LEZIONE 5 ENTITA’ DELLA METABOLIZZAZIONE Importante è il polimorfismo genetico , ma anche tutte le varianti fenotipiche, genotipiche e fisiopatologiche ,riguardo il metabolismo dei farmaci. L’esempio lampante che viene sempre riportato per comprendere come sia fondamentale la tappa di metabolizzazione nella progettazione di un farmaco efficace, inteso non come principio attivo ma come formulazione farmaceutica da somministrare, è quello dell’isoniazide. Reazione: OC NH OC NH2 NH NH COCH3 N-acetilazione N isoniazide N N-acetilisoniazide L’isoniazide è un farmaco antimalarico che subisce un metabolismo di primo passaggio a livello epatico grazie all’azione dell’N-acetilazione o meglio dell’Nacetiltrasferasi (NAT). Si sa che esistono dei gruppi etnici che possiedono una maggior espressione di NAT a livello epatico e questi sono i gruppi etnici del sud-est asiatico , in particolare giapponesi, cinesi e coreani, mentre scandinavi, ebrei, caucasici e nord-africani vengono definiti acetilatori-lenti in quanto presentano una concentrazione di NAT più bassa rispetto alla media della popolazione e ciò porta il metabolismo dell’isoniazide ad essere più lento. Il metabolismo dell’isoniazide è fondamentale non solo per la sua tossicità, ma soprattutto per la sua attività perché porta all’attivazione della molecola stessa che può espletare la sua azione antimalarica. SUSCETTIBILITA’ METABOLICA Nel corso del tempo si è avuto lo sviluppo di metodi teorici che possano prevedere o stimare il processo metabolico a cui viene sottoposto un farmaco una volta somministrato. Questa stima viene fatta sulla scorta di quelle che sono una serie di esperimenti fatti in precedenza e su una serie di dati raccolti su molecole che presentano una struttura chimica simile. In tal modo è possibile prevedere con una certa sicurezza quello che sarà il destino metabolico della molecola ed è possibile prevedere se quella molecola potrà generare metaboliti tossici. L’esempio più lampante è quello del cloramfenicolo che , nel suo processo di metabolismo, porta alla formazione di metaboliti tossici. Questo è conseguenza della presenza di uno specifico gruppo funzionale sull’anello aromatico della molecola. Ovviamente se si ci sono molecole con un meccanismo d’azione diverso rispetto al cloramfenicolo, ma con lo stesso gruppo funzionale, è possibile immaginare che ci siano reazioni collaterali comparabili rispetto a quelle del cloramfenicolo. Ovviamente questa è un’assunzione perché se somministro il cloramfenicolo, esso dà effetti collaterali anche significativi a carico del midollo osseo, invece se somministro delle molecole che appartengono ad una classe di farmaci diversa, come le benzodiazepine, è possibile notare come ne esistono alcune tra cui il nitrazepam che posseggono il medesimo gruppo funzionale, al quale viene imputata la tossicità del cloramfenicolo, nella stessa posizione. Eppure queste molecole non hanno lo stesso destino metabolico e non causano gli stessi effetti collaterali del cloramfenicolo. Questo esempio riesce a spiegare che i software attualmente disponibili che possono permetterci di produrre l’in silico ADMET ovvero la previsione del processo ADMET di un farmaco, sono dei software che hanno delle limitazioni. Rappresentano una buona base di partenza ma non sono sufficienti. In generale questi software vengono accettati nelle fasi primordiali dello sviluppo di un farmaco: quando si sviluppa una molecola in lab, per sostanziare la scoperta, si possono usare gli studi di in silico ADMET in modo da dimostrare l’efficacia della scoperta ed essere certi che la molecola non sia tossica se usata in vitro. Gli studi in silico ADMET vengono usati quando si è in una fase iniziale dello studio di un farmaco, cioè quando mi interessa solo l’attività in vitro del farmaco. Quando si iniziano a traslare queste informazioni in vivo, devo supportare le mie ipotesi con dei dati sperimentali. Si sa , infatti, che lo sviluppo di un farmaco consta di una fase preclinica e di una fase clinica: la fase pre-clinica è una fase in cui si parte dal target isolato ovvero, se si vuole sviluppare un inibitore enzimatico, si ha la possibilità di isolare quell’enzima e misurare, mediante metodi biofisici, la sua attività, si inizia con questo sistema di studio semplificato. Si passa successivamente a dei sistemi cellulari e poi, teoricamente, a sistemi tissutali ovvero cellule più organizzate anche se ciò raramente avviene. In seguito si eseguono degli studi sul metabolismo delle molecole in vitro, quindi si vanno ad usare unità microsomiali piuttosto che del siero di ratto o umano per valutare la stabilità delle molecole e , successivamente, si passa, ancora nella fase pre-clinica, agli esperimenti sugli animali, scegliendo modelli animali con un bagaglio genetico sovrapponibile con quello umano : topi da laboratorio, porcellini d’india. In seguito si passa a modelli sempre più complessi e più simile all’uomo fino ad arrivare gli scimpanzè. Una volta raccolti tutti questi dati ,che convalidano il fatto che il farmaco sia funzionante , si passa alla fase clinica. Il passaggio alla fase clinica non può mai avvenire se non si ha una chiara idea dell’ADMET della molecola sviluppata nei sistemi pre-clinici. Una volta che la molecola viene provata in vivo , ovvero sugli esseri umani, esiste ancora un’elevata probabilità che la molecola fallisca perché il bagaglio enzimatico di cui è corredato un essere vivente diverso dagli umani, presenta delle differenze che possono essere determinanti. Pertanto il software funziona, ma solo per gli studi iniziali riguardanti una molecola. Se tale molecola è davvero interessante dal punto di vista biologico, bisogna supportare gli studi con informazioni più dettagliate. INTERAZIONI METABOLICHE TRA FARMACI: GLI INDUTTORI ENZIMATICI Un altro fattore importante per lo studio del metabolismo dei farmaci è la contemporanea presenza di farmaci o di alimenti che possono andare a modificare temporaneamente il corredo enzimatico del paziente. Esistono, infatti, farmaci che si comportano come induttori enzimatici e farmaci che fungono da