Bauval e le ennesime contraddizioni TCO al

Bauval e le ennesime contraddizioni TCO
al-Jizah è davvero costruita sulla Costante Aurea?
La Società NILMAN penetra lo spirito delle Organizzazioni e
trova il Mito come Archetipo pericoloso
J.E. Mack affronta i rapimenti alieni da psichiatra
Quale destino per le Civiltà nella Galassia?
Bob Lazar era a Los Alamos e conosceva perfettamente A51
Note a Margine - La Rubrica del Direttore
di Gianluca Rampini
L’isola che non c’è - L’esperienza di Atlantide e le riflessioni
eterodosse
di Pier Giorgio Lepori aka Archeomisterica
Gli errori di Orione Vol. 2 - Insostenibilità della TCO di R. Bauval
di Fabio Marino
Analisi misure e rapporti ad al-Jizah
di Giuseppe Badalucco
Progetto Parzival - La scoperta delle sindromi mitologiche
di NILMAN Formazione Roma
La scienza delle ‘Abduction’ Vol. 2 - Gli studi di John E. Mack
di Enrico Travaini
Dal paradosso di Fermi e di Olum al destino delle Civiltà nella
Galassia
di Federico Tommasi
Bob Lazar diceva il vero - Un testimone lo colloca nei laboratori di Los
Alamos
di Gianluca Rampini
www.associazioneaspis.net
NOTE A MARGINE
La Rubrica del Direttore Gianluca Rampini
Scrive la Redazione al posto del Direttore
Gianluca, sostituendolo per un inconveniente
occorsogli e per il quale gli auguriamo tutti un
pronto e deciso ritorno in scena oltre agli Auguri
di Luminoso Natale. L’articolo, in rispetto del
Direttore, sarà una sinossi ragionata del n. 27 in
questione che vi accingete a leggere.
La prima cosa da dire è che ASPIS sta sempre
di più prendendo le distanze dagli
'archeobaristi' (citaz.) e si impegna come
promesso a ratificare le fondamenta salde
dell'Eterodossia, quella vera, fatta di analisi e
spesso smentite tese a proteggere il lavoro
durissimo che gli eterodossi stanno portando
avanti finalizzandolo a creare una neo-disciplina
affatto scientifica, dove le ipotesi e le tesi
espresse non sono 'anti-ortodosse' per partito
preso, bensì sono complementari dove
l'Ortodossia deficita di coraggio e basilari dove
l'Ortodossia sbaglia vistosamente.
Per questo Archeomisterica e Fabio Marino
stanno 'martellando' le tesi 'atlantologiche' o
'piramidologiche' in cui l'intuizione, ottima, non è
corroborata da un impianto di pensiero solido
ma solo apparentemente sistemico basato su
somiglianze e illusioni anziché su analogie e
riflessioni oggettive.
Gli indizi probatori sulla Costante Aurea
utilizzata dagli Egizi per realizzare il Trittico di alJizah non sono figli di affermazioni perentorie e
presupponenti ma vengono rafforzati da un
matematico come Giuseppe
Badalucco che ne indaga l'intima essenza
numerica strutturale, data da un'analisi
compiuta e non da 'canalizzazioni' new-age.
L'Ortodossia non si sofferma su questi aspetti,
parla di 'rampe': l'Eterodossia considera
fondamentale la scoperta dell'equazione
rappresentante la Perfezione, utilizzata da
Fidia o Scòpas, inscritta nell'architettonica
della IV Dinastia e lo fa con un piglio scientifico
e non emotivo o peggio fanatico.
Fabio Marino è alla seconda puntata del suo
viaggio anti-TCO forte di competenze in ambito
egittologico ed astronomico, per non contare il
fatto che - essendo medico psichiatra
praticante - ha la possibilità di indagare
comportamenti tipici di chi difende la propria
tesi per ragioni squisitamente personalistiche o
di sdegnoso fine economico.
Enrico Travaini affronta un tema caro a milioni
di persone ma da un punto di vista accreditato,
sviluppando riflessioni sulla UFO connection e
sulle abductions attraverso gli studi e
l'esperienza di un medico psichiatra e saggista
come Edward John Mack e non, ad esempio,
di un chimico che si trasforma in un
antropologo, uno psicanalista o peggio uno
pseudo-spiritualista.
Federico Tommasi, Laureato e Collaboratore
in Fisica ed Astronomia presso il Dipartimento
di Fisica e Astronomia in quel di Sesto
Fiorentino - attività di ricerca basata su Ottica
e Elettronica Quantistica, controllo della
velocità di propagazione di segnali ottici e
random laser - ha scelto Tracce d'Eternità per
dialogare con i nostri Lettori e Lettrici su
argomenti di frontiera ma ben corroborati da
discipline positive.
Nilman Formazione Srl di Roma, un'azienda
formata da Donne con curricula invidiabili ed
oltre 15 anni di esperienza nel settore,
coopera insieme ad Archeomisterica al fine di
realizzare un modulo d'indagine antropologica,
basato sull'emergere di sindromi mitologiche
all'interno delle Organizzazioni che spesso
sono la causa del crollo delle Organizzazioni
stesse con tutto ciò che ne consegue. Nilman
ha deciso di presentare il Progetto Parzival in
anteprima assoluta su Tracce d'Eternità
rendendo le Aspidi orgogliosissime della
propria Creatura, oggi, ereditata dal genio di
Simone Barcelli.
Un Numero davvero tosto e mancano
all'appello Domenico Rosaci, Michele Perrotta
entrambi scrittori e Domenico in particolare
scienziato informatico, Maurizio Pincherle medico psichiatra e figlio del Grande Mario,
Biagio Russo ricercatore e scrittore nonché
Membro Permanente e Capo Fondatore
ASPIS. Il Direttor Gianluca Rampini, scrittore
saggista e romanziere (Membro Permanente e
Fondatore ASPIS). Roberto Bommarito,
Membro Permanente ASPIS e molti altri.
Tracce d'Eternità cresce ed evolve per dare a
Tutti e Tutte Voi il massimo che la neo-disciplina
Eterodossia possa regalarvi, per aprire orizzonti
cognitivi sempre più ricchi di consapevolezza.
Redazione TdE
L’ISOLA CHE NON C’E’
Riflessioni sull’Atlantide e considerazioni Eterodosse
di Pier Giorgio Lepori aka Archeomisterica
E' un'immensa responsabilità essere tra i Capi
Fondatori e Membro Permanente di AS.P.I.S.,
acrostico il cui significato è ‘Associazione per il
Progresso Interdisciplinare delle Scienze’. L’Aspide
è uno Scudo, serve a difendersi ma anche uno tra i
serpenti più pericolosi e mortali da cui difendersi. È
quasi una ripresa della contraddizione etimologica in
Eraclìto che fa del termine Bìos (βίος) sia un
termine costruttivo (Vita) che distruttivo (secondo
significato ‘arco’, strumento che toglie la vita).
In realtà è il principio di una visione olistica ovvero a
360 gradi dell’intera esistenza, dove ogni presunto
punto d’approdo finale diviene in realtà ripartenza
verso nuovi orizzonti cognitivi. Tutto questo
l’abbiamo chiamato Eterodossia, il significato
etimologico è ‘visione altra’, un punto di vista
diverso rispetto all’omologazione concettuale su
qualsivoglia argomento. Un tempo coloro che si
occupavano di misteri storici, scientifici ed
antropologici fruivano in forma aggettivale del
termine: ‘eterodosso’ rappresentava una livrea di
tutto ciò si trovasse oltre il confine della percezione
ortodossa e quindi sinonimo di ‘strano’, ‘eclettico’,
‘misterioso’, ‘irrisolvibile’, ‘fantastico’ o ‘fantasioso’
nell’accezione tutt’altro che lusinghiera dell’etimo.
Oggi è l’Eterodossia, disciplina in nuce, che si
occupa degli enigmi e tenta di risolverli attraverso
una metodologia assai simile a quella positiva ma
partendo da un vantaggio di altissimo valore: la
libertà di poter vedere le cose anche senza il filtro
della scienza positiva la quale, spesso, antepone le
proprie regole ai fatti osservabili, giungendo a
negare la realtà. Per questo ed altri motivi legati alla
recherche ho deciso di raccontare una storia, la mia,
in relazione ad uno dei miti più grandi che la Storia
dell’Umanità abbia mai vissuto: Atlantide.
Affianco al continente perduto, giocoforza, vi è la
presenza poderosa di un altro mito peraltro
egualmente presente trasversalmente in quasi tutte
le realtà umane sia in termini di racconto, di
significato morale che spazio-temporali: il Diluvio.
Nella storia che racconterò questi due aspetti
convergeranno divenendo momenti conseguenti
l’uno all’altro in un quadro univoco e dandoci la
spiegazione di ciò che è accaduto o – più
propriamente – di ciò che ci ha investiti come
membri dello stesso genere.
Ma, forse è l’aspetto più interessante, scopriremo
altro, scenderemo nei meandri della nostra psiche,
per quanto possibile, osservando il nemico numero
uno della ricerca dove, per ricerca, non si intende
solo l’attività di sviluppo cognitivo in una disciplina o
in un'altra bensì il cammino dell’umanità, il mio, il
nostro cammino dove ricerca diviene ‘Recherche’
alla Proust, un vero e proprio modus vivendi con la
sua etica e le sue norme morali. Noi però abbiamo
strappato via il lato malinconico del cosiddetto
‘tempo perduto’ perché non è una riflessione sulla
caducità della mia vita o della nostra o peggio di
quel che avremmo potuto fare, dire e non abbiamo
né detto né fatto: è aver compreso, come una
svolta, il cambio di punto di vista. Si tratta di una
storia di resurrezione, dove con ogni probabilità i
fardelli sclerotici dell’ipse dixit sia in campo
ortodosso sia eterodosso, crollano e svelano aldilà
del loro impenetrabile muro orizzonti infiniti, dove
scopriamo di essere stati in passato e di essere in
futuro protagonisti, comprendendo il giusto
momento storico senza arrogarsi traguardo alcuno.
Il nemico primo di certa riflessione è il rifugiarsi in un
concetto ischemico senza dubbio alcuno che altro
non è se non paura travestita da finta sicurezza,
incapace di farci abbandonare lidi apparentemente
sereni, eppure già da tempo deserti, senza
possibilità di recupero.
È accaduto tanto tempo fa, credo di essermene
persino dimenticato dell’istante in cui iniziò a farsi
strada dentro di me il mito di Atlantide. Sicuramente
lo conoscevo da prima del liceo, il ginnasio, quindi
anteriormente ai 16 anni cioè al primo liceo classico
che corrisponde al terzo anno per gli altri istituti.
Una premessa è doverosa: non si diventa
Eterodossi, si nasce così. Gli Eterodossi sono una
stirpe, molto numerosa, alla quale per natura
vengono formulate delle domande. Non tutti gli
uomini e le donne hanno questo dono o questa
croce, dipende dai punti di vista. Ho avuto modo di
parlare con parecchie persone che abitano su
questo lato della sponda e tutti, tutte, sono concordi
nel ricordare una serie di malesseri, fastidi, nevrosi
che attaccano la bocca dello stomaco, rendono il
terreno dove poggi i piedi instabile, non permettono
di vivere serenamente, spensieratamente all’oscuro
dell’oscura malattia spirituale che ci affligge.
Fu così che oltre trent’anni or sono, dal momento in
cui scrivo, iniziai un lungo percorso riflessivo, che
tutt’oggi permane – anzi – è ancora più profondo e
doloroso, partendo dall’antico e perduto Continente
Insulare di Atlantide, ciò che per ognuno di noi –
volenti o nolenti – è uno start o una tappa,
obbligatori entrambi, per iniziare a comprendere il
perché di tutto ciò che circonda la nostra esistenza
e l’esistenza stessa. L’Atlantide è anzitutto il
territorio dove scienza positiva ed Eterodossia,
almeno così sembrava, si scontrano ferocemente
negandosi a vicenda, sostenendo con veemenza le
due visioni evolutive ovvero la Lineare per
l’Ortodossia, il progresso ad libitum, la Circolarità
per l’Eterodossia, l’eterno ritorno delle cose. Da una
parte abbiamo l’evoluzionismo selettivo e dall’altra
l’evoluzionismo catastrofista. Il Continente
Atlantideo giustifica e rivendica una storia umana
più dignitosa ed alta rispetto alle convenzioni
ortodosse che stabiliscono l’inizio della Storia in
concomitanza con l’invenzione o la scoperta della
scrittura intesa come corpus compiuto in termini di
sintassi, regole grammaticali, fonemi e quant’altro,
pertanto un vero sistema, a partire dal 3000 a.C. ca.
Nella pratica, secondo la visione ortodossa
dell’archeologia, della paleontologia e
dell’antropologia, l’intera vicenda planetaria
antecedente questa data è sostanzialmente
immersa in quella complessa suddivisione periodica
chiamata Preistoria. Da cosa nasce questa visione?
Da una convenzione, tutto qui. Gli scritti più antichi
mai ritrovati non sono superiori al periodo indicato
come cesura tra preistoria e storia, tutto qui. Non
solo: la convenzione non riguarda neanche
solamente l’apparire della scrittura ma il
considerarla come atto evolutivo principale, persino
più importante della parola. Nei periodi arcaici,
infatti, vigeva la tradizione orale. Il punto di vista
eterodosso è molto lineare: se esisteva una
tradizione orale, esisteva - giocoforza - un sistema
complesso di espressioni, fonemi, persino linguaggi
non verbali, posturali. E questo senza ombra di
dubbio oppure dovremmo immaginare l’uomo di
4000 anni prima di Cristo esprimersi con suoni
dislessici, indefinibili, senza gestualità né
espressioni facciali o posturali. Sappiamo al
contrario che i Neanderthal si truccavano e si
abbellivano con pigmenti e piume colorate,
conchiglie, pietre rare probabilmente designavano
persino lignaggi nelle società di allora (vedi Tracce
d'Eternità n. 24 pag. 26 “L’Origine mai Dimenticata”
a cura di Pier Giorgio Lepori)
Quando Platone, nel IV secolo, introdusse all’interno
dei suoi Dialoghi, in particolare il Timeo e il Crizia, la
storia di Atlantide, iniziò una turbolenza a tutt’oggi
ancora attiva che vede da un lato i sostenitori del
Continente e dall’altro i detrattori ad oltranza. Non è
un racconto dell’altro ieri: la società occidentale fa i
conti con questo fantasma da quasi 2400 anni.
Te m p o f a , s u l l a m i a p a g i n a s o c i a l - n e t
‘Archeomisterica’, scrissi proprio in merito a questo
ovvero la difficoltà di ragionare liberamente con due
millenni e mezzo di condizionamento culturale. Se
pensiamo che la Chiesa Cattolica ne ha duemila,
facciamo presto a comprendere l’importanza di un
continuo e argomentato punzone mediatico in tal
senso.
Io ero tra le schiere dei sostenitori e non me ne
vergogno affatto. Lo sono ancora ma nella maniera
che vi illustrerò durante il racconto. Non mi sono
risparmiato in quanto a letture e in particolare letture
di testi su argomentazioni a favore del Continente
tra le più disparate perché, comunque,
l’interdisciplinarietà per indagare un fenomeno è
conditio sine qua non, impossibile sostenere una
tesi se questa non è supportata da diverse discipline
coordinate tra loro.
L’aspetto interdisciplinare è stato un grande
vantaggio perché mi permise, ancora mi permette,
di vedere la cosa sotto diversi punti di vista e
siccome all’aumentare delle prospettive è
direttamente proporzionale l’aumento delle
contraddizioni, ciò mi è stato utile per non cadere
nel fideismo o – peggio – nell’assolutismo, nel
fanatismo dovuto all’antologica ‘sola campana’.
Di libri sull’argomento ne ho letti tanti, da La Fine di
Atlantide di Rand e Rose Flem-Ath che in fondo
sostiene la teoria della Dislocazione della Crosta
Terrestre ipotizzata da Charles Hapgood, L’Enigma
di Atlantide di Brennan, fino ad Atlantide di Roberto
Pinotti che è una disamina oceanografica che fa
riferimento soprattutto ai sopralluoghi e agli studi
compiuti dagli ex sovietici in Atlantico a partire dagli
Anni ’60, passando attraverso L’Atlantide di
Demetrio Merežkovskij, Storia dell’Atlantide di Scott
– Elliot, Cronaca dell’Akasha di Rudolf Steiner,
quindi anche analisi, disamine che non
prevedessero esclusivamente un processo al
continente perduto in termini scientifici, biologici,
antropologici, archeologici, geografici ma anche
esoterici. Occultismo ed esoterismo hanno molto a
che fare con il continente di Atlantide o quello di
Lemuria. Essi lo considerano, metaforicamente,
l’Eden pagano di contro a quello cristiano che deve
ancora venire mentre quello pagano è oramai
distrutto (Merežkovskij, L’Atlantide – ediz. I
Dioscuri): l’Eden degli Antichi, l’ex paradiso terrestre
è andato perso per sempre, dunque la Speranza
cristiana si traduce in una disperazione per gli
Antichi.
Qual è però il problema centrale? Semplicemente io
mi rifiutavo di leggere qualsivoglia testo che non
sposasse in pieno le affermazioni, oserei definire
‘sacre’, di Platone e tantomeno un libro ortodosso,
negazionista, detrattore. Se rivedo l’intera mia
biblioteca sull’argomento, la stragrande
maggioranza dei testi si basa su Graham Hancock,
Robert Bauval, Colin Wilson, Charles Berlitz
(Atlantide – Ottavo Continente) peraltro un libro
assai famoso edito da Edizioni Mediterranee oppure
le antologie di Edgard Cayce. Cosa era successo in
sostanza? Il fatto che esista, assolutamente,
un’interdisciplinarietà ma monocratica, che principia
da un solo punto di vista, deficitaria di capacità
critica.
Per motivi professionali legati al Progetto
‘Parzival’(Nilman Formazione, vedi articolo Tracce
d’Eternità su questo numero ‘Progetto Parzival’), sto
leggendo un libro di Roland Barthes semiologo
francese che scrisse nel 1957, traduzione Einaudi
Collana Struzzi nel 1974, Miti d’Oggi. In questo
testo il semiologo Barthes tenta di dare una
spiegazione dei meccanismi che conducono
oggigiorno alla creazione dei miti. Non si parla della
definizione mitologica classica (legata ai racconti
degli Antichi), bensì di Marylin Monroe, del giocatore
di baseball, di un piatto o di un tipo di cucina.
Essendo un semiologo filosofo, fa un uso industriale
di teoretica e grazie a questa visione inscrive il Mito
in una sorta di ‘parola’, linguaggio molto particolare.
È infatti un linguaggio a posteriori, l’umanità ‘parla il
Mito’ non viceversa poiché esso non può provenire
dalla natura delle cose, in sostanza una riflessione
decisamente antitetica a quella degli Autori del
Mulino di Amleto, considerazione oramai
‘ortodossa’ del Mito scritta 12 anni dopo nel 1969.
Oggi, per parlare di Mito in forma classica, è
necessario far riferimento a De Santillana e Von
Dechend oppure riferirsi alle analisi antropologiche
del trickster e non del ‘mito lineare’; trickster ovvero
l’esplosione improvvisa di una personalità, di una
leadership che ha per così dire sconvolto il corso
degli Eventi. Barthes conclude il suo iter con un
ragionamento molto interessante che – in fondo –
anticipa alcune conclusioni riprendendo il vecchio
adagio semiologico del fonema diviso tra
‘significato’ e ‘significante’ che sono due modalità di
relazione con l’esterno o con l’interlocutore
profondamente diverse.
L’uno esprime concetti oggettivi legati all’intima
natura dell’etimo ed espressi dall’etimo stesso:
‘albero’ identifica una pianta ad alto fusto,
circondata da fronde a chioma, mediamente robusta
e suddivisa in varie classi botaniche etc.; l’altro
rientra in quella sfera non più oggettiva del termine
ma soggettiva dove – ad esempio sempre con
l’albero – per l’interlocutore o per me stesso in un
secondo momento può rappresentare il simbolo
della vita. Infatti Barthes pone il mito come
interposizione tra significato e significante
avvalorato da una terza condizione tipica della
semiologia: il simbolo, la simbologia, caratteristica
peculiare al Mito. Se infatti l’albero assume contorni
di retro immagine mentale, rappresentazione di un
quid che travalica il mero significato, quel
‘significante’ è tale perché quel fonema diviene
simbolo e riporta ai miti, ad esempio, della
Creazione. Barthes fa una riflessione tipica del
materialismo di Marx ed Engels, che non si
risparmia nel citare assai volte, confluendo verso
strutture in sé del linguaggio mentre i giganti de Il
Mulino dimostreranno come, al contrario, il Mito
racchiuda in se stesso la natura delle cose e da
essa proviene, in particolare dall’astrazione mentale
che gli Antichi hanno operato durante l’osservazione
celeste. La digressione di Barthes è comunque
estremamente interessante perché in tal senso
pone una netta cesura tra l’esistenza o la negazione
totale del Mito e, nel nostro caso, quello atlantideo
perché se da una parte vi è un significato allora il
riscontro oggettivo deve essere contenuto anche
nella storia, nella realtà: egli stesso ammette, infatti,
che il linguaggio è a posteriori rispetto alla Storia e
se evitasse l’umanità di prodigarsi nel moralismo,
ossia nel significato didattico della Storia, sarebbe
molto più Storia e verità. Quindi l’etimologia, il
fonema, le parole, il linguaggio sono affatto legati a
realtà storiche. Se però non sono dimostrabili,
automaticamente le negano.
