caricato da common.user21524

Porgy & Bess: Il microcosmo Gullah secondo Heyward e Gershwin

CATFISH ROW : IL MICROCOSMO DI PORGY SECONDO HEYWARD E GERSHWIN
STORIA DI UN SOGGETTO GULLAH
Mauricio Dupuis
[Postfazione a “Porgy & Bess”, Robin Edizioni, 2011]
L'interesse per il soggetto alla base della “folk opera” Porgy and Bess, presentata nel 1935, George Gershwin 1
(1898-1937) lo manifestò circa un decennio prima, in seguito alla pubblicazione, nel 1925, del romanzo Porgy2 di
Edwin DuBose Heyward (1885-1940). Il fatto che uno dei maggiori compositori americani del Novecento abbia
scelto proprio questo argomento per la sua unica vera opera lirica, oltretutto segnata da un successo molto
significativo e duraturo, ha in gran parte oscurato l'importanza che il romanzo originario ebbe all'epoca
dell'uscita. Successo di contenuti e di pubblico che si rinnovò anche due anni dopo con la versione teatrale
(Porgy: A Play), stesa a quattro mani da Heyward e dalla moglie, la commediografa Dorothy Hartzell Kuhns
(1890-1961; firmò quest'opera e le successive come Dorothy Heyward). Ambientata a Charleston, nel South
Carolina – città natale dell'autore – è una delle prime opere letterarie con protagonisti personaggi afroamericani
caratterizzati nella personalità e non semplici macchiette; i bianchi, seppur presenti, sono sullo sfondo:
minacciosi, indifferenti o, seppur in buona fede e disposti al dialogo, incapaci di capire appieno il modo di pensare
e di agire dei neri. Al centro dell'interesse sono uomini e donne di etnia Gullah – che proprio in South Carolina
avevano la maggiore concentrazione – appartenenti ad una piccola comunità di pescatori, lavoratori del cotone,
stivatori portuali e relative famiglie, abitanti in un quartiere – nella finzione chiamato Catfish Row 3 – ricavato da
un cortile di una vecchia casa colonica in rovina. Il realismo della narrazione e delle situazioni, lontano dagli
stereotipi sui neri presenti nella letteratura “coloniale”, e bianca, precedente, i dialoghi ricalcati sulle forme
dialettali dell'etnia e il costante uso di un approccio ritmico e musicale organico alla vicenda (Heyward inserisce
canti e spirituals4 che facevano da contrappunto alle attività quotidiane e rituali), nei limiti della stilizzazione
artistica, sono caratteristiche che rendono Porgy – e le sue successive metamorfosi – un ritratto consapevole e
verosimile della vita di una comunità afroamericana del sud degli Stati Uniti 5. Significativo che una delle prime
riuscite manifestazioni artistiche con al centro una comunità nera sia portata a compimento da quattro artisti non
afroamericani – lo scrittore e la moglie, i fratelli George e Ira Gershwin – che, a vario titolo, contribuirono alla
realizzazione di questa epopea, attraverso prima il romanzo, poi il dramma teatrale, ed infine l'opera musicale.
1
Nato Jacob Gershovitz da genitori immigrati pochi anni prima da San Pietroburgo, di origine ebraiche, mutò il cognome in quello
universalmente noto dopo le prime canzoni pubblicate (mentre il nome con cui venne sempre chiamato, sin dall'infanzia, fu George).
Analogamente fece il fratello maggiore, celeberrimo librettista di musicals e paroliere di canzoni, stretto collaboratore di George (anche per
Porgy and Bess), Ira Gershwin, che nacque Israel Gershovitz (1896-1983).
2
3
4
Gershwin lesse il romanzo tra l'estate e l'autunno del 1926.
Letteralmente “Strada del pescegatto”.
Versione afroamericana del canto spirituale (spiritual song o semplicemente spiritual) evangelico. Caratteristiche peculiari del canto
sono: per quanto riguarda i contenuti, la preferenza di argomenti tratti dall'Antico Testamento e di alcuni di essi in particolare (per
esempio il Faraone e Mosé, Giosué, il Giordano) e la reinterpretazione dei medesimi nel segno del concreto e del familiare; per quanto
riguarda la parte musicale, l'impiego di tratti derivati dalla cultura afroamericana (ritmi sincopati [...] e intonazione “blue”). In prevalenza
ha struttura antifonica (call and response), con risposta corale all'unisono. Tratto da: GIANFRANCO VINAY, voce “Negro spiritual”, in Deumm –
Dizionario Enciclopedico della Musica e dei Musicisti – Il Lessico, vol.3, Torino, Utet, 1984, pag.319.
5
Ad onor del vero, comunque, non mancarono forti critiche da parte di osservatori afroamericani, sul modo in cui venivano
rappresentati i neri della comunità (“politicamente scorretto”, usando il linguaggio odierno). L'opera di Gershwin ebbe un risalto molto
maggiore del romanzo e quindi fu oggetto anche di osservazioni non benevole in misura maggiore anche al di fuori degli Usa. Gershwin,
soprattutto, fu avversato per ragioni legate all'estetica musicale (come si vedrà nella sezione dedicata all'opera), ma gli fu mossa anche
l'accusa di osservare il mondo dei neri, in fondo, solo come un pretesto per l'esplicitazione del proprio estro ritmico e melodico (da qui le
critiche sull'uso degli stereotipi tipici del mondo afroamericano: la superstizione e il fervore religioso da un lato, la dissolutezza di
comportamenti, uso di droga e promiscuità, uniti alla sfrenatezza della danza e del ritmo dall'altro).
La cultura Gullah6
La comunità afroamericana della regione meridionale dell'attuale Stato del South Carolina è composta
prevalentemente da individui di etnia Gullah (definita anche Geechee). Storicamente la regione di maggior
concentrazione si estendeva grossomodo a nord dalla zona di Cape Fear, sulle coste del North Carolina, e a sud
presso Jacksonville, in Florida, ma successivamente il territorio si è molto ristretto, limitandosi in sostanza al
South Carolina e parte della Georgia. I Gullah si distinguono da altri gruppi di afroamericani del Sud degli Stati
Uniti grazie alla forte memoria razziale e all'omogenea etica comunitaria. I loro costumi e i valori sociali
enfatizzano un maggiore radicalismo rispetto ad analoghi gruppi del profondo Sud, anche in ragione del fatto che
hanno preservato molta parte dell'eredità culturale e linguistica africana di origine. La stragrande maggioranza
degli afroamericani della città di Charleston, a quel tempo – gli inizi del XX secolo – erano appartenenti a questa
etnia. La lingua Gullah, nata in America dalla combinazione con l'inglese, è un idioma creolo contenente molte
parole della lingua originaria africana, così come buona parte della grammatica e della struttura della frase; vi
sono similitudini con altri dialetti centro-americani (ad esempio parlati in Giamaica e nelle isole Bahamas), ma
anche con dialetti dell'Africa occidentale, specialmente della Sierra Leone. L'etimologia del nome Gullah è incerta,
e al riguardo sono state formulate alcune ipotesi. E' verosimile derivi da Angola, lo Stato dell'Africa occidentale
dal quale provengono molti degli antenati dei Gullah americanizzati; oppure da Gola, nome di gruppo etnico
presente nell'area di confine tra Sierra Leone e Liberia, sempre nell'ovest del continente. L'altro nome col quale è
conosciuta l'etnia, “Geechee”, potrebbe invece derivare da Kissi, pronunciato “Geezee”, dal nome di una tribù
presente tra Guinea, Sierra Leone e Liberia. Molti degli antenati dei Gullah arrivarono come schiavi al porto di
Charleston, che era al tempo il maggior porto per la tratta degli schiavi della zona atlantica, al quale giunse in
catene circa la metà del totale dei prigionieri poi presenti in tutto il territorio degli attuali Stati Uniti d'America. Il
gruppo proveniente dall'Angola è il secondo in ordine di grandezza, dopo quello proveniente dai territori degli
attuali Senegal, Gambia e Liberia. I Gullah erano confinati, come detto, grossomodo tra il South Carolina e la
Georgia, e questo cementò una forte omogeneità e senso di appartenenza, oltre al fatto che già i loro antenati
schiavizzati facevano inoltre parte di una comunità africana ben compatta, venduta in vasta scala dai
commercianti di schiavi e lasciata intatta presumendo che così facendo sarebbe diminuito il desiderio di
ribellione. Il clima della regione meridionale del South Carolina è inoltre molto simile a quello originario, che
favorisce la coltivazione del riso, attività svolta da molti di loro nella terra nativa; complice, agli inizi del
Settecento, una epidemia di malaria portata dalle stesse navi di schiavi, i bianchi lasciarono le zone colpite e
molte comunità vennero lasciate isolate, ma abituate alle avversità portate quasi inevitabilmente dal clima
tropicale; in questo modo, i pochi contatti con i colonialisti bianchi favorirono il mantenimento di tradizioni e
linguaggio originari, sebbene socialmente la situazione fosse invece complicata dalla segregazione. Anche
successivamente, ai tempi della Guerra Civile, agli inizi degli anni sessanta dell'Ottocento, i padroni del sud in
molti casi lasciarono al loro destino i loro schiavi, determinando la zona dei Gullah come una delle prime ad avere
neri liberati. Nei decenni successivi diversi potenti uragani distrussero le piantagioni di riso, che vennero
abbandonate, e spinsero le poche comunità rimaste ad isolarsi ulteriormente. Nel XX secolo, ancora con poca
comunicazione col mondo esterno, teoricamente più progredito socialmente rispetto agli anni della schiavitù
(Porgy fotografa questo momento, a cavallo dei due secoli, di una comunità Gullah isolata, ma già urbanizzata). Il
sistema di credenze religiose e di superstizione è dualistico, ossia combina qualche elemento della tradizione
6
Sull'argomento si veda: WILLIAM POLLITZER, The Gullah People and their African Heritage, Athens: University of Georgia Press, 1999; per
un ulteriore approfondimento attraverso studi su cultura, linguaggio e storia dell'etnia Gullah si può consultare la bibliografia riportata
presso la pagina web http://en.wikipedia.org/wiki/Gullah#Further_reading .
cristiana con altri di paganesimo (in Porgy Heyward ben rappresenterà entrambi gli aspetti). La loro resistenza
all'omologazione della nuova evangelizzazione protestante anglosassone 7, dovuta alla preservazione della loro
memoria culturale, e agli standard culturali americani, ne restituisce come uniche le caratteristiche etniche e li
rende, potenzialmente, un proficuo soggetto d'arte: in prima istanza in letteratura – comunque oggettivamente
relegata, oggigiorno, ad interesse locale, come si vedrà nel successivo paragrafo – sebbene il segno, indelebile, è
rimasto, attraverso la sublimazione musicale resa nell'opera folk gershwiniana, nella storia del teatro musicale
ma anche nella storia della musica tout court, aprendo la strada a nuove forme novecentesche di linguaggio
prettamente americane (di retaggio africano) che si metteranno in competizione con lo sviluppo coevo musicale
europeo che era entrato in crisi dopo la raggiunta consapevolezza della fine del periodo tonale.
