INFORMAZIONE FILOSOFICA FILOSOFICA Rivista bimestrale a cura di: Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Istituto Lombardo per gli Studi Filosofici e Giuridici Via Monte di Dio 14, 80132 Napoli Viale Monte Nero 68, 20135 Milano Edizione Edinform. Informazione e Cultura Società Cooperativa a r.l. Viale Monte Nero, 68 20135 Milano Reg. n. 634 del 12/10/90 Tribunale di Milano. Sped. abb. post. comma 26 art. 2 legge 549/95 Milano Singola copia: lire 10.000 Copia arretrata: 15.000 Abbonamento a 5 fascicoli: Italia: 45.000, enti 50.000, studenti 35.000; Europa: 55.000, enti 60.000, studenti 45.000; Extra-Europa: 85.000, enti 90.000, studenti 75.000. Redazione, direzione, amministrazione: Edinform. Informazione e Cultura Società Cooperativa a r. l. Viale Monte Nero, 68 20135 Milano tel. (02) 55190714 fax (02) 55015245 ccp 17707209 - intestato a: Cooperativa Edinform Informazione e Cultura s. r. l. 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DIRETTORE EDITORIALE Riccardo Ruschi COMITATO SCIENTIFICO Mario Agrimi Remo Bodei Giuseppe Cantillo Franco Chiereghin Girolamo Cotroneo Jacques D'Hondt Hans Dieter Klein Antonio Gargano Domenico Losurdo Giovanni Mastroianni Aldo Masullo Vittorio Mathieu Adriaan Peperzak Roberto Racinaro Enrico Rambaldi Paul Ricoeur Paolo Rossi Pasquale Salvucci Hans-Jörg Sandkühler Livio Sichirollo Franco Volpi SEGRETERIA DI REDAZIONE Mariangela Giacomini Giovanni Malafarina Diana Soregaroli RELAZIONI ESTERNE Luisa Santonocito CORRISPONDENTI Alessandro Di Chiara Luca Scarantino Riccardo Pozzo Gian Luigi Paltrinieri CONSULENZA GRAFICA E IMPAGINAZIONE Alessandra Dal Ben STAMPA GSC Via Livorno 152, 20099 Sesto San Giovanni COLLABORATORI Giuseppe Cospito Sara Nosari Franco Ratto Tamara Tagliacozzo Graziella Arazzi Giovanni Battista Cudemo Gaspare Polizzi DISTRIBUZIONE Joo Distribuzione Via Argelati 35, 20143 Milano 1 30 EDITORIALE Questo numero si apre con un omaggio a Emmanuel Levinas a un anno dalla sua scomparsa. Numerosi convegni e pubblicazioni a lui dedicati nel corso del 1996 hanno riportato in piena luce il senso profondo dell’eredità di pensiero che ci proviene dalla sua opera e, fortemente connessa ad essa, dalla sua vicenda biografica nel suo intreccio con la tradizione ebraica. “Primato dell’etica” è il monito e insieme il programma di pensiero a cui Levinas dedica tutto il suo sforzo intellettuale e tutta la sua passione morale e civile. Uno sforzo e una passione che si concentrano e si distendono teoreticamente nel definire un ambito di riflessione e lavoro filosofico, che pur non lasciandosi costringere nei limiti della pura teoresi si pone come critica dell’ontologia, ricerca di un rinnovato senso dell’essere, della sua giustificazione oltre la sua garanzia, e in questo trae origine e alimento insostituibile dal costante riferimento alla memoria storica, dalla volontà ostinata di non dimenticare che «il disumano non cessa di ritornare». Raccogliendo questo spunto, lo stesso che ha diretto il lavoro di raccolta dei materiali qui presentati, proponiamo di seguito un brano significativo, tratto da uno scritto di Levinas, “Étique comme philosophie première” (1982; trad. it. di F. Ciaramelli, Etica come filosofia prima, in Etica come filosofia prima, Guerini e Associati, Milano 1989, p. 58 sg.) può pure confessarsi io detestabile. L’io è la crisi stessa dell’essere dell’essente nell’umano. Crisi dell’essere, non perché il senso di questo verbo debba ancora venir compreso nel suo segreto semantico e faccia appello all’ontologia, ma poiché proprio io già mi chiedo se il mio essere è giustificato, se il Da del mio Dasein non è già l’usurpazione del posto di qualcun altro. Domanda che non aspetta una risposta teorica, domanda che non è una richiesta d’informazioni. Domanda che fa appello alla responsabilità, la quale non è un ripiego pratico che dovrebbe addolcire lo scacco del sapere incapace di eguagliare l’essere. Responsabilità che non è l’essere sprovvisti del sapere della comprensione e della presa (prise), ma l’eccellenza della prossimità etica nella sua socialità, nel suo amore senza concupiscenza. L’umano è il ritorno all’interiorità della coscienza non-intenzionale, alla «cattiva coscienza», alla sua possibilità di temere l’ingiustizia più della morte, di preferire l’ingiustizia subita all’ingiustizia commessa e ciò che giustifica l’essere a ciò che lo garantisce. Essere o non essere - è proprio questo il problema? È questa la prima e l’ultima questione? L’essere umano consiste davvero nello sforzarsi d’essere e la comprensione del senso dell’essere - la semantica del verbo essere - è davvero la prima filosofia che s’impone a una coscienza, la quale sarebbe fin dall’inizio sapere e rappresentazione, e manterrebbe la propria baldanza nell’essereper-la-morte, si affermerebbe come lucidità di un pensiero che pensa sino alla fine, sino alla morte e persino nella sua finitudine - già o ancora buona e sana coscienza che non s’interroga sul suo diritto d’essere - sarebbe o angosciata o eroica nella precarietà della sua finitudine? Forse che, invece, la prima questione non è sollevata dalla cattiva coscienza? La cattiva coscienza - instabilità diversa da quella con cui mi minacciano la mia morte e la mia sofferenza - pone la questione del mio diritto all’essere che è già la mia responsabilità per la morte di altri, interrompendo la spontaneità, senza circospezione, della mia ingenua perseveranza. Il diritto all’essere e la legittimità di tale diritto non si riferiscono in fin dei conti all’astrattezza delle regole universali della Legge, ma in ultima analisi, alla stregua di questa stessa legge e della giustizia, al per l’altro della mia non-indifferenza alla morte alla quale-oltre la mia fine - s’espone nella sua stessa dirittura il volto altrui. Che mi guardi (regarde) o meno, esso mi riguarda (regarde). Questione in cui l’essere e la vita si destano all’umano. Questione del senso dell’essere - non l’ontologia della comprensione di questo verbo straordinario, ma l’etica della sua giustizia. Questione per eccellenza o la questione della filosofia. Non già: perché l’essere anziché nulla, ma in che modo l’essere si giustifica. L’umano dietro la perseveranza nell’essere! Così, dietro l’affermazione dell’essere che analiticamente, o animalmente, persiste nel suo essere e in cui il vigore ideale dell’identità che s’identifica e s’afferma e si consolida nella vita degl’individui umani e nella loro lotta vitale cosciente o inconscia o razionale - per l’esistenza, dietro tutto ciò la meraviglia dell’io rivendicato dal volto del prossimo - o la meraviglia dell’io che si sbarazza di sé e teme per l’altro - funge quasi da sospensione - da epoché - dell’eterno e irreversibile ritorno a sé dell’identico e dell’intangibilità del suo privilegio logico e ontologico. Sospensione della sua priorità ideale, negatrice di ogni alterità mediante l’assassinio o mediante il pensiero che incorpora a sé e totalizza. Sospensione della guerra e della politica che si spacciano per relazione del Medesimo all’Altro. Nella deposizione da parte dell’io della sua sovranità di io, nella sua modalità di io detestabile, significa l’etica e forse anche la spiritualità stessa dell’anima, ma certamente la questione del senso dell’essere, cioè il suo appello alla giustificazione. L’etica - come filosofia prima - significa attraverso l’ambiguità dell’identico che si dice io all’apice della sua identità incondizionata e anche logicamente indiscernibile, autonomia superiore a qualunque criterio; ma che proprio ora, all’apice della sua incondizionata identità, 2 SOMMARIO 5 PROFILO 47 Il caso Lyssenko 5 Attualità di Levinas 47 Filosofia araba 50 Attraverso l’opera di Wittgenstein 17 SCHEDA 51 L’unità del pensiero di Schleiermacher 17 Hegel e Dilthey a Bochum 52 NOTIZIARIO 21 AUTORI E IDEE 21 Ricoeur: etica del Sé e dell’Altro 55 CONVEGNI E SEMINARI 22 Su Hannah Arendt 55 Sulla condizione contemporanea 23 Riflessioni filosofiche in onore di Pala 56 La conoscenza delle religioni 23 Le origini della teologia dialettica di Barth 56 L’argomento del sogno negli scettici 24 Possibilità della metafisica 56 Etica e ambiente 25 Logica, estetica, antropologia filosofica 57 Hegel e l’estetica 26 Saggi di filosofia morale 57 Pensare Dio tra teologia e filosofia 27 Dialogo sulla morale tra Oriente e Occidente 58 Fenomenologia della vita 28 Filosofia e scrittura: le pratiche e i saperi 59 Etica e medicina 29 Rappresentanza, giustizia, potere 59 La “storia nascosta”: tra mito e realtà 30 La questione dell’essere in Heidegger 61 ‘Verità e metodo 2’ 62 Cristianesimo e redenzione 31 TENDENZE E DIBATTITI 63 Dio nella teologia del Novecento 31 Identità della filosofia tedesca 63 Storia filosofica del razzismo 31 Attualità di Croce 64 Sull’intelletto 32 Storia e attualità della medicina 65 Il pensiero politico nel Seicento 34 Filosofia della liberazione 66 Memoria, oblio, perdono 35 Riflessioni sulla modernità 68 Dai presocratici a Platone 35 Controversie sulla ragione 69 La scuola hegeliana 36 Wittgenstein in Francia 69 Sulla questione del metodo 37 Materia signata e materia segnica 70 CALENDARIO 39 PROSPETTIVE DI RICERCA 39 Kierkegaard negli Stati Uniti 74 DIDATTICA 40 Alle origini del pensiero di Herder 75 Dizionario di filosofia 40 Passato e futuro della psicoanalisi 76 STUDIO 41 Elogio della filosofia francese 76 Leggere la “Critica della ragion pura” 41 Nuove edizioni di Josef König 76 La linguistica del Novecento 42 Etica e tradizione ebraica in Spinoza 77 Differenti significati del positivismo 42 Sulla pittura e lo spettacolo 43 L’opera filosofica di Alan Donagan 78 RASSEGNA DELLE RIVISTE 44 Ontologia, etica e politica in Jankélévitch 45 Il pensiero nomade di Deleuze 85 NOVITÀ IN LIBRERIA 46 Benjamin da giovane 3 PROFILO Emmanuel Levinas 4 PROFILO Organizzata dal Centro Studi filosofico-religiosi “Luigi Pareyson”, il 10 giugno 1996 si è tenuta a Torino una giornata di studi dedicataa“L’ereditàdiEmmanuel Levinas”, ad un anno dalla scomparsa del filosofo, avvenuta il 25 dicembre 1995. Il convegno ha avuto il merito di cogliere, riconoscere e arricchire le verità della filosofia levinasiana, sollecitandole, animandole e aprendole al nuovo, attraverso corrispondenze ed echi che hanno portato in primo piano un orizzonte ancora coinvolto nella crisi della metafisica. Se, in questo orizzonte, la filosofia di Emmanuel Levinas ha saputo testimoniare la possibilità di attribuire ancora un carattere di assolutezza all’etica, il convegno torinese ha inteso sviluppare questa possibilità nelle sue svariate valenze. Nel suo intervento Fabio Ciaramelli ha “misurato” la relazione etica sulla radicale temporalità dell’essere. In Levinas il tempo trova il suo senso non in un nostalgico movimento a ritroso verso un’eternità immobile di un passato ormai dimenticato, ma nel dispiegarsi stesso della vita, di una vita protesa al cambiamento e alla novità. In questo tempo, che identifica e caratterizza la concretezza della situazione umana, si manifesta e si attua la relazione del soggetto con l’altro. In questo tempo, che muove l’esistenza attraverso l’attesa e il desiderio, l’alterità dell’altro, il suo apparire e il desiderio di coglierla confermano la direzione, nonché il carattere (irrecuperabile) del tempo e dell’esistenza medesimi. Ma chi è l’altro? A questa domanda ha risposto Pier Aldo Rovatti, sottolineando come la dimensione fenomenologica del pensiero di Levinas comprenda, fors’anche esiga, un momento pratico, che identifica la prospettiva etica levinasiana: nell’incontro con l’altro occorre abbandonare il chiuso meccanismo identificatorio, trattenendo gli affanni (e la violenza) di una assimilazione senza, per altro, soddisfazione. La scoperta dell’altro, non traducibile né consumabile in un atto del conoscere, ha osservato Rovatti, richiede una grande fatica etica, poiché esige la sospensione di sé a vantaggio dell’alterità: nella relazione col volto altrui si realizza un legame che custodisce l’assolutezza di coloro che si incontrano. Pertanto, se la necessità di porre e di garantire una relazione che non comporti il sacrificio dei termini definisce Attualità di Levinas: i convegni di Torino, Parigi, Genova la “separazione etica”, sarà ancora la necessità di mantenere la separazione nel legame a esprimere la modalità autentica di ogni relazione. Su questa tematica è intervenuto anche Adriano Fabris con alcune annotazioni sul linguaggio come luogo in cui il legame e la totalità creati dalla parola, lontani dal dettare una supremazia, non annullano il senso profondo delle differenze. Della presenza di questo senso di separatezza nel pensiero di Levinas Fabris ha dato ulteriore testimonianza, soffermandosi sulla vicenda ebraica: qui, come in ogni altra comune esperienza etica, si racchiude la sfida di un messaggio, come quello levinasiano, che vuol valere universalmente, senza dissolvere le specificità e le particolarità. Richiamando l’interesse sulla significazione della trascendenza, Ferdinando Marcolungo si è soffermato sulla possibilità, Attualità di Levinas intervengono Fabio Ciaramelli, Adriano Fabris, Giovanni Ferretti, Sergio Moravia, Bruno Moroncini a cura di Riccardo Ruschi implicita nell’etica Levinasiana, di poter in qualche modo individuare il prodursi e il darsi della trascendenza. Questa mediazione fenomenologica compiuta dall’etica intende mostrare come la trascendenza sia fonte di intelligibilità e non porsi come l’atto di un soggetto che risponde ad un dover essere. L’etica infatti, ha spiegato Silvano Petrosino nel suo intervento, non riguarda il dover essere ma l’essere; un essere che, per riconoscersi libero e per liberare l’etica stessa da ogni mistificante forma di ipostatizzazione, deve testimoniare della sua unicità, cosicché, la precarietà assoluta dei suoi atti e la sua meravigliosa eccedenza, espressione della soggettività in quanto unicità, divengono l’orizzonte dell’accadere etico. L’uomo, al contempo solo e con l’altro, è chiamato a cercare un senso e un contenuto al proprio vivere e agire; qui si rivela l’essenza destinale dell’uomo in quanto soggetto singolo e insieme soggetto che vive con gli altri. 5 Questa storia giustificatoria, che Sergio Moravia ha sciolto nel suo intervento dalle maglie levinasiane, è la stessa che Levinas intende attribuire all’essere; l’essere infatti non si propone in un’evidenza che non soffre e che non sente, ma come realtà spirituale che sente il bisogno di impegnarsi in un compito. L’uomo dunque, così come l’essere, si realizza in maniera etica poiché, sentendo propria la vocazione a interrogarsi e a mettersi alla prova, cerca di giustificarsi. Quella di Levinas è dunque una filosofia che recupera tutta la ricchezza della vita, fondando l’etica sull’alterità dell’altro, del singolo altro. È infatti il volto dell’altro a interpellare il soggetto, a farlo sentire fin dall’inizio responsabile, cioè scelto dal bene, prima che abbia la possibilità di sceglierlo. Per il primato dell’etica, ogni singolo soggetto si trova già nella condizione di avvertire la responsabilità per l’altro. Non bisogna però interpretare tale richiesta di responsabilità con l’imperativo di una mentalità sacrificale. La scelta sarà libera: impossibile imporre l’altro, il bene o la trascendenza. In questo, ha sottolineato Giovanni Ferretti, l’opera di Levinas vuole essere un invito, accogliendo e traducendo quella verità soltanto accennata. La risalita verso l’orizzonte etico è infatti difficile e rischiosa, poiché l’orizzonte etico e le sue verità si offrono unicamente come traccia ed enigma, mai come fenomeno o come principio. S.N. Il 7 e l’8 dicembre 1996, presso l’Università di Parigi I “La Sorbonne”, il Collège International de Philosophie di Parigi, in collaborazione con Danielle CohenLevinas, ha promosso due giornate di studio sul tema: “Emmanuel Levinas: Visage et Sinaï” (Emmanuel Levinas: volto e Sinaï). Il convegno ha voluto essere un omaggio all’opera di Emmanuel Levinas, ponendo al centro del dibattito il tema della responsabilità e dell’etica come filosofia prima. A partire da opere come Totalità e infinito (1961) e Altrimenti che essere o al di là dell’essenza (1974), l’etica levinasiana pone come concetto decisivo l’Altro, iscritto sul “volto” dell’altro come luogo di “insonnia”, come esperienza concreta che destina e ossessiona, che elimina le razionalità e le certezze classiche e mantiene viva un’inquietudine fondamentale. L’etica, che fonda “l’umanesimo dell’altro uomo” come alternativa alla metafisica, si ricollega in Levinas alla “escatologia profetica della Bibbia” e costituisce la posta di una doppia e simultanea fedeltà ai Greci e agli Ebrei. Se Levinas, infatti, respinge l’etichetta di “pensatore ebreo” o di “pen- PROFILO satore” religioso, lo studio del Talmud ha avuto sicuramente un ruolo in questo suo spostamento del discorso filosofico verso un’alterità assoluta, con il prevalere dell’etica sull’ontologia. Aprendo la serie degli interventi, Jacques Derrida, che in questi ultimi due anni sta sviluppando una riflessione sui concetti di ospitalità/ostilità proprio in riferimento alla filosofia levinasiana, ha delineato la concezione etico-politica di Levinas in alcune lezioni talmudiche (Nouvelles lectures talmudiques, Ed. de Minuit, Parigi 1996), parlando di Sinaï come metonimia dell’ospitalità, come luogo offerto al popolo eletto per essere accolto e per accogliere i Comandamenti e il patto con Dio. Sinaï anche, però, come frontiera tra la guerra e la pace, tra Israele e le altre nazioni; come luogo di fraternità, umanità e ospitalità offerto allo straniero, che appare come il “terzo”, l’“illeità” che si inserisce nel patto privilegiato tra il popolo d’Israele e Dio, ed esige dal primo la responsabilità per sé come altro, ponendo la questione della giustizia. Il popolo eletto «non abita a casa sua», ma è ospitato e per questo deve ospitare, essendo a sua volta ospite. Come trascendenza e “volto” che viene accolto da Israele e accoglie nella Terra promessa e nella Torah, Dio è il punto di partenza di una “pace eterna”, originaria, che si rivela come promessa equivoca, “minacciata e minacciante”, che contiene in sé la guerra come determinazione negativa immanente, come traccia testimoniale della sua originarietà. In Levinas, dunque, ha sottolineato Derrida, il punto di partenza è la pace, è l’accoglimento del “volto” e della Legge, dello straniero e dell’alterità, è ospitalità dell’Altro come fondamento dell’etica: una “pace senza processo”, in cui l’immanenza della negatività della guerra costituisce la “traccia” della promessa messianico-escatologica che dice che «lo stato di pace deve essere istituito». Per Levinas, ha fatto notare Derrida, il sionismo ha il compito di istituire lo Stato di David in quanto stato di pace, perseguendo un principio che è al di là di un pensiero puramente politico (inadeguato) e che “inventa la politica” partendo dall’etica e dalla Legge. Lo Stato d’Israele deve “vigilare”, nella promessa minacciata e minacciante della pace; deve essere fautore di un diritto cosmopolitico e proteggere la Torah, che esige quella “Gerusalemme terrestre” che è il luogo immanente della pace promessa e compiuta, di un’umanità della Torah, figura (secondo Derrida) femminile di ospitalità e dimora, in cui ci può essere una giustizia integrale. In Politique après!, ha proseguito Derrida, Levinas pone la situazione reale dello Stato d’Israele in una visione della storia escatologica, fatta di interruzioni, in cui lo Stato deve avere un ruolo di responsabilità assoluta ed essere dunque “ostaggio/ospite” di colui che deve accogliere e ospitare (per es. il popolo palestinese). La città messianica dove ci sarà la pace, ha ribadito Derrida, non è al di là della politica, ma entra nella politica come elemento trascendente che apre lo spazio politico stesso. Tra i due ordini c’è uno iatus, una discontinuità, un salto messianico a partire dal quale soltanto può essere assunta una responsabilità per il “terzo”. La pace supera il concetto del puramente politico: occorre allora inventare un nuovo concetto, in cui si rappresenti la capacità di accoglimento e la responsabilità assoluta; occorre cioè reinscrivere nello Stato ciò che è proprio dello Stato messianico. Nel Sinaï, secondo Levinas, è incorporato un messianesimo strutturale, e nella rivelazione del Sinaï si significa il “volto” come inquietante “interruzione” messianica e non inizio, che appare senza apparire e dà la Legge e il Comandamento di non uccidere, da cui ha origine la pace. Intervenendo su Dire et dédire (Dire e disdire), Paul Ricoeur ha posto il problema del rapporto tra un “Detto”, proprio dell’ontologia e dell’essere, e un “Dire”, proprio dell’etica della responsabilità, come interiorità e attività dei sensi, come sostituzione e relazione linguistica nella responsabilità per l’altro, da cui può derivare un “Detto altrimenti”, che si riferisce ad un “altrimenti che essere”. La linguistica dell’ontologia, fondata sulla semantica dell’enunciato e sulla pragmatica dell’enunciazione, ha portato, secondo Ricoeur, ad una nominalizzazione di tutte le forme del linguaggio e ad una “riduzione all’identico”, che ha prodotto una predominanza dell’identità sulla differenza. Levinas cerca invece un’unità correlativa tra Dire e Detto, per poter arrivare ad un “Detto altrimenti” dell’etica. Nella fase preoriginaria, l’Arché del Dire è qualcosa di diacronico, è un’“alterità” che si perde nell’identità della predicazione (nel Detto) come sincronizzazione “cattiva”, ma può essere recuperata nella memoria, nella storia, nel racconto quali operazioni che sincronizzano questa diacronia attraverso “il presente della presenza” che è prossimità dell’Altro. Il pre-originario e pre-memorabile è diacronia refrattaria a ogni sincronizzazione, è tempo come dissociazione; ma è insieme «tempo sincronizzabile della memoria e della storia», «memoria del rappresentabile» (la presenza di Autrui), e può darsi in una sorta di contemporaneità in cui c’è un recupero della “differenza” nella prossimità. Secondo Ricoeur, in Levinas vi è un passaggio dalla nominalizzazione del Dire all’attività del Detto, una riduzione del Detto al Dire che serve per l’interruzione, in cui si ha sostituzione (nella responsabilità per il prossimo) e ritorno del mondo nel Dire, che in quanto “Dire altrimenti” è “significazione del Detto”. Nel “volto” come individuo, nell’individuo che si dice, ha rilevato Ricoeur, si pone per Levinas il problema del rapporto tra la soggettività e la trascendenza: il Dire della soggettività, nella proposizione indirizzata al prossimo come terzo che pone la que6 stione della giustizia, è un “Dire senza Detto”, una demitizzazione del Detto in cui non si riconosce l’essere, ma la presenza del prossimo. Il Dire della responsabilità che reclama giustizia diventa la “significazione del Detto”; l’entrata del “terzo” che pone la questione della giustizia porta alla separazione tra ideologia e verità e al Detto come “Detto altrimenti”. Si produce così una sincronizzazione altra rispetto alla sincronizzazione della predicazione ordinaria, punto di partenza per il discorso sul prossimo e la prossimità, in cui ha luogo la sostituzione e l’iperbole della “passività” nei confronti d’Autrui. Con una relazione dal titolo: “Quand le dire revient de l’exil” (Quando il Dire ritorna dall’esilio), in cui è emersa l’affinità tra la struttura della lingua ebraica e il pensiero di Levinas, Silvana Rabinovich ha affrontato il tema del Dire come linguaggio dell’etica di una soggettività in esilio, separata, per cui «il Dire si deve disdire». Il Dire è linguaggio senza nome né proposizione, interiorità diacronica, successione indefinita del presente, non indifferenza ad Altri suscettibile di significazione, in cui la prossimità al “volto” istituisce il rapporto tra il Dire e il Detto. L’esilio come Golà si rivolge all’esterno, da cui viene la Rivelazione come appello a partire dall’esteriorità e dall’esilio (Galuth) d’Autrui; e proprio in questo incontro l’esilio della Golà - indicato nella Cabbala dalla lettera alef, che significa l’infinito, ciò che non può essere detto e si rivela nella prossimità del Dire viene trasformato dall’infinito (l’alef) che ha in sé in Redenzione. Intervenendo su “Ce qui est du monde futur” (Ciò che è proprio del mondo futuro), Pierre Bourez ha posto la questione del rapporto in Levinas tra l’etica come responsabilità e la redenzione messianica. Il Messia, portatore dell’era della giustizia in cui «i saggi potranno dedicarsi allo studio della Torah», arriverà quando lo si aiuterà a venire (con l’impegno etico e il ritorno a Dio); la sua venuta, che è imprevedibile (è irruzione), non eliminerà il “povero” e l’ingiustizia sociale, per cui si continuerà a porre il problema della responsabilità per l’altro uomo. Nel corso di una storia messianica che ha visto Auschwitz e l’annientamento del popolo d’Israele, bisogna, secondo Levinas, reinterrogare «l’impotenza di Dio»; e di fronte ad un Dio “fragile, impedito”, “addolorato e in esilio”, alla sua “contrazione” nella Creazione, bisogna opporre la questione della responsabilità radicale dell’uomo all’interno di un impegno reciproco tra l’uomo e Dio. Proprio in questo impegno, ha osservato Bourez, si istituisce per Levinas un equilibrio tra Legge e Redenzione. Nella sua relazione dal titolo: “Levinas, Heidegger et la politique” Levinas, Heidegger e la politica), Giorgio Agamben ha parlato di un’assunzione, nel Levinas che si confronta con Heidegger in De l’evasion (1935), dell’essere dell’uomo come pura PROFILO vita biologica (vita nuda), come eredità biologica, il cui compito storico consisterebbe nell’aprire uno spazio politico in cui la politica sia esposizione della consapevolezza dell’assenza di un ergon dell’uomo. Invece Stéphàne Mosés, intervenendo con la relazione “Au delà de la guerre: Rosenzweig e Levinas” (Al di là della guerra: Rosenzweig e Levinas), vede in entrambi questi autori una meditazione sulla guerra e una conseguente critica della nozione di totalità, che nel primo porta ad una dissidenza del Me rispetto a ogni struttura di totalità (Stato, società, collettività), mentre nel secondo conduce ad un ripensamento approfondito dell’idea di totalità e all’uscita da essa nella nozione di rivelazione dell’esteriorità del volto d’Autrui come traccia che appartiene al dominio dell’infinito. T.T. Con il titolo significativo “Per un’etica della memoria”, il 12 gennaio 1997, nella sede di Palazzo Ducale, il Comune di Genova, in collaborazione con il centro culturale “Primo Levi”, l’Università di Roma “La Sapienza” e l’Università di Genova, ha dedicato a Emmanuel Levinas una giornata di studi, presieduta da Flavio Baroncelli. «Memoria, nel caso di Levinas» - ha commentato Paolo Vinci, introducendo i lavori - «non significa tanto conservare il passato, quanto rompere la definitività di ciò che è avvenuto». Se la Bibbia, Puskin e Tolstoi rappresentano le letture cardine, gli studi condotti nelle Università di Strasburgo e di Friburgo nel biennio 1928-29 e l’analisi della fenomenologia di Husserl, ha precisato Vinci, costituiscono le esperienze di partenza. Dal 1957 in poi, le letture talmudiche segnano invece un percorso, in cui l’intera storia della filosofia viene riletta attraverso l’ebraismo. Ponendo l’accento sul tema dell’Alterità, sul nodo dell’autrui e sul carattere dirompente dell’incontro con l’altro uomo, Vinci ha rilevato come secondo Levinas l’aggiramento dell’Alterità sia compito abituale dell’uomo adulto, impegnato nella costruzione autoconservativa della propria identità. In questo orizzonte, l’Altro cessa di essere tale e viene sempre sottoposto ad un rigido processo di identificazione. Nella topografia dell’identità, simile per Levinas al “sistema di cicatrici” di cui parla Adorno, risulta prioritario il ruolo del linguaggio, che consente il passaggio dall’immediatezza alla mediazione e nel dizionario dei nomi permette la neutralizzazione del soggetto e il controllo dell’Altro. Tuttavia, ha dimostrato Vinci, per Levinas il linguaggio può riscattarsi nella dimensione della responsabilità, secondo la specifica accezione in cui il dire o la carezza (linguaggio della prossimità) vengono prima del detto. Nel saggio dedicato a Paul Celan, in Nomi propri (1975), Levinas paragona la poesia ad una stretta di mano e, precedentemente, in Totalità e Infinito. Saggio sull’esteriorità (1971), mostra come, nella traccia della carezza, il soggetto che va verso l’altro uomo si ricongiunga con se stesso, affrancandosi dal peso dell’identità. Nel verso e nella carezza, il massimo di vicinanza all’Altro, si delinea anche il massimo di trascendenza e di distanza, oltre la logica dell’identificazione. Proprio su “Etica come filosofia prima: la sfida di Levinas alla tradizione filosofica” si è sviluppato l’intervento di Francesco Paolo Ciglia, che ha tuttavia ricordato come l’esordio del pensiero di Levinas negli anni Trenta non abbia preso le mosse dall’etica. A partire da En découvrant l’existence avec Husserl et Heidegger (Scoprendo l’esistenza con Husserl e Heidegger, 1949) sino a Totalità e Infinito. Saggio sull’esteriorità, si sviluppa un percorso dal senso al nonsenso, dalla quiete rassicurante dell’ontologia all’inquietudine di una dimensione preteoretica, colta nella tonalità del disumano e dell’orrore. Per Levinas, ha osservato Ciglia, il progetto da compiere è uscire dall’Essere e andare oltre i confini della soggettività, paradossalmente filtrata attraverso una serie di figure traumatiche, anti-etiche per eccellenza, come l’Alterità senza volto della Morte, l’Eros o l’impossibilità di fusione tra soggetti e il dissidio della paternità. Dopo aver sferzato il solipsismo nei suoi tratti costituitivi, ciò che per Levinas resta da realizzare è la costruzione di una nuova etica, in cui la disuguaglianza tra persone conduca alla responsabilità verso chi si trova in condizioni di indigenza o di disparità. La relazione di Benedetto Carucci sul tema: “Le radici ebraiche dell’alterità” ha messo in evidenza come il tentativo di conciliare l’ebraismo, presunta religione dell’unità, con il pensiero dell’Alterità di Levinas rappresenti una falsa questione. Se infatti si rilegge con attenzione tutta la tradizione della cultura ebraica, non si può non rilevare la costante presenza di relazioni duali, in cui i termini risultano irriducibili a ogni tentata sintesi o mediazione. Dalle letture talmudiche di Levinas, appare chiaro come la dimensione della scissione e dell’alterità sia presente pure nella struttura fisica del tribunale ebraico, in cui un giudice deve essere posto sempre di fronte ad un altro giudice, nell’esercizio costante dello sguardo. Nella mistica ebraica, il mondo è “altro” rispetto a Dio, che si ritrae per consentire l’esistenza dell’universo. Tra uomo e Dio non c’è mai inglobamento o sovrapposizione, ma costante risulta la tensione di uno spazio vuoto tra i due termini, come Levinas tematizza in Totalità e Infinito. In questo contesto, la massima punizione per il soggetto consiste nell’essere riassunto e ridotto a Dio. A confermare la presenza della dualità, ha proseguito Carucci, la continua successione di discussioni nel Talmud è scandita dall’impossibilità della mediazione. Sulla medesima lunghezza d’onda, Levinas riformula la tradizione rabbinica, proponendo una dialettica nonhegeliana, in cui vive il contrasto tra due 7 punti di vista, al di fuori di ogni fusione. Sui nessi tra la tradizione ebraica e il pensiero di Levinas è intervenuto Franco Camera con la relazione “L’interpretazione infinita: Levinas lettore del Talmud”, che ha posto in primo piano il progetto levinasiano di tradurre il particolarismo ebraico nel linguaggio universale di una filosofia che si serve di concetti. Considerando il Talmud come la fonte di cui tutte le filosofie si nutrono, Levinas risale dalle questioni rituali alla domanda filosofica fondamentale sul significato ultimo dell’uomo nel mondo. In Quatres lectures talmudiques (Quattro letture talmudiche, 1968) e in Du sacré au saint. Cinques nouvelles lectures talmudiques (Dal sacro al santo. Cinque nuove letture talmudiche, 1977), sviluppando un terzo livello di interpretazione della Bibbia, che segue l’esegesi Michna e l’interpretazione rabbinica, Levinas sostiene che se il testo talmudico è un continuo combattimento intellettuale in cui i soggetti sono ascoltati non per quello che dicono ma per quello che fanno, anche l’interpretazione del testo deve possedere i caratteri di libertà, invenzione e audacia, evitando le decodificazioni univoche e collocandosi in quel processo di traduzione infinita che indica la trasmissione della parola di Dio. In quest’ottica, il Talmud diviene una sorta di Lebenswelt (mondo della vita), universo di natura pre-filosofica, gamma di materiali dell’esperienza, su cui si innesta la riflessione rigorosa. A questa serie di relazioni hanno fatto seguito alcune proposte interpretative sul tema: “Filosofia della Morte come Filosofia della Vita”. Partendo da un’ampia ricognizione delle lezioni tenute da Levinas alla Sorbona negli anni 1975-76, Raffaella Di Castro ha dimostrato come per Levinas la morte superi la logica binaria e consenta una realizzazione del principio del terzo escluso, in un processo in cui la vita continua nella morte e la morte è presente nella vita. Di fronte a uomini ridotti a maschere mortuarie e somiglianti ad animali impagliati, compito dell’etica come filosofia prima è conservare alla morte il suo mistero, la sua energia dirompente, contro ogni schema di assimilazione e di neutralizzazione del dolore. “Pensare la morte a partire dal tempo: Levinas e Heidegger” è stato il percorso proposto da Paolo Vinci. Dal Fedone di Platone, prima grande trattazione del tema della morte, al pensiero contemporaneo la filosofia, secondo Levinas, ha tentato di esorcizzare l’angoscia di fronte al non-senso della morte con uno “stoicismo sublimante”. Procedendo oltre questa prospettiva, Levinas intende superare anche quella dimensione che per Heidegger caratterizza l’Essere-per-la morte di ogni soggetto. Non dalla propria morte occorre partire, ma dalla morte d’Altri, che ci lascia senza risposta e che ci pone di fronte ad una nonesperienza più profonda di qualsiasi esperire, comunicandoci il linguaggio della re- PROFILO sponsabilità. L’unicità e l’insostituibilità to fin dagli anni Sessanta, Emmanuel Le- cui egli intendeva mostrare l’infondatezza dell’Essere-per-la morte heideggeriano rap- vinas affida dunque la propria ultima ri- - l’impossibilità di essere prima - e la presentano, secondo Levinas, una cattiva flessione. Già altre volte, parallelamente sterilità - l’incapacità di generare l’etica, unicità, meccanismo che isola, tentando di alla pubblicazioni di opere maggiori, Levi- ovvero l’autentica relazione con l’Altro nel esercitare «un potere su ciò che toglie ogni nas aveva dato forma scritta (Quatres lec- rispetto del suo mistero e della sua distanpotere». La morte di Altri, ha osservato Vinci, tures talmudiques, 1968; Du Sacré au sa- za. Di fatto, la riflessione di Levinas è sollecitando la nostra responsabilità, sostituisce int, 1977; L’au-delà du verset, 1982; À venuta snodandosi attraverso una doppia all’etica dello scambio biunivoco, che si fonda l’heure des nations, 1988) alle periodiche origine: la razionalità occidentale, la filosul dialogo, sul riconoscimento e sull’amore, la conferenze tenute presso il Collegio degli sofia, da una parte, e, dall’altra, la saggezza visione della non-reciprocità, in cui l’Altro è intellettuali ebrei di Francia, di cui certa- ebraica, che nel Talmud, testo profetico per “un fuori” e la tonalità dell’angoscia, ultimo mente era stato uno degli animatori più eccellenza, trova l’inesauribile materia di conatus essendi, si tramuta nell’accettazione di vivaci. Alla necessità, particolarmente av- una perenne messa in discussione dell’egochi non può più parlare con noi. Criticando la vertita, di ricostruire, dopo la tragedia della logia in nome del carattere creaturale delconcezione del continuum temporale di Hei- Shoà, uno spirito e una cultura ebraiche, di l’umano. Proprio questo incontro tra Gredegger, Levinas propone la diacrocia e Gerusalemme, tra razionia, la discontinuità di una relazionalità occidentale e religiosità, ne con ciò che “non è ancora”, in un Levinas ha voluto mettere in esplicito richiamo alle posizioni di scena in queste sue ultime lettuErnst Bloch. re talmudiche. Dopo la relazione del rabbino In esse viene innanzitutto posta Amos Luzzatto, “La morte nella questione del rapporto tra la tradizione ebraica”, il convegiudizio divino e giudizio umagno si è concluso con una tavola no o, in altri termini, tra trarotonda su “Etica e responsabiliscendenza e immanenza. Qui, tà nella società contemporanea”. l’immanenza - l’ottimismo delAntonio Balletto, Flavio Baronla ragione, cifra della filosofia celli, Franco Becchino e Giusepoccidentale ma anche del senso pe Momigliano, oltre ad Adriacomune - viene radicalmente no Sansa (sindaco di Genova), ridimensionata dall’Etica, che hanno discusso sulla distinzione non è una regione dell’ontolotra etica laica ed etica dell’obbegia, ma il disinteresse di sé che dienza. Dopo secoli di contrapnasce solo dal traumatismo del posizioni, nell’epoca del postrapporto con l’Altro; d’altra moderno, l’etica laica corre il parte, l’alterità della trascenrischio di convertirsi in una sorta denza non è intesa nel senso di di etica della sottomissione, trauna divinità soprannaturale e ducendo il principio di responsaonnipotente, ma come profetibilità nella voce rassicurante delle smo (altrove tradotto con creanorme. Per questo, occorre rituralità), voce che richiama alla partire da Levinas, che ha semresponsabilità assoluta verso pre combattuto qualsiasi morale l’Altro. Nel profetismo si racdell’obbedienza in favore di una colgono i due termini del rappor“responsabilità terribile”, in cui to - extra razionale ed extra filol’impegno del singolo per altri fa sofico - con la trascendenza: l’alpaura e promette poche sodditerità dell’altro uomo - lo “strasfazioni. Contro le morali utilitaniero”, a cui devo tutto - e la ristiche e i sistemi di negoziaziotradizione straniera del Talmud. ne dell’agire (da Habermas a Nell’incontro tra Grecia e GeRawls), il pensiero di Levinas rusalemme, tuttavia, emerge lancia una provocazione alla soanche la questione della dimencietà contemporanea: riproblesione del politico, spesso oscumatizzare l’etica, evitando di rata nelle opere maggiori dalMarc Chagall, I cancelli del cimitero (part.,1917) estinguere il conflitto e la soffel’accento sull’asimmetria della renza. G.A. relazione con l’Altro. Il riequiriannodare il filo di una tradizione straziata librio dell’asimmetria nel rapporto sociale dall’olocausto, Levinas univa infatti la con- è affidato da Levinas al commento del Pubblicate poco vinzione che, in particolare dopo il trauma dialogo, narrato nel Talmud, tra AlessanAttualità dopo la morte, di Auschwitz, la tragedia del popolo ebrai- dro il Macedone, allievo di Aristotele e di Levinas: una serie di tre co dovesse assurgere a metafora dell’intera personificazione dello Stato, e i savi ebrei: le pubblicazioni un testo in cui riappare nella sua radicalità Nouvelles lectu- condizione umana. res talmudiques Nonostante il carattere in qualche modo l’argomentazione levinasiana contro la ti(Nuove letture esoterico di questi testi, che ne ha per un rannia di ogni dimensione sincronica - lo talmudiche, Ed. certo tempo limitato la diffusione, proprio stato, la storia come potere anonimo, - e in de Minuit, Parigi dal rapporto costante, anche se discreto e favore della democrazia come il minore dei 1996) raccolgo- improntato al massimo pudore, con la tra- mali a fronte dell’an-archia - assenza di no scritti risalen- dizione ebraica, Levinas trae continua ispi- principio e di fondamento di un soggetto ti, il primo, al razione, facendone la fonte e, diremmo, il che è sempre in ritardo su se stesso, perché 1974, gli altri due alla fine degli anni Ottanta. punto di vista a partire dal quale mettere fondato dal rapporto con l’Altro - di cui la Al commentario al testo talmudico, genere alle strette quella razionalità, dominante legge ebraica è portatrice. È forse la radicadi scrittura tra l’orale e lo scritto, collauda- del mondo e del pensiero occidentale, di lità di un’obbligazione che genera solo 8 PROFILO un’obbligazione ulteriore, fino all’accettazione “inconfessabile” della morte per l’Altro; del rifiuto dello Stato in nome dell’unica autorità non revocabile, la Torah, che conduce Levinas in queste “letture” a riflettere sulla discrezione, cui rivendica un ruolo fondamentale nel delicato sviluppo del pensiero, sensibile a ogni divulgazione e volgarizzazione. K.B. Con uno studio dal titolo: La filosofia di Levinas. Alterità e trascendenza (Rosenberg & Sellier, Torino 1996), Giovanni Ferretti ripercorre le opere principali di Levinas, individuando il nucleo centrale della sua filosofia nel duplice obiettivo di difendere l’alterità dell’Altro e di recuperare il significato autentico della trascendenza dopo la crisi della metafisica “ontoteologica”. La proposta teorica di Levinas di una fondazione non più ontologica ma etica della metafisica rappresenta in tal senso una terza via rispetto all’alternativa tra la riabilitazione della concezione tradizionale della metafisica e la difesa della concezione immanentistica, che ha raggiunto il suo apice nella teoria di Hegel. La filosofia di Levinas, osserva Ferretti, viene formandosi attraverso il confronto con filosofi come Husserl e Heidegger. Pur riconoscendo a Heidegger il merito di aver affermato la priorità dell’«intenzionalità ontologica della vita affettiva ed effettiva» rispetto al primato dell’«intenzionalità del pensiero teoretico» di Husserl, secondo Levinas l’ontologia heideggeriana resta tuttavia ancorata ad una visione totalizzante e onnicomprensiva dell’essere. Al termine “totalità” Levinas contrappone quello di “infinito”, che implica la rottura della dimensione totalizzante attraverso l’irruzione nell’uomo della relazione etica con l’Altro. L’altro si presenta come “volto” che emerge nella sua esteriorità assoluta, staccandosi dallo «sfondo anonimo dell’essere», per richiamare la responsabilità morale umana. Nell’ambito della concezione etica levinasiana il concetto di trascendenza, rileva Ferretti, assume un significato diverso da quello tradizionale, in quanto viene situato oltre l’essere. Il volto dell’altro rappresenta infatti una traccia dell’infinito, in quanto indica una dimensione enigmatica che non può essere concettualizzata secondo i parametri tradizionali ontologici. Un ulteriore approfondimento di queste tematiche è offerto dallo studio di Ferdinando Luigi Marcolungo, Etica e metafisica in Emmanuel Levinas (Istituto di propaganda libraria, Milano 1995), che mostra come l’importanza della filosofia di Levinas sia dovuta alla riformulazione della concezione della soggettività in rapporto sia al pensiero moderno sia all’esistenzialismo contemporaneo. Per Levinas, infatti, il soggetto non deve essere identificato con la pura conoscenza, in quanto si radica in quella sfera originaria dell’esperienza che può essere denominata “interiorità incarnata”. In questo, osserva Marcolungo, l’intento principale di Levinas è quello di opporsi alla totalità hegeliana, che assimila gli individui nell’impersonale e nel neutro, favorendo la violenza e la guerra. Nella fenomenologia di Hegel predomina infatti «l’identità dell’identico e del non identico», mentre, secondo Levinas, l’alterità può essere rispettata solo nella negazione della sintesi concettuale. M.Mi. Ne Il testimone del circolo. Note sulla filosofia di Levinas (Franco Angeli, Milano 1996) Carmelino Meazza mette ulteriormente in evidenza la critica radicale di Levinas a quella tradizione di pensiero occidentale che riduce l’esperienza a sapere teoretico e ad ansia metodologica, come elementi fondamentali su cui si fonda la “finzione del circolo” propria delle filosofie della totalità. Hegel e Heidegger, secondo Levinas, portano alle estreme conseguenze la possibilità di rendere plausibile questa finzione, riconducendo il rapporto soggetto-oggetto e tempo-essere ad una modalità dell’essere; qui la riflessione sul metodo deve ridursi a metodologia per permettere il trapasso della soggettività verso il movimento di assorbimento dell’essere. Il metodo deve così diventare spazio della manifestazione dell’essere. Le filosofie del circolo, osserva Meazza, sopravvivono per Levinas solo se perdono il senso autentico della domanda su “che cos’è l’essere” e sul ruolo di chi la formula. Da Rosenzweig Levinas eredita il sospetto che qui si trovi la chiave di volta delle filosofie del circolo: «movimento interno che offre la matrice alla parusia dell’Assoluto». Sia in Hegel, sia in Heidegger, la rappresentazione del niente riesce a velare il problema di chi sia colui davanti al quale questa recita debba rappresentarsi. Le filosofie del circolo fanno del soggetto della domanda un capitolo del movimento dell’essere aprendo a due sole alternative: il blocco della teoria o l’ermeneutica. In Sartre, fa notare Meazza, Levinas trova un alleato nella misura in cui anche questi si pone il problema di individuare un momento dell’essere che si sottragga al movimento dell’essere stesso; un fra-tempo che si collochi al di là dell’essere contro le dialettiche di essere e nulla. Tuttavia, Levinas contesta la libertà radicale di Sartre, dove il niente diventa la matrice della temporalità e così la finzione dialettica si ristabilisce nel tempo. Occorre invece tenere uniti nello stesso movimento l’evento, e la durata di questo evento, con il fatto di una separazione che viene a garantire l’evento dell’essere. Esiste una “misura” che deve imporsi sul tempo secondo una verticalità estranea alla dialettica del tempo stesso e che non appartiene neppure al soggetto. Il corpo, secondo Levinas, è l’evento concreto della relazione tra Io e Sé; la corporeità è in un punto che anticipa l’apertura dell’intenzionalità e non è quindi riducibile a quest’ultima o al sapere. 9 Di fronte al problema di “chi guarda” nel circolo dell’essere e di cui è necessario indurre la provenienza dall’al di là dell’essere, la singolarità cui giunge Levinas, osserva Meazza, è libera, perché separata in modo radicale dall’essere e dalla storia. L’“altrimenti che essere” levinasiano è possibile, tuttavia, solo tramite un metodo entro cui possa accadere, un metodo che, a differenza di quello dialettico, non cancelli le ombre che il soggetto genera, bensì le renda queste ancora più evidenti. In questa prospettiva Levinas affronta lo studio del rapporto diacronico che si viene a delineare tra Dire e Detto, nell’analisi dell’imminenza dell’Altro e della figura del Testimone. Una ricostruzione genealogica delle tappe fondamentali del pensiero di Levinas, attraverso un confronto fra le opere giovanili e quelle della maturità, è quella offerta da John Llewelyn nel volume Emmanuel Levinas. The Genealogy of Ethics (Emmanuel Levinas. La genealogia dell’etica, Routledge, Londra-New York 1995). Il termine “genealogia” è usato qui in varie accezioni: in una prima richiama la definizione stessa data da Levinas alla sua ricerca; in una seconda fa riferimento a quello che può essere definito l’ordine logico dei periodi di sviluppo del pensiero di Levinas; in una terza ricostruisce l’ordine in cui il Levinas sviluppa storicamente, da un’opera all’altra, la propria concezione filosofica; infine, in una quarta, mette in evidenza il modo in cui la filosofia levinasiana si rapporta alla tradizione del pensiero filosofico, con particolare riferimento alla genealogia della morale di Nietzsche. La ricerca di Llewelyn si divide in tre parti. Nella prima s’indaga la questione della scarsezza o dell’eccesso di fondamento dell’ontologia in rapporto alla sua possibilità di porsi come proto-etica, un’etica nell’accezione levinasiana. A questa situazione Llewelyn risponde proponendo di affrontare la questione attraverso una lettura cronologica dei primi scritti a partire da De l’évasion del 1935. Qui vengono indagati i temi della claustrofobia ontologica, della realizzazione ontica, dell’annuncio del tempo e dell’Altro. La seconda parte dello studio di Llewelyn si sofferma soprattutto su Totalité et infini (Totalità e infinito) del 1961, attraverso un’analisi del senso del “faccia a faccia”, della molteplicità dell’alterità e della generazione. La terza parte analizza Autrement qu’etre ou au-delà de l’essence (Altrimenti che essere o al di là dell’essenza) del 1974, con particolare attenzione per il rapporto fra libertà, eguaglianza e fraternità, per l’ateologia e l’ontologia e per l’agorafobia etica. Dal punto di vista di un approfondimento critico dei motivi fondamentali del pensiero di Levinas può valere la raccolta dal titolo: Ethics as First Philosophy (Etica come filosofia prima, Routledge, New York-Londra 1995), curata da Adriaan Peperzak, che raccoglie gli atti di un convegno sullo stesso tema, tenutosi alla Loyola University di Chicago nel maggio 1993. PROFILO Come sottolinea Adrian T. Peperzak nell’Introduzione al volume, Levinas ha più volte sostenuto di non aver mai scritto un’etica: nella definizione di “etica come filosofia prima” la parola “etica” mira a qualcosa di più originario e radicale; indica un punto in cui la distinzione e l’opposizione fra elemento etico e teoretico non possono essere né valide, né possibili. Se l’“etica” è la considerazione meditata (o teoria) dell’etico, mentre la “filosofia prima” è la più originaria e radicale dimensione della teoria, allora etica e filosofia prima coincidono. Di questa concezione l’opera di Levinas, osserva Peperzak, costituisce la testimonianza più evidente. Il “faccia a faccia” rivela il mio “essere per l’Altro” e l’inesaustibile responsabilità contenuta in questa struttura; l’“essere per” non è semplicemente un principio etico, ma il luogo di nascita, “pre-originario” o “an-archico”, di tutte le relazioni teoretiche. Per quanto il nucleo della filosofia di Levinas possa essere accostato da differenti prospettive, vi è alla fine una convergenza nella relazione fra l’Altro e l’io. I saggi raccolti in questo volume sono suddivisi in sei sezioni: 1) descrizioni, 2) etica come filosofia prima, 3) psichismo, 4) arte, 5) religione, 6) Levinas e Benjamin. Nella prima sezione, Catherine Chalier analizza il rapporto fra filosofia ed ebraismo, con particolare riferimento all’idea di responsabilità e libertà, mentre Robert Gibbs mette in evidenza come il valutare la dimensione ebraica nell’etica di Levinas richieda una “sequenza ritmica” di innalzamento e vicinanza. Charles E. Scott affronta la problematica del retroterra religioso, vista da un’ottica post-moderna di un filosofo non ebreo. Nella seconda sezione, Bernard Waldenfels e Hugh Miller aprono un dialogo sul concetto di responsabilità a partire da una prospettiva fenomenologica, in cui l’interpretazione levinasiana dell’etica stravolge la tradizione consolidata. Patricia H. Werhane analizza criticamente il discorso sull’etica a partire da un punto di vista analitico in cui l’asserto centrale è l’individuazione di una prospettiva normativa priva di costrizioni metaetiche. Elisabeth Weber concentra l’attenzione sulla nozione di persecuzione, mentre, sullo stesso tema, Robert Bernasconi analizza il paradosso della struttura della responsabilità nei confronti del proprio persecutore, sottolineando come Levinas abbia sviluppato una filosofia che sorge dall’esperienza non-filosofica dell’essere perseguitati. Un’analisi del linguaggio viene delineata da Fabio Ciaramelli, che sottolinea come Levinas eviti i termini “origine” e “originario” e utilizzi invece “pre-originario” o “an-archico” per indicare l’a-priori che precede la libertà e l’ontologia. Paul Davies indaga il linguaggio etico levinasiano in un confronto con Blanchot e Derrida. Nella terza sezione, Andrew Tallon analiz- L’opera di Emmanuel Levinas ha attraversato il secolo e la sua crisi cercando incessantemente di ricondurre il rigore del discorso filosofico alla concretezza delle situazioni umane che nella loro descrivibilità fenomenologica di costituiscono la trama temporale Fabio Ciaramelli dell’intelligibile. Muovendo da questa fondamentale e ricorrente esigenza di individuare un contenuto che resista alla forma e che la preceda, si può scorgere nel desiderio dell’altro la mediazione originaria del tempo come filo conduttore del pensare levinasiano. L’ordine proprio del tempo implica infatti l’impossibilità d’un afferramento istantaneo dell’altro, e la necessità di accedervi concretamente solo attraverso la tensione ineliminabile del desiderio. In effetti, è bensì vero che l’intimità immediata del “faccia a faccia” - la relazione etica da me all’altro - costituisce per Levinas la sorgente originaria del senso, che egli nomina addirittura “preoriginaria” nella misura in cui essa precede l’ordine ontologico dell’origine articolantesi nel presente della coscienza. Tuttavia, l’anteriorità o la priorità di questa immediatezza immemorabile dell’etica - il paradosso quasi insostenibile d’un immediato al passato (Blanchot) - è sempre già turbata e quindi interrotta dall’“ingresso del terzo” - altro dall’altro - “nell’intimità del faccia a faccia”: ingresso “permanente”, che costituisce «l’origine stessa dell’apparire, cioè l’origine stessa dell’origine» (Altrimenti che essere, p. 200). Il che inevitabilmente za il pensiero di Levinas da un punto di vista psicologico, soffermandosi sulla fenomenologia dell’affettività, mentre William J. Richardson delinea, da un punto di vista psicoanalitico, un confronto fra la teoria del conscio e del pre-conscio in Levinas e quella dell’inconscio di Lacan. La quarta sezione si compone di un unico saggio, quello di Edith Wyschogrod, sul rapporto etica ed estetica. Nella quinta sezione, Merold Westphal analizza, attraverso un confronto con Kierkegaard, il concetto di sospensione teleologica dell’elemento religioso. Da un punto di vista metodologico, Theo de Boer indaga la relazione della filosofia con la teologia e l’ontologia. Il saggio di Jill Robbins riaffronta il tema della responsabilità, soffermandosi sul problema della “traccia”, mentre Adriaan T. Peperzak e David Tracy dialogano sul significato di “trascendenza”. A partire da Nietzsche e Rosenzweig e dal tema della “morte di Dio”, John Llewelyn analizza ciò che Levinas individua col termine “Dio”, mentre Hent de Vries delinea una gamma di posizioni, a partire dai termini “adieu”, “à dieu” e “aDieu”, che pongono Levinas fra Kierkegaard e Derrida. La sesta sezione, infine, contiene il saggio di Rebecca Comay su alcune affinità fra le teorie di Levinas e quelle di Benjamin. M.B. attenua l’originaria immediatezza del faccia a faccia, la quale in tal modo si rivela strutturalmente contaminata dalla mediazione inevitabile della pluralità umana. Per accedere all’altro in quanto origine ultima o prima del senso, il pensiero di Levinas è allora costretto a porre come originario il ricorso alla dimensione simbolica, nella quale la relazione etica immediata del faccia a faccia s’attenua e il volto dell’altro inevitabilmente rimanda la complessità del sociale. Fin dall’inizio l’origine si complica, e l’ingresso permanente del “terzo” ne scompone l’intimità e l’istantaneità: Levinas vi riconosce la «nascita latente» (ibidem, p. 196) dell’ordine sempre «indiretto e tortuoso», cioè «simbolico» (ibidem, p. 77), del sapere. L’accesso all’origine non può aver luogo in maniera immediata e diretta, ossia intuitiva, poiché la mediazione, l’intreccio e la complicazione dell’origine sono originari. Lo stesso rapporto etico da me all’altro non si dà in originale - non trascende la mediazione del tempo - dal momento che la sua paradossale immediatezza ha sempre già scavalcato i confini del presente. La temporalità del tempo è senza cominciamento in un presente puro. L’originario non è mai immediato. Allora, se è vero che il dire originario o pre-originario è per Levinas l’immediatezza immemorabile del faccia a faccia, è altrettanto vero che il suo significato etico preliminare non si manifesta e non può manifestarsi in un linguaggio pre-originario, ma sempre e comunque in un dire correlativo del detto, benché incapace di ridurvisi. Questa «peripezia mediatrice» del dire (ibidem, p. 9) attesta la sua temporalità, ed è motivata precisamente Il desiderio dell’altro 10 PROFILO dalla non-coincidenza di immediato e originario, dal sottrarsi dell’immediato alla manifestazione e dall’impossibilità di concepire il senso della manifestazione come ritorno nostalgico all’immediatezza. Tale impossibilità deriva dalla struttura concreta del tempo, dalla positività del suo inesorabile trascorrere, dal sovrappiù di senso della sua trascendenza che non costituisce in alcun modo una degradazione di una presunta immediatezza originaria. È perciò nell’«avvenimento straordinario e quotidiano» (ibidem, p. 14) del dire irriducibile al detto ma inevitabilmente connesso alla mediazione del detto che si intravede ciò che Levinas chiama la “deformalizzazione” della nozione del tempo. Nella sua concretezza fenomenologica, il tempo - come si legge all’inizio delle conferenze pubblicate nel 1948 con il titolo Il tempo e l’altro - «non è il fatto di un soggetto isolato e solo, ma è la relazione del soggetto con altri» (p. 8). Risulta qui decisiva l’irriducibilità della relazione temporale con l’altro all’ordine ontologico della conoscenza che aspira essenzialmente all’unità di pensiero ed essere. La modalità della relazione temporale all’altro non è la nostalgia dell’unità - la nostalgia dell’immobile di cui il tempo sarebbe solo la messa in movimento derivata e privativa - ma il “desiderio”. Un desiderio che però non persegua l’abolizione della propria tensione grazie al raggiungimento di ciò che potrebbe soddisfarlo o colmarlo, che non aspiri cioè alla presunta immediatezza dell’unità originaria che precederebbe il tempo, poiché l’ideale di un essere pienamente compiuto, l’ideale dell’eternità - eterno presente, immobilità dell’Uno - non può fungere da «paradigma ontologico per una vita, per un divenire capaci di rinnovamento, di Desiderio, di società» (Totalità e infinito, p. 223). La trascendenza è il movimento stesso di questa vita nella sua concretezza, la sua inevitabile e originaria “ricorrenza” temporale, movimento che perciò non imita un’eternità immobile che la precederebbe, nel qual caso il movimento della trascendenza sarebbe solo un movimento “presunto”, e si risolverebbe in un ritorno a sé «a partire da un esilio immaginario» (ibidem, p. 284). Il carattere non-nostalgico del desiderio - che «non aspira al ritorno, perché è il desiderio di un paese nel quale non siamo mai nati» (ibidem, p. 32) -, «presuppone un’esistenza autoctona e non un esilio» ibidem, p. 61). Nel desiderio dell’altro, che è «la nostra stessa socialità [...] l’Io si dirige verso Altri in modo da compromettere la sovrana identificazione dell’Io con se stesso, di cui il bisogno è soltanto la nostalgia» (La traccia dell’altro, p. 33). Questo movimento, irriducibile al conoscere, è la trascendenza stessa dell’etica. La temporalità del desiderio non è quindi privazione, degradazione o perdita d’una unità originaria, che perciò stesso sarebbe fuori del tempo, e nel suo presente che non passa ne costituirebbe l’origine intemporale. Levinas rifiuta dunque l’astrazione d’un inizio puro del tempo nella semplicità puntuale di un istante non più scomponibile, che, al tempo stesso originario e immediato, si situerebbe fuori del tempo, costituendone il limite intemporale. È dunque la differenza fra l’immediato e l’originario che deformalizza la nozione del tempo, il quale, prima di essere forma di ogni esperienza, è la concretezza del nostro esistere, la nostra separazione dalla totalità, l’insorgenza della ipseità. In questa concretezza si attuano e si manifestano la relazione e il movimento necessari all’evento stesso dell’essere, al suo dispiegarsi. In tal modo, la radicale temporalità del soggettivo si ripercuote sull’essere in generale, e costituisce una vera e propria inversione dell’ordine logico dell’essere che sempre già presuppone un ordine cronologico a esso irriducibile. Di conseguenza, la necessità di risalire incessantemente a questo ordine cronologico, cioè la necessità di effettuare sempre di nuovo la riduzione fenomenologica dell’ingenuità iniziale (Altrimenti che essere, p. 26), attesta il carattere insuperabile e irrecuperabile del tempo. Non si esce dall’orizzonte del tempo. Ecco perché la rivendicazione dell’etica come filosofia prima è avanzata da Levinas come “passaggio” alla dimensione etica, cioè come movimento filosofico che non comincia dall’etica ma che trova in essa la propria meta e il proprio esito. L’anteriorità dell’etica, il suo primato, è attinto a posteriori, a cose fatte, après coup. Ma ciò non vuol dire che lo stabilirsi del primato dell’etica si configuri come un ritorno all’originario, alle sue presunte immediatezza e coincidenza con sé, il che significherebbe pensare ancora una volta il tempo come privazione e degradazione dell’unità, e il movimento della filosofia come nostalgia, mal del ritorno, Heimweh. «Anteriore posteriormente» (Totalità e infinito, p. 173), l’etica si radica nella separazione o nella ricorrenza dell’ipseità: vi si radica come desiderio di ciò da cui l’essere separato non proviene ma verso cui si dirige. L’imprevedibile novità - la trascendenza - che caratterizza la tensione del desiderio eccede ogni evidenza immediata non in virtù di un limite dell’intuizione umana, ma a causa del sovrappiù della socialità. L’immediatezza ultima o prima del faccia a faccia, la cui “intimità” Levinas non smette di rivendicare, considerandola il presupposto necessario della sua interruzione o limitazione provocata dall’ingresso permanente del terzo, a ben vedere non è poi attingibile immediatamente, ma solo attraverso un lungo itinerario di ricerca che incessantemente sottrae l’alterità del volto dell’altro al suo darsi immediato nella “forma” che tuttavia lo manifesta, per cogliere nel faccia a faccia la parola del volto. Il volto parla: ciò che disturba l’ordine logico della totalità, ciò che nella sua immediatezza interrompe l’origine ontologica, per il fatto stesso di parlare è sempre già interno all’ordine originario della mediazione. L’immediatezza della relazione etica rivendicata da Levinas non è accessibile immediatamente, non si lascia intuire, non si dà in originale, ma è già impigliata nel reticolo originario di un ordine simbolico. Il che, a ben vedere, lungi dall’indebolire la centralità del desiderio dell’altro, la conferma e l’esalta, poiché in fin dei conti l’inassumibile originarietà dell’altro è accessibile solo grazie al movimento senza ritorno di un desiderio irriducibile alla nostalgia, in cui si attesta l’esplosione originaria dell’immediato. 11 PROFILO Qualche spunto di riflessione sul- sente” in Totalità e infinito, se lo è fino in fondo, e cosa l’eredità di Emmanuel Levinas, significa, propriamente, una tale presenza. soprattutto per quanto riguarda la Abbiamo già menzionato lo scritto Fra due mondi come uno fase del suo pensiero che culmina dei luoghi del confronto esplicito di Levinas con Rosenin Totalità e infinito. Saggio sul- zweig. A esso va aggiunto, accanto alle molte citazioni l’esteriorità (1961, trad. it. Milano presenti in varie opere levinasiane, il saggio intitolato Franz 1980), può venire da una breve Rosenzweig: un pensiero ebraico moderno (tratto anch’esdi analisi del suo rapporto con la filo- so da una conferenza, tenuta nel 1964 e pubblicata poi su Adriano Fabris sofia di Rosenzweig. Ciò riesce rivista nel 1965 e infine nel volume del 1987 Fuori dal utile, soprattutto, se vogliamo sta- Soggetto, trad. it. Genova 1992). Fra questi due testi (elabobilire il “luogo”, per dir così, in cui propriamente si colloca rati uno per il trentennale, l’altro per i trentacinque anni dalla la proposta di Levinas all’interno della tradizione ebraica morte di Rosenzweig, avvenuta il 10 dicembre 1929), molte del Novecento. Infatti, fra le sono le analogie, simile è la molte domande che possono struttura, uguali, addirittura, sorgere davanti alla complesrisultano numerosi passi. Il sa opera levinasiana, anzinucleo filosofico della Steltutto una richiede di essere la è identificato, in Franz nuovamente sollevata: qual Rosenzweig: un pensiero è lo specifico modello di ebraico moderno, nell’afferebraismo a cui Levinas promarsi di un «legame fra priamente si riallaccia? O, in l’istante vivente della vita altre parole: qual è l’immaumana e un’Eternità vivengine del pensiero ebraico che te», nell’imporsi cioè della egli viene a proporre? Ten«dimensione della religione» tiamo di rispondere a queste di contro ad una concezione domande seguendo, appunfilosofica (come ad esempio to, il filo conduttore rosenquella hegeliana) in cui l’uozweighiano. mo risulta «imprigionato nel Sono numerosi, com’è noto, suo sistema, destinato alla i luoghi in cui Levinas si supremazia della totalità e confronta con Rosenzweig. dello Stato» (p. 57). Di conIl più famoso di essi è la seguenza, l’«attualità» di Rodichiarazione del debito fisenzweig, ovvero il contrilosofico contratto da Levibuto che egli fornisce alnas nei confronti della Stella l’ebraismo contemporaneo, della redenzione (trad. it. è riconosciuta nella capaciCasale Monferrato 1985) che tà, incarnata dal popolo compare nella Prefazione di ebreo, di «esistere a parte, Totalità e infinito («L’opposeparatamente, nella storia sizione all’idea di totalità che politica del mondo; di giudici ha colpito nello Stern der care questa storia, cioè di Erlösung di Franz Rosenrestar liberi nei confronti zweig, troppo spesso presendegli eventi, qualunque sia te in questo libro per poter la logica interna che li colleessere citato», p. 26). Rosenga»: la pretesa, in altre paroEmmanuel Levinas zweig, tuttavia, è subito afle, «di essere un popolo eterfiancato, nell’elenco dei no» (Fra due mondi, p. 116). riconoscimenti che si trova in questo testo, per un La separatezza, intesa come rottura della totalità e come verso (esplicitamente), dallo Husserl maestro di feno- irriducibilità dell’individuo all’opera (sua propria o della menologia e, per altro verso (nell’implicito), dallo storia del mondo), è dunque il carattere più proprio delHeidegger maestro di concretezza. Non paia, d’al- l’ebraismo. Quel tratto essenziale, che già era stato segnalatronde, troppo singolare questo accostamento di Ro- to dal giovane Hegel, viene giocato, sulla scia di Rosensenzweig alla fenomenologia. Esso è già attuato nel testo zweig, proprio contro Hegel. Ma separatezza, si badi bene, di una conferenza del 1959, poi pubblicata nel 1963 con il non vuole affatto dire qui presa di congedo da qualsiasi titolo «Fra due mondi» (La via di Franz Rosenzweig) (trad. forma di universalità, bensì, piuttosto, attingimento (da far it. parziale in Difficile libertà, Brescia 1986; cfr. p. 100: valere anche su di un piano più prettamente politico) di una l’analisi rosenzweighiana della rivelazione, viene qui detto, diversa forma di universalità, della quale Rosenzweig, nel «è del tutto simile alle analisi fenomenologiche»). Ciò che Novecento, si fa portavoce: l’«universalità dell’elezione, di rimane semmai da verificare, e non da accogliere un particolarismo che esiste a beneficio di tutti» (Franz acriticamente solo perché lo dice Levinas, è se Rosenzweig: un pensiero ebraico moderno, p. 63). È dundavvero Rosenzweig risulta (addirittura) “troppo pre- que questo il senso etico della separatezza che si ritrova in Separazione e linguaggio. Tra Levinas e Rosenzweig 12 PROFILO Totalità e infinito, questa è l’idea di separazione che in quest’opera viene sviluppata ad un livello più propriamente filosofico. Consideriamo brevemente, di Totalità e infinito, proprio la parte B che, nella Sezione prima, è dedicata al tema “separazione e discorso”. Ritornano qui, implicitamente, molti degli spunti che erano emersi dalla lettura di Rosenzweig. La separazione «indica la possibilità per un “ente” di installarsi e di avere un suo destino proprio, cioè di nascere e di morire senza che il posto di questa nascita e di questa morte nel tempo della storia universale ne contabilizzi la realtà» (pp. 53-54). Essa si realizza - allo stesso modo che in Rosenzweig il sé si definiva nella sua chiusura meta-etica - secondo la modalità dello psichismo, che nel prosieguo dell’opera verrà precisato come «sensibilità, elemento del godimento, egoismo». E tuttavia, proprio nello sviluppo che subito viene dato, in Totalità e infinito, alla tematica della separazione (nonché a quella, a essa inevitabilmente collegata, della relazione) iniziano a emergere sia interessanti analogie che sostanziali differenze, non solo rispetto all’impostazione rosenzweighiana, ma anche nei confronti delle posizioni assunte in proposito da altri pensatori ebrei del Novecento. Il punto decisivo del contendere diviene, qui, la questione del linguaggio. Nel linguaggio, infatti, si realizza un movimento che permette di collegare quegli elementi che, nonostante il loro legame, rimangono reciprocamente separati. Come Levinas dice, il linguaggio attua una relazione «in cui i termini [della relazione] si “assolvono” dalla relazione rimangono assoluti nella relazione». Giacché, «senza questa assoluzione, la distanza assoluta della metafisica sarebbe illusoria» (p. 62). E d’altronde, a ben vedere, l’idea di un linguaggio in cui il rapporto “si fa” pur mantenendo la separazione è ciò che accomuna tutti i diversi sforzi della riflessione ebraica del Novecento. La necessità di garantire una relazione, senza che essa comporti il sacrificio dei termini fra loro connessi; la necessità di farlo ripensando radicalmente, sulla base di una rinnovata considerazione della parola biblica, la nozione di linguaggio, è un compito che vediamo assunto sia da Cohen che da Buber, sia da Rosenzweig che dal giovane Benjamin. Nessuna delle soluzioni proposte da questi pensatori, tuttavia, è accolta, in effetti, da Levinas. La via che egli percorre, cioè, pur realizzando anch’essa una possibilità autentica dell’ebraismo, risulta decisamente diversa da quella degli altri pensatori ebrei che lo hanno preceduto. Ciò che è in gioco, nella prospettiva aperta da Totalità e infinito, non è più soltanto il problematico nesso di separazione e linguaggio, il fatto cioè che, nel discorso, si mantenga una separazione pur nel legame che la parola instaura. Ciò che è in gioco, più propriamente, è il senso stesso di questa separazione, la sua propria “modalità”. L’attuarsi, nel linguaggio, di un rapporto di separazione non si dà all’interno del linguaggio, non è “intralinguistico”, non si pone in una dimensione “orizzontale” (dimensione che richiede sempre, cioè, un orizzonte, un contesto che la ricomprenda); essa si esplicita, piuttosto, “attraverso il linguaggio al di là del linguaggio”, in una dimensione “verticale” che mette in questione le parole stesse che la dicono, che «disfa» (la formulazione è appunto levinasiana) le forme stesse in cui si offre nel suo farsi. Così, anzitutto in Totalità e infinito, si realizza l’incrocio dell’orizzontalità della parola parlata, che bisogna pur sempre attraversare, con la verticalità cui ci rinvia la provenienza stessa di questa parola, in quanto parola mai completamente mia, mai dominata e dominabile, ma sempre originata in altro, in un’alterità che s’impone nell’espressività del suo volto. La riflessione sul linguaggio delinea dunque un nuovo senso di separazione, tradito dalle categorie usate da Cohen e da Buber, non pienamente colto neppure da Rosenzweig: la separazione di colui che si rivela insieme e prima del suo rivelarsi in parole, e che tuttavia possiede una sua espressività - la separazione “etica”. Questo è il punto (la distinzione fra una separazione che si attua “nel” linguaggio e una separazione che “attraversa” il linguaggio, mettendone in luce un altro senso) in cui, a ben vedere, si compie anche (tenendo conto delle dovute differenze d’impostazione) il «contatto nel cuore di un chiasmo» fra Levinas e Derrida. Il tema della trascendenza è certamente il nucleo centrale della Trascendenza filosofia di Levinas. Come egli ed enigma stesso scrive all’inizio di Altrimenti che essere, i molteplici concetti che ha elaborato come alterità, volto, infinito, temporalità, linguaggio, soggettività, di prossimità, passività, sostituzio- Giovanni Ferretti ne, ossessione ecc. sono funzionali al tentativo di riuscire a «dire la trascendenza», sia pure «in un Dire affannoso che trattiene il proprio respiro [...] “dice” prima di riposarsi sul proprio tema» (Altrimenti che essere, p. 19). Non si tratta ovviamente più della vecchia trascendenza “metafisica”, dichiarata morta da Nietzsche o “superata” da Heidegger, ma neppure di quella nuova forma di trascendenza teologica che cerca di farsi valere nelle pieghe della “differenza ontologica” predicata da quest’ultimo; quasi che Dio potesse nuovamente pensarsi e dirsi una volta che la verità dell’essere sia stata fatta emergere dall’oblio in cui è caduta con il pensiero occidentale. Per Levinas, infatti, la trascendenza autentica si può dire solo se si riesce ad andare “al di là” dell’intero piano dell’essere, nel campo inesplorato ed enigmatico dell’“altrimenti che essere”. Ove - è importante notarlo - l’essere dell’ontologia occidentale che Levinas intende trascendere è l’essere che coincide con ciò che si manifesta, dato che gli sarebbe essenziale il venire alla luce, il presentarsi ad una coscienza. Donde la dichiarazione programmatica che apre significativamente l’opera sopra citata: «Intendere un Dio non contaminato dall’essere è una possibilità umana non meno importante e non meno precaria di quella di trarre l’essere dall’oblio in cui sarebbe caduto nella metafisica e nell’ontoteologia» (ibidem, p. 2). Due sono le vie, tra loro strettamente connesse, lungo le quali Levinas cerca di andare “al di là dell’essere” per aprire in qualche modo il campo alla trascendenza teologica: la via dell’alterità altrui e la via della soggettività responsabile. La prima è esplorata soprattutto in Totalità e infinito; la seconda soprattutto in Altrimenti che essere. Ciò che le accomuna è il fatto che sia l’alterità altrui sia la soggettività responsabile non si dicono in termini 13 PROFILO ontologici, di manifestazione o com-prensione, bensì in termini di relazione etica. “Altri” è trascendente ogni nostra presa concettuale, fino al punto di fare esplodere lo stesso orizzonte trascendentale della coscienza, perché come “volto” nudo e indigente ci interpella instaurando una relazione etica che non ha nulla a che fare con la comprensione o il dominio. Da parte sua, il soggetto responsabile è tale solo in quanto è caratterizzato dal “disinteresse”; un termine che Levinas scrive con stacchi, “disinteresse”, per sottolineare che l’uomo disinteressato si svincola dall’ambito della logica del conatus essendi propria degli esseri. La “signoria” della trascendenza di Altri e la “gloriosa” testimonianza del soggetto responsabile disinteressato costituiscono per Levinas il «luogo o non luogo» ultra-ontologico in cui «Dio può venire all’idea»; ma ciò può avvenire solo e sempre nel modo dell’ “enigma”. Una figura, questa, che domina tutto il discorso di Levinas sulla trascendenza, a partire dal celebre saggio Enigma e fenomeno del 1965. La trascendenza divina non può infatti darsi in alcun modo come fenomeno, cioè come presenza disvelata e tematizzata; essa ci “visita” bensì nell’elevatezza della trascendenza altrui o nel Dire-dedizione del soggetto responsabile, ma ce ne si può avvedere solo quando è già irrecuperabilmente passata, come ciò che ha scompigliato tutto l’ordine dei fenomeni d’essere ma senza lasciare di sé se non la “traccia” di tracce cancellate per sempre. L’enigma è quindi un «modo di manifestarsi senza manifestarsi», per semplice accenno; ciò che ci visita in tal modo può essere riconosciuto solo «se si vuole», liberamente; infatti non si impone come presenza disvelata, bensì come «mantenendo l’incognito». Nell’enigma, osserva Levinas, il “senso esorbitante” si eclissa nella sua stessa apparizione, perde ogni luce, dato che ciò che ne resta nel fenomeno lo smentisce, lo confuta, in qualche modo lo “perseguita”. Per questo, rifacendosi a Kierkegaard, egli dirà che la verità della trascendenza non può che essere perseguitata. «Il Dio di Kierkegaard che si rivela solo per essere perseguitato e misconosciuto, che si rivela solo nella misura in cui è inseguito [...] diventa il luogo stesso della verità. [...] “Verità perseguitata” non è soltanto “consolazione religiosa”, ma il disegno originario della trascendenza». ne diversa sia del verbo che dell’intera frase: un’interpretazione di tipo etico. Che cosa vuol dire, nel linguaggio ordinario, “giustificarsi”? Vuol dire cercare le ragioni/ valori che legittimano l’adozione di una certa condotta o di certe credenze. Da questo punto di vista, in Levinas la giustificazione potrebbe riguardare i princìpi che permettono di cogliere e accertare l’essere nella sua verità. Però, attenzione. Non va trascurato il fatto che nella proposizione in questione Levinas si interroga non sul modo in cui l’uomo giustifica il darsi e la verità dell’essere, bensì sul modo in cui l’essere stesso si giustifica. L’orizzonte è dunque “ontologico”. Purtuttavia quel verbo mi pare aprire anche ad un orizzonte, appunto, “etico”. È come se dall’essere, benché accostato con la consapevolezza della sua radicale aseità, ci si aspettasse non una pura auto-notifica del suo darsi, ma un manifestarsi secondo una prospettiva veritativa e giustificativa: dunque, in più sensi, etica. Sotto questo profilo, il suggerimento levinasiano pare il seguente. L’essere non è una res che si proponga in una sorta di impassibile e autosufficiente evidenza. È, invece, un principio che deve “avverarsi” attraverso un certo impegno, attraverso certe modalità. L’(auto)giustificazione dell’essere, pertanto, si presenta nella forma dell’“evento”, e più precisamente dell’evento “etico” - se è vero che l’eticità allude ad un essere/agire che si realizza in rapporto ad un adempimento secondo giustizia. Vorrei ora fare un passo innanzi, non tanto a proposito del pensiero di Levinas quanto a partire da esso. Vorrei proporre di cogliere nel principio della “giustificazione” dell’essere la metafora della giustificazione di un altro soggetto. La mia tesi è che, pur riferendosi all’essere, la frase levinasiana ci aiuta a pensare allo stesso soggetto umano. Anche l’uomo - soprattutto l’uomo - è quell’ente che “cerca di giustificarsi”. Non ho, finora, mai trovato una definizione dell’uomo più intensa di questa. Essa mi pare più vera perfino di quella evocata dall’imperitura domanda di Amleto. In effetti l’uomo non è chiamato - o non primariamente, non esclusivamente - a scegliere tra l’essere e il non-essere, una scelta che rischia di passare sopra la testa dei soggetti esistenti (la cui vita deve cimentarsi con altri interrogativi, forse meno estremi/fascinosi, ma certo più legati all’aspra realtà intramondana, fatta spesso di vicende particolari/concrete irriducibili sia all’essere che al non-essere). L’uomo è chiamato, invece, a ricercare delle “ragioni” - naturalmente in un’accezione molto peculiare del termine - del proprio operari determinato e “locale”. È chiamato, per l’appunto, a “giustificarsi”, cioè a trovare princìpi che diano una forma e un contenuto lato sensu morale al suo essere-nel-mondo e al suo con-essere con gli altri. Sia ben chiaro: “cercare di giustificarsi” non è sinonimo di “cercare la giustificazione” - tanto meno di “portare la giustificazione”. In effetti, queste due ultime espressioni rinviano ad un orizzonte criteriologico e assiologico “già dato”: “cercare (o portare) la giustificazione” vuol dire cercare una “corrispondenza” tra il nostro agire e tavole di valori “già scritti”, e quindi solo “da ritrovare”. Invece il perseguimento del “giustificarsi” (dove già la sostituzione di questo verbo al sostantivo “giustificazione” esprime l’impegno di un “agire” aperto e dall’esito non garantito) implica la ricerca di una giustezza etica non nota a priori entro la complessità - unlawful e amorale - della vita. C’è una frase di Etica come filosofia prima che mi ha sempre, a ogni (ri)lettura, particolarmente colpito: «Non già perché l’essere anziché il nulla, ma in che modo l’essere si giustifica». Come tutte le tesi cruciali, anche quella qui indicata di sollecita a riflessioni aperte, libere Sergio Moravia dall’oggettiva “lettera” del testo. A me interessa in primo luogo quel “si giustifica”. Si tratta di un’espressione che, per molti, ha essenzialmente una valenza fondazionale-cognitiva: un po’ come se, nella frase levinasiana, il filosofo si chiedesse a quali condizioni l’essere si dà, o si dà da pensare. Io credo però che si possa proporre anche un’interpretazioIl principio giustificazione 14 PROFILO Implica, insomma, il navigare a vista di un navigante che vuole ovviamente arrivare al porto, ma senza conoscere con precisione l’ubicazione del porto medesimo. Il principio del giustificarsi si riferisce, in conclusione, ad un tipo d’uomo da un lato privo di tutori celesti, dall’altro abitato dall’ineludibile vocazione a interrogarsi, a processarsi, a mettersi in discussione e alla prova. Come la volontà di sapere, anche la volontà di giustificarsi è propria di quel soggetto che, nello stesso tempo, si avverte altro e diverso rispetto alla realtà che sta attraversando ma che, ciò nonostante, intende dare “un senso” al proprio viaggio e, forse, trovare anche un senso “di” tale viaggio. scopre incatenato alla propria determinatezza empirica. L’indiscernibilità fra il soggetto e il suo essere mondano fa in modo che il limite sia incontrato dall’uomo al suo stesso interno o che il soggetto sia limite a se stesso. Ciò comporta, secondo Levinas, una nuova posizione filosofica: se la filosofia tradizionale dell’Occidente, pur restando legata ad una prospettiva ontologica, cioè al principio dell’identità dell’essere, riconosceva tuttavia la differenza fra il soggetto e il mondo, fra la libertà umana e la brutale opacità dell’ente, la nuova filosofia dovrà caratterizzarsi per la cancellazione di quella differenza e per aver posto il limite all’interno del soggetto. Esiste questa filosofia del nostro tempo, è già stata pensata? Un anno prima, nel 1934, Levinas aveva pubbliLevinas cato un breve testo dal titolo e la filosofia inquietante: Quelques rédell’hitlerismo flexions sur la philosophie de l’hitlerisme (Qualche riflessione sulla filosofia dell’hitlerismo, pubblicato su di «Esprit» e riedito in «Les Bruno Moroncini Cahiers de l’Herne», Parigi 1991, pp. 154-160). L’attacco ha del folgorante: la filoUno dei meriti più grandi di sofia dell’hitlerismo, vi si Emmanuel Levinas consiste afferma, è una filosofia prinell’averci offerto, già a parmaria, riguarda i fondamentire dalla metà degli anni ti. Nessun dubbio che gli Trenta, la chiave concettuaenunciati del nazionalsociale per comprendere l’epoca lismo siano miserabili e che in cui siamo e circoscrivere esso non sia nulla di più che il male di cui soffre il nostro il risveglio di sentimenti elesecolo. È intorno al concetto mentari. Ma il punto è che di limite e al suo spostamenproprio i sentimenti elemento che si gioca fra il ’34 e il tari nascondono una filoso’36 la riflessione levinasiafia, cioè l’attitudine di un’anina. Nella filosofia tradizioma di fronte al mondo e al nale, scrive Levinas nel sagproprio destino. È in questo gio sull’“evasione” (De senso, dunque, che l’hitleril’évasion, 1935; trad. it. Delsmo è una filosofia e mette in l’evasione, Reggio Emilia questione i princìpi stessi 1984), ciò che per il soggetto della civiltà. rappresentava il limite della sua comprensione e del suo La civiltà europea, scrive agire era costituito dal monLevinas anticipando i temi do o dal non io: il conflitto si dello scritto sull’“evasioReparti militari a un discorso del Führer dava sempre fra l’uomo e ne”, si è basata fino a ora l’essere, mai fra l’uomo e se sullo spirito della libertà: stesso. Anche nella lotta più cruenta, l’uomo non perdeva la l’uomo era ritenuto capace di rinnovarsi eternamente. propria autosufficienza, non vedeva messo a rischio l’ideale Da questo punto di vista ciò che caratterizza la civiltà dell’identità di sé con sé. europea, secondo Levinas, è l’assenza di storia: il In cosa consiste il cambiamento in atto nel nostro secolo? tempo porta infatti con sé l’irreparabile, pone l’uomo Nel fatto, risponde Levinas, che il limite non affetta più il di fronte al fatto compiuto, di fronte allo strapotere di soggetto dall’esterno, ma s’insedia nel cuore stesso del suo un passato immodificabile. È evidente, dal punto di essere. A essere preso nell’ingranaggio incomprensibile vista di Levinas, che quanto più si resta legati ad una dell’ordine universale, a essere afferrato dalla mobilitazio- prospettiva ontologica, tanto più il contrasto tragico ne totale non è più l’individuo che non è ancora padrone di fra la libertà e il tempo si accentua. Di conseguenza, se stesso e che, quindi, lotta contro il mondo per raggiungere secondo Levinas, contro l’ontologismo greco, il giuo ripristinare l’autosufficienza, bensì proprio la persona già daismo apporta un messaggio di libertà assoluta: per il libera e autonoma. Essa si vede consegnata irrimediabil- giudaismo la scelta già compiuta non può mai trasformente alla propria esistenza temporale, al proprio essere qui marsi in un destino: l’uomo conserva sempre una e ora. Il soggetto non è più libero di fronte al mondo, ma si possibilità di rimetterla in questione. 