
La gestione del catetere vescicale a permanenza richiede, oltre a norme corrette di igiene e comportamento, l’ausilio di presidi farmacologici che
possano rispondere a differenti necessità: prevenire o trattare infezioni urinarie (profilassi e terapia antibiotica), trattamento di lesioni a carico della
vescica e dell’uretra, trattamento delle patologie responsabili del cateterismo e delle alterazioni funzionali vescicali secondarie al cateterismo.
Circa il 75% dei pazienti con infezioni urinarie nosocomiali presenta una storia di cateterizzazione precedente (14).
I pazienti portatori di catetere a permanenza sono spesso colonizzati o infettati da micro-organismi ad alta resistenza (15). Circa il 20% dei pazienti
cateterizzati in ospedale sviluppa una batteriuria. I più frequenti microrganismi isolati nei pazienti cateterizzati sono rappresentati dalle
Enterobacteriaceae, Pseudomonas, Serratia ed Enterococchi. La batteriuria asintomatica non richiede trattamento (16, LE = 1).
Nella gestione del paziente cateterizzato è prevista anche una profilassi sistemica antibiotica. La profilassi con Trimetoprim Sulfametossazolo,
Metanamina mandelato o, specialmente, un fluochinolonico, è risultata ridurre il rischio di CAUTI soprattutto nei cateterismo a breve termine (17, LE
=1). Tuttavia, poiché la maggior parte delle CAUTI risulta asintomatica e non determina una condizione di sepsi urinaria, è difficile giustificare la
raccomandazione di una terapia antimicrobica per batteriurie asintomatiche specie nei pazienti cateterizzati a lunga permanenza, sebbene esistano
categorie di pazienti in cui essa debba essere prescritta di routine (granulocitopenici, pazienti immunocompromessi, pazienti in attesa di chirurgia
urologia o altra chirurgia maggiore, donne in stato di gravidanza, pazienti con CAUTI secondaria ad infezione da Serratia) (18, LE = 2).
La profilassi spesso promuove semplicemente la comparsa di antibiotico-resistenze microbiche (19).
Solo le infezioni sintomatiche debbono essere trattate in pazienti con cateterismo a lungo termine. Quando l’infezione urinaria è sospettata devono
essere effettuate colture con antibiogramma per guidare la corretta terapia. Alcuni studi raccomandano l’inserzione di un nuovo catetere per
raccogliere le urine per la coltura (20 – 21, LE = 3) dimostrando come questo migliori l’identificazione del germe patogeno, la scelta dell’antibiotico
idoneo al trattamento riducendo, inoltre, i cosi di gestione di tale evenienza.
b) terapia alfa-litica nei pazienti con ostruzione
L’impiego dei farmaci alfa-litici è diffuso nei pazienti con ostruzione cervico-uretrale ed ipocontrattilità detrusoriale. Anche se esiste il razionale per
il loro utilizzo nei pazienti con cateterismo a permanenza come strategia di associazione alla ginnastica vescicale per favorire il possibile esito a buon
fine della successiva rimozione, pochi sono gli studi randomizzati presenti in Letteratura su questo argomento. In un lavoro del 1996 Chan ha
eseguito un trial di confronto tra l’impiego di terazosina e placebo in pazienti cateterizzati per ritenzione urinaria acuta, dimostrando che l’alfa-litico
permetteva un successo dell’85% alla rimozione del catetere rispetto al 15% dei soggetti trattati con placebo (22, LE = 1). Un risultato sovrapponibile
è stato ottenuto da McNeill in un trial di confronto tra l’impiego di alfuzosina e placebo (23). Lo studio più vasto in questo senso, comunque, ha
previsto l’arruolamento di 149 soggetti suddivisi in due gruppi, uno sottoposto a terapia con tamsulosina ed il secondo con placebo. I pazienti del
primo gruppo hanno avuto una percentuale di successo alla rimozione del catetere pari al 33,8% contro il 24,3% di quelli trattati con il placebo; molto
più significativo, inoltre, è stato il risultato circa il rateo di ricateterizzazione, pari al 70% dei soggetti con placebo e al 40% di quelli trattati con
l’alfa-litico [Lucas, unbiblished data].
c) terapia nei pazienti con spasmi vescicali e perdite di urina a parete del catetere
Un aspetto importante da considerare nei pazienti portatori di catetere a permanenza, anch’esso gravato da un impatto negativo sulla qualità di vita, è
il manifestarsi di perdite urinarie secondarie agli spasmi vescicali. Questi rappresentano un’evenienza piuttosto comune in soggetti con cateterismo di
lunga durata e possono creare, superando la capacità di drenaggio del catetere, fuoriuscita di urina intorno ad esso. Queste fughe urinarie non
dovrebbero essere prevenute attraverso l’introduzione di un catetere di più ampio diametro (come spesso accade). Poiché questo fenomeno è dovuto
all’iperattività del detrusore, è possibile trattarlo con farmaci antispastici o agenti antimuscarinici.
Rieducazione vescicale nei pazienti con catetere a permanenza ed il corretto timing per la rimozione
Qualora il catetere vescicale sia mantenuto con la via di drenaggio permanentemente aperta, la vescica sarà continuamente esposta al rischio di
perdere le specifiche proprietà viscoelastiche (tono ed elasticità) con conseguente riduzione della caratteristica fisiologica della vescica di funzionare
da serbatoio. Pertanto, specie nei cateterismi di lunga durata, e specie nei casi in cui la via di drenaggio sia mantenuta permanentemente aperta, ci
troveremo di fronte ad una vescica a minor compliance. La procedura definita come “ginnastica vescicale” ha come razionale l’ipotesi che l’aumento
progressivo degli intervalli di tempo tra “apertura del drenaggio”, con scrupolosa registrazione dei tempi, dei volumi vescicali, della sensibilità e delle
reazioni del paziente (1) assicurandosi che il volume di riempimento vescicale massimo sia compatibile con la presunta capacità vescicale
“fisiologica”, possa favorire il recupero. E’ comunque importante sottolineare che tale pratica deve essere sostituita dal regime del cateterismo ad
intermittenza, che ha dimostrato maggiore efficacia nel limitare i rischi da infezione urinaria ed una ripresa della funzione vescicale più precoce (24,
LE = 4).
La rieducazione funzionale vescicale è raccomandata nei pazienti in cui è programmabile una rimozione del presidio ma sulla sua tempistica non sono
molti i dati scientifici disponibili. Infatti, mentre esiste una Letteratura estesa sul tipo, mantenimento e le tecniche di cateterizzazione, limitata
attenzione è stata data alle strategie e procedure per la rimozione del catetere. Non c’è, quindi, un consenso universale sull’ideale tempo e metodo da
adottare per la rimozione di cateteri uretrali a permanenza. Le strategie sembrano essere basate su preferenze personali e pratiche stabilite nel tempo
piuttosto che su evidenze clinico-scientifiche (25). Il primo argomento ad essere controverso è se sia meglio stabilire delle strategie rigide o flessibili
per la rimozione del catetere. E’ ben noto, inoltre, che nella pratica clinica la strategia di rimozione del catetere è estremamente variabile. I fattori che
influenzano l’atteggiamento del clinico per le strategie di rimozione del catetere dipendono da aspetti che vanno dalla preferenza del medico alla
compliance del paziente verso il presidio. Un fattore determinante essenziale è la causa che ha determinato il cateterismo: dopo chirurgia vaginale
tradizionalmente ha una durata di 24-72 ore (26), dopo resezione trans-uretrale della prostata va da 3 a 5 giorni (27), dai 7 ai 14 giorni dopo
prostatcetomia radicale e 10 giorni dopo resezione addomino-perineale (28). Anche nei pazienti pediatrici il fattore principale è la causa del
cateterismo e cioè la patologia di base ed il susseguente trattamento chirurgico ricostruttivo . Molto si è discusso, specie nel trattamento delle
ipospadie, anche se la discussione sembra essere posta maggiormente in termini di utilizzo o meno di una sonda vescicale dopo chirurgia urologica
ricostruttiva, piuttosto che in termini di rimozione precoce, venendo indicata da molti la possibilità di effettuare chirurgia ricostruttiva senza catetere
uretrale.Attualmente non risulta possibile dare una indicazione in tal senso in quanto mancano delle revisioni validate. ( Pediatric Urology Guidelines
of European Association of Urology, S.Tegkul et al, 2006). Considerando la problematica di ridurre la degenza ospedaliera, alcuni autori
suggeriscono a tal proposito una dimissione del paziente con sonda uretrale in un doppio pannolino. La necessità o meno di utilizzare una sonda
vescicale, per via transuretrale o sovrapubica, sembra essere in generale da mettersi in relazione all’età del bambino , in particolar modo se già
svezzato o meno dal pannolino.( In Campbell’s Urology Walsh, Retik, Vaughan, Wein, Vol 3 , Saunders Ed 2002). Anche dopo
ureteroneocistostomia la rimozione del catetere avviene nelle 24 ore dopo la chirurgia riducendo l’ospedalizzazione in maniera statisticamente
significativa senza presentare un aumentato rischio di complicanze tra cui quelle infettive (29). Alcune scuole consigliano una precoce rimozione del
catetere anche in interventi di chirurgia maggiore; tuttavia è stato dimostrato che la rimozione troppo precoce del catetere dopo questo tipo di
interventi (specie la prostatectomia radicale) può, comunque, determinare complicanze quali ematuria con formazione di coaguli e possibile stravaso
urinario risultando in urinomi ed ascessi pelvici (30). Un argomento a lungo dibattuto sulla rimozione del catetere a permanenza è l’orario in cui
questa debba essere eseguita. La rimozione nelle prime ore del giorno è supportata dal razionale che un ridotto personale medico e paramedico nelle
ore notturne potrebbe ritardare la risposta alle possibili complicanze quali la ritenzione acuta di urine consecutiva alla rimozione (31). La rimozione
del catetere nella notte (alle ore 24) può determinare il riconoscimento delle complicanze nel giorno successivo sin dal mattino, durante l’orario di
lavoro, potendo così trattatre le possibili cause di ricateterizzazione. Questa, inoltre, favorisce un minore tempo di degenza ospedaliera, e la
dimissione del paziente in mattinata precoce in casi di successo (32). Tra le strategie di gestione preliminari alla rimozione del catetere a scopo di
rieducazione funzionale, è stato suggerito che il clampaggio intermittente acceleri il ripristino del fisiologico riempimento e svuotamento vescicale.
Tuttavia, se non condotto ad intervalli programmati, può determinare una sovradistensione e / o infezione vescicale (33). L’impiego di farmaci alfalitici (alfa-bloccanti adrenergici), nei casi di cateterismo dovuto a disturbi della fase di svuotamento vescicale (sia negli ostruiti che nei soggetti con
ipocontrattilità detrusoriale), è una pratica raccomandata prima della rimozione del catetere (34, LE = 2). Tali farmaci migliorano l’efficacia di
svuotamento riducendo le resistenze cervico-uretrali (muscolatura liscia prostatica ed uretrale). Tuttavia, in tali casi, una cateterizzazione a
permanenza di breve durata è una strategia sicura ed efficace nel mantenere una buona funzionalità renale e vescicale e riduce il rischio di
ricateterizzazione (35). Tra le 7 e le 48 ore successive alla rimozione del catetere dopo cateterizzazione a permanenza è possibile il rischio di
sovradistensione vescicale con danno muscolare detrusoriale permanente (36).