L'autore nel contesto storico-culturale di Charleston e la “rinascita” letteraria degli anni Venti
Negli anni venti il cosiddetto rinascimento letterario del sud degli Stati Uniti si concentra in città come Nashville
(Tennessee), New Orleans (Louisiana), Richmond (Virginia) e Chapel Hill (North Carolina); Charleston è ancora
marginale, sebbene capace di produrre autori di qualche pregio, come John Bennett (1865-1956; nativo dell'Ohio
autore e illustratore di libri per ragazzi), William Hervey Allen (1889-1949; nativo di Pittsburgh, fu co-autore con
DuBose Heyward di una raccolta poetica, Carolina Chansons – Legends of the Low Country, del 1922), Josephine
Pinckney (1895-1957; narratrice e poeta), Beatrice Witte Ravenel (1870-1956), e artisti figurativi quali Alfred
Hutty (1877-1954; nativo del Michigan, arrivò a Charleston nel 1919), Alice Ravenel Huger Smith (1876-1958) e
Elizabeth O'Neill Verner (1883-1979); nel breve volgere di alcuni anni DuBose Heyward divenne la personalità
letteraria di maggior spicco della principale città del South Carolina, universo artistico che rimane comunque
confinato perlopiù a livello locale almeno fino al successo della versione teatrale di Porgy, data a New York nel
1927. L'importanza di Heyward come personalità letteraria verte sull'intersezione di due tematiche: la città di
Charleston, South Carolina, come centro letterario e la rappresentazione della vita degli afroamericani all'interno
della narrativa del sud degli Stati Uniti. La confluenza di questi temi entrerà pienamente nell'epopea che
culminerà in Porgy and Bess, l'opera (1935) che, assieme a Gone with the Wind – il romanzo (1936) di Margaret
Mitchell e poi il film (1939) del produttore David O.Selznick (1902-1965) – dopo molti decenni è ricordata come
emblematica icona – anche popolare – del Sud tout court. Heyward fu persona che, in ambito ideale e politico,
passò dal conservatorismo sociale ad una posizione liberal, sebbene non arrivò mai ad istanze rivoluzionarie:
sostenne da moderato i diritti degli afroamericani e maturò la propria coscienza sociale attraverso l'elaborazione
letteraria, ma senza adoperarla mai come strumento di propaganda; consapevole che la strada intrapresa dalla
fine ufficiale della schiavitù per arrivare ad una piena integrazione delle varie comunità afroamericane era ben
lungi dall'essere completata. Il suo punto di vista su Charleston come centro con dignità artistica fornisce inoltre
una rappresentazione dello stato della moderna cultura del Sud, non solo degli afroamericani, ma anche della
comunità bianca, alla quale Heyward apparteneva. L'immagine popolare di Charleston che veniva tramandata
fino agli anni Venti è quella di una comunità superficiale e poco riflessiva, ancorata ancora al passato e immune ai
cambiamenti, miope verso le problematiche di un mondo in evoluzione. Se in parte ciò è vero, negli anni Venti e
Trenta la città stava vivendo una vivacità culturale senza precedenti. Heyward intuisce che per crescere lui stesso
come letterato – poeta prima, poi narratore e in seguito anche commediografo e sceneggiatore e, in una
irripetibile occasione, librettista d'opera – deve essere capace di esaminare criticamente l'ambiente dentro cui è
nato e cresciuto. Nonostante le difficoltà che questo sforzo comporta, fu capace di guardare con sufficiente
7
Già prima della fine della Guerra Civile i missionari quaccheri provenienti dalla Pennsylvania aprirono una scuola per gli ex schiavi
neo-liberati proprio sull'isola di Sant'Elena, in South Carolina.
distacco l'ortodossia delle istituzioni di Charleston riguardo le ancora rigide divisioni in classi sociali e, ancor di
più, in razze, al punto da criticarle in forma misurata ma decisa. In particolare i romanzi successivi a Porgy, ossia
Mamba's Daughters (1929) e Peter Ashley (1932), sono elaborati guardando il cambiamento in atto; in particolare
i quasi autobiografici personaggi maschili riflettono i relativi vantaggi della ribellione rispetto a quelli della quieta
appartenenza; come molti abitanti di Charleston, e come tutto sommato fece l'autore stesso, i personaggi
finiscono per scegliere l'appartenenza ribadendo quindi l'aspetto realistico della sua opera, favorendo quindi
conclusioni “negative” delle opere (come realistico e ineluttabile è il finale del romanzo più noto, mentre nella
trasformazione gershwiniana viene reso potenzialmente epico). La scelta operata dallo scrittore di aderire
quanto possibile al realismo non spinge Charleston alla marginalizzazione nel canone letterario del Sud, perché in
questa città sono comunque compresenti la forza della tradizione e la volontà di cambiamento: questa apparente
aporia fa giocare a Charleston un ruolo unico nell'ambito della rinascita letteraria del Sud e nell'opera letteraria
di Heyward in particolare questa apparente contraddizione è resa con una dinamica complessa e non priva di
fascino. Inoltre, due fattori caratterizzano in particolare Charleston: il ruolo di primo piano in ambito artistico
delle donne, e la rappresentazione quanto più aderente alla realtà della vita della comunità afroamericana ivi
presente. Le già citate letterate Beatrice Witte Ravenel e Josephine Pinckney, e le pittrici Alice Ravenel Huger
Smith e Elizabeth O'Neill Verner ebbero parte rilevante nel tessuto culturale della città, a differenza di altrove. Lo
stesso Heyward ebbe in famiglia due donne di discreto peso letterario: la madre, Jane Screven Heyward, e la
moglie, Dorothy Kuhns – conosciuta nel 1922 e sposata l'anno seguente – aventi esse stesse interessi diretti
riguardo la cultura Gullah come soggetto d'arte, influirono nello sviluppo dei valori etici ed estetici dello scrittore.
La madre fu la prima fonte d'ispirazione per il figlio dal momento che entrò molto in profondità nella cultura
Gullah imparandone il dialetto, i modi di dire, i costumi e le credenze religiose, servendosene per elaborare opere
narrative che avevano come centro d'interesse l'omogeneo ceppo afroamericano di stanza a Charleston; la
moglie, commediografa, ebbe un ruolo decisivo nelle trasposizioni teatrali di alcuni romanzi del marito (Porgy,
ma anche Lost Morning e Mamba's Daughters). Il secondo aspetto, che maggiormente interessa – la descrizione
realistica di vita “nera” – è portato avanti non solo da Heyward, assieme ad altri, in ambito letterario, ma anche,
ad esempio, da Alfred Hutty in quello figurativo (tra i suoi dipinti: Deep South, Young Blacks, Charleston Market e
Pounding Rice), tutti rappresentanti della comunità bianca progressista, perno della “rinascita culturale” di
Charleston. Queste implicazioni, che erano molto distanti da contemporanee e più retrive forme di
rappresentazione della comunità nera come quella ad esempio sviluppatasi a Nashville, sono rese ancora più
interessanti dall'unicità dell'etnia Gullah. Essendogli stato trasmesso dalla madre l'interesse per questa cultura,
Heyward ebbe la possibilità di interagire presto con la comunità, lavorando prima per una compagnia di
assicurazione e poi ai bacini portuali. Vedendo in prima persona le abitudini di lavoro e di svago della comunità,
ma anche il lato oscuro, fatto di violenza, sfruttamento e disagio sociale; di salute cagionevole per tutta la vita –
gli venne diagnosticata la poliomelite in età adolescenziale – Heyward provava anche una sana invidia per la
forza, vista quasi in senso mitologico, degli scaricatori di cotone che vedeva lavorare al porto: queste esperienze
autobiografiche sono ben visibili nella descrizioni dei personaggi, delle situazioni e delle cause scatenanti i vari
eventi presenti nei suoi romanzi, Porgy in testa. La rappresentazione dei Gullah sia in Heyward che in altri autori
del South Carolina corre parallela ad alcuni interessi moderni, in particolare a quello largamente diffuso del
primitivismo culturale. Parte dei caratteri che avrà il modernismo dei bianchi nella cosiddetta “età del jazz”, gli
anni Venti, deriva dai racconti e dalle canzoni popolari afroamericane, parallelamente al sempre maggiore rifiuto
della tradizione culturale che diede origine agli Stati Uniti, ossia quella inglese ed europea. Divennero sempre
maggiormente affascinati dalle proprie fonti artistiche, le cui radici scoprirono essere affondate nelle poco
studiate, ma largamente sfruttate tradizioni afroamericane di canto e narrativa, che divennero fattori essenziali
nella ben presto egemone cultura popolare globale americana, in questo periodo ai primi stadi di espansione. La
fascinazione americana per il primitivismo non è comunque una prerogativa della zona atlantica, ma si manifesta
anche altrove, ad esempio tra il deserto Mojave e il sud della California attraverso l'opera della narratrice e
poetessa Mary Austin (1868-1934), difensore, tra l'altro, dei diritti dei nativi americani. L'interesse per la musica,
il principale indice culturale afroamericano, crebbe in breve tempo a New York, dove gli americani bianchi della
metropoli frequentavano i numerosissimi night clubs di Harlem (i più noti erano il Cotton Club e il Connie's Inn).
La percezione, tutta bianca, di “andare nei bassifondi” è la modalità adottata dalla comunità benestante per
sentire da vicino il tocco “primitivo” ed “esotico” di quella che, non senza una certa supponenza, vedevano come
una sottocultura, ma che allo stesso tempo emanava una forte attrazione. Un chiaro esempio di assorbimento
dell'arte afroamericana da parte dei bianchi fu la voga per il charleston, la danza che dilagò nella nazione in un
breve lasso di tempo e che apparve per la prima volta in un musical “nero”, Runnin' Wild (1922), per essere
immediatamente acquisita dai fruitori bianchi. Come altri artisti bianchi, Heyward assorbì forme d'arte degli
afroamericani, mescolandole con quella della propria cultura riunendo così la comune eredità culturale delle due
grandi metà della popolazione americana. La stessa opera Porgy and Bess, con la sua vicenda semplice fatta di
passione e violenza, fu la risultante di una rielaborazione completamente nuova nell'arte americana e un
eccellente esempio di come la ricca cultura etnica di Charleston venne veicolata non solo in altre parti d'America,
ma anche fuori dai confini.
Carriera artistica:
1913 An Artistic Triumph, dramma teatrale (inedito)
1918 The Brute, racconto
1920 The Winning Loser, racconto
1922 Carolina Chansons: Legends of the Low Country (co-autore, con Hervey Allen), raccolta poetica
1923 1773: An Historical Interlude, dramma teatrale (inedito)
1924 Skylines and Horizons, raccolta poetica
1924 Jasbo Brown and Selected Poems, raccolta poetica (altra edizione nel 1931)
1925 Crown's Bess, racconto
1925 Porgy, romanzo
1926 Angel, romanzo (comprende racconti e poesie precedentemente pubblicati)
1927 Porgy: A Play, dramma teatrale (da Porgy; co-autore, con Dorothy Heyward)
1927 The Half Pint Flask, “novella” (pubblicata in volume nel 1929)
1928 Mamba's Daughters, romanzo (pubblicato in volume nel 1929)
1931 Brass Ankle, dramma teatrale
1932 Peter Ashley, romanzo
1933 The Emperor Jones, sceneggiatura cinematografica (dal dramma teatrale di Eugene O'Neill)
1935 Porgy and Bess, libretto d'opera (co-autore, con George e Ira Gershwin)
1936 Lost Morning, romanzo (anche versione teatrale, scritta con Dorothy Heyward)
1937 The Good Earth, sceneggiatura cinematografica (non accreditato; dal romanzo di Pearl S.Buck)
1938 Fort Sumter (co-autore, con Herbert Ravenel Sass), romanzo tratto da racconti precedenti dei due autori
1939 Mamba's Daughters, dramma teatrale (dal suo romanzo; co-autore, con Dorothy Heyward)
1939 The Country Bunny and the Little Gold Shoes, as Told to Jenifer, libro per ragazzi
1939 A Tragic Fable, racconto
1939 Star Spangled Virgin, romanzo
Il romanzo
Attorno all'inizio degli anni Venti, Heyward lesse un articolo di giornale riguardante un afroamericano di
Charleston di nome Samuel Smalls, con molte similitudini col futuro personaggio eponimo del romanzo: “uno
storpio [...], noto in King Street, con la sua capra e il suo carretto”; veniva chiamato “Goatcart Sammy” (Sammy del
carretto con la capra) ed era stato accusato di avere sparato ad una donna, Maggie Barnes; di un caso analogo era
stato accusato anche in precedenza. Il caso criminale aveva anche una componente a suo modo tragicomica
perché l'uomo cercò di scappare col suo carretto, venendo a stretto giro ripreso dai gendarmi. Questo incidente
successe a pochi isolati di distanza dal luogo reale chiamato nella finzione narrativa “Catfish Row” (nella realtà il
nome era “Gabbage Row”), che si trova nel cuore della città. Da questo breve abbozzo di cronaca nera, con risvolti
a suo modo patetico-umoristici, lo scrittore costruì attorno la vicenda che diverrà Porgy qualche anno dopo. Alla
fine dell'estate 1924 concluse la prima stesura, che chiamò Porgo, dal nome originario assegnato al povero
protagonista. L'amico letterato John Bennett legge l'abbozzo e, ammirandone l'originalità, lo paragona, per la
raffigurazione di vita popolare, ai quadri di una dinastia di pittori fiamminghi del XVII secolo, i Teniers, in
particolare i primi due esponenti: David Teniers il vecchio (1582-1649) e David Teniers il giovane (1610-1690) 8 ,
i quali lasciarono traccia nella storia dell'arte per aver riprodotto scene di vita campestre, che Bennett ritenne,
con le dovute differenze di periodo storico e di contesto etnico, di analoga sensibilità. In seguito, l'editore John
Farrar legge anch'egli il manoscritto e propone a Heyward un contratto. Pubblicato nel settembre 1925 col titolo
definitivo Porgy, il romanzo ebbe un buon successo di vendite a livello nazionale e fu subito evidente a livello
contenutistico il notevole passo in avanti nella descrizione della vita quotidiana degli afroamericani del sud degli
Stati Uniti. La descrizione resa da Heyward vedeva gli afroamericani come essere umani nel senso pieno
dell'espressione, sensibilmente differenti nel comportamento e nel pensiero dagli anglosassoni, ma non come
ignoranti servitori immaginati da tanta narrativa sudista, di autori come Thomas Nelson Page (1853-1922;
originario della Virginia e, tra l'altro, ambasciatore in Italia negli anni Dieci) e altri apologeti del “vecchio sud”.