15 PROFILO Il liberalismo moderno attenua solamente l’aspetto drammatico ed eroico di questa concezione della libertà, ma ne conserva il nucleo sotto la forma della libertà sovrana della ragione. Lo strappo con la civiltà europea si ha soltanto quando la determinazione storico-concreta nella quale l’uomo si trova a essere cessa di venire concepita come meramente contingente e costituisce il fondo stesso del suo essere; quando, in altri termini, l’essenza dell’uomo non consiste più nella libertà, ma nel suo essere corporeo. Per la nuova filosofia il corpo non è più un accidente che ci pone in rapporto con il mondo implacabile della materia, ma ciò che aderisce, fino all’indiscernibilità, al soggetto. Questa aderenza vale ormai per se stessa. Il biologico, quindi, con tutto quel che comporta di fatalità, non è più solo uno dei possibili oggetti della vita spirituale, ma il suo stesso cuore. D’ora in poi essere uomini non consisterà più nel librarsi al di sopra del mondo delle contingenze, bensì nel prendere coscienza di questo incatenamento originario e ineluttabile al corpo, nell’assumere e nell’accettare questo incatenamento. Questa è la filosofia del nostro tempo: la riduzione della vita spirituale alla vita tout court, alla nuda vita naturale. La nota aggiunta da Levinas nel ’91 per la ristampa del suo scritto svela però l’arcano dell’attribuzione di una portata filosofica al nazismo: la vera filosofia dell’hitlerismo è, in realtà, l’ontologismo heideggeriano nella misura in cui la nozione centrale che lo caratterizza è quella dell’essere per il quale nel suo essere ne va del suo stesso essere o, come traduce Levinas, dell’«étre soucieux d’étre», cioè dell’essere che ha cura dell’essere, che ha dell’essere nient’altro che i suoi modi d’essere. Come ha notato Giorgio Agamben, che di recente ha posto l’attenzione sullo scritto levinasiano del ’34 (Homo sacer, Torino 1995, pp. 167-170), nella categoria della fatticità o della vita fattizia, elaborata da Heidegger già negli anni Venti, si affermava l’indiscernibilità fra la vita e le sue situazioni effettive, fra l’essere e i suoi modi d’essere, consumandosi in tal modo le distinzioni dell’antropologia tradizionale: spirito e corpo, io e mondo, ragione e animalità. La fatticità non è un nuovo nome per la contingenza secondo cui qualcosa può essere in un modo o in un altro, ma indica il carattere deietto dell’uomo: il suo aver da essere il modo d’essere che gli è toccato d’essere. La deiezione comporta, quindi, l’assunzione decisa del modo d’essere o della situazione effettiva in cui l’uomo si trova, la trasformazione, in altri termini, di ciò che è destino, dote e fatalità, in compito. Non è questa la sede per discutere la responsabilità effettiva di Heidegger nei confronti del nazismo o la corrispondenza fra il suo pensiero e la filosofia dell’hitlerismo. Quel che vorremmo suggerire, rendendo in tal modo giustizia a Levinas, è che, nonostante la sconfitta storica, la filosofia dell’hitlerismo, individuata dal filosofo francese nell’atto della sua stessa nascita, è ancora la filosofia del nostro tempo. Sotto le mentite spoglie di un umanesimo democratico che afferma il diritto illimitato dell’uomo a “preoccuparsi” della propria felicità, cioè del suo modo d’essere mondano e temporale, la filosofia hitleriana continua a vincere la guerra con la civiltà europea. Vince spostando ulteriormente il limite: se il corpo, il biologico in quanto tale, era il limite cui era rimessa irrimediabilmente la libertà umana, ora è in nome di un’idea stravolta della libertà che ci si impegna a sfondare i limiti corporei (cfr. G. Frasca, La scimmia di Dio, Genova 1996). La manipolazione genetica in tutte le sue forme tende a cancella re i limiti biologici del corpo - nascita, morte, dolore e godimento - in vista della sua immortalità e impassibilità. Ma è proprio questa libertà assoluta di infrangere i limiti biologici, di andare oltre il corpo naturale e verso il corpo cibernetico e mediale, che, ben al di là del nazismo storico, consegna definitivamente l’uomo al proprio corpo e che conferma che il fondamento della nostra epoca poggia ancora sulla filosofia dell’hitlerismo. Nota biografica e bibliografia italiana delle opere in volume Emmanuel Levinas (Kaunas 1906 - Parigi 1995), dopo essere stato al centro della prima diffusione della fenomenologia husserliana e dell’ontologia heideggeriana nella Francia degli anni Trenta, nell’immediato dopoguerra s’è imposto come autore di un’opera filosofica originale che, animata da un costante e decisivo riferimento alla tradizione ebraica, si propone di ritrovare nell’etica il senso ultimo dell’intelligibilità filosofica. Se negli scritti dell’immediato dopoguerra, dedicati alla critica dell’anonimato dell’essere in generale che ingloba e minaccia gli esistenti (Dall’esistenza all’esistente del 1947 e Il tempo e l’altro del 1948), il primato filosofico dell’etica è ancora implicito, è con la pubblicazione di Totalità e infinito. Saggio sull’esteriorità nel 1961 che esso diventa il centro della proposta filosofica di Levinas. Attraverso il rapporto etico con l’altro uomo, manifestantesi nel suo volto, il sapere filosofico si apre all’unica esteriorità irriducibile all’interiorità dell’io. L’etica è l’unica possibile affermazione della trascendenza. Ma come dire questa trascendenza dell’Altro che la filosofia ha inevitabilmente tendenza a imprigionare nell’immanenza dell’essere? A questo problema è dedicato il secondo opus magnum di Levinas, Altrimenti che essere o al di là dell’essenza (1974), in cui il linguaggio adeguato alla trascendenza si rivela del tutto irriducibile al linguaggio ontologico proprio della tradizione filosofica, e non a caso trova un’insostituibile fonte di ispirazione nel linguaggio etico-religioso. In questo senso gli scritti “confessionali” di Levinas, attento studioso del Talmud e attivo protagonista della ricostruzione dell’ebraismo dopo lo sterminio (cfr. soprattutto Difficile libertà del 1963, nonché negli anni successivi i diversi volumi di letture talmudiche), hanno anch’essi una decisiva portata filosofica. Dopo Altrimenti che essere - opera che ha consacrato la notorietà di Levinas e l’importanza del suo pensiero - Levinas ha pubblicato numerose raccolte di saggi filosofici, tra cui va almeno segnalato Di Dio che viene all’idea del 1982, che fornisce non poche integrazioni alle due opere maggiori. La traccia dell’altro. Scorciatoie, Pironti, Napoli 1979. Totalità e infinito. Saggio sull’esteriorità, Jaca Book, Milano 1980. 16 Quattro letture talmudiche, Il Melangolo, Genova 1982. Altrimenti che essere o al di là dell’essenza, Jaca Book, Milano 1983. Nomi propri, Marietti, Casale Monferrato 1984. Etica e infinito. Dialoghi con Philippe Nemo, Città Nuova, Roma 1984. Umanesimo dell’altro uomo, Il Melangolo, Genova 1985. Di Dio che viene all’idea, Jaca Book, Milano 1986. Dall’esistenza all’esistente, Marietti, Casale Monferrato 1986. L’aldilà del versetto. Letture e discorsi talmudici, Guida, Napoli 1986. Difficile libertà. Scritti sul giudaismo, La scuola, Brescia 1986. Dal sacro al santo. Cinque nuove letture talmudiche, Città Nuova, Roma 1986. Il tempio e l’altro, Il Melangolo, Genova 1987. Etica come filosofia prima (in collab. con A. Peperzak), Guerini e Associati, Milano 1989. Trascendenza e intelligibilità, Marietti, Genova 1990. Fuori dal soggetto, Marietti, Genova 1992. Su Blanchot, Palomar, Bari 1994. SCHEDA Lo Hegel-Archiv dell’Universi- opere di Hegel persegue uno scopo coscientemente modesto, tà di Bochum, fondato nel 1958 e cioè depurato da ogni “ideologia” estranea all’edizione. Seconaggregato dal 1968 all’Istituto di do il modello voluto da Dilthey per l’edizione delle opere di Filosofia dell’Università di Bo- Kant, la nuova edizione si basa non su un qualsivoglia principio chum, è il luogo dove viene ela- sistematico ma su un principio rigorosamente storico-evolutivo: borata la nuova edizione comple- le opere (testi a stampa e manoscritti) non vengono ordinate in ta, storico-critica, delle opere di sezioni ma cronologicamente, sulla base di un’interpretazione di Hegel, curata in collaborazione storico-evolutiva (sostenuta da metodi di statistica delle sillabe) Christoph Jamme con la Deutsche Forschungsge- della filosofia hegeliana. In base a ciò si delineano di nuovo meinschaft su commissione del- grandi gruppi “oggettivi” (“Scritti critici del periodo jenese” l’Accademia delle scienze del Nord-Reno - Westfalia (Düssel- ecc.). Anche questa edizione viene dunque costruita in base a dorf). La cura di questa edizione nel suo complesso è seguita da un’unità di lavoro filologico e filosofico, tuttavia non si tratta più una Commissione-Hegel, appartenente in precedenza alla Deu- di sostenere con il lavoro editoriale una determinata “immagitsche Forschungsgemeinschaft e attualmente all’Accademia ne” della filosofia hegeliana affermandola anche politicamente; renano-westfalica. I curatori dei singoli volumi sono di regola i così - diversamente da quanto avviene ad esempio nell’edizione collaboratori scientifici che lavorano all’edizione, sotto la dire- di Stoccarda delle opere di Hölderlin - anche le note rinunciano zione di Otto Pöggeler, presso lo Hegel-Archiv (attualmente: consapevolmente a ogni tipo di aiuto interpretativo e si limitano Friedrich Hogemann, Wolfgang Bonsiepen, Hans-Christian a indicare citazioni e letteratura citata, così come le introduzioni Lucas, Helmut Schneider, dei curatori hanno come ogChristoph Jamme, e inoltre il getto solo la descrizione del I luoghi della filosofia dr. Köhler e il dr. Gawoll). manoscritto e la storia dell’origine del testo. Questo princiLa nuova edizione delle opere pio rigorosamente storicodi Hegel, si è delineata anzitutevolutivo si è finora afferto in base alle carenze delle mato anzitutto per quanto edizioni precedenti, in particoriguarda il periodo jenese, lare alle insufficienze deldove - prendendo le mosse l’“Edizione dell’associazione da una nuova cronologia - si degli amici”, che venne allesono resi possibili prospettistita dagli allievi di Hegel subive del tutto nuove sullo svito dopo la morte del maestro, e luppo del sistema di Hegel. che condizionò la ricezione di Hegel fino al XX secolo. QueDei 22 volumi della I sezione sta edizione venne approntata (“Opere”) ne sono finora uscinella più grande fretta, sfrutti 12; da ultimo sono apparsi tando abilmente il grande intenel 1990il vol.1 (FrüheSchrifresse per Hegel. Di ciò risentiten Teil I, a cura di Friedhelm rono non solo i singoli testi, ma Nicolin e Gisela Schüler), il anche la concezione complesvol. 3 (Frühe Exzerpte, a cura siva. Poiché l’attività di insedi F. Nicolin e G. Schüler), il gnamento di Hegel a Berlino vol. 15 (Schriften und Entwüra cura di Massimo Mezzanzanica divenne decisiva per la storia fe I, a cura di Friedrich Hogedegli effetti della sua filosofia, l’edizione dei corsi corrisponden- mann e Christoph Jamme) e il vol. 18 (Vorlesungsmanuskripte ti costituì fin dall’inizio il centro dichiarato dell’edizione dell’as- II, a cura di Walter Jaeschke). Tra breve dovrebbe uscire il vol. sociazione degli amici. L’edizione presentava queste lezioni in 5 (Schriften und Entwürfe 1799-1808, a cura di Manfred una singolare compiutezza: non ne venne solo levigato lo stile Baum e Kurt Rainer Meist), mentre è iniziata la preparazioma si compilarono fonti prime, tarde, autobiografiche e di altro ne del vol. 14 (Grundlinien der Philosophie des Rechts, a tipo, senza dare informazioni particolari circa la provenienza dei cura di Elisabeth Weisser-Lohmann) e del vol. 22 (a cura di materiali e la loro preparazione. L’opera hegeliana che, diversa- Hans-Christian Lucas e Wolfgang Bonsiepen). mente da quella, poniamo, di Kant non aveva avuto in prima Separatamente dalla I sezione delle “opere” verrà elaborato linea una ricezione attraverso gli scritti pubblicati ma anzitutto l’insieme delle “Lezioni”. È qui che l’eredità dell’Edizione attraverso le lezioni, doveva essere canonizzata; doveva appa- dell’associazione degli amici si fa sentire in modo più pesante. rire più sistematica di quanto non fosse riuscita allo stesso Hegel. Attualmente si sta ancora cercando un criterio di base per il Gli interventi redazionali e stilistici degli amici nella configu- metodo più appropriato dell’edizione delle trascrizioni delle razione del testo delle opere a stampa di Hegel sono nume- lezioni berlinesi di Hegel; è tuttavia certo che la compilazione e rosissimi e sono stati spesso criticati, e così pure il loro la redazione filosofico-politica degli amici non può essere principio della compilazione nelle lezioni e la scelta, rigida ripetuta. Se a essa vada sostituita una pubblicazione puramente nel suo insieme, dei testi. Gli allievi rendevano omaggio alla seriale di tutti i manoscritti che sono stati conservati o se sia più finzione di lezioni che avevano una configurazione defini- vantaggiosa l’integrazione - suggerita da molte ragioni - di tiva, che però in Hegel non c’era. molteplici trascrizioni dei corsi di un annata in “testi d’annata” Facendo tesoro dell’esperienza dell’Edizione dell’associazione o la sintesi di diverse annate in una connessione progressiva degli amici, la nuova edizione completa storico-critica delle (come nel caso dell’edizione dell’associazione degli amici, solo Lo Hegel Archiv Hegel e Dilthey a Bochum 17 SCHEDA con una più forte considerazione del principio della differenziazione storico-evolutiva): questo è un problema che non è stato ancora discusso in tutti i suoi dettagli. Con una serie di edizioni preliminari di trascrizioni scelte (apparsa presso l’editore Felix Meiner, Hamburg, a partire dal 1983) vengono attualmente elaborati modelli di procedimenti adeguati per l’edizione delle trascrizioni dei corsi all’interno delle Gesammelte Werke. (Una prima visione d’insieme di tutto il materiale conservato relativamene ai corsi hegeliani si trova in «Hegel-Studien», 26, 1991). Accanto all’edizione delle opere hegeliane, la loro interpretazione costituisce il secondo punto fondamentale del lavoro dell’Hegel-Archiv. Una serie di convegni ha cercato di elaborare le sue condizioni interne ed esterne per i diversi campi del filosofare hegeliano. Una documentazione di questo lavoro si trova nei volumi collettanei: Homburg von der Höhe in der deutschen Geistesgeschichte, Frankfurt aber ist der Nabel dieser Erde, Mainz - Centralort des Reiches, O Fürstin der Heimat! Glückliches Stutgard (Klett-Cotta, Stoccarda 1981). E anche nelle opere: Hegels Rechtsphilosophie im Zusammenhang der europäischen Verfassungsgeschichte (a cura di Hans-Christian Lucas e Otto Pöggeler, Frommann-Holzboog, Stoccarda 1986) e Logik und Geschichte in Hegels System (a cura di HansChristian Lucas e Guy Planty-Bonjour, Frommann-Holzboog, Stoccarda 1989). E inoltre nei volumi Kunsterfahrung und Kulturpolitik im Berlin Hegels e Welt und Wirkung von Hegels Ästhetik, entrambi curati da Annemarie Gethmann-Siefert e Otto Pöggeler (Bonn, Bouvier, 1983/1986). Allo studio del giovane Hegel sono dedicati i volumi Mythologie der Vernunft e Weg zum System, entrambi a cura di Ch. Jamme e Helmut Schneider (Suhrkamp, Francoforte s/M. 1984-1990). All’interno della serie «Hegel-Studien Beihefte» sono apparsi da ultimo gli studi di Martin Bondeli (Hegel in Bern) e di Changyang Fan (Hegels Antigone Deutung). Va inoltre menzionato lo Jahrbuch für Hegelforschung, a cura di Helmuth Schneider. luoghi sparsi, tra cui alcune riviste di difficile reperibilità e i resoconti delle sedute dell’Accademia delle scienze di Berlino. Heidegger ha ricordato come, per poter studiare i saggi sistematici di Dilthey, che non erano altrimenti accessibili, egli tornasse a casa carico dei pesanti volumi dell’Accademia. Inoltre, una gran parte dell’opera diltheyana non era ancora stata pubblicata e giaceva nei grandi armadi pieni di manoscritti dell’abitazione berlinese del filosofo. Un compito importante degli allievi che gli erano più vicini (G. Misch, B. Groethuysen, H. Nohl, P. Ritter) doveva dunque consistere nel rendere accessibile nella sua connessione quest’opera scientifica ampiamente dispersa, tanto significativa quanto stratificata. Il primo volume dell’edizione, fondata con questo scopo, progettata dapprima in otto e poi in dodici volumi, delle sue Gesammelte Schriften, apparve già nel 1914. Lo scoppio della prima guerra mondiale interruppe i lavori dell’edizione, che proseguì solo all’inizio degli anni Venti. Questa edizione in dodici volumi si concluse alla metà degli anni Trenta; il volume X, contenente il testo dei corsi di etica, venne pubblicato, come previsto originariamente, solo nel 1958, a cura di H. Nohl. Se fino a quel momento ci si era preoccupati anzitutto di presentare in forma conchiusa i testi e i libri essenziali già pubblicati - con l’eccezione della biografia di Schleiermacher e della raccolta Das Erlebnis und die Dichtung - a partire dal volume VII si fece ricorso in misura crescente al lascito inedito dell’ultimo Dilthey e lo si rese parzialmente noto. Sotto questo profilo l’edizione non voleva essere un’edizione completa storico-critica, ma si caratterizzava piuttosto come un’“edizione-officina” (K. Gründer), cioè un’edizione con cui gli allievi tentavano di condurre l’opera del maestro ad una conclusione che era rimasta preclusa all’autore. All’edizione in dodici volumi seguì, come singola iniziativa editoriale, la nuova edizione del Leben Schleiermachers, comprendente un tentativo di ricostruzione del proseguimento dell’opera in base agli ampi materiali presenti nel lascito, a cura di M. Redecker (1966-1970), prima che per iniziativa di K. Gründer diventasse possibile proseguire il progetto delle Gesammelte Schriften, con l’obiettivo primario di un’utilizzazione dell’intero lascito manoscritto al fine di poter ricostruire in modo il più possibile affidabile le intenzioni filosofico-scientifiche di Dilthey. U. Herrmann raccolse anzitutto in tre volumi gli articoli sparsi, redatti da Dilthey nel corso della sua attività di pubblicista. Mentre qui, sotto il titolo Zur Geistesgeschichte des 19. Jahrhunderts venivano raggruppati in tre volumi (usciti rispettivamente nel 1970, nel 1972 e nel 1974) testi già editi, e cioè schizzi biografici, corrispondenze letterarie, brevi saggi e recensioni, talora anonimi o firmati con pseudonimi, pubblicati da Dilthey in giornali e riviste tra il 1858 e il 1908, nei volumi XVIII, XIX e XXvenivano dati alle stampe quasi esclusivamente testi inediti (soprattutto dal primo e medio periodo della sua attività), che portavano ad una revisione non inessenziale dell’immagine che sino ad allora si aveva di Dilthey. Con i volumi XVIII e XIX veniva intrapresa una ricostruzione genetico-sistematica della Einleitung in die Geisteswissenschaften, nella quale il volume XVIII (Die Wissenschaften vom Menschen, der Gesellschaft und der Geschichte, 1977), curato da H. Johach e F. Rodi, raccoglieva i lavori preliminari per la Einleitung. Questo volume presentava soprattutto testi di carattere gnoseologico e psicologico, legati al cosiddetto “trattato del Quando Wilhelm Dilthey moriva, il primo ottobre 1911, a causa di un’infezione contratta durante una vacanza presso lo Haus Salegg a Seis am Schlern, nel Sud-Tirolo, era senza dubbio annoverato tra i più stimati e influenti filosofi delle università tedi desche. Il suo nome era però poco Hans Ulrich Lessing familiare ad un pubblico di più ampie dimensioni, a cui egli era noto tutt’al più per la sua celebre raccolta di saggi letterari Das Erlebnis und die Dichtung (Esperienza vissuta e poesia, 1906), sulla quale si sarebbero formate intere generazioni di germanisti. Nel mondo scientifico il nome di Dilthey era legato soprattutto a opere come il Leben Schleiermachers (Vita di Schleiermacher, 1870), la grande biografia, che avrebbe fatto epoca, del più importante fra i teologi protestanti moderni, la Einleitung in die Geisteswissenschaften (Introduzione alle scienze dello spirito, 1883), la Jugendgeschichte Hegels (Storia della gioventù diHegel, 1905), il saggio Der Aufbau der geschichtlichen Welt in den Geisteswissenschaften (La costruzione del mondo storico nelle scienze dello spirito, 1910), e inoltre ad un gran numero di importanti studi e saggi di filologia, psicologia, pedagogia, poetologia, storia della letteratura e della cultura, pubblicati in gran parte in La DiltheyForschungsstelle 18 SCHEDA 1875”, Über das Studium der Geschichte der Wissenschaften vom Menschen, der Gesellschaft und dem Staat (Sullo studio della storia delle scienze dell’uomo, della società e dello Stato), e inoltre una prima, ampia elaborazione della psicologia descrittiva (ca. 1880). Il volume XIX (Grundlegung der Wissenschaften vom Menschen, der Gesellschaft und der Geschichte, 1982), curato ancora da H. Johach e F. Rodi, intraprese il tentativo di una ricostruzione della parte sistematica del secondo volume della Einleitung in die Geisteswissenschaften sulla base dei molteplici materiali che erano stati conservati. Il volume XX (Logik und System der philosophischen Wissenschaften), infine, curato da H.-U. Lessing e F. Rodi, offriva una scelta rappresentativa della trascrizione delle lezioni diltheyane di argomento sistematico, tra l’altro di quelle sulla logica e sul sistema delle scienze filosofiche, sulla logica e la teoria della conoscenza e sul sistema della filosofia, e completa così da questo punto di vista la ricostruzione del contenuto sistematico del secondo volume della Einleitung. Mentre il lavoro che dall’inizio degli anni Settanta si concretizzò nel proseguimento delle Gesammelte Schriften ebbe un carattere per così dire obbligatoriamente “secondario”, il filosofo di Bochum Frithjof Rodi - curatore dell’edizione, insieme a K. Gründer, a partire dal volume XVIII - riuscì, in condizioni di grande difficoltà e con un grande impegno personale, a dare all’edizione delle opere di Dilthey un quadro istituzionale che rendeva possibile una programmazione a più lunga scadenza. Così, dal 1983 - l’anno in cui, con una serie di congressi scientifici, venne ricordato il centocinquantesimo anniversario della nascita di Dilthey - il lavoro all’edizione delle Gesammelte Schriften veniva sostenuto da una Dilthey-Forschungsstelle annessa all’Istituto di Filosofia dell’Università di Bochum. Questo centro di ricerca è sostenuto finanziariamente dal 1985 come progetto di lunga durata dalla comunità tedesca della ricerca scientifica. Il compito essenziale di questo piccolo gruppo (sotto la direzione di Rodi lavorano al momento all’edizione tre collaboratori scientifici) è naturalmente, accanto all’ulteriore utilizzazione del lascito di Dilthey, soprattutto il proseguimento dell’edizione delle opere di Dilthey. Per le «Gesammelte Schriften» è prevista un’edizione in circa trenta volumi. I volumi XXI e XXII (Psychologie als Erfahrungswissenschaft, a cura di G. van Kerckhoven e H.-U. Lessing) comprenderanno i testi dei corsi e i manoscritti di Dilthey sulla psicologia. Il volume XXIII (a cura di G. Gebhardt e H.-U. Lessing) conterrà il corso di Dilthey sulla storia della filosofia e l’ultima redazione del suo Grundriss der allgemeinen Geschichte der Philosophie. Gli studi diltheyani sulla storia della letteratura e sulla poesia verranno presentati, con il titolo Dichter als Seher der Menschheit e Das Erlebnis und die Dichtung nei volumi XXIV e XXV (a cura di G. Malsch). Il volume XXVI (a cura di G. Kühne-Bertram e F. Rodi) è stato concepito come integrazione al volume VII (Der Aufbau der geschichtlichen Welt in den Geisteswissenschaften) e dovrà contenere, sotto il titolo Späte Fragmente zur erkenntnistheoretischen Logik und Lebensphilosophie, tutti i relativi manoscritti di carattere sistematico redatti da Dilthey a partire dalla metà degli anni novanta. La conclusione dell’edizione sarà infine costituita dalla pubblicazione, in tre o quattro volumi, della corrispondenza diltheyana, a cura di K. Chr. Köhnke e H.-U. Lessing. È programmata un’integrazione dell’edizione delle lettere con una serie di “documenti sull’attività universitaria e accademica di Dilthey”, e con una relazione conclusiva, che conterrà anche un indice completo dei materiali che fanno parte del lascito. Per il mese di dicembre 1996 è annunciata la pubblicazione del volume XXI, recante le Vorlesungen zur Psychologie und Anthropologie (ca. 1875-1894) e contenente una documentazione ampia, ma il meno ridondante possibile, dell’attività didattica di Dilthey a Breslavia e a Berlino, sulla base di tutte le trascrizioni che si sono conservate dei suoi corsi sulla psicologia e sull’antropologia nel periodo 1875-1894. Il volume successivo (Manuskripte zur Genese der deskriptiven Psychologie, ca. 1880-1896) tenterà, sulla base dei numerosi manoscritti di ricerca, una ricostruzione genetico-sistematica della psicologia diltheyana dai tardi anni settanta fino all’interruzione provvisoria, nel 1896, delle sue indagini di psicologia. Accanto al lavoro ai singoli volumi dell’edizione, la DiltheyForschungsstelle collabora a diverse edizioni straniere dell’opera di Dilthey. Così F. Rodi cura, con R. Makkreel, la traduzione americana (Selected Works), programmata in sei volumi, di cui ne sono usciti finora due. Stretti contatti esistono con gli studiosi che lavorano alla traduzione francese, diretta da S. Mesure e H. Wismann, di cui sono finora stati pubblicati tre volumi, e con i traduttori che progettano l’edizione russa. Vi sono inoltre stretti collegamenti con traduttori e studiosi di Dilthey italiani e giapponesi. In questo senso la Dilthey-Forschungsstelle di Bochum è diventata un punto di passaggio di studiosi di Dilthey tedeschi e stranieri. Qui sono a disposizione degli studiosi, tra l’altro, fotocopie o prime trascrizioni di ampie parti non ancora pubblicate del lascito e una raccolta della corrispondenza finora acquisita (circa duemila lettere). Strettamente legato alla Dilthey-Forschungsstelle è il DiltheyJahrbuch für Philosophie und Geschichte der Geisteswissenschaften, curato da F. Rodi, di cui dal 1983 sono usciti nove volumi. Esso non è solo una piattaforma della ricerca internazionale su Dilthey, ma anche uno spazio di discussione e documentazione su tutti gli aspetti che riguardano la teoria e la storia delle scienze dello spirito. Accanto a contributi agli studi diltheyani, alla pubblicazione e all’anticipazione di testi inediti e ad una bibliografia continuamente aggiornata della letteratura secondaria su Dilthey, nello Jahrbuch si trovano studi dedicati alle più diverse questioni filosofiche e storiche relative ad una teoria delle scienze dello spirito, e in particolare studi e documentazioni sul complesso ambito delle relazioni tra la filosofia della vita della scuola diltheyana di Göttingen e la fenomenologia. Gli ultimi volumi avevano come centro tematico “Hans Lipps” (vol. 6, 1989), “Josef König e Helmuth Plessner” (vol. 7, 199091), “Hans-Georg Gadamer” (vol. 8, 1992-93) e “La psicologia di Dilthey” (vol. 9, 1994-95). Nella parte dello Jahrbuch relativa alla documentazione sono state pubblicate in prima edizione, o ripubblicate dopo il loro esaurimento, opere (e lettere) di importanti autori, quali H. Lipps, M. Heidegger, J. König, H. Plessner, H.-G. Gadamer, J. Ortega y Gasset e J. Ritter. L’ultimo volume pubblicato (10, 1996) tratta attraverso saggi e documentazioni il tema “Dilthey e Kant”. Accanto a ulteriori ricerche storico-sistematiche sull’opera di Dilthey l’interesse degli studiosi raccolti nella Dilthey-Forschungsstelle è recentemente rivolto in particolare all’indagine della scuola di Dilthey (Misch, Nohl, Bollnow) e ai suoi rapporti con la fenomenologia in senso ampio. I punti nodali del lavoro sono tra l’altro costituiti dalle impostazioni di una logica ermeneutica in H. Lipps e in G. Misch, dalla filosofia di O.F. Bollnow, dalla filosofia dei sensi di H. Plessner, da Heidegger e dall’ermeneutica filosofica di Gadamer. 19 AUTORI E IDEE Réne Magritte, La reproduction interdite, (1937 part.) 20 AUTORI E IDEE AUTORI E IDEE Ricoeur: etica del Sé e dell’Altro Ne LA CRITIQUE ET LA CONVICTION. ENTRE- TIEN AVEC FRANÇOIS AZOUVI ET MARC DE (La critica e la convinzione. Intervista con François Azouvi e Marc de Launay, Calmann-Lévy, Parigi 1995) Paul Ricoeur accetta di svelare se stesso in un libro-intervista, il cui merito è quello di ricostruirne il percorso intellettuale attraverso le opere, mostrando il filosofo impegnato ora su tematiche note, come l’insegnamento o la politica, ora su tematiche decisamente nuove, come l’estetica o la memoria collettiva. Sulla tematica del sé e dell’altro, di cui Ricoeur ci offre un’interpretazione fondamentale, interviene Françoise Mies con uno studio dal titolo: DE L’AUTRE . ESSAI DE TYPOLOGIE (Sull’Altro. Saggio di tipologia, Presses Universitaires de Namur, Namur 1995), in cui il tema dell’alterità viene ripreso, a partire dagli insegnamenti di Ricoeur e, in particolare, di Levinas, con l’intento di mettere in relazione la prospettiva puramente filosofica con quella teologica. LAUNAY Liberamente e con audacia, ne La critique et la conviction Paul Ricoeur parla della sua infanzia, della sua gioventù, austera e dominata dai libri; ricorda la perdita dei suoi cari, in particolare il suicidio del figlio Olivier: un dolore, ripensato, accettato e combattuto, che impregnerà tutte le sue riflessioni sul male e sull’etica. Ma la vita di Ricoeur è anche l’incontro con grandi personaggi della filosofia, primo fra tutti Gabriel Marcel, che lo influenzerà soprattutto per la sua preoccupazione di un pensiero vivente, a cui si aggiungeranno, tra i colleghi e amici, Merleau-Ponty, Eliade, Gadamer. Tra le varie esperienze di insegnamento, a Strasburgo, alla Sorbona, e a Nanterre, quella di Chicago è per Ricoeur l’occasione per alcune riflessioni sul ruolo dell’insegnamento e sulla sua pratica, ma anche sul pluriculturalismo, sulla political correctness e l’importanza della vita associativa, nella quale egli vede un modo interessante di sfuggire tanto allo Stato-nazione quanto al provincialismo. In questa serie di colloqui Ricoeur coglie anche l’occasione per chiarire la sua posizione nei confronti di Lacan e il rapporto tra fenomenologia e psicoanalisi, rivolgendosi in particolare allo strutturalismo (da cui la pubblicazione de La metafora viva) pur restando ostile a ogni filosofia strutturalista (da qui il dibattito con Lévi-Strauss) per via della limitata considerazione attribuita alla storia. Così, alla questione del lettore Ricoeur dedica i tre volumi di Tempo e racconto. Questo modo di procedere, d’altronde, è tipico in filosofia: «si può dire che il tema del nuovo libro è decentrato rispetto al precedente, ma con delle riprese di soggetti già incontrati, già sfiorati o anticipati attraverso soggetti precedenti. Ciò che era stato un frammento diviene il nuovo quadro, la totalità». È poi la volta di Sé come un altro, che riprende il problema dell’identità narrativa ponendo la questione dell’identità personale: chi parla, chi agisce, chi racconta ecc. Da questo percorso di pensiero restano ancora in sospeso il tema della memoria, in quanto coesione della vita al di qua della coscienza, e quello della memoria collettiva, che rappresenta l’interesse attuale di Ricoeur. Per quanto riguarda l’ambito della politica Ricoeur considera il momento attuale intimamente contrassegnato da un’ambivalenza tra razionalità e violenza. In quest’ottica, la democrazia deve innanzitutto essere pensata in rottura con l’autoritarismo, nella ricerca di una fondazione non divina o trascendente; poi esclusivamente in opposizione con il totalitarismo. In Devoir de mémoire, devoir de justice (Dovere di memoria, dovere di giustizia) Ricoeur affronta il tema del diritto. Esso non si riduce né alla morale, poiché implica una regola esteriore, né alla politica, poiché impone la questione della legittimità che fonda la questione del potere più di quanto non vi ci si riduca. Per Ricoeur, il diritto è innanzitutto il diritto penale, che da una parte mette fine al ciclo infernale della vendetta e che, dall’altra, attraverso il processo, permette una messa a distanza dell’aggressore dalla vittima. Il secondo livello del giuridico, molto più ampio, è quello del diritto civile, 21 irriducibile al primo. Qui Ricoeur introduce l’importante nozione di promessa, che mette in gioco parola e atto. Vi è infine un terzo livello, comprendente i primi due, che consiste nella giustizia distributiva. In ambito religioso Ricoeur è attualmente impegnato, parallelamente alla sua opera filosofica, in un lavoro di lettura e di meditazione dei testi biblici. Egli ha però sempre voluto distinguere i due approcci: «l’attitudine critica resterà nel momento filosofico, poiché il momento religioso non è in quanto tale un momento critico; esso è un momento di adesione ad una parola che si crede venire da più lontano o da più in alto di me». Essere religioso, osserva Ricoeur, è scegliere di accettare una donazione anteriore a sé. D’altro lato, è necessaria una ripresa, è necessario l’intermediario e la distanza della scrittura, che è la testimonianza della pluralità di senso. Queste riflessioni sul dono di sé hanno una profonda eco etica: se, come filosofo riflessivo, Ricoeur insiste sull’ipseità, come pensatore religioso è sensibile anche al distaccamento da sé. Da qui il tema della compassione, della sollecitudine, della pietà; ma anche i temi del rispetto e della complementarità nel riconoscimento dell’altro, in particolare fra giudaismo e cristianesimo, e all’interno stesso delle differenti confessioni cristiane. Per quanto riguarda infine la problematica artistica, assente nelle sue opere, Ricoeur considera l’arte una rappresentazione mimetica. Soprattutto la musica, tra le arti, permette di andare più lontano nella rappresentazione, creando in noi sentimenti senza nome, assolutamente unici, formando un mood ogni volta proprio. Tutta la creazione artistica, per Ricoeur, si costituisce proprio in questa singolarità di esperienza. Ritorna di nuovo qui la dimensione etica: qualunque azione buona, qualunque attitudine coraggiosa o compassionevole, fatta perché era ciò che bisognava fare in quella situazione particolare, possiede una dimensione estetica. S.D. (trad. it. di M.C.) Partendo da un brevissimo excursus sulla fortuna del concetto di “altro” nella storia della filosofia, di cui l’interpretazione di Ricoeur rappresenta uno degli esiti recenti più significativi, nel suo studio, De l’Autre, AUTORI E IDEE Françoise Mies introduce il temine allotité per indicare l’alterità che prende forma per differenza o per contrapposizione dallo sfondo, distinguendo due ordini di allotité: quello cognitivo o speculativo e quello della relazione duale e dialogica, i quali, a loro volta, permettono di distinguere tra individuo (l’alter ego, comparabile ad altri individui) e ipseità (soggettività, volto, distanza assoluta). Differentemente dall’atteggiamento speculativo, nel rapporto personale o etico, osserva Mies, l’altro mi chiama, mi provoca, mi elegge e io non ho più il tempo per prenderne le distanze, per valutare il grado di somiglianza, per vedere in che misura i nostri diritti e i nostri doveri reciproci si equivalgono, in che misura il suo appello è falso o sincero. In questo tipo di rapporto il tempo della coscienza e della riflessione vengono aboliti. Le caratteristiche dell’alterità che si evidenziano nel rapporto duale sono fondamentalmente la trascendenza, la resistenza, l’appello. Malgrado la sua presenza, l’altro non è mai “evidente”. Realtà sfuggente, presenza che si assenta, la trascendenza dell’altro si manifesta innanzitutto come esteriorità fisica; in secondo luogo come esteriorità rispetto alla coscienza: l’altro non riesce mai a essere avvolto totalmente dallo sguardo intenzionale. Infine, l’altro è trascendente anche rispetto al mondo e all’esperienza: l’altro non viene sperimentato, così come si possono sperimentare le cose; viene conosciuto. Se in Levinas la soggettività si costituisce come “rapporto senza rapporto”, “attraverso l’altro e per l’altro”, Mies propone di rileggere questa formula non solo nella direzione della responsabilità, ma anche dell’amore, in cui, secondo Mies, avviene l’atto di elezione e, di conseguenza, il passaggio dall’individualità all’ipseità. L’apertura sull’amore porta Mies a considerare quel rapporto con un’alterità del tutto particolare che è la donna. La sua mistificazione e quella del “Femminile”, l’esaltazione della sua allotité esprimono non solo l’omaggio ad un mistero, ma anche, sostiene Mies, il timore per il diverso, per ciò che può apparire una minaccia. Parlando di Femminile, Levinas preferiva parlare di Dimora - luogo di accoglienza e dolcezza - piuttosto che di Volto. Secondo Mies, invece, è proprio nel rapporto duale con l’uomo e in particolare nella relazione erotica che si instaura un preciso momento etico, in cui «affetto e parola sono sollecitati entrambi». Nella seconda parte del suo studio Mies prende in esame le cosiddette “alterità analoghe”, vale a dire l’alterità non più considerata come Altri (Autrui), ma come cosa, natura, male, morte ecc. Il primo tipo di “alterità analoga” che si offre alla riflessione è quella di Dio, l’unica che abbia ancora le caratteristiche del soggetto. Per gli altri tipi di alterità Mies preferisce usare il termine di hétérité, come nel caso di se stessi, delle cose, della natura e del male. Del male vengono dapprima sommariamente ricordati alcuni tentativi speculativi fatti dalla filosofia per rendere ragione di questa realtà. Il male, sottolinea Mies, è innanzitutto un evento, un qualcosa che non era previsto e come tale presenta il carattere dell’“esteriorità”. In secondo luogo non lo si può interamente debellare; quindi fa “resistenza”. Infine il male mi caratterizza, mi individua. L’hétérité del male è anche dell’altro che soffre; e io vengo toccato da questo altro che soffre, sono “chiamato” a rispondere. M.C. Su Hannah Arendt In occasione del ventennale dalla morte di Hannah Arendt, sono stati pubblicati diversi studi sul suo pensiero, tra cui la monografia HANNAH ARENDT (Feltrinelli, Milano 1995), di Laura Boella, che analizza l’opera filosofica in rapporto alla produzione politica e all’impegno attivo della pensatrice, e lo studio di Ferruccio Focher, LA CONSAPEVOLEZZA DEI PRINCIPII (Franco Angeli, Milano 1995), che individua nel pensiero di Arendt il recupero del modello politico dell’età classica. Al di là di possibili eredità heideggeriane e di echi metafisici o misticheggianti, Laura Boella individua nel pensiero di Hannah Arendt un preciso invito alla responsabilità dell’azione che ha luogo nello spazio pubblico. In questo senso gli scritti di Arendt rappresenterebbero il recupero della politica nella sua accezione originaria come azione comune degli uomini nello spazio intersoggettivo. L’attenzione alla politica, osserva Boella, permette ad Arendt di comprendere che l’individuo riesce a realizzare la propria progettualità istintiva ed emotiva solo nello spazio solipsistico, mentre non è in grado di agire politicamente e nell’ambito delle relazioni pubbliche. Il pensiero filosofico arendtiano fa tutt’uno con lo spazio dell’iniziativa pratica e nella parabola kafkiana, fa notare Boella, Arendt individua l’importanza dell’azione concreta dell’individuo costretto a contrastare il passato e il futuro. Il presente è lo spazio pubblico, il momento dell’azione e dell’iniziativa che apre l’individuo alla pluralità politica e pubblica; in tal senso l’esempio di Achille, più volte riportato da Arendt, indica non tanto l’ergersi dell’eroe greco sulla massa, quanto l’apertura dello spazio attivo dell’individuo all’interno della polis. Anche nello studio su Eichmann e sulla “banalità del male”, Arendt sembra indicare come le azioni degli individui risalgano spesso a luoghi comuni, a frasi semplici e ad azioni scontate che, in ogni caso, costituiscono lo spazio pubblico: solo in que22 sto modo il pensiero diventa attivo e perde quella parvenza di contemplazione distaccata che caratterizza la maggior parte delle filosofie. Lo studio di Ferruccio Focher individua specificatamente nel pensiero di Hannah Arendt una ripresa del classicismo politico; in tal senso la filosofia arendtiana rappresenterebbe una ripresa dei valori e dei principi della polis greca, ripensata in un’accezione pubblica moderna aperta ad un pensiero liberale. Fanno da sfondo a questa concezione, nota Focher, pensatori come Winkelmann, Goethe e Nietzsche, che vedono nella Grecia antica l’ideale di civiltà e vita pubblica, e i modelli latini di Cicerone e Lucano, ancora alla ricerca di una politica “pensata”. La ripresa arendtiana della polis, osserva Focher, consiste, da un lato, nel recupero della distinzione tra pubblico e privato e, dall’altro, nell’esalazione della phronesis aristotelica, ricostituitasi nel giudizio riflettente kantiano. Per quanto riguarda la distinzione tra pubblico e privato, Arendt, sottolineando la necessità dell’homo faber, che è in grado di trasformare in azione il proprio pensiero, indica nell’homo politicus il modello di azione pubblica. Questi, infatti, agisce nello spazio pubblico in cui si effettua l’azione libera, che si distingue dall’azione necessaria in quanto rivolta alla sopravvivenza tipica dello spazio privato. La confusione tra i due piani, sottolinea Focher, è ciò che per Arendt produce il concetto generico di “sociale”, la cui distorsione ha portato ai sistemi massificati e al totalitarismo. Ma la polis greca è anche caratterizzata dalla prudenza o saggezza aristotelica che, al di là della sapienza intellettualistica degli universali, consiste nel sapersi comportare con gli altri nei singoli episodi e nel particolare. In questo modo la phronesis aristotelica assume l’aspetto più moderno nel concetto di gusto descritto da Kant, che individua nel senso comune e nel giudizio riflettente la capacità di relazionarsi e accordarsi con gli altri nello spazio pubblico e nell’azione politica. In tal senso il modello proposto da Arendt non risale, secondo Focher, ad alcun paradigma politico in senso stretto. Ostile ai sistemi massificati come il nazismo e il marxismo, Arendt sembra accostarsi piuttosto ad una sorta di liberalismo critico in cui l’azione dell’individuo viene esaltata nel suo totale spazio d’azione. Per questo, riferendosi anche a Socrate e alla ricerca individuale e interiore, Arendt pone la possibilità di una dialettica tra la libertà dell’individuo, principio e origine della propria analisi speculativa, e lo spazio pubblico in cui l’agire intersoggettivo costituisce il punto di riferimento politico. A.S. AUTORI E IDEE Riflessioni filosofiche in onore di Pala Con il titolo: FILOSOFIA, SCIENZA, STORIA (Franco Angeli, Milano 1995) sono stati raccolti, a cura di Antonio Cadeddu, scritti di vari autori, in omaggio ad Alberto Pala nel suo settantesimo compleanno, che ripercorrendo elementi della sua attività filosofica, incentrata principalmente su autori come Cartesio, Locke, Newton, Galilei, Marx, Gramsci e Dewey, hanno affrontato argomenti che vanno dalla questione gnoseologica al significato della prova a priori, dall’esame delle questioni etiche all’analisi delle teorie linguistiche e alla considerazione di tematiche relative alla scienza. Nel suo scritto, Oltre ‘la strategia del ragno’, Silvano Tagliabue, seguendo le analisi di Pala, mostra come, per Cartesio, la filosofia costruisca “duplicati immaginari” del mondo reale che si configurano come rappresentazioni della realtà in modo molto simile alle favole. Nella prospettiva cartesiana, dunque, la rappresentazione ricopre un ruolo fondamentale, che può essere collegato a quello che Dennet ha definito il “teatro cartesiano”, che si basa sull’idea che nel cervello si trovi un luogo centrale, dove avviene l’esperienza cosciente. Maria Teresa Marcialis propone, invece, nel suo saggio Dio e i talleri. Considerazioni in margine alla prova a priori di Cartesio, una lettura della prova a priori di Cartesio, in base alla quale essa scaturirebbe dall’evidenza con cui nell’idea di Dio si palesa la stessa esistenza divina. Pertanto, ciò che dimostra l’esistenza divina non è l’inferenza logica, né il passaggio arbitrario dall’ambito delle idee a quello reale, ma «la certezza connessa alla chiarezza e alla distinzione della conoscenza». Paradossalmente, l’esistenza divina può essere afferrata in tal senso solo attraverso l’intuizione e dimostrata solo avvalendosi del procedimento analogico. La filosofia cartesiana ritorna anche nello scritto di Elisabetta Gola, Le metafore e il problema mentecorpo. Cartesianesimo ed anticartesianesimo nelle scienze cognitive e contemporanee, in cui viene messo in luce come le concezioni cognitivistiche, considerando il funzionamento mentale strettamente interdipendente con quello dell’organismo, abbandonino la teoria fondata sulla separazione tra mente e corpo. In tale prospettiva viene salvato sia il materialismo, collegato con le proprietà biologiche e non con quelle matematiche, sia il mentalismo, in armonia con il funzionalismo e con la filosofia cartesiana. Nel suo saggio Newtonianesimo e scienze della mente. George Boole e le leggi del pensiero Gian Piero Storari mette in evidenza come la teoria di Boole determini una modificazione dei parametri epistemologici in relazione all’esame dei fenomeni mentali. Il fatto che Boole abbia predisposto un “linguaggio formale” consente, infatti, di stabilire chiaramente le relazioni tra i fenomeni mentali, senza dover ricorrere alla conoscenza della loro essenza. Secondo Storari, Boole rivela di aver compreso in modo profondo come la matematica, considerata come «metodo generale di analisi dei fenomeni naturali», abbia operato all’interno della metodologia newtoniana. Nell’ambito delle riflessioni sulla scienza si colloca anche lo scritto di Giancarlo Nonnoi, Galilei e Pascal, idee ed esperienze, in cui viene dimostrato come l’aspetto fondamentale della teoria di Galileo sia costituito dallo «spostamento dell’orientamento esplicativo dal piano dei principi a quello delle forze», consentendo l’abbandono dell’antico principio privativo. Come appunto mostra Michele Camerota nel suo scritto Virtù calamitica: analogia magnetica e ruolo dell’aria nella teoria galileiana degli ‘argineti’ (1612), Galileo elaborò la teoria dell’analogia magnetica per cercare di spiegare i motivi del galleggiamento di falde di materia più pesante dell’acqua. Tra gli interventi di carattere scientifico può essere annoverato anche quello di Antonio Cadeddu, Scienza e filosofia in Francia in seguito alla diffusione della teoria darwiniana (1851-70), che mette in risalto come l’introduzione in Francia della teoria di Darwin abbia determinato un acceso dibattito, soprattutto da parte dei sostenitori della metafisica spiritualistica. Conseguenza rilevante della diffusione del darwinismo in Francia è anche il legame che venne stabilendosi tra il perfezionamento della specie in rapporto alle condizioni ambientali e la tematica specificamente filosofica del progresso. Con uno scritto dal titolo: Note sulla epistolica ‘De historia etymologica. Dissertatio’ di G.W. Leibniz (1712?), Stefano Gensini sottolinea come in quest’opera si possa prendere in esame la riflessione di Leibniz sull’origine del linguaggio. La concezione linguistica leibniziana si oppone alle teorie linguistiche che pretendono di ricondurre le diverse lingue ad un fondamento unitario, rappresentato da una lingua perfetta, sia essa quella ebraica o quella greca. Per Leibniz, le lingue hanno un’origine “imitativo-analogica” poiché i primi uomini emisero dei suoni onomatopeici per reagire agli stimoli di una natura estranea. Ne risulta così un’interpretazione storicistica del problema della formazione della lingua, di cui Leibniz individua il precursore in Platone. Alberto Granese mostra, invece, nel suo scritto Paul Valéry e la filosofia (la filosofia del linguaggio di Paul Valéry), come sia possibile ritrovare in Paul Valéry una filosofia del linguaggio che tende a ricondurre i problemi filosofici ad “abusi linguistici”. Nella prospettiva di Valéry si giunge alla conclusione paradossale che «il dire poetico altamente formalizzato e astraente quasi compiaciuto della sua impene23 trabile essenzialità e delle sue virtù non comunicative porta nelle vicinanze del reale più di quanto non faccia la filosofia». Tra gli scritti dedicati a questioni etiche, quello di Paola Dessì, L’incubo dell’automa, mostra come la questione del rapporto tra determinismo e libertà abbia arrovellato le riflessioni filosofiche senza ottenere risultati definitivi e risolutivi, mentre quello di Pietro Melis, Morale e diritto, mette in evidenza come nell’ambito delle riflessioni etiche il problema principale non sia tanto quello di dimostrare se tra convenzione o natura sia più veritiera l’una o l’altra interpretazione, ma di valutare le conseguenze che derivererebbero dalla negazione dei diritti naturali. Se a livello scientifico il convenzionalismo si rivela più credibile, osserva Melis, a livello morale appare meno convincente nelle sue conseguenze in quanto dovrebbe accettare come fatto naturale «che la natura distrugga se stessa». Enrico Rambaldi, invece, nel suo saggio Invidia e uguaglianza in Marx e Rawls, fa notare che se Marx si dedica di più all’analisi degli aspetti storici delle passioni e quindi dell’invidia, l’indagine di Rawls è basata sulla considerazione razionale a priori della natura umana, prestandosi maggiormente a deviazioni utopistiche. M.Mi. Le origini della teologia dialettica di Barth Con KARL BARTH’S CRITICALLY REALISTIC DIALECTICAL THEOLOGY . ITS GENESIS AND DEVELOPMENT 1909-1936 (La teologia dialettica critico-realistica di Karl Barth. Genesi e sviluppo 1909-1936, Oxford University Press, Oxford 1995) Bruce L. McCormack si propone di analizzare le origini del pensiero di Karl Barth, concentrando la sua attenzione sulla seconda edizione del Commento alla “Lettera ai Romani” di Paolo, nella quale Barth sostiene con grande energia la tesi dell’assoluta alterità di Dio e del suo regno rispetto all’uomo e al mondo empirico. Secondo McCormack, questa tesi fu suggerita a Barth dalla contemplazione della miseria e dell’ingiustizia sociale presenti nella Svizzera del primo dopoguerra. La filosofia di Karl Barth è generalmente collegata a quella rinascita kierkegaardiana che ebbe luogo negli anni immediatamente successivi al primo conflitto mondiale. L’affermazione dell’assoluta alterità di Dio e del suo mondo rispetto all’umanità e al mondo empirico e la tesi dell’impossibilità per l’uomo di comprendere Dio sono infatti facilmente rintracciabili anche in Kierkegaard. Ciò che però caratterizza Barth è la capacità di rendere particolarmente visibile il legame tra teologia e vita quotidiana. Con l’intento di risalire alle origini della AUTORI E IDEE teologia dialettica di Barth, l’analisi di McCormack si concentra sulla prima fase dell’attività del filosofo, cioè il periodo che va dal 1909 al 1936, e in particolare sulla seconda edizione del Commento alla Lettera ai Romani di Paolo di Tarso. Nel clima teologico-ermeneutico di Marburgo, che vedeva l’affermarsi dell’epistemologia neokantiana di Hermann Cohen, Barth sceglie di dedicarsi alla denuncia della miseria e dell’ingiustizia sociale del tempo; la dottrina dell’assoluta alterità di Dio, osserva McCormack, deriva proprio dalla constatazione di quella miseria, che fa del mondo della storia solo un mondo di apparenza. Questa completa dicotomia tra il mondo empirico e la sua fonte divina spinge poi Barth a sostenere l’impossibilità di una via epistemologica che ci porti dall’uomo a Dio. Solo Dio può permetterci questo incontro; esso avviene infatti solo nella persona di Gesù, strumento scelto da Dio per rivelarsi all’uomo. Escatologia come processo è la definizione con cui McCormack cerca di chiarire il postulato di Barth della presenza di Dio nella Rivelazione, nel nostro sforzarci verso un’umanità radicalmente nuova, dove non ci sia più ingiustizia, come una realtà “nella” storia e non “della” storia. Questa esigenza di evidenziare l’assoluta alterità di Dio, sottolinea McCormack, si esprime nel fatto che per Barth Dio è eterno, non infinito, in quanto l’infinito rimanda sempre al finito; per la stessa ragione Egli non è Causa, ma Origine. L’Essere di Dio sta al di là della linea della morte, che separa l’universo della temporalità, dell’umanità dall’eterno. Questa completa separazione, questa distanza è all’origine dell’inintuibilità di Dio. L’uomo non può comprendere o rappresentare Dio; l’unico modo in cui è possibile avvicinarsi a Lui è la Rivelazione, che dipende dall’iniziativa divina e si serve di Gesù come strumento. Al di là di questo l’uomo non può andare, poiché un Dio comprensibile sarebbe un “non-Dio”, il dio di questo mondo. La rivelazione di Dio dev’essere indiretta, velata. In nessuna delle opere posteriori la meditazione di Barth raggiunge, secondo McCormack, la forza, l’immediatezza che contraddistinguono la seconda versione del Commento a Paolo. Nel decennio successivo alla sua composizione, Barth si interroga sulla vera natura della teologia, arrivando alla celebre affermazione: «Come teologi dovremmo parlare di Dio. Tuttavia noi siamo umani e, come tali, non possiamo parlare di Dio. Dovremmo riconoscere sia il nostro dovere che la nostra impotenza e con questo riconoscimento dare a Dio la gloria». McCormack chiude la sua analisi con la considerazione dei primi lavori preparatori alla stesura della Dogmatica, da cui trae la difficile domanda: cosa significa essere moderni nell’ambito della teologia? A.R . Possibilità della metafisica Una proposta di rifondazione della metafisica è quella contenuta ne IL PUNTO DI PARTENZA DELLA METAFISICA (Vita e Pensiero, Milano 1995), in cui Joseph Maréchal si propone di superare i limiti formali della filosofia critica kantiana attraverso una rivisitazione dell’epistemologia tomista, che riconosce un elemento oggettivo alla base della conoscenza, senza tuttavia incorrere in una qualche forma di ontologismo. Un’ulteriore ipotesi di ripensamento della metafisica è quella che ci proviene dal volume a cura di Battista Mondin, ERMENEUTICA E METAFISICA. POSSIBILITÀ DI UN DIALOGO (Città Nuova, Roma 1996) in cui vari autori analizzano il legame tra metafisica ed ermeneutica considerando quest’ultima come il completamento necessario della stessa metafisica. Nel suo studio Joseph Maréchal si propone di individuare gli elementi comuni tra la filosofia scolastica tradizionale e la filosofia critica di ispirazione kantiana con lo scopo di fondare una nuova metafisica. Kant, osserva Maréchal, dopo aver rivalutato l’intelletto contro gli empiristi, difendendolo dalle critiche degli ontologisti, non seppe scorgere «la continuità profonda dell’intelligenza concettuale con la ragione trascendente, speculativa e pratica», approdando di conseguenza ad una forma di agnosticismo, dovuta ad una visione troppo formale e statica della conoscenza, priva di una finalità dinamica. In questa prospettiva, Fichte, attribuendo all’a priori un significato non solamente formale, ma anche dinamico, introdusse un elemento necessario per correggere il trascendentalismo statico, pur rimanendo legato agli schemi del razionalismo. Secondo Maréchal, è invece possibile rivalutare le componenti innovative dell’idealismo trascendentale, instaurando un’epistemologia che, se, da un lato, rivela le pretese illusorie della ragione, dall’altro afferma la superiorità di quest’ultima sull’ “intelletto astrattivo”. A questa esigenza può rispondere in modo adeguato l’aristotelismo tomista, conformandosi alle componenti critiche della filosofia moderna. Infatti, fa notare Maréchal, in ogni conoscenza oggettiva è implicita una “posizione d’essere”, che Kant non ha compreso, sostenendo che tutti i concetti umani, in quanto schemi trascendentali della materia, sono caratterizzati da un elemento fenomenico e relativo. Se l’oggetto diretto della conoscenza dell’uomo è fenomenico in relazione all’attività rappresentativa, è tuttavia “noumenico” in relazione al suo significato oggettivo. In questo modo il kantismo viene liberato dal suo agnosti24 cismo, senza tuttavia ricadere in una qualche forma di ontologismo. In tal senso, Kant non avrebbe demolito ogni tipo di metafisica, ma avrebbe solamente mostrato l’inconsistenza di ogni dogmatismo metafisico. Rispetto a quella kantiana, aggiunge Maréchal, l’epistemologia tomista rivela la sua validità nell’eliminare ogni separazione tra vita e coscienza, tra attività e speculazione; separazione che è alla radice di molti problemi dell’epistemologia moderna. Alla questione metafisica, e in particolare al rapporto tra metafisica ed ermeneutica, sono dedicati i contributi di vari autori presenti in Ermeneutica e metafisica. Possibilità di un dialogo. Scopo generale dei vari interventi, come indica Aniceto Molinaro nel suo scritto, Metafisica ed ermeneutica in dialogo, è mostrare come l’ermeneutica non debba essere considerata contrapposta alla metafisica, ma ne costituisca il necessario complemento. Anche Gaspare Mura, nel suo intervento su Ermeneutica, verità, metafisica, mette in rilievo come sia necessario evitare di opporre la metafisica all’ermeneutica, sottolineando l’inadeguatezza di un’ermeneutica filosofica che non sappia fornire una base di verità alla stessa interpretazione. Nel suo contributo, Ermeneutica e metafisica in Aristotele, Enrico Berti mette in evidenza come nello scritto Perì Ermeneios di Aristotele si possa rintracciare un vero e proprio trattato di ermeneutica, laddove vengono enucleate le condizioni che rendono possibile l’interpretabilità del discorso composto da nome e verbo. Questa ermeneutica diventa metafisica classica nella misura in cui l’unico vero discorso è quello che esprime la realtà dell’essere. D’altra parte, come rileva Luigi Alici nel suo scritto Ermeneutica e metafisica in S. Agostino, è Agostino che consente di attuare un collegamento tra ermeneutica e metafisica, riconoscendo «una realtà ordinata in senso onto-assiologico e dotata di un proprio statuto intenzionale». In Agostino, la componente ermeneutica è basata su una concezione semiologica che considera il segno linguistico come signum datum e, quindi, come un fattore di legame tra la cosa e la voluntas significandi. Per questo, sottolinea Alici, l’agostinismo può raccogliere la “sfida” ermeneutica contemporanea, mettendo in rilievo il senso del mistero e del limite dell’uomo nelle sue componenti religiose e metafisiche. Nel suo intervento, L’ermeneutica filosofica e teologica di San Tommaso, Battista Mondin mette in rilievo come il legame tra metafisica ed ermeneutica in Tommaso si basi sul rapporto stretto tra linguaggio, pensiero e realtà: «Il linguaggio significa immediatamente il pensiero e questo significa immediatamente la realtà». Per Schleiermacher, AUTORI E IDEE come sottolinea invece Roberto Osculati nel suo scritto Ermeneutica, filosofia, teologia in Schleiermacher, l’ermeneutica è «critica e autocritica» che si pone come obiettivo la libertà, la storicità e la socialità. Kierkegaard, d’altra parte, come mostra Mariano Fazio intervenendo su Kierkegaard: un’ermeneutica possibile, presenta un’ermeneutica basata sulla categoria del singolo che si propone di delineare il modo migliore per divenire cristiani. Per Giorgio Penzo, che interviene con lo scritto Il superuomo come maschera del divino: secondo l’ermeneutica di F. Nietzsche, l’attività filosofica di Nietzsche, come quella di Kierkegaard, è di tipo teologico, dove, però, la fede in Dio si basa sulla demolizione di ogni fondamento, dal momento che l’unico fondamento possibile è il nulla. Per Vittorio Possenti, a cui si deve il saggio Ermeneutica, metafisica e nichilismo in Heidegger, l’opera di Heidegger rappresenta una «confessione di problematicismo ontologico intrinseco». Un’ontologia di natura ermeneutica che conferisca un ruolo primario all’analitica dell’essere deve necessariamente accantonare il problema fondamentale della conoscenza reale dell’essere. M.Mi. Logica, estetica, antropologia filosofica Anche in Italia si è di recente sviluppato un interesse per l’opera di autori come Georg Misch, Hans Lipps e Helmuth Plessner, accomunati, nella differenza delle rispettive posizioni, dal riferimento al pensiero di Dilthey. Questo interesse risulta ora documentato dagli studi di Giovanni Matteucci, IMMAGINI DELLA VITA. LOGICA ED ESTETICA A PARTIRE DA DILTHEY (Clueb, Bologna 1995), e di Salvatore Giammusso, POTERE E COMPRENDE RE . LA QUESTIONE DELL ’ ESPERIENZA STORICA E L ’ OPERA DI HELMUTH PLESSNER (Guerini e Associati, Milano 1995). Il pensiero di autori come Georg Misch, Hans Lipps e Helmuth Plessner continua a suscitare l’interesse degli studiosi tedeschi. Nel corso di questi ultimi anni vi è stata, da una parte, un’intensa attività di ricerca filologica, che ha condotto alla pubblicazione dei corsi di logica di Misch, del Carteggio Plessner-König e di alcuni scritti inediti di König; dall’altra questi autori, a partire dagli Studi sull’ermeneutica di O. F. Bollnow, sono stati e sono tuttora oggetto di saggi e di studi storico-critici, tra i quali ricordiamo qui almeno quelli raccolti da Frithjof Rodi in ‘Conoscenza del conosciuto’. Sull’ermeneutica del XIX e XX secolo (Franco Angeli, Milano 1996). Di un crescente interesse anche in Italia per questi autori testimonia lo studio di Giovanni Matteucci, che non si prefigge di offrire «una ricostruzione storica o una riabilitazione anacronistica del pensiero ispirato a Dilthey», ma intende «trovare un accesso a temi e questioni particolari, mettendo a frutto le indicazioni offerte da tale pensiero». Partendo dalla concezione diltheyana, che intende la finitezza umana non alla stregua di un dato naturale, ma come condizione storica, Matteucci indica nella “poieticità”, nel fatto che ogni atto umano «rimanda sempre a qualcosa di ulteriore», la peculiarità dell’essere umano. Mettendo in primo piano il tema delle “immagini della vita”, Matteucci intende caratterizzare in primo luogo l’anti-intellettualismo di Dilthey, per il quale il pensiero, derivando dallo “sfondo” della vita, non può pretendere di trasformare la vita in un contenuto obiettivo. Da qui l’esigenza di sostituire il concetto con l’immagine e di ridefinire in questo modo i rapporti «tra sensibilità e intellettualità, ossia tra aisthesis e kategorein». In questa prospettiva, Matteucci giunge da una parte a discutere criticamente gli esiti della dottrina kantiana dello schematismo trascendentale e di quella del giudizio riflettente, dall’altra individua un legame tra la dottrina del significato, sviluppata da Dilthey e da Misch, e il problema di un superamento delle astrattezze della concezione kantiana della ragione alla luce della diltheyana “critica della ragione storica”. Nei tre capitoli che compongono la prima parte del suo studio, Matteucci analizza gli scritti di Dilthey utilizzando come filo conduttore la dottrina del significato: centrali sono qui i temi del rapporto tra estetica e logica e tra estetica e poetica, la dottrina diltheyana delle categorie della vita e il concetto mischiano del “determinato-indeterminato” come categoria specifica di una logica “ermeneutica”. La seconda parte considera alcune prospettive che si aprono a partire da quella che Matteucci definisce la “riflessione logico-estetica” di Dilthey. Il quarto capitolo (“Logica ermeneutica e significatività”), in particolare, mette in luce diversi aspetti dell’“esteticità” del fenomeno logico; qui svolge un ruolo portante l’analisi della concezione di una “logica ermeneutica” sviluppata da Misch e da Hans Lipps nel corso degli anni Venti. In modo complementare, il quinto capitolo (“La ‘comprensione’ tra ermeneutica e critica”) considera il problema della “strutturazione logica del momento estetico dell’esperienza”. Un tema importante di quest’ultimo capitolo è la delineazione dei motivi di contrasto tra la concezione del comprendere che ha la propria origine in Hans-Georg Gadamer e una con25 cezione del comprendere mutuata dalla prospettiva diltheyana, mischiana e lippsiana di una riflessione sulla vita. A queste analisi fa riscontro lo studio di Salvatore Giammusso, che prende le mosse dalla domanda sul rapporto dell’essere umano con il mondo storico. Nel tentativo di sottrarla ai rischi del relativismo e dello scientismo, questa domanda diventa quella relativa alla possibilità di una riflessione filosofica sulla storia nell’età del “disincanto”. Il problema è qui quello di determinare i concetti di “storicità” e di “comprendere” in modo da tener fermo l’“illuminismo storicistico”, ma trovando al tempo stesso delle possibilità alternative allo scientismo e al relativismo. Nello studio di Giammusso diventa pertanto centrale il problema della “significatività”, in particolare quello «di riscoprire una significatività non teleologica dell’esperienza della storia». La parte principale di questo studio offre un’interpretazione dell’antropologia filosofica di Plessner nel tentativo di mettere in luce i motivi di interesse filosofico dell’opera plessneriana in rapporto ai problemi del moderno e dell’esperienza storica. In tal senso appaiono rilevanti il tentativo plessneriano di sviluppare una ricerca antropologico-filosofica nella direzione di un superamento dei limiti del pensiero kantiano; il problema di fondare la scienza dell’uomo alla luce delle indicazioni della fenomenologia e di una filosofia della natura; la ripresa di motivi della Lebensphilosophie di Dilthey filtrata attraverso l’interpretazione di Misch; l’influsso della “logica di Gottinga” di Misch, Lipps e König. Plessner appare così a Giammusso come “un geniale outsider”, nella cui opera si riflettono problemi e strumenti analitici dello storicismo, della fenomenologia, dell’ermeneutica, della Lebensphilosophie, della sociologia della conoscenza e del marxismo inteso in senso non dogmatico. Giammusso sviluppa l’analisi dell’opera plessneriana in base ai tre problemi fondamentali del “moderno”, della “storicità”, del “comprendere”. Il primo capitolo (“Il senso del moderno”) considera soprattutto gli scritti che precedono l’opera Die Stufen des Organischen und der Mensch (I livelli del mondo organico e l’essere umano, 1928), ma offre già una interpretazione d’insieme dell’opera plessneriana, mettendone in luce l’impianto storicistico di fondo. In Plessner, osserva Giammusso, coscienza storica e obiettività scientifica non si escludono, ma si implicano reciprocamente all’interno di una considerazione filosofica della modernità che cerca «strumenti per correggere alcuni aspetti patologi- AUTORI E IDEE Saggi di filosofia morale In una nuova raccolta di scritti, MAKING SENSE OF HUMANITY AND OTHER PHILOSOPHICAL PAPERS (Capire l’umanità e altri scritti filosofici, Cambridge University Press, Cambridge 1995), Bernard Williams approfondisce alcuni temi classici della sua riflessione morale: dall’analisi del conflitto alla critica dei sistemi morali moderni, basati su impianti riduzionistici e tendenti alla pretesa di fornire verità ultime di tipo quasi teologico. La filosofia di Williams è oggetto d’analisi di un volume collettaneo, curato da J.E.J. Altham e Ross Harrison, WORLD, MIND AND ETHICS. ESSAYS ON THE ETHICAL PHILOSOPHY OF BERNARD WILLIAMS (Mondo, mente ed etica. Saggi sulla filosofia morale di Bernard Williams, Cambridge University Press, Cambridge 1995), contenente anche un importante saggio di replica dello stesso Williams alle obiezioni avanzategli. A queste tematiche fa riscontro uno studio di Charles Taylor, PHILOSOPHICAL ARGUMENTS (Argomenti filosofici, Harvard University Press, Harvard 1995), in cui la dimensione morale e sociale s’intreccia con una critica dell’epistemologia. Bambino eritreo ci generati dagli stessi processi di modernizzazione». Nel secondo capitolo (“La comprensione del potere”) viene in primo piano l’analisi della teoria plessneriana della storicità, da Die Grenzen der Gemeinschaft (I confini della comunità, 1924) fino a Macht und menschliche Natur (Potere e natura umana, 1931), da cui emerge l’importanza della corporeità nella concezione plessneriana della vita storica, unitamente al legame tra concetto di storicità ed esperienza concreta dell’estraneità. Nel terzo capitolo (“Il potere del comprendere”) viene considerata la teoria ermeneutica di Plessner, tanto sotto il profilo antropologico, con riferimento a Die Einheit der Sinne (L’unità dei sensi, 1923) e a Die Deutung des mimischen Ausdrucks (L’interpretazione dell’espressione mimica, 1925), quanto sotto quello storico. Estendendo l’àmbito del comprendere dalla comprensione dei testi e delle espressioni linguistiche all’intera sfera del comportamento umano e della corporeità, Plessner propone un paradigma del comprendere che, secondo Giammusso, si propone «come anello di raccordo tra approccio ermeneutico e fenomenologico». Alla questione di come sia possibile «trasformare il concetto di antropologia e porlo in relazione a quello di una filosofia della storia come teoria dell’esperienza storica in senso pratico» è dedicato il quarto e ultimo capitolo (“Il potere del comprendere e la comprensione del potere: la questione di un’ermeneutica pratica”), che, intende delineare la concezione di una filosofia della storia come “ermeneutica pratica”, cioè come «fenomenologia dell’esperienza storica in senso pratico». M.M. 26 Con Making Sense of Humanity abbiamo a disposizione un’altra raccolta di saggi di Bernard Williams, dopo quelli già apparsi nel 1985 e nel 1993, in cui emergono in modo evidente la sua critica del pensiero morale moderno e la sua concezione della natura e delle possibilità di una vita etica. Anche in questi saggi Williams ribadisce come la filosofia morale debba rispettare la complessità dei fenomeni etici, così come questi vengono effettivamente esperiti. La moralità rappresenta un problema non solo dal punto di vista dei contenuti, ma anche da quello della sua esistenza come dimensione di ragione pratica o di valutazione sociale. In quest’ottica, un’analisi del conflitto morale richiede, secondo Williams, l’uso di una concezione psicologica realistica delle motivazioni umane; inoltre, una filosofia morale efficace deve essere in grado di render conto non solo dell’elemento psicologico, ma anche di tutti i campi del sapere, in particolare della storia, da cui si può trarre un contributo alla comprensione dell’essere umano. Una delle principali obiezioni di Williams ai sistemi morali è che questi si basano su impianti riduzionistici, che li portano ad analizzare concetti ad un livello troppo astratto e generico (“il bene”, “il giusto”, “il dovere”), imponendo così una struttura ipersemplificata al pensiero etico che annulla la complessità dei concetti inerenti all’ambito dell’etica. Inoltre, i giudizi derivanti da un sistema morale non rientrano nel campo delle verità obiettive, in quanto la loro applicazione pratica è comunque determinata dalla realtà in cui vengono applicati. In definitiva, i sistemi morali si basano, secondo Williams, su una radicale distinzione fra morale AUTORI E IDEE e non morale priva di fondamento: non ci sono verità etiche definitive; considerare i nostri valori come verità ultime è non solo una forma di superstizione, ma un elemento di debolezza. Questi fondamentali elementi della teoria di Williams sono al centro dei nove saggi presenti nel volume collettaneo World, Mind and Ethics, dove l’obiezione più forte rivolta a Williams è, in alcuni casi, quella di aver delineato una critica puramente negativa nell’interpretare la richiesta filosofica di una teoria morale sistematica come pretesa moralistica e oppressiva. A questa obiezione Williams replica, nel volume in questione, sostenendo che la distruzione filosofica delle teorie morali non deve necessariamente portare come conseguenza ad una distruzione di parte della nostra consapevolezza morale. Inoltre, osserva Williams, l’uso di concetti morali avviene non in base alla conoscenza della loro assoluta desiderabilità, ma deriva dalla nostra abitudine e confidenza con essi, laddove i sistemi morali pretendono di dare qualcosa di più, fornendo il conforto di una verità ultima. In Philosophical Arguments Charles Taylor riprende temi di filosofia morale e di critica comunitaria del liberalismo a partire dalla critica del progetto epistemologico, originatosi con Cartesio e sviluppatosi fino alla fine del nostro secolo secondo due principali varianti, il razionalismo e l’empirismo, la cui pretesa è stata quella di fondare la conoscenza nell’esperienza del soggetto individuale. La proposta di Taylor si pone invece più vicino alle posizioni di Heidegger, Merleau-Ponty e Wittgenstein, per i quali la conoscenza è il possesso di un soggetto incarnato che interagisce con altri soggetti. Per evitare tuttavia di cadere nel convenzionalismo, o in tesi vicine al soggettivismo di Foucault, Derrida o di altri esponenti del postmodernismo, Taylor sostiene che sebbene alcuni schemi concettuali ci forniscano una maggiore comprensione della realtà, ciò non avviene in un’ottica pragmatica, in quanto la loro riuscita cambia da una comunità all’altra. In Taylor la critica epistemologica è correlata al discorso filosofico morale e a quello politico. Egli individua infatti uno stretto legame fra il progetto epistemologico sopra criticato e una visione atomistica della società, in cui individui scissi costituiscono ciascuno una fonte separata di conoscenza e di valori. Questa società è permeata da una visione naturalistica dell’etica in cui scompaiono quelli che Taylor definisce i “principi forti”, per lasciare spazio ai desideri e alle volontà atomistiche che di fatto si palesano nella realtà sociale. Dal punto di vista politico, questa situazione conduce ad una forma di liberalismo che Taylor definisce “procedurale”, in cui le società liberali non sono altro che arene in cui i privati individui sono liberi di perseguire i propri obiettivi rapportandosi gli uni con gli altri solamente tramite strutture legali e forme elitarie di politica in cui i cittadini comuni non hanno voce in capitolo. M.B. Dialogo sulla morale tra Oriente e Occidente Nella morale occidentale il rapporto tra il sentimento e la ragione appare problematico. Sentimenti ed emozioni, scatenate dalla presenza dell’altro o da una minaccia che ne investe l’esistenza, sono spesso la vera causa che spinge l’essere umano all’azione. Se questo legame immediato che ci unisce agli altri appare difficilmente giustificabile a partire dalle categorie classiche del pensiero occidentale, una possibile alternativa ci viene dalla proposta di François Jullien in FONDER LA MORALE. DIALOGUE DE MENCIUS AVEC UN PHILOSOPHE DES LUMIÈRES (Fondare la morale. Dialogo di Mencius con un filosofo dei lumi, Grasset, Parigi 1996). Si deve al filosofo cinese Mencius, allievo di Confucio, l’aver sviluppato una precisa me- ditazione sul tema del “fare qualcosa”, all’interno della quale l’enigma di un sentimento come la pietà scompare. Qui l’individuo non viene infatti concepito come un qualcosa di chiuso e irrelato, ma come parte di un’interazione e di un processo: l’impulso alla pietà nasce dalla comune partecipazione degli uomini alla vita che, minacciata nell’altro, reagisce in me. Per Mencius, osserva François Jullien, la pietà è un punto di partenza, il germe di una possibile virtù umana che si tratta di coltivare ed estendere alla totalità delle azioni. In questo senso, pur essendo una manifestazione irriflessa, può porsi come fondamento della morale. Tuttavia, sarebbe errato interpretare questa prospettiva sullo sfondo della concezione occidentale di una volontà individuale libera, che impone alle cose le decisioni della coscienza; la filosofia cinese ignora infatti ogni opposizione tra mondo e coscienza, tra desiderio e azione. Ma anche senza le nozioni di libertà e di coscienza Ritratto di Confucio, 1734 27 AUTORI E IDEE autonoma, fa notare Jullien, è possibile fondare la morale nella misura in cui la tensione etica dell’uomo non sia in alcun modo separata dal corso del mondo e dal suo andamento. Il mondo vegetale può essere assunto come modello del rapporto tra il soggetto e la sua umanità: si tratta di assecondare lo sviluppo naturale attraverso poche azioni, fatte al momento giusto. Jullien sceglie la forma del dialogo per mettere a confronto due differenti tradizioni culturali; la comparazione, il dialogo a distanza tra affermazioni giustapposte, sono qui intesi come mezzo per fondare un sapere e fecondare il pensiero a partire dalle differenze. La filosofia occidentale contemporanea, sulla scia delle riflessioni dei “maestri del sospetto”, Freud, Nietzsche e Marx, sembra avere completamente rinunciato alla ricerca dei fondamenti della morale: se Marx ha denunciato «il carattere al contempo occulto e servile della morale, sempre nelle mani della classe dirigente e utile soltanto [...] a consolidare l’ordine costituito», Freud vede nella morale solo «il risultato della costituzione del Super-Io», che in se stesso non è altro che «l’introiezione, durante la nostra infanzia, dell’immagine idealizzata dei nostri genitori o dei loro sostituti». Per rimettere in gioco la questione occorre, secondo Jullien, risalire alle origini della sua formulazione moderna, ovvero a quel secolo dei Lumi in cui la morale si è affrancata dalla religione e anche dalla trascendenza che caratterizzava l’impostazione della filosofia occidentale pre-cristiana. Per Rousseau la morale si fonda sul sentimento umano della pietà; per Kant essa riposa su basi universali, mentre per Schopenhauer la morale è un mistero della natura umana. Tutte queste impostazioni, fa notare Jullien, si sono rivelate insufficienti, in quanto la pietà fa appello ad una concezione antropologica della morale, esponendosi così alla diversità delle culture. Solo Kant ha cercato di definire più rigorosamente l’esigenza morale, nel suo carattere di puro a priori. In Mencius, Jullien trova ora colui che più esplicitamente formula ciò che i “filosofi dei Lumi”, Kant per primo, avevano abbozzato. Mencius fonda la virtù morale su una reazione di insopportabilità; così, pur concordando con i moralisti occidentali sul principio di una esigenza morale, supera le loro aporie, in quanto fonda la morale su una pratica e una spontaneità (e non su una trascendenza o un’antropologia). La coscienza non parla ma si manifesta direttamente in noi, come una reazione spontanea. Essere soggetti a questa spontaneità, che ci fa correre in soccorso di un altro essere umano in pericolo, significa rispondere alla nostra unica preoccupazione, che deve essere quella di vivere nel modo più completo possibile. L’insegnamento di Mencius, in grado di rimettere in moto la questione morale, è dunque quello di riconoscere nella morale una condotta la cui costrizione non si prova se non nell’immanenza della vera vita. D.F. Filosofia e scrittura: le pratiche e i saperi Gli esiti della recente riflessione di Carlo Sini sono compendiati nella sua ultima opera: GLI ABITI, LE PRATICHE, I SAPERI (Jaca Book, Milano 1996), che tematizza l’esperienza veritativa mettendone in luce il legame essenziale che essa intrattiene con la questione della scrittura. Anticipando elementi di quella che sarebbe stata la sua attuale ricerca, Sini, insieme a Fulvio Papi e Maurizio Ferraris, era in precedenza intervenuto in occasione di una presentazione della sua precedente opera, FILOSOFIA E SCRITTURA (Laterza, Roma-Bari 1994), alla Casa della Cultura di Milano (15 febbraio 1995). Nella sua ultima opera, Gli abiti, le pratiche, i saperi, Carlo Sini decostruisce l’esperienza filosofica, mettendone a fuoco il carattere di pratica e il legame con la questione della scrittura. Ogni verità, sostiene Sini, è relativa alla sua pratica; in questo consiste la verità della filosofia. In particolare, la nozione “scientifica” di verità è quella pertinente alla scrittura alfabetica, che opera una decontestualizzazione obiettivante del discorso, in seguito alla quale si produce il “disincantamento del mondo”. Quel mondo che, come Sini ha mostrato, è il frutto del gesto istitutivo del grafema vocalico. La voce si caratterizza infatti, dal punto di vista fenomenologico, per il suo carattere autografico: in quanto origine e oggetto del gesto, la voce pone due poli correlativi, il sé corporeo e il mondo, che non hanno un luogo se non in questo gesto. Su questo medesimo terreno si radica la questione dell’intersoggettività; essa rappresenta un fenomeno originario, non un problema da risolversi presupponendo l’esistenza preliminare di un soggetto, che dovrebbe porsi in rapporto enigmatico con gli enti difformi da esso. La scrittura alfabetica dissimula il legame del parlante con il mondo: essa dà luogo alla concezione relativa all’esistenza di un sapere oggettivo, e universalmente valido, nonché alla prospettiva in cui la scrittura medesima appare come uno strumento, un veicolo neutro di concetti indipendenti da essa. Parlando di un precedente studio di Sini, Filosofia e scrittura (Roma-Bari 1994, «Informazione filosofica» nn. 17-18), Fulvio Papi vi individuava due temi decisivi: il primo è quello della “genealogia della metafisica”; il secondo quello della ricostruzione della filosofia, attuata a partire dalla sua impossibilità attuale di ripresentarsi nei termini di pratica storica e scientifica. Nell’indagine genealogica di Sini, il punto decisivo, osservava Papi, è rappresentato dal momento del passaggio da una cultura orale 28 ad una scritta. Qui appare la relazione che intercorre tra la pratica di scrittura e la costituzione della “scienza filosofica” e che consiste nell’istituzione del lettore universale, l’osservatore pan-oramico che getta il suo sguardo sul “mondo di cose”, che solo in quel momento si costituiscono come tali. La filosofia di Platone, a dispetto della sua polemica contro la scrittura, costituisce il primo effetto di questa pratica, che finisce per occultarla, lasciando in evidenza il soggetto. Avvicinando la posizione di Sini a quella di Derrida, Papi rilevava la consustanzialità, in Sini, della prospettiva oggettivante propria allo sguardo scientifico e allo sguardo storico: la stessa costruzione del passato, come alienazione dell’oggetto della memoria, rappresenta un “mettere a distanza” obiettivante, che istituisce questo stesso oggetto. Questa, secondo Papi, è la fine della filosofia come fine della metafisica, fine di un passato oggettivo rispetto al quale il soggetto è “soggetto a”, costruito dalle pratiche. Per Sini, osservava Papi, “stare nella filosofia” rappresenta “l’esperienza etica della verità”, ovvero il collocarsi nell’apertura dell’evento. Tuttavia, si verifica qui una contrapposizione eccessiva, per Papi, tra la prospettiva metafisica e quella definita dal “saper abitare l’evento”, mentre sarebbe preferibile insistere sull’aspetto di evoluzione delle pratiche discorsive, e sulla contingenza delle medesime. Secondo Papi, esiste una scrittura che devasta il carattere metafisico a essa proprio; quest’ultimo è soltanto una delle sue possibilità, iscritta nell’effetto di idealizzazione che comporta una temporalizzazione del discorso. La carne del vivente, per Papi, pur nella prigionia della scrittura, tende ad un sapere di sé che è inobiettivabile, non tematizzabile nell’astratto, nell’idealizzazione. Il soggetto permane nella prigionia del linguaggio perché non può non esistere; con ciò, esso esiste nella contingenza. Individuando, in Filosofia e scrittura, una contrapposizione tra filosofia e cultura, Maurizio Ferraris rintracciava nella concezione di Sini alcuni aspetti problematici. Per il fatto che la contrapposizione tra filosofia e cultura risulta del tutto intrinseca alla filosofia stessa, Ferraris giungeva a respingere la tesi secondo la quale l’ermeneutica incarnerebbe una forma di filosofia che abdica alla propria specificità nei confronti della cultura, della storia, della scienza e della tecnica. D’accordo con Sini si dichiarava invece Ferraris in merito al rifiuto della banalizzazione della “svolta linguistica”, cioè della tematizzazione dell’importanza del linguaggio banalizzante. Il “pensiero dell’essere” è, per Ferraris, un’impostazione derivativa; originaria, ovvero trascendentale, è invece la questione della differenza tra essere ed ente. In quanto problema inerente la pensabilità di AUTORI E IDEE ogni ente, tale questione rinvia a quel raddoppiamento del trascendentale che fa sì che ogni evento empirico diventi istanza trascendentale, condizione della possibilità di qualcosa. Da questo punto di vista, osservava Ferraris, l’attacco alla metafisica appare poco giustificato, in quanto essa ha come suo tratto caratteristico l’accentuazione del carattere trascendentale dell’empirico, che rende difficile individuare un confine tra filosofia e scienza. In definitiva, la concezione di Sini si presenta, per Ferraris, come una sorta di “fenomenologia dello spirito” nel suo procedere dall’oralità all’idealità della scrittura alfabetica, vista come l’origine del pensare concettuale. Rispondendo alle obiezioni di Papi e Ferraris, Sini si dichiarava d’accordo in merito ad una denuncia della finitudine del sapere filosofico, condotta all’interno del discorso filosofico. Giunto alla percezione del proprio limite, in quanto compreso all’interno di una pratica, il sapere filosofico dovrebbe far emergere dalla proprie molteplici modalità la concreta situazione del vivente. Da questo punto di vista, osservava Sini, se è pur vero che l’esito metafisico non è l’unico possibile della scrittura alfabetica, occorre tuttavia rilevare come esso ne abbia invaso, in virtù dell’universale pervasività della dimensione mediatica, la totalità degli ambiti di espressione. Il fallout della quaestio metaphysica riguarda infatti tanto la scrittura filosofica quanto quelle scientifica, politica, letteraria. In tale prospettiva, sollevare l’istanza della “concreta situazione del vivente” rischia di configurarsi, secondo Sini, come una mera dichiarazione di intenti. Centrale è invece la questione del cosiddetto “paradosso delle pratiche”, a partire dal quale è possibile rilevare il “fine etico” presente in Filosofia e scrittura. Nel panorama della riflessione filosofica sulla modernità, faceva notare Sini, il paradigma della reduplicazione tra il livello empirico e quello trascendentale si presenta, per il soggetto della pratica filosofica, come inevitabile: è infatti la pratica filosofica che istituisce la reduplicazione, ma che, nel contempo, ce la rende visibile. Rispetto a tale riconoscimento, occorre tuttavia ammettere la necessità della “scelta etica”; occorre cioè ammettere la necessità, da parte di un soggetto, di passare dall’essere “soggetto alle” pratiche a essere “soggetto di” queste pratiche. Questo secondo soggetto, tuttavia, non si dà; non esistono infatti, sottolineava Sini, due determinazioni di soggetto, bensì soltanto una, quella che rimanda a un’istanza che, nell’esser soggetta alle pratiche, ne frequenta l’orlo (cioè: il “proprio” orlo) in una sorta di rimbalzo. A Ferraris, e con lui a Derrida, Sini contesta in particolare che si possa parlare di scrittura e di voce come di istanze singolari, luoghi originari; esse sono, invece, prodotti della scrittura alfabetica. La questione se nasca prima la razionalità greca, da cui, in un secondo tempo, sorge la scrittura alfabetica, o non piuttosto il contrario, appare già pregiudicata, secondo Sini, dalla prospettiva della scrittura alfabetica: la razionalità greca è il prodotto di determinate pratiche di scrittura, e non scorgere questo fatto, come accade in Derrida, è la condizione che definisce il luogo della metafisica. F.C. Rappresentanza, giustizia, potere Il problema della rappresentanza, quello della fondazione del giudizio politico e quello del bene e del male in relazione allo statuto fondamentale dell’agire politico sono rispettivamente al centro di tre studi: RAPPRESENTANZA POLITICA E RAPPRESENTANZA DEGLI INTERESSI (Franco Angeli, Milano 1996), di Antonino Scalone; GIUSTIZIA POLITICA. FONDAMENTI DI UNA FILOSOFIA CRITICA DEL DIRITTO E DELLO STATO (il Mulino, Bologna 1995), di Otfried Höffe; LA CITTÀ ORIGINARIA. DIALETTICA DELLA RAGIONE POLITICA (Morcelliana, Brescia 1995), di Attilio Franchi. A questo gruppo di testi si