Nel ‘significante’ al contrario la possibilità di
Atlantide non solo di esistere ma addirittura di
imprimere un verso o dare un senso al modus
vivendi, al modus operandi dell’intera umanità è una
verità assoluta. Questa contraddizione che può
apparire solamente in termini dialettici è in realtà
fondante: se da un lato viene negata la realtà ad
esempio del continente di Atlantide, dall’altra ne è
esaltato il suo senso, la sua moralità.
Per Barthes il simbolo ha sempre una valenza
‘significante’. Nella quotidianità questo potrebbe non
essere del tutto vero, il simbolo può rappresentare
una realtà storica o misterica e non per forza
didattica. Barthes è fortemente legato al detto greco
Ὁ µῦθος δηλοῖ ὅτι... (‘il mito dimostra che…’
solitamente posto alla fine delle favole di Esopo).
Questa concezione del semiologo potrebbe
dipendere anche dal periodo storico in cui egli scrive
(a dodici anni dalla fine della II Guerra Mondiale), in
Francia, paese martoriato da simbologie rese
esasperatamente irrazionali, tragiche e soprattutto
svilite profondamente nel loro significato originario
ossia lo swastika carpito dai nazisti. Simbologia che,
comunque, ha prodotto in quell’accezione decine di
milioni di morti dovuti a cause ideologiche,
addirittura stravolgendo il significato spirituale della
croce ansata. Quindi, in quel momento storico, il suo
significante è stato devastante e, a tutt’oggi, è molto
arduo ripulirne le retro immagini mentali che
produce quel segno in miliardi di individui sul
pianeta.
Che cosa ne ho tratto da questa riflessione? Che in
fondo Barthes aveva ragione in estrema sintesi: io
ero nella schiera di coloro che sostengono
l’esistenza reale del continente atlantideo poiché per
me rappresentava, in quella veste, un profondo
‘significante’, è ciò che Jung chiamava ‘coincidenza
significativa’ a proposito dei misteriosi sincronismi di
cui spesso facciamo anche esperienza. Quel
legame tra Archeomisterica e Atlantide era assai
significativo soggettivamente. Dopodiché la
riflessione sull’argomento ha fatto lievitare in me il
senso eterodosso della realtà, aprendo l’opportunità
di chiudere la partita con la visione monocratica di
Atlantide e di affacciarmi sull’evoluzione di
un’umanità perduta, ma variegata - che da sempre
sostengo - antecedente ai periodi storici
convenzionalmente legati a scoperte archeologiche
da parte dell’Ortodossia e che non preclude la
possibilità di diverse esistenze, popoli, tecnologie e
quant’altro, particolarmente sviluppati, calati affatto
nel proprio contesto, in tempi remoti e lontanissimi
da possibilità mnemoniche non necessariamente
identificati nella rappresentazione metaforica per
eccellenza – presunta reale - ossia Atlantide.
Alla metafora atlantìde resa veritas da milioni di
riflessioni, è legato indissolubilmente il Principio
Antropico che abbiamo già visto nelle
argomentazioni inerenti la Connection Extraterrestre
(rif. TdA n. etc.).
A che cosa serve il Principio Antropico? Questi non
è una spiegazione dell’universo, semmai serve a
dare una spiegazione all’universo. Cosa fa
sostanzialmente questo principio? Rimuove un
problema, non lo risolve; semplicemente afferma
con un sic et simpliciter: " l’universo è qui, è lì, è
intorno a noi ed è stato generato affinché l’uomo
possa contemplarlo ". Quindi l’uomo non è
funzionale all’universo bensì il contrario. A mio
modestissimo parere questa è una visione folle per
il semplice fatto che l’uomo è contenuto all’interno
dell’universo, non lo contiene. Già questo spiega
molti atteggiamenti filo-atlantidei.
Questo Principio è sostanzialmente un atto di fede,
una moderna metafisica o un moderno fideismo,
religio rationis, la religione della razionalità ed è
assolutamente soggettivo. Facciamo un esempio in
merito ai contesti e ai comportamenti filo-atlantidei
legati al meccanismo del Principio. Parliamo di
Charles Berlitz che scrisse tra tutti anche Atlantide
– Ottavo Continente. Berlitz è uno di quelli che
porta l’esempio della migrazione di alcuni uccelli i
quali ad un certo punto, al centro dell’Atlantico,
iniziano a girare in cerchio giorni e giorni finché
moltissimi di loro non cadono esausti in mare,
morendo e dopo questa sorta di danza gli altri
ricominciano il loro viaggio verso l’America
meridionale o l’Europa se al ritorno. Secondo
l’Autore questa è la prova che lì in mezzo vi fosse il
Continente di Atlantide (citaz. testo e pag). Fermo
restando che il comportamento degli uccelli
migratori è assolutamente particolare e molto
strano, comunque:
- Charles Berlitz avrebbe dovuto sostenere
almeno la cronologia di questo fenomeno
- Da quanto tempo esiste questo
comportamento?
- Da quanto tempo esiste quella specie
animale?
- Ha un’età superiore ai 10.000 anni?
- È una specie quindi che ha saputo darsi
una ‘memoria genetica’?
Oppure
in epoche più recenti e meno
conosciute l’Atlantico era più basso e vi si
trovava una lingua di terra emersa, un
ponte naturale e non necessariamente
Atlantide? Un’isola scomparsa, una delle
tante che la dorsale atlantica nel suo ultra
milionario corso storico creò e distrusse e le
prove vi sono (el Hierro e Pinotti)
A Charles Berlitz tutto questo non importa: secondo
lui quel fenomeno è un caso soggettivamente
significativo, risponde al Principio Antropico o, ancor
meglio, alle 'coincidenze significative' di Jung, cioè
quei fenomeni i quali, dati due soggetti,
‘emozionano’ più l'uno che l’altro. Siccome io sono
‘qui’ per contemplare quel fenomeno, è chiaro che
quest’ultimo è lì perché la storia dell’Atlantide debba
essere svelata una volta per tutte e quindi quella è
una delle prove inconfutabili che attestano questo
fatto. Ma non è così scontato. Non è una prova
oggettiva ma come abbiamo sempre affermato in
Eterodossia un indizio probatorio. Come agisce il
‘Principio Antropico’? Permette di partire da uno
start che è il contrario netto della Ricerca ovvero
l’incipit è dato da ‘un atto di fede’ e solo
successivamente inizia l’esplorazione dei contesti
alla caccia di indizi che attestino quell’atto fideistico.
Tommaso d'Aquino, ad esempio, non usa le Cinque
Dimostrazioni per affermare l'esistenza di Dio:
l'esistenza di Dio è persino dimostrabile attraverso
le Cinque Dimostrazioni del teologo medievale. E’
assurdo, oso dire contraddittorio. La ricerca
scientifica, anche eterodossa ossia tesa in direzioni
diverse rispetto all’Ortodossia, inizia da fenomeni
osservabili per giungere non ad uno status quo di
fede bensì al chiarimento di un enigma. Se questo
chiarimento non collima, combacia interamente con
ciò che noi pensiamo essere la summa delle
spiegazioni di un quid che aleggia nella nostra
mente, nei pensieri, non ha importanza. La visione
del fenomeno, di ciò che stiamo sperimentando e
studiando necesse est che sia terza e distaccata.
L’universo non è nato affinché noi lo si possa
contemplare, l’universo c’è, è addirittura più antico
di noi. L’uomo, per qualche oscura ragione, è giunto
in vita all’interno di questo sconfinato mondo. Ecco
ciò che dobbiamo svelare, questo è l’arcano da
spiegare non dobbiamo accontentarci di un transfert
cioè della negazione della ricerca poiché siamo di
fatto giunti all’ultimo confine oltre il quale,
apparentemente, non riusciamo ad inoltrarci. In
questa maniera il comportamento degli uccelli citati
da Berlitz diviene un potente indizio in grado di
chiarire, nel tempo, un enigma cioè se in un’epoca
remota nell’Atlantico, o meglio in quell’area oggi
chiamata Atlantico, ci fosse mai stata una lingua di
terra, una serie di isole o addirittura l’Atlantide ma
soprattutto se quell’indizio può divenire prova grazie
alla corretta collocazione cronologica dell’animale,
se invece è un’evoluzione con possibilità di
trasmissione genetica della memoria
comportamentale (avviene nei ratti, probabilmente è
da ricercarsi anche in altri generi e specie).
Certamente bisognerà interpellare chi di dovere
onde accertarsi di tale possibilità. Solo così potremo
finalmente affermare che questi uccelli girano
intorno ad un qualcosa percepito inconsciamente - o
a memoria - come attracco, tramutando l’indizio in
prova certa di una terra presente in quel punto
dell’Atlantico in un periodo superiore ai
9.000/10.000 anni a.C.
E comunque non ci dirà mai ‘è Atlantide!’, non può
farlo per definizione. Quella prova, oggi indizio, è di
tipo ‘collaterale’ non è schiacciante.
Se è - però - corretto affermare che ‘assenza di una
prova non vuole dire prova di un’assenza’ è pur vero
che ‘presenza di un indizio non significa ratifica di
una prova’. Noi come Eterodossia abbiamo da
sempre sostenuto che il problema assai serio nelle
ipotesi a noi vicine - che spesso non tengono - sia il
disporre di indizi probatori che configurano un
puzzle storico diverso da quello ortodosso in merito
ad una serie di fenomeni, iscrizioni, manufatti e altro
apparentemente slegati tra loro e sempre
apparentemente di minore importanza
nell’economia di studi complessi suffragati da prove
e ritrovamenti decisamente più cospicui in campo
ortodosso. Ciò è vero in parte: l'Ortodossia è riuscita
a ricostruire, ad esempio, interi periodi preistorici in
ambito paleontologico e antropologico partendo da
un (uno!) frammento osseo di mandibola, unico
ritrovamento su un intero pianeta il quale,
francamente, è difficile che possa risultare – o
essere spacciato - come campione rappresentativo
statisticamente credibile.
È come se, proponendo la mia stessa esperienza,
trovassero tra 10 o 20.000 anni lo scheletro del mio
braccio sinistro corredato di inserti al titanio per via
del guaio stradale che mi ha invalidato e la Scienza
futura affermasse che l’umanità compresa tra il
2000 ed il 2100 d.C. girava con osteosintesi
metalliche, preferibilmente apposte nell’arto
superiore sinistro. È evidente che sia folle. Cosa
possiamo dire dunque delle prove, degli indizi
probatori o, peggio, dell’assenza di prove? Sia come
Archeomisterica, sia come Capo Fondatore e
Membro permanente di ASPIS, posso esprimermi a
nome dell’Associazione dicendo che ‘fare i pesci in
barile’ a noi non è mai piaciuto, abbiamo sempre
preso una posizione ed oggi più che mai è lecito
chiarirla in merito all'argomento. Posso assicurare
che, comunque, queste riflessioni sono da sempre
discusse in sede ASPIS prima di ogni pubblicazione
ufficiale. Noi non crediamo più al continente
atlantideo in quanto tale bensì esso, a fronte e dopo
anni di studio, è considerato una metafora
soggettiva appartenente alla psicologia e alla
vicenda esperienziale umana del filosofo Platone, il
quale da sempre manifestava un’idea dello Stato
Perfetto governato da pensatori e protetto dai
Guardiani dove le persone avevano l’opportunità di
esprimersi massimamente all’interno di questa
macchina perfetta, lineare, una Città del Sole di
campanelliana memoria. Nella realtà sappiamo che
questo è impossibile, perlomeno ai dati odierni,
poiché è la stessa realtà ad essere imperfetta (è
proprio Platone a generare il Mondo delle Idee al
fine di dare dignità al mondo dei fenomeni o
transeunte) e il vero rischio è quello di cadere in
considerazioni utopistiche tra le quali la stessa
Atlantide così come intende una tradizionale
visione.
Noi non escludiamo una serie di civiltà ciclicamente
succedutesi o che abbiano convissuto in tempi
remoti e contesti perfettamente aderenti alle
peculiari esigenze del momento e, in linea di
massima, capaci di competere proporzionalmente
con la nostra realtà odierna. Né più né meno come
oggi: diverse organizzazioni sociali presenti sul
pianeta e strutturate in maniera diversificata sia in
termini tecnologici che di pensiero: nessuno può
negare che odie i Boscimani o gli Aborigeni
occupino lo stesso spazio-tempo di Europei o
Statunitensi. In passato le specie Neanderthal,
Sapiens e Erectus si sono intercettate per alcune
migliaia di anni. L'incredulità che questa
espressione produce è legata ad un 'bit grafico',
colpevolmente didattico, visualizzato su ogni libro di
preistoria o paleontologia. Questo:
E' una visione errata, profondamente convenzionale
e tantomeno darwiniana! Questa figura indica un
trasformismo lamarckiano completamente antitetico
a Darwin, citatissimo dai detrattori, i quali
mescolano in un cocktail devastante la selezione
naturale di una specie più equipaggiata di altre
(Darwin) con la trasformazione anatomica della
specie finalizzata a sopravvivere (Lamarck).
Antologico l'esempio delle giraffe: Darwin sosteneva
che vi fossero già le giraffe dal collo lungo assieme
a quelle dal collo corto e quest'ultime soccomberono
poiché non in grado - in talune condizioni e variabili
ambientali - di potersi cibare a causa della
mancanza di foglie alla loro altezza, lasciando
spazio all'organismo più equipaggiato rappresentato
dalle giraffe a collo lungo capaci di esplorare
superfici ben più vaste degli arbusti intesi come
cibo. Quindi gli ortodossi 'da bar' esaltano il
darwinismo utilizzando a tal fine un'ipotesi di
Lamarck smentita peraltro dalla stessa Ortodossia.
Ho dovuto farlo, non me ne pento ma il mio fegato
ne ha risentito. Ho acquistato La Sindrome di
Atlantide di Paul Jordan, un testo acre e
dissacratorio, da vero skeptic, eppure poco
contestabile. I 'piramidologi' e gli 'atlantologi'
vengono passati a fil di spada su terreni che - ahimè
- sono affatto lontani (culturalmente) da codesti
ciarlatani, spesso infarciti di suggestioni e
completamente scevri da qualsivoglia analisi storica.
Per l'ennesima volta il Principio e le 'coincidenze
significative' junghiane la fanno da padroni. Questa
intuizione era nata anche in me ma volevo essere
sicuro di non sbagliare per via della crisi antisindromica. Racconto un esempio eclatante. Le
testimonianze di Garcilaso de la Vega, riportate da
Graham Hancock in Impronte degli Dei (un cultbook nel nostro ambiente...), fecero sognare me e
moltissime altre persone quando, miracolosamente,
una prova inconfutabile venne alla luce ed era
addirittura una prova fonemica derivata dal racconto
che gli Aztechi proponevano come loro storia
ufficiale, l'origine del popolo stesso.
Rispetto alla storia ufficiale - che senza dubbio si
arroga il diritto di concedere agli Aztechi solo 600
anni di storia ante Christum nati, essi stessi svelano
un racconto devastante per la sindrome: parlano di
un'isola originaria posta nel mare, ad est, chiamata
Aztlàn distrutta da un diluvio e sprofondata
repentinamente. I sopravvissuti riuscirono a
giungere in salvo sulle coste americane e
ricominciare tutto daccapo portando nel cuore la
memoria di un super passato divenuto leggenda.
Chiunque di noi non esiterebbe un secondo a
celebrare la rivelazione terza rispetto a Platone della
meravigliosa Atlantide: basta semplicemente
collegare Atlas-Aztlan o Atlantis-Aztlan per mettere
a tacere ogni geografo 'venduto'ad Alfred Wegener
o peggio agli oceanografi negazionisti infarciti di
complotti anti-verità basati sulla meccanica della
Dorsale! Dopodiché Jordan, e contemporaneamente
io (Sic!), solleva un'obiezione sulla stessa prova
fonemica anzi morfemica e si chiede, ci chiede, di
trovare un punto solo - anche di sfuggita - costante
e ripetibile anche in altri casi linguistici tra Messico e
sud America in cui il greco antico Ἀτλαντὶς (genitivo
di Ἀτλας) avesse qualcosa in comune, accertato,
con l'antico nahuatl di cui al racconto azteco. Ciò
non significa che i nauhatlaca abbiano raccontato
una fesseria a Garcilaso ma la ricezione del
messaggio è stata condizionata totalmente dal
Principio.
Non solo. La 'coincidenza significativa' è valida
esclusivamente per le genti europee che conoscono
la storia di Atlantide ma sicuramente non può
risultare oggettiva e comune attraverso una
simiglianza fonemica senza una struttura morfemica
accertata come comune tra le due culture. Un conto
sono le radici verbali o sostantivali spesso
riscontrate tra greco e latino, anglico e sassone,
greco e hindi, sanscrito e via discorrendo; un conto
è affermare che 'pero' e 'però' dicano la stessa cosa
poiché somiglianti: l'uno è un albero da frutto, l'altro
è una congiunzione avversativa. In Eterodossia io e
noi di ASPIS spesso veniamo additati come
'cicappisti', veri e propri 'Men in the middle' (citaz. da
un articolo sul Sito Ufficiale ASPIS ad opera di Fabio
Marino). La realtà è che l'Eterodossia pura pone
dubbi in continuazione a se stessa proprio con lo
scopo di evitare sclerotiche abitudini mentali
comode all'una come all'altra sponda. Noi crediamo
che l'intuizione, espressa nel testo Atlantide Mistero
Svelato di Mario Pincherle e Finetti (ediz. Filelfo),
rappresenti la via maestra su cui incamminarci per
trovare Atlantide la quale non esiste in sé ma
nell'uomo, abita nelle profondità dello spirito ed ogni
volta che archi ultramillenari di tempo ci dividono tra
il presente e un passato oscuro, ecco quest'ultimo
prendere forme univoche e monocratiche perché il
pensiero, la memoria sopravvivono all'oblio solo
concentrandosi su di un punto convergente,
prospettico, immerso nei tempi più remoti o ancora
nascosto alla percezione nei tempi che verranno.
Anche per questo il Principio Antropico ipotizza uno
'Jod' principiale chiamato 'Big Bang' ed un Omega
escatologica definita 'Big Crunch': altro non sono se
non due punti prospettici impossibili da raggiungere
fisicamente data l'insufficienza vitale del soggetto
osservatore calato nello spazio-tempo nei confronti
del futuro, nonché dell'impossibilità dovuta - ad oggi
- ai serramenti impenetrabili del passato.
Quando tra diecimila anni qualcuno riporterà alla
memoria l'Impero Romano e la sua gloriosa e
ricchissima vicenda, esso si trasformerà
nell'Atlantide come percezione nel 12.016 d.C. e
l'umanità di quei tempi immaginerà un mondo
popolato esclusivamente da una superpotenza
monolitica, talmente piena di sé, che fu distrutta da
un cataclisma morale. 'Vi sono stati molti diluvi',
afferma il sacerdote egizio Sonchi di Sais durante il
colloquio con il grande Solone nel Timeo: L'Atlantide
e la sua fine dovuta al Diluvio trova due spiegazioni.
Primo: è una metafora dell'arco della vita, un
culmine è sempre seguito da un crollo, difficile che
vi sia la possibilità di costruire una linea che tracci
un cammino tra vari culmini, solo lo strategic
product marketing è riuscito a costruire un modello
in tal senso ma sfrutta più curve di vita conseguenti.
Secondo: il Diluvio lo si trova in oltre cinquecento
racconti sparsi tra popolazioni calate in contesti
storici non sempre attigui e in tempi diversi. Il Diluvio
rappresenta la fine, l'inesorabilità della Morte che,
inoltre, è purificatrice, moralmente giusta ma anche
tecnicamente utile: infatti rinnova l'umanità
susseguente, ridà dignità alla stirpe umana oramai
in marcescenza perché concluso uno dei cicli vitali.