In relazione a tali dati, ed in particolare al rischio di un nuovo episodio di ritenzione urinaria che possa danneggiare ulteriormente la muscolatura
vescicale, alla rimozione del catetere è imperativo il controllo del residuo post-minzionale dopo le prime minzioni libere del paziente. Il residuo postminzionale può essere monitorizzato con metodologie diverse: dal cateterismo vescicale stesso, che costituisce ancora oggi la metodica più precisa,
alle metodologie non invasive, ecografia e dal bladder scan (quest’ultimo tra l’altro utilizzabile a domicilio) che presentano minore accuratezza ma
non espongono il paziente al rischio del cateterismo. Nei pazienti in cui non si ripristini una minzione spontanea sarà necessario il reinserimento del
catetere vescicale oppure si potrà impostare un programma di cateterismo ad intermittenza definito “cateterismo intermittente con finalità
riabilitativa”. In questo regime il volume ottenuto da ogni cateterismo non deve superare i 400 ml (onde non sovra-distendere la vescica); il
cateterismo comunque sarà post-minzionale nei pazienti che hanno già ripreso una parziale minzione libera ed andrà procrastinato nel tempo sino a
quando il suo valore sia considerato trascurabile (quindi inferiore al 20% della capacità cistometrica del paziente). In questa fase del trattamento il
paziente deve appuntare su un diario minzionale l’orario della minzione, il volume espulso spontaneamente e quello residuo drenato con il
cateterismo. Ciò permetterà al curante (urologo, terapista della riabilitazione) di stabilire in modo oggettivo e sicuro la fine del regime di cateterismo.
Saranno poi necessari controlli a breve, medio e lungo termine della qualità minzionale del paziente effettuati mediante uroflussometrie libere con
valutazione non invasiva del residuo post-minzionale. L’esame della Letteratura evidenzia che ancora esistono controversie sulla corretta strategia
preliminare alla rimozione di un catetere vescicale. Gli studi più significativi riportati nella Cochrane collaboration review (37), hanno indagato
l’orario della rimozione del catetere, la durata della cateterizzazione, il clampaggio intermittente e l’utilizzo profilattico di alfa-litici.
Complessivamente 8 trials clinici hanno permesso la valutazione di 1020 pazienti confrontando l’orario di rimozione (tarda notte verso prima
mattina). Tutti gli studi evidenziavano che la rimozione notturna rispetto a quella mattutina precoce permetteva volumi più elevati della prima
minzione, una ridotta ospedalizzazione, ed inoltre nessuna differenza statisticamente significativa in termini di necessità di ricateterizzazione ed un
migliore rapporto costo-beneficio (38 – 46, LE 1).
In relazione alla durata della cateterizzazione, sebbene la eterogeneità dei pazienti considerati abbia reso difficile una conclusione univoca, gli 8 trials
clinici riportati hanno evidenziato che sussite una correlazione fra la rimozione più tardiva del catetere ed una inferiore percentuale di complicanze,
tuttavia con un aumentato rischio di infezione delle vie urinarie.
Il clampaggio intermittente ad orario prima della rimozione non è supportato da basi concrete per un uso routinario nella pratica clinica.
Circa l’utilità della profilassi con farmaci alfa-litici prima della rimozione del catetere vescicale è stato già discusso nel precedente paragrafo.
In tutti i casi in cui si imposti un progetto riabilitativo dopo un episodio di ritenzione urinaria, la rimozione del catetere vescicale a permanenza deve
essere effettuata il più precocemente possibile (anche attraverso l’ausilio dei presidi farmacologici citati). Infatti la pietra miliare del trattamento
riabilitativo è costituita dal cateterismo intermittente, non da quello a permanenza (47).
Non si deve trascurare l’aspetto economico che tali strategie sottendono. Infatti, nella pratica clinica, la durata della cateterizzazione ed il tempo della
rimozione hanno significato in termini di risorse. Il principale fattore responsabile dei costi è la durata dell’ospedalizzazione. Solo uno studio (48) ha
eseguito un’analisi dei costi relativi alla gestione del catetere, dimostrando che la rimozione notturna del presidio è associata ad un risparmio annuo di
1500 sterline inglesi.
La soddisfazione dei pazienti, inoltre, sta assumendo soprattutto in relazione a questi argomenti, un significato sempre più importante. Il cateterismo
vescicale infatti presenta un impatto fortemente negativo sulla qualità di vita dei pazienti. La rimozione notturna del catetere, pertanto, è apprezzata
dal paziente poiché considerata nell’ordine di una più precoce rimozione del presidio verso un altrettanto più precoce dimissione.
Non è superfluo aggiungere, in questo contesto, che la rieducazione funzionale vescicale non è indicata nei pazienti in cui il cateterismo a
permanenza costituisce una scelta definitiva. E’ altresì controindicata in caso di: reflusso vescico-uretero-pielico, idronefrosi, distensione cronica
vescicale, idro-pio-ureteronefrosi, onde evitare un danno dell’apparato urinario alto che possa compromettere la funzione renale. In alcuni casi può
essere indicato a tal proposito al fine di ridurre il rischio di danno renale una scelta terapeutica con un cateterismo a permanenza durante le ore
notturne, associato o meno ad un regime di catetersmo intermittente diurno. Questo regime terapeutico si è dimostrato particolarmente valido nei
bambini con disfunzioni vescicale neurogene e non , come ad esempio nelle valvole dell’uretra posteriore.( Koff. et al, J Urol 167 :291, 2002, J Urol
174 :1629, 2005).
Cateterismo a permanenza: indicazioni e gestione nella fase acuta e post-acuta del paziente neuro-leso
L’indicazione al cateterismo a permanenza e la gestione del presidio nell’ambito di un programma riabilitativo vescico-sfinterico vanno sempre
indirizzati alla prevenzione delle complicanze a carico delle basse e delle alte vie urinarie (infezioni, calcolosi, reflussi vescico-ureterali) ed alla
preservazione della funzionalità renale, evitando danni a carico della muscolatura detrusoriale determinati dalla sovradistensione. Assumono,
tuttavia, un carattere del tutto peculiare nel paziente acuto neurologico, in cui la rieducazione vescicale costituisce una tappa fondamentale del
recupero globale del neuroleso e comprende
-
bladder training (assunzione regolare di liquidi, programmazione dello svuotamento vescicale ad intervalli costanti e regolari);
-
cateterismo (a permanenza / ad intermittenza);
-
modulazione farmacologica.
Tra le procedure di bladder training erano annoverate sino ad alcuni anni fa la manovra di Credè e quella di Valsalva per favorire lo svuotamento
vescicale. Oggi è ritenuto pressoché universalmente che queste tecniche, oltre a non avere un effetto significativo sul recupero funzionale vescicosfinterico, possono essere considerate a rischio sia per la funzione della alta via escretrice urinaria che per il possibile danno alla muscolatura
perineale (specie nella donna aumentando il rischio di prolasso genitale) (49).
Sebbene siano molti i fattori che influenzano il successo riabilitativo delle alterazioni vescico-sfinteriche del paziente con neuropatia, la prognosi e
l’adeguato trattamento della patologia primaria sono i fattori condizionanti primari.
Un’acuzie neurologica può avere fattori scatenanti (eziologici) di diversa natura: infiammatoria, traumatica, vascolare, neoplastica. Tra questi, le
cause traumatiche sono, come già detto, prevalenti, ma anche quelle conseguenti a cerebro-vasculopatie acute rappresentano un gruppo significativo e
l’ishemia cerebrale (stroke) costituisce la più importante causa di disabilità che necessita di cateterismo a lungo termine. Inoltre, anche patologie
degenerative croniche (come ad esempio la Sclerosi Multipla) presentano fasi di riacutizzazione (poussée) in cui segni e sintomi somatici e viscerali
hanno un rapido e severo peggioramento. Nella primissima fase di una grave cerebrolesione traumatica o vascolare, spesso accompagnata a disturbi
di coscienza, è frequentemente possibile evidenziare un quadro funzionale vescico-sfinterico sovrapponibile a quello dello “shock spinale” che può
essere caratterizzato da:
-
ipo-areflessia del detrusore per interruzione dell’arco riflesso vescico-motore;
-
chiusura del collo vescicale per ipertono ortosimpatico;
-
persistente attività riflessa dello sfintere striato e conseguente incremento pressorio dell’uretra membranosa.
L’impiego di un catetere a permanenza (seppure breve) può rendersi necessario nella fase acuta di una lesione neurologica cerebrale o midollare.
Infatti, a causa di questi fenomeni conseguenti alla fisiopatologia dello shock cerebro-spinale, sul piano clinico si verifica una ritenzione totale di urina
con una progressiva distensione vescicale sino a quando, per esaurimento delle capacità contenitive del viscere, si verifica una fuga urinaria
incontrollata. In questa fase della lesione cerebrale e midollare il compito di chi assiste il paziente (medico o infermiere) è quello di assicurare il
drenaggio vescicale ed il cateterismo a permanenza, necessariamente gestito con drenaggio aperto, rappresenta una metodica frequentemente
utilizzata. Anche in tale fase clinica non costituirebbe, tuttavia, il metodo di scelta, rappresentato dal cateterismo ad intermittenza spesso non preferito
in acuto o nella immediata post-acuzie esclusivamente per motivi di comodità gestionale (50 – 51, LE 4).
La durata del cateterismo a permanenza nel trattamento della ritenzione urinaria completa secondaria alla fase dello shock cerebro-spinale è
proporzionale alla durata di quest’ultimo, che si esaurisce tra la 4° e la 12° settimana, ed è inoltre proporzionale al ripristino, dopo l’avvenuta lesione,
delle funzioni cognitive del paziente che, inevitabilmente, condiziona la scelta di un programma di cateterismo più attivo (ad intermittenza) il quale
necessita di una collaborazione attiva del paziente (52).
Studi relativamente recenti dimostrano che il prolungamento della fase di cataterizzazione a permanenza può ritardare non solo il recupero della
funzione vescicale ma anche il recupero globale dell’individuo, anche in relazione all’impatto negativo che il cateterismo ha sulla qualità di vita di un
paziente. Uno studio condotto da Iona nel 2003 ha confermato tale conclusione suggerendo che sicuramente esistono delle variabili nel paziente
cerebrovascolare acuto che è difficile modificare (severità della lesione neurologica, età, eventi vascolari pregressi, comorbidità), mentre altre che
possono essere gestite in modo ottimale (tra cui la durata del cateterismo) al fine di rendere più precoce possibile il recupero funzionale del soggetto
(53) Questo ed altri studi concordano nel raccomandare, nel malato cerebrovascolare, l’uso più breve possibile del catetere a permanenza e l’avvio del
cateterismo ad intermittenza precoce, lasciando solo a casi eccezionali il catetere a dimora (deterioramento delle alte vie escretrici con eventuale
reflusso vescico-ureterale, difficoltà ad effettuare più cateterismi giornalieri in soggetti ostruiti o con gravi patologie dell’uretra).
Sono stati condotti anche studi in relazione al cateterismo sui soggetti in stato vegetativo. Sebbene in questi pazienti la gestione possa sembrare più
agevole attraverso l’impiego di un catetere a permanenza, numerosi studi dimostrano che maggiore è la durata del cateterismo a permanenza,
maggiore è il rischio di complicanze a carico delle vie urinarie (54).
La monitorizzazione neurologica della fase di shock cerebro-spinale è pertanto essenziale anche ai fini di assicurare un ottimale timing tra la scelta
del cateterismo a permanenza e quello ad intermittenza deve essere affidata ad un esperto giudizio neuro-clinico che individui la ricomparsa degli
automatismi sub-lesionali e valuti il ripristino delle funzioni cognitive. Da questo momento in poi l’obiettivo del trattamento riabilitativo è di portare
la vescica ad avere un ciclo funzionale più simile possibile a quello fisiologico, specie per la fase di svuotamento. Inizia, quindi, il momento della
rieducazione vescicale. Se, pertanto, in fase acuta è accettato l’impiego del catetere a permanenza, già dalla fase subacuta tutti gli autori sono
concordi nel ritenerlo superato se non dannoso.
La fase di recupero vescicale sarà tanto migliore quanto più accurata sarà stata la valutazione fisiopatologica del paziente. Questa prevede una
corretta categorizzazione del livello lesionale neurologico e, allo stesso tempo, un’approfondita valutazione anatomica e funzionale dell’apparato
urinario che permetta, prima ancora di impostare un programma riabilitativo, di escludere patologie urologiche associate. Oltre agli esami di
laboratorio che monitorizzano la funzione renale e lo stato microbiologico delle vie urinarie, diventa essenziale un’accurata valutazione anatomofunzionale dell’apparato urinario mediante valutazione ecografica dei reni e della vescica, mentre esami radiodiagnostici quali urografia con
cistografia o uretrografia verranno comunque considerati di secondo livello e saranno indicati e consigliati sulla base della situazione clinica. Questo
ha lo scopo di guidare una adeguata rieducazione vescicale mantenendo una funzione renale integra, equilibrio funzionale definito “vescica
bilanciata”, e caratterizzato da (55 – 57).
