Bauval e le ennesime contraddizioni TCO al-Jizah è davvero costruita sulla Costante Aurea? La Società NILMAN penetra lo spirito delle Organizzazioni e trova il Mito come Archetipo pericoloso J.E. Mack affronta i rapimenti alieni da psichiatra Quale destino per le Civiltà nella Galassia? Bob Lazar era a Los Alamos e conosceva perfettamente A51 Note a Margine - La Rubrica del Direttore di Gianluca Rampini L’isola che non c’è - L’esperienza di Atlantide e le riflessioni eterodosse di Pier Giorgio Lepori aka Archeomisterica Gli errori di Orione Vol. 2 - Insostenibilità della TCO di R. Bauval di Fabio Marino Analisi misure e rapporti ad al-Jizah di Giuseppe Badalucco Progetto Parzival - La scoperta delle sindromi mitologiche di NILMAN Formazione Roma La scienza delle ‘Abduction’ Vol. 2 - Gli studi di John E. Mack di Enrico Travaini Dal paradosso di Fermi e di Olum al destino delle Civiltà nella Galassia di Federico Tommasi Bob Lazar diceva il vero - Un testimone lo colloca nei laboratori di Los Alamos di Gianluca Rampini www.associazioneaspis.net NOTE A MARGINE La Rubrica del Direttore Gianluca Rampini Scrive la Redazione al posto del Direttore Gianluca, sostituendolo per un inconveniente occorsogli e per il quale gli auguriamo tutti un pronto e deciso ritorno in scena oltre agli Auguri di Luminoso Natale. L’articolo, in rispetto del Direttore, sarà una sinossi ragionata del n. 27 in questione che vi accingete a leggere. La prima cosa da dire è che ASPIS sta sempre di più prendendo le distanze dagli 'archeobaristi' (citaz.) e si impegna come promesso a ratificare le fondamenta salde dell'Eterodossia, quella vera, fatta di analisi e spesso smentite tese a proteggere il lavoro durissimo che gli eterodossi stanno portando avanti finalizzandolo a creare una neo-disciplina affatto scientifica, dove le ipotesi e le tesi espresse non sono 'anti-ortodosse' per partito preso, bensì sono complementari dove l'Ortodossia deficita di coraggio e basilari dove l'Ortodossia sbaglia vistosamente. Per questo Archeomisterica e Fabio Marino stanno 'martellando' le tesi 'atlantologiche' o 'piramidologiche' in cui l'intuizione, ottima, non è corroborata da un impianto di pensiero solido ma solo apparentemente sistemico basato su somiglianze e illusioni anziché su analogie e riflessioni oggettive. Gli indizi probatori sulla Costante Aurea utilizzata dagli Egizi per realizzare il Trittico di alJizah non sono figli di affermazioni perentorie e presupponenti ma vengono rafforzati da un matematico come Giuseppe Badalucco che ne indaga l'intima essenza numerica strutturale, data da un'analisi compiuta e non da 'canalizzazioni' new-age. L'Ortodossia non si sofferma su questi aspetti, parla di 'rampe': l'Eterodossia considera fondamentale la scoperta dell'equazione rappresentante la Perfezione, utilizzata da Fidia o Scòpas, inscritta nell'architettonica della IV Dinastia e lo fa con un piglio scientifico e non emotivo o peggio fanatico. Fabio Marino è alla seconda puntata del suo viaggio anti-TCO forte di competenze in ambito egittologico ed astronomico, per non contare il fatto che - essendo medico psichiatra praticante - ha la possibilità di indagare comportamenti tipici di chi difende la propria tesi per ragioni squisitamente personalistiche o di sdegnoso fine economico. Enrico Travaini affronta un tema caro a milioni di persone ma da un punto di vista accreditato, sviluppando riflessioni sulla UFO connection e sulle abductions attraverso gli studi e l'esperienza di un medico psichiatra e saggista come Edward John Mack e non, ad esempio, di un chimico che si trasforma in un antropologo, uno psicanalista o peggio uno pseudo-spiritualista. Federico Tommasi, Laureato e Collaboratore in Fisica ed Astronomia presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia in quel di Sesto Fiorentino - attività di ricerca basata su Ottica e Elettronica Quantistica, controllo della velocità di propagazione di segnali ottici e random laser - ha scelto Tracce d'Eternità per dialogare con i nostri Lettori e Lettrici su argomenti di frontiera ma ben corroborati da discipline positive. Nilman Formazione Srl di Roma, un'azienda formata da Donne con curricula invidiabili ed oltre 15 anni di esperienza nel settore, coopera insieme ad Archeomisterica al fine di realizzare un modulo d'indagine antropologica, basato sull'emergere di sindromi mitologiche all'interno delle Organizzazioni che spesso sono la causa del crollo delle Organizzazioni stesse con tutto ciò che ne consegue. Nilman ha deciso di presentare il Progetto Parzival in anteprima assoluta su Tracce d'Eternità rendendo le Aspidi orgogliosissime della propria Creatura, oggi, ereditata dal genio di Simone Barcelli. Un Numero davvero tosto e mancano all'appello Domenico Rosaci, Michele Perrotta entrambi scrittori e Domenico in particolare scienziato informatico, Maurizio Pincherle medico psichiatra e figlio del Grande Mario, Biagio Russo ricercatore e scrittore nonché Membro Permanente e Capo Fondatore ASPIS. Il Direttor Gianluca Rampini, scrittore saggista e romanziere (Membro Permanente e Fondatore ASPIS). Roberto Bommarito, Membro Permanente ASPIS e molti altri. Tracce d'Eternità cresce ed evolve per dare a Tutti e Tutte Voi il massimo che la neo-disciplina Eterodossia possa regalarvi, per aprire orizzonti cognitivi sempre più ricchi di consapevolezza. Redazione TdE L’ISOLA CHE NON C’E’ Riflessioni sull’Atlantide e considerazioni Eterodosse di Pier Giorgio Lepori aka Archeomisterica E' un'immensa responsabilità essere tra i Capi Fondatori e Membro Permanente di AS.P.I.S., acrostico il cui significato è ‘Associazione per il Progresso Interdisciplinare delle Scienze’. L’Aspide è uno Scudo, serve a difendersi ma anche uno tra i serpenti più pericolosi e mortali da cui difendersi. È quasi una ripresa della contraddizione etimologica in Eraclìto che fa del termine Bìos (βίος) sia un termine costruttivo (Vita) che distruttivo (secondo significato ‘arco’, strumento che toglie la vita). In realtà è il principio di una visione olistica ovvero a 360 gradi dell’intera esistenza, dove ogni presunto punto d’approdo finale diviene in realtà ripartenza verso nuovi orizzonti cognitivi. Tutto questo l’abbiamo chiamato Eterodossia, il significato etimologico è ‘visione altra’, un punto di vista diverso rispetto all’omologazione concettuale su qualsivoglia argomento. Un tempo coloro che si occupavano di misteri storici, scientifici ed antropologici fruivano in forma aggettivale del termine: ‘eterodosso’ rappresentava una livrea di tutto ciò si trovasse oltre il confine della percezione ortodossa e quindi sinonimo di ‘strano’, ‘eclettico’, ‘misterioso’, ‘irrisolvibile’, ‘fantastico’ o ‘fantasioso’ nell’accezione tutt’altro che lusinghiera dell’etimo. Oggi è l’Eterodossia, disciplina in nuce, che si occupa degli enigmi e tenta di risolverli attraverso una metodologia assai simile a quella positiva ma partendo da un vantaggio di altissimo valore: la libertà di poter vedere le cose anche senza il filtro della scienza positiva la quale, spesso, antepone le proprie regole ai fatti osservabili, giungendo a negare la realtà. Per questo ed altri motivi legati alla recherche ho deciso di raccontare una storia, la mia, in relazione ad uno dei miti più grandi che la Storia dell’Umanità abbia mai vissuto: Atlantide. Affianco al continente perduto, giocoforza, vi è la presenza poderosa di un altro mito peraltro egualmente presente trasversalmente in quasi tutte le realtà umane sia in termini di racconto, di significato morale che spazio-temporali: il Diluvio. Nella storia che racconterò questi due aspetti convergeranno divenendo momenti conseguenti l’uno all’altro in un quadro univoco e dandoci la spiegazione di ciò che è accaduto o – più propriamente – di ciò che ci ha investiti come membri dello stesso genere. Ma, forse è l’aspetto più interessante, scopriremo altro, scenderemo nei meandri della nostra psiche, per quanto possibile, osservando il nemico numero uno della ricerca dove, per ricerca, non si intende solo l’attività di sviluppo cognitivo in una disciplina o in un'altra bensì il cammino dell’umanità, il mio, il nostro cammino dove ricerca diviene ‘Recherche’ alla Proust, un vero e proprio modus vivendi con la sua etica e le sue norme morali. Noi però abbiamo strappato via il lato malinconico del cosiddetto ‘tempo perduto’ perché non è una riflessione sulla caducità della mia vita o della nostra o peggio di quel che avremmo potuto fare, dire e non abbiamo né detto né fatto: è aver compreso, come una svolta, il cambio di punto di vista. Si tratta di una storia di resurrezione, dove con ogni probabilità i fardelli sclerotici dell’ipse dixit sia in campo ortodosso sia eterodosso, crollano e svelano aldilà del loro impenetrabile muro orizzonti infiniti, dove scopriamo di essere stati in passato e di essere in futuro protagonisti, comprendendo il giusto momento storico senza arrogarsi traguardo alcuno. Il nemico primo di certa riflessione è il rifugiarsi in un concetto ischemico senza dubbio alcuno che altro non è se non paura travestita da finta sicurezza, incapace di farci abbandonare lidi apparentemente sereni, eppure già da tempo deserti, senza possibilità di recupero. È accaduto tanto tempo fa, credo di essermene persino dimenticato dell’istante in cui iniziò a farsi strada dentro di me il mito di Atlantide. Sicuramente lo conoscevo da prima del liceo, il ginnasio, quindi anteriormente ai 16 anni cioè al primo liceo classico che corrisponde al terzo anno per gli altri istituti. Una premessa è doverosa: non si diventa Eterodossi, si nasce così. Gli Eterodossi sono una stirpe, molto numerosa, alla quale per natura vengono formulate delle domande. Non tutti gli uomini e le donne hanno questo dono o questa croce, dipende dai punti di vista. Ho avuto modo di parlare con parecchie persone che abitano su questo lato della sponda e tutti, tutte, sono concordi nel ricordare una serie di malesseri, fastidi, nevrosi che attaccano la bocca dello stomaco, rendono il terreno dove poggi i piedi instabile, non permettono di vivere serenamente, spensieratamente all’oscuro dell’oscura malattia spirituale che ci affligge. Fu così che oltre trent’anni or sono, dal momento in cui scrivo, iniziai un lungo percorso riflessivo, che tutt’oggi permane – anzi – è ancora più profondo e doloroso, partendo dall’antico e perduto Continente Insulare di Atlantide, ciò che per ognuno di noi – volenti o nolenti – è uno start o una tappa, obbligatori entrambi, per iniziare a comprendere il perché di tutto ciò che circonda la nostra esistenza e l’esistenza stessa. L’Atlantide è anzitutto il territorio dove scienza positiva ed Eterodossia, almeno così sembrava, si scontrano ferocemente negandosi a vicenda, sostenendo con veemenza le due visioni evolutive ovvero la Lineare per l’Ortodossia, il progresso ad libitum, la Circolarità per l’Eterodossia, l’eterno ritorno delle cose. Da una parte abbiamo l’evoluzionismo selettivo e dall’altra l’evoluzionismo catastrofista. Il Continente Atlantideo giustifica e rivendica una storia umana più dignitosa ed alta rispetto alle convenzioni ortodosse che stabiliscono l’inizio della Storia in concomitanza con l’invenzione o la scoperta della scrittura intesa come corpus compiuto in termini di sintassi, regole grammaticali, fonemi e quant’altro, pertanto un vero sistema, a partire dal 3000 a.C. ca. Nella pratica, secondo la visione ortodossa dell’archeologia, della paleontologia e dell’antropologia, l’intera vicenda planetaria antecedente questa data è sostanzialmente immersa in quella complessa suddivisione periodica chiamata Preistoria. Da cosa nasce questa visione? Da una convenzione, tutto qui. Gli scritti più antichi mai ritrovati non sono superiori al periodo indicato come cesura tra preistoria e storia, tutto qui. Non solo: la convenzione non riguarda neanche solamente l’apparire della scrittura ma il considerarla come atto evolutivo principale, persino più importante della parola. Nei periodi arcaici, infatti, vigeva la tradizione orale. Il punto di vista eterodosso è molto lineare: se esisteva una tradizione orale, esisteva - giocoforza - un sistema complesso di espressioni, fonemi, persino linguaggi non verbali, posturali. E questo senza ombra di dubbio oppure dovremmo immaginare l’uomo di 4000 anni prima di Cristo esprimersi con suoni dislessici, indefinibili, senza gestualità né espressioni facciali o posturali. Sappiamo al contrario che i Neanderthal si truccavano e si abbellivano con pigmenti e piume colorate, conchiglie, pietre rare probabilmente designavano persino lignaggi nelle società di allora (vedi Tracce d'Eternità n. 24 pag. 26 “L’Origine mai Dimenticata” a cura di Pier Giorgio Lepori) Quando Platone, nel IV secolo, introdusse all’interno dei suoi Dialoghi, in particolare il Timeo e il Crizia, la storia di Atlantide, iniziò una turbolenza a tutt’oggi ancora attiva che vede da un lato i sostenitori del Continente e dall’altro i detrattori ad oltranza. Non è un racconto dell’altro ieri: la società occidentale fa i conti con questo fantasma da quasi 2400 anni. Te m p o f a , s u l l a m i a p a g i n a s o c i a l - n e t ‘Archeomisterica’, scrissi proprio in merito a questo ovvero la difficoltà di ragionare liberamente con due millenni e mezzo di condizionamento culturale. Se pensiamo che la Chiesa Cattolica ne ha duemila, facciamo presto a comprendere l’importanza di un continuo e argomentato punzone mediatico in tal senso. Io ero tra le schiere dei sostenitori e non me ne vergogno affatto. Lo sono ancora ma nella maniera che vi illustrerò durante il racconto. Non mi sono risparmiato in quanto a letture e in particolare letture di testi su argomentazioni a favore del Continente tra le più disparate perché, comunque, l’interdisciplinarietà per indagare un fenomeno è conditio sine qua non, impossibile sostenere una tesi se questa non è supportata da diverse discipline coordinate tra loro. L’aspetto interdisciplinare è stato un grande vantaggio perché mi permise, ancora mi permette, di vedere la cosa sotto diversi punti di vista e siccome all’aumentare delle prospettive è direttamente proporzionale l’aumento delle contraddizioni, ciò mi è stato utile per non cadere nel fideismo o – peggio – nell’assolutismo, nel fanatismo dovuto all’antologica ‘sola campana’. Di libri sull’argomento ne ho letti tanti, da La Fine di Atlantide di Rand e Rose Flem-Ath che in fondo sostiene la teoria della Dislocazione della Crosta Terrestre ipotizzata da Charles Hapgood, L’Enigma di Atlantide di Brennan, fino ad Atlantide di Roberto Pinotti che è una disamina oceanografica che fa riferimento soprattutto ai sopralluoghi e agli studi compiuti dagli ex sovietici in Atlantico a partire dagli Anni ’60, passando attraverso L’Atlantide di Demetrio Merežkovskij, Storia dell’Atlantide di Scott – Elliot, Cronaca dell’Akasha di Rudolf Steiner, quindi anche analisi, disamine che non prevedessero esclusivamente un processo al continente perduto in termini scientifici, biologici, antropologici, archeologici, geografici ma anche esoterici. Occultismo ed esoterismo hanno molto a che fare con il continente di Atlantide o quello di Lemuria. Essi lo considerano, metaforicamente, l’Eden pagano di contro a quello cristiano che deve ancora venire mentre quello pagano è oramai distrutto (Merežkovskij, L’Atlantide – ediz. I Dioscuri): l’Eden degli Antichi, l’ex paradiso terrestre è andato perso per sempre, dunque la Speranza cristiana si traduce in una disperazione per gli Antichi. Qual è però il problema centrale? Semplicemente io mi rifiutavo di leggere qualsivoglia testo che non sposasse in pieno le affermazioni, oserei definire ‘sacre’, di Platone e tantomeno un libro ortodosso, negazionista, detrattore. Se rivedo l’intera mia biblioteca sull’argomento, la stragrande maggioranza dei testi si basa su Graham Hancock, Robert Bauval, Colin Wilson, Charles Berlitz (Atlantide – Ottavo Continente) peraltro un libro assai famoso edito da Edizioni Mediterranee oppure le antologie di Edgard Cayce. Cosa era successo in sostanza? Il fatto che esista, assolutamente, un’interdisciplinarietà ma monocratica, che principia da un solo punto di vista, deficitaria di capacità critica. Per motivi professionali legati al Progetto ‘Parzival’(Nilman Formazione, vedi articolo Tracce d’Eternità su questo numero ‘Progetto Parzival’), sto leggendo un libro di Roland Barthes semiologo francese che scrisse nel 1957, traduzione Einaudi Collana Struzzi nel 1974, Miti d’Oggi. In questo testo il semiologo Barthes tenta di dare una spiegazione dei meccanismi che conducono oggigiorno alla creazione dei miti. Non si parla della definizione mitologica classica (legata ai racconti degli Antichi), bensì di Marylin Monroe, del giocatore di baseball, di un piatto o di un tipo di cucina. Essendo un semiologo filosofo, fa un uso industriale di teoretica e grazie a questa visione inscrive il Mito in una sorta di ‘parola’, linguaggio molto particolare. È infatti un linguaggio a posteriori, l’umanità ‘parla il Mito’ non viceversa poiché esso non può provenire dalla natura delle cose, in sostanza una riflessione decisamente antitetica a quella degli Autori del Mulino di Amleto, considerazione oramai ‘ortodossa’ del Mito scritta 12 anni dopo nel 1969. Oggi, per parlare di Mito in forma classica, è necessario far riferimento a De Santillana e Von Dechend oppure riferirsi alle analisi antropologiche del trickster e non del ‘mito lineare’; trickster ovvero l’esplosione improvvisa di una personalità, di una leadership che ha per così dire sconvolto il corso degli Eventi. Barthes conclude il suo iter con un ragionamento molto interessante che – in fondo – anticipa alcune conclusioni riprendendo il vecchio adagio semiologico del fonema diviso tra ‘significato’ e ‘significante’ che sono due modalità di relazione con l’esterno o con l’interlocutore profondamente diverse. L’uno esprime concetti oggettivi legati all’intima natura dell’etimo ed espressi dall’etimo stesso: ‘albero’ identifica una pianta ad alto fusto, circondata da fronde a chioma, mediamente robusta e suddivisa in varie classi botaniche etc.; l’altro rientra in quella sfera non più oggettiva del termine ma soggettiva dove – ad esempio sempre con l’albero – per l’interlocutore o per me stesso in un secondo momento può rappresentare il simbolo della vita. Infatti Barthes pone il mito come interposizione tra significato e significante avvalorato da una terza condizione tipica della semiologia: il simbolo, la simbologia, caratteristica peculiare al Mito. Se infatti l’albero assume contorni di retro immagine mentale, rappresentazione di un quid che travalica il mero significato, quel ‘significante’ è tale perché quel fonema diviene simbolo e riporta ai miti, ad esempio, della Creazione. Barthes fa una riflessione tipica del materialismo di Marx ed Engels, che non si risparmia nel citare assai volte, confluendo verso strutture in sé del linguaggio mentre i giganti de Il Mulino dimostreranno come, al contrario, il Mito racchiuda in se stesso la natura delle cose e da essa proviene, in particolare dall’astrazione mentale che gli Antichi hanno operato durante l’osservazione celeste. La digressione di Barthes è comunque estremamente interessante perché in tal senso pone una netta cesura tra l’esistenza o la negazione totale del Mito e, nel nostro caso, quello atlantideo perché se da una parte vi è un significato allora il riscontro oggettivo deve essere contenuto anche nella storia, nella realtà: egli stesso ammette, infatti, che