inibitori enzimatici, così come esistono alimenti che fungono da induttori e inibitori enzimatici. Gli induttori enzimatici sono sostanze che quando vengono somministrate incrementano la trascrizione dei geni che codificano per la sintesi degli stessi enzimi accelerando l’escrezione del farmaco substrato. In altre parole si supponga di avere un farmaco X che viene metabolizzato dall’enzima Y. Una volta somministrato il farmaco X, esso viene riconosciuto dall’enzima Y e viene metabolizzato. Può succedere che il metabolismo viene recepito dalle cellule responsabili del metabolismo di quel farmaco, come l’aumentata necessità di avere a disposizione più enzima Y. Pertanto la cellula inizia ad esprimere una maggiore quantità di enzima Y per far fronte ad un aumento di concentrazione di farmaco X. Questo fenomeno può essere cruciale se si sta cosomministrando insieme a quel farmaco delle molecole che vengono metabolizzate dallo stesso tipo di enzima. Tale fenomeno richiede un po’ di giorni per manifestarsi in quanto tutto ciò che passa attraverso la trascrizione genica richiede l’adattamento da parte dell’organismo ospite per produrre una risposta e ciò si registra nel giro di qualche giorno e, è reversibile quando si ha la sospensione dell’induttore: se non si somministra più il farmaco X, la cellula che contiene l’enzima Y recepisce il messaggio che non c’è più “pericolo” legato alla presenza del farmaco stesso e può metabolizzare la quantità di enzima in eccesso ed abbassare l’espressione ulteriore dell’enzima stessa. Un esempio di farmaco che presenta questo tipo di meccanismo è la rifampicina che appartiene alla classe delle ansamicine ed è un antibatterico. La rifampicina quando viene somministrata, aumenta il livelli cellulari di quasi tutti i citocromo P450, compreso il 3°4 che è quello che metabolizza il 40 % dei farmaci oggi in commercio. In questo modo accade che , se ho un paziente cardiopatico che di solito prende la digitossina che viene metabolizzata dal CYP3A4, nel momento in cui somministro contemporaneamente la rifampicina perché quel paziente ha un’infezione in corso, può succedere che la rifampicina aumenta l’espressione del CYP3A4 che si traduce nella diminuzione della quantità di digitossina disponibile per l’attività biologica. Il risultato è che il paziente potrebbe non essere coperto quando viene somministrata, insieme alla digitossina,anche la rifampicina. Di contro esistono dei farmaci che producono l’inibizione enzimatica che è più problematica. Infatti l’inibizione enzimatica porta ad una diminuzione dell’efficacia di un farmaco che è tanto più grave quanto più è vitale il farmaco stesso; invece l’inibizione enzimatica prodotta da alcuni farmaci può andare ad aumentare la quantità di farmaco disponibile portando alla comparsa di effetti tossici. Quindi gli effetti sono contrari: se ho un induttore enzimatico ho una diminuzione dell’efficacia del farmaco, se ho un inibitore enzimatico ho un aumento della tossicità mi avvicino al dosaggio che comporta la comparsa di effetti tossici. L’inibitore enzimatico si lega con alta affinità all’enzima e scalza il farmaco che di solito è il substrato di quell’enzima e rimane saldamente ancorato all’enzima stesso. In tal modo il farmaco non trova più accesso al sito catalitico e non può essere più metabolizzato. Questo evento è dinamico: se il farmaco non può più interagire con il sito catalitico, quella quota di farmaco libero passerà dal fegato al torrente circolatorio ed essere distribuita , aumentando la concentrazione di farmaco sia a livello ematico che tissutale. Un esempio di farmaco che produce inibizione enzimatica è un antibiotico ovvero la claritromicina che appartiene alla classe dei macrolici. Essa inibisce contemporaneamente sia il CYP1A2 , sia il CYP3A4. In tal modo rallenta il metabolismo di nifedipina e atorvastatina. Meccanismo d’azione di nifedipina e atorvastatina: nifedipina e atorvastatina sono 2 farmaci usati nel caso di malattie croniche, rispettivamente come antiaritmico e antipertensivo ed un bloccante del canali del Ca localizzati a livello vasale, e come ipocolesterolemizzante cioè abbassa i livelli di colesterolo e serve per abbassare la probabilità che un paziente possa sviluppare aterosclerosi ovvero possa sviluppare la formazione di placche ricche di colesterolo. In entrambi i casi, i farmaci hanno degli indici terapeutici ovvero hanno una finestra di concentrazione che favorisce l’attività e che inibisce la tossicità, abbastanza ristretta. Nel caso della nifedipina l’effetto collaterale più importante ad elevate concentrazioni è un’azione a livello cardiaco, con alterazione del normale ciclo cardiaco: vengono causate aritmie anche fatali.Per quanto riguarda la torvastatina, invece, aumento dei livelli di questo farmaco porta ad una diminuzione eccessiva dei livelli di colesterolo. Il colesterolo è usato come modulatore della fluidità delle membrane plasmatiche. Questa fluidità è fondamentale perché è uno dei fattori responsabili della capacità della membrana di filtrare l’ingresso di sostanze esogene all’interno della cellula, ma anche l’espulsione di cataboliti dalla cellula verso l’esterno. Se si modifica, in maniera significativa, la fluidità della membrana il risultato è che la cellula non funziona più bene e va incontro a morte perché entrano in maniera eccessiva nutrienti che diventano tossici oppure non riesce più ad espellere cataboliti. Quindi riducendo la quantità di colesterolo, a livello muscolare (sia cardiaco che scheletrico), si ha un abbassamento dei livelli di colesterolo e le cellule iniziano a non funzionare più bene. Tale fenomeno prende il nome di RABDOMILIOSI e può portare alla morte del paziente, ed è stato uno dei motivo per cui la cellula statina è stata ritirata dal commercio per i suoi effetti collaterali. Pertanto se si somministra la claritromicina ad un paziente con ipercolesterolemia trattato con una statina, egli deve essere monitorato perché potrebbe avere degli effetti collaterali legati ad una diminuzione eccessiva di colesterolo. Quindi, questi effetti incrementano la tossicità del farmaco-substrato