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teoria ondulatoria del campo

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Una Parte di
La Teoria Ondulatoria del Campo
di
Walter E. R. Cassani
Riassunto
Perturbazioni dello Spazio -Tempo Discreto di Schild
In sostituzione dell'ipotesi attuale di continuita' dello spazio-tempo, viene mostrata la natura e le caratteristiche; di uno Spazio-Tempo discontinuo e
Discreto di Schild.
Le perturbazioni ondulatorie della sua struttura metrica sono viste come perturbazioni di un nuovo plausibile e discreto Etere Metrico Discontinuo.
L'ipotesi ondulatoria del campo di massa
Partendo dall' uguaglianza delle due energie: l'energia di massa relativistica di Einstein E=mc2 e quella di Planck della radiazione E=hv, viene avanzata
l'ipotesi di lavoro che tutte le particelle subatomiche siano sorgenti elementari di onde sferiche che, nel complesso, costituiscano i campi di massa
attribuibili alle particelle.
La Quantità di Moto ondulatoria
Partendo da queste "onde elementari" arriviamo a scoprire una nuova legge per l'interazione elementare fotone-particella che ha alla base un semplice
principio di simmetria quantizzato.
L'Energia e le sue variazioni
Dove vediamo la natura variazionale e ondulatoria del Fotone, e la COOKIE
relazione
tra le "onde elementari" del campo di massa e le onde di De Broglie.
POLICY
Il Principio di Simmetria Relativa
Questo semplice ed elementare principio di simmetria viene presentato come l'unica legge che regola le 4 interazioni, ed unifica in una visione
omnicomprensiva, la Meccanica Quantistica ed i fenomeni chiave della Dinamica.
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L 'interpretazione ondulatoria della Relatività Generale
Un inatteso completamento della Relatività Generale sembra rivelare un'inevitabile connessione causale con la Meccanica Quantistica, realizzando
alfine il sogno tanto a lungo perseguito da Albert Einstein negli ultimi trent'anni della sua vita.
La descrizione ondulatoria dell'Effetto Compton
Interpretando in chiave ondulatoria i dati sperimentali ottenuti dall'Effetto Compton, con l'applicazione delle nuove leggi ondulatorie, possiamo
mostrare immediatamente, sulla base del principio di Simmetria Relativa, l'efficacia esplicativa della nuova unificazione tra Meccanica Quantistica e
Relatività Generale.
Il modello ondulatorio dell'Elettrone
Un ulteriore uso dell'Effetto Compton ondulatorio porta alla scoperta di uno straordinario meccanismo di risonanza ondulatoria che permette di
verificare la possibile esistenza di una sorgente "perenne" di onde elementari chiamata: "particella".
La Creazione di Coppie ondulatoria
La generalizzazione dello stesso meccanismo di risonanza per le onde elementari permette di giustificare la creazione di coppie particella-antiparticella.
L'interpretazione ondulatoria della forza di Lorentz
L'applicazione di un orientamento dinamico, per lo stesso meccanismo ondulatorio che identifichiamo con le particelle, dimostra gli effetti in presenza di
un campo magnetico, mostrando che la Forza di Lorentz è una conseguenza dell'effetto Doppler relativistico del sistema ondulatorio orientato che
costituisce la particella.
La natura ondulatoria dell'Inerzia
La natura ondulatoria delle masse, e gli effetti generalizzati del principio di Simmetria Relativa, portano a considerare l'Inerzia come una conseguenza
naturale e "locale" della struttura ondulatoria dei corpi.
La natura ondulatoria della Gravità
Lo stesso modello variazionale usato per spiegare l'Inerzia risulta essere valido per descrivere un'interazione "gravitazionale quantistica
ondulatoria" completamente differente dalle correnti aspirazioni di una qualsiasi delle Quantum Gravity in voga.
Velocità limite per le masse
L'esclusiva natura ondulatoria dei corpi, e la quantizzazione dello Spazio-Tempo, determina l'impossibilità per le masse in moto di superare la velocità
delle loro onde elementari, che viaggiano alla velocità della luce, impedendo che la loro lunghezza d'onda si riduca al di sotto del limite del "quanto" di
spazio L.
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La Quinta Interazione Antigravitazionale
A causa dell'impossibilità di tornare alla concezione di uno Spazio-Tempo continuo, possiamo comprendere l'impossibilità di ridurre all'infinito una
lunghezza d'onda, che descrive la massa del corpo.
Conseguentemente, possiamo capire l'esistenza di una Quinta Interazione Repulsiva che agisce in maniera più evidente in campo cosmologico, tra le
maxi-masse, che previene la possibilita' di arrivare ad una eccessiva densità per la materia.
Difetto di Massa e Forza Nucleare Ondulatoria
L'indagine, a livello nucleare, della struttura del modello ondulatorio di due protoni mostra che alla distanza di 1 Fermi le interazioni elettriche sono
assenti, poichè nello spazio che li separa mancano quelle onde che caratterizzano l'interazione elettrica.
Ciò implica una modifica quantitativa e qualitativa delle forze in atto.
Da questo si può trarre un razionale spiegazione della Fusione Fredda.
Il modello ondulatorio del Neutrone
La diversa struttura ondulatoria e le diverse interazioni tra i nucleoni inducono a considerare nuove possibilità per un modello ondulatorio del
Neutrone.
Il modello del Decadimento Beta ondulatorio
Il nuovo modello mostra una catena causale che giustifica, in modo piu' realistico della teoria corrente, l'intero processo di decadimento Beta e,
conseguentemente, mostra la natura ondulatoria del Neutrino.
Il modello ondulatorio del Pione e del Muone
Dal modello del decadimento Beta possiamo dedurre tutte le masse, le cariche, le energie, gli spin e i decadimenti di tutte le famiglie di particelle.
L'Atomo ondulatorio
I livelli energetici quantizzati dell'atomo possono essere interpretati come conseguenza dell'organizzazione delle onde di risonanza della sorgenteelettrone sulle orbite canoniche, descritte relativisticamente, che contengono e un numero intero di fronti d'onda Doppler su ogni orbita specifica.
Il segreto svelato della Costante di Struttura Fine
La completa comprensione della natura causale della Costante di Struttura Fine si ottiene dal modello ondulatorio, che prevede due fronti d'onda
Doppler relativistici i quali muovono in direzione opposta sulla stessa orbita di risonanza nell'atomo, che obbediscono a parametri ondulatori che
permettono uno stato di risonanza permanente.
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Riassunto
Scopo di questo lavoro é quello di mostrare che esiste la possibilità di descrivere campi e interazioni, che interessano la materia e la radiazione, per
mezzo di onde elementari che sono perturbazioni della struttura temporale del reticolo di uno spazio-tempo discreto, invariante sotto il gruppo delle
trasformazioni di Lorentz.
Si assume l'esistenza di uno spazio-tempo discreto di Schild (*), infinito, omogeneo e isotropo, invariante sotto il gruppo delle trasformazioni di Lorentz,
che, benché non si dimostri invariante sotto " tutte " le trasformazioni di Lorentz, ammette un numero infinito, sebbene discreto, di trasformazioni di
Lorentz.
Le proprietà che esso immette nella fisica sono tali, da rivelarsi il più adatto a respingere i dubbi finora avanzati contro l'esistenza degli spazio-tempo
discreti.
L'utilizzazione in parallelo di un'ipotesi ondulatoria del campo di massa, permette la creazione di un modello unicamente ondulatorio delle particelle
elementari privo di singolarità, derivando una dinamica coerente con l'ipotesi di partenza, che consente di fare varie previsioni originali, offrendo
alcune possibilità inedite di controllo sperimentale.
(*) A. Schild. "" Discrete Space-Time and integral Lorentz transformations"".
Canadian Journal of Mathematics 1 pp. 29-47. (1949).
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Perturbazioni di uno Spazio-Tempo discreto di Schild
Si prendano in considerazione tutti gli eventi di uno spazio-tempo di Minkowski in cui le quattro coordinate t, x, y, z, sono interi e la velocità della luce c è scelta come unità.
Questi eventi formano un reticolo ipercubico.
Consideriamo le linee nulle che uniscono i punti evento del reticolo, esse sono derivate dalle trasformazioni di Lorentz che lasciano il reticolo come un tutto invariante.
Chiameremo quelle, linee nulle integrali, e le trasformazioni, trasformazioni integrali di Lorentz.
Le linee di tempo contemporaneo, che sono tracciate sulle linee parallele all'asse del tempo t dalle trasformazioni integrali di Lorentz, saranno chiamate linee integrali di tempo.
Costruiamo quindi il modello di questo spazio-tempo discreto di Schild come un reticolo le cui maglie sono costituite da moduli discreti di lunghezza L .
La lunghezza discreta elementare L, viene intesa come il più piccolo intervallo di spazio, non nullo, tra i punti evento del reticolo.
Le linee integrali di tempo sono a loro volta costituite da moduli di tempo discreto T, inteso come il più piccolo intervallo di tempo non nullo tra i punti evento del reticolo.
Nello spazio-tempo discreto di Schild i quanti dimensionali di tempo T possono avere un certo tipo di elasticità dimensionale, e il loro valore può variare localmente in una
qualsiasi zona del reticolo, costituendo una variazione dell'uniformità temporale del reticolo ipercubico .
In questo lavoro viene supposto che le perturbazioni spazio-temporali della struttura del reticolo possano propagarsi nel reticolo stesso, e il loro moto possa essere assunto
come consistente di una ordinata sequenza temporale di punti del reticolo, così che tali successivi punti siano uniti da linee integrali nulle e da linee integrali temporali .
Le velocità di propagazione delle perturbazioni del reticolo sono i rapporti tra i quanti di spazio e di tempo del reticolo e vengono associate con le trasformazioni integrali di
Lorentz descritte dalle componenti t, x, y, z, di vettori integrali primitivi che devono soddisfare l'equazione diofantea:
1)
t2 - x2 - y2 - z2 = 1
per mezzo della quale si perviene alle velocità:
2)
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da cui segue:
3)
Se consideriamo il quanto dimensionale L come invariante, siamo costretti ad ammettere che quello che varia è il quanto temporale T, e ciò comporta una scelta non equivoca
dei valori possibili per le velocità associate con le linee integrali di tempo, che ha due casi limite:
1) la più piccola velocità permessa ad una perturbazione del reticolo è data, per t=2 da:
4)
2) per t tendente all'infinito, la velocità massima v tende a c.
Nel linguaggio del reticolo la prima condizione descrive una perturbazione di massima deformazione locale del reticolo, che si propaga a partire da una zona del reticolo, dove
esiste l'equivalente temporale di un 3° spazio iperbolico, consistente dei punti che giacciono sulla sfera unitaria di massima curvatura, che ha come equazione la 1). In questa
zona si verifica la massima variazione dimensionale dei quanti di tempo T che, secondo Schild , è data da
5)
Il secondo caso limite descrive la velocità della perturbazione , v che tende a c per t che tende a infinito, che si muove in un reticolo quasi piatto, di minima curvatura e quindi
di grande raggio, ma non ancora di raggio infinito.
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Fig. 1
Nel caso 1, noi osserviamo le perturbazioni temporali del reticolo come variazioni geometriche dei moduli di lunghezza L che invece, hanno lunghezza costante come nel caso
2, che verifica il limite della condizione di curvatura per un raggio infinito.
Fronti di perturbazione che si muovono nel reticolo come superfici d'onda piane, entrando nel campo di curvatura di superfici d'onda sferiche, assumono modalità di
spostamento nel reticolo in funzione delle caratteristiche dimensionali che incontrano nello spazio-tempo sferico, instaurato dalle perturbazioni sferiche preesistenti.
Quando le perturbazioni sferiche sono indotte localmente in modo periodico, (ne vedremo in seguito un modello plausibile), viene a costituirsi un campo d'onde sferiche la cui
curvatura può influenzare la direzione di propagazione di superfici di perturbazione che si siano introdotte nello spazio - tempo della sua esistenza.
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L'ipotesi ondulatoria del campo di massa
Si fa ora l'ipotesi che sta alla base della Teoria Ondulatoria del Campo:
Ogni campo di forze o di potenziale, attribuibile ad una particella dotata di massa, é un campo d'onde elementari che ha la propria sorgente all'interno della
particella.
Il comportamento delle onde e delle sorgenti é determinato dalle mutue interazioni tra onde, e tra onde e sorgenti.
L'energia di massa della particella,
6)
Em = m c2
é uguale all'energia ondulatoria di Planck attribuibile alle onde elementari che costituiscono il suo campo.
7)
Ep = h n
Per cui si ha:
8)
m c2 = h n
Esprimendo l'uguaglianza delle due energie in termini di lunghezza d'onda:
9)
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La particella che ha massa di quiete m0 , ha una lunghezza d'onda l 0 , che equivale alla lunghezza d'onda Compton.
10)
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Fig. 1
La particella - sorgente d'onde in quiete ha una stessa lunghezza d'onda in ogni direzione intorno a sé; il campo d'onde é a simmetria sferica e per un osservatore ideale essa
emette onde elementari sferiche.
Un osservatore ideale, che nel proprio sistema di riferimento osserva il moto della particella, verifica l'esistenza di un numero d'onda, conseguente all'effetto Doppler
relativistico, che gli permette di rappresentarsi la particella come in Fig. 2.
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Fig. 2
L'osservatore ideale verifica una lunghezza d'onda l 1 < l 0 , minore di quella della particella in quiete, quando l'angolo di osservazione rispetto alla direzione del moto della
particella é
Ø = 0.
11)
Quando invece l'angolo é Ø = p , egli osserva una lunghezza d'onda l 2 > l 0 , maggiore di quella della particella in quiete.
Un osservatore reale, a differenza dell'osservatore ideale, verifica solo variazioni dell'energia ondulatoria delle onde elementari.