il linguaggio è a posteriori rispetto alla Storia e se evitasse l’umanità di prodigarsi nel moralismo, ossia nel significato didattico della Storia, sarebbe molto più Storia e verità. Quindi l’etimologia, il fonema, le parole, il linguaggio sono affatto legati a realtà storiche. Se però non sono dimostrabili, automaticamente le negano. Nel ‘significante’ al contrario la possibilità di Atlantide non solo di esistere ma addirittura di imprimere un verso o dare un senso al modus vivendi, al modus operandi dell’intera umanità è una verità assoluta. Questa contraddizione che può apparire solamente in termini dialettici è in realtà fondante: se da un lato viene negata la realtà ad esempio del continente di Atlantide, dall’altra ne è esaltato il suo senso, la sua moralità. Per Barthes il simbolo ha sempre una valenza ‘significante’. Nella quotidianità questo potrebbe non essere del tutto vero, il simbolo può rappresentare una realtà storica o misterica e non per forza didattica. Barthes è fortemente legato al detto greco Ὁ µῦθος δηλοῖ ὅτι... (‘il mito dimostra che…’ solitamente posto alla fine delle favole di Esopo). Questa concezione del semiologo potrebbe dipendere anche dal periodo storico in cui egli scrive (a dodici anni dalla fine della II Guerra Mondiale), in Francia, paese martoriato da simbologie rese esasperatamente irrazionali, tragiche e soprattutto svilite profondamente nel loro significato originario ossia lo swastika carpito dai nazisti. Simbologia che, comunque, ha prodotto in quell’accezione decine di milioni di morti dovuti a cause ideologiche, addirittura stravolgendo il significato spirituale della croce ansata. Quindi, in quel momento storico, il suo significante è stato devastante e, a tutt’oggi, è molto arduo ripulirne le retro immagini mentali che produce quel segno in miliardi di individui sul pianeta. Che cosa ne ho tratto da questa riflessione? Che in fondo Barthes aveva ragione in estrema sintesi: io ero nella schiera di coloro che sostengono l’esistenza reale del continente atlantideo poiché per me rappresentava, in quella veste, un profondo ‘significante’, è ciò che Jung chiamava ‘coincidenza significativa’ a proposito dei misteriosi sincronismi di cui spesso facciamo anche esperienza. Quel legame tra Archeomisterica e Atlantide era assai significativo soggettivamente. Dopodiché la riflessione sull’argomento ha fatto lievitare in me il senso eterodosso della realtà, aprendo l’opportunità di chiudere la partita con la visione monocratica di Atlantide e di affacciarmi sull’evoluzione di un’umanità perduta, ma variegata - che da sempre sostengo - antecedente ai periodi storici convenzionalmente legati a scoperte archeologiche da parte dell’Ortodossia e che non preclude la possibilità di diverse esistenze, popoli, tecnologie e quant’altro, particolarmente sviluppati, calati affatto nel proprio contesto, in tempi remoti e lontanissimi da possibilità mnemoniche non necessariamente identificati nella rappresentazione metaforica per eccellenza – presunta reale - ossia Atlantide. Alla metafora atlantìde resa veritas da milioni di riflessioni, è legato indissolubilmente il Principio Antropico che abbiamo già visto nelle argomentazioni inerenti la Connection Extraterrestre (rif. TdA n. etc.). A che cosa serve il Principio Antropico? Questi non è una spiegazione dell’universo, semmai serve a dare una spiegazione all’universo. Cosa fa sostanzialmente questo principio? Rimuove un problema, non lo risolve; semplicemente afferma con un sic et simpliciter: " l’universo è qui, è lì, è intorno a noi ed è stato generato affinché l’uomo possa contemplarlo ". Quindi l’uomo non è funzionale all’universo bensì il contrario. A mio modestissimo parere questa è una visione folle per il semplice fatto che l’uomo è contenuto all’interno dell’universo, non lo contiene. Già questo spiega molti atteggiamenti filo-atlantidei. Questo Principio è sostanzialmente un atto di fede, una moderna metafisica o un moderno fideismo, religio rationis, la religione della razionalità ed è assolutamente soggettivo. Facciamo un esempio in merito ai contesti e ai comportamenti filo-atlantidei legati al meccanismo del Principio. Parliamo di Charles Berlitz che scrisse tra tutti anche Atlantide – Ottavo Continente. Berlitz è uno di quelli che porta l’esempio della migrazione di alcuni uccelli i quali ad un certo punto, al centro dell’Atlantico, iniziano a girare in cerchio giorni e giorni finché moltissimi di loro non cadono esausti in mare, morendo e dopo questa sorta di danza gli altri ricominciano il loro viaggio verso l’America meridionale o l’Europa se al ritorno. Secondo l’Autore questa è la prova che lì in mezzo vi fosse il Continente di Atlantide (citaz. testo e pag). Fermo restando che il comportamento degli uccelli migratori è assolutamente particolare e molto strano, comunque: - Charles Berlitz avrebbe dovuto sostenere almeno la cronologia di questo fenomeno - Da quanto tempo esiste questo comportamento? - Da quanto tempo esiste quella specie animale? - Ha un’età superiore ai 10.000 anni? - È una specie quindi che ha saputo darsi una ‘memoria genetica’? Oppure in epoche più recenti e meno conosciute l’Atlantico era più basso e vi si trovava una lingua di terra emersa, un ponte naturale e non necessariamente Atlantide? Un’isola scomparsa, una delle tante che la dorsale atlantica nel suo ultra milionario corso storico creò e distrusse e le prove vi sono (el Hierro e Pinotti) A Charles Berlitz tutto questo non importa: secondo lui quel fenomeno è un caso soggettivamente significativo, risponde al Principio Antropico o, ancor meglio, alle 'coincidenze significative' di Jung, cioè quei fenomeni i quali, dati due soggetti, ‘emozionano’ più l'uno che l’altro. Siccome io sono ‘qui’ per contemplare quel fenomeno, è chiaro che quest’ultimo è lì perché la storia dell’Atlantide debba essere svelata una volta per tutte e quindi quella è una delle prove inconfutabili che attestano questo fatto. Ma non è così scontato. Non è una prova oggettiva ma come abbiamo sempre affermato in Eterodossia un indizio probatorio. Come agisce il ‘Principio Antropico’? Permette di partire da uno start che è il contrario netto della Ricerca ovvero l’incipit è dato da ‘un atto di fede’ e solo successivamente inizia l’esplorazione dei contesti alla caccia di indizi che attestino quell’atto fideistico. Tommaso d'Aquino, ad esempio, non usa le Cinque Dimostrazioni per affermare l'esistenza di Dio: l'esistenza di Dio è persino dimostrabile attraverso le Cinque Dimostrazioni del teologo medievale. E’ assurdo, oso dire contraddittorio. La ricerca scientifica, anche eterodossa ossia tesa in direzioni diverse rispetto all’Ortodossia, inizia da fenomeni osservabili per giungere non ad uno status quo di fede bensì al chiarimento di un enigma. Se questo chiarimento non collima, combacia interamente con ciò che noi pensiamo essere la summa delle spiegazioni di un quid che aleggia nella nostra mente, nei pensieri, non ha importanza. La visione del fenomeno, di ciò che stiamo sperimentando e studiando necesse est che sia terza e distaccata. L’universo non è nato affinché noi lo si possa contemplare, l’universo c’è, è addirittura più antico di noi. L’uomo, per qualche oscura ragione, è giunto in vita all’interno di questo sconfinato mondo. Ecco ciò che dobbiamo svelare, questo è l’arcano da spiegare non dobbiamo accontentarci di un transfert cioè della negazione della ricerca poiché siamo di fatto giunti all’ultimo confine oltre il quale, apparentemente, non riusciamo ad inoltrarci. In questa maniera il comportamento degli uccelli citati da Berlitz diviene un potente indizio in grado di chiarire, nel tempo, un enigma cioè se in un’epoca remota nell’Atlantico, o meglio in quell’area oggi chiamata Atlantico, ci fosse mai stata una lingua di terra, una serie di isole o addirittura l’Atlantide ma soprattutto se quell’indizio può divenire prova grazie alla corretta collocazione cronologica dell’animale, se invece è un’evoluzione con possibilità di trasmissione genetica della memoria comportamentale (avviene nei ratti, probabilmente è da ricercarsi anche in altri generi e specie). Certamente bisognerà interpellare chi di dovere onde accertarsi di tale possibilità. Solo così potremo finalmente affermare che questi uccelli girano intorno ad un qualcosa percepito inconsciamente - o a memoria - come attracco, tramutando l’indizio in prova certa di una terra presente in quel punto dell’Atlantico in un periodo superiore ai 9.000/10.000 anni a.C. E comunque non ci dirà mai ‘è Atlantide!’, non può farlo per definizione. Quella prova, oggi indizio, è di tipo ‘collaterale’ non è schiacciante. Se è - però - corretto affermare che ‘assenza di una prova non vuole dire prova di un’assenza’ è pur vero che ‘presenza di un indizio non significa ratifica di una prova’. Noi come Eterodossia abbiamo da sempre sostenuto che il problema assai serio nelle ipotesi a noi vicine - che spesso non tengono - sia il disporre di indizi probatori che configurano un puzzle storico diverso da quello ortodosso in merito ad una serie di fenomeni, iscrizioni, manufatti e altro apparentemente slegati tra loro e sempre apparentemente di minore importanza nell’economia di studi complessi suffragati da prove e ritrovamenti decisamente più cospicui in campo ortodosso. Ciò è vero in parte: l'Ortodossia è riuscita a ricostruire, ad esempio, interi periodi preistorici in ambito paleontologico e antropologico partendo da un (uno!) frammento osseo di mandibola, unico ritrovamento su un intero pianeta il quale, francamente, è difficile che possa risultare – o essere spacciato - come campione rappresentativo statisticamente credibile. È come se, proponendo la mia stessa esperienza, trovassero tra 10 o 20.000 anni lo scheletro del mio braccio sinistro corredato di inserti al titanio per via del guaio stradale che mi ha invalidato e la Scienza futura affermasse che l’umanità compresa tra il 2000 ed il 2100 d.C. girava con osteosintesi metalliche, preferibilmente apposte nell’arto superiore sinistro. È evidente che sia folle. Cosa possiamo dire dunque delle prove, degli indizi probatori o, peggio, dell’assenza di prove? Sia come Archeomisterica, sia come Capo Fondatore e Membro permanente di ASPIS, posso esprimermi a nome dell’Associazione dicendo che ‘fare i pesci in barile’ a noi non è mai piaciuto, abbiamo sempre preso una posizione ed oggi più che mai è lecito chiarirla in merito all'argomento. Posso assicurare che, comunque, queste riflessioni sono da sempre discusse in sede ASPIS prima di ogni pubblicazione ufficiale. Noi non crediamo più al continente atlantideo in quanto tale bensì esso, a fronte e dopo anni di studio, è considerato una metafora soggettiva appartenente alla psicologia e alla vicenda esperienziale umana del filosofo Platone, il quale da sempre manifestava un’idea dello Stato Perfetto governato da pensatori e protetto dai Guardiani dove le persone avevano l’opportunità di esprimersi massimamente all’interno di questa macchina perfetta, lineare, una Città del Sole di campanelliana memoria. Nella realtà sappiamo che questo è impossibile, perlomeno ai dati odierni, poiché è la stessa realtà ad essere imperfetta (è proprio Platone a generare il Mondo delle Idee al fine di dare dignità al mondo dei fenomeni o transeunte) e il vero rischio è quello di cadere in considerazioni utopistiche tra le quali la stessa Atlantide così come intende una tradizionale visione. Noi non escludiamo una serie di civiltà ciclicamente succedutesi o che abbiano convissuto in tempi remoti e contesti perfettamente aderenti alle peculiari esigenze del momento e, in linea di massima, capaci di competere proporzionalmente con la nostra realtà odierna. Né più né meno come oggi: diverse organizzazioni sociali presenti sul pianeta e strutturate in maniera diversificata sia in termini tecnologici che di pensiero: nessuno può negare che odie i Boscimani o gli Aborigeni occupino lo stesso spazio-tempo di Europei o Statunitensi. In passato le specie Neanderthal, Sapiens e Erectus si sono intercettate per alcune migliaia di anni. L'incredulità che questa espressione produce è legata ad un 'bit grafico', colpevolmente didattico, visualizzato su ogni libro di preistoria o paleontologia. Questo: E' una visione errata, profondamente convenzionale e tantomeno darwiniana! Questa figura indica un trasformismo lamarckiano completamente antitetico a Darwin, citatissimo dai detrattori, i quali mescolano in un cocktail devastante la selezione naturale di una specie più equipaggiata di altre (Darwin) con la trasformazione anatomica della specie finalizzata a sopravvivere (Lamarck). Antologico l'esempio delle giraffe: Darwin sosteneva che vi fossero già le giraffe dal collo lungo assieme a quelle dal collo corto e quest'ultime soccomberono poiché non in grado - in talune condizioni e variabili ambientali - di potersi cibare a causa della mancanza di foglie alla loro altezza, lasciando spazio all'organismo più equipaggiato rappresentato dalle giraffe a collo lungo capaci di esplorare superfici ben più vaste degli arbusti intesi come cibo. Quindi gli ortodossi 'da bar' esaltano il darwinismo utilizzando a tal fine un'ipotesi di Lamarck smentita peraltro dalla stessa Ortodossia. Ho dovuto farlo, non me ne pento ma il mio fegato ne ha risentito. Ho acquistato La Sindrome di Atlantide di Paul Jordan, un testo acre e dissacratorio, da vero skeptic, eppure poco contestabile. I 'piramidologi' e gli 'atlantologi' vengono passati a fil di spada su terreni che - ahimè - sono affatto lontani (culturalmente) da codesti ciarlatani, spesso infarciti di suggestioni e completamente scevri da qualsivoglia analisi storica. Per l'ennesima volta il Principio e le 'coincidenze significative' junghiane la fanno da padroni. Questa intuizione era nata anche in me ma volevo essere sicuro di non sbagliare per via della crisi antisindromica. Racconto un esempio eclatante. Le testimonianze di Garcilaso de la Vega, riportate da Graham Hancock in Impronte degli Dei (un cultbook nel nostro ambiente...), fecero sognare me e moltissime altre persone quando, miracolosamente, una prova inconfutabile venne alla luce ed era addirittura una prova fonemica derivata dal racconto che gli Aztechi proponevano come loro storia ufficiale, l'origine del popolo stesso. Rispetto alla storia ufficiale - che senza dubbio si arroga il diritto di concedere agli Aztechi solo 600 anni di storia ante Christum nati, essi stessi svelano un racconto devastante per la sindrome: parlano di un'isola originaria posta nel mare, ad est, chiamata Aztlàn distrutta da un diluvio e sprofondata repentinamente. I sopravvissuti riuscirono a giungere in salvo sulle coste americane e ricominciare tutto daccapo portando nel cuore la memoria di un super passato divenuto leggenda. Chiunque di noi non esiterebbe un secondo a celebrare la rivelazione terza rispetto a Platone della meravigliosa Atlantide: basta semplicemente collegare Atlas-Aztlan o Atlantis-Aztlan per mettere a tacere ogni geografo 'venduto'ad Alfred Wegener o peggio agli oceanografi negazionisti infarciti di complotti anti-verità basati sulla meccanica della Dorsale! Dopodiché Jordan, e contemporaneamente io (Sic!), solleva un'obiezione sulla stessa prova fonemica anzi morfemica e si chiede, ci chiede, di trovare un punto solo - anche di sfuggita - costante e ripetibile anche in altri casi linguistici tra Messico e sud America in cui il greco antico Ἀτλαντὶς (genitivo di Ἀτλας) avesse qualcosa in comune, accertato, con l'antico nahuatl di cui al racconto azteco. Ciò non significa che i nauhatlaca abbiano raccontato una fesseria a Garcilaso ma la ricezione del messaggio è stata condizionata totalmente dal Principio. Non solo. La 'coincidenza significativa' è valida esclusivamente per le genti europee che conoscono la storia di Atlantide ma sicuramente non può risultare oggettiva e comune attraverso una simiglianza fonemica senza una struttura morfemica accertata come comune tra le due culture. Un conto sono le radici verbali o sostantivali spesso riscontrate tra greco e latino, anglico e sassone, greco e hindi, sanscrito e via discorrendo; un conto è affermare che 'pero' e 'però' dicano la stessa cosa poiché somiglianti: l'uno è un albero da frutto, l'altro è una congiunzione avversativa. In Eterodossia io e noi di ASPIS spesso veniamo additati come 'cicappisti', veri e propri 'Men in the middle' (citaz. da un articolo sul Sito Ufficiale ASPIS ad opera di Fabio Marino). La realtà è che l'Eterodossia pura pone dubbi in continuazione a se stessa proprio con lo scopo di evitare sclerotiche abitudini mentali comode all'una come all'altra sponda. Noi crediamo che l'intuizione, espressa nel testo Atlantide Mistero Svelato di Mario Pincherle e Finetti (ediz. Filelfo), rappresenti la via maestra su cui incamminarci per trovare Atlantide la quale non esiste in sé ma nell'uomo, abita nelle profondità dello spirito ed ogni volta che archi ultramillenari di tempo ci dividono tra il presente e un passato oscuro, ecco quest'ultimo prendere forme univoche e monocratiche perché il pensiero, la memoria sopravvivono all'oblio solo concentrandosi su di un punto convergente, prospettico, immerso nei tempi più remoti o ancora nascosto alla percezione nei tempi che verranno. Anche per questo il Principio Antropico ipotizza uno 'Jod' principiale chiamato 'Big Bang' ed un Omega escatologica definita 'Big Crunch': altro non sono se non due punti prospettici impossibili da raggiungere fisicamente data l'insufficienza vitale del soggetto osservatore calato nello spazio-tempo nei confronti del futuro, nonché dell'impossibilità dovuta - ad oggi - ai serramenti impenetrabili del passato. Quando tra diecimila anni qualcuno riporterà alla memoria l'Impero Romano e la sua gloriosa e ricchissima vicenda, esso si trasformerà nell'Atlantide come percezione nel 12.016 d.C. e l'umanità di quei tempi immaginerà un mondo popolato esclusivamente da una superpotenza monolitica, talmente piena di sé, che fu distrutta da un cataclisma morale. 