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A che punto è la notte

A che punto è la notte
»Marco Travaglio
Per capire a che punto siamo e dove andiamo, bisogna leggere correttamente i dati quotidiani che ci piovono addosso senza
qualcuno che ce li spieghi (come nella mai troppo rimpianta conferenza stampa della Protezione civile durante il lockdown). E
quelli da tener presente non sono i nuovi contagi accertati (quasi tutti asintomatici, cioè pericolosi non per sé ma per gli altri), che
seguono il classico andamento esponenziale (70.633 da lunedì a ieri, contro i 36.666 dei primi cinque giorni della settimana
scorsa e i 18.442 della precedente) e dipendono anche dall’aumento dei tamponi (118mila il 1° ottobre, 182mila ieri). Ma quelli
più trascurati dai media: il rapporto tamponi-positivi e l’incremento dei ricoveri (in ospedale e in terapia intensiva). Il rapporto
tamponi-positivi aumenta in modo forte e costante, ma non esponenziale (da qualche giorno è tra il 9 e il 10,5%). Idem i ricoveri:
venerdì scorso erano 6.178 nei reparti Covid e 638 in TI, ieri 10.549 (+4.371) e 1.049 (+411). Quindi la seconda ondata si
conferma molto meno drammatica della prima. Ma resta grave perché, se la curva non frena, fra un mese potremmo avere TI e
ospedali pieni di malati di Covid (manco fossero gli unici malati). E allora: panico e lockdown totale no, massima attenzione e
misure chirurgiche sì. Il governo ne sta studiando di nuove, per essere pronto a vararle tra una settimana, quando inizieranno a
vedersi gli effetti (o i non-effetti) di quelle già adottate e della nuova sensibilità diffusa fra gli italiani dalla paura degli ultimi
giorni. Alla luce di quel che accade nel resto dell’Ue, investito dalla seconda ondata e costretta ad agire prima di noi, si intuisce
quali rimedi adottati anche da noi funzionano e quali no. I coprifuoco notturni sono pannicelli caldi: la notte, a parte le zone
centrali della movida nei weekend, in giro non c’è nessuno e il contagio galoppa di giorno, nelle case e sui mezzi pubblici. Invece
l’aumento dello smart working alleggerisce i mezzi pubblici e le chiusure dei centri commerciali nei weekend evitano affollamenti.
Ma siccome abbiamo almeno due metropoli fuori controllo, Milano e Napoli, come buona parte delle rispettive Regioni, e altre
aree vicine al collasso, vanno adottati lockdown metropolitani di qualche settimana per resettare la situazione, dare respiro agli
ospedali e poi ripartire, visto che la fallimentare sanità regionale non riesce a curare la gente a casa. Intanto, su scala nazionale,
vanno chiuse alcune attività non essenziali (con ristoro immediato per chi ne paga le conseguenze) per ridurre la circolazione sui
mezzi pubblici e salvare scuola e lavoro essenziale. Insomma, misure mirate e utili. Non gride manzoniane fatte per dire di aver
fatto qualcosa.