Osserva la carta geografica muta del Corno d'Africa e scrivi i nomi degli Stati che riconosci Arabia Saudita,Eritrea,Sudan,Yemen,Gibuti,Etiopia,Sud Sudan,Somalia, Uganda,Kenya e Tanzania . Osserva la carta geografica muta della regione della Scandinavia e scrivi i nomi degli Stati che riconosci Svezia, Norvegia, Finlandia Russia Estonia Lettonia Lituania. Osserva la carta geografica muta della regione Mediterranea e scrivi i nomi degli Stati che riconosci Italia, Spagna, Francia Grecia Tunisia Marocco Algeria Libia Egitto Osserva la carta geografica muta del Mare del Nord e scrivi i nomi degli Stati che riconosci Norvegia , Danimarca, Regno Unito, Paesi bassi , Germania e Belgio. Osserva la carta geografica muta del Medio Oriente e scrivi i nomi degli Stati che riconosci Turchia Siria Cipro Libano Iraq CisGiordania Israele Giordania Egitto Arabia Saudita Osserva la carta geografica muta della Lapponia e scrivi i nomi degli Stati che riconosci Norvegia Svezia , Finlandia Osserva la carta geografica muta del Caucaso e scrivi i nomi degli Stati che riconosci Russia Georgia, Turchia Armenia Azerbaigian . Osserva la carta geografica muta della regione del Reno e scrivi i nomi degli Stati che riconosci Regione del : Belgio Olanda Germania Francia Lussemburgo Osserva la carta geografica muta dell'Europa e scrivi i nomi degli Stati che riconosci Svezia finlandia russia norvegia england irlanda islanda estonia lettonia lituania bielorussia polonia germania olanda belgio ucraina svizzera francia italia spagna portogalloaustria slovenia croazia r.ceca ungheria romania serbia bulgaria grecia Osserva la carta geografica muta dell'Asia e scrivi i nomi degli Stati che riconosci Russia Kazakistan Mongolia Cina India Iran Afghanistan Pakistan nepal malesia bhutan bangladesh thailandia myanmar cambogia vietnam laos Osserva la carta geografica muta della Regione Adriatica e scrivi i nomi degli Stati che riconosci Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia/ Erzegovina, Montenegro e Albania. Osserva la carta geografica muta della penisola Balcanica e scrivi i nomi degli Stati che riconosci Croazia Bosnia Romania serbia bulgaria montenegro Kosovo macedonia del nord albania grecia Osserva la carta geografica muta del Sud America e scrivi i nomi degli Stati che riconosci Brasile, Colombia, Ecuador, Bolivia, Cile, Perù, Argentina, Bolivia, Paraguay, Uruguay, Venezuela, Guyana, Suriname, Guyana Francese. Osserva la carta geografica muta del Nord Africa e scrivi i nomi degli Stati che riconosci Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Mauritania Niger Mali Sahara occidentale Osserva la carta geografica muta dell'Asia Centrale e scrivi i nomi degli Stati che riconosci Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan Iran Afghanistan Osserva la carta geografica muta dell'Europa Centrale e scrivi i nomi degli Stati che riconosci polonia germania rep.ceca slovacchia austria ungheria svizzera slovenia croazia bosnia serbia italia . Osserva la carta geografica muta dell'Africa e scrivi i nomi degli Stati che riconosci Tunisia marocco algeria libia egitto sahara occidentale mauritania mali niger ciad sudan nigeria etiopia somalia kenia congo tanzania angola mozambico namibia madagascar sud africa zambia zimbabwe botswana Con la scoperta del Polo Sud, la carta geografica è "completa". Come si trasforma allora la geografia? Fino alla scoperta del Polo Sud, la Geografia rispondeva alla domanda dell’uomo: «dove?». Infatti il geografo è lo studioso che contribuisce alla compilazione della mappa del mondo, definendo le scoperte delle nuove terre. Nel 1911, quando l’uomo raggiunge il Polo Sud, si completa la carta geografica, e la geografia termina la propria funzione descrittiva. Così la Geografia diventa una vera e propria scienza. Alla domanda «dove?», si aggiunge una nuova domanda «come?». L’oggetto della Geografia rimane sempre la realtà terrestre, ma nei suoi aspetti più legati alla presenza dell’uomo, al rapporto che esso instaura con lo spazio, ecc.. la Geografia quindi inizia a occuparsi del territorio e della relazione tra l’uomo e il territorio. Possiamo inoltre sostenere che vi sono numerose “geografie”, in relazione al campo di studio e di applicazione; esse hanno in comune i “vari fenomeni della Terra”, siano essi fisici o umani e - tra i secondi – siano essi politici o economici. Le discipline geografiche sono una categoria molto ampia di discipline che si suddivide in due comparti: geografia fisica e geografia umana (o antropica). Della geografia fisica fanno parte altre discipline geografiche (geomorfologia, geodesia – la scienza che riguarda la misurazione del globo terrestre -, geografia astronomica, ecc.). La geografia antropica si inquadra nelle scienze economicosociali: la geografia culturale fa parte della geografia antropica, insieme ad altre geografie: politica, economica, della popolazione, etc. La geografia studia dunque la forma della superficie terrestre, il paesaggio naturale e antropizzato, gli spostamenti dell’uomo nello spazio, le vie