'Vi sono stati molti diluvi', afferma il sacerdote egizio Sonchi di Sais durante il colloquio con il grande Solone nel Timeo: L'Atlantide e la sua fine dovuta al Diluvio trova due spiegazioni. Primo: è una metafora dell'arco della vita, un culmine è sempre seguito da un crollo, difficile che vi sia la possibilità di costruire una linea che tracci un cammino tra vari culmini, solo lo strategic product marketing è riuscito a costruire un modello in tal senso ma sfrutta più curve di vita conseguenti. Secondo: il Diluvio lo si trova in oltre cinquecento racconti sparsi tra popolazioni calate in contesti storici non sempre attigui e in tempi diversi. Il Diluvio rappresenta la fine, l'inesorabilità della Morte che, inoltre, è purificatrice, moralmente giusta ma anche tecnicamente utile: infatti rinnova l'umanità susseguente, ridà dignità alla stirpe umana oramai in marcescenza perché concluso uno dei cicli vitali. Ecco perché 'molti diluvi'. In più, come dimostra Jordan, Sonchi di Sais non esiste e i Dialoghi Platonici sono un'opera morale, teoretica, vera summa di pensiero del Nobile Filosofo ateniese. I Dialoghi sono impregnati di dissertazioni sull'Essere e l'Apparire, sull'Essenza e sulla δόξα (dòxa, 'opinione', 'credo') quindi hanno un piglio didattico, devono insegnare il buon governo agli illuminati signori che verranno. Allora giustamente il fallimento come Maestro del futuro Tiranno di Siracusa, nel senso che riuscì nell'intento con Dione ma la filosofia platonica è avversa alla tirannia ed egli non riuscì ad eliminarla proclamando la Repubblica utopistica cui dedicò l'intera vita, è l'ennesima spallata al continente perduto la qual storia, casualmente, inizia dopo la dipartita disonorevole di Platone da Siracusa. Per questo Atlantide fu distrutta, somigliava troppo alla cupidigia politica dei tiranni siracusani oltretutto artefici del fallimento platonico. Anche il Discepolo Aristotele affermò: 'Colui che l'ha creata l'ha anche distrutta' riferendosi chiaramente ai fatti di Trinacria. Perché dunque non legare ossianicamente una concezione politica ad un fatto vero occorso agli ateniesi e confinato in un periodo lontanissimo dai presenti? Un'operazione di 're-marketing' in piena regola... In più il Diluvio ha trasformato genti, terre, ricchezze e acque in fango impenetrabile, una vera e propria tomba. Silente. Il Principio agisce serrato e indiscutibile. Ognuno e ognuna di voi, di noi, ha sempre immaginato di trovare sul fondo dell'Atlantico le rovine di una città assolutamente identiche all'architettonica greca del V-IV Sec. a.C. Il Principio e le 'coincidenze significative' portano all'Io immagini retromentali archetipali. Il dio di Atlantide è Poseidone, guarda caso... Berlitz racconta - ma non dimostra - che fu ritrovato un antico coccio in Mediterraneo con la scritta incisa 'dono del Re Chrònos di Atlantide'. Chrònos in greco vuol dire 'tempo'. Una storia che appartiene ad un altro tempo, ad un Platone uscito trasforme dall'esperienza politica fallimentare. Un tempo troppo lontano anche da Charles Berlitz. Bisognerà guardarsi di più all'interno che all'esterno per trovare la mitica Atlantide, metafora del passato ancestrale, sconosciuto, dove non riusciamo a comprendere ma perlomeno ad immaginare un mondo a nostra immagine - né più né meno di Platone - percependo come realistico e non impossibile il refrain di un progresso che sarebbe follia ratificare esclusivamente come lineare ed eccelso solo negli ultimi 200 anni di storia umana. Senza dissociare da questa visione della storia dell'uomo, la nostra storia, quella di ognuno, ognuna di noi che salpa da porti sicuri interiori e naviga attraverso un mare oscuro, spesso avverso, ma sul quale aleggia, sospira sensuale ed ipnotico il Canto di una Sirena meravigliosa e perduta, soave indicazione di una rotta verso un punto di non ritorno: Atlantide, l'Isola che non c'è. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE Paul Jordan La Sindrome di Atlantide Newton Compton 2011 Roland Barthes Miti d’Oggi Einaudi 1974 Charles Berlitz Atlantide - Ottavo Continente Mediterranee 2005 Dmitri Merežkovskij L’Atlantide I Dioscuri 1987 Mario Pincherle e Finetti Atlantide Mistero Svelato Filelfo 1978 GLI ERRORI DI ORIONE - VOL. 2 Insostenibilità della TCO di R. Bauval di Fabio Marino Nella prima parte di questo articolo ho cercato di evidenziare i principali motivi per cui Figura 1 – Il disegno “naturale” della costellazione di Orione, secondo Bauval la TCO, così come espressa da Bauval & c., non sembra affatto affidabile, in termini di descrizione della realtà della piana di al-Jizah. Naturalmente, le obiezioni che ho posto in quella sede non sono state le uniche: come ho rilevato, già da anni la Comunità astronomica -e segnatamente Fairall e Krupp- hanno avuto modo di stigmatizzare le conclusioni dell'ingegnere belga. Quest'ultimo ha ovviamente replicato, con argomentazioni che appaiono sinceramente sconcertanti. Il succo della risposta, alquanto piccata, di Bauval è sostanzialmente il seguente: la convenzione degli Egizi era di indicare quale punto cardinale prevalente il Sud (quella moderna è invece “settentriofila”), per cui è assolutamente normale che l'orientamento delle tre piramidi (allineate con la Cintura di Orione nel 10.500 a.C.) sia quello osservato al suolo. Questa posizione del belga è ripetuta parecchie volte, per esempio nelle appendici “The ‘Paradigm Police’ and the upside down worldview of an authoritative skeptic”, da cui è tratta la figura 1: e in “THE ORION CORRELATION THEORY (OCT): IS IT REALLY ‘UPSIDE DOWN’? IS IT FALSIFIABLE?”, per un totale di quasi cinquanta pagine in cui l'Autore si affida a testimonianze, asserzioni et similia di numerose personalità anche assai qualificate in campo astronomico, per dimostrare che le obiezioni della quasi totalità della Comunità astronomica internazionale sono sbagliate. Naturalmente, lui avrebbe ragione, e queste critiche alle sue conclusioni sarebbero ispirate più o meno direttamente dalla CSICOP (l'organizzazione scettica statunitense, di cui il nostrano CICAP è emanazione). In quest'ambito, l'attento Lettore Giancarlo Longhi (che ringrazio davvero molto!) ha tratto esattamente le medesime deduzioni, e nel corso di un cortese e proficuo scambio di spariscono posizionate ESATTAMENTE a sud, opinioni ha realizzato questo disegno, che con azimut di poco più di 10* ... la disposizione confermerebbe la correttezza della piana di Giza, messa in foto da Bauval, è dell'interpretazione di Bauval (figura 2). si, ruotata, ma proprio di 180° ossia orientata verso sud. Insomma, chi in quella data si fosse orientato verso sud avrebbe visto le tre stelle esattamente in quella posizione. Anche l'inclinazione della retta Cheope-Chefren è identica a quella di AlNitak AlNilam ... Mi aiuti a capire se sbaglio io! … secondo quanto vedo da monitor non esiste nessuna riflessione/ rotazione o forzatura … La direzione scelta dagli egizi per orientare la triade è stata proprio sud in quanto Orione compariva esattamente a sud. Per quello la foto dall'alto va ruotata di 180 gradi … Mintaka non è la più Figura 2 – La “naturale” disposizione delle settentrionale ma quella più in alto! Se sono piramidi secondo il nostro Lettore rivolto a sud Mintaka è quella piu a sud … se verso sud vedo più in basso AlNitak prima Ecco le pur intelligenti osservazioni dell'attento segno lei, poi se vedo a metà AlNilam metto lei fruitore di “Tracce d'Eternità”: poco dopo quindi spostandomi verso sud e poi “Non capisco dove sia l'errore. Partiamo dal vendo Mintaka ancora più in avanti e spostata presupposto, ok, che i software per retrodare le un pochino a sinistra … L'azimut è basso se mappe stellari non siano precisissimi ... anche l'azimut fosse stato alto potrei capire ma in se, quelli attuali, non credo che abbiano margini questo caso le stelle sono appena sopra di errore forti. Se considera che i moti apparenti l'orizzonte, 11 gradi circa … secondo me uno delle stelle sono perfettamente ciclici, elaborare spettatore di quel cielo (NdA: e anche secondo un software su questa base non credo sia così Bauval & c., molto evidentemente!) avrebbe impegnativo ... In ogni caso, usando Stellarium, riportato esattamente le stelle come sono le che credo sia un ottimo software, e retrodatando piramidi … infatti hanno orientato verso sud il il cielo sopra Giza al 10500 AC, all'alba del 21 tutto, la costellazione era bassa verso sud, giugno, le tre stelle della cintura di Orione quindi io oriento giza verso sud e la stella più alta è quella più lontana che è in sintesi e in parole verso sud, e quindi comprensibili, senza gli Micerino (NdA: la Terza orpelli filo-scientifici, Piramide) la metto più esattamente quello di su di tutte … (Mintaka) Bauval- altre due figure è la stella più in alto del (figg. 3-4) cielo visto da sud .. (In conclusione) io ritengo che se il ragionamento Figura 3 – Orizzonte Sud sul moto precessionale a al-Jizah – a ritroso fosse vero (ed 21/06/-10.508 (poco è quasi impossibile ma prima dell'alba) lascio un barlume di Figura 4 – Piramidi di al- possibilità) e se Jizah (fonte: Google davvero gli egizi Earth) fossero stati in grado di intuire quale fosse la Apparentemente, dunque, posizione di Orione nel abbiamo di nuovo la cielo del 21 Giugno di “perfetta corrispondenza” 12500 anni fa, essendo reclamata da Robert la costellazione Bauval. Tuttavia, come è perfettamente orientata facile verificare (ho anche verso sud e volendola cerchiato di rosso riprodurre così in cielo l'orientamento...), così in terra avrebbero abbiamo di nuovo che il fatto come nel disegno. Nord è IN BASSO, e che perché è la cosa più la semplice”. corrispondenza si presunta In aggiunta a ottiene SOLO ED quella precedente, ESCLUSIVAMENTE con Giancarlo allega a i contorsionismi già questo ragionamento - esaminati nella prima parte. I fautori della TCO –e non mi riferisco qui ho scritto al mio attento Interlocutore: “Il punto all'Amico/Collega Giancarlo-, quindi, hanno non è tanto l'affidabilità dei software (il evidentemente avuto buon gioco nel confondere produttore di Stellarium comunque ne le acque attraverso il sistema del “problema garantisce la attendibilità solo nel periodo +- Nord-Sud”. Ora, è verissimo che il Sud era, fin 3.000 da oggi), quanto la disposizione sul dal Pre-dinastico, una direzione particolare per terreno, che è completamente invertita. gli Egizi (tant'è che praticamente tutte le Bauval si difende, perché secondo lui la sepolture rinvenute erano con la testa in rappresentazione è relativa al Sud. Il che non direzione Sud e il capo volto ad Ovest -la è accettabile, in relazione a un popolo regione della morte); ma è altrettanto vero che perfettamente in grado di orientare i Kemiti erano assolutamente in grado di correttamente i propri monumenti. A questo si distinguere i punti cardinali, anche in cielo. devono aggiungere le osservazioni (che io Prova ne siano le ripetute descrizioni dei territori riporto nell'articolo) di Krupp e Fairall. delle Stelle Imperiture (l'area intorno al Polo Quest'ultimo precisa di aver usato un software Nord celeste), nonché le precise localizzazioni specifico, in cui il famoso angolo di 38 gradi è delle loro (poche) costellazioni boreali, che, in realtà pari a quasi 47. Questa seppur diverse dalle nostre, inequivocabilmente osservazione mi sembra molto difficile da erano collocate a Nord. Si aggiungano le superare, come pure quella sbalorditive capacità di allineamento dimostrate dell'orientamento al suolo delle piramidi. La con la Grande Piramide, i suoi condotti convenzione Nord o Sud non è importante. (secondo quanto afferma lo stesso Bauval: altra Quello che importa è che, ripeto, gli Egizi asserzione che discuteremo successivamente) erano in grado di riportare sul terreno quanto e con la Sfinge, e sarà immediatamente chiaro vedevano in cielo senza commettere errori. La che è difficile e quanto meno poco corretto assonometria era loro ben nota, e non credo piegare le possibili conoscenze che avrebbero sbagliato in una maniera così astronomiche degli Egizi alla TCO. In altri grossolana. Un altro aspetto da considerare è termini, non si può argomentare che i Figli del che i moti delle stelle sono in parte ripetibili. Nilo orientavano templi, piramidi e quant'altro Così non è per precessione e nutazione, che secondo palesi assi Nord-Sud secondo una potrebbero comportare errori anche importanti convenzione diciamo “pre-moderna”, e poi nelle simulazioni. Gli egizi erano esperti di utilizzavano altri sistemi di riferimento in agrimensura e allineamenti: come mai relazione alla piana di al-Jizah. Insomma, come stavolta avrebbero cambiato modalità di rappresentazione?” Già: come mai? Come ho avuto modo di citare Krupp nella prima parte: “Anche se un appassionato della TCO potrebbe sostenere che l'inversione non è affatto significativa, o che gli egiziani deliberatamente capovolsero la costellazione per motivi arcani noti solo a loro, queste argomentazioni non funzionano”. E per quanto riguarda le proporzioni? Abbiamo prove chiarissime che -a quanto pare- Figura 5 – Soffitto della tomba di Senmut gli Egizi erano assolutamente in grado di (XVIII dinastia - dettaglio) rappresentare correttamente le medesime. Basti Molti studi sono stati condotti, con software più pensare alla pressoché certa conoscenza da o meno commerciali, per cercare di identificare parte loro del π e del phi, per capire che mai le stelle rappresentate (e conseguentemente avrebbero potuto sbagliare le proporzioni l'epoca ritratta), con risultati fortemente oppure invertire le magnitudini di due stelle discordanti, il che ci riporta alle considerazioni (è il caso, come detto, delle due piramidi sulla affidabilità dei programmi nella datazione principali). In ogni caso, l'unico accenno artistico di periodi molto remoti. La stessa “losanga” nella vastissima produzione degli Egizi che con viene da altri interpretata (forse più quasi assoluta sicurezza può rappresentare la correttamente) come la raffigurazione di una Cintura di Orione è un dipinto nella famosa cometa. Quello che però interessa questo tomba di Senmut (fig. 5). Addirittura, la figura a lavoro è la facile osservazione che gli Egizi del losanga immediatamente a destra delle tre Nuovo Regno non erano (più?) in grado di stelle viene da qualcuno interpretata come la rappresentare correttamente un asterisma prima raffigurazione nota della Grande semplice come la Cintura, almeno in pittura. Il Nebulosa di Orione, sita -come già accennato- grado di non-somiglianza è tale, che anche nella Spada. l'ipotesi, pur plausibile, di una progressiva degenerazione della cultura e delle capacità egizie sembra assolutamente improponibile. Tuttavia, esiste la possibilità di dimostrare, per via solamente astronomica e basandosi sulla nostra attuale conoscenza dell'astrofisica e dell'evoluzione stellare -nonché costellazioni) è stata sovrapposta a una del fenomeno del moto proprio delle stelle- che mappa dei siti piramidali; poi, il grafico è almeno le Tre Piramidi (se non anche il stato ri-scalato e ruotato (NdA: a quanto complesso di Dashur) rappresentano davvero la pare, un processo SEMPRE ineludibile...) Cintura di Orione. Se ne è occupato fino a quando le stelle della Cintura di Orione particolarmente Vincenzo Orofino, Professore non sono state allineate esattamente con le tre associato di Astrofisica, Fisica spaziale e piramidi di Giza. A questo punto si sono Planetologia presso l'Università del Salento. cercate altre coincidenze stella-piramide. Precisiamo immediatamente: nel suo articolo Questa ricerca è completamente fallita: a pubblicato solo in formato elettronico su Arxiv parte le stelle della Cintura di Orione e le (“A quantitative astronomical analysis of the piramidi di Giza, non esiste altra Orion Correlation Theory”, 28/09/2011, ultima corrispondenza tra le stelle e le piramidi né in revisione del 25/06/2014), Orofino è chiarissimo Orione, né in altre costellazioni; in particolare, in relazione all'assenza di qualsiasi, seppur Saiph è distante oltre 22° dal punto celeste remota, possibilità di un “piano generale” volto a (NdA: presuntamente) corrispondente alla fare dell'Egitto tutto uno “specchio del Cielo”. piramide di Abu Roash, mentre Bellatrix è L'idea di Bauval e Gilbert del 1994, dunque, lontana circa 12° dal punto celeste viene ritenuta completamente implausibile: corrispondente alla piramide Zawiyet el-Aryan. “Il problema delle diverse inclinazioni degli assi In altre parole, contrariamente a quanto delle piramidi e della Cintura di Orione rispetto riportato da Bauval e Gilbert (1994), la alla corrispondente direzione Nord-Sud corrispondenza fra stelle e piramidi è del (terrestre, nel primo caso, celeste nel secondo) tutto insoddisfacente, se non limitata al è una questione importante (omissis). Qui è caso Cintura di Orione/Piramidi di Giza importante notare che un altro test è stato (NdA: in tutto l'estratto, i grassetti sono condotto al fine di trovare intorno a Giza altri miei)” (pp. 5-6, op. cit.). esempi di 6 piramidi situate in modo tale da Il prof. Orofino, in una pubblicazione riprodurre sul terreno la posizione di altre stelle, coeva sempre su Arxiv (“Stato evolutivo delle oltre a quelle della Cintura di Orione. In stelle della Cintura di Orione ed implicazioni particolare la stessa mappa stellare archeoastronomiche”, 28/09/2011) entra nel precedentemente utilizzata ma estesa fino a 40° merito non già della TCO (limitata o no alla intorno alla Cintura di Orione (per includere piana di al-Jizah), ma esamina i caratteri diverse stelle luminose di Orione e di altre astrofisici delle tre stelle della Cintura, per verificare se le presunte osservazioni egizie con prendendo ad esempio l’evoluzione di stelle la conseguente presunta rappresentazione al come il Sole. In effetti, in base ai modelli suolo siano compatibili con quanto si conosce tradizionali, se AlNilam avesse soltanto 8000 del terzetto celeste. Senza entrare nel merito di anni in più rispetto alla sua età reale un eccellente lavoro, troppo specialistico ai fii di (un’inezia su scala astronomica), allora la sua questo articolo, possiamo riassumerlo come magnitudine attuale sarebbe segue: stabilito che le posizioni dei tre astri non sostanzialmente diversa da quella all’epoca sono cambiate nelle ultime decine di migliaia di delle piramidi e la correlazione trovata da anni (cioè, si tratta di stelle dal bassissimo o Orofino (2011) a quel tempo non sarebbe nullo moto proprio), Orofino dimostra che i stata verificata (NdA: i grassetti sono miei)”. modelli evolutivi dei corpi celesti sono Cosa significa in parole povere tutto questo? assolutamente compatibili con stelle di un'età Molto semplice: la correlazione ipotizzata da compresa fra i 3.9 milioni di anni di AlNitak e Orofino, che “giustifica” quanto osservato Mintaka e i 4.8 milioni di anni di AlNilam. Si sul terreno rispetto alla Cintura, regge solo tratta dunque di giganti blu, avendo una massa nel caso in cui: compresa fra le 30 e le 40 masse solari, in una 1 – la luminosità delle stelle in oggetto non fase molto stabile della propria evoluzione, e siano variate apprezzabilmente negli ultimi molto giovani, come era lecito attendersi da 5-6.000 anni; stelle poste in stretta vicinanza con 2 – le nostre attuali conoscenze dei modelli di l'Associazione di Orione, vera fucina stellare di evoluzione stellare siano affidabili e precisi; formazioni recenti e ancora in atto. 3 – non ci sia uno scostamento maggiore di Sembrerebbe quindi che, almeno sotto questo 8.000 anni fra l'età, desunta da questi aspetto, l'ipotesi di Bauval sia ben corroborata. modelli, di AlNilam (per citare una delle tre Tuttavia, il prof. Orofino mostra, correttamente, stelle) e la vera età dell'astro. di rendersi conto dell'importanza capitale della Si tratta quindi di tre postulati (a tutti sua conclusione: “È importante sottolineare il gli effetti); anche ammettendo come fatto che l’ipotesi sottoposta ad esame in indubitabili i primi due, pesa come un questo lavoro, ossia che la magnitudine delle macigno l'ipoteca posto dal terzo. Ottomila tre stelle della Cintura di Orione si sia anni sono la distanza che ci separa dal Tardo mantenuta costante nei 5000 anni che ci Neolitico, una distanza immensa in termini separano dalla costruzione delle piramidi, non è umani. Ma sono praticamente un battito di ciglia affatto ovvia come si potrebbe pensare nella vita delle stelle, anche di quelle più massicce che vanno incontro, com'è noto, a un righello, come in questa foto, presa dal web ai tempi del marco tedesco... con due pezzi da 10 pfennig e una da 1. Vi sembra per caso che la moneta più piccola si discosta dalle altre? Il centro certamente sì, come pure la linea superiore, ma sicuramente non la linea inferiore. Una Fig. 6 ‘- Allineamento o scostamento?’ “morte prematura” molto più velocemente del Sole. Il punto è che non abbiamo che uno strumento indiretto per stabilire la vera età di un astro, e cioè quei modelli evolutivi di cui si deve deviazione reale dovrebbe verificarsi soltanto nel caso in cui tutti e tre i punti principali della moneta più piccola fossero fuori asse: “superiore, centro, basso”. Come, in effetti, è per la terza stella (Mintaka) nella Cintura di Orione. ipotizzare una completa aderenza alla realtà, senza averne la certezza. Insomma, il misuratore deve ipotizzare una precisione dello strumento di misura che però lui stesso non è in grado di garantire. Prescindendo da quanto fin qui esposto, Bauval afferma dunque che la Terza Piramide è stata costruita con una deviazione chiaramente visibile rispetto alle altre piramidi. Questo fatto sarebbe la prova che le piramidi, in effetti, rappresentano la cintura di Orione: "Tutti sono Figura 7 – la Cintura, chiaramente d'accordo che le dimensioni e l'offset della disallineata piramide di Micerino erano una scelta deliberata da parte dell'architetto. La domanda Adesso vediamo com'è la situazione per è: perché?”; in aggiunta e come si sa, Bauval quanto riguarda le Tre Piramidi. Gli angoli sostiene che piramide di Micerino si scosta dalla sud-est delle tre grandi piramidi sono diagonale delle altre due piramidi. Ma, con la allineati, insieme al centro delle prime massima serenità, domandiamoci che cosa piramidi satellite di Micerino e Cheope con significa "deviare”. Poniamo tre monete lungo deviazione di pochi metri, e posti pressoché Non entro nel merito in relazione al fatto, esattamente su una medesima linea che di per sé assai dubbio, che nei libri di Bauval punta dritta verso l'antica On, cioè Eliopoli, queste rette appaiono “spostate”, come se... la fulcro dell'elaborazione della teologia piramide di Chefren avesse una collocazione eliopolitana strettamente basta sul culto solare. spostata di parecchi metri rispetto al reale. Il Il che, mi consentano gli amici Lettori, è un po' Lettore può agevolmente verificare, attraverso curioso per un allineamento che dovrebbe Google Earth per esempio, che le linee indicate essere su base stellare e non solare... Ma non in rosso e azzurro esistono effettivamente anticipiamo quanto discuteremo nella parte laddove le ho indicate. Ci si potrebbe chiedere, conclusiva, dedicata agli aspetti mitologici, a questo punto, se sia inutile ricercare un archeologici ed epigrafici. In ogni caso, dunque qualche allineamento fra i monumenti di al- abbiamo una situazione molto simile a quella Jizah. La risposta è che non è affatto inutile, delle le monete, e la piramide di Micerino non solo che l'allineamento (fra gli angoli, come si presenta alcuna deviazione reale. Inoltre (fig. 8), è visto) ha un significato diverso da quello esiste un'altra “diagonale”: è quella che si “crea” prospettato coraggiosamente dal belga: in collegando i centri delle due piramidi maggiori e primo luogo, c'è il significato simbolico del puntamento, possibile, verso Eliopoli; in secondo luogo, una correlazione diversa non avrebbe consentito l'effetto “delle Nove Piramidi” (le tre principali insieme alle sei cosiddette “satellite”) (fig. 9), prolungando la retta così ottenuta: è agevole verificare che questa linea unisce ai centri l'angolo nord-ovest della Terza Piramide. Figura 8 – Allineamento fra angoli e centri delle Tre Piramidi di al-Jizah Figura 9 – le “Nove Piramidi” In coscienza, qualcuno potrebbe affermare in cui, se si guarda da sud a una distanza che che il terzetto monumentale non giace sulla permetta di contemplare l'intero complesso stessa “diagonale”? Per notarlo, si dovrebbe piramidale della piana, la piramide di Micerino andare nel deserto a circa due chilometri ad appare in prospettiva alta come quella di ovest della modesta altura da cui è possibile Cheope... Soltanto l'allineamento degli angoli vedere l'effetto “delle nove piramidi”; ad ogni descritto può produrre questo effetto buon conto, c'è chi ha calcolato che, per mirabile. mantenere la proporzione che esiste Invito poi a prendere in considerazione un altro aspetto: personalmente confesso di effettivamente nella Cintura vera (quella celeste), la Terza trovarlo piuttosto sconcertante. Intorno alle stelle della Cintura ci sono diverse stelle abbastanza luminose, e nella piana di al-Jizah ci sono diverse piramidi-satellite e parecchie màstaba. Eppure, non esiste alcuna corrispondenza precisa fra Cielo e Terra. Sarebbe stato lecito aspettarsi invece qualche cosa di rilevante, visto che, anche secondo Bauval alla fin fine, alcuni di questi edifici sono per i figli, le figlie e le mogli dei faraoni. Come mai non c'è nessuna corrispondenza con le stelle minori di Orione, nonostante lo spazio disponibile sul terreno? Guardiamo poi quest'altra immagine, presa dall'angolo sud-est (fig. 10): Figura 10 – Complesso delle Tre Piramidi visto da Sud-Est Piramide dovrebbe trovarsi circa a 100 metri ad est di dove è situata in realtà. Penso che, per quanto riguarda gli aspetti astronomici, astrofisici e di allineamento dei monumenti, possa bastare. Figura 11 – Il complesso dei pozzi all'interno della Grande Piramide Passiamo ora ad analizzare, seppur brevemente, lo scottante tema dei cosiddetti “pozzi di areazione” della Grande Piramide: un sistema che secondo Bauval permetterebbe di datare con grande precisione il monumento, e che -accoppiato all'allineamento (inesistente, come abbiamo visto) al suolo- dimostrerebbe che il progetto iniziale del 10.500 a.C. circa è giunto a compimento otto millenni più tardi. Com'è arcinoto, ci sono quattro strani e piccoli “pozzi” o “canali” (larghezza 20 x 20 cm) nella Grande Piramide. Ognuna delle due Camere ne hanno due, uno diretto a sud e uno a nord. Tutti e quattro i pozzi salgono all'interno del monumento con un angolo compreso tra 36° e 45°; quelli della Camera del Re erano ciascuno aperto alle due estremità, mentre quelli della Camera della Regina erano originariamente (e ancor più stranamente...) chiusi ad entrambe le estremità (fig. 12) Figura 12 – L'ingresso del pozzo/canale settentrionale, Camera del Re Questi canali sono tuttora un enigma irrisolto. L'egittologo tedesco Rainer Stadelmann li chiama "pozzi modello" per l'anima del re defunto. L'anima, secondo lui, poteva viaggiare attraverso il canale settentrionale verso le Stelle Imperiture, quelle circumpolari del Nord che non tramontano mai. Queste stelle -fatto curiosamente spesso misconosciuto- hanno sempre rivestito un significato speciale per gli Egizi fin dai primi tempi del Pre-dinastico. Anche gli altri pozzi possono essere collegati con stelle. L'astronoma Virginia Trimble ha notato nel 1964 che il canale meridionale della Camera del Re punta approssimativamente avviene non certo per insipienza tecnica dei verso la Cintura di Orione. Bauval ha effettuato Costruttori. Deve esserci un altro senso, e alcuni calcoli, scoprendo che il puntamento mi sia permesso ritenere che nessuna delle sarebbe esatto solo per un periodo successivo spiegazioni proposte sia credibile. di circa 100 anni dopo la data di costruzione Prima di Bauval diversi ricercatori accettata della Grande Piramide (il 2.550 a.C.). hanno avuto l'idea che questi condotti A quel tempo, secondo il belga, il pozzo “mira” potessero avere un legame simbolico con le esattamente la stella che -secondo la TCO- stelle: ad esempio, se sono intese come uscite viene rappresentata sulla Terra dalla Grande per le diverse anime (Ach / Ka / Ba) Piramide. Coincidenza o altro? potrebbero puntare nella direzione della Bauval ha esteso l'idea, e ha rilevato destinazione dell'anima, che probabilmente con sua grande sorpresa che il pozzo sarebbe il punto più alto di una stella meridionale della Camera della Regina appare raggiunge a sud (il cosiddetto punto di puntato verso stella più brillante del cielo, Sirio, culminazione). I due condotti settentrionali quasi nella stessa epoca. E Sirio sarebbe la possono, ovviamente, puntare in due direzioni. rappresentazione di Iside, che era la sorella e il Poiché, come detto, le costellazioni più grande amore di Osiride (a sua volta settentrionali non tramontano mai, le stelle che rappresentato nel cielo da Orione). Un'altra le compongono descrivono dei piccoli cerchi coincidenza? L'ultimo canale/pozzo sembra intorno al polo celeste; in questo modo, un mirare, anch'esso, verso una stella importante condotto potrebbe mirare nel punto più alto o dell'emisfero Nord (come già accennato, più basso del cerchio, la culminazione Kochab), e in effetti tutto ciò sembra davvero superiore o inferiore. Secondo l'opinione di sensazionale. Bauval (che, sebbene con dei “distinguo”, è Vorrei trascurare, in questa sede, un diventata l'opinione corrente) se oggi fatto, che in ogni caso appare privo di sappiamo a quale stella ogni condotto spiegazioni soddisfacenti, sia da parte della dovrebbe puntare, allora possiamo calcolare TCO, che da parte dell'Egittologia ortodossa: quando la stella ha raggiunto lo stesso angolo tutti i condotti, nel loro tratto iniziale e per nel cielo sotteso dal pozzo: questa sarebbe la circa 150 centimetri, scorrono paralleli al data della costruzione. E siccome esistono pavimento della rispettiva Camera. In altri quattro condotti, possiamo usare le statistiche termini, i condotti non puntano direttamente per mediare eventuali errori di costruzione, le stelle di presunta “pertinenza”, e questo che probabilmente si sono verificati. In effetti, un'ipotesi affascinante, senza dubbio. Però, con meridionale della Camera della Regina. Questa assoluta certezza possiamo respingere una blocco (fig. 14) è stato al centro di molte parte, forse fondamentale, della teoria: i polemiche e speculazioni, che non è il caso di condotti non sono mai stati costruiti come riportare in questa sede. mirini stellari, in quanto, per via del decorso iniziale orizzontale, mai avrebbero consentito una visione diretta del cielo, per giunta visto che (specialmente quelli della Camera della Regina) curvano diverse volte, ad esempio a livello della Grande Galleria, e non sfociano all'esterno. La pendenza dei pozzi è stata accuratamente misurata da Rudolf Gantenbrink; Figura 14 – la “porta” scoperta da nel 1993 ha lavorato sotto contratto con il Gantenbrink "Deutsches Archäologisches Institut" (DAI) per pulire, controllare e misurare i condotti. Ha Il suo robot UPUAUT II, in combinazione con un usato diversi piccoli veicoli automatizzati, com'è altro veicolo, ha permesso una misurazione ben noto (fig. 13), delle inclinazioni dei pozzi con una precisione di 1/20° (ovvero 3'). A quanto egli stesso afferma, Gantenbrink ha fornito questi valori personalmente a Robert Bauval e li ha anche pubblicati nella Gazzetta ufficiale della DAI, il "Mitteilungen des deutschen Archäologischen Instituts Abteilung Kairo" (MDAIK). Gantenbrink scrive che le inclinazioni dei condotti superiori possono essere misurate tracciando una linea tra l'inizio e la fine del condotto, e che esse erano estremamente precise; inoltre, con un Figura 13 – UPUAUT II, il robot di dispositivo di misurazione laser non ha trovato Gantenbrink alcuna differenza superiore a 0.005 m (=5 millimetri!) Ancora più incredibile è il fatto che e la sua più famosa scoperta è sicuramente l'inizio e la fine di un condotto giacciono l'oggetto/porta in pietra che blocca il condotto precisamente su una linea. Evitiamo, per non appesantire il discorso, un'analisi dettagliata dei questo. Invece, produce "epoche" generiche valori “certificati” da Gantenbrink. Quello che che egli non spiega mai completamente; stupisce, e anche un po' irrita, è che se si nemmeno si sforza di calcolare confrontano i dati di Bauval con i valori ufficiali corrispondenze esatte, ma si limita a parlare di MDAIK si trovano delle discrepanze "buona conferma dell'epoca 2475 a.C.". Ma significative; non solo: Bauval ha prodotto tre qual è la definizione di una "buona conferma"? pubblicazioni dopo la scoperta di Gantenbrink, Non è affatto chiaro, né il belga lo spiega; in due articoli nella rivista “Discussions in realtà, i casi sono solo due: o c'è una Egyptology (DE), nnrr. 26 e 27, e il suo corrispondenza, o non c'è. E un ulteriore celeberrimo libro “Il Mistero di Orione”. Ebbene, problema è che queste "epoche" sono un se non vi fidate della mia parola potete ulteriore fonte di confusione e di delusione, controllare da soli: tutte le pubblicazioni perché, semplicemente, non contengono valori diversi per le pendenze corrispondono. Non entro, anche qui, nel dei pozzi, e, ad abundantiam, tutti i valori merito delle corrispondenze fra tutti i dati in erano comunque diversi dai valori in MDAIK! gioco. Mi limito a segnalare che l'analisi del Insomma, il metodo di datazione sistema pendenze dei pozzi/culminazioni attraverso i pozzi dovrebbe essere il seguente: stellari (al meridiano, come tanto piace a si dovrebbe calcolare l'anno in cui esista una Bauval), produce questi risultati: per Thuban, il fortissima corrispondenza tra la pendenza del 2.326 a.C.; per AlNitak, il 2.496 a.C.; per Sirio pozzo in questione e l'elevazione della stella il 2.348 a.C.; infine per Kochab il 2.385 a.C. correlata. Se i valori validi per i quattro condotti Straordinario, non vi sembra? A prima sono vicini tra loro e le differenze possono vista possiamo vedere che nemmeno una essere spiegate con tolleranze di costruzione, stella si avvicina al magic shot ipotizzato allora abbiamo trovato la data cercata. In altre dal nostro ingegnere, il famoso 2.450/2.475 parole, se la pendenza (rispettivamente) dei a.C. Tre stelle indicano un tempo nel periodo quattro pozzi coincide, per la medesima epoca, intorno al 2.300 a.C., una vicino al 2.500 a.C. con la culminazione delle stelle presumibilmente La media delle “conclusioni cronologiche” è il correlate (AlNitak e Thuban -secondo Bauval-; 2.389 a.C., almeno sessantun anni dopo Sirio e Kochab), allora l'ipotesi è comprovata, e l'ipotesi “ferrea” di Bauval. Ma c'è di più, la data di costruzione dei pozzi (e quindi della purtroppo: con l'eccezione di una sola stella piramide) identificata. (AlNitak), tutto il cluster dei pozzi sembra Purtroppo, Bauval non fa nulla di tutto indicare una data intorno al 2.350 a.C., con un errore standard di 20,33 anni. Diciamo che precessionale...) - ma in nessuna circostanza quindi si dovrebbe considerare come “fuori in una data vicina al 2.450 a.C.! E, quel che è range” proprio questa stella, e si dovrebbe peggio, mai contemporaneamente! Non una accettare, secondo il criterio suggerito da sola stella raggiunge la posizione necessaria Bauval stesso, la data del 2.350 a.C. - ben durante l'età attribuita da Bauval al cento anni dopo quanto preconizzato da monumento. In conclusione, sembrerebbe, con Bauval. Vale appena la pena di sottolineare un buona pace di certe visioni ortodosse fatto che comunque è sostanziale: le datazioni (comunque non unanimi) e di questa curiosa ottenute con questo metodo si estendono eterodossia, che i condotti di areazione sono per un periodo superiore ai 160 anni, il che sicuramente inutilizzabili per datare l'epoca supera addirittura la durata di alcune esatta della costruzione piramidale (come dinastie, oltre ad essere più del doppio del invece affermato dall'ingegnere belga), in tempo che intercorre tra la piramide di Djoser e quanto spaziano in un periodo superiore alla quella di Cheope (secondo i canoni ortodossi). durata di molte dinastie. Se si utilizza il metodo Mi pare che la conclusione, spietata, è che con del Nostro, anche con i valori corretti non si intervalli di questa grandezza non si può giungerà mai alla data fatidica del 2.450 a.C. pretendere di datare un bel niente: si tratta Forse questo è il motivo per cui tutte queste semplicemente e crudamente di qualcosa di idee di calcolare l'epoca della costruzione molto vicino a una presa in giro camuffata da attraverso la pendenza dei condotti sono state scienza. Senza contare che oggigiorno, anche respinte nel corso degli ultimi 30 o 40 anni? per altri motivi che vedremo fra breve, Tuttavia, bisogna riconoscere che l'Egittologia ortodossa tende a allontanare nel l'epoca di costruzione delle Piramidi di al-Jizah tempo la costruzione della Grande Piramide (e della Sfinge, se è per questo: ma è un altro (cioè a porla a un periodo precedente al 2.550 discorso ancora) è largamente dibattuta. La a.C.), laddove questo metodo comporterebbe variabilità del favore delle diverse cronologie una datazione recente inaccettabile. egizie complica notevolmente le cose. Nel L'impressione complessiva relativa corso degli ultimi 200 anni, infatti, sono state alla datazione “bauvaliana” della Grande proposte con diverso grado di affidabilità -tuttora Piramide attraverso i pozzi è dunque comunque irrisolto- cronologie estremamente estremamente negativa. Ciascun condotto lunghe, con inizio dell’età faraonica intorno al potrebbe puntare, più o meno, alle stelle loro 5700 a.C. o, in alternativa cronologie molto dedicate (in questo o in altro ciclo lunghe, con inizio dell’età faraonica intorno al 5200 a.C. La maggior parte degli egittologi non arretrate proposte dagli egittologi per il re ha accettato queste proposte, che sembrano Cheope [...]