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SOCIOLOGIA DEL DIRITTO Libro Prina

Introduzione del PRINA.
L'interesse per l'enorme, le regole e i vincoli che interferiscono con il libro agire degli individui e tra gli interessi
"fondativi" della Sociologia come scienza sociale.
Renato Treves (primo maestro della disciplina, in Italia), sottolinea come Tönnies e Durkheim, (dopo Saint
Simon,Comte e Spencer, i fondatori della sociologia), abbiano posto al centro della loro elaborazione teorica il
diritto.
Tönnies “dell’insuf cienza dell’individualismo e dell’esigenza del solidarismo”, fa una distinzione tra relazioni sociali
che caratterizzano le comunità e quelle proprie della società. Entrambe sono possibili grazie all'esistenza di norme
di diritto, per l'autore la sociologia generale sbocchi e si risolva nella Sociologia del diritto e a sua volta la
sociologia del diritto dipenda dalla sociologia generale e si risolva in essa.
Anche per Durkheim si può parlare di indissolubile Unione della società col diritto, dal momento che la vita sociale
non può organizzarsi se non attraverso il diritto, che è il "simbolo visibile" della solidarietà sociale.
Secondo i “con ittualisti” che vedono nel diritto lo strumento, da parte di chi detiene il potere, non solo per porre un
freno ai con itti della società, ma soprattutto per imporre a tutti le proprie regole A tutela dei propri interessi e al
ne di assoggettare altri gruppi sociali.
Queste due diverse concezioni, quella “consensuale” quella “con ittuale”, hanno caratterizzato sul piano teorico il
pensiero sociologico in ordine al rapporto tra diritto e società.
Il fondamento della Sociologia del diritto in senso proprio è legato al pensiero e all'opera di Max Weber.
Egli ha dato un contributo fondamentale al processo di consolidamento della Sociologia come scienza ed è
considerato un riferimento essenziale per la visione del rapporto tra individui, chiamati nel linguaggio sociologico
attori sociali, e società.
Alla Sociologia del diritto Weber dedica il capitolo Settimo della sua opera fondamentale economia e società.
essenziale il concetto di "agire sociale" .
Per agire si deve intendere un atteggiamento umano, se è in quanto l'individuo che agisce o gli individui che
agiscono congiungono adesso un senso soggettivo. un agire sociale è quello riferito all'atteggiamento di altri
individui, è orientato nel suo corso in base a questo. l'agire sociale può essere orientato, tra l'altro, in base alla
rappresentazione della sussistenza di un ordinamento legittimo, il diritto appunto, la cui validità è garantita
dall'esterno, mediante la possibilità di una coercizione, sica o psichica, la parte dell'agire, diretto a ottenere
l’osservanza o a punire l'infrazione, di un apparato di uomini espressamente disposto a quale scopo.
Il processo di specializzazione della Sociologia del diritto all'interno del contesto della sociologia, vede una
speci cazione progressiva dei temi e dei problemi propri.
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Il chiarimento delle differenze tra Sociologia del diritto e scienza del diritto sotto il pro lo degli oggetti di
interesse e delle competenze richieste, Con riferimento a quelle necessarie sotto il pro lo metodologico,
per trattare il diritto come oggetto di ricerca del sociologo.
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La distinzione tra punto di vista interno e punto di vista esterno con cui si osserva, studia e analizza, tratta il
diritto.
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La distinzione, A proposito di rapporto diritto-ambiente sociale, tra il diritto inteso, nella prospettiva propria
dei Giuristi, essenzialmente come variabile indipendente, che cioè, una volta posto, ha effetti sulla società,
e il diritto visto come variabile sia dipendente, e cioè come effetto, conseguenza delle dinamiche sociali,
degli interessi in campo, delle relazioni di potere, eccetera, che indipendente, ovvero capace, pur coi limiti,
di in uenzare le dinamiche sociali, gli interessi, le relazioni, i comportamenti eccetera.
Lo sviluppo della disciplina è segnato dal contributo riconducibile a due grandi orientamenti:
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L'approfondimento della Dimensione teorica della disciplina su questioni quali, per fare solo qualche
esempio, e le possibili de nizioni di norma, diritto, sanzione; il sistema del diritto in relazione al sistema
sociale e agli altri sistemi che ne costituiscono la struttura; le funzioni del diritto; i signi cati dell'agire in
rapporto al diritto come particolare orientamento dell'azione;
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Lo sviluppo di un articolato programma di ricerche empiriche sul diritto in azione, sulle concrete modalità di
agire degli individui In rapporto ai dettati normativi, sui problemi di effettività ed ef cace di speci che
disposizioni o complessi di norme, sulle modalità di interpretarle da parte di titolare di ruolo chiamati a dare
attuazione o a implementare le stesse norme.
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SOCIOLOGIA DEL DIRITTO
Chiaramente pur nella specializzazione della disciplina non mancano convergente di prospettive teoriche e di
interessi di ricerca empirica con altre sociologie specialistiche come la sociologia politica, la sociologia del crimine
e della devianza, la sociologia dell'amministrazione.
In sintesi guardare al diritto dal punto di vista sociologico signi ca considerarlo come un fenomeno sociale che, in
quanto tale, nasce e si modi ca incessantemente a partire dalle relazioni sociali e dai modi condivisi o dominanti di
de nirle o quali carle , al tempo stesso, alle relazioni sociali si applica, modi cando le misure diversa sia sotto il
pro lo del loro concreto manifestarsi o svolgersi, sia sotto quello delle de nizioni e dei modi di pensare prevalenti o
dominanti che le connotano.
In questo senso il diritto dipende da e, al tempo stesso, contribuisce a determinare la costruzione sociale della
realtà, ossia quel modo, di de nire le situazioni, interpretarle mediante tipizzazioni, esprimere valutazioni e
orientare di conseguenza le azioni, condiviso dagli appartenenti a una certa società.
PIANO TEORICO E PIANO EMPIRICO
Il piano della ri essione teorica è quello della ricerca empirica non sono separati, anzi si intrecciano e si
alimentano reciprocamente, non può esistere buona ricerca empirica senza basi teoriche, anche se la teoria si può
e si deve alimentare, in campo sociologico, di quanto produce una ricerca opportunamente orientata e
metodologicamente robusta sotto il pro lo delle domande di ricerca, degli strumenti utilizzati, delle elaborazioni dei
dati raccolti, delle evidenze che se ne possano trarre.
V. Ferrai Afferma che un modello di sociologia del diritto come scienza critica impone a chi esercita in questo
campo del sapere di essere al contempo Giuristi e sociologi. Questo signi ca che non si può fare della Sociologia
del diritto senza diritto, e non si può fare della Sociologia del diritto senza sociologia.
LE DEFINIZIONI DI DIRITTO E NORMA
Il tema della de nizione norma/regola come "messaggio normativo nella prospettiva socio-giuridica.
Relativamente al "linguaggio settoriale" che caratterizza la disciplina possiamo individuare delle distinzioni:
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Norme prescrittive, che appunto obbligano a tenere determinati comportamenti, enorme pro-scritti ve, che
cioè pongono divieti.
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Molte altre distinzioni come norme vincolanti e non vincolanti; costruttive e regolative, punto e virgola di
uso, costume, della Mona, della morale, della Tecnica e del diritto; consuetudinarie e statuite; scritte e non
scritte; generali e individuali; di condotta e di competenza.
Tra tutte le distinzione è centrale per la prospettiva sociologica la distinzione tra norme sociali e norme giuridiche.
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Le norme giuridiche sono enunciati linguistici posti da istituzioni legittimate a elaborarli e a imporgli,
provviste di sanzioni prede nite formalmente, esistenti e vincolanti no a quando non sono abrogate, anche
se diffusamente e eluse;
•
Le norme sociali diverse dal diritto sono orientamenti di azione trasmessi culturalmente e accettati e
condividi dagli appartenenti a una certa società o a parte di essa, Provviste di sanzioni prede nite
informalmente, esistenti e vincolanti no a quando sono seguite dalla collettività o dalla maggioranza di
essa.
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Distanza di sanzioni è un elemento correlato alle norme. Se le concepiamo essenzialmente come regole che
orientano e guidano i comportamenti degli individui, appare evidente che la forza della loro prescrittività risiede
nelle sanzioni previste, ma soprattutto applicate, nel senso di spostamento dagli obblighi o di infrazioni dei divieti
che ne costituiscono il contenuto, e questo vale per le sanzioni negative e anche per le sanzioni positive.
Queste considerazioni non riguardano solamente le norme riferite comportamenti di singoli cittadini, ma si possono
riferire anche alle scelte di osservanza o, di non rispetto di obblighi loro imposti, da norme di tipo procedurale
organizzativo nalizzate alla tutela di diritti, interessi collettivi o alla predisposizione di servizi, da parte di istituzioni
e amministrazioni chiamate a garantirgli.
Riguarda l'interesse della Sociologia del diritto per il peso e l'incidenza (anche in termini di deterrenza, ossia di
prevenzioni di future ulteriori condotte non rispettose di obblighi e divieti)
E, dall'altro, delle sanzioni sociali o informali, che si manifestano sul piano relazionale, delle opportunità negate o
dell'immagine pubblica del soggetto che trasgredisce le norme.
Adesso si pensa che è una sanzione formale/istituzionale sia più onerosa per chi la subisce gli una sanzione
sociale e che le due sanzioni siano in genere abbinate è reciprocamente in grado di rafforzarsi.
Però se osserviamo più attentamente si può evidenziare il contrario, come in molti casi possa essere più gravosa
una sanzione informale (dall’attribuzione di uno stigma all'esclusività sociale, dalla perdita della reputazione al ritiro
della ducia da parte degli altri chiudi parentesi di una sanzione formale).
Questo porta a sottolineare la loro autonomia, ossia l'anno scontata compresenza delle sanzioni formali/
istituzionali e di quelle sociali, soprattutto se si guarda ad Alcune categorie di soggetti e alla loro collocazione
sociale.
Il sistema giuridico non è mai statico, è la formazione la trasformazione delle norme costituiscono un processo
continuo. questo avviene perché il senso di legge non è mai ssato in via de nitiva, ma soggiace a sottile
modi cazioni per i cambiamenti che sempre intervengono nel signi cato delle parole, nelle condizioni di fatto alle
quali le leggi fanno riferimento, nella struttura sociale del paese, nelle opinioni dominanti su ciò che è giusto e
sbagliato e nelle generale ambiente culturale, sia perché agenti numerevoli sono al lavoro per proporre nuove
norme, o modi cazioni alle vecchie. Il modo in cui ciò avviene non è lineare, meccanico o scontato.
Pur essendo evidente l'esistenza di nessi rilevanti e di forte interdipendenza tra i problemi bisogni che si
manifestano le diverse società e le spinte ad adeguare il quadro normativo, non può non essere riconosciuta,
soprattutto in una società caratterizzata da elevata complessità, una "relativa autonomia" nei due ambiti, quello del
diritto e quello delle dinamiche sociali.
Verso l'osservazione empirica di vicende e dinamiche nella società contemporanea, possiamo sostenere una
visione "dialettica" nei rapporti tra struttura economico-sociale, distribuzione del potere e diritto.
Facciamo riferimento alla Classica distinzione tra tre diverse concezioni del rapporto tra società e diritto: quella
consensuale, quella con ittuale e quella dialettica (Chambliss e Seidman).
Molti elementi contraddicono la visione del diritto propria delle teorie consensuali secondo qui in diritto appare
espressione della sollecitudine dello stato verso i cittadini e luogo di sintesi di valori condivisi e di beni comuni da
tutelare nell'interesse del funzionamento del sistema e del benessere di ciascun consociato.
Un diritto capace di garantire a tutti uguaglianza di opportunità e di trattamento quando si ferì chi no con itti o
prevaricazioni.
Ma appare limitata anche la visione opposta, quella che deriva dalla prospettiva de nita "con ittuale", che insiste
sulla differente distribuzione della ricchezza materiale del potere, che ne correlato, di regolare le dinamiche sociali
tutelando esclusivamente gli interessi delle classi dominanti.
Anche se è più fondata nella prima prospettiva, questa prospettiva rischia tuttavia di non considerare
adeguatamente il rapporto tra le mutevole dinamiche dell'interazione tra le istituzioni formalmente deputate alla
decisione e settori della società, capaci, ad esempio, il generale movimenti sociali e politici di lotta per la
rivendicazione di diritti o condizioni di vita diverse, per attenuare il potere e l'arbitrio nelle relazioni sociali e nel
mondo del lavoro, che per contare nelle sedi della produzione dello stesso diritto e in quelle della sua applicazioni
giurisdizionale.
Infatti porre attenzione particolare al ruolo degli attori singoli e soprattutto associati, presenti nella scena sociale e
politica, alle forme dello scambio politico che caratterizzano la produzione di norme, ai risvolti simbolici dell'attività
legislativa. in questo senso la prospettiva dotata di una migliore capacità esplicativa, empiricamente fondata,
appare quella de nita prospettiva "dialettica", che cerca di ovviare ai limiti dei modelli citati.
In quanto comprendono obiettivi, progetti, indirizzi politici, scopi, sono l'espressione di una scelta cosciente: il
diritto, in questo senso incarna le scelte di coloro che prendono decisioni, pure solo in senso metaforico che la
società o lo Stato compiono delle scelte.
Consegue che non si può negare che solo alcune aree del diritto risentono degli interessi e dell'in uenza della
classe dominante, e però è errato affermare che la classe dominante sia l'unica responsabile della creazione e
della sanzione del diritto.
A volte si tratta di attori individuali, A volte gli attori collettivi, ma è in questo senso che la creazione del diritto
ri ette un processo dialettico, "un processo nel quale le persone lottano, e nel far ciò, creano il mondo in cui
vivono". Naturalmente in questa lotta Non tutti hanno le stesse probabilità di successo, in genere i ceti
economicamente dominanti si trovano considerevolmente avvantaggiati rispetto alle classi lavoratrici nella lotta per
ottenere che il diritto esprimo difenda i loro interessi e le loro opinioni.
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IL PROCESSO DI PRODUZIONE DEL DIRITTO
Punto di partenza è la trasformazione di un “interesse", espresso da qualcuno degli attori sociali che abbiamo
sopracitato, in quella che è de nita una "e pretesa", trasformazione che consiste nel tradurre l'esigenza che venga
affrontato un problema, si trovi la soluzione a un con itto e si affermi un diritto magari avvertito in modo generico,
in formulazione in grado di ricevere ascolto e di essere trattate dalle istituzioni legittimate a produrre diritto.
Questo processo trasformativo di grande rilievo è l'esplicitazione e il richiamo costante al nesso tra interessi e
valori.
Sposta la legittimità di speci ci soggetti a produrre decisioni aventi valore di norma, nonché le procedure che
legittimamente ne caratterizzano l'operare, il discorso sociologico-giuridico si sviluppa, nelle analisi che hanno
questo tipo di interesse, su diversi fronti: e differenti modelli di "legislatore", i passaggi che connotano la presa in
considerazione e la trattazione delle questioni, i tipi di processo legislativo, le differenti categorie di razionalità che
guidano le decisioni da parte degli attori s gati punto inoltre ha un grosso peso nella decisione l'opinione pubblica
ri essa nei media, ma anche il ruolo dei saperi esperti e, tra essi, del sapere giuridico.
Piano teorico, da questo tipo di interesse derivano importanti considerazioni sul rapporto tra la decisione normativa
e il con itto sociale.
Infatti all'origine di molte domande o pretese di produzione o innovazione normativa via un con itto, sia Esso tra
interessi o tra valori.
Il sociologo del diritto, afferma che l'analisi del processo di produzione normativa consente di andare al di là delle
apparenze e delle propagande associate alla promulgazione di una nuova legge. conserve di osservare le tattiche
adottate, le razionalità che guidano le scelte e che possono mutare nel corso del processo sulla base di
convenienze e opportunità.
Il prevalere di una concezione "strumentale" del diritto provoca una continua sollecitazione al mutamento di norme
anche appena promulgate, la quotidiana ricerca della norma nuova, dal momento che le decisioni assunte lì volte
volta sollevano immediatamente nuovi problemi e inducono ulteriori con itti che richiedono di essere trattati. gli
interessa a cogliere il nesso tra diritto e con itto impone, per altri versi, di non limitare l'analisi al risultato raggiunto
in sede di formulazione legislativa, ma di veri care sul terreno dell'ef cacia in reale grado di mutamento dei
rapporti e delle situazioni sociali.
L’INCIDENZA DEL MUTAMENTO SULLE DINAMICHE SOCIALI, SULLE RELAZIONI E SUI COMPORTAMENTI.
Per quanto riguarda l'impatto delle norme sulla società, L.Friedman elenca tra le funzioni del diritto quelle di
composizione delle controversie, di esercizio del controllo sociale, di allocazione di risorse e di beni scarsi, di
promozione di processi di cambiamento della società nel senso della cosiddetta "ingegneria sociale", nonché sul
piano morale di de nizione di con ni e standard di condotta e di affermazione di valori che si propongono
retoricamente come ispirati a principi di giustizia.
Sottolinea inoltre che il richiamo a tali funzioni non può dimenticare che la società è un'astrazione e che dunque
ogni ragionamento va riportato alle differenziazioni di potere che la strutturano e alla con ittualità che la pervade.
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Ferrari afferma che vi sono essenzialmente tre funzioni universali del diritto: l'orientamento sociale, il trattamento
dei con itti dichiarati, la legittimizzazione del potere. adesso e poi si possono ricondurre altre funzioni più
speci che: le funzioni allocativa o distributiva, organizzativa, educativa, integrativa, repressiva, promozionale.