e quindi le sue dosi devono essere ridotte. TOSSICITA’ DEI METABOLITI Fino ad ora si è visto che i farmaci metabolizzati possono andare incontro a 3 destini: 1) il metabolita resta ancora attivo (ex: metaboliti del diazepam che hanno acquisito un loro nome:diazepam, norazepam, xazepam e lorazepam, perché sono tutti ancora attivi. Oggi si tende a sintetizzare il diazepam quando si vuole un farmaco ad attività minore piuttosto che lo xazepam, quando si vuole ottenere un ansiolitico blando); 2) il metabolita è inattivo; 3) il metabolita diventa tossico. Un esempio è quello dell’isoniazide o del cloramfenicolo. Nel caso dell’isoniazide , essa ha un’elevata tossicità epatica perché ha una via metabolica che inizia con l’N-acetilazione, motivo per cui avere degli Nacetilatori veloci o lenti è cruciale per la somministrazione di questo farmaco. Dopo l’acetilazione dell’idrazina si ha la formazione dell’ammide dell’isoniazide che va incontro ad un processo di idrolisi liberando l’acido isonicotinico. Se il gruppo COOH sarebbe stato in posizione 3 si avrebbe avuto l’acido nicotinico , precursore della nicotina, invece visto che si trova in posizione 4 si ha l’acido 4-piridinoico anche detto acido isonicotinico che è l’isomero dell’acido nicotinico. In più si ha anche la liberazione dell’acilidrazina che può andare incontro ad una diacetilazione e , a questo punto, si forma il diacetile dell’idrazina che è inerte e può essere eliminato , oppure può andare incontro ad un processo di N-ossidazione e si forma l’N-ossido dell’acetilidrazina che può andare incontro a riarrangiamento con formazione del gruppo OH e perdita del protone dall’N=O si forma l’aza gruppo con il gruppo OH. L’aza gruppo può portare alla formazione del triplo legame con la perdita di un gruppo OH. Il triplo legame N=N , può comportare la perdita di una molecola di N e quello che si forma è lo ione acilio che può andare ad acilare le macromolecole. Reazione: O NH H3C CH3 NH O O O O NH O NH NH2 OH CH3 NH O H2N + N OH O O + HO – NH CH3 O N + N N CH3 N N O NH N OH N 2 -N CH3 O O + + C CHe CH3 Lo ione acilio presenta 2 svantaggi: è estremamente piccolo quindi si può infilare anche nelle zone più profonde delle macromolecole presenti all’interno degli epatociti; è altamente reattivo , quindi può reagire anche con i nucleofili deboli come gruppi OH, amminici protonati a pH fisiologico e gruppi tiolici. Il risultato è che se ho il gruppo amminico di una lisina o, in generale, di uno specifico enzima che è esposto verso l’esterno e lo vado ad acetilare, quel gruppo amminico diventa gruppo ammidico , dunque la sua carica positiva a pH fisiologico diventa neutra ed è probabile che ci sia una modifica generale della struttura della proteina che diventa inattiva. Il malfunzionamento di una serie di proteine all’interno della cellula porta al malfunzionamento degli epatociti e di conseguenza alla loro morte. Quanto descritto è un tipo di metabolismo che provoca tossicità. Un altro esempio è la ripampicillina che libera metanolo che è tossico. Dunque nella progettazione di un profarmaco si deve tener conto di quella che può essere la tossicità conseguente ai metaboliti stessi. ESCREZIONE DEI FARMACI È l’ultima fase del viaggio dei farmaci nell’organismo e riguarda l’uscita del farmaco dallo stesso. Tutte le fasi ad essa precedenti, soprattutto quelle di distribuzione e di metabolismo, il nostro organismo le ha messe in atto per poter rendere il farmaco eliminabile, ovvero per espellerlo dal torrente circolatorio. In realtà, tutte le 3 fasi precedenti che sono contemporanee in termini temporali e non sequenziali, sono state messe in atto per poter fare in modo che il farmaco fosse eliminato dall’organismo o meglio per far si che il farmaco fosse poco concentrato nell’organismo: l’assorbimento è la fase di protezione dell’organismo dal farmaco cerco di mettere in atto una serie di barriere che riducano l’ingresso del farmaco (sostanza esogena) nell’organismo; la distribuzione distribuisco il farmaco che va nei tessuti. L’obiettivo è che non sia più nel torrente circolatorio; il metabolismo metabolizzo il farmaco per renderlo maggiormente eliminabile; escrezione rimuovo il farmaco dall’organismo. I due protagonisti dell’escrezione sono: i reni con il sistema dei nefroni che gioca un ruolo importante per l’eliminazione di tutti i farmaci che sono idrosolubile e il sistema epatico con la colecisti e la cistifellea (via biliare) per i farmaci più lipofili. Quindi escrezione renale e biliare sono le principale , ma non le uniche vie di escrezione. L’escrezione è il processo attraverso cui il farmaco viene allontanato dall’organismo. È la fase finale, quella in cui il farmaco sta per essere rimosso dal corpo. Esistono 2 attori , come già detto: la via renale: escrezione del farmaco attraverso le urine; la via biliare: il farmaco viene escreto dalla bile ed eliminato con le feci. Queste sono le due vie principali perché sono quelle comunemente impiegate dal nostro organismo per eliminare gli scarti dei processi metabolici intrinseci: attraverso le feci viene eliminato tutto ciò che non è utile all’assorbimento, invece attraverso le urine viene eliminato tutti i cataboliti prodotti durante il metabolismo. I farmaci possono essere escreti attraverso la saliva oppure attraverso il sudore o l’aria espirata. Un esempio è l’etanolo che viene escreto attraverso l’aria espirata sottoforma di acetaldeide, tant’è vero che attraverso questo processo si fonda il test di rilevazione dell’alcol della polizia si va a misurare la quantità di acetaldeide che sarà direttamente proporzionale alla quantità di etanolo assunto dalla persona. Ancora si può avere escrezione attraverso il liquido lacrimale oppure ancora attraverso il latte materno e questo può portare ad un accumulo di farmaco nel latte materno con una serie di conseguenze drammatiche. La velocità di escrezione di un farmaco, sia esso nelle urine o nella bile, è maggiore quanto più il farmaco è idrofilo. Questo perché il farmaco deve essere escreto attraverso dei trasporti passivi facilitati che si trovano a livello renale. Lo scopo