-
capacità vescicale accettabile, adeguata (>200 ml);
-
residuo inferiore ad 1/3 della capacità vescicale;
-
assenza di reflussi vescico-ureterali;
-
sistema vescicale a bassa pressione.
Nel paziente pediatrico , nel mantenere la “vescica bilanciata” sarà importante ricordare la variabilità dei parametri nelle diverse fasce di età, in
particolare modo per quanto attienila pressione e la capacità vescicale . Ad esempio la capacità di un neonato è di media di 30 ml ed aumenta
successivamente di circa 30 ml anno , motivo per il quale la seguente formula che risulta essere quella più comunemente utilizzata per calcolare la
capacità vescicale teorica per l’età: Y = 30 + 30x , dove Y = capacità ( ml ) e x = età ( anni), sarà di particolare utilità nel programma riabilitativo. (
M.De Gennaro, et al. In Urodinamica Clinica di P Di Benedetto et al , pag 209-224, McGraw-Hill 2003.
L’avvio verso una fase di rieducazione funzionale vescicale può essere, tuttavia, controindicato, e la scelta del cateterismo a permanenza prolungato
obbligata, se esistono delle condizioni cliniche (per caratteristiche morfo-funzionali valutate agli esami preliminari descritti) o delle alterazioni
funzionali vescicali che mettano a rischio l’alto apparato urinario. Tra queste:
-
funzione renale alterata;
-
giunzione vescico-ureterale incompetente;
-
cistite severa;
-
litiasi vescicale, ureterale, renale;
-
fase acuta neurologica (incluse le poussée delle neuropatie croniche);
-
scarsa autonomia del paziente.
Sebbene lo studio urodinamico o videourodinamico associato ad elettromiografia sfinterica costituisca una tappa essenziale nell’iter diagnostico del
paziente neuroleso, la rieducazione funzionale vescicale dopo la fase dello shock spinale può essere iniziata anche prima di eseguire tale test, che
comunque costituirà un esame di riferimento anche nel follow-up (58)
La rieducazione funzionale vescicale del neuroleso è preferibile venga effettuata durante il periodo di istituzionalizzazione del paziente in un reparto
idoneo con affidamento ad un equipe medico-paramedica istruita alla sua gestione. Questo requisito è indispensabile per il successo della rieducazione
stessa sulla quale intervengono anche altri fattori non direttamente correlati alla patologia:
-
prognosi ed adeguato trattamento della patologia primaria;
-
limitazione dell’autonomia funzionale del neuroleso;
-
integrità delle funzioni corticali superiori;
-
fattori psicologici e motivazionali;
-
età e sesso;
-
entourage socio-familiare;
-
tollerabilità verso i farmaci neurologici ed urologici.
IL CATETERISMO AD INTERMITTENZA: QUALI LE CORRETTE PROCEDURE E MODALITÀ DI ESECUZIONE? QUALI
STRATEGIE DI COMPORTAMENTO E FARMACOLOGICHE?
SINTESI DELLE RACCOMANDAZIONI
un residuo maggiore di 150 ml nei soggetti affetti da stroke sia un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di infezione delle alte vie urinarie (FR
= B)
-
Fondamentale è la scelta del presidio più idoneo in funzione delle caratteristiche del paziente, quindi la definizione dei possibili ambiti di
autonomia per l’esecuzione dell’autoCI e l’addestramento precoce del paziente e/o care-givers ed importante verificare almeno la
possibilità di eseguire in modo autonomo la manovra di introduzione del catetere. FR = D
-
L’uso del CI è raccomandato quale trattamento di scelta quando lo svuotamento della vescica avviene in modo inadeguato ed insicuro. Si
tratta di una proposta valida per acquisire la continenza in caso di vescica neurologica FR = A
Un buon outcome presuppone un appropriato addestramento FR = B
-
Al fine di prevenire e ridurre le complicanze bisogna ricorrere ad una tecnica di cateterismo atraumatica con cateteri autolubrificanti o
utilizzando un lubrificante esterno, con una frequenza di cateterizzazione opportuna e con la garanzia che si raggiunga uno svuotamento
completo della vescica. FR = B
Il follow-up attuato una volta all’anno deve comprender una revisione della storia clinica, un esame fisico, studi di imaging, tests di
laboratorio, valutazioni urodinamiche al fine di individuare precocemente i fattori di rischio e le complicanze FR = B
NELLA PROCEDURA DI ESECUZIONE DEL CI
Evitare manovre disinvolte o improvvisate che possono determinare conseguenze anche pesanti per il/la paziente (traumi, false strade,
uretrorragia e /o ematuria, infezioni) FR = D
Tutte le azioni vanno commisurate alla reale capacità e conoscenza dell’operatore, che nelle difficoltà deve riconoscere i propri limiti e ricorrere
ad un collega esperto o all’intervento medico FR = D
Durante l’introduzione del catetere, se si avverte una resistenza insolita, ritirare lentamente il catetere di qualche centimetro e ruotarlo sul suo
asse, riprovando quindi a farlo avanzare, sempre con gradualità e senza forzare FR = D
Durante il gonfiaggio del palloncino se si avverte eccessiva resistenza e/ o nel contempo il paziente lamenta dolore, sgonfiare immediatamente
il palloncino, ritirare il catetere e riprovare una nuova introduzione, sempre con gradualità, senza forzare FR = D
Se dal catetere inserito l’urina non esce anche dopo aver provato a schiacciare il catetere: provare ad aspirare con la siringa cono catetere,
oppure eseguire delicatamente un lavaggio vescicale con circa 50 ml di fisiologica sterile (con quantità minore non è garantito il raggiungimento
della cavità vescicale e la conseguente fuoriuscita della fisiologica), questo per verificare che il catetere sia effettivamente in vescica e, nel caso
persista l’assenza di urina, segnalarlo al medico. FR = D
SINTESI DELLE RACCOMANDAZIONI IN SALA
Inserire integralmente – come raccomandazioni per la persona con lesione midollare – le raccomandazioni del V.A. (agosto 2006).
L’indicazione alla tecnica sterile in ambiente ospedaliero può essere superata nelle degenze riabilitative in pazienti stabilizzati ove si utilizzino le tecniche no-touch;
si deve prevedere per la persona con lesione midollare con difficoltà manuale l’addestramento precoce in ambiente ospedaliero al cateterismo pulito, utilizzando precauzioni di tipo “ambientale” nel
reparto di degenza;
Premessa generale:
-
Poiché molte malattie o lesioni del SN possono comportare una patologia delle Basse Vie Urinarie (BVU), i pazienti affetti da malattie
neurologiche devono essere sempre valutati in modo adeguato al fine di verificare l’eventuale coesistenza di tale disfunzione
Tale valutazione è consigliata anche quando i sintomi urinari non sono evidenti, quale approccio standard valutativo globale
Quando il disturbo urinario è “idiopatico” vanno comunque escluse patologie neurologiche sottostanti
La valutazione del disturbo implica:
- diario minzionale
- valutazione residuo post-minzionale
- valutazioni urodinamiche e videourodinamiche
- uroflussimetria
- curva pressione volume
- studio eco reno vescicale
Premesso che nel periodo di shock spinale o comunque durante la fase acuta della lesione neurologia ,l’unico trattamento urologico consigliato è
costituito dal drenaggio vescicale, il testo seguente si riferisce al periodo successivo allo shock o comunque a condizioni neurologiche a lenta
evoluzione per le quali sono consigliati trattamenti a carattere conservativo, ovvero:
-
1)
2)
3)
4)
Svuotamento vescicale indotto (riflesso, per spremitura, toilet training)
Utilizzo dei cateteri, in particolare cateterismo ad intermittenza
Farmacoterapia
Elettrostimolazione
Vengono sviluppati in particolare i punti 2) e 3).
Il cateterismo intermittente (CI)
Significato del CI e del ISC (CI autonomo) è quello di favorire un riempimento ed uno svuotamento regolare della vescica, evitando la
sovradistensione vescicale e creando pertanto le premesse per evitare complicanze e migliorare la situazione urologica.
Il valore ottimale di volume residuo determinato il quale viene posta indicazione al CI è ancora oggi oggetto di discussione. Anche se Dromerick et al
hanno dimostrato che un residuo maggiore di 150 ml nei soggetti affetti da stroke sia un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di infezione
delle alte vie urinarie (UTI) (1, LE = 2)
-
-
-
Non esistendo incontrovertibili certezze su tecniche e materiali, vi è la necessità che fin dalla fase di ricovero il paziente possa provare i diversi
tipi di cateteri disponibili sul mercato, offrendogli pertanto l’opportunità per una scelta consapevole del prodotto più adeguato alle sue esigenze
Sono a disposizione due tecniche ovvero CI sterile e CI pulito (per la descrizione si rimanda a successiva parte del testo)
Frequenza del cateterismo: in rapporto ai fattori che la possono condizionale,è opportuno fare la seguente distinzione:
A)
Timing del CI in ospedale:
1) secondo bilancio idrico (diuresi 1200-1500 ml)
2) in media consigliati quattro CI/die
3) valutazione foglio minzioni:
a) se sovradistensione: aumentare numero CI + eventuale Nelaton notturno
b) se fughe: valutare se da rigurgito, da iperattività detrusoriale, da deficit sfinterico
B)
Timing del CI al domicilio:
1) adeguamento numero CI in funzione nuove abitudini alimentari (vedi Foglio Minzioni)
2) mantenere intervallo fra CI non superiore a sei ore
Problema CI ed infezioni:
Se il CI viene iniziato in caso di UTI cronica e ritenzione urinaria, l’incidenza delle infezioni si riduce; se riprendono infezioni
sintomatiche pensare ad improprio uso del CI; il trattamento delle UTI è consigliato solo se le infezioni sono sintomatiche; (2,
LE = 2)
Conclusioni:
- Il CI è efficace e sicuro per il trattamento della vescica neurologica nel breve e nel lungo termine (3, LE = 1)
- Complicanze uretrali e vescicali sembrano aumentare nel lungotermine (4, LE = 2)
- Per ridurre e prevenire le complicanze bisogna utilizzare materiale appropriato e mettere in atto tecniche di cateterismo adeguatamente
acquisite (5, LE = 3)
- Una frequenza adeguata del CI associata all’uso di una tecnica atraumatica e di un materiale appropriato sono i fattori chiave per un outcome di
successo (6, LE = 2)
Procedura per la pratica del cateterismo ad intermittenza in Struttura di Degenza (c.i. sterile)
1.
2.
3.
4.
5.
Informare il/la p.a. della procedura
Lavarsi accuratamente le mani
Indossare i guanti non sterili
Praticare l’igiene intima
Sostituire i guanti ( sterili se si rende necessario toccare il catetere, puliti se si
utilizza la tecnica “no touch”)
6. Con guanti monouso scoprire il glande nell’uomo e divaricare le piccole e grandi
labbra nella donna per visionare il meato urinario
7. Praticare la disinfezione pre-introduzione con disinfettanti a base di clorexidina o di
derivati del coloro come l’amukina a bassa concentrazione
8. Indossare guanti sterili per effettuare un CI sterile o monouso per effettuare un notouch
9. Inserire il catetere prelubrificato o autolubrificante preventivamente lubrificato e
raccordato al sistema di raccolta Far defluire l’urina controllandone le caratteristiche
10. Far defluire l’urina controllandone le caratteristiche
11. Rimuovere lentamente il catetere tenendolo verso il basso.
Procedura per la pratica dell’autocateterismo (c.i. pulito)
1. addestrare ed educare il paziente ad una corretta igiene, disinfezione
pre.introduzione e giusta metodica di esecuzione dell’auto CI
2. Eseguire l’igiene intima una volta il giorno o quando si ha evacuato con sapone
neutro
3. Lavarsi accuratamente le mani con sapone neutro
4. Lubrificare il catetere o preparare il catetere pronto all’uso
5. Aprire la confezione ed utilizzarla per trattenere il catetere durante l’inserimento (
no touch)
6. Inserire il catetere in vescica finchè non fuoriesce l’urina
7. Far defluire tutta l’urina
8. Rimuovere lentamente il catetere.
N.B. QUALORA SI INTENDA NELLA PRATICA DEL CATETERISMO AD INTERMITTENZA INDICATO L’UTILIZZO DELLA
TECNICA STERILE, LA PROCEDURA E’ SOVRAPPONIBILE A QUELLA DESCRITTA DI SEGUITO PER IL CATETERISMO A
PERMANENZA.