L'analisi sociologico-giuridica e osservare più da vicino la pertinenza di ciascuna di esse in società e momenti
diversi, guardando a quanto e a quali condizioni singole speci che norme giuridiche assolvono le funzioni per cui
sono prodotte ed evocate.
Il sociologo del diritto si pone il problema di andare al di là della dogmatica e di ri ettere sulle cose che accadono
nel mondo reale in conseguenza dell'introduzione o del mutamento di una determinata norma giuridica appunto,
nello speci co nel momento in cui essa viene applicata a casi concreti, ad esempio nei Tribunali.
Bisogna assumere il principio che l'impatto o l'incidenza delle norme sulla società nel suo insieme, sul
funzionamento delle istituzioni e sui comportamenti degli individui non è scontata, non è "data," per il solo fatto che
esista una norma. Quindi possiamo affermare che se i rapporti e le dinamiche sociali in trasformazione cambiano il
diritto, Anche lo stesso diritto, in quanto istituzione viva, Può cambiare a sua volta la società o incidere sul
segmenti della stessa. Chiaramente Bisogna considerare ogni legge più che come imperativo in grado di
provocare cambiamento sociale, come un elemento la cui in uenza sulla società è solamente "potenziale".
Potenziale per il fatto che anche il comportamento dei destinatari delle norme promulgate, come cittadini o come
titolare di ruoli, è sempre il risultato di una serie di scelte compiute all'interno del proprio ambiente.
Quindi nell'analisi È necessario far riferimento a d'altri sapere i congiunti, come la psicologia sociale, la Sociologia
della devianza, analisi delle politiche pubbliche eccetera.
I Due aggettivi effettivo ed ef cace affermano che nelle analisi e nelle ricerche in questo campo si devono
distinguere due piani: da un lato quello della effettività, ovvero delle azioni volte ad applicare quanto previsto dalla
ho dalle norme, a dare attuazione alle indicazioni di azione che vi sono pre gurate, a dare cioè sostanza al dettato
normativo attraverso scelte impegni da parte di attori diversi, in quanto titolare di ruoli istituzionali.
Altro piano È il piano della "ef cacia” della norma, Ovvero la veri ca che essa abbia raggiunto gli obiettivi
dichiarati, abbia soddisfatto le domande avanzate, abbia modi cato nel senso spiegato le condizioni dei problemi o
delle situazioni cui si è applicata.
Il nesso tra effettività ed ef cacia sembrerebbe scontato, nella misura in cui Risulta evidente che è una norma non
effettiva Non può essere ef cace, in realtà potendosi dare situazioni in cui si affronta più ef cacemente un
problema mediante un Astensione dall'agire Da parte di chi dovrebbe farlo.
Proprio dall'analisi di quanto succede "a Valle" della produzione di una norma o di una legge poi può emergere con
evidenza la distinzione tra il piano sostanziale della stessa produzione, in termini, ad esempio, di interessi
affermati, tutelati, difesi e il piano simbolico che viene coltivato nello stesso processo di decisione al ne di
garantirsi consenso e legittimazione, anche indipendentemente da effetti reali sull’ambito o problema oggetto di
attenzione.
Si possono distinguere norme intenzionalmente in effettive, è dunque inef caci sul piano sostanziale, e norme che
si dimostrano inef caci nonostante siano effettive e siano state implementate, per errori di valutazione degli
strumenti normativamente de niti.
Le contrapposizioni da noi evidenziate nei paragra 1 e 2 sono le seguenti:
In che modo la sociologia “guarda” il diritto, ne ha fatto oggetto di studio e ri essione teorica. I comportamenti
individuali e collettivi, le relazioni, le istituzioni che fanno riferimento al diritto. Il problema dell’ordine e della
condizioni che garantiscono l’ordine e la coesione sociale, condizioni che consistono nelle limitazioni poste alla
assoluta libertà degli individui. I padri fondatori hanno basato le loro teorie ponendo al centro il diritto. Tonnies
richiama la distinzione tra Comunità e Società. Entrambe esistono perché esiste un diritto comunitario e di
famiglia (nel primo) e un diritto societario in cui prevale il diritto delle obbligazioni (nel secondo). Per Durkheim il
diritto appare il “simbolo visibile” della solidarietà sociale. Sociologia appare una scienza autonoma, la sua
ri essione sul diritto appare costitutiva di ogni possibile ri essione generale sulle condizione di esistenza, di
funzionamento e di mutamento di qualunque società. Weber (fondatore sociologia del diritto) presenta la
dicotomia attore sociale e agire sociale. Agire, riferito in base al suo senso e intenzionato dall’agente
all’atteggiamento di altri individui, può essere orientato in base alla rappresentazione della sussistenza di un
ordinamento legittimo. Il diritto appunto, la cui validità è garantita dall’esterno mediante la possibilità di una
coercizione da parte dell’agire diretto a ottenere l’osservanza o a punire l’infrazione, di un apparato di uomini
espressamente disposto a tale scopo.
Via via la disciplina ha avuto un processo di specializzazione all’interno del contesto della sociologia:
- chiarimento differenze tra sociologia del diritto e scienza del diritto (sotto il pro lo degli oggetti di interesse,
competenze, metodologie per trattare il diritto come oggetto di ricerca del sociologo);
- la distinzione tra punto di vista “interno” e punto di vista “esterno”, con cui si osserva, studia, tratta il diritto
(anche in riferimento alle diverse culture, cultura giuridica interna e cultura giuridica esterna);
- distinzione diritto-ambiente sociale: diritto inteso nella prospettiva dei giuristi (essenzialmente come variabile
indipendente che cioè una volta posto ha effetti sulla società) ma anche altresì come variabile dipendente, cioè
effetto delle dinamiche sociali, che indipendente ovvero capace di in uenzare le dinamiche sociali, gli interessi, i
comportamenti.
Possiamo dire che guardare al diritto dal punto di vista sociologico signi ca considerarlo come un fenomeno
sociale che in quanto tale, nasce e si modi ca incessantemente a partire dalle relazioni sociali e dai modi di
de nirle o quali carle e al tempo stesso, alle relazioni si applica, modi candole in misura diversa sia sotto il pro lo
del loro manifestarsi sia sotto quello delle de nizioni e dei modi di pensarle prevalente che lo connotano. In questo
senso il diritto dipenda da e contribuisce, a determinare la “costruzione sociale della realtà”. Non può esistere
buona ricerca empirica senza basi teoriche. Per fare sociologia del diritto è necessario essere al contempo giuristi
e sociologi, intreccio di conoscenza di entrambi i campi.
DOMANDA N 2
Il messaggio normativo nella prospettiva socio-giuridica vuol dire guardare alla natura dei diversi messaggi, alla
fonte che li produce, ai media che li veicolano, alle funzioni che essi svolgono. Ma soprattutto lo studio sul modo in
cui gli individui ad essi si rapportano. Distinguendo tra norme prescrittive e norme proscrittive (le prime obbligano a
tenere determinati comportamenti, le seconde pongono divieti). Importante per la prospettiva sociologica è la
distinzione tra norme sociali e norme giuridiche. Le prime sono enunciati linguistici posti da istituzioni legittimate ad
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Nel paragrafo 2.3, di grande rilievo, in questo processo trasformativo è il richiamo costante al nesso tra interessi e
valori. Posto che il diritto è chiamato a regolare con itti che possono riguardare interessi o valori, è interessante
notare che quasi mai i con itti tra i due campo sono nettamente segnati. Sul rapporto tra la decisione normativa e il
con itto sociale: vi è sempre un con itto sia esso tra interessi o tra valori, quando si assiste a una pretesa di
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elaborarle e a imporle, provviste di sanzioni. Le seconde sono orientamenti di azione trasmessi culturalmente e
accettati/condivisi dagli appartenenti a una certa società, sanzioni informali. Elemento in comune è la sanzione
(positiva o negativa). Le sanzioni hanno peso ed incidenza: sanzioni istituzionali o formali (denuncia, condanna) e
sanzioni sociali o informali (immagine pubblica di chi trasgredisce le norme). Più gravosa la seconda a volte, non è
scontata la compresenza. Altra contrapposizione è dinamiche sociali e mutamento del diritto. Quando gli attori
sociali avanzano “pretese” nei confronti dei decisori e, riuscendo a imporle nell’agenda politica, possono
contribuire al prodursi di speci che norme giuridiche. Troviamo tre distinzioni del rapporto tra società e diritto:
- teoria consensuale = diritto capace di garantire a tutti uguaglianza di opportunità e di trattamento quando si
veri cano con itti o prevaricazioni;
- prospettiva con ittuale = tutela solo delle classi dominanti, non neutralità dello Stato;
- prospettiva dialettica = il diritto incarna le scelte di coloro che prendono decisioni, l’esistenza di margini di scelta
da parte delle persone costituisce un elemento non trascurabile nel determinarsi del diritto.
Nelle vicende che connotano tali mutamenti giocano un ruolo importante attori diversi, protagonisti del processo di
sollecitazione del mutamento normativo. A volte sono attori individuali (leader di movimenti o forze politiche), altre
volte attori collettivi (movimenti sociali, gruppi di interesse, lobby).
produzione o innovazione normativa. L’interesse a cogliere il nesso tra diritto e con itto impone di non limitare
l’analisi al risultato raggiunto in sede di formulazione legislativa, ma di veri care sul terreno dell’ef cacia il reale
grado di mutamento dei rapporti e delle situazioni sociali.
Nel paragrafo 2.4 viene de nito l’impatto che le norme hanno sulla società e il lavoro del sociologo il quale svela
la distanza tra il diritto “sulla carta” e il diritto “in azione”. E soprattutto attraverso delle funzioni che il diritto
assolve nell’ambito dei sistemi sociali.
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Friedman elenca tra le funzioni del diritto quelle di composizione delle controversie, di esercizio di controllo
sociale, di allocazione di risorse e di beni scarsi, di promozione di processi di cambiamento della società, nonché
sul piano morale di de nizione di con ni e di standard che si ripropongono come ispirati al principio di giustizia. V.
Ferrari sostiene che sono tre le “funzioni universali” del diritto: l’orientamento sociale, il trattamento dei con itti
dichiarati, la legittimazione del potere. Rispetto a queste funzioni l’analisi sociologico-giuridica considera il diritto
come “variabile indipendente” e la società come “variabile dipendente”. Anche se quest’ultimo aspetto verrà
considerato uno schematismo eccessivo poiché in questo tipo di analisi si aprono innumerevoli problemi circa il
mutamento nei comportamenti, relazioni tra singoli e realtà sociali. Qui ci ritroviamo nel terreno delle dif coltà
metodologiche quando ci si ripropone di ritrovare nessi causali nel campo di scelte e orientamenti degli individui in
presenze di una moltitudine di situazioni. L’impatto o l’incidenza delle norme sulla società non è scontata non è
“data”. Quindi possiamo dire che i rapporti e le dinamiche sociali in trasformazioni cambiano il diritto e viceversa.
Tuttavia chi ha il compito di osservare il diritto in “azione” deve considerare ogni legge non come un imperativo ma
come un’in uenza sulla società. Nelle analisi e nelle ricerche in questo campo si devono distinguere due piani:
l’effettività e l’ef cacia. Nella prima si da attuazione alle indicazioni di azione, dare cioè sostanza al dato normativo
attraverso scelte e impegni (es azioni di controllo da parte delle forze dell’ordine). Il secondo, per cui l’ef cacia
della norma, ovvero la veri ca che essa abbia raggiunto gli obbiettivi dichiarati, abbia modi cato nel senso
auspicato le condizioni dei problemi (ciò che riguarda più il punto di vista sociologico. E poi un’altra
contrapposizione la ritroviamo che ritroviamo a “valle” della produzione di una norma è la distinzione tra il piano
sostanziale e sul piano simbolico. Nel primo si fa riferimento agli interessi affermati, tutelati e difesi, il secondo si
concretizza nello stesso processo di decisione al ne di consenso e legittimazione, anche indipendentemente da
effetti reali sul problema oggetto di attenzione (es normative proibizioniste in materia di droghe, le quali sono
considerate non solo inef caci ma anche produttrice di aggravamento sul problema).
Il problema della società del diritto è stato affrontato attraverso due grandi loni, cioè il positivismo giuridico e lo
storicismo.
I giuristi fanno una ri essione sul diritto, perché ri ette la società con cui hanno a che fare e quindi fanno giocare
entrambe le rappresentazioni giuridiche dei rapporti sociali, dando luogo al positivismo, più in particolare al
giuspositivismo; mentre i presupposti normativi dell'agire danno luogo allo storicismo.
Le due correnti dottrinali che condussero al giuspositivismo e alla tradizione della scuola storica, sono le
rappresentazioni giuridiche dei rapporti sociali e i presupposti normativi dell’agire: la prima dà luogo al
giuspositivismo, il rappresentante di questo è Kelsen, il quale farà uso dello stato di diritto che è strumento della
dottrina giuridica; la seconda invece darà luogo alla corrente dello storicismo che avrà il suo culmine con Savigny,
che ha il merito di aver elaborato per primo il concetto di scienza giuridica, che è un metodo di costruzione delle
norme giuridiche
Ovviamente le rappresentazioni giuridiche dei rapporti sociali e i presupposti normativi dell'agire sono separabili
no ad un certo punto, perché entrambe parlano della società e della storia delle comunità, ma in modi opposti.
Questi due loni, che assumono la loro forma nella seconda metà del ‘700, devono essere considerati come loni
ri essivi poiché giuristi fanno una ri essione sul diritto e di conseguenza sulla società. Le prime tappe del
giuspositivismo riguardano la dogmatica tradizionale la quale ruoterà attorno alla Rivoluzione Francese perché
grazie a quest’ultima e alla sua spinta democratica, ci sarà la creazione del Codice Civile: vi è l’idea nel
raggruppare tutto il diritto in un solo testo, in modo che le persone si potessero orientare rispetto alle mille
giurisdizioni o forme di regolazioni, ma con il presupposto che non è possibile attribuire alle norme dei signi cati
che vanno al di fuori del loro tenore letterale; il codice inoltre risulterà sempre completo, soprattutto grazie alla
giurisprudenza dei concetti che, attraverso un lavoro logico, costruirà dei legami sui concetti per la completa
comprensione testo.
Nella giurisprudenza dei concetti, tutto questo sfocerà nell'idea di negozio giuridico, che poi generalizza il
contratto.
Queste idee e concetti, niranno nella soluzione più so sticata del giuspositivismo di Kelsen, in cui sarà possibile
de nire l'esistenza della norma, attraverso la sua validità (tautologia).
Tutto ciò per capire come la tecnica, l'astrazione e la generalizzazione della dottrina giuridica serve a minimizzare
il lavoro dei giudici, a mantenere l'applicazione del diritto al testo e ad allontanarla da categorie e concetti che non
appartengono al codice.
Nel contesto storico, queste dottrine e queste tecniche vennero imposte a tutta l'Europa.
Chi si oppose maggiormente fu l'area tedesca, che trova nella logica del Codice civile un'imposizione rispetto alle
pratiche dei tribunali o rispetto alle pratiche dei giuristi, diversamente dai francesi.
Questa contrapposizione la ritroviamo nella scuola di Savigny, il quale accetta come passo avanti la codi cazione
nel penale, ma non accetta la codi cazione in ambito del Codice civile.
Per Von Savigny il diritto deriva ed è parte integrante della società in quanto variabile indipendente.
Il diritto è collegato a consuetudini, usi e costumi e non è un diritto imposto dall’alto né statuito perché è come se
nascesse dalla società. Può essere costruito un diritto arti ciale per mezzo di giurisperiti che lo integrano per
essere tramandato di generazione in generazione ma per Von Savigny il diritto è un fenomeno che si deve
evolvere spontaneamente nella società. Ciò si potrà rispettare nchè non interviene il potere politico con la sua
intenzionalità di dominio, quindi costituendo così la codi cazione. La codi cazione è una legge unica e universale
per tutti i soggetti. Von Savigny si oppone alla codi cazione sia universale sia nazionale perché eviterebbe di
evolversi spontaneamente, quindi punta sulla pluralità degli ordinamenti. Lui vuole costruire repertori di
consuetudini giuridiche andando a ricercare materiale empirico di villaggio in villaggio in quanto ognuno ha una
sua evoluzione e sue caratteristiche. Quindi si ha lo spirito del popolo cioè valori profondi in cui si riconosce la
comunità. Ad es: il diritto romano.
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Tutto ciò contrappone una logica di ragionamento e di decisione del giurista che viene rovesciata rispetto a quella
di Kelsen, in cui scrive le regole del metodo giuridico in un'opera chiamata "il diritto romano attuale".
(In quest'opera egli afferma che è diritto quanto si riesce a costruire della tradizione di una comunità, alla luce del
rapporto che c'è tra una norma e l'istituto a cui appartiene. Quest'istituto per fare ciò lega la giuridicità della norma
alla storia e alla comunità).
Ehrlich è considerato come il fondatore della sociologica del diritto, ma quando ne parla, si riferisce all'idea del
diritto ricostruito dai professori o dai legislatori attraverso il concetto di istituto e di sistema.
Dunque, abbiamo un rapporto rovesciato rispetto al rapporto del giuspositivismo, perché quest'ultimo tentava di
difendere il legislatore (codi catore) e dargli il massimo della forza, mentre qui il massimo di forza lo
detiene la scienza giuridica.