è che una volta che il farmaco è stato escreto e si concentra a livello urinario, non possa essere riassorbito a livello renale. Si sa che le sostanze a livello renale vengono filtrate e , successivamente, nel corso della formazione della preurina, fino ad arrivare alla fase finale del nefrone che è il dotto collettore, la concentrazione di sali, di acqua e di sostanze all’interno dell’urina può essere modificata sulla base dei diversi processi di assorbimento. Questi ultimi saranno tanto più efficaci quanto più lipofili sono i farmaci; se sono idrofili, essi non saranno efficaci un farmaco tanto più è idrofilo e tanto più sarà eliminato. Un farmaco potrebbe anche essere eliminato attraverso dei trasporti attivi: oltre ad essere eliminato per via passiva, può trovare degli specifici trasportatori a livello renale che aumentano la quota di farmaco escreta. Se si ha una ridotta efficienza del sistema di escrezione renale: si ha un solo rene oppure un rene funziona meno dell’altro, oppure nel caso in cui ha interazione con altri farmaci, ovvero ho 2 farmaci che vengono eliminati entrambi attraverso un trasporto attivo mediato da una proteina, accadrà che i due farmaci andranno a competere per il legame con la proteina, portando ad un accumulo di farmaci eliminati per via renale e ciò incrementa il rischio di effetti collaterali. In altre parole, come per gli inibitori enzimatici accade che due farmaci competono per lo stesso trasportatore, uno dei due si lega meglio al trasportatore e l’altro viene riassorbito. Quest’aspetto va tenuto in considerazione quando si fanno trattamenti cronico con dei farmaci: si sta assumendo la nifedipina e anche un farmaco che blocca l’eliminazione di nifedipina stessa. Questo può portare ad un aumento della [nifedipina] a livello circolatorio e quindi allo sviluppo di effetti collaterali; pertanto si modula la [nifedipina], diminuendo il numero di assunzioni giornaliere, cioè invece di 2 volte al gg, si prende 1 volta. PROCESSI COINVOLTI NELL’ESCREZIONE RENALE Bisogna ricordare che i cataboliti , i metaboliti o i farmaci a livello renale vengono eliminati attraverso 3 tipi di meccanismi: 1) filtrazione glomerulare che avviene a livello della capsula di Bowmann, ricco di capillari. In realtà il letto capillare che si avvolge attorno alla capsula di Bowmann ha dei capillare fenestrati, ovvero con dei fori che permettono il passaggio di macromolecole non molto grandi; infatti la presenza di macromolecole molto grosse come l’albumina, è sintomo di problemi renali. Quindi questi capillari fenestrati permettono un grande passaggio di molecole attraverso la capsula di Bowmann, ma non di tutte le molecole, o meglio di quelle grosse no. La forza che spinge il filtrato tra il letto vasale e la capsula di Bowmann è la pressione. Si ha una pressione che spinge questa ultrafiltrazione e si ha l’accumulo della preurina a livello della capsula di Bowmann. A questo punto , quello che è un processo per lo più fisico perché la pressione del sangue ha spinto il liquido e le sostanze in esso contenute , attraverso i capillari fenestrati, comincia la fase di riassorbimento attraverso il sistema tubulare renale: TCP, ansa di Henle , TCD e dotto collettore. 2) e 3)Nel TCP si ha sia un evento di secrezione tubulare attiva, sia un riassorbimento tubulare passivo. Dunque, a livello della capsula di Bowmann, tutte le sostanze, ad eccezione di quelle troppo grandi, vengono filtrate. In seguito inizia, nel TCP si può avere una secrezione tubulare attiva ovvero aumento dell’eliminazione di specifiche sostanze con consumo di energie e un riassorbimento tubulare passivo. Inizia poi il percorso nell’ansa di Henle: nella fase ascendente si può avere un riassorbimento tubulare passivo che è lo stesso che si può avere nel dotto collettore. Dunque, nei primi 2 processi ovvero filtrazione glomerulare e secrezione tubulare attiva, il farmaco passa dal sangue alla preurina; invece nel processo di riassorbimento tubulare passivo, esso passa dal lume tubulare verso il plasma, quindi viene riassorbito. FILTRAZIONE GLOMERULARE Interessa tutti i soluti indipendentemente dalla loro lipofilia. Il plasma e le sostanze in esso disciolte attraversano la barriera filtrante dei capillari glomerulari che sono i capillari fenestrati diversi dagli altri capillari per la presenza di un maggior numero di fenestrazioni, il che permette al plasma di riversarsi nella capsula di Bowmann. In tal caso il processo è governato sia dal gradiente di concentrazione sia dalla differenza della forza colloido-osmotica e idrostatica che esistono tra la capsula Bowmann e il plasma. Questi fattori saranno sempre a favore del plasma perché il liquido che si trasferito nella capsula di Bowmann verrà poi fatto passare nel TCP e quindi si sposta proprio ad opera della pressione. La filtrazione glomerulare filtra quasi tutte le sostanze tranne quelle con un PM intorno al 70000 Dalton, come l’albumina, soprattutto se queste sono cariche negativamente. La presenza di albumina all’interno dell’urina, indica la presenza di problemi renali o meglio del nefrone. Il fatto che le molecole cariche negativamente non vengono eliminate quando sono molto grosse dipende dall’impedimento elettrostatico perché esistono delle cariche negative dei gruppi COO- delle catene laterali degli aa che si trovano nel glicocalice che tappezza le cellule a livello dei glomeruli. Quindi le cellule glomerulari presentano il glicocalice che è una proteina la cui parte più esterna è ricca di gruppi carbossilato (ovvero gruppi carbossilici carichi negativamente al pH delle urine). Solo la quota libera del farmaco, ovvero quella non legata alle proteine plasmatiche, subisce filtrazione. Questo , concettualmente, è lo stesso discorso della distribuzione: solo la quota libera di farmaco, nel caso della distribuzione, poteva essere distribuita perché quella legata alle proteine non riusciva ad attraversare i tessuti. Anche in tal caso solo la quota libera di farmaco potrà essere eliminata, quindi quella legata alle proteine plasmatiche no. Il legame con le proteine plasmatiche non solo va a modificare