possono accostare, anche se in posizione eccentrica, la riflessione offerta da James Hillman in FORME DEL POTERE (Garzanti, Milano 1996), una fenomenologia del potere nella società contemporanea, e lo studio di Matthias Bohlender, DIE RHETORIK DES POLITISCHEN. ZUR KRITIK DER POLITISCHEN THEORIE (La retorica del Politico. Per la critica della teoria politica, Akademie Verlag, Berlin, 1995), che si sofferma sui rapporti tra retorica e politica. Il punto nodale dello studio di Antonino Scalone, come indica Giuseppe Duso nella “Prefazione” al volume, si raccoglie sostanzialmente nella domanda: se caratteristica peculiare della rappresentanza moderna è quella di fondare l’unità del popolo, altrimenti non rinvenibile, come è possibile che questa si adegui poi alle configurazioni pluralistiche, verso cui viene spinta dalle trasformazioni politiche del nostro tempo? Passando attraverso le teorie di autori quali Rudolf Smend, Hermann Heller, Max Weber, Carl Schmitt, Gerhardt Leibholz, Otto Kirchheimer e Hans Kelsen, e scendendo poi maggiormente nel merito del problema della rappresentanza degli interessi in autori quali Werner Weber, Theodor Eschenburg ed Ernst Fraenkel, Scalone individua in Joseph K. Kaiser una tappa decisiva per risolvere all’interno della sfera della cittadinanza politica la questione delle “organizzazioni degli interessi”. Pur nell’incomponibilità di fon29 do di questa questione con il quadro fondativo classico che sta ancora alla base della moderna organizzazione dello Stato e che lascia insoddisfatta la necessità di richiamarsi a un’istanza superiore rispetto alle parti, la questione, come mostra Scalone, investe indubbiamente lo statuto dell’odierno ordinamento politico. In questa prospettiva, l’esperienza di Weimar continua a rappresentare un momento paradigmatico per la riflessione costituzionalistica non solo tedesca, ma anche italiana. Problemi di fondazione della teoria politica stanno anche al centro dello studio di Otfried Höffe (la cui edizione originale risale al 1987), secondo il quale il problema squisitamente filosofico di una legittimazione in termini di giustizia della problematica dello Stato non può essere affatto liquidata: «Contro la scienza giuridica positiva» - egli afferma - «occorre fondare la prospettiva morale e quindi, con l’aiuto di questa, assegnare dei limiti ai rapporti giuridici e politici; contro l’anarchismo, invece, occorre fondare e legittimare tali rapporti». Se è vero, sottolinea Höffe, che il progetto politico moderno nasce dalla crisi e dallo sgretolamento delle credenze, per così dire, “fondamentalistiche” su cui si reggeva l’ordinamento politico tradizionale, bisogna allora contestare l’assunto secondo cui «la conquista politica della democrazia liberale consiste nell’“indifferenza riguardo alle questioni ultime”» e quindi nell’accantonamento del riferimento alle visioni del mondo, per situarsi nell’ambito più limitato, ma più sicuro, delle “questioni penultime”. In realtà, precisa Höffe, anche la democrazia vive di un accordo circa le cose ultime, altrimenti non sarebbe in grado di postulare i principi basilari del suo ordinamento. Discriminante è invece la separazione delle sfere, per cui ciò che vale per l’individuo come “questione ultima” non può valere come tale anche per lo Stato. Per giustificare la legittimità e la pertinenza della riflessione filosofica sui fondamenti del diritto e dello Stato, Höffe si ricollega alla grande tradizione della “filosofia pratica”, riproposta nella sua accezione più genuinamente aristotelica. Che il problema della fondazione dell’ordine politico, raccolto nella metafora della “città”, abbia a che fare costitutivamente con un’interrogazione di tipo etico è ciò che viene ribadito a più riprese nel saggio di Attilio Franchi. La ragione politica, sostiene Franchi, non può prescindere dall’affrontare la questione del male, in rapporto alla quale deve dar atto della sua reale capacità di fondazione. L’aver accantonato la questione del male ha portato la ragione politica alla pretesa di affidare allo sviluppo materiale la soluzione di problemi che invece sono connessi alla stessa condizione esistenziale umana, ovvero alla sua natura essenzialmente morale. Il problema, precisa Franchi, è di dare la “giusta collocazione” ai valori espressi dal AUTORI E IDEE dinamismo della società industriale, senza pretendere che essi vadano a esaurire quella problematica morale, fondata sulla “radicalità” del male, per la quale non possono mostrare pertinenza. Da qui l’esigenza, per Franchi, di ricomporre il rapporto che lega i diversi aspetti della ragione politica, quello etico-morale, quello economico, quello più strettamente politico, quello speculativo e, in quanto si dà una tensione verso la felicità o la beatitudine, quello religioso. Sui problemi dell’etica pubblica interviene James Hillman, secondo il quale per parlare del potere non ci si può limitare strettamente all’ambito politico, senza far riferimento alla sfera dell’economia, in cui costantemente vengono esperiti rapporti di gerarchizzazione, di dominio e di subordinazione. In tal senso lo studio di Hillman intende proporre una fenomenologia della forme di potere quali vengono praticate nell’ambito dell’agire in vista del successo economico, ovvero mostrare su quali idee si fonda la pratica del potere. I valori che configurano l’esercizio moderno del potere, osserva Hillman, fanno riferimento innanzitutto alle concezioni del darwinismo sociale e hanno come motivi fondanti l’idea di “crescita” e di “efficienza”, che tuttavia subiscono una progressiva erosione per via dell’indifferenza costitutiva che caratterizza queste idee riguardo ai problemi di natura morale. Tra quelli che Hillman definisce stili del potere rientrano il controllo, il prestigio, l’esibizionismo, la leadership, l’autorità, il carisma, la persuasione, la tirannia e così via. L’intento di Hillman è allora di delineare un potere compatibile con le esigenze di realizzabilità umana universale, non sottoposto al dominio dell’Altro. In questa prospettiva, amore e potere possono non essere in opposizione. Sul rapporto tra retorica e politica interviene Matthias Bohlender con Die Rhetorik des Politischen. Il libro è diviso in quattro capitoli. Nel primo l’autore espone il concetto di retorica e il modo in cui esso risulta rielaborato secondo diverse teorie linguistiche; nel secondo traccia un modello del rapporto tra retorica e teoria politica quale può essere ricavato dall’opera di Hobbes; nel terzo mette a confronto la diversa lettura che Carl Schmitt e Leo Strauss hanno dato del Leviatano; e nell’ultimo ritorna alla trattazione sistematica, con una proposta di lettura della teoria politica in quanto prassi sociale di discorso. A parte i due capitoli centrali, che vogliono essere esempi (non meramente occasionali) dell’importanza che ha la retorica all’interno di una determinata teoria politica, l’interesse principale di questo studio sta indubbiamente nel suo sforzo concettuale di offrirci le basi per una lettura delle teorizzazioni politiche dal punto di vista delle strategie linguistiche e discorsive che esse mettono in campo per costituirsi e per affermarsi. G.B. La questione dell’essere in Heidegger In SERVIRE L’ESSERE CON HEIDEGGER (Morcelliana, Brescia 1995) Umberto Regina individua nell’essere la questione centrale che contraddistingue la filosofica di Heidegger, sottolineando come essa abbia assunto significati diversi nelle varie opere del filosofo. Particolare attenzione alla concezione religiosa di tipo “manifestativo” che emerge nell’opera heideggeriana è dedicata da Pietro De Vitiis nel suo studio dal titolo: IL PROBLEMA RELIGIOSO IN HEIDEGGER (Bulzoni Editore, Roma 1995). Secondo Umberto Regina, in Heidegger l’analisi della questione dell’essere subisce una progressiva modificazione. Inizialmente viene stabilito un legame stretto tra la comprensione e l’essere, in quanto «la comprensione è strutturalmente comprensione d’essere». La scelta, qui, non è tra il comprendere e il non comprendere l’essere, ma tra un «comprendere che si apre alla problematicità e quindi all’eccedenza e al futuro e un comprendere che è solo di insistente chiusura». Successivamente, fa notare Regina, l’accento si sposta dal senso dell’essere alla “verità dell’essere”, dove la verità non implica l’esistenza di un valore prestabilito, ma è in quanto diviene. Il suo divenire non è, tuttavia, determinato dal fatto che i suoi contenuti si modificano, ma dal fatto che l’eccedenza propria dell’essere può essere raggiunta solamente in un «percorso che sia al tempo stesso di problematizzazione e di trasfigurazione dell’ente». La verità, in Heidegger, è il luogo in cui si determina l’incontro tra «il servizio ontologico cui l’uomo è chiamato e il transitare di Dio». Si tratta, in effetti, sottolinea Regina, di una concezione “operativa” della verità, in base alla quale non solamente l’uomo, ma anche Dio viene chiamato ad agire per la verità. La successiva concezione di Heidegger dell’essere, osserva Regina, si basa su una diversa definizione dell’essere, secondo la quale l’essere, coincidendo con il punto di vista proprio del filosofare, è «lo stesso incondizionato lasciar essere l’oggetto nel suo come» e presuppone che esista un ente, cioè l’uomo, in grado di affermare il “come di ogni altro ente”. Ma la vera svolta innovatrice viene compiuta da Heidegger con la pubblicazione dei Beiträge, in cui diviene centrale la storia dell’essere, che non viene più considerata come quel territorio neutrale della comprensione dell’essere, ma come l’ambito in cui l’uomo è chiamato a schierarsi per la verità, cioè a «divenire autenticamente se stesso in quanto custode e guardiano della verità». Così, se in Essere e tempo si poteva intravedere un’antropologia filosofica, in quanto l’analitica esistenziale si limitava a indagare lo spazio aperto dalla progettualità umana, nella fase successiva la storia dell’essere «impegna 30 l’essere a essere all’altezza di un progetto», costringendolo a comprendersi a partire da un “altro inizio”. In tale prospettiva l’uomo comprende che il suo essere non è una componente acquisita con il solo fatto di esserci, ma un “compito”, quello di servire la verità, entrando così a far parte della storia che è nello stesso tempo sua e dell’essere. Anche il legame tra l’essere e il linguaggio si rivela differente nelle diverse fasi teoriche attraversate da Heidegger. Mentre in Essere e tempo il linguaggio si fonda sul discorso, nei Beiträge viene considerato come risposta originata da un’eccedenza che si rivolge all’uomo per recidere il suo legame con il “prospettivismo rinunciatario”. Delineare la concezione religiosa di Heidegger è, invece, lo scopo che si prefigge Pietro De Vitiis, mostrando come il problema del divino venga affrontato da Heidegger in opposizione alla prospettiva dell’“onto-teologia” che, riducendo l’essere all’ente, identifica Dio con l’essere. Ontologia e teologia, per Heidegger, si confermano e si rafforzano a vicenda, generando l’onto-teologia, il cui vertice è rappresentato dalla teoria hegeliana dello Spirito assoluto. Come rileva De Vitiis, la visione religiosa heideggeriana, in modo simile a quella di Schelling, può essere definita “manifestativa”, in quanto afferma il primato dell’esperienza di ciò che si manifesta rispetto all’elaborazione concettuale; in tal senso la visione religiosa può essere accostata alla poesia, specialmente a quella di Hölderlin, il cui linguaggio è dotato di una potenza evocativa in grado di generare “nuove visioni”. Tuttavia non può essere risolta nella poesia, poiché l’apice viene raggiunto nel silenzio: il linguaggio religioso non è «dire qualcosa su qualcosa», ma «preghiera, invocazione e rendimento di lode». Per Heidegger, osserva De Vitiis, l’interiorità deve aprirsi al mistero dell’essere, che è inaccessibile in quanto si nasconde. Il “nascondimento” dell’essere non va inteso come pura negatività, ma come sintomo dell’inafferrabilità del divino. Infatti, l’“ultimo Dio” heideggeriano appare nello spazio abissale che si spalanca nell’essere, mostrando il limite del pensiero concettuale volto alla definizione oggettiva degli enti e basato sulla relazione soggetto- oggetto. Heidegger attribuisce all’essere la finitudine per non ricadere nell’infinità dell’assoluto idealistico che rimane bloccato nella sua “circolarità”, rischiando di essere una “totalità omniabbracciante”. L’“ultimo Dio” di Heidegger è, quindi, un Dio del futuro, un Dio escatologico e, come rileva De Vitiis, sembra che rimandi all’essere solo nell’ambito della possibilità. M.Mi. TENDENZE E DIBATTITI TENDENZE E DIBATTITI Identità della filosofia tedesca Dopo il 1945, molti filosofi attivi nella Repubblica Federale Tedesca si sono impegnati nella discussione dell’identità della propria disciplina, occupandosi in particolare del problema se la filosofia sia una “scienza” e che “status” abbia il suo sapere rispetto a quello delle scienze “positive”. Un’utile ricostruzione di questo dibattito è quella offerta da Martina Plümacher nel suo studio, IDENTITÄT IN KRISEN. SELBSTVERSTÄNDIGUNGEN UND SELBSTVERSTÄNDNISSE DER PHILOSOPHIE IN DER BUNDESREPUBLIK DEUTSCHLAND NACH 1945 (Identità in crisi. Au- toinformazioni e autocomprensioni della filosofia nella Repubblica federale tedesca dopo il 1945, Francoforte s/M. - Berlin - Bern - New York - Parigi Vienna 1995). Per rispondere alla questione dell’identità scientifica della filosofia Martina Plümacher ha dovuto ripercorrere nel suo studio il confronto, da una parte, con l’eredità delle tradizioni filosofiche provenienti dall’età dell’idealismo e, dall’altra, con le rinnovate esigenze di politica culturale ed educativa, come pure con la prosecuzione delle discussioni di carattere epistemologico. Ma anche il confronto con le grandi metafisiche del Novecento, con la fenomenologia di Husserl e con il sovvertimento dell’ontologia tradizionale operato da Heidegger è stato decisivo per chiarire i presupposti da cui sono mossi quanti si sono occupati di “filosofia speculativa” nella seconda metà del secolo. Plümacher insiste sulla necessità di problematizzare l’autocomprensione che i filosofi della Repubblica Federale hanno avuto della propria professione nel confronto con gli stimoli e le risultanze delle scienze particolari nei decenni compresi tra il 1945 e la fine degli anni Settanta. I documenti presi in considerazione a questo proposito comprendono la serie dei “Deutsche Kongresse für Philosophie” e altri dibattiti svoltisi tra filosofi tedeschi dal 1946 alla metà degli anni Settanta. Se negli anni Cinquanta i filosofi si considerano i tutori dell’“ordine dell’essere”, negli anni Sessanta devono reagire alla radicale messa in questione della capacità attribuita alla filosofia di porre capo ad una sintesi delle scienze particolari (Positivismusstreit). Questo tipo di dibattiti trova il suo apice negli anni Settanta, quando viene in larga parte misconosciuto il contributo della filosofia alla costituzione dell’empiricità delle singole scienze, in quanto loro modalità di accesso alla realtà, e quando le politiche di sviluppo della ricerca dei governi dei Länder tedeschi - competenti per le università tendono a investire sempre meno fondi nello sviluppo dei dipartimenti filosofici - non da ultimo trovando motivazioni nel fatto che la filosofia sembra essere esclusa dagli sviluppi delle scienze “positive”. Un risveglio di fronte a questa “discussione in stato di crisi” è venuto da quella che Christian Friedrich Gethmann ha sagacemente definito la consapevolezza che i filosofi hanno di essere l’«istituzionalizzazione della critica alle istituzioni». R.P. Attualità di Croce Dell’eco di risonanza che sta caratterizzando in questi anni la filosofia di Benedetto Croce sono testimonianza diversi saggi che intendono commentare e ripensare lo storicismo e la filosofia crociana in genere. Il volume dal titolo: PER CROCE (Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1995), a cura di Raffaele Bruno, raccoglie diversi saggi di commento dell’estetica, dell’etica e della concezione della storia in Croce. Di Janos Kelemen è lo studio critico IDEALISMO E STORICISMO NELL’OPERA DI BENEDETTO CROCE (trad. it. dell’autore, Rubbettino, Messina 1995), che presenta il pensiero del filosofo anche alla luce di riferimenti biografici. Da questo punto di vista, un’importante integrazione della biografia crociana è offerta dagli SCRITTI FILOSOFICI E CARTEGGIO CON BENEDETTO CROCE (a cura di F. Platania, Bibliopolis Napoli 1996) di Antonio Cristaldi. Il problema dello storicismo e della temporalità ha da sempre caratterizzato gli studi critici su Croce. Con il titolo: Per Croce vengono raccolti saggi che vanno dall’analisi estetica a quella etico-politica, passando 31 sempre e comunque dalla tematica storicistica. L’elemento storico pervade infatti i vari saggi: l’unità di pensiero e azione si manifesta nell’identità tra particolare e universale che si realizza appieno nella storia. Il fatto individuale, come l’evento storico, acquista valore e identità solo all’interno dello sviluppo dello spirito che è storicismo assoluto. L’elemento che maggiormente caratterizza l’analisi estetica è l’accento posto sul carattere intuitivo dell’arte. L’unificazione di bello, estetico e artistico caratterizza l’arte di quell’elemento indicibile e ineffabile che la separa nettamente dall’ambito discorsivo; per Croce, infatti, l’arte è tale solo se posta al di là del pensiero logico e razionale, dominio della filosofia. Così facendo, però, restano esclusi dal dominio dell’arte quei caratteri, come il comico e il tragico, che non essendo intuitivi, sfuggono alla sua forma. In altre parole, se il merito di Croce consiste nell’aver unificato estetico e artistico, il limite sta nell’aver escluso l’elemento razionale e quindi dicibile dal patrimonio artistico che, in questo modo, perde uno dei suoi caratteri fondamentali. L’etica crociana viene affrontata nei saggi del volume dal punto di vista della politica e della libertà: se la politica si sgancia dalla dimensione morale, come aveva capito già Marx, e come invece avrebbe contestato Gentile, suo dominio resta solo quello dell’utile economico, che si caratterizza di una netta amoralità. Altro punto nodale di Croce è il suo liberalismo che in questo volume è descritto in termini filosofici più che politici. In altre parole, se Croce ha saputo teorizzare filosoficamente la libertà dell’individuo contro i sistemi totalitari, lo stesso non è accaduto dal punto di vista politico, dove un’interpretazione sommaria dello stato e del governo non ha posto le basi per una vera e propria teoria liberale. Lo storicismo caratterizza lo studio di Janos Kelemen, studioso ungherese che intende riproporre l’attualità di Croce all’interno delle scienze umane. Dopo alcuni cenni biografici, viene delineato il rapporto di Croce con la cultura italiana del tempo e il suo interessamento per Labriola. Inizialmente, infatti, Croce, contrario alla filosofia della storia e all’hegelismo in genere, s’interessa al materialismo storico ricco di concretezza e di TENDENZE E DIBATTITI attenzione agli eventi. Il rifiuto dello storicismo, però, conduce Croce, successivamente, a separarsi dal marxismo che pure lo aveva ispirato. Kelemen riporta Croce all’hegelismo attraverso la ripresa di Kant e di Vico che diventano il punto di riferimento della filosofia crociana. Se, infatti, Kant è determinante per la teorizzazione dei giudizi sintetici a priori che si manifestano nella storia dove il generale si manifesta nel particolare, Vico è fondamentale nella concezione ciclica e fattuale della storia che sarà ripresa e sostenuta nella filosofia dello spirito. Il carteggio tra Croce e un giovane studioso siciliano, Antonio Cristaldi, discepolo del filosofo, è principalmente caratterizzato dalla vicenda esistenziale del giovane allievo che, colpito giovanissimo da nevrosi depressiva, si suicida all’età di ventiquattro anni, lasciando profondamente addolorato il maestro. Il volume, dopo un’introduzione di Francesco Platania sulla storia di Cristaldi e sul rapporto con Croce, riporta due saggi del giovane in cui compaiono le sue considerazioni sulla Filosofia dello Spirito e la corrispondenza tra i due. Dalle lettere emerge, da una parte, la profonda considerazione di Cristaldi per la categoria della morale che doveva, a parer suo, fungere da elemento unificatore delle altre e, dall’altra, la convinzione di Croce di tenere ben distinte le categorie dello Spirito, del quale la morale era solamente una della quattro. A.S. Storia e attualità della medicina Che cosa intendiamo per “medicina” e qual è stata la sua storia? Come si può considerare l’intreccio tra anima e corpo dal punto di vista medico? Come si è sviluppata fino a oggi la ricerca sulla salute perfetta? Questi alcuni degli interrogativi ai quali cercano di dare risposta cinque nuove pubblicazioni sull’argomento: una raccolta di saggi, a cura di Mirko D. Grmek, dal titolo: STORIA DEL PENSIERO MEDICO OCCIDENTALE. 1. ANTICHITÀ E MEDIOEVO (trad. it. di M. Astrologo, C. Basso, M. Mantegazza, C. Milanesi, A.M. Senatore, Laterza, Roma-Bari 1995); uno studio di François Chast, HISTOIRE CONTEMPORAINE DES MEDICAMENTS (Storia contemporanea dei farmaci, Ed. La Découverte, Parigi 1995); una traduzione dal greco di tre brevi trattati di Galeno, presentati da Jean Starobinskj, L’AME ET SES PASSIONS (L’anima e le sue passioni, Les Belles Lettres, Parigi 1995); e due saggi sull’attualità medica, UN MEDECIN DANS SON TEMPS (Un medico nel suo tempo, Seuil, Parigi 1995), di Norbert Bensaid, e LA SANTÉ PARFAITE (La salute perfetta, Seuil, Parigi 1995), di Lucien Sfez. La Storia del pensiero medico in occidente prende in esame il periodo che va dall’antichità al medioevo, tentando di «raccogliere nelle sue grandi linee il percorso intero del pensiero medico occidentale e mostrarne la complessità e le relazioni strette con la realtà biologica e sociale delle popolazioni umane». Come sottolinea Mirko D. Grmek, curatore dell’opera, l’intento è quello di proporre un quadro della figura del medico e del suo rapporto con l’ambiente. Il suo lavoro segue un paradigma generale attraverso le varie epoche, quello cioè di misurare le proprie pratiche e la propria ricerca in funzione di quei fenomeni fino a quel momento non ancora spiegati, o lasciati al caso o alla Provvidenza, cercando di organizzare attorno a sé il sensibile nella maniera più coerente e pratica possibile, in vista della soluzione della malattia. Risulta così che il discorso medico si è venuto costruendo a partire dalla concezione che nelle varie epoche si è avuto della malattia. Tra i contributi raccolti nel volume figurano un saggio di Mario Vegetti, Erasistrato ed Erofilo; uno di Gotthard Strohmaier sulla trasmissione degli scritti medici dal mondo bizantino al medioevo; uno di Jean-Noel Biraben sulle Malattie in Europa. Che la medicina abbia a che fare con un oggetto assai complesso, il funzionamento dell’organismo umano come intreccio di elementi tra loro diversi, l’anima e il corpo, questo era già evidente a Galeno. Nei suoi soli tre scritti di argomento medico - recuperati dall’imponente filosofia morale distribuita in venti libri, di cui disponiamo oggi in un’utile edizione in lingua francese, L’âme et ses passions -, abbiamo la proposta di una “fisica delle passioni”, ancora dipendente dalla chimica degli umori corporali. Galeno è convinto di poter ammaestrare le passioni a partire dal corpo, inaugurando una scienza che si occupa dell’anima dell’uomo. Nella Prefazione a questi scritti, Jean Starobinskj avverte che «Galeno si mantiene sempre all’interno del suo mestiere di medico: si tratta per lui della vita terrestre e della vita che conducono gli esseri umani nella società umana», ricordando che la vita eterna non fa parte dell’orizzonte precristiano di Galeno. Ne risulta una visione assolutamente moderna della scienza medica che si occupa della dimensione sociale della malattia, proponendo una propria etica che ripensa i legami tra il corpo e la psiche e tra il medico e il paziente. Nella Histoire contemporaine des medicaments François Chast mostra invece come l’odierna farmacologia «sia nata dalle idee della Rivoluzione, dall’avanzamento delle scienze e dall’industrializzazione dell’economia», sostituendo con un approccio scientifico la tradizio32 nale cultura delle piante mediche. Forte dei progressi della chimica del XIX secolo, osserva Chast, il farmaco ha cercato di limitare le pratiche irrazionali fino a quel momento utilizzate in medicina. All’incrocio tra l’uomo, le potenze divine e il prete-medico si pone il rimedio farmacologico: nucleo di ogni storia dei farmaci è dunque lo sguardo dell’uomo sulla propria umanità e la propria posizione all’interno del cosmo. Per quanto riguarda l’attualità del dibattito sulla medicina, di Norbert Bensaid, medico molto noto in Francia, scomparso nel 1994, sono stati pubblicati, a cura di Nadine Fresco e con la prefazione di Jean Daniel, gli articoli più significativi della sua attività di medico-pubblicista, da cui risulta un’immagine di medicofilosofo attento a non perdere di vista il malato dietro la malattia e a non ridurre il discorso medico a mero biologismo. In prospettiva futura si pone invece lo studio di Lucien Sfez, La santé parfaite, un’indagine attenta e dissacrante dell’ultima utopia scientifica rimasta, la “perfetta salute”, un’utopia che riguarda il corpo in tutte le sue accezioni possibili: il corpo dell’individuo, del pianeta, della società. Nel campo della salute dell’uomo Sfez analizza in particolare il progetto Genoma, facendo notare come, «per la prima volta nella storia dei tempi, una creatura vivente comprenda la sua origine e possa intraprendere a disegnare il suo futuro». Tuttavia, aggiunge Sfez, dietro la ricerca della perfezione dell’uomo biologico si nasconde una nuova forma di eugenetica, che tende a cancellare le determinazioni culturali e sociali dell’uomo. Nel caso della salute del pianeta Sfez fa invece riferimento alla realizzazione dell’esperimento di Biosfera II nel deserto dell’Arizona: un sistema chiuso dove sono ricostituiti i principali ambienti del pianeta e dove otto volontari hanno vissuto isolati dall’esterno, producendo essi stessi le loro risorse. Sebbene i risultati siano stati contestati, resta tuttavia l’idea di una vita planetaria organizzata su base bio-macchinale, nell’intento di raggiungere «la migliore tecnologia per il vivente». Da ultimo Sfez prende in esame la “vita artificiale” degli esseri virtuali, il grande sogno dell’uomo di creare altri esseri di una catena evolutiva superiore. Alla base vi è l’idea di un’identità umana fondata sulla tecnoscienza, in una possibile fusione di reale e virtuale: un secondo Paradiso, abitato da un Adamo II, dalla salute perfetta. G.Di L. TENDENZE E DIBATTITI Henry Gervex, Il dottor Péan che opera all’ospedale Saint Louis (1885 circa, part.) 33 TENDENZE E DIBATTITI Filosofia della liberazione Alla filosofia della liberazione e in particolare al pensiero di Enrique Dussel, del quale ricordiamo FILOSOFIA DA LIBERTAÇÂO. CRITICA E IDEOLOGIA DA EXCLUSÂO (Filosofia della liberazione. Critica e ideologia degli esclusi, Paulus, Sâo Paulo 1995), è dedicato il volume: ÉTICA E A FILOSOFIA DA LIBERTAÇÂO (Etica e filosofia della liberazione, a cura di A. Lampe, Vozes, Petropolis 1995), pubblicato in occasione del 60˚ anniversario della nascita del filosofo argentino e del 20˚ anniversario della fondazione, da lui voluta, della Commissâo de Estudos de História da Igreja na América Latina. Il volume Ética e a filosofia da libertaçâo è uno strumento prezioso per lo studioso del pensiero di Enrique Dussel, perché contiene un’appendice di 60 pagine con la bibliografia di Dussel fino al 1994, che permette di dare uno sguardo all’ampia produzione del filosofo argentino, riguardante la storia della Chiesa latino-americana, la storia latino-americana, la filosofia e l’etica. Inoltre una dettagliata biografia di Dussel ricostruisce la sua vicenda esistenziale dalla nascita in un piccolo villaggio della Pampa argentina alla laurea a Mendoza, agli studi europei (Madrid, Parigi, Magonza), al periodo di residenza in Israele, al ritorno in Argentina, all’attentato peronista alla sua vita, fino all’esilio messicano, unitamente al suo sviluppo intellettuale che va dagli studi di filosofia alla storia della Chiesa latino-americana, alla teologia della liberazione, alla fondazione della filosofia della liberazione, dalla lettura di Levinas agli studi sul pensiero economico di Marx, fino all’incontro polemico con l’etica della comunicazione di Apel, con Ricoeur, con Rorty, con Taylor. In particolare nei confronti di Ricoeur, con il quale l’unico incontro è avvenuto proprio in Italia, a Napoli, nel 1991, Dussel riconosce un debito di formazione intellettuale, avendo egli frequentato le lezioni del filosofo francese nei primi anni Sessanta ed essendo stato Ricoeur uno dei primi interlocutori occidentali della filosofia della liberazione. In tutti i suoi saggi Dussel definisce una concezione “altra” della filosofia, a partire cioè dalla realtà latino-americana, che è la realtà dell’oppresso, dello sfruttato, dell’escluso, ma anche la realtà dell’indio, del negro, del mulatto, del meticcio, cioè delle vittime della civilizzazione europea. Possiamo sintetizzare tutte queste categorie in una sola e più comprensiva categoria: l’Altro. L’Altro, però, non inteso soltanto in chiave teoretica e concettuale, come l’esteriorità di Levinas, bensì in un contesto storico, sociale, politico ed economico, qual è l’America Latina di quest’ultimo quarto di secolo; un continente che ha visto distruggere nel passato la propria identità culturale originaria con l’apertura dei rap- porti con l’Europa, che vede oggi negare la propria identità culturale per via del perdurare di un rapporto sproporzionato con il Primo Mondo occidentale e che, tuttavia, si può considerare come un “Altro Occidente”, dal momento che la sua alterità ha comunque radici nel continente europeo. Il fine della filosofia della liberazione non si limita affatto alla realtà latino-americana o ad una critica della filosofia europea; anzi, pur partendo da una determinata realtà sociale, essa si pone come scopo il superamento di ogni forma di sfruttamento e di esclusione mediante l’estensione della categoria dell’Altro a ogni situazione di oppressione e di annichilimento. A questo scopo la critica all’etica della comunicazione di Apel viene condotta da Dussel a partire da situazioni esistenziali concrete, contrapponendo alla comunità ideale di comunicazione la comunità reale di comunicazione. In fondo Dussel critica proprio la pretesa di Apel di fondare un’etica universalistica. La contrapposizione tra comunità ideale di comunicazione e comunità reale di comunicazione muove dal problema della materialità dei bisogni umani. In Apel, Ricoeur, Rorty y la filosofia de la liberación con respuestas de K.O. Apel y P. Ricoeur (Apel, Ricoeur, Rorty e la filosofia della liberazione, con una risposta di K.O. Apel, Guadalajara 1993) Dussel antepone alla questione teoretica e politica della comunità reale di comunicazione di Apel quella concreta ed economica della corporalità: «Se la filosofia della liberazione parte dalla realtà della miseria, della povertà, dello sfruttamento, della relazione persona-persona (pratica), si istituzionalizza e si riproduce storicamente sempre “a priori” a partire da una struttura economica... La “vita” umana, la sua corporalità, non è soltanto la condizione di possibilità, bensì l’essere stesso e l’esistenza umana in quanto tale». Le forme istituzionalizzate, di cui parla Dussel, sono le forme del dominio e dell’oppressione, le quali soltanto formalmente sono simili a quelle democratiche, perché in realtà il loro contenuto politico è totalmente divergente da un ordinamento effettivamente democratico. Con uno scritto dal titolo: A Ética do discurso em face do desafio da Filosofia da libertaçâo latino-americana (in Etica do discurso e filosofia da libertaçâo. Modelos complementares, a cura di A. Sidekum, Editora Unisinos, Sâo Leopoldo 1994; trad. it. di M. Brumm e M. Schirone, L’etica del discorso di fronte alla sfida della filosofia latinoamericana della liberazione, in «Segni e comprensione», n. 23, settembredicembre 1994), Apel risponde a queste obiezioni con una presa di coscienza: «La posizione degli oppressi è sempre la posizione dell’umanità eticamente normativa»; oppure con una generica, superficiale e stizzosa accusa politica: «Nonostante l’evidente originalità, essa è subordinata alla sua faziosità etica nella misura in cui l’ela34 borazione teorica e pratica mette in rilievo il rischio del dogmatismo e così anche della possibile perversione nella direzione di un terrorismo che raggiunge in forma più sensibile gli stessi poveri»; o ancora: «L’unica pratica di liberazione che avrebbe senso potrebbe consistere solamente nella guerra, nella guerra civile mondiale. Dussel afferma questo in un passo importante, ma lo nega in altri, a favore di possibili riforme e anche di un possibile ricorso all’etica del discorso da parte dell’etica della liberazione che dovrà accompagnare direttamente la pratica di liberazione come sua coscientizaçâo (costante processo di presa di coscienza) nel senso di Paulo Freire». Di altro tenore è la posizione di Ricoeur: «Se la critica dell’oppressione economica e sociale non passa attraverso la critica della dominazione politica e se si pretende di giungere alla liberazione economica attraverso qualsiasi cammino politico, ci si condanna ad una terribile vendetta della storia» (Filosofia e liberazione, trad. it. di F. Schipa, in «Segni e comprensione», n. 15, gennaio-aprile 1992). Ricoeur, dunque, riconosce la necessità di un primato della critica e della liberazione politiche rispetto alla denuncia e al superamento dell’oppressione economica. Ed è proprio questo il punto che Dussel riprende da Ricoeur e dalla tradizione antica: la politica come filosofia prima. È indiscutibile, infatti, il carattere politico della filosofia della liberazione, che appunto per questo suo carattere essenzialmente politico è in fondo una filosofia pratica, nel senso che Dussel dà al termine prassi, cioè rapporto uomouomo. Misconoscere questo aspetto della filosofia della liberazione rappresenta una vera e propria mistificazione concettuale. In Apel, Ricoeur, Rorty y la filosofia de la liberación, Dussel contrappone a Ricoeur un modello di critica della dominazione imprevisto dall’ermeneutica ricoeuriana: «L’opposizione tra i “due mondi”: la prevalenza dell’uno sull’altro, la distruzione del mondo amerindiano a causa della conquista in nome del cristianesimo... metterà in crisi il modello ricoeuriano, adatto all’ermeneutica di “una cultura”, ma non per il confronto “asimmetrico” tra varie culture (una dominante e l’altra dominata)». La categoria della dominazione e dell’oppressione, dunque, permette a Dussel di superare una certa chiusura dell’ermeneutica di Ricoeur. All’obiezione di Ricoeur circa la necessità di una liberazione politica Dussel risponde con lo studio delle opere economiche di Marx, che spinge Dussel a cercare una sintesi tra gli aspetti teologici della sua filosofia e quelli più legati alla sfera dei rapporti materiale degli uomini. Così il suo linguaggio si è fatto più incisivo, il suo pensiero più pratico; e in questi ultimi anni, per la sempre più forte assunzione della politica al centro del suo discorso, la redazione di un’etica della liberazione diviene per Dussel un compito ancora più urgente. A.I. TENDENZE E DIBATTITI Riflessioni sulla modernità Ne L’ENIGMA DELL’ESISTENZA. SOGGETTO, MORALE, PASSIONI NELL’ETÀ DEL DISINCANTO (Feltrinelli, Milano 1996) Sergio Moravia propone un’analisi della modernità che ad una visione restrittiva del reale contrappone una concezione linguistico-ermeneutica, fondata su un modello pluralistico della realtà che non rifugge dalla sua enigmaticità e dalla sua complessità. L’affermazione dell’esistenza del divenire, su cui si fonda la filosofia dell’occidente, è invece considerata da Emanuele Severino, nel suo studio TAUTOTÈS (Adelphi, Milano 1995), conseguenza del tentativo fallito di concepire l’identità dell’essere senza coglierne l’eternità. A queste prospettive di riflessione sulla modernità si affianca, in una nuova riedizione, il saggio di Salvatore Natoli, SOGGETTO E FONDAMENTO. IL SAPERE DELL’ORIGINE E LA SCIENTIFICITÀ DELLA FILOSOFIA (Bruno Mondadori, Milano 1996), che dedica un’attenzione particolare allo sviluppo della concezione del soggetto in Aristotele e Cartesio. Ne L’enigma dell’esistenza Sergio Moravia si propone di demolire l’orientamento di ricerca epistemologico basato su una concezione oggettivistica e realistica della scienza e sull’affermazione di «un unico modello di scientificità», che considera l’uomo più “agito” che “agente”, in quanto determinato da strutture date in eterno. Di contro, Moravia delinea un’immagine dell’uomo alla luce di una teoria della comunicazione caratterizzata dal fatto che il soggetto non si rapporta ad un senso già prestabilito, ma costruisce il senso in base alle sue esigenze concrete e ai suoi progetti. Nella modernità, osserva Moravia, sono prevalsi il modello “materialistico-biologistico”, che rapporta l’essenza umana alla corporeità materiale, e quello “psicologistico”, che invece riconduce tutta la realtà umana alla dimensione mentale. In opposizione a questi modelli Moravia intende valorizzare la prospettiva “linguistico-ermeneutica”, in base alla quale l’uomo viene definito come un “essere valutante”, dominato da una “vocazione interrogante-ricercante”. Da questo punto di vista, Nietzsche e Heidegger, accusando tutto il sistema dei valori della civiltà occidentale, hanno assunto, secondo Moravia, una posizione troppo negativa, mentre è necessario mantenere la memoria del passato, difendere la «tensione verso il futuro», sostenere la «cura dell’orizzonte terrestre» e concepire il senso del limite e della finitudine dell’uomo. In tale prospettiva, bisogna abbandonare l’immagine dell’uomo come “identità singola” per affermare un’immagine pluralistica dell’uomo, dove l’alterità rappresenta una componente necessaria ed essenziale dell’essere umano, rendendolo cosciente della propria costitutiva finitudine. Il pensiero della complessità, che si è sviluppato nella filosofia contemporanea a partire dagli anni Settanta, si presenta, secondo Moravia, come un “pensiero costruttivo” in grado di valutare alcune coppie di termini non in modo antagonistico, ma in modo complementare. L’atteggiamento “critico-negativo” nei confronti dell’ambiguità è frutto di una prospettiva riconducibile al principio per cui la realtà è costituita da «elementi determinati e classificati in modo univoco» e corrisponde all’idea che l’uomo coincida con un “essere luminoso” capace di dissolvere le ombre. Per Moravia, invece, l’esistenza umana non può essere compresa dalla ragione e dal logos, essendo “imprevedibile” e “non categorizzabile”. Nell’affermare la realtà del divenire, la filosofia dell’Occidente, osserva Emanuele Severino, cade in contraddizioni insuperabili, rivelandosi un «tentativo fallito di pensare l’identità dell’essente». Ritenendo che l’essente, attraverso il divenire, divenga altro da sé, il pensiero occidentale è costretto ad affermare per assurdo l’“identità dei diversi”. Isolando, infatti, il soggetto dal predicato e da ogni altro soggetto è necessario affermare il divenire come unica modalità con la quale il soggetto possa di nuovo entrare in relazione col predicato. Affermando invece il nesso necessario tra gli essenti, viene esclusa, per Severino, ogni possibilità che un essente abbia bisogno del divenire. In questa prospettiva il divenire non è il divenire altro, ma «il comparire e lo scomparire dell’eterno». In Soggetto e fondamento Salvatore Natoli esamina la nozione di soggetto, considerando in particolar modo le teorie di Aristotele e di Cartesio. Nella filosofia aristotelica sono compresenti, secondo Natoli, due componenti relative alla dimensione del soggetto; una connessa alla sostanza, che riguarda il sostrato, e l’altra legata al divenire e alla dissoluzione della sostanza. Così in Aristotele la centralità del soggetto si afferma contemporaneamente al suo decentramento. Come aveva già rilevato Heidegger, Natoli attribuisce la differenza tra antico e moderno al fatto che il pensiero moderno è basato sul concetto di “garanzia”. Infatti, nella filosofia di Cartesio, il soggetto viene identificato con un unico “luogo garantito” in quanto «assolutamente autogarantentesi». Tuttavia, Cartesio non solo non aderisce totalmente alla modernità, ma addirittura esaspera la prospettiva aristotelica, affermando il primato della sostanza pensante. Infatti, per Cartesio, il pensiero costituisce il fondamento della verità. 35 Se quindi, osserva Natoli, la tradizione aristotelica e postaristotelica ha considerato il soggetto come una “sostanza individuale”, la filosofia cartesiana, facendo coincidere “fondamento” ed “egoità”, trasforma il soggetto in soggettività. In tal senso, per quanto riguarda la tematica della soggettività, la filosofia moderna compie nel suo complesso un’indagine sulla “rappresentazione” e sui “modi della rappresentazione”. M.Mi. Controversie sulla ragione Alcune recenti pubblicazioni richiamano sulla scena del dibattito attuale in Francia le numerose controversie e polemiche di cui l’Illuminismo fu la causa e al tempo stesso il principale destinatario. Si tratta della raccolta di saggi dal titolo: AUFKLÄRUNG: LES LUMIÈRES ALLEMANDES (Afklärung: i Lumi tedeschi, Garnier-Flammarion, Parigi 1995), curata da Gérard Raulet, che presenta il quadro delle maggiori dispute dell’Illuminismo, a cui si affiancano una miscellanea di articoli curata da Philippe Beck e da Denis Thouard, POPULARITÉ DE LA PHILOSOPHIE (Popolarità della filosofia, ENS Editions, Fontenay-aux-Roses 1995), e un volume di documenti sulla questione del panteismo, a cura di Pierre-Henri Tavoillot, LE CRÉPUSCULE DES LUMIÈRES . LES DOCUMENTS DE LA QUERELLE DU PANTHÉISME 17801789 (Cerf, Parigi 1996). La raccolta Aufklärung: les Lumières allemandes presenta una rassegna dei grandi temi di dibattito dell’Illuminismo tedesco, quali il passaggio dal “razionalismo” alla “critica della ragione”, la questione: “Che cos’è l’Illuminismo?”, l’eredità di Leibniz e di Wolff, la “filosofia popolare”; varie considerazioni sul fenomeno della tolleranza religiosa, del panteismo, della Schwärmerei (esaltazione) romantica, della massoneria; analisi della dimensione storica e politica che caratterizza il conflitto fra lo storicismo nascente e il diritto naturale, la questione del dispotismo “illuminato” o l’interpretazione della Rivoluzione francese, l’idealismo pedagogico o utopista. Popularité de la philosophie raccoglie invece una serie di contributi critici sulla “filosofia dei Lumi” e si concentra sul “sogno” di una comunicazione universale, di un sapere largamente condivisibile; in altri termini, di una “filosofia popolare”. La diversificazione delle esperienze, dei viaggi e degli scambi, il progresso dell’empirismo, il gusto delle esperienze, il nuovo ruolo, tra le facoltà, attribuito alla sensibilità rendono obsoleta la ricerca di un modello universale, perfetto, astratto, di una lingua per sa- TENDENZE E DIBATTITI pienti. A questo prop osito, l’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert, sottolinea Véronique Le Ru nel suo contributo al volume, si dimostra una messa in opera della parola d’ordine diderotiana: «Bisogna sbrigarsi a rendere popolare la filosofia!». Sull’esigenza di “popolarità” della filosofia, ribadita dallo stesso Hume, si sofferma anche il contributo di Michel Malherbe, mentre sulla necessità di scrivere di filosofia in lingua volgare, sull’esempio tedesco di Georg Friedrich Meier, che “popolarizza” il “padre” dell’estetica A.G. Baumgarten, interviene Dominique Bourel. L’interesse di Philippe Hamou si concentra invece su Francesco Algarotti, berlinese d’adozione, che con una scrittura in bilico tra “filosofia mondana” e “volgarizzazione scientifica” intendeva spiegare Newton alle “dame”. Ma l’imperativo di una popolarizzazione della filosofia è in primo luogo un fatto etico, come sottolinea nel suo intervento Michèle Crampe-Casnabet, che richiama la coscienza morale dell’uguale dignità dell’uomo in Rousseau e Kant. A questo proposito, JeanMarc Moullie e Michèle Cohen-Halimi fanno notare nel loro intervento come l’imperativo di popolarizzare la filosofia, lanciato da Diderot nel suo S u ll’in terp re ta zio n e d ella na tu ra (1754), sia introdotto in Germania da Ernesti, teologo e professore di retorica a Leipzig, il cui programma di una “urbanità filosofica” diviene militantismo della popolarizzazione con Garve, rappresentante compiuto della Popolarphilosophie tedesca, come fa notare Denis Thouard. Più enigmatica, per via del suo orientamento estetico, appare l’attività di popolarizzazione di Karl Philip Moritz, come risulta, secondo quanto ci dice Philippe Beck, dal dibattito sul Saggio sul gusto di Marcus Herz, che richiama Salomon Maimon. Il “buon senso”, già presente nella filosofia di Descartes, diviene un altro dei temi maggiori della filosofia popolare; in Francia, con Filosofia del buon senso (1737) di Boyer d’Argens, come ricorda Guillaume Pigeard, e in Germania con Mendelssohn, come rileva nel suo contributo Pierre-Henri Tavoillot, che cerca nel “buon senso” una soluzione alle aporie della ragione, rese più drammatiche dalla querelle sul panteismo. Di fatto, però, l’idealismo tedesco non riuscì a “farsi comprendere” da tutti, malgrado i tentativi di Fichte, richiamati da Jean-Christophe Merle e da Angeline Danaux in due differenti contributi. La fine della popolarizzazione della filosofia, precisa Pierre Caussat, è segnata dal passaggio dal concetto di populus, compreso come pubblico, a quello di Volk, quale si presenta già in Herder. Il sogno di una ragione armoniosa e riconciliatrice fu seriamente messo in discussione in Germania, tra il 1785 e il 1789, dalla querelle sul panteismo, scatenata dall’interpretazione di Spinoza da parte di Jacobi. L’esistenza di un sistema razionale apparentemente auto-sufficiente e indipendente dall’idea di Dio, identificato con la natura, costituiva un motivo d’inquietudine per l’Illuminismo, che nel suo sforzo di rendere compatibili ragione e fede veniva accusato da Jacobi di condurre inevitabilmente all’“ateismo” sistematico di Spinoza. Con il titolo: Le crépuscule des Lumières vengono raccolti i documenti che caratterizzarono questa querelle, tra cui scritti di Weizenmann, lettere di Kant, scritti poco noti di Lessing, oltre a pagine di Jacobi, Herder e Mendelssohn. Un lungo e approfondito saggio introduttivo e un ricco apparato di note accompagnano questi documenti. Disdegnando la facoltà della ragione, Jacobi proponeva di operare un “salto mortale”, indicando il sentimento religioso come il solo capace di offrire la rivelazione immediata della realtà. Con questo Jacobi suscitava in Kant la brillante domanda: “Che cosa significa orientarsi nel pensiero?”, in cui Jacobi veniva sconfessato senza per questo dar adito al dogmatismo di Mendelssohn. Tuttavia, l’utilizzazione polemica che nella sua domanda Kant faceva di Spinoza inaugurò in Germania un’importante Spinoza-Renaissance, come risulta in particolare dal dialogo di Herder Dio (1787). La querelle continuò per decenni, coinvolgendo Schelling, Hegel e Schlegel e contribuendo allo scacco del progetto illuministico, almeno nella sua formulazione dogmatica. Le critiche di Jacobi a Kant nutrirono le concezioni di Fichte, Schelling, Hegel. F.M.Z. Wittgenstein in Francia A lungo tenuto ai margini del dibattito filosofico francese, Wittgenstein torna oggi al centro dell’attenzione svincolandosi dall’ipoteca che lo aveva voluto per decenni affiliato alla filosofia analitica e perciò estraneo alla tradizione francese. Tra le varie iniziative editoriali si segnala il volume di Jean-Pierre Cometti, PHILOSOPHER AVEC WITTGENSTEIN (Filosofare con Wittgenstein, Puf, Parigi 1996), che ha il merito di fare chiarezza all’interno delle genealogie wittgensteiniane e insieme di porre l’accento, in modo articolato, sul legame tra sfera concettuale e sfera etica che percorre tutta la riflessione del filosofo austriaco. 36 In Francia il ritardo della ricezione di Wittgenstein è stato causato soprattutto alla diffidenza a lungo invalsa verso ogni corrente analitica, a cui il filosofo austriaco era stato iscritto d’ufficio. Di recente, invece, una certa tendenza internazionalistica del dibattito interno francese, grazie anche all’opera di Jacques Bouveresse, riporta Wittgenstein in primo piano e con un’ottica a tutto campo che non guarda solo agli apporti sul piano logico ed epistemologico, ma al senso stesso del suo fare filosofia. In questa direzione si pongono le attese traduzioni del Quaderno blu e del Quaderno marrone (Le Cahier bleu e Le Cahier brun, Gallimard, Parigi 1996) di Wittgenstein, come pure quelle di due importanti, benché datati, saggi critici, entrambi dedicati al secondo Wittgenstein e al problema della verità e della conoscenza: Les voix de la raison. Wittgenstein, le scepticisme, la moralité et la tragédie (Le voci della ragione. Wittgenstein, lo scetticismo, la moralità e la tragedia, trad. fr. di S. Laugier, Seuil, Parigi 1996), di Stanley Cavell, e Règles et langage privé. Introduction au paradoxe de Wittgenstein (Regole e linguaggio privato. Introduzione al paradosso di Wittgenstein, trad. fr. di T. Marchaisse, Seuil, Parigi 1996; trad. it. Torino 1986), di Saul A. Kripke. In questa situazione, lo studio di JeanPierre Cometti, Philosopher avec Wittgenstein, anch’esso dedicato al secondo Wittgenstein, più che addentrarsi nel testo wittgensteiniano se ne fa in qualche modo il difensore, mettendolo in rapporto con i tentativi di appropriazione che ne sono stati fatti sia sul versante più propriamente analitico o pragmatistico, sia su quello ermeneutico: lo scopo dichiarato è mettere in risalto, in chiara controtendenza rispetto alle filosofie contemporanee à la page, l’originalità e la coerenza di un “filosofo” che ha sempre saputo spiazzare il lettore per la sua estraneità a ogni gergo o tecnicismo filosofico e talora alla filosofia stessa. Nel vuoto di dibattito che Cometti denuncia dopo la fine dei “grandi racconti” della filosofia moderna, la concezione terapeutica della filosofia avanzata da Wittgenstein s’impone come un percorso che coerentemente prevede la propria autodissoluzione, una volta che gli inganni prodotti dal girare a vuoto del linguaggio siano stati chiarificati. In altri termini, precisa Cometti, la filosofia si configura per Wittgenstein come un paziente esercizio di descrizione degli usi linguistici, che non mira a costituirsi in teoria, ma a chiarificare i problemi filosofici mostrandone la contingenza e la loro precisa provenienza dai nostri usi linguistici. Come notava N. Malcom, osserva Cometti, non esiste un’essenza TENDENZE E DIBATTITI dei problemi, un senso dissimulato, una verità nascosta che la filosofia abbia il compito di svelare. Anzi la filosofia, in quanto a propria volta gioco di linguaggio, è caratterizzata dalla stessa contingenza di ogni altro gioco linguistico e, come ciascuno di essi, affonda in una ben determinata forma di vita, dando espressione, nei suoi crampi mentali, ad un disagio che appartiene alla sfera della vita comune, della società. È per questo che essa deve privilegiare il linguaggio ordinario come terreno di analisi; ma è per lo stesso motivo che non può pretendere, descrivendo gli usi linguistici che sono alla base dei falsi problemi filosofici, di agire sulle forme di vita che sono a essi legate. L’unico privilegio di cui si possa vantare il filosofo è forse quello di aver raggiunto un modo di vedere che gli permette di dissipare le nostre confusioni grammaticali, non certo il potere di intervenire alla radice dei problemi stessi, «come se bastasse cambiare opinione per trasformare il mondo». Tuttavia, sottolinea Cometti, non si deve rinvenire qui la cifra di una concezione minimalista e in ultima analisi pessimista della filosofia di Wittgenstein, ma la sua dimensione più personale e sofferta. «Il lavoro filosofico è [...] prima di tutto un lavoro su di sé. Significa lavorare ad una propria idea. Al proprio modo di vedere le cose. (E a ciò che da esse ci si aspetta)». In osservazioni come questa si cela, secondo Cometti, la chiave dell’attenzione/tensione ai problemi di etica che percorre tutta la seconda fase del pensiero di Wittgenstein e che gli consente di sfuggire all’alternativa obbligata della filosofia come azione su di sé (secondo una linea che va da Socrate a Nietzsche) e come azione sul mondo (magari anche solo a livello di interpretazione, come Heidegger). Il lavoro su di sé è infatti concepibile per Wittgenstein solo come lavoro sul linguaggio, bene comune per definizione: è questo particolare rapporto tra linguaggio e vita quotidiana che fonda il legame tra problemi concettuali e questioni etiche. Il senso del lavoro filosofico non è certo consentirci di discutere con qualche verosimiglianza di questioni astruse, ma permetterci di pensare “in modo realmente onesto” sulla nostra vita e su quella altrui. Il ruolo terapeutico della filosofia è dunque il frutto di uno sforzo di miglioramento di sé che non rimane meramente solipsistico, ma, attraverso il legame tra linguaggio e forme di vita, è già “sociale”. K.B. Materia signata e materia segnica Fra le tendenze più recenti della filosofia italiana del linguaggio spiccano propensioni per una semiotica materialistica, che riprenda in considerazione la materialità del segno nella sua irriducibile alterità rispetto ai processi di significazione. In questa direzione si collocano due recenti studi: MATERIA SIGNATA. SULLE TRACCE DI HJELMSLEV, HUMBOLDY E ROSSI-LANDI (Levante Editori, Bari 1996), di Cosimo Caputo, e MATERIA SEGNICA E INTERPRETAZIONE. FIGURE E PROSPETTIVE (Edizioni Milella, Lecce 1995), di Susan Petrilli. Il primo ruota intorno al concetto di “materia signata” di Louis Hjelmslev; il secondo valorizza gli studi semiotici di Victoria Lady Welby. Nell’ampia diffusione attuale delle ricerche di filosofia del linguaggio acquista spazio una tendenza che, prese le distanze dalla linguistica strutturale e dalla propensione formale della filosofia analitica, richiama gli aspetti etici ed esistenziali della significazione, ancorandola ad una dimensione umana e materiale. Filosofi e linguisti come Charles S. Peirce, Charles Morris, Louis Hjelmslev, Michail M. Bachtin e Ferruccio Rossi-Landi sono riconosciuti promotori di una linea paradigmatica alternativa a quella formalista e strutturale. Nel suo studio, Cosimo Caputo propone una filosofia del linguaggio che propende verso una concezione fenomenologica, esistenziale ed etica della comunicazione segnica, tentando di dare consistenza ad una linea paradigmatica della filosofia del linguaggio che trova in Hjelmslev il suo centro di forza e che si protende all’indietro verso Wilhelm von Humboldt e in avanti verso Rossi-Landi. A Hjelmslev Caputo ha dedicato in precedenza Il segno di Giano. Studi su Louis Hjelmslev (Milano 1986) e Su Hjelmslev. La nuvola di Amleto: segno, senso e filosofia del linguaggio (Napoli, 1993); in quest’ultimo studio prevale l’attenzione a rintracciare intorno al concetto di “materia” un asse culturale che consente alla filosofia del linguaggio di proporsi come luogo di incontro della ricerca conoscitiva ed etica. Nel concetto hjelmsleviano di “materia” Caputo riconosce il presupposto della sua concezione della linguistica come formazione di senso e di un allontanamento da una linguistica strutturale e formale. La materia del linguaggio si presenta come una “classe di variabili” che, nella sua alterità, eccede rispetto a ogni determinazione ontologica o logica. Riprendendo una classificazione della storia della linguistica proposta da Raffaele Simone, secondo la quale ad un paradigma dell’arbitrarietà (esplicitato pienamente da Ferdinand de Saussure e dalla linguistica strutturale) si contrappone un paradigma della 37 sostanza, che valorizza la sostanza fonica e il processo umano di significazione, Caputo osserva che Hjelmslev procede dal paradigma dell’arbitrarietà al paradigma della sostanza, che mostra connessioni con il concetto di “sottinteso” di Bachtin, con la “forma di vita” di Ludwig Wittgenstein, con l’“oggetto” di Peirce. In Humboldt, fa notare Caputo, la dialettica materia-forma rinvia a un’attività spontanea del linguaggio, osservato nella sua natura spirituale e creativa e nella sua dinamica storica. L’energeia, in una incessante dialettica con gli erga, mette in rapporto l’azione del soggetto spirituale con i limiti oggettivi del materiale linguistico. In Rossi-Landi la filosofia del linguaggio assume una torsione sociale ed economica, dove determinante è il concetto di lavoro, che permette di intendere le lingue come prodotti (erga) rispetto ad un linguaggio che lavora in termini materialistici e storici (energeia). Nella sua attenzione alle pratiche linguistiche del parlare comune, RossiLandi modula la “materia signata” alla luce di una semiosi, vista come incessante “collaborazione”, nella quale la dinamica di trasformazione/produzione spezza ogni identità chiusa e risolve il linguaggio nell’accadere del mondo. Con toni diversi e una maggiore attenzione al versante letterario, ma all’interno dello stesso orizzonte filosofico, si muove Susan Petrilli, con un volume in cui sono rielaborati saggi, relazioni e introduzioni prodotti fra il 1988 e il 1995. Studiosa di Charles Morris e Rossi-Landi (dei quali ha curato l’epistolario in lingua inglese), Petrilli fa ruotare il paradigma semiotico della sostanza segnica attorno all’opera di Victoria Lady Welby, studiosa di filosofia del linguaggio, ma anche di questioni eticosociali e pedagogiche, contemporanea di Peirce, alla quale Petrilli ha già dedicato Significs, semiotica e significazione (Bari 1988) e Su Victoria Lady Welby. Tra significs e filosofia del linguaggio (di prossima pubblicazione per la ESI, Napoli). Intorno alla teoria del significato segnico elaborata da Lady Welby, Petrilli costruisce raccordi e confronti che motivano l’interazione stretta tra materia segnica e interpretazione. In questa prospettiva vengono esaminate numerose proposte novecentesche di “semiotica dell’interpretazione” che, diversamente dalla linguistica strutturale di origine saussuriana, segnalano la specificità dell’interazione comunicativa umana: la dialogicità polisemica individuata da Bachtin, la “semiosi illimitata” di Peirce, l’analisi pragmatica del rapporto tra segni, valori e comportamenti, sviluppata da Charles Morris e poi, con un più accentuato spessore materialistico, da RossiLandi e da Ponzio, che interagiscono con la semiotica di Welby in un reticolo in cui non mancano anche puntuali annotazioni sulla semiosi della traduzione, sui “segni del silenzio” e sul senso della scrittura poetica in Robert Graves. G.P. PROSPETTIVE DI RICERCA Sören Kierkegaard 38 PROSPETTIVE DI RICERCA PROSPETTIVE DI RICERCA Kierkegaard negli Stati Uniti L’opera di Kierkegaard è attualmente al centro dell’attenzione degli studiosi statunitensi. In SELVES IN DISCORD AND RESOLVE: KIERKEGAARD’S MORAL -RELIGIOUS PSYCHOLOGY FROM ‘EITHER /OR ’ TO ‘SICKNESS UNTO DEATH ’ (Mettersi in discussione e trovare una soluzione. La psicologia morale-religiosa di Kierkegaard da ‘Aut-Aut’ alla ‘Malattia mortale’, Routledge, Londra 1996) Edward Mooney sottolinea come nei ritratti poetico-letterari presenti nelle opere di Kierkegaard s’intreccino riflessioni dialettico-filosofiche, che aprono ad una sorta di psicologia morale-religiosa calata in un “contesto comunicativo”. Lo studio di Sylvia Walsh, LIVING POETICALLY : KIERKEGAARD’S EXISTENTIAL AESTHETICS (Vivere poeticamente: l’estetica esistenziale di Kierkegaard, Penn. State Press, Pennsylvania 1995), considera invece l’elemento poetico in Kierkegaard non come un qualcosa di contrapposto alle altre dimensioni, ma come una componente che deve essere rapportata all’interpretazione etico-religiosa indicata da Kierkegaard. Secondo Edward Mooney la peculiarità dell’opera di Kierkegaard risiede nel suo porsi al bivio tra un’analisi razionale e una composizione lirica, senza giungere però a un’astratta teoria dell’io e neppure ad una teoria dei principi morali o delle virtù pubbliche. Muovendo dal rapporto tra filosofia e poesia, Mooney mostra come Kierkegaard assimili l’eredità kantiana di una immaginazione che unisce la libertà della ragione alla creatività poetica, combinando la critica scettica col “linguaggio poetico del cuore” e anticipando in questo Nietzsche e Heidegger. Il cammino da Kant a Kierkegaard, attraverso Nietzsche e Heidegger, identifica una tradizione di pensiero in cui i confini tra l’ambito poetico, filosofico, letterario e ideologico diventano problematici, pur non cadendo in forme di irrazionalismo. Nell’opera di Kierkegaard, sottolinea Mooney, agisce una ragione non teoretica e non strumentale, impegnata in un giudizio comparativo volto a dare intelligibilità alla crescita, al cambiamento, alla transizione e alla conversione morale. In Aut-Aut, fa notare Mooney, la sfera estetica viene ricomposta da Kierkegaard in termini religioso-morali attraverso l’analisi di temi quali l’amore, la creatività, il rispetto. Nella Postilla conclusiva non scientifica (1846) l’idea di ripetizione e di ripresa è messa in opposizione a quella platonica di reminiscenza; ne La ripresa (1843) questo concetto viene opposto invece a quello hegeliano di mediazione. L’immediatezza iniziale dell’arte è per Kierkegaard parallela alla seconda immediatezza dell’esperienza religiosa, sebbene la sfera religiosa e quella estetica non debbano essere fuse insieme, in quanto entrambe sono forme dell’immediatezza, non sono cioè mediate da un giudizio riflessivo o discorsivo. Con una formula che ricorda il movimento dell’esperienza di Hegel, Kierkegaard sottolinea come la ripresa non annulli, né cancelli, la percezione iniziale ma, al contrario di Hegel, l’approfondimento del significato avviene in virtù di qualcosa che trascende il primo momento. In Timore e tremore, osserva Mooney, la “sospensione teleologica dell’etica”, è quella di una visione del conflitto morale basata su una deliberazione semi-legale in favore di un più ampio e più profondo modello di transizione. In tale prospettiva, Timore e tremore apre la discussione sulla questione dello statuto dell’etica e sul problema se il comando divino possa sospenderla. La Postilla conclusiva non scientifica permette invece a Mooney di delineare una serie di temi inerenti la soggettività, come il tema della nascita e della morte, del significato della vita, della responsabilità, sviluppando un confronto con l’opera di Thomas Nagel, che ha affrontato un tema parallelo a quello della Postilla conclusiva: come reintegrare la verità della soggettività senza eliminare i diritti dell’oggettività. Con l’intento di rivalutare l’importanza dell’elemento poetico in Kierkegaard, Sylvia Walsh individua nell’opera kierkegaardiana una concezione etico-religiosa della poesia, in cui la dimensione etica, estetica e religiosa della vita umana sono considerate come integrate l’una con l’altra, in opposizione all’interpretazione tradizionale che vede nello stadio estetico il gradino più 39 basso dei livelli della vita rispetto a quello etico e religioso. Walsh individua nel pensiero di Kierkegaard una prima fase, che si sviluppa, a partire dal 1844, da Aut-Aut fino alle Briciole di filosofia e Il concetto dell’angoscia, in cui Kierkegaard parla del “vivere poetico” in relazione al romanticismo tedesco. A differenza di altri pensatori, come ad esempio Nietzsche, la dimensione estetica dell’esistenza non è posta da Kierkegaard in relazione alla “creazione” dell’io, in accordo con una natura prestabilita, ma è basata sullo “sviluppo”. Questa dimensione è possibile solamente per l’individuo religioso, che possiede un’infinità interiore in virtù della sua relazione con l’eterno come possibilità. Questa interiorità deve far sì che una trasformazione e uno sviluppo della nostra attualità possano compiersi all’interno di un orientamento religioso. Nella seconda fase (1845-1848), in cui Walsh prende come riferimento gli Stadi sul cammino della vita e la Postilla conclusiva non scientifica, le obiezioni di Kierkegaard alla poesia diventano prevalenti, pur nel riconoscimento di un importante ruolo esistenziale dell’elemento poetico. Qui Kierkegaard distingue tra autori “veri” e “falsi”: i primi hanno una “visione della vita” globale, attraverso la quale vedono se stessi e il mondo; i secondi dirigono semplicemente se stessi attraverso una serie di problemi, che non hanno veramente analizzato, per giungere ad una conclusione. Nella fase finale (1849-1852), che viene messa in relazione con opere specificatamente religiose, quali La malattia mortale ed Esercizio del cristianesimo, Kierkegaard, secondo Walsh, vede se stesso come un “poeta della religione cristiana” e considera i suoi ultimi scritti religiosi come una sorta di composizione poetica, senza tuttavia dimenticare mai l’importanza primaria della realizzazione esistenziale. Da ultimo Walsh propone un confronto con le prospettive del “pensiero della differenza” del femminismo francese postmoderno con l’obiettivo di chiedersi, attraverso Kierkegaard, se la differenza di genere possa mai fornire un adeguato senso di autoidentità, esortandoci a cogliere non le differenze, ma piuttosto gli elementi comuni della nostra umanità. M.B. PROSPETTIVE DI RICERCA Alle origini del pensiero di Herder Il pensiero di Herder è oggetto d’analisi nello studio di Ralph Häfner, JOHANN GOTTFRIED HERDERS KULTURENTSTEHUNGSLEHRE. METHODE SEINES GESCHICHTSDENKENS (La teoria della nascita della cultura in Johann Gottfried Herder. Il metodo del suo pensiero storico, Felix Meiner, Amburgo 1995), in cui ci viene proposta un’immagine innovativa del filosofo tedesco, che insiste sul suo rapporto di continuità con la tradizione. Comunemente conosciuto come ispiratore dello Sturm und Drang, Herder appare nella storia del pensiero come personaggio di rottura rispetto alla tradizione, se non addirittura come il fautore di un “riorientamento” delle forme della riflessione. Tale immagine viene smentita dalla ricerca di Ralph Häfner, che risalendo alle fonti e al metodo del pensiero storico elaborato da Herder tra il 1762 e il 1780 ne evidenzia la dipendenza da nuclei problematici tradizionali, da lui stesso semplicemente ripresi, modernizzati e riformulati. Documento chiave dello studio di Häfner è costituito dal catalogo dei testi contenuti nella biblioteca privata di Herder, realizzato in occasione del trasferimento a Weimar il 21 giugno 1776. I riferimenti bibliografici contenuti nel catalogo permettono infatti un’analisi critica degli scritti postumi di Herder, in gran parte ancora inediti, che modificano l’interpretazione tradizionale del filosofo come «pensatore autoctono e originale», «precursore dei romantici, dello storicismo e dell’evoluzionismo». Di fatto, riconducendone il pensiero all’antropologia, allo studio delle manifestazioni dell’animo umano, Häfner mostra come la concezione di Herder appaia ancora profondamente legata alla tradizione europea, in una sorta di «modernizzazione di antiche forme di pensiero». Mostrando una notevole sensibilità per il rilievo critico del dettaglio, Häfner riconduce i contenuti degli scritti postumi di Herder a varie fonti rinascimentali e precartesiane, nonché agli scritti del mistico francese Pierre Poiret e al sensualismo francese, tra le cui produzioni spicca il saggio Phisique de la beauté (Fisica della bellezza, 1748) di Morelly, particolarmente determinante per la definizione del pensiero estetico di Herder. Non manca naturalmente nelle considerazioni di Häfner l’influsso di Kant, di cui Herder frequentò le lezioni universitarie a Königsberg, scrupolosamente documentato in appendice al suo studio dalla pubblicazione di un manoscritto giovanile inedito di Herder, che risente con evidenza dell’influsso del criticismo. L’interesse storico di Herder sembra invece essersi maturato, secondo Häfner, in seguito al rapporto con lo storico Johann Christoph Gatterer, suo collega a Göttingen. Nonostante la quantità dei dati raccolti, la ricerca di Häfner trascura tuttavia alcune fonti di importanza capitale per la comprensione del pensiero storico di Herder, come i diari dei viaggiatori del XVII e XVIII secolo o gli scritti degli illuministi scozzesi, privilegiando le fonti antiche e mancando il riferimento ai testi centrali della produzione herderiana (Saggio sull’origine del linguaggio, Il diario del mio viaggio nel 1769, Il più antico documento del genere umano). Herder non si è limitato a modernizzare unità problematiche tradizionali, come vuole Häfner, ma ha operato una vera e propria rivoluzione al duplice livello della lingua e del repertorio formale della filosofia. La tecnica di traduzione di Herder è un importante elemento indicativo del suo rapporto con le fonti. Con la traduzione e la fusione della filosofia scolastica, del sensualismo francese e dell’empirismo inglese in un tedesco nuovo, attento alla creatività linguistica di Klopstock, Lessing e del giovane Goethe, Herder perviene alla definizione della lingua adeguata per la rappresentazione della storia dell’animo umano. L.R. Passato e futuro della psicoanalisi In uno studio dal titolo: DER ZUKUNFT DER PSYCHOANALYSE (Il futuro della psicoanalisi, Suhrkamp, Francoforte s/ M. 1995), l’analista e medico friburghese Johannes Cremerius s’interroga sulla scottante questione dello statuto scientifico della psicoanalisi. Che la discussione e il confronto critico fra i sostenitori della psicoanalisi non sia un fatto recente, ma anzi rappresenti uno dei motivi conduttori della sua storia centenaria è testimoniato da un volume, a cura di Ludger M. Hermanns, dal titolo significativo: SPALTUNGEN IN DER GE SCHICHTE DER PSYCHOANALYSE (Scissioni nella storia della psicoanalisi, Diskord, Tubinga 1995). Nel suo studio, Johannes Cremerius si domanda se attualmente la psicoanalisi sia in grado di offrire un contributo significativo allo sviluppo culturale odierno e all’approfondimento della nostra comprensione del mondo, o se invece, anche in seguito ai rivolgimenti critici e allo sforzo di autoriflessione degli ultimi decenni, si debba concludere che essa ha ormai esaurito il suo compito. Inoltre, continua Cremerius, si tratta di stabilire se nell’evoluzione della disciplina prevarrà l’aspetto medico-scientifico, op40 pure la dimensione filosofica e storicospirituale. Per parte sua Cremerius si augura che la psicoanalisi stabilisca un legame sempre più stretto con le altre scienze umane e cerca quindi di fornire, anche attraverso un confronto con la sua storia, delle indicazioni utili per un’ulteriore crescita in tale direzione. In particolare, la psicoanalisi, secondo Cremerius, dovrebbe diventare una “scienza normale”; essa dovrebbe cioè collegarsi all’istituzione universitaria, al fine di rendere più pragmatico e razionale anche l’esercizio della professione. Soltanto la cooperazione con altri campi del sapere e della prassi può rendere infatti più concrete e circostanziate le aspettative, altrimenti astratte, riposte nella psicoanalisi, quale contributo allo sviluppo culturale e sociale dell’uomo. Bersaglio polemico di Cremerius è l’idea, sostenuta soprattutto in Francia, di una psicoanalisi come scienza istituzionalmente autonoma, senza legami con la burocrazia o l’ideologia scientifica dominante. Spaltungen in der Geschichte der Psychoanalyse raccoglie gli atti di un congresso che si è tenuto a Berlino nell’estate del 1994 e presenta una visione d’insieme delle numerose scissioni e spaccature che hanno costellato il percorso della psicoanalisi sin dagli esordi. Viene così rievocato il drammatico rapporto tra Freud e il suo allievo prediletto, Carl Gustav Jung, che porterà quest’ultimo alla fondazione della psicologia del profondo, prima alternativa alla psicoanalisi freudiana. In altri interventi viene invece riproposta la polemica tra Freud e Ferenczi, tra Anna Freud e Melanie Klein, per giungere infine ad un esame delle differenze che caratterizzano attualmente le scuole psicoanalitiche in Germania, Austria, Francia, Stati Uniti e Sud America. Interessante è notare, dagli interventi presenti nel volume, come negli studiosi di fama internazionale che hanno partecipato al congresso sia prevalsa la tendenza a conferire al dibattito e alla polemica una connotazione più positiva che negativa. Non solo nell’ambito della psicoanalisi, ma anche nella mitologia e nella storia delle religioni spesso si giunge a spaccature, per impedire, o almeno attenuare, la portata di ulteriori, macroscopiche scissioni che in certi casi possono condurre alla decadenza o alla distruzione di una forma culturale. Allo stesso modo, le discussioni critiche che hanno animato la storia della psicoanalisi hanno spesso costituito delle occasioni di crescita, di autochiarificazione e di arricchimento. A.M. PROSPETTIVE DI RICERCA Elogio della filosofia francese Lo studio di Michel Serres ELOGE DE LA (Elogio della filosofia in lingua francese, Fayard, Parigi 1995) viene a coronare il suo impegno decennale di ideatore della collana «Corpus des oeuvres de philosophie en langue française» (Corpus delle opere di filosofia in lingua francese), iniziata nel 1984 e di cui è stato pubblicato proprio ora il centesimo volume, DE L’UNIVERSALITÉ EUROPÉENNE DE LA LANGUE FRANÇAISE (Dell’universalità europea della lingua francese, Fayard, Parigi 1995), che riunisce i testi redatti in occasione di un concorso indetto dall’Accademia reale di Berlino nel 1784. PHILOSOPHIE EN LANGUE FRANÇAISE Il «Corpus des oeuvres de philosophie en langue française», attualmente diretto da Christiane Frémont, ha come obiettivo la pubblicazione di testi specificamente filosofici, mai più riediti dopo la loro prima apparizione, ma che si rivelano interessanti perché «preparano il nostro tempo, lo spiegano e ne annunciano gli esiti». Alla collana si affianca la rivista «Corpus», che contribuisce a illustrarne e sostenerne le scelte. Tra non molto, con il sostegno del Ministero della Ricerca, tutte le opere sinora pubblicate saranno disponibili anche su CD-ROM. Si tratta di un’operazione volta a riscoprire e rivalutare la specificità della tradizione filosofica francofona contro la fascinazione subita dagli intellettuali d’oltralpe per gli esiti speculativi tedeschi e anglosassoni. Le stesse peculiarità stilistiche e argomentative della filosofia di lingua francese sono state misconosciute e sostituite con stili di pensiero estranei. Ma quali sono queste peculiarità? A parere di Michel Serres, esse vanno ricercate nel fatto che molte opere filosofiche francesi sono state scritte da non-specialisti e sono nate al di fuori dell’ambiente accademico: l’individuo si sostituiva alla scuola; la sua esclusione dal circuito dei professionisti era fonte e garanzia di originalità. Gentiluomini, abati, medici, militari, giornalisti, cimentandosi con la speculazione, hanno testimoniato la loro predilezione per una trasparenza di linguaggio e un’eleganza di scrittura che sono state a lungo la caratteristica principale della filosofia francese. Del resto, si tratta di elementi che risalgono all’opzione cartesiana per la chiarezza e la distinzione, principi che non hanno mancato di rispecchiarsi nello stile di scrittura di Descartes, contro il gergo fumoso e involuto della Scuola. Inoltre, la diffidenza nei confronti dell’accademia è sfociata, in Francia, in un’attitudine enciclopedica, manifestazione di una curiosità senza limiti, capace di confrontarsi con la ricchezza e la molteplicità del reale. Insomma, la filosofia francese non ha mai voluto essere una disciplina esoterica, ma un sapere per tutti e alla portata di tutti, privo di pedantismo e refrattario a concettualizzazioni troppo rigide. Sebbene si tratti di evidenti generalizzazioni, è impossibile non vedere nelle due correnti individuate da Serres quella enciclopedica, per cui tutto può essere oggetto di riflessione filosofica, e quella della semplicità e della chiarezza nello stile espositivo - tratti rintracciabili, insieme o separatamente, nella maggior parte delle opere filosofiche francesi. Per quanto riguarda il presente, deplorando l’utilizzo di un linguaggio oscuro (di provenienza per lo più tedesca e di matrice heideggeriana), Serres dichiara la propria preferenza per stili di pensiero che riescano a rendere conto della sovrabbondanza e caoticità del mondo. Riprendere coscienza della propria provenienza, delle tradizioni autoctone, dovrebbe, secondo Serres, dare un nuovo impulso alla speculazione e non essere soltanto un lavoro di memoria e di mera conservazione. Così, in questa ricerca delle tracce e dell’insegnamento dei padri, Serres non si limita a riproporre alla nostra attenzione, per quanto riguarda il Novecento, pensatori come Bergson o Poincaré, ma anche un poeta come Charles Péguy. D.F. Nuove edizioni di Josef König La recente pubblicazione in Germania di alcune opere di Josef König mette a disposizione degli studiosi nuove fonti per la conoscenza del pensiero di un filosofo originale, ma ancora scarsamente noto. Si tratta delle KLEINE SCHRIFTEN (Scritti brevi, a cura di G. Dahms, Alber, Friburgo i/Br. - Monaco di Baviera 1994) e dei corsi di lezioni, DER LOGISCHE UNTERSCHIED THEORETISCHER UND PRAKTISCHER SÄTZE UND SEINE PHILOSOPHISCHE BEDEUTUNG (La differenza logica fra pro- posizioni pratiche e teoretiche e il suo significato filosofico, a cura di F. Kümmel, Alber, Friburgo i/Br. - Monaco di Baviera 1994), a cui si aggiunge il carteggio degli anni 1923-1933 tra König e Helmuth Plessner, BRIEFWECHSEL 1923 BIS 1933 (a cura di H.