Ne fanno parte professori di diritto che elaborano la dottrina, dunque anche se il legislatore legifera, possiamo dire
che quello che diventa diritto dipende dalla dottrina. (dipende dalla cultura del tempo)
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Elementi di contrapposizione tra le correnti dottrinali che condussero al
GIUSPOSITIVISMO e la tradizione della SCUOLA STORICA.
I principali elementi di differenziazione tra la CONOSCENZA SOCIOLOGICA e la
CONOSCENZA GIURIDICA DEL DIRITTO
Il rapporto che vi è tra la conoscenza sociologica e la conoscenza giuridica del diritto è molto complicato: da un
lato la sociologia nasce per elaborare dei concetti e dei modi per capire la realtà che sono stati affrontati dal diritto,
dando vita ad una de nizione sui rapporti sociali sui soggetti e gruppi.
D’altra parte, invece nasce per porsi problemi differenti da quelli della dottrina giuridica.
La sociologia si domanda com’è possibile la conoscenza sociologica, infatti il sociologo attraverso le regole
dell’epistemologia metodologica vuole comprendere i problemi e le domande giuridiche al ne di migliorare il
sistema nel suo complesso; mentre la conoscenza giuridica si pone il problema della decisione, cioè di individuare
il diritto e/o la norma, che serve per la decisione stessa.
Da tutto ciò le due principali correnti si dividono lungo una scelta che porterà al giuspositivismo e al modello di
stato di diritto dei nostri tempi.
Questa scelta prova a separare il più possibile la conoscenza del diritto da fonti esterne al diritto stesso, che fanno
riferimento alla società per distinguere, ad esempio, i giudizi morali, i giudizi religiosi, le norme di tipo morale e
religioso, da quelle del diritto, quindi un rinvio alla società che viene fortemente controllato e mediato dal diritto.
L'altro modo di guardare alla società, delle due correnti principali, che viene in particolare dallo storicismo di
Savigny, è un modo di guardare la società per trovare in essa stessa il fondamento del diritto, quindi per rinviare i
criteri di validità a concetti che aggancino questa storia, una sorta di diritto vivente come lo chiamava
Ehrlich.
Perciò, il modo in cui si è riferita la dottrina alla società, è un modo polarizzato tra, chi ha cercato dalla società
criteri di autonomia, e chi ha cercato di fondare la validità del diritto su conoscenze storiche.
I principali elementi di differenziazioni tra conoscenza sociologica e giuridica, si possono trovare pure sui problemi
che si pongono le due discipline: la conoscenza sociologica si pone il problema di come è possibile, invece la
conoscenza giuridica si interroga sul problema che è quello della decisione, cioè individuare il diritto, la norma che
serve per quella decisione.
Differenti sono anche gli scopi e il loro punto di vista: la de nizione giuridica del problema si interessa degli scopi
della legge, cioè il problema della norma, e della sua identi cazione. Dal punto di vista sociologico lo scopo
consiste nel cambiamento nei processi sociali in riferimento alle norme.
Dai i due punti di vista si risale ai due strumenti utilizzati dalle conoscenze, che per quanto siano simili, sono molto
diversi.
- Gli strumenti di cui si serve la sociologia sono la differenza tra norme e sanzioni, le quali possono essere formali
e informali. Il campo di cui si occupa è quello dell’amministrazione della giustizia, del pluralismo normativo, della
socializzazione normativa, dell’istituzionalizzazione, la globalizzazione e le politiche pubbliche.
- Per La conoscenza giuridica del diritto invece è essenziale ricostruire le origini della comunità. Le origini varianti
tradizionali della scienza giuridica servono per ricostruire in questo modo il diritto: più il diritto è antico, più è
vero.
A questo però si contrappone l’Esegesi, ovvero dare voce al legislatore ma non aggiungere nulla (art.12). Se
invece si parla della scuola storica di Savigny, si fa riferimento alla costruzione storicamente controllata e fondata
che esprime le radici tradizionali di quel popolo. In ne, vi è la costruzione formale degli studiosi sulla realtà che si
basa su un costrutto formale e matematico, seguito da vari limiti intrinseci al variare del modello di scienza, limiti
pragmatici rispetto agli effetti e limiti politici.
NB: Esegesi = (Indirizzo dottrinale sorto nella Francia del Code Napoléon [vedi], al quale si deve l’elaborazione di un sistema
interpretativo del testo legislativo fondato esclusivamente sull’individuazione della volontà espressa dal legislatore.Secondo gli esponenti di
tale scuola, l’attività dell’interprete deve limitarsi ad evincere la voluntas dell’autore della norma giuridica, compiutamente ed esaustivamente
manifestata in essa, facendo leva esclusivamente sull’esegesi testuale).
ALTRA RISPOSTA
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La conoscenza sociologica si pone la domanda:” Com’è possibile?”, la conoscenza giuridica invece,
individua la norma che serve per una determinata decisione.
La prima indaga i fenomeni sociali in cui il diritto è rilevante e fa questo attraverso l’uso di regole epistemologiche e
metodologiche. Il suo ne è quello di mantenere aperta e controllata l’attività conoscitiva. Il punto di vista
sociologico è il seguente: come viene modi cato un processo di agire attraverso il suo riferimento a norme
giuridiche, in sostanza il cambiamento dei processi sociali dati dal riferimento alle norme. Come abbiamo detto a
lezione, un conto è sposarsi consapevoli dell’esistenza del divorzio, un altro è sposarsi sapendo che non si può
tornare indietro. Gli strumenti a disposizione della conoscenza sociologia sono le tipologie di norme e le tipologie
di sanzioni. Per quanto riguarda la conoscenza giuridica del diritto, non è guidata dalla domanda ma si occupa
della decisione, dello scopo della legge, degli effetti recati sulla società. La potremmo de nire una conoscenza
regolata da regole e queste ultime non possono che essere le norme. Gli strumenti a sua disposizione sono le
teorie e le dottrine sulla produzione e mutamenti del diritto. Il ne della conoscenza giuridica è la validità o la non
validità della sua decisione.
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Per la conoscenza sociologica sono necessari alcuni presupposti.
Uno di questi è la dipendenza linguistica del diritto. Il diritto grazie al processo di positivizzazione (processo storico
per cui da una validità del diritto fondata sulla consuetudine o su un ordine trascendentale si è passati a una
validità basata sulla decisione), ha avuto voce. Il diritto dipende dalla lingua, senza testo, senza lingua, non c’è
diritto. L’enunciato è quel testo a cui il signi cato va interpretato, l’individuazione della norma è il risultato e
l’oggetto dell’attività interpretativa. Il concetto di diritto non si deve limitare ad una semplice de nizione denotative
o illustrativa, ma deve anche servire come strumento con il quale ricostruisco le dottrine, concetti, che mi servono
a rielaborare la distanza tra enunciati e norme in senso restrittivo o ampliativo.
La dipendenza linguistica del diritto pone al centro dell’attenzione sociologica la
distinzione tra enunciato e norma.
NB: Positivizzazione = L’attuale rapporto fra diritto e politica è determinato essenzialmente dalla positivizzazione
del diritto, ossia dal processo storico per cui da una validità del diritto fondata sulla consuetudine o su un ordine
trascendentale si è passati a una validità basata sulla decisione. Il diritto positivo risultante da questo processo è
caratterizzato dal fatto di nascere da una consapevole attività produttiva dell'uomo e di trarre la sua validità da
decisioni. Queste ultime non sono prese nell'ambito del sistema giuridico, ma in quello del sistema politico: ciò che
è giuridicamente valido viene determinato politicamente, e in tal senso il diritto, non potendo avere un proprio
contenuto indipendente dalla politica, è subordinato ad essa. È indubbio che nella produzione del diritto la politica
debba sottostare alle esigenze della giustizia; ma poiché vi sono vari modi d'intendere questo concetto, resta da
stabilire - anche qui attraverso una scelta politica - quale di essi si debba assumere come normativo. La conformità
del diritto alla giustizia è quindi un problema permanente delle società moderne, che non si risolve vincolando il
diritto positivo a norme non positive che lo trascendono, ma garantendo in linea di principio la sua modi cabilità.
Un presupposto per un’effettiva sociologia del diritto è processo storico che Luhumann chiamò positivizzazione,
diritto positivizzato.
Questa positivizzazione del diritto è stata letta attraverso alcune sue componenti, che sono componenti che si
sono storicamente realizzate: la prima è la codi cazione: cioè la riunione in un unico libro della costituzione,
quindi la raccolta in testi ordinati e graduati poteva valere come diritto; processo di codi cazione lungo che parte
dal 500 e nisce con la Rivoluzione francese. È un processo storico che si basa sulla costruzione d concetti e di
categorie, tutta questa categorizzazione ha reso possibile la codi cazione: ovvero la trasformazione in un testo del
diritto.
Però non ci sarebbe stata la codi cazione senza gli altri due processi: formalizzazione insieme alla
razionalizzazione di Weber.
Formalizzazione signi ca astrazione, tipizzazione; è una formalizzazione, cioè riconduzione a tipi astratti di una
miriade di rapporti situazioni ecc... e questa progressiva formalizzazione rende possibile e alimenta una
razionalizzazione: cioè una richiesta delle prevedibilità delle conseguenze, una richiesta della prevedibilità su
quello che accade una volta che quel soggetto o quel fatto viene letto alla luce di quella formalità. (un soggetto può
essere ricondotto a furto ecc..).
Il risultato nale è l’autonomizzazione del diritto: è il risultato nale del processo di codi cazione, e
autonomizzazione non vuol dire che è chiuso rispetto al resto, ma che il diritto governa i rapporti con l’esterno.
Qual è la conseguenza del processo di positivizzazione?
La conseguenza linguistica del diritto: è un fenomeno linguistico, ma senza il fatto che il diritto dipende dal
linguaggio, noi del diritto non capiamo niente. Senza capire che questa dipendenza linguistica è il risultato della
codi cazione perché il diritto prima non c’era, non era parola, era lasciato intendere, il principio e il Verbo erano
presso Dio, e il Verbo era Dio: signi ca che il diritto non parlava.
Questo signi ca che quel testo è un enunciato a cui il signi cato va attribuito, quel testo non dice un signi cato, ma
ha un signi cato che gli va attribuito. La distanza tra questa attribuzione e l’enunciato, è una distanza che viene
costruita, minimizzata, aumentata dall’interpretazione, dalla cultura giuridica, cioè il diritto come prodotto ed
oggetto dell’attività interpretativa. attribuzione di signi cato all’enunciato che può essere minima e massima.
Per interpretazione si intende l'attribuzione di un signi cato ha un documento, il quale documento esprime
norme.di versi oggetti degli interpretazione nel campo giuridico (come la Costituzione, le leggi costituzionali, Le
leggi ordinarie etc.)Sono dei documenti normativi.
Per NORME si intendono delle regole di comportamento, cioè delle prescrizioni secondo cui taluni comportamenti
o le omissioni di taluni comportamenti sono doverosi per taluni agenti.
Le norme, cioè queste prescrizioni, vengono di solito escogitate per in uenzare i comportamenti; di solito dietro ad
una prescrizione viene la volontà di qualcuno o qualche gruppo che prescrive.
Delle prescrizioni che costituiscono il diritto, non importa tanto l'autore quanto il documento, è importante quando
vi sia una norma, Specialmente se di diritto oggettivo, il documento normativo.
NB: Diritto oggettivo = Il Diritto può essere oggettivo o soggettivo, il Diritto soggettivo è l'insieme dei poteri che un soggetto
può esercitare sulla base di una norma giuridica; il Diritto oggettivo è l'insieme delle norme giuridiche.
Le norme giuridiche sono organizzate in base ad un criterio chiamato gerarchia delle fonti.
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Nelle organizzazioni giuridiche moderne, le norme sono i signi cati che si attribuiscono ai documenti delle leggi e
degli altri atti normativi giuridici.
A questa attribuzione di signi cato si dà il nome di interpretazione.
L'interpretazione non consiste propriamente in un attribuzione di signi cato ai documenti normativi, bensì in una
ricerca di norme oltre i documenti “ricerca del diritto” ; oppure talvolta l'interpretazione consiste nello scegliere tra i
documenti normativi quello cui attribuire un signi cato, tralasciando gli altri : in questo caso si parla di
“individuazione della norma”.
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In entrambi i casi l'interpretazione parte da un documento, o da più documenti, che esprimono norme, ed il primo
passo consiste nell'attribuzione di signi cato a un documento normativo e agli enunciati in cui esso si suddivide.
Ogni interpretazione del diritto scritto, cioè di quel diritto che viene posto mediante scrittura o che viene registrato
mediante scrittura, parte da un documento, costituito da un testo scritto.
L'attribuzione di signi cato ha un testo scritto, che si assume esprimere norme giuridiche, consiste in un'attività di
soggetti che solo occasionalmente coincidono con quei soggetti che hanno voluto e redatto il testo; Ciò vuol dire
che l'attribuzione di signi cato un documento legislativo è un'operazione che non tiene conto necessariamente di
ha voluto e redatto il testo, è una operazione in cui gli elementi necessari sono solo il testo è il soggetto che
attribuisce adesso un signi cato.
Quindi quando si parla di interpretazione della legge, si parla di un operazione in cui gli elementi necessari sono
solo un documento della legge ed un soggetto che attribuisce il documento un signi cato, mentre altri soggetti,
come il legislatore, ed altri fatti, come l'occasione della legge sono elementi eventuali dell'operazione, che vengono
in considerazione solo se è in quanto gli spetta il prete ne tiene conto.
L'interpretazione della legge dunque è un attribuzione di signi cato ad un documento legislativo da parte di un
soggetto interprete, questa attribuzione di signi cato procede necessariamente partendo dalla più piccola unità
linguistica che può essere portatrice di un signi cato completo.
La minima unità linguistica portatrice di signi cato completo è quella che si chiama "ENUNCIATO": l'enunciato è
un'espressione in lingua che si presenta in forma grammaticalmente compiuta.
Le comunicazioni umane linguistiche in generale, e anche quelle particolari comunicazioni linguistiche che sono le
cosiddette norme giuridiche, avvengono mediante enunciati, e chi riceve una comunicazione linguistica la riceve
nella forma di enunciati lingua. l'oggetto dell'interpretazione giuridica e perciò costituito da enunciati : gli enunciati
normativi.
Non bisogna fare l'errore di credere che il signi cato di un enunciato del linguaggio anche ordinario sia la somma
dei signi cati dei vocaboli che lo compongono.
Il concetto di AGIRE SOCIALE rispetto al più generale concetto di CONDOTTA
Uno degli strumenti introdotti dalla sociologia e dalla sua tradizione, è la teoria dell’azione, la quale è stata
analizzata dai padri fondatori della sociologia, Durkheim e Weber.
Si cerca di fa fronte al cambiamento ed ai problemi del mutamento sociale (che la seconda metà dell'Ottocento
aveva posto davanti) cercando di superare i limiti delle spiegazioni economiche, religiose, giuridiche.
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Durkheim attua una strategia de nitoria dell'oggetto della sociologia. Tale strategia costituisce una risposta a quel
vuoto che le letture economiche o storicistiche del cambiamento non davano. Questa risposta è da un lato
scienti ca: nel senso che si che fa leva sui metodi del positivismo, cioè noi non siamo una ri essione loso ca, noi
non siamo una ri essione soltanto morale, ma siamo una forma di conoscenza che adottando regole
metodologiche strette e rigorose ci permette di cogliere una cosa nuova alla ne dell'Ottocento: la società. Questa
viene colta in un modo differente da come sembra raccontata dal codice e dal mercato e da come sembra
raccontata cioè da quell’ individualismo che spiega l'agire sulla base dello scambio e sulla base dell'utilità. Se
adottiamo queste prospettive che erano le prospettive con cui dalla comunità si era passati al mercato ed il
mercato era stato prodotto da una de nizione di regole di tipo individualistico: attore economico, l'impresa, lo
scambio. Se vogliamo capire effettivamente questo scambio non possiamo pensare che la società si possa
leggere esclusivamente con lo scambio. L'idea di fondo è che per identi care la società e quindi spiegare i
fenomeni sociali ecc. noi dobbiamo individuare quali sono i fatti di questa società, quali sono gli elementi di questa
società, quali sono quegli eventi che ci parlano dell’ esistenza di questa dimensione che non è né individuo né la
comunità e che non è leggibile attraverso il codice, non è leggibile attraverso il rapporto di mercato, perché gran
parte della vita quotidiana non è né vendite/acquisti né individualisticamente comprensibile perché non si
capirebbero le grandi trasformazioni tecnologiche e industriali, non si capirebbero le folle, non si capirebbero le
guerre e, quindi, non si capirebbero tutte quelle cose che stanno sconvolgendo la seconda metà dell'800 e i primi
del ‘900.
Come fai a capire che cosa sono i fatti sociali? come fai a individuare la dimensione sociale di un fatto? in che
senso è sociale? A questa domanda Durkheim risponde con una mossa che poi sarà fondamentale per tutta la
teoria dell'azione sino ai nostri giorni ed è una mossa che viene da un’analisi smaliziata delle relazioni di mercato.
Dice sostanzialmente guardate è vero che le relazioni di mercato, le relazioni stabilite attraverso un contratto sono
relazioni forti, protette dallo Stato e che creano obblighi però dietro a questo deve esserci qualche cosa. Il
contratto vincola sulla base di una precisa con gurazione dei presupposti non contrattuali del contratto. Tutta la
sua ricerca sarà una ricerca per individuare questi e de nire in modo speci co i presupposti non contrattuali del
contratto. Questi presupposti sono i vincoli, sono quello che lui chiama solidarietà, forme diverse dalla solidarietà.