Quando egli si trova ad osservare l'improvvisa accelerazione della particella , può verificare l'emissione di un treno d'onde, formato da un certo numero di superfici d'onda,
che hanno una lunghezza d'onda sempre più piccola, man mano che la particella - sorgente d'onde viene accelerata nella sua direzione.
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Fig. 3
Questo treno d'onde, costituito da onde di diversa lunghezza d'onda, non potrà mai essere monocromatico, e l'osservatore reale lo chiamerà "Fotone".
Esistono quindi due tipi di energia, una é l'energia ondulatoria delle onde elementari, che esiste, che noi non captiamo, di cui però possiamo dedurre l'esistenza, l'altra é
l'energia costituita dalla variazione dell'energia delle onde elementari, alla quale reagisce tutto il mondo della nostra esperienza che verifichiamo con i nostri sensi e strumenti.
Non c'è nulla di misterioso nell'ipotesi dell'esistenza delle onde elementari e della loro energia.
Si tratta di verificare se l'introduzione di quest'ipotesi nella fisica migliora le nostre capacità di comprensione del mondo dei fenomeni fisici e delle teorie che le supportano.
A tale scopo ammettiamo che la proprietà di simmetria del campo della particella - sorgente d'onde, sia una condizione indispensabile all'esistenza della particella, intesa come
parte integrante del suo proprio campo d'energia e di potenziale.
Introduciamo una variazione dell'energia ondulatoria nell'intorno della particella come elemento perturbatore dello stato di simmetria ondulatoria del suo campo.
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La Quantità di Moto ondulatoria
Osserviamo in un esperimento ideale un elettrone, considerato isolato nello spazio privo di campi, emettere onde elementari sferiche della lunghezza d'onda caratteristica per
l'elettrone in quiete l e. Come in Fig.1 la distribuzione energetico-ondulatoria nel suo intorno é a simmetria sferica.
Fig. 4
Dall'infinito si avvicina un treno d'onde piane - fotone di energia Ei = h l i. L'energia del fotone si sovrappone nella zona A all'energia del campo ondulatorio dell'elettrone.
(Una parte delle onde sferiche può essere considerata piana e parallela alle onde piane del fotone).
In quella zona coesistono in quel momento due energie: Ee + Ei.
La distribuzione energetica nell'intorno dell'elettrone viene a mancare di simmetria, dato che nel suo intorno é sopravvenuta una variazione anisotropa di energia.
Ammettiamo che scatti a questo punto un meccanismo che tende a ripristinare l'isotropia della variazione energetica.
La sorgente d'onde - elettrone reagisce ponendosi in moto nella direzione opposta a quella dove é avvenuta la precedente variazione d'energia. L'elettrone ponendosi in moto
varia la lunghezza d'onda emessa nel senso del moto l e1 , accorciandola, mentre allunga la lunghezza d'onda delle onde emesse in senso contrario al moto l e2 , in conformità
all'effetto Doppler relativistico.
Quando la velocità della particella é tale che la densità ondulatoria davanti ad essaCOOKIE
é divenuta
POLICY pari alla densità che sta dietro, la simmetria della variazione ondulatoria é
ristabilita e lo stato ondulatorio permane immutato, fintanto che non sopravviene un'altra variazione energetica.
Si può descrivere la situazione dei numeri d'onda della particella e del treno d'onde - fotone incidente.
12)
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Volendo poi rappresentare la simmetria cui deve tendere la disposizione dei numeri d'onda nell'intorno della particella:
13)
Sostituendo i numeri d'onda della particella con i valori equivalenti secondo l'effetto Doppler:
14)
Per esprimere il contenuto energetico delle onde, si moltiplicano ambedue i termini per h, e si ottengono le relative quantità di moto:
15)
Il fotone trasferisce alla particella metà della quantità di moto di cui é dotato (Più avanti, nell'analisi ondulatoria dell'effetto Compton, vedremo che questa é solo la prima parte
del fenomeno di diffrazione tra il fotone e la particella):
16)
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L'Energia e le sue variazioni
Le onde di ogni particella - sorgente d'onde che si trovi in moto rispetto ad un osservatore ideale, sono "viste" da questo, dotate di lunghezze d'onda con valori conformi alla
formula dell'effetto Doppler relativistico.
Fig. 5
Indichiamo con E1 l'energia delle onde davanti alla particella in moto e con E2 l'energia delle onde dietro la particella, (diverse per effetto Doppler). La variazione
sperimentata dall'osservatore reale, che vede, prima avvicinarsi, poi passare davanti a sé la particella e quindi la vede allontanarsi, é D E.
18)
D E = E1 - E2
Egli verifica una variazione d'energia proveniente dalla particella, e descrive la variazione
dell'energia osservabile, a partire dall' energia inosservabile della particella in quiete:
COOKIE POLICY
E0 = m0 c2 = h0 n 0
La verifica di un esperimento teso a dimostrare la possibile captazione di un fotone composto da frequenze in decremento, proveniente da una particella in
moto uniforme, (per esempio, ponendo un rivelatore su un tamburo rotante, e riflettendo tale fotone in uno specchio a coniugio ottico di fase), sarebbe un
originale tentativo di falsificazione della teoria.
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Infatti, se consideriamo l'energia propria della particella:
Fig. 6
vediamo che i valori dell'energia captabile oscillano intorno a E = mc2 .
Segue che la media della variazione dell'energia ondulatoria realmente osservata é pari alla quantità di moto relativistica della particella:
19)
Dove pl é la stessa quantità di moto descritta da De Broglie per l'onda "associata" alla particella in moto, che ha una lunghezza d'onda:
20)
Così che la variazione di energia si identifica con l'energia del fotone captabile dall'osservatore reale:
21)
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mentre l'energia media della particella é la sua energia relativistica:
22)
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Il Principio di Simmetria Relativa
Dalle considerazioni sulla simmetria che ci hanno condotto alla giustificazione puramente geometrica della quantità di moto, discende la possibilità di enunciare un nuovo
principio fisico generale.
Il principio che chiameremo:
"Principio di Simmetria Relativa"
dice che: ogni corpo, quale sorgente d'onde elementari, si comporta in modo da mantenere simmetrica ogni "variazione" ondulatoria nel suo intorno.
Per il Principio di Simmetria Relativa, la variazione dell'energia ondulatoria è definita dalla formula:
23)
Questa descrive la variazione dell'energia ondulatoria che interviene nel campo ondulatorio di una qualsiasi massa, come uguale alla variazione dell'energia ondulatoria che si
produce nel punto simmetrico, opposto rispetto al centro di massa.
COOKIE POLICY
Come sarà mostrato più avanti, questo nuovo principio andrà a sostituirsi al Principio di Conservazione dell'Energia, del quale si dimostrerà più descrittivo e generale.
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Con esso saremo in grado di giustificare l'entità e il comportamento delle quattro interazioni conosciute e, indirettamente, di predire l'esistenza di una quinta interazione
repulsiva.
(La predizione ed i comportamenti di una quinta interazione repulsiva sono già stati descritti nel 1984, nel libro: Il Campo Unificato, già citato sopra)
La sua capacità esplicativa si mostra derivando, attraverso le proprietà d'isotropia dello spazio-tempo, una descrizione relativistica della quantità di moto, per mezzo della
quale possiamo arrivare in modo del tutto naturale alla variazione relativistica della massa.
L'applicazione unificata di questo principio a tutti i fenomeni d'interazione tra la radiazione e la materia, e di moto dei corpi, prescinde dalle condizioni di osservabilità, esso
agisce comunque anche dove noi non siamo in grado di osservarlo direttamente nei suoi sviluppi causali.
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L'interpretazione ondulatoria della Relatività Generale
Le velocità di spostamento delle perturbazioni temporali del reticolo ipercubico, nello spazio-tempo discreto di Schild, dipendono dai campi di curvatura che le perturbazioni
incontrano durante la loro propagazione. Questo coinvolge l'interpretazione ondulatoria del campo nella spiegazione dell'interazione della luce con i campi gravitazionali.
Possiamo introdurre l'interpretazione ondulatoria della formula che descrive l'angolo di deviazione della luce da parte della massa solare.
47)
In cui, descrivendo ondulatoriamente la massa solare ms , di raggio rs , si ottiene:
48)
Nel linguaggio ondulatorio l'angolo di deviazione del treno d'onde-fotone risulta proporzionale al numero d'onda della massa deviante e inversamente proporzionale al raggio
delle onde di massa che interagiscono con i fotoni incidenti.
Le onde piane del fotone, di grande raggio di curvatura e di piccola energia, vengono influenzate dal sistema d'onde sferiche del Sole, di minor raggio di curvatura e di grande
energia.
Ma in aggiunta a quanto descrive la R.G. la deviazione dovrebbe risultare, anche, proporzionale alla lunghezza d'onda del fotone deviato, perché gli agenti ondulatori nel
fenomeno sono due: le onde del fotone di lunghezza d'onda l i, e le onde di massa del Sole (Il fatto che fino ad ora non sia stata verificata, né considerata, una dipendenza
dalla lunghezza d'onda del fotone, dipende dall'esiguità dell'effetto di deviazione angolare osservabile con corpi macroscopici, che nel caso della deviazione solare, avrebbe
incrementato l'angolo di deviazione solo di un insignificante decimale).
Per comprendere poi il fenomeno nelle sue possibili varianti é necessario tenere conto del ruolo che assume il raggio di deviazione quando le masse in gioco diventano più
piccole.
COOKIE POLICY
Si può esprimere una descrizione ondulatoria completa delle variabili aggiungendo un termine alla 48), e generalizzando per una massa qualunque.
49)
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Come si può immediatamente rilevare, il termine aggiunto non risulta significativo nel determinare il valore dell'angolo di deviazione quando nel fenomeno sono in gioco grandi
masse devianti, di grande raggio.
Invece man mano che si verificano sperimentazioni con masse sempre più piccole, e quindi con distanze di passaggio dal centro del campo ondulatorio sempre minori, il primo
termine perde d'importanza mentre il termine aggiunto diventa predominante.
Quando andiamo a sperimentare effetti di deviazione della luce da parte della materia, ci imbattiamo immediatamente con un effetto di deviazione macroscopica che in Ottica
viene chiamato DIFFRAZIONE
La diffrazione ottica da parte di un bordo sottile è un esempio di deviazione della luce che può essere paragonato su scala minore alla deviazione solare.
Nella diffrazione da un bordo sottile, secondo l'ipotesi ondulatoria del campo, l'ostacolo, posto sul cammino delle onde del fotone che viaggia nel raggio di luce, emette una
serie di superfici d'onda che disegnano, nell'immediato intorno del profilo dell'ostacolo, un campo d'onde simile nella sua forma alla forma dell'ostacolo.
Questo campo d'onde è la risultante delle onde sferiche emesse da tutte le particelle elementari che costituiscono la materia dell'ostacolo a livello subatomico.
Nel caso che l'ostacolo sia costituito dal profilo di una lama dritta, questi si può dire emetta un'onda di forma semicilindrica.
Vista in sezione nelle immediate vicinanze del bordo, la situazione ondulatoria sperimentale risulta, su una scala inferiore, del tutto simile a quella che si verifica nella deviazione
della luce da parte della massa solare, ma vi sono in questa delle differenze quantitative che evidenziano la validità delle considerazioni qualitative sull'importanza della
piccolezza del raggio delle onde devianti.
L'angolo di deviazione della luce imposto nel fenomeno della diffrazione da un bordo risulta in ottica molto più accentuato che nel fenomeno descritto dalla relatività generale.
I dati che mutano sono principalmente due:
la frequenza emessa dal bordo dell'ostacolo deviante è molto più piccola di quella emessa dal Sole e quindi la sua lunghezza d'onda e molto più grande,
il raggio delle onde emesse dal bordo con le quali viene in contatto la luce durante il passaggio nelle sue immediate vicinanze è molto minore del raggio delle onde
sferiche emesse dal Sole a partire dalla sua superficie, che al minimo avranno lo stesso raggio del Sole stesso.
Si può trarne come prima conclusione che, se pur la grandezza dell'angolo di deviazione della luce imposto dalla relatività generale poteva apparire dipendere dal valore della
massa del corpo deviante, il raggio del campo di massa era molto più determinante quale causa deviante.
Si deve quindi supporre che le formule della relatività generale devono essere considerate solo come prime approssimazioni della vera legge, nella quale il fattore veramente
determinante è la piccolezza del raggio delle onde di massa che sono interessate nel fenomeno di diffrazione.
Ma anche questo fenomeno fornisce solo conferme qualitative. Per trovare la possibilità di un'analisi quantitativa bisogna quindi esaminare altri fenomeni d'interazione tra la
materia e la luce, dove il raggio delle onde di massa sia ancora minore, ed esso sia ancora più determinante nel mettere in evidenza l'azione delle onde di forma sulla traiettoria
dei fotoni della luce.
Il fenomeno determinante e definitivo si trova giusto nel bel mezzo del campo avverso: l'effetto Compton.
Se questo fosse vero significherebbe che si può portare la Relatività Generale nell'ambito delle interazioni della radiazione con le particelle elementari,
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utilizzando la descrizione ondulatoria del campo per l'interpretazione ondulatoria dei fenomeni chiave della Meccanica Quantistica.
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La descrizione ondulatoria dell'Effetto Compton
Possiamo sottoporre le ipotesi e le leggi che derivano dalla nuova visione ondulatoria alla verifica dell'esperimento, utilizzando il Principio di Simmetria Relativa e la modifica
ondulatoria della Relatività Generale per una reinterpretazione puramente ondulatoria del più semplice fenomeno d'interazione tra la materia, sotto forma della particella
elementare (elettrone) e la radiazione più elementare (fotone) nell'effetto Compton.