INSERIMENTO CATETERE VESCICALE A PERMANENZA
Risorse materiali
Carrello o piano di appoggio stabile
Kit per cateterismo contenente materiale sterile (telino, telino fenestrato, guanti, garze, antisettico, lubrificante ad acqua in siringa,
acqua distillata in siringa), assemblato in contenitore utilizzabile come bacinella
Cateteri sterili di varie misure
Sacca di raccolta per urine sterile a circuito chiuso
Guanti monouso puliti
camice monouso ed occhiali protettivi per l’operatore (consigliato)
contenitore per rifiuti
paravento
Per eventuale inserimento difficoltoso, specie nell’uomo, preparare anche:
lubrificante con lidocaina sterile/idrogel
2 paia di guanti sterili di riserva
flacone slz fisiologica 100 ml
siringa cono catetere sterile
Risorse umane
La presente procedura è riferita all’inserimento da parte di un solo operatore . Quando è possibile è sempre preferibile che la manovra sia eseguita da due
operatori, in particolare in caso di cateterismo difficile o in mancanza di collaborazione da parte del paziente. Il secondo operatore ha il compito di coadiuvare
l’esecutore, prestando attenzione a:
eseguire l’igiene delle mani
preparare il materiale
preparare il paziente
aprire e predisporre per l’uso i materiali sterili con tecnica asettica
Valutazioni preliminari
Valutare lo stato psico-fisico del paziente:
livello di coscienza
mobilità
età
quando ha urinato l’ultima volta
allergie
Corretta pianificazione della procedura e della scelta del
materiale tenendo presente eventuali possibilità di allergie
in pazienti già cateterizzati in precedenza (anamnesi
remota)
Procedura ad 1 operatore con uso di kit
AZIONI
Preparazione del materiale
Predisporre sul piano superiore del carrello tutto il materiale
RAZIONALE
Consente di avere tutto il materiale
occorrente a disposizione
Preparazione del/della paziente
Spiegare la procedura che verrà eseguita
Ottenere consenso e collaborazione
Isolare il/la paziente con paravento o usare una stanza
dedicata
Garantire la privacy
Provvedere ad accurata igiene intima (se il paziente non
è autosufficiente) o invitarlo all’effettuazione
Ridurre la presenza di secrezioni che
possono ostacolare l’azione
dell’antisettico
Effettuare ispezione per evidenziare:
Donna: malformazioni
Ridurre i problemi imprevisti al momento
Uomo: fimosi, stenosi o
dell’introduzione del catetere
(possibilità di meato in
malformazioni
vagina)
Aiutare il/la paziente ad assumere la posizione corretta in
decubito dorsale
Facilitare l’introduzione del catetere
Uomo: supino, con le
Donna: posizione
gambe leggermente
ginecologica
divaricate
AZIONI
RAZIONALE
Allestimento del campo sterile
Eseguire accurato lavaggio antisettico delle mani (o
lavaggio sociale seguito da frizione con gel antisettico a
base alcolica)
Aprire il kit in maniera asettica
Indossare il primo paio di guanti sterili
Aprire il telino sterile e stenderlo tra le gambe del/della paziente, se
collaborante, altrimenti su un piano vicino e disporvi sopra il
materiale asetticamente
Versare l’antisettico su un gruppo di tre garze
Distribuire parte del lubrificante della siringa su una
garza
Antisepsi del meato uretrale
Uomo:
Donna:
con la mano non dominante
con la mano non
retrarre il prepuzio, afferrare il dominante separare le
pene sotto il glande, con la
grandi labbra, con la
mano dominante passare il
mano dominante passare
tampone imbibito di
il tampone imbibito di
antisettico in modo circolare, antisettico procedendo
scendendo verso il basso con dall’alto verso il basso
un solo passaggio
con un solo passaggio
Eliminare il tampone usato e ripetere con quello successivo
Lasciare l’ultima garza sopra il meato
Uomo: la mano non dominante rimane alla presa del
pene
Ridurre la carica microbica presente
sulla cute delle mani
Evitare la contaminazione del
contenuto
Consentire il mantenimento
dell’asepsi
Ottenere un campo sterile di
appoggio al materiale per maggiore
sicurezza durante le manovre
Preparare le garze necessarie per
l’antisepsi del meato
Per lubrificare successivamente il
catetere nella donna
La corretta antisepsi riduce la carica
batterica presente sul meato
uretrale, punto di introduzione del
catetere
La manovra con le 3 garze evita il
movimento ripetuto dal paziente al campo
sterile e la possibilità di contaminazioni
Evitare di riportare i microrganismi
verso il meato
Consentire la persistenza dell’azione
dell’antisettico
Evitare che il prepuzio ricopra il
glande
Lubrificazione dell’uretra
Uomo:
introdurre nell’uretra il cono della siringa
con la restante parte di lubrificante.
In caso di cateterismo difficoltoso, utilizzare un
lubrificante con lidocaina sterile monodose ed
attendere 5 – 7 minuti
Manovra fondamentale per facilitare
l’introduzione del catetere, riducendo
lubrificare solo
il fastidio per il paziente ed i possibili
il catetere
traumi della mucosa uretrale.
Donna:
Togliere il 1° paio di guanti sterili
Preparazione del catetere
Sono contaminati
Evitare l’uso di cateteri di misura
inappropriata che potrebbero
facilitare lesioni uretrali
Aprire le confezioni e disporre in modo asettico il catetere Completare l’allestimento del campo
e la sacca sul telino sterile
sterile
Pre – cateterismo
Assicura l’asepsi durante la
Indossare il 2° paio di guanti sterili
manipolazione del catetere
Collegare la sacca al catetere (evitabile se si usa
Garantisce subito il circuito chiuso
catetere preconnesso)
Distribuire sul catetere il lubrificante posto
Evitare l’attrito lungo il decorso
precedentemente sulla garza
dell’uretra
Posizionare il telino fenestrato lasciando scoperti i
Maggiore sicurezza durante le
genitali
manovre (in campo sterile)
Scegliere la misura più piccola possibile che assicuri un
buon deflusso delle urine
AZIONI
RAZIONALE
Cateterismo
Invitare il/la paziente a respirare profondamente
Favorisce l’inserimento del
catetere nel rilascio dello sfintere
Inserire il catetere in uretra in modo continuo, senza mai
forzare se si percepisce una resistenza
Uomo:
Donna:
con la mano non dominante divaricare con la mano non
dominante le grandi e le
tenere il pene con una
garza, mantenendolo
piccole labbra per avere
perpendicolare all’addome rendere visibile il meato
Introdurre lentamente il
catetere con la mano
dominante
Introdurre lentamente il catetere con
la mano dominante fino alla
Abbassare il pene e
comparsa
delle urine
continuare l’inserimento
fino alla comparsa delle
urine
Evitare traumi uretrali
Accertarsi che l’urina fuoriesca nel tubo
Dimostra il corretto inserimento
del catetere
Verifica
Schiacciare un paio di volte il catetere
Se l’urina non esce subito può darsi che
il lubrificante occupi temporaneamente il
lume
Prendere la 2° siringa con l’acqua distillata sterile e
verificare la quantità di soluzione da iniettare, riportata sul
catetere
Avvertire eventuale resistenza.
Gonfiare il palloncino iniettando con attenzione l’acqua
Se il/la paziente lamenta dolore,
distillata attraverso l’apposita via, al termine deconnettere la
riaspirare la soluzione e far
siringa
avanzare il catetere
Verificare l’ancoraggio del catetere ritraendolo
Ancorare il catetere al collo
delicatamente di alcuni centimetri
vescicale
Svuotamento della vescica
Controllare la fuoriuscita dell’urina, sospendendo il flusso ai
primi 600 ml (clampare il tubo di drenaggio)
Continuare con intervalli di 30’ con la fuoriuscita di 300 ml
per volta poi lasciare il flusso libero
Lo svuotamento repentino di un
volume di urina maggiore può
determinare emorragia (ex
vacuo)
La vescica si riduce
gradualmente evitando di
sanguinare
Osservare le urine drenate nella sacca (colore, quantità)
Fissare il catetere
Uomo: posizionare il pene, protetto da
una garza tenuta ai lati da cerotto,
sull’addome e fissare il catetere con
cerotto sulla cute addominale
Donna: fissare il
tubo di
drenaggio sopra
la coscia
Il fissaggio è utile nel/nella paziente allettato/a. Durante la
deambulazione valutare l’opportunità ed il modo di fissaggio utile ad
evitare attrito da frizione, causa di irritazione e rischio di infezione
Evitare movimenti o trazioni sull’uretra
Nell’uomo tale tecnica evita la possibilità
di lesioni da decubito da parte del
catetere, particolarmente nell’angolo
peno-scrotale.
AZIONI
Posizionare il tubo di drenaggio al disopra delle gambe
Verificare che non vi siano piegature del catetere e del
tubo di drenaggio
Posizionare il sistema di drenaggio nella sua sede, in
posizione più bassa rispetto alla vescica, facendo
attenzione che il rubinetto di scarico non tocchi il
pavimento o altre superfici sporche
Smaltire correttamente il materiale utilizzato
RAZIONALE
Garantire il libero deflusso urinario
Favorire il deflusso delle urine
Ridurre il rischio di contaminazione
del sistema
In ottemperanza alle vigenti
normative
Informazione sulla gestione
Informare il/la paziente sul corretto uso dei presidi e sul
comportamento da adottare
Evitare danni o complicazioni,
riducendo gli aspetti negativi sulla
vita quotidiana, ma soprattutto per
prevenire comportamenti scorretti,
possibile causa di infezioni
Procedere all’igiene delle mani
Segnalare sulla scheda infermieristica data di
inserimento/sostituzione e tipo di catetere (materiale e
calibro)
Complicanze
Se la manovra è svolta in modo incauto o incerto può esitare in lesioni traumatiche uretrali anche minime, che possono favorire
l’instaurarsi di infezioni, fino a lacerazioni e creazione di false strade, con problematico ripristino del normale percorso anatomico e
notevole sofferenza per il/la paziente.
QUALI LE STRATEGIE DI COMPORTAMENTO E FARMACOLOGICHE PER PREVENIRE LE COMPLICANZE DEL CATETERE
VESCICALE A PERMANENZA?
Premessa
Il catetere a permanenza può essere inserito in vescica attraverso l’uretra o per via sovrapubica attraverso una piccola incisione della parete
addominale.
Possiamo distinguere 2 tipi di cateterizzazione:
1) Cateterismo a breve termine (inferiore a 14 giorni) (1)
2) Cateterismo a lungo termine (superiore a 14 giorni) (2)
Il cateterismo a breve termine è più comunemente usato per queste esigenze:
• durante le procedure chirurgiche e nel postoperatorio
• per un accurato monitoraggio della diuresi nella fase acuta delle malattie
• instillazione endovescicale di farmaci
• nei casi di ritenzione acuta o cronica di urine
Il cateterismo a lungo termine può essere necessario nella gestione di pazienti con:
• uropatia ostruttiva ove non proponibile la disostruzione chirurgica
• ritenzione cronica (dove non è possibile praticare il cateterismo intermittente)
• pazienti debilitati, paralizzati o in coma (in presenza di lesioni cutanee)
• incontinenza urinaria intrattabile ove la cateterizzazione migliora la qualità di vita (come ultima spiaggia quando gli altri approcci non invasivi
per l’incontinenza hanno fallito o non sono soddisfacenti).