La solidarietà è il risultato di una cosa che lui pone a elemento caratterizzante del carattere sociale di un fatto.
Come possiamo individuare i fatti sociali? Quali sono i fatti sociali? e perché li chiamiamo sociale? l'esempio più
semplice da cogliere intuitivamente è quello del linguaggio. Quest’ultimo è un fatto sociale perché noi lo
percepiamo come preesistente al nostro parlare e cangiante al nostro uso, cioè man mano che noi usiamo il
linguaggio cambia, ma il linguaggio è sociale non solo perché più ci preesiste cronologicamente ma soprattutto
perché rispetto al nostro parlare, rispetto alla nostra formulazione di pensieri ha un carattere di costrizione, cioè noi
se vogliamo parlare con qualcuno non possiamo non usare il linguaggio e quindi, il modo in cui componiamo le
parole, i suoni diversi ecc. è un modo vincolato tra quelle regole. Non è una costrizione che noi avvertiamo
arti cialmente o avvertiamo come se fosse un vincolo che ci viene imposto indipendentemente dalla nostra
volontà, ma è un vincolo che noi percepiamo in modo moralmente connotato, cioè la nostra adesione alla
religione, ad un’identità di comunità ecc. è una adesione che non costituisce un vincolo costrittivo ma a cui
attribuiamo un valore. Il linguaggio è uno e l’attribuzione di valore al linguaggio lo vedi nelle sanzioni.
Noi riconosciamo un fatto sociale quando gli attori individuano e percepiscono in questi fatti una costrizione che
viene da un’appartenenza, una storia, una tradizione, in questo senso è sociale quel fatto che ci parla di una forza
che ci supera, che viene da lontano e proseguirà dopo di noi, tale forza è la natura e l’essenza della società.
La forma di questa forza è duplice: o una forza di tipo meccanico o di tipo organico. Parlo di forza e parlo di questi
aggettivi perché stiamo parlando delle solidarietà in cui la solidarietà meccanica e s. organica non possono essere
viste con un’accezione di solidarietà come quella attuale. Ma con un'accezione di solidarietà che contiene tanto la
costrizione quanto l'attribuzione di valore a questa costrizione. Ciò che è importante nel suo sviluppo è individuare
meccanico e organico come modalità di questo vincolo. Meccanico perché l’individualità viene costruita sull’unica
immagine della comunità, per cui la comunità è l’elemento d’identità dell’individuo (tra individuo e comunità non c’è
differenza).
Dalla solidarietà meccanica si passa a quella organica attraverso un processo di differenziazione evolutiva, tale
differenziazione si costruisce attraverso la divisione sociale del lavoro. Questo produce una divisione di ruoli e una
percezione di diversità perché ad esempio: tanto più mi specializzo in qualcosa tanto più diventerò bravo e ricco e
tanto più aumenterà la mia dipendenza da tutti gli altri. Allora, abbiamo una solidarietà organica nel senso che
abbiamo una distribuzione di funzioni tra i vari componenti di questa comunità che ha un duplice e drammatico
percorso: da un lato un grado di approfondimento e specializzazione della capacità di produzione, da un altro
parallelamente la crescita di una dipendenza dal resto degli altri ruoli. Perciò l’identità individuale diventa sempre
più complessa. La società viene da questo viene dall’idea di dare un senso di posizionamento rispetto a una
dinamica che da un lato ti dice di individualizzarti e dall'altro di rendere dipendente. La solidarietà organica è una
solidarietà drammatica. L’anomia è quando questo equilibrio si rompe, bisogna trovare dei limiti che ti permettono
di sopportare tutto ciò.
Weber, invece, vuole individuare in un modo più ef ciente la dimensione sociale, del mercato,
religione ecc. è il tentativo di costruire la nozione di agire sociale e tutte le categorie che permettano di
leggere quanto sta accadendo in un modo scienti camente controllato e autonomo rispetto alle
domande del giurista, dell’economista e dello storico.
La sociologia è per Weber, la scienza che si occupa dell'agire sociale, e si propone di intendere il
signi cato dell'agire sociale, interpretarlo, e spiegarne gli effetti causali.
Quindi le parole chiavi sono: intendere, cioè cogliere i signi cati; interpretare, organizzare in concetti il
senso soggettivo; spiegare, mettere in luce le regolarità dei comportamenti.
L'agire sociale è un comportamento umano dotato di senso soggettivo, e che si riferisca
all'atteggiamento di altri individui.
Non ogni specie di agire – e neppure di agire esterno – rappresenta un agire ‘sociale’ […] Non ogni
specie di contatto tra gli uomini riveste carattere sociale, ma solamente un atteggiamento orientato in
maniera dotata di senso in vista dell’atteggiamento di altri individui. (Ad esempio, uno scontro di due
ciclisti è un mero avvenimento analogo agli eventi naturali; mentre sarebbe ‘agire sociale’ il loro
tentativo di evitarsi, ed il battibecco, il passaggio a vie di fatto o la discussione paci ca che fa seguito
allo scontro.)
L'agire sociale può esser determinato:
- Tradizionalmente (l'attore agisce solo per abitudine);
- Affettivamente (l'attore è motivato da sentimenti, agisce d’impulso);
- Razionalmente rispetto al valore (dalla credenza nell'incondizionato valore di un determinato
comportamento);
- Razionalmente rispetto allo scopo (l'attore valuta mezzi, scopo, valori e conseguenze; è il livello più
alto di azione sociale).
Weber quindi tenta di costruire una concettualizzazione dell’agire per recuperare le dimensioni
individuali, quanto quelle normative, attraverso il concetto dell’agire sociale.
Il concetto dell’agire sociale non è che un sottotipo del concetto di agire dotato di senso, inoltre si
distingue dalle condotte per il ricorso al ne.
Cos’è un’azione? Non è un comportamento, è un concetto ex post che tu mobiliti per rispondere ad
una domanda o che cosa hai fatto?
L’azione viene fuori quando viene fuori un problema pratico. Per descrivere un’azione ho bisogno di
un paletto che chiamiamo ne, scopo. Ma che cosa è uno scopo ( ne)? Non è leggibile come un
desiderio, perché lo stai usando dopo. È una differenza tra come ti aspetti che le cose siano facendo
quella cosa e come ti aspetti che il mondo sia se tu quella cosa non la fai. Il ne è una differenza tra
aspettative.
Quando un’azione è sociale? Quando è orientato sulla base del senso che gli altri attribuiscono a quel
comportamento. Un’azione è sociale quando è orientata sulla base del senso che le persone
attribuiscono a quel comportamento.
Quando dico che l'individuazione di un’azione è legata alle aspettative sto dicendo una cosa
importante e sottovalutata, cioè che l'azione di per sé è individuata come un evento rischioso.
UN’AZIONE HA UNA NATURA RISCHIOSA PROPRIO PERCHÉ INDIVIDUABILE ATTRAVERSO
ASPETTATIVE CHE POSSONO REALIZZARSI IN MODO COMPLETAMENTE DIVERSO. Quindi,
dalle condotte all'agire dotato di senso che è un agire intrinsecamente rischioso sino all' agire sociale,
L' AGIRE SOCIALE È QUANDO IO NEL MUOVERMI TENGO CONTO DEL SIGNIFICATO CHE
L'ALTRA PERSONA STA DANDO A QUEL COMPORTAMENTO, CIOÈ TENGO CONTO DELLE
ASPETTATIVE CHE QUELLA PERSONA HA NEI CONFRONTI DI QUEL COMPORTAMENTO.
L’agire sociale è un agire che si muove su un doppio livello di aspettative: sulle MIE (che mi rendono
quel comportamento azione), ma contengono anche le aspettative DELL’ALTRA PERSONA nei
confronti di quel comportamento. (abbiamo fatto l’esempio del saluto)
Mentre l'agire ha una natura strettamente rischiosa, l' agire sociale ha un doppio livello di rischio. Si
caratterizza per una doppia contingenza può essere smentito sul piano del comportamento e può
essere smentito sul piano delle aspettative legate a quel comportamento.
Questo doppio livello di rischio si chiama contingenza.
Mente l’azione sociale è caratterizzato dalla contingenza, l’agire sociale è caratterizzato dalla doppia
contingenza.
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Parsons aveva elaborato un concetto sul sistema di aspettativa, ovvero che l’agire sociale è
caratteristico da un doppio livello di contingenza e quindi vi era la possibilità che comportamento e
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aspettativa portassero una doppia delusione. Quando si parla di agire sociale e doppia contingenza
non si parla solo di un legame duale ma di una rete di aspettative che dà poi il senso a questo
legame. Di fronte ad un legame duale come quello del saluto, oltre ad aspettare il comportamento,
devo anche aspettare certe aspettative legate al comportamento: quindi posso rimanere deluso non
solo dal comportamento della persona se questa non mi dovesse salutare, ma anche sull’aspettativa
che avevo nei confronti di questo incontro. Questo modo di aspettare le aspettative, mi dà la
possibilità di assumere due comportamenti davanti ad una delusione sul piano delle aspettative o su
quello del comportamento: si tratta delle strategie normative e cognitive, elaborate da Galtung, che si
basano su un trattamento culturale delle aspettative; la mia cultura e la mia identità, mi indirizzeranno
su che comportamento assumere di fronte alla delusione di un’aspettativa: nel caso normativo,
cercherò di proteggere il contenuto dell’aspettativa indipendentemente da ciò che accade. Nel caso
cognitivo invece è dedicato ad apprendere la società, modi cando il contenuto perché
l’apprendimento consiste nel cambiamento della aspettativa.
Le norme sociali sono le regole di buona educazione, quelle morali e quelle religiose che non sono
scritte e la cui violazione non implica alcuna conseguenza su un piano legale.
Le norme giuridiche sono invece quelle approvate dal legislatore, sono scritte e sempre sanzionate.
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Come si è arrivati alla legge?
La società si è evoluta nei secoli. Siamo passati dai gruppi di famiglie, alle tribù, dalle città ai regni, dai
piccoli Stati alle nazioni e, per nire, alle federazioni di nazioni. Tanto più si è ingrandita la società,
tanto più le norme per disciplinare la convivenza al suo interno sono divenute complesse.
Agli albori della società, le regole erano stabilite dal capo famiglia o dal capo tribù che decideva di
volta in volta, secondo il proprio arbitrio. Erano regole non scritte, che si tramandavano di persona in
persona e che potevano essere modi cate in qualsiasi momento, secondo la volontà del singolo.
Si è poi passati agli editti del re e, per nire, alle leggi del Parlamento.
Il passaggio dalla dittatura alla democrazia ha comportato una serie di garanzie per il cittadino, prime
tra tutte l’esistenza di una legge scritta e di una Costituzione cui la legge non può mai derogare.
Questo passaggio ha implicato anche una trasformazione delle convenzioni sociali in regole giuridiche
formali.
Cosa sono le norme sociali?
Nonostante il passaggio dalla tribù al moderno Stato democratico, la società ha comunque mantenuto
le sue regole non scritte. Non trovano però queste spazio nelle regole giuridiche, la loro violazione non
potrà mai subire conseguenze di tipo legale.
Istituzionalizzazione
Le norme sociali sono aspettative elaborate in modo da resistere, in modo controfattuale, alle
delusioni ed è necessario ricordare che senza le norme sociali l’azione non può esistere. Un processo
che è centrale nella costruzione delle aspettative è quello dell’istituzionalizzazione: un’aspettativa si
dice che è istituzionalizzata quando è presente la dimensione materiale (il gesto e il fatto con il quale ti
puoi ritenere soddisfatto dall’aspettativa), la dimensione del tempo e la dimensione sociale (quando
l’aspettativa è socialmente condivisa).
Le azioni divengono, dunque, delle routines, delle consuetudini.
L’istituzionalizzazione si veri ca quando quelle azioni consuetudinarie sono reciproche, cioè quando
gli altri condividono il signi cato del mio agire.
Infatti le istituzioni, per essere tali devono rispondere a due caratteristiche: Avere uno sviluppo storico:
non sono un prodotto istantaneo ma derivano da una storia comune. Sono quindi comprensibili nel
contesto del processo storico in cui sono state prodotte (si pensi alla istituzione carceraria, Foucault);
Fornire uno schema di condotta: ssano in modelli prestabiliti il comportamento degli individui in
determinate circostanze.
Quali vantaggi derivano dalle istituzioni?
Gli individui sono in grado di rendere prevedibile la loro condotta. Soluzione della contingenza; Si
costruisce un mondo sociale nel quale alcune azioni sono scontate e fanno da sfondo ad altre che
richiedono maggiore attenzione e che sono divise tra diversi individui.
Il processo di istituzionalizzazione ssa, dunque, in un complesso di pratiche e di azioni un certo
segmento di vita sociale. In questo modo le azioni soggettive degli individui con uiscono in schemi
ssi di condotta che possono essere agiti da chiunque. L’istituzione astrae i singoli dai loro
comportamenti soggettivi.
L’istituzionalizzatone, infatti, è caratterizzata da alcuni processi: dall’astrazione (procedimento
attraverso il quale si ottengono concetti generali attraverso il confronto con caratteristiche più
particolari), dalla tipizzazione (mettere in rilievo i caratteri salienti) e dalla generalizzazione (applicare
a un intero gruppo di persone, cose o situazioni ciò che si riferisce a singoli). Quando questi processi
di istituzionalizzazione sono governati nella loro tipizzazione e formalizzazione, le norme sociali
diventano norme giuridiche. Una norma giuridica è un’aspettativa istituzionalizzata secondo le regole
del diritto. L’istituzionalizzazione delle norme giuridiche e sociali avviene in maniera diversa:
l’istituzionalizzazione delle norme sociali è culturalmente governata mentre l’istituzionalizzazione delle
norme giuridiche è giuridicamente governata. Hanno lo stesso contenuto perché entrambe fondano la
loro analisi sulle aspettative, e hanno una base normativa comune, ovvero una generalizzazione
temporale che vuole prescindere dalla delusione, per cui vale sempre. Il diritto ha un carattere
temporale, in quanto dà il modo di istituzionalizzare il contenuto di certe aspettative che si possiedono
nel presente per renderle stabili nel futuro. Utilizzare il termine “sempre” vuol dire assicurarsi uno
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Distinguere le NORME SOCIALI dalle NORME GIURIDICHE attraverso i
processi di istituzionalizzazione.
strumento per poter reagire alle delusioni e questo avviene sia sul piano culturale che su quello
giuridico ma con dei caratteri speci ci. La normatività invece è un modo di dare continuità alle
aspettative del momento ed ha un carattere comune perché questo trattamento della durata e della
normatività è un modo per assicurare la durata dell’aspettativa. La durata dell’aspettativa sarà diversa
in base ai connotati che assumerà: se l’aspettativa sarà culturalmente connotata, questa durerà; se è
giuridicamente connotata, durerà a seconda del modello di diritto che si sceglie. In entrambi la durata
dipende dal diritto ma questo lo giusti ca in due maniere: il primo lo fa dipendere dalla storia, dalla
cultura e l’altro invece sulla base della decisione.
Tipologie di regole e la loro funzione dal punto di vista sociologico,
distinguere le regole tecniche dalle norme sociali.
TRE SENSI DI REGOLA
1. Per "regole e" possono intendersi in primo luogo delle asserzioni Generali su Nessi casuali, le
cosiddette leggi di natura. Se invece con leggi si intendono soltanto proposizioni casuali Generali
dotate di rigore assoluto, nel senso che non ammettono eccezioni, Allora si può ottenere il termine
di regola per designare: tutte le proposizioni esperienza che non sono capaci di te le forza e tutte
le cosiddette leggi empiriche che sono dotate di rigore assoluto, ma senza che ne siano
suf cientemente note le condizioni casuali che determinano una tale assenza di eccezioni.
Ad esempio, certe reazioni di un individuo corrispondenti ad un'offesa ricevuta, è una "regola" nel
senso della proposizione d'esperienza generale. mentre che gli uomini "debbano morire più di" è
una regola nel senso della legge empirica.
2. Per "regola", Inoltre, può intendersi una "norma e" sulla base della quale vengono misurati, nel
senso di un giudizio di valore, degli accadimenti passati, presenti e futuri. Il valere della regola, in
questo caso, signi ca un imperativo generale il cui contenuto e la norma stessa, mentre nel primo
caso il valere della esprime semplicemente la pretesa di validità dell'affermazione secondo la
quale le regolarità attuali corrispondenti alla regola sarebbero date dalla realtà empirica, o
sarebbero da essere ricavabili mediante generalizzazione.
3. Accanto a questi due concetti ovvero: il concetto di regola è il concetto di essere regolato, vi sono
le cosiddette "massime" dell'agire. Stammler utilizza l’esempio di Robinson Crusoe, Chi è attua,
nel suo isolamento un'economia razionale. Questo signi ca che egli sottopone i propri consumi e
la propria attività produttiva a determinate regole, in particolar modo regole economiche. risulta
così che è in ogni caso erronea l'assunzione che la regola economica possa concettualmente
essere propria della sua vita sociale.
L'agire può essere determinato dalle norme in modo più o meno consapevole. tutto questo avviene: in
parte senza alcuna soggettiva formulazione concettuale della regola secondo la quale egli stesso
tifato agisce; in parte sulla base di un uso consapevole di proposizioni di esperienza; in parte perché
la regola dopo essere stata inculcata mediante educazione o semplice imitazione come
rappresentazione di una norma di per sé stessa dovuta, viene rielaborata in base alla ri essione sulle
esperienze della vita, per poi contribuire a determinare il comportamento.