Ecco perché 'molti diluvi'. In più, come dimostra
Jordan, Sonchi di Sais non esiste e i Dialoghi
Platonici sono un'opera morale, teoretica, vera
summa di pensiero del Nobile Filosofo ateniese. I
Dialoghi sono impregnati di dissertazioni sull'Essere
e l'Apparire, sull'Essenza e sulla δόξα (dòxa,
'opinione', 'credo') quindi hanno un piglio didattico,
devono insegnare il buon governo agli illuminati
signori che verranno. Allora giustamente il fallimento
come Maestro del futuro Tiranno di Siracusa, nel
senso che riuscì nell'intento con Dione ma la
filosofia platonica è avversa alla tirannia ed egli non
riuscì ad eliminarla proclamando la Repubblica
utopistica cui dedicò l'intera vita, è l'ennesima
spallata al continente perduto la qual storia,
casualmente, inizia dopo la dipartita disonorevole di
Platone da Siracusa. Per questo Atlantide fu
distrutta, somigliava troppo alla cupidigia politica dei
tiranni siracusani oltretutto artefici del fallimento
platonico. Anche il Discepolo Aristotele affermò:
'Colui che l'ha creata l'ha anche distrutta' riferendosi
chiaramente ai fatti di Trinacria. Perché dunque non
legare ossianicamente una concezione politica ad
un fatto vero occorso agli ateniesi e confinato in un
periodo lontanissimo dai presenti? Un'operazione di
're-marketing' in piena regola... In più il Diluvio ha
trasformato genti, terre, ricchezze e acque in fango
impenetrabile, una vera e propria tomba. Silente.
Il Principio agisce serrato e indiscutibile. Ognuno e
ognuna di voi, di noi, ha sempre immaginato di
trovare sul fondo dell'Atlantico le rovine di una città
assolutamente identiche all'architettonica greca del
V-IV Sec. a.C. Il Principio e le 'coincidenze
significative' portano all'Io immagini retromentali
archetipali. Il dio di Atlantide è Poseidone, guarda
caso... Berlitz racconta - ma non dimostra - che fu
ritrovato un antico coccio in Mediterraneo con la
scritta incisa 'dono del Re Chrònos di Atlantide'.
Chrònos in greco vuol dire 'tempo'. Una storia che
appartiene ad un altro tempo, ad un Platone uscito
trasforme dall'esperienza politica fallimentare. Un
tempo troppo lontano anche da Charles Berlitz.
Bisognerà guardarsi di più all'interno che all'esterno
per trovare la mitica Atlantide, metafora del passato
ancestrale, sconosciuto, dove non riusciamo a
comprendere ma perlomeno ad immaginare un
mondo a nostra immagine - né più né meno di
Platone - percependo come realistico e non
impossibile il refrain di un progresso che sarebbe
follia ratificare esclusivamente come lineare ed
eccelso solo negli ultimi 200 anni di storia umana.
Senza dissociare da questa visione della storia
dell'uomo, la nostra storia, quella di ognuno, ognuna
di noi che salpa da porti sicuri interiori e naviga
attraverso un mare oscuro, spesso avverso, ma sul
quale aleggia, sospira sensuale ed ipnotico il Canto
di una Sirena meravigliosa e perduta, soave
indicazione di una rotta verso un punto di non
ritorno: Atlantide, l'Isola che non c'è.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Paul Jordan La Sindrome di Atlantide Newton
Compton 2011
Roland Barthes Miti d’Oggi Einaudi 1974
Charles Berlitz Atlantide - Ottavo Continente
Mediterranee 2005
Dmitri Merežkovskij L’Atlantide I Dioscuri 1987
Mario Pincherle e Finetti Atlantide Mistero Svelato
Filelfo 1978
GLI ERRORI DI ORIONE - VOL. 2
Insostenibilità della TCO di R. Bauval
di Fabio Marino
Nella prima parte di questo articolo ho
cercato di evidenziare i principali motivi per cui
Figura 1 – Il disegno “naturale” della
costellazione di Orione, secondo Bauval
la TCO, così come espressa da Bauval & c.,
non sembra affatto affidabile, in termini di
descrizione della realtà della piana di al-Jizah.
Naturalmente, le obiezioni che ho posto in
quella sede non sono state le uniche: come
ho rilevato, già da anni la Comunità astronomica
-e segnatamente Fairall e Krupp- hanno avuto
modo di stigmatizzare le conclusioni
dell'ingegnere belga. Quest'ultimo ha
ovviamente replicato, con argomentazioni che
appaiono sinceramente sconcertanti. Il succo
della risposta, alquanto piccata, di Bauval è
sostanzialmente il seguente: la convenzione
degli Egizi era di indicare quale punto cardinale
prevalente il Sud (quella moderna è invece
“settentriofila”), per cui è assolutamente normale
che l'orientamento delle tre piramidi (allineate
con la Cintura di Orione nel 10.500 a.C.) sia
quello osservato al suolo. Questa posizione del
belga è ripetuta parecchie volte, per esempio
nelle appendici “The ‘Paradigm Police’ and the
upside down worldview of an authoritative
skeptic”, da cui è tratta la figura 1:
e in “THE ORION CORRELATION THEORY
(OCT): IS IT REALLY ‘UPSIDE DOWN’? IS IT
FALSIFIABLE?”, per un totale di quasi
cinquanta pagine in cui l'Autore si affida a
testimonianze, asserzioni et similia di numerose
personalità anche assai qualificate in campo
astronomico, per dimostrare che le obiezioni
della quasi totalità della Comunità astronomica
internazionale sono sbagliate. Naturalmente, lui
avrebbe ragione, e queste critiche alle sue
conclusioni sarebbero ispirate più o meno
direttamente dalla CSICOP (l'organizzazione
scettica statunitense, di cui il nostrano CICAP è
emanazione). In quest'ambito, l'attento Lettore
Giancarlo Longhi (che ringrazio davvero molto!)
ha tratto esattamente le medesime deduzioni, e
nel corso di un cortese e proficuo scambio di
spariscono posizionate ESATTAMENTE a sud,
opinioni ha realizzato questo disegno, che
con azimut di poco più di 10* ... la disposizione
confermerebbe la correttezza
della piana di Giza, messa in foto da Bauval, è
dell'interpretazione di Bauval (figura 2).
si, ruotata, ma proprio di 180° ossia orientata
verso sud. Insomma, chi in quella data si fosse
orientato verso sud avrebbe visto le tre stelle
esattamente in quella posizione. Anche
l'inclinazione della retta Cheope-Chefren è
identica a quella di AlNitak AlNilam ... Mi aiuti a
capire se sbaglio io! … secondo quanto vedo
da monitor non esiste nessuna riflessione/
rotazione o forzatura … La direzione scelta
dagli egizi per orientare la triade è stata
proprio sud in quanto Orione compariva
esattamente a sud. Per quello la foto dall'alto
va ruotata di 180 gradi … Mintaka non è la più
Figura 2 – La “naturale” disposizione delle
settentrionale ma quella più in alto! Se sono
piramidi secondo il nostro Lettore
rivolto a sud Mintaka è quella piu a sud … se
verso sud vedo più in basso AlNitak prima
Ecco le pur intelligenti osservazioni dell'attento
segno lei, poi se vedo a metà AlNilam metto lei
fruitore di “Tracce d'Eternità”:
poco dopo quindi spostandomi verso sud e poi
“Non capisco dove sia l'errore. Partiamo dal
vendo Mintaka ancora più in avanti e spostata
presupposto, ok, che i software per retrodare le
un pochino a sinistra … L'azimut è basso se
mappe stellari non siano precisissimi ... anche
l'azimut fosse stato alto potrei capire ma in
se, quelli attuali, non credo che abbiano margini
questo caso le stelle sono appena sopra
di errore forti. Se considera che i moti apparenti
l'orizzonte, 11 gradi circa … secondo me uno
delle stelle sono perfettamente ciclici, elaborare
spettatore di quel cielo (NdA: e anche secondo
un software su questa base non credo sia così
Bauval & c., molto evidentemente!) avrebbe
impegnativo ... In ogni caso, usando Stellarium,
riportato esattamente le stelle come sono le
che credo sia un ottimo software, e retrodatando
piramidi … infatti hanno orientato verso sud il
il cielo sopra Giza al 10500 AC, all'alba del 21
tutto, la costellazione era bassa verso sud,
giugno, le tre stelle della cintura di Orione
quindi io oriento giza verso sud e la stella più
alta è quella più lontana
che è in sintesi e in parole
verso sud, e quindi
comprensibili, senza gli
Micerino (NdA: la Terza
orpelli filo-scientifici,
Piramide) la metto più
esattamente quello di
su di tutte … (Mintaka)
Bauval- altre due figure
è la stella più in alto del
(figg. 3-4)
cielo visto da sud .. (In
conclusione) io ritengo
che se il ragionamento
Figura 3 – Orizzonte Sud
sul moto precessionale
a al-Jizah –
a ritroso fosse vero (ed
21/06/-10.508 (poco
è quasi impossibile ma
prima dell'alba)
lascio un barlume di
Figura 4 – Piramidi di al-
possibilità) e se
Jizah (fonte: Google
davvero gli egizi
Earth)
fossero stati in grado di
intuire quale fosse la
Apparentemente, dunque,
posizione di Orione nel
abbiamo di nuovo la
cielo del 21 Giugno di
“perfetta corrispondenza”
12500 anni fa, essendo
reclamata da Robert
la costellazione
Bauval. Tuttavia, come è
perfettamente orientata
facile verificare (ho anche
verso sud e volendola
cerchiato di rosso
riprodurre così in cielo
l'orientamento...),
così in terra avrebbero
abbiamo di nuovo che il
fatto come nel disegno.
Nord è IN BASSO, e che
perché è la cosa più
la
semplice”.
corrispondenza si
presunta
In aggiunta a
ottiene SOLO ED
quella precedente,
ESCLUSIVAMENTE con
Giancarlo allega a
i contorsionismi già
questo ragionamento -
esaminati nella prima
parte. I fautori della TCO –e non mi riferisco qui
ho scritto al mio attento Interlocutore: “Il punto
all'Amico/Collega Giancarlo-, quindi, hanno
non è tanto l'affidabilità dei software (il
evidentemente avuto buon gioco nel confondere
produttore di Stellarium comunque ne
le acque attraverso il sistema del “problema
garantisce la attendibilità solo nel periodo +-
Nord-Sud”. Ora, è verissimo che il Sud era, fin
3.000 da oggi), quanto la disposizione sul
dal Pre-dinastico, una direzione particolare per
terreno, che è completamente invertita.
gli Egizi (tant'è che praticamente tutte le
Bauval si difende, perché secondo lui la
sepolture rinvenute erano con la testa in
rappresentazione è relativa al Sud. Il che non
direzione Sud e il capo volto ad Ovest -la
è accettabile, in relazione a un popolo
regione della morte); ma è altrettanto vero che
perfettamente in grado di orientare
i Kemiti erano assolutamente in grado di
correttamente i propri monumenti. A questo si
distinguere i punti cardinali, anche in cielo.
devono aggiungere le osservazioni (che io
Prova ne siano le ripetute descrizioni dei territori
riporto nell'articolo) di Krupp e Fairall.
delle Stelle Imperiture (l'area intorno al Polo
Quest'ultimo precisa di aver usato un software
Nord celeste), nonché le precise localizzazioni
specifico, in cui il famoso angolo di 38 gradi è
delle loro (poche) costellazioni boreali, che,
in realtà pari a quasi 47. Questa
seppur diverse dalle nostre, inequivocabilmente
osservazione mi sembra molto difficile da
erano collocate a Nord. Si aggiungano le
superare, come pure quella
sbalorditive capacità di allineamento dimostrate
dell'orientamento al suolo delle piramidi. La
con la Grande Piramide, i suoi condotti
convenzione Nord o Sud non è importante.
(secondo quanto afferma lo stesso Bauval: altra
Quello che importa è che, ripeto, gli Egizi
asserzione che discuteremo successivamente)
erano in grado di riportare sul terreno quanto
e con la Sfinge, e sarà immediatamente chiaro
vedevano in cielo senza commettere errori. La
che è difficile e quanto meno poco corretto
assonometria era loro ben nota, e non credo
piegare le possibili conoscenze
che avrebbero sbagliato in una maniera così
astronomiche degli Egizi alla TCO. In altri
grossolana. Un altro aspetto da considerare è
termini, non si può argomentare che i Figli del
che i moti delle stelle sono in parte ripetibili.
Nilo orientavano templi, piramidi e quant'altro
Così non è per precessione e nutazione, che
secondo palesi assi Nord-Sud secondo una
potrebbero comportare errori anche importanti
convenzione diciamo “pre-moderna”, e poi
nelle simulazioni. Gli egizi erano esperti di
utilizzavano altri sistemi di riferimento in
agrimensura e allineamenti: come mai
relazione alla piana di al-Jizah. Insomma, come
stavolta avrebbero cambiato modalità di
rappresentazione?” Già: come mai? Come ho
avuto modo di citare Krupp nella prima parte:
“Anche se un appassionato della TCO potrebbe
sostenere che l'inversione non è affatto
significativa, o che gli egiziani deliberatamente
capovolsero la costellazione per motivi arcani
noti solo a loro, queste argomentazioni non
funzionano”.
E per quanto riguarda le proporzioni?
Abbiamo prove chiarissime che -a quanto pare-
Figura 5 – Soffitto della tomba di Senmut
gli Egizi erano assolutamente in grado di
(XVIII dinastia - dettaglio)
rappresentare correttamente le medesime. Basti
Molti studi sono stati condotti, con software più
pensare alla pressoché certa conoscenza da
o meno commerciali, per cercare di identificare
parte loro del π e del phi, per capire che mai
le stelle rappresentate (e conseguentemente
avrebbero potuto sbagliare le proporzioni
l'epoca ritratta), con risultati fortemente
oppure invertire le magnitudini di due stelle
discordanti, il che ci riporta alle considerazioni
(è il caso, come detto, delle due piramidi
sulla affidabilità dei programmi nella datazione
principali). In ogni caso, l'unico accenno artistico
di periodi molto remoti. La stessa “losanga”
nella vastissima produzione degli Egizi che con
viene da altri interpretata (forse più
quasi assoluta sicurezza può rappresentare la
correttamente) come la raffigurazione di una
Cintura di Orione è un dipinto nella famosa
cometa. Quello che però interessa questo
tomba di Senmut (fig. 5). Addirittura, la figura a
lavoro è la facile osservazione che gli Egizi del
losanga immediatamente a destra delle tre
Nuovo Regno non erano (più?) in grado di
stelle viene da qualcuno interpretata come la
rappresentare correttamente un asterisma
prima raffigurazione nota della Grande
semplice come la Cintura, almeno in pittura. Il
Nebulosa di Orione, sita -come già accennato-
grado di non-somiglianza è tale, che anche
nella Spada.
l'ipotesi, pur plausibile, di una progressiva
degenerazione della cultura e delle capacità
egizie sembra assolutamente improponibile.
Tuttavia, esiste la possibilità di
dimostrare, per via solamente astronomica e
basandosi sulla nostra attuale conoscenza
dell'astrofisica e dell'evoluzione stellare -nonché
costellazioni) è stata sovrapposta a una
del fenomeno del moto proprio delle stelle- che
mappa dei siti piramidali; poi, il grafico è
almeno le Tre Piramidi (se non anche il
stato ri-scalato e ruotato (NdA: a quanto
complesso di Dashur) rappresentano davvero la
pare, un processo SEMPRE ineludibile...)
Cintura di Orione. Se ne è occupato
fino a quando le stelle della Cintura di Orione
particolarmente Vincenzo Orofino, Professore
non sono state allineate esattamente con le tre
associato di Astrofisica, Fisica spaziale e
piramidi di Giza. A questo punto si sono
Planetologia presso l'Università del Salento.
cercate altre coincidenze stella-piramide.
Precisiamo immediatamente: nel suo articolo
Questa ricerca è completamente fallita: a
pubblicato solo in formato elettronico su Arxiv
parte le stelle della Cintura di Orione e le
(“A quantitative astronomical analysis of the
piramidi di Giza, non esiste altra
Orion Correlation Theory”, 28/09/2011, ultima
corrispondenza tra le stelle e le piramidi né in
revisione del 25/06/2014), Orofino è chiarissimo
Orione, né in altre costellazioni; in particolare,
in relazione all'assenza di qualsiasi, seppur
Saiph è distante oltre 22° dal punto celeste
remota, possibilità di un “piano generale” volto a
(NdA: presuntamente) corrispondente alla
fare dell'Egitto tutto uno “specchio del Cielo”.
piramide di Abu Roash, mentre Bellatrix è
L'idea di Bauval e Gilbert del 1994, dunque,
lontana circa 12° dal punto celeste
viene ritenuta completamente implausibile:
corrispondente alla piramide Zawiyet el-Aryan.
“Il problema delle diverse inclinazioni degli assi
In altre parole, contrariamente a quanto
delle piramidi e della Cintura di Orione rispetto
riportato da Bauval e Gilbert (1994), la
alla corrispondente direzione Nord-Sud
corrispondenza fra stelle e piramidi è del
(terrestre, nel primo caso, celeste nel secondo)
tutto insoddisfacente, se non limitata al
è una questione importante (omissis). Qui è
caso Cintura di Orione/Piramidi di Giza
importante notare che un altro test è stato
(NdA: in tutto l'estratto, i grassetti sono
condotto al fine di trovare intorno a Giza altri
miei)” (pp. 5-6, op. cit.).
esempi di 6 piramidi situate in modo tale da
Il prof. Orofino, in una pubblicazione
riprodurre sul terreno la posizione di altre stelle,
coeva sempre su Arxiv (“Stato evolutivo delle
oltre a quelle della Cintura di Orione. In
stelle della Cintura di Orione ed implicazioni
particolare la stessa mappa stellare
archeoastronomiche”, 28/09/2011) entra nel
precedentemente utilizzata ma estesa fino a 40°
merito non già della TCO (limitata o no alla
intorno alla Cintura di Orione (per includere
piana di al-Jizah), ma esamina i caratteri
diverse stelle luminose di Orione e di altre
astrofisici delle tre stelle della Cintura, per
verificare se le presunte osservazioni egizie con
prendendo ad esempio l’evoluzione di stelle
la conseguente presunta rappresentazione al
come il Sole. In effetti, in base ai modelli
suolo siano compatibili con quanto si conosce
tradizionali, se AlNilam avesse soltanto 8000
del terzetto celeste. Senza entrare nel merito di
anni in più rispetto alla sua età reale
un eccellente lavoro, troppo specialistico ai fii di
(un’inezia su scala astronomica), allora la sua
questo articolo, possiamo riassumerlo come
magnitudine attuale sarebbe
segue: stabilito che le posizioni dei tre astri non
sostanzialmente diversa da quella all’epoca
sono cambiate nelle ultime decine di migliaia di
delle piramidi e la correlazione trovata da
anni (cioè, si tratta di stelle dal bassissimo o
Orofino (2011) a quel tempo non sarebbe
nullo moto proprio), Orofino dimostra che i
stata verificata (NdA: i grassetti sono miei)”.
modelli evolutivi dei corpi celesti sono
Cosa significa in parole povere tutto questo?
assolutamente compatibili con stelle di un'età
Molto semplice: la correlazione ipotizzata da
compresa fra i 3.9 milioni di anni di AlNitak e
Orofino, che “giustifica” quanto osservato
Mintaka e i 4.8 milioni di anni di AlNilam. Si
sul terreno rispetto alla Cintura, regge solo
tratta dunque di giganti blu, avendo una massa
nel caso in cui:
compresa fra le 30 e le 40 masse solari, in una
1 – la luminosità delle stelle in oggetto non
fase molto stabile della propria evoluzione, e
siano variate apprezzabilmente negli ultimi
molto giovani, come era lecito attendersi da
5-6.000 anni;
stelle poste in stretta vicinanza con
2 – le nostre attuali conoscenze dei modelli di
l'Associazione di Orione, vera fucina stellare di
evoluzione stellare siano affidabili e precisi;
formazioni recenti e ancora in atto.
3 – non ci sia uno scostamento maggiore di
Sembrerebbe quindi che, almeno sotto questo
8.000 anni fra l'età, desunta da questi
aspetto, l'ipotesi di Bauval sia ben corroborata.
modelli, di AlNilam (per citare una delle tre
Tuttavia, il prof. Orofino mostra, correttamente,
stelle) e la vera età dell'astro.
di rendersi conto dell'importanza capitale della
Si tratta quindi di tre postulati (a tutti
sua conclusione: “È importante sottolineare il
gli effetti); anche ammettendo come
fatto che l’ipotesi sottoposta ad esame in
indubitabili i primi due, pesa come un
questo lavoro, ossia che la magnitudine delle
macigno l'ipoteca posto dal terzo. Ottomila
tre stelle della Cintura di Orione si sia
anni sono la distanza che ci separa dal Tardo
mantenuta costante nei 5000 anni che ci
Neolitico, una distanza immensa in termini
separano dalla costruzione delle piramidi, non è
umani. Ma sono praticamente un battito di ciglia
affatto ovvia come si potrebbe pensare
nella vita delle stelle, anche di quelle più
massicce che vanno incontro, com'è noto, a
un righello, come in questa foto, presa dal web
ai tempi del marco tedesco...
con due pezzi da 10 pfennig e una da 1. Vi
sembra per caso che la moneta più piccola si
discosta dalle altre? Il centro certamente sì,
come pure la linea superiore, ma
sicuramente non la linea inferiore. Una
Fig. 6 ‘- Allineamento o scostamento?’