Osserviamo, in quattro tempi, un ideale esperimento d'interazione Compton con un fotone di lunghezza d'onda l i = 1•10-10 m deviato di 90° da un elettrone libero, in uno
spazio privo di campi significativi.
1) Il fotone si avvicina alla sorgente del campo dell'elettrone e la sua energia si somma all'energia delle onde del campo dell'elettrone nella zona A:
50)
Fig. 11
COOKIE POLICY
Per effetto della variazione ondulatoria il Principio di Simmetria Relativa costringe l'elettrone al moto, imponendogli la velocità v1 .
Si ricava la velocità v1 , dalla 15) e si ha :
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51)
Poniamoci nel sistema di riferimento della sorgente d'onde-elettrone che si trova in moto con velocità v1 e osservando il fotone incidente notiamo un decadimento per effetto
Doppler, come risulta dalla formula seguente, dove l'angolo di incidenza Ø, del fotone rispetto alla direzione della velocità dell'elettrone è p .
52)
Il fotone cosi decaduto viene diffratto di, a = p /2, dal campo d'onde sferico dell'elettrone, in conformità alla formula modificata della R.G. considerando non significativa la
prima parte.
53)
per
Il raggio r é la distanza minima dal centro della sorgente d'onde sferiche-particella, alla quale può passare il fotone incidente che verrà poi diffratto.
Questo raggio assume un ruolo determinante in tutta la trattazione che segue, esso introduce le possibilità descrittive della teoria attraverso la nuova interpretazione ondulatoria
della Relatività Generale.
Prima però accade un fenomeno di pura e semplice deviazione del treno d'onde piane-fotone da parte del campo ondulatorio dell'elettrone, il quale non avendo
ancora avuto il tempo di accelerare, si limita (come abbiamo visto per la deviazione solare), alla diffrazione del fotone, mantenendo invariata la sua energia. Il
fenomeno é infatti osservato sperimentalmente quando il raggio di luce incidente é costituito da più fotoni, rilevando la presenza di una componente della
radiazione deviata, con lo stesso angolo, che ha la stessa energia della radiazione incidente, e quindi non ha subito il decadimento.
Come é mostrato dalla formula seguente, che si ricava dalla velocità v1 , e da l i1 , dove le variabili presenti nel fenomeno giocano il loro ruolo.
54)
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Dati la lunghezza d'onda del fotone incidente e la lunghezza d'onda della particella deviante, si può prevedere il massimo angolo di deviazione del fotone, (e ciò ha una
rilevanza sperimentale), ed inoltre si può conoscere il raggio minimo della curva descritta dal fotone attorno al centro del campo ondulatorio della particella diffrangente.
Fig. 12
A causa della velocità acquisita il campo d'onde dell'elettrone viene modificato dall'effetto relativistico trasverso. Così il fotone che ha subito un primo decadimento innesca un
nuovo effetto di spinta, in osservanza ai dettami del Principio di Simmetria Relativa (*), sviluppando una nuova quantità di moto nell'elettrone, (in cui entra la massa trasversa
dell'elettrone), di direzione ortogonale alla precedente.
(*) Che da qui in avanti sarà chiamato P.S.R.
La lunghezza d'onda relativistica trasversa dell'elettrone, (che giustifica l'esistenza della massa trasversa della Relatività), é:
55)
Che immessa nella formula del P.S.R. per effetto della spinta data dal fotone di lunghezza d'onda l i1 , permette all'elettrone una velocità v2 ortogonale alla precedente:
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56)
57)
Relativamente alla sorgente d'onde-elettrone, in moto con velocità v2 , il fotone diffratto decade ulteriormente per effetto Doppler, come se fosse emesso dall'elettrone, e la
sua lunghezza d'onda finale diventa:
58)
Il fotone diffratto ha avuto in totale di:
59) Dl i = l i2 - l i1
Mentre l'elettrone ha assunto la velocità: ve = v1 + v2 (*)
(*) La somma di queste velocità non è una semplice somma vettoriale, Lyevelin Thomas (**) ha dimostrato che una trasformazione di Lorentz con velocità v1 ;
seguita da una seconda trasformazione con velocità v2 , in una diversa direzione, non porta allo stesso riferimento inerziale cui porta una singola trasformazione
di Lorentz con velocità: v1 + v2 .
(**) (H. A. Kramers, Quantum Mechanics, New York 1957)
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Il modello ondulatorio dell'Elettrone
Come si é visto sopra, il termine aggiunto alla R.G. può divenire sempre più determinante, man mano che andiamo a sperimentare deviazioni di fotoni con masse che
emettono campi d'onde sferiche che siano composti da onde che sono ancora vicine alla loro sorgente d'onde elementari.
Onde il cui raggio è ancora molto piccolo, e che quindi possono interagire con la luce, determinando il maggiore angolo di deviazione possibile per un qualsiasi fotone che
attraversi la geometria dello spazio-tempo instaurata dalla loro presenza.
Questo accade quando il rapporto tra la lunghezza d'onda del fotone incidente e il raggio dell'orbita di risonanza percorsa dall'onda si viene a trovare vicino
all'unità.
In tale caso la prima parte della formula della relatività generale perde di importanza e può essere del tutto trascurata, mentre il termine aggiunto diventa invece predominante :
60)
Prendiamo in esame la possibilità che l'angolo di deviazione del fotone sia superiore agli angoli normalmente sperimentati nell'effetto Compton e che, al limite, possa essere: a
= 2p .
Vediamo come si arriva ad una tale deviazione passando, in tempi successivi, attraverso varie situazioni ondulatorie, per un elettrone di lunghezza d'onda l e, che viene
investito da un fotone di lunghezza d'onda l i = l e/2, deviandolo di un angolo a = 2p :
1) Il Principio di Simmetria Relativa spinge l'elettrone alla velocità v1 , dato che il fotone gli trasferisce metà della sua quantità di moto. Il fotone, rincorrendo l'elettrone, perde
per effetto Doppler metà della sua quantità di moto e la sua lunghezza d'onda diventa l i1 = l e.
2) Ammettiamo che il fotone risultante continui ad essere diffratto dal campo d'onde sferiche dell'elettrone, compiendo un'altra deviazione di 180°, portandosi di nuovo nella
posizione da cui era partito.
3) Il treno d'onde-fotone si trova a questo punto ad aver ruotato su un'orbita circolare
un circuito chiuso, attorno alla sorgente del campo d'onde sferiche dell'elettrone,
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POLICY
compiendo un angolo di 360°.
4) Se la lunghezza del circuito chiuso percorso dal fotone é pari alla lunghezza d'onda finale del fotone, il treno d'onde si trova sottoposto alla legge di risonanza per le onde,
che perpetua il moto dell'onda sull'orbita di risonanza:
61)
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2p r0 = n l 0
5) Quando n = 1, il treno d'onde che ha compiuto un giro può compiere più giri, sovrapponendo tutte le superfici d'onda alla prima, che si era già disposta in condizione di
risonanza, sull'orbita di raggio r0 .
Di tutto il fronte d'onda, che si pone in condizione di risonanza, solo la parte più vicina al centro del campo ondulatorio sferico deviante si viene a trovare, con una o più
superfici elementari, nella condizione di risonanza. Il resto delle superfici d'onda elementari L2 , che costituiscono il fronte d'onda, si propaga su traiettorie che sono dipendenti
dalle condizioni di curvatura imposte dalle onde sferiche del campo d'onda della particella ostacolo, un elettrone o un protone .
Il fronte d'onda diffratto viene deformato, durante la sua propagazione nello spazio-tempo di Schild, e si dispone complessivamente secondo una superficie caratteristica,
conosciuta come: Evolvente Sferica .
Con i punti intersecati dall'Evolvente Sferica sul piano che contiene l'orbita di risonanza é invece descrivibile la curva Evolvente piana, che in base ad un sistema di
riferimento xy, con origine nel centro dell'orbita di risonanza, ed un altro x1 , y1 , che si mantiene parallelo al primo e ruota con velocità c sull'orbita, può essere descritto da:
62) 63)
x = r0 [(w + 2kp ) sin w + cos w ]
y =r0 [sin w - (w + 2kp ) cos w ]
per kÎ Z 0 +
Fig. 13
Sull'orbita di risonanza identificata dall'Evoluta, ruota con velocità c un vettore A, crescente con velocità c, risalente il tempo da t2 a t1 , che descrive la curva Evolvente nata
al tempo t1 .
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L'Evolvente produce fronti d'onda sempre più approssimativamente circolari a distanze rispetto alle quali r diventa una quantità trascurabile, mantenendo costante la lunghezza
d'onda l 0 .
Fig. 14
Essa può essere descritta bidimensionalmente anche in forma esponenziale dal vettore A, dato che:
64)
x = x1 + r0 cos w
y = y1 + r0 sin w
65)
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Fig. 15
Possiamo ora trattare tridimensionalmente gli sviluppi del modello proiettando idealmente lungo l'asse z dell'orbita di risonanza, l'orbita stessa ottenendo un cilindro ideale
infinito, metà positivo e metà negativo.
Fig. 16
Consideriamo l'insieme dei vettori vettori A per una variazione di direzione a ventaglio, fino ad un angolo ±m ,
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66)
-p /4 ³ m ³ +p /4
Per rendere sferica la superficie dell'evolvente facciamo elongare, secondo le proprietà temporali del reticolo di Schild, il vettore A, i cui valori sono solidali, in una geometria
cilindrica Riemanniana, con la superficie del cilindro ed hanno tra loro, al massimo, un angolo 2m .
Dato l 0 = 2p r0 , siamo in grado di descrivere l'elicoide, come una geodetica, che partendo dall'orbita di risonanza si avvolge sul cilindro ideale costituito dalla proiezione
dell'orbita di risonanza.
Il suo modulo é dato da:
67)
Sono due gli elicoidi : uno per m che si sviluppa, a partire da uno stesso punto dell'orbita di risonanza, verso z positivo, l'altro, che é l'immagine speculare del primo, per m che
si propaga verso z negativo. Per m = ± p /4 abbiamo:
68)
x = r0 cos w 1
y = r0 sin w 1
± z = r0 w1 tan m
Il raccordo sferico degli elicoidi con la curva evolvente costituisce una superficie che nella sua evoluzione forma l'evolvente sferica.
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Fig. 17
Questa é l'Evolvente sferica che si identifica con una particella elementare-sorgente d'onde in quiete, di massa m0 .
Fig. 18
Nella rappresentazione i meridiani appaiono perpendicolari al piano dell'orbita di risonanza, ma nella realtà (di cui verificheremo la consistenza quando parleremo della
giustificazione delle cariche), sono inclinati e si avvolgono come i filetti di due viti sulla superficie sferica, l'una destrosa e l'altra, la sua immagine speculare, sinistrosa (i paralleli
e meridiani non esistono se non al livello delle dimensioni elementari dello spazio - tempo di Schild).
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Abbiamo ora i dati che servono a descrivere l'Evolvente Sferica e la sua dinamica, così che possiamo mettere in relazione il comportamento della sorgente
d'onde - particella con la variazione relativistica delle onde dell'Evolvente Sferica e identificarla con la particella stessa .
69)
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La Creazione di Coppie ondulatoria
All'inizio del paragrafo sulla creazione dell'Evolvente piana abbiamo considerato un treno d'onde che viene diffratto, come nell'effetto Compton, dal campo di un elettrone,
presentandosi con il fronte d'onda disposto da un solo lato rispetto al campo d'onde dell'elettrone.
Pensiamo invece ad un treno d'onde che investa frontalmente l'elettrone e che venga diviso in due; una parte del fronte d'onda che viene diffratta verso destra mentre l'altra é
diffratta verso sinistra.
I prodotti finali sono "due" Evolventi Sferiche - sorgenti d'onda, l'una l'immagine speculare dell'altra, dotate di Spin opposti .
Una la particella, l'altra l'antiparticella.
Fig. 19
Avremmo quindi assistito al fenomeno della creazione di coppie?
Nel caso in cui la lunghezza d'onda del fotone incidente sia: l i = l e/2 e l'ostacoloCOOKIE
diffrangente
sia un elettrone libero, dovremmo avere la produzione di una tripletta, un
POLICY
elettrone ed una coppia di Dalitz, formata da un positrone e da un elettrone.
Queste due strutture ondulatorie, in abbinamento al loro ostacolo creatore, nel caso fossero sottoposti ad un campo magnetico formerebbero le tre classiche tracce nella
camera a bolle.
Sottoponendo la propagazione delle onde che costruiscono le evolventi sferiche, alle condizioni relativistiche, dovremmo avere ora la possibilità di giustificare
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ondulatoriamente la forza di Lorentz, senza minimamente invocare, né presupporre l'esistenza della teoria elettromagnetica.
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L'interpretazione ondulatoria della Forza di Lorentz
Nel fenomeno realmente sperimentato nella camera a bolle, l'effetto della forza di Lorentz fa divergere in senso opposto le tracce del positrone e dell'elettrone .
Per la Teoria Ondulatoria del Campo la forza di Lorentz incurva la traiettoria di un elettrone quando il suo Spin é parallelo alle linee di forza di un campo magnetico e la sua
velocità si sviluppa su un piano ortogonale allo Spin.
Nel linguaggio ondulatorio questa condizione equivale ad imporre all'Evolvente Sferica di muoversi su un piano che passi per la sua orbita di risonanza.
Quando si verifica questa condizione il fronte d'onda si trova in tempi diversi in quattro condizioni fisicamente differenti:
1) il fronte d'onda, che si muove sull'orbita di risonanza creando l'evolvente, si trova nella sua rotazione a procedere con velocità c , nella stessa direzione della velocità
del centro dell'orbita di risonanza , e quindi la sua lunghezza d'onda emessaCOOKIE
in questa
direzione si accorcia per effetto Doppler;
POLICY
2) poi in senso trasversale alla velocità, e in questa direzione la lunghezza d'onda resta invariata;
3) quindi in senso opposto alla velocità, e in questa nuova direzione la lunghezza d'onda aumenta per l'effetto Doppler contrario;
4) e poi in senso trasversale opposto al precedente, rimanendo di nuovo invariata, per poi ritornare alla condizione 1) e ripetere il ciclo.