. Per farla breve, i dati del retrodatare eccessivamente la nascita dello radiocarbonio, dipendenti dal campione che si Stato in Egitto, e preferì considerarle errate, indaga, tendono a suggerire che tutta la proponendo invece due nuove cronologie: cronologia della storia egizia sarebbe da quelle lunghe, con inizio dello Stato faraonico far scivolare più indietro in un arco intorno al 3950 a.C. o quelle corte, che ne compreso fra 200 e 1200 anni.” (da: Ian fissano l'inizio intorno al 3400 a.C. L'evidenza Lawton. Chris Ogilvie-Herald: “Il codice di Giza archeologica fin qui conosciuta, però, ha fatto (Newton Saggistica e Italian Edition)” Nello nascere altre cronologie: una cortissima stesso testo, si trova questa tabella, (nascita dell'Egitto “moderno” intorno al decisamente esplicativa (fig. 15): 3.200-3.100 a.C.), l'altra estremamente corta Figura 15 – tabella delle datazioni dei (l'era dei faraoni sarebbe nata solo nel 2.900 campioni raccolti sulla piana di al-Jizah a.C. circa). In assenza di una conferma assoluta e Non entro nel merito della effettiva definitiva, quindi, per datare la Grande Piramide attendibilità di questi dati (chi conosce il mio non resta che affidarsi alla malta che unisce i pensiero sa quale sia la mia opinione) o del blocchi e alla sua datazione attraverso il pur loro potenziale significato; quello che mi controverso metodo del C-14; è quel che fece interessa sottolineare è il fatto che -mancato Lehner nel 1984-86. Egli scrive: “Le date consenso complessivo a parte- variano dal 3809 al 2869 a.C. Così in generale l'orientamento generale è quello di queste date risultano [...] significativamente attribuire al complesso monumentale di al- spostate più indietro rispetto anche alle più Jizah un'età certamente superiore a quella stimata, male, da Bauval. Certamente c'è da condotti di areazione della Grande Piramide (i pensare sulla affidabilità, in alcune circostanze, quali quindi non funzionano come indicatori della ricerca ortodossa, se: “Ancora Lehner cita della data di costruzione, data che è una seconda campagna di monitoraggio essenziale perché la TCO resti in piedi) come condotta nel 1995 su 300 campioni prelevati da elementi essenziali del “progetto unitario” dallo monumenti che andavano dalle tombe di Zep Tepi in poi, allora l'ipotesi, per quanto Saqqara della Prima Dinastia alla piramide di affascinante, di Bauval & c. non regge Djoser, a quelle di Giza, a una selezione di altre minimamente. costruzioni della Quinta e Sesta Dinastia e del Qualche irriducibile mi dirà che esistono Periodo Intermedio. Il fatto che i risultati di in ogni cado solide prove archeologiche ed questa indagine non siano comparsi quando epigrafiche che confortano la teoria alternativa, venne pubblicato il libro di Lehner nel 1997 anche nelle pieghe dei miti. Sono sicuro però lascia interdetti e non si può fare a meno di che, a questo punto, pochi Lettori si chiedersi il perché. Ad ogni modo, altrove lo stupirebbero, se rispondessi che - stesso Lehner sottolinea con una certa enfasi contrariamente a quel che si pensa- queste come i risultati di campionature precedenti prove, mito di Osiride compreso, vanno tutte tendano tutti a confermare la bontà della nella direzione opposta, e la TCO esce molto sequenza cronologica dettata dalla ricerca male anche da qui. Lo vedremo nella parte archeologica e dalla datazione dei monumenti conclusiva di questo lavoro. piramidali più antichi.” (Ian Lawton e Chris Ogilvie-Herald, op.cit.) In ogni caso, come abbiamo visto anche le apparentemente solide argomentazioni archeoastronomiche di Bauval crollano miseramente, anche in relazione ai risultati (per quanto discutibili) ottenuti a mezzo del radiocarbonio. Si badi: non sto parlando di una parte secondaria della sua teoria, ma proprio della teoria in sé! Se non esiste alcuna correlazione fra la Cintura di Orione e il Terzetto di al-Jizah, e non esiste neppure la possibilità di interpretare, attraverso la TCO, i ANALISI MISURE E RAPPORTI AD al-JIZAH Di Giuseppe Badalucco KHUFU KHAFRA MENKAURA TOTALE ALTEZZA (m) 146,6 143,5 65,5 355,60 LATO BASE (m) 230,36 215,25 103,4 549,01 AREA BASE (m2) 53.065,7296 46.332,5625 10.691,56 110.089,85 VOLUME (m3) 2.593.145 2.216.241 233.432 5.042.818,62 PERIMETRO DELLE PIRAMIDI E RAPPORTI TRA PERIMETRI Il perimetro delle piramidi è dato dalla somma della lunghezza dei quattro lati, in base alle formule P = l1+l2+l3+l4 o P = l x 4 se i lati sono perfettamente uguali. Nelle piramidi di Giza vi sono piccole differenze impercettibili nelle lunghezze effettive dei quattro lati, per cui è possibile calcolare una lunghezza media KHUFU = 230,36 X 4 = 921,44 m KHAFRA = 215,25 X 4 = 861 m MENKAURA = 103,4 x 4= 413,6 m TOTALE PERIMETRI CIRCA m 2.196,04 RAPPORTI PERIMETRALI KHUFU / KHAFRA = 921,44 / 861 = 1,07019… Entrambe presentano un perimetro doppio rispetto a Menkaura (Micerino); la somma dei perimetri presenta una “particolarità”; il valore della lunghezza complessiva dei perimetri è pari alla costante Ø elevata alla 15° potenza moltiplicata per la cifra 1,610506 che, a sua volta, si approssima allo stesso valore della costante Ø (1,610506 contro 1,6180339…). Se la somma dei perimetri fosse pari a metri 2.206 circa (contro 2.196) essa sarebbe stata pari a Ø16 m. Da ciò si deduce che tale valore non può essere considerato del tutto accettabile come approssimazione di un modello matematico costruito appositamente sulla costante phi e la somma dei perimetri, sebbene vi si avvicini in modo notevole. RAPPORTI TRA PERIMETRI E ALTEZZE DELLE TRE PIRAMIDI DI GIZA KHUFU / MENKAURA = 921,44 / 413,6 = 2,2278… KHUFU 921,44 / 146,6 = 6,2854….≈ 2π KHAFRA / MENKAURA = 861 / 413,6 = 2,08172 KHAFRA 861 / 143,5 = 6 TOTALE PERIMETRI = 2.196,04 ≈ 1,610506 x Ø15 = 1,610506 x [1/2 + (√5/2)] = 1,610506 x 1,618033915 Dall’analisi dei perimetri si deduce che la piramide con il perimetro maggiore è ovviamente Khufu (Cheope), che presenta una lunghezza perimetrale pari a circa il 7% in più rispetto a Khafra (Chefren). MENKAURA 413,6 / 65,5 = 6,312 I rapporti tra i perimetri alla base e le altezze delle tre piramidi forniscono risultati simili ma non esattamente uguali per le tre costruzioni; per Cheope il rapporto è esattamente pari a 2π mentre per Chefren esso si approssima a 6 e per Micerino a 6,31 che è approssimativamente pari a 2 π ma non può essere considerato esattamente uguale. Da ciò si deduce che tale rapporto per Cheope equivale al rapporto tra circonferenza e raggio di una sfera o cerchio mentre la stessa cosa non può essere considerata tale per le altre due costruzioni. RAPPORTO TRA I LATI ALLA BASE E ALTEZZE KHUFU = 230,36 / 146,6 ≈ 1/2 π = 1,57135 KHAFRA = 215,25 / 143,5 = 1,5 MENKAURA = 103,4 / 65,5 = 1,5786 ≈ 1/2 π Allo stesso modo i rapporti diretti tra i lati alla base e le altezze forniscono i valori approssimati di 1/2 π per Cheope (ottima approssimazione) mentre tale approssimazione è scarsa per Micerino e nessuna apparente relazione è presente per Chefren RAPPORTO TRA I LATI ALLA BASE KHUFU / KHAFRA = 230,36 / 215,25 = 1,07019…. KHUFU / MENKAURA = 230,36 / 103,4 = 2,2278… KHAFRA / MENKAURA = 215,25 / 103,4 = 2,081…. I rapporti tra i lati alla base non forniscono particolari informazioni senonché Cheope è di poco più grande rispetto a Chefren (7% in più) mentre entrambe hanno i lati all’incirca pari al doppio di Micerino RAPPORTI TRA LE ALTEZZE KHUFU / KHAFRA = 146,6 / 143,5 = 1,0216… KHUFU / MENKAURA = 146,6 / 65,5 = 2,238167…. KHAFRA / MENKAURA = 143,5 / 65,5 = 2,19083…. I rapporti tra le altezze delle tre piramidi di Giza non forniscono particolari informazioni; all’incirca Cheope e Chefren presentavano la stessa altezza con una differenza di pochi metri (2,16% circa) oggi ridotta a circa 138 contro 136 mentre entrambe hanno un’altezza doppia rispetto a Micerino (confermate le proporzioni geometriche relative alla lunghezza perimetrale e i lati alla base) 6.378.388 / ( Ø16 2 π2) = 146,462 cioè l’altezza della piramide di Khufu rappresenta il raggio equatoriale terrestre diviso per il prodotto della costante aurea Ø = 1,618… elevata alla 16° potenza per 2 pi greco al quadrato, con un margine di errore dello 0,09558% L’informazione che si deduce da questo calcolo potrebbe essere considerata come una mera speculazione numerica, ma deve essere attentamente valutata proprio in merito alla presunta conoscenza degli Egizi del π circa duemila anni prima di Archimede PARTICOLARI RIFLESSIONI SUL PERIMETRO DI KHUFU (CHEOPE) La lunghezza perimetrale di Khufu (Cheope) pari a circa 921 m può essere ricavata dal seguente modello 40.076.594 / ( Ø16 2 π2) ≈ 920,247… Cioè la lunghezza del perimetro di Khufu rappresenta la circonferenza equatoriale terrestre divisa per la costante aurea Ø= 1,6180339… elevata alla 16° potenza moltiplicata per 2 pi greco al quadrato, con un margine di errore rispetto alla lunghezza effettiva della piramide dello 0,1296%. Il modello di calcolo è esattamente uguale a quello utilizzabile nel punto 6, per cui non appare del tutto casuale. RAPPORTI TRA LE AREE BASE L’area o superficie della base è data dalla formula A=lxl Dove A indica il valore dell’area espressa in m2 e l indica il valore della lunghezza del lato PARTICOLARI RIFLESSIONI SULL’ALTEZZA DI KHUFU (CHEOPE) KHUFU / KHAFRA = 53065,7296 / 46332,5625 = 1,1453… L’altezza originaria della piramide di Khufu pari a circa m 146,6 si può evincere dal modello KHUFU / MENKAURA = 53065,7296 / 10691,56 = 4,9633… KHAFRA / MENKAURA = 46332,5625 / 10691,56 = 4,3335… L’analisi dei rapporti tra le aree alla base non fornisce particolari informazioni. Risulta che la superficie alla base di Cheope è di poco più grande rispetto a Chefren (1,14 volte) mentre entrambe sono poco meno di 5 volte più grandi di Micerino. I dati disponibili non permettono di elaborare una particolare sequenza tra tali valor RAPPORTI TRA I VOLUMI DELLE PIRAMIDI Il volume delle piramidi a base quadrata è dato dalla formula V = 1/3 l2h Dove l indica il valore del lato di base e h il valore dell’altezza della piramide Otteniamo così: KHUFU = 1/3 230,362 146,6 = 2.593.145,32 m3 Per cui non appare del tutto casuale, oltre alla presenza della costante Ø nei casi precedenti, la sua presenza in questo ulteriore rapporto numerico che esprime una proporzione geometrica nei volumi delle stesse ALCUNE IMPORTANTI CONSIDERAZIONI SULLA PRESENZA DELLA SEZIONE AUREA NELLA PIRAMIDE DI CHEOPE E SULLE SUE CONSEGUENZE La questione estremamente controversa della presenza della costante matematica Ø = 1,6180339…. nella piramide di Cheope è stata sollevata, ufficialmente, per la prima volta nel 1859 dallo studioso John Taylor che pubblicò un saggio dal titolo: “The Great Pyramid: Why was it built and who built it?”, in cui analizzò le proporzioni geometriche della piramide introducendo tale ipotesi che fu suffragata, successivamente, dall’astronomo Charles Piazzi Smyth. La questione può essere riassunta nei seguenti termini: KHAFRA = 1/3 215,252 143,5 = 2.216.240,906 m3 MENKAURA = 1/3 103,42 65,5 = 233.432,393 m3 KHUFU / KHAFRA = 2.593.145,32 / 2.216.240,906 = 1,17 KHUFU / MENKAURA = 2.593.145,32 / 233.432,393 = 11,1 KHAFRA / MENKAURA = 2.216.240,906 / 233.432,393 = 9,494 L’analisi dei rapporti tra i volumi delle piramidi fornisce alcune importanti informazioni; Cheope ha un volume ovviamente di poco più grande rispetto a Chefren (1,17 volte) mentre Cheope presenta esattamente un volume pari a 11 volte Micerino, contro i 9,49 di Chefren. In particolare il valore del rapporto del volume di Cheope e Micerino è pari al valore 11,1 che può essere considerato un arrotondamento del modello Ø5 = 1,6180339…5 ≈ 11,09 Infatti 11,11/5 = 1,61832072…. ≈ Ø LUNGHEZZA LATO CHEOPE m 230,36 LUNGHEZZA PERIMETRO CHEOPE m 921,44 ALTEZZA ORIGINARIA CHEOPE (c2) m 146,60 LUNGHEZZA SEMILATO CHEOPE (c1) m 115,18 L’ipotenusa del triangolo rettangolo che si può costruire con il semilato di Cheope e l’altezza (i cateti sono rispettivamente 115,18 m e 146,6 m) è data da (applicando il teorema di Pitagora) da cui si ricava che i = (115,182 + 146,62)1/2 = 186,43 quindi il rapporto tra l’ipotenusa e il semilato è dato da 186,43 / 115,18 = 1,618596….. ≈ Ø In termini prettamente geometrico – matematici, questa è la dimostrazione che gli Egizi conoscevano la sezione aurea, sebbene gli studiosi facciano notare che tale utilizzo possa essere stato effettuato in modo “inconsapevole” continuando a negarne una validità assoluta. La differenza fondamentale tra tale tipo di dimostrazione e i modelli precedentemente analizzati è legata al fatto che in questo caso vi è un’interpretazione prettamente geometrica, in cui il valore della costante aurea si ottiene da un rapporto diretto tra due lati di un triangolo costruito con le misure originarie della piramide mentre nei modelli precedenti la costante Ø è “nascosta” ad un’immediata interpretazione poiché inserita in calcoli in cui il suo valore è moltiplicato con altre costanti (vedi π) e con elevamenti a potenza che non sono di immediata individuazione. Tuttavia che tali speculazioni numeriche abbiano un significato logico può apparire evidente se si considera che due cifre che formano costanti matematiche non possono essere inserite casualmente in un dato numerico di un manufatto; se anche la pendenza attribuita alla piramide fosse indispensabile per garantirne la stabilità e questa fosse stata casuale, non altrettanto casuale può essere l’inserimento delle misure della circonferenza terrestre e del raggio con la stessa costante nelle misure del perimetro e dell’altezza piramidale. A ben guardare proprio le ipotesi introdotte in passato dal Prof. Livio Catullo Stecchini (storico della scienza esperto di misure antiche) secondo cui la piramide di Cheope è una rappresentazione in scala 1:43.200 delle misure della circonferenza equatoriale terrestre e del raggio fondata su codici astronomi precessionali (43.200 è 4.320 x 10 dove 4320 indica due “ere” precessionali di 2.160 anni l’una) possono essere “corrette” a favore di una presenza della costante Ø in tali misure, piuttosto che dei numeri precessionali. Proprio per giustificare tali misure Stecchini propose di considerare la circonferenza equatoriale in circa 39.814.000 metri che divisi per 43.200 fanno 921,6 m, cioè pari al perimetro di Cheope, ma tale misura presenta un margine di errore dello 0,65% circa che sarebbe dovuta alla mancata considerazione del rigonfiamento equatoriale terrestre. Tale ipotesi perderebbe terreno (anche a livello scientifico) stante l’importanza che ha la sezione aurea come conoscenza scientifica antica (a discapito della numerologia precessionale) se si considera l’ipotesi indicata ai punti 6 e 7 in cui il valore della circonferenza terrestre è inserito nel perimetro di Cheope per mezzo della relazione Ø16 2 π2 921,44 = 40.141.968 m circa contro 40.076.594 m con un margine d’errore rispetto alla misura effettiva dello 0,16% (più ridotto rispetto a quello di Stecchini). ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA PRESENZA DELLA COSTANTE AUREA Ø NELLE PIRAMIDI IN RAPPORTO ALLE SPIRALI AUREE L’analisi delle misure delle piramidi di Giza ha portato ad una serie di risultati importanti riguardanti la presenza della costante Ø = 1,6180339… in rapporti di misure, costruzioni geometriche e rappresentazioni di misure astronomiche nelle stesse; tuttavia nonostante la presenza di tale costante nelle misure dei tre manufatti non sempre è possibile ravvisare collegamenti diretti di tali valori con modelli che inglobano la sezione aurea; è il caso per esempio della spirale aurea ALTEZZA KHUFU / LATO KHAFRA = 146,6 / 215,25 = 0,681… ALTEZZA KHUFU / LATO MENKAURA = 146,6 / 103,4 = 1,4177 ALTEZZA KHAFRA / LATO KHUFU = 143,5 / 230,36 = 0,6229… ALTEZZA KHAFRA / LATO MENKAURA = 143,5/103,4 = 1,3878 L’equazione di una spirale aurea è uguale alle altre spirali logaritmiche ma in essa a e b sono numeri reali, e è la base dei logaritmi naturali e Ɵ esprime il valore dell’angolo retto (90°); quando Ɵ assume tale valore b diventa ALTEZZA MENKAURA / LATO KHUFU = 65,5 / 230,36 = 0,28433… per cui se l’angolo è misurato in gradi si ottiene b = ln 1,6180339 / (π/2) = 0,306349 b = ln 1,6180339 / 90 = 0,0053468… è dato dal rapporto tra l’altezza della piramide di Micerino e il lato di Chefren che è pari a 0,30429 contro 0,30634 del parametro b calcolato quando l’angolo è calcolato in radianti; tuttavia per il valore così calcolato non è possibile individuare una relazione diretta tra le due cifre; altrettanto si può dire per le altre cifre espressione dei rapporti inversi delle altezze e dei lati delle piramidi. Da ciò si può dedurre che non vi è nessun collegamento diretto tra le misure ivi indicate in rapporto a possibili modelli relativi a spirali auree. mentre se è misurato in radianti diventa b = ln 1,6180339 / (π/2) = 0,306349 Valori simili a quelli ottenuti nei parametri dell’equazione della spirale aurea possono essere ricercati nei rapporti inversi delle misure delle piramidi: ALTEZZA KHUFU /LATO KHUFU = 146,6 / 230,36 = 0,6363… ALTEZZA KHAFRA / LATO KHAFRA = 143,5 / 215,25 = 0,666… ALTEZZA MENKAURA / LATO MENKAURA = 65,5 / 103,4 = 0,6334… I rapporti reciproci di altezza in rapporto al lato base permettono di mettere in luce un valore abbastanza uniforme nelle proporzioni delle tre piramidi. ALTEZZA MENKAURA / LATO KHAFRA = 65,5 / 215,25 = 0,30429… I rapporti reciproci tra le altezze e i lati delle piramidi “incrociati” mettono in luce dei valori che solo in parte, in alcuni casi, si avvicinano al parametro dell’equazione della spirale aurea; l’unico valore che si avvicina a BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE TOMKINS P., STECCHINI L.C. (1971), Secrets of the Great Pyramid, Ed. Edison 1997 PROGETTO ‘PARZIVAL’ LA SCOPERTA DELLE SINDROMI MITOLOGICHE di NILMAN Formazione Roma Premessa Da 5 lunghi anni, Nilman è impegnata sulla realizzazione di un progetto di ricerca finalizzato ad offrire alle imprese associate, alle organizzazioni più disparate uno strumento innovativo per sviluppare il business, la convivenza, la stabilità del nucleo ridisegnando i meccanismi organizzativi e gestionali interni, progettando e gestendo efficacemente i cambiamenti strategici e organizzativi. Partendo da una prospettiva inusuale di osservazione dei fenomeni sociali e di come questi determinano il successo dell’organizzazione, lo studio permette di indagare sull’origine e sul perché le organizzazioni stesse reagiscono in determinati modi agli stimoli interni ed esterni. Lo studio proposto è nato a seguito di quanto rilevato da Nilman nelle numerose esperienze di lavoro con realtà operative di diversa natura, dimensione e localizzazione: esiste un meccanismo comportamentale in grado di determinare il destino di ogni struttura sociale organizzata e che ritroviamo con sorprendente ricorsività all’interno di tutti gli organismi sociali complessi, siano essi aziende; organizzazioni culturali, religiose, sportive; associazioni di ogni genere, partiti o movimenti politici; organizzazioni pubbliche. Tale meccanismo che agisce a livello inconscio ed è peculiare ad ogni ruolo/figura aziendale, riguarda il rapporto che gli individui hanno con la propria azienda e che è determinato dal percepito che ciascuno ha dell’organizzazione di appartenenza, delle sue origini, della sua evoluzione, dei valori, dell’etica e della moralità. Individuare, riconoscere e riprogrammare tale meccanismo comportamentale consente alle organizzazioni di cogliere in modo puntuale le http://www.nilman.it “ragioni” dei comportamenti individuali e di intervenire in modo specifico e incisivo sugli ambiti di distorsione e di dispersione degli sforzi e delle energie individuali e collettivi più radicati. Permette inoltre di individuare le soluzioni strategiche, organizzative, gestionali, commerciali, etc.- più adeguate per consolidare/ riposizionare l'organizzazione rafforzandone la capacità di cogliere le opportunità e le criticità del presente e per far si che le persone possano riconfigurare rapidamente e in modo puntuale il proprio modo di re-agire ai cambiamenti. Lo strumento di indagine proposto permette dunque di: ✦ individuare le reali contraddizioni tra sistema e metasistema, ovvero tra sistemi organizzativi (strutture, ruoli, strumenti di gestione e controllo, di definizione e misurazione degli obiettivi e delle performance, etc) e il percepito dai singoli: la fiducia, la convinzione nella propria infallibilità e di quella aziendale (del management e dei colleghi), il recupero della dimensione spazio temporale, etc. ✦ comprendere con precisione quanto la visione manageriale sia convergente con quella delle persone all’interno dell’azienda; ✦ riconoscere i segnali deboli e gli elementi intangibili che definiscono (insieme agli indicatori economico-finanziari) lo stato di salute dell’impresa; ✦ acquisire una conoscenza più profonda del contesto sociale interno per poter intervenire tempestivamente su quei fattori che (principalmente in tempi di crisi e di incertezza) fanno involvere l’azienda, ancorandola nel passato (percepito migliore rispetto al presente) e rendendo difficile l’individuazione delle risorse per progettare e costruire il futuro. Il Mito nell’organizzazione Lo studio si fonda e nasce da un incontro originale tra la letteratura manageriale che si rifà alle teorie psicanalitiche, in particolar modo quelle junghiane, ed alle teorie sociologiche dell'organizzazione1. La tesi di partenza è che il comportamento organizzativo nei momenti di passaggio da un equilibrio all'altro è plasmato dalla riproposizione, attualizzata, dei meccanismi comportamentali che hanno caratterizzato l'organizzazione nei "moments of truth" vissuti dall’impresa: ✦ imprinting (l'atto di fondazione); ✦ innovazione (ricerca della discontinuità); ✦ leadership (esercizio del potere); ✦ decisione (esercizio del giudizio); ✦ composizione degli interessi (condivisione della giustificazione, da justus facere - cosa giusta da fare). Lo strumento narrativo e simbolico che permette di socializzare, diffondere e riprodurre il percepito collettivo di questi momenti e fasi -l’origine, l'evoluzione, i valori, l’etica di una collettività- è il Mito. Il Mito amalgama l'identità individuale con le credenze, fedi e valori collettivi; in chiave organizzativa, riproduce il percepito collettivo circa i moments of truth attraversati e si ripropone nei comportamenti organizzativi quotidiani che, appunto, sono l’espressione attualizzata dei miti costruitisi in esperienze maturate negli anni. I miti riprodotti possono sia facilitare l'affermazione di esperienze nuove (cambiamento) o rafforzare il prevalere della conformità a regole e norme vigenti (resistenza). 