“morte prematura” molto più velocemente del
Sole. Il punto è che non abbiamo che uno
strumento indiretto per stabilire la vera età di un
astro, e cioè quei modelli evolutivi di cui si deve
deviazione reale dovrebbe verificarsi soltanto
nel caso in cui tutti e tre i punti principali della
moneta più piccola fossero fuori asse:
“superiore, centro, basso”. Come, in effetti, è
per la terza stella (Mintaka) nella Cintura di
Orione.
ipotizzare una completa aderenza alla realtà,
senza averne la certezza. Insomma, il
misuratore deve ipotizzare una precisione
dello strumento di misura che però lui
stesso non è in grado di garantire.
Prescindendo da quanto fin qui esposto,
Bauval afferma dunque che la Terza Piramide è
stata costruita con una deviazione chiaramente
visibile rispetto alle altre piramidi. Questo fatto
sarebbe la prova che le piramidi, in effetti,
rappresentano la cintura di Orione: "Tutti sono
Figura 7 – la Cintura, chiaramente
d'accordo che le dimensioni e l'offset della
disallineata
piramide di Micerino erano
una scelta
deliberata da parte dell'architetto. La domanda
Adesso vediamo com'è la situazione per
è: perché?”; in aggiunta e come si sa, Bauval
quanto riguarda le Tre Piramidi. Gli angoli
sostiene che piramide di Micerino si scosta dalla
sud-est delle tre grandi piramidi sono
diagonale delle altre due piramidi. Ma, con la
allineati, insieme al centro delle prime
massima serenità, domandiamoci che cosa
piramidi satellite di Micerino e Cheope con
significa "deviare”. Poniamo tre monete lungo
deviazione di pochi metri, e posti pressoché
Non entro nel merito in relazione al fatto,
esattamente su una medesima linea che
di per sé assai dubbio, che nei libri di Bauval
punta dritta verso l'antica On, cioè Eliopoli,
queste rette appaiono “spostate”, come se... la
fulcro dell'elaborazione della teologia
piramide di Chefren avesse una collocazione
eliopolitana strettamente basta sul culto solare.
spostata di parecchi metri rispetto al reale. Il
Il che, mi consentano gli amici Lettori, è un po'
Lettore può agevolmente verificare, attraverso
curioso per un allineamento che dovrebbe
Google Earth per esempio, che le linee indicate
essere su base stellare e non solare... Ma non
in rosso e azzurro esistono effettivamente
anticipiamo quanto discuteremo nella parte
laddove le ho indicate. Ci si potrebbe chiedere,
conclusiva, dedicata agli aspetti mitologici,
a questo punto, se sia inutile ricercare un
archeologici ed epigrafici. In ogni caso, dunque
qualche allineamento fra i monumenti di al-
abbiamo una situazione molto simile a quella
Jizah. La risposta è che non è affatto inutile,
delle le monete, e la piramide di Micerino non
solo che l'allineamento (fra gli angoli, come si
presenta alcuna deviazione reale. Inoltre (fig. 8),
è visto) ha un significato diverso da quello
esiste un'altra “diagonale”: è quella che si “crea”
prospettato coraggiosamente dal belga: in
collegando i centri delle due piramidi maggiori e
primo luogo, c'è il significato simbolico del
puntamento, possibile, verso Eliopoli; in
secondo luogo, una correlazione diversa non
avrebbe consentito l'effetto “delle Nove
Piramidi” (le tre principali insieme alle sei
cosiddette “satellite”) (fig. 9),
prolungando la retta così ottenuta: è agevole
verificare che questa linea unisce ai centri
l'angolo nord-ovest della Terza Piramide.
Figura 8 – Allineamento fra angoli e centri
delle Tre Piramidi di al-Jizah
Figura 9 – le “Nove Piramidi”
In coscienza, qualcuno potrebbe affermare
in cui, se si guarda da sud a una distanza che
che il terzetto monumentale non giace sulla
permetta di contemplare l'intero complesso
stessa “diagonale”? Per notarlo, si dovrebbe
piramidale della piana, la piramide di Micerino
andare nel deserto a circa due chilometri ad
appare in prospettiva alta come quella di
ovest della modesta altura da cui è possibile
Cheope... Soltanto l'allineamento degli angoli
vedere l'effetto “delle nove piramidi”; ad ogni
descritto può produrre questo effetto
buon conto, c'è chi ha calcolato che, per
mirabile.
mantenere la proporzione che esiste
Invito poi a prendere in considerazione
un altro aspetto: personalmente confesso di
effettivamente nella Cintura vera (quella
celeste), la Terza
trovarlo piuttosto sconcertante. Intorno alle
stelle della Cintura ci sono diverse stelle
abbastanza luminose, e nella piana di al-Jizah ci
sono diverse piramidi-satellite e parecchie
màstaba. Eppure, non esiste alcuna
corrispondenza precisa fra Cielo e Terra.
Sarebbe stato lecito aspettarsi invece qualche
cosa di rilevante, visto che, anche secondo
Bauval alla fin fine, alcuni di questi edifici sono
per i figli, le figlie e le mogli dei faraoni. Come
mai non c'è nessuna corrispondenza con le
stelle minori di Orione, nonostante lo spazio
disponibile sul terreno? Guardiamo poi
quest'altra immagine, presa dall'angolo sud-est
(fig. 10):
Figura 10 – Complesso delle Tre Piramidi
visto da Sud-Est
Piramide dovrebbe trovarsi circa a 100
metri ad est di dove è situata in realtà.
Penso che, per quanto riguarda gli aspetti
astronomici, astrofisici e di allineamento dei
monumenti, possa bastare.
Figura 11 – Il complesso dei pozzi all'interno
della Grande Piramide
Passiamo ora ad analizzare, seppur
brevemente, lo scottante tema dei cosiddetti
“pozzi di areazione” della Grande
Piramide: un sistema che secondo Bauval
permetterebbe di datare con grande precisione
il monumento, e che -accoppiato
all'allineamento (inesistente, come abbiamo
visto) al suolo- dimostrerebbe che il progetto
iniziale del 10.500 a.C. circa è giunto a
compimento otto millenni più tardi. Com'è
arcinoto, ci sono quattro strani e piccoli “pozzi” o
“canali” (larghezza 20 x 20 cm) nella Grande
Piramide. Ognuna delle due Camere ne hanno
due, uno diretto a sud e uno a nord. Tutti e
quattro i pozzi salgono all'interno del
monumento con un angolo compreso tra 36° e
45°; quelli della Camera del Re erano ciascuno
aperto alle due estremità, mentre quelli della
Camera della Regina erano originariamente (e
ancor più stranamente...) chiusi ad entrambe le
estremità (fig. 12)
Figura 12 – L'ingresso del pozzo/canale
settentrionale, Camera del Re
Questi canali sono tuttora un enigma irrisolto.
L'egittologo tedesco Rainer Stadelmann li
chiama "pozzi modello" per l'anima del re
defunto. L'anima, secondo lui, poteva viaggiare
attraverso il canale settentrionale verso le Stelle
Imperiture, quelle circumpolari del Nord che non
tramontano mai. Queste stelle -fatto
curiosamente spesso misconosciuto- hanno
sempre rivestito un significato speciale per gli
Egizi fin dai primi tempi del Pre-dinastico.
Anche gli altri pozzi possono essere collegati
con stelle. L'astronoma Virginia Trimble ha
notato nel 1964 che il canale meridionale della
Camera del Re punta approssimativamente
avviene non certo per insipienza tecnica dei
verso la Cintura di Orione. Bauval ha effettuato
Costruttori. Deve esserci un altro senso, e
alcuni calcoli, scoprendo che il puntamento
mi sia permesso ritenere che nessuna delle
sarebbe esatto solo per un periodo successivo
spiegazioni proposte sia credibile.
di circa 100 anni dopo la data di costruzione
Prima di Bauval diversi ricercatori
accettata della Grande Piramide (il 2.550 a.C.).
hanno avuto l'idea che questi condotti
A quel tempo, secondo il belga, il pozzo “mira”
potessero avere un legame simbolico con le
esattamente la stella che -secondo la TCO-
stelle: ad esempio, se sono intese come uscite
viene rappresentata sulla Terra dalla Grande
per le diverse anime (Ach / Ka / Ba)
Piramide. Coincidenza o altro?
potrebbero puntare nella direzione della
Bauval ha esteso l'idea, e ha rilevato
destinazione dell'anima, che probabilmente
con sua grande sorpresa che il pozzo
sarebbe il punto più alto di una stella
meridionale della Camera della Regina appare
raggiunge a sud (il cosiddetto punto di
puntato verso stella più brillante del cielo, Sirio,
culminazione). I due condotti settentrionali
quasi nella stessa epoca. E Sirio sarebbe la
possono, ovviamente, puntare in due direzioni.
rappresentazione di Iside, che era la sorella e il
Poiché, come detto, le costellazioni più
grande amore di Osiride (a sua volta
settentrionali non tramontano mai, le stelle che
rappresentato nel cielo da Orione). Un'altra
le compongono descrivono dei piccoli cerchi
coincidenza? L'ultimo canale/pozzo sembra
intorno al polo celeste; in questo modo, un
mirare, anch'esso, verso una stella importante
condotto potrebbe mirare nel punto più alto o
dell'emisfero Nord (come già accennato,
più basso del cerchio, la culminazione
Kochab), e in effetti tutto ciò sembra davvero
superiore o inferiore. Secondo l'opinione di
sensazionale.
Bauval (che, sebbene con dei “distinguo”, è
Vorrei trascurare, in questa sede, un
diventata l'opinione corrente) se oggi
fatto, che in ogni caso appare privo di
sappiamo a quale stella ogni condotto
spiegazioni soddisfacenti, sia da parte della
dovrebbe puntare, allora possiamo calcolare
TCO, che da parte dell'Egittologia ortodossa:
quando la stella ha raggiunto lo stesso angolo
tutti i condotti, nel loro tratto iniziale e per
nel cielo sotteso dal pozzo: questa sarebbe la
circa 150 centimetri, scorrono paralleli al
data della costruzione. E siccome esistono
pavimento della rispettiva Camera. In altri
quattro condotti, possiamo usare le statistiche
termini, i condotti non puntano direttamente
per mediare eventuali errori di costruzione,
le stelle di presunta “pertinenza”, e questo
che probabilmente si sono verificati. In effetti,
un'ipotesi affascinante, senza dubbio. Però, con
meridionale della Camera della Regina. Questa
assoluta certezza possiamo respingere una
blocco (fig. 14) è stato al centro di molte
parte, forse fondamentale, della teoria: i
polemiche e speculazioni, che non è il caso di
condotti non sono mai stati costruiti come
riportare in questa sede.
mirini stellari, in quanto, per via del decorso
iniziale orizzontale, mai avrebbero consentito
una visione diretta del cielo, per giunta visto che
(specialmente quelli della Camera della Regina)
curvano diverse volte, ad esempio a livello della
Grande Galleria, e non sfociano all'esterno.
La pendenza dei pozzi è stata
accuratamente misurata da Rudolf Gantenbrink;
Figura 14 – la “porta” scoperta da
nel 1993 ha lavorato sotto contratto con il
Gantenbrink
"Deutsches Archäologisches Institut" (DAI) per
pulire, controllare e misurare i condotti. Ha
Il suo robot UPUAUT II, in combinazione con un
usato diversi piccoli veicoli automatizzati, com'è
altro veicolo, ha permesso una misurazione
ben noto (fig. 13),
delle inclinazioni dei pozzi con una precisione di
1/20° (ovvero 3'). A quanto egli stesso afferma,
Gantenbrink ha fornito questi valori
personalmente a Robert Bauval e li ha anche
pubblicati nella Gazzetta ufficiale della DAI, il
"Mitteilungen des deutschen Archäologischen
Instituts Abteilung Kairo" (MDAIK). Gantenbrink
scrive che le inclinazioni dei condotti superiori
possono essere misurate tracciando una linea
tra l'inizio e la fine del condotto, e che esse
erano estremamente precise; inoltre, con un
Figura 13 – UPUAUT II, il robot di
dispositivo di misurazione laser non ha trovato
Gantenbrink
alcuna differenza superiore a 0.005 m (=5
millimetri!) Ancora più incredibile è il fatto che
e la sua più famosa scoperta è sicuramente
l'inizio e la fine di un condotto giacciono
l'oggetto/porta in pietra che blocca il condotto
precisamente su una linea. Evitiamo, per non
appesantire il discorso, un'analisi dettagliata dei
questo. Invece, produce "epoche" generiche
valori “certificati” da Gantenbrink. Quello che
che egli non spiega mai completamente;
stupisce, e anche un po' irrita, è che se si
nemmeno si sforza di calcolare
confrontano i dati di Bauval con i valori ufficiali
corrispondenze esatte, ma si limita a parlare di
MDAIK
si trovano delle discrepanze
"buona conferma dell'epoca 2475 a.C.". Ma
significative; non solo: Bauval ha prodotto tre
qual è la definizione di una "buona conferma"?
pubblicazioni dopo la scoperta di Gantenbrink,
Non è affatto chiaro, né il belga lo spiega; in
due articoli nella rivista “Discussions in
realtà, i casi sono solo due: o c'è una
Egyptology (DE), nnrr. 26 e 27, e il suo
corrispondenza, o non c'è. E un ulteriore
celeberrimo libro “Il Mistero di Orione”. Ebbene,
problema è che queste "epoche" sono un
se non vi fidate della mia parola potete
ulteriore fonte di confusione e di delusione,
controllare da soli: tutte le pubblicazioni
perché, semplicemente, non
contengono valori diversi per le pendenze
corrispondono. Non entro, anche qui, nel
dei pozzi, e, ad abundantiam, tutti i valori
merito delle corrispondenze fra tutti i dati in
erano comunque diversi dai valori in MDAIK!
gioco. Mi limito a segnalare che l'analisi del
Insomma, il metodo di datazione
sistema pendenze dei pozzi/culminazioni
attraverso i pozzi dovrebbe essere il seguente:
stellari (al meridiano, come tanto piace a
si dovrebbe calcolare l'anno in cui esista una
Bauval), produce questi risultati: per Thuban, il
fortissima corrispondenza tra la pendenza del
2.326 a.C.; per AlNitak, il 2.496 a.C.; per Sirio
pozzo in questione e l'elevazione della stella
il 2.348 a.C.; infine per Kochab il 2.385 a.C.
correlata. Se i valori validi per i quattro condotti
Straordinario, non vi sembra? A prima
sono vicini tra loro e le differenze possono
vista possiamo vedere che nemmeno una
essere spiegate con tolleranze di costruzione,
stella si avvicina al magic shot ipotizzato
allora abbiamo trovato la data cercata. In altre
dal nostro ingegnere, il famoso 2.450/2.475
parole, se la pendenza (rispettivamente) dei
a.C. Tre stelle indicano un tempo nel periodo
quattro pozzi coincide, per la medesima epoca,
intorno al 2.300 a.C., una vicino al 2.500 a.C.
con la culminazione delle stelle presumibilmente
La media delle “conclusioni cronologiche” è il
correlate (AlNitak e Thuban -secondo Bauval-;
2.389 a.C., almeno sessantun anni dopo
Sirio e Kochab), allora l'ipotesi è comprovata, e
l'ipotesi “ferrea” di Bauval. Ma c'è di più,
la data di costruzione dei pozzi (e quindi della
purtroppo: con l'eccezione di una sola stella
piramide) identificata.
(AlNitak), tutto il cluster dei pozzi sembra
Purtroppo, Bauval non fa nulla di tutto
indicare una data intorno al 2.350 a.C., con
un errore standard di 20,33 anni. Diciamo che
precessionale...) - ma in nessuna circostanza
quindi si dovrebbe considerare come “fuori
in una data vicina al 2.450 a.C.! E, quel che è
range” proprio questa stella, e si dovrebbe
peggio, mai contemporaneamente! Non una
accettare, secondo il criterio suggerito da
sola stella raggiunge la posizione necessaria
Bauval stesso, la data del 2.350 a.C. - ben
durante l'età attribuita da Bauval al
cento anni dopo quanto preconizzato da
monumento. In conclusione, sembrerebbe, con
Bauval. Vale appena la pena di sottolineare un
buona pace di certe visioni ortodosse
fatto che comunque è sostanziale: le datazioni
(comunque non unanimi) e di questa curiosa
ottenute con questo metodo si estendono
eterodossia, che i condotti di areazione sono
per un periodo superiore ai 160 anni, il che
sicuramente inutilizzabili per datare l'epoca
supera addirittura la durata di alcune
esatta della costruzione piramidale (come
dinastie, oltre ad essere più del doppio del
invece affermato dall'ingegnere belga), in
tempo che intercorre tra la piramide di Djoser e
quanto spaziano in un periodo superiore alla
quella di Cheope (secondo i canoni ortodossi).
durata di molte dinastie. Se si utilizza il metodo
Mi pare che la conclusione, spietata, è che con
del Nostro, anche con i valori corretti non si
intervalli di questa grandezza non si può
giungerà mai alla data fatidica del 2.450 a.C.
pretendere di datare un bel niente: si tratta
Forse questo è il motivo per cui tutte queste
semplicemente e crudamente di qualcosa di
idee di calcolare l'epoca della costruzione
molto vicino a una presa in giro camuffata da
attraverso la pendenza dei condotti sono state
scienza. Senza contare che oggigiorno, anche
respinte nel corso degli ultimi 30 o 40 anni?
per altri motivi che vedremo fra breve,
Tuttavia, bisogna riconoscere che
l'Egittologia ortodossa tende a allontanare nel
l'epoca di costruzione delle Piramidi di al-Jizah
tempo la costruzione della Grande Piramide
(e della Sfinge, se è per questo: ma è un altro
(cioè a porla a un periodo precedente al 2.550
discorso ancora) è largamente dibattuta. La
a.C.), laddove questo metodo comporterebbe
variabilità del favore delle diverse cronologie
una datazione recente inaccettabile.
egizie complica notevolmente le cose. Nel
L'impressione complessiva relativa
corso degli ultimi 200 anni, infatti, sono state
alla datazione “bauvaliana” della Grande
proposte con diverso grado di affidabilità -tuttora
Piramide attraverso i pozzi è dunque
comunque irrisolto- cronologie estremamente
estremamente negativa. Ciascun condotto
lunghe, con inizio dell’età faraonica intorno al
potrebbe puntare, più o meno, alle stelle loro
5700 a.C. o, in alternativa cronologie molto
dedicate (in questo o in altro ciclo
lunghe, con inizio dell’età faraonica intorno al
5200 a.C. La maggior parte degli egittologi non
arretrate proposte dagli egittologi per il re
ha accettato queste proposte, che sembrano
Cheope [...]. Per farla breve, i dati del
retrodatare eccessivamente la nascita dello
radiocarbonio, dipendenti dal campione che si
Stato in Egitto, e preferì considerarle errate,
indaga, tendono a suggerire che tutta la
proponendo invece due nuove cronologie:
cronologia della storia egizia sarebbe da
quelle lunghe, con inizio dello Stato faraonico
far scivolare più indietro in un arco
intorno al 3950 a.C. o quelle corte, che ne
compreso fra 200 e 1200 anni.” (da: Ian
fissano l'inizio intorno al 3400 a.C. L'evidenza
Lawton. Chris Ogilvie-Herald: “Il codice di Giza
archeologica fin qui conosciuta, però, ha fatto
(Newton Saggistica e Italian Edition)” Nello
nascere altre cronologie: una cortissima
stesso testo, si trova questa tabella,
(nascita dell'Egitto “moderno” intorno al
decisamente esplicativa (fig. 15):
3.200-3.100 a.C.), l'altra estremamente corta
Figura 15 – tabella delle datazioni dei
(l'era dei faraoni sarebbe nata solo nel 2.900
campioni raccolti sulla piana di al-Jizah
a.C. circa).
In assenza di una conferma assoluta e
Non entro nel merito della effettiva
definitiva, quindi, per datare la Grande Piramide
attendibilità di questi dati (chi conosce il mio
non resta che affidarsi alla malta che unisce i
pensiero sa quale sia la mia opinione) o del
blocchi e alla sua datazione attraverso il pur
loro potenziale significato; quello che mi
controverso metodo del C-14; è quel che fece
interessa sottolineare è il fatto che -mancato
Lehner nel 1984-86. Egli scrive: “Le date
consenso complessivo a parte-
variano dal 3809 al 2869 a.C. Così in generale
l'orientamento generale è quello di
queste date risultano [...] significativamente
attribuire al complesso monumentale di al-
spostate più indietro rispetto anche alle più
Jizah un'età certamente superiore a quella
stimata, male, da Bauval. Certamente c'è da
condotti di areazione della Grande Piramide (i
pensare sulla affidabilità, in alcune circostanze,
quali quindi non funzionano come indicatori
della ricerca ortodossa, se: “Ancora Lehner cita
della data di costruzione, data che è
una seconda campagna di monitoraggio
essenziale perché la TCO resti in piedi) come
condotta nel 1995 su 300 campioni prelevati da
elementi essenziali del “progetto unitario” dallo
monumenti che andavano dalle tombe di
Zep Tepi in poi, allora l'ipotesi, per quanto
Saqqara della Prima Dinastia alla piramide di
affascinante, di Bauval & c. non regge
Djoser, a quelle di Giza, a una selezione di altre
minimamente.
costruzioni della Quinta e Sesta Dinastia e del
Qualche irriducibile mi dirà che esistono
Periodo Intermedio. Il fatto che i risultati di
in ogni cado solide prove archeologiche ed
questa indagine non siano comparsi quando
epigrafiche che confortano la teoria alternativa,
venne pubblicato il libro di Lehner nel 1997
anche nelle pieghe dei miti. Sono sicuro però
lascia interdetti e non si può fare a meno di
che, a questo punto, pochi Lettori si
chiedersi il perché. Ad ogni modo, altrove lo
stupirebbero, se rispondessi che -
stesso Lehner sottolinea con una certa enfasi
contrariamente a quel che si pensa- queste
come i risultati di campionature precedenti
prove, mito di Osiride compreso, vanno tutte
tendano tutti a confermare la bontà della
nella direzione opposta, e la TCO esce molto
sequenza cronologica dettata dalla ricerca
male anche da qui. Lo vedremo nella parte
archeologica e dalla datazione dei monumenti
conclusiva di questo lavoro.
piramidali più antichi.” (Ian Lawton e Chris
Ogilvie-Herald, op.cit.)