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Durante l'intera rotazione il fronte d'onda in risonanza, che é comunque sottoposto all'effetto Doppler relativistico, produce un'evolvente deformata con un'addensamento dei
fronti d'onda a lato dell'Evolvente Sferica, causando sul piano una variazione asimmetrica della lunghezza d'onda delle onde emesse ortogonalmente alla velocità. 70)
Dove q0 é la carica elementare, E, il campo elettrico che spinge a velocità v, l'elettrone che attraversa il campo magnetico B, con lo Spin parallelo alle sue linee di forza.
Per effetto del Principio di Simmetria Relativa, ciò provoca una spinta nella direzione contraria e incurva la traiettoria dell'Evolvente Sferica in un senso, e quella della sua
immagine speculare, in senso opposto.
Il fatto che un elettrone, non sottoposto all'influenza di un campo magnetico viaggi in linea retta, significa che senza una costrizione sull'orientamento, lo Spin è disposto sulla
direzione del moto e che questa è la sua posizione di minor energia, dato che risulta la condizione di maggior simmetria, per una struttura asimmetrica come l'Evolvente
Sferica.
Ciò spiega le tracce a ricciolo delle particelle cariche nella camera a bolle che, perdendo velocità, si trovano in condizioni intermedie: con lo Spin non del tutto giacente sul
vettore velocità, né completamente ortogonale al piano del moto.
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La variazione ondulatoria, che innesca la reazione del P.S.R. nella forza di Lorentz, si propaga nello spazio-tempo alla velocità della luce, come una variazione d'energia
ondulatoria, ciò è da intendersi come un treno d'onde - fotone fisicamente percepibile capace di indurre variazioni della quantità di moto in altre particelle, e di produrre altri
effetti ottici conosciuti.
Quando le velocità dell'elettrone sono relativistiche, questa variazione ondulatoria ha una specifica rispondenza nell'esperienza e può essere identificata con la radiazione di
sincrotrone.
Per rendere maggiormente efficace l'interpretazione ondulatoria della forza di Lorentz e più completo il quadro, dovremmo cercare una ragione ondulatoriamente plausibile
della natura ondulatoria della carica elettrica, indagando nei particolari il comportamento del fronte d'onda risonante nelle immediate vicinanze dell'orbita di risonanza.
Questo faremo più avanti, ora invece facciamo un passo indietro e continuiamo ad indagare le possibilità esplicative del semplice modello della massa come generica sorgente
di onde elementari.
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La natura ondulatoria dell'Inerzia
Le onde della sorgente d'onde - particella devono essere considerate a simmetria sferica e questa é la realtà fisica del campo ondulatorio, ma ora noi prendiamo in esame
solamente quella porzioni di superfici d'onda che, propagandosi lungo l'asse passante per il centro del campo, possano essere intese come superfici d'onda piane tra loro
parallele.
Queste onde che sono perturbazioni temporali del reticolo dello spazio - tempo di Schild, possono essere descritte classicamente come onde sinusoidali discrete che, essendo
emesse con continuità dalla sorgente, ammettono una descrizione stazionaria.
24)
e = cos(K0 x') cos(w 0 t') = u(x) y (t)
dove n 0 e l 0 sono la frequenza e la lunghezza d'onda della sorgente in quiete .
Se la sorgente é in moto avremo, per effetto Doppler, due diverse frequenze, una nel senso del moto n 1 e l'altra nel senso inverso n 2 .
Per sapere che tipo di onda verrà osservata da un osservatore reale in quiete, si applicano le trasformazioni di Lorentz :
25)
da cui si ottiene :
26) 27)
COOKIE POLICY
K0 x' = Kx - bw t
w 0 t'= w t - b Kx
Così che l'onda osservata é :
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28)
e = cos(Kx - bw t) cos(w t - b Kx) = u(x,t) y (x,t)
Come mostrato da Claude Elbaz (*), é possibile prendere in considerazione lo stato ondulatorio della particella e descriverlo come una composizione stazionaria di onde
piane in sovrapposizione, di frequenza n 1 , n 2 .
(*) Claude Elbaz. C.R. Acad. Sc. Paris, t. 298, Série II, n¡ 13 1984.
Ciò é possibile quando si pensa all'ottica geometrica dove per :
dw 1 /w 1 £ 1 ; dw 2 /w 2 £ 1 ; dn /n £ 1
la fase :
29)
S = w t - b Kx
dell'onda di fase :
30)
y (x,t) = cos(w t - b Kx)
soddisfa l'equazione di Hamilton-Jacobi :
31)
Mentre nel dominio della diffrazione dove :
32)
Dw D t @ 2p è DK D x @ 2p
l'onda di fase y (x,t) soddisfa l'equazione di Klein-Gordon :
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33)
Alla luce della Teoria Ondulatoria del Campo l'equazione di Hamilton-Jacobi assume ondulatoriamente un preciso significato fisico, tangibilmente fisico, che fino ad ora non
era possibile attribuirle.
Essa identifica in pratica la traiettoria di un fotone, descrivendo il luogo dei punti dello spazio dove le superfici d'onda del treno d'onde-fotone sono parallele tra loro.
Più ancora diventerebbe significativa l'equazione di Klein-Gordon, se non fosse inquinata dal grave inconveniente della doppia soluzione che bisognerebbe, a
rigore, necessariamente associarle, quando descrive le onde materiali di De Broglie.
Infatti per :
34)
w 2 - p = m2
la Klein-Gordon ha due soluzioni: una positiva che descrive una quantità di moto positiva, ed una negativa, che costringerebbe a prendere in considerazione la possibilità che
esistano frequenze negative, oltre che frequenze positive.
35)
Finora si é pensato che solo la soluzione positiva avesse un significato fisico, ora però, alla luce della Teoria Ondulatoria del Campo, osservando la situazione ondulatoria
nell'intorno della particella - sorgente d'onde, noi possiamo verificare l'esistenza fisica di variazioni d'energia sia positive che negative.
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Fig.7
La variazione dell'energia ondulatoria nell'intorno della particella-sorgente d'onde può essere, sia una variazione per incremento, che una variazione per decremento.
In base alle considerazioni fatte sul Principio di Simmetria Relativa é conseguente chiamare, "energia positiva" la variazione per incremento, e "energia negativa" la
variazione per decremento.
Entrambe devono influenzare lo stato di moto o di quiete della particella-sorgente d'onde.
Entrambe possono intervenire nella variazione della quantità di moto, quando sono presenti nell'intorno della particella - sorgente d'onde.
Il fatto significativo é che una variazione, comunque avvenga, deve sempre far intervenire il Principio di Simmetria Relativa, in egual misura nei due casi, sia che la variazione
sia negativa che positiva.
Su questa base siamo quindi costretti a cercare in fisica la possibile esistenza di un'energia negativa.
L'inerzia é l'energia negativa.
Nello spirito della filosofia popperiana, tentiamo una falsificazione dell'affermazione e proponiamo un esperimento.
Imprimiamo ad una massa una improvvisa accelerazione, e verifichiamo la variazione della quantità di moto di un corpo di prova posto in vicinanza della massa, dalla parte
opposta alla direzione dell'accelerazione della massa, a prescindere dalle forze gravitazionali in azione, cioè sottraendo dai calcoli gli effetti dovuti alla gravità.
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Fig. 8
Nella zona dove é presente -E si é prodotta, per effetto dell'accelerazione della massa, una diminuzione della lunghezza d'onda, e la nascita di una "buca" d'energia
ondulatoria.
Il Principio di Simmetria Relativa spinge verso la "buca" le masse che si trovano nelle vicinanze.
E' come se, in un ambiente atmosferico a pressione costante, si verificasse una perdita di pressione localizzata in una certa zona; tutti i corpi vengono spinti verso quella zona,
a causa di una ridistribuzione generale della pressione. I più vicini alla zona di depressione subiranno un'azione più energica ed effetti più rilevanti.
Anche la massa che subisce l'accelerazione viene sottoposta all'attrazione della "buca" di energia negativa -D E.
Quest'effetto, che potremmo impropriamente imputare ad una forza, é ciò che finora abbiamo chiamato: inerzia della massa.
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La natura ondulatoria della Gravità
Prendiamo in esame una situazione fisica semplice, in cui intervengano le unità di base del sistema, M.K.S. come nell'esperimento di Cavendish.
Due corpi sferici, di masse ma e mb, ciascuno della massa di un chilogrammo posti alla distanza di un metro l'uno dall'altro, considerati completamente isolati in uno spazio
privo di campi significativi.
Ciascun corpo emette onde sferiche di lunghezza d'onda di quiete, l o.
Per effetto della forza gravitazionale i due corpi abbandonati a se stessi si precipiterebbero l'uno verso l'altro aumentando costantemente la loro velocità di avvicinamento. Per
mantenere semplice la situazione ondulatoria e costante la lunghezza d'onda emessa in ogni direzione nell'intorno di ciascun corpo, leghiamo loro un filo, irrilevante come
massa, in modo da opporre la tensione del filo alla tendenza dei corpi ad attrarsi, mantenendoli immobili nello spazio alla distanza voluta.
I luoghi importanti dell'interazione ondulatoria gravitazionale si trovano tutti sulla retta passante per i centri dei due corpi.
Osserviamo il comportamento dell'energia ondulatoria lungo tale retta, nel tempo che passa tra l'emissione di una superficie d'onda e la seguente da parte di ciascun corpo,
dividendo tale intervallo in diversi istanti e congelando i fronti d'onda nei diversi istanti.
Lo stato energetico ondulatorio nello spazio tra i due corpi è variabile.
Questa è l'osservazione determinante per la spiegazione ondulatoria della gravitazione.
Prendendo dalla sperimentazione l'additività delle masse come un dato acquisito, (*) possiamo constatare dalla Fig. 9 come l'energia ondulatoria risulti variabile nello spazio
tra una massa e l'altra.
Per masse di uguale valore, l'energia nel punto A è data da: Eab = Ea + Eb = 2E, così come nel punto B, simmetrico di A rispetto al centro di massa del sistema, si ha: Eba =
Eb + Ea = 2E.
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Infatti la massa osservabile all'esterno del sistema lungo la retta passante per i centri è data dalla somma delle masse dei due corpi.
Al contrario, nello spazio che separa i due corpi l'energia ondulatoria varia, nel tempo, oscillando ciclicamente tra il valore minimo 1E e il valore massimo 2E .
(*)Si vedrà nell'analisi del difetto di massa nucleare, che ciò non sempre è vero.
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Per constatare come ciò avvenga esaminiamo la situazione dello stato ondulatorio congelando le superfici d'onda all'istante t1 , nella Fig. 9.
Nel caso a) , riferentesi all'istante t1 , le superfici d'onda provenienti dalla massa ma vengono a trovarsi intercalate alle superfici d'onda provenienti dalla massa mb, sia
all'interno che all'esterno del sistema.
Nel caso b) al tempo t2 , si mostrano le superfici d'onda che procedendo nella propagazione l'una in senso contrario all'altra, all'interno tra i due corpi si trovano
sovrapposte l'una all'altra, mentre all'esterno del sistema si trovano a viaggiare di conserva, intercalate l'una all'altra.
Non dobbiamo dimenticare che le onde elementari di cui stiamo parlando non sono descrivibili da funzioni sinusoidali, ma devono essere intese come
superfici bidimensionali di perturbazione del reticolo di Schild.
Con esse la somma di due perturbazioni, quando sono in sovrapposizione geometrica, produce semplicemente ancora una perturbazione.
Due onde che intercalano tra loro le rispettive superfici d'onda, producono semplicemente un'onda di frequenza doppia, e non hanno fenomeni
d'interferenza.
Tra il tempo t1 e il tempo t2 , l'energia ondulatoria nella zona centrale è passata, con una variazione per decremento, dal valore 2E al valore 1E.
All'interno del sistema si è prodotta una variazione dell'energia -D E che crea una "buca" d'energia negativa verso la quale il Principio di Simmetria Relativa spinge le due
masse.
La variazione dell'energia negativa -D E si presenta come una variazione ciclica stazionaria, che potremmo chiamare: onda negativa o Antifotone. (**)
Fig. 9
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(*) L'ampiezza delle onde sinusoidali elementari descrive il valore del raggio di curvatura della superficie, e non si annulla mai totalmente sovrapponendosi: (solo
nel punto medio tra le masse, le due onde annullano il raggio di curvatura).
(**)Potremmo anche chiamarla Gravitone, riconoscendo però che non è una particella ma un treno d'onde - Fotone Negativo, di frequenza: n = 1/t g .
Il periodo tg dell'onda negativa deve essere inteso come il tempo caratteristico dell'azione ondulatoria elementare nell'interazione ondulatoria gravitazionale.
36)
Esso risulta specifico per ogni coppia di corpi ed è legato al valore della lunghezza d'onda relativistica, l 1 dell'onda elementare, emessa dalle masse ma e mb per effetto
Doppler quando i corpi sono liberi di muoversi l'uno verso l'altro, e rimane indipendente dalla loro distanza.
Infatti quando togliamo i fili che mantenevano immobili i due corpi alla distanza voluta, dopo un tempo tg , la quantità di moto di ciascun corpo sarà variata da zero a: p=mv.
Lungo la retta passante per i centri la velocità delle onde, c è costante, varia invece il tempo della variazione energetico-ondulatoria tg , nello spazio tra i corpi.
Ciò che non varia invece, durante tutto il tempo in cui le masse si avvicinano, è il rapporto tg /l 1 , il cui valore costante è: 1/4c.