di comunicazione, l’ambiente, gli effetti dell’uomo sull’ambiente e dell’ambiente sull’uomo e come l’uomo organizza lo spazio. Quali sono gli atti territorializzanti, e in cosa consistono? Il territorio è definibile come lo “spazio organizzato” della e dalla società. Attraverso la “produzione” di territorio, la società “controlla” lo spazio e l’ambiente. Il territorio è quindi l’esito di scelte intenzionali operate dall’uomo, che in geografia sono riassunte dal concetto di “territorializzazione”. La territorializzazione si innesta su organizzazioni e stratificazioni territoriali antecedenti, talvolta sostituendole radicalmente. Il processo di territorializzazione avviene attraverso tre tipi di “atti territorializzanti” (complementari ma che non avvengono necessariamente in un ordine preciso) e sono: • La reificazione: il controllo materiale del territorio, la sua trasformazione attraverso interventi tangibili e visibili (infrastrutture, insediamenti, campi coltivati, ecc.); • La strutturazione: il controllo organizzativo e funzionale del territorio, attraverso l’attribuzione ai diversi elementi di precise funzioni, relazioni e gerarchie. La strutturazione riguarda anche l’organizzazione della società sul territorio. • La denominazione: il controllo simbolico del territorio, attraverso l’attribuzione di significati, nomi, valori ai luoghi e agli elementi dello spazio. Il fenomeno turistico implosivo crea dei "non luoghi": che significa? I non luoghi sono dei territori creati per soddisfare determinate richieste. Essi possono essere delle strutture necessarie alla circolazione delle persone e delle merci, come ad esempio autostrade, aeroporti o, relativamente al turismo, di parchi tematici o villaggi turistici. Il turismo implosivo quindi cerca di sfruttare le potenzialità economiche dei territori non turistici creando appunto territori che possano attrarre il turismo. Cos'è la de-territorializzazione? Come avviene? Fare qualche esempio la de-territorializzazione è quel fenomeno, tipico del turismo implosivo, di costruzione totalmente slegata dalle risorse effettivamente presenti sul territorio, che spesso finisce con l’impattare in maniera violenta sull’ambiente. Degli esempi possono essere l’impianto coperto per gli sport a Dubai (capitale degli Emirati Arabi che sorge su una zona desertica), oppure i villaggi turistici nei territori in ritardo di sviluppo, come in Africa; questi luoghi nascondono la vera realtà locale, che è molto lontana dal lusso tipicamente “occidentale” che viene proposto ai turisti che si recano in questi posti. In cartografia cosa intendiamo per "proiezioni"? La carta geografica è una rappresentazione grafica in piano di un territorio, essa è dunque ridotta, approssimata e simbolica. Le misure di un determinato lembo di territorio, per essere riportate su un foglio di dimensioni limitate devono essere ridotte molte volte grazie all'approssimazione,caratteristica inevitabile della carta geografica. Essendo quindi impossibile riprodurre la superficie terrestre su un piano senza deformazioni ed errori, i geografi hanno inventato diverse modalità di «proiezione». Le proiezioni geografiche sono procedimenti geometrici attraverso i quali si provoca una certa deformazione alla posizione e alla forma degli oggetti geografici rappresentati sul piano. I tre elementi della rappresentazione sono: le distanze, le dimensioni e gli angoli. Esse si distinguono in: - Proiezioni equidistanti: sono quelle nelle quali si mantiene inalterato il valore delle distanze espresso dalla scala (ma si deformano quindi angoli e dimensioni); - Proiezioni equivalenti: sono quelle che mantengono inalterato il rapporto espresso dalla scala fra le dimensioni (quindi deformano gli angoli e le distanze); - Proiezioni isogone: sono quelle che mantengono inalterati gli angoli che una retta fa con meridiani e paralleli. La proiezione più utilizzata è la proiezione cilindrica di Mercatore. Quali sono le caratteristiche della proiezione di Mercatore? La proiezione più utilizzata è la proiezione cilindrica di Mercatore: si ottiene immaginando che la Terra sia circondata da un cilindro, che ha come linea di contatto l’Equatore. In questa proiezione la realtà più vicina all’Equatore è rappresentata in maniera proporzionata, mentre più ci si avvicina ai poli maggiore è la deformazione. La Groenlandia, per esempio, è rappresentata con una dimensione analoga a quella dell’Africa, quando è grande appena un quindicesimo. Essa fu ideata nel 500 ed è una proiezione isogona: in essa sono rispettati gli angoli, a scapito di una deformazione di dimensioni e distanze che si fa più significativa a mano a mano che ci allontaniamo dall’Equatore. La proiezione di Mercatore è stata scelta per il sistema UTM, un parametro universale di cartografia. In questo sistema il globo è diviso in 60 fusi di 6 gradi di ampiezza ciascuno intorno a un meridiano di riferimento. Cosa si intende quando si dice che una carta è ridotta, approssimata e simbolica? La carta geografica è una rappresentazione grafica