1 Appare chiara l’importanza e la rilevanza di uno strumento che permette di analizzare gli effetti dei miti presenti in azienda e di verificane l’impatto, per comprendere la dinamica tra cambiamento e resistenza sia all'interno dei contesti organizzativi e per poter progettare strategie e azioni per governare e/o riconfigurare tali processi. Ma come determinare il Mito-in-azione? In coerenza con le interpretazioni junghiane, si ritiene che i comportamenti collettivi ed individuali in condizioni di tensione (o come meglio potremmo dire di tensione/attenzione) sono fortemente influenzati dalla presenza di un percepito comune, trasversale rispetto alle esperienze individuali. Tale percepito comune da cui si dipanano le Mitologie organizzative lo definiamo "archetipo". Gli archetipi li ritroviamo nelle narrazioni di diverse civiltà: Atlantide, Ulisse, etc. ne sono gli esempi più noti. A partire da un gruppo ristretto ed individuato di miti archetipali è possibile individuare la Mitologia di ciascuna impresa relativamente ai singoli moments of truth. Dagli archetipi comuni alla civiltà nel cui contesto operano le organizzazioni è possibile arrivare alle radici profonde dei miti che sono riprodotti hic et nunc nelle organizzazioni e che favoriscono o impediscono il raggiungimento di un dinamico equilibrio tra le tensioni interne e verso l'ambiente esterno, che caratterizzano la vita dell’impresa. Ogni impresa vive un quotidiano, continuo, compromesso tra la tensione/attenzione etica verso l'emancipazione e la tensione/attenzione alla performatività. Il prevalere/permanere di un squilibrio tra performatività ed emancipazione è il fattore determinante di uno spettro ampio di patologie che vanno sotto il nome di sindrome organizzativa, primeggiando drammaticamente fra tutte quelle attinenti ai processi decisionali (analysis-paralysis, limitata capacità di problem solving, tendenza al ritardo o alla mancata Si fa qui riferimento all’approccio Neo Istituzionalista sviluppato principalmente alla Stanford University. presa di decisione) e dei comportamenti organizzativi in genere. La esplicitazione e comprensione dei miti agiti nelle organizzazioni fornisce, quindi, informazioni preziose per diagnosticare le sindromi disfunzionali e ridurne o rimuoverne gli effetti. Obiettivi della ricerca Una vasta area di analisi e consulenza manageriale si imbatte regolarmente sui miti e sulla Mitologia come elemento fondante della cultura organizzativa. Tuttavia ciò che ad oggi manca è una sistematica identificazione degli archetipi e dei miti che oggi sono riprodotti nelle imprese. Manca, quindi, un modello di riferimento basato sui miti e sugli archetipi che concretamente sono presenti nella cultura della specifica impresa che renda possibile l’anamnesi dei fattori scatenanti delle sindromi organizzative. In generale i metodi analitici esistenti cercano di individuare origini esogene o endogene delle problematiche che affliggono le organizzazioni considerando gli individui come vittime (crisi di mercato, concorrenza, pricing, sistemi, caduta della domanda, incompetenza del board, deficienze organizzative e via discorrendo). Le anamnesi fondate su questi metodi analitici hanno il pregio di basarsi su variabili quantitative apparentemente oggettive identificando azioni positive al servizio di strategie aziendali. Tuttavia tale anamnesi non riesce a fornire tutte le informazioni necessarie al cambiamento delle mappe cognitive degli individui, a quella trasformazione culturale che spesso è indicata come priorità. Il progetto di ricerca prevede la raccolta dei racconti individuali dell'impresa, del vissuto attuale ed del percepito degli individui. Il racconto dell’individuo stesso, della sua evoluzione intesa come curva esistenziale e rapporto con il tempo, del suo essere attore della riproduzione dei miti dell'impresa è il miglior veicolo per individuare i miti diffusi nell'organizzazione ed il ruolo che la loro riproduzione sta giocando nelle dinamiche organizzative. Il progetto di ricerca consente di definire un modello di riferimento dei miti nelle organizzazioni e quindi di svolgere un'anamnesi sulle cause dei disequilibri tra agire "ordinato" ed agire "esploratorio", tra performatività ed emancipazione. L'anamnesi è in grado di individuare "sindromi" che influenzano il comportamento organizzativo e che sono in relazione con l'identità individuale e con lo strato più profondo della cultura aziendale. La rilevanza della ricerca sta nel fatto che la disponibilità di un modello di riferimento consente di realizzare anche un diagnostico, non generale ma soggettivo, individuale seppure all’interno di un processo collettivo. La diagnosi può arrivare a suggerire anche il passaggio dal Mito-in-azione al Mito-interrotto attraverso il "seppellimento" di alcuni miti e la riproposizione di altri, mediante una serie di azioni di vario genere che possono abbracciare tutti i settori organizzativi. Implicazioni/Applicazioni manageriali La revisione dell'impianto Mitologico esistente in una struttura rappresenta una nuova prospettiva di lavoro sulla cultura organizzativa e, prima ancora, sulle mappe cognitive individuali. I miti presenti in azienda sono infatti vincoli che plasmano le mentalità individuali e collettive. Nella prospettiva di una ristrutturazione profonda delle attitudini nell'impresa - il "cambio di mentalità" che tanta pubblicistica ritiene necessaria per la competitività - la ricerca sui miti individua un campo di azione nuovo sulle determinanti delle "mentalità". La individuazione, esplicitazione, comprensione e revisione dei miti rappresenta un tentativo di agire su questa dimensione socio-psicologica per rimuovere vincoli e liberare energie. Il diagnostico sui miti dell'impresa può pertanto essere finalizzato ad una serie di obiettivi aziendali di seguito sommariamente sintetizzati: ✦ rimozione e sostituzione dell'impianto Mitologico in atto ✦ rimodulazione dell'impianto Mitologico ✦ esplicitazione dei miti agiti nell'impresa. I tre obiettivi sono finalizzati a facilitare i processi organizzativi in corso individuando i miti e, dunque, i racconti e le narrazioni funzionali a rafforzare le attitudini individuali e collettive necessarie per il cambiamento. Possono inoltre condurre a rivedere le strategie e le azioni organizzative, gestionali, commerciali poste in essere dalle aziende. studio e del confronto con il mondo accademico e con le principali scuole di management nazionali ed internazionali. Ogni intervento è progettato e realizzato in funzione delle specificità di ciascuna azienda, per accompagnarne la crescita e mettere a fattor comune le conoscenze e le competenze interne, facilitare l’integrazione e lo sviluppo, stimolare la creatività e l’innovazione, coniugare senso di appartenenza ed osservazione critica dei fenomeni organizzativi, favorire la ricerca e la valorizzazione degli asset interni che rendono ogni organizzazione “unica”. Per Nilman fare consulenza e formazione significa: ✦ lavorare in partnership con le strutture della formazione per costruire interventi efficaci, concreti, compatibili ed ad elevato impatto sull’organizzazione, sulle persone, sul business; ✦ costruire sistemi e strumenti per conoscere ed interpretare le esigenze organizzative e tradurle in soluzioni strategiche, organizzative, gestionali, commerciali, etc; ✦ progettare e realizzare sistemi e strumenti di gestione e monitoraggio degli interventi realizzati, di analisi dei costi e di valutazione dell’efficacia e degli impatti dei singoli interventi sul risultato d’impresa, sulla cultura e sulle potenzialità dell’organizzazione cliente. Presentazione Nilman Nilman nasce da un gruppo di professionisti con un consolidato know-how nei settori della formazione e della consulenza organizzativa e gestionale, maturato grazie alle numerose esperienze ed ai progetti realizzati dai suoi consulenti per imprese ed organizzazioni pubbliche e private italiane. I nostri attuali Clienti sono: Advanced Computer System; Hertz Italia; Bravo Solution, Telecom Italia, Fives Giustina, Iscot, Iss World, Saba Italia, Trelleborg SpA, Kpmg; ACI, Italia Lavoro, Cassa Depositi e Prestiti, Equitalia Servizi; Enav; INPS, Ministero della Giustizia, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, Provveditorato del Triveneto; Comune di Roma; Agenzia per lo Sviluppo delle Amministrazioni Pubbliche (ASAP), Regione Lazio. Nilman utilizza una vasta gamma di approcci, metodologie, strumenti e modalità consulenziali, dai più tradizionali ai più innovativi, frutto della ricerca costante, dello Riferimenti: CEO Valeria D.ssa Arancia, News in Learning Management srl (NILMAN) www.nilman.it Viale Mazzini 134, 00187 Roma Tel. 06-45615186 Mob. 329-3004292 [email protected] La scienza delle “Abductions” - Vol. 2 Gli studi di John E. Mack di Enrico Travaini La prima parte è fruibile sul sito di ASPIS, cliccare sul seguente link: http://www.associazioneaspis.net/la-scienza-delleabductions-vol-1-gli-studi-di-john-e-mack/ La svolta nei suoi studi si può far risalire al 1999, quando nel suo libro: "Passport To The Cosmos: Human Transformation and Alien Encounters", il Dr. Mack definì nuovamente i limiti delle esperienze di Abduction paragonandole a esperienze mistiche e spiritualiste. Trattando una serie di miti e leggende che da secoli parlano di “popoli delle stelle”, esseri che, secondo la tradizione Shamanistica, “vennero dall'alto dei cieli". Inoltre, criticò fortemente il pensiero occidentale e la divisione netta tra mondo scientifico e mondo spirituale. Mack affermò che tale divisione impedisce l'apprendimento di tutti quei fenomeni quali: Abduction, NDE (esperienze vicino alla morte), OBE (esperienze fuori dal corpo) e una varietà di altri stati di coscienza alternativi e stati d’essere. Tratto dall'intervista di Joe Eich-Bonni "Alieni tra noi intervista con il dr. John Mack": "...il Dr.Mack insiste sulla necessità per gli osservatori di questo fenomeno, di un cambiamento della loro ontologia e di uno sviluppo di nuove epistemologie, ovvero, una modifica nella loro definizione di realtà e una ricerca di nuovi sistemi e vie d’apprendimento — modalità di studio delle cose — per poter capire semplicemente l’evidenza presentata, senza necessariamente provare o confutare gli eventi descritti dai testimoni. Con un passo audace, il buon dottore, dopo aver intervistato centinaia di esperienti, come lui preferisce chiamarli, ha chiesto ai suoi lettori e cosa più importante, nell’ambito scientifico in varie discipline, di espandere la nostra visione del mondo e accettare concetti spesso lasciati agli sciamani o ai fisici quantistici, i dottori stregoni delle comunità rispettivamente spirituali e scientifiche e non di accettare solo concetti sugli universi multipli e paralleli, ma anche che qualche volta le cose avvengono, anche se non ci sono prove, per come noi le distinguiamo, per supportare gli eventi o i risultati proprio davanti a noi. ..." Il Dr. Mack iniziò quindi a parlare di "Trasformazione", ovvero di un cambiamento nel vedere le cose e il mondo circostante. Si accorse che le Abductions, per quanto terribili, aprivano negli addotti nuovi stati dell'essere. Nuove visioni di vita. Iniziarono quindi gli studi sulla Coscienza e sul fenomeno di Coscienza con ricercatori del calibro di Stanislav Grof. Nonostante il suo lavoro fosse altamente scientifico, aiutato non solo da collaboratori e esperti di altri rami del sapere (Mack condusse ricerche interdisciplinari, pienamente convinto che un fenomeno del genere debba essere studiato da più punti di vista), venne accusato più volte di essere un ciarlatano. Gli furono contestati i metodi di ricerca e addirittura fu messo sotto giudizio. Nel 1994 il Decano della Harvard Medical School nominò un comitato paritario per indagare sulle pratiche mediche e investigazioni cliniche delle persone che hanno raccontato i loro "incontri alieni" al Dr. Mack. La maggior parte delle accuse si dimostrarono prive di fondamento quando sottoposte a stretto esame. Dopo 14 mesi d'inchiesta Harvard pubblicò una dichiarazione nella quale il Decano "riaffermava la libertà accademica del Dr. Mack per studiare qualsivoglia argomento correlato alla psichiatria ...". Mack continuò gli studi, girando il mondo e incontrando numerosi ricercatori, ufologi e parlando nelle principali trasmissioni televisive degli Stati Uniti. Rimarcò come il fenomeno Abduction e in generale tutti i fenomeni insoliti, siano da leggere sotto altre lenti d'indagine. Insomma la metodologia è necessaria, la scienza è necessaria, ma a volte bisogna osservare andando oltre. Per questo fu contestato e successivamente alla morte, nel 2004 a Londra investito da un ubriaco in auto, "dimenticato" dal mondo scientifico "ufficiale". Nonostante la mole di materiale preso in esame il dubbio rimane: disturbi mentali o fenomeno incredibile ma reale? Questo genere di ricerca si allinea perfettamente ai canoni di ASPIS e quindi di Tracce d'Eternità. Come penso sia ormai chiaro, la nostra Associazione mira proprio ad una ricerca si scientifica e metodologica ma con una visione più ampia dei fenomeni presi in esame. Mack venne considerato da molti suoi colleghi come uno "scienziato eretico" perché comprese i veri limiti della scienza ortodossa e tentò di andare oltre. RIFERIMENTI ESSENZIALI E NOTE: https://it.wikipedia.org/wiki/Stanislav_Grof http://johnemackinstitute.org/ http://esperienti.com/ https://it.wikipedia.org/wiki/John_Edward_Mack http://esperienti.com/category/interviste/ https://it.wikipedia.org/wiki/Rapimento_alieno http://esperienti.com/2003/11/paola-harrisintervista-john-mack/ https://it.wikipedia.org/wiki/Parasonnie http://ufounderground.homestead.com/ aliens23.pdf https://docs.google.com/document/d/1UDceP e04x_Mw_h0CzOFAfq26wags2Szdh7uWSPPO uw/edit?pli=1 http://scienze.fanpage.it/quando-il-sonnodiventa-incubo-viaggio-nelle-terrificantiparasonnie/ http://esperienti.com/2001/02/alieni-tra-noiintervista-con-il-dr-john-mack/ http://esperienti.com/category/trasformazioneumana-ed-incontri-alieni/ http://www.makemagicproductions.com/ johnmack/ MACK_Project_synopsis_with_audio.pdf Dal Paradosso di Fermi e di Olum al Destino delle Civiltà nella Galassia di Federico Tommasi Partendo dalla mancanza di evidenti e abbondanti segnali da parte di civiltà avanzate nella Galassia, nei Paradossi di Fermi e di Olum emerge drammaticamente un conflitto tra l'Universo come noi lo osserviamo e le previsioni teoriche. La possibile introduzione di meccanismi di regolazione su scala galattica potrebbe nascondere la chiave per una parziale risoluzione di questi enigmi, allo stesso tempo tanto affascinati quanto inquietanti. Introduzione In una articolo precedente [1] abbiamo affrontato il problema della stima del numero di civiltà presenti nella Galassia attraverso l'Equazione di Drake, sia reinterpretandone i parametri alla luce degli studi più moderni, sia riformulando il problema dal punto di vista statistico [2]. L'indagine delle costrizioni dovute alla scelta dei sistemi stellari più adatti alla noogenesi ha portato all'introduzione della Zona di Abitabilità Galattica (GHZ) [3] ed è finita con l'individuare nei parametri riguardanti lo sviluppo di una civiltà le più grandi fonti di incertezza. In particolare, la vita media di una civiltà sembra essere il parametro più difficilmente stimabile, data la sua natura perlopiù speculativa, causando così una parziale inficia dei risultati finali, anche all'interno della riformulazione statistica. Nel presente articolo quindi ci occuperemo più in dettaglio di questo problema, partendo dai paradossi di Fermi, di Olum, l'argomento Delta t e il Grande Filtro, passando quindi per le possibili “apocalissi” che possono annientare una civiltà e introducendo infine la Transizione di Fase Astrobiologica (Astrobiological Phase TransitionAPT) come possibile parziale risoluzione. Molti argomenti trattati saranno quindi proposti sotto forma di paradosso o argomentazione dal carattere provocatorio. Istintivamente potremmo essere portati ad intuire qualcosa di errato nelle, a volte paradossali, previsioni che essi descrivono. Tuttavia, la risoluzione di questi enigmi rimane tutt'altro che immediata da ottenere e l'effetto sarà quello di aprire nuove prospettive sul problema del “Contatto” e forse suscitare nuove domande. “Dove sono tutti quanti?” Il Paradosso di Fermi fu formulato da Enrico Fermi nel 1950 [4], successivamente discusso da K. Tsiolkovsky e rimasto virtualmente sconosciuto fino all'apporto di D. Viewing e la sua riscoperta da parte di M. Hart nel 1975 [5]. Le premesse riguardano l'assenza di una chiara presenza extraterrestre nel Sistema Solare e una mancanza di prove della presenza di civiltà estremamente avanzate nella Galassia, come anche di segnali (Grande Silenzio [6]). L'osservazione quindi assume le caratteristiche di un paradosso se si confronta la vita della Galassia con il tempo di colonizzazione della stessa, considerando anche l'elevato numero di possibilità date dal numero dei sistemi stellari sui quali potrebbero spontaneamente emergere delle civiltà. Il tempo caratteristico di colonizzazione della Galassia viene usualmente chiamato Fermi-Hart timescale tFH [7] che, senza tirare in ballo esotiche (e probabilmente impossibili) velocità maggiori della velocità della luce, viene stimato tra il milione [8] e i 100 milioni di anni, con scenari che ipotizzano sonde autoreplicanti [9] o modelli di espansione a corallo [10,11]. Quindi un tempo decisamente minore dell'età, dell'ordine dei 10 miliardi di anni, della Galassia. A ciò va ad aggiungersi il fatto che l'età mediana dei pianeti di tipo terrestre viene stimata intorno a 1.8±0.9 miliardi di anni più vecchia dell'età della Terra [12,13]. Le moltissime possibili soluzioni sono state proposte per il Paradosso di Fermi [14] possono essere catalogate in due principali categorie: “soft-” e “hard-solutions”. Nella prima categoria cadono sicuramente le soluzioni che riguardano ipotetiche super-simulazioni che cercano di nascondere la vera realtà astrofisica [15]. Questo tipo di soluzione appare infatti emergere più da un pensiero pseudoreligioso che scientifico e, ovviamente, pecca, per definizione, in falsificabilità. Anche l' “Ipotesi Zoo” [16], con osservatori alieni che si nascondono alla vista dei terrestri, sebbene più interessante, rientra in questa categoria. Inoltre quest'ultima soluzione è stata esposta a critiche che ne minano le potenzialità, oltre a non spiegare il fatto che la Terra non sia stata colonizzata nelle epoche precedenti la noogenesi. Uno scenario di questo tipo prevederebbe un clamoroso accordo tra le diverse civiltà, caratterizzate da strutture sociologiche differenti e probabilmente giustificabile sono all'interno del totale predomino di una delle culture in ogni angolo della Galassia. Uno studio di Duncan H. Forgan [17] stabilisce che la probabilità di una egemonia totale sulla