-U. Lessing e A. Mutzenbecher, Alber, Friburgo i/Br. - Monaco di Baviera 1994). La filosofia di Josef König - affermava il suo allievo Günter Patzig nel 1974, al momento della morte del maestro - è priva di quel “plusvalore” ideologico che tiene vivo l’interesse “popolare” e “pubblico” per la filosofia. Ancora oggi quello di König è un nome sconosciuto al pubblico dei non specialisti. Difficile inserirlo in classificazioni di scuola: la sua ricerca si caratterizza anzitutto per la renitenza a fissare il vivo movimento del pensiero in punti di vista costituiti. Lo scarso tasso ideologico-emotivo della sua filosofia deriva, più che da una scelta metodologica di “rigore” o di “scientificità”, dalla convinzione che la caratteristica principale dei problemi filosofici sia quella di poter essere posti e risolti in quello stesso elemento del linguag41 gio che costituisce il loro humus vitale. Il tentativo di determinare le condizioni di possibilità del discorso filosofico non in senso logico-formale, ma mettendo alla prova la capacità del discorso di esprimere una realtà, costituisce il filo conduttore di tutto il pensiero di König, che nell’insieme si caratterizza come una serie di “ricerche nell’ambito di confine tra logica, ontologia e filosofia del linguaggio” - così peraltro suona il sottotitolo della sua tesi di abilitazione Sein und Denken (Essere e pensare, 1936). L’approccio descrittivo-analitico ai problemi filosofici e l’individuazione del discorso come capacità centrale dell’essere umano e come oggetto dell’indagine filosofica accomunano König a pensatori come Georg Misch, di cui fu allievo all’università di Göttingen, e Hans Lipps. König inizia la propria attività filosofica sotto il segno della filosofia della vita diltheyana, nel senso sobrio e non ideologico conferito a questo termine da Misch. All’influsso del pensiero misch-diltheyano si aggiungono le sollecitazioni di Husserl, di Heidegger e di Russell, fuse in un orizzonte di pensiero originale. Il suo atteggiamento di pensiero distante dalle mode e dalle ideologie si traduce in parsimonia nel pubblicare: oltre alle tesi di dottorato e di abilitazione, König ha dato alle stampe solo sei saggi, raccolti nel 1978 da Günter Patzig nel volume Vorträge und Aufsätze (Conferenze e saggi), e la monografia Georg Misch als Philosoph (G.M. come filosofo, 1967). Con la recente pubblicazione del carteggio con Plessner, degli scritti brevi, dei corsi sul problema della differenza tra proposizioni teoriche e pratiche, la quantità degli scritti di König risulta così quasi triplicata in un colpo solo. Le Kleine Schriften raccolgono una serie di conferenze tenute da König negli anni Trenta e Cinquanta sulla filosofia dell’esistenza, sul problema della responsabilità della scienza, sul concetto di sviluppo e su quello di metafora. Nel Briefwechsel con Plessner emerge con vivacità il rapporto di König con la cosiddetta Dilthey-Schule di Gottinga. Alcune lettere delineano, come osserva Frithjof Rodi nella “Prefazione” al volume, il contrasto tra la produttività di Plessner, ben inserito nei meccanismi accademici, e la lentezza di König, una sorta di «spensieratezza rispetto a se stesso», come egli stesso la chiamava. Oltre all’immagine di un König mediatore tra Plessner, che vive a Colonia dove ha studiato con Max Scheler, e il gruppo di Gottinga, nel quale Plessner desidera essere accolto, il carteggio offre anche una testimonianza dell’interesse suscitato dall’allora giovane Heidegger e dalla sua filosofia. Di grande interesse anche la lunga “lettera-saggio”, pubblicata in appendice, in cui König analizza ampiamente e dettagliatamente il testo di Plessner, Die Einheit der Sinne (L’unità dei sensi). Con il titolo: Der logische Unterschied theoretischer und praktischer Sätze und seine PROSPETTIVE DI RICERCA philosophische Bedeutung, Friedrich Kümmel, a cui si deve l’unica presentazione organica a tutt’oggi esistente del pensiero di König, il saggio Josef König. Versuch einer Würdigung seines Werkes, ha raccolto, introdotto e commentato i manoscritti dei corsi tenuti da König negli anni Cinquanta su un ambito particolare della logica, la tradizionale suddivisione degli enunciati apofantici in universali, particolari e singolari, rilevando una differenza “formale” o “radicale” tra le proposizioni “teoretiche” (enunciati universali e particolari) e quelle “pratiche” (enunciati singolari). Il problema trattato in questi corsi costituisce un’articolazione del tema di fondo del pensiero di König, quello della specificità dell’essere degli oggetti spirituali, la cui caratteristica è di essere quello che sono solo in quanto vengono colti da un soggetto. Parlare di soggetto implica però già una scelta filosofica di carattere “cartesiano”. In quanto si concretizza solo nei suoi “effetti” (come König mostra nel saggio Die Natur der ästhetischen Wirkung - “La natura dell’effetto estetico”), lo spirituale non può essere ridotto ai concetti di “soggetto” e di “oggetto”. Fenomeno ambivalente, lo spirito ha sempre a che fare goethianamente con la trasposizione, l’intuizione, il mutamento di forma; ciò risulta non solo dall’analisi dell’effetto estetico, ma anche da quella delle proposizioni pratiche. Queste si distinguono, in quanto sono strettamente intrecciate al contesto in cui hanno origine, dalle proposizioni teoretiche, che esprimono rapporti puramente concettuali. In questo König sembra riprendere il tentativo mischiano di fondare le forme logiche nella vita, trasformando l’ermeneutica della vita in quella che è stata chiamata una “logica ermeneutica”. M.M. Etica e tradizione ebraica in Spinoza Lo studio di Filippo Mignini, ETICA. IN(La Nuova Italia Scientifica, Roma 1995), rappresenta un utile strumento per la comprensione dell’etica spinoziana, le cui varie parti risultano strettamente connesse secondo un percorso che va dal concetto di sostanza divina alle modalità di raggiungimento della libertà umana. In SPINOZA E IL CONCETTO DELLA TRADIZIONE EBRAICA (Franco Angeli, Milano 1996) Mino Chamla analizza il rapporto tra Spinoza e la tradizione ebraica, sottolineando come nell’interpretazione spinoziana dell’ebraismo predomini la componente conoscitiva rivolta al Sommo Bene. TRODUZIONE ALLA LETTURA Lo studio di Filippo Mignini non vuole essere né un’esegesi, né un commento filologico, né tantomeno un’interpretazione complessiva dell’opera di Spinoza; si propone piuttosto di consentire un’esperienza di comprensione dell’etica spinoziana come filosofia di vita, la cui meta è la libertà umana. Il metodo “geometrico”, adottato qui da Spinoza, si basa su nozioni intelligibili per se stesse, semplicemente e universalmente comprensibili, dalle quali si deducono necessariamente tutte le altre nozioni. Le varie parti di cui si compone l’Etica risultano così collegate tra loro secondo una struttura che partendo da un principio centrale, secondo il quale l’essere è una sostanza intesa come potenza o forza, fa derivare le altre parti. La costruzione dell’etica, osserva Mignini, si rivela infatti “autofondativa”, poiché procede da alcune «verità semplici ed evidenti», dalle quali vengono dedotte le altre verità. Secondo Spinoza, Dio coincide con una sostanza assoluta, unica e infinita, caratterizzata da infiniti attributi, che è causa di sé e insieme causa di tutto ciò che è presente nella natura. L’uomo non si identifica con la sostanza, ma con il “modo”, in quanto è «assolutamente determinato nell’essenza, nell’esistenza e nell’azione dalla sostanza e dalla serie infinita degli altri modi». Il fulcro della concezione etica di Spinoza, fa notare Mignini, è il conseguimento da parte dell’uomo della libertà, che coincide con l’acquisizione di «una vita affettiva regolata dalla conoscenza adeguata». Per Spinoza, l’uomo non può raggiungere la completa liberazione dalle passioni, non potendo fare a meno dell’immaginazione; l’unica libertà perseguibile dall’uomo è quella che gli consente di avere una certa autonomia rispetto alle cause esterne, dal momento che nell’uomo si troveranno sempre un certo numero di idee inadeguate. Compito principale di una dottrina etica è dunque, per Spinoza, di sviluppare nell’uomo la capacità di tramutare la passione in azione, perfezionando in lui la forza di autoconservazione. Per quanto riguarda il rapporto di Spinoza con la tradizione ebraica, Mino Chamla mostra nel suo studio come l’ebraismo spinoziano non possa essere considerato un puro fattore biografico, o un «arsenale inerte di spunti filosofici», ma sia strettamente collegato con la “verità nella storia”, anche se per Spinoza non può esserci storia della verità, poiché non esiste un progresso evolutivo dell’umanità. Nel rivolgersi alla tradizione ebraica, fa notare Chamla, Spinoza si occupa principalmente delle grandi tappe della storia ebraica, riservando particolare attenzione al conflitto teologico-politico. L’ebraismo non è, per Spinoza, l’unico depositario della verità; esso rappresenta piuttosto un’esperienza storica e spirituale. In questo, Spinoza critica in particolar modo il concetto ebraico tradizionale di elezione; critica spesso interpretata come una difesa delle componenti politiche contro quelle teocratiche e religiose, mentre per Chamla, pur senza entrare in conflitto con questa interpretazione, è tuttavia possibile 42 anche individuare in essa un invito indirizzato agli ebrei all’emancipazione politica rispetto a tutto ciò che può ostacolare le “ragioni della conoscenza”. Nella sua critica dell’ebraismo, sottolinea Chamla, Spinoza è condizionato dal suo rapporto con la tradizione in generale e quindi non può essere ricondotto ad una semplice condanna di essa. Per Spinoza esistono essenzialmente due modalità differenti di considerare la tradizione, delle quali una è più specificamente umana e l’altra, invece, è orientata verso la considerazione da parte dell’uomo del “Sommo Bene”. Ciò che, pertanto, dirige la considerazione spinoziana dell’ebraismo è sempre la relazione tra «la modalità umana e la sostanzialità divina». M.Mi. Sulla pittura e lo spettacolo Con il titolo: PENSIERI SULLA PITTURA (a cura di M. Cometa, trad. it. di J.N. de Azara, Aesthetica, Palermo 1996), viene pubblicato in edizione italiana uno scritto del pittore-filosofo Raphael Mengs incentrato sulla tematica della bellezza connessa all’idea della perfezione, sul gusto inteso come capacità di scelta e sull’imitazione della natura negli antichi greci. Una critica moralistica all’arte dello spettacolo, fondata sull’esaltazione delle passioni umane e dominata dall’inganno e dalla finzione, è, invece, quella che muove Rousseau nella LETTERA SUGLI SPETTACOLI (a cura di F.W. Lupi, Aesthetica, Palermo 1995), scritta in reazione alla proposta di D’Alembert di aprire teatri a Ginevra. Pittore-filosofo, seguace e divulgatore degli ideali di Winckelmann, Raphael Mengs rappresenta uno dei protagonisti del neoclassicismo, anche se dopo la sua morte è stata trascurata la sua importanza. Le riflessioni di Mengs sulla pittura muovono dall’analisi del significato della bellezza, che deve essere riprodotta nelle opere pittoriche come scopo principale. Per Mengs, bellezza significa perfezione, manifestazione visibile dell’invisibile perfezione divina; in quanto «punto indivisibile che contiene in sé tutte le proprietà e tutte le perfezioni», la bellezza non può risiedere nella materia, pur essendone “l’anima”, cioè quello che rende vivi i fenomeni naturali. Di fronte alla bellezza naturale l’anima umana si perde, rimanendo attratta e incantata; si tratta di un intenso rapimento, che dona alla natura un significato vitale. Ciò che invece non è bello per l’uomo rimane lì come inerte, opaca materia muta nel suo mortale silenzio, incapace di parlare all’anima umana. Se la bellezza costituisce il vertice subli- PROSPETTIVE DI RICERCA me di tutte le perfezioni, l’arte, per Mengs, supera la natura nella sua capacità di rappresentarla. Scopo della pittura è appunto quello di imitare, di riprodurre la natura, in contrapposizione alle teorie che privilegiano la componente immaginativa e astratta. La superiorità dell’arte sulla natura, come mostra Mengs, deriva dal fatto che mentre l’uomo è costretto ad adeguarsi alla natura, poiché essa offre un campione rigido e immodificabile di bellezze naturali, attraverso la forza duttile dell’arte e la sua mancanza di vincoli l’uomo può scegliere tra tutti gli spettacoli naturali quelli più belli, creando una sintesi sublime della bellezza. Così, mentre la natura è condannata alla necessità di riprodurre tutti i suoi accidenti, l’arte manifesta libertà di movimento tra le varie materie, realizzando la composizione più vicina all’ideale divino della perfezione. Al gusto Mengs attribuisce, nell’arte della pittura, la capacità di scegliere gli elementi più belli della natura, facendo in modo che ciascuno di essi acquisisca il suo significato più autentico nell’armonia nel tutto. I tre più grandi maestri della pittura sono, per Mengs, Raffaello, Correggio e Tiziano, in quanto ognuno di essi ha saputo esprimere un aspetto importante della perfezione. Se Raffaello privilegia l’espressione, che realizza nella composizione e nel disegno, Correggio sceglie il dilettevole che ritrova in certe forme e in particolar modo nel chiaro-scuro, mentre Tiziano si dedica all’apparenza di verità che si manifesta soprattutto nei colori. Superiori ai moderni sono per Mengs gli antichi, in particolar modo i greci, perché mirando alla bellezza intesa come totalità seppero unire il dilettevole, l’espressivo e l’apparenza del colore. Nella Lettera sugli spettacoli Rousseau condanna l’arte dello spettacolo, che avendo come scopo principale il piacere non fa che incrementare le nocive passioni umane invece di aiutare l’uomo a dominarle. Il teatro, non avendo l’obiettivo di cambiare i costumi e i sentimenti umani, finisce con l’assecondare le tendenze istintive umane, rivelandosi in ultima analisi immorale. La condizione stessa del commediante, sottolinea Rousseau, è una condizione di “licenza” e di “immoralità”, poiché in essa agisce l’inganno. Infatti l’attore, per poter esprimere pienamente la sua professione, deve essere capace di trasformarsi in qualsiasi altro uomo, anche il più abietto, con il risultato finale di favorire la tendenza al male. Per Rousseau, dunque, il teatro è solamente il palcoscenico dell’inganno, della finzione e della maschera, e manifesta tutta la sua negatività nell’impedire la limpidezza e la trasparenza dei rapporti tra gli uomini. Di conseguenza, precisa Rousseau, rispondendo alla proposta di D’Alembert di aprire teatri a Ginevra, sarebbe più opportuno incentivare l’attività dei circoli già presenti, che permettono rapporti moralmente più sani tra gli uomini, invece di istituire spettacoli che si rivelano nocivi per la rettitudine morale e l’onestà delle comunità. M.Mi. L’opera filosofica di Alan Donagan Un’esauriente rassegna dell’opera del filosofo australiano Alan Donagan, scomparso nel 1991, ci viene offerta da due volumi che raccolgono i suoi scritti fondamentali: THE PHILOSOPHICAL PAPERS OF ALAN DONA GAN . VOLUME 1: HISTORICAL UNDERSTAN DING AND THE HISTORY OF PHILOSOPHY . VOLUME 2: ACTION, REASON AND VALUE (I saggi filosofici di Alan Donagan. Vol. 1: Comprensione storica e storia della filosofia. Vol. 2: Azione, ragione e valore, University Press of Chicago, Chicago e Londra 1995). Gli interessi di questo autore spaziano dal confronto con Wittgenstein all’analisi dello storicismo, dallo studio di Spinoza e Cartesio alla filosofia del diritto, con una particolare attenzione per i temi legati alla persona e all’etica. Nell’Introduzione di J.E. Malpas, curatore dei due volumi dei saggi filosofici di Alan Donagan, e nella Prefazione agli stessi di Stephen Toulmin le origini del pensiero di questo autore vengono rintracciate, agli inizi degli anni Cinquanta, all’interno del dibattito filosofico australiano, caratterizzato dalla predominanza del messaggio wittgensteiniano di Douglas Gasking, George Paul e Camo Jackson. In Historical Understanding and the history of Philosophy (Comprensione storica e storia della filosofia) emergono in particolare i quattro saggi su Spinoza. Il primo, del 1973, mostra come il concetto spinoziano di eternità non sia da intendere come qualcosa al di fuori del tempo, ma vada invece concepito come durata costante; ciò ha permesso a Spinoza di sviluppare un’idea di sopravvivenza individuale nella forma di una perpetua autoconsapevolezza. Nel secondo saggio, del 1980, Donagan sostiene, attraverso una ricostruzione del contesto storico, che il monismo spinoziano sia compatibile con un dualismo degli attributi, mentre nel saggio del 1981, sui concetti di sostanza, essenza e attributo, viene analizzata l’obiezione di De Vries, secondo cui attributi differenti devono costituire l’essenza di sostanze differenti. Infine, nel saggio del 1984, Donagan mostra come l’utilizzo della nozione di idea permetta a Spinoza di evitare gli 43 errori di Locke nell’identificare idee e immagini, pur ammettendo che vi sono difficoltà nell’applicare queste teorie alle moderne concezioni che mettono in relazione pensiero e linguaggio. Tra gli altri testi del primo volume troviamo un saggio del 1974, in cui vengono analizzate le tesi storicistiche, con particolare attenzione alle posizioni di Popper; un saggio del 1978 sul dualismo cartesiano; un’analisi della prosa filosofica del periodo vittoriano, nella quale emerge lo stile di Berkeley (1968); uno scritto del 1972 sul metodo filosofico di Collingwood; un testo del 1963 sugli universali e sul realismo metafisico, in cui Donagan giunge alla conclusione che la funzione di una teoria realistica degli universali è solamente negativa; due saggi (1966 e 1977) su Wittgenstein, intorno al ruolo della sensazione e al rapporto con Ryle, in cui si sostiene che la concezione della filosofia come qualcosa di non teoretico abbia prodotto risultati negativi e sia ora necessario un ritorno a Kant; infine uno scritto del 1988, inedito, sulla storia della filosofia, che tenta di tenere insieme gli approcci storici e filosofici al soggetto. Nei saggi raccolti in Action, Reason and Value viene condotta un’analisi critica della teoria dell’azione di Davidson, del concetto di libertà e di determinismo in Sellars e di quello di causalità e intenzione in Von Wright, della teoria dell’azione di Chisholm e del concetto di persona umana, in cui Donagan mostra, sulla scorta della tradizione aristotelicotomistica, come la concezione “romantica” di persona implichi possibilità ipotetiche, dovute all’influenza di Locke, che semplicemente non si possono verificare. Gli altri saggi presenti nel volume affrontano il tema etico e propongono una critica dell’utilitarismo. Sebbene Donagan ritenga che Kant sbagli nel considerare in campo morale un principio formale equivalente all’universalizzazione del principio stesso, tuttavia la valutazione della concezione kantiana è stata distorta dall’interpretazione di Hegel. Seguono un saggio sull’etica medica (1977) e due sulla filosofia del diritto (1984). Nel primo di questi ultimi, incentrato sul sistema accusatorio, Donagan sostiene che qualsiasi sistema sociogiuridico, in cui il sistema accusatorio e il controinterrogatorio non siano presenti, fallisce inevitabilmente nel rispetto della dignità dei suoi membri; il secondo, sul diritto di non autoincriminarsi, è basato sul fatto che, sebbene sia moralmente corretto che una persona abbia il diritto legale di non incriminare se stessa, questo diritto legale non coincide tuttavia con un diritto morale. M.B. PROSPETTIVE DI RICERCA Pál Szinyei Merse, Coppia di innamorati (1870, part.) Ontologia, etica e politica in Jankélévitch In traduzione italiana è oggi disponibile un’edizione parziale dell’opera principale di Vladimir Jankélévitch, IL TRATTATO DELLE VIRTÙ (trad. it. di E. Klersy Imberciadori, a cura di F. Alberoni, introduzione di R. Maggiori, Garzanti, Milano 1996). Oltre alle parti introduttive, di carattere generale, intorno alla natura delle conoscenze morali e al rapporto fra individualità e alterità, questa edizione mette in evidenza, soprattutto, le riflessioni di Jankélévitch sulla tematica dell’amore e su quella della malvagità. La monografia di Giovan Battista Vaccaro, ONTOLOGIA ED ETICA IN VLADIMIR JANKÉLÉVITCH (Longo, Ravenna 1995) tenta un attraversamento dell’opera del filosofo alla luce delle questioni riguardanti l’ontologia della finitudine, nella prospettiva della configurazione di un’etica della convenzione e di una politica neocontrattualistica. Le 1500 pagine dell’opera principale di Vladimir Jankélévitch, Le traité des vertus (Parigi 1971), costituiscono, insieme, un’introduzione “metodologica” alla riflessione etica del filosofo, un compendio del suo pensiero, ma anche, in alcune sue parti, come nota Francesco Alberoni, un’esposizione tanto dettagliata di talune tematiche da poter dar luogo a più di un’opera autonoma. La scelta delle parti tradotte nell’edizione italiana si orienta invece, in particolare, oltre che sugli aspetti più generali del pensiero di Jankélévitch, sulle tematiche della malvagità e dell’amore. Sulla scorta dell’insegnamento di Bergson, l’interesse principale di Jankélévitch è rivolto, in quest’opera, alla descrizione dell’esperienza interiore, concepita come un flusso di coscienza. Secondo Alberoni, a fondamento dell’impianto analitico del Trattato delle virtù vi è una concezione “quantica” del tempo e dell’esperienza. L’uomo non gode mai, per sempre e ovunque, di uno stato d’animo permanente e definitivo; ogni sentimento costituisce uno stato passeggero dell’esperienza interiore, la quale può persistere in esso, oppure liberarsene. Nondimeno, ogni sentimento si presenta come assoluto, totalizzante ed esclusivo: l’amore, o l’odio, ci sono o non ci sono. Ciò comporta che negli stati emotivi dell’esperienza concreta non si dia una mediazione tra sentimenti contrastanti, bensì il loro contrasto irriducibile. Per questo la sincera ammirazione, cioè la predisposizione favorevole verso una persona, può coniugarsi con una dose di malevolenza, cioè di invidia. Così accade anche nel caso dell’amore: nel concreto, esso si verifica come scontro (non mediazione) fra una pulsione egoistica, che spinge all’appropriazione dell’oggetto del desiderio, e una altruistica, che porta l’io all’“essere per l’altro”. Come ricorda a questo proposito Robert Maggiori, per Jankélévitch, di contro alla 44 prospettiva sostanzialista, non esistono bene e male oggettivi, che qualifichino (in senso positivo o negativo) la volontà, presunta come neutra; volontà e intenzione sono benefiche, o sono malefiche. A partire da questa prospettiva etica, e con un accento diverso da quello dell’interpretazione di Alberoni, si apre la ricostruzione della riflessione ontologica di Jankélévitch a opera di Giovan Battista Vaccaro, secondo il quale tanto la riflessione ontologica, quanto quella etica e politica si collocano, nel Novecento, nella temperie di una ricerca che potrebbe essere definita come “filosofia della crisi”, dominata dal rifiuto delle categorie concettuali e dello stile di pensiero che avevano caratterizzato la modernità. L’“indebolimento dell’ontologia” trova infatti un suo riscontro nell’espunzione de facto, dalla riflessione etica, della tematizzazione del concetto di bene. Tuttavia, fa notare Vaccaro, il pensiero di Jankélévitch procede oltre un tale ambito concettuale, nel tentativo di fornire, in ontologia come in etica, risposte “in positivo” alle questioni sollevate dalle “filosofie della crisi”. Significativamente, questo tentativo va di pari passi con quello teso a fornire, della propria riflessione, un’esposizione non rapsodica (né, tantomeno, aforistica), bensì, come sottolinea Vaccaro, organica e quasi sistematica. Muovendo, in campo ontologico, dall’assunzione della radicale finitezza dell’essere, Jankélévitch procede attraverso l’assolutizzazione, in ambito etico, dell’irriducibilità PROSPETTIVE DI RICERCA della persona umana. In tal modo, osserva Vaccaro, l’analitica esistenziale riceve un presupposto sostanzialistico, e trova qui la propria fondazione. Ma la fuoriuscita dall’ambito delle “filosofie della crisi” è riscontrabile, in Jankélévitch, anche nella possibilità di dedurre dalla critica morale (non economica) del capitalismo le indicazioni per configurare una “società rigenerata” comunistica, che sia in grado di rendere giustizia al valore assoluto della persona umana. Nel sacrificio per amore dell’altro la finitezza ontologica dell’uomo si riconcilia con il suo tempo e con la storia. Proprio per il fatto di trarre dall’etica indicazioni concrete per l’agire e, all’inverso, di tener conto nell’analisi etica dell’esperienza dell’agire umano, non è legittimo, secondo Vaccaro, individuare nell’umanesimo comunista di Jankélévitch una distinzione fra etica e morale: nella storia, la prima diventa fondamento della seconda, nonché supporto per l’impegno politico. Supporto necessario, ma anche necessitato: non c’è etica senza impegno, ma non c’è teorizzazione valida senza la sua pratica. F.C. A un’idea come questa è sotteso un intento pedagogico, sottolinea Carlo Arcuri, curatore dell’edizione italiana, nella sua postfazione dal titolo: Le ultime lezioni sono già state fatte, da sempre. «Quando la filosofia crea dei concetti» - affermano Deleuze e Guattari - «il suo scopo è, sempre, quello di cogliere un evento dalle cose, e dagli esseri». Ciò, tuttavia, non va inteso in alcun modo come rispecchiamento delle cose nel concetto; piuttosto, come loro interpretazione che, per quanto immanente al piano delle cose stesse, crea “nuovi piani di immanenza”. Così inteso, il concetto appartiene alla filosofia, e soltanto a essa. In questa prospettiva, osservano i due autori, le tre grandi forme del pensiero, arte, scienza e filosofia, sono accomunate dal tentativo di affrontare il caos pensando, in un’alternativa irriducibile, o per sensazioni, o per funzioni, o per concetti. Esse si differenziano, infatti, a partire dal rapporto che intrattengono con l’infinito: mentre la scien- za rinuncia, nella ricerca della referenza, all’infinità, e l’arte, di questa infinità perduta, intende restituire un’espressione, «la filosofia vuole salvare l’infinito dandogli consistenza», attraverso la creazione di nuovi piani di immanenza, cioè di nuove realtà. Per Deleuze e Guattari la funzione del concetto è dunque quella di “aggiungere essere” alle cose, di arricchire di realtà il reale, trasformandolo. La grandezza di una filosofia sta non soltanto nella capacità dei suoi concetti di cogliere eventi, ma anche, e soprattutto, nella qualità degli eventi ai quali i suoi concetti richiamano il filosofo e chi lo ascolta. Il rapporto tra il concetto (ovvero, la filosofia), da un lato, e il reale, dall’altro, è ciò che, secondo Deleuze e Guattari, si definisce con il termine “utopia”. L’atto rivoluzionario è in tal senso autoreferenziale, in quanto è, ad un tempo, concetto ed evento. Il pensiero rivoluzionario si esplica in una dimensione che si qualifica come topologi- Il pensiero nomade di Deleuze Di recente traduzione italiana, l’ultima opera di Gilles Deleuze e Felix Guattari, CHE COS’È LA FILOSOFIA? (trad. it. di A. De Lorenzis, a cura e con postfazione di C. Arcuri, Einaudi, Torino 1996), riprende, tra le varie questioni che interessavano ai due autori poco prima della loro scomparsa, il tema del carattere nomadico del pensiero. Questa tematica figura anche al centro dello studio di Adelino Zanini, MODERNITÀ E NOMADISMO (Calusca, Padova 1995), nonché della ricostruzione complessiva del pensiero deleuzeano, compiuta da Chiara di Marco nella monografia DELEUZE E IL PENSIERO NOMADE (Franco Angeli, Milano 1995). L’apparente genericità della domanda posta come titolo dell’ultima opera di Gilles Deleuze e Felix Guattari, Che cos’è la filosofia? è in verità indice di profonda radicalità: in quanto “opera ultima”, sottolineano i due autori, essa ammonisce che, essendo esaurito il tempo per la pratica filosofica, occorre interrogarsi sulla sua essenza. Non che tale interrogazione non fosse presente già nella pratica; essa, tuttavia, viene ora resa esplicita con la libertà imposta dalla “cosa stessa”, che deve essere detta. In questa condizione, ribadiscono Deleuze e Guattari, la filosofia ritorna a essere ciò che era per i Greci: un “discorso d’amicizia”, fatto per amicizia di ciò che non si possiede e a cui si tende, la saggezza, e fatto tra amici, cioè tra amanti della saggezza, accomunati dalla comune ricerca. Réne Magritte, L‘Art de vivre (1967, part.) 45 PROSPETTIVE DI RICERCA ca, piuttosto che come cronologica: esso consiste in una deterritorializzazione del momento storico, in una sua evulsione dal continuum cronologico, al quale esso appartiene, e nella sua ricollocazione “in un altro luogo”, cioè “in un’altra storia”. In questo senso, come i nomadi non hanno una storia, ma piuttosto una geografia, così la filosofia si definisce in una configurazione spaziale, piuttosto che in una temporale: essa è “geofilosofia”. In Deleuze e il pensiero nomade, Chiara di Marco pone l’accento sull’aspetto di “inattualità” del pensiero di Deleuze, il cui utopismo trova le proprie radici nella sua concezione della filosofia: né pura riflessione, né attività comunicativa, ma esercizio, pratica di una razionalità critica. Questa prassi decostruttiva si sostanzia, tuttavia, in un’attività costruttiva in quanto necessità ontologica intrinseca, fondata nella natura riterritorializzante del concetto. Il rapporto nomadico della filosofia con lo spazio, sottolinea Di Marco, non consiste in una sua funzionalizzazione, quanto piuttosto in una creazione. In questa prospettiva, il pensiero nomade si definisce come «un’estraniazione, che è un porsi altrimenti nel proprio luogo, poiché solo nell’“impotere” a pensare l’evento come ciò che è ancora da pensare si rileva la più alta potenza del pensiero». L’ipotesi interpretativa che sorregge l’analisi di Di Marco consiste nella possibilità di leggere tutta la riflessione di Deleuze come un’ontologia dell’evento. Essa si presenta come una filosofia non categoriale dell’essere: l’affermazione radicale dell’univocità dell’essere deve servire a salvaguardare il carattere irriducibile della differenzialità del molteplice. Ciò equivale a dichiarare l’impossibilità, de jure, e l’illegittimità, de facto, di gerarchizzare le differenze che il molteplice presenta, sussumendole nello schema ascensionale, ad un tempo ontologico e assiologico, prodotto dalle categorizzazioni della metafisica essenzialista. Secondo Di Marco, la valenza teoreticoesistenziale della riflessione deleuzeana appartiene non al nichilismo “servile”, bensì a quello “tragico”, in quanto non si limita a lamentare la perdita della gerarchizzabilità delle differenze, ma contesta tale gerarchizzabilità affermando invece, in positivo, il polimorfismo della declinabilità dell’essere univoco. Il pensiero nomadico, sottolinea Di Marco, mette in questione l’unità del soggetto cartesiano, il quale si ridefinisce nel divenire, e nella molteplicità, secondo una duplice direzione: verso l’“interno”, cioè verso la “cura di sé”, dove il soggetto si ridefinisce come “desiderante”, e verso l’“esterno”, come riconoscimento del diritto politico alla differenza. Quest’ultimo aspetto del pensiero nomadico di Deleuze e Guattari costituisce il punto focale attorno al quale ruota lo studio di Adelino Zanini, che sottolinea come per Deleuze sia decisivo, fin dal momento del confronto con l’empirismo, dar conto del problema di come la “mente” divenga “soggetto”, di come possa sorgere, dalla passività originaria, l’attività del soggetto. Per Zanini, le acquisizioni teoriche di Deleuze diventano rilevanti ai fini della fondazione della questione etica, che deve essere radicata in un tempo e uno spazio sempre “presenti”, in quanto (marxianamente) storicamente determinati: la questione del soggetto, «in quanto problema pratico, si risolve a livello morale e politico». In Deleuze, rileva Zanini, la dissoluzione dell’io non dà luogo ad una metafisica dell’assenza del soggetto formale, bensì ad una “politica dei corpi”. Nel mettere a nudo la fallacia della rappresentazione singolare dell’identità personale, l’apologia del desiderio, che attraversa Che cos’è la filosofia?, diventa, in Deleuze, esperienza schizoide di un corpo “politico”. Questa intende essere la risposta al problema insoluto della modernità, in cui il soggetto, diventato plurale, nell’impossibilità di essere positivamente riconosciuto come tale, si ritrae in una molteplicità di universi omogenei, caratterizzata, anziché dalla differenzialità, dalla serialità. La rivendicazione della differenza, osserva Zanini, passa in Deleuze attraverso il paradigma della costante migrazione, inteso come “sottrarsi a”; in questo si esprime propriamente il “pensiero nomade”. Di questa esperienza di sottrazione alle regole serializzanti dell’organizzazione sociale e politica Zanini sottolinea sia il carattere non cronologico, sia la sua dimensione “utopica”: dal momento che l’essere non è, in senso proprio, “in nessun luogo”, esso «non si territorializza mai; ovvero, si territorializza sul deterritorializzato». Per questo, quella del nomade non è una vera e propria migrazione; egli non passa da un punto all’altro, bensì insiste, nella figura deleuzeana della ripetizione, sul medesimo punto, che si rivela un “assoluto locale”. F.C. Benjamin da giovane La figura e l’opera di Benjamin viene nuovamente proposta all’attenzione del pubblico tedesco con una recente edizione delle sue lettere giovanili, GESAMMELTE BRIEFE, BAND 1, 1910-1918 (Suhrkamp, Francoforte s/M. 1995), a cura di Christoph Gödde e Henry Lonitz. La raccolta aggiunge un ulteriore contributo alle prospettive di ricerca su un autore considerato inattuale dai suoi stessi contemporanei e destinato dunque a godere di fama postuma. Le lettere raccolte e pubblicate da Christoph Gödde e Henry Lonitz offrono l’immagine di un Benjamin giovane e ancora immaturo, ma già pienamente riconoscibile nei caratteri che lo contraddistingueranno nell’età matura e che Hanna Arendt stigma46 tizzò nel 1968 come inadeguatezza a ogni classificazione, nonché incapacità di farsi comprendere. La cornice temporale di queste lettere coincide con il periodo che va dal 1910 al 1918, anni segnati dalla politica guglielmina, dalle inquietudini sociali dell’impero e dall’impellenza della prima guerra mondiale. Nonostante ciò, negli scritti di Benjamin di questo periodo non compare il riflesso di tale sfondo, mentre già si palesa quell’incapacità di appropriarsi della storia che lo caratterizzerà anche negli anni successivi e che lo condurrà a mediare comunque il suo rapporto con la vita attraverso la riflessione, ad affrontare i problemi indirettamente, seppur a fondo, attraverso la rappresentazione degli scrittori e l’attività ermeneutica. Solo in due occasioni il giovane Benjamin si confronta apertamente con il mondo esterno, nel rapporto con il suo “essere ebreo” e nel suo impegno fattivo all’interno del movimento giovanile sorto attorno a Gustav Wyneken, per il quale conduce convinte battaglie in nome di un idealistico programma di riforme dell’insegnamento e dell’educazione in generale. Del suo atteggiamento nei confronti del movimento giovanile così scrive all’amica Carla Seligson nel 1913: «Questa è la cosa più importante: noi non dobbiamo ancorarci a un’idea precisa, anche l’idea della cultura giovanile deve rappresentare solo una forma di illuminazione che possa condurre lo spirito sulla via della chiarezza»; si tratta di un rifiuto netto della politica e della società, che agli occhi di Benjamin appare come corrotta e reificata, mentre la funzione del filosofo si profila già per lui come quella di denunciare la catastrofe e annunciare la possibile redenzione. La particolarità del rapporto di Benjamin con la contemporaneità sta anche nel fatto che per lui l’origine ebraica ha una valenza puramente astratta e indica l’appartenenza a un’élite di «rappresentanti privilegiati dello spirito», ma non assume alcuna configurazione politica. Sotto questo rispetto Benjamin si sente molto più vicino a Kafka, che come lui si mantenne estraneo al sionismo e si dedicò in modo totale all’arte, che non a quegli amici ebrei, come Scholem, più direttamente e concretamente coinvolti dalle implicazioni storico-sociali della loro identità religiosa. Dalle lettere affiora l’inadeguatezza di Benjamin di fronte alla vita quotidiana e la sua predisposizione all’isolamento, tanto che all’età di ventidue anni scrive all’amico Herbert Blumenthal: «Il mio silenzio è l’unica caratteristica in cui i miei amici mi riconoscono»; il che denota una piena coscienza della propria mancanza di definizione, della propria impotenza individuale, che si risolverà in una ricerca incessante dell’affermazione personale, fino all’adesione al marxismo rivoluzionario e alla fede incondizionata nella soluzione messianica della storia. I temi peculiari della sua filosofia, dal messianismo alla concezione della critica come “dissolvimento dell’opera nell’assoluto”, dal rispetto incondizionato per il Nome in ambi- PROSPETTIVE DI RICERCA to linguistico al rigetto di ogni forma di solidarietà ipocrita, risultano dunque già tracciati nella corrispondenza giovanile, che costituisce pertanto un valido supporto per la comprensione di uno fra i filosofi più incompresi di questo secolo. L.R. Il caso Lyssenko «La vicenda Lyssenko è finita. La storia delle cause del lyssenkismo continua»: così scriveva Louis Althusser nella Prefazione al volume che nel 1976 Dominique Lecourt dedicava al “caso Lyssenko”, LYSSENKO. HISTOIRE RÉELLE D’UNE “ SCIENCE PROLÉTARIENNE ”, (Lyssenko. Storia reale di una “scienza proletaria”, PUF, Parigi 1995), che viene ora ripubblicato con l’aggiunta di un saggio su Alexandr Bogdanov, dove l’affermazione del lyssenkismo viene messa in relazione diretta con la “teoria delle due scienze”, la scienza “proletaria” e la quella “borghese”, che tanta importanza ebbe nello sviluppo del materialismo dialettico staliniano. Pensato in origine come trattazione di un episodio particolare nello sviluppo di una “scienza marxista”, lo studio di Dominique Lecourt assume una dimensione più generalmente epistemologica, sino a fare del “caso Lyssenko”, dei suoi sviluppi e dei suoi presupposti teorici il crocevia di un’impostazione epistemologica che trascende ampiamente il solo ambito marxista. A questo proposito risulta illuminante lo scritto posto in appendice al volume, Alexandr Bogdanov, specchio dell’intellighentsia sovietica, in cui Lecourt, allievo di Althusser e di Georges Canguilhem, rintraccia nella dottrina di questo “discepolo russo di Mach” il fondamento teorico della distinzione tra “scienza borghese” e “scienza proletaria”. È infatti una questione epistemologica quella che conduce Bogdanov a reinterpretare la nozione di esperienza, cuore del sensismo machiano, in termini di “esperienza di lavoro” e a definire quest’ultimo come processo biologico di adattamento dell’organismo all’ambiente. A partire da tale caratterizzazione primitiva dell’esperienza, la scienza diviene quindi «esperienza collettiva organizzata di lavoro» e le verità che essa introduce assumono valore non più oggettivo, ma piuttosto legato alla temporalità storica. L’“empiriomonismo” bogdanoviano, osserva Lecourt, concepisce la verità come “forma organizzatrice dell’esperienza”, e individua nella scienza l’espressione compiuta di una particolare, e storicamente determinata, organizzazione dell’esperienza di lavoro. L’intrinseco carattere classista della scienza assegna al proletariato il compito storico di definire una nuova universalità, una scienza nuova capace di produrre delle descrizioni del nuovo mondo sorto dalla trasformazione radicale operata dalla rivoluzione. Nell’evoluzionismo storico di Bogdanov, solo questa scienza nuova, questa “scienza proletaria” sarebbe stata in grado di descrivere in modo soddisfacente il mondo del proletariato al potere. Su un tale retroterra teorico viene ora proiettata la dottrina di Lyssenko. Di fatto, pur riproponendo invariato il testo del ’76, Lecourt riesce a trasformarne completamente la problematica di riferimento, facendo del “caso Lyssenko” un episodio che oltrepassa la dimensione di una mera lotta di potere. La “storia delle cause del lyssenkismo”, per usare l’espressione di Althusser, rappresenta infatti un problema epistemologico, prima ancora che politico: l’interesse che gli anni di dominio politico-scientifico del lyssenkismo presentano non dev’essere cercato, secondo Lecourt, né nel valore scientifico della biologia lyssenkista, né nell’analisi della presa del potere da parte di un gruppo accademico, ma piuttosto nel particolare rapporto tra scienza e ideologia che vi si esprimeva e che imponeva la creazione di una scienza proletaria e l’accettazione di essa da parte della comunità scientifica. La dottrina di Lyssenko è contenuta nel rapporto presentato all’Accademia delle scienze agricole dell’URSS nell’agosto 1948, nel quale veniva affrontata la «situazione delle scienze biologiche» in Unione Sovietica e le applicazioni all’agronomia scientifica della teoria dell’ereditarietà, in opposizione alla genetica mendeliana, accusata di render conto dell’ereditarietà attraverso l’introduzione di elementi-vettore dei caratteri ereditari (i geni), immutabili e indipendenti dai condizionamenti ambientali, dunque metafisici. A tale genetica «reazionaria, metafisica e idealista» Lyssenko contrapponeva una “biologia proletaria”, la cui idea centrale consisteva nella possibilità di indurre mutamenti dei caratteri ereditari attraverso una modificazione delle condizioni ambientali di vita. Solo nel periodo in cui il lyssenkismo si andava affermando come dottrina di Stato, sottolinea Lecourt, lo sviluppo della biochimica e della citologia permetteva di approfondire la conoscenza della struttura cellulare e dava luogo ai primi passi nel campo della manipolazione genetica, offrendo esiti operativi alla genetica mendeliana. Così, di fronte all’impossibilità della genetica mendeliana di intervenire sui caratteri ereditari, Lyssenko poteva presentarsi, nel corso degli anni Trenta e Quaranta, come il campione della genetica “proletaria” e della teoria dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti: l’eredità è per Lyssenko «la proprietà dell’organismo vivente di esigere delle condizioni determinate per vivere e svilupparsi e di reagire in maniera definita a tali o a talaltre condizioni». Ripercorrendo l’origine agricola delle dottrine di Lyssenko, la diffusione dei suoi metodi di ingegneria agricola attraverso i kolkhoz, la progressiva elaborazione della dottrina dell’“eredità adattativa” a partire dalle posizioni di Mitchurin e la conquista da 47 parte dei lyssenkisti delle posizioni accademiche sino all’affermazione come “genetica di Stato”, Lecourt mette in evidenza come «la storia del lyssenkismo sia la storia di una formazione ideologica». Da insieme di procedimenti tecnici di ingegneria agronomica il lyssenkismo diviene progressivamente un sistema ideologico che, innestandosi sulla vecchia teoria delle “due scienze”, si propone di fornire una “biologia proletaria” alla nuova agricoltura collettivista. Nel 1950, Giulio Preti portava in Italia il “caso Lyssenko” come possibile esempio di un confronto tra “paradigmi” scientifici alternativi. Oggi è nell’assunto ad un tempo ideologico ed epistemologico lungo il quale si svolge la vicenda del lyssenkismo che deve essere ritrovato l’interesse per questa teoria dell’eredità adattativa, i cui capisaldi ideologici rispondevano perfettamente alle caratteristiche di una “scienza proletaria”. In questa situazione, fa notare Lecourt, i caratteri “proletari” di una dottrina poterono essere considerati canone sufficiente per sostenerne la validità scientifica. Gli esiti catastrofici dei metodi adottati da Lyssenko determinarono la fine della “genetica proletaria” e il ritorno agli studi, ormai irrimediabilmente compromessi, di genetica classica. Resta comunque il fatto della “naturalità” con cui una dottrina biologica insostenibile poté divenire ideologia di Stato. In tale rapporto tra ideologia, teoria delle due scienze e concezione della verità scientifica Lecourt situa appunto l’interesse del “caso” Lyssenko. L.Sc. Filosofia araba Il mondo arabo ha prodotto essenzialmente due correnti filosofiche, provenienti dall’opera di Avicenna e Averroè. Alcuni recenti studi si propongono di spiegare la loro opera, anche in funzione della cultura araba contemporanea: AVERROÈ E L’INTELLETTO PUBBLI CO (Manifesto Libri, Milano 1996), di Augusto Illuminati, che si sofferma sull’impronta razionalistica e aristotelica del filosofo; LA RAGIONE ARABA (trad. it. di A. Serra, Feltrinelli, Milano 1996), di Mohammed Abed al-Jabri, che propone il recupero della filosofia averroista per costituire una cultura democratica e tollerante in medio oriente; e L’UNIVERSO DI AVICENNA (trad. it. di S. Crapiz, Ecig, Genova 1995), di Lenn E. Goodman, che affronta il pensiero avicenniano di ispirazione neoplatonica. Ricordato quasi esclusivamente in funzione dell’ingresso di Aristotele in Occidente, Averroè sviluppò, in realtà, un sistema filosofico in grado di competere con nomi più celebri. Nel suo studio dedicato al filosofo, Augusto Illuminati descrive la figu- PROSPETTIVE DI RICERCA ra di Averroè a partire dagli elementi biografici e procedendo poi all’esposizione delle sue teorie. L’importanza di Averroè, ricorda Illuminati, è stata sino a ora oscurata dalle sue posizioni estremamente laiche e provocatorie. In contrapposizione al misticismo avicenniano che ben si addiceva al cristianesimo, le tesi di Averroè sono caratterizzate da un forte razionalismo che, prendendo le mosse da Aristotele, rappresenta un percorso assolutamente laico e originale. Le critiche ad Avicenna, e di conseguenza al neoplatonismo cristiano, si concretizzano fondamentalmente, secondo Illuminati, in due argomentazioni che, in buona sostanza, rappresentano il fondamento del pensiero averroista. In primo luogo, Averroè sostiene l’eternità dell’universo che, coesistente al Motore Immobile, non deriva da nessun atto creazionistico. In secondo luogo, la filosofia averroista non tiene conto dell’anima individuale e predilige una sorta di Intelletto pubblico e universale che deresponsabilizza l’individuo di fronte ai grandi temi esistenziali. In questo modo, sprovvisto di un’anima individuale e immortale, l’uomo perde la paura dell’inferno e del giudizio divino ed entra di diritto in una prospettiva laica e intellettuale. Il razionalismo di Averroè, e l’insistenza sul metodo critico e intellettuale, costituiscono, secondo Mohammed Abed al-Jabri, il motivo della sua attualità e del suo inserimento della cultura contemporanea araba e occidentale. La ragione araba, infatti, lascia emergere, da una parte, un debito di riconoscenza al pensiero di Averroè, dall’altra la speranza che proprio le sue tesi conducano il mondo arabo ad una emancipazione dal fondamentalismo verso un rinnovamento democratico. Grazie all’individuazione dei tre ordini cognitivi, l’Indicazione, l’Illuminazione e la Dimostrazione, che riscontrano il concetto di verità a partire dall’analisi sillogistica dei testi, Averroè ha rotto l’identità araba tra fisica e metafisica, ponendo le basi per lo studio scientifico della natura. Utilizzando il sillogismo aristotelico e il metodo assiomatico, Averroè ha messo in discussione il mondo mistico e gnostico di Avicenna, che imponeva un forte legame anche tra filosofia e religione. Secondo Averroè, occorre controllare razionalmente ogni dogma degli antichi per potere verificare la sua attendibilità, come nel caso del concetto di emanazione o di anima individuale che, non derivando da una dimostrazione rigorosa, appaiono esclusivamente come manifestazioni di misticismo religioso. Contrapposta allo spirito averroista, la filosofia di Avicenna costituisce l’altro ramo della speculazione araba. Se Averroè ha influenzato i sistemi razionalistici come quello di Spinoza o di Hegel, Avicenna ha condizionato le filosofie della trascendenza da Leibniz sino a Heidegger. Come dimostra lo studio di Lenin E. Goodman, i temi affrontati da Avicenna riguardano, infatti, problemi come la libertà, il tempo o l’eternità, visti, sempre, in funzione di un’ottica della trascendenza. Questo studio, utile per chiunque voglia conoscere il pensiero avicenniano nella sua globalità, presenta il contesto storico e la vita di Avicenna in relazione alla sua opera e alle sue tesi principali. Nell’intento di operare una sintesi tra la filosofia aristotelica e quella platonica, Avicenna sente la necessità di conciliare la contingenza con la necessità e, quindi, l’eternità di Dio con la nascita del mondo. Rifiutando la coeternità di dio e universo in Aristotele, Avicenna opta per le teorie neoplatoniche sull’emanazione, che rendono conto, da una parte, della permanenza e immutabilità di Dio e, dall’altra, della contingenza e imperfezione del mondo. Proprio in linea con questa distinzione, Avicenna sottolinea l’individualità dell’anima, il concetto di Uomo Fluttuante, che, relativa all’esistenza soggettiva dell’uomo, si contrappone all’essenza necessaria di Dio e precede il pensiero soggettivo moderno da Cartesio in avanti. A.S. La vita e l’opera di Russell La tesi revisionista di Michael Dummett, secondo cui alle origini della filosofia analitica vi è la svolta linguistica operata da Frege, e il ruolo di Russell è tutt’al più marginale, è messa a dura prova in una raccolta di saggi curata da Monk e Palmer, dal titolo RUSSELL AND THE ORIGINS OF ANALYTICAL (Russell e le origini della filosofia analitica, Thommes Press, Bristol 1966), che contiene gli interventi di un convegno tenutosi a Southampton nel 1995. Un’utile integrazione di questo materiale è la biografia di Ray Monk, BERTRAND RUSSELL: THE SPIRIT OF SOLITUDE (Bertrand Russell: lo spirito della solitudine, Cape, Londra 1996), che prende in esame della vita del filosofo dalla nascita ai primi anni del dopoguerra, ricostruendone non solo l’itinerario speculativo e il suo rapporto con pensatori quali Whitehead, Wittgenstein, Lawrence, ma anche la vita privata e affettiva nel suo intrecciarsi con le vicende scientifiche e teoretiche. PHILOSOPHY Contrariamente alle tesi di Dummett, sebbene Russell non ponesse al centro delle sue indagini l’analisi linguistica, egli deve essere considerato un filosofo analitico. A sostegno di questa tesi si pronunciano, in particolare, tra i vari saggi raccolti nel volume Russell and the Origins of Analytical Philosophy, gli scritti di Nicholas Griffin e Harold Noonan: il primo sottolinea la natura essenzialmente non linguistica della nozione di concetto denotativo contenuta nei Principles of Mathematics (Principi di matematica, 1903); il secondo inter48 preta l’eliminazione di questi concetti, operata in On Denoting (Sulla denotazione, 1905), come parte di una strategia volta a salvaguardare la natura non linguistica dell’analisi delle proposizioni. Nel volume, accanto ad altri saggi sulla logica, la matematica e l’epistemologia di Russell, compaiono anche due interventi sulla sua ricerca in etica e in storia della filosofia. Russell non è certamente un filosofo analitico se si pone all’origine della filosofia analitica la svolta linguistica operata da Frege, e si caratterizza l’intero percorso successivo come filosofia post-fregeana. Questa svolta portò Frege a trasformare la sua domanda iniziale (qual è la natura dei numeri) in una domanda sul significato degli enunciati che contengono numerali. Radicalmente diversa da questa era invece la posizione di Russell, che riteneva che il significato fosse, per la logica, del tutto irrilevante, e che anche quando si rese conto, grazie all’influenza di Wittgenstein, che la logica era strettamente dipendente dal linguaggio, non provò di certo la gioia della scoperta, ma qualcosa di molto vicino alla disperazione della disillusione. Secondo Ray Monk (What is Analytical Philosophy?) non è vero che la filosofia analitica sia essenzialmente post-fregeana, nel senso che, nello spirito di Frege, abbia considerato e consideri tuttora la filosofia del linguaggio come il fondamento della filosofia tutta intera. Ovviamente, se si accetta il punto di vista di Dummett, Russell non può essere considerato un filosofo analitico, perché credeva profondamente che fra tutte le cose di cui si occupa e si deve occupare il filosofo non debba esservi il linguaggio: il filosofo si deve occupare del mondo. On Denoting è stato spesso celebrato (erroneamente) alla luce del fatto che in esso Russell non si limitava a teorizzare l’importanza dell’analisi linguistica, né tantomeno riteneva che il significato delle descrizioni definite fosse un significato linguistico, bensì sottolineava che per il logico la nozione centrale è una relazione logica, e cioè la relazione di denotazione. In seguito all’incontro con Wittgenstein, Russell fu costretto a cambiare idea e a riconoscere che una comprensione del linguaggio è necessaria per conoscere le proposizioni della logica, ma questo non lo indusse a porre l’analisi linguistica al centro della filosofia, bensì ad ammettere che la logica non aveva, suo malgrado, tutto il significato filosofico che egli le aveva originariamente attribuito. La stessa evoluzione del pensiero di Russell, osserva Monk, mostra chiaramente la sua lontananza dallo spirito post-fregeano nel senso inteso da Dummett. Dal platonismo iniziale egli passa infatti ad un accentuato psicologismo: il problema del significato, che pure sussiste, è essenzialmente, in questa fase, un problema psicologico. Lo psicologismo diventa la cornice dominante nel saggio L’analisi della mente, in cui si teorizza che la natura delle proposizioni PROSPETTIVE DI RICERCA Bertrand Russel 49 PROSPETTIVE DI RICERCA vada compresa nei termini della capacità della mente di formarsi immagini, ovvero di compiere una serie di atti mentali e si sostiene in modo sorprendentemente humeano, che la credenza è una sensazione specifica in relazione a un’immagine. E ancor più Russell accentua il suo psicologismo nel saggio successivo, An Inquiry into Meaning and Truth (Ricerca sul significato e la verità, 1930), polemicamente rivolto ai positivisti logici per il loro “pregiudizio linguistico”. Ora, a proposito di questa forma di psicologismo, Monk fa notare che se mai una dottrina filosofica ha meritato il nome di psicologia descrittiva, ebbene, è proprio questa. Ma, a questo proposito, nutriamo alcune forti riserve, perché per la psicologia descrittiva nel senso del primo Husserl - che di questa fece il nucleo centrale del proprio programma filosofico proprio lo psicologismo rappresentava una caduta nello scetticismo da evitare con grande cura. Riprendendo un suo scritto recente, Was Russell an Analytical Philosopher? («Ratio», 9, 3, 1996), Monk accusa Dummett di aver trascurato nella sua interpretazione proprio la caratteristica definitoria della filosofia analitica, e cioè l’analisi. Se invece si accetta questa definizione alternativa, fra le anime salve, oltre a Frege, vi sono Husserl, Meinong e lo stesso Russell, e fra i dannati vi è certamente Wittgenstein. Questi infatti, osserva Monk, se da un lato teorizzava la necessità della svolta linguistica e la metteva indubbiamente in pratica, dall’altro non credeva affatto nell’analisi e cioè non riteneva affatto che compito della filosofia fosse principalmente (anche se non unicamente) individuare in ogni intero complesso (proposizioni o altro) le parti elementari. Su un punto importante, tuttavia, Dummett e Monk concordano: su ciò che è (e deve essere) la filosofia analitica. Entrambi sottolineano l’esigenza (ancora ampiamente delusa) che la filosofia (analitica) debba essere sistematica e che solo in questo senso essa possa dare un contributo essenziale ad un progetto che aspira alla ricerca della verità. Con la differenza che Dummett ritiene che il primo passo fondamentale risieda nella costruzione di una teoria sistematica del significato. E stupisce allora che egli mostri qualche incertezza sull’annoverare Wittgenstein nel paradiso della filosofia analitica, dato che egli è consapevole del fatto che Wittgenstein non mirava affatto alla sistematicità, né, tantomeno, alla costruzione di una teoria del significato, che potesse essere fondante per la filosofia nel suo complesso. Per Wittgenstein non aveva alcun senso cercare di fondare la filosofia su di una base scientifica. Proprio in questo ripudio della mentalità scientifica in filosofia, e nel difendere invece l’idea del filosofo come di colui che ripulisce i vialetti di un parco dell’immondizia lasciata dagli altri - l’immagine è di Ayer - si misura tutta la distanza che corre fra Wittgenstein e lo spirito della filosofia analitica, se ve ne è uno. Ma si ha anche una vaga percezione della distanza che separava Russell dal suo allievo. C.C. Il tormentato rapporto tra Russell e Wittgenstein è descritto in modo efficace da Ray Monk nella biografia Bertrand Russell: the Spirit of Solitude. Russell nasce nel 1872 da una delle famiglie più illuminate dell’aristocrazia inglese, dalla quale erediterà le abitudini del libero pensiero, mostrando fin da giovane una notevole intelligenza unita a dolcezza e docilità, pur nella consapevolezza della necessità della lotta per ottenere la felicità. A undici anni risale la felice scoperta di Euclide che, secondo le stesse parole di Russell, fu l’esordio di una vita di intelletto e leggerezza insieme. Il bisogno della religione, osserva d’altra parte Monk, caratterizzò un lungo periodo della sua vita, per quanto ne ritenesse sempre inaccettabili le forme convenzionali, a cui cercava di supplire con forme religiose di sua invenzione, che tuttavia si scontravano con il suo temperamento profondamente scettico. Russell nutriva una passione particolare per le “epifanie”: così avvenne per la verità della ricerca di Cartesio sull’argomento ontologico dell’esistenza di Dio; analogamente avvenne con Hegel. Dalla biografia di Monk emerge anche la grande onestà intellettuale di Russell e la sua capacità di abbandonare una posizione una volta convinto della correttezza della concezione opposta. Dopo il lungo e faticoso lavoro sui Principia mathematica, condotto con Whitehead, Russell si accorse che le basi fondamentali di questa ricerca erano minacciate dal lavoro di Kurt Gödel; ciò tuttavia non invalidò completamente il suo lavoro, che permise comunque ad altri logici-matematici di sviluppare un importante teoria del calcolo. Interessante risulta, in questo contesto, la ricostruzione da parte di Monk del rapporto con Wittgenstein, inizialmente definito da Russell come un tedesco molto polemico e fastidioso, nonché un poco folle, per poi rendersi conto come questi fosse invece privo di quella «falsa cortesia che interferisce con la verità». In Wittgenstein, Russell arrivò a vedere una sorta di erede intellettuale, pur non rendendosi conto di quanto la sua passione teoretica fosse profondamente distruttrice. Nel 1913 Wittgenstein demolì la teoria del giudizio di Russell e ciò segnò un momento doloroso, ma decisivo, nella vita di quest’ultimo. Monk si sofferma anche sul rapporto che legò Russell a D.H. Lawrence e che si concluse drammaticamente con una lettera d’invettive di quest’ultimo, al punto che per breve tempo Russell arrivò addirittura a contemplare l’ipotesi del suicidio. Ciò che permise a Russell di uscire da questo stato depressivo fu il suo impegno politico e la sua lotta contro la guerra, che gli fecero anche assumere posizioni impopolari, allorché deplorò il rifiuto degli alleati di fronte alle proposte di pace tedesche; questa posizione provocò l’emarginazione di Russell da parte dell’ambiente accademico e 50 della sua classe sociale e l’avversione dell’opinione pubblica. Una parte importante della biografia di Monk è dedicata alla vita sentimentale di Russell attraverso un’ampia rassegna del suo epistolario. Sebbene si professasse contrario a ogni forma di crudeltà e disonestà, emerge come Russell, nei suoi rapporti amorosi, fosse molto spesso falso, crudele e opportunista, nonché ferocemente geloso delle sue amanti. I piaceri dell’amore, osserva Monk, trovavano del resto in Russell un riscontro con quelli della ricerca scientifica, nonostante una evidente differenza tra l’onestà intellettuale e l’ipocrisia nelle relazioni amorose: la stesura in meno di tre mesi di The Principles of Mathematics (Principi di matematica) venne da questi definita come una «luna di miele intellettuale» che, come tutte le lune di miele, si spense sotto la pressione della critica di Wittgenstein. M.B. Attraverso l’opera di Wittgenstein I carteggi inediti fra Wittgenstein e i suoi interlocutori di Cambridge, pubblicati con il titolo: CAMBRIDGE LETTERS (Lettere di Cambridge, Blackwell, Oxford 1995), oltre a chiarire alcune problematiche teoriche, permettono di far emergere i rapporti ad un tempo amichevoli e conflittuali intrattenuti dal filosofo viennese con Russell, Moore ecc. Un utile strumento per attraversare l’opera di Wittgenstein è anche un dizionario dei termini filosofici wittgensteiniani, A WITTGENSTEIN DICTIONARY (Dizionario wittgensteiniano, Blackwell, Oxford 1995), curato da Hans Johann Glock, in cui sono presenti quasi un centinaio di voci che aiutano a far chiarezza sul suo pensiero. Le Cambridge Letters di Ludwig Wittgenstein, curate da Brian McGuinness e Georg Henrik von Wright, presentano un interessante carteggio, fino a ora inedito, fra il filosofo viennese e i suoi corrispondenti di Cambridge: Russell, Moore, Keynes e Sraffa. Si scoprono qui elementi interessanti, come ad esempio il rischio corso dal Tractatus logico-philosophicus di non essere pubblicato se non fosse stato per l’intervento e l’appoggio generoso di Russell. L’importanza del rapporto con Russell, sul piano non solo della ricerca logica, ma anche dell’aiuto reciproco e di una profonda amicizia, emerge chiaramente in queste lettere, che permettono anche di comprendere per quali motivi, negli ultimi anni, il loro rapporto si guastò, come si può ricavare da una lettera di Wittgenstein a Moore in cui Russell viene definito individuo spiacevole, loquace e superficiale. Del resto il carattere particolare di Wittgenstein emerge chiaramente anche con altri interlocutori: Keynes, ad esempio, vie- PROSPETTIVE DI RICERCA ne accusato di pensare che l’amicizia con Wittgenstein non fosse altro per lui che un sistema per ottenere aiuto finanziario. La radicale onestà e sincerità di Wittgenstein emerge tuttavia in ogni occasione, come nel suo giudizio sui Principia Ethica di Moore, testo fra l’altro profondamente apprezzato dalla comunità di Cambridge e che viene invece definito da Wittgenstein, in una lettera a Russell, come un testo prolisso che in tre pagine dice ciò che potrebbe essere espresso comodamente in mezza: un lavoro che non può sognarsi assolutamente di essere paragonato alle opere di Frege o a quelle di Russell stesso. Queste lettere mettono anche in evidenza il senso di instabilità mentale di Wittgenstein, il suo senso di angoscia e di depressione, anche se non emergono espressamente nelle lettere motivi di un ricorso ad aiuti psichiatrici; del resto era noto lo scetticismo di Wittgenstein nei confronti della teoria di Freud. Spesso un’ancora di salvezza era per lui rappresentata dalla ricerca scientifica e da alcune intense amicizie, che tuttavia non impedivano momenti di profonda delusione e solitudine. A Hans Johann Glock si deve la cura e la stesura di un “dizionario wittgensteiniano”, nel quale vengono presi in considerazione quasi un centinaio di termini tecnici che caratterizzano l’opera del filosofo; termini coniati ex novo o, se già presenti nel dibattito filosofico, modificati radicalmente dallo studioso viennese. Il dizionario ricopre così un importante ruolo filologico ed esegetico. Il volume contiene inoltre una biografia intellettuale di Wittgenstein e un saggio in cui vengono delineati gli elementi fondamentali delle diverse fasi del suo pensiero nella loro connessione. M.B. L’unità del pensiero di Schleiermacher Il saggio di Christian Berner, LA PHI- LOSOPHIE DE SCHLEIERMACHER . HERMÉNEU TIQUE- DIALECTIQUE- ETHIQUE (Cerf, Parigi 1995) è senza dubbio il primo studio in lingua francese a prendere in considerazione non semplicemente l’ermeneutica o la teologia, ma l’unità sistematica del pensiero di Schleiermacher, allo stesso titolo di Kant o di Hegel, dimostrando come esso offra un’alternativa di grandi sistemi dell’idealismo tedesco, pur raccogliendone la sfida. Nel suo studio, Christian Berner ricostruisce la logica della filosofia di Schleiermacher, mostrando come in essa dialettica ed ermeneutica si integrino nella prospettiva unitaria dell’etica, caratterizzata dall’aspirazione razionale di costituire una comunità e in questo partecipe della motivazione e del fine della stessa attività filosofica. Un primo aspetto che Berner mette in evidenza della filosofia di Schleiermacher è la critica dell’immediatezza. L’idea di sentimento in Schleiermacher è un concetto la cui funzione è di mettere in risalto le aporie e le contraddizioni delle teorie idealistiche della coscienza di sé, che tendono a superare la finitudine della soggettività. Per Schleiermacher il soggetto non è la sua propria origine, ma si costituisce a partire da una dipendenza preliminare e in virtù di un agire che è parola e azione. Nei suoi discorsi e nei suoi atti individuali il soggetto si scopre, s’inventa e, attraverso quest’individuazione, mira alla comunità. Questo percorso è restituito con grande chiarezza da Berner, che legge l’ermeneutica di Schleiermacher soprattutto come una logica del discorso individuale, che concerne il dialogo fra un io e un tu, laddove all’interprete è lasciato il compito di ricostruire ciò che è stato pensato ed espresso dall’autore. Per Schleiermacher non c’è pensiero senza linguaggio e ogni discorso è dunque indirizzato, comunicato e comune. «Comprendere nella sua dimensione ermeneutica è dunque riconoscere l’altro nella comunità»: il discorso individuale rinvia ad una comunità che è anche misura della ragione, e il cui orizzonte rappresenta “l’ethos dell’ermeneutica”. In Schleiermacher, fa notare Berner, l’ermeneutica non s’interessa che al senso dei discorsi, che mira a determinare rigorosamente; è alla dialettica che tocca valutare il loro rapporto con l’essere, domandandosi se quello che è detto è “vero”. Ermeneutica e dialettica rinviano così l’una all’altra e non possono comprendersi se non nella loro complementarietà. In particolare, precisa Berner, la dialettica vuole essere tanto il metodo concreto di produzione del sapere a partire dal conflitto regolato delle pretese individuali di verità, quanto la riflessione critica sui differenti saperi costituiti. Più volte Schleiermacher sottolinea la dimensione linguistica della dialettica; i conflitti si esprimono in un dialogo e la dialettica è l’organizzazione del dialogo in vista del sapere. Nella produzione comune del sapere si costituisce nello stesso tempo la comunità dei sapienti: un “noi trascendentale”, una comunità storica determinata che soppianta l’astrazione dell’“io trascendentale”. Al contempo, osserva Berner, il sapere s’inscrive in un divenire che è tradizione, ma anche attività critica ininterrotta. L’impulso alla conoscenza è dettato in Schleiermacher dal desiderio di costituire una comunità umana diversificata. Pur evitando il ricorso ad una teoria dello spirito di tipo hegeliano, Schleiermacher, sottolinea Berner, non propone una semplice filosofia della cultura abbandonata al relativismo; la realizzazione dello spirito è il compito immanente alla comunità umana. Al di là di ogni tentazione storicista, lo sforzo etico, che mira alla realizzazione della ragione nelle forme individuali e storiche, anima, secondo Berner, l’insieme del progetto teorico di Schleiermacher. F.M.Z. 51 Un dialogo sulla logica di Aristotele Con il titolo: POLITIAN AND SCHOLASTIC LOGIC. AN UNKNOWN DIALOGUE BY A DOMENICAN FRIAR (Poliziano e la logica scolastica. Un dialogo sconosciuto di un frate domenicano, Olschki, Firenze 1995) Jonathan Hunt pubblica l’edizione critica (con un’ampia introduzione) di un dialogo quattrocentesco sulla dialettica aristotelica tra due interlocutori appartenenti a due mondi contrapposti, la scolastica e la cultura umanistica. Il dialogo presenta sotto una diversa luce l’aristotelismo nella Firenze di Lorenzo de Medici, considerata un baluardo del neoplatonismo. Il volume a cura di Jonathan Hunt presenta l’edizione critica del dialogo latino De negocio logico, del domenicano Francesco Tommaso (1445/6-1514), priore di Santa Maria Novella a Firenze. Si tratta di un commento delle Isagogge di Porfirio, largamente debitore del Liber de praedicabilibus di Alberto Magno; di fatto, il lessico, l’argomentazione, gli esempi sono di stampo prettamente scolastico. L’interesse maggiore di questo dialogo proviene tuttavia dal suo destinatario, Angelo Poliziano, il poeta delle Stanze e delle Syluae, uno dei primi grammatici-filologici dell’umanesimo, prossimo di Lorenzo il Magnifico. Umanista raffinato, conoscitore della latinità d’argento (allora non proprio di “moda”) e perfino del greco (una rarità per chi non era bizantino), Poliziano lesse e commentò negli ultimi anni della sua vita (1490-94) le opere logiche di Aristotele, scatenando le ire dei suoi colleghi filosofi (Poliziano teneva infatti la cattedra di poetica e di retorica e non di filosofia). Il dialogo del domenicano risale all’anno 1480 e mostra che l’interesse per la logica aristotelica si manifestò in Poliziano molto prima di quanto si pensi, sebbene l’umanista vi si consacrasse solo più tardi. Quest’edizione comporta almeno tre motivi d’interesse. Il primo è che testimonia di un incontro e di uno scambio fra un umanista e uno scolastico; se il primo si dedica alla dialettica, il secondo dichiara apertamente la necessità di studiare sia il greco sia la retorica. Il domenicano condanna inoltre il linguaggio “sottile” di alcuni commentatori scolastici e propugna un discorso più semplice, quasi familiare. Il secondo motivo concerne la figura stessa di Poliziano, i cui testi di logica sono pressoché sconosciuti e la cui lettura specifica d’Aristotele resta poco studiata, allorché si moltiplicano gli studi sulla sua poesia. Infine, questo dialogo testimonia che l’interesse per Aristotele nell’ambiente umanista fiorentino non provenne solamente dall’influenza dei greci bizantini e più tardi da Pico (l’amico della maturità di Poliziano). F.M.Z. NOTIZIARIO A partire dall’analisi dell’opera più famosa di Adam Smith: La ricchezza delle nazioni, e delineando il contesto ed i processi che hanno portato alla stesura di questo lavoro, Ian Simpson Ross, con THE LIFE OF ADAM SMITH (La vita di Adam Smith, Clarendon Press, Oxford 1995), ci fornisce una biografia dell’economista scozzese. Il lavoro di Ross non è però semplicemente biografico, ma ricostruisce l’importanza che hanno avuto nella stesura delle opere di Smith gli interessi crescenti dei mercanti di Glasgow e degli uomini di cultura per un pensiero economico sistematico. La ricchezza delle nazioni è importante inoltre per le influenze che ha avuto sulla politica britannica negli anni Ottanta del XVIII secolo, riguardo allo sviluppoi del libero commercio con la Francia, arrivando così a costruire non solo una teoria dell’economia politica interna, ma anche una teoria dei rapporti internazionali. Ponendo attenzione alle lezioni tenute da Smith a Glasgow, Ross sottolinea come l’approcio storicistico e naturalistico fosse il medesimo sia nel campo dell’etica che della giurisprudenza e del linguaggio; un elemento che è possibile far risalire ai teorici del giusnaturalismo del XVII secolo Grozio e Pufendorf e che va unito all’influenza di Montesquieu. L’attenzione dedicata ai legami che intercorrono fra la vita materiale, le istituzioni politiche e la struttura sociale è un’eredità che l’Illuminismo scozzese ha lasciato a diversi autori quali Constant, Guizot e Marx. Ross mostra l’importanza che hanno avuto le Lectures on Jurisprudence (Lezioni di giurisprudenza) quale base per l’elaborazione della Ricchezza delle nazioni e ricorda come questi lavori sarebbero dovuti culminare nella pubblicazione della Theory and History of Law and Government (Teoria e storia del diritto e del governo), che non venne però mai edita nonostante Smith vi avesse dedicato il resto della sua vita; Ross ricostruisce il momento in cui Smith, temendo che la pubblicazione postuma del suo lavoro incompleto potesse danneggiare la sua fama, ordinò ai suoi esecutori testamentari di bruciare il manoscritto davanti ai suoi occhi. Un altro elemento importante del lavoro di Ross è il ricorso puntuale alla corrispondenza edita ed inedita di Smith. Per quanto riguarda le vicende più intime della vita dello studioso scozzese poco può del resto essere detto, se non alcuni accenni ad alcune passioni amorose e all’ipocondria che affliggeva l’economista. M.B. Si è tenuta a Parigi il 23 e 24 novembre 1996, presso la sede dell’Unesco, l’Assemblea generale del CONSEIL INTERNATIONAL DE LA PHI- NOTIZIARIO a cura di Luisa Santonocito contatto con le Federazioni Internazionali. Per informazioni: Luca M. Scarantino, Secrétaire général adj., CIPSH - Maison de l’Unesco, 1, rue Miollis, 75015 Paris, France. LOSOPHIE ET DES SCIENCES HUMAINES (International Council for Philosophy and Humanistic Studies, CIPSH). Strutturato come federazione di organizzazioni internazionali nel campo delle scienze umane, il CIPSH costituisce il massimo organo mondiale di cooperazione e assistenza in questo settore e conta fra i propri affiliati l’Unione Accademica Internazionale (UAI), la Federazione Internazionale delle Società Filosofiche (FISP), il Comitato Internazionale di Studi Storici (CISH), il Comitato Internazionale Permanente dei Linguisti (CIPL), la Federazione Internazionale delle Società di Studi Classici (FIEC), l’Unione Internazionale di Studi Antropologici ed Etnologici (UISAE), il Comitato Internazionale per la Storia dell’Arte (CIHA), l’Associazione Internazionale per la Storia delle religioni (IAHR), la Federazione Internazionale di Lingue e Letterature Moderne (FILLM), l’Unione Internazionale di Studi Orientali ed Asiatici (UIEOA), la Società Musicologica Internazionale (SIM), l’Unione Internazionale di Scienze Preistoriche e protostoriche (UISPP), ed il Congresso Internazionale di Studi Africani (CIAF). Presente in oltre 140 nazioni, costituisce il principale partner dell’Unesco nel campo degli studi umanistici. Il CIPSH pubblica la rivista «Diogène». L’Assemblea generale di Parigi ha nominato gli organi direttivi del Consiglio e ha provveduto a indicare le principali attività del prossimo periodo. Alla Presidenza è stato confermato Jean d’Ormesson, dell’Académie Française, mentre alla Segreteria generale sono stati nominati Jean Bingen (Belgio) e Luca M. Scarantino (Italia). Tra le attività previste, la prosecuzione del progetto Endangered Languages e del World Linguistic Atlas, la prosecuzione della pubblicazione dell’International Bibliography of Philosophy e la cooperazione con la Divisione della Filosofia dell’Unesco. Il CIPSH intende inoltre rafforzare la propria collaborazione con la comunità scientifica attraverso una capillare opera di diffusione delle proprie attività, stringendo accordi di collaborazione con istituzioni e pubblicazioni e aprendosi alla partecipazione di singoli ricercatori interessati a entrare in In coincidenza con il Convegno italofrancese “La filosofia e il suo insegnamento” tenutosi nel mese di ottobre 1996, all’Istituto Banfi di Reggio Emilia, su filosofia e didattica della filosofia nei due paesi, il bollettino di maggio-agosto 1996 della Società Filosofica Italiana (nuova serie) presenta un DOSSIER FRANCIA, a cura della stessa commissione della SFI, sui temi in discussione negli ultimi anni a proposito della didattica della filosofia in Francia. Oltre ad una completa introduzione, curata da Jean D’Yvoire (Bureau de coopération linguistique, Servizio Culturale dell’Ambasciata di Francia in Italia), il dossier contiene interventi di A. de Monzie (Ispettore dell’Istruzione Pubblica): “Istruzioni del 2 Settembre 1925”; N. Grataloup (Liceo JeanJaurés di Montreuil-sous-bois): “La lingua al lavoro, il pensiero al lavoro”; M. Tozzi (Liceo Diderot, Narbonne): “Si può ‘didattizzare’ l’insegnamento filosofico?”; J. Muglioni (Ispettorato generale di filosofia): “La lezione di Filosofia”. La sezione poi su “La filosofia e la sua pedagogia?” - a cura di F. Best (Ispettrice generale all’ educazione nazionale), B. Bourgeois (Università di Parigi I), M. Conche (professore emerito alla Sorbona), J.Dumont (professore emerito all’università di Lille III), J. Muglioni (Ispettorato generale di filosofia), M. Tozzi - tratta da una ricerca pubblicata in «La Philosophie et sa Pédagogie» (giugno 1991) a cura del Centro regionale di documentazione pedagogica di Lille. Chiudono il dossier due appendici sui programma di filosofia nelle scuole secondarie in Francia . Sarà un appuntamento fisso del tradizionale PREMIO LETTERARIO CASTIGLIONCELLO: LA NUOVA SEZIONE DI FILOSOFIA, intra- presa in via sperimentale e che prende avvio dagli incontri filosofici che si tengono a Castiglioncel- 52 lo dal 1995, si terrà al Castello Pasquini il 22 febbraio 1997. Istituita nel mese di agosto 1996 per volontà dell’Assessorato alla Cultura della Pubblica Amministrazione del Comune di Rosignano Marittimo (Antonella Musu, tel. 0586 792218) e dell’Azienda di promozione Turistica di Livorno, con il patrocinio della camera di Commercio Industria e Artigianato di Livorno e della Provincia di Livorno, la nuova sezione - la cui giuria è formata da Paolo Rossi, Adriano Fabris, Alfonso Iacono, Enrico Moriconi, Giovanni Manetti, Vinicio Giannotti - costituisce una svolta per il Premio che intende così aprirsi a iniziative di più ampio respiro verso la promozione della ricerca filosofica. Un tema, una serie di saggi, una riscoperta e un inedito: questa la struttura de I CASTELLI DI YALE, la nuova rivista a periodicità annuale pubblicata da Vallecchi Editore (Firenze, 055-293477), curata da un gruppo di docenti della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Ferrara e diretta da Giancarlo Carabelli e Mario Miegge. “Newton e l’Apocalisse” è il tema del primo numero che ospita le relazioni di Giulio Giorello, Maurizio Mamiani e Mario Miegge tenute durante un seminario svoltosi all’Università di Ferrara; seguono i saggi di Marco Bertozzi sulla teoria delle grandi configurazioni astrali nel Rinascimento, di Paolo Pullega su “Note cartesiane”, di Paola Zanardi su Hume e Trenchard e di Simonetta Scandellari sul costituzionalista spagnolo di fine Settecento Valentìn de Foronda. La “riscoperta” è dedicata alla traduzione italiana del saggio di geopolitica dell’inglese Halford John Mackinder, Il perno geografico della storia e “inedita” è una lunga lettera di Giacomo Casanova a Caterina di Russia. (Informazioni: Francesca Mellone, Biblioteca Ariostea, tel. 207392 e Paola Zanardi, Facoltà di Lettere e Filosofia, tel. 293518). La genesi dell’etica è il tema del primo numero della nuova rivista “BIOLOGIA E SOCIETÀ”, pubblicata da Edizioni D’Antropologia (Milano, via Palma 4, tel. 02 29000672 - 58303958) e che fa capo al laboratorio di Socioantropologia dell’Università La Sapienza di Roma. È disponibile nelle librerie Feltrinelli e Universitarie a lire 3.000. Il 10 dicembre 1996 è scomparso a New York GIORGIO TAGLIACOZZO , docente di Storia delle Idee alla New York School for Social Research, collaboratore alla “Voice of America” - a lui si deve il NOTIZIARIO successo del programma radiofonico “l’Università per Radio ‘Guglielmo Marconi’” - e artefice della diffusione del pensiero di Giambattista Vico in tutto il mondo. Convinto che il problema dell’unità della conoscenza fosse, prima che una istanza filosofica, un’aspirazione umana radicata nella coscienza degli esseri umani, nel 1959 Tagliacozzo elaborò una prima rappresentazione arborea della conoscenza, da cui traspariva il suo interesse per la filosofia delle forme simboliche di Ernst Cassirer e di Susanne Langer. Nel 1961 l’incontro con Giambattista Vico e la scoperta della sostanziale affinità delle idee fondamentali del suo Tree con quelle dell’Albero della sapienza nella Scienza Nuova (1744), lo indussero a dedicare le proprie energie alla “resurrection” degli studi sul filosofo napoletano. Questo avvenne attraverso la realizzazione di una serie di convegni da lui stesso organizzati - “Giambattista Vico: An International Symposium” (1989); “Vico’s Science of Humanity” (1976); “Vico and Contemporary Thought” (1979); “Vico: Past and Present” (1981); “Vico and Marx: Affinities and Contrasts” (1983) ; “Vico and Joyce” (1987); la conferenza mondiale “Vico a Venezia” (1978) - la creazione a New York dell’Institute for Vico Studies e del periodico «New Vico Studies», edito dallo stesso Institute, nonchè attraverso i suoi lavoriMy Vichian Journay: A Cronology (New Vico Studies, 1996) e Unity of Knowledge: from Speculation to Science , determinanti per la scoperta della dendrognoseology, la nuova scienza con la quale Tagliacozzo realizzò l’esigenza che Vico aveva espresso sin dal tempo della prima orazione, cioè di unire in un principio tutta la conoscenza umana e divina. F.R. Una protesta multimediale viene dal mondo di Internet, sottoscritta da più di duemila dottorandi e dottori di ricerca della università umanistiche e scientifiche italiane. Attraverso una LETTERA APERTA SULLA CONDIZIONE DEL DOTTORATO DI RICERCA IN ITALIA rivolta alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero dell’Università della Ricerca Scientifica e Tecnologica, al Consiglio Universitario Nazionale, ai Rettorati delle Università Italiane - il cui testo è disponibile su World Wide Web all’indirizzo http:// distart.ing.unibo.it/dott/ - questo particolare gruppo di ricerca, nato dallo scambio di corrispondenza su rete Internet a partire dal 9 gennaio 1996, avanza precise richieste di revisione e riconoscimento della figura del dottore di ricerca in Italia. Tra queste, la diffusione di informazioni sulla figura del dottore di ricerca presso l’industria privata, l’inclusione del titolo di dottore di ricerca fra quelli valutabili in tutti i concorsi pubblici e nell’accesso agli enti pubblici e alle amministrazioni dello Stato, l’adeguamento della borsa di studio al costo attuale della vita, l’apertura di un tavolo di discussione sulla revisione degli aspetti centralistici e organizzativi dei corsi di dottorato. ni, B. Salmona, P. Mazzarella, C. Lupi, T. Bugossi, P. P. Ottonello, A.M. Tripodi, R. Rossi. Subito dopo, il DISSPE ha realizzato a Roma (5-8 aprile 1995) il Congresso Internazionale “M.F. Sciacca e la filosofia oggi”, i cui due volumi di atti, ricchi di una cinquantina di contributi di studiosi di dieci paesi euro pei ed extraeuropei, sono imminenti presso Olschki, a cura di P.P. Ottonello; il quale inoltre dirige il periodico «Studi Sciacchiani», fondato a Genova nell’85, ed è il cur tore anche dei due volumi della Bibliografia degli scritti di e su M.F. Sciacca dal 1931 al 1995 (Olschki, vol. I, 1996, pp. 216; il vol. II è in corso di stampa: i due volumi raccolgono complessivamente oltre 7000 titoli). L’ampiezza e insieme la specializzazione dell’ambito delle ricerche condotte dal DISSPE hanno consigliato di organizzarne la Collana di volumi - mentre prosegue la collana Categorie Europee” (Ed. Japadre), il cui 36˚ volume, Interiorità ed ermeneutica di T. Bugossi,è del ’94, nonché il periodico «Studi Europei» (Ed. Olschki) - in diverse Sezioni: “Saggi filosofici” e “Saggi pedagogici” (Ed. Marsilio); “Testi” (Ed. Guerini e Associati); “Atti” e “Bibliografie” (Ed. Olschki). La sezione “saggi filosofici” è iniziata con il volume di M.A. Raschini Thomas Mann e l’Europa (Marsilio 1994) ed è proseguita con Occasioni di Mito di E. Bonessio di Terzet (ivi, 1995), con il già citato volume platonico di Gian carlo Duranti e con Sciacca la rinascita dell’Occidente (ivi, 1995) di P.P. Ottonello. La sezione “Saggi pedagogici” è iniziata con il volume di M. Gennari Semantica della città ed educazione. La sezione “Testi” costituisce la collana “Eidos/Eikon”, edita da Guerini e Associati, ed è anch’essa già ricca di tre volumi, presto destinati ad aumentare: Sull’idillio di A. Rosmini, a cura di P.P. Ottonello; Contra Husserl di L. Sestov, a cura di F. Déchet e La filosofia della composizione di E.A. Poe, a cura di E. Bonessio e Terzet. Nell’imminenza del bicentenario della nascita di Rosmini (1997), il DISSPE ha pubblicato due importanti volumi: Rosmini: dialettica e poiesi, di M.A. Raschini, e Cronache rosminiane dal 1966 al 1995 di A.M. Tripodi e ha messo a punto il programma di un Congresso Internazionale su “Rosmini e l’enciclopedia delle scienze” che si terrà a Roma nel mese di ottobre 1997. P.P.O. IL DIPARTIMENTO DI STUDI SULLA STORIA DEL PENSIERO EUROPEO “ M.F . SCIACCA” (DISSPE) dell’Università di Ge- nova, composto da una ventina di docenti quasi tutti scolari e discepoli di Sciacca e diretto da Maria Adelaide Raschini, (e costituito nel 1993), ha dato vita al periodico «Studi Europei» edito da Olschki e diretto da Pier Paolo Ottonello che, nel suo primo volume, raccoglie tra gli altri saggi di J. Uscatescu, E. Moutsopoulos, A. Caturelli, V. Stella. Il secondo volume (1994) raccoglie gli atti delle “Giornate gentiliane” realizzate nell’ ottobre del ’94, con contributi di M.A. Raschini, V. Stella, G. Semerari, A. Negri, G.M. Pozzo, F. Ravaglioli, J. Uscatescu. Il terzo volume raccoglie, nella sua prima ampia sezione, gli atti del “Seminario Platonico” svolto nel febbraio del ’95 e imperniato sull’importante volume di Gian Carlo Duranti, Verso un Platone “terzo”, pubblicato come terzo della sezione “Saggi filosofici” della Collana del DISSPE (Venezia, Marsilio, 1995, pp. 330). È intento programmatico del DISSPE dare crescente spazio specialistico, specie in «Studi Europei», alle problematiche europeistiche nei loro sviluppi degli ultimi cinquant’anni.Il DISSPE si è costituito sulla base del Centro Interuniversitario di Ricerca per la Paideia Europea, diretto da Raschini, che ha visto collaborare studiosi di dieci università europee e le cui ricerche sono rifluite in buona parte nei 36 volumi del la collana “Categorie Europee” (Ed. Japadre) usciti fra 1’85 e il ’94, nonché nel pe riodico internazionale «Filosofia oggi», fondato nel ’78 da Raschini e Ottonello. Il centro ha inoltre realizzato tre congressi internazionali: “Il commercio delle idee nella cultura europea” (Genova, 1217 maggio 1986, atti pubblicati presso Japadre, 1987; “Rosmini pensatore europeo” (Roma, 26-29 ottobre 1988, gli atti sono editi da Jaca Book, 1989, pp. 462) e “L’ universo della comunicazione: prospettive europee” (Genova, 26-30 novembre 1990). In occasione del ventennale della morte di Sciacca ci si è inoltre impegnati in una serie di iniziative, la prima delle quali è stata la realizzazione della “Cattedra Sciacca”, a cadenza annuale. Del I Corso di tale Cattedra (1994) è disponibile il volume degli atti: La presenza dei classici nel pensiero di Sciacca (Olschki, 1995, pp. 132), contenente scritti di M.A. Raschi- Una tavola rotonda su “Che cos’è la verità”, a cui hanno partecipato Umberto Curi, il sindaco di Venezia Massimo Cacciari, Enrico Berti, Paolo Rossi, Emanuele Severino, ha inaugurato, sabato 1 febbraio 1997, LA NUOVA SEDE VENEZIANA DELL’ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI 53 (Cannaregio 2593, Calle Longo, Venezia, tel. 041 717940, fax 720510). Collegata in ogni senso alla “casa madre” di Palazzo Serra di Cassano di Napoli, la sede diretta da Umberto Curi - presenta già un intenso calendario di appuntamenti non soltanto per la ripresa di alcuni filoni tradizionali, come il convegno di cosmologia e filosofia quest’anno dedicato a “L’antichità del nuovo, le radici classiche nella scienza moderna” e la serie di seminari di filosofia (cfr. rubrica “calendario”), ma anche per l’apertura di nuovi terreni di riflessione, con un ciclo di incontri sul tema “Nuovi scenari della comunicazione”, il convegno su “Il ruolo della matematica nella cultura contemporanea”, il ciclo di conferenze di astronomia e cosmologia e le iniziative sul rapporto arte-filosofia, destinate ad accompagnare la Biennale di arti figurative nel prossimo mese di giugno. «La prima collana neo-illuminista in grado di risvegliare l’intelligenza e spronare l’uomo di oggi a prendere coscienza di sé». Si presenta così la nuova proposta editoriale di Claudio Gallone, la collana “L’UOMO E LA RAGIONE” , diretta da Emanuele Severino, in una edizione numerata e limitata, composta da dodici libri «fondamentali per lo sviluppo dell’Occidente», come li ha definiti Gallone nel corso della presentazione al Circolo della Stampa di Milano, giovedì 20 febbraio. Opere rivisitate di grandi pensatori come Goethe, Manzoni, Tolstoj e Unamuno, Rosmini, Martinetti, Papini, Ardigò, introvabili nelle librerie e consultabili solo nelle biblioteche, libri infine - lo stesso Severino ha affermato - di «forte richiamo emotivo», come il testo che apre la collana, analisi inedita di Goethe: Il mio Dio, il mio Cristo . È la prima rivista italiana di aggiornamento bioetico ad essere pubblicata per via telematica nel mondo Internet. BIOETHICS è diretta da Giovanni Berlinguer, redatta in italiano e prossimamente in inglese, è visitabile sul sito http://www.srd.it/ bioethics/. CONVEGNI E SEMINARI Mathias Grünewald, Polittico di Issenheim (1512-16, part.) 54 CONVEGNI E SEMINARI CONVEGNI E SEMINARI Sulla condizione contemporanea Nel periodo gennaio-marzo 1996, su invito dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli e dell’Istituto Gramsci Veneto, Gianni Vattimo, Salvatore Natoli ed Emanuele Severino hanno tenuto a Venezia una serie di seminari, rispettivamente con i titoli: “DOPO LA CRISTIANITÀ” (29-31 gennaio 1996), “ETICA DEL FINITO. LA CONDIZIONE CONTEMPORANEA TRA POST- CRISTIANITÀ E NEO - PAGANESIMO ” (5-9 febbraio 1996), “ IL LUOGO DEL NOSTRO TEMPO” (4-6 marzo 1996). Secondo Gianni Vattimo, la nostra epoca è segnata dall’annuncio nietzscheano della “morte di Dio”, cui corrisponde l’annuncio heideggeriano della fine della metafisica. Si tratta di annunci o, meglio, di interpretazioni, capaci di aprire e insieme mostrare (non “dire”) la verità del nostro tempo. Il nichilismo della nostra epoca, ha osservato Vattimo, non implica tuttavia la fine di ogni esperienza religiosa: il dio che è morto è infatti solo quello morale, il dio garanzia teoretica, il “dio dei filosofi”; resta aperta, comunque, la possibilità di un’esperienza del sacro. La tradizione entro cui pensiamo è caratterizzata anche dall’annuncio paolino della chénosis di Dio, in cui Vattimo non scorge solo il messaggio cristiano per eccellenza, ma anche la traccia archetipica della vocazione della filosofia occidentale all’indebolimento di ogni óntos on metafisico. In virtù della parentela che lega chénosis cristiana, “morte di Dio” e secolarizzazione, è possibile scorgere la portata (anche) liberatoria del nichilismo. Da questo punto di vista, Gioacchino da Fiore si presenta, secondo Vattimo, come interprete decisivo del cristianesimo, scoprendo la storicità della rivelazione del divino e insegnandoci che la storia dell’essere è storia della salvezza. Delle tre età della storia distinte da Gioacchino sul modello trinitario - quella del Padre, in cui gli uomini vivono sotto la legge, nella schiavitù e nel timore, quella del Figlio, caratterizzata da una servitù filiale e dalla fede, l’età dello Spirito Santo, della libertà e della carità - è proprio la terza quella che Gioac- chino vede come imminente e che Vattimo interpreta come liberazione in corso dello spirito ermeneutico. Al Dio paradossale e intollerante dell’Antico Testamento, Vattimo “preferisce” infatti il dio misericordioso del Nuovo Testamento. Se sapremo sottrarci al peso della letteralità dei testi sacri e della lettera della materialità del mondo, allora entreremo nell’età post-moderna dello Spirito, l’età del libero gioco delle interpretazioni, in cui la carità di provenienza cristiana troverà debita continuità in un’ontologia dell’evento. In un articolato attraversamento del moderno Salvatore Natoli ha proposto motivi di riflessione per una possibile “etica neopagana del finito”. La complessità e la pervasività del moderno è tale che risulta estremamente superficiale intendere il postmoderno come mera messa a riposo del moderno. Secondo Natoli la modernità è caratterizzata da una secolarizzazione dell’idea di salvezza di provenienza cristiana e da un conseguente progetto sul mondo che ha i tratti dell’infinito. Laddove per il cristianesimo è Dio a farsi garante della salvezza dell’uomo, l’epoca moderna insiste sulla possibilità di quest’ultimo di salvarsi da sé tramite la potenza della scienza e della tecnica. Richiamando tre diverse dimensioni della nozione di “fine”, télos, skopós ed éschaton, Natoli ha mostrato come nei greci il divenire si ponga come ciclo (ripetizione) dominato dal télos, il fine naturale, con il quale lo skopós, il fine che l’uomo si sceglie, deve necessariamente armonizzarsi. Nei cristiani invece domina il primato dell’éschaton, il fine stabilito da Dio e dalla fede, in forza del quale il ciclo si spezza, irrompe il nuovo e il fine diventa il raggiungimento della fine. La storia nel senso cristiano, ha osservato Natoli, si pone come processo verso la salvezza assoluta proprio perché il dolore e la morte non vengono più pensati come tutt’uno con la natura e il suo télos, ma come frutto del peccato originale, da cui la realizzazione dell’éschaton dovrà riscattarci. Così, quando l’uomo moderno pensa la storia in termini di progresso, verso una salvezza che egli può darsi da sé a dispetto di ogni limite naturale, è lo skopós umano ad acquisire il primato, prima assoggettando ogni télos, poi, con la “morte 55 di Dio”, imponendosi tout court come éschaton. È su una tale soggettività, cartesianamente intesa come capacità di rappresentazione trasparente e spassionata e insieme come tensione verso l’infinito, che fa perno, secondo Natoli, il progetto moderno di trasformare il mondo nel regnum hominis. La fine della modernità non si porrebbe dunque come dissoluzione dei suoi elementi, ma solo della sua intenzione, rimasta irrealizzata a causa della complessità e processualità del mondo messe in atto dalla modernità. Da questa genealogia del moderno Natoli sviluppa un’interpretazione del mondo contemporaneo il cui modello o opzione possibile è un’etica neo-pagana, caratterizzata dall’abbandono del bisogno di ogni salvezza assoluta, così come di qualsiasi pretesa di infinito. L’intervento di Emanuele Severino ha preso avvio dalla distinzione tra “interpretazione” e “destinazione”. Pur riconoscendosi in quella volontà di conferire senso ai fatti che caratterizza l’Occidente come dominio dell’interpretazione, Severino ha ribadito come al di là della problematicità e dell’ipoteticità proprie di ogni interpretazione venga alla luce dell’altro: il significare ha un’articolazione che s’impone senza dipendere da alcuna volontà interpretativa o arbitrario conferimento di senso. La necessità dei rapporti tra i significati è appunto la loro destinazione, che peraltro mette a riposo anche ogni ingenua liquidazione dell’ontologia. Se oggi, ha continuato Severino, la civiltà della scienza e della tecnica può segnare in modo determinante il nostro tempo, subordinando a sé ogni altra forza, è innanzitutto perché la verità è tramontata, anche se ciò non è ovvio, come superficialmente ritiene gran parte del pensiero contemporaneo. Nel pensiero greco la verità è alétheia, disvelamento dell’essente, inteso come verità stabile e incontrovertibile: l’essente appare come ciò che non può essere negato; e per indicare lo stato dell’essente i greci impiegano il termine epistéme. Solo comprendendo la radicalità e la grandezza dell’epistéme