in piano di un territorio. È una rappresentazione ridotta, approssimata, simbolica. - Ridotta perché è impossibile mantenere nel disegno le distanze reali (concetto di scala). La scala è la proporzione tra le distanze reali e quelle riprodotte sulla carte. Essa si esprime con una rapporto: 1:N, e si legge 1 a N. Significa che un centimetro sulla carta corrisponde a N cm nella realtà. Approssimata perchè come sappiamo, la Terra è un corpo di forma sferica, ed è fisicamente impossibile riprodurre su un piano una superficie sferica. Inoltre, la superficie della Terra è frastagliata e irregolare, il che pregiudica la possibilità di rappresentarla senza errori. Riconosciamo che l’approssimazione è una caratteristica inevitabile della carta geografica. La prima approssimazione avviene riducendo la complessità della realtà terrestre in forme geometriche semplificate. La Terra avrà quindi tre modelli: - La Superficie Fisica o Forma reale della terra: è la superficie che può essere osservata direttamente, con tutte le sue asperità ed irregolarità. - La Superficie Dinamica reale, il Geoide: superficie regolare, che segue mediamente l'andamento generale del profilo terrestre - La Superficie Dinamica teorica o Ellissoide di riferimento. La carta geografica è simbolica: questo significa che il cartografo ricorre a simboli o segni convenzionali per rappresentare i vari elementi geografici fisici, antropici e politici.I singoli elementi raffigurati in una carta sono indicati attraverso simboli, riportati in un'apposita legenda. I simboli possono essere ideogrammi (la spiga indica le coltivazioni di grano, il chicco di caffè quello delle piantagioni di caffè ecc.), figure geometriche proporzionali al fenomeno da rappresentare (es. cerchi che indicano i centri abitati, il cui raggio è proporzionale al numero di abitanti), gradazioni di colore che indicano gli ambiti di variazione di determinati fenomeni (le fasce altimetriche per esempio sono individuate da diverse tonalità di marrone), lettere ed altro. Cos'è un GIS e quale la sua utilità? La definizione di GIS é “Geographic Information System”. Prima della nascita delle tecnologie geografiche (GPS e GIS), la cartografia era un’arte complessa e raffinata, padroneggiata da pochi istituti ora si tratta di una realtà alla portata di tutti. Esso è uno strumento informatico che non dipende dai satelliti (come il GPS). Si tratta di un software (i più famosi sono ArcGis e Qgis) che può essere utilizzato per analizzare le proprietà spaziali e le potenziali relazioni tra oggetti ed eventi. Il GIS è composto da una serie di strumenti software per acquisire, memorizzare, estrarre, trasformare e visualizzare dati spaziali dal mondo reale. Si tratta, dunque, di un insieme di funzioni per "mappare" e analizzare le cose che accadono nello spazio e nel tempo. Attraverso il programma scelto, è possibile raccogliere, immagazzinare e analizzare una enorme quantità di dati, incrociando i dati alfanumerici con le coordinate geografiche. Il GIS è uno strumento molto utile per creare una relazione fra le diverse fonti di informazione. Ad esempio per l'anagrafe è possibile individuare sulla carta l’edificio in cui risiede una persona oppure individuare tutte le persone che risiedono in un certo edifici o per problematiche quali sovrappopolamento, inquinamento, disastri naturali. Qual è la differenza fra GIS e GPS? Prima della nascita delle tecnologie geografiche (GPS e GIS), la cartografia era un’arte complessa e raffinata, padroneggiata da pochi istituti. Attualmente le tecnologie principali in ambito geografico, sono due. Il GPS, Global Position System: si tratta di un sistema di comunicazione composto da satelliti orbitanti intorno alla Terra, con i quali è possibile mettersi in comunicazione attraverso un apposito dispositivo. Recentemente questo tipo di dispositivo è stato installato sui comuni smartphone, permettendo una diffusione del GPS su scala globale. La caratteristica del GPS è quella di permettere, grazie alla triangolazione con la posizione dei satelliti, di conoscere esattamente la posizione del ricevitore. GIS, che sta per Geographic Information System, è uno strumento informatico che non dipende dai satelliti e può essere utilizzato per analizzare le proprietà spaziali e le potenziali relazioni tra oggetti ed eventi. Il GIS è composto da una serie di strumenti software per acquisire, memorizzare, estrarre, trasformare e visualizzare dati spaziali dal mondo reale. Si tratta, dunque, di un insieme di funzioni per "mappare" e analizzare le cose che accadono nello spazio e nel tempo. A differenza del GPS il GIS, è uno strumento informatico che non dipende dai satelliti. 06. Cosa dimostra la curva di Kuznets La curva ambientale di Kuznets è una funzione, formulata mettendo come coordinate sugli assi cartesiani la qualità dell’ambiente e il reddito-pro capite. In questa curva viene evidenziato che al crescere del redditopro capite, lo stato dell’ambiente, dopo un iniziale peggioramento per un periodo di tempo relativamente breve, va migliorando radicalmente dopo che si è raggiunto un certo livello di reddito. secondo questa teoria, la crescita economica sarebbe la cura per l’ambiente e che lo sviluppo economico deve essere necessariamente incentivato. 