Il catetere deve essere rimosso non appena possibile in quanto tanto più dura la sua permanenza tanto più è associata ad un elevato rischio di infezioni.
Complicanze da catetere a permanenza
Il maggior rischio associato al cateterismo a breve termine è l’infezione urinaria ed è responsabile dell’80% delle infezioni urinarie nosocomiali (3). Il
cateterismo a lungo termine produce inoltre altre complicazioni quali: infezioni come una batteriemia potenzialmente fatale, uretriti, epididimiti,
prostatiti, pielonefriti; danni da decubito come stenosi del meato o uretrali, alterazioni infiammatorie croniche (cistite interstiziale e fibrosi) o
neoplastiche della vescica; calcoli vescicali; spasmi vescicali con dolori, incontinenza a lato o espulsione del catetere; incrostazioni del catetere con
ostruzioni o difficoltà alla rimozione del catetere stesso; alterazione dell’immagine corporea e inibizione della sessualità (4).
Infezione urinaria
L’infezione delle vie urinarie (IVU) è la più comune causa di infezione acquisita nosocomiale costituendone dal 21 al 45 % (3, 5-9). La maggior parte
di queste infezioni come detto conseguono a sondaggio uretrale, principalmente il cateterismo urinario (3). La batteriuria o la candiduria si sviluppano
fino al 25% dei pazienti con cateterismo superiore ai 6 giorni , con un rischio giornaliero del 5-8 % (10-14).
L’IVU associata a cateterismo è la seconda più frequente causa di batteriemia nosocomiale (15-17). Anche se si verifica in meno dall’1 al 4 % dei
soggetti cateterizzati (18,21), è tre volte l’incidenza dei soggetti non cateterizzati (22) (Livello di Evidenza 3) e si associa in modo significativo ad un
aumento di 3 volte la probabilità di essere ricoverati e di 3 volte la mortalità istituzionale, a parità di altre condizioni, senza che si verifichi
necessariamente una sepsi urinaria (23,24) (Livello di Evidenza 3). Sebbene la maggior parte di queste infezioni sia asintomatica (25), raramente
allunghi la degenza e si risolva spontaneamente alla rimozione del catetere, viene frequentemente trattata con terapia antibiotica, producendo il più
ampio serbatoio di patogeni ospedalieri resistenti agli antibiotici (10-12,15-16,26). Di questi i più importanti sono Escherichia coli, Klebsiella,
Enterobacter, Proteus, Citrobacter, Pseudomonas, Enterococchi, Stafilococchi, Serratia e Candida (23). La batteriuria asintomatica può produrre una
infezione sintomatica, tuttavia l’importanza di una infezione asintomatica (ad es. l’infiammazione cronica dei tessuti) non è tutt’ora nota.
Se si esclude la rara evenienza di una pielonefrite ematogena causata quasi esclusivamente dallo Stafilococco Aureo, molti di questi microrganismi
sono endogeni, provenienti dalla flora intestinale o perineale del paziente, ma possono essere anche acquisiti per contaminazione da altri pazienti o da
personale ospedaliero o per esposizione a soluzioni o strumentario non sterile (27,28). Patogeni come la Serratia marcescens e lo Pseudomonas cepacia
che non risiedono comunemente nel tratto gastrointestinale indicano l’acquisizione da sorgenti esogene (29,30). L’accesso al tratto urinario può
avvenire attraverso diverse vie. Microrganismi che colonizzano il meato o l’uretra distale possono essere spinti verso la vescica durante l’introduzione
del catetere, tuttavia l’infezione è poco frequente dopo singolo e breve cateterismo (10) e pertanto i microrganismi introdotti per questa via sono
solitamente rimossi dalla minzione o dai meccanismi antibatterici della mucosa vescicale (31). I microrganismi possono migrare alla vescica lungo il
muco tra uretra e catetere (via extraluminale) (32,33). Tale accesso viene ovviamente facilitato dai movimenti del catetere. I microrganismi della via
extraluminale sono principalmente endogeni, provenendo dall’apparato gastro-intestinale. Essi colonizzano il perineo del paziente e risalgono l’uretra
fin dai primi momenti successivi all’inserimento del catetere. È stato evidenziato che il 66% delle infezioni delle vie urinarie associate a catetere è
acquisita per via extraluminale (34) e si ritiene che approssimativamente il 70% degli episodi di batteriuria nelle donne cateterizzate si verifichi a
causa dell’ingresso dei microrganismi per questa via per la brevità dell’uretra e la vicinanza dell’ano (35). Una pregressa importante colonizzazione
cutanea periuretrale è un importante fattore di rischio sia nella donna che nel maschio (35,33) L’ascesa dei microrganismi può avvenire all’interno del
lume del catetere (via intraluminale) quando il sistema di raccolta delle urine è stato contaminato (10,36); questo infatti può divenire accessibile ai
microrganismi presenti all’esterno allorchè il catetere è disconnesso dal tubo di drenaggio per l’irrigazione della vescica, per la raccolta del campione
o per l’uso del tappo. È stato evidenziato che l’accesso intraluminale è responsabile del 34% delle IVU associate a catetere (34). Gli organismi che
adottano questa via usualmente provengono da fonti esterne, e spesso sono il risultato delle attività di assistenza e cura dei pazienti svolte da operatori
sanitari con le mani contaminate; è la cosiddetta contaminazione crociata che rappresenta fino al 15% delle infezioni che insorgono in gruppi di
pazienti. L’importanza dell’ascesa intraluminale è documentata dalla significativa riduzione delle infezioni raggiunta con l’utilizzo dei sistemi di
raccolta a circuito chiuso. Tuttavia se si riesce a mantenere sterilmente un circuito chiuso, la via extraluminale diventa la via più importante di ingresso
dei batteri in vescica (33).
La maggior parte dei cateteri infetti è ricoperta da uno spesso biofilm contenente i microrganismi imbevuti in una matrice di proteine dell’ospite e di
esopolisaccaridi microbici. Il biofilm si forma all’interno o all’esterno del lume o in entrambi e avanza in senso retrogrado (37). Il suo ruolo non è
ancora ben definito, tuttavia cateteri impregnati di antibatterici e con idrogel all’argento (38-44), che inibisce l’aderenza dei microrganismi alla
superficie del catetere, riducono significativamente il rischio di infezioni extraluminali particolarmente da batteri gram positivi o lieviti (34). Pertanto
l’aderenza microbica alla superficie del catetere è un fattore patogenetico importante per molte ma non tutte le infezioni. Quelle in cui il biofilm non
gioca un ruolo sono probabilmente causate da un massivo trasporto intraluminale di urine contaminate verso la vescica per reflusso retrogrado quando
il catetere o il sistema di raccolta è mosso o manipolato.
In uno studio prospettico è stato dimostrato che l’isolamento di un qualsiasi minimo numero di colonie da un campione di urine prelevato all’interno
del sistema di raccolta è altamente predittivo dell’insorgenza di un’infezione entro 24-48 ore, se non viene somministrata alcuna terapia antibiotica
(12). Mentre per i pazienti non cateterizzati il limite di batteriuria significativa è comunemente definito per 105 col/ml, poiché la crescita dei
microrganismi nei pazienti cateterizzati è rapida, molti considerano 102 o 103 come limite di significatività per indicare una vera infezione da catetere
(45).
Il più importante fattore di rischio riscontrato in tutti gli studi è il prolungarsi del cateterismo oltre i 6 giorni al punto che al 30° giorno di cateterismo
l’infezione è quasi sempre presente. In un ampio studio prospettico monitorato quotidianamente con 7 raccomandazioni per la gestione del catetere, tra
cui il circuito chiuso, l’appropriata posizione declive del tubo e del sacchetto di drenaggio e la protezione del rubinetto di svuotamento, l’unica
violazione predittiva di un aumentato rischio di infezione è risultato l’improprio posizionamento del tubo o del sacchetto di drenaggio urinario sopra il
livello della vescica (46). La terapia antibiotica si è dimostrata efficace e protettiva verso le infezioni da cateterismo a breve termine, ma selettiva nei
confronti di microrganismi pluriresistenti, come lo Pseudomonas aeruginosa (5,7-12,15-17).
In conclusione il rischio di acquisire un’infezione urinaria dipende dalla durata del cateterismo (oltre i 6 giorni il rischio relativo è di 5,1-6,8 volte),
tipo di catetere, dalla tecnica del cateterismo, dalla gestione del catetere e dalla suscettibilità alle infezioni da parte dell’ospite. I fattori predisponenti
dell’ospite includono il sesso (le femmine hanno un rischio relativo maggiore di 2,5-3,7), altri siti attivi di infezione, il diabete, la presenza di uno stent
ureterale, l’insufficienza renale, l’età avanzata, la debilitazione ed il puerperio (45,47,48).
Calcolosi
L’incrostazione periodica del catetere da deposito di sali minerali si verifica fino al 50 % dei pazienti cateterizzati a lungo termine, producendo
malfunzionamento del catetere, fughe a lato, calcolosi vescicale e un doloroso traumatismo tissutale alla rimozione del catetere (49-51) (Livello di
Evidenza 2). I principali componenti dell’incrostazione sono i fosfati di calcio, magnesio e ammonio (struvite). Nella maggior parte dei casi il biofilm
che si forma sul catetere contiene microrganismi (come il Proteus mirabilis), che producono l’enzima ureasi capace di scindere l’urea in fosfati e
ammonio che aumenta il pH urinario. In queste condizioni precipitano minerali che si depositano sulla superficie del catetere.
I pazienti con catetere a dimora possono essere classificati in “blockers” quando il catetere si ostruisce frequentemente o “non-blockers” (50,52). Nei
blockers il pH urinario tende ad essere alcalino e quindi più vicino a quello di cristallizzazione. Può essere utile in questi casi far assumere al paziente
prodotti acidificanti le urine (Livello di Evidenza 2). Tuttavia le incrostazioni possono talvolta verificarsi in assenza di infezione (53) e sono
influenzate dalla ruvidità, idrofobia o idrofilia, carica elettrica della superficie del catetere. Nessuno dei cateteri attualmente disponibili è resistente alla
formazione del biofilm ed alla incrostazione (Livello di Evidenza 1).
Il rischio di formare calcoli in pazienti con lesione spinale è ben documentato. In uno studio di cohoorte retrospettivo il catetere a dimora (uretrale e
sovrapubico) era significativamente associato all’aumento del rischio di formare calcoli rispetto al cateterismo intermittente, indipendentemente
dall’età, dal sesso e dal livello e gravità della lesione (54) (Livello di evidenza ). Anche in un altro studio retrospettivo su pazienti mielolesi è stato
dimostrata una maggior incidenza di calcoli sia dell’alta che della bassa via escretrice in portatori di catetere a permanenza (55). In un altro studio
retrospettivo a partire dal 1973 è stato dimostrato un aumento di circa 9 volte del rischio di formare calcoli in pazienti spinali con catetere uretrale o
sovrapubico a dimora rispetto a coloro in cateterismo intermittente o con condom urinario, con un declino a 6,6 volte nella decade dal 1985 al 1996
(56).
Tumore Vescicale
L’incidenza di carcinoma squamocellulare associato a cateterismo a dimora varia dal 2,3 al 10 % (57-59). La calcolosi vescicale è stata riconosciuta
come fattore di rischio indipendente da alcuni Autori (60) e non da altri (61). In uno studio retrospettivo caso-controllo è stato riscontrato un rischio
relativo di 12,8 volte per il tumore vescicale in soggetti mielolesi con catetere a permanenza (60). In un altro lavoro è stato dimostrato che l’incidenza
di tumori squamocellulari rispetto al carcinoma transizionale è maggiore nei mielolesi con catetere a permanenza rispetto a coloro che non hanno il
catetere fisso in cui predominano i transizionali (62). Infine è stata ulteriormente dimostrata l’associazione tra tumore vescicale e cateterismo a dimora
in soggetti spinali con un incremento di 25 volte rispetto alla popolazione generale (61), in particolare dopo almeno 10 anni di catetere (Livello di
Evidenza 3). Pertanto anche se il ruolo preciso dello screening rimane incerto, la maggior parte degli urologi americani esegue una cistoscopia annuale
in presenza di catetere a dimora a lungo termine (63) (Raccomandazione.