Galassia da parte una antica e longeva civiltà sia un evento con probabilità estremamente bassa, considerando anche che la velocità finita della luce dovrebbe costituire un ostacolo per l'immediata influenza delle prime civiltà su quelle emerse posteriormente. Le ipotesi “sociologiche”, come la sistematica distruzione per guerre, disinteresse per la comunicazione o lo sviluppo spaziale, sono soluzioni che hanno il difetto di non avere la proprietà di non-esclusività, cioè di non includere elementi che possono essere applicati a priori per ogni tipo di civiltà. Un'altra soluzione di questo tipo è l' “ipotesi di trascendenza” [18], che prevede che una civiltà tecnologica segua deterministicamente una linea evolutiva che la porterà necessariamente verso una sorta di dominio computazionale su una scala tendente alla singolarità, contrapposta al classico sviluppo ingegneristico ed espansionistico su scala interstellare. La soluzione delle “finestre temporali”, nella quale le varie civiltà, per via di un'auto-distruzione, estinzione o anche di “fuga nella singolarità”, non presentano sovrapposizione temporale nella storia della Galassia, può essere considerata una soluzione ragionevole e forse (come le precedenti del resto) anche vera, ma pecca sostanzialmente nella necessità di dover fare ipotesi a priori (o semplicemente, astenersi del tutto dal farlo) su entità assolutamente sconosciute. Inoltre non possiede, ovviamente, caratteristiche di falsificabilità. Una “hard-solution”, per essere tale, deve essere applicabile in qualsiasi caso e quindi non può che essere costituita da un insieme di fattori dalla natura astronomica e astrobiologica. Questi fattori, dipendenti dal tempo e dalla posizione e direttamente emergenti dalla storia dell'Universo, dovrebbero concorrere a individuare una probabilità di contatto tra diverse civiltà diversa a seconda dell'epoca considerata. Il Grande Filtro Il Principio Antropico e il Grande Filtro Il termine Principio Antropico fu coniato da Brandon Carter nel 1974, definendolo come “... quello che ci aspettiamo di osservare deve essere ristretto dalle condizioni necessarie per la nostra presenza come osservatori”. Il termine “antropico” in realtà non è legato alla condizione di homo sapiens e il principio può essere meglio definito come “una autoselezione dovuta all'osservatore”. Nella versione “debole” del principio, Carter afferma che bisogna in qualche modo tenere conto del fatto che la nostra collocazione nell'Universo risulta essere necessariamente privilegiata, in quanto compatibile con la nostra esistenza come osservatori. Il problema del fine tuning è un tipico e molto controverso problema di questo tipo e nella sezione 3 ne incontreremo un altro riguardante l'esistenza di civiltà avanzate. Una delle conseguenze del principio è anche l'“Anthropic bias” [19] riguardante la stima di incidenza di quei fenomeni che possono minacciare l'esistenza della specie umana; in questo caso infatti il campione degli eventi osservati non sono rappresentativi dell'universo di tutti gli eventi, ma soltanto con quelli compatibili con la nostra presenza. Ciò può quindi portare ad una sottostima delle probabilità che l'umanità possa avere a che fare con un evento catastrofico. Carter inoltre introdusse un ulteriore argomento (Carter's Argument - CA) [20], che sarà poi ripreso da Barrow e Tipler [21], riguardante le probabilità di trovare altre forme di vita extraterrestri. In fisica, la probabilità che due scale di tempo che descrivono fenomeni non correlati siano molto vicine è estremamente bassa, dato che usualmente queste differiscono tra loro di diversi ordini di grandezza. Ciò dovrebbe quindi accadere anche per le scale di tempo tA (tempo di evoluzione stellare) e di tB (tempo di evoluzione biologica), dato che queste descrivono fenomeni diversi. Considerando l'unico caso di tB che ci è dato osservare (quello terrestre), le due scale sono dello stesso ordine di grandezza; l'evoluzione biologica fino alla noogenesi ha richiesto un tempo di circa 4.5 miliardi di anni, cioè circa la metà della vita del Sole nella fase di stella di sequenza principale. Considerando invece anche la finestra di abitabilità della Terra, per via dell'aumento di luminosità solare, che viene stimata chiudersi tra circa un miliardo di anni [22], tA e tB si avvicinano ulteriormente. Il caso tB molto minore di tA risulta molto improbabile, in quanto implicherebbe che proprio l'unico caso che noi siamo in grado di osservare coincida anche con quello tanto sfortunato da trovarsi nella coda della statistica temporale per questo tipo di fenomeni. Il caso opposto, tB molto maggiore di tA , rimane quello più probabile, descrivendo quindi uno scenario in cui la vita è emersa e si è evoluta fino alla noogenesi in tempi eccezionalmente brevi. Tanto brevi da poter essere cioè contenuta nella scala data da tA. L'effetto di selezione dovuto al Principio Antropico spiegherebbe quindi proprio perché noi stiamo osservando questo caso estremamente raro, percependo allo stesso tempo tA ≈ tB . Hanson estese il CA suggerendo di schematizzare l'evoluzione biologica governata da un certo numero di passi improbabili, introducendo l'idea del Grande Filtro [23]. Questa serie di filtri dovrebbero essere collocati temporalmente indietro nella storia che ha portato all'emersione dell'homo sapiens. L'altra possibilità, più inquietante, è che un filtro possa collocasi nelle vicinanze temporali successive alla noogenesi, spiegando così l'insuccesso nel rilevare superciviltà nel Cosmo. Se quest'ultimo scenario fosse vero, Bostrom suggerisce che dovremmo forse augurarci di non trovare forme di vita extraterrestre in forma primitiva, per poter così sperare di collocare il Grande Filtro nel nostro passato [24]. Lineweaver e Davies suggeriscono invece di applicare il CA alla noogenesi, invece che alla biogenesi [25]. Altri autori hanno attaccato le ipotesi alla base del CA cercando di individuare correlazioni tra l'evoluzione biologica e quella stellare. Ad esempio, nello scenario descritto da Livio ciò viene individuato attraverso la produzione di ozono nell'atmosfera planetaria [26]. Un'altra critica al CA riguarda il fatto che ulteriori fenomeni astrofisici, anche su scala galattica, possono forzare i tempi di evoluzione della biosfera [27]. Lo scenario che si aprirebbe porterebbe ad una scala tB non definita e alla possibilità di avere un' incidenza di noogenesi che cresce in maniera monotona con la storia della Galassia. Torneremo su questo argomento nella sezione 5. L'Argomento Delta t Il Principio Copernicano ci ha abituato all'idea di non occupare una posizione particolare nel Cosmo, così come l'introduzione dell'evoluzione Darwiniana di non occuparne una dal punto di vista biologico. In un articolo pubblicato su Nature nel 1993 [28], l'astrofisico J. Richard Gott III usò questa idea per stimare la possibile longevità di un osservabile e, in particolare, del tempo di sopravvivenza di una specie, tra le quali anche la nostra (“argomento Delta t”). Se l'osservatore non ha nessuna relazione con l'oggetto osservato, possiamo ragionevolmente supporre che il tempo dell'osservazione sia collocato in maniera casuale nella storia dell'oggetto. Ciò implica che, con un fattore di confidenza del 95%, la vita dell'oggetto si estenderà in futuro per un tempo casuale compreso tra 1/39 e 39 volte la sua età al momento dell'osservazione. Applicando questo ragionamento alla specie umana ( esistente da circa 200'000 anni) si trova che questa avrà una durata futura tra i ~5000 e gli 8 milioni di anni, una stima che collocherebbe la nostra specie in un tempo di vita tipico per i mammiferi. Gott inoltre continua la sua analisi presentando il Principio Antropico Copernicano, riprendendo il Principio Antropico introdotto da Carter: la collocazione della tua nascita nell'ordine cronologico della specie umana non è privilegiata. In altre parole, immaginando di ordinare temporalmente le nascite da “Adamo” all'ultimo essere umano che vedrà la luce, ci possiamo ragionevolmente aspettare che la tua posizione in questa lista sia assolutamente casuale. Quindi Gott stima il numero di esseri umani che dovranno nascere a partire dal 1993 sarà compreso, con livello di confidenza del 95%, tra i ~2 miliardi e i ~3 trilioni. In altra parole, questa previsione afferma più semplicemente che la tua posizione nell'ordine cronologico della specie umana non si colloca probabilmente tra il primo e l'ultimo 2.5% della lista. Per convertire questi numeri in tempo rimanente bisogna conoscere l'andamento temporale delle popolazioni future. Una crescita esponenziale seguita da un periodo di equilibrio e quindi da un declino è comune in molti sistemi e non possiamo quindi meravigliarci del fatto di stare vivendo in un'epoca con problemi di sovraffollamento. Uno scenario compatibile con un tempo molto lungo risulta essere quello individuato da un lungo periodo di bassa popolazione che segue un picco. Gott conclude quindi che la colonizzazione della Galassia da parte della razza umana sia improbabile, poiché una superciviltà, per via della disponibilità di risorse e spazi molto superiore, dovrebbe accumulare un numero molto superiore di individui (per Gott la probabilità che ciò s verifichi è di un miliardesimo perché per il implicherebbe, per l'“argomento Delta t”, che gli esseri umani che ancora dovrebbero nascere siano circa 1 miliardo di volta più numerosi). L' argomento Delta t è considerato il fondatore del Doomsday Argument e ha suscitato numerose discussioni e critiche. Il Paradosso di Olum In un articolo del 2004 [29], il fisico e filosofo Ken D. Olum sostenne che da una immediata applicazione del Principio Antropico, insieme a ragionevoli assunzioni riguardanti le prospettive raggiungibili da parte di una civiltà avanzata, segue che l'umanità sarebbe parte, con una probabilità elevatissima, di una supercivilizzazione che ha colonizzato la Galassia! La domanda di partenza del ragionamento è la seguente: “Dove ci aspettiamo di trovare noi stessi nell'Universo?” La risposta ragionevole è che ci aspettiamo di trovarsi in una posizione comune per degli osservatori e quindi ognuno di noi dovrebbe costituire un campione casuale dell'insieme di osservatori facenti parte della propria classe di riferimento (Self-Sampling Assumpion – SSA) [30]. L'ipotesi riguardante lo scenario è un Universo infinito, per via dell'ipotesi di Universo inflazionario, e quindi con un numero di osservatori anch'esso infinito, appartenenti sia a superciviltà, ma anche a civiltà piccole come la nostra. Non abbiamo alcun dato per poter dichiarare fisicamente impossibile la colonizzazione interstellare da parte di una superciviltà che, per le ragioni già indicate nella sezione 1, dovrebbe essere già emersa. Olum quindi fornisce una stima del numero di osservatori appartenenti ai due tipi di civiltà: consideriamo che una Galassia come la nostra ha un numero di stelle dell'ordine di alcune centinaia di miliardi di stelle (quindi ~1011 per fissare le idee) e stimiamo un 1% di sistemi colonizzabili [31]. Ad ogni sistema stellare, prendendo il nostro caso come indicativo, viene assegnata una popolazione dell'ordine dei 10 miliardi (1010). Quindi gli osservatori presenti nella Galassia su tutti i pianeti colonizzati dovrà essere dell'ordine di 1019. Volendo essere conservativi, assumiamo che il 90% delle civiltà siano piccole come la nostra, mentre solo il 10% siano superciviltà in grado di colonizzare la Galassia. Tuttavia, per via della loro distribuzione su larga scala galattica, queste ultime potranno contare su un miliardo di individui in più rispetto ad una piccola, con il risultato che solo uno su 100 milioni di osservatori risulta appartenere ad una piccola civiltà. La quasi totalità di osservatori presenti nella Galassia dovrebbe fare parte di una colonia e non nel pianeta di origine della propria specie (un po' come sembra avvenire per gli esseri umani presenti nella Galassia immaginaria di Star Wars ...). La previsione del Principio Antropico, che prevede che siamo tipici, viene quindi violata nonostante che la probabilità di fallimento sia appunto 1 su 100 milioni! Quando una teoria viene violata nonostante le previsioni diano questo tipo di probabilità, la teoria deve essere naturalmente rigettata. Quindi, secondo Olum, o il Principio Antropico non può essere usato per fare previsioni riguardo a quello che potremmo osservare oppure c'è qualcosa che evidentemente ci sfugge riguardo alla struttura dell'Universo o riguardo il possibile sviluppo di una civiltà. Se nella Scienza non venissero rigettate le ipotesi altamente improbabili, invece che soltanto quelle assolutamente impossibili, non verrebbe mai fatto alcun passo in avanti [32]. Per il progresso scientifico, non considerando un qualche tipo di ragionamento antropico non potremmo escludere nessuna teoria (per la felicità dei sostenitori delle ipotesi più fantasiose, improbabili e indimostrabili...). Se l'applicazione del Principio Antropico è in questo caso corretta allora dove può trovarsi l'errore? Olum propone quindi altre diverse soluzioni, nessuna delle quali del tutto soddisfacente. Una di queste prevede che solo una percentuale infinitesima di civiltà divenga una superciviltà; precisamente, per i numeri stimati sopra, questa percentuale dovrebbe arrivare addirittura ad 1 su un miliardo. Naturalmente questa ipotesi è direttamente connessa sia all'argomento Delta t che al Grande Filtro, visti nella sezione 2. Non sembrerebbe possibile quindi risolvere il problema osservativo stabilito dal Paradosso di Fermi e di Olum non considerando quindi il problema di una ineludibile apocalisse. Un'altra ipotesi esotica (e anche dalle suggestioni “paleoastronautiche”) è che siamo parte di una “colonia perduta”, cioè siamo ignari del fatto che facciamo parte di una superciviltà. Dal punto di vista probabilistico, questa ipotesi tuttavia si scontra subito con il fatto che, per risolvere il Paradosso di Olum, solo una frazione estremamente piccola degli osservatori dovrebbe fare parte di una superciviltà ed essere allo stesso tempo a conoscenza di appartenervi. Inoltre, dal punto di vista osservativo, una specie appartenente ad una colonia non dovrebbe avere nulla a che fare con la storia biologica del pianeta abitato. In conclusione, per Olum l'unico modo di aggirare lo scenario dell'apocalisse ineludibile e rendere le previsioni in accordo con l'osservazione sembra essere quello di considerare vari fattori che agiscono insieme, precisamente almeno 9 fattori con un filtro del 10%. Riprenderemo una possibile soluzione nella sezione 5. Prima però dovremo ancora parlare del Giorno del Giudizio... Abitabilità e Catastrofi Una delle prime minacce che possono venire in mente per la vita di un pianeta c'è sicuramente l'impatto con un corpo di relativamente piccole dimensioni, come un asteroide o una cometa. Un impatto dalla forza tale da provocare una catastrofe di portata globale ha una frequenza di 10'000 anni, mentre l'incidenza di impatti di maggiore potere distruttivo diminuisce esponenzialmente con l'energia in grado di rilasciare [33]. In uno strato geologico vicino Gubbio fu trovato uno strato sedimentario in corrispondenza della fine del Cretaceo e coincidente con una estinzione di massa del 70% delle specie in un tempo relativamente breve (K-T event). Per spiegare l'anomala abbondanza di iridio nello strato è stata ipotizzata l'origine dovuta ad un impatto con un asteroide condritico di 10 km di diametro, il quale ha rilasciato un'energia 2 milioni di volte più potente dell'ordigno termonucleare mai testato. Un impatto di questo tipo ha una frequenza stimata tra i 10 e i 100 milioni di anni. Oltre ai flare solari e il lento riscaldamento della stella prima di entrare nella fase di gigante rossa, un'altra fonte di estinzioni di massa può provenire dal posizionamento del Sole all'interno della Galassia e la sua eventuale vicinanza ad eventi estremamente catastrofici. Accanto al moto attorno al centro della Galassia (con un periodo di 220 milioni di anni), la posizione oscilla rispetto al piano galattico con un periodo di circa 66 milioni di anni. Il passaggio attraverso il piano galattico pone il Sole in una regione con più alta densità di stelle e nubi di gas interstellare. L'interazione che avviene a livello della Nube di Oort può essere quindi responsabile di un indirizzamento di un certo numero di corpi verso il centro del Sistema Solare, aumentando i rischi di impatto in maniera ciclica. Minacce all'abitabilità sono sicuramente eventi di Supernova, che avvengono circa una volta ogni 50 anni per una galassia come la nostra. L'effetto di una Supernova vicina può essere descritto con un rilascio di raggi gamma dalla durata di 300 giorni e da 20 anni di rilascio di raggi cosmici. I primi sono responsabili, per via dell'interazione con l'azoto molecolare, della formazione di monossido di azoto, il quale reagisce con l'ozono, eliminando così l'importante strato protettivo contro la radiazione solare nella regione spettrale dell'UVB. Un incremento del 10%-30% di questa componente avrebbe effetti letali per la vita [34], specialmente per il fitoplacton, alla base della catena alimentare. Una Supernova nel raggio di 10 pc (evento con la frequenza stimata di una volta ogni alcune centinaia di milioni di anni) potrebbe distruggere lo strato di ozono per centinaia di anni [35]. In secondo ordine, un altro effetto è dato dalla componente nel blu dello spettro, responsabile del danneggiamento del sistema endocrino di molti animali. La più probabile candidata a Supernova nelle vicinanze è la stella blu variabile η Carinae, che esploderà entro i prossimi 20'000 anni, ma ad una distanza tale (7500 anni luce) da produrre effetti che dovrebbero essere trascurabili. Molto più distruttivo rispetto alla Supernova è il Gamma-Ray Burst (GRB), l'evento più luminoso conosciuto nell'Universo. Di origine extra-galattica, vengono rilevati al ritmo di uno al giorno e provenienti da ogni direzione. Questi fenomeni, dalla durata molto breve (da pochi millisecondi a qualche ora) e dall'emissione direzionale, si ipotizza siano dovuti a collassi di stelle molto massicce in rapida rotazione (hypernova) o a coalescenza di stelle di neutroni. Si stima che una volta nell'ultimo miliardo di anni la Terra sia stata irradiata da un GRB (dalla durata sufficiente di 10 secondi) avvenuto all'interno della Galassia ad una distanza di 2 kpc [36] e a causa di un evento di questo tipo viene ipotizzata anche l'estinzione di massa dell'Ordoviciano. Altro evento catastrofico, anche se molto più remoto per la nostra epoca, è la collisione tra galassie, come dovrebbe avvenire tra la Via Lattea e Andromeda tra circa 4 miliardi di anni, cioè prima che il Sole entri nella fase di gigante rossa, causando un possibile allontanamento del Sistema Solare dalla posizione attuale. Transizione di Fase Astrobiologica Uno Scenario Dinamico Il Paradosso di Olum ha in qualche modo esteso il Paradosso di Fermi in quanto non solo le civiltà dovrebbero essere abbondanti nella Galassia, ma anche che noi dovremmo fare parte di una superciviltà estremamente avanzata. Una prima cosa che potremmo osservare è che questi paradossi hanno nelle ipotesi una implicita assunzione di stazionarietà, mentre è scontato che la Galassia, allo stesso modo dei sistemi stellari dei quali è composta, sia passata attraverso un'evoluzione. Anche il CA potrebbe essere risolto introducendo elementi esterni tali da aumentare tB in modo dipendente