Weber, come risposta ai problemi trattati da Stammleer sull’ontologia delle regolarità, poiché
quest’ultimo considerava la rilevazione empirica di certe regolarità come risultato di com’è la realtà e
questo è un errore, rielabora le de nizioni legate al concetto di regola.
Le regole sono delle istituzioni o strutture che compongono il normativo dell’agire. Quando si parla di
regole nell’ambito sociologico, è essenziale fare l’introduzione di due tipologie di regole: la regolarità
nel senso di corrispondenza ad una regola) e regolatezza (nel senso di sottoposizione ad una regola).
Una seconda distinzione riguarda le REGOLE SOCIALI e le REGOLE TECNICHE che possono essere
indipendenti dalla vita sociale .
Le regole tecniche sono infatti basate su regolari connessione empiriche che possono essere utili al
raggiungimento di certi scopi (massime).
Le regole tecniche si distinguono dai comportamenti regolari che invece evitano le sanzioni previste dall’infrazione
di una regola. Non obbedisce quindi ad una regola tecnica quindi il ladro che fugge dopo il furto ma
applica regole tecniche un Robinson che nella sua solitudine amministra da solo le proprie risorse.
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Un’ altra cosa importante è l’analogia tra REGOLE GIURIDICHE e REGOLE DEL GIOCO.
Nei giochi le relazioni sociali lasciano spazio a singole mosse.
Nei giochi quindi sono ssate modi di comportarsi e criteri di vittoria ma non sono stabiliti strategie per raggiungere
la vittoria.
Si prende per esempio il gioco tedesco di carte dello Skat. Ci si può chiedere tante cose come ad esempio se un
giocatore abbia giocato in modo giusto(conforme alla norma) bene(conforme allo scopo) o morale(ovviamente
sempre a seconda delle regole del gioco).
Questo riferimento serve per spiegare che sia nel caso di un comune gioco di carte che del diritto ,esse sono il
presupposto necessario per stabilire innanzitutto a quale gioco si sta giocando, per conoscere le strategie di
gioco e per spiegare le singole mosse scelte dai giocatori.
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Weber osserva che per studiare un certo fenomeno giuridico l’osservatore come l’attore dovrà partire da un’idea di
tale oggetto. consideriamo per esempio il baratto tra un europeo e un indigeno che si incontrano al centro
dell’Africa, che viene costruito in modo tale da ridurre al minimo ogni possibilità di condividere codici giuridici e
elementi culturali comuni.
Anche nel baratto la possibilità di fraintendere i comportamenti degli attori è elevata. Il partecipante al baratto può
pensare erroneamente che anche l’altro partecipante voglia osservare una certa norma. Si deve quindi distinguere
un’interpretazione empirica del baratto che stabilisce cosa i partecipanti fanno nella realtà, da una dogmatica che
stabilisce cosa essi dovrebbero fare invece secondo le norme giuridiche.
RAZIONALIZZAZIONE nel processo di codi cazione del diritto
Il rapporto istaurato tra razionalizzazione del diritto e la sua formalizzazione, nasce dal contributo di Weber il quale
attraverso il materiale storico, costruisce un quadro concettuale ed una tipologia che consente analisi storiche di
casi concreti. La sua de nizione di diritto ribadisce una distinzione tra quattro tipi ideali di diritto in cui è con gurata
una categorizzazione tipico-ideale rispetto alla quale si deve mettere in rilievo che è collegata sia con la
classi cazione dei tipi di agire, con cui questa categorizzazione presenta evidenti analogie, sia con la
classi cazione dei tipi di dominio. Sulla base di questi presupposti elaborati dal sociologo, nasce la prima forma di
diritto moderno formato dall’incrocio tra formalità e razionalità. In relazione alla loro combinazioni nascono dei tipi
speci ci di diritto. Weber partì dall’idea di processo di razionalizzazione applicato anche nel campo del diritto. La
sistematizzazione e la generalizzazione dei contenuti, fa sì che la società avanzi un importante richiesta di
prevedibilità che permette di iniziare dei processi di codi cazione. Se noi creassimo la categoria di “reato”,
immediatamente dovremmo porci l’interrogativo relativo al fatto di chi rientra all’interno di tale categoria,
avanzando così un problema di calcolo.
Il processo di “codi cazione” si sviluppa tra la ne del Settecento e l’inizio dell’Ottocento nell’Europa continentale e
consiste nel raggruppare tutto il diritto in un solo testo, ovvero in un codice, dotato di un ordine intrinseco o
estrinseco, caratterizzato da un determinato ordine sistematico giuridico e rivolto a tutto lo Stato e a tutti i soggetti
dell’autorità politica statale.
FORMALIZZAZIONE nel processo di codi cazione del diritto
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Il concetto di formalizzazione rappresenta la de nizione di categoria (reato, pena, proprietà…).
La formalizzazione permette una elaborazione dei contenuti giuridici che deriva da esigenze di calcolo
da parte delle burocrazie e delle giurisdizioni e che consente la tecnicizzazione che si manifesta
attraverso gerarchie normative e regole d’uso. Formalizzazione e tecnicizzazione si alimentano
reciprocamente. Il diritto odierno deriva dal modello di diritto statuito e positivizzato cioè di un diritto
formale e razionale. Ma ad oggi l’esigenza di prevedibilità ovvero l’esigenza di chiedere al diritto di
prevedere le conseguenze delle azioni che caratterizzano la vita sociale, corrisponde sempre ad un
aumento di formalizzazione che condurrà ad un pensiero che nella cultura giuridica crea tensione.
I TIPI DI DIRITTO classi cati da Weber
Weber svolge una sociologia individualizzante che richiede la spiegazione causale e l'uso di modelli che servono
ad orientare il giudizio nel corso della ricerca: i così detti "tipi ideali", schemi concettuali ottenuti mediante
l'accentuazione unilaterale di uno o di più punti di vista e mediante la connessione di una quantità di fenomeni
particolari diffusi e discreti corrispondenti a quei punti di vista unilateralmente posti in luce in un quadro concettuale
in sé unitario. Legato a questa concezione della sociologia è poi per Weber il concetto di agire sociale che egli
intende riferito all'atteggiamento di altri individui e orientato in base a questo.
L'agire sociale può esser determinato:
- Tradizionalmente (l'attore agisce solo per abitudine);
- Affettivamente (l'attore è motivato da sentimenti, agisce d’impulso);
- Razionalmente rispetto al valore (dalla credenza nell'incondizionato valore di un determinato comportamento);
- Razionalmente rispetto allo scopo (l'attore valuta mezzi, scopo, valori e conseguenze; è il livello più alto di
azione sociale).
Relazione sociale: comportamento di più individui instaurato reciprocamente secondo il suo contenuto di senso e
orientato in conformità; è un comportamento orientato in base alla sussistenza di un ordinamento legittimo la cui
validità è garantita dall'esterno mediante la possibilità di una coercizione sica o psichica.
La legittimità dell'ordinamento può essere garantita dall’interno:
- in modo affettivo;
- in modo razionale rispetto al valore;
- in modo religioso.
- dall’esterno:
- convenzione: consiste nella disapprovazione generale entro un dato ambito di uomini;
- diritto: coercizione.
La scienza del diritto si occupa delle norme e del senso logicamente corretto che deve essere attribuito alla loro
espressione linguistica.
Lo studio sociologico del diritto ha invece per oggetto i comportamenti, cioè l'agire degli uomini riferito alle norme e
le rappresentazioni che delle medesime essi stessi si danno.
Infatti un argomento di rilievo è la distinzione tra diritto, costume e convenzione.
Costume: atteggiamento uniforme mantenuto nel solco della tradizione in base alla sua abitudine e imitazione
(agire di massa che nessuno esige che venga continuato dal singolo).
Convenzione: esiste una spinta verso un determinato comportamento, ma senza nessuna coercizione sica e
psichica.
Il passaggio dal costume alla convenzione è molto uido. E altrettanto uido è poi il passaggio dalla convenzione
al diritto consuetudinario e da questo al diritto statuito.
La distinzione tra l’uno e l’altro è da ricercare nella speci cità della situazione.
L’elemento di obbligatorietà presente nella convenzione si precisa e si rafforza nel passaggio al DIRITTO che a
sua volta si ripartisce in due sotto-tipi, consuetudinario e statuito.
Il primo si individua quando da parte dei soggetti interessati emerge una richiesta razionalmente ponderata di
porre norme convenzionali sotto la garanzia di un apparato coercitivo che le protegga e le consolidi nel tempo, e
così si trasforma in diritto di tipo consuetudinario. Il passaggio è anche determinato dall’esistenza di un apparato
coercitivo. Il passaggio ulteriore da diritto consuetudinario e diritto statuito mette al centro la questione delle fonti
del diritto riconosciute all’interno di un determinato contesto. Si segnala il passaggio, dunque, ad una funzione
legislativa che arriva a monopolizzare la produzione normativa.
Le tipologie weberiane sul potere e diritto riconducono il dibattito tradizionale
sulla de nizione di diritto e sul ruolo della coercizione ad un piano speci camente
sociologico.
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Uno dei più grandi contributi dati da Max Weber alla sociologia è la de nizione dei tre tipi di potere.
Buona parte della ricerca dell’autore, infatti, è dedicata all’analisi dell’autorità all’interno dei gruppi sociali e degli
elementi che possono convalidarla. Secondo Max Weber, infatti, ciò che de nisce lo Stato è “il monopolio dell’uso
legittimo della forza”. Questo signi ca che deve esistere qualcosa che rende la violenza legittima. Ma cosa può
essere? Perché i consociati accettano di sottomettersi a un’autorità coercitiva, sia essa di un singolo o di un
gruppo ristretto?
Il potere può essere de nito come la capacità di un soggetto di produrre effetti nella realtà congruenti con la
propria volontà. Le ricerche su questo importante argomento ne identi cano, generalmente, due tipologie:
Potere e potenza.
Il Potere = “qualsiasi possibilità di imporre entro una relazione sociale, anche di fronte all’opposizione o
all’insurrezione, la propria volontà.”
La Potenza = “la possibilità che un comando trovi obbedienza presso determinate persone.”
Il primo tipo di autorità, dunque, viene imposta attraverso la coercizione.
Il secondo, al contrario, presuppone il consenso dei subordinati.
Secondo Max Weber, ci sono tre casi in cui questi accettano spontaneamente la volontà dei governanti: essi
corrispondono, appunto, ai tre tipi di potere.
È importante precisare che queste tre forme di legittimazione dell’autorità sono degli idealtipi. Si tratta di uno
strumento metodologico inventato da Max Weber che, come suggerisce il nome, è un concetto astratto applicabile
a numerose situazioni concretamente esistenti.
Esso, però, non tiene conto delle caratteristiche speci che che ciascuna presenta nella realtà.
I tre tipi di potere sono : tradizionale; legale-razionale; carismatico.
Il potere tradizionale
Il primo dei tre tipi di potere è quello tradizionale. Esso poggia su usanze esistenti da sempre. Chi lo esercita lo fa
rimarcando l’idea che così è sempre stato e la sua autorità deriva, dunque, dal passato. Un esempio che rientra in
questo tipo può essere il potere dei re, o in generale quello dei genitori. Si tratta, in entrambi i casi, di istituti
che non hanno un’origine rintracciabile.
Ribellarsi a questa forma di potere è, almeno all’apparenza, molto dif cile. Come contestare, infatti, una
tradizione ritenuta valida e accettata da migliaia di persone esistite prima di noi?
Eppure, se si analizza meglio, si scopre che, specialmente nell’era moderna, un’autorità così fondata ha radici
molto labili. Quando si arriva a sostenere che tutti hanno diritto di partecipare alla vita politica, infatti, non può più
essere suf ciente per i governanti appoggiarsi a tradizioni stabilite da non si sa chi. I subordinati vogliono avere
voce in capitolo nella gestione del gruppo politico. Ecco, allora, che subentra il secondo dei tre tipi di potere.
Il potere legale-razionale
Il potere legale-razionale, come suggerisce il nome, si basa su leggi razionalmente stabilite. Esse fanno sì che
l’autorità dei governanti sia fondata su qualcosa di certo e concreto. Ciò le rende particolarmente idonee a
legittimare il potere in quanto i subordinati possono sempre veri care se chi lo esercita si stia attenendo o meno
alle loro disposizioni.
Le leggi, hanno, tuttavia, anche un’altra caratteristica fondamentale che le fa accettare di buon grado. Essa
consiste nel fatto che, almeno nell’Età Contemporanea, alla loro formazione sono chiamati, seppur
indirettamente, tutti i consociati. Ciò signi ca che l’autorità dei governanti è legittimata dagli stessi subordinati, e
quindi è più dif cile che questi ultimi possano metterla in discussione.
Il potere carismatico
L’ultimo dei tre tipi di potere è, probabilmente, (il più potente secondo weber). Si tratta della legittimazione di
tipo carismatico. Come suggerisce il nome, essa si basa sulla qualità particolare di un unico individuo, che ottiene
il consenso degli altri solo in base al suo valore personale. Questo tipo di potere è, potenzialmente, il più
rivoluzionario di tutti. Esso, infatti, tipico del profeta o del condottiero, può travolgere gli altri due. Pensiamo solo,
ad esempio, a Gesù che dice: “Avete inteso che fu detto così, ma io vi dico…”
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Di conseguenza l’agire, in base al potere a cui siamo sottoposti, sarà: agire tradizionale, agire razionale rispetto al
valore, agire razionale rispetto allo scopo. Weber impianta una strategia de nitoria speci camente sociologica.
Sostiene che quello che da realtà sociologica all’ordinamento non è né un’astratta legittimazione di sudditi, né una
razionale costruzione dottrinale, ma entrambe questi due elementi, quando si attiva nella testa delle persone la
consapevolezza, la possibilità di far valere la coercizione (ma deve esserci un apparto concreto). La dimensione
sociologica dell’esistenza di un ordinamento, di un diritto, è data dall’esistenza di questa possibilità nella testa delle
persone, di apparato che assicuri le loro aspettative. Af nché questo apparato assicuri le loro aspettative è
necessario che venga istituzionalizzato attraverso cui si concretizza un “terzo” (giudice, uf ciale). Si ha una
relazione di potere quando una delle due parti ha la possibilità di dire di “ no”. Questo differenziale di potere si
chiama “legittimazione” e consiste nelle ragioni che chi obbedisce attribuisce a questo differenziale di potere.
Mentre la potenza è un attributo individuale, la forza e il potere sono attributi della relazione, solo che il potere è
de nito dalla possibilità di dissentire, la forza è coercizione. La legittimazione non ha nulla a che vedere con il
consenso perché essa riguarda il riconoscimento dell’esistenza di questa possibilità. La legittimazione riguarda
l’orizzonte delle possibilità. Il mio giudizio sulla decisione riguarda il contenuto.
Elementi comuni e di divergenza nell’uso del concetto di ordinamento tra
Kelsen e Santi Romano
Hans Kelsen : è considerato il fondatore della concezione che identi ca il diritto con la norma giuridica e
lo Stato con l’ordinamento giuridico (cd. normativismo).
L’ordinamento giuridico, per Kelsen, è costituito da una gerarchia ordinata per gradi discendenti, in cui le norme
superiori condizionano quelle inferiori che viene descritta dal giurista viennese come una piramide rovesciata.
Kelsen pone all’origine della nascita del diritto la norma: è grazie ad essa che il diritto acquista validità ed ef cacia.
Ovviamente le norme, af nchè possano considerarsi ef caci, devono essere rispettate dalla gran parte dei
consociati.
Vi è norma originaria fondamentale (Grundnorm) che conferisce validità a tutto il sistema normativo.
Tale norma è posta alla base della «piramide» e rappresenta la primaria fonte della produzione giuridica.
La Grundnorm non è posta, ma è razionalmente presupposta perché costituisce l’espressione indefettibile
della volontà positiva dello Stato.
Quindi se la norma fondamentale infatti non è posta ma presupposta, costituisce la priori della geometria legale; è
un presupposto convenzionale. Se tutto questo è vero, l’ordinamento giuridico costruito secondo i canoni della
geometria legale, non è un sistema di norme intese quali espressione della volontà sovrana, ma un sistema di
rappresentazioni convenzionali di norme, elaborata sulla base del presupposto della norma fondamentale ciò
signi ca che l’ordinamento giuridico non è reale ma puramente virtuale.
La seconda teoria generale sugli ordinamenti giuridici, la cosiddetta istituzionalistica, sostenuta da Santi Romano,
focalizza l’attenzione sull’istituzione come ordinamento giuridico.
(Questa teoria viene espressa nella sua opera intitolata “Ordinamento giuridico”).
Santi Romano sostiene che il diritto non può essere ridotto a semplice norma giuridica: “ordinamento giuridico”
diviene perciò il nome di un complesso organizzativo di autorità potere organizzazione norme, dotato di
oggettività, trascendente i singoli individui (impersonalità del potere), e coattivo.
Ordinamento giuridico = istituzione.
Alla base di un ordine sociale non sono le norme che creano il diritto, ma è l’organizzazione in sé a creare il diritto
e a servirsi delle norme come strumento di codi cazione dei comportamenti: esso non esclude le norme, anzi se
ne serve e le comprende nella sua orbita, ma, nel medesimo tempo, le avanza e le supera. “Ogni ordinamento
giuridico è un’istituzione e, viceversa, ogni istituzione è un ordinamento giuridico: l’equazione fra i due concetti è
necessaria e assoluta”.