07. Qual è la definizione Brundtland di Sviluppo sostenibile, e cosa significa? La definizione di “sviluppo sostenibile” di Bruntland compare nel documento “Our common Future”, redatto nel 1987 e viene riportato come il tipo di sviluppo che può soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di riuscire a soddisfare i propri bisogni. Significa quindi uno sviluppo economico che, adottati processi produttivi e stili di vita compatibili con la capacità del pianeta di ri-assorbire gli effetti delle attività umane, garantisce il diritto intergenerazionale di utilizzo elle risorse necessarie alla vita e allo sviluppo umano. Deve essere ricercati gli sviluppo della dimensione sociale, puntando all’equità intergenerazionale e interregionale, della dimensione economica, ricercando un’efficienza produttiva nel rispetto dell’ambiente, e della dimensione ambientale, promuovendo l’integrità degli escosistemi. 08. Sviluppo sostenibile e Decrescita felice rappresentano soluzioni alternative a uno stesso problema Per lo sviluppo sostenibile, lo sviluppo economico è un elemento comunque importante, sia per la tutela dell’ambiente che per il benessere umano; è comunque necessario trovare un modo di rendere sostenibile la gestione dell’economia, in modo da renderla meno impattante sull’ambiente e per sfruttare meglio le risorse rinnovabili (quelle che possono rigenerarsi più velocemente dopo essere state sfruttate dall’uomo). Secondo la decrescita felice, invece, è necessario rinunciare al paradigma della “crescita continua” che si fonda sulla crescita continua del PIL; per poter raggiungere il benessere umano e un rapporto sostenibile con l’ambiente, sarebbe ideale rifondare il sistema economico globale su una serena “decrescita”, ovvero produrre meno, quanto basta per il proprio benessere e non di più. Ciò impatterebbe in maniera positiva sull’ambiente, ma anche (e soprattutto) sui rapporti umani. 09. Le differenze fra sostenibilità ambientale debole e sostenibilità ambientale forte - Sostenibilità ambientale debole: richiede che la capacità produttiva di un sistema economico sia mantenuta intatta, in modo da garantire un livello di consumo pro capite costante nel tempo. Il capitale naturale secondo alcuni sostenitori, può essere sostituito dai prodotti dell’attività umana, e che quindi lo sviluppo economico vada garantito pur nel rispetto di principi di attenzione ambientale; - Sostenibilità ambientale forte: richiede il rispetto di vincoli in merito alla capacità dell’ecosistema di svolgere le funzioni ambientali di base. Si ritiene che il capitale naturale vada salvaguardato attraverso misure in grado di tutelare le risorse non rinnovabili e a garantire la riproducibilità di quelle rinnovabili, anche a costo di rallentare lo sviluppo economico. Cosa dimostra il Rapporto Meadows? Il “Rapporto sui limiti dello sviluppo” fu pubblicato da Donella H. Meadows (da cui prese il nome) nel 1972, su commissione all’MIT di Boston da parte del Club di Roma. Lo scopo dello studio era trovare una risposta ai dubbi sull’esistenza di un limite allo sviluppo umano tramite un metodo scientifico. Venne dimostrata l’esistenza di un limite invalicabile dello sviluppo economico, e la presenza di una “capacità di carico” massima che può essere sopportata dalla Terra. Si giunse alla conclusione che, se lo sviluppo economico, la crescita della popolazione e dell’industrializzazione dovessero continuare inalterati, entro i prossimi cento anni saranno raggiunti i limiti con un declino improvviso e incontrollabile della capacità industriale e della popolazione come risultato. È tuttavia possibile rallentare questo declino imminente e arrivare a una condizione di stabilità economica ed ecologica, progettando un equilibrio globale e intraprendendo azioni coordinate per gestire la finitezza delle riserve con responsabilità. Qual è l'impatto dell'industria della carne sul consumo di risorse mondiali? Il consumo eccessivo di carne è tra i principali responsabili della riduzione di cibo e acqua nel mondo, oltre che dell’inquinamento atmosferico. La crescente domanda di acqua potabile da parte della nuova popolazione mondiale si scontra con una crescente carenza idrica legata in parte ai cambiamenti climatici, in parte agli sprechi di cui si rendono responsabili sia l’agricoltura, sia l’industria, sia anche la stessa popolazione dei paesi a maggiore tasso di ricchezza. Paradossalmente, per produrre 1kg di carne bovina è necessario il consumo di 16000 litri d’acqua, mentre ne servono meno di 1000 per produrre una pari quantità di cereali ad alto contenuto proteico. 