Lesioni uretrali
L’uso dei cateteri in lattice non rivestito è stato associato ad un’alta incidenza di stenosi uretrali in pazienti sottoposti ad intervento di cardiochirurgia
(64). La comparsa di ascessi uretrali all’angolo peno-scrotale in soggetti neurologici portatori di catetere a permanenza, con conseguente formazione di
uretroceli o fistole uretro-cutanee, sono oggi ormai di difficile riscontro in particolare per il posizionamento del pene verso l’addome (Grado di
raccomandazione D).
Limitazione delle indicazioni al cateterismo
Poiché il cateterismo a permanenza è una procedura molto usata e abusata in ambito nosocomiale, è indispensabile ricorrervi quando non vi sono
alternative efficaci e comunque per il più breve tempo possibile. Il cateterismo va evitato come sostituto dell’assistenza infermieristica nel paziente
incontinente o neurologico, per valutare il residuo postminzionale o per ottenere campioni di urina per l’urinocoltura. Alternative con minor rischi di
complicazioni sono il cateterismo intermittente, l’applicazione del condom urinario, che risulta associato a minori rischi di infezione nosocomiale (65)
o il catetere sovrapubico, più confortevole e accettato dal paziente e con minore incidenza di infezioni urinarie (66).
Cateteri
I cateteri a dimora dovrebbero avere caratteristiche particolari. Dovrebbero essere costituiti da materiale soffice che si adatti alla forma dell’uretra per
una maggior tolleranza, che causi la minor frizione o reazione tissutale, che sia sufficientemente robusto per un facile inserimento e mantenimento del
lume pervio, che sia elastico affinché il palloncino sgonfiato ritorni alle sue dimensioni originali, che sia resistente alla colonizzazione batterica e alla
deposizione di incrostazioni. Devono inoltre possedere una punta non traumatica per non irritare la mucosa vescicale,
I cateteri in lattice non rivestito devono essere evitati o limitati ad un cateterismo di breve durata. Presentano infatti un’elevata frizione che risulta
dolorosa e traumatica, facilità ad una rapida incrostazione e la possibilità dell’insorgenza di allergie, di uretriti e di stenosi uretrali (67-69)
(Raccomandazione )
E’ stato dimostrato che il lattice dei cateteri contiene sostanze tossiche per le cellule in coltura (70).
Per ridurre la frizione e la reazione tissutale e minimizzare l’assorbimento di acqua da parte del lattice con conseguente rigonfiamento delle pareti del
catetere il lattice viene rivestito con Teflon (politetrafluoroetilene o PTFE) che rende la superficie più liscia e meno irritante e consente al catetere di
rimanere in situ fino ad un mese (Raccomandazione ).
I cateteri in plastica o PVC sono più economici, hanno parete sottile e quindi lume ampio, sono più rigidi e quindi meno confortevoli e sono utilizzati
per cateterismi a breve termine.
I cateteri in silicone non sono stati finora associati a tossicità o stenosi uretrali (71,72). Possono essere interamente di silicone oppure di lattice rivestito
da elastomero di silicone o lattice rivestito di polimero idrofilico e sono pertanto da preferire per cateterismo superiore ai 14 giorni e fino a 3 mesi se
ben funzionante (73) (Raccomandazione ).
Per ridurre la formazione del biofilm intra ed extraluminale, colonizzato prevalentemente da una comunità mista di microrganismi meno suscettibili
alle terapie antibiotiche (74), sono stati prodotti cateteri con superfici antimicrobiche contenenti argento (ossido o in lega), antibiotici o antisettici.
Gli ioni argento sono battericidi con un ampio spettro e non tossici per l’uomo se applicati topicamente (75). Uno studio di metanalisi delle
pubblicazioni tra il 1966 e il 1997 (76) trovò significativi benefici nell’uso di cateteri rivestiti con l’argento solo per il sesso femminile. In particolare
quelli di lega erano più protettivi di quelli di ossido arrivando a ridurre di 3 volte la batteriuria. Tuttavia i gruppi di popolazioni di pazienti e le
definizioni di batteriuria erano diverse nei diversi studi. Studi più recenti non hanno confermato tale superiorità (77) se non a breve termine (inferiore a
7 giorni) (1,78) (Livello di Evidenza 1).
I cateteri rivestiti di antibiotico possono avere un ruolo nel ritardare l’insorgenza di batteriuria in pazienti selezionati cateterizzati a breve termine
(79,80). L’efficacia con alcuni tipi di antibiotici è però stata dimostrata solo per alcuni gruppi di microrganismi. Non è ancora nota la potenziale
tossicità e insorgenza di resistenza agli antibiotici e non c’è evidenza che questi cateteri possano conferire un beneficio significativo nel cateterismo a
lungo termine (Livello di Evidenza 2).
Terapia antibiotica
L’utilizzo di antibiotici in un paziente cateterizzato asintomatico ritarda significativamente l’insorgenza di una batteriuria, indipendentemente dall’età,
sesso o associata patologia; tuttavia non è di nessun beneficio e predispone all’insorgenza di ceppi resistenti in pazienti cateterizzati per oltre 4 giorni
(36). Inoltre l’uso profilattico di antibiotici non previene l’insorgenza di infezioni urinarie sintomatiche ed è associato ad un aumento degli effetti
collaterali (81-83). In assenza di sintomi non si devono eseguire urinocolture (84). Pertanto l’uso profilattico di antibiotici in soggetti cateterizzati a
lungo termine asintomatici viene sconsigliato (Grado di Raccomandazione B). Situazioni particolari che aumentano la probabilità di insorgenza di una
infezione sintomatica sono: pazienti immunocompromessi, in attesa di intervento urologico, donne gravide, infezione da Serratia o pazienti che devono
rimuovere definitivamente il catetere.
Alcuni studi hanno posto in evidenza un beneficio da parte della metenamina nel prevenire la batteriuria sintomatica ed asintomatica in donne che si
sottoponevano ad intervento ginecologico e breve cateterismo (85-88), tuttavia da una revisione Cochrane (89) si conclude che non esiste attendibile
evidenza per supportare l’uso dell’ippurato di metenamina per la profilassi delle infezioni urinarie.
Tecnica del cateterismo
Numerose sono in letteratura le raccomandazioni consigliate per prevenire le complicazioni da cateterismo, tuttavia solo poche sono state dimostrate
veramente efficaci da studi controllati e randomizzati.
Personale
Solo le persone (personale ospedaliero, famigliari, paziente stesso) che conoscono la tecnica corretta dell’inserimento e gestione sterile del catetere
possono maneggiarlo (9,10,36,90) (Raccomandazione A).
Il personale che gestisce il catetere deve essere periodicamente aggiornato sulla tecnica del cateterismo e la prevenzione delle complicanze
(Raccomandazione C).
Indicazioni
Il catetere a permanenza deve essere inserito solo se strettamente necessario e per il tempo più breve possibile. Non deve essere posto per supplire ad
una inadeguata assistenza infermieristica (Raccomandazione A).
In casi selezionati altre alternative al catetere a dimora possono essere più convenientemente utilizzate come il condom urinario, il cateterismo
intermittente e il catetere sovrapubico (Raccomandazione B).
Lavaggio delle mani
Deve essere sempre fatto prima e dopo la manipolazione del catetere o dell’apparato di drenaggio delle urine (30,91) (Raccomandazione A).
Inserimento del catetere
Il catetere deve essere inserito con tecnica asettica e con materiale sterile monouso (9,32) (Raccomandazione A). Devono essere utilizzati guanti,
telini, tamponcini, lubrificante e disinfettante non alcolico in set monouso (Raccomandazione B).
Deve essere utilizzato un lubrificante appropriato e monodose nell’atto della cateterizzazione per minimizzare il traumatismo uretrale. L’uso di un
lubrificante contenente disinfettante non si è dimostrato utile nel prevenire successive batteriurie (92)
La dimensione del catetere deve essere la più piccola possibile, il palloncino deve essere gonfiato con 10 ml di acqua sterile (nei bambini 3-5
ml), la scelta del materiale di costruzione del catetere va fatta tenendo conto della durata del cateterismo oltre che della sensibilità dell’ospite.
Il catetere va ancorato rivolto verso l’addome nel maschio e alla coscia nella femmina per prevenire movimenti e trazioni (Raccomandazione A).
Nella revisione sistematica pubblicata dal Joanna Briggs Istitute (93) non ci sono differenze nei tassi d’infezione utilizzando tecniche sterili piuttosto
che non sterili nella cateterizzazione, infatti lo studio ha comparato la cateterizzazione sterile (lavaggio chirurgico delle mani, utilizzo di guanti sterili,
severo rispetto dell’asepsi, uso di soluzione disinfettante non alcolica, catetere in confezione sterile, acqua sterile per gonfiare il palloncino) alla
tecnica di cateterizzazione non sterile pulita (lavaggio mani con acqua e sapone, guanti non sterili, pulizia dei genitali con acqua di rubinetto, catetere
in confezione non sterile e acqua di rubinetto per gonfiare palloncino). A parità di esito questo studio ha inoltre sottolineato il sostanziale risparmio
che si realizza quando si adotta la tecnica di cateterizzazione non sterile. In un altro studio è stato dimostrato che se si riduce il tempo di lavaggio delle
mani da 3 minuti a 30 secondi e si evita di indossare una cappa sterile non cambia l’incidenza di infezioni urinarie (94) (Livello di Evidenza 2). Le
Linee Guida più diffuse raccomandano comunque l’utilizzo della cateterizzazione sterile (90) (Raccomandazione A).
Drenaggio delle urine a circuito chiuso e sterile
Il catetere deve essere connesso ad un sistema di drenaggio sterile che va mantenuto chiuso (10,36) (Raccomandazione A). L’adozione del sistema di
drenaggio urinario sterile a circuito chiuso è fondamentale per la prevenzione dell’infezione. Per cateterismi di breve durata (meno di 30 giorni) questa
procedura da sola consente di ridurre l’incidenza di infezioni dal 100 % a meno del 25 % (10). La presenza di valvole antireflusso o di gocciolatori non
si sono rivelati efficaci nel ridurre la frequenza di infezioni, ma possono rendere più complesso (quindi più difficoltoso da gestire e più esposto a
malfunzionamenti) e costoso il sistema. Aggiungere soluzioni antibatteriche alle sacche di raccolta non detetermina la riduzione dell’incidenza di
infezioni associate al catetere (92) (Livello di Evidenza 1). Il tubo del drenaggio di raccolta va disconnesso dal catetere solo in caso di lavaggio del
catetere. Se si verifica una disconnessione accidentale oppure una perdita il sistema di drenaggio va sostituito con tecnica asettica e previa disinfezione
del padiglione del catetere (Raccomandazione C). Per ridurre la probabilità di disconnettere il catetere dal tubo di drenaggio è stato proposto di
sigillare con un nastro la connessione. Tale artificio risulta efficace nel ridurre la mortalità in situazioni in cui viene abitualmente frequentemente
interrotta la connessione (23), mentre non è risultata efficace a ridurre la batteriuria negli ambienti in cui viene mantenuta più frequentemente inviolata
la connessione (95) (Livello di Evidenza 1).