Heyward li narra in modo diverso rispetto al solco della tradizione più ottusamente conservatrice, che dipingeva i
neri tutt'al più come oggetto di carità, di persone che, uscite dalla schiavitù, rimanevano comunque socialmente
subordinate. In Porgy viene fatto uno dei primi tentativi di mostrare una piccola comunità di afroamericani di
etnia Gullah abitanti di un quartiere-ghetto di Charleston cercando di mostrarla nei riti quotidiani di lavoro e
svago, ponendola di fronte ad eventi ciclici (la morte di uno di loro) e al rapporto con la comunità bianca e
descrivendola come pienamente consapevole dei proprio codice di vita non immediatamente comprensibile
all'esterno. Nell'omogenea cultura di Catfish Row Heyward descrive persone le cui vite sono per la maggior parte
non toccate dalla realtà circostante e, se non un aperto conflitto, con chi detiene il potere c'è solo una tregua tacita
e costante di non belligeranza. La vicenda del povero storpio Porgy, alle prese con la raccolta dell'elemosina nei
quartieri bianchi, con il suo carretto tirato da un caprone, e di Bess, donna negli anni in cui la bellezza sta
lentamente sfiorendo, abbandonata dal rude amante – il muscoloso stivatore di cotone Crown, costretto alla
latitanza dopo l'omicidio maturato all'inizio del romanzo – nella semplice successione di eventi di violenza e
passioni elementari in un concentrato arco narrativo che va da una tarda primavera alla fine di un'estate, fecero
presa sul pubblico che ne decretò il successo. Fu un buon risultato anche di critica, che ne colse l'originalità di
scelta dei personaggi, di ambiente e anche di uso del dialetto Gullah che, come si è visto, è un inglese “sporcato” in
una mescolanza linguistica con l'idioma degli antenati venuti, coattivamente, dall'Africa. Non mancarono le voci
8
La famiglia di pittori proseguirà con almeno altre due generazioni.
critiche, comunque, forse non tanto dopo il romanzo, ma in special modo in seguito alla rappresentazione
dell'opera di Gershwin, che ebbe grande eco nel 1935 9. Ambientazione e dialoghi quanto più possibili realistici,
ma la vicenda è in alcune occasioni portata avanti e giustificata (determinando anche, in concreto, il finale) anche
da eventi considerati, nella cultura Gullah, alla stregua di presagio (l'apparizione della poiana – un uccello rapace
diurno – è, per Porgy e per la comunità, segno inequivocabile dell'arrivo di un evento nefasto).
Considerando il romanzo nell'ambito dello sviluppo della letteratura sudista, in particolare nel contesto degli
inizi della cosiddetta “rinascita letteraria del sud”, se ne possono capire i tratti di novità e della ricerca, seppur
moderata, nel descrivere lo stato di disagio, sociale e psicologico, in cui versava una buona parte della
popolazione americana senza fornire, comunque, facili soluzioni. Il movimento propriamente letterario ha inizio
negli anni 1921-22 su riviste minori, che prese corpo in varie città di alcuni Stati del sud (Richmond, New
Orleans, Nashville, Charleston). Al momento dell'apparizione di Porgy il suo autore apparve probabilmente agli
osservatori come la più promettente figura della scena emergente della nuova letteratura del sud, complice il
fatto che, ad esempio, autori come il poeta del Tennessee John Crowe Ransom (1888-1974) – un autore
fortemente tragico, dietro la perfezione formale 10 – erano ancora poco noti, mentre l'unica figura di rilievo che di
lì a poco emergerà è la scrittrice Elizabeth Madox Roberts (1881-1941), il cui romanzo ambientato tra gli abitanti
montani del Kentucky The Time of Man ebbe grande risalto nel 1926. Altri esponenti, come alcuni autori dell'area
di Richmond (Virginia), James Branch Cabell (1879-1958) e Ellen Glasgow (1873-1945), si rivolgevano ad altre
tematiche sociali; la zona di New Orleans non aveva ancora prodotto autori importanti; mentre il North Carolina
ebbe in Paul Green (1894-1981), autore teatrale di Chapel Hill, un importante esponente, che farà rappresentare
il suo dramma più noto, In Abraham's Bosom, nel dicembre 1926 (testo che avrà delle notevoli connessioni, come
si vedrà, con la versione teatrale di Porgy, messa in scena nel 1927). Nel 1925 e l'anno seguente, quando il
successo di Porgy si consolidò, quindi, Charleston e Heyward possono considerarsi l'avanguardia del risveglio
letterario del sud. In questa prima fase del movimento si impongono tre peculiarità: molte di queste opere
trattano temi di realismo sociale; le donne che, letterate o artiste, prendono parte al movimento sono in buon
numero e influenti; i personaggi afroamericani sono al centro delle vicende. Questi ultimi differiscono in modo
eclatante da come venivano rappresentati nei predecessori letterari. Nella letteratura coloniale i neri erano
sostanzialmente dei selvaggi, come d'altronde erano considerati anche i nativi americani, con l'aggiunta di
qualche virtù cristiana (in genere apocrifa). Nella letteratura precedente la prima guerra mondiale gli
afroamericani erano sostanzialmente presentati come umili campagnoli o fedeli servi, fatto che continuò a
perpetuarsi sin dal periodo precedente, quello posteriore all'abolizione della schiavitù. Le caratterizzazioni dei
neri, da parte degli scrittori bianchi, quindi, non si distaccano mai dal tratto folklorico di persone semplici e
rustiche, tutt'al più servili. Con l'apparizione del romanzo di Heyward si può dire che emerga la prima vera
descrizione, psicologicamente molto verosimile, di un afroamericano da parte di uno scrittore della borghesia
bianca del sud. Sebbene non mostri la comunità nera in modo sentimentalistico, Heyward non ne fa propaganda e,
anzi, esplicita i suoi dubbi anche sulla sopravvivenza dei neri nel prossimo futuro; finalmente liberati, gli
afroamericani si ritrovano nel mezzo di una “terra di nessuno”, che non è più la schiavitù, ma non è ancora il già
ben radicato mondo libero in cui la maggioranza dei bianchi vive (si potrebbe aggiungere che il benessere dei
9
James Standifer, in The Complicated Life of Porgy and Bess, cita Harold Cruse, uno storico afroamericano di studi sociali, che ebbe
parole molto dure verso il modo in cui nell'opera di Gershwin sono messi in scena i neri: parla di poco rispetto per la verità nel mostrare gli
abitanti di Catfish Row, caratterizzati, secondo la sua opinione, nel modo in cui i bianchi vogliono vederli e che difficilmente gli
afroamericani si sarebbero rispecchiati.
10
AGOSTINO LOMBARDO, Il diavolo nel manoscritto, Milano, Rizzoli, 1974, pag.286-291.
bianchi è aiutato anche dal fatto che una buona fetta della popolazione, per la stragrande maggioranza
afroamericana, ha meno diritti ed è poco pagata per il lavoro che svolge). Una grande parte degli afroamericani
non ha la consapevolezza di avere pieno diritto della libertà di cui già godono, in teoria, “per legge”, in modo tale
da formarsi una cultura e avere le capacità per crearsi uno spazio lavorativo autonomo in modo da farsi largo
nella società coi propri meriti. Trovarsi in un limbo, rappresentato dal microcosmo protetto, realistico ma anche
metaforico, di Catfish Row, coglie i suoi abitanti ancora come le vittime di un processo di cui non sono state
gettate nemmeno le premesse, dal momento che la piena integrazione è ancora una meta lontana, non solo ai
tempi di Porgy, a metà degli anni Venti, ma anche nei molti decenni successivi. Il ruolo di Heyward in questo tipo
di visione fu pressoché unico; un impulso simile animò l'opera di Julia Peterkin (nata Julia Mood, 1880-1961), che
descrisse la vita dei Gullah nelle piantagioni del South Carolina (Green Thursday, racconti, 1924; vinse il premio
Pulitzer con Scarlet Sister Mary, 1928, romanzo ambientato tra i Gullah), sebbene i suoi personaggi abbiano meno
slancio nelle azioni rispetto a Porgy , il quale, seppur non essendo un lavoro di aperta protesta, ha molta più
attinenza con la necessità di un cambiamento sociale rispetto alle opere della Peterkin. Un romanzo precedente,
Birthright (1921) di T.S. Stribling (nome d'arte di Thomas Sigismund Stribling, 1881-1965, nativo del Tennessee e
anch'egli futuro premio Pulitzer), ruppe anch'esso molti degli stereotipi sulla descrizione della vita degli
afroamericani; il possibile difetto di quest'opera, tra gli indubitabili meriti, è la marcata propaganda che
accompagna la narrazione, ritenendo che la nobilitazione personale del protagonista mulatto, Peter Siner, sia
quella di prepararsi studiando come farebbe un bianco – riesce ad andare in una delle migliori università,
Harvard – per poi tornare al suo borgo nativo in Tennessee per aiutare la sua comunità ad emergere, venendo
però bloccato dai pregiudizi della ancora dominante comunità bianca. Stribling, comunque, non abbandona certi
luoghi comuni che accompagnano le descrizioni dei neri nella letteratura precedente, come l'indolenza, la
promiscuità sessuale e la disonestà. In un'altra forma espressiva, la pittura, grandi affinità con Heyward si
possono riscontrare nel già citato Alfred Hutty, nei cui dipinti abilmente preservò l'antichità pittoresca di
Charleston mescolandola con l'intensa identità razziale della vita comunitaria dei Gullah. In molte scene del
romanzo Heyward mostra come la forza di Porgy nasca dalla comunità, una sorta di fede collettiva emanata come
un'energia intrinseca a Catfish Row: i suoi abitanti
sono uniti emotivamente e fisicamente l'un l'altro,
intensamente consapevoli delle loro radici e delle loro credenze; per contrasto, la Charleston “bianca” appare a
Heyward tenuta molto debolmente insieme dalle relazioni sociali tra gli abitanti, non necessariamente da vero
spirito di vicinanza. Il senso di appartenenza degli abitanti di Catfish Row è evidente anche nei confronti di chi
non lo merita (Crown, l'assassino, è difeso da Maria, a costo anche di non avere giustizia per l'uccisione di
Robbins), mentre è percepito come estraneo – sebbene dello stesso colore della pelle – un tipo come Sportin' Life,
visto come portatore della corruzione della grande città (sia all'apparenza, a causa dei vestiti sgargianti e
l'affettazione dei gesti, sia più nel concreto, perché porta dentro la comunità la droga che rende schiavi e che
ottenebra le menti provocando azioni violente e scelte sbagliate di vita: ancora Crown, ma soprattutto Bess). Il
futuro “personaggio-motore” dell'opera di Gershwin nel romanzo viene letteralmente buttato fuori scena a metà
dell'opera da una energica lavata di capo, condita da furiose minacce, da parte del 'prototipo' della concreta
donna Gullah, la proprietaria della bottega di friggitoria di pesce Maria. L'aspetto etnico è considerato importante
da parte di Heyward nella descrizione dei Gullah, a differenza che per altri scrittori bianchi, come i citati Stribling,
Madox Roberts e altri esponenti minori appartenenti agli inizi del movimento letterario legato alla rinascita della
narrativa del sud. Per tale ragione le caratterizzazioni in Porgy fanno aderire Heyward maggiormente a scrittori
afroamericani, in special modo due: Jean Toomer (nato Nathan Pinchback Toomer, 1894-1967; poeta e narratore)
e Zora Neale Hurston (1891-1960; antropologa e studiosa del folklore, autrice di racconti), entrambi esponenti
della rinascita letteraria di Harlem degli anni Venti e Trenta. Se il tono usato nel romanzo è senza dubbio
riconducibile a quello di un bianco altolocato, solo moderatamente interessato alla riforma sociale, Heyward
dipinge Porgy come un personaggio che convoglia in sé il contatto con le radici dei suoi antenati africani e se può
sembrare “esotico”, lo è in un modo non riconducibile alle semplificazioni operate dalla cultura bianca; la bravura
dello scrittore è stata caratterizzare – sia Porgy che gli altri personaggi principali e, in taluni casi, anche quelli
secondari – in modo intenso e specifico un universo di cui non faceva parte, rendendo non immediata, anche ad
un approccio più approfondito, l'identificazione della “provenienza etnica” del narratore. Il primitivismo della
cultura dominante bianca di cui si è parlato in precedenza, adoperato sia per motivi di puro intrattenimento per i
benestanti (la voga dei balli e la musica “nera”: il jazz, il blues, il dixieland, etc), sia per ricercare, con ragioni
antropologiche, le “radici” su cui poggiava l'America post-coloniale, in modo da far passare in secondo piano il
fatto di essere nata come propaggine europea, fa parte anch'esso del bagaglio di temi usati da Heyward, in modo
originale, in Porgy. Questo si riflette nel tipo di linguaggio usato: il dialetto Gullah nel dialogo tra gli abitanti di
Catfish Row è una scelta coraggiosa e, principalmente, filologicamente corretta, anche a costo della comprensione
immediata. Fatto più importante è la scelta del punto di vista: lo scrittore bianco rende protagonista il semplice
codice di vita del popolo Gullah mettendolo a confronto con l'inutilmente macchinoso modo di pensare dei
bianchi che, messi in contatto coll'universo di Catfish Row, raramente riescono a comprenderne i meccanismi e i
comportamenti (solamente l'avvocato Archdale sembra cercare di agire in modo amichevole con i Gullah, facendo
uscire di galera l'incolpevole Peter all'inizio del romanzo probabilmente corrompendo un funzionario
compiacente). Analogamente agli scrittori afroamericani citati in precedenza – Toomer e la Hurston – anche
Heyward predilige focalizzarsi sulla comunità anziché sulla vicenda – sebbene l'azione di Porgy sia comunque
maggiormente elaborata rispetto a quella delle opere degli altri due autori – facendo esprimere i personaggi
attraverso un linguaggio metaforico inserito in racconti orali, folklore e canti; proprio questo aspetto riveste una
grande importanza nel romanzo, dal momento che gli spirituals occupano un ruolo tematico e strutturalmente
centrale che aumenterà nelle successive vesti del soggetto, teatrale e operistica.
