Economia e società tra 1870 e 1914 La seconda rivoluzione industriale La seconda metà del XIX secolo fu un periodo di intenso sviluppo economico, tecnologico e scientifico. Oltre alla Gran Bretagna e al Belgio (gli unici paesi fino ad allora fortemente industrializzati), anche nuovi paesi come Francia, Prussia, Svizzera e Stati Uniti trasformarono le loro economie da agricole in industriali. L’aumento della produzione incrementò il commercio mondiale, che aumentò del 260%. Questa nuova ondata di industrializzazione non si basò però sull’industria tessile, bensì sull’industria chimica e sulla produzione di ferro e carbone (poi sostituiti dall’acciaio e dal petrolio), ovvero sulle materie prime necessarie per la costruzione e il funzionamento delle macchine. I paesi più interessati da questa “seconda rivoluzione industriale” furono proprio quelli dal sottosuolo più ricco. Inoltre, a dare avvio al nuovo processo di industrializzazione non fu più l’iniziativa degli imprenditori borghesi, come era avvenuto nell’Inghilterra del Settecento, ma furono i governi. Fu infatti grazie ai grandi investimenti statali che le attività produttive e commerciali poterono svilupparsi impetuosamente. La seconda rivoluzione industriale comportò innanzitutto un potenziamento dei trasporti marittimi e terrestri: le navi a vapore superarono di numero le navi a vela, e le reti ferroviarie conobbero uno sviluppo vertiginoso tanto in Europa quanto negli Stati Uniti. Una vera e propria rivoluzione nelle comunicazioni fu poi provocata dall’invenzione del telegrafo, inaugurato negli Stati Uniti nel 1844, e del telefono, brevettato negli anni settanta dell’Ottocento. Una prima forma di globalizzazione Tutte queste trasformazioni contribuirono a saldare i legami tra i vari paesi: tutto il mondo industrializzato era ormai unito in un unico mercato globale. In particolare, la “corsa all’oro” che si verificò dopo la scoperta di giacimenti di questo metallo in California e in Australia fece aumentare notevolmente i traffici marittimi tra Europa e Oceano Pacifico. Le ferrovie americane, però, non bastavano più a sostenere l’enorme flusso di merci circolante tra le coste atlantiche e quelle del Pacifico, così attorno al 1880 gli Stati Uniti iniziarono la progettazione del Canale di Panama per mettere in comunicazione i due oceani; esso verrà inaugurato nel 1914 e cambierà il volto del commercio mondiale. La Belle Époque La grande crescita economica, accompagnata dallo sviluppo tecnologico e sanitario, comportò non solo un notevole incremento demografico (con conseguente sviluppo delle città), ma anche il miglioramento delle condizioni di vita della grande borghesia industriale e della classe media, cioè di quella parte della popolazione impegnata nella burocrazia, nelle banche e negli uffici. Perciò il periodo tra il 1870 e il 1914 fu successivamente denominato Belle Époque (“epoca bella”), espressione che nacque dal rimpianto per il fatto che tutta questa positività fosse stata spazzata via dalla Prima Guerra Mondiale. In questi decenni la vita quotidiana fu rivoluzionata dall’introduzione dell’energia elettrica, che venne usata non solo nelle case, ma anche per l’illuminazione delle città e per i primi tram elettrici. Un’altra novità fu costituita dall’utilizzo dell’alluminio, dell’acciaio e del petrolio. Questo combustibile sostituì gradualmente il carbone e alimentò i motori a scoppio e a diesel, alla base della nascita dell’automobile. L’americana Ford fu una delle prime fabbriche a produrla. Nel settore dell’industria chimica l’invenzione del fertilizzanti artificiali permise un notevole incremento nella produzione agricola, mentre i coloranti artificiali alimentarono il settore tessile. In campo medico gli studi sui microbi di Koch e Pasteur contribuirono a debellare malattie come la tubercolosi e il vaiolo. L’aumento dei redditi e il miglioramento della qualità della vita portarono alla crescita del tempo libero a disposizione della classe borghese. Nacquero così nuovi passatempi: il cinema (inventato dai fratelli Lumière), le gite in campagna in automobile e gli sport di massa, che divennero oggetto di grandi manifestazioni, come le Olimpiadi (la prima fu nel 1896) e il Tour de France. La diffusione nelle città dei primi grandi magazzini rese il fare acquisti un piacevole passatempo, mentre i numerosi viaggi di esplorazione in Asia e Africa portarono alla nascita dei musei di storia naturale. Grazie al potenziamento dell’istruzione pubblica l’analfabetismo diminuì in tutti i paesi europei; alla fine del XIX solo Russia, Italia e Spagna avevano ancora metà o più della popolazione incapace di leggere e scrivere. Di conseguenza anche i giornali aumentarono la loro diffusione: la gente iniziò ad interessarsi sempre di più a quanto accadeva e a domandare un ruolo più attivo nella società. Nacquero così i primi partiti di massa, che venivano incontro alle esigenze della gente comune ed ebbero molto successo. In Italia il primo esempio di questo tipo si ebbe con il Partito Socialista Italiano, nato nell’ultimo decennio dell’Ottocento. Il Positivismo e le altre ideologie Per tutte queste ragioni, nella società europea si diffusero ottimismo e fiducia. Si iniziò a pensare che l’Europa sarebbe andata incontro ad un’epoca di prosperità ininterrotta: nacque così la corrente filosofica del Positivismo, che diffondeva l’idea di un progresso perpetuo e lineare, nella convinzione che la scienza avrebbe svelato tutti i misteri della natura. Di conseguenza la religione cristiana iniziò a perdere consensi. Al distacco della società dalla religione contribuì anche la teoria dell’evoluzione, formulata da Charles Darwin nel 1858. Secondo lo scienziato inglese, ogni forma di vita si è evoluta nel corso del tempo attraverso diversi cambiamenti favoriti dalla necessità di adattarsi all’ambiente circostante. Alla selezione operata dalla natura sopravvivono solo gli individui più forti e le specie più adatte, che trasmettono le loro qualità alle generazioni successive. Anche l’uomo, secondo Darwin, è frutto di un complesso meccanismo evolutivo che, partendo dalla scimmia, sarebbe arrivato fino a noi. Questa teoria scientifica, benché ancora oggi presenti alcuni punti oscuri, riscosse un indubbio successo e fu spesso usata per attaccare la visione religiosa di un Dio creatore dell’universo. Il tentativo di arrivare ad una società perfetta in cui l’uomo potesse essere finalmente felice avvicina il Positivismo ad altre due correnti di pensiero che si diffusero tra fine Ottocento e inizio Novecento: Capitalismo e Marxismo. Se il Positivismo si affidava alla scienza, che avrebbe guarito tutte le malattie e risolto tutti i problemi dell’umanità, il Capitalismo si affidava alla potenza del denaro e dello sviluppo economico e industriale. Il Marxismo, ovvero il pensiero elaborato dal filosofo tedesco Karl Marx, si affidava invece alla politica e teorizzava un futuro in cui, attraverso una rivoluzione, gli uomini sarebbero stati tutti uguali e perciò felici. Ciò che accomunava queste tre correnti di pensiero (che saranno poi chiamate “ideologie”) era il fatto che in esse mancava ogni riferimento a Dio o a una visione religiosa della vita. Tuttavia lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, in cui la scienza produrrà armi di distruzione di massa, e le terribili dittature del Novecento dimostreranno ben presto il fallimento di questi progetti ideologici.