In ogni caso, come abbiamo visto anche
le apparentemente solide argomentazioni
archeoastronomiche di Bauval crollano
miseramente, anche in relazione ai risultati (per
quanto discutibili) ottenuti a mezzo del
radiocarbonio. Si badi: non sto parlando di
una parte secondaria della sua teoria, ma
proprio della teoria in sé! Se non esiste
alcuna correlazione fra la Cintura di Orione e il
Terzetto di al-Jizah, e non esiste neppure la
possibilità di interpretare, attraverso la TCO, i
ANALISI MISURE E RAPPORTI AD al-JIZAH
Di Giuseppe Badalucco
KHUFU
KHAFRA
MENKAURA
TOTALE
ALTEZZA (m)
146,6
143,5
65,5
355,60
LATO BASE (m)
230,36
215,25
103,4
549,01
AREA BASE (m2)
53.065,7296
46.332,5625
10.691,56
110.089,85
VOLUME (m3)
2.593.145
2.216.241
233.432
5.042.818,62
PERIMETRO DELLE PIRAMIDI E RAPPORTI TRA
PERIMETRI
Il perimetro delle piramidi è dato dalla somma della
lunghezza dei quattro lati, in base alle formule P =
l1+l2+l3+l4 o P = l x 4 se i lati sono perfettamente
uguali. Nelle piramidi di Giza vi sono piccole
differenze impercettibili nelle lunghezze effettive dei
quattro lati, per cui è possibile calcolare una
lunghezza media
KHUFU = 230,36 X 4 = 921,44 m
KHAFRA = 215,25 X 4 = 861 m
MENKAURA = 103,4 x 4= 413,6 m
TOTALE PERIMETRI CIRCA m 2.196,04
RAPPORTI PERIMETRALI
KHUFU / KHAFRA = 921,44 / 861 = 1,07019…
Entrambe presentano un perimetro doppio rispetto a
Menkaura (Micerino); la somma dei perimetri
presenta una “particolarità”; il valore della lunghezza
complessiva dei perimetri è pari alla costante Ø
elevata alla 15° potenza moltiplicata per la cifra
1,610506 che, a sua volta, si approssima allo stesso
valore della costante Ø (1,610506 contro
1,6180339…). Se la somma dei perimetri fosse pari
a metri 2.206 circa (contro 2.196) essa sarebbe
stata pari a Ø16 m. Da ciò si deduce che tale valore
non può essere considerato del tutto accettabile
come approssimazione di un modello matematico
costruito appositamente sulla costante phi e la
somma dei perimetri, sebbene vi si avvicini in modo
notevole.
RAPPORTI TRA PERIMETRI E ALTEZZE DELLE
TRE PIRAMIDI DI GIZA
KHUFU / MENKAURA = 921,44 / 413,6 = 2,2278…
KHUFU 921,44 / 146,6 = 6,2854….≈ 2π
KHAFRA / MENKAURA = 861 / 413,6 = 2,08172
KHAFRA 861 / 143,5 = 6
TOTALE PERIMETRI = 2.196,04 ≈ 1,610506 x Ø15
= 1,610506 x [1/2 + (√5/2)] = 1,610506 x
1,618033915
Dall’analisi dei perimetri si deduce che la piramide
con il perimetro maggiore è ovviamente Khufu
(Cheope), che presenta una lunghezza perimetrale
pari a circa il 7% in più rispetto a Khafra (Chefren).
MENKAURA 413,6 / 65,5 = 6,312
I rapporti tra i perimetri alla base e le altezze delle
tre piramidi forniscono risultati simili ma non
esattamente uguali per le tre costruzioni; per
Cheope il rapporto è esattamente pari a 2π mentre
per Chefren esso si approssima a 6 e per Micerino a
6,31 che è approssimativamente pari a 2 π ma non
può essere considerato esattamente uguale. Da ciò
si deduce che tale rapporto per Cheope equivale al
rapporto tra circonferenza e raggio di una sfera o
cerchio mentre la stessa cosa non può essere
considerata tale per le altre due costruzioni.
RAPPORTO TRA I LATI ALLA BASE E ALTEZZE
KHUFU = 230,36 / 146,6 ≈ 1/2 π = 1,57135
KHAFRA = 215,25 / 143,5 = 1,5
MENKAURA = 103,4 / 65,5 = 1,5786 ≈ 1/2 π
Allo stesso modo i rapporti diretti tra i lati alla base e
le altezze forniscono i valori approssimati di 1/2 π
per Cheope (ottima approssimazione) mentre tale
approssimazione è scarsa per Micerino e nessuna
apparente relazione è presente per Chefren
RAPPORTO TRA I LATI ALLA BASE
KHUFU / KHAFRA = 230,36 / 215,25 = 1,07019….
KHUFU / MENKAURA = 230,36 / 103,4 = 2,2278…
KHAFRA / MENKAURA = 215,25 / 103,4 = 2,081….
I rapporti tra i lati alla base non forniscono particolari
informazioni senonché Cheope è di poco più grande
rispetto a Chefren (7% in più) mentre entrambe
hanno i lati all’incirca pari al doppio di Micerino
RAPPORTI TRA LE ALTEZZE
KHUFU / KHAFRA = 146,6 / 143,5 = 1,0216…
KHUFU / MENKAURA = 146,6 / 65,5 = 2,238167….
KHAFRA / MENKAURA = 143,5 / 65,5 = 2,19083….
I rapporti tra le altezze delle tre piramidi di Giza non
forniscono particolari informazioni; all’incirca
Cheope e Chefren presentavano la stessa altezza
con una differenza di pochi metri (2,16% circa) oggi
ridotta a circa 138 contro 136 mentre entrambe
hanno un’altezza doppia rispetto a Micerino
(confermate le proporzioni geometriche relative alla
lunghezza perimetrale e i lati alla base)
6.378.388 / ( Ø16 2 π2) = 146,462
cioè l’altezza della piramide di Khufu rappresenta il
raggio equatoriale terrestre diviso per il prodotto
della costante aurea Ø = 1,618… elevata alla 16°
potenza per 2 pi greco al quadrato, con un margine
di errore dello 0,09558%
L’informazione che si deduce da questo calcolo
potrebbe essere considerata come una mera
speculazione numerica, ma deve essere
attentamente valutata proprio in merito alla presunta
conoscenza degli Egizi del π circa duemila anni
prima di Archimede
PARTICOLARI RIFLESSIONI SUL PERIMETRO DI
KHUFU (CHEOPE)
La lunghezza perimetrale di Khufu (Cheope) pari a
circa 921 m può essere ricavata dal seguente
modello
40.076.594 / ( Ø16 2 π2) ≈ 920,247…
Cioè la lunghezza del perimetro di Khufu
rappresenta la circonferenza equatoriale terrestre
divisa per la costante aurea Ø= 1,6180339…
elevata alla 16° potenza moltiplicata per 2 pi greco
al quadrato, con un margine di errore rispetto alla
lunghezza effettiva della piramide dello 0,1296%. Il
modello di calcolo è esattamente uguale a quello
utilizzabile nel punto 6, per cui non appare del tutto
casuale.
RAPPORTI TRA LE AREE BASE
L’area o superficie della base è data dalla formula
A=lxl
Dove A indica il valore dell’area espressa in m2 e l
indica il valore della lunghezza del lato
PARTICOLARI RIFLESSIONI SULL’ALTEZZA DI
KHUFU (CHEOPE)
KHUFU / KHAFRA = 53065,7296 / 46332,5625 =
1,1453…
L’altezza originaria della piramide di Khufu pari a
circa m 146,6 si può evincere dal modello
KHUFU / MENKAURA = 53065,7296 / 10691,56 =
4,9633…
KHAFRA / MENKAURA = 46332,5625 / 10691,56 =
4,3335…
L’analisi dei rapporti tra le aree alla base non
fornisce particolari informazioni. Risulta che la
superficie alla base di Cheope è di poco più grande
rispetto a Chefren (1,14 volte) mentre entrambe
sono poco meno di 5 volte più grandi di Micerino. I
dati disponibili non permettono di elaborare una
particolare sequenza tra tali valor
RAPPORTI TRA I VOLUMI DELLE PIRAMIDI
Il volume delle piramidi a base quadrata è dato dalla
formula
V = 1/3 l2h
Dove l indica il valore del lato di base e h il valore
dell’altezza della piramide
Otteniamo così:
KHUFU = 1/3 230,362 146,6 = 2.593.145,32 m3
Per cui non appare del tutto casuale, oltre alla
presenza della costante Ø nei casi precedenti, la
sua presenza in questo ulteriore rapporto numerico
che esprime una proporzione geometrica nei volumi
delle stesse
ALCUNE IMPORTANTI CONSIDERAZIONI
SULLA PRESENZA DELLA SEZIONE AUREA
NELLA PIRAMIDE DI CHEOPE E SULLE SUE
CONSEGUENZE
La questione estremamente controversa della
presenza della costante matematica Ø =
1,6180339…. nella piramide di Cheope è stata
sollevata, ufficialmente, per la prima volta nel 1859
dallo studioso John Taylor che pubblicò un saggio
dal titolo: “The Great Pyramid: Why was it built and
who built it?”, in cui analizzò le proporzioni
geometriche della piramide introducendo tale ipotesi
che fu suffragata, successivamente, dall’astronomo
Charles Piazzi Smyth. La questione può essere
riassunta nei seguenti termini:
KHAFRA = 1/3 215,252 143,5 = 2.216.240,906 m3
MENKAURA = 1/3 103,42 65,5 = 233.432,393 m3
KHUFU / KHAFRA = 2.593.145,32 / 2.216.240,906
= 1,17
KHUFU / MENKAURA = 2.593.145,32 /
233.432,393 = 11,1
KHAFRA / MENKAURA = 2.216.240,906 /
233.432,393 = 9,494
L’analisi dei rapporti tra i volumi delle piramidi
fornisce alcune importanti informazioni; Cheope ha
un volume ovviamente di poco più grande rispetto a
Chefren (1,17 volte) mentre Cheope presenta
esattamente un volume pari a 11 volte Micerino,
contro i 9,49 di Chefren. In particolare il valore del
rapporto del volume di Cheope e Micerino è pari al
valore 11,1 che può essere considerato un
arrotondamento del modello
Ø5 = 1,6180339…5 ≈ 11,09
Infatti 11,11/5 = 1,61832072…. ≈ Ø
LUNGHEZZA LATO CHEOPE m 230,36
LUNGHEZZA PERIMETRO CHEOPE m 921,44
ALTEZZA ORIGINARIA CHEOPE (c2) m 146,60
LUNGHEZZA SEMILATO CHEOPE (c1) m 115,18
L’ipotenusa del triangolo rettangolo che si può
costruire con il semilato di Cheope e l’altezza (i
cateti sono rispettivamente 115,18 m e 146,6 m) è
data da (applicando il teorema di Pitagora)
da cui si ricava che
i = (115,182 + 146,62)1/2 = 186,43
quindi il rapporto tra l’ipotenusa e il semilato è dato
da
186,43 / 115,18 = 1,618596….. ≈ Ø
In termini prettamente geometrico – matematici,
questa è la dimostrazione che gli Egizi conoscevano
la sezione aurea, sebbene gli studiosi facciano
notare che tale utilizzo possa essere stato effettuato
in modo “inconsapevole” continuando a negarne
una validità assoluta. La differenza fondamentale tra
tale tipo di dimostrazione e i modelli
precedentemente analizzati è legata al fatto che in
questo caso vi è un’interpretazione prettamente
geometrica, in cui il valore della costante aurea si
ottiene da un rapporto diretto tra due lati di un
triangolo costruito con le misure originarie della
piramide mentre nei modelli precedenti la costante
Ø è “nascosta” ad un’immediata interpretazione
poiché inserita in calcoli in cui il suo valore è
moltiplicato con altre costanti (vedi π) e con
elevamenti a potenza che non sono di immediata
individuazione. Tuttavia che tali speculazioni
numeriche abbiano un significato logico può
apparire evidente se si considera che due cifre che
formano costanti matematiche non possono essere
inserite casualmente in un dato numerico di un
manufatto; se anche la pendenza attribuita alla
piramide fosse indispensabile per garantirne la
stabilità e questa fosse stata casuale, non
altrettanto casuale può essere l’inserimento delle
misure della circonferenza terrestre e del raggio con
la stessa costante nelle misure del perimetro e
dell’altezza piramidale. A ben guardare proprio le
ipotesi introdotte in passato dal Prof. Livio Catullo
Stecchini (storico della scienza esperto di misure
antiche) secondo cui la piramide di Cheope è una
rappresentazione in scala 1:43.200 delle misure
della circonferenza equatoriale terrestre e del raggio
fondata su codici astronomi precessionali (43.200 è
4.320 x 10 dove 4320 indica due “ere” precessionali
di 2.160 anni l’una) possono essere “corrette” a
favore di una presenza della costante Ø in tali
misure, piuttosto che dei numeri precessionali.
Proprio per giustificare tali misure Stecchini propose
di considerare la circonferenza equatoriale in circa
39.814.000 metri che divisi per 43.200 fanno 921,6
m, cioè pari al perimetro di Cheope, ma tale misura
presenta un margine di errore dello 0,65% circa che
sarebbe dovuta alla mancata considerazione del
rigonfiamento equatoriale terrestre. Tale ipotesi
perderebbe terreno (anche a livello scientifico)
stante l’importanza che ha la sezione aurea come
conoscenza scientifica antica (a discapito della
numerologia precessionale) se si considera l’ipotesi
indicata ai punti 6 e 7 in cui il valore della
circonferenza terrestre è inserito nel perimetro di
Cheope per mezzo della relazione
Ø16 2 π2 921,44 = 40.141.968 m circa contro
40.076.594 m
con un margine d’errore rispetto alla misura effettiva
dello 0,16% (più ridotto rispetto a quello di
Stecchini).
ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA PRESENZA
DELLA COSTANTE AUREA Ø NELLE PIRAMIDI
IN RAPPORTO ALLE SPIRALI AUREE
L’analisi delle misure delle piramidi di Giza ha
portato ad una serie di risultati importanti riguardanti
la presenza della costante Ø = 1,6180339… in
rapporti di misure, costruzioni geometriche e
rappresentazioni di misure astronomiche nelle
stesse; tuttavia nonostante la presenza di tale
costante nelle misure dei tre manufatti non sempre
è possibile ravvisare collegamenti diretti di tali valori
con modelli che inglobano la sezione aurea; è il
caso per esempio della spirale aurea
ALTEZZA KHUFU / LATO KHAFRA = 146,6 / 215,25
= 0,681…
ALTEZZA KHUFU / LATO MENKAURA = 146,6 /
103,4 = 1,4177
ALTEZZA KHAFRA / LATO KHUFU = 143,5 / 230,36
= 0,6229…
ALTEZZA KHAFRA / LATO MENKAURA =
143,5/103,4 = 1,3878
L’equazione di una spirale aurea è uguale alle altre
spirali logaritmiche ma in essa a e b sono numeri
reali, e è la base dei logaritmi naturali e Ɵ esprime il
valore dell’angolo retto (90°); quando Ɵ assume
tale valore b diventa
ALTEZZA MENKAURA / LATO KHUFU = 65,5 /
230,36 = 0,28433…
per cui se l’angolo è misurato in gradi si ottiene
b = ln 1,6180339 / (π/2) = 0,306349
b = ln 1,6180339 / 90 = 0,0053468…
è dato dal rapporto tra l’altezza della piramide di
Micerino e il lato di Chefren che è pari a 0,30429
contro 0,30634 del parametro b calcolato quando
l’angolo è calcolato in radianti; tuttavia per il valore
così calcolato non è possibile individuare una
relazione diretta tra le due cifre; altrettanto si può
dire per le altre cifre espressione dei rapporti inversi
delle altezze e dei lati delle piramidi. Da ciò si può
dedurre che non vi è nessun collegamento diretto
tra le misure ivi indicate in rapporto a possibili
modelli relativi a spirali auree.
mentre se è misurato in radianti diventa
b = ln 1,6180339 / (π/2) = 0,306349
Valori simili a quelli ottenuti nei parametri
dell’equazione della spirale aurea possono essere
ricercati nei rapporti inversi delle misure delle
piramidi:
ALTEZZA KHUFU /LATO KHUFU = 146,6 / 230,36 =
0,6363…
ALTEZZA KHAFRA / LATO KHAFRA = 143,5 /
215,25 = 0,666…
ALTEZZA MENKAURA / LATO MENKAURA = 65,5 /
103,4 = 0,6334…
I rapporti reciproci di altezza in rapporto al lato base
permettono di mettere in luce un valore abbastanza
uniforme nelle proporzioni delle tre piramidi.
ALTEZZA MENKAURA / LATO KHAFRA = 65,5 /
215,25 = 0,30429…
I rapporti reciproci tra le altezze e i lati delle piramidi
“incrociati” mettono in luce dei valori che solo in
parte, in alcuni casi, si avvicinano al parametro
dell’equazione della spirale aurea; l’unico valore che
si avvicina a
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
TOMKINS P., STECCHINI L.C. (1971), Secrets of
the Great Pyramid, Ed. Edison 1997
PROGETTO ‘PARZIVAL’
LA SCOPERTA DELLE SINDROMI MITOLOGICHE
di NILMAN Formazione Roma
Premessa
Da 5 lunghi anni, Nilman è impegnata sulla
realizzazione di un progetto di ricerca finalizzato
ad offrire alle imprese associate, alle
organizzazioni più disparate uno strumento
innovativo per sviluppare il business, la
convivenza, la stabilità del nucleo ridisegnando i
meccanismi organizzativi e gestionali interni,
progettando e gestendo efficacemente i
cambiamenti strategici e organizzativi.
Partendo da una prospettiva inusuale di
osservazione dei fenomeni sociali e di come
questi determinano il successo
dell’organizzazione, lo studio permette di
indagare sull’origine e sul perché le
organizzazioni stesse reagiscono in determinati
modi agli stimoli interni ed esterni.
Lo studio proposto è nato a seguito di quanto
rilevato da Nilman nelle numerose esperienze di
lavoro con realtà operative di diversa natura,
dimensione e localizzazione: esiste un
meccanismo comportamentale in grado di
determinare il destino di ogni struttura
sociale organizzata e che ritroviamo con
sorprendente ricorsività all’interno di tutti gli
organismi sociali complessi, siano essi aziende;
organizzazioni culturali, religiose, sportive;
associazioni di ogni genere, partiti o movimenti
politici; organizzazioni pubbliche.
Tale meccanismo che agisce a livello inconscio
ed è peculiare ad ogni ruolo/figura aziendale,
riguarda il rapporto che gli individui hanno con la
propria azienda e che è determinato dal
percepito che ciascuno ha dell’organizzazione
di appartenenza, delle sue origini, della sua
evoluzione, dei valori, dell’etica e della moralità.
Individuare, riconoscere e riprogrammare tale
meccanismo comportamentale consente alle
organizzazioni di cogliere in modo puntuale le
http://www.nilman.it
“ragioni” dei comportamenti individuali e di
intervenire in modo specifico e incisivo sugli
ambiti di distorsione e di dispersione degli sforzi
e delle energie individuali e collettivi più radicati.
Permette inoltre di individuare le soluzioni strategiche, organizzative, gestionali,
commerciali, etc.- più adeguate per consolidare/
riposizionare l'organizzazione rafforzandone la
capacità di cogliere le opportunità e le criticità
del presente e per far si che le persone possano
riconfigurare rapidamente e in modo puntuale il
proprio modo di re-agire ai cambiamenti.