08. Cos'è il programma UNESCO World Heritage and Sustainable Tourism? Il programma UNESCO World Heritage and Sustainable Tourism rappresenta un nuovo approccio basato sul dialogo e sulla cooperazione con le parti interessate in cui la pianificazione del turismo e la gestione del patrimonio sono integrate a livello di destinazione, i beni naturali e culturali sono valorizzati e protetti e viene sviluppato un turismo appropriato. Un obiettivo chiave del suddetto programma è rafforzare l’ambiente favorevole sostenendo politiche e quadri che supportano il turismo sostenibile come un importante veicolo per la gestione del patrimonio culturale e naturale. Lo sviluppo di strategie attraverso un ampio coinvolgimento delle parti interessate per la pianificazione, lo sviluppo e la gestione del turismo sostenibile che segue un approccio di destinazione e si concentra sull’empowerment delle comunità locali è fondamentale per l’approccio dell’UNESCO. 09. Qual è il ruolo dell'UNESCO nella conservazione dei siti iscritti nella lista del Patrimonio dell'Umanità? L’UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) è un’Agenzia dell’ONU (Nazioni Unite) che, al fine di assicurare che la cultura prenda il giusto posto nelle strategie e nei processi di sviluppo, ha adottato un approccio su 3 fronti: - difesa mondiale della cultura e dello sviluppo; promozione presso la comunità internazionale di politiche e contesti legali per il sostegno ai governi per la salvaguardia del patrimonio; - rafforzare le industrie creative e incoraggiare il pluralismo culturale. Inoltre, vengono selezionati siti da inserire nella lista dei beni Patrimonio dell’Umanità. Gli Stati identificano e propongono dei siti che si trovano sul loro territorio; devono dare dei dettagli sulla protezione giuridica del sito e fornire un piano di gestione che ne prenda in considerazione la conservazione. Nello specifico, il Comitato UNESCO decide l’iscrizione dei siti e valuta successivamente il loro stato di conservazione. Decide, inoltre, dell’attribuzione di fondi ai siti che necessitano di interventi di restauro o di manutenzione urgente. 10. Il progetto Liverpool Waters è l'esempio di un progetto che pone criticità nella gestione di un sito patrimonio dell'umanità. Perché? “Liverpool Waters” è un progetto di ri-organizzazione dell’area portuale storica a nord della città di Liverpool. Secondo l’UNESCO il progetto finirà per alterare il profilo della città e frammenterà il paesaggio portuale. Il paesaggio urbano della città di Liverpool è considerato Patrimonio Mondiale dell’Umanità perché ha mantenuto buona parte del suo aspetto come centro di commercio principale del Regno Unito del XVIII e XIX secolo e come porto storico dell’Impero Britannico per il commercio di spezie e schiavi. Il progetto “Liverpool Waters” punta a far diventare il porto storico un porto per navi da crociera; questo progetto, secondo l’UNESCO, presenta notevoli mancanze nella gestione integrata dello sviluppo e nella descrizione delle caratteristiche del paesaggio urbano; mancano i limiti stabiliti nell’altezza massima per la costruzione dei nuovi edifici, e mancano i dettagli sul mantenimento del fondale e del lungomare del sito. I progettatori non hanno mostrato di essere a conoscenza di quali siano i requisiti per essere inseriti nella Lista del Patrimonio Culturale. Nel luglio 2021 la città di Liverpool è stata tolta dalla Lista dei Beni Patrimonio dell’Umanità. 11. Cos'è la lista UNESCO dei siti Patrimonio mondiale dell'Umanità? La lista UNESCO contiene dei siti identificati e proposti dagli Stati, di cui questi ultimi devono dare dei dettagli sulla protezione giuridica del sito e fornire un piano di gestione che ne prenda in considerazione la conservazione. La selezione dei siti da inserire nella lista UNESCO avviene secondo alcuni criteri di selezione dei siti stessi: rappresentare un capolavoro del genio creativo dell’uomo; mostrare un importante interscambio di valori umani in un lungo arco temporale o all’interno di un’area culturale del mondo, sugli sviluppi dell’architettura, nella tecnologia, nelle arti monumentali, nella pianificazione urbana e nel disegno del paesaggio; essere testimonianza unica o eccezionale di una tradizione culturale o di una civiltà vivente o scomparsa; costituire un esempio straordinario di una tipologia edilizia, di un insieme architettonico o tecnologico o di un paesaggio che illustri uno o più importanti fasi nella storia umana; essere un esempio eccezionale di un insediamento umano tradizionale, dell’utilizzo di risorse territoriali o marine, rappresentativo di una cultura (o più culture) o dell’interazione dell’uomo con l’ambiente, soprattutto quando lo stesso è divenuto per effetto delle trasformazioni irreversibili; essere direttamente o materialmente associati con avvenimenti o tradizioni viventi, idee o credenze, opere artistiche o letterarie dotate di un significato universale eccezionale; presentare fenomeni naturali eccezionali o aree di eccezionale bellezza naturale o importanza estetica; costituire una testimonianza straordinaria dei principali periodi dell’evoluzione della terra, comprese testimonianze di vita, di processi geologici in atto nello sviluppo delle caratteristiche fisiche della superficie