ellenica che pensa il divenire come venire dal nulla e tornare al nulla, ha osservato Severino, si può pensare in modo non superficiale l’odierno tramonto della CONVEGNI E SEMINARI verità. L’epistéme come verità incontrovertibile, che è anche capacità assoluta di previsione, allontana l’angoscia per il divenire nientificante, pur fondandosi sulla fede in un divenire che non poteva non annientare qualsiasi stabile verità. Da ultimo, Severino ha sottolineato come una critica incisiva della tecnica è possibile solo se se ne porta alla luce il presupposto fondamentale: la fede in un divenire pensato come processo in cui il diveniente è «insieme essente e non essente». Questa è la struttura decisiva dell’Occidente; questa è la presunta evidenza da mettere in questione. G.L.P. La conoscenza delle religioni Dal 7 febbraio al 13 marzo del 1996 si è svolto alla Casa della Cultura di Milano un seminario dal titolo: “Storia delle religioni”, coordinato da Riccardo Massa, il cui scopo è stato quello di ricostruire alcuni momenti significativi di storia delle religioni, partendo dal mondo antico e da quello primitivo fino a giungere all’epoca postmoderna, nella convinzione che la formazione culturale dell’individuo non possa esimersi da una conoscenza della cultura religiosa, indipendentemente dall’adesione a essa. Tra gli interventi che avevano come scopo la ricostruzione delle principali forme di religione nel loro sviluppo storico, Guido Rizzi si è occupato dell’esperienza religiosa nel mondo antico, mentre Antonio Marazzi ha preso in considerazione le forme della religiosità nelle culture dei primitivi. Carlo Orecchia ha esaminato la religione ebraica, Massimo Campanini quella islamica, Carlo Della Casa l’induismo, Flavio Poli il buddismo. Gianfranco Bonola ha invece preso in considerazione la teologia protestante del XX secolo. Tra i contributi di carattere più decisamente filosofico, Francesco Moiso ha analizzato il significato dell’ermeneutica religiosa in Pareyson, sottolineando come la filosofia rimandi alla dimensione dell’ermeneutica religiosa una volta che si giunga alla consapevolezza che l’essere coincide con la libertà. Nella prospettiva pareysoniana il mondo è infatti il risultato di un «atto di libertà con il quale Dio accetta di essere se stesso». Ma per poter accettare la “radicalità di Dio”, afferma Pareyson, occorre accettare la possibilità del non essere. Dio, infatti, nella creazione del mondo è passato attraverso la “tentazione del nulla”. In questa prospettiva, ha fatto notare Moiso, la concezione di Pareyson si rivela una “radicalizzazione” della componente “dissolvitrice” del pensiero moderno, lontana da una considerazione tradizionale e confessionale dell’esperienza religiosa. L’intervento di Salvatore Natoli sulla reli- gione nel postmoderno ha messo in luce la situazione del mondo contemporaneo, sospeso tra “serialità” e insicurezza, che ha generato nuove forme religiose, caratterizzate dalla «fuga dalla libertà responsabile». Si diffondono infatti religioni mistiche e orgiastiche che attraverso vari surrogati e artifici hanno come scopo la dissoluzione dell’identità individuale, vissuta come troppo pesante per la sua intrinseca debolezza. A differenza delle religioni tradizionali, si può notare qui la prevalenza della componente settaria, accompagnata da una evidente contaminazione di elementi provenienti da altre religioni. Di fronte a questo desolante panorama contemporaneo Natoli ha sollevato l’ipotesi alternativa del neopaganesimo, il cui modello è da ricercarsi nell’eroe del mondo greco: l’ideale neopagano si fonda sull’idea della necessità di «portarsi all’altezza della propria morte», assumersi la responsabilità della propria morte attraverso la riscoperta del senso della finitudine che è «funzionale all’etica del mondo». M.Mi. L’argomento del sogno negli scettici Nell’ambito del corso di filosofia antica diretto da André Laks, Walter Cavini ha tenuto all’Università di Lille, da febbraio ad aprile 1996, un seminario dedicato all’argomento del sogno nella tradizione scettica, che si è concluso con due giornate di studio sul medesimo tema, a cui ha partecipato anche David Seadley. Se presso gli antichi, ha esordito Walter Cavini, la skepsis ebbe valore soprattutto di ricerca/esame sulle nostre credenze a proposito del mondo, senza tuttavia presupporre una vera e propria teoria, la dubitatio moderna entra decisamente a far parte della riflessione sulle condizioni e sulle dinamiche della conoscenza. Prendendo in riferimento passi specifici del Teeteto di Platone, della Metafisica Aristotele, delle Meditationes Prima Philosophia di Descartes e di On Certitude di Wittengstein, Cavini ha analizzato la struttura e l’evoluzione dell’argomento scettico del sogno, riassumibile essenzialmente in questi termini: non ci sono validi motivi, argomenti o indizi, per poter distinguere la veglia dal sonno. Il problema filosofico al centro delle considerazioni di Cavini è stato quello di determinare l’idea di serietà dell’argomento del sogno, esaminando con particolare attenzione le posizioni di Descartes, che considera il dubitare un modo per meglio acquisire una certezza, e di Wittgenstein, che invece ritiene impossibile il dubitare, affermando in alcune note, pochi giorni prima della 56 morte, che non è possibile seriamente ammettere di dubitare di dormire. Nel corso del seminario e in particolare nelle due ultime giornate di studio la discussione si è concentrata anche sullo statuto di verità della credenza in un sogno. Al problema di distinguere fra veglia e sonno, ha dunque rilevato Cavini, pare debba aggiungersi, o almeno possa offrire una nuova prospettiva, la questione inerente allo statuto di verità delle credenze nel sogno, il che pone anche l’interrogativo se si possa essere responsabili dei propri sogni, gettando una diversa luce sul problema dell’identità personale. F.M.Z. Etica e ambiente Sui temi dell’etica ambientale, il primo marzo 1996 ha tenuto una conferenza all’Università di Torino Sergio Bartolommei, che da tempo si dedica a tale questione. Nell’introdurre un tema ancora poco noto al grande pubblico, Sergio Bartolommei ha ricordato la tradizionale esclusione dei rapporti tra uomo e non uomo dalla sfera morale. Tuttavia, dal momento in cui essa si estende a esseri umani che non sono persone, nel senso di soggetti senzienti e razionali (feti, neonati, minorati psichici, malati terminali), sembrerebbe lecito allargarla anche a enti non umani. Scartate le tesi più radicali di coloro che pretenderebbero di concedere rilievo etico a tutto ciò che esiste o che almeno è dotato di vita, così come il punto di vista “ecocentrico”, la proposta “senziocentrica” di Bartolommei (in gran parte analoga a quella di Peter Singer) include come soggetti morali tutti gli individui senzienti, e quindi anche gli animali cosiddetti superiori. A differenza dell’“etica della responsabilità” di Jonas, ciò che conta non è infatti la perpetuazione delle specie (e in particolare di quella umana), ma che gli esseri viventi provino la minima quantità di dolore e la massima quantità di piacere possibili. Un tale “criterio della sofferenza”, che affonda le sue radici nel sensismo e nell’utilitarismo, è altrettanto arbitrario, secondo Bartolommei, di qualsiasi altro criterio metafisico, ma appare razionalmente fondato e più plausibile di altri (e in particolare di quello deontologico dell’etica cattolica); è condiviso dalla cosiddetta bioetica laica per stabilire il momento dell’entrata e dell’uscita dalla vita e si applica anche alle generazioni future. G.C. CONVEGNI E SEMINARI Hegel e l’estetica Dal 16 al 18 gennaio 1996, presso l’Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli, Felix Duque e Vincenzo Vitiello hanno tenuto un seminario su “HEGEL E L’ESTETICA”, che ricostruendo i passaggi fondamentali della riflessione hegeliana ha messo in evidenza l’impossibile conciliazione non solo di verità e arte, ma anche di verità e tecnica. Nel suo intervento, Felix Duque si è soffermato sull’interpretazione hegeliana del simbolismo e dell’ideale classico come forme di arte dominate da una profonda nostalgia di assoluto, nel tentativo vano di accordare fra loro forma e significato e di rappresentare adeguatamente il divino. Il simbolismo in Hegel è tutto percorso da un processo interno di “desimbolizzazione”: nel suo rinvio ad altro da sé, il simbolo testimonia un’assenza; allude al divino, ma in forma inadeguata, nascosta, indecifrabile. Alla fase del simbolismo incosciente (religione di Zoroastro), data dall’unità immediata di significato e forma, in cui il sensibile stesso è intuito come divino, Hegel fa seguire il simbolismo fantastico (concezione indiana di Brahama), in cui lo spirito è colto in modo astratto e indeterminato, sicché le forme particolari vengono gonfiate e stravolte in qualcosa di indeterminato e smisurato. Solo con la civiltà egizia l’assoluto viene fissato per sé, come indeterminatezza in se stesso, come morte del sensibile: la piramide è il simbolo di ciò che si è separato dalla vita, ma nella sua fissità resta muta, senza risonanza, puro involucro di uno spirito che si sottrae. Infine, nel simbolismo del sublime (mistica ebraica) l’assoluto si dà esclusivamente nella propria assenza. Il dio ebraico è il dio del silenzio, inesprimibile nella sua infinità; esso resta ritirato in sé e, privo di forma, rivela la sua sublimità nella nullità delle cose. Con il dio che si nega, ha osservato Duque, si ha la fine dell’arte sacra e il cominciamento della sapienza, che con l’astuzia della tecnica e della retorica (simbolismo cosciente) cerca di dare ordine al mondo. Con la fine dell’arte si offre all’uomo moderno la possibilità di comprendere l’irredimibilità del mondo, la sua malattia. Compito dell’uomo occidentale è infatti, secondo Duque, di restituire non solo al simbolismo arcaico, ma alla stessa classicità greca, ciò che veniva esibito, senza cogliere l’assenza di rapporto fra interno ed esterno. Nonostante la perfetta compenetrazione di forma e significato, nell’arte classica l’espansione dello spirito sulla superficie, sul marmo liscio senza impurità della statuaria, suggerisce l’assenza di un centro interiore, il ritrarsi del dio. Sulla beata quiete del dio greco aleggia la malinconia per un’unità superiore che, di contro alla determinatezza degli dei, è l’in sé informe, insondabile, non riconducibile a concetto. Questa è, secondo Duque, l’immagine che l’uomo moderno, post-rivoluzionario, ha del mondo classico: solo se posto in lontananza, l’orizzonte sacro rende possibile all’uomo la sua vita quotidiana. Inseguendo la logica oggettiva del testo hegeliano, Vincenzo Vitiello si è interrogato sul senso profondo del sistema delle arti in Hegel e in rapporto alla confusione dell’epoca contemporanea, soffermandosi in particolare sulla poesia, la forma più alta dell’arte romantica, per la sua prossimità alla “nonarte”, al linguaggio comune della prosa e al linguaggio scientifico. Nella poesia il significato è tutto riportato all’interno e in questo ritrarsi dallo spirito si annuncia il venir meno dell’arte. In Wagner a Beyreuth, ha osservato Vitiello, Nietzsche sostiene che musica e vita hanno un rapporto perfetto, compiuto e intero, poiché anche la vita è linguaggio. Tale continuità fra mondo uditivo e mondo visivo è presente anche nel Cratilo di Platone, in cui viene descritta l’identità mitica di parola e cosa. La parola è l’essenza delle cose, suono che disegna la cosa, movimento che imita movimento: l’arte esprime l’unità di io e mondo. Ma proprio con Platone l’arte muore: l’introduzione del linguaggio filosofico separa la parola dalla cosa. La parola del filosofo è parola seconda, parola di parole, voce riflessa; essa dice l’altro dal linguaggio, sicché può dirlo solo disdicendolo, sottraendolo: l’impossibilità del linguaggio originario è il destino della parola di Platone. Compito della filosofia è allora pensare il sublime, argomentare l’impossibilità della dimostrazione stessa, l’impossibilità del mondo di dirsi a se stesso. Vitiello ha proseguito affrontando il senso della proposizione speculativa all’essere-nelmondo di Heidegger, dove il continuo contraccolpo fra soggetto e predicato che, pur scalzandosi a vicenda, abbisognano l’uno dell’altro, nega e fa risorgere continuamente la proposizione. In Wittgenstein, ha sottolineato Vitiello, il “che” del mondo si dà solo nel “come” del mondo; tutto ciò che noi diciamo di altro dal dire lo diciamo nel linguaggio, sicché il limite del pensare è il non sapere più nulla, l’esperire la possibilità impossibile. G.F. Pensare Dio tra teologia e filosofia A cura del Seminario Regionale Pontificio della città di Chieti, il 17 aprile 1996 il teologo Bruno Forte ha tenuto una conferenza dal titolo: “IN ASCOLTO DELL ’ALTRO. PENSARE DIO TRA TEOLOGIA E FILOSOFIA”. L’incontro, ha sottolineato Luigi Gentile, è stato organizzato con l’intento di avviare un dialogo proficuo tra la società e le istituzioni, fra teologia e filosofia. Con lo stesso intento Vincenzo Vitiello ha tenuto all’Università di Chieti, il 2 maggio 1996, una conferenza dal titolo: “FILOSOFIA CRUCIS”. 57 Partendo dalla crisi della modernità, che trova il suo principio animatore nella Rivoluzione francese, e riprendendo la conclusione della Dialettica dell’Illuminismo di Horkheimer e Adorno, Bruno Forte ha definito questo secolo come il tempo dell’emancipazione e della ricerca dominata dal sole della ragione, ove tutto può essere spiegato con la fiducia nella razionalità, come già Hegel aveva insegnato. Il sogno di libertà della modernità è però diventato totalitarismo, poiché, parafrasando D. Bonhöffer, «la fiducia nella verità la si sostituisce con i sofismi della propaganda». È il trionfo della maschera, ha sottolineato Forte, mentre viene meno una prospettiva di verità che salvi il senso della vita. Un esplicito richiamo a riflettere su ciò che è la vera domanda del nostro secolo ha indotto Forte ad affrontare la problematicità del pensare Dio sia nella manifestazione totale (sogno dell’ideologia moderna), sia nella revelatio biblica come manifestazione e nascondimento del vero. Nelle Lezioni sulla filosofia della religione, Hegel propone un Dio senza nascondimento, come spirito che si manifesta alla coscienza «in quanto è per la coscienza stessa». Bisogna allora ritornare a considerare il Dio del Nuovo Testamento, il Dio che rivelandosi si nasconde, che prima di essere Parola è Silenzio. In questo, ha osservato Forte, è necessario però richiamarci a quel Dio che è compassionale, il Dio sofferente sulla croce, poiché soltanto partendo dal dolore si può assumere la passione della verità come fedeltà al Dio vivente. Un ulteriore approfondimento di queste tematiche è stato offerto dall’intervento di Vincenzo Vitiello, come ha osservato nella sua introduzione Pietro De Vitiis, soffermandosi in particolare sul pensiero heideggeriano. Muovendo dall’assunto di un’origine storica dell’età moderna con Platone, Vitiello ha proposto una concezione del tempo come stratificazione della storia, nell’esempio della concezione del cono rovesciato di Bergson. Heidegger, in particolare, ha proseguito Vitiello, con la VII sezione di Beiträge dedicata “all’ultimo Dio”, ci propone una concezione della finitezza che riguarda una “Filosofia Crucis”. La croce è evento (Ereignis) in relazione al grido dell’abbandono del Cristo e al “dopo” della Resurrezione; una croce che è nel tempo e che è soggetta a esso, ma senza essere travolta dalla condizione della temporalità. Parafrasando i versi biblici di Paolo e Giovanni, Vitiello ha osservato come l’orizzonte di resurrezione sia non soltanto delle anime che hanno creduto in Cristo, ma anche dei corpi. Riprendendo poi il capitolo VI del Libro XX di Agostino, in cui viene citato un passo giovanneo, Vitiello ha concluso che la resurrezione dell’anima è dell’ora presen- CONVEGNI E SEMINARI te, in questa nostra esistenza, mentre quella dei corpi, della carne è del futuro, è affidata a Cristo. Se in Hegel Dio è rivelazione (Offenbarung), in Agostino la Trinità presenta se stessa come rivelazione. Il tempo della filosofia è da questo punto di vista l’ora del presente, il qui, dove il sapere assoluto di ogni storia accade. M.S. Fenomenologia della vita Organizzato dal World Institute for Advanced Phenomenological Research and Learning, dal 18 al 20 aprile 1996, presso il Dipartimento di Filosofia e Scienze Umane dell’Università di Macerata, il I Convegno Internazionale di Filosofia, Fenomenologia e Scienza della vita ha proposto alla riflessione di studiosi provenienti da tutto il mondo il tema: “FILOSOFIA , FENOMENOLOGIA DELL ’ ONTOPOIESI DELLA VITA UMANA CREATRICE” . Nella relazione inaugurale (“Il grande piano della vita. Esigenza delle scienze e della cultura”), A.-T. Tymienecka, sulla scorta dell’opera Atom and individuals di Rudolf Virchow, ha lanciato una duplice provocazione, proponendo, da un lato, la ripresa del dialogo tra filosofia e scienze della vita e, dall’altro, la riassunzione, da parte della filosofia fenomenologica, della sua funzione di catalizzatore sia delle diverse prospettive disciplinari in gioco nella sua ricerca sulla vita, sia delle varietà metodologiche interne allo stesso ambito filosofico. Sul tema della vita in rapporto al metodo fenomenologico sono intervenuti A. Ales Bello (“Hyle, corpo, vita. Archeologia fenomenologica del sacro”) e D.A. Conci (“Introduzione ad una Hyletica fenomenologica”), mettendo in luce la duplice componente, noetica e iletica, in cui si strutturano i vissuti che stanno alla base di fenomeni culturali e religiosi. La stessa linea fenomenologica di indagine ha trovato sviluppo nelle relazioni di D.F. Castro (“Erlebnis of Story”), A. Calcagno (“Fluctus, Gravitas and Inertia: a Phenomenological Reflection on the Relation between the Human Person and the One and Many of Life”), J. Sivak (“Etre dans le monde chez Husserl”), S. Procacci (“La complessità come punto nodale per una fenomenologia della vita”), M.P. Migon (“The onto-poiesis of life in A.-T. Tymieniecka’s phenomenology”). D. Verducci (“Vita e vita umana secondo Max Scheler: problemi fenomenologici di individuazione”) ha rilevato le discontinuità in cui l’esplicitazione del tema della vita a partire dagli Erlebnisse (vissuti) pratici sembra incorrere in un pensatore come Max Sche- ler; analogo argomento ha affrontato F. Fornari (“Il problema fenomenologico della individualità dell’essere umano). Tra gli interventi a carattere più spiccatamente storico-filosofico, F. Moiso (“L’individualità del vivente nel pensiero dell’Ottocento”) ha mostrato come, in natura, la definizione dell’individualità sia altamente problematica. F. Totaro ha esplicitato la relazione che lega il piano della verità a quello della vita, sulla base della celebre esortazione di Nietzsche: «Portare la verità alla vita»; su Nietzsche è intervenuto anche J. McGraw (“Friedrich Nietzsche: Apologist and Advocate of Earthism Extraordinaire”). Complementari anche due interventi su Cartesio: D. Carloni (“La nozione di ‘continuità’ negli scritti biologici di Descartes”) ha individuato un’area tematica cartesiana sulla quale verificare la proposta di E.C. Wait (“How to Wake up from Descarte’s Dream or the Impossibility of a Complete Reduction”). Di grande pregnanza teoretica sono stati gli interventi di M. Sanchez Sorondo (“Hegel: la vita fra morte e pensiero”), F. Mignini (“Il concetto di vita in Spinoza”) e F. Voltaggio (“L’irripetibilità del vivente”). M. Millucci (“L’attività umana creatrice e la separabilità dei princìpi: la possibilità del bene e del male”) ha fatto riferimento allo Schelling del 1809; su Dilthey è intervenuto invece C. Danani (“La vita come enigma nel pensiero di Dilthey”), mentre V. Vevere (“Maurice Merleau-Ponty’s ontology of sight and case of philosophical autobiography: Augustine’s ‘Confessions’”) ha proposto un confronto tra Merleau-Ponty e Agostino. Ad un filosofo contemporaneo, Elzenberg, si è rivolta l’attenzione di A. Nogal (“The womanhood and the mainless: two kind of human nature in Elzenberg’s philosophical anthropology”). Orientate su Heidegger sono risultate le relazioni di I.A. Bianchi (“Solipsismo, empatia, alterità. Il superamento husserliano della ‘chiusura’ dell’Io verso l’Alterità, come garanzia di ‘apertura’ al mondo”) e di R. Giusti (“Vita e negatività. Verso un’ontologia della mancanza”). Riguardo alla necessità di considerare in una visione unitaria le innumerevoli manifestazioni della vita, R. Canullo (“Le piante e il problema dell’individuo”) ha evidenziato i problemi di individuazione che si presentano allo scienziato; mentre dall’intervento di O. Ciancio e S. Nocentini (“La nuova silvicoltura: implicazioni epistemologiche”) numerosi interrogativi sono emersi da questioni specifiche inerenti l’attuale coltivazione boschiva. J.D. van Mansfield (“Goethean Phenomenology: Theory and an Application on Comparative Wheat Development”) e I.R. Boersma (“Understanding Nature as alive: a Challenge for Academic Education”). Sul proble58 ma della casualità sono intervenuti M. Casula (“Il problema dell’origine della vita per caso”), che ha posto in evidenza il rischio di arbitraria e indebita sostanzializzazione della legge logica di casualità da parte di alcuni cosmologi, e R. Verolini (“Un nuovo paradigma creativo: caos e libertà”). Il tema del tempo e quelli a esso congiunti della storia e della vita quotidiana hanno attirato l’attenzione di M.L. Perri (“Il mondo della vita come principio ermeneutico per la comprensione della condizione umana: funzione e limiti della vita quotidiana”), che ha esplorato le possibilità ermeneutiche del concetto di quotidianità, attraverso l’analisi della trasformazione habermasiana del concetto fenomenologico di Lebenswelt (mondo della vita), e di D. Alijevova (“La dynamique de la vie quotidienne”). Sulla questione della temporalità sono intervenuti A. Rizzacasa (“Il problema del tempo nella fenomenologia del mondo della vita”), M. Nkafu Nkemkia (“La nozione dell’Eleng, ossia del tempo, nell’esperienza originale africana”), G.M. Tortolone (“La struttura dell’evento”), K. Rokstad (“On the Historicity of Understanding”), R. Kulis (“Life and Culture”). Numerosi i contributi giunti dall’area delle scienze umane, psicologiche e sociali: L. Cedroni (“Spazio etologico e mondi vitali: sul rapporto fra sistemi viventi e sistemi sociali”), P. Truppia (“Lo sviluppo economico come mobilitazione di risorse sociali basilari”), R. Giovagnoli (“La nozione di Hintergrundwissen nella teoria dell’agire comunicativo”), G. Morselli (“Il Logos tra critica e genetica”), G. Valacca (“L’autopoiesi nell’organizzazione dei fenomeni vitali: un confronto fra sistemi cognitivi autonomi ed eteronomi”). Interventi esplicitamente dedicati all’area delle emozioni sono stati quelli di M. Durst (“Una teoria fenomenologica dell’emozione e del narcisismo”), L. Albertazzi (“La forma delle emozioni”), A. Zuczkowski (“Atti linguistici e causalità emotiva nella vita quotidiana”). Sono seguiti inoltre interventi di G. Boselli (“Una prospettiva fenomenologica sul progettare in educazione”) e di V. Borodulin e A. Vasiliev (“Hopelessness: Loneliness and Problem of Consciousness”). Il tema dell’immaginazione ha assunto una sua speciale rilevanza attraverso le relazioni di W. Kim Rogers (“Imagining: the invention of new environments”), M.A. Cecilia (“Imagination and practical Creativity in Paul Ricoeur”) e di P. Volontè (“L’immaginazione come forma di salvataggio di ciò che altrimenti è destinato alla cancellazione”); a questo ambito si è ricollegato anche il contributo di M. Shedev (“La costruzione del reale nel mondo magico”). CONVEGNI E SEMINARI In prospettiva epistemologica sono intervenuti K. Kloskovski (“Is the essence of life a natural or philosophical problem? Methodological and epistemological notices”), W.S. Haney (“Logos, Science and Life: a Critique of Referential Reason”) e N. Milkov (“What is Analytical Phenomenology?”). Numerosi i contributi a carattere letterario-artistico, come quelli di M. Kronegger (“Poetic Inspiration and the Renewal of Life. Lesonge, De Vaux, La Fontaine”), M. Kule (“Metaphor of Light in the Human Condition”), A. DominquezRey (“Groundwork for ontopoetics”) e O. Rossi (“La vita, il genio e l’opera d’arte”). Svariati gli autori e i periodi dell’arte e della letteratura sottoposti a indagine dal punto di vista della vita e della sua ontopoiesi, come negli interventi di S. Du Plock (“Ontological insecurity, existential self-analysis and literature: the case of Henri James”), di E. Rizzuti e D. Monda (“Purezza e colpa fra manierismo e barocco”), G. Fiori (“Realismo e fede in trasformazione attraverso la creatività di una vita consapevole. Simone Weil - 1909-1943”), D. Fabiani (“Condizione umana e ricreazione della vita in letteratura. L’esempio di Paul Gadenne”), C. Berthold (“Stefan Zweig and the Artistic Secret”), I. Gillet (“Silence and Music in the Novels by J. M. G. Le Clezio”). Sulla musica è intervenuto V. Vasile (“Phenomenological Approach on the Byzantine Music”). Gli atti del convegno saranno pubblicati in lingua inglese nella collana «Analecta Husserliana» (Kluwer), diretta da A. -T. Tymieniecka. D.V. Etica e medicina Una nuova ed efficace testimonianza dell’attuale interesse per l’etica applicata, e in particolare per la bioetica e l’etica medica, è il convegno che si è tenuto a Varese il 10 febbraio 1996, prima di una serie di iniziative varesine destinate ad approfondire e divulgare queste tematiche. L’intento del convegno è stato di creare un’occasione di confronto tra medici, filosofi, storici, psicoanalisti, biologi, epistemologi e addirittura storici dell’arte per favorire una riflessione più articolata e approfondita su alcuni temi che, pur legati alla ricerca più avanzata, coinvolgono potenzialmente la realtà di ciascun individuo. Come ha sostenuto il coordinatore del convegno, Fabio Minazzi, è ormai indiscusso, nella pubblica opinione, il successo della medicina sul piano tecnico. Ma spesso proprio alcuni dei suoi più clamorosi successi pongono nuovi e inquietanti problemi etici, ad esempio l’ingegneria genetica, l’introduzione di tecnologie per la fecondazione, e così via. Per rispondere a questi problemi, ha osservato Minazzi, non è possibile rinchiudersi nei singoli specialismi; al contrario si avverte la necessità di favorire un più ampio confronto dialogico tra le diverse competenze, soprattutto per confrontarsi sulle questioni di confine, sorte dalla pratica medica e sui suoi criteri di fondo. Mentre Giulio Giorello ha vivacemente delineato una panoramica delle maniere odierne di porre il problema del rapporto etica-medicina nella sua più vasta connessione con l’impresa scientifica, Evandro Agazzi ha mostrato come tale problema si ponga non all’interno della medicina intesa come azione tecnicamente efficace, bensì in ordine ad una scelta basata su valori. Paolo Cattorini ha passato in rassegna una serie di questioni etiche che si pongono in modo stringente nell’odierna pratica medica, soprattutto riguardo ai problemi estremi della vita e della morte. Fulvio Papi ha discusso invece il problema del “dire il corpo sofferente”, problema accantonato dalla filosofia, la quale ha sempre parlato del corpo in astratto o considerandolo in una veste “gloriosa”. Lorenzo Magnani ha indicato alcuni aspetti epistemologici del ragionamento diagnostico, interpretato sulla base del processo logico dell’“abduzione”. Se per millenni il medico ha avuto una funzione sacrale e una collocazione alta, legata ai ceti superiori, dall’Ottocento, ha fatto notare Giorgio Cosmacini, è venuto però mettendo a fuoco la sua funzione sociale, anche attraverso il problema della prevenzione e della salute pubblica. Fino al periodo fra le due guerre, ha ricordato Felice Mondella, presso il popolo il medico condotto appariva come il rappresentante della scienza e in effetti racchiudeva in sé una sintesi delle conoscenze mediche (sviluppate e unificate grazie alle grandi scoperte e teorie dell’Ottocento). Poi si è andati invece verso una progressiva specializzazione e settorializzazione delle pratiche diagnostiche e terapeutiche, centrate più sulla biologia molecolare e su una visione riduzionistica che sulla visione d’insieme dell’organismo; mentre entrava in crisi la figura del medico come consulente della salute di ciascuno nel suo contesto familiare e sociale. Rimane comunque il fatto, ha osservato Alberto Malliani, che il medico, per intervenire correttamente sulla realtà dell’individuo, deve saper compiere continuamente una sintesi tra conoscenze di vari livelli: da quello fisico-chimico a quello biologico e a quello psicologico. F.V 59 La “storia nascosta”: tra mito e realtà A Parigi, nei giorni 27 e 28 gennaio 1996, presso l’Ecole Pratique des Hautes Etudes (sezione di Scienze Religiose), con il titolo “L’HISTOIRE CACHÉE. ENTRE HISTOIRE RÉVÉLÉE ET HI STOIRE CRITIQUE” (La storia nascosta. Tra storia rivelata e storia critica) si è tenuto l’XI Convegno internazionale organizzato dall’Associazione Politica Hermetica, che da diversi anni sviluppa studi sul rapporto tra politica ed esoterismo in tutti i suoi aspetti. Hervé Savon (“Jacques-Joseph Du Guet et le figurisme”) ha analizzato il figurismo, corrente di esegesi scritturale diffusasi in Francia nel XVIII secolo, a partire dalle riflessioni di Jacques-Joseph Du Guet, con l’intento di opporre all’esegesi storicocritica, “razionalista”, che studiava il testo sacro cercando di inquadrarlo in un contesto preciso, “storicizzato”, un’esegesi “figurata” del testo biblico, che continuasse la tradizione dei padri della chiesa e quella medievale. Uno degli aspetti più interessanti del figurismo, ha rilevato Savon, è il suo costante riferimento a un’escatologia millenarista. Tema centrale della speculazione figurista è infatti quello della conversione degli ebrei al cristianesimo, condizione indispensabile, secondo la tradizione, per il nuovo avvento del Cristo sulla terra. Sempre nell’ambito del figurismo, Catherine Maire (“Le figurisme de l’abbé d’Etemare à l’abbé Grégoire”) ha ripercorso la storia di questa corrente, mettendone in evidenza la rilevanza nel contesto dei conflitti tra il tardo giansenismo e la Compagnia di Gesù nella Francia del XVIII secolo. Partendo dall’abbé d’Etemare, che vede nella storia della Chiesa una continua lotta tra errore e verità, Maire è passata per Louis-Adrien Le Paige, che traspone sul piano politico il modello ecclesiologico del figurismo, fino ad arrivare all’abbé Gregoire, nel quale il millenarismo originario del figurismo si fonde con un tentativo di conciliazione tra gli ideali repubblicani rivoluzionari e quelli cristiani. Emile Poulat (“Lucie Varga et les autorités invisibles”) ha richiamato l’attenzione su Lucie Varga, storica austriaca di origine ebraica, trasferitasi a Parigi alla fine degli anni Trenta, a causa del nazismo, dove entra in contatto con Lucien Febvre e la scuola degli Annales, che ha dedicato in particolare al catarismo e al nazismo le proprie ricerche storiche, introducendo il concetto di “autorità invisibile”. Poulat ha fatto notare come questo concetto non intendesse dare una lettura “esoterizzante” della storia, quanto piuttosto contrapporsi ad una storiografia basata esclusivamente su dati materiali. CONVEGNI E SEMINARI Albrecht Dürer, Gesú a dodici anni tra i dottori (1506, part.) Nella tavola rotonda seguita a questi interventi Bruno Neveu ha richiamato gli scritti giovanili di Fénelon, in cui si fa spesso riferimento ad una tradizione apostolica segreta, tramandata e gestita da un’élite in seno al cattolicesimo. Per delineare questa concezione, Fénelon s’ispira a Clemente Alessandrino, che parla di un giardino segreto come emblema della vera conoscenza. Antoine Faivre ha invece affrontato il tema dell’atteggiamento che l’indagine storico-critica delle correnti esoteriche deve avere nei confronti del cosiddetto “perennialismo”, corrente di pensiero secondo la quale tutte le tradizioni religiose ed esoteriche emanano da un’unica sorgente e sono in qualche modo riconducibili a essa. Uno degli elementi caratterizzanti di questa corrente, ha osservato Faivre, è l’ostilità sostanziale nei confronti della Modernità in tutti i suoi aspetti. Tra i suoi esponenti più noti figurano René Guénon, Frithjof Schuon e Titus Burckhardt. Jean-Pierre Laurant ha invece rilevato come l’esoterista veda la storia in senso essenzialmente negativo, essendo privo di fiducia nel progresso e anzi incline a ritenere l’epoca nella quale vive come un’epoca di decadenza e di oscuramento dei valori tradizionali, mentre l’occultista dia fiducia alla storia, leggendone gli avvenimenti come presagi di un rivolgimento prossimo e non essenzialmente negativo. Roger Dachez (“Sources et fonctions de l’histoire cachée chez Willermoz, dans la maçonnerie du XVIIIe siècle”) ha mostrato come il mito dell’esistenza di una storia segreta abbia giocato un ruolo importante nel pensiero di Jean-Baptiste Willermoz, fondatore del Rito Scozzese Rettificato. Per conoscere la storia segreta e per comprendere quindi il vero senso della storia in generale, ha osservato Willermoz, è necessario essere iniziati. L’iniziazione dona quella conoscenza attraverso la quale tutti gli ele60 menti che nella storia sembrano essere staccati e privi di senso acquistano organicità. Non si tratta dunque di andare alla ricerca di avvenimenti storici dimenticati o rimasti ai margini, ma di offrire un sistema di interpretazione globale, inaccessibile al profano. Alla storia della più importante tradizione millenaristica e profetica del Portogallo, il sebastianismo, tutt’oggi presente, si è rivolto invece André Coyné (“Sébastianisme et Portugal”). Secondo il mito sebastianista, il re portoghese Don Sebastiano, che era stato sconfitto e ucciso nella battaglia di Al-Ksar el Kebir (1578) durante una spedizione in Marocco contro i mori, non era morto realmente e sarebbe un giorno tornato per ridare al Portogallo il destino imperiale che gli era proprio. Il significato di questo mito è legato al fatto che con la scomparsa di Don Sebastiano la Spagna poté stabilire la sua egemonia sul Portogallo (che durò sino al 1640). Sulla visione della storia di Raymond CONVEGNI E SEMINARI Abellio, scrittore ed esoterista francese, è intervenuto Jérôme Rousse-Lacordaire (“Abellio et l’histoire cachée”). In Abellio, più che di storia “nascosta” si può parlare di storia “invisibile”, o di “metastoria”. Infatti, solo attraverso una sorta di “riduzione fenomenologica” di stampo husserliano, il senso della storia, il suo elemento teleologico, può emergere. Inoltre, secondo Abellio, si possono riconoscere nella storia dell’Occidente diverse fasi, che corrispondono alle fasi della vita di un individuo, secondo uno schema di ispirazione cristiana: Antichità, Era cristiana, Rinascimento, e così via. Sulla storia della rivista «Planète», nata con la pubblicazione, nel 1963, di Le matin des magiciens, di Louis Pauwels e Jacques Bergier, è intervenuto JeanBruno Renard (“L’aventure de la revue «Planète»”). L’amalgama di letteratura fantastica, di scienza più o meno ortodossa, di enigmi storici, di mistero, che aveva caratterizzato il libro, fu utilizzato anche per la rivista. In seguito vennero fondati dei gruppi, i cosiddetti Ateliers Planète, sparsi sul territorio francese, all’interno dei quali venivano discussi i temi della rivista. La storia “nascosta”, per come viene presentata su «Planète», è la storia dei dati e degli elementi che sono stati rifiutati dalla scienza o dalla cultura ufficiali e che vengono qui ripresi e reinterpretati, coniugando il meraviglioso con il reale. Infine Bernard Chédozeau è intervenuto sul Deuxième éclaircissement de la nature de la Grâce (1683), di Malebranche, sinora piuttosto trascurato dalla critica, mentre Jean Borella ha affrontato la dottrina tradizionale dei cicli temporali e il suo rapporto con la concezione cristiana del tempo, basata sulla linearità. M.P. la graduale emancipazione dalla sua influenza. Le sezioni del volume mostrano in maniera esemplare i principali snodi di quella che è diventata la più influente ermeneutica filosofica del nostro secolo, dalla riflessione sul rapporto tra Hegel e Heidegger alla polemica (negli anni Settanta) condotta in nome della pretesa di universalità dell’ermeneutica nei confronti della critica dell’ideologia, con Apel e Habermas soprattutto; una polemica che indusse Gadamer a sottolineare in modo sempre più netto (anche in seguito al confronto con le posizioni di Levinas e Ricoeur) come l’ermeneutica sia non solo un’arte dell’interpretazione, ma il fondamento di una vera e propria filosofia pratica. Inoltre si passa dall’intenso dibattito con lo storicismo (che difende dall’accusa di contraddittorietà), che in qualche modo anticipa l’autocritica della metodologia di Feyerabend, al confronto con il decostruzio- nismo di Derrida, rispetto al quale Gadamer intende sia difendersi dall’accusa di logocentrismo metafisico, sia mostrare come il decostruzionismo non sia che la produzione della distruzione della metafisica a suo tempo intrapresa da Heidegger. Secondo Maurizio Ferraris, troppi equivoci hanno inficiato il dibattito tra ermeneutica e critica dell’ideologia; peraltro, Habermas stesso sembra sfuggire all’inganno storicistico che condannava, né sembra sufficientemente consapevole del carattere del tutto tradizionale di criteri, quali l’evidenza e la chiarezza, con cui pretendeva di opporsi al presunto tradizionalismo di Gadamer. Assai più promettente, ha proseguito Ferraris, sembra il confronto tra ermeneutica e decostruzionismo, soprattutto quando si tenga ben presente il comune fondamento fenomenologico dei due orientamenti. Richiamando la critica di Gadamer alla ‘Verità e metodo 2’ Il 18 aprile 1996, nella sede del Dipartimento di Ermeneutica filosofica dell’Università di Torino, in occasione della pubblicazione del volume di Hans-Georg Gadamer, ‘Verità e metodo 2’ (a cura di R. Dottori, Bompiani, Milano 1996), si è tenuto un seminario sul tema: “L’ERMENEUTICA DOPO ‘VERITÀ E METODO ’”, al quale hanno partecipato Riccardo Dottori, Maurizio Ferraris, Jean Grondin e Gianni Vattimo. Con Verità e metodo 2, ha spiegato Riccardo Dottori, si è voluto ripercorrere, attraverso la prima presentazione italiana di saggi preparatori a Verità e metodo (1960) e di saggi della piena maturità, l’intero sviluppo del pensiero di Gadamer dal 1939 al 1994, caratterizzato dal costante confronto con Heidegger e dal- Hans-Georg Gadamer 61 CONVEGNI E SEMINARI differenziazione estetica, quindi il suo anti-romanticismo, Ferraris ha messo in evidenza l’intimo rapporto, solitamente oscurato, dell’ermeneutica con la fenomenologia quale descrizione immanente. È questo d’altronde anche il senso (fenomenologico: iscrizione della traccia) della critica che Derrida muove all’ermeneutica, concepita come un atteggiamento naturale gravemente limitato dal quasi esclusivo interesse per l’universalità della mediazione linguistica e dalla tendenza apologetica nei confronti del logos dell’uomo. Dal canto suo Jean Grondin si è limitato a ricordare che questo volume di integrazioni a Verità e metodo andrebbe inteso come un fondamentale supplemento a ciò che l’opera del 1960 non ha potuto dire: esso evidenzierebbe, in particolare, il sempre più critico rapporto con Heidegger, sia per quel che concerne il rapporto con la tradizione, sia per la diversa interpretazione di Platone (l’apologeta del dialogo e della dotta ignoranza per Gadamer, della metafisica onnisciente per Heidegger), e non da ultimo la crescente consapevolezza circa i limiti del linguaggio e la sua impossibilità di esprimere ogni cosa. L’intervento di Gianni Vattimo ha invece preso le mosse dall’esigenza di radicalizzare in senso heideggeriano l’ermeneutica, dopo Verità e metodo largamente diffusasi come lingua comune del dibattito contemporaneo, ma a prezzo di una perdita della sua specificità filosofica. Se vi è stato un momento in cui è parso indubbiamente proficuo procedere alla “urbanizzazione della provincia heideggeriana”, la maggiore preoccupazione odierna è forse quella di ricollegare il dibattito sull’ermeneutica con quello sulla metafisica. La condivisibile insoddisfazione per gli esiti relativistici di molta ermeneutica contemporanea, ha rilevato Vattimo, non giustifica l’intento di riportare l’ermeneutica alla fenomenologia, riabilitando l’accezione neokantiana della filosofia come pura e semplice teoria della conoscenza (o fenomenologia), né di dissolvere l’ermeneutica in comunitarismo; si tratta piuttosto di ritrovare il necessario legame dell’ermeneutica con la storia dell’essere, intesa come tramandamento e dialogo con le tradizioni. Quanto poi al confronto con il decostruzionismo, Vattimo ha insistito sia sull’impossibilità anche di Derrida di sottrarsi alla trasmissione logocentrica, sia sulla non sufficientemente radicale critica gadameriana alla metafisica, relativamente rifiutata, in definitiva, unicamente a causa dei suoi esiti scientistico-metodici. T.G. Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Palazzo Serra di Cassano Via Monte di Dio14, Napoli Cristianesimo e redenzione Dal 22 al 25 gennaio 1996, Vincenzo Vitiello ha tenuto un ciclo di seminari sul tema: “CRISTIANESIMO SENZA REDENZIONE”, esponendo come proprio obiettivo teoretico quello di recepire-concepire il senso cristiano dell’esistenza umana come “abbandono” da parte del divino, in una prospettiva che esclude il momento della redenzione. Il percorso interpretativo di Vincenzo Vitiello si è snodato, a partire da Parmenide e Plotino, attraverso il pensiero trinitario e la riflessione intorno alla prova ontologica - da Anselmo a Kant -, nell’intento di ricostruire il divenire delle relazioni tra l’eterno e il tempo, l’essere e il male, all’interno di una lettura del Nuovo Testamento al di fuori del canone paolino. Secondo Vitiello l’esperienza cristiana del tempo, nella misura in cui risulta estranea all’idea della redenzione, si sottrae all’alternativa tra la circolarità o ciclicità greca, di cui Nietzsche è l’ultimo grande assertore, e la linearità ebraica, che alimenta un pensare a sfondo escatologico, sino a Derrida. All’opposto, la concezione pagana del tempo consiste nell’esperire l’attualità come ethos che l’uomo abita e nel quale agisce. Il mondo greco, ha osservato Vitiello, perviene con Parmenide alla rappresentazione dell’Essere come uno e immobile, che destituisce di senso le mere datità della molteplicità e del movimento. La metafisica di Plotino tenta di racchiudere insieme i due lati della relazione tra l’Uno e le cose: il lato della differenza ontologica tra ciò che è positività assoluta e l’esistente, in sé negativo e strutturalmente “male”, e il lato dell’unitarietà del reale, per cui l’essere che è nel mondo è l’Uno stesso. In tale contesto problematico, ha sottolineato Vitiello, il cristianesimo storico, di matrice paolina, introduce la concezione della creatio ex nihilo e, soprattutto, quella del Dio-amore. Mentre la divinità greca è perfetta perché racchiusa in sé e muove con indifferenza le cose solo 62 come oggetto d’amore, il Dio annunziato nei Vangeli, proprio in quanto costitutivamente amore, appare compromesso con il mondo nel pretendere di tenere insieme l’assolutezza divina e la creazione del finito nell’unicità-trinità di Dio. Tuttavia, ha fatto notare Vitiello, il pensiero trinitario può aprirsi ad un esito diverso, nel quale Padre e Figlio, invece di comporsi in unità, risultano coinvolti in una “relazione irrelante”, in cui ciascuno dei due termini è nell’altro come possibilità che questo non sia. Che il Figlio sia coeterno al Padre, come suggerisce Agostino nel De trinitate, non significa altro, secondo Vitiello, che l’Essere, nella sua infinità, contiene la possibilità, così come l’impossibilità, che il Figlio sia, senza esserne, però, causa in senso attivo. È vero invece che la seconda persona della trinità, in quanto principio della creazione, affetta l’“Uno in uno”, imponendogli la separazione dal male e incrinando così quella dimensione di assolutezza primaria, propria di ciò al di là del quale non c’è altro, e che può dirsi solo di Dio “prima” della creazione. Si tratta, in altri termini, di riconoscere nel Figlio la cruciale affezione del Padre come causa necessaria, ma non sufficiente, e la cui origine, ovvero il suo venire all’essere da uno stato di mera possibilità, rimane profondamente enigmatico. Emerge qui, ha sottolineato Vitiello, il carattere ontologicamente paradossale di quella “relazione irrelante” che lega due termini, per cui essa si dà in due opposte configurazioni, l’essere del Figlio nel Padre e l’essere di questo in quello, con la possibilità, per ciascuno, di capovolgersi nell’opposto. In tale cristianesimo anti-escatologico l’esistenza è esperita nella dimensione dell’“essere stato abbandonato”, che il Cristo grida nell’ora nona, ovvero del poggiare del creato solo sull’indifferenza di un Diopadre, in cui è la suprema minaccia. Ne deriva, per l’uomo, un relazionarsi al presente e al tempo stesso un restarvi sospeso fra il mero fatto della creazione e la sua negazione: di fronte al fondarsi ultimo delle cose su nient’altro che sul loro “poter non essere più”, il pensiero resta impotente. Sul piano morale, Vitiello rifiuta di assegnare una valenza regolativa al principio di speranza e riflette invece sulla libertà come incondizionatezza propria di ciò che è sottratto alla sequenza dei fenomeni ordinati secondo il “prima” e il “poi”; uno stato che si dà per l’uomo, in quanto ente finito, solo nella forma di una doverosità opposta alle inclinazioni naturali. Nella prospettiva di un cristianesimo “senza redenzione”, ciò non significa che non vi è scelta tra il bene e il male; ancor di più, che la libertà è per la creatura solo una possibilità, la cui attuazione non è da nulla garantita e resta essa stessa sospesa sul proprio non esse- CONVEGNI E SEMINARI re. E tuttavia la coscienza della libertà si accompagna ad una compiacenza di sé che appartiene all’uomo in quanto si scopre, pur nella messa in opera del male, più del male stesso. L.S. Dio nella teologia del Novecento Dal 4 al 7 marzo 1996, Bruno Forte ha tenuto un seminario dal titolo: “DIO NELLA TEOLOGIA DEL NOVECENTO ”, soffermandosi su Karl Barth, Rudolf Bultmann e Karl Rahner, artefici della svolta compiuta in campo teologico nel XX secolo. Il XX secolo, ha esordito Bruno Forte, deve essere compreso fra lo scoppio della prima guerra mondiale e il 1989, anno in cui, con la caduta del muro di Berlino, si concretizza la fine del socialismo reale. Il Novecento, come “secolo breve”, che si brucia nella celerità del tempo storico, si contrappone, significativamente, alla lunga stagione ottimistica dell’Ottocento, dominata dal positivismo scientifico, dal culto del progresso e dal grande sistema hegeliano, oltre che dalla teologia liberale e schleiermacheriana Nell’agosto del 1914, ha osservato Forte, Karl Barth matura quella svolta radicale che gli consentirà di abbandonare la teologia liberale e di mostrare la vera identità di Dio, che non è solo consolazione della coscienza di un’anima pia, ma è impossibile possibilità, è sovrano, è sconosciuto, è totalmente altro. La svolta di Barth è evidente nella seconda edizione del commento all’Epistola ai Romani di San Paolo (1922) e si attua attraverso la lettura della Scrittura (in primis Paolo), di Lutero, Calvino, Kant, Dostoevskij. Testimoniando la crisi del tempo storico, oltre che della coscienza, l’Epistola segna una svolta epocale, opponendo ad una teologia del sì, conciliante e fiduciosa, una teologia del no, della rottura, della crisi nei confronti del mondo borghese, che fa di Barth l’apologeta del baratro, del non riducibile a sistema, dell’appello alla scoperta di un Dio sconosciuto: per Barth non esiste sicurezza umana (in positivo = passione ideologica; in negativo = abbandono nichilista) che possa essere anteposta a Dio. Al deus dixit barthiano, ha fatto notare Forte, i giovani leoni della teologia degli anni Venti oppongono la continuità con il moderno. Rudolf Bultmann, anzitutto, non ripudia l’eredità liberale ma esalta, anzi, l’autonomia del pensiero umano. In accordo con Barth, egli condanna le ideologie che dispensano l’uomo dalla fatica del pensiero, ma rivendica il protagonismo del soggetto umano in nome della sola fides, intesa non come negazione dell’uomo (in senso luterano), ma come esaltazione del- l’uomo libero di abbandonarsi alla fede, al rischio, alla scelta, in quanto è nel momento dell’incontro tra l’uomo vivente e il Dio vivente che l’individuo dà senso ai suoi giorni. In questo, ha sottolineato Forte, Bultmann viene accusato da una parte di ridurre Dio all’uomo, inglobando la teologia nell’antropologia, dall’altra di propagandare una teologia della solitudine, in cui l’uomo è solo di fronte alla decisione. Diversamente, in Karl Rahner la teoria della potentia oboedentialis cerca di conciliare il primato del trascendente con lo spirito della modernità. Nell’antropologia trascendentale di Rahner, ha rilevato Forte, l’uomo è infatti costitutivamente ansia, ricerca, domanda; è potenza obedenziale, è una creatura aperta in direzione dell’evento innovante dell’auto-comunicazione di Dio nella parola, e la sua felicità può nascere solo dall’incontro tra la propria autotrascendenza e l’auto-comunicazione di Dio. Anche in Rahner il no all’ideologia è netto, come in Barth e Bultmann; per Rahner infatti l’uomo può venire a compimento solo con la cristologia trascendente. L’ideologia rahneriana esalta una fede senza garanzie, come perdutamente andare verso l’altro affidandovisi, come sollecitazione della ragione a oltrepassare la sua soglia. Affrontando successivamente il tema dell’éschaton, Forte ha preso in esame la concezione di Barth della veritas in spe, non in re, nel suo arrendersi alla potenza del Dio sconosciuto. L’éschaton viene riaffermato anche da Bultmann, che esalta l’autonomia della dignità umana e considera la predicazione di Gesù annuncio escatologico. Con la rottura di Barth e l’esaltazione umana di Bultmann, ha precisato Forte, si profila nel Novecento la teoria della speranza, in cui l’éschaton è pensato come avvento e la sua incidenza sulla condizione umana è vista come altro aspetto del venire a noi di Dio. Si tratta del pensiero di J. Moltmann, per il quale l’éschaton è la dimensione che pervade tutta la parola della fede, facendo divenire la teologia e lo stesso cristianesimo pensiero della speranza. L’ultimo passo sul terreno dell’éschaton, ha osservato Forte, è compiuto da E. Bloch, per il quale la speranza, che a prima vista sembrerebbe una categoria teologica, non è altro che una proiezione dell’uomo, una struttura anticipante della coscienza. Il Deus absconditus, oggetto della speranza, non è altro, per Bloch, che l’uomo absconditus, l’abisso che è nel profondo di ogni essere umano. Il principio speranza è perciò una struttura dell’antropologia, dal momento che l’uomo è sempre incompiuto, aperto ad una potenzialità irrisolta e non espressa. Per quanto riguarda l’esperienza della grazia, Forte ha analizzato il pensiero di Dostoevskij e di Henry de Lubac. Nell’uomo dostoevskijano agisce secondo Forte una logica “dei doppi pensieri”, in base alla quale ogni affermazione è trapassata dalla 63 sua negazione. Così, in Dostoevskij la questione dell’infinito dolore che sovrasta la terra si risolve solo pensando al Dio della croce, abbandonato e spezzato; il duplice atteggiamento dell’uomo dinanzi al dolore (vittimismo o fuga da se stesso) si risolve in un atto coraggioso, soggettivo, e l’ossimoro di una concezione della bellezza come salvezza e come dannazione si risolve considerando la bellezza come trascendente, come speranza. In Henry de Lubac, ha fatto invece notare Forte, l’uomo è fatto per Dio, è nostalgia di Dio, è attesa, è ferita che attende il balsamo dell’incontro; ma Dio è libero e gratuito e si comunica all’uomo secondo tali qualità. Attraverso l’affermazione del Dio vivente e dell’uomo vivente, viene affermata la gratuità, la sorpresa della grazia che rende manifesto Dio, il novum che gratuitamente si auto-comunica all’uomo. R.S. Storia filosofica del razzismo Dall’8 al 12 gennaio 1996, Alberto Burgio ha tenuto un ciclo di incontri sul tema: “PER UNA STORIA FILOSOFICA DEL RAZZISMO”, con l’obiettivo di esplorare quei fenomeni socio-politici che possono essere ricompresi in una categoria unitaria che ha nel razzismo il suo carattere distintivo. In apertura del seminario, Alberto Burgio ha spiegato la necessità di una “storia filosofica del razzismo”, sottolineando l’opportunità di muovere da una definizione di razzismo come «insieme di ideologie caratterizzate dalla trascrizione, in chiave naturalistica, di differenze da sempre storicamente e socialmente determinate». Di fatto, molteplici sono i conflitti tra razze diverse che alimentano vivaci discorsi sul razzismo. Tuttavia, un fenomeno multiforme come il razzismo è sempre attraversato da elementi comuni: uno di questi è dato dal fatto che in tutti i diversi fenomeni di tal genere si riconosce valore alle differenze che sono proprie dei vari soggetti che vengono tra loro in rapporto o in conflitto, al fine di produrre, sulla base proprio di queste differenze, delle gerarchie tra singoli o tra gruppi. Questo aspetto ha avuto inizio nel periodo di massimo sviluppo ed espansione della modernità, quale il XVIII secolo. Proprio l’Illuminismo, infatti, propugnando una progressiva elevazione della figura umana e la contestuale proliferazione di interessi e spunti culturali, ha poi, d’altro lato, determinato una radicalizzazione delle forme di segregazione e sfruttamento di alcune categorie di soggetti. Questa prassi consapevole della valorizzazione delle differenze, che è poi l’essenza propria del razzismo, è, secondo Burgio, un’ideologia di puro stampo borghese in quanto, CONVEGNI E SEMINARI così inteso, il fenomeno razzista ammette la negazione di princìpi universalistici. In realtà, uno dei lati oscuri della modernità è rappresentato proprio dal fatto che essa, nonostante il continuo sviluppo e la tendenza a progredire, produce, su di un versante meno illuminato, quelle barriere che, innalzandosi tra soggetti diversi, finiscono per discriminarli. In tal senso, ha notato Burgio, il diverso colore della pelle fu, di fatto, notato e usato quale elemento di distinzione solo quando si ritenne ormai necessario individuare un criterio distintivo per quei soggetti che andavano necessariamente discriminati. Il momento somatico sarebbe dunque sorprendentemente successivo ad una originaria discriminazione già avvenuta in base al ruolo marginale di talune categorie di soggetti, come nel caso della schiavitù che, dopo il suo avvento, mise a nudo la necessità di distinguere gli schiavi, proprio quando maggiore era l’espansione di teorie e princìpi universalistici. Estendendo a tutti la coscienza di sentirsi uomini, la schiavitù, che fino ad allora non aveva rappresentato un problema, ora necessita di cause giustificative elaborate da teorie che tendono a riconoscere più significati, diversi tra loro, al termine “uomo”, originariamente sinonimo di una categoria unitaria. Il razzismo nazista, ha osservato Burgio, con la sua coda italiana durante il ventennio fascista, emerse in Germania nell’ambito di una ben difficile e tumultuosa convivenza fra due razze contrapposte, il problema della comunicazione fra ebrei e nazisti; per sottolineare la segregazione nella quale intendevano relegare gli ebrei, i tedeschi elaborarono un linguaggio minore, molto più limitato e residuale, per comunicare con gli esclusi. D’altra parte è innegabile che la Germania nazista dovette fare i conti con l’ingombrante tradizione culturale degli ebrei, che si temeva contaminasse la purezza e il presunto carattere elitario della cultura germanica; ecco perché al puro razzismo biologico si affiancò un tipo di selezione culturale che doveva impedire che gli ebrei influenzassero con la loro presenza la tradizione giuridica e culturale tedesca. Queste stesse osservazioni, ha sottolineato Burgio, possono essere trasposte nel nostro paese e avvicinate al fascismo. Parte della moderna storiografia, tra cui lo stesso De Felice, sostiene di fatto che il fascismo in Italia non riuscì a concepire un razzismo autonomo e convinto, ma semplicemente una soggezione ideologica del movimento italiano rispetto a quello del più potente alleato tedesco. Secondo Burgio è da imputare invece agli uomini del regime lo sforzo, peraltro non dissimulato, di creare le basi di un netto differenzialismo, testimoniato da una fiorente produzione di letteratura antropologica evidentemente razzista. R.de C. Sull’intelletto Dal 19 al 23 febbraio 1996, Alessandro Ghisalberti ha tenuto un seminario sul tema: “INTERPRETAZIONI DELL’INTELLETTO NELLA FILOSOFIA DEL SECOLO XIII”, mostrando come la riflessione medievale sull’intelletto costituisca una chiave d’accesso fondamentale per la comprensione di uno dei momenti filosoficamente più vivi della civiltà cristiana occidentale. Il tema dell’intelletto acquista una speciale importanza nella speculazione del secolo XIII, quando, sul comune terreno della filosofia aristotelica, si scontrano le culture arabo-islamica e latino-cristiana. I prodromi di un tale interesse, ha osservato Alessandro Ghisalberti, si rintracciano originariamente nell’opera di Aristotele (De anima, III 5 430a 10), dove, potremmo dire, vengono poste le basi psicofisiologiche del processo della conoscenza. Analizzando la funzione intellettiva dell’anima umana, Aristotele distingue un intelletto potenziale, che ha la potenzialità di essere di tutti gli oggetti della conoscenza, da un intelletto attuale, che tutti li produce; il processo del conoscere si determina come azione dell’intelletto attivo su quello passivo, dove l’intelletto attivo è impassibile, separato, senza mescolanza e, esso solo, immortale ed eterno. I principali testimoni della tradizione aristotelica sono stati identificati da Ghisalberti, tra gli antichi commentatori greci, in Alessandro di Afrodisia (sec. II-III) e Temistio (sec. IV); tra i commentatori arabomedievali si deve invece tener conto, nelle loro interrelazioni reciproche, delle concezioni di Al-Farabi (sec. IX), Avicenna (sec. X) e Averroè (sec. XII). Nel secolo XIII, attraverso le versioni dal greco e dall’arabo delle opere di Aristotele e dei suoi commentatori, la speculazione araba si trapianterà sul terreno della cultura dell’Occidente latino, dove darà vita a originali fenomeni di sincretismo. Il primo sintomo dell’incontro dell’aristotelismo arabo con elementi dottrinali di ascendenza agostiniana, ha osservato Ghisalberti, è rappresentato da un movimento di pensiero della prima metà del secolo XIII, che Étienne Gilson, lo storico francese della filosofia medievale, ha indicato con l’espressione di “agostinismo avicennizzante”. Come esempio di questa originale commistione di dottrine valga l’opera di Giovanni de la Rochelle (1238-45), che fuse insieme la dottrina della distinzione dell’intelletto in agente e passivo con la gnoseologia agostiniana imperniata sul concetto dell’illuminazione divina. Successivamente, nei primi decenni della seconda metà del secolo (1250-1270), ha proseguito Ghisalberti, si affermerà una forma più evoluta e matura di aristotelismo: la scuola dell’“averroismo latino” o “aristotelismo radicale”, il cui caposcuola 64 fu Sigieri di Brabante (1266-1277), secondo il quale si poteva giungere, attraverso l’uso della ragione, a conclusioni ad un tempo filosoficamente vere e teologicamente false, diverse dalle verità rivelate dalla Scrittura e dalla tradizione teologica. Così, se da un lato si doveva riconoscere che la dottrina averroista dell’unicità dell’intelletto possibile risultava, alla luce della ragione, filosoficamente inconfutabile, dall’altro il dogma scritturale dell’immortalità dell’anima individuale doveva in fide essere creduto vero. Secondo Alberto Magno, invece, la supposizione dell’esistenza di un unico intelletto possibile è insufficiente per spiegare la conoscenza del singolo uomo mediante concetti universali presenti in un intelletto separato. Da qui, ha notato Ghisalberti, la necessità di postulare, sul piano gnoseologico, un’unione sostanziale tra intelletto e individuo. Ammettere l’esistenza di un intelletto separato significa per Tommaso d’Aquino muoversi in un orizzonte speculativo platonico e non aristotelico, per il quale, invece, l’anima è forma del corpo, e in quanto tale è parte inscindibile della sostanza sinolica. In realtà, ha sottolineato Ghisalberti, la concezione aristotelica dell’anima quale forma del corpo era condivisa da Averroè, ma con la differenza importante che mentre l’anima vegetativa e quella sensitiva sono forme del corpo a pieno titolo, l’anima intellettiva è invece forma del corpo solo equivocamente, in senso traslato, data l’impossibilità strutturale per una sostanza intellettiva separata di unirsi ad un corpo come forma. Da queste considerazioni discende, per Tommaso, la collocazione dell’anima al confine tra gli esseri corporei e incorporei, essendo ad un tempo sostanza incorporea e forma di un corpo. Per intendere come una sostanza spirituale, quale l’anima intellettiva dell’uomo, si possa unire ad un corpo pur mantenendo una forma di sussistenza, Tommaso si valse di uno scritto particolare che circolava con il nome di Liber de causis, che secondo Ghisalberti, come Tommaso stesso dimostrò, rappresenta una silloge di testi del filosofo neoplatonico Proclo (sec. V). Questo breve scritto consentiva, in effetti, di fondere istanze della metafisica plotiniana con quelle dell’ontologia aristotelica: l’anima intellettiva, pertanto, è da un lato, aristotelicamente, forma del corpo, dall’altro, neoplatonicamente, partecipe di un elemento, per il quale conosce e vuole, che non comunica con il corpo. Nell’ambito dell’aristotelismo radicale del XIII secolo, ha proseguito Ghisalberti, un altro fecondo sviluppo della speculazione sull’intelletto è rappresentato dalla dottrina della felicità mentale, secondo cui l’uomo realizza la felicità nell’esercizio dell’attività intellettuale. Significativi a questo riguardo sono Boezio di Dacia, attivo a Parigi nel periodo di Sigieri (1270-1277), e Giacomo da Pistoia, filosofo di formazione medica, che agì in Italia verso la fine del CONVEGNI E SEMINARI secolo (1290-1300). Entrambi distinguono tra una felicità terrena, conseguibile attraverso l’esercizio del filosofare, vero coronamento dell’attività intellettuale, e una felicità eterna, oggetto dell’impegno teologico. Accanto a costoro merita particolare rilievo, secondo Ghisalberti, Giovanni di Jandun, che tra le attività animiche distingue la funzione di forma sostanziale dell’anima cogitativa; un elemento che, nel processo dell’intellezione, si connette all’attività dell’anima intellettiva separata, aprendo l’accesso alla conoscenza superiore delle sostanze separate e di Dio, cui conseguirebbe il possesso della felicità. La felicità, quale fine ultimo dell’uomo, lo è propriamente anche dello Stato, dove la felicità speculativa del singolo, a cui spetta la virtù della sapienza, subordina a sé quella pratica dello Stato, a cui spetta quella della prudenza. Venendo al delicato dominio della mistica, Ghisalberti ha rilevato come Alberto Magno distingua un intelletto di natura divina e separata e, per spiegare il processo di congiunzione dell’anima a Dio, impieghi il concetto dell’intelletto acquisito (intellectus adeptus), per il quale l’uomo si innalza alla conoscenza delle intelligenze superiori, preludio dell’ascesi mistica, in cui l’intelletto realizza la condizione di intellectus assimilatus, attuando pienamente la sua natura divina. La mistica albertina, secondo Ghisalberti, va intesa nel senso della teologia mistica, ugualmente lontana da ogni forma sentimentalistica e da ogni pretesa di conoscenza totalizzante della realtà; una mistica che rimanda alla scuola domenicana renana e, particolarmente, alla figura di Meister Eckhart, per il quale intelletto è luce divina che, sostanzializzandosi, conferisce all’uomo la possibilità di essere, vivere, intelligere. Secondo le diverse proprietà dell’anima, esso è indipendente da spazio e tempo, identico a sé, puro, operante in sé, immagine; la sua natura è increata e increabile, come tale; è il tempio di Dio che accoglie Dio stesso nella sua nudità, privo dei veli dell’essere e della bontà, spoglio di tutti i nomi e le determinazioni. La via beatifica si delinea quindi in Eckhart come via all’intelletto di luce, realizzantesi attraverso un processo di ritorno a sé (reditio), in quanto spoliazione, denudamento, disvelamento del fondo dell’essere. P.A. Il pensiero politico nel Seicento Dal 4 all’8 marzo 1996, Jean Robert Armogathe ha tenuto un seminario dal titolo: “IL PENSIERO POLITICO NEL SEICENTO”, mostrando attraverso l’analisi delle concezioni di vari pensatori del tempo come lo Stato moderno, nella sua costruzione, abbia preso a modello la Chiesa nella sua organizzazione e nella sua codificazione. Jean Robert Armogathe ha iniziato con l’individuare il fondamento delle teorie politiche dello Stato moderno nei trattati sull’“ecclesiologia” riconducibili al concetto teologico della Chiesa come societas perfecta, dei quali Cajetano è l’autore più importante. Armogathe ha sottolineato l’importanza del dibattito fra Cajetano e i gallicani. Confutando le tesi gallicane per cui il papa possiede solo il dominium ministeriale, non la potestas, Cajetano, nei suoi scritti Auctoritas Papae et Concilii seu Ecclesiae Comparata (1511) e Apologia (1514), sostiene che la Chiesa ha origine divina e che, pertanto, anche il ministero di Pietro ha origine divina. Questo passaggio dal diritto canonico alla teologia politica comporta la natura assolutistica del potere del papa, dato che la Chiesa trae origine direttamente dalle Sacre Scritture e non dalla legge. Sul passaggio di Cajetano dalla teologia politica al pensiero politico laico, il pensiero politico gallicano del Seicento costruisce una teoria del potere assoluto del sovrano che trae le sue argomentazioni per simmetria dall’argomentazione usata da Cajetano per difendere la Chiesa e la monarchia pontificia. Armogathe ha proseguito l’analisi del pensiero politico del Seicento affrontando il legame intellettuale che unisce Bellarmino, Sarpi e Hobbes e mostrando in particolare come, indirettamente, il pensiero politico del terzo sia stato influenzato dal secondo. Armogathe ha fatto rilevare che il primo punto in comune ai tre è l’analisi delle Sacre Scritture. Nell’interpretare i passi 17 e da 8 a 12 del Deuteronomio sui giudici leviti in Israele, Bellarmino dice, nelle Controversie, che il papa ha il diritto di stabilire un corpus di leggi civili; per Sarpi questo potere è stato dato da Dio al popolo; Hobbes, nel Leviatano, sostiene che il sommo sacerdote solo in quel tempo aveva potere civile e, pertanto, solo allora poteva nominare i giudici. Pur essendo d’accordo nel voler limitare il potere del papa, ha sottolineato Armogathe, Sarpi e Hobbes differiscono per il fatto che il primo insiste sul limite che l’insegnamento di san Paolo e il Concilio di Gerusalemme hanno posto al potere ecclesiastico, il secondo, come Bellarmino, pensa al potere ecclesiastico come assoluto, ma a differenza di questi ritiene che il potere assoluto si sia trasferito al sovrano civile. Hobbes e Sarpi convergono anche sull’interpretazione dell’Apocalisse, poiché entrambi pensano a un’escatologia conseguente; inoltre, nella costruzione politica di entrambi, grande importanza è data alla teologia della doppia alleanza. Proseguendo la sua analisi, Armogathe ha parlato della politica dei gesuiti e dei due tipi di insegnamento della Compagnia abitualmente distinti, ma insepara65 bili: la filosofia politica da una parte, la “morale pratica” dall’altra. I gesuiti considerano la teoria dello Stato indivisibile dal governo delle coscienze individuali, pertanto loro precipuo compito è la direzione spirituale di prìncipi e sovrani. Armogathe ha quindi ricostruito i più salienti fatti storici che determinarono la cacciata dei gesuiti dalle più importanti corti europee, e soprattutto si è soffermato sulle teorie di alcuni pensatori della Compagnia, tra i quali Mariana e Suarez. Nel suo De rege et Regis Institutio (1599), Juan de Mariana espone la sua teoria sull’uccisione non solo del tiranno di usurpazione, ma anche del tiranno di esercizio. Accusata di istigare al tirannicidio, l’opera fu condannata e ritirata dalla circolazione subito dopo l’assassinio di Enrico IV. Tra il 1610 e il 1613 Francisco Suarez redige il Defensio fidei contro Giacomo I d’Inghilterra, in cui sostiene che i re scomunicati dal papa possono “essere deposti o messi a morte dai loro sudditi”. Nei paesi cattolici, ha ricordato Armogathe, i gesuiti hanno contribuito alla formazione del potere personale del monarca, che viene organizzato sul modello di monarchia assoluta che si era dato la Compagnia. Figura importante del Seicento, ha continuato Armogathe, è Gaspare Scioppio, autore dell’Apologia di Machiavelli e dei Paedia politices (opera, questa, in cui non figura mai il nome del fiorentino, anche se tutto lo scritto ruota attorno a lui), il quale sostiene che l’uomo politico, secondo l’insegnamento di Machiavelli, deve ubbidire solo alla politica in quanto “scienza pubblica dell’utilità”; inoltre, sulla scia della tradizione ciceroniana, considera fine ultimo della politica il benessere della società civile. A differenza dei gesuiti, che proponevano una responsabilità personale del re, Scioppio propone la responsabilità dello Stato e quindi la responsabilità della funzione del principe e non della sua persona. Se le teorie dei gesuiti hanno portato avanti la nascita dell’assolutismo dello Stato moderno, il discorso machiavelliano dello Scioppio, ha evidenziato Armogathe, si pone in un certo senso come freno all’assolutismo monarchico dando nuova linfa alle forze alternative all’interno dello Stato stesso. A conclusione della sua analisi, Armogathe ha parlato del concetto di “gloria” e della sua secolarizzazione da Bellarmino a Spinoza. Attraverso la divinizzazione del sovrano, alla gloria di Dio si sostituisce la gloria del re; la gioia dei cortigiani si sostituisce alla beatitudine dei santi. P.S. CONVEGNI E SEMINARI Nagasaki, il 10 agosto 1945, due giorni dopo il lancio della seconda bomba atomica Memoria, oblio, perdono Dal 15 al 19 aprile 1996, Paul Ricoeur ha tenuto un ciclo di seminari sul tema: “MEMORIA, STORIA, PERDONO”, incentrando la sua riflessione sul rapporto critico fra storia e natura alla luce di due figure concettuali significative: l’oblio e il perdono. Al tema “L’AMORE DIFFICILE. IL PROBLEMA DELL’IDENTITÀ PERSONALE E L’ERMENEUTICA DEL SÉ”, Ricoeur ha dedicato una conferenza, tenutasi presso l’Università Federico II di Napoli, a cui hanno preso parte, tra gli altri, G. Polara, G. Lissa, G. Cantillo, D. Jervolino, D. Gambarara, C. Penco. Chiedersi in che modo la storia , così come viene scritta dagli storici, interviene a titolo critico fra un eccesso e un difetto di memoria, ha esordito Paul Ricoeur, significa stabilire se sia legittimo parlare di memoria collettiva. Dal dilemma tra memoria individuale e collettiva si può uscire, secondo Ricoeur, attraverso la nozione, elaborata da Husserl nella Quinta meditazione cartesiana, di personalità di rango superiore, con cui si determinano entità collettive derivate, che risultano da un processo secondo di oggettivazione degli scambi intersoggettivi, a cui per analogia si può attribuire un “noi” con le prerogative fondamentali di memoria. In quest’ottica la memoria collettiva viene considerata come raccolta di tracce lasciate dagli eventi. Sulla base dell’attribuzione del concetto di memoria agli individui e alle collettività, ha proseguito Ricoeur, si possono introdurre i concetti di “memoria storica” e “tempo storico”, elaborati da Koselleck, che parla di “spazio d’esperienza” e “orizzonte d’attesa”, dove per spazio d’esperienza intende l’insieme dell’eredità del passato, per cui non c’è spazio d’esperienza senza orizzonte d’attesa, mentre considera l’orizzonte di attesa irriducibile allo spazio d’esperienza; la dialettica fra questi due poli assicura così la dinamica della coscienza storica che a parti66 re dal sentimento di orientamento, nel passaggio del tempo, dà impulso all’orizzonte d’attesa che tocca lo spazio d’esperienza. Il passaggio dalla memoria alla storia, ha osservato Ricoeur, si realizza attraverso la mediazione operata dal “racconto”; si avranno pertanto “racconti di memoria” e “racconti storici”. Nei racconti di memoria il racconto ordinario si mette a servizio tanto della memoria-ripetizione quanto della memoria-ricostruzione; sul primo versante si collocano i racconti fissati dai riti sociali a carattere commemorativo, mentre sul versante della ricostruzione si pongono le operazioni di conformazione, di costruzione dell’intreccio, che dispongono in relazione fra loro, nello stesso tempo, la storia raccontata e i suoi protagonisti. La storia, ha proseguito Ricoeur, rompe con la memoria su un triplice paiano: documentario, esplicativo e interpretativo. Nel primo caso si ha a che fare con la storia che dipende da “fonti” per comprovare una evidenza documentaria; nel secondo entrano in gioco le pretese esplica- CONVEGNI E SEMINARI tive della storia miranti a costituirne lo statuto di scientificità. Nel terzo caso, invece, si ha a che fare con il fenomeno della scrittura della storia, cioè della storiografia. Questi tre piani possono anche essere posti sotto i termini di: “ricerca”, “spiegazione” e “scrittura”. Per quanto riguarda il problema dell’oblio, ha continuato Ricoeur, a livello più profondo esso riguarda la memoria in quanto conservazione del ricordo, mentre a livello più superficiale esso riguarda la memoria in quanto rimemorazione. A livello profondo si incontrano due poli antagonisti: l’oblio inesorabile che si adopera a cancellare la traccia del vissuto e l’oblio dell’immemoriale che è l’oblio delle fondazioni. Progredendo dal livello più profondo a quello più superficiale s’incontra tutta una serie di forme dell’oblio che possono essere classificate come il passaggio dall’oblio passivo a quello attivo. Una di queste figure di oblio è quella denominata “oblio di fuga”, caratterizzata da un non voler sapere e da un non voler informarsi. L’“oblio selettivo” è importante per la costruzione dell’intreccio: infatti per narrare è opportuno tralasciare piccoli eventi ed episodi che non sono significativi ai fini del racconto. Il perdono, ha rilevato infine Ricoeur, è una forma di oblio attivo e pertanto contrario all’oblio passivo. Esso presuppone la mediazione della vittima che è l’unica abilitata all’atto del perdono. Da un punto di vista giudiziario, il perdono implica la “riabilitazione” di chi commette la colpa; a esso è riconducibile anche la grazia. L’amnistia, invece, ha un risvolto politico paragonabile a un’amnesia istituzionale; essa si comprende solo ai fini di una riconciliazione della nazione in cui l’istituzione invita a fare come se l’evento criminoso non avesse avuto luogo. Da un punto di vista semantico, ha precisato Ricoeur, il temine “perdono” è vicino al termine “dono”. Il comandamento di Gesù, «amate i vostri nemici», rompe con ogni calcolo e apre l’ispirazione di una nuova tipologia di scambio, quella secondo cui il nemico diventa amico. Il perdono difficile è quello che, in qualche modo, si riconnette alla fonte dei conflitti che richiedono con insistenza il perdono. G.B.C. non-essere-capace. L’“attribuzione”, riconoscimento di una capacità di agire da parte di un terzo, è ciò che fa appello alla nostra “responsabilità” nei confronti di chi conta su di noi. Sull’interazione fra questi tre momenti, ha sottolineato Ricoeur, si fonda la costituzione di un soggetto responsabile, dalla quale dipende che qualcun altro possa continuare a contare su di lui. Il prezzo di tale costituzione è la rinuncia all’immediatezza dell’Io-sono, in favore di un’ermeneutica del sé, sviluppata attraverso l’analisi di quattro gradi fondamentali di capacità: poter parlare - poter agire - potersi raccontare - potersi assumere la responsabilità morale dei propri atti. Sul piano del linguaggio, il soggetto grammaticale si fa garante di ciò che afferma e di ciò che fa. Sul piano della praxis, l’affermazione “Io posso” viene presupposta come implicita in ogni segmento di qualsiasi fare intenzionale in quanto attestazione governata da un sapere non teoretico che è certezza soggettiva. Al racconto Ricoeur assegna una funzio- Richiamando lo studio di D. Jervolino (Ricoeur. L’amore difficile, Studium, Roma 1995), Ricoeur ha affrontato le difficoltà che il tema dell’amore genera sia nel linguaggio ordinario, sia nella trattazione filosofica. Nella pratica esistenziale l’amore rischia per lo più di essere confuso con le due componenti che si intrecciano in ogni fare umano, agire e patire. Tre atteggiamenti specifici sono interconnessi secondo Ricoeur in questa dialettica dell’agire e del patire: attestazione, sospetto, responsabilità. L’“attestazione” è la risposta positiva di un soggetto responsabile al dubbio esistenziale della propria incapacità di intervento nel mondo in cui si trova “gettato”, in opposizione alla minaccia di destabilizzazione rappresentata dal “sospetto”, sempre rinascente, di non-potere, di ne mediatrice fra capacità e incapacità umane. Dalle ceneri di una soggettività intesa come autocertezza immediata nasce la nozione di “identità narrativa”, riferita ad un soggetto modesto, ma tuttavia irriducibile, costretto a cercare il proprio sé attraverso le tracce mnestiche e i segni del proprio agire e del proprio patire. La struttura narrativa è la mediazione originaria della comunicazione verbale capace di dare forma - e quindi un senso intelligibile - ai frammenti di esperienza che costituiscono l’esistenza di ciascuno. Ma poter raccontare significa anche potere di raccontarsi e di strutturare la propria memoria; significa “configurare”, dare forma e senso ad un vissuto. La difficoltà dell’amore, ha concluso Ricoeur, nasce quindi dall’incapacità, dal nonpotere, che si annida in tutti gli aspetti del nostro agire. Tra libertà e determinismo, il soggetto umano deve mettere in atto una mediazione incessante: Da questo deriva la sua stessa responsabilità. Inoltre l’amore è di per sé sovversivo; rappresenta una “spropor- Paul Ricoeur 67 CONVEGNI E SEMINARI zione” - per così dire - ontologica, che si oppone polarmente all’equilibrio della giustizia, la quale appartiene invece all’ordine tutto umano dello scambio. T.N. Dai presocratici a Platone Dall’8 al 12 gennaio 1996, Hans-Georg Gadamer ha tenuto un ciclo di seminari su “LA TEORIA ATOMISTICA DEI GRECI E LA SUA ATTUALITÀ ”, mettendo in evidenza il rapporto significativo tra atomismo e scienza della natura e approfondendo anche altri ambiti tematici, tra cui in particolare la dialettica platonica. La nostra conoscenza dei presocratici, ha esordito Hans-Georg Gadamer, è mediata in primo luogo da Aristotele e dal suo commentatore Simplicio, in secondo luogo dalla tradizione dossografica. L’interpretazione storiografica di questi pensatori a opera di Aristotele, ha sottolineato Gadamer, non può che avvenire in funzione delle categorie aristoteliche. Premessa implicita di tutta la filosofia ionica è infatti che il fondamento dell’intero processo della natura sia una materia cosmica unica, soggetta a trasformazioni, da cui scaturiscono tutte le cose particolari e in cui tutte si risolvono: l’arché, che Talete identifica con l’acqua, Anassimene con l’aria e Anassimandro con l’infinito, l’apeiron. Tale interpretazione dell’arché come materia cosmica, contenente implicitamente la premessa dell’unitarietà del mondo, non prescinde, secondo Gadamer, dall’aristotelica causa materiale, hyle: deve esserci un ente che figuri come il movente, alla stessa stregua che deve esserci una hyle, perché possa venire generato un nuovo ente. Aristotele menziona Eraclito di Efeso, che per primo propone una riforma della vita pubblica, predicando quella legge dell’ordine che deve regnare tanto nella natura quanto nella vita umana. Secondo Gadamer, Eraclito deve la sua importanza al fatto che fu il primo a introdurre il concetto di anima come respiro, quindi come qualcosa che non è visibile, per cui le esperienze dell’anima della ragione, dell’immaginazione sono qualcosa di inosservabile. Eraclito pone come arché di tutte le cose il divenire come fuoco. Nel motto eracliteo «non possiamo immergerci due volte nella stessa acqua», ha osservato Gadamer, non si può non rilevare la presenza del concetto di identità accanto a quello del divenire. Da ciò consegue che una tendenza dialettica non è estranea al pensiero di Eraclito, tendenza che lo avvicinerebbe a Zenone, fondatore della dialettica. Dopo aver menzionato Empedocle e la sua dottrina dei quattro elementi, ha os- servato Gadamer, Aristotele parla di Anassagora di Clazomene, il cui pensiero è da considerarsi senza dubbio una prima tappa verso il materialismo: secondo Anassagora esistono innumerevoli elementi, chiamati spermata (semina), detti da Aristotele “omeomerie”, dal cui incontro deriverebbe la nascita, e dalla cui separazione la morte, delle cose singole. Queste particelle, anche se mobili, non sono capaci di movimento autonomo, perciò Anassagora introduce un ente come causa del movimento: una materia-pensiero, definita nous. Sottolineando che Anassagora è il primo a isolare il nous da tutte le altre forme di enti che esistono, Gadamer ha messo in evidenza l’aspetto di percezione immediata di questa nozione: in quanto presenza dell’essere nella nostra percezione il nous rappresenta una forma di immediatezza dell’apparire dell’essere dell’ente. Secondo la tradizione tramandataci da Aristotele, gli Eleati assorbono tutto nell’unità dell’essere, che dichiarano “assolutamente immobile”, negando, oltre che la generazione e la corruzione, tutte le forme di movimento. L’essere di Parmenide coincide con la corporeità, la materialità (to pleon); “essere” e “occupare spazio” sono sinonimi. Questo duplice significato assegnato da Parmenide all’essere, per cui esso è ad un tempo “il pieno” e “la realtà”, conduce alla proposizione che “lo spazio vuoto non può essere”. Ora, ha osservato Gadamer, dato che la separazione delle cose, in virtù della quale esse si presentano come varietà e molteplicità, consiste nel loro essere separate mediante lo spazio vuoto, se il vuoto è irreale, anche la molteplicità e il movimento delle cose singole sono irreali. In questo senso l’eleatismo è acosmico: nel tutto-uno la verità delle cose è tramontata. Da Aristotele apprendiamo però che Leucippo e Democrito da Abdera pongono come reali il pieno e il vuoto: l’“essere”, o il “pieno”, sono ovviamente gli “atomi”, mentre il “non-essere”, o il “vuoto”, sono gli intervalli tra gli atomi. Nella dottrina dell’atomismo, ha rilevato Gadamer, l’unica qualità dell’essere è la “corporeità”, l’occupare spazio; per rendere intelligibile la pluralità delle cose e la vicenda del loro accadimento materiale viene posto, in luogo dell’unico corpo cosmico indifferente di cui parlava Parmenide, una pluralità di enti, gli “atomi”, separati tra loro da un non-ente, da qualcosa di incorporeo, lo spazio vuoto, al quale tuttavia deve attribuirsi una specie di essere, di realtà metafisica: l’illimitato, l’apeiron. Il movimento degli atomi è un movimento spontaneo senza principio e senza fine, come il loro essere. Nel libro IV della Fisica Aristotele critica la teoria del vuoto degli atomisti che fondano l’esistenza del vuoto sull’esistenza del movimento, in quanto non è 68 possibile che un solo oggetto si muova, qualora il vuoto esista. Dunque, continua Aristotele, o non c’è per natura alcuno spostamento in nessun luogo e per nessuna cosa, oppure, se questo c’è, non c’è affatto un vuoto. Secondo Gadamer la critica aristotelica al vuoto non è fondata, in quanto Democrito non intendeva il vuoto in senso matematico. Se l’atomismo dei greci ha un rapporto con la matematica, ha aggiunto Gadamer, questo rapporto non lo si può intendere nel senso moderno di Galileo e Newton. La matematica greca ha sempre una valenza ontologica; ne è un’esemplificazione la dottrina dei pitagorici, i quali identificavano le strutture matematiche con la realtà, per cui la natura era matematica; lo stesso Platone non è estraneo ad un orientamento matematico. Dell’insegnamento di Platone abbiamo notizia soltanto attraverso la critica aristotelica, di cui troviamo traccia nel primo libro della Metafisica. Secondo Gadamer, il punto di partenza della critica che Aristotele volge a Platone implica una sostanziale comunanza tra i due; come nel caso della conversione ai logoi, individuabile letterariamente nel Fedone platonico, dove Platone fa compiere a Socrate un radicale distacco dai metodi incontrollati di esplorazione e spiegazione della natura, propri dei presocratici. Tanto secondo Platone quanto secondo Aristotele, è il logos che dice l’“essere”; mentre a sostenere l’intero orientamento del pensiero e la formazione del concetto provvede, in Platone, l’essenza del numero, in Aristotele la natura del vivente. Il numero, ha rilevato Gadamer, rimane però in Platone soltanto un modello per il compito platonico del logos dell’essenza, non solo nel senso che l’eidos si presenta come l’unità del molteplice, ma anche nel senso che pure il logos dello stesso eidos, quindi il tentativo di dire ciò che costituisce sempre l’essenza unitaria di qualcosa, mira alla sintesi di molte definizioni eidetiche (definizioni essenziali) nell’unità di un’asserzione definitoria. La dottrina platonica dell’uno e del due indeterminato, riferita da Aristotele e da altri, doveva esprimere il convincimento che in nessuna unità del vedere e del dire è mai raggiungibile, mediante il logos, l’infinitudine delle possibili spiegazioni, la sola che renda possibile la piena verità. Secondo Gadamer, il significato di ciò si può comprendere soltanto in base al modello pitagorico, nel quale domina la convinzione fondamentale che, nonostante la varietà dei fenomeni, esiste una sorprendente esattezza di rapporti numerici puri, come dimostrano le armonie dei suoni e dell’ordine cosmico. Con Platone il sapere non è più possibile come sapiente annuncio della verità, ma si deve autenticare mediante l’intesa dialogica, mediante cioè l’illimitata dispo- CONVEGNI E SEMINARI nibilità a giustificare e a motivare tutto quello che si dice. La dialettica platonica, nella sua indubbia derivazione dal dialogo socratico, vive della forza intrinseca all’intesa dialogica, della partecipazione comprendente dell’altro e, a ogni passo del suo cammino, è sostenuta dall’accertato consenso dell’interlocutore. B.M. La scuola hegeliana Dall’8 all’11 gennaio 1996, Giovanni Bonacina ha tenuto un seminario dal titolo “LA SCUOLA HEGELIANA E GLI «ANNALI PER LA CRITICA SCIENTIFICA»”, con lo scopo di