il processo di distribuzione del farmaco, ma anche la possibilità che quel farmaco possa essere eliminato. I farmaci idrofili e di media polarità sono caratterizzati da uno scarso legame con le proteine plasmatiche e sono filtrati molto rapidamente o comunque più rapidamente di quelli lipofili. RIASSORBIMETO TUBULARE PASSIVO Il 20% del plasma che perfonde i reni subisce filtrazione glomerulare: si filtro 1 L si plasma, 200 cc di quel plasma vanno incontro a filtrazione e vengono convogliati nella capsula di Bowmann. Quindi, se abbiamo una circolazione continua a livello della capsula di Bowmann, dovremmo produrre una quantità di urina enorme e dovremmo idratarci continuamente. Ciò non avviene perché il 99 % dell’acqua filtrata ovvero, del 200 mL precedenti, circa 198 mL vengono riassorbiti dal nefrone e, solo l’1% viene escreta con l’urina. I nutrienti e i Sali minerali, vengono riassorbiti attivamente dal tubulo. Dunque, noi produciamo un’elevata quantità di preurina nella capsula di Bowmann e poi, man mano che c’è il passaggio nel complesso tubulare, parte delle sostanze vengono riassorbite.Man man che l’acqua della preurina viene riassorbita, aumenta la concentrazione del farmaco nel lume tubulare. Esempio: se ho una [farmaco]= 10 ng/mL, quando di trasferisce nella capsula di Bowmann, avrò sempre la stessa [farmaco]. Appena inizia il viaggio nel nefrone, una parte di acqua , ma non di farmaco, viene riassorbita, quindi si arriverà a 20-30 ng/mL, fino ad arrivare a 100 ng/mL. In questo modo di origina un gradiente di concentrazione del farmaco che può favorire il suo riassorbimento per diffusione passiva. Infatti, nel torrente circolatorio la [farmaco] resta sempre 10 ng/mL; man mano che si percorre il nefrone, si è detto che la [farmaco]aumenta perché viene rimossa acqua. Se si arriva ad avere una [farmaco] che è 50 ng/mL e nel torrente ematico è di 10 ng/mL, una quantità di farmaco può essere riassorbita in maniera passiva ovvero può passare dalla zona più concentrata a quella meno concentrata ( trasporto passivo). Questo avviene a livello del tubulo distale e della fase ascendente dell’ansa di Henle e nel dotto collettore dove il farmaco è più concentrato. Quindi, riassumendo, il farmaco inizialmente viene ultrafiltrato e , a livello della capsula di Bowmann , presenta la stessa concentrazione che presenta a livello ematico. Man mano che inizia il percorso nel nefrone, inizia il riassorbimento dell’acqua, il che fa in modo che nella preurina il farmaco sia più concentrato rispetto al plasma e questo innesca un fenomeno di spostamento del farmaco dalla preurina verso il torrente circolatorio ( fenomeno di riassorbimento) dovuto ad un gradiente di concentrazione differente. Affinchè possa essere riassorbito, un farmaco deve essere sufficientemente lipofilo. La lipofilia viene misurata attraverso il logP = maggiore è il logP e maggiore sarà il riassorbimento. I farmaci idrofili, invece, una volta ultrafiltrati, difficilmente verranno riassorbito. Ovvero, se anche si concentrano a livello della preurina e ci sarebbe un gradiente di concentrazione che favorirebbe il passaggio del farmaco all’interno del torrente ematico, questo non avviene perché esso non riesce al attraversare la membrana. Invece i soluti idrofili con un PM inferiore a 150 Dalton sono riassorbiti passivamente grazie alla loro capacità di diffondere per convenzione attraverso le membrana dell’epitelio tubulare. Un esempio è l’etanolo o anche i monosaccaridi. Essi, anche non essendo lipofili, possono essere riassorbiti perché passano attraverso le membrane dell’epitelio tubulare. Per quanto riguardo invece gli acidi, solo la quota non ionizzata degli acidi e delle basi deboli viene riassorbita mentre quella ionizzata rimane intrappolata nel lume tubulare. Questo fa capire che molecole molto acide che si trovano a pH=5,5, sono completamente ionizzate e possono essere difficilmente riassorbite. Pertanto, la velocità di riassorbimento tubulare di un farmaco ionizzabile , non è più proporzionale al logP bensì al logD che è riferito al pH della preurina che è circa 5,8. Un esempio è rappresentato dall’acido salicilico che viene eliminato con le urine nella misura del 10 %. Tuttavia, sostanze acidificanti o alcalinizzanti riducono fino al 2% o, rispettivamente, incrementano fino al 30 % l’escrezione urinaria di questo farmaco. Cioè, se insieme all’acido salicilico, somministro una molecola che può andare ad acidificare l’urina, accade che una quota di salicilato ovvero di sale dell’acido salicilico, passa di nuovo nella forma di acido salicilico che può essere riassorbito. Allo stesso modo, se somministro una molecola alcalinizzante che mi fa passare il pH delle urine da 5,8 a 6,3, una quota maggiore di acido salicilico si troverà nella sua forma di salicilato e potrà essere escreto. L’escrezione urinaria pHdipendente viene sfruttata per accelerare l’eliminazione di veleni o di farmaci assunti in dosi eccessive. Per esempio, se un alcaloide come l’atropina viene assunta in concentrazioni troppo elevate, si può andare ad accelerare la sua eliminazione andando ad acidificare l’urina. In questo modo l’atropina , una volta arrivata a livello urinario non potrà essere riassorbita e verrà eliminata più velocemente e quindi avrà una minore possibilità di produrre effetti collaterali sul paziente. LIPOFILIA Gli acidi e le basi deboli sottoposti a ripartizione tra 2 solventi immiscibili partecipano a due equilibri simultanei: 1) quello di ripartizione della specie neutra tra fase acquosa e fase apolare, dipendente dal logP del soluto. Per esempio, se si considera l’acido salicilico e lo si va a mettere tra 2 solventi che siano poco miscibili tra di loro si avranno una serie di equilibri. Il primo è quello del logP classico ovvero l’acido salicilio che si distribuisce tra ottanolo e acqua, quindi è quello dell’acido salicilio non ionizzato; 2) il secondo equilibrio è quello regolato dall’equazione di Henderson-Hasselbach ovvero la quantità di farmaco che si trova nella sua forma non ionizzata e nella sua forma ionizzata dipende dal suo pKa e dal pH del solvente