La versione teatrale11
Quando Gershwin lesse il romanzo rimase colpito dal tema multiculturale che innerva la vicenda e – dal suo
punto di vista di compositore – in particolare dalla sensibilità dell'autore verso la musica e il ritmo, parte
organica della scrittura. Gershwin si mise in contatto immediatamente con Heyward per proporgli l'idea di trarre
un'opera in musica dal suo soggetto, ma impegni precedenti del compositore fecero slittare la collaborazione,
nonostante l'intesa tra i due. Il ritardo, ad ogni modo, si rivelò un fatto positivo perché diede il tempo alla moglie
di Heyward, Dorothy, commediografa, di intuirne le possibilità sceniche. I due coniugi si misero quindi al lavoro e
ne trassero un testo da proporre ai teatri di New York. La versione teatrale, che assunse il nome di Porgy: A Play,
andò in scena nell'ottobre 1927, rappresentando una svolta nel teatro americano ed ebbe anche il merito di
indirizzare la carriera di Heyward in una direzione più sicura e autonoma dal punto di vista artistico. Gli Heyward
ripeterono l'operazione di trasposizione in teatro anche di altri romanzi dell'uomo (Lost Morning, nel 1936, e
Mamba's Daughters, nel 1939). Come altre forme d'arte basate su fonti di ispirazione autoctona nate dopo la
prima guerra mondiale – la narrativa e la poesia all'interno della già trattata “rinascita letteraria del sud”, di cui
Heyward era uno dei principali esponenti – anche il teatro degli anni Venti divenne una fucina di innovazione e
sperimentazione. Heyward si inserisce in questo contesto mescolando scene di vita degli afroamericani in un
11
Il dramma Porgy, di Dorothy e DuBose Heyward, é reperibile nell'edizione curata da William-Alan Landes, Studio City (California),
Players Press, 2005.
contesto urbano del sud degli Stati Uniti con la presenza organica di forme di canto (principalmente spirituals,
canti di ispirazione religiosa), una combinazione di elementi che porta i bianchi di Manhattan a teatro, sull'onda
anche della voga, ad ogni modo superficiale, del “primitivismo” affollando i nascenti locali di jazz di Harlem. Il
dramma teatrale di ambientazione sudista, sonnacchioso dai tempi della Guerra Civile – un arco temporale di
oltre sessant'anni – ha dunque un risveglio di respiro nazionale. Novità saliente è la volontà degli autori della
pièce teatrale di utilizzare un cast all black, seguendo un principio prima di tutto di giustizia, oltreché di
autenticità: dare la possibilità, finalmente, anche ad attori relegati, a causa del colore della pelle, in ruoli marginali
in opere con protagonisti bianchi o costretti a recitare nel vaudeville e nel teatro leggero e amatoriale. L'altra
ragione, sulla quale Heyward manifestò testardamente la sua opposizione, era il rifiuto di utilizzare attori bianchi
truccati con nerofumo (“blackface”), espediente ritenuto inaccettabile. Queste limitazioni, però, si rivelarono
ostacoli più ardui del previsto, che ritardarono la rappresentazione. In soccorso provvidenziale agli autori venne
la precedentemente citata pièce dell'autore del North Carolina Paul Green, In Abraham's Bosom, la cui prima
rappresentazione avvenne il 30 dicembre 1926. Questo dramma è da considerarsi un diretto precursore di Porgy:
A Play, dal momento che anche in quest'opera vengono esplorate le possibilità artistiche del folklore
afroamericano del sud; lo stesso Heyward ne rimase molto ben impressionato. E' molto probabile ritenere che
Green venne a sua volta influenzato dall'uscita del romanzo Porgy l'anno prima, ottenendo quindi uno scambio di
influenze reciproco tra i due autori. Messi in scena a breve distanza di tempo, i due drammi fortemente intrisi di
critica sociale ruppero gli stereotipi drammaturgici che venivano praticati riguardo gli afroamericani. Nonostante
lo sforzo dei due, comunque, non mancò la prosecuzione di prodotti teatrali, da parte di altri autori, che al loro
interno poco si interrogavano sulla reale psicologia degli afroamericani o più in generale sulla vita rurale e, dal
punto di vista del progresso economico, più arretrata; la stagione “progressista”, quindi, non diede i frutti sperati,
frustrando ulteriori tentativi. Nel 1926, però, il fatto di scrivere un copione teatrale per New York su temi
innovativi era motivo di grande aspettativa per i coniugi Heyward. La creazione avvenne per stadi successivi.
Dorothy redasse un abbozzo preliminare, inserendo molto dialogo in più rispetto al romanzo del marito, e scelse
la strada di una semplificazione linguistica, in ragione del fatto che a teatro la comprensibilità del testo è fattore
essenziale. Heyward, rivedendo l'abbozzo della moglie, impresse alle battute accenti maggiormente tendenti allo
slang o al dialogo gergale, così da avvicinarsi al realismo senza far mancare però la necessaria chiarezza (il tocco
di Heyward era dovuto, altrimenti i personaggi sarebbero sembrati poco caratterizzati, fermo restando che il
linguaggio adottato è più tendente all'inglese che all'idioma creolo 12). Approntato il testo all'inizio dell'estate
1926, venne inviato a tre teatri newyorkesi; con sorpresa dei due autori, tutti e tre accettarono entusiasticamente
la possibilità di rappresentare la versione teatrale di un romanzo che, neppure un anno prima, aveva avuto vasta
eco. La scelta cadde sul Theatre Guild, che all'epoca aveva nei ranghi autori, attori e registi emergenti. I tempi per
la stagione 1926-27 erano però molto stretti e occorreva scegliere il cast (con le limitazioni imposte da Heyward
di cui si è già detto), un regista all'altezza e avere il necessario tempo per le prove. Le prime incomprensioni
emersero subito, in special modo sul fatto della scelta del cast. Il teatro, infatti, dava per scontato, al momento
della decisione di rappresentare il dramma, l'utilizzo di attori bianchi truccati da neri, come da consuetudine. La
scritturazione del regista originario si rivelò disastrosa e fece perdere diversi mesi; l'enorme difficoltà a reperire
attori all'altezza fece il resto, rimandando il progetto alla stagione successiva. Nel febbraio 1927 venne chiamato
12
L'utilizzo del linguaggio creolo poco “filologicamente corretto” fu al centro di critiche da parte di scrittori e antropologi dell'idioma
gullah. Come risposta alla contestata inesattezza del testo, della versione teatrale di Porgy venne stesa una “traduzione” in gullah, ad opera
della scrittrice Virginia Mixson Geraty (1915-2004): cfr VIRGINIA MIXSON GERATY, Porgy: A Gullah Version, from the original play by Dorothy
Heyward and DuBose Heyward, Charleston, Wyrick and Co., 1990.
Rouben Mamoulian13 (1897-1987), regista che prese a cuore il progetto di Porgy: A Play al punto da rimanere
legato al soggetto anche per la regia operistica dell'opera (1935) e, in seguito, anche per gli stadi iniziali della
trasposizione cinematografica (1959). Gershwin stesso lo volle fortemente per la regia operistica proprio in
ragione del fatto di avere una “visione cinematografica”, che esaltava il movimento e la dinamicità, inserendo
anche inserti e digressioni che, invece, nel teatro di parola possono essere controproducenti per l'azione. Alla
stregua di quello che farà Gershwin durante la composizione della partitura dell'opera, anche Mamoulian sente la
necessità di non restare bloccato a New York a lavorare solamente sul testo, decidendo di passare parte
dell'estate 1927 a Charleston nei luoghi del romanzo e del dramma. Prese contatto, attraverso Heyward, con John
Bennett, che lo aiutò a comprendere da vicino gli aspetti basilari della cultura Gullah. La scelta del cast fu, come
era prevedibile, molto ardua. Iniziate nel settembre 1927, le audizioni ebbero pochi partecipanti e ciò fu dovuto al
fatto che la maggior parte degli attori afroamericani era scettica sull'operazione poiché c'era il sospetto che si
volesse rappresentare la comunità nera secondo stereotipi; si aggiunga il fatto che gli autori della pièce e il regista
erano bianchi e ciò per molti rappresentava un pregiudizio. La scelta fu, quindi, almeno per alcuni ruoli, un po'
approssimativa, ma in definitiva venne messo insieme un buon gruppo (alcuni di essi furono in seguito attivi nel
cinema): Frank H. Wilson (1885-1956), che recitò anche in In Abraham's Bosom di Paul Green l'anno precedente,
ebbe il ruolo eponimo; Evelyn Ellis (1894-1958) fu Bess, sebbene Heyward la ritenesse troppo giovane per il
ruolo e quindi a prima vista non possedesse un aspetto “tragico”; Rose McClendon (ca1885-1936), Serena; Jack
Carter (??-1967), Crown (sostituito per parte delle recite da Paul Robeson, 1898-1976); Georgette Harvey (18841952), Maria; Marie Young, Clara; Wesley Hill, Jake; Hayes Prior, Peter 14. Percy Verwayne (1895-1968) ebbe il
ruolo di Sportin' Life; la maggiore presenza e incisività di questo personaggio, oltre alla variazione del finale, sono
le più macroscopiche differenze rispetto al romanzo (cambiamenti che, oltretutto, furono di beneficio per
Gershwin e la sua opera in musica). Il nuovo finale: al suo ritorno dal carcere, Porgy non trova Bess, che è stata
portata a New York da Sportin' Life (e non più da anonimi stivatori verso Savannah), ma non si arrende all'evento
passivamente, bensì monta sul carretto e, spinto dall'inseparabile caprone, inizia il lungo viaggio per riprendersi
l'amata (Gershwin apprezza e lo fa divenire base per il suo finale utopistico ma epico). In maggiore misura
nell'opera, ma anche nel dramma teatrale, questo cambiamento esemplifica lo spirito indomabile e
l'indipendenza decisionale di Porgy, facendo di lui una figura eroica, metafora adottata dagli Heyward per
sottolineare il fondamentale ottimismo verso uno sviluppo sociale positivo per gli afroamericani. Nel testo
vennero compiuti cambiamenti – anche in accordo col regista Mamoulian – in direzione di una maggiore
caratterizzazione dei personaggi: in particolare Porgy era ritenuto nel romanzo troppo passivo, mentre è stato
ritenuto necessario un più precoce contatto tra lui e Bess (la donna nel romanzo compare solo dopo un buon
quarto dell'opera, a metà della parte seconda 15). Più in generale, il tono sommesso e meditativo del romanzo è
13
Ruben Mamuljan, nato a Tbilisi (Georgia), di famiglia armena, emigrò prima a Londra nel 1922 e poi negli Stati Uniti; dopo essere
diventato un richiesto regista teatrale, ebbe una carriera cinematografica di discreto peso – esordisce nel 1929 – tra i cui titoli si
annoverano: la versione di Dr.Jekyll and Mr.Hyde – forse la migliore – con Fredric March, 1931; Queen Christina, La Regina Cristina, con
Greta Garbo, 1933; Becky Sharp, da Vanity Fair di Thackeray, 1935; il sodalizio con Tyrone Power: The Mark of Zorro, Il Segno di Zorro,
1940; Blood and Sand, Sangue e Arena, 1941; oltre ad essere colui che iniziò il capolavoro del noir Laura (Vertigine, 1944), con Gene Tierney,
poi passato a Otto Preminger (che lo sostituirà in corso d'opera anche nel 1959 per la regia della versione cinematografica di Porgy and
Bess).