analizzare la genesi e la dissoluzione della scuola hegeliana in rapporto alla storia della rivista «Annali per la critica scientifica». Attorno a Hegel si era formata una cerchia ristretta di discepoli, il cui principale organo di diffusione erano gli «Annali per la critica scientifica», in cui Hegel stesso e gli hegeliani prendevano posizione sulle correnti di pensiero contrarie all’hegelismo. Nella convinzione che la Germania si trovasse all’epoca in una posizione di svantaggio rispetto agli altri paesi a causa dell’estremo particolarismo che caratterizzava ogni aspetto della società tedesca, la scuola hegeliana riteneva che la Germania dovesse riscattarsi dalla generale anarchia nella quale era precipitata attraverso un necessario processo di accentramento della cultura tedesca; di qui le accuse di dispotismo e settarismo che furono mosse alla scuola e in particolare a Hegel. In realtà, la creazione di una scuola rispondeva all’esigenza degli hegeliani di sottrarre potere alla vecchia aristocrazia tedesca, a cui imputavano la responsabilità del particolarismo politico-culturale della Germania. Gli «Annali» divennero così il terreno per ampie e interessanti discussioni sulla storia, la teologia e la filosofia. Dall’analisi di questi dibattiti Bonacina ha tratto elementi per individuare un preciso intento da parte degli hegeliani di affermare il predominio assoluto della filosofia sulle altre discipline. Le recensioni di Eduard Gans, K.L. Savigny, F. Guizot e H. Hallam, così come quelle di H. Leo su C. Schlosser, lasciano emergere una concezione della storia indissolubilmente legata alla filosofia contro una storiografia tedesca ostile alla filosofia in nome di un’insensata, quanto irrealizzabile, oggettività della storia. Storia autentica è solo quella che riesce a ricondurre il fatto storico ad un processo unitario, rappresentato dalla storia universale. Inseriti in questo modo in un progetto, i fatti non hanno valore in sé, ma acquistano significato solo in relazione alla realizzazione di questo progetto universale che, in quanto tale, può essere compreso solo attraverso le categorie logiche della ragione. Se per gli hegeliani la storia non può prescindere dalla filosofia, da questa non può prescindere la teologia. Negli interventi di Rosenkranz e Schleiermacher sugli «Annali» è possibile individuare il tentativo da parte degli hegeliani di liberare la religione da quell’esasperato soggettivismo nel quale era precipitata in epoca romantica, dove l’Assoluto aveva finito col perdere la propria oggettività fino al punto di esistere solo in funzione dell’io. La rinuncia alla conoscenza di Dio, alla quale il filosofo era approdato, aveva praticamente gettato l’uomo in una condizione di pietistico abbandono a Dio, allontanandolo dalla vita attiva. Perché la religione potesse riaffermarsi in tutta la sua centralità, era necessario invece ammettere che la sua fosse una verità comune a quella della filosofia. Emerge qui una concezione della storia della filosofia come progresso. Anche per la storia della filosofia, infatti, non si può parlare di neutralità storica, né di oggettività dei fatti. Ogni evento ha senso solo in relazione al ruolo che assume in ambito universale e compito del filosofo, o, più precisamente, dello storico della filosofia, è di rinvenire il significato dei fatti, che sta appunto nella loro connessione con l’universale. G.M. Sulla questione del metodo Dal 12 al 15 febbraio 1996, Guido Oldrini ha tenuto una serie di lezioni sul tema: “LA DISPUTA SUL METODO NEL RINASCIMENTO ALLA LUCE DEL RAMISMO ”, richiamando l’attenzione sulla questione del metodo in ambito rinascimentale, e mostrando come il ramismo fosse il centro nevralgico di tale questione. Secondo Guido Oldrini è possibile uscire sia dall’ottica della storiografia post-hegeliana, che generalmente liquida, in quanto non filosofico, tutto il XVI secolo, sia anche dall’ottica di Cassirer, che considera il Tardo Rinascimento europeo come un periodo privo di interesse, attraverso una più attenta analisi delle trasformazioni in corso in questo secolo e una più seria valutazione della possibilità che gli artefici della moderna rivoluzione scientifica (Bacon, Galilei, Descartes) abbiano rafforzato l’autorità della loro impresa liquidando non solo la Scolastica, ma anche la tradizione del Rinascimento umanistico in modo sommario e alquanto superficiale. Affidandosi con cautela ai criteri della storiografia marxista, Oldrini ha identificato nello scorcio del Cinquecento i prodromi di uno sviluppo dei rapporti economico-sociali in direzione capitalista, sulla base del nesso che si stabilisce fra esigenze ideologiche nuove e sviluppo di nuove “tecni69 che”, che genera un riordino del sistema del sapere in funzione della centralità dell’istanza metodologica. Da questo punto di vista, ha sottolineato Oldrini, Ramo (nome italianizzato di Pierre de La Ramée, 1515-1572) costituisce un caso limite delle istanze praticiste già presenti in Melantone e nei melantoniani come in Erasmo. La sua teoria del metodo unico, la sua preoccupazione per l’usus e l’utilitas si ponevano alla testa del passaggio da un umanesimo inteso come pratica di un individuo esemplare ad un umanesimo inteso come pratica esemplare per l’individuo, che rendesse possibile l’acquisizione di precetti e la loro messa in pratica. In Ramo troviamo una vera e propria esaltazione del fattore dell’utilizzabilità pratica, per cui il metodo diviene parte integrante della dottrina. In tal guisa, Ramo si pone a metà strada tra l’umanesimo classico e i primi sviluppi della scienza moderna. Non a caso la sua metodologia trovò largo impiego in campo storiografico e giuridico, anche se non si può parlare di una storiografia ramista o di un diritto ramista, ma piuttosto di una “congiuntura ramista”, ovvero di un’incidenza del ramismo, riconducibile più a mediazioni culturali che operano trasversalmente nel Tardo Rinascimento che non direttamente ad un contributo personale di Ramo. Dopo il 1560, ha osservato Oldrini, l’emergere di una più matura esigenza metodica rafforza l’esigenza di scientificità, per cui si procede verso un graduale abbandono della storia retoricizzata in vista di una verità che non risulti schiacciata sotto il peso delle convenzioni e delle convinzioni morali, mentre nel campo del diritto viene man mano abbandonato il culto della romanità e si afferma l’esigenza di un diritto rivolto e diretto al presente. In tutto questo l’apporto specifico del ramismo va rintracciato nella “occorrenza” dei tratti peculiari della dottrina di Ramo: “usus”, brevità, chiarezza, “utilitas” sono le parole chiave di una dottrina che contribuisce a preparare un nuovo clima culturale. In Francia è con J. Bodin che giunge al culmine quel nesso tra metodo e finalità scientifica derivato appunto da Ramo. In Inghilterra il ramismo recluta i suoi adepti, in particolare fra i progressisti puritani di Cambridge e in parte di Oxford, svolgendo qui una funzione di rottura nei confronti di tutte le procedure dogmatiche di derivazione scolastica. Del resto la finalità pratica aveva rappresentato la maggiore aspirazione di Ramo e gli era valsa la qualifica di “usuraio”. Alla fine, tutto quanto nell’Inghilterra elisabettiana è in gestazione a livello economico-sociale trova nel ramismo un adeguato riconoscimento culturale. C.T. CALENDARIO In occasione del cinquantesimo anniversario della pubblicazione della Dialettica dell’illuminismo di Max Horkheimer e Theodor Adorno, la rivista Nuova Corrente e il Goethe Institut di Genova, in collaborazione con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e il Dipartimento di filosofia dell’Università degli Studi di Genova, presentano il convegno internazionale: Per una rilettura di The- CALENDARIO Il calendario aggiornato è on-line all’indirizzo http://www.infophil.it e-mail [email protected] odor Adorno. Mito, mimesis e critica della cultura, il 4 e 5 aprile 1997, a Genova presso l’Auditorium Eugenio Montale (Largo Siri). Interventi di: A. Wellmer, “La promessa di felicità e perché deve essere infranta”; A. Benjamin, “Adorno e il problema del razzismo contemporaneo”; S. Petrucciani, “La Dialettica dell’illuminismo: considerazioni a partire dalla ricezione italiana”; C. Wulf, “Il ritorno della mimesis”; C.Gentili, “L’«assurdo» canto delle sirene. Mito, mimesis e disincanto del mondo in Adorno”; R. Genovese, “Mimesis e autoconservazione nella Dialettica dell’illuminismo”; F. Desideri, “Mimesis e techne nella Teoria estetica di Adorno”; J.Früchtl, “Sul carattere postaffermativo della cultura”; R. Wiggershaus, “Arte e trauma. L’estetica di Adorno e il secolo dell’estremo”; D. Roberts, “Arte e mito: Adorno e Heidegger”; F. Jarauta, “Adorno e la linea d’ombra della modernità. Figure e crisi di una mitologia”; R. Bodei, “Le ombre della ragione. L’emancipazione come mito”. Gli atti del convegno verranno pubblicati sul numero 119-120 di Nuova Corrente, a cura di A. Borsari e S. Mele. Informazioni: Goethe Institut v. Peschiera, 35 16122 - Genova, tel. 010 - 8398768 fax 010 - 8398810 • Da febbraio a luglio 1997, all’Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli, si tiene un corso di perfezionamento in filosofia del diritto su: Esperienza giuridica: Scienza, storia, filosofia, diviso in tre sezioni: “La domanda della scienza del diritto alla filosofia”; “La domanda della storia del diritto alla filosofia”; “Crisi della razionalità moderna e filosofia del diritto”. Informazioni: Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa, corso Vittorio Emanuele 292, tel. 081 400070-412908 • In occasione della pubblicazione dei volumi La natura tra Oriente e Occidente (Luni, Milano 1996) e La polifonia estetica. Specificità e raccordi (Guerini e Associati, Milano 1997) all’ISU (Istituto Universitario per il diritto allo studio dell’Università Statale di Milano) si è svolto un incontro su La polifonia estetica, nuove voci italiane, con P. D’Angelo, E. Franzi- ni, G. Marchianò, F. Piselli, G. Scaramuzza, R. Troncon, M. Venturi Ferraioli, S. Zecchi. del mondo nell’ambito della fisica, della biologia, della neurologia e della matematica, le ragioni dello scarto tra le acquisizioni scientifiche e le conoscenze che sono alla base del senso comune. Relatori: E. Bellone (lunedì 10 febbraio 1997, ore 20,45); G. Corbellini (17 febbraio); U. Bottazzini (24 febbraio); P. Bozzi (3 marzo); A. Piazza (10 marzo); A. Sparzani (17 marzo); C. Mangione (24 marzo). Informazioni: La Casa Zoiosa, Corso di Porta Nuova 34, Milano, tel. 02 6551813, fax 6551448 • a cura di Luisa Santonocito ISU dell’Uni•versitàInformazioni: Statale di Milano, corso di 3-4 aprile, R. Prodomo: “Identità personale e statuto etico dell’embrione umano”; 9 aprile, E. Granaglia: “Filosofia politica e politiche sociali”; 10 e 11 aprile, T. Magri: “La struttura dell’azione morale”; 17 aprile, A. Honneth: “Riconoscimento e moralità”; 18 aprile, E. Galeotti: “Il problema del pluralismo”; 22, 23 aprile, L. Sacconi: “Teoria dei giochi e filosofia politica”; 28-30 aprile, A. Savignano: “Bioetica delle virtù: la prospettiva di A. Mac Intyre”; 5 maggio, V. Zanone: “I liberali italiani dall’Unità a oggi”; 6 maggio, P. Bonetti: “Elitismo e liberalismo”; C. Ocone, “Il liberalismo metapolitico di Croce”; 7 maggio, G. Pagano: “Il liberalismo tra stato e mercato: la polemica tra Croce ed Einaudi”; 8 maggio, E. Marzo: “Il liberalismo ‘rivoluzionario’ di Piero Gobetti”; 8 maggio, N. Urbinati: “Il socialismo liberale di Carlo Rosselli”; 9 maggio, C. Ocone: “Il meridionalismo liberale”; 9 maggio, P. Bonetti: “Il liberalismo nel secondo dopoguerra”; 12-13 maggio, R. Bodei: “Privazioni di libertà. Sulla preistoria del rapporto servo/ padrone”; 12 e 13 maggio, A. Besussi: “Giustizia e comunità”; 12 e 13 maggio, G. Fiaschi: “Dall’autonomia alla comunicazione. Per un’ermeneutica filosofica della differenza”; 14-15 maggio, P. Martelli: “Aspetti descrittivi e normativi della teoria delle elezioni”; 16 maggio, C. Amadio: “Riconoscimento e politica”; 20-21 maggio, E. Lecaldano: “Modelli di analisi filosofica dell’oggettività in etica”; 22-23 maggio, R. Cubeddu: “La scuola austriaca: Menger, Mises, Hayek, Rothbard”; 29-30 maggio, G. Marini: “Diritto internazionale e storia del mondo nel sistema hegeliano dello Spirito Oggettivo”; 5 giugno 1997, Richard Rorty: “Giustizia come lealtà più ampia”. Informazioni: Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa, via Suor Orsola 10, 80135 Napoli, tel. 081 400070- 412641 Porta Romana 19; Milano, tel. 02 804545 L’edizione 1997 del ciclo di incontri “Cosa fanno oggi i filosofi”, a cura del Centro Culturale Polivalente del Comune di Cattolica e dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, ha come titolo Morbus sine materia, le malattie dell’anima. Intervengono: venerdì 7 marzo, M. Vegetti: “Le metamorfosi della malattia dell’anima: da Platone a Galeno”; venerdì 14 marzo, B. Callieri: “La questione psicosomatica”; venerdì 21 marzo, E. Borgna: “La significazione psicopatologica e umana della malinconia”; venerdì 4 aprile, E. Soresi: “Il cervello anarchico”; venerdì 11 aprile, G. Cosmacini: “Il sapere della cura: corpo, mente, ambiente, società”; venerdì 18 aprile, G. Zucchini: “Tra patologia, normalità e salute: le sofferenze della mente”; giovedì 24 aprile, R. Cocchi: “Lo stress come crocevia tra mente e corpo”; venerdì 9 maggio, U. Galimberti: “La materia dell’anima”. Informazioni: Centro Culturale Polivalente, Comune di Cattolica, piazza della Repubblica 31, 47033, tel. 0541 967802, fax 967803 • Si è aperto con una tavola rotonda sulla filosofia di Robert Nozick a cui hanno partecipato lo stesso Nozick, S. Maffettone, S. Veca e A. Pizzorno, martedì 4 febbraio 1997 all’istituto Universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli, il corso di perfezionamento in discipline storico-filosofiche su Filosofia civile e sociale. Questo il programma da febbraio a giugno 1997: 5-7/11-14 febbraio, R. Nozick: “Oggettività delle scienze sociali”; 5-6 febbraio, S. Veca: “Incertezza e teoria politica”; 7/11-12 febbraio, S. Maffettone: “Che cos’è la filosofia sociale?”; 2425 febbraio, L. Pellicani: “Modelli delle scienze sociali”; 3-7 marzo, A. Negri: “Filosofia e politica nella tradizione del pensiero meridionale”; 14 marzo, A. Ferrara: “L’approccio deliberativo e il dibattito tra Rawls e Habermas”; 24-25 marzo, S. Petrucciani: “Marxismo e teorie politiche”; • Fino a che punto il senso comune è impermeabile alle concettualizzazioni scientifiche? Le sette lezioni da febbraio a marzo 1997, alla casa Zoiosa di Milano, su Le rivoluzioni copernicane incompiute analizzeranno e approfondiranno il contributo delle scienze moderne e contemporanee al formarsi di una visione 70 A quale paradigma si ispirerà lo Stato del 2000? È la domanda del VI convegno di studio della Facoltà di Filosofia del Pontificio Ateneo della Santa Croce, il 27 e 28 febbraio 1997, su Politica ed Etica nella società del 2000/ Politics and Ethics in the Society of the Third Millennium. Partecipano : P.P. Donati, “Cri- si dello stato sociale: prospettive per la configurazione della ‘nuova’ società”; A. Da Re, “Il bene e il giusto: una panoramica delle attuali proposte etico-politiche”; H. Hude, “Ci sarà un fine comune della ‘nuova’ società?”; R. George, “Il pluralismo morale, la ragione pubblica e la legge naturale”; G. Chalmeta, “La società multiculturale”; R. J. Neuhaus, “Chiesa e Stato nella ‘nuova’ società”. Informazioni: Rev. Prof. Robert A. Gahl, Pontificio Ateneo della Santa Croce, Piazza di Sant’Apolinnare 49, I-00186 Roma, tel.06 681641, fax 06 68164400, e-mail: [email protected]; http: www.asc.urbe.it/fil • Dialettica e razionalità alla file del XX secolo è il tema del simposio internazionale che si tiene dal 14 al 16 marzo 1997, alla Certosa di Pontignano di Siena, a cura del Dipartimento di Filosofia e Scienze Sociali dell’Università di Siena e dell’ Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Tra gli interventi: H. Heinz Holz, “Dialektische Rationalität”; M. Buhr, “Vernunft Rationalität Geschichte”; A. Gedö, “Umstrittene Rationalität: philosophische Bruchstellen der gegenwänigenRationalitätsdebatte”; D. Losurdo, “Che cos’è la dialettica? Scorribande di uno storico”; G. Prestipino, “La dialettica reale: limiti e pretese”; F. Valentini, “La virtù, il corso del mondo, la razionalità”; S. Tagliagambre, “Dalla dialettica della rappresentazione a quella della interazione”; A. Mazzone, “Libertà e tempo”; S. Garroni, “Temi dialettici in Wittgenstein”; W. Dietrich Gudopp Von Behm, “Zum Begriff der Epoche”; E. Brissa, “Noterelle gramsciane: traducibilità e unità della cultura”; N. De Domenico, “Dialettiche, buon senso, finalità”; G. Varnier, “Aspetti metodologici e aspetti epistemologici nella Logica hegeliana”; F. Gonnelli, “Il progresso in Kant: una tesi di filosofia della storia?”; M. Capozzi, “La dialettica... non è una CALENDARIO dottrina della probabilità”; F. Vidoni, “Dialettica e pensiero scientifico: discussioni recenti”. Sono previsti inoltre contributi di: F. Minazzi, A. Zanardi, A. Tosel, B. McGuinnes, J. Zeleny. Informazioni: prof. Alessandro Mazzone, Dipartimento di filosofia e scienze sociali, Università di Siena, tel. 0577 298566 • Nel corso del seminario sui rapporti tra filosofia e poesia, organizzato dall’università degli Studi di Verona, venerdì 14 marzo 1997 si tiene un incontro sul tema: Il superamento del tragico. Forme del pensiero nella poesia contemporanea femminile. Ida Travi, Chiara Zamboni, Cristi- na Fischer introdurranno i testi delle poetesse Marosia Castaldi, Vivian Lamarque, Giulia Niccolai. Informazioni: Ida Travi, Università degli Studi di Verona, tel./fax 045 8005976 • Dal 24 al 27 marzo 1997, all’Istituto di Filosofia e Scienze dell’Uomo dell’Università di Palermo, si tiene il convegno internazionale From Seman- Representations”; giovedì 27 marzo: T. Yagisawa, “Naming and its Place in Reference”; F. Orilia, “Kripke’s Puzzle and the Quasi-Nominalistic Theory of Proper Names”; F. Recanati, “Topics and Truth-Conditions”; A. Newen, “The logic of indexical thoughts”. Informazioni: Alberto Voltolini, Istituto di Filosofia e Scienze dell’Uomo, Università di Palermo, tel. 091 6956501 tic to Pragmatics: Problems and Theories of Reference, organizzato in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche, il Centro Interdipartimentale di Tecnologia della Conoscenza e la Società di Filosofia Analitica. Intervengono: A. Bonomi, “Contexts of Reference”; M. Di Francesco, “(Self-) Reference and Personal Identity”; K. Mulligan, “How Perception Fixes Reference”; M. La Matina, “Reference from Language to languages”; M. Santambrogio, “Puzzling Beliefs”; P. Casalegno, “How to Misunderstand Kripke’s Puzzle”; P. Hoewich, “Reference from a Deflationary Perspective”; G. Rigamonti, “On Quinean Semantic Indeterminacy”; F. Lo Piparo, “Wittgenstein and the Biological Syntax of Reference”; E. Corazza, “Psychologis, Socialism and Russell’s Principle”; H. Wettstein, “Direct Reference and the Later Wittgenstein”; S. Schiffer, “Reference and Propositional Attitudes”; E. Napoli, “Reports”; J. Almog, “I met (seek) a man”; A. Voltolini, “Cognitively Contentless Significance as Semantic Content”; J. Berg, “In Defense of Direct Belief”; P. Leonardi, “Direct Thoughts”; J. Dokic, “Some Reflections on the Notion of an Unarticulated Constituent”; F. Costa, “The Trouble with • A Milano, il 3 e 4 aprile 1997, presso la Facoltà di Scienze Politiche (via del Conservatorio 7) si tiene un convegno di Studio su Etica Laica e Valori, organizzato dalla Consulta di Bioetica e dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Partecipano: C.A. Viano, “Che cos’è l’etica laica?”; C. Flamigni e E. Lecadano, “L’etica laica e il problema della vita”; C.A. Defanti e D. Neri, “L’etica laica e il problema della morte”; G. Berlinguer e J. Harris, “L’etica laica, la salute e la malattia”; S. Veca e A. Bagnasco, “L’etica laica, la libertà e la solidarietà”; P. Rescigno e S. Rodotà, “La concezione laica della società e il diritto”; Pietro Rossi e A. Gambino, “L’etica laica in una società multi-culturale”. Informazioni: Segreteria scientifica: Maurizio Mori, tel./fax 0372 25303; Segreteria Organizzativa: Consulta di Bioetica, via Cosimo del Fante 13, tel. 02 58300423 • Sulla Philosophy for Children si tiene una conferenza internazionale al King’s College di Londra, il 14 e 15 aprile 1997, con: D. Camhy, “The Role of Philosophy ina Pluralist Society”; P. Costello, “A Reply to its Critics”; G. Fairbairn, “Philosophy with Children: A True experience or a Flight of Fancy?”; A. Fisher, “Critical Thinking: The Fourth ‘R’”; H.L. Freese, “Imagination and Reflection: Philosophical Thought Experiments in the Context of Doing Philosophy with Children”; C. McCall, “A Suitable Job for a Philosopher?”; K. Murris, “What Are Suitable for Philosophical Enquiry with Children?”. Informazioni: Dr A.J.Dale, King’s College,Phone: 0171 8732585, email:a .dale@ kc l.ac.u khttp:// www.kcl.ac.uk/kis/schools/hums/philosophy/Centre.html • RETROSPETTIVA Presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi Roma Tre, Reinhard Brand ha tenuto un ciclo di seminari su L’«Antropologia Pragmatica» di Kant con il seguente programma: venerdì 10 gennaio 1997,”Introduzione alle questioni fondamentali dell’antropologia”; lunedì 13 gennaio, “Il tema della follia”; venerdì 24 gennaio, “Kant e la concezione antropologica di Pietro Verri”; lunedì 27 gennaio,”La destinazione dell’uomo”. Informazioni: Elio Matassi, Dipartimento di Filosofia, via Magenta 5, tel. 06 491629-491629 • Filosofia della morte come filosofia della vita, Etica e responsabilità nella società contemporanea: questi i temi affrontati nel corso del convegno Emmanuel Levinas: per un’etica della memoria al centro culturale Primo Levi Genova, il 12 gennaio 1997, a cura dei dipartimenti di filosofia delle Università di Genova e Roma (la Sapienza). Interventi di L. Malusa, F. P. Ciglia, B. Carucci, F. Camera, R. Di Castro, P. Vinci, A. Luzzatto, A. Balletto, F. Baroncelli, F. Becchino, G. Momigliano. Informazioni: Dipartimento di Filosofia, Università di Genova, via Balbi 4, Genova, tel. 010 2099781 • Sabato 18 gennaio 1997, presso il convento Saint-Jacques di Parigi, si è tenuto un incontro su La socio- biologie en toute «liberté», a certezza, società aperta e integrazione”; L. Sciolla: “Lealtà particolari e società aperta”; S. Rodotà: “Certezza del diritto e società complesse”; A. Dal Lago: “Il multiculturalismo non esiste”; M. Bovero: “Habermas versus Rawls: Ma che c’entra il liberalismo?”; M. Reale: “Riflessioni sulla democrazia a partire da ‘Fatti e norme’”. Informazioni: Fondazione Basso, via della Dogana Vecchia 5, Roma, tel. 06 68307516 cura del centro di studi di Saulchoir in collaborazione con il ‘Groupe de recherches en sciences et théologies Albert le Grand’. Informazioni: Le centre d’études du Saulchoir, 43 bis rue de la Glacière 75013 Parigi, tel. 0144 087197, fax 0143 310756 • • Per il seminario di Filosofia della Politica su I termini della politica , organizzato dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e dal Collegio Siciliano di Filosofia Sociale, sabato 18 gennaio 1997, presso il Salone Chiesa SS. Salvatore di Siracusa, si è svolto un incontro sul tema “Politica e Verità”, con R. Esposito, P. Barcellona, S. Amato. Informazioni: Collegio Siciliano di Filosofia, prof. Elio Cappuccio, tel. 0931 66544 Individual Community è stato il tema del seminario dalla “School of Advanced Study Philosophy”, all’Università di Londra, venerdì 24 gennaio 1997: K. Graham e S. Meckled-Garcia, “The Moral Status of Collectiveentities”; D. Archard e A. Chitty, “The Nationas Community”; M. Gilbert e J. Wolff, “Reconsidering the ‘actual contract’ theory of Political Obligation”. Informazioni: Society for Applied Philosophy, Philosophy Now stlg 4.50 Philosophy Programme Members & Staff and Students of Philosophy, Departments of Universities of London, Leeds, Oxford, Yor k; philprog@sas .ac.uk or (0171) 636 8000 ext 5105 • • Su Integrazione delle società complesse e rinnovamento del liberalismo il Dipartimento di So- ciologia dell’Università di Roma La Sapienza, il Seminario di teoria critica e la Fondazione Lelio e Lisli Basso hanno promosso un convegno a Roma venerdì 24 e sabato 25 gennaio alla Fondazione Basso a cui hanno partecipato G. Marramao: “Democrazia deliberativa e forme del potere”; F. Crespi: “Integrazione senza ‘consenso’ e liberalismo senza ‘individuo’”; S. Maffettone: “Pluralismo culturale e liberalismo filosofico”; S. Veca: “In- L’innovazione del sistema universitario. Verso la riforma del percorso degli studi è stato l’ar- gomento della lezione di apertura del sottosegretario di Stato con delega per l’Università, Luciano 71 Guerzoni, il 18 gennaio 1997, presso il teatro della Fondazione San Carlo di Modena, al secondo Anno Accademico della Scuola Internazionale di Alti Studi Scienze della Cultura. Le lezioni previste fino ad aprile 1997 sono: 27 -30 gennaio 1997, Steven Lukes (Siena): “Giustizia e riconoscimento. Contenuto e confini del concetto di giustizia sociale”; 17-21 febbraio , C. Wulf (Freie-Universitat di Berlino): “Aisthesis -Mimesis-Alterité”; 19-25 marzo, W. Schluchter (Heidelberg): “Autonomy and Solidarity. Universalism and Contextualism”; 1418 aprile, L. Ritter Santini (Università di Munster): “Iconologia letteraria”; 21-25 aprile, G. Filoramo (Torino): “Sulle tracce del sacro”; 26-30 maggio, A. Palmonari (Bologna): “Identità. Dimensione temporale e relazione del sé”. Informazioni: Fondazione Collegio San Carlo, Scuola Internazionale di Alti Studi Scienze della Cultura, via San Carlo 5, 41100 Modena, tel 059 222315 • Il dipartimento di Filosofia dell’Università di Keele organizza un ciclo di incontri seminariali a cui partecipano: il 29 gennaio 1997, H. Lafollette: “Ethical Theory and Practice, Together Again”; mercoledì 5 febbraio, S. Houlgate; mercoledì 19 febbraio, K. Hutchings: “Argument and Obedience: The Janus face of Legality in Kant and Habermas”; mercoledì 26 febbraio, E. Garrard: “On the Concept of CALENDARIO Evil”; mercoledì 5 marzo, A. Gallois: “Rationality and Externalism about Meaning”; mercoledì 12 marzo, J. Tate: “A Sexual Paradigm”; mercoledì 19 marzo, P. Simons: “Whitehead and the Architecture of Being”; mercoledì 30 aprile, R. Norman: “Equality and Priority”; mercoledì 7 maggio, G. Micheli; mercoledì 14 maggio, A. Hamilton: “Intention as a Mode of Self-consciousness”. Informazioni: Dr. Joise D’Oro, Dep. of Philosophy, University of Keele, tel. 01782 584085/583304; e-mail: [email protected] • Il linguaggio come oggetto culturale è il tema delle tre Lezioni Italiane promosse dalla Fondazione Sigma Tau di Roma e tenute quest’anno da Noam Chomsky, lunedì 27, martedì 28 e mercoledì 29 gennaio 1997, al Dipartimento di Scienze Cognitive dell’Istituto Scientifico San Raffaele, coordinate dal direttore del dipartimento Massimo Piattelli-Palmarini. Informazioni: Dipartimento Scienze Cognitive, Istituto Scientifico San Raffaele, via Olgettina, Milano, tel. 02 26434784, fax 26434892 • I primi due seminari della serie The Perpetual Aristotle - quattro seminari on-line sulla logica aristotelica - sponsorizzati dalla Aldine Press, prendono il via su Internet mercoledì 27 gennaio 1997 con gli Analitici Primi (J. South) e Analitici secondi (S. Carson). Informazioni: Gerald Harnett, [email protected] • Le opere complete di Giordano Bruno, pubblicate da Les Belles Lettres - edizione critica integrale dei testi italiani e latini con traduzione francese a fronte - con il patrocinio dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, sono state presentate mercoledì 29 gennaio 1997 a Bruxelles, presso la sede del Parlamento Europeo (Salle 7 C 50, 97113 Rue Belliard). Hanno partecipato Luciana Castellina (Presidente della Commissione Cultura), Ilya Prigogine (Premio Nobel per la chimica, Université Libre de Bruxelles), Enrique Baron Crespo (Deputato del Parlamento Europeo), Biagio De Giovanni (Istituto Universitario Orientale di Napoli, Deputato del Parlamento Europeo), Gerardo Marotta (Presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), Giovanni Pugliese Carratelli (Accademia dei Lincei), Giovanni Aquilecchia e Rita Sturlese (curatori dell’edizione critica), Yves Hersant et Nuccio Ordine (Direttore della collana), Miguel Angel Granada (Vice Presidente del Centro Internazionale di Studi Bru- niani), Alain Segonds (Direttore Generale della Casa Editrice Les Belles Lettres). Informazioni: Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Via Monte di Dio 14, Napoli, tel. 081 7641393; rivista «Informazione Filosofica», viale Monte Nero 68, Milano, tel 02 55190714 prof.ssa Lelia •PozziInformazioni: D’Amico, Società Filosofi- A Roma, il 30 e 31 gennaio 1997, all’Auditorium del Goethe-Institut, si è svolto un convegno internazionale su Il pensiero di Karl Löwith nel centenario della nascita, a cura dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, del Goethe Institut di Roma, dell’Università di Roma Tre e del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Torino. Suddiviso in due sessioni - “Le tappe della biografia intellettuale”e “Motivi del pensiero di Lowith” sono intervenuti: E. Donaggio, “Una sobria inquetudine. Karl Lowith 1917-1928”; K. Stichweh, “Radicalità rovesciata: la svolta verso la ‘Gelassenheit’”; W. Schwentker: “L’esilio giapponese. 1936-41"; J. A. Barash, “Meaning in History: il significato politico della secolarizzazione secondo Löwith”; H. Braun,”Il ritorno in Germania e gli anni heidelberghesi”; con interventi di F. Bianco, “Fedeltà nella distanza. Il confronto di Löwith con Heidegger”; D. Henrich, “Conoscenza, scetticismo e rapporto con la natura”; T. Baumeister,”Il pensiero di Löwith tra ‘nichilimo’ e superamento del ‘nichilismo’”; H. Schnädelbach, “La critica dello storicismo”; G. Marramao, “Tempo ciclico e tempo storico”; M. Riedel, “La doppia prospettiva dell’esilio. Germania ed Europa nel pensiero storico di Löwith”. Informazioni: Goethe Institut di Roma, via Savoia 15, tel. 06 844005-1, fax 8411628, internet: htt p:/ /w w w.go e the .de /i t/r o m, email: [email protected] • ca Italiana, Milano, tel. 02 5469020 • Venerdì 13 dicembre, all’Istituto Universitario Orientale di Napoli, R. Esposito, G. Moretto e F. Vercellone si sono discussi i volumi di S. Givone, Storia del nulla e F. Volpi, Il nichilismo, nell’incontro Il nichilismo, oltre . Informazioni: Mario Agrimi, Istituto Universitario Orientale di Napoli, tel. 081 7605111 Per il ciclo “Orizzonte filosofia” alla Sala Convegni ISU (corso di Porta Romana 19) di Milano, mercoledì 11 e giovedì 12 dicembre 1996 si è tenuto il convegno: Filosofia in questione: perché esiste qualcosa e non il nulla?; verità o stili della conoscenza?; esiste il bene comune?; bellezza o razionalità delle cose? Sono intervenuti: G.Giorello, M. Ferraris, S. Natoli, D.Marconi, A. Pagnini, P. Parrini, E. Lecaldano, S. Veca, L. Boella, F. Papi, C. Sini, S. Givone, A. Massarenti, R. Ruschi. Informazioni: Rivista «Informazione Filosofica», viale Monte Nero 68, Milano, tel. 02 55190714/ 5519240, fax 55015245, e-mail: [email protected] • In occasione della pubblicazione del volume Il desiderio di essere. L’itinerario filosofico di Pietro Prini, a cura di D. Antiseri e D.A. Conci, il 6 dicembre, a Napoli, presso l’Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa, si è tenuta una giornata di studio su L’ambiguità dell’essere, a colloquio con Pietro Prini. Hanno parte- • cipato: F.M. De Sanctis, M. Bianca, V. Cappelletti, L. D’Alessandro, A. Masullo, V. Mathieu, G. Morra, A. Negri, M. Schiavone. Informazioni: Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa, via Suor Orsola 10, Napoli, tel. 081 406702 • La sezione lombarda della Società Filosofica Italiana organizza, all’Università Statale di Milano (Aula Crociera Alta) una serie di incontri su: Filosofia e contemporaneità nel dibattito tra le due guerre, nel A Palermo, il 22 e 23 novembre 1996, presso l’Istituto di Filosofia e Scienze Umane della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università, si è tenuto il convegno di studi Il secolo deleuziano. Sono intervenuti P.A. Rovatti: “Nel mondo di Alice”; G. Agamben: “L’immanenza assoluta”; F. Montanari: “Esprimere l’immanenza”; F. Polidori: “Fuori dalla filosofia”; P. Fabbri: “Come Deleuze ci fa segno: da Hjelmslev a Peirce”; F. Berardi: “Corpo senza organi e divenire planetario”; S. Vaccaro: “Risonanze. La macchina da pensiero Foucault-Deleuze”; F. La Cecla: “Deleuze era un cannibale?”; P. Di Giovanni: “Differenza e diversità”; G. Burgio, T. Cumbo, G. Di Benedetto, M. Gebbia, S. Lucido: corso del quale vengono analizzate alcune opere filosofiche significative del rapporto tra filosofia, storia e scienza: giovedì 20 febbraio 1997, La crisi delle scienze europee e la filosofia trascendentale di E. Husserl, relatori V. Melchiorre e R. Panaro; 20 marzo, Tractatus logico-philosophicus di L. Wittgenstein, relatori M. Di Francesco e P. Negri; 15 aprile: La storia come pensiero e come azione di B. Croce, relatori G.Lanaro e L. Pozzi D’Amico. Il corso si chiuderà il 22 maggio con una tavola rotonda su “Aristotelismo e Platonismo nel pensiero medioevale: testi, traduzioni, interpretazioni”, relatori : M. A. Del Torre, M.T. Fumagalli Beonio Bocchieri, A. Ghisalberti, P. Pirzio. 72 “Caos e democrazia. Deleuze e la politica”; F. Riccio: “La possibilità del possibile”. Informazioni: Salvo Vaccaro, Istituto di Filosofia e Scienze dell’Uomo, piazza Ignazio Florio 24, 90139 Palermo, tel. 091 6956527, fax 6956518 • La ricerca del carattere nella fisiognomia, Ipotesi scientifiche tra Illuminismo e Romanticismo/Die Suche nach dem Charakter in der Physiognomie: Wissenschaftliche Hypothesen zwischen Aufklarung und Romantik: questo il titolo del conve- gno organizzato dalla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi di Bergamo, al Palazzo della Regione della città di Bergamo, dal 20 al 23 novembre 1996. Relazioni di: G. Cantarutti , P. Giacomoni, J. Leerssen, R. Venuti, W. Zacharasiewicz, A. Koschorke, C. Begemann, E. Agazzi, G. Cusatelli, M. Cometa, F. Rodriguez Amaya, E. Locher, G. Mattenklott, A. Valtolina, C. Vittone, G. Fink, G. Neumann, M. Galli, T. Wirtz, C. Fischer, I. Zingner, A. Montandon, U. Persi, J. Kresalkova, G. Bohme, A. Holter, C. Schmolders. Informazioni: Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi di Bergamo, Irma Mancini, tel. 039 35 277811, fax 277810 • Internet e le muse è stato il titolo del convegno tenutosi all’Istituto Universitario di Lingue Moderne di Milano, il 14 e il 15 novembre 1996, a cui hanno partecipato G. Landow: “Text withouth Borders on Internet”; M. Ricciardi: “Studenti, reti e comunità virtuali: protagonisti e nuovi ambienti”; M. Yoneyama: “Filosofia e Informatica”; P. Ferri: “Apocalittci o integrati: per una filosofia della rivoluzione digitale”; L. Toschi: “L’ipertesto d’autore. Verso una retorica del testo elettronico”; C. Cazale Berrad e R. Mordenti: “Libertà e responsabilità del critico/editore/ermeneuta in ambiente elettronico interattivo”; M. C. Vettraino Soulard: “Internet et ses mythes”. Informazioni: Istituto Universitario di Lingue Moderne (IULM), Milano, tel. 02 582181 • CALENDARIO Istituto Italiano per gli Studi Filosofici SEDE DI NAPOLI Palazzo Serra di Cassano Via Monte di Dio 14 10-13 marzo 1997 Roberto Esposito (Istituto Universitario Orientale, Napoli) Le idee del Novecento: il totalitarismo Le interpretazioni classiche - Totalitarismo, autoritarismo, tirannide - Totalitarismo e politica - Totalitarismo e filosofia. 17-21 marzo 1997 Paolo Lucentini (Istituto Universitario Orientale, Napoli) La tradizione ermetica nel medioevo latino Origini e natura della tradizione ermetica - Ermete Trismegisto e i Padri della Chiesa- Ermetismo eplatonismo: I’Asclepius nel secolo XII - L’ermetismo filosofico e magico-astrologico nei secoli XIIIXIV - Il Libro dei ventiquattro filosofi. 24-27 marzo 1997 Michael J. Petry (Università di Rotterdam) Franz Hemsterhuis e il pensiero europeo Spinoza e i suoi critici olandesi - Newton e l’Illuminismo inglese - Diderot e gli enciclopedisti francesi - Kant e i romantici tedeschi. 24-27 marzo 1997 Claudia Melica (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici) L’opera di Franz Hemsterhuis La Lettera sull’ateismo di Hemsterhuis e il dibattito sul panteismo - La biblioteca privata di Hemsterhuis, la sua conoscenza scientifica e i suoi rapporti con gli scienziati italiani - La relazione con la Gallitzin: i testi pubblicati e i manoscritti a lei indirizzati (il Gallitzin Nachlab ) 1-4 aprile 1997 Emilio Hidalgo-Serna (Università di Braunschweig) Poesia e filosofia di Antonio Machado e Octavio Paz La poetica di A. Machlado: Juan de Mairena - A. Machado e la funzione filosofica della sua poesia - L’arco e la lira di O. Paz «La poesia è conoscenza». 1-4 aprile 1997 Geminello Preterossi (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici) Da Hegel a Weimar La dottrina ottocentesca dello Stato Schmitt e il “duplice volto” di Hegel Kelsen e il modello del “diritto statuale esterno” - Smend e Heller: teoria dell’integrazione e sovranità democratica. 1-4 aprile 1997 Giovanni Stelli (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici) Il relativismo contemporaneo e il problema del fondamento ultimo Il relativismo contemporaneo come “spi- rito del tempo” e come principio della filosofia - Il relativismo contemporaneo e l’insu perabilità dei “conflitti interetnici” - Riflessione trascendentale e fondamento ultimo: I’autodissoluzione del relativismo e la “prova apagogica” - Riflessione trascendentale e ontologia; la “differenza ontologica”. le sue radici.- Semier L’apporto di Lessing e di Herder - L’evoluzione della dogma tica tra Sartorius e Storr - Influenze illuministiche nella prima formazione di Hegel. ne con la rivelazione nel cammino della filosofia (San Tommaso, Kant, Hegel) - Circolarità e complementarietà fra ragione e rivelazione nell’approccio contemporaneo. 28 aprile - 2 maggio 1997 Paul Ricoeur (Università di Parigi X - Nanterre) 19-22 maggio 1997 Lea Ritter Santini (Università di Munster) 7-9 aprile 1997 Silvia Vegetti Finzi (Università di Pavia) Pluralità delle lingue e problema della traduzione Mito e storia Le idee del Novecento: inconscio 5-9 maggio 1997 John E. Murdoch (Harvard University) Crisi del soggetto classico ed emergenza dell’inconscio - Paradossi della conoscenza e statuto della verità - Identità e femminilità. Figure del mito e identificazione storica - Erudizione mitologica e invenzione letteraria - Miti di segregazione - Miti di elevazione. Problems of newtonianism 5-9 maggio 1997 Vincenzo Vitiello (Università di Salerno) 21-23 aprile 1997 Giuseppe O. Longo (Università di Trieste) Ordine e differenza Vico e la fondazione epistemica della storia Le idee del Novecento: informatica Informazione e intelligenza artificiale Le radici dell’informa tica - Dal calcolatore alle reti. Le idee del Novecento: potere Le interpretazioni novecentesche di Vico - Philosophia et Philologia - Il principio universale del sapere: dal verum ipsum factum alla rerum ordini conformatio L’orizzonte trascendentale della storia: Vico e Kant - Il rapporto natura-storia: Vico e Hegel. Potere-dominio (M. Weber) - Poteresapere e potere-influenza (da Nietzsche a Foucault) - Potere simbolico: auctoritas e potestas. 12-16 maggio 1997 Marcello Sánchez Sorondo (Pontificia Università Lateranense) 21-23 aprile 1997 Giacomo Marramao (Terza Università di Roma) Per un progetto di filosofia aperta alla fede 21-24 aprile 1997 Adriano Tassi (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici) La lettura razionalistica della Scrittura e I cardini di una filosofia aperta alla fede secondo Paolo (Atti 17,22 ss) - Il fondamento dell’esistenza di Dio - La dignità primaria dell’essere umano come persona - Incontro della ragio- Napoli, 19-21 giugno 1997 Venezia, 28 febbraio - 1 marzo 1997 In collaborazione con l’Hastings Center di New York, conferenza internazionale su The Goals of Presso l’Aula magna dell’istituto Universitario di Architettura di Venezia, dal 28 febbraio al 1 marzo 1997,, si tiene il I X Convegno Filosofia e religione nell’età dell’Aufklarung Medicine: new perspectives for the third millennium. Interventi: veneziano di cosmologia e filosofia: L’antichità del nuovo. Le radici classiche della scienza moderna. Venerdì28 febbraio: P. R. Baker, “History and the Goals of Medicine”; L. Nordenfelt, “Health as a Goal of Medicine”; R. Gillon, “A tentative Model for the Goals of Medicine”; J. Payne, “Methode for Thinking about the Goals of Medicine”; J. Burrows, “A Global Perspective: Burden of Future Cancer Care”; C. Defanti, “Concepts of Death and the Goals of Medicine”; K. Boyd, “Old Age: Something to look forward to?”; M. Mori, “Assisted Reproduction and the Goals of Medicine”; G. Sponhalz, The Influence of Human Genetics on the Goals of Medicine”; Q. Renzong, “The Goals of Medicine in a Multicultural Context”; A. Suwandono, “The Goals of Medicine and the Problkem of Developing Countries”; R. De Sanctis, “Medicine, Mass Media and Ethical Problems”; G. Allert, “Teaching the Physicians of Tomorrow”; M. Marigo, “Ethical Problems and Medical Education”; D. Gracia, “Goals of Medicine: From Theory to Practice”; D. Callahan, “Ends and Means in Medicine”. Bozzi, “Letture sorprendenti: osservazioni fatte ora, proposizioni scritte allora”; L. Accardi, “Il ritardo del caso”; A. Hayli, “L’eliocentrismo: un’idea antica ripresa diciotto secoli più tardi”; C. Sini, “L’eternità del principio”; sabato 1 marzo: S. Corradino, “L’umanesimo scientifico della Compagnia di Gesù nel Sei e Settecento”; M. Hack, “Modelli cosmologici dall’antichità a oggi”; L. Woltjer, “L’universo in evoluzione”; L. Russo, “La rivoluzione dimenticata”; P. Budinich, “Anticipazioni dell’odierna fisica teorica nel pensiero presocratico”; P. Zellini, “Il logos matematico e le radici del pensiero algoritmico”; G. Giorello, “Pianeti ed extraterrestri in Kant”; J. Luminet, “Cosmologia e poesia”; G. Salvini, “La fisica: i grandi progressi attuali, le domande eterne”. 73 26-30 maggio 1997 Francis Jacques (Institut Catholique de Paris) L’orde du texte Du Linguistic turn aux Textual turn en philosophie - Trois raisons pour distinguer discours et texte - Y-a-t’il des univer saux de la textualité? Interrogativité et textualité - Pourquoi distinguer des types de textes: philosophiques, littéraires, religieux, scientifiques. SEDE DI VENEZIA Cannaregio 2593, Calle Longo tel 041 717940 fax 041 720510 17-21 marzo Mario Ruggenini (Università di Venezia) Il discorso dell’altro: ermeneutiche della finitezza lunedì 17 marzo, Mondo e linguaggio. Da dove comincia il discorso dell’altro; martedì 18 marzo, L’altro e l’assenza; mercoledì 19 marzo, L’altro e l’essere; giovedì 20 marzo, L’altro e il tempo; venerdì 21 marzo, Il Dio, la morte, la contraddizione. Dove finisce il discorso dell’altro? 7-11 aprile Carlo Sini (Università di Milano) L’etica e la scienza lunedì 7 aprile, Hilary Putnam e il realismo scientifico martedì 8 aprile, Le cose e le parole: dal Cratilo ad Alfred Kallir mercoledì 9 aprile, La genealogia del conoscere giovedì 10 aprile, La metafisica come analogia simbolica venerdì 11 aprile, L’etica del sapere. 5-9 maggio Paolo Rossi (Università di Firenze) La nascita della scienza moderna lunedì 5 maggio, Gli ostacoli; martedì 6 maggio, Le cose mai viste; mercoledì 7 maggio, Filosofia meccanica, chimica, magnetica; giovedì 8 maggio, L’infinito; venerdì 9 maggio, Gli strumenti e le teorie. 19-23 maggio Pier Aldo Rovatti (Università di Trieste) Michel Foucault e la storia della follia lunedì 19 maggio, Interno ed esterno; martedì 20 maggio, Il silenzio e le parole; mercoledì 21 maggio, “Essere giusti con Freud”; giovedì 22 maggio, Il caso Pierre Rivière; venerdì 23 maggio, La follia di Foucault. DIDATTICA DIDATTICA a cura di Riccardo Lazzari Interventi, proposte, ricerche Una tendenza in atto nell’ambito del dibattito sull’insegnamento della filosofia è quella di ricercare opportune sedi di confronto e di approfondimento che, senza prescindere dagli aspetti complessivi della disciplina, consentano ai docenti di confrontarsi sul “come” della sua comunicazione in una situazione di carattere scolare. Un esempio di questa tendenza è la recente apparizione del primo «Quaderno di filosofia e didattica della filosofia», intitolato INSEGNARE E APPRENDERE A FARE ESPERIENZE (Giuseppe Laterza Editore, Bari 1996), promosso dalla Società Filosofica Italiana - Sezione di Bari e curato da Mario De Pasquale. Sulla stessa linea di tendenza si pone il dibattito presente sul «BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ FILOSOFICA ITALIANA», di cui si segnala in particolare il n. 158 (maggioagosto 1996), che ospita interventi di Sergio Cicatelli e Antonino Postorino. DI FILOSOFIA IN CLASSE Il «Quaderno» della sezione di Bari della S.F.I., che ospita interventi di M. De Pasquale, A. Gentile, F. Maurino, R. Ruggiero e M. Trombino, è nato come una riflessione a più voci su di un’esperienza di insegnamento della filosofia secondo il cosiddetto “Programma Brocca” e vuole anzitutto rispondere all’esigenza, di molti docenti, di ovviare alla «mancata problematizzazione... del canale comunicativo-didattico da essi utilizzato», nell’ottica di promuovere una specifica ricerca teorica ed empirica nell’insegnamento della filosofia e di favorire il confronto delle idee e delle esperienze. Si è trattato perciò di far leva su quello “stile sperimentale” che sempre più si richiede oggi a chi insegna nella scuola secondaria superiore. Del resto, come mette in luce De Pasquale, la ricerca teorica sulla didattica della filosofia non è estranea al destino medesimo della filosofia: «Nella nostra attività sperimentiamo anche un modo di essere filosofi, frequentando i luoghi di confine della filosofia, le sue frontiere, nella relazione che essa instaura con la complessità del mondo in cui viviamo e con la società civile (...). Noi docenti, nel tentativo di mediare la ricchezza della tradizione disciplinare con le nuove generazioni, ci facciamo carico del destino della filosofia nel futuro, nel tempo dell’istruzione di massa». Proprio in quanto figura di frontiera tra filosofia e società, al docente è affidata oggi una specifica responsabilità, che trova il suo ambito di attuazione in quella che si può definire la «filosofia insegnata»: non si tratta di una formula per intendere un sapere già compiuto, un insieme di conoscenze già date che vanno passivamente trasmesse agli allievi, ma di un modo di fare filosofia che si confronta col «problema del senso per l’altro delle teorie filosofiche», e che pertanto non può prescindere dal misurarsi con «le voci inespresse, le istanze, i bisogni, i timori, i linguaggi, le visioni del mondo, gli stili cognitivi ed espressivi dei giovani allievi». In una parola, si tratta dell’esperienza del «confilosofare per i giovani» con i grandi autori. A questo fine si richiede una mediazione didattica, purché essa non scada a mero tecnicismo o a espediente per rendere attraente il messaggio filosofico, ma sappia declinarsi nel senso di una esperienza di filosofia. Ciò esige da un lato il passaggio da un apprendimento in classe finora basato su una “filosofia raccontata” attraverso il manuale o la spiegazione del docente, rispetto a cui gli studenti restano uditori passivi, ad un dialogo con i grandi autori della tradizione, nella prospettiva di “confilosofare” con loro attraverso i testi; dall’altro esige che il filosofare venga appreso come «un’attività fruibile nella quotidianità dei contesti di vita da parte di tutti». Se è peraltro vero che nel “confilosofare” è coinvolta la totalità della persona del docente, un’adeguata programmazione dell’insegnamento della filosofia non può non tener conto di definire obbiettivi sia dell’area cognitiva sia dell’area affettiva. A questo fine viene offerto nel «Quaderno», a livello esemplificativo, un protocollo degli obiettivi e delle operazioni nelle varie fasi dell’attività didattica che si svolge intorno alla lettura del testo filosofico, secondo una “tassonomia a spirale” che distingue, relativamente all’incontro con il testo e con l’autore, fra una dimensione semantica, una dimensione sintattica e un giudizio personale. Vengono poi forniti esempi di unità didattiche, che hanno trovato esecuzione presso i Licei “Salvemini”, “Fermi” e “Orazio Flacco” di Bari. Un’altra riflessione condotta a più voci su questo «Quaderno» della S.F.I. di Bari ri74 guarda l’esperienza della “comunicazione secondo regole”: l’assunto di fondo è che il problema della comunicazione non si pone soltanto entro la didattica della filosofia, ma che costituisce anche la cornice più generale in cui situare lo stesso problema della didattica della filosofia come «forma circoscritta delle più ampie dimensioni della comunicazione». Viene inoltre fornita una griglia di obiettivi riguardanti la promozione di apprendimenti, teorici ed esperienziali, sulla comunicazione, e viene illustrato un percorso didattico, attraverso testi platonici, finalizzato a sviluppare un discorso sulla comunicazione. Altre riflessioni condotte sul «Quaderno» riguardano il tema della valutazione e le prospettive future inerenti alla ricerca didattica in filosofia. Sul n. 158 del «Bollettino della Società filosofica italiana» la Commissione Didattica traccia un bilancio dell’iniziativa relativa all’apertura del Bollettino agli interventi sulla didattica, e annuncia che il primo numero del ’97 sarà dedicato a due temi specifici: il recupero e la valutazione, sollecitando pertanto contributi in questo senso. S. Cicatelli si sofferma su Un esempio di prova strutturata per la comprensione del ‘Discorso sul metodo’ di Cartesio, la cui struttura («molto semplice») consiste nel proporre allo studente, dopo la lettura integrale del testo, «60 domande a risposta chiusa con quattro alternative» da «somministrare» in due riprese, all’interno di un percorso didattico che dura circa un mese. Più che un semplice test, la proposta qui avanzata vuole essere quella di un «completo sussidio didattico». A. Postorino avanza invece una riflessione Sulla questione didattica dei testi filosofici. L’itinerario disegnato di avviamento alla lettura dei testi si articola in alcuni “passi” fondamentali: la presentazione della filosofia come “distruzione delle certezze” e, al tempo stesso, come «ricerca di una certezza non suscettibile di distruzione», l’analisi delle ragioni del desiderio umano di certezza, l’analisi della risposta magico-religiosa alla “domanda fondamentale” e dell’approccio “filosofico” a essa, l’avviamento alla prima forma storica della sophìa come scienza dell’arché e il passaggio alla lettura dei testi. Sul n. 31 di «Sensate esperienze» si segnala inoltre, in questo contesto di discussione, Un’esperienza di lettura del testo filosofico di DIDATTICA Giuseppe De Lucia, relativa ad un percorso d’insegnamento condotto in una classe seconda del Liceo-Ginnasio “Corradini” di Thiene (Vi). L’esperienza in questione è stata realizzata con la lettura del Discorso sul metodo di Cartesio: dopo la lettura in classe di sequenze di testo, si è proceduto ad assegnare agli studenti lo svolgimento di particolari esercitazioni, promovendo il lavoro di gruppo e soprattutto la discussione delle risposte ai quesiti proposti. Sulla «Nuova secondaria» (a. XIV, n. 3, novembre 1996) troviamo un ampio approfondimento dedicato a Cartesio: A 400 anni dalla nascita. Cartesio: un filosofo da rileggere, con contributi specifici di Ettore Lojacono, Giulia Belgioso, Marta Fattori, JeanPierre Cavaillé. Da un lato si conferma il riconoscimento di Cartesio tra i fondatori del razionalismo, ma dall’altro si avanza anche l’esigenza sia di definire meglio quest’ultimo, sia di documentare la ricchezza dei percorsi intellettuali del filosofo, senza appiattirla ad alcun cliché storiografico. R.L. Dizionario di filosofia Costituisce un utile strumento di studio il DIZIONARIO DI FILOSOFIA (La Nuova Italia, Firenze 1996), a cura di Paolo Rossi, Bruno Mancini, Giuseppe Marini, Michela Nacci, Silvia Parigi. Diversamente dal classico dizionario, quest’opera offre un’esposizione tematica e concettuale che prescinde dai singoli autori. Nella “Premessa al Dizionario”, Paolo Rossi chiarisce come esso sia stato concepito come «un primo strumento per quei giovani che iniziano un loro personale rapporto (mediato dall’insegnamento) con quel gigantesco, complicato, proliferante e affascinante oggetto che è la filosofia». Proprio per questa sua finalità, il Dizionario di filosofia non intende sostituire il manuale di filosofia (tanto più che, volutamente, non ricorrono tra le voci che lo compongono i nomi degli autori), ma punta su «una lettura trasversale» che fa riferimento «ai temi e ai problemi», indicando «la persistenza dei termini, il lento (a volte improvviso) variare dei significati» e favorendo la costruzione di percorsi tematici. Questi ultimi sono agevolati sia dalla presenza di voci che si richiamano alle tradizioni filosofiche, sia da una molteplicità di rimandi posti all’interno dei singoli lemmi. Non mancano neppure rimandi ad argomenti “attuali”, che sollecitano l’interesse dei giovani: per questo non si sono fatte mancare voci come Animalismo, Bioetica, Destra/Sinistra, Razza/Razzismo e numerose altre. Pensato come strumento per i giovani che iniziano ad avvicinarsi a questa disciplina, il Dizionario di Filosofia costituisce un aiuto più che valido anche per tutti quegli interessati meno giovani che hanno perso di vista i concetti basilari della filosofia. In 435 pagine, più di trecento voci offrono un panorama esauriente di quello che propone la filosofia attraverso i concetti principali, le correnti filosofiche e i percorsi tematici. Caratteristica del volume, infatti, è l’assenza di protagonisti del pensiero filosofico, che compaiono solo all’interno dell’indice analitico, in chiusura del volume, rimandando ai concetti di riferimento, in modo da offrire una descrizione tematica e concettuale in cui le idee si muovono staccate dagli autori. Il vantaggio è un’analisi anche evolutiva dei movimenti filosofici indicati a discapito della parte biografica, totalmente assente, degli autori citati. Molto interessanti, a uso scolastico, sono i percorsi tematici che riportano fedelmente lo sviluppo dei concetti. Così troviamo, ad esempio, l’evoluzione del concetto di “dialettica” a partire da Platone, passando per Kant sino a Hegel e Marx; o quello di “ermeneutica” dalle interpretazioni classiche fino a quelle gadameriane. Curiosa è la presenza del termine “filosofia” che compare in tutte le sue accezioni e interpretazioni a seconda dello sviluppo storico a cui si fa riferimento. Ampio spazio è dedicato anche alla parte categoriale e terminologica, essenziale per chiunque voglia avvicinarsi alla filosofia. Troviamo così termini come “induzione” e “deduzione”, “ontologia” o “gnoseologia”, che costituiscono il vocabolario di chiunque voglia acquisire un linguaggio filosofico corretto ed esauriente. Per quanto riguarda i contenuti, è forse dedicato più spazio alla parte teoretica a discapito di quella pratica ed estetica. Basti pensare, ad esempio, che il concetto di io è analizzato in tutte le sue accezioni teoretico metafisiche, mentre la sua concezione morale è messa in secondo piano. Inoltre, si nota molta attenzione alla filosofia contemporanea; Heidegger, ad esempio, è uno dei filosofi più citati. R.L./A.S. CALENDARIO A Palermo nei giorni 13-15 marzo 1997 si tiene il XXIV Convegno Nazionale, valevole ai fini della professione della carriera, promosso dal CIDI (Centro Iniziativa Democratica degli Insegnanti) e dalle Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori sul tema: La scuola nella società della conoscenza - formazione, tecnologia, informazione, modelli di vita. Giovedì 13 marzo, ore 9.30: “La società della conoscenza” (C. Marrocchi, A.Sasso, F. Colombo, L. Gallino; E. Resta); ore 15.30: “Per il progetto cultrale “ (S. Bonsanti, P. Fabbri, A.Oliverio, A. Ruberti, T. De Mauro); venerdì 14 marzo, ore 9.30: “Esigenze della società e bisogni formativi” ( G. Chinnici, G. Cerini, R. Conserva, W. Moro); ore 15.30: “Gruppi di apprendimento e di confronto”; sabato 15 marzo ore 9.30: “Una politica per la formazione”(P. Puccio, L.Violante) ; ore 15.30: “Dal progetto al governo della trasformazione” (L. Berlinguer, E.Coniglione); Infomazioni: Servizitalia-turismo & congressi, V.le S.Puglisi 15, 90143, Palermo, tel. 091/6250453- fax 091/ 303150 • Istituzioni del pensiero laico: l’esperienza giuridica è il titolo del corso che si tiene a Milano a cura dell’associazione Studium Cartello, in collaborazione con il Servizio Formazione Permanente dell’Università Cattolica, con il seguente programma: 8 marzo: A.Santosuosso, “Bioetica e diritto”; 22 Marzo: F. Botturi, “Modernità e giuridicità da Hobbes a Vico”; 5 aprile: T.Perlini,”Diritto, modernità e autonomizzazione delle sfere culturali”; 19 aprile: S. Natoli, “Colpa, paura, redenzione”; 3 maggio: G. Spazzali,” Pentimento e pentitismo”; 24 Maggio: G. Feliciani, “ L’esperienza giuridica individuale nel diritto della Chiesa cattolica”; 7 giugno: E. Rigotti, “Competenzalinguistica e competenza giuridica”; 21 giugno: Tavola rotonda e discussione. Informazioni: G. Genga, Studium Cartello, T. •02/76006879 La Sezione novarese della SFI propone un corso di studio e di aggiornamento, valevole ai fini della professione della carriera, sul tema: Filosofia e letteratura tra ’800 e ’900. Inaugurato da C. Sini con una relazione sul tema: “Filosofia e letteratura tra ’800 e ’900: introduzione alla lettura dei rapporti fra le due discpline”, il corso prevede il seguente calendario: 14 febbraio: G. Barberi Squarotti, “Manzoni filosofo”; 25 febbraio: E. Rambaldi, “Leopardi pensatore”; 14 marzo: E. Fagiuoli, “Nietzsche letterato”; 21 marzo: S. Moravia, “Pirandello filosofo”; 11 aprile: S. Arcoleo, “Sartre letterato e critico della letteratura”; 6 maggio: G. Zaccaria, “Heidegger e la poesia” e si chiude il 13 maggio con un seminario sulla didattica interdisciplinare tra le Materie letterarie e la Filosofia . Informazioni: SFI - Sez. di Novara, Via Giovannetti 8, T. 0321/ 398895 • Presso la sede milanese dell’ IRRSAE Lombardia è in corso un’ampio progetto di formazione su La didattica della filosofia in chiave interdisciplinare. Una prima sezione già conclusa ha visto il 13 dicembre scorso l’intervento di C. Mangione sul tema: “La crisi dei fondamenti della matematica”, seguito da un incontro organizzativo il 9 gennaio sui temi: “Filosofia e formazione” (P. Zanelli e G. Molinari), “Filosofia e matematica” (M. Negri), “Filosfia e letteratura”(Gavianu), “Filosofia e comunicazione” (G. Sidoni). La seconda fase prevede l’attivazione di seminari specifici nei mesi di febbraio-aprile 1997 su: “Filosofia e letteratura”, “Filosofia e formazione”, “Filosofia e matematica”. Informazioni: Silvio Restelli, IRRSAE Lombardia, Via Leone XIII 10, Milano, T. 02/ 4818331 • 75 Il Centro per la formazione e l’aggiornamento Didattica e Innovazione Scolastica (DIESSE) propone, a partire da febbraio 1997, un corso di aggiornamento - approvato nel piano provinciale del Provveditorato agli studi di Milano -dal titolo: Percorsi paralleli. Tra i relatori: A. Ricagni, M.S. Bellada, M. Franchi, A. Caspani, G. Massone, E. Arnone, L. Polo, G. Meroni, A.M. Ferrari. Informazioni: Nicola Itri, Via Boltraffio 21, 20159 Milano, T. 02/606390 - 606377, Fax 02/6880981 • L’ UCIM organizza a Roma nei giorni 17 - 21 febbraio il XIX Congresso nazionale sul tema: Quale progetto culturale ed educativo alle soglie del terzo millennio? Riconosciuto dal Ministero della Pubblica Istru- zione all’interno del piano nazionale di aggiornamento, il convegno si articola con la seguente scansione tematica: “L’unità delle culture nell’età della tecnica” (M. Buzzoni), “L’istruzione al servizio dell’educazione” (L. Caimi), “Il ruolo del lavoro e della formazione nel processo educativo”; “Il rapporto fra il sistema dell’istruzione e il sistema della formazione” (D. Nicoli); “Dal centralismo e dal decentramento alla autonomia scolastica. I riflessi a livello di ministero, di regione e di scuola”(S. Pajno); “La famiglia e il suo contributo al processo personale e sociale di formazione e di sviluppo. Una rilettura storica del problema; uno sguardo prospettico” (G. Campanini); “Valutazione dell’apprendimento e valutazione dell’insegnamento per una scuola promozionale e orientativa”(I. Fassin), “Quale progetto culturale ed educativo alle soglie del terzo millennio” (C. Checcacci). Informazioni: Domus Mariae, Via Aurelia 481, 00105 Roma, tel. 06/66000576 - 6623138 - 662494 • STUDIO STUDIO Leggere la “Critica della ragion pura” Costituisce un valido strumento di studio l’introduzione alla lettura della kantiana CRITICA DELLA RAGION PURA (La Nuova Italia scientifica, Roma 1996) di Raffaele Ciafardone. Il volume, che affianca, nella stessa collana, due precedenti testi di introduzione alle altre ‘Critiche’ kantiane, presenta gli obiettivi della prospettiva critico-trascendentale anche in riferimento alle opere pre-critiche e agli altri scritti dell’epoca. In poco più di duecento pagine lo studio di Raffaele Ciafardone presenta e analizza i contenuti della Critica della ragion pura kantiana. Il testo è strutturato in tre parti che analizzano il contesto filosofico nel quale si sviluppa il criticismo, la produzione pre-critica e, finalmente, l’esposizione dell’opera. Chiudono il volume una breve biografia e una bibliografia dettagliata in italiano e non. Con un linguaggio sufficientemente semplice e chiaro, Ciafardone illustra il rapporto tra il criticismo e le filosofie precedenti, evidenziando il rapporto tra la filosofia di Kant, l’empirismo, il razionalismo e la filosofia illuminista. Costituisce un’introduzione anche la seconda parte del volume che analizza le opere precritiche, dagli scritti di geografia astronomica a quelli critici sulla metafisica. L’argomento centrale è comunque l’analisi della Critica della ragion pura, che è presentata a partire dagli intenti fino alla realizzazione compiuta. L’analisi verte principalmente sui principi del criticismo, del concetto di trascendentale e della rivoluzione copernicana, mentre poco spazio è dedicato all’analisi dei giudizi, forse non considerati fondamentali. I due obiettivi dell’opera, ovvero la giustificazione della fisica e la critica della metafisica, sono qui fondati a partire dal problema trascendentale e conoscitivo, che diventa il perno attorno al quale ruota questo studio. La tripartizione della Critica della ragion pura, infatti, assume qui i contorni della prospettiva gnoseologica piuttosto che scientifica. In altre parole, Ciafardone presenta Kant non tanto come il difensore del meccanicismo e della fisica newtoniana, quanto il fondatore della prospettiva critico- trascendentale. In questo modo, l’Estetica trascendentale, più che costituire la fondazione della matematica, rappresenta l’analisi della conoscenza sensibile attraverso le forme a priori dello spazio e del tempo. Lo stesso accade per l’Analitica dove il problema del meccanicismo è appena accennato per lasciare spazio alla fondazione della conoscenza intellettuale grazie alla deduzione e allo schematismo trascendentale. Diverse pagine sono dedicate all’analisi dell’io penso e alla differenza tra il pensare e il conoscere. Infine, l’analisi della Dialettica sfocia nella illusorietà della ragione che fallisce di fronte ai paralogismi, alle antinomie e alla teologia. Nonostante lo scacco finale, ricorda Ciafardone, alla ragione restano le strade della pratica e dell’estetica, unico campo in cui l’infinito resta raggiungibile. A.S. Differenti significati del positivismo Nel volume dal titolo EREDI DEL POSITIVISMO. RICERCHE SULLA FILOSOFIA ITALIANA TRA ‘800 E ‘900 (il Mulino, Bologna 1996) Antonio Santucci mostra come non sia possibile fornire un’immagine unitaria del positivismo, che è invece costituito da molteplici aspetti e si snoda in differenti percorsi. Secondo Antonio Santucci il positivismo rappresenta un movimento filosofico complesso ed eterogeneo che non può essere facilmente riducibile a formule unitarie che lo definiscano globalmente o in modo schematico, come alcune interpretazioni recenti hanno cercato di fare, considerandolo un “romanticismo della scienza”, legato alla teoria hegeliana, o ritenendolo caratterizzato da due dimensioni, quella umanistica e quella scientifica. Tali schematizzazioni possono essere evitate se questo movimento filosofico viene inquadrato all’interno delle coordinate sociali, come quelle capitalistiche, individuando le “infrastrutture mentali” su cui esso si fonda o scorgendo i legami che il positivismo stabilisce con altre concezioni filosofiche, come le teorie socialiste, marxiste, nazionalisti76 che, evoluzionistiche, psicologiche e persino idealistiche. Nel delineare il panorama filosofico del positivismo, Santucci individua da una parte, nel panorama italiano, Cattaneo e Ardigò, dall’altra i naturalisti come Tomasi, Lombroso e Villari; autori che non possono essere riuniti sotto il comune denominatore dell’opposizione alla metafisica, poiché è necessario distinguere tra quei positivisti che attribuiscono alla filosofia il compito di «generalizzare i risultati di altre discipline» e quelli che invece le riservavano il compito di analizzare l’esperienza. Del resto, osserva Santucci, se vengono esaminati i dibattiti e ci si immerge nel vivo delle dispute del primo Novecento del positivismo, come ha sottolineato Garin, diventa difficile fissare i confini tra le “revisioni positivistiche” e la “rinascita dell’idealismo”, e facili sono gli “equivoci”, gli “scambi delle parti”. Così è avvenuto che, se il compito dei positivisti era quello di rendere manifesto “il senso umano della scienza”, quello degli idealisti era piuttosto di chiarificare “il valore scientifico della storia”. Nel lungo percorso seguito da Santucci attraverso i differenti significati del positivismo emergono, inoltre, alcune tendenze paradigmatiche. Così se Enriques considera la realtà scientifica come una “costruzione” che implica «un processo di approssimazione», identificandosi con un «progetto aperto ai controlli futuri», Ardigò considera fondamentale il problema gnoseologico in relazione alle teorie di Berkeley e di Hume, di Mill e degli empiriocriticisti. D’altra parte, se Ferrari si oppone alle accuse dell’idealismo di collocare la psicologia nell’ambito del sapere e di conferirle di conseguenza una reale consistenza nella varietà degli indirizzi, Labriola e altri positivisti favoriscono un incontro tra il positivismo e il marxismo attraverso l’analisi del legame esistente tra le teorie positiviste da un lato e le forze produttive e le lotte di classe dall’altro. D’altro canto, osserva Santucci, gli aspetti negativi del positivismo, come l’esaltazione di un sapere totalmente empirico incapace di «elevarsi alla purezza del concetto», la presenza di una concezione natura- STUDIO listica della storia e della politica, la prevalenza di una “mentalità massonica”, possono essere corretti solamente rivalutando la tradizione del pensiero italiano da Machiavelli a Vico: l’esito sarebbe stato un idealismo “riformato” senza metafisica. M.Mi. La linguistica del Novecento Nel volume dal titolo: LA LINGUISTICA DEL (il Mulino, Bologna 1996) Giulio C. Lepschy propone un quadro generale di questa disciplina attraverso l’esame dei suoi diversi aspetti, dalle riflessioni dei filosofi che si sono occupati di essa ai suoi rapporti con altre discipline. NOVECENTO Nella sua indagine della linguistica Giulio C. Lepschy ne sviscera tutte le diverse manifestazioni in rapporto alle riflessioni dei linguisti e dei filosofi che si sono occupati di questa disciplina. In primo luogo, Lepschy mostra come nella linguistica del Novecento ricopra una posizione centrale De Seaussure, le cui analisi hanno contribuito allo sviluppo delle scuole strutturalistiche a cui appartengono Benveniste, Trubeckoy e Jakobson. La componente principale di questo pensiero è quella relativa all’affermazione della “radicale arbitrarietà” del segno linguistico che si esplica nel rapporto tra significante e significato, tra parola e cosa. Tale arbitrarietà esprime, secondo Lepschy, “l’estraneità dell’uomo” dovuta alla sua condizione di “gettatezza” nel mondo, divenendo simbolo di una originaria frattura all’interno del soggetto, che si rivela una ferita insanabile per via della sua connaturata mancanza di fondamento. Tuttavia, se si valuta il significato di questa concezione all’interno della linguistica, tale arbitrarietà indica la possibilità di uno studio autonomo della lingua, in quanto i segni linguistici possono essere indagati senza analizzare la loro corrispondenza con le cose reali. Un’altra corrente degna di rilievo per la linguistica del Novecento, sottolinea Lepschy, è la “grammatica generativa”, la cui fondazione è da ricondurre a Noam Chomsky e che è il prodotto della fusione di due correnti della ricerca precedente, quella che accentua la creatività del linguaggio e quella propria della teoria matematica della “computabilità” e della “ricorsività”. L’ambito privilegiato di studio dei generativisti è la grammatica e quindi la considerazione di quel sistema di principi che permette all’uomo di riconoscere la “grammaticabilità delle frasi”. Tale sistema, per i generativisti, è dovuto ad una capacità innata, biologicamente ereditaria, rispetto alla quale le differenze storiche tra le lingue naturali sono irrilevanti. Un settore che ha determinato molte delle riflessioni nel dibattito linguistico del Novecento è quello che riguarda il rapporto Ferdinand De Saussure tra la linguistica e la filosofia. Così, osserva Lepschy, se da un lato, con Croce, l’idealismo ha evidenziato l’aspetto creativo e fantastico rintracciabile in ogni espressione linguistica, anche quella più quotidiana, dall’altro il positivismo e il neopositivismo, ispirandosi all’opera di Frege, hanno sottolineato la distinzione tra senso e significato. Particolarmente importante per le sue riflessioni sulla relazione tra la lingua e il mondo è Wittgenstein, dalle cui teorie si svilupperanno quelle indagini che considerano i problemi filosofici come problemi inerenti all’uso del linguaggio. Infatti, soprattutto in relazione alla seconda fase del suo pensiero caratterizzata dalle Ricerche filosofiche, si origina la filosofia “analitica” o “linguistica” che considera i paradossi filosofici come il prodotto di un uso inadeguato del linguaggio. Un’altra corrente filosofica in cui la riflessione sul linguaggio ricopre una posizione di primo piano è quella ermeneutica di Gadamer, Apel e Habermas, che mostra come tutta l’esperienza sia dotata di un carattere linguistico in quanto ogni comunicazione linguistica necessita di un processo di interpretazione. Lo sviluppo dell’ermeneutica, sottolinea Lepschy, è infatti dovuto anche alle riflessioni scaturite dall’incontro tra la linguistica, da un lato, e la psicoanalisi e la filosofia esistenzialistica dall’altro, che si basano sull’attribuzione al linguaggio di una realtà costitutiva dello stesso soggetto. Se per Lacan, infatti, l’inconscio è struttura77 to come un linguaggio che parla al soggetto, per Heidegger il linguaggio si identifica con un “dire originario” che l’uomo deve ascoltare per ritrovare in esso il proprio essere. Inoltre, secondo Lepschy, è grazie alle riflessioni linguistiche di De Seassure e di Peirce che si è sviluppata la semiotica. A tale proposito, interessanti sono le distinzioni stabilite da Peirce tra il significato iconico, il simbolo e l’indice, che si basano sull’identificazione non solamente del linguaggio, ma anche della società e del mondo, con un “sistema semiotico”. Infine, Lepschy prende in considerazione i diversi usi del linguaggio mostrando come in questo ambito siano state sottolineate in particolar modo le componenti sociali, che hanno dato sviluppo alla linguistica sociologica, alla sociolinguistica e alla sociologia del linguaggio. D’altra parte, non mancano studi relativi al rapporto tra il linguaggio e alcuni settori di indagine psicologica, come si può rilevare dall’originarsi di discipline come la linguistica psicologica, la psicolinguistica e la psicologia del linguaggio. Degno di rilievo è anche il rapporto tra la linguistica e la critica che si basa sulle analisi dei testi narrativi, come nelle teorie dei formalisti e nelle analisi di Propp. In questo ambito è sorto il decostruzionismo di Derrida, che mette in evidenza l’illusorietà dell’armonia costruttiva e della coerenza interna di un testo per far risaltare ed emergere le contraddizioni, le aporie, i paradossi che frantumano la sua presunta linearità e unità. M.Mi. RASSEGNA DELLE RIVISTE RASSEGNA DELLE RIVISTE a cura di Silvia Cecchi in collaborazione con Laura Rossi e Corrado Soldato RIVISTA DI FILOSOFIA NEOSCOLASTICA Anno LXXXVIII, n. 1, gennaio-marzo 1996 Vita e Pensiero, Milano La dottrina dell’origine del mondo in Platone con particolare riguardo al Timeo e l’idea cristiana della creazione, di G. Reale: attraverso un confronto con l’opera di maggior carattere enciclopedico di Platone, si tenta di recuperare l’attrezzatura concettuale necessaria per un confronto con la metafisica antica di cui Platone, a partire dal Fedone, è fondatore; la sua dottrina cosmogonica, in particolare, rappresenta una vera e propria riflessione metafisica sui principi della genesi, della struttura e della finalità del cosmo. Piero Martinetti e i maestri in persona, di G. Colombo: l’articolo traccia uno schizzo della Torino e dei maestri che Martinetti vi trovò all’inizio della sua carriera di studente di filosofia nell’anno accademico 1890. Un surrettizio cambiamento di designazione di un termine: cardine della prova di Goedel della non dimostrabilità della non contraddittorietà. Riesposizione metalinguistica e considerazioni filosofiche, di F. Rivetti Barbò. PARADIGMI Anno XIV, n. 41, maggio-agosto 1996 Schena Editore, Brindisi Il metodo empirico in filosofia secondo Dewey, di G. Semerari: la questione del metodo è centrale nella riflessione di Dewey e la sua definizione fa tutt’uno con la definizione stessa di filosofia. L’unico metodo valido nell’era delle rivoluzioni scientifica, industriale e politica non può che essere quello empirico, che impedisce alla filosofia di scadere in un mero esercizio di retorica e fraseologia. Il metodo empirico si chiarisce poi alla luce del concetto di esperienza che il filosofo analizza nella sua onnilateralità e integrità e che si configura come esperienza reale, radicata in pratiche cultura- li concrete e che riconduce la filosofia ai luoghi originari in cui sorge l’esigenza stessa della scienza. La struttura dell’orizzonticità, di R. Walton: sul concetto di orizzonte di Husserl all’interno di opposizioni che fanno da complemento all’opposizione primaria tra primo piano e sfondo. Vi sono varie forme di orizzonte: interno, esterno, temporale, spaziale, di familiarità, intersoggettivo, storico, universale. Heidegger tra attesa, noia ed angoscia, di F. Di Giorgi. Aporie della concezione husserliana della temporalità, di J. Ponzio: nelle Lezioni del 1905 Husserl analizza fenomenologicamente il tempo allo scopo di eliminare il tempo obiettivo e ritrovare il tempo “originario”. In realtà questa messa fuori causa del tempo obiettivo non si realizza, poiché esso rispunta ostinatamente attraverso l’analisi fenomenologica proprio all’interno di quella coscienza che doveva esorcizzarlo, detenendo essa stessa il controllo del tempo. Questa ripresa del tempo obiettivo avviene a partire dalla differenza tra ritenzione e rimemorazione. Soggetti a verità. Foucault, Heidegger e la questione del soggetto, di D. Sparti e M. Greco: analisi di alcune delle posizioni di Foucault riguardo al soggetto nei suoi ultimi scritti in rapporto a Heidegger; sebbene entrambi affrontino il problema sulla base di una situazione in prospettiva, Heidegger mette in luce una precondizione più fondamentale della verità, mentre Foucault offre una storia della produzione della verità, dei suoi riferimenti soggettivi e dei suoi effetti. Il gioco dei volti, di G. Cascione: la prassi linguistica viene immaginata da Wittgenstein come un coro formato dalla massa di proposizioni e nomi pronunciati incessantemente. La fondazione materialistica dell’economia politica nel pensiero di F. Quesnay, di L. Dorelli. 78 Una testimonianza sulle relazioni tra Spinoza, Meyer e la società ‘nil volentibus arduum’, di R. Bordoli. AUT AUT n. 275, settembre-ottobre 1996 La Nuova Italia, Firenze Tema della rivista: “Dentro/Fuori. Scenari dell’esclusione”. Il fascicolo intende dar conto della ricerca internazionale sulle varie forme di esclusione. Attraverso interventi in materia di urbanistica, teoria politica, storia delle idee si tenta di delineare i tratti di una categoria, come quella di esclusione, che segna in modo decisivo la società di fine millennio. Tra i vari interventi: La doppia pena del migrante, di A. Sayad; La comunità dei nemici, di S. Mezzadra; Nonpersone. Il limbo degli stranieri, di A. Dal Lago; L’insicurezza urbana in America, di A. Petrillo; L’America come utopia rovesciata, di L.J. Wacquant; Chi ha assassinato Los Angeles, di M. Davis; Alcune aporie delle migrazioni internazionali, di F. Gambino; Verso il “fascismo democratico”? Note su emigrazione, immigrazione e società dominanti, di S. Palidda. RIVISTA DI STORIA DELLA FILOSOFIA Anno LI, , n. 2, 1996 Franco Angeli, Milano Come Quintiliano conobbe Crisippo, di A. Grilli: pur non essendo un cultore della filosofia, nella parte iniziale della sua Institutio oratoria, dove si occupa dell’educazione del bambino e del ragazzo, Quintiliano si richiama esplicitamente a Crisippo. L’ideale dell’estinzione dello Stato in Fichte, di L. Fonnesu: l’idea dell’estinzione dello Stato come istituzione coattiva è ricorrente e rappresenta una delle idee centrali della teoria fichtiana della società. Per Fichte lo Stato si colloca in mezzo tra RASSEGNA DELLE RIVISTE individuo, come strumento della sua vita morale da cui questi riceve la sicurezza di fronte agli altri e ai propri bisogni naturali, e società, intesa come reciproca comunicazione e educazione di cui lo Stato è appunto mezzo. Il fine in sé non è pertanto l’uomo, ma la società; lo Stato di conseguenza è destinato all’estinzione e ciò rappresenta un ideale della storia umana. La possibile influenza di F. M. Zanotti nelle riflessioni filosofiche di Leopardi sul valore della conoscenza scientifica, di M. De Zan. Romanticismo leopardiano, di M.A. Rigoni: molteplici sono gli elementi che ci consentono di inscrivere il pensiero di Leopardi nell’orizzonte del romanticismo europeo: la poesia come creazione ed espressione della pura soggettività, la lirica come essenza e culmine della poesia, la natura intesa come totalità organica e vitale coglibile non mediante la ragione, ma con l’immaginazione, l’unità vivente tra contenuto ed espressione. Dibattito a tre voci su profezia e storia, di F. De Michelis Pintacuda, F. Papi, A.M. Iacono: recensione di M. Miegge, Il sogno del re di Babilonia. Profezia e storia da Thomas Müntzer a Isaac Newton (Milano 1995). Il Padre Athanasius, l’atomista canonico e l’isola del giorno prima. Divagazioni sul Seicento filosofico di Umberto Eco, di G. Piaia. Marxismo e storia delle idee nella storiografia di Giuliano Gliozzi, di M. Mori. La stampa ed il Congresso del 1926, di B. Riva: il VI Congresso di Filosofia, organizzato nel 1926 a Milano dalla Società Filosofica Italiana e presieduto da Martinetti, venne sospeso dopo tre giorni dall’inizio dei lavori perché secondo le autorità esso aveva assunto un taglio politico troppo polemico nei confronti del regime. In quest’articolo vengono trascritti gli undici articoli più significativi apparsi tra il marzo e l’aprile del 1926 sull’argomento. Enesidemo e Pirrone. Il fuoco scalda “per natura” (Sext, ADV. MATH. VIII 215 E XI 69), di F. Caizzi Decleva. L’interpretazione della sostanza aristotelica in Porfirio, di R. Chiaradonna. Forme di governo e proporzioni matematiche: Severino Boezio e la ricerca dell’aequum ius’, di M.L. Silvestre: benché Boezio non abbia dedicato alla politica alcun trattato, né abbia mai espresso un chiaro pensiero sulle istituzioni politiche, la sua intensa vita politica lascia supporre che possedesse un sostrato dottrinale e ideologico piuttosto chiaro. L’articolo tenta di rintracciare le concezioni politiche di Boezio. Viene inoltre proposto l’esame di un breve passo del De Institutione arithmetica, in cui le forme di governo vengono confrontate con le proporzioni. ACTA PHILOSOPHICA Vol. 5, n. 2, luglio-dicembre 1996 Armando Editore, Roma Weber e lo spirito del capitalismo. Storia di un problema e nuove prospettive, di J.M. Burgos: un’analisi del dibattito sulla celebre opera di Weber, soprattutto intorno alle tematiche relative al rapporto tra cattolicesimo, protestantesimo e capitalismo. Il singolo kierkegaardiano: una sintesi in divenire, di M. Fazio: l’intera produzione di pensiero kierkegaardiana può essere considerata come un pensare soggettivamente il singolo, analizzato come categoria dialettica antihegeliana, come sintesi, prodotto di un divenire, come libertà e attraverso i suoi stadi esistenziali. I rapporti tra scienza e metafisica, di M. Marsonet: dopo aver preso in esame la posizione del neopositivismo logico e quella di Popper e sulla base di una recente opera di E. Agazzi, l’articolo fa il punto sui rapporti attuali tra scienza e metafisica, sottolineando la contiguità tra le due. Sujeto, proprio y esencia: el fundamento de la distincíon aristotélica de modos de predicar, di M. Perez De Laborda. ELENCHOS Anno XVII, n. 1, 1996 Bibliopolis, Napoli Plato’s “Real Astronomy” and the myth of Er, di V. Kalfas. Autopredicazione e autopartecipazione delle idee di Platone, di F. Fronterotta: viene qui presentato nelle sue linee fondamentali il problema dell’autopredicazione delle idee in Platone, al centro di un ampio dibattito tra gli studiosi di formazione angloamericana. Ética y dialéctica. Sócrates, Platón y Aristóteles, di I. Yarza. Il desiderio: precedenti storici e concettualizzazione platonica, di A. Malo: al di là dei termini impiegati e del loro significato, attraverso cui i pensatori presocratici (Omero, Anassimamdro, Eraclito, Empedocle, Antifone), trattano il tema del desiderio, emerge una continuità di pensiero tra queste varie posizioni, derivante dal riferimento a una realtà di cui tutti gli uomini fanno esperienza. La posizione platonica appare 79 non solo una sintesi delle posizioni precedenti, ma cerca di risolvere problemi legati alla sfera etica e antropologica messi in luce dall’analisi del desiderio. El problema de la “Theory Ladenness” de los juicios singulares en la epistemología contemporánea, di G.J. Zanotti. VERIFICHE Anno XXV, n. 2-3, aprile-settembre 1996 Trento Infinità e filosofia trascendentale. La riflessione sulla grandezza infinita in Kant, di A. Moretto: il problema filosofico dell’infinito in Kant si connette con il problema matematico della correttezza della rappresentazione dell’infinito, questione cruciale nel dibattito matematico del tempo. L’articolo prende in esame l’analisi kantiana della grandezza infinitamente grande e della grandezza infinitamente piccola, da cui emerge la non marginalità di queste riflessioni non solo per il calcolo infinitesimale e per la fondazione della matematica e della fisica, ma anche per la stessa metafisica. L’indagine kantiana sulla natura della ‘Vernunft’, di N. Mai: la natura sillogistica della ragione kantiana. Nota sul modo di tradurre ‘Aufheben’, di F. Chiereghin. RIVISTA INTERNAZIONALE DI FILOSOFIA DEL DIRITTO Anno LXXIII n. 3, luglio-settembre 1996 Giuffré, Milano Domande e risposte sul problema della giustizia, di L. Bagolini. La possibiltà giuridica, di G. Capozzi: la possibilità giuridica viene qui analizzata in relazione alla “ragione giuridica” e alla “eidetica del diritto” e si concentra sul tema della logica modale di Aristotele. Verso una concezione unitaria della norma fondamentale, di M.J. Falcón Y Tella: dopo aver delineato l’argomento relativo alle origini e all’enunciazione della norma fondamentale in merito agli antefatti e all’evoluzione del concetto, l’articolo ne individua i principali tratti distintivi in Kelsen e Hart. Superamento della complessità attraverso la capacità di apprendimento del diritto. L’adeguamento del diritto alle condizioni del Postmoderno. Una critica alla RASSEGNA DELLE RIVISTE teoria giuridica del discorso di J. Habermas, di K.H. Ladeur. Funzioni e senso del diritto moderno. Riconoscimento e ragione sistemica, di B. Romano: l’articolo riflette sul senso e sulla funzione del diritto nel moderno alla luce dell’opera di Luhmann. AQUINAS Anno XXXIX, n. 2, maggio-agosto 1996 Pontificia Università Lateranense, Roma Coscienza morale e realtà secondo J. G. Fichte, di W. Schrader: dopo aver analizzato l’argomentazione di Nietzsche e Freud circa la coscienza morale come prodotto di un sentimento soggettivo, l’articolo analizza le conseguenze del dubbio sulla realtà della coscienza morale alla luce della riflessione fichtiana. ranea. Un confronto con il pensiero della differenza, di M. Durst. Percorsi della e nella psicoanalisi contemporanea, di L. Longhi. DIAIMON n. 12, gennaio-giugno 1996 Università di Murcia RIVISTA DI ESTETICA Anno XXXVI, n. 1-2, 1996 Rosenberg & Sellier, Torino Origini del numero. Geometria, logos e computazione, di P. Zellini. Schematismo e costruzione. Il rapporto tra la matematica e la rappresentazione a priori dei concetti nella sensibilità in Kant, di A. Ferrarin: dopo aver brevemente introdotto le due diverse modalità attraverso cui l’intellegibile si dà nell’intuizione, le ipotiposi schematiche e simboliche, l’articolo si concentra sul rapporto tra schemi e costruzione matematica in Kant. Espressione intervallo. La musica nel ‘Saggio sull’origine delle conoscenze umane’ di Condillac, di A. Arbo: il problema del legame tra le forme dell’espressione artistica e il segno in Condillac, mettendo in luce come la musica venga qui assunta nel quadro di un esame del pensiero e delle leggi del suo funzionamento. Il concetto di coscienza nella fenomenologia di E. Husserl e di E. Stein, di P. Schulz: a partire dalla descrizione di alcuni aspetti fondamentali della nozione di coscienza in Husserl, l’articolo spiega come Stein, riprendendo tale concetto, lo utilizzi per elaborare la sua teoria della persona. Philosophy in an age of overinformation, or what we ought to ignore in order to know what really matters, di V. Hösle. Michel Foucault, lecteur de Platon ou l’amour de beau garçon à la contemplation du beau en soi, di P. Catonné: Foucault mette in luce come Platone costituisca una fonte fondamentale per comprendere il fenomeno complesso e problematico della pederastia greca, in quanto non solo esperienza di formazione dell’individuo, ma anche forma elevata di erotica filosofica. The status of the dimensiones interminatae in the thomasian principle of individuation, di N.A. Morris. On the prelude to the Timaeus and the Atlantis story, di V. Tejera: il Timeo come seguito della Repubblica. Identidad personal, acontecimiento, alteridad desde Paul Ricoeur, di A. Fornari. El problema del continuo en la escolástica española: Francisco de Oviedo (1602-1651), di M.L. Una. Berkeley: crítica de la ideas abstractas. La abstracción como simple semántica, di L.V. Burgoa. L’affectivité chez Kant. Remarques sur l’esthétique transcendantale, di D. Giovannangeli. SEGNI E COMPRENSIONE Esistenza estetica, esistenza concettuale. I cento talleri, di P. Kobau: una riflessione sulla confutazione della prova ontologica kantiana alla luce della tensione tra dimensione estetica e dimensione logica, passività e costruzione, tensione propria di tutti gli “esistenzialismi” e che permane anche all’interno dell’argomentazione kantiana. L’Oriente e la filosofia in Merleau Ponty, di R. Taioli. Mathesis universale. Costruzionismo e metodo assoluto in Schelling, di T. Griffero: l’articolo ripercorre l’evoluzione dal 1797 al 1805 del concetto di costruzione in Schelling con lo scopo di opporsi all’accusa mossa alla filosofia della natura schellinghiana di aver sottovalutato l’imporsi del metodo matematico come paradigma di ogni sapere. Queste considerazioni permettono anche di valutare l’estensione alla filosofia del costruzionismo matematico e i legami che possono essere individuati tra la filosofia della natura di Schelling e le scienze del tempo. Estética y hermenéutica, di H.G. Gadamer. Anno X, n. 28, maggio-agosto 1996 Capone Editore, Lecce Essere nel mondo e Koinonia. Heidegger e Biswanger, di M. Bracco: essere nel mondo e koinonia come presupposti teoretici per una chiarificazione antropoanalitica del senso e della razionalità soprattutto per quanto riguarda il discorso psichiatrico. Le ragioni del conflitto, di E. Donaggio: il problema di un’autochiarificazione dei criteri che orientano ogni teoria critica attraverso l’analisi delle proposte di Foucault e Habermas. La conchiglia del Nautilo, di D. W. Thompson. Il diritto tra norma e cultura. Le “vocazioni anomale” con funzione produttiva, di A. Maraschio: attraverso l’esame delle cosidette “vocazioni anomale”, finalizzate al criterio della produttività sociale, si vuole mettere in luce come il sistema giuridico di un Paese salvaguardi alcuni diritti primari che hanno un’incidenza per la collettività. Ontologia, di M. Ferrraris. Narcisismo ed ermeneutica contempo80 “A free man’s worship”, 1902 (El culto del hombre libre). El problema de la existencia humana en su relación con el desrino y los ideales éticos, di I. Sancho García: “Il culto dell’uomo libero” è uno dei due articoli fondamentali che precedono gli scritti filosofici di Russell e che propone un nuovo modo di vivere e una nuova etica. Antropología y alteridad. De la naturaleza humana a la normalidad social, di J. Lorite Mena: l’antropologia nasce come sguardo verso l’altro; ciò è sostenuto dal ruolo decisivo e simmetrico giocato dalla medicina e dalla mitologia. Ideología y comunicación, di M. Milovic: l’articolo si concentra sul problema della ex-Iugoslavia, sottolineando come il nuovo soggetto trascendentale e costitutivo di tipo kantiano sia diventato lo stato nazionale. La nuova soggettività è perciò la soggettività del potere, come già aveva avvertito Foucault. La justicia en el pensamiento jurídico angloamericano contemporáneo. Acotaciones críticas, di S. Rus Rufino: sul didattito sviluppatosi nel mondo anglosassone a seguito della riflessione di RASSEGNA DELLE RIVISTE Rawls sul tema della giustizia all’interno delle ricerche di filosofia morale e politica. ARCHIVES DE PHILOSOPHIE vol. 59, n. 2, aprile-giugno 1996 Beauchesne, Parigi Husserl et Merleau-Ponty: la prose bourdonnante du monde, di P. Kerszberg: partendo dall’ipotesi di un’incomprensione radicale all’origine di ogni comunicazione e criticando il modello della comprensione tentativo più o meno riuscito di colmare un vuoto determinato, il confronto tra Husserl e Merleau-Ponty diviene la base per una riabilitazione dell’essenza del suono e del rumore come veicolo originario di comunicazione. Merleau-Ponty lecteur et critique de Bergson. Le statut bergsonien de l’intuition, di A. Clair: nella sua lettura di Bergson Merleau-Ponty oppone due concezioni dell’intuizione, una come simpatia e coincidenza, la ricettività, l’altra come comprensione e costituzione, l’attività. L’atto dell’intuizione richiede la correlazione di entrambe. Le retour a l’origine de l’État, di T. Berns: analisi dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio III-1, riguardante la nascita violenta dello stato. Sur la justification des droits de l’homme, di E. Picavet: sulla legittimazione giuridica e sul riconoscimento da parte dello Stato dei tradizionali diritti dell’uomo a partire da premesse derivanti esclusivamente da un’analisi politica, scevra da particolari valori morali o religiosi. REVUE DE METAPHYSIQUE ET DE MORALE n. 3, settembre 1996 A. Colin, Parigi jeune Heidegger, di F. Dastur: partendo dalla sua prima elaborazione giovanile -la Dissertazione del 1914 sulla teoria del giudizio di Wundt, Maier, Brentano, Marty e Lipps si ripercorre l’itinerario che conduce Heidegger ad accogliere e difendere la posizione husserliana del giudizio in quanto dotato di natura logica di contro allo psicologismo. L’“en soi” husserlien à la lumière de la doctrine trascendantale du jugement, di E. Rigal: una riflessione sula Logica formale e trascendentale di Husserl, che mostra come il platonismo - e quindi la nomologia - delle Ricerche logiche non venga negato dalla fenomenologia trascendentale, il cui scopo permane la fondazione sull’“in sé”, in quanto soggettività trascendentale, di un’idea di sapienza universale. Tale fondazione porta all’“ontologia a priori universale”, che ripropone il concetto di “a priori materiale” elaborato nelle Ricerche. Concept, Jugement et “forme sérielle”, di F. Capeilléres: la filosofia delle forme simboliche come logica delle relazioni in Cassirer, oltre il problema delle funzione concettuale di Sostanza e Funzione. La doctrine du jugement correct dans la philosophie de F. Brentano, di J.