Analizzando in maniera sempre più approfondita le teorie proposte, è evidente che ciò che diverge tra di esse è il
punto di partenza della concettualizzazione. Vi è una continua contrapposizione tra diritto come pura astrazione e
diritto come organizzazione; diritto “dall’alto” e diritto “dal basso”. Il diritto positivo viene accusato di eccessivo
astrattismo, poiché pone le basi di un fenomeno giuridico rappresentativo della società partendo da una norma
scritta che si “autonomia” giuridica.
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(“Quindi i punti in comune”)
Come Kelsen poteva dire che lo stato è un ordinamento, così Romano disse “noi non crediamo che l’istituzione sia
fonte del diritto, e che quindi sia un effetto, un prodotto della prima, ma crediamo che fra il concetto di istituzione e
quello di ordinamento giuridico ci sia perfetta identità”.
In più, Kelsen concepisce l’ordinamento giuridico come sistema dinamico di norme, ogni produzione normativa
appare applicazione di diritto e parte dell’ordinamento dello Stato, l’ordinamento statale in quanto dunque sistema
di delegazioni alla produzione normativa non può mai essere “disapplicato”. Romano concepisce l’ordinamento
giuridico come possibilmente distributore o recettore di autonomie ad altri ordinamenti subordinati che convalida,
l’ordinamento inteso come delegatore o recettore di autonomie è sempre attuato.
Altro elemento in comune è il pangiuridicismo: per cui nessuno momento e nessun attore di ciascun processi di
formazione di un diritto ( o di un ordinamento) viene considerato pregiuridico o extragiuridico. Cosi per Romano il
potere non è tale di fatto ma è potere giuridico essendo ordinamentale il suo esercizio. Ciò signi ca reperire per
ogni forma giuridica, una formazione giuridica di grado superiore che ne è convalidante.
Perché TARELLO consiglia di minimizzare l’uso del concetto di ordinamento
Secondo l’autore, bisogna minimizzare e revisionare il concetto dell’ordinamento per varie ragioni ed è opportuno
illustrarlo come nome di una realtà oggettiva o di una caratteristica essenziale del diritto; è essenziale anche
analizzare l’uso che si è fatto del termine di ordinamento in quanto vi sono state varie operazioni culturali.
Tarello sostiene che la locuzione di “ordinamento giuridico” si è via via tecnicizzata. Essa è venuta a designare
diritto come struttura normativa caratterizzata da unità, coerenze e completezza. Secondo l’autore questa è una
tecnicizzazione scorretta, perché caratterizzata da forte carica ideologica e tutt’altro che una stipulazione
funzionale ad una considerazione formale. Essa incorpora tre dogmi (unità, coerenze e completezza) e postula
che l’organizzazione giuridica abbia per elemento norme, cioè entità inde nite. Essa se accolta induce a
presentare le attività di interpretazione come di fatto conseguenti all’esistenza di norme, anziché a presentare le
cosiddette norme come la conseguenza o il risultato di attività di interpretazione: se accolta tende a presentare
come campi di soluzione teoretica le antinomie, celandone la natura di campi di battaglia; e così via.
Egli consiglia di lasciare il vocabolo “ordinamento” al essibile e mutevole uso ordinario, dove sta per sinonimo di
diritto e può essere usato senza altra preoccupazione che quella di usarlo il meno possibile.
Dunque, Tarello consigli di minimizzare l’uso del concetto di ordinamento perché prendendo in esempio una
norma, essa è un complesso di termini legati tra loro da una logica linguistica, che non ha nulla a che fare con
l’aspetto pratico di una norma, in quanto essa è mediata dall’interpretazione che contiene varie possibilità.
Continuando, egli (tarello), afferma che il diritto non è suscettibile di alcuna de nizione normativa ma come un
insieme di regole normative nalizzate a disciplinare le relazioni intersoggettive.
Si può arrivare alla conclusione che è opportuno dire che il diritto e ogni diritto di ordinamento non corrispondono
ad un vero e proprio termine di ordinamento; l’esatto vocabolo di ordinamento viene dato dalla scienza, la quale
afferma che è necessario tecnicizzare il vocabolo e non farne un uso ordinario.
Differenza tra un CONCETTO MECCANICO di sistema ed uno ORGANICO
Il concetto di sistema risale ai tempi di Aristotele, ma negli anni si sono differenziati alcuni tipi di sistema, come
quello meccanico e quello organico.
Il concetto di sistema meccanico, si fa riferimento alle prime descrizioni astronomiche e all’andamento dei pianeti;
un piccolo riferimento viene fatto anche alla Divina Commedia in quanto ricalca il sistema meccanico con cui era
costruita l’astronomia, (fa riferimento anche al sistema degli orologi).
Per sistema meccanico, infatti, intendiamo l’insieme delle parti che danno vita ad un sistema. Il passaggio che si
realizza nell’800 e che si propone ai primi usi generalizzati del concetto di sistema è la metafora organica, risalente
a Tito Livio. È un concetto che si sviluppa intorno alla differenza tutto/parti come distinzione tra termini
contrapposti e irriducibili, il corpo umano non è riducibile ad un singolo organo e viceversa, la differenza tutto parti
è sostenuta dall’idea che il tutto sia maggiore della somma delle parti. Il “tutto” è caratterizzato come elemento
diverso e ulteriore rispetto alla somma delle sue componenti in base al principio dell’organizzazione. Da questa
concezione biologica secondo cui un organo da il suo contributo alla sopravvivenza dell’organismo viene letta, in
tal modo, la società.
Il sistema organico concentra i suoi studi sulla scienza della biologia che allora era molto degrada se la
paragoniamo ai giorni nostri, sulla base che il “tutto” è caratterizzato come elemento diverso ed ulteriore, rispetto
alla somma delle sue componenti in base ad un principio: l’organizzazione. La metafora organica proviene da Tito
Livio che attraverso il Menenio Agrippa racconta come l’Impero Romano corrispondesse al corpo umano, nel quale
gli schiavi componevano le braccia, i piedi, le mani e le gambe al contrario del Senato che invece corrispondeva
alla testa. Questa rappresentazione, intesa anche come un’analogia, contiene passaggi importanti, logici e
argomentativi che sono ripresi dalla biologia. Le nozioni principali di questa analogia, si riferiscono alla differenza
“tutto parti”, cioè come distinzione tra termini contrapposti e irriducibili. Questa differenza è sostenuta dall’idea che
il tutto è maggiore della somma delle parti, dall’idea che il corpo umano sia qualcosa di “più” rispetto ai suoi organi.
Quando la biologia è stata ripresa nel dopoguerra, negli anni ’60, si è arrivata alla conclusione che questo “più”
doveva essere sviluppato nel termine dell’organizzazione, poiché è proprio questa che tra le componenti le
de nisce come “parti” del sistema e questo come qualcosa “in più” rispetto alle sue componenti. Prima di arrivare
alla de nizione del concetto di organizzazione questa veniva precedentemente intesa come “vita”. L’idea di
organicismo, quindi, nasce dall’organizzazione intesa come vita della società e dà un altro importante sviluppo,
quale quello della funzione, che serviva come contributo di ciascun elemento a tale funzionamento. È importante
comunque sottolineare l’importanza della de nizione di organismo in quanto è questa costruzione biologica che
costituisce il rapporto “tutto parti”, costituisce anche l’analogia fondamentale che poi leggerà la società. La società,
quindi, viene rappresentata come un organismo, in quanto tutte le componenti di una società svolgono una
funzione: contribuiscono in qualche misura alla sua esistenza, la funzione come contributo di vita. Le parti
adempiono delle funzioni specializzate, attraverso cui si differenziano, differenziando interamente il sistema,
scomponendolo in subsistemi specializzati.
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Quindi il modello organico si contrappone a quello meccanico per la predominanza che assume l’idea della forma
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del sistema cioè l’accentuazione del fatto che si riesca a costituire una unità ulteriore che si con guri in maniera
autonoma dalle sue parti componenti. L’idea di sistema organico si con gura intorno alla differenza tra tutto/parti.
Cioè che caratterizza il tutto come elemento diverso e ulteriore rispetto alla somma delle sue componenti è
l’esistenza del principio dell’organizzazione tra le componenti che costituiscono il sistema come parti. Nella
concezione di Luhmann invece la differenza di partenza è quella tra sistema e ambiente e non quella tra tutto e
parti. La funzione di tale distinzione viene individuata da Luhmann sulla base della complessità. Questo carattere
indica la differenza tra le possibili offerte del mondo e le capacità di attuazione e indica la necessità di fare una
selezione tra queste possibilità. Il sistema è la selezione che tu fai rispetto a queste possibilità dell’ambiente in
modo tale da mantenerti coerente con te stesso. La riduzione della complessità è necessaria perché la
complessità è legata alla contingenza ovvero la possibilità che le esperienze di cui consiste il mondo si realizzino
in modo diverso dalle aspettative provocando delusioni di aspettative. La riduzione costituisce una selezione di
aspettative e questa selezione costituisce il senso che gli attori riescono a dare a quegli aspetti del loro ambiente
oggetto della selezione. Anche se elaborate attraverso strutture, le aspettative possono andare incontro a
delusioni. L’alternativa diventa tra mutare le aspettative deluse o mantenerle nonostante la delusione. Luhman
chiama le aspettative che si decide di mutare cognitive e quelle che si decide di mantenere normative. Le prime
sono caratterizzate dalla disponibilità all’apprendimento, le seconde dalla decisione di non apprendere dalle
delusioni. L’elaborazione di Luhmann viene ulteriormente approfondita sul piano della generalizzazione mediante il
concetto di autopoiesi. Il problema fondamentale diventa infatti quello della produzione, da parte del sistema, delle
sue componenti interne. L’autopoiesi è la riproduzione del sistema attraverso la sua produzione degli elementi che
lo compongono.
L’integrazione sociale ne “IL SISTEMA SOCIALE” di PARSONS è espressa dalla
“interpenetrazione” (compenetrazione),
Il sistema sociale per Parsons è composto da gruppi che condividono un sistema di simboli culturali attraverso il
quale vengono de nite le aspettative reciproche, le norme che regolano le relazioni tra i vari gruppi e quindi i ruoli
a esse corrispondenti.
Tendenzialmente, gli individui si conformano alle aspettative legate al loro ruolo. Per Parsons infatti l'esito
dell'interazione delle forze presenti in un sistema sociale è l'equilibrio. Questa tendenza verso l'ordine sociale si
sviluppa attraverso il processo di socializzazione, nel quale gli individui interiorizzano gli orientamenti di valore e le
norme per conformarsi alle aspettative poste dal ruolo che occupano nel sistema sociale. La socializzazione
avviene soprattutto nell'infanzia (e quindi all'interno della famiglia), quando il bambino interiorizza valori e norme
grazie al meccanismo di ricompense-punizioni impartite dai genitori, in un complesso rapporto di legami affettivi e
direttivi. Il sistema di motivazioni (cioè la personalità), il sistema di posizioni e ruoli (la società) e il sistema dei
valori (la cultura) non sono quindi in antitesi per Parsons, ma tendono all'integrazione reciproca. Naturalmente,
questa integrazione può non risultare perfetta: ecco quindi, accanto alla conformità, la possibilità della devianza,
del mutamento, che per Parsons rimane comunque residuale e quasi patologica. È questo il punto che ha
suscitato più critiche. Pur essendo considerata una pietra miliare nel campo della sociologia moderna, quest'opera
di Parsons (con le successive di approfondimento) è stata infatti considerata da diversi studiosi conservatrice e
inadeguata ad affrontare il problema del con itto sociale.
Nell’opera “Il sistema sociale” si riesce a ricavare recuperare la dimensione motivazionale, ma approfondire le
condizioni non soggettive dell’ordine sociale attribuendo all’azione un piano analitico speci co e diverso da quello
dell’attore. Grazie a questa de nizione si è riuscita a fare una distinzione tra soggetto ed oggetto che è rilevante
perché riesce a determinare un livello analitico più speci co per l’azione: da qui si ha la de nizione di sistema. La
relazione e connessione che vi è tra l’aspetto soggettivo (sistema di personalità) e tra sistema sociale, ha de nito i
ruoli. Questa relazione è designata dall’interpenetrazione, ovvero che vi sono i ruoli che costituiscono le unità del
sistema; quindi, l’individuazione di uno schema analitico a questo sistema richiede una tipologia che tenga conto
delle interdipendenze tra i ruoli. Questi ruoli e le loro proprietà, costituiscono una serie di modi di orientamento,
soprattutto sulla loro speci cità strutturale rispetto al sistema sociale. Parsons questi ruoli li etichetta come pattern
variables: deve essere costituto da una serie di proprietà e da un modo di orientamento che corrisponde alla
combinazione delle alternative d’azione fondamentali entro cui l’agire di ruolo è de nito. Una caratteristica dei
pattern variables non esaurisce la capacità nel classi care sul piano dei ruoli, che si tratti di un sistema sociale che
sia “interpenetrato” rispetto al sistema culturale ed al sistema di personalità, signi ca quindi che la struttura pattern
variables speci ca le proprietà di ruolo: sul piano dell’atto concreto può avvenire contemporaneamente poiché la
singola scelta di azione offre alternative di scelta; sul piano del sistema della personalità speci ca abiti di scelta e
disposizione all’agire e, in ne, sul piano culturale de nisce i generali criteri di valore che integrano i diversi
contenuti normativi espressi nei ruoli.
Parsons, quindi, chiama interpenetrazione la contemporanea presenza delle coppie di alternative (pattern
variables ovvero 5 coppie di variabili strutturali), esse permettono di classi care tutti i modi possibili in cui gli
orientamenti si possono presentare, (ovvero i modi in cui sono organizzati i modi di orientamento) sul piano del
sistema culturale, sul piano del sistema di valore e sul piano del sistema della personalità. L’interpenetrazione è
resa possibile dai processi di socializzazione primaria e secondaria. Da la possibilità di osservare il grado di
istituzionalizzazione di un sistema permettendo l’integrazione del sistema sociale .
Che il sistema sociale sia “interpenetrato” rispetto al sistema culturale ed al sistema della personalità signi ca che
la struttura delle pattern variables speci ca le proprietà di ruolo, ma ciò può avvenire perché,
contemporaneamente, sul piano dell’atto concreto, della singola azione empirica, essa speci ca alternative
concrete di scelta, mentre sul piano del sistema della personalità speci ca abiti di scelta e disposizioni all’agire
e ,sul piano culturale de nisce i generali criteri di valore che integrano i diversi contenuti normativi espressi nei
ruoli.
Il concetto ed il ruolo di funzione nella spiegazione struttural-funzionalista
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L'approccio di Parsons è de nito struttural-funzionalismo, poiché si propone di individuare la struttura di fondo
della società e di comprenderla mostrando le funzioni assolte dalle sue parti. Si riallaccia
al funzionalismo di Durkheim, il quale riconduce ogni fenomeno alla funzione che esso ha all'interno dell'insieme di
cui è parte, la società. Alcuni hanno proposto per la sociologia di Parsons il termine "approccio sistemico".
Comunque, in linea di massima, ciò che Parsons si propone di fare è di integrare i due approcci opposti di Weber e
Durkheim; il primo infatti pone l'accento sul ruolo dell'individuo, il secondo sul ruolo della società.
Il concetto di «funzione»:
La teoria sviluppata da Parsons si chiama «struttural-funzionalismo». Essa prende le mosse dal concetto di
«funzione» introdotto da Durkheim, che utilizzò il termine per riferirsi alla corrispondenza tra un fenomeno sociale
e un bisogno sociale. Il termine rinvia alla biologia, in cui indica le attività necessarie alla sopravvivenza degli
organismi.
Talcott Parsons ha cercato di costruire un sistema teorico capace di comprendere tutti gli elementi essenziali della
società, prendendo in considerazione i problemi che tutti i sistemi sociali si trovano a dover affrontare. L’attenzione
teorica è connessa anche alla convinzione che la teoria è necessaria per dare signi cato all’osservazione della
realtà. Risentendo dell’in uenza di Kant, Parsons ri uta inoltre l’idea di conoscenza come rispecchiamento neutro
della realtà. Ogni conoscenza è formata attraverso categorie concettuali. In modo kantiano, Parsons ritiene le
categorie sociologiche che egli stesso sviluppa come universali e immutabili.
Non bisogna sottovalutare l’origine antropologica del concetto di funzione, infatti, dietro funzionalismo parsonsiano
e dietro il funzionalismo della teoria dei sistemi, c’è il funzionalismo degli antropologi che è un funzionalismo che
ha a sua volta come base e radici una certa fenomelogia loso ca; è molto umanistico il funzionalismo
parsonsiano perché deriva da un funzionalismo antropologico le cui basi sono storicistiche e fenomelogiche.
La totalità delle strutture sociali e culturali interdipendenti, cioè un’idea di una società come totalità, è un’idea che
viene dallo storicismo e dalle correnti europee che erano ottocentesche. Il passaggio e la caratterizzazione di
queste totalità attraverso le strutture che allora volta sono individuate attraverso il concetto di funzione letto
attraverso il concetto di mantenimento della vita. Dietro il concetto di funzione c’è quindi questa idea olistica di
guardare la società. In Parsons questo diventa un metodo, cioè le strutture diventano uno dei problemi
fondamentali da andare a studiare per vedere quali sono i requisiti funzionali che garantiscono la sopravvivenza di
quelle strutture e come si replicano. Quindi quali sono le strutture fondamentali di un sistema sociale che devono
essere studiate e le funzioni che assolvono, e questi tra di loro come sono interdipendenti. L’interdipendenza
creata dall’interpenetrazione è lo strumento con cui il sistema si regge. Questa operazione tra trasformando la
normatività, cioè l’integrazione sistemica è in qualche modo un requisito di sopravvivenza e d’identità del sistema
che è garantita, come in Pareto, attraverso dei cambiamenti che rendono possibile la persistenza di quell’identità.