14
Due attori di questo cast, Frank H.Wilson e Paul Robeson, nel 1933 ebbero ruoli in The Emperor Jones, regia di Dudley Murphy,
sceneggiato da DuBose Heyward dal dramma di Eugene O'Neill. Per la cronaca: Paul Robeson (1898-1977), in anni successivi, fu nel mirino
della censura maccartista, che lo mise nella “lista nera” per presunte attività antiamericane nel periodo della famigerata “caccia alle
streghe” anti-comunista (fu anche posto sotto sorveglianza dell'FBI dal 1941 al 1974).
15
Nel romanzo Porgy sembra inizialmente subire la presenza della donna, che cerca un rifugio dopo l'abbandono di Crown e si installa
nella baracca del pover'uomo quasi senza chiedere permesso; anche in seguito l'uomo sembra tutt'al più abituarsi alla presenza di lei
(sintomatico, tutto sommato, che quando non ritrova la donna al suo ritorno, Porgy lasci cadere la questione senza lottare), mentre nella
versione teatrale (e in seguito nell'opera) i due già dai primi contatti sembrano quantomeno provare un tenero affetto.
sostituito da una trama più orientata all'azione: diviso in tre atti e nove scene, viene alterata in alcuni punti la
sequenza degli avvenimenti, così da dare alla vicenda un andamento maggiormente spedito. Viene enfatizzato il
“popolo di Catfish Row” aprendo quasi ogni scena come un tableau vivant in cui appaiono gli abitanti del
quartiere, in modo da da rendere plastica l'omogeneità comunitaria dei Gullah: sono esemplari a questo riguardo
le scene del gioco dei dadi, della veglia funebre per Robbins e dell'uragano. L'aspetto “ritmico” diviene ancora
maggiormente incisivo – ne farà tesoro Gershwin – rinforzandolo da uso abbondante di canti e spirituals: in
particolare due scene – le già citate della sepoltura e dell'uragano – sono costruite quasi come pezzi musicali, che
di fatto hanno natura statica e non fanno progredire l'azione. L'utilizzo di canzoni assolve la funzione essenziale
di convogliare le emozioni, come nel romanzo un ruolo analogo ha l'uso del folklore. La maggior speditezza
dell'azione rispetto al romanzo provoca sostanziali differenze sui personaggi, rendendo tutto meno meditato e,
anche, più violento; lo stesso Porgy diviene maggiormente dinamico, perdendo le seppur solo accennate qualità
mistiche e filosofiche del personaggio del romanzo (particolare subito evidente esaminando il finale del dramma
teatrale, nel quale Porgy annuncia di voler “inseguire” la fuggitiva Bess, mentre nel romanzo rimane bloccato e
sconfitto, conscio di essersi giocato l'unica possibilità che la vita gli ha offerto). Analoga sorte tocca agli altri
personaggi: se Crown è grossomodo la trasposizione fedele del rozzo e sanguigno, animalesco ma attraente,
stivatore, la stessa co-protagonista Bess, e personaggi minori come Maria (quest'ultima, donna di peso nel
romanzo), perdono molte delle loro sfaccettature intellettuali. Caso diverso quello di Sportin' Life – personaggio
già molto carico di teatralità nel romanzo – che una volta sul proscenio “ruba la scena” divenendo il motore degli
eventi (Gershwin, anche in questo caso, seguirà questa direzione). Nel dramma teatrale è lui il vero villain,
togliendo la funzione a colui che dovrebbe esserlo, ossia Crown. Cambiano alcuni dei personaggi minori, come
l'avvocato nero Simon Frasier (a teatro diviene Frazier): se nel romanzo era descritto come un uomo scaltro e
intelligente, seppur sgradevole (“vende” a Bess il divorzio da Crown, approfittando dell'ingenuità della donna),
nel dramma teatrale è un personaggio stereotipato, una sorta di macchietta comica (rimanendo tale nell'opera di
Gershwin, nella quale l'avvocato bianco Archdale lo allontana bruscamente 16). I mutamenti da un mezzo
espressivo all'altro comportano inevitabili scompensi di qualità – primo fra tutti il poco approfondimento dei
personaggi minori – ma apportano anche dei miglioramenti: azione più incalzante, scelta di un finale “eroico”
(seppur velleitario), maggior presenza e caratterizzazione del deuteragonista Sportin' Life: tre aspetti che, nel
ricordo – grazie alla fama inesausta dell'opera che ne conseguirà – sostituiscono l'azione originaria del romanzo. I
cambiamenti presenti nella versione teatrale furono in gran parte accolti nel successivo libretto, scritto da
DuBose Heyward e Ira Gershwin, per la folk opera composta da George Gershwin. Il dramma teatrale ebbe 217
rappresentazioni nella prima stagione – il debutto avvenne il 10 ottobre 1927 – per poi andare in tournée;
ritornato a Broadway nell'aprile 1928, se ne allestirono altre 137 recite.
La versione operistica
George Gershwin approdava alla metà degli anni venti – quando venne a conoscenza del soggetto qui in esame –
reduce dai successi nei musicals (tra gli altri: Half Past Eight, 1918; La, La Lucille, 1919; Sweet Little Devil, 1924,
Tip-Toes, 1925), le composizioni sinfoniche per pianoforte e orchestra – Rhapsody in Blue (1924), orchestrata da
Ferde Grofé, e il Concerto in Fa (1925) – e, qualche anno dopo, An American in Paris (1928), oltre ad un numero
molto cospicuo di canzoni di subitaneo successo. Il musicologo e compositore Armando Gentilucci ne tratteggia
un breve ritratto, utile a contestualizzare il compositore:
16
Se in Porgy and Bess i due avvocati sembrano non conoscersi, nel romanzo invece sono vicini d'ufficio: Archdale rimprovera Frasier
per la sua condotta, ma quasi in modo benevolo.
Gershwin deve essere considerato come il musicista rappresentativo dell'America avviata dalla grande guerra al
New Deal. Vediamone le ragioni. Attratto istintivamente fin dall'infanzia dalla musica leggera, compose un'infinità
di canzoni[...] degne della massima attenzione per la nobiltà ispirativa, per la presenza di un'inconfondibile sigla pur
nelle acquisizioni stilistiche più diverse. Perfettamente inserito nel contesto socio-culturale statunitense, esponente
tipico di una cultura cosmopolita e cittadina, egli è lontanissimo dal silenzioso e appartato lavoro di Ives e Varése,
proiettati verso le più ardite ricerche e le più avanzate soluzioni di linguaggio e di contenuto tra la completa
indifferenza, se non ostilità, dell'apparato ufficiale. Gershwin scrive canzoni di successo, sfrutta con abilità estrema i
dati del folclore americano, bianco ma soprattuto [afroamericano], senza per questo reperire attraverso la musica
un'autentica condizione socialmente determinata, senza ripercorrere con il suo fondamentale “romanticismo” il
romanticismo dei compositori slavi delle precedenti generazioni. [...] L'espressione folcloristica della gente
americana povera, principalmente della gente di colore, è vista e sentita dal punto di vista del turista che acquista
sul bazar orientale l'amuleto per farne un decorativo soprammobile: il punto di vista di una società che strania
radicalmente il prodotto dai suoi contesti, per sottometterlo alle esigenze del proprio consumo. Perciò anche il jazz
è visto edonisticamente, come specifico “colore” della metropoli americana, come “uno” dei tanti aspetti della
moderna città.17
A parte la popolarità nella musica leggera, Gershwin sentiva di avere le carte in regola per il “grande salto” come
compositore “serio” e questo poteva avvenire attraverso la creazione di un'opera di teatro musicale; le opere
sinfoniche avevano già elementi di novità – che permisero loro di rimanere nel repertorio sinfonico e discografico
anche molti decenni dopo e lo sono tuttora – ma era la piena affermazione nel teatro musicale che poteva dare a
Gershwin la consacrazione anche in terreno “impegnato”. L'originalità che poteva portarvi era l'uso di un
linguaggio legato alle nuove forme di musica popolare di estrazione afroamericana – blues, jazz, dixieland – già
calate in altre composizioni precedenti calate nei generi canonici della tradizione classica, romantica e tardoromantica (concerto per solista e orchestra e poema sinfonico). Riteneva quindi di aver raggiunto la necessaria
maturità, alla soglia dei trent'anni, per cimentarsi col teatro musicale vero e proprio. In verità ad un primo
tentativo di “opera afroamericana” il compositore pervenne nel 1922, con Blue Monday Blues, ma non la sentiva
pienamente riuscita né il pubblico e la critica risposero positivamente. Il punto nevralgico era trovare un soggetto
adeguato, che non facesse sembrare fuori luogo il proprio linguaggio compositivo. Lesse Porgy capendo
immediatamente di aver trovato il tema giusto. Si mise quindi in contatto con DuBose Heyward per abbozzarne
un progetto di opera musicale. Impegni precedenti del compositore imposero un freno ai precoci entusiasmi,
battuta d'arresto che si rivelò invece molto produttiva a lungo termine, perché nel frattempo – come si è già visto
– andò in scena la versione teatrale, che apportò significativi cambiamenti poi recati di peso nel libretto
operistico. I cinque anni che passarono tra la versione teatrale e l'inizio della vera e propria collaborazione tra i
fratelli Gershwin e Heyward (1932), furono segnati da alcuni episodi che potevano mandare in fumo l'impresa.