Il primo impulso è dato per ciascun corpo dalla variazione della quantità di moto nel tempo tg . (*)
37)
Quindi considerando p0 =0 e t0 =0, data la condizione iniziale di quiete, si ha per la massa ma:
pa = Fga tgb
dove il tempo tgb è il periodo riferito alle onde l b, provenienti dalla massa mb
38)
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la quantità di moto non relativistica, impressa alla massa ma:
39)
pa = mav
(*) Trattiamo qui di integrali e di differenziali come fossimo nel continuo, dato che consideriamo molto piccoli i quanti dimensionali del discontinuo ma, a rigore,
la questione andrebbe trattata da un'analisi alle differenze finite.
Per cui la forza gravitazionale ondulatoria, che non abbiamo ancora fatto dipendere dalla distanza tra le masse, ha un primo componente :
40)
Per trovare il secondo componente dobbiamo considerare il reticolo ipercubico dello spazio-tempo di Schild e le sue perturbazioni, prendendo in esame l'importanza del
raggio di curvatura delle onde elementari che intervengono a determinare l'efficacia del Principio di Simmetria Relativa nell'interazione gravitazionale.
Per l a = l b, applichiamo la formula 15), per ricavare la velocità che facciamo poi dipendere, inversamente, dal raggio di curvatura gaussiano delle porzioni di superficie
d'onda, di quelle onde che possono considerarsi, parallele, tra loro all'esterno del sistema dei due corpi.
41)
Con K, fattore di proporzionalità con dimensioni [L2 ].
Data la quantizzazione della distanza e la conseguente quantizzazione della superficie, il parametro unitario di superficie a cui risulta proporzionale la velocità v, è: K=N L2 ,
dove N, è il numero dei quanti superficiali L2 , della superficie d'onda "efficace", parallela .
Quando K è sostituito nella formula della velocità v, dà:
42)
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Abbiamo ora il secondo fattore, che introdotto nella formula della Fg dà :
43)
Due sono le incognite in questa formula: L, la lunghezza elementare discreta, e N, il numero delle superfici elementari discrete che formano le superfici d'onda efficaci, che
costituiscono i treni d'onda attivanti il Principio di Simmetria Relativa .
Facciamo l'ipotesi, per ora da considerarsi "ad hoc", ( in parte dipendente da considerazioni sulla simmetria dei domini delle costanti naturali ), che un valore
"ragionevole " della lunghezza elementare discreta dipenda dal valore assoluto di una massa limite che tenteremo di giustificare nel capitolo successivo:
44a)
per l unitario
44b)
Abbiamo ora un'ipotesi (vedremo poi quanto ragionevole), sul valore della lunghezza discreta equivalente al quanto dimensionale L, per mezzo della quale possiamo calcolare
il valore del numero N, delle superfici d'onda efficaci nella formula ondulatoria della gravitazione.
Quando estraiamo il parametro unitario N, dalle rilevazioni sperimentali di Fg ci troviamo di fronte al risultato:
45)
N=1/L ´ 1,8777557 ´ 1014
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(dove 1/L è un numero puro che ci dice il numero dei quanti lineari L, che stanno in un metro)
Il numero N a prima vista potrebbe sembrare privo di significato fisico, ma può invece assumere una sorprendente rilevanza se viene scomposto nei fattori:
46)
Dove il numero 137,024 appare troppo simile all'inverso della costante di struttura fine per non essere tentati di identificarlo con esso.
Se l'identificazione fosse corroborata da altri elementi e considerazioni, dovremmo avere un primo elemento plausibile per legare le onde elementari e la loro azione
gravitazionale alle onde elettromagnetiche e alle interazioni tra le cariche elettriche.
Più avanti saremo in grado di portare argomenti validi a supporto di questa tesi, ma già a questo punto possiamo valutare la capacità del modello di descrivere le interazioni
gravitazionali.
Con esso possiamo seguire le diverse fasi quantistiche dell'azione ondulatoria gravitazionale, rendendo evidenti, finalmente, i "perché" strettamente causali della gravitazione,
oltre che i "come".
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Velocità limite per le masse
Sappiamo che la lunghezza d'onda di quiete di un elettrone diminuisce per effetto Doppler quando la massa dell'elettrone viene accelerata a velocità vicine a c:
fino a quanto continuerà a diminuire la sua lunghezza d'onda?
Per l'aumento relativistico della massa, la domanda equivale a chiedersi:
fino a che valore può aumentare una massa, accelerata a velocità prossime a quella della luce?
Potrebbe mai una massa raggiungere la velocità della luce?
Questo equivale a chiedersi: è possibile che la sorgente d'onde raggiunga la velocità delle onde che produce?
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Se ciò fosse possibile vorrebbe dire che la sorgente d'onde produce onde le cui superfici d'onda si sovrappongono l'una all'altra, che avrebbero quindi una lunghezza d'onda
nulla.
Certamente ciò non può accadere; non nella Teoria Ondulatoria del Campo. Non ha senso in tale teoria parlare di una massa di lunghezza d'onda nulla, così come non ha
senso in qualsiasi altra teoria fisica parlare di massa infinita.
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Né avrebbe senso, nella teoria ondulatoria di De Broglie, considerare una qualsiasi massa alla quale fosse associato un treno d'onde di lunghezza d'onda nulla.
Le domande trovano una comune risposta nella discretezza dello spazio-tempo e nella relativa quantizzazione della lunghezza.
Certamente nessuna onda proveniente da una sorgente d'onde - massa potrà mai avere una lunghezza d'onda inferiore a: l min = L.
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La Quinta Interazione Antigravitazionale
L'elettrone in quiete è la particella stabile di massa minore esistente in natura, mentre il protone ha una massa 1836 volte più grande.
Per la limitazione delle velocità delle masse, derivata dall'esistenza della lunghezza limite L, ne discende che il protone potrà avere una velocità limite necessariamente
minore di quella dell'elettrone.
Infatti la lunghezza d'onda di quiete del protone dista di meno da L; se la sua velocità aumenta la sua lunghezza d'onda emessa nel senso del moto arriverà prima alla
lunghezza limite L.
Il che vuol dire che la sua velocità limite è certamente minore della velocità limite dell'elettrone.
Via via che consideriamo masse sempre maggiori, che emettono onde la cui lunghezza d'onda è sempre più piccola, dovremo verificare come la loro velocità limite sia
sempre più piccola, meno vicina alla velocità della luce.
Se portiamo il ragionamento alle sue estreme conseguenze avremo che una "maximassa", tanto grande da avere una lunghezza d'onda di quiete pari alla lunghezza limite
L, non potrà mai avere alcuna velocità e sarà costretta per sempre alla quiete.
In quiete rispetto a cosa, o a chi ?
Si sa, dalla Relatività, che un sistema di riferimento assoluto non esiste, è evidente perciò che solo rispetto ad altri osservatori esiste la quiete della maximassa.
Quindi, dato che l'effetto Doppler esiste comunque nei due sensi, sia quando una sorgente d'onde si muove verso l'osservatore, sia quando l'osservatore si muove
verso la sorgente d'onde, per nessun osservatore reale materiale, dotato di massa, sarà mai possibile avere una qualunque velocità di avvicinamento alla maximassa.
Perché le onde che costituiscono la sua massa dovrebbero potersi sommare alle onde presenti nello spazio intorno alla Maximassa, e questo non è proprio
possibile, dato che esse dovrebbero intercalare le proprie superfici d'onde alle superfici d'onda della maximassa, producendo nel sommarsi una lunghezza
d'onda complessiva ancora inferiore alla lunghezza d'onda limite: l L = L = 4.88´ 10 -84 m.
Siccome questo è geometricamente impossibile, la presenza di una qualsiasi massa nell'intorno della maximassa è fisicamente impossibile.
Ne consegue che nessuna massa potrà mai essere attratta da essa.
Non solo attorno alla maximassa la gravità è nulla, ma vicino ad essa nessun'altra massa, né emittente d'onda può esistere, essa è l'unico vero sistema isolato esistente.
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Fig. A1
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La formula esprime la variazione della forza gravitazionale ondulatoria, in funzione delle entità delle masse. Esprimendo la prevalenza dell'attrazione o della
repulsione in relazione al coseno dell'angolo di vista, e quindi sia dalla distanza che separa le masse a b, sia dalla distanza a cui si trova l'osservatore.
Potremmo azzardare che l'Universo osservabile potrebbe essere "forse" la maximassa, ma se andiamo a verificare numericamente il reale valore predetto dalla T.O.C.
vediamo che la lunghezza d'onda limite è "stranamente" vicina alla lunghezza d'onda della massa di una Galassia tipo, intorno a 1´1041 kg.
Fig. A2
Descriviamo la massa ondulatoria in funzione del numero d'onda massimo, inverso della lunghezza d'onda minima, moltiplicato per il rapporto h/c, considerando
tale massa massima (maximassa) funzione della sua distribuzione angolare assoluta, ossia in funzione della sua concentrazione e della sua velocità relativa
rispetto all'osservatore ?
Quando consideriamo masse inferiori alla maximassa possiamo ancora pensare che piccole masse possano esservi attratte, ma solo da una forza estremamente debole, e una
tale massa attrarrebbe comunque con maggior forza le piccole masse piuttosto che masse più grandi.
Al limite, un tale effetto di forza gravitazionale differenziata dovrebbe esistere in ogni caso, per qualsiasi massa, anche per una massa come quella della Terra, sulla quale ci
sarebbe quindi una differenza nell'attrazione gravitazionale di masse di diverso valore: più grande la massa, maggiore l'effetto repulsivo che si oppone all'effetto attrattivo
gravitazionale.
Quest'effetto potrebbe facilmente essere attribuito ad una nuova forza repulsiva, una Quinta Interazione, la cui esistenza comporterebbe la confutazione del
principio di Galileo, che afferma che tutte le masse cadono nel vuoto di un campo gravitazionale con la stessa accelerazione.
Come ulteriore effetto si produrrebbe una differenza attrattiva di masse con lo stesso valore, ma con un diverso raggio, o una diversa distribuzione spaziale.
Per cui, passando a considerazioni più generali, la lunghezza d'onda limite di un corpo macroscopico, che è composto da più sorgenti d'onda elementari, risulterebbe
legata al valore della superficie d'onda efficace delle onde provenienti in totale dal corpo.
E questa superficie d'onda "efficace" sarebbe funzione del parallelismo delle onde provenienti dal corpo, che nel suo complesso è spazialmente esteso, e dipenderebbe perciò
dalla distribuzione spaziale delle sorgenti d'onda elementari che lo costituiscono, dipendendo perciò anche dalla "forma" del corpo.
Corpi di uguale massa e densità ma differenti come forma possono avere differenti velocità limite.
Un disco che si muove nel vuoto, nel senso del suo asse, potrà raggiungere con la stessa energia una velocità, nel vuoto, maggiore di una sfera con la stessa massa.
(E questo probabilmente farà la felicità degli Ufologi).
Come conseguenza logica inevitabile, un disco potrà essere accelerato nel vuoto più facilmente nella direzione del suo asse, che nella direzione del suo diametro.
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Un'asta assorbirà maggiore energia per raggiungere una certa velocità nel vuoto, quando il suo asse è rivolto nel senso della velocità che nel caso che l'asta si muova
con l'asse perpendicolare ad essa .
Materiali con una stessa massa ma con una diversa struttura molecolare, o una diversa struttura nucleare, avrebbero pesi diversi, dato che sarebbero attratti in maniera
diversa.
Su scala cosmica osservatori reali materiali dovrebbero verificare che tutte le masse assumono velocità di allontanamento da masse prossime alla massa limite, in quei casi
infatti la forza repulsiva può giungere a superare la forza gravitazionale attrattiva.
Inoltre tali velocità di allontanamento saranno tanto maggiori quanto più lontano si trova l'osservatore, dato che ampliando il campo di osservazione egli include un maggior
numero di masse nell'osservazione.
Tutto ciò porta a conseguenze facilmente immaginabili nell'universo, i Black Holes, e le stelle di neutroni, avrebbero ben poca probabilità di esistere.
Questo naturalmente sconvolge il quadro che finora ci è stato presentato da astrofisici e cosmologi, distruggendo decine d'anni di ricerche sui primi micro - nano - pico
secondi dalla nascita del mitico big bang, vanificando intere vite di ricercatori spese alla ricerca dell'ipotetica struttura dei prodotti della concentrazione estrema della materia: i
buchi neri.
Ma sarà ben difficile che qualcuno degli astrofisici e cosmologi la cui fama è sta accuratamente costruita, pezzo per pezzo in lunghi anni di relazioni accademiche, conferenze,
articoli sulle riviste specializzate, libri di grande successo, lezioni e seminari, rinneghi una vita intera dedicata alla ricerca di un fantasma inesistente.
A QUESTO PROPOSITO DOBBIAMO LANCIARE UN MESSAGGIO AD UN PERSONAGGIO ORMAI DA TEMPO FAMOSO, CONSIDERATO IL MESSIA DELLA COSMOLOGIA DEL
MODELLO STANDARD.
SIAMO SPIACENTI PER LUI, MA DOBBIAMO COMUNICARE A STEPHEN HAWKING CHE HA SICURAMENTE VINTO LA SCOMMESSA SCARAMANTICA CHE FECE NEL 1975
CON L'AMICO KIP THORNE PER ASSICURARSI SULLA POSSIBILITÀ CHE ALLA FINE I BUCHI NERI NON FOSSERO UN BUCO NELL'ACQUA.
SI FACCIA QUINDI PAGARE LE QUATTRO ANNUALITÀ DI ABBONAMENTO ALLA RIVISTA "PRIVATE EYE", COME PREMIO DI CONSOLAZIONE PER UNA VITA DEDICATA
"A QUELLO CHE NON C'E'".