dalla posizione temporale del sistema all'interno della storia della Galassia. La stessa Equazione di Drake, nonostante vi si possano introdurre termini che tengono conto della storia della Galassia, soffre di questa limitazione. Matematicamente parlando, risulta immediato verificare che la forma dell'equazione coincide con la soluzione stazionaria di una equazione differenziale simile a quella che descrive il decadimento radioattivo [37]. In questo contesto, l'Equazione di Drake sarebbe valida solo in uno stato di equilibrio, quando il rate di produzione di nuove civiltà (date dal prodotto dei coefficienti eccetto l'ultimo) equivale quello di distruzione (uguale all'inverso della vita media di una civiltà). Non si può quindi trovare una qualsiasi soluzione a questi enigmi senza considerare che ci troviamo di fronte ad un sistema estremamente grande, dinamico e del quale osserviamo, non senza enormi limitazioni, una finestra temporale molto stretta rispetto alla sua storia. Ci sono forti ragioni empiriche che indicano che l'Universo deve essere stato meno ospitabile per la vita in epoche passate, in particolare per la maggiore incidenza di catastrofi che possono avere interrotto la sequenza evolutiva verso la noogenesi [38,39]. Le estinzioni di massa avvenute sulla Terra non hanno impedito lo sviluppo evolutivo (forse solo ritardato, ma anche “rimescolando le carte” per via del “reset” dello scenario biologico), ma certamente una civiltà nascente potrebbe fatalmente collassare e soccombere davanti ad un evento particolarmente catastrofico. Semplificando il problema con un toy model, si può quindi introdurre un paramento di ostilità τ, che sarà funzione dell'epoca e della posizione nella Galassia. Indicando con t il tempo, p la probabilità che una civiltà diventi una superciviltà e p0 la probabilità asintotica standart, cioè la probabilità di transizione ceteris paribus (che nella stima di Olum era del 10%): p(t)=p0(1-exp(-t/τ)) (1) La frazione fsup di osservatori in una superciviltà in una data epoca, sarà data naturalmente dal numero di osservatori in questo tipo di civiltà diviso il totale degli osservatori, che è anch'esso una variabile che evolve nel tempo: fsup(t)=[p(t)<nsup>]/[p(t)<nsup>+(1-p(t))<np>] (2) dove <nsup> e <np> sono rispettivamente il numero medio di osservatori nelle superciviltà (1019 per Olum) e nelle piccole (1010). Inserendo l'equazione (1) nella (2), manipolando l'equazione e trascurando il termine p(t)<np> si ottiene: fsup(t)≈<nsup>/{<nsup>+<np>/[p0(1-exp(-t/τ))]} (3) Grazie all'equazione (3) possono distinguere tre diversi scenari, dei quali solo gli ultimi due risolvono il Paradosso di Olum: 1) fsup(t)≈1 e quindi ci troviamo nel Paradosso (oppure nell'improbabile scenario delle “colonie perdute”) 2) p0≈0 e quindi la probabilità di effettuare la transizione a superciviltà è infinitesima 3) exp(-t/τ)≈1 per l'epoca t Lo scenario 3) costituisce la novità e descrive un meccanismo su scala galattica che impedisce la formazione di una superciviltà. Possiede inoltre il vantaggio di non violare l'osservazione e di non introdurre parametri speculativi, come le ipotesi sociologiche, per risolvere i paradossi di Fermi e di Olum. Abbiamo ora una guida per la ricerca della hard solution. Verso una soluzione (forse ...) Quindi probabilmente la soluzione ai paradossi può essere trovata abbandonando l'idea di trovarsi in un'epoca di epoca di equilibrio ed effettuando quindi il cambio di paradigma che costituisce il cuore dell'Astrobiological Phase Transition (APT), introdotta da Cirkovic e Vukotic [40]. Il primo contributo a questa idea venne da J. Annis, che aveva individuato negli eventi di GRB degli efficienti meccanismi di sterilizzazione su scala galattica. In base ai dati astrofisici, che danno una frequenza decrescente nel tempo con l'evoluzione delle galassie, Annis assume un meccanismo di regolazione su scala galattica che decade esponenzialmente nel tempo con una costante di tempo pari a 5 miliardi di anni. Difficile che questo meccanismo da solo possa spiegare i paradossi di Fermi e di Olum [14], anche perché, nonostante questi eventi abbiano una portata catastrofica immensa, una sterilizzazione completa di una galassia è ancora un'ipotesi controversa e piuttosto estrema. Più verosimilmente, gli eventi GBR recitano soltanto un ruolo tra i diversi meccanismi di regolazione, assieme alla dinamica e all'evoluzione della Zona di Abitabilità Galattica, unita all'imprevidibilità legata all'evoluzione dei singoli sistemi stellari. Si va disegnando quindi un panorama astrobiologico variegato e dipendente dalle coordinate spazio-temporali. Con modelli qualitativi si può ipotizzare, al variare dei parametri, l'andamento temporale della storia astrobiologica della Galassia. In figura (dal riferimento [40]) si osserva qualitativamente un esempio di storia astrobiologica possibile per la Galassia. Durante l'epoca I la Galassia è morta: non è stato ancora prodotto abbastanza materiale adatto alla vita e risulta ancora poco probabile la sua emersione, anche a livello semplice. Nell'epoca II lo sviluppo della complessità viene in parte inibito dai meccanismi di regolazione. Segue quindi un'epoca di soglia dalla durata paragonabile alla Fermi-Hart timescale tFH, dove le civiltà esistenti possono indirizzarsi verso la transizione a superciviltà (che domineranno l'epoca III). Per una civiltà che vive in quest'epoca (la nostra?) di soglia i paradossi di Fermi e di Olum sono quindi rimossi, non essendo ancora stata possibile una colonizzazione. Le ipotesi alla base dei paradossi sono stati direttamente minati attraverso una hard solution dalla natura astrobilogica. Inoltre, il modello qualitativo (APT model) permette diverse previsioni, che ne assegnano un carattere falsificabile. Tra queste e in accordo con l'osservazione finora effettuata c'è l'impossibilità di fare “archeologia stellare”, cercando cioè di individuare antiche strutture costruite da superciviltà e la mancanza di segnali intelligenti extra-galattici. La durata delle ipotetiche civiltà adesso esistenti nella Galassia sarà paragonabile quindi alla nostra (anche se noi siamo davvero dei neonati) e comunque inferiore a tFH e quindi si ottiene un'assenza di osservazione di colonizzazione completa. Conclusioni Se il tentativo di stima dell'Equazione di Drake [1] ci ha portato faccia a faccia con un problema intimamente legato alla nostra origine, gli argomenti trattati in questo articolo ci hanno anche direttamente posto davanti al nostro destino e al nostro ruolo nel Cosmo. Abbiamo quindi trovato una soluzione? È più corretto dire che ci siamo indirizzati verso una strada promettente. Mancano infatti molte informazioni sui meccanismi agenti nella APT perché questo possa diventare un modello quantitativo. Imperativo, dal punto di vista della comprensione dello scenario, è cercare di colmare le grosse lacune riguardo sia l'emersione che lo sviluppo della vita, oltre che meglio stimare la portata degli eventi catastrofici nell'ambito di uno scenario dinamico. Lo scenario descritto inoltre ci pone in una condizione forse alla quale non siamo abituati nell'ambito del problema delle civiltà extraterrestri: quello di poter essere messi davanti alla prospettiva di far parte di una delle prime specie a far brillare la luce dell'intelligenza nella Galassia. Forse, in un'epoca lontana questa brulicherà davvero di astronavi e colonie e noi reciteremo il ruolo di una civiltà dalla paurosa antichità (un po' come gli antichi di Lovecraft ...). Tornando con i piedi per terra da questo volo di immaginazione, concludiamo dicendo che dovremo necessariamente porci ancora davanti a questi immensi misteri, nascosti anche dai paradossi trattati, fiduciosi sul fatto che il futuro della ricerca potrà portarci delle risposte, ma anche ulteriori domande e sfide. Ringraziamenti Ringrazio la dott.ssa Enrica Perucchietti per il suo contributo nella revisione del testo. Bibliografia [1] F. Tommasi, “La Ricerca di Civiltà Extraterrestri”, Tracce d'Eternità 26, 73-82 (2015) [2] C. Maccone, “The Statistical Drake Equation”, Acta Astronautica 67, 1366-1383 (2010) [3] G. Gonzales, D. Brownlee, P. Ward, “The Galactic Habitable Zone: Galactic Chemical Evolution”, Icarus 152, 185-200 (2001) [4] E. M. Jones, “Where is everybody?”, Phys. Today 38, 11-13 (1985) [5] M. H. Hart, “An explanation for the absence of extraterrestrials on Earth”, QJRAS 16, 128-135 (1975) [6] P. 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Mi perdonerà il lettore che non ne abbia mai sentito parlare ma ci vorrebbe una monografia intera per descrivere tutti gli aspetti di questa storia. Giusto per inquadrarla basti sapere che Lazar nel 1989 ha rilasciato un'intervista, sotto falso il falso nome di Dennis, al giornalista George Knapp di una emittente di Las Vegas, nella quale sosteneva di aver lavorato nell'Area 51, presso la sezione S-4 a Papoose Lake. Il suo lavoro consisteva nello studio della propulsione di un disco volante presente, come altri, nelle viscere della montagna in cui la base era scavata. Retro-ingegneria aliena, ne più ne meno. Successivamente, rispetto all'intervista, uscì allo scoperto e fece molte altre e più approfondite rivelazioni che lo hanno posto al centro di accesi dibattiti, tra chi sosteneva e sostiene la sua onestà e chi invece la contesta. Uno dei punti chiave nelle accuse dei suoi detrattori era l'impossibilità di Lazar di dimostrare che lui sia mai effettivamente stato in alcuna delle strutture militari e governative collegate più o meno direttamente all'Area 51. Prima di tornare su questo punto, argomento di questo articolo, vale la pena citare un paio di altri episodi che invece depongono a favore della sua storia. Si badi bene, non sto con questo cercando di dimostrare l'esistenza dei dischi volanti, alieni e quant'altro, che ritornano in questa storia ma che questi eventi potrebbero avere un significato ben più complesso. Vi è tutta una questione di disinformazione con Lazar vittima, probabilmente inconsapevole, di queste macchinazioni. In diverse occasioni, me ne ricordo almeno due, Lazar affermò di sapere quando sarebbero stati effettuati i test di volo dei “dischi” realizzati grazie alla predetta retro-ingegneria. Portò sul posto in un'occasione un amico Gene Huff, per altro la persona che poi ha svelato molti degli aspetti secondari legati alla storia di Lazar, ed in un'altra Huff e altre due persone. In entrambe le occasioni gli oggetti volanti si presentarono, mostrando tutte quelle straordinarie prerogative che li distinguevano da normali velivoli sperimentali. Ora, come promesso, torniamo alla questione centrale. Qualche mese fa un filmaker statunitense, Jeremy Corbell, secondo quanto ha raccontato nella puntata del 25 giugno 2015 di Coast to Coast AM ( celebre programma radiofonico condotto da George Noory, nda ), ha identificato un testimone che afferma di aver incontrato Lazar presso il LANL ( Los Alamos National Lab ). Tale persona è un fisico e inventore arruolato come contractor esterno a Los Alamos nello stesso periodo in cui Lazar afferma di esserci stato: Robert Krangle. Jeremy Corbell è riuscito a scovarlo grazie ad un bot ( un software, nda ) programmato a setacciare specifici contenuti all'interno della rete. In questo caso il bot trovò una discussione su Facebook in cui un utente affermava di esser vicino di casa di una persona che aveva lavorato con Bon Lazar. Le successive ricerche portarono Corbell a contattare Krangle che accettò di raccontare quanto sapeva e di non volere l'anonimato. Krangle, racconta da allora, di aver incontrato Lazar in più di un'occasione. Sia nella zona ristorazione che in occasione di un briefing di sicurezza. Questa testimonianza depone a sfavore di un'altra delle critiche che vengono mosse a Bob Lazar, tra gli altri anche da Stanton Friedmann. Il fatto che non esistano tracce che confermino le affermazioni di Lazar circa i suoi studi alla CalTEch a le MIT. Secondo Krangle nessuno a Los Alamos dubitava del suo pedigree e lui stesso, avendoci scambiato qualche parola, non ha mai avuto dubbi che fosse veramente quello che affermava di essere. Per altro Gene Huff, di cui abbiamo accennato passata tramite la “raccomandazione” di Edward Teller. Vale la pena di raccontare come questo sia successo perché è davvero curioso. Lazar tra un impiego e l'altro è sempre stato appassionato di tecnologia ed in particolare di propulsione a jet (per altro alimentata ad idrogeno, n.d.a.) Era diventato piuttosto celebre per aver montato un motore a reazione su una Honda. Su due Honda a dire il vero, ma i dettagli in questo caso sono superflui. Sta di fatto che un giorno Lazar si recò ad una conferenza di Teller e lo trovò, prima del suo intervento, a leggere un articolo di giornale proprio sulla sua Honda. Hanno così avuto l'occasione di presentarsi e Teller gli consigliò di mandare il suo curriculum alla EG&G High Tech in Nevada, azienda operante presso svariate installazioni militari. Inizialmente la sua domanda di lavoro non venne accolta. Qualche mese più tardi ricevette una proposta per lavorare su un progetto riguardante una propulsione a jet in un area remota (outer area, n.d.a.). Lazar si presentò all'edificio della EG&G al McCallan Airport, da li scortato da un certo Jim Mariani, venne trasportato all'Area 51, a Groom Lake. Arrivato all'interno in precedenza, racconta di come l'entrata di Lazar presso strutture tanto selettive sia della struttura dovette firmare un accordo di segretezza ed uno che ne avrebbe sospeso i diritti costituzionali. Da qui, come si dice, il resto è storia. Ora, tornando a Robert Krangle, testimone fondamentale, diventa necessario confermare le sue affermazioni circa la propria professione e le sue dichiarazioni. Corbell sostiene che Krangal abbia prodotto sufficiente documentazione riguardo il suo curriculum. Cosa che non ho potuto verificare ma mi è stato però possibile individuare diversi articoli in cui lo si cita quale fisico ed inventore, e detentore del brevetto di un rilevatore laser utilizzato dalla polizia. Ho inoltre personalmente scovato un suo ex vicino di casa, che mi chiede invece di rimanere anonimo, che conferma il suo impiego con questioni tecnologiche di vario genere. Questioni sulle quali non può essere più preciso in quanto all'epoca era ancora un ragazzo e perse di vista Krangle prima della maggiore età e prima quindi dei fatti descritti. In buona sostanza Krangle sembra essere la persona che dice di essere e non vi è nessuna ragione logica che lo porterebbe a fare simili affermazioni se non fossero vere. Professionalmente avrebbe tutto da perderci. Quindi la presenza di Lazar all'interno delle strutture di ricerca governative sembra trovare conferma. Fatto non da poco. Anzi. Rimangono tutti gli altri dubbi circa la non verificabilità delle sue credenziali accademiche. Potrebbe un qualche organizzazione, magari a tre lettere, eliminare tutte le tracce che Lazar ha lasciato da un certo punto in poi? Forse si. Se non fosse così sarebbe difficile spiegare il suo coinvolgimento al LANL. Gene Huff afferma inoltre che ci siano altri due fisici, Jim Taliani e Melissa Crey che sostengono tutt'ora di conoscere Lazar e di essere stati suo colleghi a Los Alamos. Personalmente non ho trovato citazioni dirette per cui non esprimo giudizi su questi due testimoni. Ho precedentemente affermato che la vicenda di Lazar potrebbe esser complessa, diversa dall'essere la semplice “rivelazione” di un insider. Ho forti sospetti, e non sono il solo, sul fatto che Lazar sia stato intenzionalmente scelto e coinvolto proprio per il suo dubbio curriculum e la sua dubbia reputazione per rivelare alcune cose, di cui molte falsificazioni ed alcune verità. George Knapp, secondo me giornalista onesto e capace, dobbiamo a lui la “scoperta” dell'Area 51 e molte altre storie collegate al mondo ufologico del Nevada, è stato diretto testimone della veridicità delle affermazioni di Lazar. Knapp organizzò persino alcuni test per smontare la storia di Lazar. Riuscì a far interrogare Lazar da altri lavoratori del LANL su come fossero organizzate le cose, dove fossero determinati luoghi e Lazar non si sbagliò mai. Dopo averlo intervistato numerose volte non riscontò mai alcuna crepa nei suoi racconti. Lo convinse persino a sottoporsi ad una sessione di ipnosi regressiva e a quattro test con il poligrafo (macchina della verità, n.d.a.), tutti superati. Il sospetto che Lazar sia stato strumentalizzato viene anche da alcuni elementi quanto meno strampalati che ricorrono nei suoi racconti, come ad esempio quanto vide durante uno dei briefing di sicurezza, all'inizio della sua collaborazione. Lazar racconta di esser stato sottoposto ad una serie di test allergici e poi fatto entrare in una stanza da solo dove gli avrebbero fatto consultare un dossier che conteneva le foto di nove diversi dischi volanti, informazioni sulla storia dell'umanità, su argomenti filosofici, teologici e su chi fossero gli alieni portatori della tecnologia che si studiava nella struttura e del loro rapporto con le elite governative. Ciliegina sulla torta, sul faccia interiore della porta della stanza, c'era un poster (!) che ritraeva uno dei dischi delle foto. Quindi o è tutto frutto della sua scarsa vena immaginativa ma non si spiegherebbero la testimonianza di Krangle e gli avvistamenti nel deserto del Nevada da lui previsti oppure tutto quello a cui è stato sottoposto è parte di qualche gioco od esperimento sulla divulgazione di determinati argomenti. Tesserino scovato da Knapp con il nome di Lazar Nel periodo in cui lavorava nella base S-4 non parlò mai ai suoi amici, ne a sua moglie di questi argomenti. Si limitò a dire di avere una clearence di sicurezza e di andare nell'Area 51. Addirittura quando uscì un documentario sugli Ufo e l'Area 51, secondo il racconto di Gene Huff, affermò esplicitamente che non c'erano Ufo in quella base. Cosa per altro confermata anche successivamente in quanto erano nella S-4. Quando poi raccontò tutto disse anche che nessuno li chiamava Ufo, ma semplicemente dischi. Di “non identificato” non c'era in effetti niente. In tutto questo quadro di anomalie non va dimenticato che venne coinvolto anche John Lear. Lear era un ex agente e pilota collaudatore di velivoli sperimentali della CIA che ad un certo punto aveva iniziato a rivelare informazioni di quanto aveva appreso sull'argomento Ufo. Anch'egli assistette a numerose situazioni anomale in cui, ad esempio, testimoni a favore della storia di Lazar venivano minacciati da personale governativo. Grant Cameron, illustre ricercatore ufologico, gestore del portale Presidential Ufo, sostiene che la figura di Lear sia centrale quale tramite di dubbia reputazione tra alcuni segreti da far trapelare e la comunità ufologica. Personalmente trovo questa interpretazione poco plausibile poiché il suo coinvolgimento è stato piuttosto casuale e tardivo, tale da non giustificare tutta la messa in scena proposta a Lazar fin dall'inizio. E' sufficiente quanto detto sin'ora per affermare che le affermazioni di Lazar corrispondano al vero? Non in senso assoluto, però penso ormai si possa dire con buona certezza che Lazar sia stato “esposto” ad informazioni sensibili, ufficialmente segrete ma forse, ufficiosamente, costruite con uno scopo che ancora non mi è chiaro. Non possiamo che sperare che qualche altro testimone, sulla scia di Robert Krangle, si faccia avanti e dipani ancora un po' la matasse di questo intrigo. ‘UNITED WE STAND, divide we fall’ www.associazioneaspis.net