Nel 1930 Gershwin ricevette la commissione per un'opera di taglio “pienamente americano” da parte del teatro
Metropolitan – era oltretutto libero di scegliersi il soggetto – e sebbene galvanizzato dalla proposta il
compositore dovette ben presto scontrarsi con una concezione di libertà molto limitata: il soggetto di Porgy era
inutilizzabile secondo i suoi propositi, dal momento che al Metropolitan vigeva il divieto per i cantanti
afroamericani e Gershwin non aveva intenzione di utilizzare cantanti bianchi in “blackface”, come era d'uso (lo
stesso problema, come si è visto, era stato affrontato dai coniugi Heyward durante il casting per il dramma
17
ARMANDO GENTILUCCI, Guida all'ascolto della musica contemporanea, Milano, Feltrinelli, 1969; citazione riportata dalla nona edizione
(1992), p.172-173.
teatrale). Gershwin passò quindi altri anni vagando per un soggetto che confacesse le limitazioni del Met e al
tempo stesso fosse “genuinamente americano”, ma la ricerca si arenò. Alle viste vi era inoltre la concorrenza, il
compositore Jerome Kern (1885-1945) e il librettista Oscar Hammerstein II (1895-1960), autori di musicals come
Show Boat (1927) che, insieme al cantante Al Jolson (1886-1950) – passato alla storia come la prima voce del
cinema, nel 1927 in The Jazz Singer – erano intenzionati a comprare i diritti di Porgy per farne una commedia
musicale con attori bianchi truccati da neri. Heyward si mostrò incerto, nonostante l'ottima offerta economica,
ma restò legato alla proposta di Gershwin; non restava, quindi, che trovare le condizioni giuste per trasformare il
suo soggetto in una forma che ne esplicitasse pienamente le potenzialità. Finalmente, l'annuncio ufficiale venne
dato nell'ottobre 1933: Porgy sarebbe divenuto un'opera da dare a Broadway con un cast afroamericano, nello
stesso Theatre Guild dove nel 1927 venne rappresentata la versione teatrale. DuBose Heyward, sulla base di
Porgy: A Play, stese il libretto (l'opera venne pianificata, significativamente, in tre atti) durante l'inverno 19331934, inviando le scene appena finite al compositore, che compose la musica tra il febbraio 1934 e il gennaio
193518, occupandosi poi dell'orchestrazione – a differenza di quanto capitava sovente nei musicals di Broadway,
decise di crearla di suo pugno, proprio per sottolineare il salto di qualità – i nove mesi seguenti. Durante la
composizione, nel giugno 1934 Gershwin soggiornò in una delle isole prospicienti Charleston, Folly Island, per
familiarizzarsi con il materiale folk direttamente nei luoghi dell'azione. Tornato a New York, tra estate ed
autunno, col fratello Ira lavorò sul libretto originario; dell'apporto di Heyward rimase l'intreccio, il dialogo e
alcuni testi di “arie”, come Summertime (Clara: Atto I, scena 1; Clara: Atto II, scena 4; Bess: Atto III, scena 1), A
Woman Is a Something Thing (Jake e altri: Atto I, scena 1) e My Man's Gone Now (Serena: Atto I, scena 2); Ira
versificò il resto e operò la limatura generale. Preparata la partitura – da Gershwin comunque mai considerata
“definitiva” – ad agosto 1935 iniziarono le prove. Gershwin scelse Rouben Mamoulian come regista, lo stesso
della versione teatrale. La scelta di Mamoulian è molto significativa perché il compositore aveva la volontà di far
avere alla sua opera quella “qualità cinematografica” che l'avrebbe resa più dinamica e moderna; Gershwin era
molto incuriosito dal modo stesso in cui venivano giustapposti i vari elementi di un film, in particolare l'uso dei
rumori, dei suoni e, ovviamente, della musica. Il compositore era inoltre molto aperto a consigli creativi e infatti
l'aspetto collaborativo era ritenuto da Gershwin fondamentale per il buon esito del lavoro, anche a scapito di
tagliare parte della musica, se necessario. Esempi di analogie con il mezzo cinematografico sono, per citarne
alcuni, l'analogia musicale della “zoomata”, nell'introduzione strumentale al primo atto, dalla danza collettiva al
suono del solo pianoforte verticale di Jasbo Brown19, e nell'apertura strumentale della terza scena dell'atto terzo,
in cui sono introdotti successivamente un uomo addormentato, un altro intento a ramazzare e due operai con
sega e martello,
in una quotidianità di gesti a cui una ritmica e una timbrica opportunamente e originalmente studiate
conferiscono completa individualità: di movimenti che il compositore delimita in esatta denotazione, in
modo che il passaggio da uno all'altro non sia internamente suggerito dalla musica, ma invece determinato dal
movimento dell'orecchio nello spazio come una specie di panoramica sonora. 20
18
19
La canzone Summertime venne scritta qualche mese prima, nel dicembre 1933.
Personaggio semileggendario (il nome ha grafia incerta: in taluni casi è chiamato anche Jazzbo, o Jazbo, Brown), è una figura presente
in una raccolta poetica di DuBose Heyward, Jasbo Brown and Selected Poems, pubblicata nel 1924 e, successivamente, nel 1931. Il
personaggio ha dato vita ad un canto blues, Jazzbo Brown from Memphis Town, cantato negli anni Venti da Bessie Smith (1894-1937), in cui
ne veniva lodata la bravura come suonatore di cornetta autodidatta.
20
CARLO PICCARDI, “Dev'esserci stata l'immagine di qualche cosa nella mente del compositore”, in Gershwin, a cura di Gianfranco Vinay,
Torino, Edt, 1992, pag.285.
Fatto non secondario, la creazione dell'opera fu seguita con interesse dal mondo del cinema – Gershwin, molto
amato già in vita dal cinema, dopo Porgy and Bess fu impegnato con la casa di produzione RKO, una delle cinque
majors, per alcuni film musicali con Fred Astaire 21 – e in uno degli incontri conviviali con personaggi in vista di
Hollywood – in cui suonava brani della futura opera – accettava consigli da nomi importanti della regia come
Ernst Lubitsch, il quale diede dei suggerimenti su alcuni cambiamenti di scenografia in direzione di un maggiore
realismo22. La partitura musicale composta sulla traccia della versione teatrale – rappresentata la prima volta a
Boston il 30 settembre 193523 con la direzione orchestrale di Alexander Smallens 24 – mantiene, al volgere del 21?
secolo, un posto rilevante non solo nello sviluppo del teatro musicale autenticamente americano, ma più in
generale nella storia della musica tout court, oltre ad aver avuto, con alcune pagine – tra tutte, la “ninna nanna”
Summertime, le cui parole, come si è detto, nella divisione dei compiti tra i due librettisti toccò a Heyward – un
rapido e duraturo successo critico e commerciale. A testimonianza della felicità melodica e ritmica dei motivi
musicali vi sono due suites sinfoniche tratte dall'opera. La prima è di qualche mese successiva alla prima teatrale,
gennaio 1936 – ad opera dello stesso Gershwin per la Philadelphia Orchestra – chiamata Catfish Row, suite from
“Porgy and Bess”25, divisa in cinque parti: I.Catfish Row (introduzione strumentale al primo atto; Summertime);
II.Porgy Sings (la “canzone del banjo” I Got Plenty o' Nuttin' e il duetto Porgy-Bess Bess, You Is My Woman Now,
prima scena dell'atto secondo); III.Fugue (la fuga26 composta per la lotta tra Crown e Robbins nella prima scena
dell'atto primo); IV.Hurricane (finale della terza scena dell'atto secondo); V.Good Morning, Brother (dalla terza
scena del terzo atto: introduzione strumentale, Good Mornin', Sistuh! e il finale Oh, Lawd, I'm on My Way). La
seconda risale al 1942, quando il direttore d'orchestra Fritz Reiner commissionò – per la Pittsburgh Symphony
Orchestra – al compositore Robert Russell Bennett (1894-1981), una sintesi sinfonica della durata di una ventina
di minuti, A Symphonic Picture of Porgy and Bess27, suite che non segue una sequenza strettamente cronologica
degli avvenimenti, ma che contiene le parti più significative in misura maggiore di quella originaria di Gershwin:
l'introduzione strumentale al primo atto; Summertime; la breve introduzione strumentale al secondo atto; il canto
di Porgy della prima scena del secondo atto (I Got Plenty o' Nuttin'); la musica dell'uragano (finale della terza
scena dell'atto secondo); il duetto di Porgy e Bess della prima scena del secondo atto (Bess, You Is My Woman
Now); il coro Oh, I Can't Sit Down!, prima scena del secondo atto; la musica associata a Sportin' Life (There's a
Boat dat's Leavin' Soon for New York, seconda scena del terzo atto ; It Ain't Necessarily So, seconda scena del
21
Shall We Dance (Voglio danzare con te, 1937), di Mark Sandrich (Astaire in coppia con Ginger Rogers) e A Damsell in Distress (Una
magnifica avventura, 1937), di George Stevens (in coppia con Joan Fontaine).
22
23
Riportato in PICCARDI, op.cit., pag.286.
A Boston ci fu una sorta di “prova generale” (il 30 settembre), ma la data in cui si tenne quella che viene considerata la “vera” prima
rappresentazione è il 10 ottobre 1935, all'Alvin Theater di Broadway, New York. Tra le due occasioni Gershwin tagliò diverse sezioni
(l'opera a Boston aveva una durata di oltre tre e ore e mezza), confermando il fatto che riteneva la partitura un lavoro sempre in progress,
ma anche per venire incontro alle abitudini di Broadway, dove gli spettacoli di commedia musicale avevano durate molto minori. Le
edizioni discografiche “complete” hanno in genere ripristinato i tagli (Maazel 1976, Rattle 1988), mentre più recentemente si è optato per la
versione presentata a Broadway (Mauceri 2006, Harnoncourt 2009).
24
Alexander Smallens (1889-1972), direttore d'orchestra nativo di San Pietroburgo ma emigrato bambino negli States divenendo
cittadino americano nel 1919, diresse tra l'altro la Philadelphia Orchestra (1928-34) e il Radio City Music Hall di New York (1947-50). Oltre
alla prima edizione, diresse successive riedizioni di Porgy and Bess a Broadway nel 1942 e nel 1953, oltre al famoso tour dell'opera nel
1952, in cui Leontyne Price si impose all'attenzione del pubblico nel ruolo di Bess.
25
Il nome originario è Porgy and Bess Suite. Quello definitivo venne scelto in seguito da Ira Gershwin. Degna di nota la totale assenza di
musiche tratte dalle entrate in scena di Sportin' Life.
26
Composizione musicale contrappuntistica, in questo caso strumentale, basata sull'imitazione di un soggetto (frase musicale). Portata
a livelli elevatissimi da J.S. Bach nel XVIII secolo, la fuga ha ottenuto una codifica scolastica grazie alla didattica francese dell'Ottocento che,
se non altro, ha avuto il merito di schematizzare una materia in origine molto varia. Eclissata per molto tempo, in età romantica è stata
ripresa, sebbene con una certà libertà. Nel Novecento l'utilizzo è stato sporadico (Ravel, Berg, Hindemith, Britten); Gershwin la adotta
liberamente utilizzandola per dare una certa sensazione di moto nella scena della lotta culminata nell'omicidio del primo atto.
27
In seguito mutò leggermente il nome in Porgy and Bess – A Symphonic Picture for Orchestra. Significativamente molto generosa è la
sezione dedicata a Sportin' Life, che domina la seconda parte. Il motivo musicale associato a Porgy è inserito solo nel finale (il personaggio
principale è comunque ben rappresentato dalla canzone del banjo e dal duetto con Bess).