L’integrazione non è di una sola persona in un contesto, l’integrazione sociale è una serie di processi che sono in
grado attraverso la trasformazione delle strutture di mantenere l’identità di quel sistema. Quando diciamo che
facciamo le politiche inclusive, quando vogliamo integrare qualcuno, dovremmo dire che stiamo cercando di fare
partecipare quell’individuo ai processi integrativi della società, gli stiamo dando delle possibilità e risorse per
partecipare ai processi integrativi della società.
Il concetto parsonsiano di “AZIONE SIMBOLICA" ed il suo carattere
desoggettivizzato
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Parsons prende le distanze dal comportamentismo, che si propone di comprendere il comportamento umano
prescindendo da motivazioni soggettive, dalla tradizione dell’utilitarismo, che considera l’individuo mosso dal
calcolo razionale dei suoi interessi, e dal determinismo materialista del marxismo. Cerca invece di trovare un punto
di mediazione tra la prospettiva dell’idealismo, secondo cui l’azione umana è pura espressione della coscienza
soggettiva, e quella del determinismo strutturale, secondo cui l’azione risulta completamente da condizionamenti.
La teoria dell’azione sociale sviluppata da Parsons è invece detta volontarista. Essa tiene conto simultaneamente
delle condizioni ambientali oggettive che in uenzano l’azione, e delle componenti psicologiche e motivazionali che
con gurano la capacità di scelta relativamente autonoma fondata non solo sul calcolo degli interessi, ma anche sui
valori di tipo morale ed estetico. Nella sua de nizione di azione sociale Parsons recupera il concetto di azione
sociale di Weber (agire dotato di senso che tiene conto dell’agire altrui), come da Durkheim il concetto di ordine
simbolico culturale.
L’azione sociale per Parsons si compone dei seguenti elementi:
● Soggetto (o attore sociale): un individuo, un gruppo o una collettività
● Finalità dell’azione: il risultato verso cui l’azione si orienta
● Situazione: condizioni oggettive entro cui si sviluppa l’azione (condizioni, su cui gli attori non hanno controllo, e
mezzi, che possono controllare)
● Ordine simbolico: l’insieme di rappresentazioni, modelli e regole culturali che orientano l’agire. Si tratta della
dimensione culturale dell’azione. La cultura produce consenso e controlla le spinte altrimenti disordinate
dell’agire individuale (attraverso l’interiorizzazione delle norme/valori/simboli attraverso il processo di
socializzazione).
La sociologia di Parsons è fondata sul concetto di sistema. Un sistema è un insieme di relazioni di interdipendenza
tra elementi che consentono di distinguere questo insieme di elementi da un altro insieme o da un altro sistema.
Es. di sistema: una nazione (insieme di relazioni privilegiate tra individui sulla base di una lingua e cultura comuni,
tradizioni, territorio, modelli di comportamento e norme ecc.). Ogni sistema tende alla propria autoconservazione e
al mantenimento della propria coesione ed equilibrio in rapporto con l’ambiente esterno (modello del sistema in
equilibrio di Pareto).
In un sistema si distingue la dimensione strutturale e quella funzionale.
Dimensione strutturale: le relazioni relativamente stabili tra gli elementi essenziali alla costituzione del sistema
come unità, e relazioni codi cate (istituzioni) all’interno del sistema
Funzioni: attività che servono al mantenimento del sistema
Un sistema può essere analizzato dalle seguenti prospettive:
1. Relazioni con l’esterno
2. Relazioni interne
3. Scopi perseguiti
4. Mezzi di cui dispone
A partire da queste categorie esterno/interno e scopi/mezzi, in parte recuperando l’idea di imperativi strumentali o
integrativi di Malinowski, Parsons de nisce i 4 imperativi (o prerequisiti) funzionali di ogni sistema.
Gli imperativi funzionali sono i seguenti:
1. Adattamento (adaptation)
2. Conseguimento degli scopi (goal attainment)
3. Mantenimento delle strutture latenti (latent pattern maintenance o latency)
4. Integrazione (integration)
Il modello teorico viene detto modello AGIL, dalle iniziali delle funzioni (Adaptation, Goal attainment, Integration,
Latency). Ogni analisi sistemica deve prendere in considerazione questi quattro imperativi funzionali.
AGIL: Adaptation
L’adattamento riguarda i rapporti tra sistema e ambiente esterno (ambiente naturale e altri sistemi). Comprende le
attività:
● Che permettono di trarre dall’ambiente le risorse necessarie alla sopravvivenza (input)
● Rivolte alla produzione di beni/attività che possono essere oggetto di scambio con l’esterno (output)
● Finalizzate a controllare/modi care le condizioni dell’ambiente esterno
AGIL: Goal attainment
La funzione di conseguimento degli scopi comprende:
● La selezione degli scopi del sistema tra i molti possibili
● L’indirizzamento del sistema al loro conseguimento
● La mobilitazione e amministrazione delle energie e delle risorse del sistema in modo funzionale al
perseguimento delle nalità pre ssate
AGIL: Integration
La funzione di integrazione permette di armonizzare i diversi elementi del sistema nonché i suoi sottosistemi,
controllando anche attraverso sanzioni le spinte disgregative, che possono minacciare l’unità del sistema.
AGIL: Latency
La funzione di latenza o mantenimento delle strutture latenti consente di mantenere stabili i valori/motivazioni/
signi cati che orientano l’azione in modo adeguato alle esigenze del sistema. Garantisce la stabilità dei modelli di
comportamento istituzionalizzati e comprende i meccanismi di socializzazione che permettono l’interiorizzazione
delle norme e dei valori. Queste strutture simboliche sono dette «latenti» perché il loro funzionamento è
indipendente dalla coscienza che ne ha l’individuo: la cultura interiorizzata è data per scontata e sfugge
all’attenzione ri essiva.
In corrispondenza degli imperativi funzionali, Parsons distingue:
● Organismo biologico (adattamento): origina dell’energia sica di base del sistema
● Sistema della personalità (conseguimento degli scopi): capace di organizzare le risorse per il raggiungimento
delle nalità
● Sistema della cultura (mantenimento dei modelli latenti): insieme di rappresentazioni, valori, norme, modelli di
comportamento
● Sistema sociale (funzione integrativa): insieme di status/ruoli all’interno di cui viene de nito normativamente
l’agire sociale
IL SITEMA SOCIALE
Il sistema sociale viene de nito in termini di interazione. Non si tratta di interazione tra personalità, ma tra status/
ruoli. Lo status de nisce la posizione del soggetto rispetto agli altri soggetti nella struttura di relazioni (es. medico/
paziente). Il ruolo si riferisce a ciò che il soggetto compie nelle sue relazioni con gli altri. Gli status/ruoli esistono e
sono relativamente prevedibili indipendentemente dalle personalità particolari che li ricoprono. Ad ogni ruolo
corrispondono delle «aspettative di ruolo» (ci si attende un certo comportamento da parte di chi ricopre certi ruoli).
Il ruolo (insieme di modelli di comportamento stabili nalizzati all’assolvimento di funzioni di rilevanza sociale) è il
punto di incontro tra sistema della cultura e sistema della personalità all’interno del sistema sociale. L’istituzione
sociale è de nita da Parsons come «un’unità di struttura sociale di ordine più elevato del ruolo», in quanto
«composta da una pluralità di modelli di ruolo interdipendenti». Per esempio, la proprietà privata è un’istituzione in
quanto comporta l’aspettativa di reciproci comportamenti tanto da chi la detiene quanto da chi non la detiene.
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Pattern variables
Parsons de nisce un insieme di parametri sulla base dei quali è possibile classi care società e culture diverse:
sono le variabili strutturali (pattern variables). Esse sono scelte binarie di fondo compiute da una cultura nel corso
della sua esistenza:
- Particolarismo/universalismo. È la differenza tra il comportamento di un genitore e quello di un giudice. Il
primo è ispirato a criteri particolaristici, che magari avvantaggiano il glio ma non un altro individuo. Il secondo è
ispirato a criteri universalistici, le regole che applica valgono per tutti indifferentemente ("la legge è uguale per
tutti”).
Diffusione/speci cità. Nel primo caso l'azione è orientata a tener conto di tutti gli aspetti della personalità di chi
mi sta davanti, nel secondo l'azione si basa sul ruolo: quando interagisco con un amico tengo conto dell'insieme
della sua personalità; quando un commesso interagisce con un cliente tiene conto solo dell'aspetto "cliente" di
quell’uomo.
Ascrizione/acquisizione. È l'importanza che una società attribuisce a chi ha tratti derivatigli dalla nascita quali
colore della pelle o famiglia di provenienza (ascrittivi), oppure per ciò che quell'individuo è stato capace di
realizzare nel corso della sua esistenza (tratti acquisitivi).
Affettività/neutralità affettiva. La differenza tra sistemi d'azione nei quali vi è una grati cazione affettiva
(madre/ glio) o dove le relazioni si basano sul distacco affettivo (funzionario/cliente).
Interessi collettivi/interessi privati. Il diverso orientamento nell'agire degli individui; il medico è orientato verso
interessi collettivi, l'imprenditore verso interessi privati (il proprio utile).
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Le pattern variables articolate tra loro danno origine a una complessa tipologia dell’agire, nonché a diversi tipi di
società a seconda della prevalenza di alcune alternative su altre. Per esempio, nelle società tradizionali domina il
carattere ascrittivo dei ruoli, a differenza delle società moderne in cui domina quello acquisitivo. L’impiego di talune
alternative al posto di altre socialmente attese può generare tensioni nello scambio e disfunzioni. Per esempio, il
nepotismo sui luoghi di lavoro (particolarismo) invece del riconoscimento del merito in base a criteri oggettivi
(universalismo).
Ogni sottosistema deve rispondere ai quattro imperativi funzionali per sopravvivere.
Ciascuno di essi comprende quindi altri quattro sottosistemi. I sottosistemi del sistema sociale sono il sottosistema:
- Economico (Adaptation)
- Politico (Goal attainment)
- Comunità societaria [apparti della giustizia] (Integration)
- Socializzazione (Latency)
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In che senso azione simbolica?
Parsons decide di ride nire il concetto di azione come azione simbolica, affermando, invece di partire dalla
situazione o dal soggetto, quindi con i modi di orientamento, si parte direttamente dall’azione e da questa
fondamentale duplicità e simbolicità, cioè dal fatto che un’azione intanto è azione in quanto è riconoscibile come
un’espressione di una motivazione, intenzione e orientamento, ma è anche oggetto di attribuzione di signi cati da
parte dell’attore.
Questa duplicità viene individuata e classi cata attraverso lo studio delle Pattern Variables, come categorie de nite
a prescindere da attore e situazione.
Parsons approfondì la diversità attraverso alcune coppie di pattern variables, mostrando le loro alternative e le loro
relazioni dal punto di vista unitario costruito sull’azione simbolica: universalismo/particolarismo e qualità/
prestazione in chiave di categorizzazione degli oggetti in situazione; mentre le altre due sono speci cità/genericità
e neutralità affettiva che per oggetto hanno l’orientazione dell’attore. La prestazione e l’affettività descrivono dal
punto di vista della situazione e dal punto di vista dell’attore, l’orientamento dell’azione diretto a soddisfacimento di
bisogni e a raggiungimento di scopi; la qualità e la neutralità affettiva, che si trovano alla polarità rispetto a quelle
precedenti. La qualità ci parla dal punto di vista della situazione, di una componente dell’azione a differenza della
neutralità affettiva che parla di questa stessa componente ma dal punto di vista dell’attore; in sintesi, la variabile
della relazione precedente è de nita direttamente dall’azione connessa al soddisfacimento dei bisogni dei ni,
classi cabile come consumo, a differenza invece della relazione tra neutralità e affettività la cui azione non è
direttamente connessa a questa soddisfazione che è classi cabile come strumentale. Lo stesso tipo di
ragionamento viene fatto per nei confronti dell’altra coppia, ovvero il particolarismo rispetto alla diffusività:
considerate dal punto di vista dell’azione simbolica, queste due alternative indicano gli stessi aspetti dell’azione,
cioè gli aspetti interni del sistema dell’azione e l’individuazione dell’ambiente esterno dell’azione. Il contrasto viene
dalla coppia universalismo e speci cità, che indicano un unico aspetto del sistema d’azione simbolica, indicando in
entrambe le relazioni del sistema d’azione con l’esterno, con ciò che gli sta intorno e gli fa da ambiente. Parsons si
trova su un piano generale e astratto, recuperando quelle tradizioni che per quanto in modo generale e astratto
sono adesso usate per individuare un fenomeno speci co che è l’azione simbolica ed è un piano di de nizione dei
problemi sociali che sfugge al determinismo biologico ed economico, perché individua una dimensione dell’azione
che è in sé, de nitivamente desoggettivizzata. I fenomeni sociali, quindi, sono de niti a prescindere dal soggetto,
anche se è presente, ma la speci cità dell’azione e della speci ca sociologica, è costruita su un piano de
soggettivato.
Le "gerarchie di controllo" LIGA e AGIL esprimono l'evoluzione del concetto
parsonsiano di integrazione puoi illustrarne i contenuti
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Partendo dai pattern variables, Parsons non ha ottenuto una classi cazione di modi e di orientamento ma bensì
una teoria generale dell’azione, che è anche una teoria dell’azione sociale.
Le due variabili ottenute (strumentale/consumatorio ed esterni/aspetti interni dell’azione) rappresentano due assi di
differenziazione che individuano quattro aspetti, quattro requisiti funzionali (la manipolazione dell’ambiente
esterno, il raggiungimento dei ni, la coordinazione dei vari componenti e il mantenimento del sistema e
conversazione della sua identità), che ogni sistema deve soddisfare. Incrociando questi due assi, si dà luogo ad
uno schema quadrifunzionale, ovvero l’AGIL, che consente a Parsons di elaborare una teoria generale del sistema
d’azione e dell’azione sociale con un livello di generalizzazione e di formalizzazione. La potenza della
concettualizzazione sta nel fatto che usi gli assi di differenziazione e quindi ti interroghi sul rapporto con l’esterno,
sugli ambienti del sistema, sull’orientamento strumentale e consumatorio e dentro il sistema sociale riesci ad
individuare il sistema economico, il sistema politico, la duciary sistem e la societal community.
Questi requisiti funzionali sono regolati dalla gerarchia e ve ne sono di due tipi: 1) gerarchia di controllo l’idea di
potere come selezione di alternative possibili per cui ciascun livello esclude alternative ma ti dà la possibilità di
percorrere altre alternative ma questo non basta perché sarebbe una versione normativa dell’azione; Invece
un’azione è possibile se in questa gerarchia di controllo si af anca un’altra gerarchia, ovvero la gerarchia di
condizione ma che è rovesciata, cioè puoi volere quello che vuoi ma se non ci sono le risorse materiali all’interno
dell’azione non hai dove andare. Dall’altra parte, queste risorse non puoi usarle come vuoi ma quando qualcuno
ha stabilito come puoi usarle; queste risorse sono spendibili nel tuo lavoro sulla base di quanto il raggiungimento
dei ni ti rende possibile. Come si integrano queste risorse con gli altri sistemi sociali è la funzione della società: la
funzione della società ha stabilito il sistema politico, e le loro generali priorità si speci cano in una serie di
condizioni materiali dentro cui è possibile esercitare un ruolo. In questo modo puoi rivolgerti al sistema culturale
affrontando i problemi di latenza nei limiti delle condizioni degli esercizi delle funzioni. Cosa abbiamo? Un’altra
gerarchia tra i requisiti funzionali dell’azione rovesciata rispetto alla precedente di condizione; quella è di valori, di
senso, orientamento, ecc. questa che è di controllo, selezione di alternative possibili, di condizioni dentro cui
l’azione può essere strutturata. Questo incrocio si divide tra equilibrio, informazione ed energia. Altre gerarchie: la
gerarchia AGIL fornisce energia, parte dal duciary sistem no al sistema economico; La gerarchia LIGA
fornisce selettività e quindi informazioni, parte dal duciary sistem e arriva al sistema economico. Sono due
gerarchie che concorrono a tenere integrato l’azione e il sistema sociale.
Quando si parla dei fenomeni sociali di Weber, si parla cioè dei tipi di razionalità e di azione che sono recuperati
dall’asse strumentale consumatoria; in Durkheim invece i tipi di solidarietà e strutturazioni con i rapporti con
l’ambiente sono recuperati nell’asse esterna e interna con tematiche speci che. Parsons sta sul piano generale e
astratto, recuperando quelle tradizioni che per quanto in modo generale e astratto sono adesso usate per
individuare un fenomeno speci co che è l’azione simbolica ed è piano di de nizione dei problemi sociali che
sfugge al determinismo biologico ed economico, perché individua una dimensione dell’azione che è in sé,
de nitivamente desoggettivizzata. I fenomeni sociali sono de niti a prescindere dal soggetto, anche se è presente,
ma la speci cità dell’azione e della speci ca sociologica, è costruita su un piano de soggettivato.