terrestre o di caratteristiche geomorfiche o fisiografiche significative; costituire esempi significativi di importanti processi ecologici e biologici in atto nell’evoluzione e nello sviluppo di ecosistemi e di ambienti vegetali e animali terrestri, di acqua dolce, costieri e marini; presentare gli habitat naturali più importanti e significativi, adatti per la conservazione in situ della diversità biologica, compresi quelli in cui sopravvivono specie minacciate di eccezionale valore universale dal punto di vista della scienza o della conservazione. Al mondo ci sono 1121 siti, di cui 869 culturali, 213 naturali e 39 misti, distribuiti in 167 paesi. L’Italia vanta ben 55 siti UNESCO (5% del totale), di cui 5 naturali e 50 culturali. Cosa intendiamo per SLOT, Sistema Locale di Offerta Turistica? Si tratta di un insieme di attività e fattori che permettano che venga prodotta in un’area delimitata un’offerta turistica bene articolata che integri e valorizzi le risorse e la cultura locale. E’ indispensabile avere una conoscenza approfondita dell’area su cui si vuole realizzare il Sistema Locale di Offerta Turistica, saper riconoscere il Capitale Territoriale, pianificare strategie, saper reperire fondi e saper coinvolgere nel progetto attori locali ed enti sia privati che pubblici. In caso siano già presenti sul territorio delle attività turistiche, è invece necessario saper programmare una buona riqualificazione dell’offerta per un posizionamento strategico e saper realizzare interventi promozionali e di marketing per valorizzare l’area. Si punta alla valorizzazione della destinazione turistica (già presente o in progettazione), sfruttando le risorse locali e il Capitale Territoriale. Cosa intendiamo per Sistema Locale Territoriale (SLoT)? Il modello del Sistema Locale Territoriale (modello SLOT) è un modello usato come strumento nella Pianificazione territoriale. Il modello viene anche utilizzato nella progettazione territoriale in ambito turistico. Il modello concettuale si compone di quattro elementi: - la rete locale dei soggetti (o rete corta): è l’insieme di tutte quelle relazioni e interazioni che avvengono tra soggetti (pubblici e privati, individuali e collettivi, locali e sovralocali) in un territorio definito locale e caratterizzato dal concetto di prossimità fisica, per la quale possono avvenire interazioni face-to-face, in cui si instaurano rapporti di fiducia, conoscenza e reciprocità, ma anche conflittualità di interessi. - il milieu locale inteso come l’insieme di risorse, materiali e immateriali, di vario genere (economiche, culturali, ambientali, sociali) presenti in un determinato territorio e frutto di un processo di sedimentazione nel lungo periodo. Si parla di milieu come di contenitore di risorse potenziali, cioè presenti e potenzialmente sfruttabili attraverso una Pianificazione territoriale. - i rapporti di interazione cognitiva e materiale, intrapresi dalla rete locale di soggetti con il milieu locale e con l’ecosistema. Lo scambio cognitivo e materiale tra soggetti, risorse presenti in un territorio ed ecosistema dovrebbe permettere di trasformare simbolicamente le risorse potenziali in valori comunicabili e scambiabili. - il rapporto interattivo tra la rete locale di soggetti e le reti sovralocali (o reti lunghe). Il sistema locale di soggetti e risorse territoriali di vario genere è un sistema aperto a relazioni con l’esterno, cioè con soggetti, istituzioni ed organizzazioni che operano su una scala più ampia, come la regione, lo Stato, l’Unione europea, e le organizzazioni mondiali. Il modello riconosce un grado di autonomia ai soggetti delle reti locali e sovralocali, ne consegue che, il coordinamento tra l’operato di attori che operano su vari livelli territoriali (provincia, regione, stato, organizzazioni sovrastatali e mondiali) è governato dal Principio di sussidiarietà. L’ottica di sostenibilità nasce dal presupposto che le risorse presenti nel milieu locale non sono rinnovabili, anzi, in caso di risorse ambientali e culturali soprattutto, si parla di risorse uniche e non imitabili, che vanno tutelate e valorizzate responsabilmente Riassumere le teorie del modello di Christaller Christaller propone un’interpretazione dell’organizzazione spaziale dei centri urbani, a partire dall’analisi degli spostamenti dei consumatori. L’oggetto di studio è la localizzazione nello spazio delle attività terziarie rivolte alle famiglie. Christaller constata che la distribuzione degli insediamenti sul territorio è eterogenea e che la differenza tra centri urbani non è casuale ma frutto di una logica economica generale che opera in maniera uniforme sul territorio. Il suo modello parte da un territorio isotropo e isomorfo dove i centri urbani hanno una distanza regolare e a questo si aggiungono i concetti di soglia, distanza corrispondente al numero minimo di utenti per far operare i fornitori in modo da ottenere un profitto, e portata, distanza massima che un cliente percorre per accedere ad un servizio offerto nella località centrale. Superata