secondo atto); il finale (terza scena del terzo atto: Oh Lawd, I'm on My Way). Analizzando Porgy and Bess dal punto
di vista musicologico, inserendola con pieno diritto nel “canone” operistico, gli studiosi si sono interrogati sulla
tipologia a cui l'opera può essere ricondotta: l'opzione “folk opera” (definizione sui generis) è quella più coerente,
oltretutto data da Gershwin stesso. In un articolo del 20 ottobre 1935 su “The New York Times”, il compositore
parla diffusamente dell'opera, a dieci giorni dalla prima rappresentazione di Broadway, insistendo proprio sul
genere al quale Porgy and Bess appartiene28. Un aspetto che va sottolineato, nelle affermazioni presenti
nell'articolo, è l'importanza che Gershwin da al contenuto dell'opera: gli elementi popolari, per ottenere reale
forza e durare nel tempo, devono essere calati in una forma “impegnata” (cita a proposito l'utilizzo del blues nella
sua Rhapsody in Blue). Quindi, dal momento che i personaggi di Porgy hanno un'estrazione popolare, è naturale,
continua Gershwin, che cantino musica popolare, inserendola organicamente alle caratteristiche proprie degli
afroamericani e dei Gullah (secondo il suo punto di vista, che è stato criticato come troppo semplicistico), come
ad esempio la superstizione, il fervore religioso, il ricorso alla danza. Porgy and Bess è un'opera (nella
declinazione folk) e non un musical, anche per la struttura formale scelta, in tre atti – mentre i musicals sono
generalmente in due – e per il tipo di soggetto, fatto di dramma e passione (Gershwin la paragona a Carmen di
Bizet, ma il soggetto ha anche delle similitudini con quello dell'opera Wozzeck di Alban Berg, andata in scena nel
1925). Alla critica che Porgy and Bess sia solo una collezione di canzoni e non una vera opera, risponde che la
stessa Carmen e molte delle opere più popolari di Verdi, oltre a possedere grande qualità drammatica, si possono
vedere anche come una raccolta di “hits”: quindi, una cosa non esclude necessariamente l'altra. Sebbene le parole
di Gershwin stesso possano aiutare nella ricerca della giusta “collocazione” nell'estetica musicale, può essere
d'aiuto una metodologia di classificazione per il teatro musicale del XX secolo intuita dal musicologo tedesco Carl
Dahlhaus, che propone si esaminino le opere
sotto questi quattro punti di vista: che rapporto intrattengano con i generi operistici tradizionali istituzionalizzati
dal teatro d'opera e dal suo pubblico; se si assoggettino oppure si sottraggano ai postulati estetici e tecnicocompositivi dell'avanguardia musicale; in che modo affrontino il problema del libretto; e se infine – a bella posta o
senza volerlo – assecondino oppure respingano le tendenze del teatro di regia. Si potrà allora determinare la
posizione di una data opera in quel sistema di riferimento che, dati i presupposti storici del moderno, ci appare
come “modello base” del genere “opera” (o “dramma musicale”). Lo storico potrà così esimersi dall'istituire “gruppi”
di opere – laddove ciascun individuo del “gruppo”, a ben vedere, mette in dubbio l'esistenza stessa di ciascun altro
–, “gruppi” che suscitano l'impressione illusoria di un ordine dove si accoppia ciò che diverge e si separa ciò che
almeno in parte converge. 29
Riprendendo Dahlhaus, Gianfranco Vinay conclude, riferendosi a Porgy and Bess:
Se anziché volerla riabilitare a un concetto astratto di “opera in musica” o inserirla forzatamente in un “gruppo”
come fa Eric Salzman annettendola, assieme ai lavori teatrali di Virgil Thomson, Giancarlo Menotti, Kurt Weill,
Frank Loesser, Marc Blitzstein e Leonard Bernstein, alla categoria della “Broadway Opera”, [...] si cerca di scomporla
nei suoi elementi costitutivi ci si accorge che il modo in cui questi elementi si combinano fra di loro è originale,
anzi unico, e tanto basta perché rappresenti una delle più interessanti e vitali creazioni del teatro d'opera del
Novecento, culmine artistico di un breve ma intenso processo di assimilazione e maturazione stilistica e
28
29
L'articolo è riportato in ALOMA BARDI, Folk-opera. Mescolanza di generi e stili e sua giustificazione, in Gershwin, op.cit., pag.61-64.
CARL DAHLHAUS, Oper and Neue Musik. Versuch einer Problemskizze, in Vom Musikdrama zur Literaturoper Aufsätze zur neueren
Operngeschichte, München-Salzburg, Katzbichler, 1983 [p.145-152]. La citazione è ripresa dalla traduzione italiana di Lorenzo Bianconi
apparsa ne “Il Verri”, numero speciale su “Il teatro musicale contemporaneo”, 5/6, marzo-giugno 1988 [p.105-117], p.112.
drammaturgica nell'ambito del teatro e dello spettacolo musicale statunitense. 30
Può quindi suonare improprio – quasi un inquadramento a tutti i costi – ridurre l'opera di Gershwin a questo o
quel genere (opera, folk opera, musical/commedia musicale), dal momento che vengono amalgamati con
razionalità, non perdendo di vista la passionalità del soggetto, vari stili musicali: il folk (blues, spirituals, gospel),
la musica popolare (il jazz degli inizi e le canzoni di facile presa nella tradizione di Tin Pan Alley, la zona di
Manhattan in cui erano situate le case editrici di songs) ed elementi di estrazione classica europea (i recitativi, la
composizione di fughe e canoni, la tecnica dei motivi musicali ricorrenti e di reminiscenza). Anche nella scelta
dell'uso dei registri vocali si deduce la non appartenenza stretta ad un genere: vi sono i registri canonici
(baritono, soprano, tenore, etc), ma anche il registro tenorile recitante (per Sportin' Life, che infatti è il
personaggio più associabile al vaudeville e al musical) e personaggi solo dialoganti (i bianchi). Più in dettaglio i
personaggi e i registri vocali dell'opera: Porgy, baritono31 ; Bess, soprano ; Clara, soprano ; Jake, baritono ;
Sportin' Life, recitante (tenore) ; Serena, mezzosoprano ; Maria, contralto ; Crown, baritono. Altri personaggi:
Mingo, Robbins, Jim, Peter, Lily, il becchino, Annie, Frazier, Scipio, Nelson, un venditore di granchi, una venditrice
di fragole, Jasbo Brown e altri abitanti di Catfish Row; i personaggi bianchi (Archdale, il detective, il coroner, un
poliziotto) sono voci recitanti. La scelta compositiva di dare ai personaggi bianchi non un registro vocale, ma un
semplice parlato, vuole sottolineare la loro distanza dal mondo dei Gullah di Catfish Row, quasi l'appartenenza ad
una differente sfera spirituale (espediente condiviso già in fase di scrittura del libretto dei tre autori, Heyward e i
fratelli Gershwin).
Successione degli avvenimenti e dei principali pezzi musicali:
Atto Primo [Catfish Row, una serata estiva].
Scena I. Introduzione strumentale (con all'interno l'assolo al pianoforte di Jasbo Brown); ninna nanna di Clara al
suo bimbo (Summertime); gioco dei dadi; entra in scena Porgy (“motivo musicale di Porgy”); Crown uccide
Robbins dopo una lite; la polizia dei bianchi interviene e arresta Peter; Bess si rifugia da Porgy.
Scena II. Veglia funebre per Robbins: spiritual corale (Where Is Brudder Robbins) e canto di dolore di Serena (My
Man's Gone Now).
Atto Secondo [Un mese dopo].
Scena I. Canto di lavoro di Jake (Oh, I'm Agoin' out to the Blackfish Banks); canto di gioia di Porgy (I Got Plenty o'
Nuttin'); Porgy vede volare una poiana, segno di malaugurio (Buzzard Keep on Flyin' over); duetto Porgy-Bess e
“motivo musicale d'amore” (Bess, You Is My Woman Now) ; coro prima della partenza per il picnic (Oh, I Can't Sit
Down).
Scena II. Gita a Kittawah e “sermone biblico” di Sportin' Life (It Ain't Necessarily So); Bess passa la notte sull'isola
con Crown.
Scena III. Bess torna a casa febbricitante; i pescatori escono a lavorare nonostante sia alle viste un uragano; con
30
GIANFRANCO VINAY, Un'opera folk negli specchi di Broadway..., in Gershwin, op.cit., p.194. Il saggio di Vinay analizza in modo puntuale vari
aspetti dell'opera: si vedano in particolare le pagine 188-194 del libro citato.
31
Come Verdi nel Rigoletto, che ha analogamente un protagonista menomato fisicamente, anche Gershwin opta per un registro vocale
più grave per il suo “eroe” rispetto alla norma d'epoca romantica e successiva.
Porgy preoccupato per la salute di Bess, arrivano nel quartiere la venditrice di fragole e il venditore di granchi
(Oh Dey's So Fresh an' Fine).
Scena IV. Le donne dei pescatori e gli abitanti di Catfish Row intonano una preghiera per i pescatori che in quel
momento sono in mezzo all'uragano (Oh, Doctor Jesus, Look Down on Me); Crown riappare nel bel mezzo della
tempesta (A Red-Headed Woman Make a Choo-Choo Jump Its Track); Clara si avventura in mare in cerca del marito
Jake e scompare per sempre; Crown va in soccorso di Clara e scompare a sua volta.
Atto Terzo [La notte successiva].
Scena I. Veglia per i morti della tempesta; Bess canta la ninna nanna al bimbo di Clara (ripresa di Summertime);
Crown riappare, ma Porgy dopo una furibonda lite riesce ad ucciderlo.
Scena II. Porgy viene portato in prigione per il semplice riconoscimento del cadavere di Crown, ma Sportin' Life
trova il modo di spaventarlo inventandosi una superstizione (se l'assassino guarda la propria vittima, questa
sanguinerà); rimasti soli, Sportin' Life cerca di irretire Bess che, dapprima riluttante, si lascia soggiogare dal
subdolo individuo (There's a Boat dat's Leavin' Soon for New York).
Scena III. Una settimana dopo, rimasto in prigione per non aver voluto guardare il cadavere di Crown, Porgy
ritorna a Catfish Row, contento di poter riabbracciare Bess (Good Mornin', Sistuh!); apprende però, da Maria e
Serena, che la donna è andata a New York con Sportin'Life; chiede da che parte sia la città e decide di andare a
riprenderla col suo carretto tirato dall'inseparabile capra (I'm on My Way to a Heav'nly Lan' “): sarà un lungo
cammino.
I primi Porgy e Bess furono Todd Duncan e Anne Brown. Per il ruolo di Sportin' Life fu scritturato John William
Sublett (1902-1986), in arte John W. Bubbles o semplicemente Bubbles, un attore di vaudeville. Proprio il
personaggio di Sportin' Life ha nell'opera un rilievo che non aveva invece nel romanzo – mentre è maggiormente
marcato già nella versione teatrale – e Gershwin ne sottolineò particolarmente la sottigliezza. Scrive ancora
Vinay:
In Porgy and Bess, la [...] decisione [di Bess] di seguire Sportin' Life a New York è l'atto finale di un'opera di
traviamento meticolosamente perseguita fin dall'inizio della vicenda. Quanta importanza attribuisse al personaggio
di Sportin' Life e alla sua caratterizzazione lo dimostra già il fatto che i testi delle sue canzoni, nella spartizione dei
compiti fra Heyward e Ira, per la loro natura “più sofisticata”, furono assegnati a quest'ultimo. E un'altra
dimostrazione è la sua ferma intenzione di mantenere John Bubbles come interprete del personaggio nonostante il
suo comportamento stravagante e indisciplinato che, durante l'allestimento dello spettacolo, portò più di una volta
all'esasperazione il cast di Porgy and Bess e il regista. Gershwin era consapevole che introducendo un artista del
mondo dello spettacolo leggero in un cast di professionisti dell'opera “seria” infrangeva una regola e si esponeva a
critiche che gli furono puntualmente rivolte, ma proprio la sua ostinazione e le repliche difensive ed esplicative
contenute in quel suo articolo su Porgy and Bess dimostrano quanta importanza drammatica attribuisse a quella
trasgressione che inaugurò la tradizione degli Sportin' Life cabarettistici, da Cab Calloway a Sammy Davis jr e oltre.
Naturalmente il personaggio di Sportin' Life e la sua caratterizzazione offrirono argomenti a chi considerava Porgy
and Bess un musical ipertrofico e pretenzioso, ma la vera intenzione di Gershwin era quella di utilizzare come
elemento drammatico il contrasto e il dislivello tra due stili musicali e scenici per caratterizzare due mondi a
confronto32.
Trasposizioni cinematografiche delle opere di Heyward
L'industria cinematografica e televisiva considera DuBose Heyward sostanzialmente l'autore non tanto del
romanzo originario, ma quasi un semplice collaboratore al libretto dell'opera di Gershwin. Se degli altri romanzi
non c'è traccia di utilizzo come base di soggetti, solo un racconto, The Half-Pint Flask, ha avuto due trasposizioni:
come undicesimo episodio della terza stagione della serie antologica “Lights Out” (1950), con John Carradine, e
come Tales of the Unknown South (1984), una miniserie in tre episodi prodotta dalla South Carolina Educational
Television Network, scritta da Benjamin Dunlap e tratta da tre racconti – oltre a quello di Heyward, gli altri due
sono Neighbors di Diane Oliver e Ashes di Julia Peterkin – mentre l'episodio in esame è diretto da Randy Brinson
ed interpretato da Richard Leighton, Estelle Evans e John Malloy. Il romanzo Porgy non è stato preso in
considerazione come soggetto per una trasposizione, considerando effettivamente – per l'immaginario collettivo
– l'opera di Gershwin come unico veicolo della “vera storia di Porgy e Bess” divenendo nel 1959 un film musicale
prodotto da Columbia Pictures, dal titolo omonimo. Basato sulla regia teatrale originaria di Rouben Mamoulian
dell'opera di Gershwin, lo stesso regista iniziò a dirigerlo – nel montaggio finale ne resta una sequenza – venendo
sostituito in corso d'opera da Otto Preminger. Interpretato da Sidney Poitier (Porgy), Dorothy Dandridge (Bess) –
doppiati da cantanti d'opera: rispettivamente Robert McPerrin e Adele Addison – e da Sammy Davis jr (Sportin'
Life), prodotto da Samuel Goldwyn, il risultato non è dei più memorabili 33: la protagonista Dorothy Dandridge è
inferiore alle attese, oltre alla evidente poca naturalezza di voci non appartenenti agli attori (salvo Sammy Davis
jr, essendo il suo personaggio un tenore recitante); cambiano in sede di sceneggiatura anche certi importanti
dettagli (Bess è una prostituta, Crown il suo protettore; Sportin' Life un trafficante di droga), ma il film ha dei
buoni momenti, come l'assolo di Sportin' Life/Sammy Davis jr, nella sequenza del picnic (It Ain't Necessarily So).