impiegato. La ripartizione complessiva dai due suddetti equilibri è espressa dal coefficiente di distribuzione D o, più frequentemente, dal logD. Quindi il logP è quando ci si riferisce solo alla specie non ionizzata mentre, se viene introdotta come ulteriore variante anche quella che è la ionizzabilità della molecola rispetto al pH ovvero viene introdotto un altro parametro che è il pH del mezzo in cui si effettua la valutazione, si otterrà il logD. SECREZIONE TUBULARE ATTIVA È una secrezione che prevede l’eliminazione di molecole dal nostro organismo e dunque anche un’eliminazione di farmaci, con consumo di energia. Questo può avvenire a livello del TCP dove sono presenti delle proteine carrier che accelerano l’escrezione renale di varie sostanza esogene. Esistono 3 tipi di carrier di tipo saturabili ovvero: carrier degli anioni organici; carrier dei cationi organici ; glicoproteina P. Il fatto che siano saturabili indica che ho a disposizione un certo numero di proteine la cui capacità di trasporto dal sangue verso il lume tubulare ( in generale da una parte all’altra) sarà dipendente dal numero stesso di queste proteine. Quindi se ho 10 proteine e 100 molecole di farmaco, avrò uno spostamento di 10 molecole/secondo, invece se ho 10 proteine e 1000 molecole di farmaco, avrò sempre lo spostamento di 10 molecole/secondo; si va cioè a saturare il sistema. I carrier degli anioni organici trasportano attivamente glucuronidi, solfati, prodotti di coniugazione con glicina o glutatione ( vengono aggiunti questi gruppi che conferiscono carica negativa, perché esistono carrier in grado di legarli) e diversi farmaci acidi, come la penicillina G e l’acido salicilico. Per la penicillina G il problema di secrezione tubulare attiva che indica che il farmaco viene eliminato maggiormente è stato risolto. Il problema, infatti, è che i farmaci che vengono eliminati per secrezione tubulare attiva non solo subiscono ultrafiltrazione glomerulare ma, quello che rimane a livello circolatorio, una volta arrivato a livello del TCP può essere eliminato anche attivamente con consumo di energia , contro gradiente; questo è il caso della penicillina G. Il risultato è che si avranno dei farmaci che ,una volta arrivati al TCP, sono completamente ionizzati e non possono essere più riassorbiti e vengono eliminati. Si ottengono, così, molecole che passano un brevissimo tempo all’interno dell’organismo e non riescono a raggiungere ,per un tempo sufficiente, la minima concentrazione attiva per produrre una risposta biologica , per cui bisogna procedere con maggiori somministrazioni. Il maggior numero di somministrazioni può essere anche accettabile quando il farmaco viene assunto per os, ma quando deve essere assunto per via iniettiva, si incontra difficilmente la compliance del paziente. Invece i carrier dei cationi organici sono caratterizzati da una maggiore selettività e riescono ad eliminare una molecola come la morfina. Infine la glicoproteina P trasporta una grande varietà di sostanze neutre, acidi e basi deboli; uno dei suoi substrati è la digossina che è un glicoside cardioattivo che agisce , a livello cardiaco, sulla pompa Na/K. CLEARANCE RENALE Tutti i fenomeni sopra descritti, ovvero : riassorbimento passivo, ultrafiltrazione glomerulare e secrezione attiva vengono parametrizzati attraverso un parametro che è la clearance renale che indica la quantità di farmaco che viene eliminata attraverso i reni in una data unità di tempo. Viene definita come il volume di plasma che, nel suo passaggio attraverso il rene, viene depurato di quella sostanza nell’unità di tempo. La Cl renale di un farmaco è compresa tra 0 mL/min( il farmaco o non viene eliminato per via renale o viene completamente riassorbito) e i 650 mL/min ( in un minuto 650 mL di sangue vengono depurati dalla sostanza). I farmaci con un Cl renale uguale a 0 mL/min non sono escreti per via renale, la loro eliminazione avviene, evidentemente, per metabolizzazione, secrezione biliare o altre vie. I farmaci con Cl renale di circa 650 mL/min sono sottoposti ad un’estesa secrezione tubulare attiva ( ex: penicillina G con Cl renale =630 mL/min). I farmaci con Cl renale di circa 130 mL/min sono filtrati a livello glomerulare e riassorbiti in misura ridotta a causa della loro idrofilia ( ex: amikacina con Cl renale= 100 mL/min). Quindi , riassumendo, esistono: farmaci che non vengono eliminati per via renale Cl renale = 0 mL/min; farmaci che vengono eliminati attraverso la filtrazione glomerulare e attraverso la secrezione tubulare attivi e non riassorbiti, come la penicillina Cl renale =650 mL/min; farmaci come l’amikacina con Cl renale = 100 mL/min , che viene eliminata e viene mal riassorbita a livello passivo perché troppo idrofila. La Cl renale di un farmaco si ottiene dividendo la quantità di farmaco presente nelle urine rispetto alla concentrazione di farmaco a livello plasmatico. Il concetto di clearance, ovvero il possedere un parametro che testimoni l’eliminazione del farmaco dall’organismo, può essere estesa al concetto di clearance totale che tiene conto sia della Cl renale , quella attraverso cui il farmaco viene eliminato maggiormente, ma anche della Cl epatica, della Cl biliare ovvero della clearance delle altre vie di eliminazione. FATTORI CHE INFLUENZANO LA CLEARANCE RENALE Sono le caratteristiche chimico-fisiche del farmaco che può essere un acido debole o un acido forte o ancora una base debole o forte; può essere lipofilo e di grosse dimensioni. Ancora possono influenzare la clearance quelle che sono le interazioni tra farmaci: un farmaco come la penicillina G viene eliminato per via tubulare attraverso secrezione attiva che si può modificare somministrando una molecola che vada a competere per lo stesso trasportatore. Nel caso specifico si tratta del probenecid che competere con la penicillina G per lo stesso trasportatore e fa in modo che essa non venga eliminata per secrezione attiva. Altro fattore importante è la funzionalità dei reni che è relativamente bassa nei neonati, negli anziani e nei nefropatici. Ancora va considerata anche l’efficienza dell’emuntorio renale che