NESSUN ASTRONOMO POTRÀ MAI INDIVIDUARE L'ESISTENZA DI UN BUCO NERO IN "CYGNUS X-1", PER IL SEMPLICE FATTO CHE I BUCHI NERI NON POSSONO ESISTERE. *
*(Tratto da "Albert Aveva Ragione - Dio non gioca a dadi").
E per giustificare l'Universo in espansione non sarebbe più indispensabile ricorrere alla necessità dell'ipotesi relativisticamente improbabile del Big Bang.
E. Fischbach nel 1985 ha trovato deviazioni sistematiche degli effetti gravitazionali misurati da Eötvos su materiali di una stessa massa ma di diversa natura. E questi
sembravano coincidere con anomalie gravitazionali verificate nelle orbite reali tenute dai satelliti artificiali. notevolmente differenti da quelle calcolate secondo la legge
gravitazionale.
P. Tiebeger dell'università di Seattle, in occasione dell'annuale Scuola di Cosmologia del 1990 ha comunicato a Varenna di avere compiuto nuovi esperimenti: immergendo
nell'acqua una sfera di rame cava il cui peso era equivalente al peso del volume dell'acqua spostato.
Dimostrando l'esistenza di un effetto repulsivo, antigravitazionale, diverso per il rame che per l'acqua quando la vasca veniva avvicinata ad una massa rocciosa posta
ortogonalmente alla verticale.
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P. Boynton, astronomo dell'Università di Washington ha ulteriormente verificato effetti antigravitazionali per mezzo di pendoli a torsione, composti da un toroide costituito da
due diversi materiali (alluminio e berillio) nella verifica delle stesse condizioni.
Il periodo del pendolo, prima ben verificato come costante, cambiava avvicinandolo ad una parete rocciosa, in funzione di quale dei due materiali componenti era più vicino
alla parete.
Nel 1995, il quotidiano l'Unità ha dato notizia di un esperimento per la verifica dell'esistenza di una 5° Forza Antigravitazionale repulsiva, che il prof. Focardi, fisico
dell'Università di Firenze, (uno dei tre scopritori della fusione fredda col Nichel, annunciata a Siena un anno e mezzo fa) aveva compiuto esperimenti idonei in una galleria al
disotto di un lago artificiale dell'ENEL.
Questi verificavano, con valori di 5 volte il possibile errore strumentale, l'esistenza di una forza antigravitazionale in relazione al mutamento di massa dell'acqua contenuta nel
lago, in concomitanza di cambiamenti di livello in occasioni di svuotamenti e riempimenti pilotati.
(Il Campo Unificato che prevedeva l'esistenza di una Quinta Interazione repulsiva è stato pubblicato nel 1984).
(Curiosità -- Due giorni prima della conferenza a Siena di Focardi, Piantelli e Habel, in cui essi dicevano di non capire assolutamente le ragioni teoriche
dei loro risultati col Nichel, io finivo di distribuire nelle librerie di Siena il libro "Albert Aveva Ragione-Dio non gioca a dadi", nel quale c'era, in bella
vista, una coerente ed unitaria spiegazione teorica, - non ad hoc - della Fusione Fredda ---).
(Il Campo Unificato, che prevedeva l'esistenza di una Forza Nucleare "non così forte", dipendente dal fatto che il modello delle particelle elementari
della TOC considerava: l'assenza di una forza repulsiva elettrostatica tra i protoni di un nucleo alla distanza nucleare di 1 Fermi, è stato pubblicato fin
dal 1984).
[Nota di colore, "nero", per quanto riguarda l'apertura mentale del Prof. Focardi]. Dopo aver ricevuto sia da me, che da altri una copia di "Albert
Aveva Ragione - Dio non gioca a dadi", negava decisamente un qualsiasi coinvolgimento nella nuova Teoria Ondulatoria del Campo nel futuro delle
sue ricerche.
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Difetto di Massa e Forza Nucleare ondulatoria
Nella descrizione dell'interazione gravitazionale ondulatoria veniva presupposta l'additività delle masse derivandola tacitamente dalle sperimentazioni della Meccanica, invece
di derivarla dalla teoria.
Infatti nel caso dei due corpi interagenti gravitazionalmente era evidente dallo stesso disegno illustrativo che l'additività delle onde provenienti dalla prima massa con quelle
provenienti dalla seconda dipende dalla distanza tra le due sorgenti d'onda.
Teniamo conto che, la natura puramente geometrica delle superfici d'onda delle onde elementari permette l'inserimento di superfici d'onda nello spazio tra altre
superfici d'onda, senza che intervenga la possibilità di interferenza che è, appunto, impossibile per le onde elementari, che non sono sinusoidali.
Rivediamo il fenomeno alla luce di queste considerazioni, e osserviamo due particelle isolate nello spazio privo di campi significativi.
Esaminiamo per esempio due protoni ponendoci tra di essi sulla linea che costituisce la distanza tra i due corpi.
Con adatti corpi di prova verifichiamo prima il valore della prima massa e poi quello della seconda, constatando che le particelle hanno la stessa massa.
In termini ondulatori ciò vuol dire che la frequenza delle onde provenienti dalla prima particella è uguale alla frequenza delle onde che provengono dalla seconda.
Se ci spostiamo verso l'esterno del sistema lungo la retta su cui giace la distanza dei due protoni, potremo verificare il passaggio di un treno d'onde composto dalle onde
provenienti da entrambi i protoni.
La particella più vicina a noi sarà attraversata dalle onde provenienti dall'altra particella e le sue onde si mescoleranno a quelle provenienti dall'altra.
Quale lunghezza d'onda potremo verificare per le onde risultanti ?
Dipende dalla posizione relativa delle due particelle - sorgenti d'onda.
Infatti la distanza determina la lunghezza d'onda verificabile da un'osservatore esterno, che consideri le due particelle come un sistema.
Il treno d'onde avrà una lunghezza d'onda compresa tra quella caratteristica per un protone e metà di tale lunghezza d'onda, così, nei due casi limite, potremo verificare
una lunghezza d'onda l p oppure l p/2 .
Mentre nella maggioranza dei casi potremo verificare un qualsiasi valore intermedio tra i due valori limite.
Il valore effettivamente ricevuto dipende direttamente dalla distanza che separa i centri delle orbite di risonanza dei due protoni.
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Se la distanza è rigidamente mantenuta ed è composta dalla somma dei raggi delle rispettive orbite di risonanza più un multiplo intero di lunghezza d'onda, le superfici d'onda
provenienti dai due protoni si sovrappongono le une alle altre.
Se invece la distanza risulta composta dalla somma dei raggi delle orbite di risonanza più un multiplo dispari di metà della lunghezza d'onda caratteristica del protone, allora le
superfici d'onda provenienti da uno dei due protoni si troveranno disposte esattamente a metà dello spazio tra le superfici d'onda provenienti dall'altro protone. Nel primo
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caso, verificando la presenza di una lunghezza d'onda l p corrispondente alla lunghezza d'onda caratteristica per un protone, constateremo un "difetto di massa" massimo,
compatibile con l'esistenza dei due protoni, vedendo quindi un solo protone.
Nel secondo caso non si potrà verificare nessun difetto di massa, ma una perfetta additività delle due masse, captando la presenza di una lunghezza d'onda: l p/2 , osservando
perciò una massa di due protoni.
Nei casi intermedi, per distanze comprese tra i due valori limite, si potranno verificare un certo numero di possibili difetti di massa, secondo che la distanza considerata sia più
vicina all'uno che all'altro valore limite.
Perché un certo numero?
Perché le possibili posizioni di collocazione tra le rispettive superfici d'onda, delle onde provenienti dai i due protoni, non sono infinite.
La lunghezza d'onda è infatti una distanza e, quantisticamente, abbiamo assunto che ogni distanza deve essere composta da un numero finito di quanti lineari L.
Quindi il numero delle possibili collocazioni di una superficie d'onda nello spazio tra due altre superfici d'onda deve risultare uguale al numero "finito" dei quanti lineari in cui è
divisibile la distanza tra le stesse superfici d'onda.
L'accoppiamento tra due protoni viene sottoposto alle condizioni quantiche dimensionali, e queste limitano i possibili valori del difetto di massa secondo un certo numero di
valori fissi.
Dato che nella realtà sperimentale quando un protone e un neutrone si accoppiano, si verifica nella formazione del Deutone un ben preciso valore del difetto di massa, saremo
quindi costretti a prendere in considerazione dei meccanismi di interazioni tra le due particelle, che nella somma delle masse tengano conto della distanza, quale fattore
determinante.
Sappiamo che il Deutone deve possedere delle dimensioni ben definite, e perciò sembra abbastanza logico pensare che i suoi componenti stiano tra loro ad una distanza fissa,
o comunque variabile entro termini ben precisi.
Già si conoscono in fisica esempi di sistemi stabili che hanno tra loro una distanza, non fissa ma ben determinata; gli atomi in aggregazione molecolare stanno uniti, con
oscillazione della distanza, ma entro termini ben precisi .
Nel Deutone le due particelle componenti devono quindi essere legate da una certa forza e respinte da una forza antagonista, in modo che le due forze si equivalgano e si
annullino reciprocamente solo entro particolari distanze.
In termini ondulatori ciò significa che devono esistere degli effetti attrattivi determinati da azioni conseguenti a violazioni del Principio di Simmetria Relativa e degli effetti
repulsivi derivanti da altre differenti violazioni dello stesso principio, entrambi dipendenti dalla distanza.
Il modello evolvente del protone è caratterizzato dalla lunghezza d'onda l p, ed ha una dipendenza diretta dal valore dell'orbita di risonanza, che deriva dal raggio caratteristico
rp.
Osserviamo l'orbita di risonanza del protone.
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L'orbita di risonanza è il luogo d'origine della spirale evolvente e il fronte d'onda che costruisce il fronte dell'evolvente si sviluppa a partire da una certa distanza dal
centro, perlomeno uguale al raggio rp.
Ritorniamo all'esperienza ideale in cui si descrive l'interazione elettromagnetica tra due positroni, usando invece due protoni che stanno a distanza paragonabili con un Fermi.
Ma ora c'è una differenza sostanziale: non esistono sufficienti superfici d'onda tra i centri delle rispettive orbite di risonanza, tali da far intervenire un'azione
elettrica di repulsione fra le due particelle.
Infatti nella dimensione di un Deutone stanno a mala pena i due raggi rp, delle orbite di risonanza dei due protoni, e quindi, non essendoci onde tra le due orbite, dobbiamo
contare solo sull'azione di tipo gravitazionale delle onde che stanno all'esterno del sistema, le quali imprimono una spinta dall'esterno verso l'interno ai due protoni .
L'azione attrattiva risultante sarà dunque di tipo gravitazionale ?
Si dirà che l'ipotesi di un'azione gravitazionale non risulta congruente con le ipotesi fatte finora, che danno per la forza nucleare valori estremamente alti, al punto da chiamarla
"Forza Forte" ponendola al vertice della scala delle interazioni.
Ma le valutazioni fatte finora sul valore della forza nucleare si basavano sull'ipotesi che le forze elettriche repulsive dovevano per prime essere messe nel
conto, per cui prima di tutto, sarebbe stato necessario superare le forze repulsive prima di riuscire a tenere due protoni uniti.
Però ora possiamo vedere alla luce delle considerazioni ondulatorie che, il valore previsto per la forza nucleare era solo "presunto". (*)
Il valore della forza nucleare considerato finora, deve essere riconosciuto come un'estrapolazione fondata su un'ipotesi che non corrisponde alla deduzione di
una diretta osservazione, ma deriva dalla convinzione dei fisici che le forze elettriche repulsive, tra cariche di uguale segno, esistano anche quando i portatori
di carica si trovano a distanze paragonabili ad un Fermi: 1´ 10-15 m.
In base alla Teoria Ondulatoria del Campo, che evidenzia l'inesistenza o, quantomeno, la carenza di onde primarie all'interno del sistema Deutone, è necessario ridimensionare
il valore della forza nucleare, sottraendo dal valore finora attribuitole il valore della forza elettromagnetica repulsiva che deve essere considerata pressoché inesistente alle
distanze nucleari.
Inoltre non dobbiamo sottovalutare la rilevanza di un effetto di spinta delle onde esterne al sistema, in carenza di onde tra i centri.
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Ora però dobbiamo ancora giustificare la natura dell'altra forza, quella repulsiva, che dovrebbe mantenere l'equilibrio con la forza attrattiva, sia pur ridimensionata, ma che in
assenza di una forza repulsiva antagonista spingerebbe i due protoni verso l'annichilazione.
E' necessario spiegare come due protoni possano convivere alle distanze nucleari, e inoltre non bisogna dimenticare che nella realtà il Deutone è formato da un protone e un
Neutrone.
E' possibile concepire un modello ondulatorio del Neutrone, diverso da quello fino ad ora accettato, che fornisca risposte plausibili a questi quesiti?
Sembrerebbe che nella Teoria Ondulatoria del Campo questo sia possibile.
(*) L'idea era già presente nel 1984, nel Libro citato: Il Campo Unificato ed è stata confermata dagli esperimenti ormai così ampiamente diffusi in centinaia di
laboratori e Università sulla Fusione Fredda .
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Il modello ondulatorio del Neutrone
E' facile affermare che l'atomo d'idrogeno è composto da protone e elettrone, dato che è agevole ionizzarlo utilizzando campi elettrici di pochi volt per dividerlo nei suoi
componenti.
Sembra invece alquanto meno agevole affermare che il neutrone è un micro atomo di idrogeno, composto da un protone e un elettrone.
E invece dovrebbe esserlo, dato che nella realtà, senza nemmeno la necessità di applicare un'energia, esso si scompone in protone ed elettrone entro pochi minuti dalla sua
espulsione da un nucleo.
Perché è cosi poco credibile l'ipotesi del micro atomo?