- C. Gens: La specificità del contributo di Brentano consiste non tanto nella riforma della sillogistica aristotelica quanto nel ricondurre continuamente la proposizione logica al giudizio, ovvero alla sogettività che pure non comporta una scelta psicologista. La difesa della teoria non predicativa e non proposizionale del giudizio. Théorie du jugement négatif, di A. Reinach: fenomenologo vissuto tra Otto e Novecento, cresciuto alla scuola di Husserl, di cui fu assistente, Reinach dedica la sua riflessione al chiarimento del significato di Sachverhalt, per prendere posizione, accanto al maestro, nella controversia tra Brentano e Meinong sul tema del giudizio. Nell’applicare gli esiti di tale riflessione teorica ad ambiti non propriamente logici, quali la prosa teorica, letteraria e storica, Reinach sembra delineare una teoria generale degli atti linguistici. Tema della rivista: “Le jugement”. La monstration, unique mode de donation de l’a priori chez Wittgenstein, di Ch. Chauviré: una rilettura del Tractatus di Wittgenstein sul tema delle proprietà logiche (a priori) del linguaggio, che sono solo ostentabili, mostrabili nel linguaggio stesso, rendendo del tutto inutile una teoria dei tipi logici. Una medesima posizione è assunta da Wittgenstein nella seconda fase del suo pensiero: le proprietà essenziali del linguaggio si mostrano entro le regole grammaticali. L’étude des thoeries du Jugement chez le REVUE PHILOSOPHIQUE DE LA FRANCE ET DE L’ETRANGER n. 2, aprile-giugno 1996 PUF, Parigi Tema del fascicolo: “Mal moral et atheisme”. Le mal moral, pierre de touche de l’ontologie: monisme idéel et dualisme réel du sens de l’etre, di R. Lamblin: etica e ontologia e rapporto tra ragione, libertà e natura all’interno di una riflessione sulla presenza del 81 male nel mondo che si ricollega alle riflessioni di Kant e dei filosofi dell’Idealismo tedesco. La moralité et le mal dans les ‘Principes de la philosophie du droit’ de Hegel, di P. Soual: la natura e la fenomenologia del male morale nella riflessione hegeliana sull’etica e il diritto. Il male morale come possibilità “costitutiva” del libero soggetto pensante che, negando l’autentico Assoluto (il Bene), sceglie di assolutizzarsi ponendosi come “sé arbitrario” e “coscienza malvagia”; una concezione non priva di analogie con il tema biblico del peccato di superbia. Le jeu de l’athéisme dans le ‘Theophrastus redivivus’, di H. Ostrowiecki: la definizione di opera “visceralmente” atea e anti-cristiana rende veramente giustizia all’anonimo manoscritto seicentesco Theophrastus redivivus? Soffermandosi sull’apparente contraddizione tra il palese ateismo del frontespizio e del primo dei sei trattati (quello sugli dei) e l’aperta professione di cristianesimo del Proemium l’articolo intende dimostrare come la stessa struttura “dialogica” dell’opera e l’analogia di alcuni temi con i dogmi cristiani della caduta e della redenzione evidenzino nel Theophrastus non tanto una posizione di mero ateismo, quanto un tentativo di esercitare liberamente la razionalità naturale fondata sui sensi contro l’egemonia dell’apologetica tradizionale. Les “Lectures traversières” de Louis Marin, di J.-P. Cavaillé: l’ermeneutica dell’ “attraversamento” nell’ultima opera di Louis Marin. REVUE DES SCIENCES PHILOSOPHIQUES ET THEOLOGIQUES Tomo LXXX, n. 3, luglio 1996 J. Vrin, Parigi Conscience et humanité selon Husserl, di S. Bréton: il rapporto fra la fenomenologia generale di Husserl e la riflessione politica attraverso l’analisi di Y. Thierry sul “soggetto politico” e sulla “coscienza umana” come intenzionalità epocale che apre all’intersoggettività. La riduzione trascendentale come punto di partenza del pensiero politico. Le monde et l’absence de l’oeuvre, di J.-Y. Lacoste: a partire da Essere e tempo di Heidegger, l’articolo si propone di riflettere sull’opera d’arte come alternativa al mondo delle cose. L’opera d’arte, infatti, sottratta alla temporalizzazione, gode di un privilegio ontofanico in quanto “evento della verità” che rimanda al cuore stesso del progetto fenomenologico: il cominciamento non di un mondo costituito, ma della sua possibilità. Friedrich Schlegel’s Theory of an alterna- RASSEGNA DELLE RIVISTE ting principle prior to his arrival in Jena (6 august 1796), di E. Behler: l’analisi della posizione polemica di Schlegel rispetto a Jacobi e alla sua opposizione alla ragione come strumento di conoscenza e veicolo dell’ateismo e del nichilismo. “Alle Wahrheit ist relativ, alles Wissen symbolisch” - Motive der Grundsatz-Skepsis in der frühen Jenaer Romantik (1796), di M. Frank. Hölderlins frühe Fichte-Kritik und ihre Wirkung auf den Gang der Ausarbeitung der Wissenschaftslehre, di V. Waibel: a partire dall’epistolario Hölderlin-Hegel si ripercorre la critica originaria alla concezione fichtiana dell’Io assoluto presente nella Dottrina della scienza. REVUE INTERNATIONALE DE PHILOSOPHIE n. 3, settembre 1996 Presse Universitaire de France, Groeninghe (Belgio) Tema della rivista: “Le premier romantisme allemand (1796)”. John Mc Dowell’s ‘Mind and world’, an early Romantic epistemology, di A. Bowie: sul legame teoretico tra Mc Dowell e il pensiero di Novalis, Schlegel e Schleiermacher a partire dal concetto di incondizionato-illimitato-assoluto e da quello di un Io consapevole, preceduto da uno stato, al quale si accede solo indirettamente, sospeso fra un passato da ricordare e un futuro sconosciuto (eternal lack). L’opera di Mc Dowell, Mind and world, tradisce inoltre la componente idealrealistica del suo pensiero, in accordo con Schelling e forse anche con una rilettura di Hegel. Der Klagenfurter Herbert-Kreis zwischen Aufklärung und Romantik, di W. Baum: l’analisi delle componenti filosofiche illuministiche e pre-romantiche del “circolo” di Herbert attraverso una rilettura storica (gli influssi rivoluzionari) e teoretica (Kant, Reinhold, Fichte). partecipazione, forzatamente imperfetta, dell’uomo, tramite la fede e la Rivelazione, alla conoscenza che Dio ha di Sé e del mondo. di rapporto con l’alterità. Cartesio, però, insiste sulla impossibilità di formulare giudizi scientifici sul tema delle scelte umane come esito della libertà individuale. Du logos intermèdiaire au Christ médiateur chez les Pères grecs, di G. Remy: sul tema del Cristo come “mediatore” tra Dio e l’uomo e autore del loro riconciliarsi nell’evento dell’incarnazione, come viene affrontato nella tradizione della Patristica orientale, da Ireneo a Cirillo di Alessandria. L’esthétique musicale de Descartes et le cartésianisme, di B. Van Wymeersch: l’estetica cartesiana nella sua evoluzione da una filosofia dell’oggettivo a una del soggettivo e del gusto personale (la musica nella sua risonanza emozionale nel soggetto) come dimensione metarazionale. Etudes sur les écrits johanniques, di L. Devillers: breve rassegna di studi critici sul Vangelo di Giovanni. Approches du Moyen Age tardif, di S.T. Bonino: serie di recensioni di testi relativi alla situazione degli studi filosofici e teologici nel tardo medioevo (XIV-XV sec. ). Di particolare interesse i temi della ricezione della filosofia e della politica di Aristotele e della diffusione del tomismo. LES ETUDES PHILOSOPHIQUES gennaio-giugno 1996 PUF, Parigi REVUE DE PHILOSOPHIE DE LOUVAIN Tomo 94, n. 2, maggio 1996 Institut Supérieur de Philosophie Louvain La Neuve Tema della rivista: “Descartes - Le quatrième centenaire (1596-1996)”. L’analyse cartésienne et l’ordre des raisons, di B. Timmermans: Il metodo di ricerca cartesiana viene messo in relazione a quello analitico inaugurato da Galeno, ripreso in seguito da Hooke e indirettamente commentato da Kant. Ma questa ipotesi di lettura si scontra con quella di Vuillemin, il quale, nel sottolineare il carattere asimmetrico dell’ordine cartesiano, ricorda che in Cartesio l’analisi interviene al cospetto di un ordine turbato e confuso, mentre, quando esso viene “scoperto” o “costruito”, Cartesio lascia spazio alla sintesi. De la liberté absolue, di O. Depré: sulla teoria cartesiana della creazione delle verità eterne, in rapporto alle metafisiche sottese e fondative e con un’analisi delle posizioni di Leibniz e Spinoza in merito e alle più recenti critiche di Jonas. REVUE THOMISTE n. 3, luglio-settembre 1996, Edizioni dei Domenicani, Tolosa Le savoir théologique chez Saint Thomas, di J.P. Torrell: prima parte di uno studio sulla sacra doctrina di Tommaso d’Aquino, un insieme di teologia e di studio delle Sacre Scritture, che si configura come scienza delle cose divine, come sapere finalizzato alla contemplazione della “verità prima”, derivante dalla Le cogito ébloui ou la noése sans noéme, di M. Dupuis: la rilettura del cogito cartesiano alla luce della riflessione di Levinas. Il cuore dell’ispirazione metafisica che guida la fenomenologia “radicale” di quest’ultimo consiste nella concezione dell’Infinito di Cartesio, alla luce della creazione delle verità eterne, della presenza nel “cogito” dell’idea di infinito e del superamento del cogito stesso. Du bons sens le mieux partagé..., di D. Lories: sul rapporto tra il concetto cartesiano di bons sens e quello di phronesis contenuto nell’Etica a Nicomaco di Aristolele: in entrambi i casi si assiste al tentativo di porre in rapporto particolare e universale al cospetto della contingenza situazionale; inoltre, nel “giusto mezzo” entrambi i concetti individuano la misura delle virtù etiche; infine, entrambi sono relativi al piano sia intellettuale, sia morale, istituendo una possibilità 82 Il numero della rivista è dedicato alla figura e all’opera di Cartesio, nel quattrocentesimo anniversario della sua nascita (1596-1996). Vengono inoltre pubblicati due articoli relativi all’ontologia di Christian Wolff e alla critica di Hegel alla concezione wolffiana dell’essere. Le référent “dialectique” dans les ‘Regulae’, di A. Robinet: le Regulae ad directionem ingenii di Cartesio nel contesto della fioritura degli studi logici e dialettici del XVI sec. ispirati alla Dialectique di Pierre de La Ramée. Logique, mathématique et ontologie: La Ramée précurseur de Descartes, di G. Jamart: su Pierre de La Ramée come esponente di spicco di quella tradizione antiscolastica e antiaristotelica tra Cinquecento e Seicento in cui si inscrivono le Regulae di Cartesio. Il progetto cartesiano della mathesis universalis e la Dialectique di La Ramée presuppongono entrambi il ragionamento matematico come paradigma del pensare e partono dalla prossimità tra pensiero e scienza matematica per elaborare una “ontologia della relazione” antitetica alla metafisica sostanzialista di derivazione aristotelica. La philosophie cartésienne et l’hypothèse de la pure nature, di L. Renault: la lettera a Silhon sulla conoscenza razionale del divino come spunto per evidenziare, negli scritti cartesiani, la coesistenza di una noetica filosofica e di una noetica teologica e per sottolineare la RASSEGNA DELLE RIVISTE plausibilità dell’appartenenza di Cartesio a quella tradizione della “pura natura” (Suarez e Caetano), secondo cui il desiderio naturale di conoscere Dio è pienamente soddisfatto, nell’uomo, dai poteri e dalle prerogative della sola ragione individuale. L’unité de la science et son objet. Descartes et Gassendi: deux critiques de l’aristotelisme, di T. Bedouelle: il confronto tra le Exercitationes paradoxicae adversus Aristoteleos di Gassendi e le Regule di Cartesio dimostra che mentre Gassendi, muovendosi in una prospettiva scettica, resta comunque tributario di Aristotele, Cartesio attua una autentica trasformazione dei concetti aristotelici che lo porta a elaborare una dottrina filosofica del tutto nuova e originale. La thérapeutique de Descartes dans les “Remedia et vires medicamentorum”, di V. Aucante. Descartes et la fortune, di J.-C. Bardout: la fortuna, in Cartesio, è il nome proprio di quell’“altro” che l’io esperisce come libera soggettività che resiste a ogni tentativo di oggettivazione e che, nella sua natura di soggetto pensante dotato di libertà e dunque irriducibile, nel suo agire, a norme etiche universalmente condivise, si pone come imprevedibilità e impermeabilità al criterio conoscitivo dell’evidenza. La fortuna, dunque, come ciò che, nel mondo nelle relazioni umane, ostacola ogni forma di sapere metodico e garantisce, in un certo senso, dalla tentazione del razionalismo assoluto. Gouvernement de soi et contentement, di J.-P- Marcos: l’egocentrismo infantile (principio del “tutto è dovuto”), alimentato dalla benevolenza degli adulti, è per Cartesio modello di un comportamento ispirato all’illusione che il mondo sia fatto a misura del desiderio dell’io e all’ignoranza di quella correlazione tra “realtà” e “alterità” che sola consente al soggetto, nell’esperienza del confronto con i desideri dell’altro, di prendere coscienza dell’indisponibiltà del reale alle pulsioni del proprio volere. “Uscire dall’infanzia” diviene così l’imperativo di un’etica dell’auto-limitazione del desiderio in cui l’intelletto, sostituendo la fede nella Fortuna con la fede nella Provvidenza e ricercando un saggio equilibrio tra “morale dell’azione efficace” e “morale dell’accettazione”, perviene a una esatta conoscenza del “possibile” come presupposto essenziale della piena soddisfazione di sé. Arnauld, les idées et les verités éternelles, di D. Moreau: la critica di Huygens e Lamy, seguaci della teoria malebranchiana della visione delle verità in Dio e dell’univocità tra conoscere divino e umano, porta Ar- nauld, in particolare nella Dissertatio bipartita e nelle Règles du bon sens, ad avvicinarsi, con originalità, alla dottrina cartesiana della creazione delle idee eterne. Idée, peinture et substance, di D. Dauvois: la teoria cartesiana del conoscere, con particolare riguardo al rapporto tra le idee e le loro cause, riletta metaforicamente in relazione all’esperienza della pittura. Descartes est-il un penseur critique? Quelques rèflexions, di C. Bouriau: partendo dalla rilettura neo-kantiana di Cartesio, l’articolo sottolinea come, evidenziando i vincoli che la sensibilità pone all’esercizio della razionalità e anticipando le soluzioni di Kant alle prime due antinomie della ragion pura (grandezza del mondo e numero delle parti della materia), la speculazione del filosofo francese riveli una innegabile dimensione “critica”, intesa come superamento del dogmatismo metafisico o razionalistico reso possibile dall’individuazione dei limiti che si oppongono alle pretese conoscitive della ragione individuale. Scienza della logica di Hegel diviene così quello di recuperare, inverandola, l’essenza “noetica” dell’ontologia wolffiana, dimostrando l’identità tra pensiero ed essere in modo concreto, necessario ed esaustivo. La dèfinition de l’existence comme le complement de la possibilité et les rapports de l’essence et de l’existence selon Christian Wolff, di J. Ecole. IDEE (Anno XI; n. 31. 32, gennaio-ago- sto 1996, Milella, Lecce) presenta un intervento di D. Mansueto su Figura sola: il diagramma secondo Deleuze, una breve discussione sulla monografia di Deleuze, Francis Bacon. Logica della sensazione (Quodlibet, Macerata 1995), con particolare riferimento allo strumento di analisi del diagramma utilizzato da Deleuze. DISCIPLINE FILOSOFICHE (Anno VI, n. L’évidence en règle: Descartes, Husserl et la question de la ‘mathesis universalis’, di G. Olivo: l’interpretazione husserliana di Cartesio tende a “radicalizzare” l’apparente contraddittorietà delle nozioni cartesiane di metodo e di mathesis universalis, che ora sembrerebbero fondate e quasi assorbite dalla metafisica (garanzia divina della veridicità delle conoscenze), ora precederebbero la metafisica, distinguendosi apertamente da essa. L’attenta lettura delle Regulae, delle Meditationes e del Discours sur la méthode consente invece di evidenziare come, anche nel ricorso a Dio quale “garante” delle conoscenze “chiare e distinte”, Cartesio resti fedele a una concezione della priorità del metodo e della mathesis come non riducibili, né subordinabili alla speculazione metafisica. 1, 1996, Vallecchi, Firenze) nella sezione “Hermeneutika” figura una serie di interventi sul tema: “Ermeneutica e psicoanalisi”; nella sezione “Analitika” il tema è: “Il problema della rappresentazione della conoscenza nel dibattito tra cognitivismo e connessionismo”. IL CANNOCCHIALE (n. 1-2, gennaio- agosto 1996, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli) presenta un numero monografico su “L’argomentazione misura delle filosofie”, a cura di G. Traversa. Se ogni posizione filosofica contiene e presuppome necessariamente una struttura argomentativa, si pone allora il problema di misurare la differenza tra le varie posizioni con il criterio dell’argomentazione, sostanziale per la filosofia stessa. RAGION PRATICA (Anno IV, n. 6, Edi- Le tournant “discursif”: de la vérité métaphysique à la vérité dans l’ordre du discours, di P. Larralde: partendo dall’interpretazione di Heidegger della metafisica moderna (e cartesiana in particolare) come “oblìo dell’essere”, l’articolo si propone, rileggendo la dottrina del cogito come “scoperta” dell’essere, di elaborare una prospettiva filosofica “neocartesiana” che, rinunciando a qualsiasi alternativa “radicale” alla speculazione della modernità, recuperi comunque l’esigenza heideggeriana. zioni Compagnia dei Librai, Genova): alla luce dell’importanza centrale che da un tempo va assumendo il problema del precedente giudiziale, la rivista propone una sezione dedicata a “I giudici e il precedente”, a cura di M. Taruffo. Segnaliamo inoltre vari interventi su “Kelsen, la pace, la guerra”. Ontologie et logique dans l’interprétation hégelienne de Christian Wolff; di C. Bouton: per Hegel, l’ontologia di Wolff rappresenta il compimento della metafisica dell’identità di essere e pensiero inaugurata da Cartesio, ridotta però a mera e astratta elencazione di concetti e di determinazioni. L’obiettivo della FILOSOFIA OGGI (Anno XIX, n. 75, 83 INTERSEZIONI (Anno XVI, n. 2, agosto 1996, Il Mulino, Bologna) presenta un fascicolo monografico su “Le donne nella storia e nella cultura” . luglio-settembre 1996, L’Arcipelago, Genova) presenta un intervento di J. M. Trigeaud: Le mythe du héros et l’esthétique de la justice. FILOSOFIA E TEOLOGIA (Anno X, n. 2, maggio-agosto 1996, Edizioni Scientifi- RASSEGNA DELLE RIVISTE che Italiane, Napoli) presenta un articolo di A. Ghisalberti su Vita e logos dall’antichità al medioevo e un intervento di F. Moiso su La vita come pluralità senziente. La scuola stahliana e il suo influsso sulla filosofia del secondo Settecento. QUADERNI DI SCIENZA POLITICA (Anno III, n. 2, agosto 1996, Giuffré, Milano) contiene un intervento di R. Biorcio su Comunicazione elettorale e identità: note sulla transizione italiana. TEOLOGIA (Anno XXI, n. 2, giugno 1996, Glossa, Milano) pubblica un articolo di P. Colombo su Nietzsche ed il Cristianesimo. RIVISTA ROSMINIANA (Anno XC, n. 3, luglio-settembre 1996, Sodalitas, Stresa) presenta tra gli articoli Il silenzio nella vita di Rosmini, di L. Cristellon, e Rosmini e Maine de Biran, di M. Fabris. PROSPETTIVA PERSONA (Anno V, n. 15, giugno 1996, Andromeda, Teramo) presenta un intervento di B.A. Andreola su Mounier e l’America latina. storicismo, neostoricismi”, dedicato al movimento critico comparso sulle scene accademiche statunitensi alla fine degli anni Settanta e confluito, insieme al decostruzionismo, nel vasto panorama della tradizione poststrutturalista. I caratteri dell’approccio neostoricista sono i seguenti: una visione complessa del rapporto tra storia speciale (arte, letteratura) e storia generale; l’interesse per le fonti marginali ed extraletterarie apparentemente insignificanti; l’approccio interdisciplinare; l’idea della storia come narrazione analizzabile con gli strumenti classici della critica letteraria. FENOMENOLOGIA E SOCIETÀ (Vol. XIX, n. 1-2, 1996 Rosenberg & Sellier, Torino) dedica il fascicolo a Charles Taylor, filosofo canadese importante esponente del comunitarismo e del neoaristotelismo anglosassone. Lo scopo che la rivista si propone è di offrire una serie di letture critico-esegetiche trasversali dell’opera di Taylor con particolare rifermento al nucleo filosofico contenuto nella sua più importante opera Radici dell’Io. CENOBIO (Anno XLV, n. 3, luglio-set- HERMENEUTICA (1996, Morcelliana, Brescia) presenta un fascicolo monografico dal titolo: “Rileggere Bonhoeffer”, che richiama l’attenzione su un pensatore asistematico e incompiuto, la cui domanda radicale: «che ne è oggi del Cristianesimo» pone la questione dell’essere con o contro Cristo in un interrogare che risente profondamente dell’influenza di Nietzsche. LINGUA E STILE (Anno XXXI, n. 3, settembre 1996, il Mulino, Bologna) presenta un saggio di P. Garavaso su Significanza cognitiva e contenuto di pensiero nella nuova teoria del riferimento che prende le mosse da un dibattito all’interno della filosofia del linguaggio contemporanea che vede alcuni nuovi teorici del riferimento impegnati a controbattere una critica proveniente dai neofregeani, secondo cui la nuova teoria del riferimento non può costituire una semantica adeguata perché non spiega i problemi messi in luce da Frege sulla significanza cognitiva del linguaggio. In particolare, viene qui presa in esame la posizione di Wettstein sulla questione della significanza cognitiva. Segnaliamo inoltre l’aticolo: Il tempo come condizione che permette al linguaggio di dire ogni cosa. Un modello di spazializzazione del tempo, di P. Perconti, che tratta del ruolo omogeneo del tempo nell’articolazione cognitiva prelinguistica e nell’articolazione del linguaggio. STUDI DI ESTETICA (Anno XXIV, n. 13, 1996, Clueb, Bologna) presenta un numero monografico dal titolo: “Neo- tembre 1996, Lugano, Svizzera) presenta un fascicolo contenente gli Atti del convegno di Montagnola (22-23 settembre 1996) su “La teoria critica di Max Horckhimer”. IRIDE (Anno IX, n. 18, agosto 1996, Il Mulino, Bologna) presenta tre sezioni dedicate ai seguenti temi: “Patologie del sociale”, “Destra e destre”, “Soggettività e modernità”. In particolare si segnala: Patologie del sociale. Tradizione ed attualità della filosofia sociale, di A. Honneth, in cui vengono descritti i compiti della filosofia sociale in rapporto alla filosofia politica e alla filosofia morale; La crisi del sapere moderno, di P. Alheit, che affronta, nella consapevolezza della non esistenza di una scienza pura e neutrale e del rischio di uno scientismo irresponsabile, il problema della responsibilità fondamentale nella scienza per le conseguenze del lavoro scientifico. Nella sezione “Destra e destre” compaiono contributi che mettono in luce l’esistenza di una destra liberista (S. Veca: Sulla destra e i suoi pincipi), di una conservatrice (D. Cofrancesco: Qual è la destra che manca in Italia), di una radicale e metapolitica (M. Revelli: La nuova destra). Nella sezione “Soggettività e modernità” prosegue la pubblicazione di interventi sulla questione della soggettività con riflessioni sul legame sociale per un soggetto contingente, sulla produzione della soggettività in un mondo dominato dai mass media, sulla permanenza del mito nella società moderna. 84 TEORIA (Anno XVI, n. 1, 1996, ETS, Pisa) presenta un fascicolo monografico sul tema: “Heidegger, Nietzsche e il nichilismo contemporaneo”. I contributi qui riportati costituiscono parte degli interventi tenuti da G. Campioni, A. Fabris, F. Volpi al convegno “Heidegger e Nietzsche” (La Spezia, 23-24 marzo 1995), a cui hanno partecipato anche P. A. Rovatti e M. Ruggenini. Compare inoltre un intervento di W. Müller Lauter sull’interpretazione heideggeriana di Nietzsche. RIVISTA DI STORIA DELLA FILOSOFIA (Anno LI, n. 3, 1996, Franco Angeli, Milano) dedica il fascicolo all’esame di alcuni aspetti del pensiero e dell’opera di Cartesio, in ricordo del quarto centenario della nascita, e allo studio di momenti del cartesianesimo e di fasi significative della sua fortuna tra Sei e Settecento. REVUE DES ETUDES AUGUSTINIENNES (n. 42/1, 1996) pubblica l’articolo: Un poème philosophique de l’Antiquitè tardive: ‘De pulchretudine mundi’, di F. Dalbeau, che riporta un’analisi formale e contenutistica del famoso testo del XVI capitolo del Liber viginti sentientiarum, De pulchretudine mundi, attribuito ad Agostino, identificando motivi di carattere culturale che permettono di ricondurre l’opera al contesto filosofico della tarda antichità: la teoria dei quattro elementi; l’analisi aristotelica delle coppie di contrari (caldo/freddo e secco/ umido); la concezione delle qualità binarie come sfondo dell’armonia universale del Timeo. REVUE DES QUESTIONES SCIENTIFIQUES (Tomo 167, n. 1, 1996, Société Scientifique, Bruxelles) presenta, tra l’altro, un articolo dal titolo: De l’ouverture de l’homme et du monde: réflexions sur la tecnique, les sciences et la réligion, di J. Fennema, che tratta della progressiva autonomia della tecnica dall’uomo, richiamando il ruolo decisivo della tecnica nella guida dello sviluppo sociale e nelle trasformazioni della vita e del pensiero, come pure della scienza. L’auspicio è quello di una “teologia della natura” capace di una nuova trasparenza, emergente non più dal linguaggio “cosale”, ma dal silenzio, dall’ascolto ermeneuticamente inteso. NOVITÀ IN LIBRERIA A.A.V.V. Giordano Bruno: note filologiche e storiografiche - I giornata Luigi Firpo: 3 marzo 1994 L.S. Olschki, aprile 1996 pp. 61, £. 25.000 Gli interventi presenti in questo libro sono: “Bruno ieri e oggi” di Michele Ciliberto, “I dialoghi italiani (varietà di varianti)” di Giovanni Aquilecchia, “Il Bruno di Luigi Firpo” di Diego Quaglioni. NOVITÀ IN LIBRERIA Audretsch, J. - Mainzer, Kl. (a cura di) Wieviele Leben hat Schrödingers Katze? Zur Physik und Philosophie der Quantenmechanik Spektrum, maggio 1996 pp. 320, DM 48. A.A.V.V. Kant politico a duecento anni dalla Pace perpetua: Convegno della Società italiana di studi kantiani presso la scuola normale superiore di Pisa Istituti editoriali, giugno 1996 pp. 733, £. 10.000. A.A.V.V. Almanacco di filosofia 96 Periodici culturali, aprile 1996 pp. 280, £. 20.000 Questa rivista raccoglie i seguenti scritti: “I compiti della filosofia” di Norberto Bobbio, Nicola Abbagnano e Antonio Banfi, “Passione democratica e routine degli interessi” di Jurgen Habermas e John Rawls, “È la gente per bene a erigere le ghigliottine” di Adama Michnik e Isaiah Berlin, “L’invenzione dell’individuo” di Massimo Cacciari, “La legge della comunità” di Roberto Esposito, “Nascita, orgasmo e politica” di Adriana Cavarero, “Il tragico della libertà” di Sergio Givone, “Comune presenza” di Renè Char, Martin Heidegger, “Dio, l’ornamento” di Gianni Vattimo ecc. Abba, Giuseppe Quale impostazione per la filosofia morale LAS, giugno 1996 pp. 329, £. 35.000 In questo libro l’autore, confrontando in modo sistematico i principali interlocutori della filosofia morale, trae la conclusione che l’etica della vita buona e delle virtù, specialmente nella versione tomista, non è così sprovveduta come si ritiene, in quanto può rispondere alle obiezioni e alle istanze alternative riscontrando a volte aporie e incongruenze di cui esse sono inconsapevoli. Abbagnano, Nicola Esistenzialismo positivo Taylor, giugno 1996 pp. 47, £. 16.000. Abelardus, Petrus Lettere di Abelardo e Eloisa introduzione di M.T. Fumagalli Beonio Brocchieri; trad. e note di Cecilia Scerbanenco Rizzoli, giugno 1996 pp. 535, £. 20.000 In questo libro si trova un documento eccezionale su un’epoca alle soglie del mondo moderno. Adorno, Theodor Probleme der Moralphilosophie a cura di Th. Schröder Suhrkamp, maggio 1996 pp. 320, DM 68. Agazzi, Evandro Das Gute, das Böse und die Wissenschaft. Die ethische Dimension des wissenschaftlich-technologischen Unternehmung Akademie-Vlg., aprile 1996 pp. 344, DM 64. Alker, Hayward R. Rediscoveries and Reformulations: Humanistic Methodologies for International Studies Cambridge UP, giugno 1996 pp. 450, UK£ 17.95 Questo testo fornisce una concezione della metodologia che sta alla base degli studi internazionali. L’autore si pone di fronte a una sfida: integrare gli stili di ricerca “positivisti” e “falsificazionisti” nelle investigazioni umanistiche e interpretative. Alliez, Eric Deleuze, philosophie virtuelle Sinthélabo, maggio 1996 pp. 55, F 40 È stato da sempre rimproverato a Deleuze di non essere l’autore di una filosofia originale, perché egli commenta, e di non essere maggio 1996 pp. 225, DM 68 Seguendo gli approcci sintetici dei presocratici, del Rinascimento e del Romanticismo, scienziati, filosofi ed esperti di scienze dello spirito si sono uniti, allo scopo di avviare un discorso comune sulla natura, che oltrepassi i confini delle singole discipline. uno storico della filosofia, perché non ha mai fatto altro che “del Deleuze”. L’autore scopre, nella nozione così discussa del “virtuale”, l’operatore, a partire dal quale è possibile produrre una sorta di “eterogenesi” del pensiero deleuziano. Per tutti gli interessati. rimane uno dei riferimenti d’obbligo per ogni studio della letteratura. Per tutti gli interessati alla materia e di livello universitario. Aristotele The Politics and the Constitution of Athens a cura di Stephen Everson Cambridge UP, giugno 1996 pp. 296, UK£ 6.95 Questa raccolta degli scritti politici di Aristotele fornisce un resoconto de La politica e mostra il rapporto tra questo testo e i suoi studi in qualità di storico costituzionale. Viene anche presentata la costituzione di Atene, per contrastare gli aspetti empirici e teorici della scienza politica di Aristotele. Aminrazavi, Mehdi Suhrawardi and the School of Illumination Curzon Press, maggio 1996 pp. 220, UK£ 12.99 La tela dei miti e del simbolismo nella filosofia di Shihab al-Din Yahya Suhrawardi esprime chiaramente la sua teoria della conoscenza, che rappresenta un importante tema della scuola di pensiero “ishraqi”. Quest’opera si propone di mostrare Suhrawardi come un pensatore che ha tentato di conciliare il discorso razionale e la purificazione interiore. Aristoteles, 384-322 B.C. Retorica testo critico, trad. e note a cura di Marco Dorati introd. di Franco Montanari Mondadori, giugno 1996 pp. 396, £. 15.000 In questo libro Aristotele affronta sia l’aspetto teorico che quello pratico della retorica. Della retorica, intesa come “tecnica della persuasione” vengono trattati tutti gli aspetti: dalla logica all’uso delle metafore e dei motti di spirito, dallo stile del discorso ai modi per determinare negli ascoltatori gli atteggiamenti e gli stati d’animo più favorevoli. Amtmann, Rolf Sinn und Sein. Mensch und Gott in der europäischen Philosophie Grabert, maggio 1996 pp. 448, DM 68. Antiseri, Dario La tolleranza e i suoi nemici pref. di Giorgio De Finis Il mondo 3, giugno 1996 pp. 62, £. 8.000 In questo saggio Antiseri cercando le motivazioni etiche e conoscitive del pregiudizio, della violenza e dell’intolleranza, giunge alla conclusione dell’impossibilità di trovare un fondamento logico ai principi etici come ai comportamenti umani. Armellini, Serenella Le due mani della giustizia: premialità del diritto come problema filosofico Giappichelli, maggio 1996 pp. 189. £. 26.000 In questo libro vengono trattate le seguenti tematiche; le ricompense in Hobbes, il premio in relazione al rapporto uomo-società nel riformismo italiano, la natura dell’uomo e la premialità del diritto, la premialità del diritto tra scienza e filosofia, considerazioni sul “feticismo della legge” e lo stato punitivo tra premialità e la promozionalità del diritto. Antiseri, Dario - Conci, Domenico Antonino (a cura di) Il desiderio di essere: l’itinerario filosofico di Pietro Prini contributi di Dario Antiseri et al. Studium, maggio 1996 pp. 360, £. 42.000 In questo libro sono raccolti alcuni saggi di diversi autori sul pensiero di Prini in occasione del suo ottantesimo compleanno. In un arco storiografico di ispirazione neoplatonico-cristiana sono illustrate criticamente le interpretazioni che il Prini ha dedicato a Plotino, a Rosmini, alla storia dell’esistenzialismo nel suo complesso e in modo particolare a Gabriel Marcel. Armstrong, D.M. - Martin, C.B. - Place, U.T. Dispositions: A Debate Routledge, maggio 1996 pp. 208, UK£ 40 Si tratta di un esteso dialogo fra tre famosi filosofi sui molti problemi connessi alle inclinazioni naturali, che sono a loro volta legati ad altri aspetti come la natura della mente, la materia, i concetti generali, le leggi della natura e la relazione causaeffetto. Archard, David (a cura di) Philosophy and Pluralism Cambridge UP, maggio 1996 s.pp., UK£ 14.95 In un mondo di diversità - culturali, religiose, morali, filosofiche - la questione che preoccupa coloro che hanno collaborato a questo volume è se l’esistenza della differenza - ovvero della pluralità - porti inevitabilmente alla conclusione che non può esistere un’unica verità, nemmeno nelle questioni morali. Arrington, Robert Glock, Hans-Johann Wittgenstein and Quine Routledge, giugno 1996 pp. 272, UK£ 35 Questo studio accomuna due dei più importanti filosofi del XX secolo. I due pensatori vengono paragonati e le opinioni dei commentatori sul loro rapporto mostrano profonde differenze. Aristotele Poétique pref. di Philippe Beck Gallimard, maggio 1996 pp. 162, F 55 Nei testi che ci sono pervenuti, Aristotele propone un’analisi dei principali generi letterari: l’epopea, la commedia e, soprattutto, la tragedia. Questo testo è stato e Arzt, Th. et al. (a cura di) Philosophia naturalis. Beiträge zu einer zeitgemäßen Naturphilosophie Königshausen & Neumann, 85 Aul, Joachim Schopenhauer-Bibliographie. Mikrofiche-Ausgabe. Stand: Juli 1995 Hänsel-Hohenhausen, aprile 1996 2 microfiche (pp. 136), DM 80 Si tratta di un’edizione su microfiche della bibliografia su Schopenhauer, aggiornata al luglio ’95. Axelos, Kostas Métamorphoses: clôture-ouverture Hachette-Pluriel, aprile 1996 pp. 192, F 49 Partendo dal lungo percorso che ha condotto dalla mitologia arcaica attraverso la tradizione greco-romana e quella giudaico-cristiana fino alla tecnologia ultramoderna, si sviluppano le grandi metamorfosi del mondo. All’epoca dell’universalizzazione della tecno-scienza a che punto, all’interno di questa evoluzione, si situa l’Europa? Che cosa è accaduto della “fine dell’arte”? Per tutti gli interessati alla materia. Badiou, Alain - Cigolani, Patrick -Vauday, Patrick et al. (a cura di) Jean Borreil: la raison de l’autre pref. di M. Matieu e P. Vermeren L’Harmattan, aprile 1996 pp. 207, F 120 Il libro mostra i cammini filosofici ai quali ha attinto Jean Borreil o Joan Borell (19381992) e presenta un testo inedito su Samuel Beckett. Per tutti gli interessati alla materia. Bärthlein, Karl Der Analogiebegriff bei den griechischen Mathematikern und bei Platon a cura di Josip Talanga Königshausen & Neumann, aprile 1996 pp. 197, DM 68. Baruzzi, Arno Philosophie der Lüge Wiss. Buchges., aprile 1996 pp. 220, DM 49,80 La menzogna sembra appartenere al comportamento umano. La biologia infatti indica che le vite mentono e che questo significa e implica una “lode della menzogna”. Se la natura è una cultura della menzogna, come si mette la situazione per l’uomo, con la sua libertà da e rispetto alla menzogna? Bausi, Francesco Nec rethor neque philosophus: fonti, lingua e stile nelle prime opere latine di Giovanni Pico della Mirandola: 1484-87. L.S. Olschki, giugno 1996 pp. 213, £. 48.000. Beaufret, Jean Parménide, ‘Le poème’ PUF, maggio 1996 pp. 112, F 49 Il luogo del Poema di Parmenide è sicuramente la trascendenza, ma non quella trascendenza evasiva che, da Platone in poi, è metafisicamente nostra, ma una trascendenza che non sarà da nessuna parte più evidente che qui. Il volume presenta anche l’edizione bilingue greco e francese dei frammenti del Poema. Di livello universitario. Becker, Thomas Die Hegemonie der Moderne. Zur Neubestimmung politischer Romantik im Naturrecht Kants und Hegels pref. di Dietmar Kamper Olms, aprile 1996 pp. 221, DM 58. NOVITÀ IN LIBRERIA Becker, U. - Feldmann, Kl. Jihannsen, Fr. (a cura di) Sterben und Tod in Europa. Wahrenehmungen - Deutungsmuster Wandlungen Neukirchener Vlg., maggio 1996 pp. 240, DM 48 Questo volume fornisce una rassegna della ricerca sul morire e sulla morte nella teologia, la sociologia, la psicologia, la medicina, la storia, la pedagogia e la filosofia. Beckmann, J.P. (a cura di) Philosophie im Mittelalter. Entwicklungslinien und Paradigmen. Wolfgang Kluxen zum 65. Geburtstag Meiner, maggio 1996 pp. 476, DM 49,80 Si tratta della seconda edizione di questo volume, dedicato a Wolfgang Kluxen, in occasione del suo sessantacinquesimo compleanno. Behrens, Roger Pop, Kultur, Industrie. Zur Philosophie der populären Musik Königshausen & Neumann, aprile 1996 pp. 175, DM 38. Bellissima, Fabio Consequentia mirabilis: una regola logica tra matematica e filosofia L.S. Olschki, aprile 1996 pp. 231, £. 45.000 In questo libro vengono analizzate alcune tematiche relative alla logica; la scoperta di Girolamo Cardano, i ritrovamenti di Clavio, le controversie in Belgio, la logica di Geulincx e la teologia dei Gesuiti, l’apoteosi in Gerolamo Saccheri, la fase critica di Wolff, l’analisi di Lambert e le critiche di Bolzano, la riscoperta moderna della logica di Giovanni Vailati e l’analisi della nuova logica. Benjamin, Andrew What is Abstraction? Academy Editions, aprile 1996 pp. 68, UK£ 8.95 Questo testo fa parte della serie What is; affronta la questione dell’astrazione, una delle scuole più significative e influenti della critica moderna ed esamina le attuali tendenze di pensiero presenti in questo settore. Il testo è destinato agli studenti del primo anno di filosofia e arte. Berman, David George Berkeley: The Man and his Religious Philosophy Clarendon Press, aprile 1996 pp. 242, UK£ 11.99 Il testo fornisce un quadro completo della vita e del pensiero di George Berkeley, integrando la sua filosofia e la sua religione. Berkeley si rivela essere un pensatore umano profondo e non un idealista virtuoso. Bernasconi, Robert Heidegger in Question: The Art of Existing Humanities Press, aprile 1996 pp. 288, s.pr. Bernasconi indaga, nel contesto del pensiero di Heidegger, su un certo numero di questioni di rilievo: un serie di saggi analizza il rapporto tra la politica di Heidegger e il suo pensiero e le ulteriori possibilità, aperte da questo rapporto, negli scritti di Arendt, Gadamer, Levinas e Derrida. Bernet - Kern - Marbach Edmund Husserl. Darstellung seines Denkens Meiner, maggio 1996 pp. 246, DM 48 Si tratta della seconda edizione ampliata di quest’opera. Bernhardt, Uwe Vom Anderen zum Selben. Für eine anthropologische Lektüre von Emmanuel Levinas Bouvier, aprile 1996 pp. 288, DM 82 Gli aspetti etici e teologici della filosofia di Levinas hanno suscitato una vivace discussione in ambito internazionale, a partire della fine degli anni Ottanta. Questo volume propone invece una “lettura antropologica” di Levinas. Bernstein, Richard Hannah Arendt and the Jewish Question Polity Press, maggio 1996 pp. 240, UK£ 12.95 Questo libro si propone di mostrare che molti dei temi più significativi del pensiero di Hannah Arendt hanno origine dal confronto con la questione ebraica. Avvicinandosi al lavoro maturo di Hannah Arendt da questo punto di vista, il lettore raggiunge una piena comprensione delle sue idee principali. l’analisi sui veri e falsi valori e il Bene sommo; la natura del libero arbitrio e la compossibilità della prescienza divina. Böhler, Arno Das Gedächtnis zur Zukunft. Ansätze zu einer Fundamentaltheologie der Freiheit bei Martin Heidegger und Aurobindo Ghose Passagen-Vlg., aprile 1996 pp. 368, DM 78. Böhme, Gernot Idee und Kosmos. Platons Zeitlehre. Eine Einführung in seine theoretische Philosophie Klostermann, aprile 1996 pp. 168, DM 68. Bertola, Francesco La Bellezza dell’Universo Il poligrafo, aprile 1996 pp. 126, £. 30.000 Filosofi e astrofisici, storici della scienza e artisti si interrogano in questo libro sulle questioni relative al rapporto tra l’ambito estetico e quello scientifico . Come aveva mostrato Feyerabend, a parità di condizioni una teoria “bella” (semplice, intuitiva, formalizzabile ed elegante) è preferibile a un’altra priva di tali requisiti. Questo ragionamento può essere applicato anche all’ambito della cosmologia, con il risultato di parlare di “bellezza” dell’universo. Bord, André Plotin et Jean de La Croix Beauchesne, aprile 1996 pp. 264, F 180 Per Plotino l’apice è l’estasi, per Jean de La Croix non è che un incidente di percorso, aleatorio. Per gli specialisti della materia. Bornedal, Peter Speech and System Museum Tusculanum, maggio 1996 pp. 533, s.pr. Quest’opera propone la tesi secondo cui la scrittura creativa e la filosofia emergono come forme specifiche di giochi del linguaggio, che sono distinte dal discorso, così come esso viene usato in forma intercomunicativa tra gli individui. Peter Bornedal tratta del pensiero, del discorso e dei sistemi. Bertrand Russell The Imprisoned Self vol. I: Phantoms of the Dusk a cura di Raymond Monk Jonathan Cape, aprile 1996 pp. 600, UK£ 20 Questo volume dell’autobiografia di Bertrand Russell copre i primi cinquant’anni della sua vita: l’infanzia, le sue prime opere, comprendenti Principia Mathematica, i suoi rapporti con Ottoline Morrell e Joseph Conrad, la sua insolita vita sessuale, la sua obiezione di coscienza alla Prima Guerra Mondiale e i suoi viaggi all’estero. Bornet, Gérard Die Bedeutung von ‘Sinn’ und der Sinn von ‘Bedeutung’. Auf dem Weg zu einem gemeinsprachlichen Wörterbuch für formale Philosophie Haupt, aprile 1996 pp. 246, FRS 42. Beutin, Wolfgang Zur Geschichte des Fridensgedankens seit Immanuel Kant von Bockel, maggio 1996 pp. 200, DM 68. Borsche, T. (a cura di) Klassiker der Sprachphilosophie von Platon bis Noam Chomsky C.H. Beck, aprile 1996 pp. 520, DM 78 La “svolta rispetto alla lingua” nella filosofia del secolo che si sta concludendo ha portato alla domanda: fino a che punto la filosofia è stata, già dai suoi inizi, filosofia della lingua? Eminenti esperti dimostrano, in ventiquattro contributi, perché nella filosofia viene data un’importanza determinante ai problemi della lingua. Bickmann, Claudia Differenz oder das Denken des Denkens. Topologie der Einheitsorte im Verhältnis von Denken und Sein im Horizont der Transzendentalphilosophie Kants Meiner, aprile 1996 pp. 428, DM 168. Biolo, Salvino (a cura di) Filosofi cattolici a confronto con il pensiero moderno: Rosmini, Newman, Blondel. Contributi del 49˚ Convegno del Centro di studi filosofici di Gallarate - aprile 1994. Rosenberg & Sellier, giugno 1996 pp. 302, £. 48.000 Il libro raccoglie diversi contributi che mettono in evidenza come il pensiero cattolico non debba essere rigettato per la sua dipendenza dogmatica dalla verità ma rivalutato in quanto è dotato del senso della storia che gli consente di collocarsi all’interno di una tradizione da svolgere, accettando con disponibilità critica ogni nuova proposta che è valida in quanto vera secondo l’ordine dell’essere. Bouchindhomme, C. - Rochlitz, R. (a cura di) Habermas, la raison, la critique Cerf, maggio 1996 pp. 238, F 140 Si tratta di una serie di tributi che si situano nella prospettiva di un dibattito critico con Habermas, condotto su basi vicine alle proprie concezioni e ricollocato intorno alla sua teoria del diritto e della democrazia. Per tutti gli interessati alla materia. Braun, Lucien Iconographie et philosophie: essai et définition d’un champ de recherche - vol. I Presses universitaires de Strasbourg, maggio 1996 pp. 404, F 208 La filosofia è stata ed è presente in seno allo sviluppo socio-culturale delle società sotto forma di idee o dottrine, ma anche sotto forma di immagini. Quest’ultime si rapportano sia ai promotori della filosofia sia alle allegorie che traducono a loro modo la potenza dell’interrogazione (o della proposizione) della filosofia. Per gli specialisti della materia. Blumenberg, Hans Arbeit am Mythos. Ein Gedenkbuch Suhrkamp, maggio 1996 pp. 704, DM 35 C’è qualcosa di irrisolto nell’ambito del mito: la corrente visione della storia come un unico percorso dal mito al logos era poco seria. È questo che mostra Arbeit am Mythos, nell’analisi funzionale delle forme del mito e nella loro ricezione, nell’elaborazione e nella categorizzazione delle rappresentazioni sulla propria origine e sull’essere originario, che l’uomo via via si è costruito. Braybrooke, David Social Rules: Origin, Character, Logic, Change Westview Press, aprile 1996 pp. 352, UK£ 48.50 Questo testo rappresenta un tentativo di raggiungere un compromesso tra le illustrazioni storiche e le argomentazioni teoretiche e di mettere in relazione tra di loro i punti di vista riguardo le regole sociali adottati dagli avvocati, gli antropologi, i sociologi e gli economisti. Boethius, Anicius Manlius Torquatus Severinus, Consolazione della filosofia introd., trad., note, apparati di Luca Orbetello Rusconi, giugno 1996 pp. 307, £. 21.000 La Consolazione presenta due temi nodali; 86 Breil, Reinhold Kritik und System. Die Grundproblematik der Ontologie Nicoli Hartmanns in traszendentalphilosophischer Sicht Königshausen & Neumann, aprile 1996 pp. 312, DM 68 Breil, nella sua tesi di abilitazione all’insegnamento universitario, dimostra, in ogni singolo capitolo, che i principi ontologici relativi all’argomento di quel capitolo hanno bisogno di motivazioni differenti e poi trasforma questo assunto, utilizzando una sistematicità filosofico-trascendentale. La pretesa di fornire la motivazione finale, accampata dall’ontologia, viene respinta e l’ontologia viene costruita sulla base di un’eccellente critica metafisica. Brose, Karl Friedensphilosophie und Friedenserziehung von Kant bis Adorno Vlg. Die Blaue Eule, maggio 1996 pp. 216, DM 29. Buroker, Jill Vance Antoine Arnauld and Pierre Nicole: ’Logic or the Art of Thinking’ Cambridge UP, aprile 1996 s.pp., UK£ 13.95 Quest’opera tratta gli argomenti della logica, del linguaggio, della teoria della conoscenza e della metafisica e fornisce la risposta del cattolicesimo giansenista eretico ai punti di vista ortodossi cattolici e protestanti riguardo alla grazia, al libero arbitrio e ai sacramenti. Cacialli, Liliana “Tutto scorre e tutto rimane”. Eraclito e Parmenide. Ed. Poli, aprile 1996 pp. 79, L. 15.000 Il pensiero di Eraclito, considerato dalla tradizione filosofo dell’eterno divenire, e il pensiero di Parmenide, considerato invece filosofo dell’essere immobile, trovano in questa analisi una possibile conciliazione, lasciando emergere nuove ipotesi interpretative. Campanella, Tommaso De libris propriis et recta ratione studenti syntagma a cura di Armando Brissoni Rubbettino, maggio 1996 pp. 100, £. 10.000 In questa opera Tommaso Campanella si propone di ricostruire la propria autobiografia intellettuale fornendo anche indicazioni essenziali per intendere il suo pensiero. Canfield, John Routledge History of Philosophy: Philosophy of the English-speaking World in the Twentieth Century. Meaning. Knowledge and Value - vol. X Routledge, maggio 1996 pp. 400, UK£ 55 Il decimo volume di questa serie che si concentra sulla storia della filosofia discute argomenti come la filosofia del linguaggio, la metafisica, l’etica, la filosofia della legge, la filosofia politica e la filosofia femminista. Capozzi, Gino Saggi di etica: giuridica e politica ESI, aprile 1996 pp. 245, £. 38.000 Attraverso l’interrogazione dei più famosi filosofi antichi e moderni, Platone e Aristotele, Kant e Hegel nel loro dialogo con alcuni maestri del pensiero europeo sia filosofico (Croce e Gentile, Dilthey, Husserl, Heidegger) sia giuridico (Kelsen, Schmitt, Romano), i saggi di questo libro ripropongono i problemi del rapporto di etica e politica, del diritto con la morale e con la politica, dello Stato come sistema politico e ordinamento giuridico per approdare a una filosofia che si sta sviluppando attualmente (il praxeologismo). Cappelörn, N.J. - Deuser, H. (a cura di) Kierkegaard Studies Yearbook de Gruyter, maggio 1996 pp. 575, DM 178 Si tratta di una fonte di documentazione sui NOVITÀ IN LIBRERIA contributi alla ricerca, le conferenze e le nuove edizioni dell’opera di Kierkegard, curata dal Kierkegaard Research Centre di Copenhagen. Caputo, Cosimo Materia signata: sulle tracce di Hielmslev, Humbolt e Rossi Landi intr. di Augusto Ponzio Levante, giugno 1996 pp. 167, £. 20.000 In questo libro l’autore analizza i vari significati di materia; per Hyelmslev la materia è l’eccedenza della scienza del linguaggio, per Humbolt è attività formatrice e per Rossi-Landi è un continuo esserealtro senza ritorno alla tesi o all’essenza originaria. Cardwell, Mike The Complete A-Z Psychology Handbook Hodder & Stoughton, aprile 1996 pp. 320, UK£ 8.99 Il volume contiene tutta la terminologia e il materiale importante per il corso di studio del Livello A della facoltà di Psicologia. Il libro è organizzato in ordine alfabetico e permette riscontri incrociati, in modo da facilitarne l’uso e da renderlo un manuale di ripasso. Carr, Brian (a cura di) Morals and Society in Asian Philosophy Curzon Press, maggio 1996 pp. 260, UK£ 37.50 Questa raccolta, basata sul primo convegno della European Society for Asian Philosophy, analizza temi della tradizioni filosofiche indiane, cinesi, giapponesi e islamiche, sia antiche che moderne. Cartesio Oeuvres complètes a cura di C. Adam e P. Tannery Vrin, maggio 1996 pp. 8560, F 800 Quest’edizione riprende quella del 1900 e comprende, oltre alle opere scientifiche e filosofiche di Cartesio, anche la sua corrispondenza. Per gli specialisti della materia. Cartesio Philosophische Schriften in einem Band Meiner, maggio 1996 pp. 534, DM 39,80 Si tratta dell’edizione bilingue curata da L. Gäbe, H. Springmeyer e H.G. Zekl, che presenta anche un’introduzione di R. Specht e lo scritto di Ernst Cassirer, Descartes Wahrheitsbegriff. Cassirer, Ernst Eloge de la métaphysique pref. di Joël Gaubert trad. dal tedesco di Jaen Carro collaborazione di Joël Gaubert Cerf, maggio 1996 pp. 172, F 175 Durante il suo soggiorno in Svezia, nel 1933, Cassirer inizia una discussione con A. Hägerström, uno dei principali rappresentanti della filosofia svedese. Il libro, sotto forma di dialogo filosofico, traccia i contorni di un vero trattato sistematico, dimostrando non solo la possibilità, ma anche la necessità di compiere il dovere kantiano della costituzione critica della metafisica come scienza. Per gli specialisti della materia. Castelli Gattinara, Enrico Epistemologia e storia: un pensiero all’apertura nella Francia fra le due guerre mondiali F.Angeli, giugno 1996 pp. 265, £. 38.000 In questo libro viene descritto l’intreccio che negli anni fra le due guerre mondiali ha permesso a filosofi, epistemologi e storici di influenzarsi reciprocamente determinando un’apertura culturale e originando posizioni teoriche sino ad allora inedite. Cattorini, Paolo La morte offesa: espropriazione del morire ed etica della resistenza al male EDB, maggio 1996 pp. 244, £. 32.000 Tra le tematiche analizzate in questo libro si rileva l’analisi di alcuni significati della legittima opposizione che l’uomo produce nei confronti della morte, cercando di strapparle sempre maggior terreno. L’offesa arrecata al morire nella forma dell’espropriazione medica, dell’accanimento tecnologico e nella svalutazione del tempo della malattia e l’offensiva che l’uomo ha da sempre dichiarato e cercato di realizzare nei confronti della morte sono due tratti, l’uno illegittimo, l’altro doveroso, che spiegano alcuni ambigui atteggiamenti della società contemporanea riguardo alla fine della vita. Cognetti, Giuseppe L’arca perduta: tradizione e critica del moderno in Renè Guénon pref. di Mariano Bianca A. Pontecorboli, maggio 1996 pp. 294, £. 28.000 In questo libro viene analizzata l’apertura di Renè Guénon all’orizzonte della Tradizione. La critica del filosofo al Moderno non si riduce affatto a una condanna moralistico-passionale che si rifugia in una difesa del passato nostalgica e inconcludente. Essa è iscritta, invece, in un’ermeneutica che coglie la necessità, il senso e il “compito” del moderno. Cavalier, Robert - Covey, Preston Anderson, David The Right to Die?: the Dax Cowart Case. An Ethical Case Study on CD-ROM CD-ROM (for network use) Routledge, maggio 1996 s.pr. Questo CD-ROM presenta il caso di Dax Cowart, la cui lotta per morire, dopo un grave incidente, mise in risalto i dilemmi etici e medici riguardanti il diritto dell’individuo a morire. L’utente vede e sente Dax stesso e quelli che lo circondano e così prende parte alla formulazione della difficile decisione. Compagnoni, Francesco (a cura di) Etica della vita: bioetica, vita, morte, malattia, tossicodipendenza, sessualità, psichiatria, risorse, professione, ricerca San Paolo, maggio 1996 pp. 311, £. 26.000 In questo libro vengono presentati i temi essenziali della bioetica facendo riferimento alle più importanti parole-chiave che consentono di esprimere tutti gli aspetti principali di questo campo. Coniglione, Francesco Nel segno della scienza: la filosofia polacca del Novecento F.Angeli, maggio 1996 pp. 346, £.48.000 Questo libro costituisce il primo tentativo di offrire un quadro complessivo della filosofia polacca che ha fatto della discussione della razionalità scientifica e dei metodi delle scienze il terreno privilegiato su cui le varie concezioni del mondo (da quella cattolica al marxismo) hanno riflettuto trovando il modo di dialogare e di riconoscere i propri torti e i meriti altrui in nome della scienza. Chamla, Mino Spinoza e il concetto della tradizione ebraica F.Angeli, maggio 1996 pp. 222, £. 34.000 Chamla analizza il rapporto tra Spinoza e la tradizione ebraica sottolineando come nell’interpretazione spinoziana dell’ebraismo predomini la componente conoscitiva rivolta al Sommo Bene. Chappell, Tim (a cura di) The Plato Reader Edinburgh UP, aprile 1996 pp. 320, UK£ 14.95 Il volume presenta la nuova traduzione di quarantasei passaggi-chiave tratti dalle opere di Platone. Vengono trattati tutti gli aspetti centrali della filosofia di Platone; il testo è corredato di note e rimandi incrociati. Il libro consente di leggere e comparare i passi collegati tra di loro, ma che si trovano in dialoghi diversi. Copeland, Jack (a cura di) Logic and Reality: Essays on the Legacy of Arthur Prior Clarendon Press, giugno 1996 pp. 576, UK£ 50 Si tratta di una raccolta di saggi scritti da filosofi, logici, matematici ed esperti di informatica che celebra l’opera del famoso filosofo Arthur Prior. Gli argomenti discussi spaziano dalla natura della logica stessa a intelligenti sistemi informatici in grado di ragionare. Chiusano, Lido Commento a Ugo Spirito Bibliotheca, giugno 1996 pp. 85, £. 15.000 Questo libro ripropone con qualche rimaneggiamento gli scritti che erano raccolti nel libro Filosofia e dintorni dello stesso autore, il cui saggio d’apertura è incentrato sulla fine dell’autocoscienza e sulla prospettiva axiologica secondo Spirito. Copjec, Joan Radical Evil Verso, maggio 1996 pp. 288, UK£ 13.95 Questo libro - basato sul concetto del male radicale, un male che si trova al cuore della problematica etica - si concentra sulla moderna nozione politica del male, così come viene formulata da Kant, come viene prefigurata da Machiavelli e più tardi sviluppata da Schelling. Chiusano, Lido Letture filosofiche Bibliotheca, giugno 1996 pp. 157, £. 15.000 In questo libro sono contenute diverse letture filosofiche tra le quali si evidenziano: il neopositivismo nell’interpretazione di Giorgio Fano, l’ateismo di Frederich Nietzsche, ontologia e storia in Husserl, dalla psicoanalisi alla cibernetica, l’ermeneutica restauratrice di Paul Ricoeur, Voltaire, la Bibbia, il male, un’antologia kantiana ecc. Costa, Vincenzo La generazione della forma: la fenomenologia e il problema della genesi in Husserl e Derrida Jaca Book, aprile 1996 pp. 191, £. 28.000 Mentre alcune interpretazioni considerano la fenomenologia di Husserl una semplice metafisica della presenza individuando il nucleo dell’interesse di Derrida per essa nell’atteggiamento decostruttivo, invece questo libro si propone di mostrare l’esistenza di un doppio movimento nel discorso di Derrida sulla fenomenologia e allo stesso tempo di una tensione tra origine e divenire. Quindi, si suggerisce una certa impossibilità per il pensiero del segno e della scrittura di abbandonare la fenomenologia. Clemens, Detlef Günther Anders. Eine Studie über die Ursprünge seiner Philosophie Haag & Herchen, aprile 1996 pp. 152, DM 28. Coates, John The Claims of Common Sense: Moore, Wittgenstein, Keynes and the Social Sciences Cambridge UP, aprile 1996 s.pp., UK£ 30 Attraverso un esame del pensiero di Moore, Ramsey, Wittgenstein e Keynes, questo testo analizza l’importanza delle idee portate avanti dai filosofi di Cambridge tra le due guerre, in particolare per le scienze sociali riguardanti il senso comune, i concetti vaghi e il linguaggio quotidiano. Cottingham, John Descartes: Meditations on First Philosophy: With Selections from the Objections and Replies Cambridge UP, aprile 1996 s.pp., UK£ 7.95 Le Meditazioni di Cartesio, uno dei testi-chiave della filosofia occidentale, è lo scritto cartesiano che è stato oggetto di più studi. Questa traduzione è basata su tutti i testi cartesiani disponibili e presenta i suoi principali scritti di metafisica in un inglese chiaro e moderno. Coelln, Harmann von Von den Gütern zu den Werten. Versuch einer Kritik aller Wertphilosophie Vlg. Die blaue Eule, aprile 1996 pp. 300, DM 66. 87 Coudert, Allison P. Anne Conway: the Principles of the Most Ancient and Modern Philosophy Cambridge UP, aprile 1996 s.pp., UK£ 12.95 L’edizione completa e annotata delle opere di Conway include un’introduzione che le situa nel loro contesto storico e filosofico e fornisce una cronologia della sua opera e una bibliografia. Cozzoli, Leonardo Il linguaggio senza nome: estetica, analogia e belle arti in Kant prefazione di Silvestro Marcucci Clueb, giugno 1996 pp. 190, £. 25.000 Scritto da un giovane brillante ricercatore prematuramente scomparso, il libro affronta alcuni dei temi cruciali dell’estetica di Kant analizzando sia l’ambito storico che quello teorico. Nel primo capitolo viene posto il problema della bellezza della natura, della bellezza del cosmo colta attraverso il linguaggio del sentimento. Nel secondo capitolo vengono considerati i temi della purezza dell’estetico, del giudizio del gusto, della classificazione delle belle arti. Infine, nell’ultimo capitolo, vengono trattati i temi dell’analogia e del simbolo. Crisaldi, Antonio Scritti filosofici e carteggio con Benedetto Croce: 1945-1947 a cura e con un saggio introduttivo di Francesco Platania Bibliopolis, maggio 1996 pp. 165, £. 25.000 Presentazione, la grande luce, la piccola e grande storia, la lunga confessione, l’incontro a Napoli, la conciliazione di Antonio, l’ultimo messaggio di Croce, la Sicilia di Antonio. Crisciani, Chiara L’arte del sole e della luna: alchimia e filosofia nel Medioevo Centro italiano di studi sull’alto Medioevo, giugno 1996 pp. 354, £. 65.000 In questo libro viene esaminata l’introduzione dell’alchimia in Occidente, l’alchimia nella cultura scolastica, e vengono esposte le dottrine e correnti nell’alchimia latina. Vengono, inoltre, presi in considerazione i testi e le rappresentazioni e vengono presentate anche alcune interpretazioni dell’alchimia. Cristofolini, Paolo Spinoza, chemins dans’L’Ethique’ trad. dall’italiano di Lorand Gaspar PUF, aprile 1996 pp. 128, F 45 Si tratta di sette itinerari, sette punti di vista e differenti conclusioni relativi a un approfondito confronto con L’etica, che portano a una nuova visione, insieme complessa e trasparente, di quest’opera. Cunningham, Suzanne Philosophy and the Darwinian Legacy Univ. Rochester Press, aprile 1996 pp. 272, UK£ 25 L’autrice sostiene che esiste una difficoltà inerente alle teorie della percezione e della mente della filosofia analitica e della fenomenologia; tale difficoltà è causata dall’esclusione del contributo di Darwin all’evoluzione. Cunningham, ricercando le ragioni di quest’ostacolo, critica le teorie della percezione puramente cognitive e il funzionalismo della macchina. D’Anna, Vittorio Il denaro e il terzo regno: dualismo e unità della vita nella filosofia di Georg Simmel Clueb, aprile 1996 pp. 156, £. 20.000 L’autrice mostra come nella complessa riflessione di Simmel prevalga un motivo; quello della ricerca del “terzo regno” al di là della contrapposizione di soggettività individuale e soggettività logica. Se nell’opera Filosofia del denar o il d ualis mo è go vernato d a un’istanza di unità, nella filosofia della vita l’unità passa per il dualismo. De Crescenzo, Luciano Ordine e disordine NOVITÀ IN LIBRERIA Mondadori, giugno 1996 pp. 154, £. 25.000. De Finis, Giorgio De Sanctis Ricciardone, Paola La filosofia e lo specchio della cultura. La scienza in antropologia tra seduzione e repulsione Il mondo 3, giugno 1996 pp. 78, £. 10.000 Il libro si propone di realizzare la comunicazione tra lingue e culture diverse anche se lo sforzo di “traduzione” è molto difficile. Quesa ricerca accomuna antropologi, filosofi e storici della scienza una volta venuta meno l’idea aristotelica della corrispondenza tra linguaggio e realtà. De Ruvo, Vincenzo I valori morali Levante, maggio 1996 pp. 426, £. 42.000 In questo volume l’autore esamina le antropologie e le proposte etiche, storicamente elaborate dalla filosofia, attraverso la sua prospettiva realistica che mira ad affermare contro ogni riduzionismo, la complessità e l’integralità dell’essere umano e del suo agire, la “pienezza viva del Reale”. Debray, Regis Media Manifestos Verso, aprile 1996 pp. 192, UK£ 12.95 Questo volume propone una nuova sottodisciplina della scienza umana, la “mediologia”. Prospetta un nuovo modo di analizzare e considerare i media, partendo dalla città-stato e arrivando fino a Internet. Vengono anche esaminate le opere di Roland Barthes, Umberto Eco, C.S. Peirce e Marshall McLuhan. Deleuze, Gilles Fluchtlinien der Philosophie a cura di F. Balke e J. Vogl W. Fink, maggio 1996 pp. 280, DM 48 Considerando che quest’opera non si presenta come il programma di una scuola né come il contenitore per alcune idee-guida, la questione da porre riguarda, non in ultima istanza, il corso della «linea labirintica» (Foucault) che attraversa le opere, così diverse tra di loro, di questo filosofo. Deleuze, Gilles Périclès et Verdi: la philosophie de François Châtelet Minuit, aprile 1996 pp. 32, F 30 Si tratta della ristampa di questo testo, presentato in occasione di due giornate in cui filosofi, giornalisti, musicisti e attori rendevano omaggio a François Châtelet. Per gli specialisti della materia. Deleuze, Gilles - Guattari, Felix What is philosophy? Columbia UP, aprile 1996 pp. 256, UK£ 14 Questa monografia analizza la concezione filosofica degli autori e sviluppa il loro concetto dei rapporti tra filosofia, scienza e arte. Prende anche in considerazione il rapporto tra la filosofia e la storia dello sviluppo sociale e culturale in Occidente. Di Cesare, Donatella Die Sprache in der Philosophie von Karl Jaspers Francke, maggio 1996 pp. 110, FRS 30. Di Francesco, Michele Introduzione alla filosofia della mente Studi superiori Nis, aprile 1996 pp. 223, £. 28.500 Questo libro si propone di esaminare la tematica relativa al rapporto tra mente e corpo che fino dall’epoca classica è stata analizzata dai filosofi. Partendo dalla riflessione dei filosofi classici, quindi, l’autore giunge a considerare alcuni dei principali problemi filosofici posti dalla filosofia contemporanea, come la questione del rapporto tra concettualizzazione scientifica e visione ordinaria dell’io. Diethe, Carol Nietzsche’s Women - Beyond the Whip s.ed., maggio 1996 pp. 177, DM 120 Il libro esamina perché ci siano così tante donne prominenti nella generazione di Nietzsche; tutte conoscevano la famosa citazione da Zarathustra: «Andate dalle donne, non dimenticate la frusta!» e, nonostante questo, ammisero con riconoscenza l’influsso esercitato da Nietzsche sulla loro vita e le loro opere. Molte donne, infatti, lo consideravano un misogeno. Doepke, Frederick C. The Kind of Things: A Theory of Personal Identity Based on Transcendental Argument Open Court, maggio 1996 pp. 288, UK£ 17.50 Cosa siamo? Quest’opera affronta l’enigma dell’identità personale tramite una teoria generale dell’identità e si dichiara a favore di una visione del sé opposta a quella di Hume e Parfit e più in sintonia con quella di Kant e del senso comune. L’autore fa uso di argomenti trascendentali nel corso della sua considerazione di questi temi. fare in modo che si possa scorgere ciò che è profondamente altro: il fine ultimo e unico di Sein e Sollen, quindi l’Uno stesso. so un’analisi del concetto di capitale e della critica marxiana all’economia politica. Eigen, Michael Psychic Deadness Jason Aronson, maggio 1996 s.pp., UK£ 31.95 Molte persone cercano aiuto perché un senso di morte pervade la loro esperienza e li conduce spesso a mezzi disperati per liberarsene. Questo libro mostra che cosa significhi sopportare e combattere con questa morte psichica, giorno per giorno, seduta dopo seduta. Fechtrup, H. - Schulze, Fr. Sternberg, Th. (a cura di) Aufklärung durch Tradition. Symposion der Josef Pieper Stiftung zum 90. Geburtstag von Josef Pieper, Mai 1994 in Münster Lit, aprile 1996 pp. 176, DM 29,80 Il volume si basa sul simposio, tenuto dalla Josef Pieper Stiftung a Münster, nel 1994, in occasione del novantesimo compleanno di Josef Pieper. Elshtain, Jean Bethke Augustine and the Limits of Politics Univ. Notre Dame Press, aprile 1996 pp. 176, UK£ 17.95 Si tratta di un’analisi del pensiero e dell’opera di Sant’Agostino. Questo studio presenta la posizione di Sant’Agostino contraria all’arroganza della filosofia, collegandolo in questo modo alle ultime correnti del pensiero moderno, comprendenti anche Wittgenstein e Freud. Domanskj, Juliusz La philosophie, théorie ou manière de vivre?: les controverses de l’Antiquité à la Renaissance Ed. universitaires de Fribourg-Cerf, maggio 1996 pp. 126, F 120 Quest’opera, che raccoglie quattro conferenze tenute presso il Collège de France nel 1990, espone e analizza il processo che ha condotto la filosofia a perdere poco a poco la sua componente “praticista”, ovvero la sua dimensione di modo di vivere, a favore di un percorso filosofico soprattutto teorico e astratto. Per gli specialisti della materia. Evagrio, Pontico Gli otto spiriti della malvagità: Sui diversi pensieri della malvagità tr. e note di Francesca Moscatelli San Paolo, giugno 1996 pp. 122, £. 24.000 L’opera di Evagrio, monaco vissuto nel VI secolo, è un sistema grandioso che unisce etica, psicologia, teologia, filosofia, ascesi e mistica in un itinerario ascensionale che conduce all’incontro “diretto con Dio” attraverso una purificazione successiva delle passioni. In questo libro vengono presentate le sue riflessioni sugli otto spiriti della malvagità che hanno determinato la dottrina dei sette vizi capitali. Dörring, Eberhard Karl R. Popper: ‘Die offene Gesellschaft und ihre Feinde’. Ein einführender Kommentar UTB, maggio 1996 pp. 147, s.pr. Fadini, Ubaldo (a cura di) Adorno, Canetti, Gehlen - desiderio: conversazioni sulle metamorfosi dell’uomo Mimesis, aprile 1996 pp. 107, £. 20.000 In questo libro viene individuato un elemento comune tra le concezioni di Adorno, Canetti e Gehlen che concerne “l’affermazione del carattere sovversivo dell’esistenza” almeno in termini di possibilità. Dufresnois, Huguette - Miquel, Christian La philosophie de l’exil L’Harmattan, maggio 1996 pp. 165, F 95 Questo saggio tenta di pensare alla condizione e al destino dell’uomo, sottoponendo la nozione del soggetto e il credere al “me” a una decostruzione, allo scopo di ritrovare una visione contemporaneamente tragica e dionisiaca di un essere umano aperto improvvisamente al flusso del mondo e “decentrato” rispetto a se stesso. Per tutti gli interessati alla materia. Falcioni, Daniela Natura e libertà in Kant: una interpretazione del progetto Per la pace perpetua (1795) presentazione di Reinhard Brandt Bulzoni, aprile 1996 pp. 204, £. 25.000 L’autrice analizza in questo libro il trattato di Kant del 1795 “Per la pace perpetua” mostrando come il progetto filosofico kantiano implichi una messa in politica del diritto in quanto si rivolge alla politica intesa come “dottrina del diritto da mettere in pratica”. Dumoncel, Jean-Claude Philosophie deleuzienne et roman proustien Zyx, maggio 1996 pp. 128, F 95 La storia esemplare raccontata da Alla ricerca del tempo perduto, contiene una lezione di filosofia che spettò a Gilles Deleuze trarre. Questo libro può essere preso sia come una spiegazione del pensiero deleuziano partendo dalla storia prostiana, sia come un’esegesi di Proust, partendo dagli strumenti concettuali riuniti da Deleuze. Di livello universitario. Farley, Wendy Eros for the other: Retaining Truth in a Pluralistic World Penn State Press, maggio 1996 pp. 264, UK£ 13.50 Quest’opera analizza il problema di come le pretese di verità e le norme etiche possano sopravvivere al crescente e radicale riconoscimento del carattere storico, culturale, pluralista e spesso ideologico dell’esperienza umana. Dyson, A.E. The Fifth Dimension Macmillan Press, maggio 1996 pp. 368, UK£ 40 In quest’opera, A.E. Dyson definisce la “quinta dimensione” come il nostro infinito momento di coscienza. Egli studia le opere di Eschilo, Sofocle ed Euripide, le due grandi preghiere di Cristo e la Sua proclamazione del “regno” e le tradizioni mistiche, a sostegno della sua teoria. Farrell, Frank B. Subjectivity, Realism and Postmodernism Cambridge UP, maggio 1996 s.pp., UK£ 12.95 Questo volume sulla filosofia angloamericana si concentra su come la filosofia ha confutato le nozioni di soggettività, della mente e del linguaggio. Gli argomenti sono collocati nel contesto storico e in particolare sono messi in relazione alla filosofia medioevale e all’idealismo tedesco. Ebeling, Hans Das andere Gesetz. Letzte Philosophie und die Lehre vom Einen Königshausen & Neumann, maggio 1996 pp. 128, DM 26 ”L’altra legge” è ciò che è altro rispetto alla leggittimità e la regolarità della fisica, della tecnica e della politica. Considerata come qualcosa a sé stante, “l’altra legge” è in primo luogo ciò che è altro nella metafisica; questo significa quindi anche lasciar dietro di sé il diritto, l’etica, l’estetica, per Fausto, Ruy Sur le concept de capital: idée d’une logique dialectique L’Harmattan, maggio 1996 pp. 87, F 60 Il libro presenta la logica, studiata attraver- 88 Fenner, David E.W. The Aesthetic Attitude Humanities Press, maggio 1996 pp. 208, UK£ 29.95 L’atteggiamento estetico - lo stato percettivo che consente all’agente di sperimentare gli oggetti esteticamente - ha acquistato un’importanza crescente a partire dall’Illuminismo. E’ stato confutato soltanto nel XX secolo. Questo libro passa in rassegna le importanti teorie di atteggiamento estetico e le critiche relative. Fenu, Carlo Maria Il problema della creazione nella filosofia di Rosmini Edizioni Rosminiane Sodalitas, aprile 1996 pp. 142, £. 20.000 In questo libro l’autore esamina il problema della creazione nella filosofia di Rosmini considerando il valore gnoseologico e quello ontologico della dottrina della creazione e l’analitica dell’atto creativo. Ferrari, Massimo Ernst Cassirer: dalla scuola di Marpurgo alla filosofia della cultura L.S. Olschki, aprile 1996 pp. 343, £. 69.000 In questo libro vengono esaminati; la genesi e struttura dell’Erkenntnisproblem, Cassirer e la Critica del giudizio, l’interpretazione della teoria della relatività, la fondazione delle scienze dello spirito, le fonti leibniziane della Filosofia delle forme simboliche, la logica dell’origine e la filosofia del linguaggio e la filosofia della cultura (dal metodo trascendentale alla filosofia antropologica). Ferraro, Giuseppe Il poeta e la filosofia: filosofia morale e religione in G. Leopardi. Saggio di interpretazione Filema, aprile 1996 pp. 137, £. 16.000 Ferraro ripercorre in questo libro la storia della critica leopardiana da Croce a Severino, riproponendo il senso del nullismo di Leopardi come anticipazione del nichilismo nietzscheiano. Dopo aver considerato gli effetti della malattia del nulla e del mal d’essere dell’uomo, lo studio si conclude con una suggestiva analisi su “la luna e la letteratura” come approdo simbolico al primitivo e al semplice. L’”ultrafilosofia” citata da Leopardi non è oltre la filosofia ma è la filosofia che va oltre in quanto pensiero rivolto all’infinito, fuori da ogni calcolo, dentro l’associazione del vissuto. Festa, Roberto Cambiare opinione: temi e problemi di epistemologia bayesiana Clueb, maggio 1996 pp. 326, £. 40.000 In questo libro viene l’autore esamina l’approccio bayesiano all’analisi del metodo scientifico dedicando particolare attenzione alla “cinematica dell’opinione” cioè all’analisi bayesiana del cambiamento razionale di opinione nella scienza. L’autore si propone di mostrare come la teoria bayesiana sia in grado di offrire soluzioni relativamente semplici a molti problemi di carattere metodologico. Feuerbach, Ludwig Entwürfe zu einer neuen Philosophie a cura di W. Jeaschke e W. Schuffenhauer Meiner, maggio 1996 pp. 193, DM 36. Ficino, Marsilio Meditations on the Soul: Selected Letters of Marsilio Ficino NOVITÀ IN LIBRERIA a cura di Clement Salaman Shepheard-Walwyn, aprile 1996 pp. 250, UK£ 12.95 I problemi che assillavano la mente umana nel Rinascimento erano gli stessi con cui ci confrontiamo oggi. Questa selezione di lettere di Marsilio Ficino copre una vasta gamma di argomenti e offre un panorama del pensiero rinascimentale. Fiorani, Eleonora Il mondo senza qualità: per una geo-filosofia dell’oggi Lupetti, aprile 1996 pp. 233, £. 30.000 L’autrice analizza in questo libro prendendo in considerazione i dibattiti epistemologici e filosofici attuali, il tema relativo al legame tra il vivente e l’ambiente reale. Nella sua prospettiva il “soggetto” viene incorporato nell’ “essere vivente” attraverso l’individuazione di un collegamento tra il nuovo sapere emerso dalla biologia e la neurofisiologia e filosofi europei già esperti in queste correnti “trasversali” come Piaget, Wittgenstein e Merleau-Ponty. Gensini, Stefano - Gola, Elisabetta Storari, Gian Pietro (a cura di) Derive 1995: quaderno di semiotica e filosofia del linguaggio Cuec, aprile 1996 pp. 233, £. 25.000 Tra gli scritti raccolti in questo libro relativi al rapporto tra semiotica e filosofia del linguaggio si evidenziano; Corpo e linguaggio: spunti per una riunficazione del visibile e dell’invisibile di Felice Cimatti, Matematica e linguaggio: il lavoro di approfondimento logico-linguistico dalla Befriffsschrift ai Grundgesetze di Roberto Cocco, Il problema dell’ebraico nella corrispondenza leibniziana del 1696-97 di Stegano Gensini, Tre modelli di produzione della voce: Ippocrate, Aristotele, Galeno di Patrizia Laspia, Materiali per un lessico critico-linguistico di G.W. Leibniz: il termine Analogia di Cristina Marras. Fischer, Kuno Über den Witz. Ein philosophischer Essay Klöpfer und Meyer, maggio 1996 pp. 150, DM 32. Flynn, Bernard Political Philosophy at the Closure of Metaphysics Humanities Press, aprile 1996 pp. 248, s.pr. Si tratta della critica alle opere dei filosofi politici a partire dalla prospettiva indicata dagli ultimi scritti di Merleau-Ponty e dalla filosofia politica di Lefort. L’analisi si ispira alle opere di Heidegger, Lacan e della tradizione fenomenologica. Fontenelle, Bernard le Bouvier de Oeuvres comlpètes - vol. VII Fayard, aprile 1996 pp. 530, F 295 L’opera raggruppa gli scritti di Fontanelle in qualità di segretario della Académie des Sciences, le sue polemiche relative alle scoperte scientifiche del suo tempo e alcuni scritti filosofici. Per tutti gli interessati alla materia. Foti, Veronique M. (a cura di) Merleau-Ponty: Difference, Materiality, Painting Humanities Press, maggio 1996 pp. 304, UK£ 35.95 Il volume presenta una raccolta di dottrine americane ed europee su tre aspetti fondamentali del pensiero di Merleau-Ponty (1908-1961): il problema della differenza nel pensiero heideggeriano del dopo-guerra e post-strutturalista, la tematizzazione della materialità e l’ontologia e la teoria della pittura. Fournier, Emmanuel Croire devoir penser Eclat, aprile 1996 pp. 133, F 80 ”Pensare senza saperlo. Camminare senza saperlo. Né sapere come fare a camminare o a pensare. Sorprendersi della mancanza di sapere. E sorprendersi di poter sapere senza sapere di sapere, senza avere coscienza di sapere.” Si tratta di un’interrogazione sul sapere che si declina senza coniugarsi. Di livello universitario. Frank, Daniel Judah Halevi a cura di Arthur Hertzberg Peter Halban, giugno 1996 pp. 176, UK£ 7.99 Judah Halevi (c1075-1141), filosofo e poeta spagnolo, fu uno degli ebrei eminenti nel mondo medioevale mediterraneo. Franzini, Elio Estetica: i nomi, i concetti, le correnti B. Mondadori, giugno 1996 pp. 456, £. 48.000 Il testo si divide in due parti; la prima parte è una presentazione dei principali momenti della storia della disciplina dall’antichità ai giorni nostri, la seconda parte, invece, è una ricostruzione completa e approfondita delle categorie chiave e dei principali problemi dell’estetica. Froment-Meurice, Marc C’est-à-dire: poétique de Heidegger Galilée, aprile 1996 pp. 217, F 185 La poetica di Heidegger si fa in nome dell’essere, si basa cioè anche sul nome, perché il poeta avrebbe la vocazione di nominare ed è a questo proposito che sarebbe il testimone dell’essere. Questo saggio non si limita alla poesia, ma si occupa anche del suo ritiro dalla politica, si interessa dell’arte, che Heidegger affronta con uno spirito diverso, uno spirito che lo porterebbe al di là di se stesso. Di livello universitario. pp. 534, F 170 Si tratta della traduzione integrale del testo definitivo, che rappresenta la totalità del primo tomo delle Gesammelte Werke, apparse in Germania nel 1986. Una prima edizione abbreviata di questo testo era già stata pubblicata dalle edizioni Seuil nel 1973. Di livello universitario e per la ricerca specialistica. Blackwell Publishers, aprile 1996 pp. 232, UK 14.99 Questo volume fornisce un resoconto del versante più politico di Felix Guattari, documentando i suoi interventi in conflitti politici particolari all’interno dell’Europa contemporanea. Il testo si rivolge a chi lavora nell’ambito o a cavallo tra gli ambiti politico, filosofico, semiotico, psicoanalitico, sociologico e degli studi culturali. Gaeta, Giancarlo, Bettinelli,Carla Del Lago Alessandro Vite attive: Simone Weil, Edith Stein, Hannah Arendt Lavoro, maggio 1996 pp. 89, £. 12.000 In questo libro vengono esposti le filosofie di tre donne (Weil, Stein e Arendt) per mostrare come l’essere donna produca delle differenze nelle modalità del pensare e proponga una specificità che previene il pericolo di imprigionarsi in forme di pensiero e di azione standardizzate. Gensler, Harry Formal Ethics Routledge, aprile 1996 pp. 224, UK£ 12.99 Il più importante principio etico è la cosiddetta regola d’oro: “tratta gli altri come desideresti essere trattato.” Concentrandosi su questo dettame, lo studio mostra che i principi fondamentali dell’etica sono molto simili ai principi della logica e forniscono una solida base per il pensiero etico. Gaetano, Raffaele Beati se non sanno la loro miseria: formazione e primi sviluppi del concetto di natura nella filosofia di Leopardi prefazione di Jolanda Capriglione introduzione di Elio Matassi Periferia, maggio 1996 pp. 134, £. 15.000 Il taglio prevalentemente filosofico di questo libro non trascura l’analisi dei testi letterari. Esso prende in esame un periodo particolarmente interessante dell’opera leopardiana, quello della crisi giovanile e delle cosiddette “conversioni” Frost, Mervyn Ethics in International Relations: A Constitutive Theory Cambridge UP, maggio 1996 s.pp., UK£ 14.95 La maggior parte delle domande sulla politica internazionale sono di carattere etico. Tuttavia, all’etica viene riservata una posizione marginale all’interno degli studi accademici dei rapporti internazionali. Questo volume esamina le ragioni fornite per giustificare questa posizione e conclude che esse non reggono a un esame accurato. Gagliardi, Francesco L’oggettività in Kant Bibliotheca, giugno 1996 pp. 126, £. 10.000 In questo libro l’autore esamina il problema dell’oggettività nella filosofia kantiana mostrando come esso implichi essenzialmente l’analisi di due punti. Il primo riguarda il modo nel quale la ragione possa giungere alla rappresentazione dell’ambito oggettivo attraverso il quale viene delineata l’essenza di un oggetto in quanto oggetto e il secondo concerne quale genere di oggetti possa venire determinato sulla base di tale ambito oggettivo. Frowen, Stephen F. Hayek: Economist and Social Philosopher: A Critical Retrospect Macmillan Press, aprile 1996 pp. 320, UK£ 45 Questo volume fornisce un giudizio critico delle ampie prospettive presenti nelle famose opere di Hayek come economista e filosofo sociale; contiene inoltre articoli sulle prime opere di Hayek nel campo dell’economia monetaria. Gardeva, Peter Platons ‘Phaidon’. Interpretation und Bibliographie Königshausen & Neumann, aprile 1996 pp. 46, DM 32. Gargano, Antonio I sofisti, Socrate, Platone Città del Sole, maggio 1996 pp. 102, £. 