può essere valutata misurando la clearance della creatinina, un metabolita idrofilo, scarsamente riassorbito a livello tubulare. Una persona di 70 Kg che possiede un’efficienza ottimale del rene, presenta un’escrezione di 80-110 mL/min di sangue che viene depurato dalla creatinina; un soggetto con insufficienza lieve ne ha 80-40 mL/min, con insufficienza avanzata 40-20 mL/min e con insufficienza molto avanzata 20-10 mL/min. Ciò significa che se si ha un’insufficienza renale molto grave, così come la creatinina viene eliminata molto male, verranno eliminati male anche i farmaci. ESCREZIONE BILIARE E CICLO ENETEROEPATICO Un altro tipo di meccanismo di escrezione è quello biliare ovvero quello che passa attraverso il circolo enteroepatico. In questo caso somministro il farmaco a livello intestinale; esso viene assorbito attraverso il circolo portale, passa nel fegato dove può essere più o meno metabolizzato ma, invece di essere distribuito a livello sistemico attraverso il torrente circolatorio, viene concentrato a livello della colecisti insieme ai sali biliare e alla bile;dalla bile poi passa di nuovo nell’intestino. Il risultato è che il farmaco dall’intestino può essere riassorbito ma può essere anche direttamente eliminato per escrezione. I farmaci quindi possono concentrarsi nella bile per diffusione passiva o per trasporto attivo mediato da carrier ( carrieri degli anioni organici, carrier dei cationi organici , carrier della glicoproteina P). Una volta raggiunto l’intestino, se non è riassorbito viene escreto con le feci. Quando un farmaco escreto nella bile è assorbito nell’intestino si instaura il circolo enteroepatico che è una successione di secrezione biliare, assorbimento intestinale e distribuzione nel fegato, che prolunga la permanenza del farmaco nell’organismo ed innalza le sue concentrazioni nel fegato, nelle vie biliari e nell’intestino. Quello che però interessa e che, quando il farmaco si è concentrato nei succhi biliari ( acidi della bile), una volta che viene riversata la bile a livello intestinale , il farmaco non viene riassorbito ma viene escreto attraverso le feci. ESCREZIONE BILIARE L’efficienza del circolo enteroepatico di alcuni farmaci dipende dallo stato della microflora batterica intestinale. Infatti alcuni farmaci devono essere prima metabolizzati a livello intestinale per poter essere resi assorbibili. Per esempio, i metaboliti idrofili generati da reazioni di fase II non sono assorbiti a livello intestinale mentre i prodotti della loro idrolisi, catalizzata dagli enzimi batterici, sono spesso costituiti da farmaci lipofili rapidamente riassorbiti. In altre parole, se somministro un farmaco con un gruppo OH, questo farmaco viene assorbito a livello epatico e ad esso viene coniugato l’acido glucuronico. Il glucuronide, a questo punto, può seguire 2 vie: 1) può essere immesso nel torrente circolatorio ed escreto per via renale; 2) può essere secreto nella bile ed essere eliminato per via biliare. A livello biliare il derivato glucuronide non dovrebbe essere assorbito perché è carico negativamente, però può subire l’azione della flora batterica che può andare ad idrolizzare l’acido glucuronico, liberando il farmaco di partenza che può essere riassorbito. Se si ha deplezione dei batteri intestinali provocata dalla somministrazione stessa dell’antibiotico che si sta assumendo, questo andrà ad influenzare l’idrolisi dei metaboliti coniugati riducendo i livelli plasmatici del farmaco stesso. CURVE DI LIVELLO PLASMATICO Le curve di livello plasmatico prodotte dalla somministrazione di un farmaco descrivono l’andamento della sua Cp rispetto al tempo. Da queste curve si ricavano i parametri farmacocinetici fondamentali: la biodisponibilità, il volume di distribuzione, la clearance e l’emivita. Tali parametri, a loro volta, sono necessari per stabilire: la via di somministrazione del farmaco e la posologia ( dosi ed intervalli tra le varie somministrazioni). LA CORRETTA POSOLOGIA Una corretta posologia indica il corretto dosaggio attraverso una corretta via di somministrazione con un corretto intervallo, deve produrre valori di concentrazione plasmatica compresi nella finestra terapeutica. Grafico: Sull’asse delle ascisse è riportato il tempo, mentre sull’asse delle ordinate la [plasmatica di farmaco]. Sono riportati, inoltre, 2 valori : MCE e MCT. L’MCE è la minima concentrazione efficace di farmaco, al di sotto di questa concentrazione il farmaco non ha effetto ovvero non produce alcuna risposta biologica. Quando si raggiunge la MCT , la minima concentrazione tossica, il farmaco produce la risposta biologica desiderata ma produce anche una risposta tossica indesiderata. L’ideale è che , a seguito della somministrazione del farmaco si raggiunga una concentrazione massima che sia abbastanza distante dalla MCT e che mi permetta di avere una quantità di tempo sufficiente in cui il farmaco sia al di sopra dell’MCE. Quelli che vengono indicati nel grafico con t ½ sono i tempi di emivita del farmaco cioè i tempi di dimezzamento del farmaco all’interno dell’organismo. Quanto più ampia è la finestra terapeutica tanto più sarà maneggevole e tollerabile il farmaco.Affinchè si abbia una corretta posologia bisogna tener conto dell’età del paziente, delle patologie pregresse e di eventuali interazioni con altri farmaci o alimenti. L’aggiustamento della posologia è , in questi casi, tanto più necessario quanto meno maneggevole è il farmaco somministrato. Se devo somministrare, ad esempio, l’ibuprofene che è molto maneggevole, posso non essere attento riguardo l’indice terapeutico, ma se devo somministrare un farmaco più “pericoloso” devo stare attento ai corretti parametri per la definizione della corretta posologia. Il tempo di insorgenza dell’azione farmacologia è quello che intercorre dall’istante della somministrazione ovvero T0 , fino al raggiungimento della MCE. Quindi, una volta somministrato il farmaco, esso comincia a produrre una risposta biologica quando la [farmaco] a livello plasmatico ha raggiunto la MCE. Grafico: La durata d’azione indica che la concentrazione del farmaco, dopo aver passato