Regolare deflusso dell’urina
Il flusso dell’urina all’interno del sistema deve essere mantenuto libero (9,36) (Raccomandazione A), salvo ostruzioni temporanee per la raccolta di
campioni di urina. Per mantenere un flusso libero è necessario che: 1) il catetere ed il tubo di connessione alla borsa di raccolta non facciano pieghe o
inginocchiamenti o siano schiacciati, 2) il rubinetto della borsa di raccolta non stia appoggiato sul pavimento (Raccomandazione B), la borsa di
raccolta sia svuotata regolarmente utilizzando un contenitore separato per ciascun paziente (evitare tappi e borse urine non sterili) (33), 3) il catetere
ostruito o malfunzionante sia lavato o se necessario sostituito 4) la borsa di raccolta sia sempre mantenuta ad un livello più basso della vescica (grado
A). (46) per assicurare un buon drenaggio ed evitare reflussi. L’uso di valvole antireflusso non si è dimostrata efficace (92)
Lavaggi
I lavaggi vanno eseguiti solo se necessari (meglio un lavaggio continuo che frequenti irrigazioni per prevenire l’ostruzione del catetere a causa di un
sanguinamento dopo un intervento di chirurgia prostatica o vescicale), in modo asettico, con materiale monouso. Il lavaggio vescicale continuo con
antibiotici non riassorbibili in uno studio controllato, era associato alla continua interruzione del circuito chiuso e non ha comportato la riduzione ma
anzi un aumento dell’incidenza di infezioni da batteri resistenti all’antimicrobico (96) (livello di evidenza 1).
Prelievo di urina dal sistema chiuso
La presenza di una porta per il campionamento dell’urina nel tubo di drenaggio è una utile modifica per prevenire l’apertura del sistema chiuso (36).
Se sono necessarie piccole quantità di urine per essere esaminate, si può aspirarle con ago e siringa pungendo il padiglione del catetere o
preferibilmente la porta di prelievo apposita se presente ((9,10) (Raccomandazione A). Maggiori quantità di urina possono essere raccolte in modo
asettico direttamente dalla borsa di raccolta (Raccomandazione A).
Igiene perimeatale
Per prevenire la risalita di batteri che colonizzano il meato uretrale, la pulizia con antisettico (iodio-povidone, clorexidina, poliantibiotico) in soluzione
o pomata o la semplice detersione giornaliera con acqua e sapone non si sono dimostrate differenti nel ridurre l’incidenza di infezioni (97-100) (livello
di evidenza 1).
Rimozione o sostituzione del catetere
Allo scopo di ridurre al minimo il tempo di permanenza di un catetere, una revisione della letteratura (101) sulla tempistica della rimozione del
cateterismo a breve termine ha messo a confronto studi controllati che paragonavano la rimozione nelle ore notturne rispetto a quelle mattutine. I
risultati mostrano una significativa riduzione della ospedalizzazione se il catetere viene rimosso nelle ore notturne in particolare dopo intervento
chirurgico. Coloro che rimuovono il catetere più precocemente hanno più tempo per essere osservati, più volume minzionale e più probabilità di essere
dimessi lo stesso giorno rispetto a quelli che lo tolgono al mattino (Grado di Raccomandazione B).
I cateteri a permanenza non devono essere rimossi ad intervalli prefissati. La loro sostituzione dipende dal materiale di cui sono costituiti e dalle
necessità cliniche (quando il paziente è a rischio di frequenti incrostazioni si dovrebbero accertare i relativi tempi di insorgenza e provvedere alla
sostituzione del catetere prima che si formino).
Misure preventive la trasmissione delle infezioni nosocomiali
Per prevenire le infezioni esogene da contaminazione sono state proposte misure addizionali (102). I pazienti con infezione da catetere asintomatica
sono i serbatoi di microrganismi infettanti e la trasmissione sembra provenire dalle mani del personale di assistenza (29,30). Il miglioramento delle
misure preventive come una rinnovata enfasi sul lavaggio delle mani e la separazione spaziale dei pazienti cateterizzati (particolarmente quelli non
infetti da quelli infetti) produce la fine dell’epidemia. Tuttavia in assenza di una vera epidemia, la separazione dei pazienti è meno efficace nel
controllare le infezioni da catetere. Il regolare monitoraggio batteriologico dei pazienti cateterizzati è stato suggerito per consentire una diagnosi ed un
trattamento precoci delle infezioni urinarie (10). Tuttavia, sebbene teoricamente suggestivo, il beneficio del monitoraggio batteriologico in pazienti
asintomatici è discutibile (84).
Catetere sovrapubico
Indicazioni
In alcuni pazienti il catetere sovrapubico risulta vantaggioso oltre ad essere necessario in situazioni di trauma uretrale. Evita lesioni uretrali durante
l’inserimento e la rimozione, evita danni permanenti da decubito dell’uretra in particolare in soggetti neurologici, consente il drenaggio delle urine in
soggetti che presentano dolore uretrale o che frequentemente espellono il catetere o lo schiacciano seduti in carrozzina, rende più semplice la gestione
in soggetti con ridotta mobilità, consente di osservare la eventuale ripresa della minzione spontanea ed il controllo del residuo con una semplice
rotazione del rubinetto, consente l’attività sessuale anche se con una alterata percezione della propria immagine. Nell’anziano fragile può essere
preferito al catetere per evitare infezioni urinarie e seminali.
Controindicazioni
E’ controindicato in presenza di ematuria di origine non chiarita, in presenza di tumore vescicale, di vescica piccola e contratta. In soggetti obesi la
sede dello stoma può essere nascosta dal pannicolo adiposo con difficoltà di gestione (103).
Materiali
Come per i cateteri uretrali, i cateteri sovrapubici per cateterismo breve possono essere di plastica, mentre quelli per un lungo drenaggio devono essere
di silicone o di lattice rivestito di silicone o polimero idrofilico. I cateteri al silicone e di lattice rivestito di idrogel possono presentare fastidiose
corrugazioni quando si sgonfia il palloncino che producono difficoltà alla rimozione e traumatismi sia a livello uretrale che del tramite sovrapubico
(104-106). Per ovviare a queste corrugazioni si consiglia di sgonfiare lentamente il palloncino e nel caso si formassero lo stesso di rigonfiarlo
leggermente in modo da far riprendere al tratto corrugato una forma affusolata più facilmente rimuovibile (107).
Tecnica
L’inserimento del catetere sovrapubico è un piccolo atto chirurgico che presenta il rischio di poter produrre una lesione intestinale con conseguente
peritonite (108-110); altre complicanze sono lo sposizionamento (111,112) o la comparsa di un piccolo laparocele (113,114). Se si prevedono
difficoltà all’inserimento (vescica piccola, pregressi interventi addominali), meglio ricorrere all’utilizzo degli ultrasuoni (115) oppure all’esposizione
chirurgica della parete vescicale (109). Al contrario se non si prevedono difficoltà l’inserimento può essere attuato anche da un infermiere
adeguatamente addestrato (116), così come le eventuali sostituzioni successive, che possono essere fatte anche al domicilio del paziente (105). L’unica
accortezza è di sostituire immediatamente il tubo per evitare che nel giro di pochi minuti il tramite si occluda (117). Se il catetere finisce in uretra
produce un’importante sintomatologia irritativa e se si gonfia il palloncino si può traumatizzare l’uretra. Si consiglia di misurare la lunghezza esterna
del catetere prima di sostituirlo in modo da inserire il nuovo nella stessa posizione.
Se non è fornito di palloncino il catetere sovrapubico va fissato con un punto alla parete addominale.
Se rimane funzionante il catetere sovrapubico può essere mantenuto fino a 3 mesi.
Complicazioni
In un lavoro su 185 pazienti neurologici seguiti da 3 a 68 mesi il cateterismo sovrapubico a lungo termine è risultato ben tollerato e ha consentito di
preservare la funzione renale evitando interventi chirurgici maggiori (109). Si sono verificati 5 casi di complicanze intestinali di cui uno fatale per una
peritonite silente. La batteriuria asintomatica era praticamente sempre presente (98 %) mentre l’infezione sintomatica ricorrente si è manifestata solo
nel 4 % dei casi. La calcolosi vescicale si è presentata nel 14 % dei casi mentre il disturbo più frequente è risultato il blocco del catetere che si è
manifestato nel 18 % dei casi.che è meno della metà dell’incidenza (40 %) riportata per il catetere uretrale a permanenza (9,50).
In una revisione di 5 studi randomizzati confrontanti l’uso del catetere sovrapubico e uretrale a breve termine(118), si dimostra una significativa minor
incidenza di batteriuria con il catetere sovrapubico in 3 studi in particolare nel sesso femminile e non significativa negli altri 2. Tuttavia i pazienti con
catetere sovrapubico riportavano meno dolore e fastidi e la dimostrazione di riprendere spontaneamente la minzione era più facilitata (Livello di
Evidenza 2). In un altro studio randomizzato (119) in cui si confrontavano le stesse tecniche dopo intervento di Burch non sono state notate differenze
nella ripresa della funzione vescicale, nella durata della degenza e nell’incidenza di cistite (Livello di Evidenza 2). Anche un altro studio randomizzato
(120) non ha evidenziato differenze significative fra le due tecniche nell’insorgenza di infezione urinaria sintomatica o non entro 6 settimane da un
intervento di laparotomia (Livello di Evidenza 2). Tuttavia in soggetti anziani in casa di riposo con ritenzione urinaria acuta è stata osservata una
significativa riduzione del rischio di infezione urinaria e stenosi uretrale nei soggetti a cateterismo sovrapubico (121) (Livello di Evidenza 2).
Tumore vescicale
Viene segnalato nei vari studi il rischio di carcinoma vescicale dopo cateterizzazione a lungo termine con catetere sovrapubico (122-125). Non sembra
diversa l’incidenza del cancro se si utilizza il catetere transuretrale o quello sovrapubico (62), ma risulta minore nei pazienti non cateterizzati e in
quelli che praticano il cateterismo intermittente.
Calcolosi vescicale
Tutti gli studi valutati rilevano una maggiore incidenza di calcolosi vescicale nei pazienti con catetere sovrapubico (dal 14 al 25 %) (109), con
incremento fino al 50 % a 20 anni (126) rispetto a quelli che praticano il cateterismo intermittente (127) (Livello di Evidenza 2). Il rischio di formare
calcoli è indipendente dal sesso, età, livello e grado di lesione midollare dal catetere a permanenza utilizzato (sovrapubico o transuretrale).
“CATETERISMO AD INTERMITTENZA: RELAZIONE TRA MATERIALI DISPONIBILI ED OUTCOME?”
SINTESI DELLE RACCOMANDAZIONI
Risulta globalmente preferibile, in funzione di parametri di giudizio soggettivi e/o oggettivi, l’utilizzo di un catetere idrofilico nei confronti di
un catetere PVC non pre-lufrificato o di un catetere autolubrificante con gel. FR = B.
Il paragone fra cateteri idrofilici di industrie produttrici diverse, in funzione di parametri di giudizio soggettivi e/o oggettivi, non evidenzia
significative differenze FR = C.
Non vi sono, in ambito pediatrico, differenze significative, nell’ambito della prevenzione delle batteriurie, fra l’uso di catetere monouso
sterile e riutilizzo di catetere pulito. FR = C.
L’uso di tecnica sterile riduce le infezioni delle vie urinarie rispetto alla tecnica non sterile (FR = B), ma con maggiore costo della tecnica del 277%.
Un attento controllo della sovradistensione della vescica può ridurre significativamente gli episodi di infezioni delle vie urinarie FR = A.
SINTESI DELLE RACCOMANDAZIONI IN SALA
La scelta del catetere, nell’ambito delle raccomandazioni precedenti, va fatta sulla base di una serie di prove, laddove possibile, fatte in ambito degenziale su diversi modelli disponibili
Introduzione
Il cateterismo ad intermittenza è una tecnica ormai acquisita indicata per le vesciche neurologiche, ma anche, ed in minore misura,
per altre condizioni patologiche che non permettono un completo svuotamento della vescica o in alcune condizioni post chirurgiche in cui
è necessario uno svuotamento programmato della vescica o di una neovescica o una stabilizzazione di stenosi uretrale. Inoltre come
vedremo, da reports particolari, anche allo scopo di introdurre farmaci o medicamenti all’interno della vescica.