Lo strumento di indagine proposto permette
dunque di:
✦ individuare le reali contraddizioni tra
sistema e metasistema, ovvero tra sistemi
organizzativi (strutture, ruoli, strumenti di
gestione e controllo, di definizione e
misurazione degli obiettivi e delle
performance, etc) e il percepito dai singoli:
la fiducia, la convinzione nella propria
infallibilità e di quella aziendale (del
management e dei colleghi), il recupero
della dimensione spazio temporale, etc.
✦ comprendere con precisione quanto la
visione manageriale sia convergente con
quella delle persone all’interno dell’azienda;
✦ riconoscere i segnali deboli e gli elementi
intangibili che definiscono (insieme agli
indicatori economico-finanziari) lo stato di
salute dell’impresa;
✦ acquisire una conoscenza più profonda del
contesto sociale interno per poter
intervenire tempestivamente su quei fattori
che (principalmente in tempi di crisi e di
incertezza) fanno involvere l’azienda,
ancorandola nel passato (percepito migliore
rispetto al presente) e rendendo difficile
l’individuazione delle risorse per progettare
e costruire il futuro.
Il Mito nell’organizzazione
Lo studio si fonda e nasce da un incontro
originale tra la letteratura manageriale che si rifà
alle teorie psicanalitiche, in particolar modo
quelle junghiane, ed alle teorie sociologiche
dell'organizzazione1.
La tesi di partenza è che il comportamento
organizzativo nei momenti di passaggio da un
equilibrio all'altro è plasmato dalla
riproposizione, attualizzata, dei meccanismi
comportamentali che hanno caratterizzato
l'organizzazione nei "moments of truth" vissuti
dall’impresa:
✦ imprinting (l'atto di fondazione);
✦ innovazione (ricerca della discontinuità);
✦ leadership (esercizio del potere);
✦ decisione (esercizio del giudizio);
✦ composizione degli interessi
(condivisione della giustificazione, da
justus facere - cosa giusta da fare).
Lo strumento narrativo e simbolico che
permette di socializzare, diffondere e
riprodurre il percepito collettivo di questi
momenti e fasi -l’origine, l'evoluzione, i
valori, l’etica di una collettività- è il Mito.
Il Mito amalgama l'identità individuale con le
credenze, fedi e valori collettivi; in chiave
organizzativa, riproduce il percepito collettivo
circa i moments of truth attraversati e si
ripropone nei comportamenti organizzativi
quotidiani che, appunto, sono l’espressione
attualizzata dei miti costruitisi in esperienze
maturate negli anni. I miti riprodotti possono sia
facilitare l'affermazione di esperienze nuove
(cambiamento) o rafforzare il prevalere della
conformità a regole e norme vigenti (resistenza).
1
Appare chiara l’importanza e la rilevanza di uno
strumento che permette di analizzare gli effetti
dei miti presenti in azienda e di verificane
l’impatto, per comprendere la dinamica tra
cambiamento e resistenza sia all'interno dei
contesti organizzativi e per poter progettare
strategie e azioni per governare e/o
riconfigurare tali processi.
Ma come determinare il Mito-in-azione?
In coerenza con le interpretazioni junghiane, si
ritiene che i comportamenti collettivi ed
individuali in condizioni di tensione (o come
meglio potremmo dire di tensione/attenzione)
sono fortemente influenzati dalla presenza di un
percepito comune, trasversale rispetto alle
esperienze individuali.
Tale percepito comune da cui si dipanano le
Mitologie organizzative lo definiamo "archetipo".
Gli archetipi li ritroviamo nelle narrazioni di
diverse civiltà: Atlantide, Ulisse, etc. ne sono gli
esempi più noti.
A partire da un gruppo ristretto ed individuato di
miti archetipali è possibile individuare la
Mitologia di ciascuna impresa relativamente ai
singoli moments of truth.
Dagli archetipi comuni alla civiltà nel cui
contesto operano le organizzazioni è possibile
arrivare alle radici profonde dei miti che sono
riprodotti hic et nunc nelle organizzazioni e che
favoriscono o impediscono il raggiungimento di
un dinamico equilibrio tra le tensioni interne e
verso l'ambiente esterno, che caratterizzano la
vita dell’impresa.
Ogni impresa vive un quotidiano, continuo,
compromesso tra la tensione/attenzione etica
verso l'emancipazione e la tensione/attenzione
alla performatività.
Il prevalere/permanere di un squilibrio tra
performatività ed emancipazione è il fattore
determinante di uno spettro ampio di patologie
che vanno sotto il nome di sindrome
organizzativa, primeggiando drammaticamente
fra tutte quelle attinenti ai processi decisionali
(analysis-paralysis, limitata capacità di problem
solving, tendenza al ritardo o alla mancata
Si fa qui riferimento all’approccio Neo Istituzionalista sviluppato principalmente alla Stanford University.
presa di decisione) e dei comportamenti
organizzativi in genere.
La esplicitazione e comprensione dei miti agiti
nelle organizzazioni fornisce, quindi,
informazioni preziose per diagnosticare le
sindromi disfunzionali e ridurne o rimuoverne gli
effetti.
Obiettivi della ricerca
Una vasta area di analisi e consulenza
manageriale si imbatte regolarmente sui miti e
sulla Mitologia come elemento fondante della
cultura organizzativa.
Tuttavia ciò che ad oggi manca è una
sistematica identificazione degli archetipi e dei
miti che oggi sono riprodotti nelle imprese.
Manca, quindi, un modello di riferimento basato
sui miti e sugli archetipi che concretamente
sono presenti nella cultura della specifica
impresa che renda possibile l’anamnesi dei
fattori scatenanti delle sindromi organizzative.
In generale i metodi analitici esistenti cercano di
individuare origini esogene o endogene delle
problematiche che affliggono le organizzazioni
considerando gli individui come vittime (crisi di
mercato, concorrenza, pricing, sistemi, caduta
della domanda, incompetenza del board,
deficienze organizzative e via discorrendo).
Le anamnesi fondate su questi metodi analitici
hanno il pregio di basarsi su variabili
quantitative apparentemente oggettive
identificando azioni positive al servizio di
strategie aziendali. Tuttavia tale anamnesi non
riesce a fornire tutte le informazioni necessarie
al cambiamento delle mappe cognitive degli
individui, a quella trasformazione culturale che
spesso è indicata come priorità.
Il progetto di ricerca prevede la raccolta dei
racconti individuali dell'impresa, del vissuto
attuale ed del percepito degli individui.
Il racconto dell’individuo stesso, della sua
evoluzione intesa come curva esistenziale e
rapporto con il tempo, del suo essere attore
della riproduzione dei miti dell'impresa è il
miglior veicolo per individuare i miti diffusi
nell'organizzazione ed il ruolo che la loro
riproduzione sta giocando nelle dinamiche
organizzative.
Il progetto di ricerca consente di definire un
modello di riferimento dei miti nelle
organizzazioni e quindi di svolgere un'anamnesi
sulle cause dei disequilibri tra agire "ordinato"
ed agire "esploratorio", tra performatività ed
emancipazione.
L'anamnesi è in grado di individuare "sindromi"
che influenzano il comportamento organizzativo
e che sono in relazione con l'identità individuale
e con lo strato più profondo della cultura
aziendale.
La rilevanza della ricerca sta nel fatto che la
disponibilità di un modello di riferimento
consente di realizzare anche un diagnostico,
non generale ma soggettivo, individuale
seppure all’interno di un processo collettivo.
La diagnosi può arrivare a suggerire anche il
passaggio dal Mito-in-azione al Mito-interrotto
attraverso il "seppellimento" di alcuni miti e la
riproposizione di altri, mediante una serie di
azioni di vario genere che possono abbracciare
tutti i settori organizzativi.
Implicazioni/Applicazioni manageriali
La revisione dell'impianto Mitologico esistente in
una struttura rappresenta una nuova prospettiva
di lavoro sulla cultura organizzativa e, prima
ancora, sulle mappe cognitive individuali.
I miti presenti in azienda sono infatti vincoli che
plasmano le mentalità individuali e collettive.
Nella prospettiva di una ristrutturazione
profonda delle attitudini nell'impresa - il "cambio
di mentalità" che tanta pubblicistica ritiene
necessaria per la competitività - la ricerca sui
miti individua un campo di azione nuovo sulle
determinanti delle "mentalità". La
individuazione, esplicitazione, comprensione e
revisione dei miti rappresenta un tentativo di
agire su questa dimensione socio-psicologica
per rimuovere vincoli e liberare energie.
Il diagnostico sui miti dell'impresa può pertanto
essere finalizzato ad una serie di obiettivi
aziendali di seguito sommariamente sintetizzati:
✦ rimozione e sostituzione dell'impianto
Mitologico in atto
✦ rimodulazione dell'impianto Mitologico
✦ esplicitazione dei miti agiti nell'impresa.
I tre obiettivi sono finalizzati a facilitare i
processi organizzativi in corso individuando i
miti e, dunque, i racconti e le narrazioni
funzionali a rafforzare le attitudini individuali e
collettive necessarie per il cambiamento.
Possono inoltre condurre a rivedere le strategie
e le azioni organizzative, gestionali, commerciali
poste in essere dalle aziende.
studio e del confronto con il mondo accademico
e con le principali scuole di management
nazionali ed internazionali.
Ogni intervento è progettato e realizzato in
funzione delle specificità di ciascuna azienda,
per accompagnarne la crescita e mettere a
fattor comune le conoscenze e le competenze
interne, facilitare l’integrazione e lo sviluppo,
stimolare la creatività e l’innovazione, coniugare
senso di appartenenza ed osservazione critica
dei fenomeni organizzativi, favorire la ricerca e
la valorizzazione degli asset interni che rendono
ogni organizzazione “unica”.
Per Nilman fare consulenza e formazione
significa:
✦
lavorare in partnership con le strutture
della formazione per costruire interventi
efficaci, concreti, compatibili ed ad
elevato impatto sull’organizzazione,
sulle persone, sul business;
✦
costruire sistemi e strumenti per
conoscere ed interpretare le esigenze
organizzative e tradurle in soluzioni
strategiche, organizzative, gestionali,
commerciali, etc;
✦
progettare e realizzare sistemi e
strumenti di gestione e monitoraggio
degli interventi realizzati, di analisi dei
costi e di valutazione dell’efficacia e
degli impatti dei singoli interventi sul
risultato d’impresa, sulla cultura e sulle
potenzialità dell’organizzazione cliente.
Presentazione Nilman
Nilman nasce da un gruppo di professionisti con
un consolidato know-how nei settori della
formazione e della consulenza organizzativa e
gestionale, maturato grazie alle numerose
esperienze ed ai progetti realizzati dai suoi
consulenti per imprese ed organizzazioni
pubbliche e private italiane.
I nostri attuali Clienti sono: Advanced Computer
System; Hertz Italia; Bravo Solution, Telecom
Italia, Fives Giustina, Iscot, Iss World, Saba
Italia, Trelleborg SpA, Kpmg; ACI, Italia Lavoro,
Cassa Depositi e Prestiti, Equitalia Servizi;
Enav; INPS, Ministero della Giustizia,
Dipartimento Amministrazione Penitenziaria,
Provveditorato del Triveneto; Comune di Roma;
Agenzia per lo Sviluppo delle Amministrazioni
Pubbliche (ASAP), Regione Lazio.
Nilman utilizza una vasta gamma di approcci,
metodologie, strumenti e modalità
consulenziali, dai più tradizionali ai più
innovativi, frutto della ricerca costante, dello
Riferimenti:
CEO Valeria D.ssa Arancia,
News in Learning Management srl (NILMAN)
www.nilman.it
Viale Mazzini 134, 00187 Roma
Tel. 06-45615186
Mob. 329-3004292
[email protected]
La scienza delle “Abductions” - Vol. 2
Gli studi di John E. Mack
di Enrico Travaini
La prima parte è fruibile sul sito di ASPIS, cliccare sul
seguente link:
http://www.associazioneaspis.net/la-scienza-delleabductions-vol-1-gli-studi-di-john-e-mack/
La svolta nei suoi studi si può far risalire al
1999, quando nel suo libro: "Passport To The
Cosmos: Human Transformation and Alien
Encounters", il Dr. Mack definì nuovamente i
limiti
delle
esperienze
di Abduction paragonandole a esperienze
mistiche e spiritualiste. Trattando una serie di
miti e leggende che da secoli parlano di “popoli
delle stelle”, esseri che, secondo la tradizione
Shamanistica, “vennero dall'alto dei cieli".
Inoltre, criticò fortemente il pensiero occidentale
e la divisione netta tra mondo scientifico e
mondo spirituale. Mack affermò
che tale
divisione impedisce l'apprendimento di tutti quei
fenomeni quali: Abduction, NDE (esperienze
vicino alla morte), OBE (esperienze fuori dal
corpo) e una varietà di altri stati di coscienza
alternativi e stati d’essere.
Tratto dall'intervista di Joe Eich-Bonni "Alieni tra
noi intervista con il dr. John Mack":
"...il Dr.Mack insiste sulla necessità per gli
osservatori di questo fenomeno, di un
cambiamento della loro ontologia e di uno
sviluppo di nuove epistemologie, ovvero,
una modifica nella loro definizione di realtà e
una ricerca di nuovi sistemi e vie
d’apprendimento — modalità di studio delle
cose — per poter capire semplicemente
l’evidenza presentata,
senza necessariamente provare o confutare gli
eventi descritti dai testimoni. Con un passo
audace, il buon dottore, dopo aver intervistato
centinaia di esperienti, come lui preferisce
chiamarli, ha chiesto ai suoi lettori e cosa più
importante, nell’ambito scientifico in varie
discipline, di espandere la nostra visione del
mondo e accettare concetti spesso lasciati agli
sciamani o ai fisici quantistici, i dottori stregoni
delle comunità rispettivamente spirituali e
scientifiche e non di accettare solo concetti sugli
universi multipli e paralleli, ma anche che
qualche volta le cose avvengono, anche se non
ci sono prove, per come noi le distinguiamo, per
supportare gli eventi o i risultati proprio davanti
a noi. ..."
Il Dr. Mack iniziò quindi a parlare di
"Trasformazione", ovvero di un cambiamento
nel vedere le cose e il mondo circostante. Si
accorse che le Abductions, per quanto terribili,
aprivano negli addotti nuovi stati dell'essere.
Nuove visioni di vita. Iniziarono quindi gli studi
sulla Coscienza e sul fenomeno di Coscienza
con ricercatori del calibro di Stanislav Grof.
Nonostante il suo lavoro fosse altamente
scientifico, aiutato non solo da collaboratori e
esperti di altri rami del sapere (Mack condusse
ricerche interdisciplinari, pienamente convinto
che un fenomeno del genere debba essere
studiato da più punti di vista), venne accusato
più volte di essere un ciarlatano. Gli furono
contestati i metodi di ricerca e addirittura fu
messo sotto giudizio.
Nel 1994 il Decano della Harvard Medical
School nominò un comitato paritario per
indagare sulle pratiche mediche e investigazioni
cliniche delle persone che hanno raccontato i
loro "incontri alieni" al Dr. Mack. La maggior
parte delle accuse si dimostrarono prive di
fondamento quando sottoposte a stretto esame.
Dopo 14 mesi d'inchiesta Harvard pubblicò una
dichiarazione nella quale il Decano "riaffermava
la libertà accademica del Dr. Mack per studiare
qualsivoglia argomento correlato alla
psichiatria ...".
Mack continuò gli studi, girando il mondo e
incontrando numerosi ricercatori, ufologi e
parlando nelle principali trasmissioni televisive
degli Stati Uniti. Rimarcò come il fenomeno
Abduction e in generale tutti i fenomeni insoliti,
siano da leggere sotto altre lenti d'indagine.
Insomma la metodologia è necessaria, la
scienza è necessaria, ma a volte bisogna
osservare andando oltre.
Per questo fu
contestato e successivamente alla morte, nel
2004 a Londra investito da un ubriaco in auto,
"dimenticato" dal mondo scientifico "ufficiale".
Nonostante la mole di materiale preso in esame
il dubbio rimane: disturbi mentali o fenomeno
incredibile ma reale?
Questo genere di ricerca si allinea
perfettamente ai canoni di ASPIS e quindi di
Tracce d'Eternità. Come penso sia ormai chiaro,
la nostra Associazione mira proprio ad una
ricerca si scientifica e metodologica ma con una
visione più ampia dei fenomeni presi in esame.
Mack venne considerato da molti suoi colleghi
come uno "scienziato eretico" perché comprese
i veri limiti della scienza ortodossa e tentò di
andare oltre.
RIFERIMENTI ESSENZIALI E NOTE:
https://it.wikipedia.org/wiki/Stanislav_Grof
http://johnemackinstitute.org/
http://esperienti.com/
https://it.wikipedia.org/wiki/John_Edward_Mack
http://esperienti.com/category/interviste/
https://it.wikipedia.org/wiki/Rapimento_alieno
http://esperienti.com/2003/11/paola-harrisintervista-john-mack/
https://it.wikipedia.org/wiki/Parasonnie
http://ufounderground.homestead.com/
aliens23.pdf
https://docs.google.com/document/d/1UDceP
e04x_Mw_h0CzOFAfq26wags2Szdh7uWSPPO
uw/edit?pli=1
http://scienze.fanpage.it/quando-il-sonnodiventa-incubo-viaggio-nelle-terrificantiparasonnie/
http://esperienti.com/2001/02/alieni-tra-noiintervista-con-il-dr-john-mack/
http://esperienti.com/category/trasformazioneumana-ed-incontri-alieni/
http://www.makemagicproductions.com/
johnmack/
MACK_Project_synopsis_with_audio.pdf
Dal Paradosso di Fermi e di Olum
al Destino delle Civiltà nella Galassia
di Federico Tommasi
Partendo dalla mancanza di evidenti e abbondanti
segnali da parte di civiltà avanzate nella Galassia,
nei Paradossi di Fermi e di Olum emerge
drammaticamente un conflitto tra l'Universo come
noi lo osserviamo e le previsioni teoriche. La
possibile introduzione di meccanismi di regolazione
su scala galattica potrebbe nascondere la chiave
per una parziale risoluzione di questi enigmi, allo
stesso tempo tanto affascinati quanto inquietanti.
Introduzione
In una articolo precedente [1] abbiamo
affrontato il problema della stima del numero di
civiltà presenti nella Galassia attraverso l'Equazione
di Drake, sia reinterpretandone i parametri alla luce
degli studi più moderni, sia riformulando il problema
dal punto di vista statistico [2]. L'indagine delle
costrizioni dovute alla scelta dei sistemi stellari più
adatti alla noogenesi ha portato all'introduzione
della Zona di Abitabilità Galattica (GHZ) [3] ed è
finita con l'individuare nei parametri riguardanti lo
sviluppo di una civiltà le più grandi fonti di
incertezza. In particolare, la vita media di una civiltà
sembra essere il parametro più difficilmente
stimabile, data la sua natura perlopiù speculativa,
causando così una parziale inficia dei risultati finali,
anche all'interno della riformulazione statistica.
Nel presente articolo quindi ci occuperemo più
in dettaglio di questo problema, partendo dai
paradossi di Fermi, di Olum, l'argomento Delta t e il
Grande Filtro, passando quindi per le possibili
“apocalissi” che possono annientare una civiltà e
introducendo infine la Transizione di Fase
Astrobiologica (Astrobiological Phase TransitionAPT) come possibile parziale risoluzione. Molti
argomenti trattati saranno quindi proposti sotto
forma di paradosso o argomentazione dal carattere
provocatorio. Istintivamente potremmo essere
portati ad intuire qualcosa di errato nelle, a volte
paradossali, previsioni che essi descrivono.
Tuttavia, la risoluzione di questi enigmi rimane
tutt'altro che immediata da ottenere e l'effetto sarà
quello di aprire nuove prospettive sul problema del
“Contatto” e forse suscitare nuove domande.
“Dove sono tutti quanti?”
Il Paradosso di Fermi fu formulato da Enrico
Fermi nel 1950 [4], successivamente discusso da K.
Tsiolkovsky e rimasto virtualmente sconosciuto fino
all'apporto di D. Viewing e la sua riscoperta da
parte di M. Hart nel 1975 [5]. Le premesse
riguardano l'assenza di una chiara presenza
extraterrestre nel Sistema Solare e una mancanza
di prove della presenza di civiltà estremamente
avanzate nella Galassia, come anche di segnali
(Grande Silenzio [6]). L'osservazione quindi assume
le caratteristiche di un paradosso se si confronta la
vita della Galassia con il tempo di colonizzazione
della stessa, considerando anche l'elevato numero
di possibilità date dal numero dei sistemi stellari sui
quali potrebbero spontaneamente emergere delle
civiltà.
Il tempo caratteristico di colonizzazione della
Galassia viene usualmente chiamato Fermi-Hart
timescale tFH [7] che, senza tirare in ballo esotiche
(e probabilmente impossibili) velocità maggiori della
velocità della luce, viene stimato tra il milione [8] e i
100 milioni di anni, con scenari che ipotizzano
sonde autoreplicanti [9] o modelli di espansione a
corallo [10,11]. Quindi un tempo decisamente
minore dell'età, dell'ordine dei 10 miliardi di anni,
della Galassia. A ciò va ad aggiungersi il fatto che
l'età mediana dei pianeti di tipo terrestre viene
stimata intorno a 1.8±0.9 miliardi di anni più vecchia
dell'età della Terra [12,13].
