Covid, la variante svedese di FRANCESCA BORRI, 29 gennaio 2021 Giochi da tavolo la sera a Stoccolma tra i ragazzi (Francesca Borri) Il controverso modello di Stoccolma, che ha fatto più morti rispetto agli altri Paesi scandinavi, visto da un ostello. Dove i giovani europei si rifugiano per sfuggire al lockdown STOCCOLMA. Solo verso l'una, quando sento la porta aprirsi, realizzo davvero dove sono finita. E preferirei stare a Kabul, piuttosto. Invece sono in un ostello. Ma è tardi, ormai. Mi hanno detto che eravamo in due, in camerata: e ora quest'ombra che mi si aggira vicino non so neppure chi sia. Dove sarà stata? Sarà una no Vax? Una che crede al complotto del 5G? Entra, e subito chiude la finestra che ho lasciato socchiusa. Fuori è -12, è vero: ma meglio una polmonite che una polmonite interstiziale, no? E invece chiude tutto. Mi giro contro il muro. Frugo sotto il cuscino. Ma niente, la mascherina è giù nello zaino: e ho scelto un letto in alto, invece, e in diagonale al suo, come in quello schema della Bbc su come il virus circola in una stanza, o era un aereo? Quanti metri cubi d'aria a testa? - tossisce. Oddio. La tosse. In che direzione va? Forse quella giusta era la diagonale opposta. Nel dubbio, resto in apnea. Ma l'aerosol, il droplet, insomma, il virus: in quanto tempo si deposita a terra? Crisanti, dov'è? Che dice? Mi alzo. Scusa, ti ho svegliato, mi dice. No no, figurati, dico. Stavo giusto andando a fotografare l'alba. L'alba? Mi guarda. Siamo a Stoccolma. La prossima alba è ad aprile. Cosa dicono i numeri La vita è strana, qui. Per strada, due ragazzi si baciano. Stretti. E ti ritrovi a fissarli stupito. La Svezia è l'unico Paese che non ha mai avuto un lockdown. Un modello molto discusso, che a metà dicembre lo stesso re Carlo XVI Gustavo ha duramente criticato. Stoccolma si è affidata a tecnici indipendenti dal governo, e l'epidemiologo capo Anders Tegnell ha optato per raccomandazioni, invece che obblighi. Anzi, una raccomandazione sola: la distanza con l’obbligo di mascherine in alcuni casi. Per proteggere i più vulnerabili, e non intasare gli ospedali: ma anche perché tutto il resto resti uguale. Perché un lungo lockdown, ha detto, è semplicemente un lockdown che verrà violato. E quindi l'unica, in attesa del vaccino, più che fermare il virus, è mitigarlo. Rallentarlo. Perché circoli, sì. Ma senza dilagare. Con 11 mila morti su 10 milioni di abitanti, alla fine è andata meglio che nei grandi Paesi d'Europa, ma peggio che nel resto della Scandinavia (nel rapporto tra numero di vittime e popolazione è 22ª al mondo, meglio di Italia, Regno Unito, Spagna e Francia, ma decisamente peggio di tutti i cugini nordici). E però i conti, in realtà, sono ancora in corso. E le statistiche del 2020 a cui il Venerdì ha avuto accesso in anteprima dicono che la Svezia, che include tra i morti di Covid-19 anche i positivi per cui la causa principale di morte è un'altra, e che soprattutto, ha sempre un numero molto alto di morti per influenza, ha avuto solo seimila morti in più rispetto alla media degli ultimi anni. Il bilancio del Covid-19, cioè, sembra essere del 40 per cento inferiore. Da Trieste in su E Stoccolma, intanto, è più o meno come sempre. In centro è tutto aperto, e a cinque minuti da Drottninggatan, la via principale, il City Backpackers Hostel è diventato un rifugio di trentenni europei: in fuga dalla guerra al virus. "All'inizio sono stato a casa. Ma ora le regole cambiano in continuazione, non si capisce più niente. Il giorno che mi sono chiesto: 'ma che colore è oggi?', ho deciso che era meglio andare via" dice Phelipe Traco, 29 anni, di Trieste. Che fa il dj, e qui ora gestisce la radio interna. In cui ogni sera, a turno, ognuno racconta un po' come va, o non va, nel proprio Paese. Una specie di psicoterapia collettiva. "Perché insieme, si affronta tutto meglio" dice. "Ci stiamo difendendo dal nemico sbagliato. Bisogna avere paura del virus, non degli altri". "Sì, c'è un virus in giro. Anche qui. Però non è che viviamo nell'ansia" dice Iman Hamyani, 36 anni. Che lavora al City Backpackers da tempo, ma è di Teheran. E, dal momento che segue la stampa internazionale, invece che locale, era nel panico. "Registravo turisti cinesi, e respiravo il meno possibile. Disinfettavo i passaporti. Disinfettavo tutto. Ma poi mi sono guardato intorno: e gli svedesi erano tutti tranquilli. Perché bisogna essere prudenti: ma prima di tutto lucidi. Avere chiaro cosa è rischioso, e come. E cosa no. Non è che se sfiori un positivo ti contagi. Così è ovvio che vai in corto circuito". E invece, in Europa siete tutti tesi, dice: è complicato anche solo parlare. Mi avvicino un centimetro, dice, e andate un metro indietro. Ma davvero?, dico. E mi spolvero di dosso la neve. Un metro alla volta, sono finita fuori. Aiutati dalla scarsa densità Certo, qui è più facile. Già prima del Covid-19, il 30 per cento degli svedesi era in smart