la portata di un centro si formerebbe un altro centro e così via dunque prima la struttura la si può rappresentare in cerchi concentrici e poi in esagoni per non lasciare zone scoperte o servite da più centri così da ridurre il ricavo dei fornitori. Questo equilibrio non è facile da mantenere. Riassumere le teorie del modello di Weber Alfred Weber (1868-1958) pubblica la sua teoria nel 1909. L’oggetto del modello è l’industria manifatturiera di inizio XX sec, dopo l’introduzione della macchina a vapore. Il modello di Weber si propone di fornire una spiegazione per la scelta della localizzazione di un’impresa manifatturiera. Nel definire la localizzazione dell’impresa, occorre considerare la localizzazione nello spazio delle materie prime e del mercato. I postulati di Weber sono: - spazio isotropico: lo spazio presenta le stesse caratteristiche in tutte le sue parti esiste un unico mezzo di trasporto per trasferire i prodotti dal luogo di produzione al mercato. L’obiettivo del modello è di individuare il punto nello spazio localizzandosi nel quale l’impresa può minimizzare i costi di trasporto. Le ipotesi del modello di Weber appaiono troppo restrittive perché si considera la sola minimizzazione dei costi di trasporto, senza valutare la loro struttura e non si tiene conto del fatto che la domanda di un prodotto può dipendere dalla distanza. Il modello di Weber pone le basi per studiare la tendenza delle imprese all’agglomerazione in determinate località, dette “economie di agglomerazione”. Riassumere le teorie del modello di Von Thune Von Thünen (1783-1850) si sofferma sul concetto di rendita dei terreni agricoli. L’economista si pone l'obiettivo di formulare leggi astratte, considerando con particolare attenzione i problemi legati allo spazio. Per von Thünen l'elemento di differenziazione delle rendite dei terreni è la distanza delle terre dal mercato. La distanza determina l'ammontare dei costi di trasporto che gli imprenditori agricoli devono sostenere per lo sfruttamento di un certo fondo e dei loro costi totali. Lo scopo del modello di von Thunen è definire la configurazione dello spazio agricolo derivante dall'operare delle forze economiche in un contesto astratto e semplificato. Si tratta di un modello deduttivo che si fonda sulla formulazione di alcuni postulati al fine di isolare il fattore distanza (e quindi il costo di trasporto) come unica variabile. I postulati sono: - pianura uniforme, isolata dal contesto esterno, con al centro una città; - spazio isotropico: presenta le stesse caratteristiche in tutte le sue parti con riferimento a tutte le sue proprietà; - esiste un unico mezzo di trasporto per trasferire i prodotti dal luogo di produzione al mercato di sbocco, con un costo di trasporto uguale in tutte le parti del territorio la produzione agricola costituisce l'unica attività economica svolta nella pianura regime di concorrenza perfetta, nel quale i singoli agricoltori non possono influire sui prezzi di vendita dei prodotti; - i costi per il trasporto dei prodotti sono sostenuti dagli stessi agricoltori; - i produttori agricoltori, possiedano una perfetta conoscenza dei mercati e cercano di massimizzare il profitto. Cos'è l'approccio "place-based"? Si tratta di un approccio politico in cui l’obiettivo primario è lo sviluppo locale, la coesione sociale e il contrasto alle situazioni di marginalità (in genere nelle città) ed è una delle pianificazione delle politiche di coesione sociale a livello dell’Unione Europea. il contesto “locale” è fondamentale e vengono promossi interventi per attivare e aggregare conoscenze e preferenze in aree in ritardo di sviluppo o poco sfruttate, come diverse aree del Mezzogiorno. In Italia si ha un approccio place-based con l’istituzione del Ministero della Coesione Territorialem la cui azione di “presidio” sulle Regioni è finalizzata alla responsabilizzazione degli amministratori locali: pur lasciando alle Regioni una buona autonomia nell’allocazione delle spese, viene fornito alle amministrazioni locali supporto tecnico nella gestione dei fondi e viene fatto un controllo accurato sulle decisioni per la gestione delle spese stesse, per evitare che i fondi vengano utilizzati in maniera poco responsabile o illegale. Cosa intendiamo per autonomia differenziata e quali sono le questioni da considerare nel dibattito sullo sviluppo del Mezzogiorno? Sono diverse le politiche che sono state messe in campo per affrontare la «questione meridionale». Esse rispecchiano i diversi approcci nel rapporto con il territorio. Il principale intervento è stato l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno: istituito nel 1950, questo strumento, che andava sotto il nome di «Intervento straordinario», aveva lo scopo di individuare progetti e finanziamenti che rendessero possibile l’esecuzione di opere per il progresso economico e sociale del Sud, intrecciando fondi pubblici a finanziamenti privati anche grazie all’emissione di obbligazioni garantite dallo Stato. La misura aveva lo scopo di permettere al Sud di superare