Le moltissime possibili soluzioni sono state
proposte per il Paradosso di Fermi [14] possono
essere catalogate in due principali categorie: “soft-”
e “hard-solutions”. Nella prima categoria cadono
sicuramente le soluzioni che riguardano ipotetiche
super-simulazioni che cercano di nascondere la
vera realtà astrofisica [15]. Questo tipo di soluzione
appare infatti emergere più da un pensiero pseudoreligioso che scientifico e, ovviamente, pecca, per
definizione, in falsificabilità. Anche l' “Ipotesi
Zoo” [16], con osservatori alieni che si nascondono
alla vista dei terrestri, sebbene più interessante,
rientra in questa categoria. Inoltre quest'ultima
soluzione è stata esposta a critiche che ne minano
le potenzialità, oltre a non spiegare il fatto che la
Terra non sia stata colonizzata nelle epoche
precedenti la noogenesi. Uno scenario di questo
tipo prevederebbe un clamoroso accordo tra le
diverse civiltà, caratterizzate da strutture
sociologiche differenti e probabilmente giustificabile
sono all'interno del totale predomino di una delle
culture in ogni angolo della Galassia. Uno studio di
Duncan H. Forgan [17] stabilisce che la probabilità
di una egemonia totale sulla Galassia da parte una
antica e longeva civiltà sia un evento con probabilità
estremamente bassa, considerando anche che la
velocità finita della luce dovrebbe costituire un
ostacolo per l'immediata influenza delle prime civiltà
su quelle emerse posteriormente.
Le ipotesi “sociologiche”, come la sistematica
distruzione per guerre, disinteresse per la
comunicazione o lo sviluppo spaziale, sono
soluzioni che hanno il difetto di non avere la
proprietà di non-esclusività, cioè di non includere
elementi che possono essere applicati a priori per
ogni tipo di civiltà. Un'altra soluzione di questo tipo è
l' “ipotesi di trascendenza” [18], che prevede che
una civiltà tecnologica segua deterministicamente
una linea evolutiva che la porterà necessariamente
verso una sorta di dominio computazionale su una
scala tendente alla singolarità, contrapposta al
classico sviluppo ingegneristico ed espansionistico
su scala interstellare.
La soluzione delle “finestre temporali”, nella
quale le varie civiltà, per via di un'auto-distruzione,
estinzione o anche di “fuga nella singolarità”, non
presentano sovrapposizione temporale nella storia
della Galassia, può essere considerata una
soluzione ragionevole e forse (come le precedenti
del resto) anche vera, ma pecca sostanzialmente
nella necessità di dover fare ipotesi a priori (o
semplicemente, astenersi del tutto dal farlo) su
entità assolutamente sconosciute. Inoltre non
possiede, ovviamente, caratteristiche di
falsificabilità.
Una “hard-solution”, per essere tale, deve
essere applicabile in qualsiasi caso e quindi non
può che essere costituita da un insieme di fattori
dalla natura astronomica e astrobiologica. Questi
fattori, dipendenti dal tempo e dalla posizione e
direttamente emergenti dalla storia dell'Universo,
dovrebbero concorrere a individuare una probabilità
di contatto tra diverse civiltà diversa a seconda
dell'epoca considerata.
Il Grande Filtro
Il Principio Antropico e il Grande Filtro
Il termine Principio Antropico fu coniato da
Brandon Carter nel 1974, definendolo come “...
quello che ci aspettiamo di osservare deve essere
ristretto dalle condizioni necessarie per la nostra
presenza come osservatori”. Il termine “antropico” in
realtà non è legato alla condizione di homo sapiens
e il principio può essere meglio definito come “una
autoselezione dovuta all'osservatore”. Nella
versione “debole” del principio, Carter afferma che
bisogna in qualche modo tenere conto del fatto che
la nostra collocazione nell'Universo risulta essere
necessariamente privilegiata, in quanto compatibile
con la nostra esistenza come osservatori. Il
problema del fine tuning è un tipico e molto
controverso problema di questo tipo e nella sezione
3 ne incontreremo un altro riguardante l'esistenza di
civiltà avanzate. Una delle conseguenze del
principio è anche l'“Anthropic bias” [19] riguardante
la stima di incidenza di quei fenomeni che possono
minacciare l'esistenza della specie umana; in
questo caso infatti il campione degli eventi osservati
non sono rappresentativi dell'universo di tutti gli
eventi, ma soltanto con quelli compatibili con la
nostra presenza. Ciò può quindi portare ad una
sottostima delle probabilità che l'umanità possa
avere a che fare con un evento catastrofico.
Carter inoltre introdusse un ulteriore
argomento (Carter's Argument - CA) [20], che sarà
poi ripreso da Barrow e Tipler [21], riguardante le
probabilità di trovare altre forme di vita extraterrestri.
In fisica, la probabilità che due scale di tempo che
descrivono fenomeni non correlati siano molto vicine
è estremamente bassa, dato che usualmente
queste differiscono tra loro di diversi ordini di
grandezza. Ciò dovrebbe quindi accadere anche per
le scale di tempo tA (tempo di evoluzione stellare) e
di tB (tempo di evoluzione biologica), dato che
queste descrivono fenomeni diversi. Considerando
l'unico caso di tB che ci è dato osservare (quello
terrestre), le due scale sono dello stesso ordine di
grandezza; l'evoluzione biologica fino alla
noogenesi ha richiesto un tempo di circa 4.5 miliardi
di anni, cioè circa la metà della vita del Sole nella
fase di stella di sequenza principale. Considerando
invece anche la finestra di abitabilità della Terra, per
via dell'aumento di luminosità solare, che viene
stimata chiudersi tra circa un miliardo di anni [22], tA
e tB si avvicinano ulteriormente.
Il caso tB molto minore di tA risulta molto
improbabile, in quanto implicherebbe che proprio
l'unico caso che noi siamo in grado di osservare
coincida anche con quello tanto sfortunato da
trovarsi nella coda della statistica temporale per
questo tipo di fenomeni. Il caso opposto, tB molto
maggiore di tA , rimane quello più probabile,
descrivendo quindi uno scenario in cui la vita è
emersa e si è evoluta fino alla noogenesi in tempi
eccezionalmente brevi. Tanto brevi da poter essere
cioè contenuta nella scala data da tA. L'effetto di
selezione dovuto al Principio Antropico
spiegherebbe quindi proprio perché noi stiamo
osservando questo caso estremamente raro,
percependo allo stesso tempo tA ≈ tB .
Hanson estese il CA suggerendo di
schematizzare l'evoluzione biologica governata da
un certo numero di passi improbabili, introducendo
l'idea del Grande Filtro [23]. Questa serie di filtri
dovrebbero essere collocati temporalmente indietro
nella storia che ha portato all'emersione dell'homo
sapiens. L'altra possibilità, più inquietante, è che un
filtro possa collocasi nelle vicinanze temporali
successive alla noogenesi, spiegando così
l'insuccesso nel rilevare superciviltà nel Cosmo. Se
quest'ultimo scenario fosse vero, Bostrom
suggerisce che dovremmo forse augurarci di non
trovare forme di vita extraterrestre in forma primitiva,
per poter così sperare di collocare il Grande Filtro
nel nostro passato [24]. Lineweaver e Davies
suggeriscono invece di applicare il CA alla
noogenesi, invece che alla biogenesi [25].
Altri autori hanno attaccato le ipotesi alla base
del CA cercando di individuare correlazioni tra
l'evoluzione biologica e quella stellare. Ad esempio,
nello scenario descritto da Livio ciò viene individuato
attraverso la produzione di ozono nell'atmosfera
planetaria [26]. Un'altra critica al CA riguarda il fatto
che ulteriori fenomeni astrofisici, anche su scala
galattica, possono forzare i tempi di evoluzione della
biosfera [27]. Lo scenario che si aprirebbe
porterebbe ad una scala tB non definita e alla
possibilità di avere un' incidenza di noogenesi che
cresce in maniera monotona con la storia della
Galassia. Torneremo su questo argomento nella
sezione 5.
L'Argomento Delta t
Il Principio Copernicano ci ha abituato all'idea
di non occupare una posizione particolare nel
Cosmo, così come l'introduzione dell'evoluzione
Darwiniana di non occuparne una dal punto di vista
biologico. In un articolo pubblicato su Nature nel
1993 [28], l'astrofisico J. Richard Gott III usò questa
idea per stimare la possibile longevità di un
osservabile e, in particolare, del tempo di
sopravvivenza di una specie, tra le quali anche la
nostra (“argomento Delta t”).
Se l'osservatore non ha nessuna relazione con
l'oggetto osservato, possiamo ragionevolmente
supporre che il tempo dell'osservazione sia
collocato in maniera casuale nella storia
dell'oggetto. Ciò implica che, con un fattore di
confidenza del 95%, la vita dell'oggetto si estenderà
in futuro per un tempo casuale compreso tra 1/39 e
39 volte la sua età al momento dell'osservazione.
Applicando questo ragionamento alla specie umana
( esistente da circa 200'000 anni) si trova che
questa avrà una durata futura tra i ~5000 e gli 8
milioni di anni, una stima che collocherebbe la
nostra specie in un tempo di vita tipico per i
mammiferi.
Gott inoltre continua la sua analisi presentando
il Principio Antropico Copernicano, riprendendo il
Principio Antropico introdotto da Carter: la
collocazione della tua nascita nell'ordine cronologico
della specie umana non è privilegiata. In altre
parole, immaginando di ordinare temporalmente le
nascite da “Adamo” all'ultimo essere umano che
vedrà la luce, ci possiamo ragionevolmente
aspettare che la tua posizione in questa lista sia
assolutamente casuale. Quindi Gott stima il numero
di esseri umani che dovranno nascere a partire dal
1993 sarà compreso, con livello di confidenza del
95%, tra i ~2 miliardi e i ~3 trilioni. In altra parole,
questa previsione afferma più semplicemente che la
tua posizione nell'ordine cronologico della specie
umana non si colloca probabilmente tra il primo e
l'ultimo 2.5% della lista. Per convertire questi numeri
in tempo rimanente bisogna conoscere l'andamento
temporale delle popolazioni future. Una crescita
esponenziale seguita da un periodo di equilibrio e
quindi da un declino è comune in molti sistemi e non
possiamo quindi meravigliarci del fatto di stare
vivendo in un'epoca con problemi di
sovraffollamento. Uno scenario compatibile con un
tempo molto lungo risulta essere quello individuato
da un lungo periodo di bassa popolazione che
segue un picco. Gott conclude quindi che la
colonizzazione della Galassia da parte della razza
umana sia improbabile, poiché una superciviltà, per
via della disponibilità di risorse e spazi molto
superiore, dovrebbe accumulare un numero molto
superiore di individui (per Gott la probabilità che ciò
s verifichi è di un miliardesimo perché per il
implicherebbe, per l'“argomento Delta t”, che gli
esseri umani che ancora dovrebbero nascere siano
circa 1 miliardo di volta più numerosi). L' argomento
Delta t è considerato il fondatore del Doomsday
Argument e ha suscitato numerose discussioni e
critiche.
Il Paradosso di Olum
In un articolo del 2004 [29], il fisico e filosofo
Ken D. Olum sostenne che da una immediata
applicazione del Principio Antropico, insieme a
ragionevoli assunzioni riguardanti le prospettive
raggiungibili da parte di una civiltà avanzata, segue
che l'umanità sarebbe parte, con una probabilità
elevatissima, di una supercivilizzazione che ha
colonizzato la Galassia!
La domanda di partenza del ragionamento è
la seguente: “Dove ci aspettiamo di trovare noi
stessi nell'Universo?” La risposta ragionevole è che
ci aspettiamo di trovarsi in una posizione comune
per degli osservatori e quindi ognuno di noi
dovrebbe costituire un campione casuale
dell'insieme di osservatori facenti parte della propria
classe di riferimento (Self-Sampling Assumpion –
SSA) [30]. L'ipotesi riguardante lo scenario è un
Universo infinito, per via dell'ipotesi di Universo
inflazionario, e quindi con un numero di osservatori
anch'esso infinito, appartenenti sia a superciviltà,
ma anche a civiltà piccole come la nostra. Non
abbiamo alcun dato per poter dichiarare fisicamente
impossibile la colonizzazione interstellare da parte
di una superciviltà che, per le ragioni già indicate
nella sezione 1, dovrebbe essere già emersa.
Olum quindi fornisce una stima del numero di
osservatori appartenenti ai due tipi di civiltà:
consideriamo che una Galassia come la nostra ha
un numero di stelle dell'ordine di alcune centinaia di
miliardi di stelle (quindi ~1011 per fissare le idee) e
stimiamo un 1% di sistemi colonizzabili [31].
Ad ogni sistema stellare, prendendo il nostro caso
come indicativo, viene assegnata una popolazione
dell'ordine dei 10 miliardi (1010). Quindi gli
osservatori presenti nella Galassia su tutti i pianeti
colonizzati dovrà essere dell'ordine di 1019. Volendo
essere conservativi, assumiamo che il 90% delle
civiltà siano piccole come la nostra, mentre solo il
10% siano superciviltà in grado di colonizzare la
Galassia. Tuttavia, per via della loro distribuzione su
larga scala galattica, queste ultime potranno contare
su un miliardo di individui in più rispetto ad una
piccola, con il risultato che solo uno su 100 milioni di
osservatori risulta appartenere ad una piccola
civiltà. La quasi totalità di osservatori presenti nella
Galassia dovrebbe fare parte di una colonia e non
nel pianeta di origine della propria specie (un po'
come sembra avvenire per gli esseri umani presenti
nella Galassia immaginaria di Star Wars ...). La
previsione del Principio Antropico, che prevede che
siamo tipici, viene quindi violata nonostante che la
probabilità di fallimento sia appunto 1 su 100 milioni!
Quando una teoria viene violata nonostante
le previsioni diano questo tipo di probabilità, la teoria
deve essere naturalmente rigettata. Quindi, secondo
Olum, o il Principio Antropico non può essere usato
per fare previsioni riguardo a quello che potremmo
osservare oppure c'è qualcosa che evidentemente
ci sfugge riguardo alla struttura dell'Universo o
riguardo il possibile sviluppo di una civiltà. Se nella
Scienza non venissero rigettate le ipotesi altamente
improbabili, invece che soltanto quelle
assolutamente impossibili, non verrebbe mai fatto
alcun passo in avanti [32]. Per il progresso
scientifico, non considerando un qualche tipo di
ragionamento antropico non potremmo escludere
nessuna teoria (per la felicità dei sostenitori delle
ipotesi più fantasiose, improbabili e indimostrabili...).
Se l'applicazione del Principio Antropico è in questo
caso corretta allora dove può trovarsi l'errore?
Olum propone quindi altre diverse soluzioni,
nessuna delle quali del tutto soddisfacente. Una di
queste prevede che solo una percentuale
infinitesima di civiltà divenga una superciviltà;
precisamente, per i numeri stimati sopra, questa
percentuale dovrebbe arrivare addirittura ad 1 su un
miliardo. Naturalmente questa ipotesi è direttamente
connessa sia all'argomento Delta t che al Grande
Filtro, visti nella sezione 2. Non sembrerebbe
possibile quindi risolvere il problema osservativo
stabilito dal Paradosso di Fermi e di Olum non
considerando quindi il problema di una ineludibile
apocalisse.
Un'altra ipotesi esotica (e anche dalle
suggestioni “paleoastronautiche”) è che siamo parte
di una “colonia perduta”, cioè siamo ignari del fatto
che facciamo parte di una superciviltà. Dal punto di
vista probabilistico, questa ipotesi tuttavia si scontra
subito con il fatto che, per risolvere il Paradosso di
Olum, solo una frazione estremamente piccola degli
osservatori dovrebbe fare parte di una superciviltà
ed essere allo stesso tempo a conoscenza di
appartenervi. Inoltre, dal punto di vista osservativo,
una specie appartenente ad una colonia non
dovrebbe avere nulla a che fare con la storia
biologica del pianeta abitato.
In conclusione, per Olum l'unico modo di
aggirare lo scenario dell'apocalisse ineludibile e
rendere le previsioni in accordo con l'osservazione
sembra essere quello di considerare vari fattori che
agiscono insieme, precisamente almeno 9 fattori
con un filtro del 10%. Riprenderemo una possibile
soluzione nella sezione 5. Prima però dovremo
ancora parlare del Giorno del Giudizio...
Abitabilità e Catastrofi
Una delle prime minacce che possono venire in
mente per la vita di un pianeta c'è sicuramente
l'impatto con un corpo di relativamente piccole
dimensioni, come un asteroide o una cometa. Un
impatto dalla forza tale da provocare una catastrofe
di portata globale ha una frequenza di 10'000 anni,
mentre l'incidenza di impatti di maggiore potere
distruttivo diminuisce esponenzialmente con
l'energia in grado di rilasciare [33]. In uno strato
geologico vicino Gubbio fu trovato uno strato
sedimentario in corrispondenza della fine del
Cretaceo e coincidente con una estinzione di massa
del 70% delle specie in un tempo relativamente
breve (K-T event). Per spiegare l'anomala
abbondanza di iridio nello strato è stata ipotizzata
l'origine dovuta ad un impatto con un asteroide
condritico di 10 km di diametro, il quale ha rilasciato
un'energia 2 milioni di volte più potente dell'ordigno
termonucleare mai testato. Un impatto di questo tipo
ha una frequenza stimata tra i 10 e i 100 milioni di
anni.
Oltre ai flare solari e il lento riscaldamento della
stella prima di entrare nella fase di gigante rossa,
un'altra fonte di estinzioni di massa può provenire
dal posizionamento del Sole all'interno della
Galassia e la sua eventuale vicinanza ad eventi
estremamente catastrofici. Accanto al moto attorno
al centro della Galassia (con un periodo di 220
milioni di anni), la posizione oscilla rispetto al piano
galattico con un periodo di circa 66 milioni di anni. Il
passaggio attraverso il piano galattico pone il Sole
in una regione con più alta densità di stelle e nubi di
gas interstellare. L'interazione che avviene a livello
della Nube di Oort può essere quindi responsabile di
un indirizzamento di un certo numero di corpi verso
il centro del Sistema Solare, aumentando i rischi di
impatto in maniera ciclica.
Minacce all'abitabilità sono sicuramente eventi di
Supernova, che avvengono circa una volta ogni 50
anni per una galassia come la nostra. L'effetto di
una Supernova vicina può essere descritto con un
rilascio di raggi gamma dalla durata di 300 giorni e
da 20 anni di rilascio di raggi cosmici. I primi sono
responsabili, per via dell'interazione con l'azoto
molecolare, della formazione di monossido di azoto,
il quale reagisce con l'ozono, eliminando così
l'importante strato protettivo contro la radiazione
solare nella regione spettrale dell'UVB. Un
incremento del 10%-30% di questa componente
avrebbe effetti letali per la vita [34], specialmente
per il fitoplacton, alla base della catena alimentare.
Una Supernova nel raggio di 10 pc (evento con la
frequenza stimata di una volta ogni alcune centinaia
di milioni di anni) potrebbe distruggere lo strato di
ozono per centinaia di anni [35]. In secondo ordine,
un altro effetto è dato dalla componente nel blu dello
spettro, responsabile del danneggiamento del
sistema endocrino di molti animali. La più probabile
candidata a Supernova nelle vicinanze è la stella blu
variabile η Carinae, che esploderà entro i prossimi
20'000 anni, ma ad una distanza tale (7500 anni
luce) da produrre effetti che dovrebbero essere
trascurabili.
Molto più distruttivo rispetto alla Supernova
è il Gamma-Ray Burst (GRB), l'evento più luminoso
conosciuto nell'Universo. Di origine extra-galattica,
vengono rilevati al ritmo di uno al giorno e
provenienti da ogni direzione. Questi fenomeni,
dalla durata molto breve (da pochi millisecondi a
qualche ora) e dall'emissione direzionale, si ipotizza
siano dovuti a collassi di stelle molto massicce in
rapida rotazione (hypernova) o a coalescenza di
stelle di neutroni. Si stima che una volta nell'ultimo
miliardo di anni la Terra sia stata irradiata da un
GRB (dalla durata sufficiente di 10 secondi)
avvenuto all'interno della Galassia ad una distanza
di 2 kpc [36] e a causa di un evento di questo tipo
viene ipotizzata anche l'estinzione di massa
dell'Ordoviciano.
Altro evento catastrofico, anche se molto più
remoto per la nostra epoca, è la collisione tra
galassie, come dovrebbe avvenire tra la Via Lattea
e Andromeda tra circa 4 miliardi di anni, cioè prima
che il Sole entri nella fase di gigante rossa,
causando un possibile allontanamento del Sistema
Solare dalla posizione attuale.