Perché nessuno finora è riuscito a creare un modello, o una teoria, capace di giustificare la nascita, la vita, e la morte del neutrone, in base all'ipotesi che
esso sia il possibile risultato dell'unione di protone ed elettrone.
Persino Enrico Fermi con la sua teoria del decadimento Beta non è andato di molto più in là della descrizione di una fenomenologia del decadimento, piantando però ben
salda nella meccanica quantistica una metodologia che si è andata perpetuando, in seguito, per tutti i tipi di decadimento scoperti da allora fino ad oggi, ma che sembra non
poter andare oltre la constatazione dei meri fatti di evidenza sperimentale.
Ora con la Teoria Ondulatoria del Campo torniamo a riscoprire l'ipotesi del micro atomo applicandogli la descrizione ondulatoria delle masse e delle cariche.
Siamo costretti in primo luogo a giustificare l'aumento di massa nell'unione delle due particelle elettrone e protone.
Osserviamo quindi nel solito esperimento ideale un protone legato in un nucleo.
Un fotone di adatta energia investe la struttura ondulatoria del protone, venendo diviso in due parti, così che ciascuna delle due parti venga diffratta per 360°, creando
due orbite di risonanza e producendo una coppia elettrone-positrone .
Ammettiamo che il positrone, respinto elettricamente da altri protoni non immediatamente adiacenti, presenti nel nucleo, si disimpegni e venga espulso dal nucleo.
(Questo fatto ha una precisa evidenza sperimentale nei fenomeni d'interazione tra raggi gamma e nuclei)
L'orbita di risonanza dell'elettrone è 1836 volte più grande di quella del protone, quindi, la struttura ad evolvente sferica dell'elettrone alla nascita "contiene" dentro di sé
l'orbita di risonanza e la struttura ondulatoria del protone .
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Infatti: le = 2,42621´ 10-12 m >> l p = 1,32140´ 10-15 m.
Essendo così grande potrebbe contenere, due, tre, o molti protoni ?
Per proseguire nella ricerca della plausibilità, facciamo l'ipotesi che la struttura ondulatoria dell'elettrone, ben più grande di quella del protone, avvolga "due" protoni che
nel nucleo si trovavano occasionalmente vicini .
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Si crea una struttura chiamata Deutone, la cui carica risultante è quella di un protone, dato che la carica del secondo protone viene compensata dall'elettrone
avvolgente che li contiene entrambi.
La composizione degli Spin delle tre entità ondulatorie che formano il Deutone fornisce una giustificazione dei diversi stati d'esistenza dell'organizzazione ondulatoria del
Deutone.
Dato che finora non abbiamo mai riconosciuto l'esistenza dell'elettrone nel Deutone, si diceva che il Deutone era composto da una particella neutra chiamata neutrone e da un
protone.
Certamente una tale conclusione era del tutto plausibile dato che quando si sottoponeva il Deutone ad una fotodisintegrazione, facendolo interagire con un raggio Gamma di
apposita energia, si otteneva l'emergere di due particelle, l'una con carica positiva, il protone, l'altra con una massa più grande e di carica elettrica nulla, il neutrone.
Dal punto di vista ondulatorio è abbastanza logico supporre che durante la separazione dei due protoni, il fronte d'onda in circolazione sull'orbita di risonanza che poi
costruisce il campo ondulatorio dell'elettrone, può seguire "avvolgendolo", uno qualsiasi dei due protoni cui si trova più vicino al centro della sua orbita di risonanza in quel
preciso momento.
In quel preciso momento nasce il neutrone, non prima.
Perché la sua massa è più grande della somma delle masse dei suoi costituenti ?
Per capire questo dobbiamo ancora tornare al modello ondulatorio del Deutone, considerando come l'orbita di risonanza dell'elettrone possa venire condizionata dal campo
ondulatorio doppiamente sferico instaurato dai due protoni che si trovano al suo interno.
L'orbita di risonanza dovrebbe essere un ellisse ai cui fuochi si trovano i due protoni.
Se i due protoni poi avessero un moto circolare attorno ad un comune centro di massa, si produrrebbe un addensamento delle onde emesse da ciascun protone verso il
centro del sistema.
Questa è una variazione d'onda, e la risposta del Principio di Simmetria Relativa a questa variazione della lunghezza d'onda è la causa della tendenza alla
fuga dal centro che finora è stata chiamata: FORZA CENTRIFUGA.
E questa forza risulta del tutto coerente con il modello ondulatorio dell'Inerzia che in precedenza abbiamo esaminato.
Questa dovrebbe essere la seconda forza che agisce nel nucleo del Deutone, che si opporrebbe alla forza attrattiva, mantenendo in condizione d'equilibrio i due componenti
del Deutone ad una precisa distanza, stabilita dal confitto delle due forze antagoniste.
Il fronte d'onda, creatore dell'evolvente dell'elettrone, percorrerebbe l'ellisse dell'orbita di risonanza rincorrendo i due protoni in modo tale che l'ellisse si
troverebbe costretto ad una precessione.
Il fronte d'onda circola sull'orbita di risonanza alla velocità della luce, mentre i due protoni ruotano intorno al loro centro di massa ad una velocità certo molto inferiore.
Il loro raggio di rotazione è più di mille volte minore del raggio dell'orbita di risonanza dell'elettrone, così se la loro velocità fosse di adatto valore, l'angolo di precessione
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dell'ellisse potrebbe essere di 120° per ogni giro.
Se cosi fosse realmente, tutte le condizioni necessarie all'esistenza del modello ondulatorio del neutrone si realizzerebbero.
In tal caso avremmo come conseguenza una variazione risultante retrograda, dell'onda proveniente dal sistema Deutone, e la variazione girerebbe in senso contrario, sia
alla rotazione del dipolo, che al senso di rotazione del fronte di risonanza. Giustificando, tra l'altro, l'orientamento anomalo dello Spin.
Ora, se eliminiamo i verbi al condizionale possiamo dire che: questa variazione d'onda produce un'onda che è una modulazione dell'onda portante di risonanza,
caratteristica della massa dell'elettrone.
La nuova onda ha tutte le proprietà che noi attribuiamo all'energia, ma essendo un'energia prodotta con simmetria sferica attorno alla sorgente, noi la riconosciamo come
massa, dato che reagisce alle sollecitazioni ondulatorie del Principio di Simmetria Relativa tale quale come una qualsiasi massa.
Questa è la massa aggiunta alla somma dei componenti elementari del Deutone che noi sperimentiamo globalmente, come "massa caratteristica del
Deutone".
Quando i due protoni si separano per effetto di una fotodisintegrazione e si produce il neutrone, la variazione risultante retrograda permane per un certo periodo invariata,
così che il suo contributo di massa va ad incrementare la somma delle masse dell'elettrone e del protone per produrre la massa caratteristica del neutrone.
Ma ormai si è persa la ragione per l'esistenza dell'onda retrograda, non ci sono più due sorgenti d'onda all'interno dell'orbita di risonanza dell'elettrone, che perciò non ha più
una ragione per essere ellittica.
Dopo un certo numero di giri in precessione, l'orbita di risonanza dell'elettrone ritorna al suo valore caratteristico: 2p re = l e, si perde l'effetto rotante retrogrado e si produce
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la separazione tra i costituenti del neutrone, provocando quella serie di fenomeni che conosciamo come: Decadimento Beta.
Possiamo ora descrivere un modello ondulatorio coerente del neutrone che giustifica la possibilità della sua nascita, della sua esistenza, della sua massa, e del suo
decadimento.
Per arrivare ad una teoria coerente del modello ondulatorio del neutrone dovremmo descrivere le sue caratteristiche, oltre che il suo Spin, giustificando ondulatoriamente
l'esistenza del prodotto più misterioso della sua definitiva scomposizione: l'Antineutrino. (Ciò vale anche per il Neutrino dell'antineutrone)
Per comprendere l'Antineutrino dobbiamo osservare le orientazioni dello Spin del protone in correlazione con lo Spin dell'elettrone e con lo Spin della rotazione retrograda
della variazione d'onda dell'elettrone.
Soprattutto dobbiamo lasciarci guidare dalla proprietà della "chiralità" degli Spin dell'elettrone e del protone, ammettendo che, pur variando la lunghezza d'onda, l'uno sia
l'immagine speculare dell'altro e distinguendo la realtà del nostro mondo dalla realtà del mondo riflesso.
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Il modello del Decadimento Beta ondulatorio
Ora vediamo come il modello ondulatorio del Deutone possa insegnarci la via per interpretare le caratteristiche
modalità del decadimento del neutrone.
Esistono nel neutrone 3 Spin.
Due saranno sempre opposti l'uno all'altro. Lo Spin dell'elettrone Je sarà sempre antiparallelo allo Spin della
variazione retrograda Jc.
Mentre l'orientamento dello Spin del protone Jp potrà essere solo nella condizione che rende nullo l'effetto
elettrico, sia del protone che dell'elettrone, perciò sarà parallelo allo Spin dell'elettrone.
Infatti essendo il protone all'interno dell'elettrone, solo quando lo Spin dell'elettrone è concorde allo Spin del
protone le anomalie secondarie delle onde che provengono dal protone e dall'elettrone si compensano l'un l'altra.
Ciò ha come conseguenza che le cariche opposte si annullano.
Questo vuol dire che lo Spin risultante del neutrone sarà, solo ed esclusivamente, da imputare allo Spin della
rotazione retrograda della precessione ereditata dal Deutone.
Queste regole condizionanti non permettono che due soli tipi di organizzazione per le orientazioni relative dei
componenti del neutrone .
Le rilevazioni sperimentali del decadimento Beta mostrano infatti la possibilità di due diverse interazioni nel
decadimento del neutrone: una GT, con lo Spin del protone antiparallelo allo Spin del neutrone: l'altra F, con lo
Spin del protone parallelo allo Spin del neutrone.
Fig.26 La meccanica degli Spin nel decadimento Beta
Le diverse interazioni GT (Gamov-Teller), ed F (Fermi), sono le conseguenze di due diversi modi di separazione
dei componenti, che corrispondono alle due diverse possibilità di composizione degli Spin, ma che obbediscono
alle stesse leggi di comportamento che risultano condizionanti per tutti e due i tipi di decadimento.
Il fenomeno avviene in entrambi i casi passando dallo "stato legato" del neutrone, allo "stato osservato": il
solo con evidenza sperimentale.
Il passaggio dal primo stato al secondo avviene per la perdita della condizione di rotazione retrograda della
variazione d'onda, quando l'orbita di risonanza dell'elettrone ritorna alla sua fondamentale condizione di
risonanza perdendo, per decrementi successivi, la precessione retrograda di 120°.
E' difficile poter dire come si comporti realmente, in ogni momento della variazione della precessione, il fronte
d'onda, ma è comunque agevole capire che durante la fase di decremento dell'angolo di precessione, nel
passaggio da una precessione di 240° ad una precessione concorde, inferiore di 180° avviene un fenomeno che
in topologia è chiamato "catastrofe".
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Con piccoli decrementi dell'angolo di precessione, che
non
comportano eccessive variazioni dello stato del
sistema, si passa improvvisamente nell'istante in cui si giunge ad una precessione di 180° : dalla rotazione
retrograda della variazione d'onda, ad una rotazione concorde con la rotazione del fronte d'onda.
Questo cambiamento improvviso è probabilmente la causa scatenante dell'inizio del fenomeno di separazione del
protone dall'elettrone che lo ingloba, e in questo stesso istante, nasce quella strana entità che finora abbiamo
chiamato: Antineutrino.
E' un fenomeno in cui la chiralità del modello ondulatorio ha un ruolo determinante, ancora tutto da scoprire.
Si danno due casi:
1. GT, in cui lo Spin del protone è parallelo allo Spin del neutrone.
2. F, in cui lo Spin del protone è antiparallelo allo Spin del neutrone.
Nel caso GT, l'elettrone emerge dall'accoppiamento parallelo con il protone spinto dalla reazione alla
presenza "chirale" della variazione d'onda retrograda che identifichiamo con l'antineutrino.
Poi, una volta allontanatosi a sufficienza, avendo interposto un sufficiente numero di lunghezze d'onda
con l'orbita di risonanza del protone, inizia ad interagire elettromagneticamente con lui, ruota il suo
Spin che prima era parallelo allo Spin del protone, riprende l'effetto elettrico, e si allontana dal protone
nella direzione opposta al senso del suo stesso Spin, ora antiparallelo a quello del protone.
Nel caso F, il fenomeno si svolge con le medesime modalità, ma l'effetto è diverso per l'orientazione della
quantità di moto dell'elettrone rispetto alla direzione del moto dell'antineutrino, che in questo caso sono
parallele. Ma anche in questo caso l'impulso chirale è lo stesso.
Esiste poi una condizione sperimentale non ancora spiegata per la distribuzione statistica delle quantità di moto
degli elettroni nel decadimento Beta, cioè la presenza di quello che viene detto: spettro continuo dell'energia
cinetica degli elettroni.
Con l'interpretazione ondulatoria c'è una possibilità di spiegare la causa della distribuzione, statisticamente
continua, della quantità di moto dell'elettrone (Per una ricerca deterministica una possibilità è meglio di niente).
Se ammettiamo che la rotazione dello Spin dell'elettrone possa avvenire a distanze diverse dal protone per ogni
decadimento, è possibile che l'interazione elettrica attrattiva, che varia in funzione del quadrato della distanza
tra le due cariche, si opponga all'impulso chirale dato dall'antineutrino all'elettrone, sottraendogli quantità di
moto, in misura più o meno grande, in funzione appunto della distanza dal protone.
La quantità di moto risultante dell'elettrone potrebbe essere il risultato di questa sottrazione, distribuita
statisticamente in modo continuo in un grande numero di decadimenti Beta.