working. Tre volte la media europea. E però, non fa freddo? Non si sta tutti al chiuso? E pure senza mascherine, perché, per evitare un senso di falsa sicurezza, non sono obbligatorie neppure quelle? Guardo incantata la mappa di Stoccolma che mi dispiegano davanti. Gallerie d'arte, caffè. Parchi. Una pista di pattinaggio. Dopo mesi di lockdown, non ho mai visto una città più infinita. Agli eventi pubblici è vietato essere in più di otto, è l'unica restrizione, e quindi cinema e teatri sono chiusi. E l'alcol si vende fino alle 20. Ma cammini, e per strada da un bar arriva della musica, dei bambini entrano in classe in fila dietro la maestra, da un fioraio una ragazza sceglie dei fiori per la madre invece che per un morto. E in una libreria, uno starnutisce: e nessuno corre via. Al Museo della Fotografia, hanno le foto delle Galápagos. Con tutti i pesci, le tartarughe. Esistono ancora? Affitto uno slittino. E quando rotolo nella neve, uno sconosciuto mi tira su. Resto con la mano stretta nella sua. Stai bene?, mi dice. Sì sì, dico. Non ho la febbre. Ma no, dice. Non intendevo il Covid. Poi dice: sicuro che stai bene? La sera stanno insieme fino a tardi come liceali in gita, ma la mattina, al City Backpackers alle 9 sono tutti puntuali in smart working. Yana Martys ha 24 anni, è di Düsseldorf. E non ha detto a nessuno che è qui. "In Germania ti è consentito incontrare solo un estraneo. E dopo mesi di solitudine, ormai ero agli psicofarmaci. Mi imbarazza dirlo, tra migliaia di morti. Però, ammettiamolo: siamo tutti crollati. E non è solo un problema privato: è la ragione per cui i lockdown non funzionano più. Perché hai mille regole, sì, ma poi ognuno fa come gli pare. Mentre qui sono tutti attenti". Perché è facile raccomandare 'State a casa', dice Lorcan Walsh, 25 anni, di Dublino. "Ho un fratello handicappato, mio padre va e viene. Talvolta stare a casa significa eroina, alcol. E so che sarei diventato violento. Non sono qui perché ho pensato a me stesso. Ma perché ho pensato agli altri". Il Paese del welfare Più che dal lockdown fisico, sono in fuga da quello che chiamano: il lockdown mentale. "Con lo stato di emergenza, il governo in Francia ora ha pieni poteri. E non è il solo. Viviamo in una democrazia sospesa. Ma il mondo, intanto, non è sospeso. L'organizzazione del lavoro, e dunque del tempo, delle città, l'economia: sta cambiando tutto" dice Flavio Sacchi, che ha 24 anni, e viene da Parigi. "Pensa solo ad Amazon, l'esempio più noto: Jeff Bezos potrebbe versare 105 mila dollari a ognuno dei suoi dipendenti, ed essere comunque più ricco di quanto lo fosse prima del Covid. Ma non c'è il minimo dibattito. Solo uno scontro sulle regole. Sull'ora del coprifuoco. E quindi" continua "per molti la Svezia è solo 'il Paese senza lockdown'. Ma in realtà, è soprattutto il Paese del welfare. Non si discute più per ragionare. Dalla Svezia non cerco risposte per la Francia. Cerco domande". In effetti, la prima misura contro il Covid qui è stata il potenziamento dei sussidi, per far restare a casa chiunque lo volesse. E comunque, il Pil è diminuito del 2,9 per cento. Contro il 7,3 della zona euro. La ricetta perfetta (per i sani) Al City Backpackers non mancano i negazionisti. Ma sono eccezioni. "Il virus è reale e pericoloso. Non è questo il punto. Ma Netanyahu ha reintrodotto il lockdown quando sono ricominciate le manifestazioni contro di lui. Che credibilità ha?", dice Michael Spector, 28 anni, che viene da Israele. "Tra un po' si vota per la quarta volta in due anni, e a destra e a sinistra tutti vogliono dimostrarsi decisi. E inflessibili. Indipendentemente dalle conseguenze. Stiamo accumulando un debito da cui saremo travolti. Come tutti" dice. "Non ho dubbi che il lockdown sia necessario. Ma magari il lockdown opposto: quello dei più vulnerabili". I più vulnerabili. Già. Ma dove sono? Ogni tanto, per strada incroci un ottantenne coperto come un palombaro. Il 90 per cento dei morti aveva più di 80 anni. E il 45 per cento viveva in una Rsa. La Svezia è penultima in Europa per posti di terapia intensiva. E quindi, a marzo sono state stabilite le priorità: agli over 70, ai primi sintomi sono state riservate direttamente cure palliative. Sono le conclusioni della Corona Commission del Parlamento. Secondo le sue stime, qui il 20 per cento dei morti non ha avuto la visita di un medico, e il 40 neppure quella di un infermiere. Le Rsa, d'altra parte, hanno un infermiere ogni 150 ospiti. Il resto è personale non qualificato. Pagato poco, e spesso a ore. Personale che non può fermarsi neppure con la febbre. Bisogna migliorarne le competenze, ha detto la Corona Commission. E non solo quelle mediche: quelle linguistiche. Ma è un altro mondo. Nel nostro, intanto, il weekend al Nord a caccia dell'aurora boreale va rinviato di una settimana. Domani i treni sono fermi. Ma perché, è zona rossa?, chiedo. Mi guardano tutti. Ma no. Perché nevica.