La musica di Gershwin è diretta da Andre Previn – celeberrimo direttore d'orchestra e compositore – il quale si
aggiudica, assieme a Ken Darby, l'Oscar per la miglior colonna sonora di film musicale (l'unico premio assegnato
al film, in un anno monopolizzato da Ben-Hur; ha avuto anche le candidature per la fotografia a colori, i costumi e
il sonoro). Previn e Darby vincono quell'anno anche il Grammy Award per l'album prodotto dalla colonna sonora
e il film vince comunque anche il Golden Globe come miglior film musicale dell'anno. La scelta per la regia cadde
su Preminger (chiamato in corsa altre volte, in carriera 34) dopo i buoni risultati in un altro cinematografico
“musical nero”, Carmen Jones (prodotto dalla Fox nel 1954, tratto dal musical di Oscar Hammerstein II –
presentato a Broadway nel 1943 – su musiche di Georges Bizet, che aveva come protagonista la stessa Dorothy
Dandridge). Arrivato a progetto iniziato, il grande regista si scontrò con alcune scelte produttive già decise – non
ottenne di realizzare gli esterni dal vero, che avrebbe conferito maggior realismo – a cui si aggiunse un incendio
che distrusse la scenografia; la sceneggiatura già scritta, inoltre, penalizzò il tentativo consueto di Preminger di
inserire riferimenti all'attualità, come di premere maggiormente sull'annosa questione dell'integrazione degli
afroamericani.
Edizioni discografiche e audiovisive di Porgy and Bess
Alcuni estratti hanno vita discografica propria, come nel caso di Summertime, che è stata registrata innumerevoli
32
33
GIANFRANCO VINAY, op.cit., p.189.
34
Come per Laura (Vertigine, 1944) e That Lady in Ermine (La signora in ermellino, 1948; a causa della morte di Ernst Lubitsch).
Nonostante qualche importante premio, il successo al botteghino fu al di sotto delle attese e determinò l'uscita dalla scena
produttiva di Samuel Goldwyn; cfr. GIULIA CARLUCCIO, LINDA CENA, Otto Preminger, Milano, Il Castoro Cinema, 1991, p.83-85.
volte da cantanti e musicisti di ogni tipo (operistici, nella forma filologicamente corretta, ma anche jazz, come Ella
Fitzgerald e Louis Armstrong, o gospel, come Mahalia Jackson). Tra le altre, una rivisitazione molto nota è quella
che ne fece Miles Davis, il cui album Porgy and Bess (1958) fu preparato con Gil Evans 35. Riguardo all'opera, tra le
registrazioni risalenti a tempi vicini alla prima rappresentazione vi sono selezioni dei brani più noti (1935, con
cantanti bianchi, pochi giorni dopo la “prima”, con l'approvazione di Gershwin; 1940-42, con gli stessi Todd
Duncan e Anne Brown, primi protagonisti) e la prima registrazione in studio, del 1951 (Columbia), con Lawrence
Winters come Porgy e Camilla Williams come Bess. Solo nel 2008 viene edita l'edizione dal vivo, registrata ad
Amburgo, del 1952, con Leontyne Price (Bess), William Warfield (Porgy) e Cab Calloway (Sportin' Life), unica
recita disponibile di un'edizione molto importante e sfortunatamente non registrata in studio. Edizioni più
recenti dell'opera nella sua interezza e con tecniche al passo coi tempi, rendono maggior giustizia al capolavoro di
Gershwin. Prima tra queste, nel 1976, quella diretta da Lorin Maazel con la Cleveland Orchestra (Decca):
La realizzazione che ne sortì è, sul piano musicale, assolutamente magnifica. Col suo proverbiale, mostruoso talento
musicale, Maazel si trova a pieno agio anche in questa scrittura così particolare: con una direzione flessibilissima e
strepitosamente dinamica, che fa dell'orchestra una “presenza” orchestrale robusta e ricca di scintillante colorito.
[...] Leona Mitchell e Willard White sono [...] bravissimi nell'eseguire i loro numeri musicali, al pari di tutti gli altri:
l'esile voce di Barbara Hendricks, tanto a disagio nell'opera lirica sette-ottocentesca quanto perfetta nei panni di
Clara, dipana una splendida “Summertime”; Florence Quivar [...] è una Serena formidabile; [...] Tra le riuscite più
interlocutorie [...] invece lo Sportin' Life di François Clemmons.36
Solo un anno dopo esce sul mercato (Rca, 1977) un'edizione considerata di riferimento: John De Main dirige
l'orchestra della Grand Opera di Houston, derivata da un allestimento messo in scena da Sherwin M.Goldman. In
quest'edizione
C'è tanta più vita, più partecipazione, più pathos. C'è quel pizzico indefinibile d'estrosa fantasia in più che
scaturisce solo da grandi, prepotenti personalità teatrali. In due parole, rispetto all'incisione Decca [diretta da Lorin
Maazel] non abbiamo maggior talento musicale, ma un'infinitamente maggiore teatralità, che non emerge solo dai
piccoli ruoli ma investe ogni singolo personaggio: il quale possiede una sua riconoscibilissima fisionomia, una sua
personalità e un suo diverso modo d'esprimersi. Un esempio solo: l'ultima scena del secondo atto. Scoppia
l'uragano e la variopinta folla di Catfish Row, riunita in preghiera nella camera di Serena, intona quel pezzo
incredibile che è il “Doctor Jesus”, intreccio di sei linee musicali differenti tutte in canto libero (cioè a dire non
scandito da precise battute) e a cappella: l'incisione Decca porta l'evidente cifra musicale di Maazel nella propria
limpida, impeccabile struttura dinamica, ma anche un'altrettanto evidentissima cifra culturale da Capanna dello
zio Tom. Nell'incisione RCA il livello d'esecuzione non è per nulla inferiore, ma quel canto l'avverti non come
disciplinatamente organizzato attorno ad una bacchetta ma come un rapsodico coagulo – liberissimo eppure
dall'aplomb perfetto – di timbri straordinariamente mobili e vivi e quanto mai personali.
[...] Del cast,
probabilmente nessun nome è conosciuto fuori dagli Usa. Ma sono tutti strepitosi: dal Porgy pieno di sensibilità,
introverso e poi via via sempre più appassionato di Donnie Ray Albert alla formidabile Bess di Clamma Dale, nel cui
fraseggio passano ombre misteriose di seduzione, di vulnerabilità per le troppe cose viste e subite, che velano un
timbro bellissimo [...]; Larry Marshall, magnifico nonostante talune vistose libertà in merito alla scrittura di Sportin'
Life, ricavate peraltro da una consolidata tradizione. [...] Grande musica, grandissimo teatro. 37
35
36
37
Una descrizione è presente in LUCA CERCHIARI, Miles Davis – Dal bebop al jazz-rock (1945-1991), Milano, Mondadori, 2001, p.133-136.
ELVIO GIUDICI, L'opera in cd e video, Milano, Il Saggiatore, 1999, pag.403.
Ibid., pag.403-404.
Nel 1988 il giovane direttore d'orchestra britannico Simon Rattle registra per Emi la sua versione, con la London
Philharmonic Orchestra e il coro del festival di Glyndebourne, che verrà nel 1992 utilizzata come audio nella
videoregistrazione del relativo film per la regia dello shakespeariano Trevor Nunn. Grande capacità di direttore e
regista è la scelta, anche fisionomica, degli attori, specialmente
Gregg Baker, un Crown fisicamente e vocalmente indimenticabile; l'intensità tragica proiettata dal viso mobilissimo
di Willard White, che dopo l'incisione con Maazel torna a incarnare Porgy, ma con molta maggiore autorità; il viso
molto bello ma sul punto di cominciare a sfiorire di Cynthia Haymon, fenomenale nell'esprimere esattamente
questa complessa situazione psicologica, col desiderio di tranquillità che emerge straordinariamente dal lasciarsi
andare verso Porgy con un'amarezza in cui pian piano prevale la stanchezza; la formidabile Serena di Cynthia
Clarey. [...] Unifica il tutto la direzione effervescente di Rattle, che al solo audio rivela un accenno di rigidità e scarsa
briglia lasciata sul collo di artisti tanto grandi da aver bisogno di maggior libertà soprattutto ritmica: un ritmo che il
direttore inglese tende verso estremi quanto mai divaricati, tra velocità parossistiche – come l'inizio o l'uragano – e
oasi di quasi immobilità, come la trasognata partenza per Kittiwah Island. L'apporto delle immagini, tuttavia, con la
forza straordinaria di primi piani intensissimi ma soprattutto dall'estrema, totale naturalezza espressiva, cancella
ogni remora possibile; grazie anche all'eccellente ripresa dello stesso Nunn, filmata in colori mutevoli che passano
dallo sgargiante technicolor dei vecchi film hollywoodiani stile Show Boat a viraggi cinerei di grande potenza
visiva, come nella scena dell'uragano, dove il graduale prosciugamento cromatico accentua l'effetto delle mura
oblique, dal vago sapore espressionistico.38
La versione originale, andata in scena alla prima di New York, è stata invece registrata nel 2006 (Decca), diretta
da John Mauceri con la Nashville Symphony Orchestra con i cantanti Alvy Powell (Porgy), Marquita Lister (Bess),
Robert Mack (Sportin' Life), Lester Lynch (Crown), Nicole Cabell (Clara); questa registrazione deriva la sua
peculiarità dal lavoro del musicologo Charles Hamm che, in collaborazione con il direttore Mauceri, ha
approntato una partitura che si avvicina a quella effettivamente utilizzata alla prima rappresentazione, avvenuta
con diversi tagli approvati da Gershwin (le registrazioni effettuate sinora seguono lo spartito vocale pubblicato
prima delle prove) e con altre parti musicali composte e mai utilizzate, come la “sinfonia di rumori” che apre la
scena finale. Nikolaus Harnoncourt, uno dei maggiori direttori di musica barocca, in anni recenti cimentatosi
anche con partiture romantiche e tardo-romantiche, realizza nel 2009 con la Chamber Orchestra of Europe, per
Sony, una sua edizione registrata dal vivo coi cantanti Jonathan Lemalu (Porgy), Isabelle Kabatu (Bess), Gregg
Baker (Crown), Bibiana Nwobilo (Clara) e l'Arnold Schoenberg Chor.
Bibliografia:
- HOLLIS ALPERT, The Life and Times of Porgy and Bess: The Story of an American Classic, New York, Knopf, 1990.
- RODNEY GREENBERG, George Gershwin, Londra/New York, Phaidon, 1998.
- JOHN M.HUTCHISSON , DuBose Heyward – A Charleston Gentleman and the World of Porgy and Bess, Jackson,
University Press of Mississippi, 2000.
- EDWARD JABLONSKY, LAWRENCE D.STEWART, The Gershwin Years – George And Ira, New York, Da Capo Press, 1996
(prima edizione: New York, Doubleday, 1958).
- JAMES STANDIFER, The Complicate Life of Porgy and Bess, Humanities, novembre/dicembre 1997, vol.18 n.6, p.8-19
38
Ibid., pag.404.
(reperibile alla pagina web: http://www.neh.gov/news/humanities/1997-11/porgy.html).
- GIANFRANCO VINAY (cura), Gershwin, Torino, Edt, 1992. Da questo testo, in particolare: ALOMA BARDI , Folk-opera.
Mescolanza di generi e stili e sua giustificazione, p.61-65 ; GIANFRANCO VINAY, Un'opera folk negli specchi di
Broadway, p.185-186 e 188-194 ; ALOMA BARDI , Folk sofisticato e arguzia savoiarda al crocevia con la spettacolarità
– Le parole per la musica di George Gershwin, p.207-215 ; ID., Registri espressivi di Ira Gershwin, 252-253 ; CARLO
PICCARDI, “Dev'esserci stata l'immagine di qualche cosa nella mente del compositore” - Riflessi di estetica
cinematografica, p.281-288.