la concentrazione massima, scende al di sotto della MCE. Il tempo che intercorre tra il primo punto di intersezione tra la curva della concentrazione plasmatica e il secondo punto di intersezione della stessa curva con la MCE, indica la durata d’azione ovvero quanto tempo il farmaco raggiunge una concentrazione che si trova al di sopra della MCE. Il ramo ascendente della curva, dal tempo zero fino al picco, riflette la prevalenza dell’assorbimento sull’eliminazione; successivamente, a mano a mano che ci si avvicina alla concentrazione max, diminuisce sempre di più l’assorbimento e comincia la distribuzione e l’eliminazione. Tale curva è il risultato di processi che seguono una cinetica di primo ordine ( ovvero la velocità è direttamente proporzionale alla [farmaco]) tipico della maggior parte dei farmaci che, alle dosi abituali, non danno luogo a fenomeni di saturazione di carrier trasportatori o di enzimi metabolizzanti. Ciò significa che nella maggior parte dei casi la variazione di [farmaco] a livello plasmatico dipende dalla [farmaco]stessa, seguendo una cinetica di 1° ordine in cui tutto dipende dalla [reattanti]. Questo avviene perché anche quando ci sono dei sistemi enzimatici o dei carrier in gioco per il metabolismo e l’eliminazione dei farmaci, le [farmaco] sono talmente basse da essere lontane dal punto di saturazione. Quando la velocità d’ingresso del farmaco nel plasma è maggiore della velocità endovenosa, la caduta della Cp mostra un andamento bifasico. Grafico: La fase alfa vede prevalere la distribuzione mentre nella fase beta prevalgono i processi di eliminazione. In genere la fase di distribuzione è quella più rapida mentre quella di eliminazione è più lenta perché perdura più a lungo nel tempo. In questo caso manca la fase in cui l’assorbimento è maggiore della distribuzione e dell’eliminazione perché manca completamente quella che è la fase di assorbimento stessa. Alcune curve di livello plasmatico evidenziano anche una terza fase di eliminazione detta fase gamma, ancora più lenta della fase beta, attribuibile a piccole quantità di farmaco rilasciato dai tessuti deposito. Grafico: La curva tende ad intersecarsi con quella del tempo , nel caso della fase beta , perché porterà la concentrazione ad essere uguale a 0. In alcuni casi , invece, questa curva viaggia in maniera parallela per un tempo maggiore , il che suggerisce la presenza di una fase gamma in cui il farmaco che durante la fase di distribuzione si era accumulato all’interno dei tessuti viene riimmesso nel torrente circolatorio e , in seguito, eliminato. Il sangue, i tessuti “normali” ed i tessuti deposito sono assimilabili a tre differenti compartimenti tra i quali il farmaco transita con differenti velocità. Le curve di livello plasmatico viste in precedenza riflettono altrettanti modelli farmacocinetici definiti: - ad un compartimento; - a due compartimenti; - a tre compartimenti ( c’è anche la redistribuzione). EMIVITA DI ELIMINAZIONE Rappresenta il tempo necessario affinchè la Cp del farmaco si riduca della metà. Nella cinetica di eliminazione di primo ordine la Cp cade con un andamento esponenziale e l’emivita è una costante. Nelle curve di livello plasmatico caratterizzate da una caduta della Cp bifasica o trifasica il termine emivita , non accompagnato da alcuna specificazione, si riferisce alla fase beta di eliminazione. Nell’arco di 4 emivite la Cp si riduce di circa il 94 %, pertanto, in assenza di una fase gamma di eliminazione, si può ritenere che dopo 4 emivite il farmaco sia in larga misura eliminato dall’organismo. Quindi si ha una prima emivita che elimina il 50 % del farmaco, una seconda emivita che elimina il 25 % del farmaco, la terza emivita il 12 % e l’ultima il 6 %. Sulla base dell’emivita di un farmaco si possono distinguere 4 diverse classi di farmaci: breve emivita : meno di 6 h intermedia emivita: tra 6 e 12 h lunga emivita: tra 12 e 24 h lunghissima emivita : oltre le 24h Questo corrisponde a: 1 somministrazione o 2 somministrazioni giornaliere oppure a 1 -2 somministrazioni ogni 2-3 gg.L’intervallo di somministrazione di un farmaco non si discosta solitamente dalla sua emivita ( ex: t ½ = 12 h, farmaco è somministrato 2 volte al gg). L’emivita può essere ricavata graficamente da curve di livello plasmatico oppure combinando i valori di Vd e di Cl tot nell’equazione: t ½ = Vd / (1,44 x Cl tot). I FENOMENI DI ACCUMULO Man mano che un farmaco viene somministrato può andare incontro a fenomeni di accumulo, che non deve mai raggiungere la MCT. Quando si somministra un farmaco, si è detto che l’intervallo di emivita corrisponde all’intervallo di somministrazione. Ciò significa che se somministro il farmaco la prima volta, esso ha un’emivita di 12 h. Dopo 12 h faccio una seconda somministrazione e, quello che avrò nell’organismo sarà il farmaco che ho appena somministrato + quello ancora circolante, quindi la seconda curva plasmatica sarà più alta rispetto a quella precedente fino ad avere una normalizzazione tra emivita e quantità di farmaco somministrato, che porterà ad una stabilizzazione della quantità di farmaco contenuto all’interno del torrente circolatorio, che sarà abbastanza distante dalla MCT e che garantirà, nel tempo, il mantenimento della MCE. In altre parole , la prima somministrazione non ha proprio raggiunto la MCE, la seconda l’ha raggiunta per un tempo brevissimo, in quelle successive la MCE viene raggiunta senza però arrivare alla MCT. Grafico: La curva di livello plasmatica relativa a somministrazioni ripetute per via orale ad intervalli di tempo costanti ed uguali ad un’emivita . Per esempio, dopo 7 somministrazioni si ha un aumento di concentrazione che permette il raggiungimento di una concentrazione tale che nelle ultime 4 somministrazioni, la fluttuazione è contenuta all’interno della finestra terapeutica ma non scende mai al di sotto della MCE. L’INFUSIONE ENDOVENOSA LENTA Se il farmaco è poco maneggevole le oscillazioni della Cp possono essere annullate praticando un’infusione endovenosa lenta. Anche con questa modalità di somministrazione (continua) la Cp viene raggiunta dopo 4 emivite.