Sembrerebbe che esistano notevoli divergenze tra l'interpretazione fatta finora del decadimento Beta e quella qui
presentata: per esempio sembrano esserci discrepanze sull'interpretazione delle correlazioni delle elicità
dell'antineutrino dell'elettrone.
Ma non è così, tutto dipende dalla chiralità che finora non è mai stata presa in considerazione, infatti se
analizziamo bene la Fig.21, possiamo verificare che il senso dell'elicoide dell'onda dell'elettrone nella direzione
della sua quantità di moto corrisponde esattamente a quello osservato, ma non spiegato, dalle verifiche
sperimentali delle correlazioni dell'elicità.
Il modello ondulatorio del Pione e del Muone
In base al modello ondulatorio del decadimento Beta, che ci ha mostrato le capacità descrittive delle variazioni dell'organizzazione a evolvente sferica, siamo ora in grado di
dedurre, dai fatti sperimentali, una possibile struttura ondulatoria delle particelle a vita breve, intendendone alcune come risonanze dell'evolvente sferica-elettrone, altre come
variazioni del modello del neutrone.
Dobbiamo riesumare le formule di massa che Y. Nambu nel 1952 tentò di applicare per calcolare le masse delle particelle, assumendo come base la massa dell'elettrone.
Queste formule, che allora avevano un vago sentore di numerologia, e mostravano qualche imbarazzante lacuna, alla luce del modello ondulatorio delle particelle assumono un
nuovo ruolo di evidenza, rivelando le tessere di un mosaico che sembra diventare sempre meno incomprensibile.
Nambu pensava, senza alcuna base teorica che lo sostenesse, ma fidando nella forza dei fatti, che le particelle dotate di massa fossero il prodotto della massa dell'elettrone
moltiplicata per l'inverso della Costante di Struttura Fine: 137, e per nÎN , o per n = quozienti di numeri interi.
Così la massa del Muone sarebbe:
85)
e la massa del pione:
Ma poi mancava una particella con massa derivata da n = 1.
Era chiaro che non c'era una teoria per sostenere il meccanismo numerico.
Ora la Teoria Ondulatoria del Campo esprime nel linguaggio ondulatorio lo stesso metodo, e questo si rivela molto più efficace per descrivere sistematicamente le masse delle
particelle e per colmare le lacune.
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La lunghezza d'onda l e, caratteristica della massa dell'elettrone, è presa come base per il calcolo delle lunghezze d'onda delle masse delle particelle instabili.
L'onda di risonanza dell'elettrone già nel neutrone mantiene per parecchi minuti una condizione anomala di esistenza, e può essere descritta in modo da giustificare la massa
aggiunta del neutrone, rispetto alla somma delle masse dei suoi componenti: protone ed elettrone.
Dunque la prima variazione di massa dell'elettrone è quella che avviene nel neutrone con:
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87)
men = me 3/2
Che ha lunghezza d'onda:
88)
l en = l e 2/3
Che viene spiegata in funzione della figura di precessione a - tre lobi - derivante dalla storia precedente del neutrone, legata alla nascita del Deutone.
Fig.27 Precessione di 120° per la rotazione retrograda
L'orbita di risonanza in precessione pur non richiudendosi su sé stessa ha la stessa possibilità di costruire l'evolvente, solo che in questo caso si tratta di un'evolvente
composta instabile, che produce una variazione d'onda che introduce nell'evolvente sferica una componente retrograda.
Questo tipo di variazione è la base per la comprensione dell'evoluzione del modello dell'evolvente sferica che porta alla giustificazione delle proprietà delle particelle instabili e
ai loro vari decadimenti.
Per il Muone la lunghezza d'onda compie un salto improvviso e diventa 137 volte più piccola, ma prima è passata dalla stessa evoluzione già vista nel neutrone.
Il perché faccia questo salto non è ancora chiaro, ma la Teoria Ondulatoria del Campo, che permette di verificare la natura ondulatoria della costante di struttura
fine nelle emissioni atomiche (come vedremo più avanti), ha "forse" qualche probabilità in più delle altre teorie di arrivare ad una spiegazione logica, coerente e causale.
Per capire meglio la sequenza che porta di particella in particella, è conveniente disporre di una formula che leghi una condizione all'altra, attraverso gli intervalli di una
successione numerica che può esprimere i passaggi, partendo però da più lontano, osservando il Muone come prodotto del decadimento del Pione.
C'è una nuova particella nella serie dei decadimenti, insospettata fino ad ora, che è quella che consegue dalla trasformazione del primo elettrone libero nell'elettrone del
neutrone.
89)
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per n=2
Il secondo passo è tra l'elettrone del neutrone ed il Muone:
90)
per n=2
Il terzo passo è fra il Muone e il Pione:
per n=3
Queste sono le lunghezze d'onda delle diverse particelle che, risalendo in cascata, ritroviamo durante il decadimento del Pione.
(*) A questo punto c'è la possibilità che n = 1, giustifichi l'esistenza del pione neutro, composto da due treni d'onda (i fotoni poi risultanti), di lunghezza d'onda = 2lp , che
coesistono temporaneamente sulla stessa orbita di risonanza .
E' agevole verificare che aumentando il valore di n si arriva a giustificare numerosi altri membri della famiglia dei mesoni. Inoltre si può applicare il modello del neutrone agli
Adroni.
Descriviamo ora il fenomeno di decadimento del Pione secondo l'interpretazione classica, con l'aggiunta della fase del decadimento Beta, mettendo in luce le caratteristiche
chiralità del fenomeno riflesso.
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Fig. 28
L'antineutrino dell'elettrone, nel fenomeno riflesso, viene fisicamente identificato con l'antineutrino del decadimento Beta del neutrone.
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L'Atomo ondulatorio
Consideriamo l'elettrone in moto nello spazio come descrivibile dal treno d'onde che si muove lungo un tubo, il cui asse coincide con la direzione del moto dell'elettrone,
descrivendolo, in un primo approccio, in funzione della lunghezza d'onda - non relativistica - delle onde che lo precedono sulla traiettoria.
L'elettrodinamica classica impone all'atomo di Rutherford l'equilibrio tra la forza elettrica che lega protone ed elettrone e la forza centrifuga necessaria all'elettrone per esistere
nell'intorno del protone.
92)
Dalla quale otteniamo il valore della velocità dell'elettrone necessario per rimanere in un'orbita stabile:
93)
La necessaria condizione di risonanza per le onde esige che vi sia un numero intero di tali onde in circolazione su di un'orbita chiusa.
A questa condizione possiamo arrivare attraverso l'interpretazione ondulatoria del Principio di Minima Azione, che in meccanica classica condiziona il moto di un qualsiasi
corpo.
Secondo la meccanica classica infatti, una massa in moto nello spazio tra due punti si comporta in modo da sviluppare la propria traiettoria in funzione del Principio di Minima
Azione, per il quale il prodotto della massa del corpo per la velocità assunta e per la lunghezza percorsa, risulta il più piccolo possibile.
Nel caso di un percorso orbitale, in cui S è la quantità d'azione, si ha:
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94)
S = meve2p ra
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dove ra è il raggio dell'orbita percorsa e ve la velocità dell'elettrone.
Sappiamo da Planck che ogni azione è composta da multipli interi di quanti d'azione h, per cui avremo S = nh, e quindi:
95)
nh = meve2p ra
per n=1, 2, 3, ...
Sostituendo la massa dell'elettrone con il suo equivalente ondulatorio:
96)
Si ha:
Come si vede, con l'interpretazione ondulatoria otteniamo dalla condizione di minima azione la legge di risonanza.
Essa descrive la lunghezza dell'orbita percorsa dall'elettrone attorno al protone, in funzione del numero delle superfici d'onda presenti sull'orbita, che è dato dal rapporto tra la
velocità delle onde c, e la velocità della sorgente d'onda elettrone.
Tale rapporto deve essere certamente un numero intero, che poi troviamo sostituendo nell'ultima formula la velocità vc tratta dalla condizione d'equilibrio di Rutherford,
ricavandone il valore di ra.
97)
Sostituendo ancora la massa dell'elettrone con la formula ondulatoria, per n = 1, si ha l'equivalente ondulatorio del raggio di Bohr della prima orbita dell'atomo d'idrogeno.
98)
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Ma ora la descrizione ondulatoria apre le porte ad una interpretazione ondulatoria della costante di struttura fine, esattamente derivata causalmente dalle
condizioni relativistiche del fenomeno.
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La Costante di Struttura Fine
Quando calcoliamo la velocità dell'elettrone sull'orbita, utilizzando il valore ra della 97), verifichiamo che, applicando il valore trovato ve nel rapporto della formula 95), si
ottiene:
99)
Il significato fisico da dare alla formula deriva dal rapporto tra la velocità c delle superfici d'onda in circolazione sull'orbita, e la velocità ve della sorgente d'onde - elettrone
sulla stessa orbita.
Dobbiamo tenere a mente che noi stiamo considerando quelle superfici d'onda che si muovono nel tubo ideale che ha come asse l'orbita su cui giace la traiettoria chiusa
dell'elettrone - sorgente d'onda.
Quindi la 95) ci dice in pratica che, sull'orbita circolano in stato di risonanza 137 superfici d'onda di lunghezza d'onda l e, e che per un giro compiuto dalla sorgente d'onda le
superfici d'onda, da essa proveniente, compiono 137 giri.
Ma questa non è ancora la realtà, dato che la descrizione della sorgente d'onda - elettrone che abbiamo fatto non è ancora relativistica.
In realtà quando si applica la relatività e la legge di risonanza, alla sorgente d'onda - elettrone in moto sull'orbita con la velocità ve, si verifica che la lunghezza d'onda Doppler
relativistica l e1 . delle onde che precedono l'elettrone, che è più corta di l e sta 138 volte nell'orbita di raggio ra.
Inoltre quando si prendono in considerazione le onde che si propagano sulla stessa orbita, (nello stesso tubo ideale), ma in senso contrario al moto dell'elettrone, si vede che
per la stessa velocità della sorgente d'onde - elettrone, l'effetto Doppler relativistico contrario aumenta la lunghezza d'onda l e2 . Così che questa sta 136 volte nell'orbita di
raggio ra.
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I due treni d'onda viaggiano alla stessa velocità, sullo stesso percorso in senso contrario l'uno all'altro.
Qualora si conceda ad entrambi i treni d'onde di esistere in condizione di risonanza sulla stessa orbita, assieme alla sorgente d'onde - elettrone, si verifica la produzione di una
variazione d'onda che percorre l'orbita nel senso del moto dell'elettrone, come un'onda indipendente di lunghezza d'onda pari alla lunghezza dell'orbita di raggio ra, ma che
in realtà è composta dalla somma dalle superfici d'onda elementari, delle due onde, la cui media è 137.
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Vediamo così che, tutto concorre a determinare il significato fisico e geometrico della condizione di risonanza, che fino ad ora sembrava essere dominata, ma non
spiegata, dal numero che identifica la Costante di Struttura Fine.
Che finalmente trova una spiegazione razionale, e del tutto giustificata, nella Teoria Ondulatoria del Campo, per mezzo della descrizione relativistica dell'onda
composta dal battimento conseguente alla coesistenza delle onde Doppler, provenienti dalla sorgente d'onda- Elettrone in circolazione sull'orbita L, nell'atomo
d'Idrogeno.
Quest'onda è la stessa onda associata da De Broglie all'elettrone nell'atomo di Bohr.
E' la stessa onda che Scrödinger descrive nella Meccanica Ondulatoria come fisicamente reale, e che invece la Meccanica Quantistica considera una
funzione matematica della "probabilità" di trovare l'elettrone in un qualche punto dell'atomo, considerandola - solo incidentalmente - identica alla trattazione
matematica di un'onda reale.
Nella descrizione puramente ondulatoria viene superato il concetto di "Complementarità" della trattazione duale, che vuole, per definizione e per metodo, mescolare
l'apparenza corpuscolare e la natura fisica ondulatoria dell'atomo di Bohr.
Da qui, con la Teoria Ondulatoria del Campo, possiamo arrivare all'interpretazione causale dell'emissione nell'atomo e quindi ad una plausibile spiegazione ondulatoria
dell'effetto fotoelettrico .
Per fare questo dobbiamo prima capire la differenza tra l'immagine grafica di una sorgente d'onde - elettrone in circolazione su di un'orbita di risonanza, e l'immagine della
stessa sorgente d'onde in circolazione su di un'orbita qualsiasi, - non risonante -.
Ci si chiederà se sia o no ortodosso lasciarsi guidare, anche solo qualitativamente, da una semplice illustrazione geometrica di un esperimento mentale, e certo qualcuno
risponderà di no.
Ma non dobbiamo dimenticare che qui si sta tentando di geometrizzare la fisica, e che in questa teoria le uniche entità presupposte sono il tempo e lo spazio, e, la geometria
si disegna.
La rappresentazione del caso non risonante è talmente suggestiva, ma soprattutto così piena di elementi esplicativi, che la differenza con la rappresentazione grafica della
condizione di risonanza salta agli occhi e alla mente in maniera non equivocabile.
Nel fenomeno - risonante - le condizioni richieste al disegnatore sono:
che la velocità delle onde provenienti dall'elettrone sia maggiore della velocità dell'elettrone,
che le superfici d'onda si trovino in condizione di parallelismo sull'orbita di risonanza.
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Fig. 29
Nella rappresentazione del fenomeno di circolazione dell'elettrone in un'orbita - non risonante - viene solamente richiesta la prima condizione: che la velocità delle onde sia
maggiore della velocità della sorgente d'onde.
Il risultato è un'onda che è una MODULAZIONE Dl FREQUENZA dell'onda portante elementare di base dell'Elettrone.
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E questa sembra essere la vera natura della luce emessa dall'Elettrone nel passaggio tra uno stato di risonanza e l'altro.
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