Transizione di Fase Astrobiologica
Uno Scenario Dinamico
Il Paradosso di Olum ha in qualche modo
esteso il Paradosso di Fermi in quanto non solo le
civiltà dovrebbero essere abbondanti nella Galassia,
ma anche che noi dovremmo fare parte di una
superciviltà estremamente avanzata. Una prima
cosa che potremmo osservare è che questi
paradossi hanno nelle ipotesi una implicita
assunzione di stazionarietà, mentre è scontato che
la Galassia, allo stesso modo dei sistemi stellari dei
quali è composta, sia passata attraverso
un'evoluzione. Anche il CA potrebbe essere risolto
introducendo elementi esterni tali da aumentare tB
in modo dipendente dalla posizione temporale del
sistema all'interno della storia della Galassia.
La stessa Equazione di Drake, nonostante
vi si possano introdurre termini che tengono conto
della storia della Galassia, soffre di questa
limitazione. Matematicamente parlando, risulta
immediato verificare che la forma dell'equazione
coincide con la soluzione stazionaria di una
equazione differenziale simile a quella che descrive
il decadimento radioattivo [37]. In questo contesto,
l'Equazione di Drake sarebbe valida solo in uno
stato di equilibrio, quando il rate di produzione di
nuove civiltà (date dal prodotto dei coefficienti
eccetto l'ultimo) equivale quello di distruzione
(uguale all'inverso della vita media di una civiltà).
Non si può quindi trovare una qualsiasi soluzione a
questi enigmi senza considerare che ci troviamo di
fronte ad un sistema estremamente grande,
dinamico e del quale osserviamo, non senza enormi
limitazioni, una finestra temporale molto stretta
rispetto alla sua storia.
Ci sono forti ragioni empiriche che indicano
che l'Universo deve essere stato meno ospitabile
per la vita in epoche passate, in particolare per la
maggiore incidenza di catastrofi che possono avere
interrotto la sequenza evolutiva verso la noogenesi
[38,39]. Le estinzioni di massa avvenute sulla Terra
non hanno impedito lo sviluppo evolutivo (forse solo
ritardato, ma anche “rimescolando le carte” per via
del “reset” dello scenario biologico), ma certamente
una civiltà nascente potrebbe fatalmente collassare
e soccombere davanti ad un evento particolarmente
catastrofico. Semplificando il problema con un toy
model, si può quindi introdurre un paramento di
ostilità τ, che sarà funzione dell'epoca e della
posizione nella Galassia. Indicando con t il tempo, p
la probabilità che una civiltà diventi una superciviltà
e p0 la probabilità asintotica standart, cioè la
probabilità di transizione ceteris paribus (che nella
stima di Olum era del 10%):
p(t)=p0(1-exp(-t/τ)) (1)
La frazione fsup di osservatori in una superciviltà in
una data epoca, sarà data naturalmente dal numero
di osservatori in questo tipo di civiltà diviso il totale
degli osservatori, che è anch'esso una variabile che
evolve nel tempo:
fsup(t)=[p(t)<nsup>]/[p(t)<nsup>+(1-p(t))<np>]
(2)
dove <nsup> e <np> sono rispettivamente il numero
medio di osservatori nelle superciviltà (1019 per
Olum) e nelle piccole (1010). Inserendo l'equazione
(1) nella (2), manipolando l'equazione e trascurando
il termine p(t)<np> si ottiene:
fsup(t)≈<nsup>/{<nsup>+<np>/[p0(1-exp(-t/τ))]}
(3)
Grazie all'equazione (3) possono distinguere tre
diversi scenari, dei quali solo gli ultimi due risolvono
il Paradosso di Olum:
1) fsup(t)≈1 e quindi ci troviamo nel Paradosso
(oppure nell'improbabile scenario delle “colonie
perdute”)
2) p0≈0 e quindi la probabilità di effettuare la
transizione a superciviltà è infinitesima
3) exp(-t/τ)≈1 per l'epoca t
Lo scenario 3) costituisce la novità e descrive un
meccanismo su scala galattica che impedisce la
formazione di una superciviltà. Possiede inoltre il
vantaggio di non violare l'osservazione e di non
introdurre parametri speculativi, come le ipotesi
sociologiche, per risolvere i paradossi di Fermi e di
Olum. Abbiamo ora una guida per la ricerca della
hard solution.
Verso una soluzione (forse ...)
Quindi probabilmente la soluzione ai paradossi può
essere trovata abbandonando l'idea di trovarsi in
un'epoca di epoca di equilibrio ed effettuando quindi
il cambio di paradigma che costituisce il cuore
dell'Astrobiological Phase Transition (APT),
introdotta da Cirkovic e Vukotic [40]. Il primo
contributo a questa idea venne da J. Annis, che
aveva individuato negli eventi di GRB degli efficienti
meccanismi di sterilizzazione su scala galattica. In
base ai dati astrofisici, che danno una frequenza
decrescente nel tempo con l'evoluzione delle
galassie, Annis assume un meccanismo di
regolazione su scala galattica che decade
esponenzialmente nel tempo con una costante di
tempo pari a 5 miliardi di anni. Difficile che questo
meccanismo da solo possa spiegare i paradossi di
Fermi e di Olum [14], anche perché, nonostante
questi eventi abbiano una portata catastrofica
immensa, una sterilizzazione completa di una
galassia è ancora un'ipotesi controversa e piuttosto
estrema.
Più verosimilmente, gli eventi GBR recitano
soltanto un ruolo tra i diversi meccanismi di
regolazione, assieme alla dinamica e all'evoluzione
della Zona di Abitabilità Galattica, unita
all'imprevidibilità legata all'evoluzione dei singoli
sistemi stellari. Si va disegnando quindi un
panorama astrobiologico variegato e dipendente
dalle coordinate spazio-temporali. Con modelli
qualitativi si può ipotizzare, al variare dei parametri,
l'andamento temporale della storia astrobiologica
della Galassia.
In figura (dal riferimento [40]) si osserva
qualitativamente un esempio di storia astrobiologica
possibile per la Galassia. Durante l'epoca I la
Galassia è morta: non è stato ancora prodotto
abbastanza materiale adatto alla vita e risulta
ancora poco probabile la sua emersione, anche a
livello semplice. Nell'epoca II lo sviluppo della
complessità viene in parte inibito dai meccanismi di
regolazione. Segue quindi un'epoca di soglia dalla
durata paragonabile alla Fermi-Hart timescale tFH,
dove le civiltà esistenti possono indirizzarsi verso la
transizione a superciviltà (che domineranno l'epoca
III). Per una civiltà che vive in quest'epoca (la
nostra?) di soglia i paradossi di Fermi e di Olum
sono quindi rimossi, non essendo ancora stata
possibile una colonizzazione. Le ipotesi alla base
dei paradossi sono stati direttamente minati
attraverso una hard solution dalla natura
astrobilogica.
Inoltre, il modello qualitativo (APT model)
permette diverse previsioni, che ne assegnano un
carattere falsificabile. Tra queste e in accordo con
l'osservazione finora effettuata c'è l'impossibilità di
fare “archeologia stellare”, cercando cioè di
individuare antiche strutture costruite da superciviltà
e la mancanza di segnali intelligenti extra-galattici.
La durata delle ipotetiche civiltà adesso esistenti
nella Galassia sarà paragonabile quindi alla nostra
(anche se noi siamo davvero dei neonati) e
comunque inferiore a tFH e quindi si ottiene
un'assenza di osservazione di colonizzazione
completa.
Conclusioni
Se il tentativo di stima dell'Equazione di
Drake [1] ci ha portato faccia a faccia con un
problema intimamente legato alla nostra origine, gli
argomenti trattati in questo articolo ci hanno anche
direttamente posto davanti al nostro destino e al
nostro ruolo nel Cosmo.
Abbiamo quindi trovato una soluzione? È
più corretto dire che ci siamo indirizzati verso una
strada promettente. Mancano infatti molte
informazioni sui meccanismi agenti nella APT
perché questo possa diventare un modello
quantitativo. Imperativo, dal punto di vista della
comprensione dello scenario, è cercare di colmare
le grosse lacune riguardo sia l'emersione che lo
sviluppo della vita, oltre che meglio stimare la
portata degli eventi catastrofici nell'ambito di uno
scenario dinamico.
Lo scenario descritto inoltre ci pone in una
condizione forse alla quale non siamo abituati
nell'ambito del problema delle civiltà extraterrestri:
quello di poter essere messi davanti alla prospettiva
di far parte di una delle prime specie a far brillare la
luce dell'intelligenza nella Galassia. Forse, in
un'epoca lontana questa brulicherà davvero di
astronavi e colonie e noi reciteremo il ruolo di una
civiltà dalla paurosa antichità (un po' come gli
antichi di Lovecraft ...).
Tornando con i piedi per terra da questo
volo di immaginazione, concludiamo dicendo che
dovremo necessariamente porci ancora davanti a
questi immensi misteri, nascosti anche dai
paradossi trattati, fiduciosi sul fatto che il futuro della
ricerca potrà portarci delle risposte, ma anche
ulteriori domande e sfide.
Ringraziamenti
Ringrazio la dott.ssa Enrica Perucchietti per il suo
contributo nella revisione del testo.
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BOB LAZAR DICEVA IL VERO:
UN TESTIMONE LO COLLOCA NEI LABORATORI DI LOS ALAMOS
di Gianluca Rampini
Uno dei personaggi più controversi del
panorama ufologico degli ultimi decenni è stato
senza dubbio Bob Lazar. Non ripercorrerò
pedissequamente la sua storia perché è, nelle
sue linee generali, abbastanza nota a chi segue
questi argomenti.
Mi perdonerà il lettore che non ne abbia mai
sentito parlare ma ci vorrebbe una monografia
intera per descrivere tutti gli aspetti di questa
storia. Giusto per inquadrarla basti sapere che
Lazar nel 1989 ha rilasciato un'intervista, sotto
falso il falso nome di Dennis, al giornalista
George Knapp di una emittente di Las Vegas,
nella quale sosteneva di aver lavorato nell'Area
51, presso la sezione S-4 a Papoose Lake. Il
suo lavoro consisteva nello studio della
propulsione di un disco volante presente, come
altri, nelle viscere della montagna in cui la base
era scavata. Retro-ingegneria aliena, ne più ne
meno.
Successivamente, rispetto all'intervista, uscì allo
scoperto e fece molte altre e più approfondite
rivelazioni che lo hanno posto al centro di
accesi dibattiti, tra chi sosteneva e sostiene la
sua onestà e chi invece la contesta.
Uno dei punti chiave nelle accuse dei suoi
detrattori era l'impossibilità di Lazar di
dimostrare che lui sia mai effettivamente stato in
alcuna delle strutture militari e governative
collegate più o meno direttamente all'Area 51.
Prima di tornare su questo punto, argomento di
questo articolo, vale la pena citare un paio di
altri episodi che invece depongono a favore
della sua storia. Si badi bene, non sto con
questo cercando di dimostrare l'esistenza dei
dischi volanti, alieni e quant'altro, che ritornano
in questa storia ma che questi eventi potrebbero
avere un significato ben più complesso. Vi è
tutta una questione di disinformazione con
Lazar vittima, probabilmente inconsapevole, di
queste macchinazioni.
In diverse occasioni, me ne ricordo almeno due,
Lazar affermò di sapere quando sarebbero stati
effettuati i test di volo dei “dischi” realizzati
grazie alla predetta retro-ingegneria. Portò sul
posto in un'occasione un amico Gene Huff, per
altro la persona che poi ha svelato molti degli
aspetti secondari legati alla storia di Lazar, ed in
un'altra Huff e altre due persone. In entrambe le
occasioni gli oggetti volanti si presentarono,
mostrando tutte quelle straordinarie prerogative
che li distinguevano da normali velivoli
sperimentali.
Ora, come promesso, torniamo alla questione
centrale. Qualche mese fa un filmaker
statunitense, Jeremy Corbell, secondo quanto
ha raccontato nella puntata del 25 giugno 2015
di Coast to Coast AM ( celebre programma
radiofonico condotto da George Noory, nda ), ha
identificato un testimone che afferma di aver
incontrato Lazar presso il LANL ( Los Alamos
National Lab ). Tale persona è un fisico e
inventore arruolato come contractor esterno a
Los Alamos nello stesso periodo in cui Lazar
afferma di esserci stato: Robert Krangle. Jeremy
Corbell è riuscito a scovarlo grazie ad un bot
( un software, nda ) programmato a setacciare
specifici contenuti all'interno della rete. In
questo caso il bot trovò una discussione su
Facebook in cui un utente affermava di esser
vicino di casa di una persona che aveva
lavorato con Bon Lazar. Le successive ricerche
portarono Corbell a contattare Krangle che
accettò di raccontare quanto sapeva e di non
volere l'anonimato.
Krangle, racconta da allora, di aver incontrato
Lazar in più di un'occasione. Sia nella zona
ristorazione che in occasione di un briefing di
sicurezza. Questa testimonianza depone a
sfavore di un'altra delle critiche che vengono
mosse a Bob Lazar, tra gli altri anche da
Stanton Friedmann. Il fatto che non esistano
tracce che confermino le affermazioni di Lazar
circa i suoi studi alla CalTEch a le MIT. Secondo
Krangle nessuno a Los Alamos dubitava del suo
pedigree e lui stesso, avendoci scambiato
qualche parola, non ha mai avuto dubbi che
fosse veramente quello che affermava di
essere.
Per altro Gene Huff, di cui abbiamo accennato
passata tramite la “raccomandazione” di Edward
Teller. Vale la pena di raccontare come questo
sia successo perché è davvero curioso. Lazar
tra un impiego e l'altro è sempre stato
appassionato di tecnologia ed in particolare di
propulsione a jet (per altro alimentata ad
idrogeno, n.d.a.) Era diventato piuttosto celebre
per aver montato un motore a reazione su una
Honda. Su due Honda a dire il vero, ma i
dettagli in questo caso sono superflui. Sta di
fatto che un giorno Lazar si recò ad una
conferenza di Teller e lo trovò, prima del suo
intervento, a leggere un articolo di giornale
proprio sulla sua Honda. Hanno così avuto
l'occasione di presentarsi e Teller gli consigliò di
mandare il suo curriculum alla EG&G High Tech
in Nevada, azienda operante presso svariate
installazioni militari. Inizialmente la sua
domanda di lavoro non venne accolta. Qualche
mese più tardi ricevette una proposta per
lavorare su un progetto riguardante una
propulsione a jet in un area remota (outer area,
n.d.a.).
Lazar si presentò all'edificio della EG&G al
McCallan Airport, da li scortato da un certo Jim
Mariani, venne trasportato
all'Area 51, a Groom Lake. Arrivato all'interno
in precedenza, racconta di come l'entrata di
Lazar presso strutture tanto selettive sia
della struttura dovette firmare un accordo di
segretezza ed uno che ne avrebbe sospeso i
diritti costituzionali.
Da qui, come si dice, il resto è storia.
Ora, tornando a Robert Krangle, testimone
fondamentale, diventa necessario confermare le
sue affermazioni circa la propria professione e
le sue dichiarazioni. Corbell sostiene che
Krangal abbia prodotto sufficiente
documentazione riguardo il suo curriculum.
Cosa che non ho potuto verificare ma mi è stato
però possibile individuare diversi articoli in cui lo
si cita quale fisico ed inventore, e detentore del
brevetto di un rilevatore laser utilizzato dalla
polizia. Ho inoltre personalmente scovato un
suo ex vicino di casa, che mi chiede invece di
rimanere anonimo, che conferma il suo impiego
con questioni tecnologiche di vario genere.
Questioni sulle quali non può essere più preciso
in quanto all'epoca era ancora un ragazzo e
perse di vista Krangle prima della maggiore età
e prima quindi dei fatti descritti.
In buona sostanza Krangle sembra essere la
persona che dice di essere e non vi è nessuna
ragione logica che lo porterebbe a fare simili
affermazioni se non fossero vere.
Professionalmente avrebbe tutto da perderci.
Quindi la presenza di Lazar all'interno delle
strutture di ricerca governative sembra trovare
conferma. Fatto non da poco. Anzi.
Rimangono tutti gli altri dubbi circa la non
verificabilità delle sue credenziali accademiche.
Potrebbe un qualche organizzazione, magari a
tre lettere, eliminare tutte le tracce che Lazar ha
lasciato da un certo punto in poi? Forse si. Se
non fosse così sarebbe difficile spiegare il suo
coinvolgimento al LANL. Gene Huff afferma
inoltre che ci siano altri due fisici, Jim Taliani e
Melissa Crey che sostengono tutt'ora di
conoscere Lazar e di essere stati suo colleghi a
Los Alamos.
Personalmente non ho trovato citazioni dirette
per cui non esprimo giudizi su questi due
testimoni.
Ho precedentemente affermato che la vicenda
di Lazar potrebbe esser complessa, diversa
dall'essere la semplice “rivelazione” di un
insider. Ho forti sospetti, e non sono il solo, sul
fatto che Lazar sia stato intenzionalmente scelto
e coinvolto proprio per il suo dubbio curriculum
e la sua dubbia reputazione per rivelare alcune
cose, di cui molte falsificazioni ed alcune verità.
George Knapp, secondo me giornalista onesto
e capace, dobbiamo a lui la “scoperta” dell'Area
51 e molte altre storie collegate al mondo
ufologico del Nevada, è stato diretto testimone
della veridicità delle affermazioni di Lazar.
Knapp organizzò persino alcuni test per
smontare la storia di Lazar. Riuscì a far
interrogare Lazar da altri lavoratori del LANL su
come fossero organizzate le cose, dove fossero
determinati luoghi e Lazar non si sbagliò mai.
Dopo averlo intervistato numerose volte non
riscontò mai alcuna crepa nei suoi racconti. Lo
convinse persino a sottoporsi ad una sessione
di ipnosi regressiva e a quattro test con il
poligrafo (macchina della verità, n.d.a.), tutti
superati. Il sospetto che Lazar sia stato
strumentalizzato viene anche da alcuni elementi
quanto meno strampalati che ricorrono nei suoi
racconti, come ad esempio quanto vide durante
uno dei briefing di sicurezza, all'inizio della sua
collaborazione. Lazar racconta di esser stato
sottoposto ad una serie di test allergici e poi
fatto entrare in una stanza da solo dove gli
avrebbero fatto consultare un dossier che
conteneva le foto di nove diversi dischi volanti,
informazioni sulla storia dell'umanità, su
argomenti filosofici, teologici e su chi fossero gli
alieni portatori della tecnologia che si studiava
nella struttura e del loro rapporto con le elite
governative. Ciliegina sulla torta, sul faccia
interiore della porta della stanza, c'era un poster
(!) che ritraeva uno dei dischi delle foto. Quindi o
è tutto frutto della sua scarsa vena immaginativa
ma non si spiegherebbero la testimonianza di
Krangle e gli avvistamenti nel deserto del
Nevada da lui previsti oppure tutto quello a cui
è stato sottoposto è parte di qualche gioco od
esperimento sulla divulgazione di determinati
argomenti.
Tesserino scovato da Knapp con il nome di Lazar
Nel periodo in cui lavorava nella base S-4 non
parlò mai ai suoi amici, ne a sua moglie di
questi argomenti. Si limitò a dire di avere una
clearence di sicurezza e di andare nell'Area 51.
Addirittura quando uscì un documentario sugli
Ufo e l'Area 51, secondo il racconto di Gene
Huff, affermò esplicitamente che non c'erano
Ufo in quella base. Cosa per altro confermata
anche successivamente in quanto erano nella
S-4. Quando poi raccontò tutto disse anche che
nessuno li chiamava Ufo, ma semplicemente
dischi. Di “non identificato” non c'era in effetti
niente.
In tutto questo quadro di anomalie non va
dimenticato che venne coinvolto anche John
Lear. Lear era un ex agente e pilota
collaudatore di velivoli sperimentali della CIA
che ad un certo punto aveva iniziato a rivelare
informazioni di quanto aveva appreso
sull'argomento Ufo. Anch'egli assistette a
numerose situazioni anomale in cui, ad
esempio, testimoni a favore della storia di Lazar
venivano minacciati da personale governativo.
Grant Cameron, illustre ricercatore ufologico,
gestore del portale Presidential Ufo, sostiene
che la figura di Lear sia centrale quale tramite di
dubbia reputazione tra alcuni segreti da far
trapelare e la comunità ufologica.
Personalmente trovo questa interpretazione
poco plausibile poiché il suo coinvolgimento è
stato piuttosto casuale e tardivo, tale da non
giustificare tutta la messa in scena proposta a
Lazar fin dall'inizio. E' sufficiente quanto detto
sin'ora per affermare che le affermazioni di
Lazar corrispondano al vero? Non in senso
assoluto, però penso ormai si possa dire con
buona certezza che Lazar sia stato “esposto” ad
informazioni sensibili, ufficialmente segrete ma
forse, ufficiosamente, costruite con uno scopo
che ancora non mi è chiaro. Non possiamo che
sperare che qualche altro testimone, sulla scia
di Robert Krangle, si faccia avanti e dipani
ancora un po' la matasse di questo intrigo.
‘UNITED WE STAND, divide we fall’
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