I materiali con i quali vengono prodotti i cateteri per lo svuotamento temporaneo sono il PVC (cloruro di polivinile o polivinilcloride), il
PU (poliuretano) e il Silicone.
Il PVC è il componente più comune dei cateteri per svuotamento temporaneo (EasyCath Conveen - Coloplast, Actreen Glys - BBraun, Lofric base e Primo - Astra Tech, Flocath Quick, Vialog - Rusch Teleflex). Tutti i cateteri cono Latex Free, cioè senza lattice.
Alcuni di essi sono DEHP free,1 quindi non contengono FTalati2 come per i cateteri Flocath Quick, SpeediCath e Actreen Glys, a
differenza dell’EasyCath. Inoltre il PVC può essere trattato con speciali emollienti e stabilizzatori, lavorato con particolari macchinari per
renderlo più sottile e morbido, mescolato con lubrificanti (hydrogel) e irradiato con raggi UV, come, per esempio, per il Flocath Quick.
Il PU3 è utilizzato per il catetere SpeediCath Conveen - Coloplast, mentre il Silicone è il costituente del catetere Advance Hydro Soft Hollister.
1
Il di-2-etilesilftalato (DEHP, DOP), o diottilftalato, o diisoottilftalato, è l'estere dell'acido ftalico e del 2-etilesanolo. A temperatura ambiente è un liquido
incolore, inodore, viscoso e poco volatile. Trova principalmente impiego come plastificante per le materie plastiche, anche se in tempi recenti (1986) la
Commissione Europea ne ha bandito l'uso nei giocattoli e nei prodotti destinati all'uso in ambienti chiusi realizzati in PVC. Le ragioni di questi divieti risiedono
nell'osservato graduale rilascio da parte del manufatto in plastica di di-2-etilesilftalato nell'ambiente, sia per evaporazione che per estrazione, quest'ultima facilitata
dalla presenza di sostanze grasse a contatto con la materia plastica.
2
Gli ftalati sono esteri dell'acido ftalico. Sono una famiglia di composti chimici usati nell'industria delle materie plastiche come agenti plastificanti, ovvero come
sostanze aggiunte al polimero per migliorarne la flessibilità e la modellabilità.
3
Il Poliuretano è la produzione principale dei diisocianati, molecole con due gruppi isocianati, che chimicamente reagiscono anche con il gruppo amminico per
formare il legame ureico. La reazione tra un diisocianato e un composto con due o più gruppi amminici forma un polimero a catena lunga noto come poliurea.
Il rivestimento dei cateteri vescicali monouso autolubrificanti idrofilici è generalmente il PVP (Polivinilpirrolidone)4, una sorta di colla
che mantiene coese le molecole d’acqua alle quali si lega, al quale viene aggiunta una sostanza idrofila (cloruro di sodio, urea) che a
contatto con l’acqua, da aggiungere nella confezione (Lofric base – Astra Tech, Easycath, Flocath Olivar Tip – Rusch Teleflex) o
mediante il liquido (in genere soluzione fisiologica allo 0,9%) già fornito nella confezione (Lofric Primo – Astra Tech, Flocath Quick –
Rusch Teleflex, Advance Hydro Soft – Hollister), si attiva formando un film che lubrifica il corpo del catetere con lo scopo di favorire la
sua introduzione attraverso l’uretra in modo atraumatico.
L’associazione di PVP con NaCl, fissato sulla superficie mediante la tecnica brevettata Urotonic Surface Technology, è prerogativa
del catetere Lofric, mentre il PVP con urea è il componente del rivestimento del catetere Speedicath Conveen formato da un doppio
strato con reticolo ricco di legami idrofili per un migliore ancoraggio.
La lubrificazione del catetere autolubrificante non idrofilico avviene con diversi tipi di gel, contenuti in fiale o in serbatoi appositi
integrati nella confezione, che vengono apposti sulla superficie della sonda al momento del passaggio in uretra. La soluzione fisiologica
sotto forma di gel del Vialog – Rusch Teleflex, ad esempio, si differisce dalla composizione di altri gel presenti nei cateteri Advance e
Advance Plus, InstanCath e IsytantCath Protect – Hollister.
I cateteri monouso autolubrificati pronti all’uso, cioè senza l’aggiunta di acqua o gel, sono detti prelubrificati: gli idrofilici già immersi in
un liquido sterile sono lo Speedicath Conveen (soluzione fisiologica sterile allo 0,9% , con aggiunta di PVP al 6% ), il catetere Actreen
Glys è già lubrificato nella confezione con acqua e glicerina ed il Closed Systems del catetere Rusch è prelubrificato nella sacca
integrata con lubrificante solubile in acqua non allergenico.
Le tecniche di sterilizzazione dei cateteri inseriti in rivestimento di carta e/o plastica sono in prevalenza con ETO (ossido di etilene)
o irradiazione con raggi UV e, in minor misura con autoclave, a vapore e a secco, mentre i cateteri confezionati con alluminio sono
sterilizzati con fascio di elettroni (Speedicath).
Per esigenze di sintesi e derivando la diversa terminologia utilizzata dagli studi, eseguiti anche con tipologia di cateteri ormai fuori
produzione, abbiamo distinto due gruppi di cateteri autolubrificanti per svuotamento temporaneo - Cateteri idrofilici e Cateteri gelificati –
ed un terzo gruppo di cateteri non pre-lubrificati, in PVC (anche denominato in vari reports Nelaton), che sono stati spesso comparati
con i due precedenti.
Nella presente sezione sono stati individuati parametri di outcome soggettivo e di outcome oggettivo. Nel primo ci siamo riferiti alla
soggettività dell’accettazione della pratica del CIC (Cateterismo Intermittente Pulito) in funzione del materiale ed in particolare alla
maneggevolezza, alla facilità d’uso, alla facilità di apprendimento della tecnica, alla soddisfazione, all’efficacia, al dolore, oltre che al
costo della metodica, e confezione.
4
L'1-vinil-2-pirrolidone, oppure N-vinil-pirrolidone, è un monomero di grande interesse applicativo. Il polimero principale derivato da questo monomero è il
polivinilpirrolidone (PVP); inventato dalla compagnia chimica BASF AG negli anni '50, il PVP è stato usato in una varietà di applicazioni, come filler nel plasma
umano, film-former in applicazioni cosmetiche (gel per capelli) o come eccipiente in applicazioni farmaceutiche.
Nell’outcome oggettivo abbiamo considerato la frizione, i traumi, l’ematuria, le infezioni e le stenosi. Tutto ciò in funzione di una
procedura eseguita in modo sterile, pulita o no touch.
Risultati
Il catetere idrofilico nei confronti del PVC non pre-lufrificato risulta migliore (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 ,8, 9, 10, 11) sia per ciò che riguarda
i parametri soggettivi che quelli oggettivi, con livello di evidenza (LE) = 1 e forza di raccomandazione (FR) = A. In particolare i giudizi
relativi a parametri soggettivi nei termini di efficacia, riduzione del dolore e comfort sono da classificare con FR A, mentre nei termini di
maneggevolezza, soddisfazione e facilità d’uso con gradi variabili da B a C (note bibliografiche). I giudizi relativi a parametri oggettivi in
termini di minore trauma, ematuria, riduzione delle infezioni e delle stenosi uretrali, con minore frizione, hanno una FR = A (raramente B
o C).
Il catetere autolubrificante con gel risulta migliore del PVC non prelubrificato (12,13) per quanto riguarda l i parametri soggettivi
(soddisfazione, efficacia e comfort) con LE = 2 e FR = B. I giudizi relativi a parametri oggettivi (infezione e traumi, rispettivamente con
conta dei globuli bianchi e dei globuli rossi adesi al catetere), esiste un LE = 2 con FR = B per gli eventi traumatici. Il PVC non
prelubrificato risulta migliore per numero inferiore di infezioni con LE = 2 e FR = C.
Il catetere idrofilico risulta migliore del catetere autolubrificante con gel (14,15) sia per ciò che riguarda i parametri soggettivi che
quelli oggettivi. La soddisfazione infatti degli utenti del primo è superiore (LE = 2 e FR = B).
Il paragone fra tre cateteri idrofilici di industrie produttrici diverse (Flocath Rusch, Lofric Astra Tech, EasiCath Conveen
Coloplast) (16) non ha mostrato nessuna differenza significativa fra loro nei confronti di parametri soggettivi (LE = 3, FR = C).
Il confronto fra due cateteri idrofilici (SpeediCath Conveen Coloplast v/s Lofric Astra Tech) (17-18) mostrerebbe che il primo
ottiene un migliore giudizio rispetto a parametri soggettivi (facilità d’uso, maneggevolezza e confezione) e oggettivi (ridotti traumi), ma
quando vengono paragonati gli stessi cateteri idrofilici (con lievi differenze: EasiCath Conveen Coloplast v/s Lofric) (19) nell’ambito
della scorrevolezza (frizione), il secondo risulterebbe migliore. Il confronto fra due idrofilici e un autolubrificante con gel
(SpeediCath Conveen Coloplast vs Catetere idrofilico Lofric Astra Tech vs Catetere autolubrificante con gel Incare Hollister)
(20) mostrerebbe che i primi risultano più efficaci in termini di parametri di giudizio soggettivo (soddisfazione) e oggettivo (ridotta
ematuria e infezione). Inoltre il grado di scorrevolezza dello SpeediCath risulterebbe superiore.rispetto all’altro idrofilico.
Commento del gruppo di lavoro: verosimilmente non esistono differenze significative in termini di outcome fra gli idrofilici: incerti e a volte
contraddittori risultano i reports al riguardo.
Il paragone fra due cateteri idrofilici e due non idrofilici (EasiCath Conveen Coloplast e Catetere idrofilico Lofric Astra Tech vs
catetere Aquacat Simpla e Silky) (21) ha mostrato che i primi sono migliori per la scorrevolezza con LE = 2 e FR = C.
Uno studio di LE = 2 e FR = C, non ha dimostrato differenze significative, nell’ambito della prevenzione delle batteriurie, fra l’uso di
catetere monouso sterile e riutilizzo di catetere pulito, in ambito pediatrico.
Una revisione della letteratura internazionale ha evidenziato che, a patto che vi sia un buon addestramento, non esistono differenze
significative fra tecnica sterile e pulita di cateterismo intermittente e materiali usati (LE = 3, FR = C); analogamente, l’addestramento e
l’accettazione della metodica da parte del paziente, può prevenire le complicanze del cateterismo intermittente e l’uso di materiali idonei
minimizzare l’importanza del trauma (LE = 1 e FR = A).
Infine, l’uso di tecnica sterile riduce le infezioni delle vie urinarie rispetto alla tecnica non sterile (LE = 2, FR = B), ma con
maggiore costo della tecnica del 277%. Inoltre un attento controllo della sovradistensione della vescica, può ridurre significativamente gli
episodi di infezioni delle vie urinarie (LE = 2, FR = A).
Conclusione
I cateteri idrofilici sono quelli con grado superiore di livello di prova e di forza della raccomandazione. Fondamentale per i pazienti con
malattie neurologiche sono le caratteristiche del catetere legate alla facilità di uso (inserimento e rimozione), maneggevolezza ed alla
praticità della confezione.
Il corretto addestramento e accettazione della metodica da parte dell’utente risultano, insieme ai materiali, le migliori profilassi per i
traumi uretrali peraltro molto frequenti, ma molto spesso trascurabili. Non esiste un catetere ideale per tutti. Utile la metodica “no touch”.
In conclusione esiste una relazione tra materiali ed outcome? In atto sembra dimostrata soltanto una relazione tra cateteri idrofilici e
ridotto trauma uretrale (livello di prova I e forza di raccomandazione A).
Studi prospettici comparativi e correttamente stratificati (sesso, patologia, età, condizioni anatomiche dell’uretra, livello neurologico,
tecniche usate per il cateterismo intermittente, tipologia del catetere e numero di cateterismi, costi, ecc.) sono auspicabili ed in atto
inesistenti.
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