In LUHMAN variazione, selezione e stabilizzazione costituiscono i processi
dell'evoluzione del diritto come struttura della società.
In cosa consistono e quali fenomeni del cambiamento del diritto mettono in rilievo
Si è sviluppato, nella sociologia del diritto contemporanea, un approccio al problema dell’evoluzione del diritto che
si avvale degli strumenti della teoria generale dei sistemi. Il problema fondamentale da risolvere è quello delle
modalità con cui è possibile combinare cambiamento sociale e mantenimento dell’identità del sistema, ovvero dei
limiti entro i quali un sistema, come quello giuridico, può sottostare a mutamenti anche profondi senza perdere per
questo la propria identità.
Secondo Luhmann il concetto di sistema sociale risulta molto intricato al concetto di diritto. Il sistema sociale è
presentato come un insieme di elementi tra loro interdipendenti, che per sopravvivere in un ambiente complesso,
incontrollabile, ha bisogno di sviluppare un’adeguata complessità interna, determinata da sottosistemi di cui è
composto e dalle loro reciproche relazioni. Il sistema sociale richiede la presenza decisiva di un sottosistema
giuridico.
Il problema dell’evoluzione assume un’importanza cruciale in una prospettiva sistemica e nell’opera di Luhmann
questo viene affrontato in 3 fasi diverse, ciascuna delle quali prende in considerazione i fattori di cambiamento del
sistema provenienti: a) dal suo interno, b) dal suo esterno, c) da entrambi i versanti. In particolare, tali fasi
riguardano rispettivamente: “I fattori sociali che possono spingere il diritto a mutare se stesso per continuare a
svolgere i propri compiti”; “I meccanismi del diritto che, come i procedimenti, sono di per sé in grado di produrre
innovazione in un quadro di continuità”; “I canali che consentono al sottosistema giuridico di selezionare e tradurre
al proprio interno e nel proprio linguaggio eventuali sollecitazioni” di rinnovamento provenienti dalla società.
Gli elementi che costituiscono i processi dell’evoluzione del diritto in Luhmann sono la variazione, la selezione e la
stabilizzazione.
Il primo elemento consente la comprensione delle componenti e dei meccanismi dell’evoluzione del diritto, in
quanto i sistemi giuridici vivono immersi in molteplicità e con ittualità delle aspettative normative (sovraccarico) (la
variazione è possibile grazie ad una vasta produzione di norme). Altro concetto fondamentale per Luhmann
consiste nella riduzione della complessità e nella possibilità di contingenza, all’interno del sistema/ambiente.
Tale riduzione costituisce sempre una selezione di aspettative, le quali servono sia per stabilizzare l’esperienza
degli attori, sia per dare “senso” agli oggetti della selezione. Il secondo elemento, dunque, è la selezione intesa
come selezione di alternative, per la quale è importante la creazione di strutture. Infatti, con quest’ultimo termine,
si indica la selezione di eventi, tra tutti quelli possibili, per i quali vi possono essere delle aspettative (valida/non
valida), quindi la struttura diventa come una preselezione di alternative. Visto il sistema sociale come un insieme di
azioni coordinate, la creazione di strutture diventa un processo continuo: quanto più complesse saranno le
relazioni sociali, tanto più complessa sarà la struttura di aspettative connessa.
Per queste ragioni si elabora un tipo particolare di strutture, volte alla stabilizzazione, ultimo elemento
fondamentale del processo, dove le aspettative possono incorrere a delusioni. In particolare, si differenziano le
aspettative cognitive e quelle normative come strategie per neutralizzare delusioni, quest’ultime (aspettative
normative) vengono de nite dalle norme giuridiche, in quanto risultato di processi di istituzionalizzazione, creando
strutture di aspettative stabilizzate. Ad essere istituzionalizzate potrebbero essere anche delle aspettative
cognitivo-normativo o viceversa, infatti la distinzione tra le due strategie non è molto drastica, ma possono
intrecciarsi tra loro. P.e. la fedeltà tra coniugi è aspettativa di entrambi i partner che si stabilizza su base cognitiva,
mentre l’aspettativa normativa viene generata, nel caso di divorzio, dall’avvocato.
"Come" la differenza sistema / ambiente risolva il carattere tautologico della
distinzione tutto / parti.
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La teoria generale dei sistemi ricorre al concetto matematico di funzione (relazione di interdipendenza tra variabili
diverse) sulla base del quale essa esamina i rapporti che vengono a stabilirsi di fatto tra gli elementi diversi del
sistema considerato. Col termine sistema si intende una realtà complessa i cui elementi interagiscono
reciprocamente, secondo un modello di circolarità in base al quale ogni elemento condiziona l'altro ed è da esso a
sua volta condizionato. Il signi cato di ogni singolo elemento non va pertanto ricercato nell'elemento stesso,
quanto nel sistema di relazioni in cui esso è inserito. Va inoltre notato che, diversamente dalla prospettiva
funzionalista, che considerava il sistema sociale come unità già data, nella teoria dei sistemi si ritiene che il
sistema derivi da un processo di selezione messo in atto dall'osservatore che, in base ai propri interessi scienti ci,
prende in considerazione determinati elementi e non altri. Il sistema non va pertanto inteso come qualcosa che
esiste nella realtà, quanto piuttosto come un'elaborazione teorica, sulla cui base è possibile rendere ragione di
determinati fenomeni.
La considerazione dei fenomeni nel loro reciproco rapportarsi fa sì che i sistemi non siano qualcosa di statico, ma
in costante evoluzione (o involuzione) dinamica. Va notato che tale dinamica è particolarmente presente nei
sistemi in cui sono più frequenti le relazioni con l'ambiente circostante (sistemi aperti). Le nuove istanze che via via
si presentano nell'ambiente danno origine a variazioni dinamiche che tendono a riportare l'insieme a una
situazione di nuovo equilibrio.
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Secondo Luhmann, tanto il sistema che l'ambiente vanno intesi come parte determinata di una complessità
indeterminabile: il mondo. È questo l'insieme delle illimitate possibilità, che come tale non può mai essere
circoscritto e che comprende sia l'ambiente (l'insieme delle possibilità determinabili presenti in una situazione
concreta), sia il sistema, (prodotto determinato, costituitosi in base all'effettiva selezione di alcune delle possibilità
determinabili dell'ambiente e alla negazione di quasi tutte le altre). Il sistema sociale serve a mediare il rapporto
uomo-mondo, altrimenti reso estremamente dif coltoso dalla complessità del mondo stesso. Il sistema sociale
infatti sempli ca la complessità, innanzi tutto stabilendo una differenza tra un dentro e un fuori, e quindi
strutturando il proprio ambito di senso. Si formano così, all'interno del mondo, come delle isole a complessità
ridotta: i sistemi sociali, il cui grado di complessità varia secondo lo sviluppo e la capacità di selezione e di
organizzazione strutturale dei sistemi stessi. Dato che i sistemi sociali si costituiscono in base a un senso
condiviso, l'analisi dei processi comunicativi si pone come essenziale all'interno della stessa ricerca sociale.
Quindi Luhmann disegnerà il sistema non più attraverso la distinzione tutto/parti, ma attraverso sistema/ambiente.
L'idea di tutto/parte viene dall'800, si sostiene che il tutto fosse maggiore della somma delle parti, questa visione
però contiene un errore logico: nella de nizione di parte il tutto è già contenuto, il tutto gicoa come parte e come
tutto. Il punto di partenza, per risolvere questo errore è sempre la differenza sistema/ ambiente. I sistemi si
costituiscono e si mantengono creando questa differenza e regolandola mediante strutture e con ni. La distinzione
è dunque condizione dell'autoriferimento, ed il mantenimento dei con ni è il mantenimento del sistema. I con ni
non vanno intesi come "interruzione" di relazioni né come l'indicazione di interdipendenze interne maggiori, ma
come un concetto che indica quei processi che, superando la distinzione (gli scambi di informazione ed energia
con l'ambiente), proseguono nell'ambiente in condizioni diverse, secondo possibilità o contingenze che sono
diverse da quelle a cui è sottoposto il medesimo processo entro il sistema. L'ambiente è dunque speci co e
diverso per ogni sistema. L'imputazione di qualcosa ad esso è compiuta sempre dal sistema, perché anche tale
imputazione non può che essere compiuta in riferimento alla distinzione sistema/ambiente. Se questa distinzione è
il punto di partenza, allora la vecchia distinzione tutto/parti deve essere riletta come differenziazione sistemica.
Questa consiste nella reiterazione della formazione dei sistemi entro il sistema, nella proposizione della distinzione
sistema/ambiente entro il sistema. Il sistema esterno assume la funzione di sistema interno ispetto al subsistema,
si moltiplica come pluralità di distinzioni sistema/ambiente. E' una complessi cazione del sistema, poiché ogni
subsistema de nisce speci ci ambienti interni del sistema complessivo.
Quali fenomeni mettono in rilievo variazione, selezione e stabilizzazione, quali
meccanismi evolutivi del diritto come struttura sociale
L’evoluzione di un sistema, non dipende solo da circostanze esterne quindi dalla complessità dell’ambiente, ma
dalla sua propria complessità cioè dall’interna differenziazione. Da un’ottica interna al sistema, l’evoluzione implica
che vengano soddisfate 3 funzioni:
- La produzione di nuove possibilità all’interno di un sistema per il resto invariato (variazione);
- La selezione delle possibilità utilizzabili ed esclusione per quelle inutilizzabili (selezione);
- La stabilizzazione delle possibilità utilizzabili nella struttura di un sistema (stabilizzazione).
Vedremo quindi che l’evoluzione non è un processo causale intrinseco al sistema, la sua forza deriva da una
necessità naturale o da una causa determinante, infatti realizza nel confronto con l’ambiente del sistema, un
potenziale per un “acquisire”, trasformando così la struttura (potenziale che deriva dalla differenziazione delle tre
funzioni) dinanzi ad un ambiente che muta in maniera indipendente. Se si vuole individuare i meccanismi che
corrispondono alle tre funzioni citati prima (variazione, selezione, stabilizzazione) ci si incorre a tre ambiti di
funzione distinguendoli come:
- Molteplicità e carica con ittuale delle aspettative
- Processo di decisioni
- Formulazione regolativa del diritto valido
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È necessario che dentro il diritto si realizzino dei cambiamenti in termini di formalizzazione e razionalizzazione
attraverso la de nizione di programmi decisionali tra la legislazione e la giurisdizione. Questa distinzione necessita
da un punto di vista concettuale quattro caratteri del sistema giuridico e due delle componenti, ovvero il controllo
politico dell’immissione di premesse decisionali di carattere restrittivo nel sistema del diritto, il crescente
orientamento della prassi decisionale giudiziaria e della stessa costruzione dogmatica di complessi di decisioni
verso le conseguenze attesa, la preselezione della giuridi cazione mediante variabili extragiuridiche e le
differenziazioni nell’ambito della professione giuridica. Per il primo carattere si intende tutto quell’esercizio della
sovranità decisionale che rende possibile una forma di argomentazione complessa ma circoscritta la quale esclude
ciò che è irrilevante consentendo in questo modo di speci care quali siano i problemi e arrivare ad una decisione
giuridicamente autonoma. Per quanto la funzione della politica sia quella di rendere possibili le decisioni vincolanti
anche in assenza di consenso, la selettività è orientata in modo diversa da quella del sistema di diritto e
rappresenta un problema che non può essere eliminato e che non può essere neppure superato attraverso il
concetto di Stato perché si manifesta nella quantità e nella qualità delle norme giuridiche. Ma nessun sistema
differenziato di funzioni può fare a meno di livelli decisionali dotati di una capacità di aggregazione più elevata
quindi si veri ca una grande quantità di decisioni trascurando selettivamente tutti i dettagli. Nel secondo carattere
invece si fa riferimento all’attribuzione degli obiettivi alla giurisdizione. Bisogna quindi fare riferimento ai limiti di
previsione della rilevanza sociale dei casi giuridici (di dimensione temporale), in quanto i giuristi argomentano con
riferimento alle conseguenze e credono nel valore decisionale di questa gura argomentativa. Le conseguenze
prevalgono sul fatto che la giurisdizione ha più dif coltà ad individuare gli effetti in quanto obiettivi della legge e
nella ricerca di questi effetti l’attribuzione di ni politici. Per quanto riguarda il terzo carattere, si fa riferimento alla
descrizione della dottrina dell'ordinamento la quale avviene attraverso i casi che talvolta rappresentano un
problema. I problemi giuridici assumono un signi cano più grande in quanto si presentano caso per caso. Nei casi
giuridici la differenziazione compiuta attraverso la distinzione tra legislazione e giurisdizione regge perché ogni
decisione della giurisdizione è sempre e soltanto una decisione sul singolo caso e tutta la struttura del processo
serve ad individuare la speci cità di quell’azione e quindi, la necessità di una risposta speci ca di quell’azione in
quel caso. Il caso giuridico è l’individualizzazione della decisione ed è l’unica possibilità di tenere insieme un
sapere giuridico ed uno empirico. In ne, vi è l’ultimo carattere, l’orientamento alla professione nella prassi del
giurista: si fa riferimento a tutte le tipiche costrizioni all’astrazione e alle interdipendenze funzionali dei ruoli che
sono possibili solo attraverso la differenziazione del sistema di diritto. Anche in questo caso è possibile riconoscere
delle trasformazioni che hanno ef cacia sulla struttura e che minacciano la coesione della professione e talvolta le
nuove riforme tendono a spaccare la professione sul piano politico e il rapporto con le generazioni quindi
concentrare tutto la gura professionale intorno ad un concetto può far emergere della coesione che talvolta però
rappresenta un modo per sopravvivere in ambienti complessi.
Che vuol dire che il DIRITTO POSITIVIZZATO sia un diritto che si è
istituzionalizzato come una struttura sociale mutabile ed è legittimato per tale
ragione
Con il processo di positivizzazione, con la costruzione dei codici scritti, tutto il diritto è scritto, ovvero non esiste
possibilità di attribuire valore giuridico a norme non scritte. Nei paesi antichi quando ancora il diritto non era scritto
vi erano un insieme di diritti differenti per ceto, per professione e ciò rendeva il diritto estremamente complicato da
gestire ma anche diverso. Codi care signi cava dotarsi di uno strumento capace di eliminare le disuguaglianze. La
soluzione che emerse era quella di azzerare completamente le leggi e cercare di creare un unico codice delle
leggi. Vedremo quindi il codice civile prima di tutto con accanto uno commerciale, quello penale e i codici di
procedura. Tramite questi codici bisogna stabilire come il diritto può essere applicato, chi ad esempio possiede la
capacità giuridica, ecc. Procedendo in questo modo non vengono tollerate più facilmente le diversità territoriali e
personali; inoltre più si formalizza e si razionalizza tanto più interno è il controllo e tanto meno si ricerca all’esterno
(es. religione) e quindi si avrà un diritto sempre meno legato alla religione e alla morale; ciò si chiama
positivizzazione, ma ciò che legittima il diritto moderno è la sua mutabilità. Questo signi ca che rispetto alla
eterogeneità delle aspettative il diritto ha un codice per scegliere tra le alternative. Mentre la produzione del diritto
è una produzione di scelte tra alternative nella società. Invece la variabilità del diritto positivizzato sta nel processo
di selezione delle aspettative.
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Quando si parla di diritto positivizzato, è importante dire che non è causato da una volontà, causalità o da
un’origine ma viene percepito valido in base ad una decisione e risiede la sua validità nel processo di selezione di
questo diritto e dal tipo di attribuzione di giuridicità di queste norme. I caratteri di questo diritto sono
sostanzialmente sei: è un ltro per tutte le attese normative della società (valido/non valido); la produzione di diritto
è attribuita a questo processo; la positività del diritto come scelta tra alternative, come possibilità che sia diversa,
come mutabilità; il diritto mutabile persiste con la decisione di non mutarlo; sceglie ma non elimina possibilità;
cambia il peso che viene attributo al legislatore. Quindi il diritto vale positivamente solo quando la decidibilità e
quindi la mutabilità del diritto diventa permanente attualità e può essere sopportata come tale una volta che il
diritto viene positivizzato cioè generalizzato come deciso e mutabile, diventando uno strumento per migliorare.
Questa conseguenza porta il diritto ad escludere delle possibilità però a non eliminarle del tutto perché cerca di
mantenerle come possibili temi giuridici nel caso in cui un mutamento del diritto vigente sembri opportuno. La
mutabilità del diritto, quindi, è una possibilità sempre presente e con questo anche l’omissione di procedere a
mutamenti diventa un comportamento a cui si deve rendere conto. Quindi vi deve essere la possibilità di decidere
sulla e non decisione e si deve poter organizzare una struttura ri essiva del processo decisionale e solo in questo
modo si può dire che il diritto si fonda sulla decisione che vale positivamente. In questo modo non deve essere
sottovalutato però il ruolo del giudice in quanto rende palese il suo contributo decisionale e può legittimarlo in
modo nuovo. Quindi non si tratta più di un processo cognitivo ma bensì di una formazione normativa intensa come
processo di assorbimento di incertezza e di riduzione dell’indeterminatezza dei programmi decisionali giuridici. Per
il fatto che il diritto è istituzionalizzato come mutabile, ciò vuol dire che è possibile avere un diritto diverso nel
tempo poiché vi è la possibilità di far cambiare un diritto nel tempo, ciò porta diversi settori del diritto ad essere in
continua revisione. Il diritto così si mette in movimento in modo legittimo perché si regola rispetto ad un tempo che
scorre più rapidamente.