7.000 Fuhrmann, Manfred Cicero: And the Roman Republic Blackwell Publishers, aprile 1996 pp. 256, s.pr. Questa biografia di Cicerone è indirizzata a un pubblico di non specialisti, comprendente coloro che non hanno conoscenze di prima mano delle lingue classiche. Il volume presenta un coerente resoconto non solo della personalità di Cicerone, ma anche del retroterra politico e culturale del suo tempo. Gaubert, Joël La science politique d’Ernst Cassirer: pour une refondation symbolique de la raison pratique contre le pythe politique contemporain Kimé, maggio 1996 pp. 112, F 105 Mobilitando le risorse de La filosofia delle forme simboliche, Cassirer rifonda progressivamente, negli anni Trenta, la filosofia, aprendola alla considerazione dell’agire; il filosofo si mette quindi egli stesso a diagnosticare il male dei nostri tempi e lo reputa rilevate ai fini di una quasi-decadenza della funzione simbolica, dovuta al ritorno di un pensiero mitico, consolidato attraverso una razionalità tecnica. Di livello universitario. Furuta, Hirokiyo Wittgenstein und Heidegger. ’Sinn’ und ‘Logik’ in der Tradition der analytischen Philosophie Königshausen & Neumann, aprile 1996 pp. 164, DM 38. Gadamer, Hans-Georg Le problème de la conscience historique a cura di Pierre Fruchon Seuil, aprile 1996 pp. 90, F 79 Con coscienza storica bisogna intendere la coscienza della storicità di tutto ciò che è presente e la relatività di ogni opinione. L’apparizione di tale presa di coscienza è, verosimilmente, la rivoluzione più importante manifestatasi dall’inizio dell’epoca moderna. Il volume raccoglie cinque conferenze tenute in francese nel 1958 all’università di Tolosa. Per tutti gli interessati alla materia. Gadamer, Hans-Georg Verité et méthode: les grandes lignes d’une herméneutique philosophique tr. dal tedesco e a cura di P. Fruchon, J. Grodin, G. Merlio Seuil, aprile 1996 Geertz, Clifford Feyerabend, Paul K. Anti-anti-relativismo. Clifford Geertz Contro l’ineffabilità culturale/ Paul K. Feyerabend introduzione di Giorgio De Finis il mondo, giugno 1996 pp. 78, £. 12.000 In questo libro Clifford combatte la sua battaglia contro il “demone” del relativismo. D’altra parte, Fereybend definisce il relativismo una “chimera” poiché esso presuppone degli universi chiusi e autonomi che possono determinare una interruzione della comunicazione. Genosko, Garry Guattari Reader 89 Ghersi, Luciano L’essere e il tessere Loggia de Lanzi, aprile 1996 pp. 294, £. 25.000 Il filo conduttore di questo libro pantagruelico è il filo della tessitura che è intesa insieme arte, artigianato, tecnica, codice culturale ecc. Giamblico Vie de Pythagore a cura e tr. dal greco di Luc Brisson, Alain Segonds Belles lettres, aprile 1996 pp. 336, F 135 Questa biografia di Pitagora riguarda tre grandi ambiti di interesse: la filosofia, la storia delle scienze e l’esoterismo. Il biografo Giamblico, nativo dell’attuale Siria (290-325 ca. d. C.) fu uno dei più grandi filosofi del Neo-platonismo. Per tutti gli interessati. Gioberti, Vincenzo Pensieri numerati a cura di Giulio Bonafede Cedam, aprile 1996 pp. 159, £. 25.000 In questo libro vengono presentate le meditazioni giovanili di Vincenzo Gioberti che mettono in rilievo l’inizio della sua attività di scrittore basata su una notevole lettura attinta prima alla Biblioteca del liceo Mandralisca, poi alla Biblioteca della Fondazione Mandralistica. Gioberti manifestava già la sua concezione filosofica basata sulla distinzione tra infinito in atto proprio della mente divina e infinito potenziale proprio della mente umana che determina una riflessione sulla potenza conoscitiva dell’uomo. Girgenti, Giuseppe Il pensiero forte di Porfirio: mediazione tra henologia e ontologia aristotelica introduzione di Giovanni Reale Vita e pensiero, giugno 1996 pp. 348, £. 26.000 In questo libro vengono analizzate l’henologia neoplatonica, l’interpretazione porfiriana di Platone e Aristotele, e la concezione porfiriana dell’Uno e la sua ricostruzione della struttura del reale. Glasersfeld, Ernst von Radikaler Konstruktivismus. Ideen, Ergebnisse, Probleme pref. di Siegfried J. Schmidt Suhrkamp, aprile 1996 pp. 288, DM 48 Si tratta di un’analisi delle opere di pensatori fondamentali per la storia della filosofia, che hanno sviluppato idee che sono state basilari per filosofia e su cui è stato edificato il pensiero costruttivista. Gloy, K. (a cura di) Natur- und Technikbegriffe. Historische und systematische Aspekte Bouvier, maggio 1996 pp. 312, DM 68 In questo volume - sotto forma di ricerche autonome sulla storia del concetto di natura e di tecnica, sulle domande intorno alla possibilità di conoscenza della natura e su aspetti teorico-linguistici, teoretico-conoscitivi, etici e politici - viene tracciato quell’arco che va dal mito alla magia, passando per il meccanicismo e l’Idealismo, arrivando fino alla molteplicità del discor- NOVITÀ IN LIBRERIA so odierno all’interno delle scienze naturali e della filosofia. Goddman-Thau, E. - Daxner, M. (a cura di) Bruch und Kontinuität. Jüdisches Denken in der europäischen Geistesgeschichte Akademie-Vlg., aprile 1996 pp. 258, DM 98. Godfrey-Smith, Peter Complexity and Function of the Mind Cambridge UP, maggio 1996 pp. 320, UK£ 30 Quest’opera si propone di spiegare il rapporto tra l’intelligenza e la complesssità ambientale e, così facendo, di collegare la filosofia della mente a temi più generali, riguardanti il rapporto tra organismo e ambienti, e a uno schema generale di spiegazioni esternaliste. Golomb, Jacob Nietzsche and Jewish Culture Routledge, giugno 1996 pp. 288, UK£ 40 Questa raccolta di saggi analizza il rapporto reciproco tra Nietzsche e la cultura ebraica. Il libro è organizzato in due parti: la prima esamina gli atteggiamenti di Nietzsche verso gli ebrei e l’ebraismo, la seconda analizza l’influsso di Nietzsche sugli intellettuali ebrei. Gottfried, Gabriel Ästhetischer ‘Witz’ und logischer ’Scharfsinn’. Zum Verhältnis von wissenschaftlicher und ästhetischer Weltauffassung Palm & Enke, aprile 1996 pp. 26, DM 18. Granada, Miguel A. El debate cosmològico en 1588: Bruno, Brahe, Rothmann, Ursus, Roslin Bibliopolis, giugno 1996 pp. 165, £. 25.000. Grange, Juliette La philosophie d’Auguste Comte: science, politique, religion PUF, aprile 1996 pp. 448, F 198 Il nome di Comte è messo in relazione con la filosofia della scienza che fa riferimento al “positivismo”. Ma il “comtismo” deve essere riscoperto: il pensiero di Comte si sforza di realizzare l’ambizione filosofica di riunire i saperi e di porre le basi per l’etica, la politica e la religione. Al di là di uno scientismo sorpassato, il comtismo permette di pensare a una filosofia della “fine della filosofia”. Di livello universitario. Grant, Edward Planets, Stars, and Orbs: The Medieval Cosmos, 1200-1680 Cambridge UP, maggio 1996 s.pp., UK£ 17.95 Quest’opera descrive la concezione medioevale del cosmo, così come veniva considerata dai teologi scolastici e dai filosofi naturali nelle università dell’Europa occidentale dal XIII al XVII secolo. Grethlein, Th. - Leitner, H. Inmitten der Zeit. Beiträge zur europäischen Gegenwartsphilosophie. Festschrift für Manfred Riedel Königshausen & Neumann, maggio 1996 pp. 646, DM 86. Groenen, Marc Leroi-Gourhan: essence et contingence dans la destinée humaine pref. di Marc Richir De Boeck-Wesmael, maggio 1996 pp. 185, F 125 André Leroi-Gourhan, instancabile pensatore dell’uomo, si è rivelato essere il costruttore dell’antropologia globale. La grande originalità del suo sistema si basa sul fatto che egli si rifà alla biologia, all’etnologia e alla preistoria. Oggigiorno, il suo pensiero alimenta le ricerche in numerose discipline. Per gli specialisti della materia. Großheim, M. (a cura di) Leib und Gefühl. Beiträge zur Anthropologie Akademie-Vlg., aprile 1996 pp. 306, DM 98. Grosseteste, Robert On the Six Days of Creation: A Translation of the ‘Hexaemeron’ Oxford UP, aprile 1996 pp. 380, UK£ 30 Questa traduzione integra il testo latino dell’Hexaemeron di Dales e Gieben. Fornisce un resoconto dell’unità della cultura medioevale, dove lo studio di Dio include lo studio del mondo intero. Si rivolge agli studenti e agli specialisti di filosofia, teologia e letteratura medioevali. Pro-Universitatte-Vlg., maggio 1996 pp. 126, DM 69. Hogrebe, Wolfram Societa teutonica. Profile der Frühromantik und das Elend der deutschen Geselligkeit Palm und Enke, maggio 1996 pp. 32, DM 18. Hohmann, J.S. (a cura di) Beiträge zur Philosophie Eduard Sprangers Duncker & Humblot, maggio 1996 pp. 394, DM 148. Guglielmo di Occam Somme de logique - parte II a cura e tr. dal latino di Joël Biard TER, maggio 1996 pp. 242, F 189 Il volume rappresenta un momento decisivo della conclamazione dei principi dell’analisi sematica, che verranno poi sviluppati da un gran numero di filosofi nel XIV secolo. La logica di Occam, un’opera fondamentale per comprendere il pensiero degli ultimi secoli medioevali, rompe con ogni visione di un sistema cosmologico di rinvii simbolici, in cui il mondo è esso stesso un linguaggio. Höhn, H.-J. Krise der Immanenz. Religion am Ende der Moderne Fischer Taschenbuchvlg., maggio 1996 s.pp., DM 34 Filosofi, studiosi di religione e sociologi si occupano delle questioni fondamentali della permanenza dell’elemento religioso in opposizione alle spinte di secolarizzazione radicali degli ultimi tre secoli. Hubbert, Joachim Auf dem Rücken eines Tigers in Träumen versunken. Einführung in Nietzsches philosophische Kulturkritik Brockmeyer, aprile 1996 pp. 104, DM 29,80. Guyer, Paul Kant and the Experience of Freedom: Essays on Aesthetics and Morality Cambridge UP, giugno 1996 pp. 467, UK£ 12.95 Questa raccolta di saggi si propone di trasformare il nostro modo di concepire sia l’estetica che l’etica di Kant. Guyer mostra che, al centro della teoria estetica di Kant, il disinteresse per il gusto diventa un’esperienza di libertà e quindi un indispensabile complemento della moralità stessa. Hübsch, Stefan Philosophie und Gewissen. Beiträge zur Rehabilitierung des philosophischen Gewissensbegriffs Vandenhoeck & Ruprecht, aprile 1996 pp. 286, DM 80 L’insicurezza in questo campo viene ricondotta da Hübsch al fatto che il concetto di coscienza è stato svincolato dal contesto della riflessione filosofica ed è comparso all’orizzonte della costruzione della teoria scientifica. Hacker, P.M.S. Wittgenstein: Mind and Will: ’Philosophical Investigations’ an Analytical Commentary on the ‘Philosophical Investigations’ vol. IV Blackwell Publishers, aprile 1996 pp. 752, UK£ 74.95 Si tratta del quarto e ultimo volume del commento alle Investigazioni filosofiche di Wittgenstein. Come i volumi precedenti, il testo consiste di saggi filosofici e di esegesi. I nove saggi analizzano i temi più importanti di questa parte dell’opera. Hughes, G.E. - Cresswell, M.J. A New Introduction to Modal Logic Routledge, aprile 1996 pp. 448, UK£ 13.99 La logica modale è la logica della necessità e della possibilità; diversamente rispetto alla logica non-modale, essa codifica le strutture che rappresentano come le cose potrebbero essere e come di fatto sono. Questo testo guida i lettori attraverso i sistemi più importanti di logica del predicato modale con identità. Han, Byung-Chul Heideggers Herz. Zum Begriff der Stimmung bei Martin Heidegger W. Fink, aprile 1996 pp. 160, DM 48 Con il concetto di “umore”, l’autore rivela lo strato portante della filosofia di Heidegger. Nell’umore, che rimane “al di qua” rispetto alle affermazioni psicologiche e antropologiche, si rivela un “qui” che non è connotato dal punto di vista metafisico. Ivanhoe, Philip J. (a cura di) Chinese Language, Thought and Culture: Nivison and his Critics Open Court, maggio 1996 pp. 392, UK£ 18.50 Questa raccolta di saggi scritti da sinologi, storici e filosofi confuta e amplia l’opera di David Nivison, i cui contributi spaziano dalla filosofia morale, alla riflessione religiosa, alla storia del pensiero alla lingua cinese. Nivison risponde a ogni saggio. Hardwick, Charley D. Events of Grace: Naturalism, Existentialism, and Theology Cambridge UP, maggio 1996 pp. 350, UK£ 37.50 Inserendosi nella tradizione teologica liberale, iniziata con Schleiermacher, questo testo dimostra che la fede cristiana può essere pienamente compatibile con una visione scientifica del mondo. Janich, Peter Konstruktivismus und Naturerkenntnis. Auf dem Weg zum Kulturalismus Suhrkamp, maggio 1996 pp. 320, DM 22,80. Jay, Martin The Dialectical Imagination: A History of the Frankfurt School and the Institute of Social Research, 1923-1950 Univ. of California Press, aprile 1996 pp. 415, UK£ 10.95 Si tratta di una storia della Scuola di Francoforte e del suo impatto, nei primi anni della sua esistenza, sulla cultura tedesca e statunitense. Quest’edizione include una nuova prefazione che contiene riflessioni sull’attualità e l’importanza, ai giorni nostri, delle opere della Scuola di Francoforte. Heintel, Erich Gesammelte Abhandlungen vol. V: Zur praktischen Vernunft 1, Zum Begriff der Freiheit, des Handelns und der Ethik Frommann-Holzboog, aprile 1996 pp. 435, DM 98. Heintel, Erich Gesammelte Abhandlungen vol. VI: Zur praktischen Vernunft 2, Zum Begriff der Geschichte, der Politik und der Erziehung Frommann-Holzboog, aprile 1996 pp. 440, DM 98. Jeannière, Abel Les présocratiques Seuil, aprile 1996 pp. 224, F 65 Si tratta di uno studio su alcune delle principali figure che emersero nel periodo tra il VI e il V secolo a.C.: Talete, Anassimandro, Anassimene, Senofane, Pitagora, Eraclito, Parmenide, Anassagora, Democrito... Per tutti gli interessati alla materia. Hemming, Ralf Individuum. Soziogenese und kommunikative Kompetenz. Zur Bestimmung und Kritik sozialtheoretischer Implikationen im Habermas’schen Theorieentwurf 90 Joly, Jacques La nature selon Ando Shoêki Maisonneuve et Larose, maggio 1996 pp. 528, F 210 L’autore, tramite la nozione di “shizen”, ci offre un quadro di come gli ambienti intellettuali giapponesi dell’epoca Tokugawa abbiano potuto concepire il problema dei rapporti tra la natura e la cultura. Per tutti gli interessati alla materia. Kanitscheider, Bernulf Im Innern der Natur. Philosophie und moderne Physik Wiss. Buchges., maggio 1996 pp. 244, DM 68 Il libro presenta la concezione del mondo delle scienze naturali, così come essa si presenta nella riflessione filosofica. L’autore si pone lo scopo di raggiungere un naturalismo generale, che comprenda anche l’esistenza dell’essere umano e il suo orientamento verso il mondo della vita. Kant, Immanuel Kant: the Metaphysics of Morals tr. e a cura di Mary Gregor Cambridge UP, aprile 1996 pp. 252, UK£ 10.95 Questo volume contiene due parte: la Dottrina del diritto, che si occupa dei diritti che la gente ha o può acquisire e la Dottrina della virtù, che si occupa delle virtù che la gente dovrebbe acquisire. Questa traduzione include note sulla terminologia kantiana, spesso difficile e poco accessibile. Kaufmann, Matthias Rechtsphilosophie Alber, maggio 1996 pp. 320, DM 99. Kellerer, Christian Die Befreiung des abendländischen Denkens Stroemfeld, maggio 1996 pp. 675, DM 48 Kellerer presenta, nel suo libro, una teoria dello sviluppo del processo culturale occidentale che è sia avvincente che divertente da leggere. La bellezza del libro risiede nel fatto che in esso vengono intrecciate conoscenze psicologiche, filosofiche e tecnicoscientifiche. Kemmerling, A. - Schütt, H.-P. (a cura di) Descartes nachgedacht Klostermann, maggio 1996 pp. 208, DM 38 I contributi originali, raccolti in questo volume, tematizzano i diversi aapetti della metafisica, della teoria della conoscenza e della filosofia dello spirito cartesiane, che vengono ancora interpretate non correttamente nella cerchia degli esperti di filosofia classica. Kemmerling, Andreas Ideen des Ichs. Studien zu Descartes’ Philosophie Suhrkamp, aprile 1996 pp. 200, DM 18,80. Kerger, Henry Wille als Reiz. Die psycho-physischen Grundlagen der Lehre Nietzsches vom Willen zur Macht Königshausen & Neumann, maggio 1996 pp. 240, DM 48 Le affermazioni di Nietzsche sul rapporto tra i processi psicologici e fisiologici, nelle quali Nietzsche formula l’ipotesi di una volontà unica, vengono collocate e presentate qui nel contesto in cui furono espresse. Keshen, Richard Reasonable Self-esteem McGill Q UP (UCL), maggio 1996 pp. 232, UK£ 10.95 L’autore, in questa sua rassegne sulla filosofia dell’autostima, sviluppa e difende l’idea di un’autostima ragionevole, un concetto basato su un ideale di ragionevolezza, e conclude che gli individui che pensano a se stessi nei termini di questo paradigma vivranno vite più felici e più soddisfacenti. Kessler, H. (a cura di) Ökologisches Weltethos im Dialog der Kulturen und Religionen Wiss. Buchges., aprile 1996 pp. 290, DM 58 NOVITÀ IN LIBRERIA Instaurando un dialogo tra esperti appartenenti a diverse culture e religioni, il libro cerca di raggiungere un accordo su atteggiamenti fondamentali e princÏpi ecologici ed etici che hanno un’importanza mondiale. Kessler, H. (a cura di) Sokrates, Geschichte, Legende, Spiegelungen H. Leins, aprile 1996 pp. 296, DM 34 Gli otto contributi a questo volume, che fa parte degli Sokrates-Studien II, si dedicano ad analizzare le interpretazioni che, nel corso del tempo, sono state date della figura di Socrate. In piccolo, queste interpretazioni rispecchiano però anche tutta la storia della filosofia. Kim, Jaegwon Philosophy of Mind Westview Press, maggio 1996 pp. 224, UK£ 13.50 Questa rassegna - concepita come libro di testo per studenti universitari laureandi e laureati, ma adatta anche a filosofi esperti e a lettori nuovi all’argomento - esamina, traccia delle mappe e interpreta la filosofia della mente. Klemme, Heiner F. Kants Philosophie des Subjekts Meiner, maggio 1996 s.pp. , DM 148. Kobusch Th. - B. Mojsisch (a cura di) Platon. Seine Dialoge in der Sicht neuer Forschungen Wiss. Buchges., aprile 1996 pp. 296, DM 68 L’aspetto nuovo di questo volume è rappresentato dal fatto che i singoli dialoghi di Platone vengono analizzati da rappresentanti delle diverse scuole. Attraverso i nuovi approcci, vengono aperte al lettore nuove prospettive sulla filosofia platonica. Koslowski, P. Ethics of Capitalism and Critique of Sociobiology Springer, maggio 1996 pp. 142, DM 98 I due saggi raccolti nel libro si occupano di due argomenti: la teoria etica dell’ordine economico e la critica alla sociobiologia e alla sua teoria dell’evoluzione. I due saggi sono commentati da James B. Buchnam. Koslowski, P. (a cura di) Die spekulative Philosophie der Weltreligionen. Ein Beitrag zum Gespräch der Weltreligionen im Vorfeld der Expo 2000 Hannover Passagen-Vlg., aprile 1996 pp. 50, DM 14,80. Kramer, Rolf Ethik des Geldes. Eine theologische und ökonomische Verhältnisbestimmung Duncker und Humblot, maggio 1996 pp. 136, DM 86. Krämer, S. (a cura di) Bewußtsein. Philosophische Beiträge Suhrkamp, maggio 1996 pp. 272, DM 19,80. Kremer-Marietti, Angèle La raison créatrice: moderne ou post-moderne Kimé, aprile 1996 pp. 192, F 135 Quando la ragione moderna si avventurò con ottimismo lungo le vie della scienza e della tecnica, sembra che da essa si sia distaccata come un’altra ragione, una sua figlia primogenita. Oramai però le innovazioni e il divenire caratterizzano un mondo sempre più complesso, davanti al quale l’essere umano prova un crescente senso di perplessità. Di livello universitario. Kristjcnsson, Kristjcn Social Freedom: The Responsibility View Cambridge UP, aprile 1996 s.pp., UK£ 32.50 In quest’opera, Kristjcn Kristjcnsson offre un’analisi critica dei principali elementi della teoria della libertà negativa: la natura degli ostacoli e delle costrizioni, il peso degli ostacoli e il rapporto della libertà con il potere e l’autonomia. Kronegger, Marlies (a cura di) Life - the Human Quest for an Ideal: 25th Anniversary Publication Book II Kluwer, maggio 1996 pp. 360, UK£ 98 Questa raccolta di saggi - preceduta da un esame dell’allegoria nell’estetica e della metafisica dell’ontopoiesis della vita - si apre con Tymieniecka, la quale propone la “misura aurea” come l’ideale che l’umanità dei nostri giorni chiede e per cui lotta. Lee, Patrick Abortion and Unborn Human Life Catholic UP USA, aprile 1996 pp. 168, UK£ 11.95 Questo volume affronta la questione morale dell’aborto: è sempre moralmente giusto procurare un aborto, aiutare a procurarlo o eseguirlo? Il testo passa in rassegna le principali argomentazioni filosofiche a favore della permissibilità morale dell’aborto e ne confuta i diversi punti argomentativi. Kühn, R. Leben als Bedürfen. Eine lebensphänomenologische Analyse zu Kultur und Wirtschaft Physica-Vlg., maggio 1996 pp. 247, DM 90 La cultura non è la creazione di opere letterarie, ma un’auto-elevazione della vita originario-fenomenologica. Nella “situazione di bisogno”, la soggettività assoluta dell’essere umano riceve questa vita e la vuole anche riconoscere in tutto. Questo processo è determinante anche per l’economia. Leibniz, Gottfried Wilhelm von Des Freiherrn von Leibniz Theodicee, das ist von der Güte Gottes, Freiheit des Menschen und vom Ursprunge des Bösen, mit verschiedenen Zusätzen und Anmerkungen vermehrt von Johann Christoph Gottscheden (1744) a cura di H. Horstmann Akademie-Vlg., maggio 1996 pp. 600, DM 136 Questa nuova edizione si basa su quella commentata da Gottsched nel 1744, con tutti gli allegati da lui allora pensati; contiene un elenco dei nomi, è corredata di note e ha una post-fazione dell’editore. Kummer, Christian Philosophie der organischen Entwicklung Kohlhammer, maggio 1996 pp. 271, DM 36. Lenk, Hans et al. Ethik in der Wirtschaft. Chanchen verantwortlichen Handelns Kohlhammer, aprile 1996 pp. 210, DM 40. Lamettrie, Julien Offray de ’Machine Man’ and other Writings tr. e a cura di Ann Thomson Cambridge UP, a prile 1996 s. pp., UK£ 12.95 Julien Offray de Lamettrie, l’autore dell’Uomo macchina (1747), era uno dei più convinti materialisti del XVIII secolo. Questa traduzione presenta questo testo, insieme ad altri scritti. Il volume descrive anche le conseguenze morali scandalose che egli trasse dal suo materialismo. Lesch, W. (a cura di) Naturbilder - Ökologische Kommunikation zwischen Ästhetik und Moral Birkhäuser, aprile 1996 pp. 344, FRS 48 La percezione dell’ambiente naturale viene determinata dalle rappresentazioni della natura trasmesse dalla cultura, la cui conoscenza è importante per la concezione e l’agire ecologici. Il libro fornisce una chiave d’ingresso a settori dell’attuale ricerca sull’ambiente scientifica e culturale. Ciò che accomuna tutti i contributi è la questione delle rappresentazioni della comunicazione ecologica. Lange, Ernst Michael Ludwig Wittgenstein Logisch-philosophische Abhandlung. Ein einführunder Kommentar in den ‘Tractatus’ Akademie-Vlg., aprile 1996 pp. 156, DM 18,80. Lewis, Gordon Existence in Black: An Anthology of Black Existential Philosophy Routledge, giugno 1996 pp. 288, UK£ 12.99 Questo studio, basandosi su fonti della filosofia e della letteratura africana, analizza alcuni temi centrali dell’esistenzialismo, così come vengono presentati nel contesto di ciò che Franz Fanon ha identificato come “l’esperienza vissuta del nero”. Lao-tzu Tao Te Ching: The Book of the Way Kyle Cathie, aprile 1996 pp. 128, UK£ 5.99 Il manuale cinese classico sull’arte di vivere di Lao-tzu, esamina la condizione di base dell’essere vivi e fornisce consigli che tendono a far raggiungere l’equilibrio e nuove prospettive, partendo da uno spirito sereno e generoso. La traduzione di Stephen Mitchell, si propone di mantenere il sentimento di grazia e profonda saggezza dell’originale. Lohnstein, Horst Formale Semantik und natürliche Sprache. Einführung und Lehrbuch Westdt. Vlg., aprile 1996 pp. 280, DM 46 L’autore fornisce una presentazione completa e sintetica dei concetti teorici e dei processi di analisi correnti e introduce, capitolo dopo capitolo, alla teoria degli insiemi, alla logica delle affermazioni e dei predicati, alla teoria dei tipi, al calcolo del Lambda, alla semantica temporale e alla logica modale, fino ad arrivare alla logica intensionale. Il libro comunica anche i fondamenti tecnici della semantica formale. Laurent, Alain Du bon usage de Descartes Maisonneuve et Larose, aprile 1996 pp. 128, F 98 Il libro intende far rivisitare con simpatia un aspetto un po’ trascurato ma importante dell’opera di Cartesio: la sua morale individualista di portata universale che completa e corona la riflessione scientifica e metafisica. Il volume è quindi un testo di divulgazione dell’opera di Cartesio. Lawton, Clive Celebrating Caribbean Young Library, giugno 1996 pp. 48, UK£ 7.50 Il libro fa parte di una serie che analizza il modo di vivere di altri popoli. L’autore descrive le celebrazioni caraibiche, si occupa anche di abiti e di costume, di cibo, religione e include testi sacri e luoghi di culto, nascita, morte e matrimonio, le feste e le celebrazioni con il loro calendario e la lingua caraibica. Lugo, Luis E. Sovereignity at the Crossroads?: Morality and International Politics in the Post-Cold War Era Rowman & Littlefield, aprile 1996 pp. 208, UK£ 18.50 L’opera analizza i problemi del mondo dopo la guerra fredda: la lotta etnica e nazionale, la proliferazione delle armi nucleari e il terrorismo. L’autore, adottando una prospettiva filosofico-morale, si rifà a una tradizione di riflessione politica cristiana allo scopo di considerare la politica internazionale sotto l’aspetto morale. Lawton, Clive Celebrating India Young Library, giugno 1996 pp. 48, UK£ 7.50 Il libro fa parte di una serie che analizza il modo di vivere di altri popoli. L’autore descrive le celebrazioni indiane, si occupa anche di abiti e di costume, di cibo, religione e include testi sacri e luoghi di culto, nascita, morte e matrimonio, le feste e le celebrazioni con il loro calendario e la lingua indiana. Lutz, B. (a cura di) Metzler-Philosophen-Lexikon Metzler, aprile 1996 pp. 954, DM 39,80 Si tratta di un’edizione speciale, la seconda, di questo volume, che è stato ampliato e attualizzato. 91 Macmurray, John Interpreting the Universe Humanities Press, aprile 1996 pp. 112, UK£ 9.95 Quest’opera dimostra che il filosofo John Macmurray ha posto le basi dell’idea che i filosofi debbano imparare a pensare all’azione, il che presuppone una partecipazione alla vita reale, e non uno studiare il puro sé pensante, per il quale il mondo è un oggetto. Mai, Katharina Die Phänomenologie und ihre Überschreitungen. Husserls reduktives Philosophieren und Derridas Spur der Andersheit M & P, aprile 1996 pp. 340, DM 45. Mainzer, K. Thinking in Complexity. The Complex Dynamics of Matter, Mind and Mankind Springer, aprile 1996 pp. 350, DM 58 Il libro, in questa sua seconda edizione ampliata, fornisce un’ampia rassegna sull’importanza della complessità e dell’evoluzione nella natura e nel mondo moderno. Vengono fornite argomentazioni in favore di una visione del mondo integrativa e olistica che saranno certamente interessanti per la generazione contemporanea, con i suoi ideali filosofici. Malusa, L. - Campodonico, A. (a cura di) Jacques Maritain: riflessioni su una fortuna F.Angeli, maggio 1996 pp. 159, £. 24.000 Il volume si propone un bilancio critico del pensiero di Jacques Maritain inquadrandolo nel suo tempo, confrontandolo con altri del novecento e valorizzando alcuni aspetti meno conosciuti e tuttavia fondamentali nella sua opera. Le tematiche trattate dai diversi specialisti riguardano in particolare l’articolazione maritainiana dei «gradi del sapere», dalla metafisica alla dottrina della conoscenza, dalla problematica epistemologica alla teologia filosofica, dall’etica alla filosofia politica. Manilius, Marcus Il poema degli astri: Astronomica Mondadori, giugno 1996 pp. 384, £. 48.000. Marchetti, Laura Il fanciullo e l’angelo: sulle metafore della redenzione Sellerio, maggio 1996 pp. 271, £. 35.000 Tra le tematiche trattate in questo libro si rilevano: visioni del fanciullo o dell’Origine, pulsioni originarie e origine del progresso, il “Fanciullo Divino” e il mito dell’Eterno Ritorno, visioni dell’angelo o della Leggerezza, il Doppio angelico e l’identificazione proiettiva “buona”. Marcuzzi, Max Les corps artificiels: peur et responsabilités Aubier, aprile 1996 pp. 256, F 98 L’autore analizza le dottrine riguardanti il corpo nel corso della storia della filosofia. Ne risulta che il corpo è diventato un oggetto di culto che si occupa ormai solo di se stesso. Marcuzzi si interroga sui rischi di ammettere solamente l’esistenza dei corpi, indipendenti dall’incorporeo. Per tutti gli interessati alla materia. Maritain, Jacques La philosophie de la nature: essai critique sur ses frontières et son objet pref. Louis Chammings Téqui, aprile 1996 pp. 167, F 80 In questa nuova edizione ampliata della sua opera, Jacques Maritain mostra che, contrariamente alle scienze della natura, la filosofia della natura costituisce anche una saggezza, nella misura in cui essa esercita, a un livello che le è proprio, lo sguardo con intento ontologico, che la rapporta e la ricollega alla metafisica. Per tutti gli interessati. NOVITÀ IN LIBRERIA Martelli, Michele Gramsci: filosofo della politica Unicopli, aprile 1996 pp. 203, £. 26.000 Dopo il crollo del “socialismo reale” esteuropeo e la crisi radicale del comunismo come teoria e prospettiva storica il ripensamento e la reinterpretazione della gramsciana “Filosofia della prassi” diventa uno dei punti obbligati per chiunque voglia tentare un bilancio critico del movimento comunista del XX secolo di cui Gramsci è una delle coscienze più alte e problematiche. Martin, C.J.F. An Introduction to Medieval Philosophy Edinburgh UP, giugno 1996 pp. 144, UK£ 11.95 L’autore guida gli studenti attraverso i problemi intellettuali del pensiero medioevale, spiegando i principali argomenti da Agostino d’Ippona al XVI secolo. Enfatizzando i rapporti tra ragione e fede, l’autore mostra che i filosofi medioevali considerarono il loro ruolo come lo sviluppo di una tradizione. Martin, Mike W. Love’s Virtues Univ. Press of Kansas, maggio 1996 pp. 224, UK£ 11.95 Quest’opera esamina perché i valori morali abbelliscono e rinforzano i rapporti erotici e matrimoniali. L’autore lancia una sfida al cinismo rispetto al matrimonio, pur rimanendo sensibile agli innumerevoli problemi che le coppie si trovano ad affrontare; il suo approccio all’amore matrimoniale è sia tradizionale che moderno. Marx, Karl Misère de la philosophie a cura di Jean Kessler Payot, aprile 1996 pp. 240, F 72 Nel 1847, in occasione di una polemica con Proudhon, Marx - in questo testo, scritto direttamente in francese - regola i conti con una certa idea del socialismo e dell’economia. Criticando il socialismo “piccolo-borghese”, egli precisa le sue tesi e ne propone una versione molto accessibile. Masters, Roger D. Machiavelli, Leonardo, and the Science of Power - vol. III Univ. Notre Dame Press, aprile 1996 pp. 384, UK£ 26.50 L’autore di questo testo sostiene che il pensiero di Machiavelli rende accessibile la saggezza antica alla condizione moderna (e post-moderna) e che la sua comprensione della natura umana è superiore a quella di Hobbes, Locke, Rousseau, Marx o Mill. Viene anche documentato il suo rapporto con Leonardo da Vinci. Masullo, Aldo Metafisica: storia di un’idea Donzelli, giugno 1996 pp. 316, £. 38.000 Quesro libro analizza lo sviluppo della metafisica mostrando come il problema fondamentale sia quello di recuperare ciò che di divino è rimasto nell’umano, i diversi simboli attraverso i quali gli uomini riescono a orientarsi entro la pluralità dell’esperienza. La metafisica così si rivela essere la “logica generale delle misure”. Mathieu, Vittorio Orfeo e il suo canto: scritti (1950 -1993) prefazione di Guglielmo Gallino S. Zamorani, maggio 1996 pp. 166, £. 36.000 I saggi raccolti in questo libro scritti nel corso di quarant’anni coprono l’intero arco della riflessione filosofica di Mathieu. Si tratta di una ripresa in chiave contemporanea della filosofia di Plotino. Moravia, Sergio L’enigma dell’esistenza: soggetto, morale, passioni nell’età del disincanto Feltrinelli, maggio 1996 pp. 256, £. 40.000 In questo libro Moravia propone il mistero dell’esistenza senza fornire soluzioni definitive ma ponendo le domande più urgenti per l’uomo occidentale nel suo essere-nelmondo. Per Moravia l’uomo passionale ma anche morale può perseguire una giustificazione laica alla propria esistenza, o addirittura una forma di salvezza, ricercando e costruendo sempre nuovi valori, sempre nuove forme di comprensione tra l’io e l’altro. Fenomenologia dello spirito sia quello della libertà, di una libertà che sempre inciampa negli accidenti della storia e sempre si solleva su se stessa e su tutto si eleva. Montaleone, Carlo La cultura a Milano nel dopoguerra: filosofia e engagement in Remo Cantoni Bollati Boringhieri, aprile 1996 pp. 251, £. 38.000 In questo libro l’autore esamina la figura poliedrica di Remo Cantoni considerando la sua critica al fascismo, la sua adesione al comunismo e il suo successivo abbandono del comunismo in nome di un umanesimo critico insofferente ai dogmi della nuova “mitologia” marxista. Montaleone evidenzia come nella concezione filosofica di Cantoni predomini l’idea che il Logos non si incarni e che quindi, il mondo degli uomini rappresenti un’opera aperta. Mattei, Jean-François Platon et le miroir du mythe de l’âge d’or à l’Atlantide PUF, aprile 1996 pp. 344, F 148 La filosofia platonica, tesa tra il mito e la ragione, la recita e l’argomentazione, la persuasione e la certezza, nasce anche come mitologia, intrecciando in maniera indissolubile i due percorsi attraverso i quali il mondo accede alla parola. Di livello universitario. McDermott, Robert A. The Essential Steiner: Basic Writings of Rudolph Steiner Floris Books, aprile 1996 pp. 464, UK£ 11.99 Si tratta di un’introduzione agli scritti principali di Rudolph Steiner, che ha avuto un importante influsso sull’educazione, la letteratura, l’arte, la scienza e la filosofia contemporanee. Il libro narra della vita e delle opere di Steiner e lo mette in relazione alle principali tradizioni di pensiero. Montet, Danielle Archéologie et généalogie: Plotin et la théorie platonicienne des genres J. Millon, aprile 1996 pp. 272, F 170 Lungi dal contribuire a una lettura troppo semplicemente idealista di Platone, il testo di Plotino potrebbe confermare un approccio fenomenologico al pensiero platonico, di cui non è ancora stata misurata tutta la fecondità. Di livello universitario. McInerny, Ralph Aquinas and Analogy Catholic UP USA, giugno 1996 pp. 178, UK£ 31.95 De nominum analogia di Cajetan introduce un’argomentazione spuria che non si ritrova in Tommaso d’Aquina. Questo testo indica che la fonte della confusione è dovuta alla non comprensione da parte di Cajetan di un testo tratto dal Commento alle sentenze di Aquino e mostra quanto sia fuorviante questa distinzione. Moore, F.C.T Bergson: Thinking Backwards Cambridge UP, aprile 1996 s.pp., UK£ 10.95 Il volume analizza la filosofia di Henri Bergson (1859-1941), mostrando la sua importanza per la filosofia contemporanea. L’autore discute una serie di argomenti, comprendenti il riso, la natura dell’esperienza del tempo e suggerisce che l’intelligenza e il linguaggio dovrebbero essere visti come un prodotto pragmatico dell’evoluzione. McIntyre, Lee C. Laws and Explanation in the Social Sciences: A Defense of Nomological Explanation in the Study of Human Behavior Westview Press, aprile 1996 pp. 184, UK£ 33.50 Ponendosi come obiettivo un’analogia con le scienze naturali, questo libro si prefigge di mostrare che le barriere dell’indagine nomologica all’interno delle scienze sociali non sono generate da fattori appartenenti unicamente all’indagine sociale, ma che derivano da una serie di problemi molto comuni che si prospettano ogni volta che si indaga in modo scientifico. Morresi, Ruggero Argomentazione e dialettica: tra logica hegeliana e nouvelle rhétorique Calamo, aprile 1996 pp. 131, £. 24.000 In questo libro vengono trattate; la dialettica e la teoria dell’argomentazione, le figure della differenza, la neoretorica e la neodialettica, la dialettica e retorica in Hegel e Perelman, l’hegelismo e le tecniche dell’argomentazione. Morris, Paul Rosenzweig a cura di Arthur Herztberg Peter Halban, giugno 1996 pp. 176, UK£ 7.99 Franz Rosenzweig (1886-1929), il teologo ebreo tedesco, viene considerato il pensatore religioso più profondo dell’epoca moderna. Meyer, Lutz John Rawls und die Kommunitaristen. Eine Einführung in Rawls’ Theorie der Gerechtigkeit und die kommunitaristische Kritik am Liberalismus Königshausen & Neumann, maggio 1996 pp. 128, DM 32. Mulhall, Steven Routledge Philosophy Guidebook to Heidegger and ‘Being and Time’ Routledge, maggio 1996 pp. 216, UK£ 6.99 Questo volume guida il lettore attraverso la complessità del pensiero di Heidegger in Essere e tempo, collocando l’opera nel suo contesto, sia all’interno del progetto filosofico di Heidegger, che nel filone della storia della filosofia. Vengono anche presi in considerazione la vita di Heidegger e il suo ambiente. Miquel, Christian La quête de l’exil: pratique de l’exil L’Harmattan, maggio 1996 pp. 86, F 70 E’ possibile ritrovare in un modo pratico l’esilio interiore che esiste in ognuno di noi e che viene abitualmente occultato dalle molteplici forme sociali, giochi di potere e di forza che regolano l’individuo? Questo è l’obiettivo del libro, che si propone di dimostrare come il sentimento e la ricerca dell’esilio possano essere riscontrati sia in una città che in un’avventura amorosa. Per tutti gli interessati alla materia. Mittelstaedt, Peter Die Zeitbegriffe in der Physik. Physikalische und philosophische Untersuchungen zum Zeitbegriff in der klassischen und relativistischen Physik Spektrum, maggio 1996 pp. 192, DM 49,80. Naudé, Gabriel 1600-1653 De fato: ristampa anastatica dell’edizione Joh. Beverovicii Epistolica quaestio, de vitae termino, fatali an mobili? Lugduni Batavorum 1639 a cura di Anna Lisa Schino Conte, aprile 1996 pp. 104, £. 70.000. Monaldi, Marcello Storicità e religione in Hegel: strutture e percorsi della storia della religione nel periodo berlinese ETS, giugno 1996 pp. 252, £. 18.000 L’autore intende contrapporsi alla tradizionale interpretazione della filosofia hegeliana come teoria dello Stato assoluto mostrando come il concetto che domina la Nicolas, Simonne Métaphysique: sens et amour de la réalité Téqui, aprile 1996 pp. 164, F 70 Che cos’è la metafisica, come nasce e si sviluppa? Simonne Nicolas, professoressa di filosofia e metafisica, mostra la liberazione che porta la metafisica a chi ne comprende l’insegnamento. Per tutti gli interessati. 92 Notker der Deutsche von St. Gallen ’De Categoriae’. Boethius’ Bearbeitung von Aristoteles’ Schrift ‘Kategoriai’. Konkordanzen, Wortlisten und Abdruck der Texte nach den ‘Codices Sangallensis’ 818 und 825 a cura di E. Firchow Schebaron de Gruyter, maggio 1996 pp. 1243, DM 680 La traduzione in antico alto tedesco della versione di Boezio delle Categorie di Aristotele fu redatta nel 1000 d.C.. Quest’importante opera sulla logica fu utilizzata come libro di testo. Quest’edizione la presenta in due volumi. Ommerborn, Wolfgang Die Einheit der Welt. Die Qui-Theorie des Neo-Konfuzianeres Zhang Zai (1020 bis 1077) Grüner, aprile 1996 pp. 349, DM 125. Onfray, Michel La sculpture de soi: la morale esthétique LGF, maggio 1996 pp. 219, F 40 La filosofia di M. Onfray si esprime nel suo rapporto con i filosofi, colti nella loro vita, quella vita che spetta a ciascuno di noi costruire, farne un’opera d’arte, secondo il desiderio di Nietzsche. Questo deve avvenire preferibilmente seguendo la logica di espansione dei corpi e dei piaceri, attraverso la quale un’etica può dirsi anche estetica. Per tutti gli interessati. Onyefulu, Ifeoma One Big Family: Sharing Life in an African Village Frances Lincoln, aprile 1996 pp. 32, UK£ 9.99 Nei villaggi nigeriani, le persone sono legate dal loro ogbo, o dal loro essere divisi per età, che unisce i bambini e le bambine della stessa età. In questo libro, una bambina piccola racconta i diversi ogbo e ciò che essi implicano: i lavori domestici, il prendere decisioni e il diverstimento. Orabona, Michele Paul Ricoeur: esistenzialismo ed ermeneutica in un filosofo moderno. In appendice: 50 voci del vocabolario ermeneutico-fenomenologico-esistenziale prefazione di Paolo Manzelli Ripostes, aprile 1996 pp. 125, £. 22.000 Orabona in questo libro è riuscito a delineare un avvicente dibattito a più voci al centro del quale si colloca la meditazione di Paul Ricoeur, riguardante le relazioni tra le teorie del significato e della struttura cognitiva del linguaggio e la filosofia dell’esistenza. Orsucci, Andrea Orient - Okzident. Nietzsches Versuch einer Loslösung vom europäischen Weltbild de Gruyter, aprile 1996 pp. 406, DM 198 Scorrendo l’indice, si trovano trattati questi argomenti: la lettura filologica e gli studi etnologici sul periodo di concezione di Umano troppo umano; le affermazioni sui “greci stranieri” (die fremden Griechen); l’etnologia e la scienza della religione negli scritti di Nietzsche degli anni Ottanta; Nietzsche e l’antisemitismo della sua epoca. Osborne, Richard Eastern Philosophy for Beginners Icon, aprile 1996 pp. 176, UK£ 7.99 L’interesse per la filosofia orientale antica è cresciuto negli ultimi anni, poiché il malcontento nei confronti del materialismo ha allontanato molte persone dal pensiero occidentale. Questo libro descrive il pensiero orientale, da Confucio a Buddha, dall’Islam al Tao e spiega le differenze tra queste correnti di pensiero e la filosofia occidentale. Ott, Konrad Vom Begründen zum Handeln. Aufsätze zur angewandten Ethik Attempo-Vlg., aprile 1996 pp. 260, DM 39. NOVITÀ IN LIBRERIA Ottonello, Pier Paolo Sciacca: la rinascita dell’Occidente Marsilio, aprile 1996 pp. 154, £. 28.000 L’autore mostra come Sciacca da Platone ad Agostino e Rosmini, attraverso il travaglio del pensiero moderno e contemporaneo ricostruisca la strada maestra della metafisica dell’integralità concepita come l’unico fondamento dell’autentico progresso della persona in tutte le sue dimensioni, dell’intera totalità del sapere, della pienezza delle realizzazioni pratiche e morali. Outhwaite, William The Habermas Reader Polity Press, giugno 1996 pp. 340, UK£ 13.95 Si tratta di un’introduzione esaustiva agli scritti di J. Habermas, dall’inizio degli anni Sessanta fino ai giorni nostri. Il libro è diviso in sette sezioni che si occupano delle aree principali dell’opera di Habermas. Ogni sezione contiene un’introduzione e una scelta di brani significativi tratti dalle principali opere. Padovese, Luciano La vita umana: lineamenti di etica cristiana San Paolo, maggio 1996 pp. 343, £. 30.000 Questo volume parla della vita umana cercando di aiutare il lettore a comprendere quale “dominio” sulla vita deve esercitare ogni uomo e ogni donna del mondo. Panza, Marco - Roero, Clara Silvia (a cura di) Geometri, flussioni e differenziali: osservazioni sul rapporto tra tradizione e innovazione nella matematica del Seicento La città del sole, aprile 1996 pp. 551, £. 52.000 Questo libro rappresenta il prodotto di una ricerca in comune che si propone di mettere in discussione lo stereotipo storiografico in base al quale la nascita del calcolo “infininitesimale” sia il risultato di un capovolgimento repentino e netto all’interno della matematica classica. Paradisi, Riccardo (a cura di) Julius Evola: mito, azione, civiltà Il cerchio, giugno 1996 pp. 110, £. 25.000 Questo libro è un omaggio a Evola ed è stato concepito nel ventennale della sua morte. Esso rappresenta anche uno strumento di documentazione in quanto sono raccolti presupposti e punti di vista diversi in onore di Evola che è stato Maestro di tante generazioni antagoniste al mondo moderno. Paradosso: quadrimestrale di filosofia Nuova serie Il Cardo, aprile 1996 pp. 126, £. 20.000 In questa rivista sono raccolti i seguenti scritti; Forme e senso di Carlo Sini, i luoghi, la tecnologia, la politica di Stefano Rodotà, la sanzione delle mura. Sulla genealogia della Città nel lessico giuridico di Vico di Gennaro Carillo, piano e progetto di Vittorio Gregotti, città formata: atopicità e appartenenza di Margherita Petranzan, Sprawi, atteggiamento scomposto, sobborgo caotico, città futura estesa da Boston ad Atlanta di Roberto Masiero, Venezia salva. Per una filosofia della conservazione di Marco Biraghi, dove finisce l’Europa di Sergio Givone ecc. Parmenide Fragments du ‘Poème’ de Parménide PUF, aprile 1996 pp. 198, F 198 Sotto l’influsso di Anassimandro, Parmenide radicalizza il pensiero di Eraclito: come tuto ciò che è al mondo, il mondo stesso è in balia della potenza universale e annientante del tempo. Resta però ciò su cui il tempo non ha presa: non ciò che il mondo ha, ma il fatto stesso che esso l’abbia. In Parmenide, il logos ci fa cogliere la verità eterna dell’essere. Per tutti gli interessati. Pasini, Enrico Corpo e funzioni cognitive in Leibniz F.Angeli, maggio 1996 pp. 237, £. 34.000 In questo libro l’autore intende mostrare sulla base di testi di Leibniz in gran parte inediti che Leibniz possiede oltre a una teoria metafisica della percezione come corrispondenza espressiva degli stati delle sostanze, anche una compiuta interpretazione fisiologica dei processi percettivi come corrispondente corporeo degli stati percettivi dell’anima. Giannini, maggio 1996 pp. 47, £. 10.000 Il volume contiene i due scritti: Due concetti della necessità di A. Pisani e Necessità di un’alternativa di C. La Greca. Plutarchus 45-125 ca. A.D. L’esilio introd., testo critico, trad. e commento a cura di R. Caballero, G. Viansino M. D’Auria, aprile 1996 pp. 119, £. 30.000 Viene presentato il testo “L’esilio” di Plutarco con l’introduzione e la considerazione della tradizione manoscritta. Pellecchia, Fausto La libertà tentata: margini dell’etica kantiana Biblioteca, maggio 1996 pp. 150, £. 25.000 In questo libro vengono esaminate alcune questioni relative all’etica kantiana; la natura del male, l’impossibilità del diavolo e la rimozione del male, la libertà come potere e potenza, l’inattualità dell’imperativo categorico, il dettato dell’immaginazione. Plutarchus, 45 -125 A. D. Le bestie sono esseri razionali introd., testo critico, trad. e commento a cura di G. Indelli M. D’Auria, aprile 1996 pp. 138, £. 30.000 Viene presentato il testo di Plutarco “Le bestie sono esseri razionali” con l’analisi dell’argomento, dei motivi e della struttura dell’opera. Inoltre, vengono presi in considerazione la tradizione manoscritta e i criteri editoriali. Peterson, Donald Forms of Representation Intellect Books, giugno 1996 pp. 192, UK£ 14.95 L’autore si occupa dell’influsso sulla comprensione, l’intuito, la competenza e la conoscenza avanzata delle forme di rappresentazione che usiamo. Il libro si rivolge a questioni quali: esistono dati che siano liberi da forme di rappresentazione? Le forme di rappresentazione possono essere complete o sono sempre limitate? Plutarchus, 45 ca. - 125 A.D. La curiosità introd., testo critico, trad. e commento a cura di Lionello Inglese M. D’Aria, giugno 1996 pp. 171, £. 40.000. Petit, Jean-Luc Solipsisme et intersubjectivité: quinze leçons sur Husserl et Wittgenstein Cerf, maggio 1996 pp. 235, F 150 Partendo da diversi testi tratti dall’Husserliana, il volume invita il lettore a superare il pregiudizio, secondo il quale Husserl si sarebbe chiuso nel suo solipsismo chimerico, diversificandosi quindi rispetto alla filosofia analitica di Wittgenstein. Il confronto tra i due pensatori permette di sviluppare una teoria che ha le sue radici nel senso dell’essere all’interno dell’intersoggettività della vita pratica. Per gli specialisti della materia. Poirié, François - Levinas, Emmanuel Emmanuel Levinas: essais et entretiens Actes sud, maggio 1996 s.pp., F 45 Si tratta di un testo che fornisce chiarimenti sull’opera e il percorso del grande filosofo, morto nel 1955. Il libro contiene anche un lungo entretien, realizzato nel 1986. Per tutti gli interessati alla materia. Poma, Iolanda Le eresie della fenomenologia: itinerario tra Marleau-Ponty, Ricoeur e Lèvinas ESI, maggio 1996 pp. 102, £. 15.000 In questo libro l’autrice mostra come le filosofie di Marleau-Ponty, Ricoeur e Lèvinas rappresentino lo sviluppo eretico della fenomenologia di Husserl. In questa prospettiva il soggetto viene ora indagato come realtà opaca nel cui fondo è nascosta un’oggettività, che pur essendo propria del soggetto, a esso si sottrae costituendolo. Pezzella, Mario (a cura di) Lo spirito e l’ombra: i seminari di Jung su Nietzsche saggi di Mario Pezzella et al. Moretti & Vitali, maggio 1996 pp. 113, £. 20.000 Questo volume contiene i seguenti scritti: la potenza dello spirito di Mario Pezzella, un percorso sdoppiato di Fulvio Salza, la visione del funambolo di Dario Squilloni, lo spirito della maschera di Giorgio Concato e Dioniso nelle opere di Jung di James Hillman. Prini, Pietro La filosofia cattolica italiana del Novecento Laterza, maggio 1996 pp. 269, £. 30.000 In questo libro Prini fornisce la prima interpretazione complessiva del cattolicesimo filosofico italiano del Novecento da Papini a Buonaiuti, da Varisco a Bontadini, da Del Noce a Capograssi, analizzando come la filosofia cattolica abbia affrontato il problema dell’autonomia della ragione e dell’interiorità della fede. Piccolini, Sabina e Rosario (a cura di) Lo specchio dell’alchimia/ 9 trattati alchemici scelti e tradotti da Sabina Piccolini, Rosario Piccolini Mimesis, giugno 1996 pp. 281, £. 35.000 In questo libro sono raccolti alcuni trattati sull’alchimia di John Daustin, di Ferrari, di George Ripley, di Denys Zachaire, di Giovanni Pontano e di Arnaldo Da Villanova. Pieper, Josef Werke in acht Bänden vol. IV: Schriften zur philosophischen Anthropologie und Ethik. Das Menschenbild der Tugendlehre a cura di B. Wald Meiner, aprile 1996 pp. 432, DM 96. Privitera, Walter Il luogo della critica: per leggere Habermas presentazione di Franco Crespi Rubbettino, giugno 1996 pp. 78, £. 10.000 In questo libro l’autore mostra come nel pensiero di Habermas solo su una base che è uscita dalle barriere di classe e che si è liberata dalla stratificazione sociale e dallo sfruttamento possa svilupparsi pienamente il potenziale di un pluralismo culturale. Pinkard, Terry Hegel’s Phenomenology: The Sociality of Reason Cambridge UP, aprile 1996 s.pp., UK£ 13.95 La fenomenologia dello spirito è una delle opere più lette, ma anche più oscure di Hegel. Il volume offre un commento dettagliato delle opere di Hegel e fornisce un resoconto filosofico indipendente della teoria generale della conoscenza, della cultura e della storia presentate nella Fenomenologia. Putallaz, François-Xavier Insolente liberté: controverses et condamnations au XIII siècle Ed. universitaires de Fribourg-Cerf, aprile 1996 pp. 338, F 175 Il volume affronta la questione delle rivendicazioni della libertà nel Medioevo, attraverso pensatori come Siger de Brabant, Etienne Tempier, Pierre de Jean Olivi, Henri de Gand o Godefroid de Fontaines. Per gli specialisti della materia. Pisani, A. - La Greca, C. La concezione aristotelica della necessità 93 Radice, Roberto La Metafisica di Aristotele nel 20˚ secolo: bibliografia ragionata e sistematica con la collaborazione di M. Andolfo et al. presentazione di Giovanni Reale Vita e pensiero, giugno 1996, pp. 734, £. 75.000. Rapp, Chr. (a cura di) Aristoteles - Die Substanzbücher der Metaphysik Akademie-Vlg., maggio 1996 pp. 312, DM 29,80 I contributi qui raccolti rispecchiano diversi punti di vista e riflettono i rispettivi livelli di ricerca, in modo da fornire una base di lavoro desunta direttamente dalla ricerca e che si adatta sia alla discussione in sede seminariale che allo studio personale di questo complesso tema. Rawlinson, Mary (a cura di) Derrida and Feminism: Recasting the Question of Woman Routledge, aprile 1996 pp. 256, UK£ 12.99 Questa raccolta di saggi riunisce diversi importanti contributi che propongono prospettive, disparate tra di loro, sul significato dell’intersezione tra le idee di Derrida e il femminismo. Reiger, R.A. (a cura di) Reference in Multidisciplinary Perspective. Philosophical Object, Cognitive Subject, Intersubjective Process Georg Olms, aprile 1996 pp. 764, DM 198. Rescher, Nikolas Studien zur naturwissenschaftlichen Erkenntnislehre Königshausen & Neumann, maggio 1996 pp. 198, DM 48 Come si distinguono le conoscenze scientifiche dall’altro sapere umano? Come si arriva a conoscenze di questo tipo? Che ampiezza e che profondità possono raggiungere? Il volume si articola intorno a queste domande e a questioni affini, si occupa del metodo della ricerca scientifica, prende in considerazione l’importanza di quest’ultima in quanto disciplina cognitiva e analizza i limiti che le sono propri. Resnik, Salomon Sul fantastico Bollati Boringhieri, giugno 1996 pp. 206, £. 38.000 Resnik si propone di esaminare l’enigma dell’opera d’arte considerando l’impatto estetico come incontro, sospresa, domanda, dialogo e apertura di senso. Rex Li A Theory of Conceptual Intelligence: Thinking, Learning, Creativity, and Giftedness Praeger Publishers, maggio 1996 pp. 256, UK£ 43.95 Questo volume, analizzando la ricerca sull’intelligenza a partire dalla fine del XIX secolo, propone la nozione dell’intelligenza concettuale: l’intelligenza umana è il risultato del pensiero e dell’apprendimento atraverso i concetti. L’autore traccia lo sviluppo dei concetti ed esamina come l’apprendimento conduca all’intelligenza e alla creatività. Richter, Ewald Ürsprüngliche und physikalische Zeit Duncker & Humblot, aprile 1996 pp. 177, DM 98. Ricken, Fr. (a cura di) Philosophen der Antike 2 voll. Kohlhammer, aprile 1996 pp. 240 a vol., DM 29 a vol. Ringleben, Jochim ’Die Krankheit zum Tode’ von Sören Kierkegaard Vandenhoecke & Ruprecht, aprile 1996 pp. 320, DM 98 Una delle opere più importanti del XIX secolo viene spiegata in maniera chiara, mostrandone l’abile costruzione a livello di pensiero e chiarendo la complessità delle singole affermazioni. Il volume contiene anche una parte di commento e note che illustra accuratamente NOVITÀ IN LIBRERIA il contesto storico e di pensiero in cui è nata l’opera. Königshausen & Neumann, aprile 1996 pp. 196, DM 49. antropologia ed etica: non c’è niente di cui egli non parli... Di livello universitario. Riordan, James The Songs my Paddle Sings Pavilion, aprile 1996 pp. 128, UK£ 14.99 Si tratta di una raccolta di storie riraccontate che rivelano le credenze e la cultura degli Indiani d’America e che includono favole morali e racconti della creazione e della grande inondazione. Il libro celebra la storia degli Indiani d’America e confuta le precedenti descrizioni degli Indiani come selvaggi. Rossetti Livio, Bellini Ornella (a cura di) L’inconscio e i percorsi della coscienza ESI, aprile 1996 pp. 124, £. 20.000 Questo libro si propone di analizzare il significato della riflessione sull’inconscio in relazione all’emergere della coscienza prima della razionalizzazione compiuta da Freud. Prende in considerazione il rapporto tra conscio e inconscio di Dafni e Cloe, la teoria leibniziana delle “piccole percezioni”, la coscienza in Carabellese e i condizionamenti inconsci che si esercitano sul docente. Santucci, Antonio Eredi del positivismo: ricerche sulla filosofia italiana tra ‘800 e ‘900 il Mulino, aprile 1996 pp. 361, £. 48.000 Siccome non è più possibile una definizione univoca del positivismo soprattutto in seguito ai significati assunti nella filosofia italiana tra la fine del secolo scorso e gli anni successivi al primo conflitto mondiale, questo libro si propone di eliminare gli stereotipi presenti e di porre nuove domande. Risso, Alessandra I modi di amare Sophia: la paideia strutturale del dialogo platonico La nuova Italia, giugno 1996 pp. 158, £. 18.000 Questo studio nasce dall’intento di accordare un’attenzione globale ai dialoghi platonici che vengono letti tenendo conto della complessità non solo dei messaggi che vi prendono corpo ma anche delle modalità espressive, degli stili di scrittura che li costruiscono. In tal modo l’intero dialogo si rivela strumento e stimolo di paideia. Robinet André Aux sources de l’esprit cartésien, l’axe La Ramée-Descartes: de ‘La Dialectique’ de 1555 aux ‘Regulae’ Vrin, aprile 1996 pp. 316, F 320 Se i rapporti tra le Regulae e le loro fonti antiche o medioevali sono stati trattati bene, la loro collocazione nell’ambito immediato lascia un po’ a desiderare. Ecco perché questo studio consiste nel prendere come punto di riferimento la Dialettica francese di La Ramée e nel tracciare l’asse critico e speculativo che lega La Ramée a Cartesio. Di livello universitario. Rogozinski, Jacob Kanten: esquisses kantiennes Kimé, aprile 1996 pp. 192, F 130 I saggi qui raccolti si propongono una rilettura dell’opera del filosofo, che Rogozinski affronta a partire dai suoi Kanten: dalle sue zone di frontiera o dalle sue delimitazioni, trascurate dai commenti tradizionali. Di livello universitario. Römelt, Josef Vom Sinn moralischer Verantwortung. Zu den Grundlagen christlicher Ethik in komplexer Gesellschaft Pustet, aprile 1996 pp. 192, DM 32. Ronchi, Rocco La scrittura della verità: per una genealogia della teoria Jaca Book, giugno 1996, pp. 125, £. 22.000 L’autore analizza il significato della filosofia mostrando come essa da Platone a Hegel si sia autocompresa come scienza della verità che ha per oggetto “ciò che non tramonta mai” e che costringe perciò in modo uguale gli uomini. L’autore evidenzia come la filosofia non avrebbe potuto diventare potente se non si fosse anticipatamente riflessa nello specchio della scrittura. Pertanto, mettendo a contatto campi d’indagine e ricerche che finora hanno proceduto diversamente, delinea una genealogia dell’ “atteggiamento teoretico”. Rondoni, Davide - Santori, Antonio (a cura di) La sfida della ragione: testi di Piero Bigongiari et al. Guaraldi, maggio 1996 pp. 95, £. 10.000 In questo libro, partendo da prospettive e da tradizioni intellettuali diverse, gli interventi presenti convergono nel definire la ragione come la più laica e la più aperta possibile. Ropohl, Günther Ethik und Technikbewertung Suhrkamp, aprile 1996 pp. 376, DM 27,80. Rosas, Alejandro Kants idealistische Reduktion. Das Mentale und das Materielle im traszendentalen Idealismus Sasso, Gennaro Tempo, evento, divenire il Mulino, maggio 1996 pp. 388, £. 50.000 In questo libro vengono affrontate i temi del tempo, dell’evento e del divenire attraverso l’esame delle opere di Platone, Agostino, Aristotele, Kant, Hegel, Bergson, Husserl e Heidegger. L’autore propone una strada diversa da quella della filosofia occidentale attraverso una critica della metafisica evitando di svelare il senso del tempo, dell’evento e del divenire entro il quadro delle cosiddette concezioni “unitarie” della realtà. Rossi, Paolo et al. (a cura di) Dizionario di filosofia La nuova Italia, giugno 1996 pp. 453, £. 27.000. Rozza Del Sassello, Edino Teatro dei diversi cervelli epistemologici contemporanei e mercato delle idee M. Pacini Fazzi, giugno 1996 pp. 66, £. 24.000. Ruggenini, Mario Il discorso dell’altro (ermeneutica della differenza) Il saggiatore, maggio 1996 pp. 205, £. 34.000 In questo libro l’autore mostra come l’ermeneutica, deposte le pretese assolute della metafisica, interroghi l’altro che si rivela e si nasconde nell’essere finito dell’uomo, nel rapporto dell’esistenza del mondo, nel necessario esistere di ciascuno in relazione con altri nel linguaggio. Sautet, Marc Les femmes? De leur émancipation Lattès, aprile 1996 pp. 298, F 79 L’autore, che è un filosofo, elabora delle domande sull’emancipazione della donna e fa rispondere ai grandi filosofi classici, partendo dalle loro opere. Si esprimono così Confucio, Platone, Aristotele, Agostino, Avicenna, Hume, Schopenhauer... Marc Sautet sintetizza poi i vari punti di vista. Per tutti gli interessati alla materia. Ruß, Hans Günther Religiöser Glaube und modernes Denken. Religion im Spannungsfeld von Naturwissenschaft und Philosophie Königshausen & Neumann, aprile 1996 pp. 160, DM 29,80 Partendo dalla prospettiva della scienza della natura e della filosofia, che cosa può essere detto riguardo alla questione se, nel corso dell’evoluzione, il fenomeno dello spirito umano o della coscienza umana rappresentino o meno un “candidato” plausibile all’immortalità in senso religioso? Savigny, Eike von Wittgensteins ‘Philosophische Untersuchungen’. Ein Kommentar für Leser vol. II, brani 316-693 Kloster, maggio 1996 pp. 380, DM 78 Si tratta della nuova edizione, ampliata e completamente rinnovata, di questo commento. Russell, Bertrand Foundations of Geometry Routledge, giugno 1996 pp. 240, UK£ 40 Questo testo fornisce sia una comprensione delle basi del pensiero filosofico di Bertrand Russell che un’introduzione alla filosofia della matematica e della logica. Il libro analizza i diversi concetti di geometria e le loro implicazioni filosofiche e contiene anche una visione d’insieme dello sviluppo della geometria. Scarre, Geoffery Utilitarianism Routledge, aprile 1996 pp. 240, UK£ 12.99 Questo testo, passando in rassegna lo sviluppo storico e la situazione attuale dell’etica utilitaristica, sostiene che mentre l’utilitarismo può anche non essere considerato un’infallibile dottrina morale, le sue posizioni sono importanti e restano ancora significative oggi. Scheppke, K. - Tichy, M. (a cura di) Das Andere der Identität. Ute Guzzoni zum 60. Geburtstag Rombach, maggio 1996 pp. 230, DM 29,80. Russell, Bertrand Mortals and others: American Essays 1931-1935 Routledge, giugno 1996 pp. 192, UK£ 9.99 Si tratta di una raccolta di saggi e di reportage che si occupano di un’ampia gamma di temi. Il libro mostra il lato serio e quello meno serio della personalità e dell’opera di Bertrand Russell. I lettori di ogni livello vengono così introdotti al pensiero di Russell. S.A. A Journey into Consciousness: Exploring the Truth behind Existence Barry Long Books, aprile 1996 s.pp., UK£ 11.95 Queste due cassette sono pensate per riaprire la mente alla coscienza, attraverso una serie di esercizi. Salem, Jean Démocrite: grains de poussière dans un rayon de soleil Vrin, aprile 1996 pp. 415, F 198 Poesia del discontinuo che la luce dell’intelletto rischiara, verità di ciò che è mobile e minuscolo: l’atomismo di Democrito porta sicuramente a sognare. Fisica generale, astronomia, teoria della conoscenza, psicologia e medicina, 94 Schmid, Michael Rationalität und Theoribildung. Studien zu Karl Poppers Methodologie der Sozialwissenschaften Ed. Rodopi, aprile 1996 pp. 339, FOL 100 Il volume ricostruisce e critica i consigli che K. Popper dà, nelle sue opere, alla filosofia delle scienze sociali. Schneewind, J.B. (a cura di) Reason, Ethics, and Society: Themes from Kurt Baier, with his Responses Open Court, aprile 1996 pp. 392, UK£ 17.95 Questa raccolta di dieci saggi, che si occupano tutti delle tematiche trattate da Baier nelle sue opere recenti, rappresenta un manuale di The Rational and the Moral Order. Gli autori sono famosi filosofi morali contemporanei. Il libro contiene anche la risposta di Baier alle loro critiche. Schnelle, Helmut Die Natur der Sprache. Die Dynamik der Prozesse des Sprechens und Verstehens de Gruyter, maggio 1996 pp. 671, DM 98. Schockenhoff, Eberhard Naturrecht und Menschenwürde. Universale Ethik in einer geschichtlichen Welt Grünewald, aprile 1996 pp. 320, DM 48 Esistono dei diritti umani che hanno una base comune e valgono per tutte le culture e tutte le religioni? E’ come è possibile dimostrare razionalmente i fondamenti di questi diritti? Schumacher, Ralph Realität, synthetisches Schließen und Pragmatismus. Inhalt, Begründung und Funktion des Realitätsbegriffs in den Theorien von Chrales S. Pierce in der Zeit von 1865-1878 Beltz Athenäum, aprile 1996 s.pp., DM 98. Sedmak, Clemens Kalkül und Kultur. Studien zur Genesis und Geltung von Wittgensteins Sprachmodell Ed. Rodopi, aprile 1996 pp. 317, FOL 95. Seibert, Thomas Geschichtlichkeit, Nihilismus, Autonomie. Philosophie(n) der Existenz M & P, aprile 1996 pp. 452, DM 55. Seifert, Josef Sein und Wesen Winter, maggio 1996 pp. 551, DM 148. Schlanger, Jacques Un art, des idées L’Harmattan, maggio 1996 pp. 255, F 140 Si tratta di un libro che cerca di cogliere la nozione di idea. Come produrre un’idea, come conservarla, esprimerla, comunicarla agli altri? L’autore esamina poi l’oggetto ideale, cioè un oggetto fatto di idee e di collegamento di idee e dei suoi artigiani, i filosofi e i metafisici. Per tutti gli interessati alla materia. Sgalambro, Manlio La morte del sole Adelphi, maggio 1996 pp. 230, £. 40.000 Vagando tra gli imponenti relitti della storia della filosofia Sgalambro risale alla celebrata conversione del “vero” nel “certo” che si compie con Cartesio e riconosce nei passi successivi la graduale cancellazione dell’“unilateralità scandalosa del vero”. La transizione dall’illuminismo all’idealismo appare allora come il passaggio da un tentativo di guardare il mondo senza terrore a una risoluzione di abolire il mondo stesso. Nella seconda metà dell’Ottocento si sviluppa la “morte del sole”, condannato dalla termodinamica. Schleiermacher, Friedrch E.D. On Religion: Speeches to its Cultured Despisers tr. di Richard Crouter Cambridge UP, aprile 1996 s.pp., UK£ 12.95 Questo testo, scritto quando Schleirmacher era coinvolto nel Romanticismo tedesco e nella critica alla filosofia morale e religosa di Kant, è l’espressione dell’apologetica cristiano-protestante del periodo moderno e mostra le tensioni tra la concezione della religione romantica e illuminista. Shanker, S.G. Routledge History of Philosophy: Philosophy of the English-speaking World in the Twentieth Century -1: Logic, Mathematics and Science vol IX Routledge, maggio 1996 pp. 400, UK£ 55 Questo nono volume della serie che si concentra sulla storia della filosofia, discute, insieme al decimo volume, la filosofia di lingua inglese del XX secolo. In questo tomo, vengono presentate la logica, la matematica e la scienza. NOVITÀ IN LIBRERIA Sharples, R.W. Stoics, Epicureans and Skeptics Routledge, maggio 1996 pp. 144, UK£ 10.99 Questo studio esamina le principali dottrine degli stoici, degli epicurei e diverse tradizioni scettiche nell’arco di tempo che va dalla morte di Alessandro il Grande nel 323 a.C. al 200 d.C. circa. La discussione è organizzata per argomenti piuttosto che per scuole, in modo da portare alla luce i problemi che sottostanno alle diverse teorie. Shore, Brad Culture in Mind: Meaning Construction and Cultural Cognition Oxford UP, aprile 1996 pp. 416, UK£ 25 Questo ritratto etnografico della mente umana utilizza studi su casi avvenuti sia nelle società industrializzate che in quelle in via di sviluppo, per giungere alla conclusione che i “modelli culturali” sono necessari al funzionamento della mente umana. Silverman, Hugh J. (a cura di) Texts and Dialogues: Merleau-Ponty on Philosophy, Politics, and Cultural Understanding Humanities Press, aprile 1996 pp. 232, s.pr. Il testo contiene saggi, interviste e scambi del filosofo francese del XX secolo, Maurice Merleau-Ponty, proposti nella versione inglese. Questo testi sono accompagnati dalla valutazione dell’attività filosofica di Maurice Merleau-Ponty e da un’introduzione del curatore. Sini, Carlo Gli abiti, le pratiche, i saperi Jaca Book, giugno 1996 pp. 98, £. 22.000 Sini, partendo dall’analisi del gesto della voce come origine dell’autocoscienza, esamina la verità della parola filosofia e il suo rapporto con altri saperi. Sinnott-Armstrong, Walter (a cura di) Moral Knowledge?: New Readings in Moral Epistemology Oxford UP, aprile 1996 pp. 368, UK£ 17.50 Si tratta di una raccolta di saggi sul tema della conoscenza morale. Ogni saggio propone un punto di vista rappresentativo nel campo dell’epistemologia morale. Si discute anche di scetticismo morale, contrattualismo, progettismo, scetticismo femminista e pragmatismo. Siorvanes, Lucas Proclus Edinburgh UP, giugno 1996 pp. 300, UK£ 35 Questo studio analizza tutti gli aspetti di Proclo, includendo anche la religione, la matematica, la fisica, l’astronomia e la poesia. L’autore si propone di fornire un’introduzione accessibile all’opera di questo filosofo, tradizionalmente considerato difficile. Sloterdijk, P. (a cura di) Augustinus Diederichs, maggio 1996 pp. 48, DM 48 Il volume presenta brani scelti e commentati da K. Falsch, tratti dalle opere di Sant’Agostino. Solterdijk, P. (a cura di) Kant pres. di G. Schulte Diedrichs, aprile 1996 pp. 448, DM 48 Il volume contiene una serie di brani di Kant, scelti e presentati da G. Schulte. Solterdijk, P. (a cura di) Leibniz pres. di Th. Leinkauf Diedrichs, aprile 1996 pp. 448, DM 48 Il volume contiene una serie di brani di Leibniz, scelti e presentati da Th. Leinkauf. Sontag, Susan Under the Sign of Saturn Vintage, aprile 1996 pp. 224, UK£ 6.99 Si tratta di una raccolta di saggi sul rapporto tra idee morali ed estetiche. Il libro riunisce alcune delle migliori opere critiche della Sontag degli anni Settanta, su argomenti che vanno da Walter Benjamin a Antonin Artuad, Elias Canetti e Leni Reifenstahl. Stewart, Robert M. (a cura di) Readings in Social and Political Philosophy Oxford UP, aprile 1996 pp. 496, UK£ 22.50 Quest’antologia della filosofia sociale e politica riunisce esaurienti brani tratti dalle opere classiche e importanti contributi recenti, molti dei quali non sono facilmente consultabili. L’interesse si concentra sulle correnti liberali del pensiero politico occidentale moderno. Sorrentino, Vincenzo La politica ha ancora un senso?: saggio su Hannah Arendt Ave, giugno 1996 pp. 132, £. 19.000 In questo libro vengono analizzati; il totalitarismo, lo spazio della politica, le condizioni della libertà, i limiti dell’agire politico, il pensiero e la banalità del male, Amor mundi. Striker, Gisela Essays on Hellenistic Epistemology and Ethics Cambridge UP, maggio 1996 s.pp., UK£ 13.95 Le dottrine delle scuole ellenistiche - epicurei, storici e scettici - hanno certamente avuto un influsso formativo sul pensiero successivo. Questa raccolta di saggi è incentrata su questioni-chiave di epistemologia ed etica, dibattute dai filosofi greci e romani del periodo ellenistico. Sousa, Ranald de Die Rationalität des Gefühls Suhrkamp, aprile 1996 pp. 460, DM 68 In quest’ampia ricerca, de Sousa dimostra che ciò che spesso sembra irrazionale, cioè la testarda indipendenza del sentire, consente l’infinita razionalità dell’intelligenza umana. L’intelligenza ha un effetto solo quando valuta all’interno delle poche alternative che vengono scelte emotivamente. Stubenberg, Leopold Consciousness and Qualia John Benjamins, maggio 1996 pp. 220, FOL 80 Si tratta di uno studio della coscienza qualitativa, di cui esempi caratteristici sono: il dolore, le esperienze del colore, dei suoni ed esperienze affini. La coscienza viene analizzata come possesso di qualia. Spahn, Christine Phänomenologische Handlungstheorie. Edmund Husserls Untersuchungen zur Ethik Königshausen & Neumann, maggio 1996 pp. 280, DM 78 L’autrice dimostra che la costituzione di un’etica scientifica, intesa come il tentativo di considerare parallele logica ed etica, è sempre stata una delle principali preoccupazioni di Husserl. Taroni, Paolo Assoluto: frammenti di misticismo nella filosofia di Francis Herbert Bradley Cooperativa libraria e di informazione, maggio 1996 pp. 204, £. 24.000 In questo libro Taroni presenta il pensiero filosofico di Bradley inquadrandolo all’interno della corrente idealistica anglo-sassone e individuando la sua componente mistica. Così l’autore mostra come il sostrato filosofico inglese conferisca alla teoria mistica di Bradley una componente scettica ed empirica. Spencer, Lloyd Hegel for Beginners Icon, aprile 1996 pp. 176, UK£ 7.99 Il testo rappresenta un’introduzione alle opere di Hegel e documenta il suo influsso fino ai giorni nostri, fornendo nuove prospettive sui dibattiti contemporanei e postmoderni riguardo alle “meta-narrative” e alla “fine della storia”. Aiuta anche a capire Marx, Lacan, Sartre e Adorno. Taubes, Jacob Vom Kult zur Kultur. Bausteine zu einer Kritik der historischen Vernunft. Gesammelte Aufsätze zur Religionsund Geistesgeschichte pref. e commento di A. e J. Assmann, W.-D. Hartwich e W. Menninghaus W. Fink, aprile 1996 pp. 250, DM 48 Nel volume vengono analizzati la legge, la storia, il messianesimo; la gnosi e le sue conseguenze; la teologia dopo la svolta copernicana; la religione e la cultura. Spini, Giorgio Galileo, Campanella e il divino poeta il Mulino, maggio 1996 pp. 90, £. 16.000 In questo libro Spini esamina il “caso Galileo” attraverso una rilettura attenta del materiale disponibile, comprese talune fonti di solito trascurate dagli studiosi, quali il commento di Campanella alle poesie di papa Barberini e le confidenze di Galileo ai giovani scolopi che lo assistettero negli ultimi anni. Così Spini mostra come Galileo ebbe tra i suoi sostenitori anche credenti di profonda fede e fu avversato da scienziati d’indirizzo aristotelico notoriamente irreligiosi. Theunissen, Michael Vorentwürfe von Moderne. Antike Melancholie und die Acedia des Mittelalters de Gruyter, maggio 1996 pp. 56, DM 24 Il volume si basa sulle interpretazioni dei due testi fondamentali, che rappresentano il tentativo di riassumere i dibattiti, durati nei secoli, su questo argomento: la trattazione della Melanchologia nella scuola di Aristotele e l’analisi dell’Acedia di Tommaso d’Aquino. Spinoza, Benedict de Ethics Penguin, giungo 1996 pp. 192, UK£ 7.99 Quest’opera di Spinoza, pubblicata per la prima volta in un’edizione del 1677, è un tentativo sistematico di capire la natura di Dio, il rapporto tra mente e corpo, la psicologia umana e il modo migliore di vivere. Tommaso d’Aquino ’Summa contra gentiles’ ’Summa gegen die Heiden’ vol. III, parte 2 a cura di K. Allgeier Wiss. Buchges., aprile 1996 pp. 408, DM 89. Stadler, Friedrich Studien zum Wiener Kreis. Ursprung, Entwicklung und Wirkung des logischen Empirismus im Kontext Suhrkamp, aprile 1996 pp. 900, DM 98 Questo libro offre, nella sua prima parte, una ricerca completa, sia dal punto di vista della storia della scienza che da quello sistematico, sul Circolo di Vienna. Nella seconda parte, che è documentaristica, viene fornito per la prima volta un quadro bio-bibliografico del centro e della periferia del Circolo di Vienna. Tommaso d’Aquino ’Summa contra gentiles’ ’Summa gegen die Heiden’ vol. IV a cura di M. Hilmar Wörmer Wiss. Buchges., aprile 1996 pp. 4596, DM 118 L’edizione di quest’opera di Tommaso d’Aquino si conclude con questo quarto volume. Viene qui presentata per la prima volta la versione latina e tedesca del testo. Stewart, Jon (a cura di) The Hegel Myths and Legends North Western UP (UCL), aprile 1996 pp. 350, UK£ 16.95 Questa raccolta di saggi mira a trattare i diversi miti e leggende su Hegel e a smitizzarli. Tommaso d’Aquino Commentary on the ‘Book of Causes’ Catholic UP USA, maggio 1996 pp. 258, UK£ 13.50 Tommaso d’Aquino considerava il Libro 95 della cause come una derivazione dagli Elementi di teologia di Proclo. Questo commento è un’opera filosofica distinta, che fornisce un’ampia visione del suo approccio al pensiero neo-platonico e funge da guida alla sua metafisica. Tommaso d’Aquino De la verité: question 2 (la science en Dieu) a cura e tr. di Serge-Thomas Bonino pref. di Ruedi Imbach Ed. universitaires de Fribourg-Cerf, maggio 1996 pp. 622, F 290 Nel XIII secolo, alcune dottrine metafisiche e noetiche dei commentatori ebrei e musulmani minacciavano seriamente la fede cristiana nell’onniscieza divina, il fondamento immediato del dogma della provvidenza universale. Per gli specialisti della materia. Tugnoli, Claudio Ragione e tradizione: come e perché insegnare filosofia Francisci, giugno 1996 pp. 177, £. 25.000 Questo libro si rivolge a chi pensa che dovrebbe imparare la filosofia ma anche a chi crede di poterla insegnare. Tymieniecka, Anna-Teresa Life in the Glory of its Radiating Manifestations Kluwer, maggio 1996 pp. 592, UK£ 134 Scavando la fenomelogia della vita e della condizione umana porta alla luce il logos della vita nella sua interazione armonizzante. Questa raccolta rivela il campo dell’ontopoiesis della vita, attraverso un’auto-individualizzazione della vita, che è la chiave del suo labirinto (Tymieniecka). Vaassen, Bernd Die narrative Gestalt(ung) der Wirklichkeit. Grundlinien einer postmodern orientierten Epistemologie für die Sozialwissenschaftler Vieweg, maggio 1996 pp. 249, DM 100 Assunzioni di base, ormai acquisite da parte della conoscenza scientifica perdono rapidamente la lora forza argomentativa nel corso del discorso post-moderno. In questo volume, ci si preoccupa soprattutto di postulare principi per un nuovo orientamento e di renderli adatti alla discussione. Valdinoci, Serge La traverseé de l’immanence: europanalyse ou la méthode de la phénomenologie Kimé, aprile 1996 pp. 384, F 210 L’autore, constatando il decadimento del corpus, inizialmente greco, del pensiero in Europa e la determinazione del caos, considerato positivo dalle scienze forti, colloca la sua azione all’interno del progetto di ricostituire un corpus gerarchico e propone un percorso immanente e autonomo che generalizzi i primi lineamenti di un pensiero positivamente caotico, presente nelle riflessioni dei mistici. Di livello universitario. Valenti, Cesare (a cura di) Quaderni di Pensiero e società Bibliotheca, giugno 1996 pp. 111, £. 20.000. Vattimo, Gianni Credere di credere Garzanti, maggio 1996 pp. 107, £. 15.000 In questo libro Vattimo propone la sua interpretazione della dimensione religiosa individuando nell’incarnazione di Cristo la secolarizzazione del principio divino e nell’ “ontologia debole”. La trascrizione del messaggio cristiano. Così Vattimo si considera anarchico non violento e decostruttore ironico delle pretese degli ordini storici, sempre guidato dal principio di carità verso gli altri. Vergely, Bertrand La philosophie Milan, aprile 1996 pp. 64, F 15 Attraverso i suoi stupori, le sue domande e le sue critiche, la filosofia non ha smesso di NOVITÀ IN LIBRERIA esplorare - attraverso la natura, Dio, la coscienza, la libertà o la storia - ciò che costituisce la ricchezza della condizione umana. Quest’opera si rivolge a chi vuole scoprire la filosofia o, semplicemente, avere spiegazioni su termini come “metafisica”, “dialettica” o “verità”. Per adolescenti (a partire dai tredici anni) e per tutti gli interessati. Virno, Paolo Miracles, virtuosité et Déjà vu: trois essais sur l’idée du monde tr. dall’italiano di Michel Valensi Eclat, aprile 1996 pp. 155, F 87 Il primo di questi tre saggi è consacrato al contenuto di tutta la filosofia della storia: l’idea di una fine. Il secondo parte dai sentimenti che proviamo quando pensiamo al mondo nel suo insieme. Il terzo cerca di trovare delle parolechiave (come intelletto, esodo, amicizia) che consentano di pensare a delle nuove teorie politiche. Vuilleman, Jules Necessity or Contingency?: The ‘Master Argument’ and its Philosophical Solutions Cambridge UP, aprile 1996 s.pp., UK£ 14.95 Analizzando l’Argomento di Epitteto, questo testo sostiene che la forza dell’argomentazione non proviene solo da considerazioni puramente logiche e modali, ma dalla nostra esperienza del tempo. Walter, Katya Tao of Chaos: DNA and the I Ching Unlocking the Code of the Universe Element Books Ltd, giugno 1996 pp. 288, UK£ 4.99 I Ching cinesi e il codice genetico hanno somiglianze sorprendenti e in questo libro Katya Walter analizza la loro unione nella teoria moderna del caos. L’autrice conclude che I Ching anticiparono il codice binario di Leibniz di oltre 3000 anni. Katya Walter giunge anche a rivelare l’ordine fondamentale dell’universo. Ward, Julie Feminism and Ancient Philosophy Routledge, aprile 1996 pp. 256, UK£ 12.99 Quest’opera fornisce una valutazione delle discussioni dei filosofi antichi a proposito della donna e spiega quali punti di vista del passato possono essere utili alla teoria femminista di oggi. I passi antologici vanno dalla filosofia greca classica fino al periodo ellenistico, includendo anche Platone e Aristotele. Weis, Kurt (a cura di) Was ist Zeit? Entwicklung und Herrschaft der Zeit in Wissenschaft, Technik und Religion Akademie Vlg. Hofbauer, aprile 1996 pp. 280, DM 29,80. Weisch, Wolfgang Vernunft. Die zeitgenössische Vernunftkritik und das Konzept der trasversalen Vernunft Suhrkamp, aprile 1996 pp. 944, DM 34,80. ed. Rodopi, maggio 1996 pp. 193, FOL 125 Si tratta della pubblicazione del manoscritto di Werkmeister, da lui lasciato incompiuto al momento della sua morte. In un lasso di tempo di trentasei anni, l’autore scrisse nove articoli e compilò diverse rassegne riguardanti le sue scoperte. All’età di novantanni, Werkmeister si accinse di nuovo a scrivere un’opera che avrebbe dovuto unificare il pensiero di Heidegger. pp. 468, DM 98 Diversamente rispetto ad altre discipline filosofiche, non esiste nessuna monografia che riguardi la storia delle problematiche della filosofia sociale. Con questo volume - in cui la filosofia viene presentata come forma di pensiero centrale per l’epoca moderna e in cui questa disciplina viene misurata sulla base dei suoi ambiti problematici e delle posizioni che la caratterizzano - si vorrebbe rimediare a questo vuoto. Willett, Cynthia Maternal Ethics and other Slave Moralities Routledge, giugno 1996 pp. 256, UK£ 13.99 Quest’analisi rivela il modo in cui le soggettività materne servono come critica della ragione strumentale, cioè come le madri, negre e altre “schiave” della storia stiano trasformando la cultura repressiva che in occidente assume il nome di ragione. Wisser, Richard Philosophische Wegweisung. Versionen und Perspektiven Königshausen & Neumann, maggio 1996 pp. 472, DM 98. Woodfield, Richard Gombrich on Art Manchester UP, aprile 1996 pp. 256, UK£ 40 Il volume discute dell’opera di Gombrich sull’arte e la psicologia. Dei saggi esaminano diversi aspetti, tra i quali figurano le dispute sull’arte e l’illusione, la socio-bilogia dell’arte, Il senso dell’ordine e il primitivismo contemporaneo. Anche Gombrich ha contribuito con un articolo, “Quattro teorie dell’espressione artistica.” Williams, Bernard Descartes. Das Vorhaben der reinen philosophischen Untersuchung Beltz Athenäum, maggio 1996 s.pp., DM 48. Williams, John Tyerman Pooh and the Philosophers Mandarin, giugno 1996 pp. 184, UK£ 5.99 Questo libro si propone di dimostrare che tutta la filosofia occidentale dai cosmologi agli esistenzialisti, può essere ritrovata nelle pagine di Winnie Pooh l’orsetto e La strada di Pooh. L’autore mostra come il “Grande orso” spiega le idee profonde di grandi pensatori come Platone e Kant. Zaccaï-Reyners, Nathalie Le monde de la vie vol. II: Schütz et Mead Cerf, maggio 1996 pp. 105, F 59 Quali sono gli ambiti della coesione sociale? Che ruolo hanno il linguaggio e l’interazione nella costruzione di immaginari comuni? Molte domande rinviano al concetto di “mondo della vita” e vengono esaminate secondo i contributi di Schütz e Mead. Per tutti gli interessati. Williams, Michael Unnatural Doubts: Epistemological Realism and the Basis of Skepticism Princeton UP, aprile 1996 pp. 410, UK£ 14.95 Il testo è una polemica contro l’idea di epistemologia nella sua concezione tradizionale. L’autore sostiene che la conoscenza del mondo costituisce un tipo di conoscenza teoricamente coerente, le cui potenzialità devono essere difese, considerando come premessa una dottrina profondamente problematica che egli chiama “realismo epistemologico”. Zaccaï-Reyners, Nathalie Le monde de la vie vol. III: Après le tournant sémiotique Cerf, maggio 1996 pp. 125, F 59 All’incrocio tra l’ermeneutica filosofica di Gadamer e la pragmatica universale di Habermas, il concetto di mondo vissuto, che viene qui riformulato, può contribuire all’intelleggibilità della vita in comune, in contesti profondamente pluri-culturali. Per tutti gli interessati. Zamora, José A. Krise - Kritik - Erinnerung. Ein politisch-theologischer Versuch über das Denken Adornos im Horizont der Krise der Moderne Wirkus, Bernd Deutsche Sozialphilosophie in der ersten Hälfte des 20. Jahrhunderts Wiss. Buchges., maggio 1996 Werkmeister, W.H. Martin Heidegger on the Way a cura di R.T. Hull Zecchi, Stefano (a cura di) Le arti e le scienze il Mulino, aprile 1995 pp. 300, £. 34.000 Questo libro raccoglie alcuni saggi di diversi autori che si propongono di analizzare il complesso rapporto tra arte e scienza a partire dalla classicità, periodo in cui la parola arte coincideva con la parola tecnica e indicava una particolare capacità di collegare cose, immagini e parole evidenziando la qualità e la bellezza per giungere al periodo attuale nel quale viene affermata la distinzione tra arte e scienza. Zhengyuan Fu Chinese Legalists: The Earliest Totalitarians M. E. Sharpe, aprile 1996 pp. 176, UK£ 19.95 Questo studio si occupa dei Legalisti, un’antica scuola della filosofia cinese, che perfezionò la scienza dell’arte del governo. Consente di avvicinarsi allo stile del discorso legalista ed evidenzia la sua influenza sulle istituzioni e le pratiche di governo cinesi. Ziegler, Leopold ’Der europäische Geist’. ‘Die neue Wissenschaft’. Zwei vergessene Schriften H. Leins, aprile 1996 pp. 226, DM 34 Leopold Ziegler (1881-1958), che ai suoi tempi era uno dei filosofi tedeschi più importanti, viene ormai nominato poco. Gli si fa un torto, in quanto è in grado di fornire la risposta a domande importanti per il nostro presente. Questo è il motivo per cui gli si restituisce la parola, tramite questi suoi due testi. Zimmerman, Michael J. The Concept of Moral Obligation Cambridge UP, maggio 1996 s. pp., UK£ 35 Questo testo sviluppa e difende un’analisi del concetto dell’obbligo morale. L’autore si mantiene neutrale rispetto alla competitività tra le concrete teorie dell’obbligo, sia che esse assumano carattere consequenzialista che deontologico; egli cerca di formulare nuove soluzioni per una serie di problemi filosofici. Zubiria, Martin Die Teleologie und die Krisis der Principien Georg Olms, aprile 1996 pp. 234, DM 47,80. (Biblio. it. di M.Mi.; trad. it. di L.T.) Informazioni bibliografiche relative alle pubblicazioni italiane sono tratte dalla banca dati della Weizsäcker, Viktor von Gesammelte Schriften vol. IV: Der Gestaltkreis. Theorie der Einheit von Wahrnehmen und Bewegen a cura di D. Janz, W. Rimpau, W. Schindler et al. Suhrkamp, aprile 1996 pp. 608, DM 68. Welte, Bernhard Wahrheit und Geschichtlichkeit a cura di B. Casper e I. Feige Knecht, maggio 1996 pp. 224, DM 42 Si tratta di una pubblicazione tratta dalle opere postume di Welte. Lit, maggio 1996 pp. 512, DM 78,80. via B. da Maiano, 3 50014 Fiesole (FI) telefono 055.599941 fax 055.598895 [email protected] 96