l’isolamento strutturale e la marginalità, precondizione per lo sviluppo: la politica di incentivazione avrebbe dovuto far emergere punti di forza e di debolezza di un Mezzogiorno‚ industrializzabile. Dopo il 1992, con la fine dell’«intervento straordinario», l’affermazione di una politica comunitaria per lo sviluppo regionale e il contestuale rafforzamento delle politiche regionaliste produssero una frammentazione delle politiche, anche in risposta a una tendenza autonomista crescente. La programmazione comunitaria dei fondi strutturali identificò aree deboli anche al Centro-Nord, portando al superamento della concezione di straordinarietà dell’intervento pubblico nei confronti del solo Mezzogiorno. Le due fasi delle politiche per il Mezzogiorno: centralismo e regionalismo Le due fasi delle politiche per il Mezzogiorno sono: Centralismo e Regionalismo. • Centralismo: La CasMez ha rappresentato un approccio top-down: la potenzialità coesiva dell’intervento è stata ridotta dal mancato coinvolgimento dei territori in una visione sistemica, e soprattutto dall’assenza di valorizzazione del capitale territoriale. La realtà attuale, formata da industrie di eccellenza distribuite ‚a macchia di leopardo‛ e incapaci di formare un sistema, proviene proprio dagli anni del centralismo. • Regionalismo: Con la crescente frammentazione della scelta politica, e con la devoluzione dei poteri prevista dalla riforma del Titolo V della Costituzione, le politiche di sviluppo hanno conosciuto una fase regionalista. L’introduzione in sede europea del principio di sussidiarietà (Trattato di Maastricht, 1992) ha accelerato questo processo, accelerando la sostanziale «deresponsabilizzazione» della politica nazionale rispetto alle regioni in ritardo di sviluppo. Le due fasi del Centralismo e del Regionalismo hanno prodotto un sistema industriale non coeso ma caratterizzato da elementi di eccellenza con una certa capacità competitiva. Tuttavia non si è giunti a un cambiamento strutturale stabile: la prova di questa debolezza è emersa in occasione della recente crisi economica durante la quale il tessuto produttivo del Sud ha mostrato una più scarsa resilienza alla depressione economica rispetto alla Settentrione. Cos'è la politica di coesione? OpenCoesione è l’iniziativa di open government sulle politiche di coesione in Italia, coordinata dal Dipartimento per le Politiche di Coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri istituito in seguito alla trasformazione del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica (DPS) del Ministero dello sviluppo economico. Si rivolge a cittadini singoli e organizzati, amministratori, tecnici e imprenditori dell’innovazione, ricercatori e giornalisti perché tutti abbiano a disposizione dati e informazioni per valutare l’efficacia e la coerenza dell’impiego delle risorse delle politiche di coesione. Queste politiche intervengono sui territori per rispondere a esigenze specifiche dei diversi luoghi, in termini di infrastrutture o di servizi ma anche di capitale umano e sociale, per eguagliarne le opportunità di sviluppo. Con OpenCoesione si può scoprire quali progetti si finanziano, seguire il loro avanzamento e sollecitare i processi di programmazione e attuazione attraverso iniziative di partecipazione e riuso. Cos'è la Strategia per le "aree interne" e quali sono i suoi obiettivi? Le aree interne sono quei territori caratterizzati da una significativa distanza dai principali centri di offerta di servizi essenziali quali scuola, sanità e mobilità. Oggi con questa definizione identifichiamo circa il 60% del territorio nazionale. Il Ministero della Coesione nel 2012 ha avviato la costruzione di una “Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne”, ossia un’ azione diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile. La strategia per le aree interne ha il duplice obiettivo di adeguare la quantità e la qualità dei principali servizi(istruzione, salute e mobilità) e di promuovere progetti che valorizzino il patrimonio naturale e culturale di queste aree. Lo sviluppo dell’intero paese dipende anche dallo sviluppo delle sue aree interne. La strategia per le aree interne intende infatti intersecare lo sguardo nazionale con uno sguardo locale. Che differenza c'è tra Unioni di comuni e Fusioni di comuni? Nell’ambito della riorganizzazione territoriale, particolare importanza ha assunto la riforma Delrio, legge approvata nel 2013 con il compito di riformare gli enti locali riducendo i costi e aumentando l’efficienza di servizi. Elementi di grande novità introdotti dalla riforma sono l’unione e la fusione dei comuni. La FUSIONE dei comuni è la trasformazione di un certo numero di comuni in un nuovo comune che amministrerà il territorio ed i cittadini residenti di tutti i comuni d’origine. Il vantaggio è principalmente economico, i comuni soggetti a fusione beneficiano infatti di incentivi economici. Con l’UNIONE dei comuni invece si conservano i vecchi comuni (con la stessa amministrazione) ma si aggregano alcune funzioni generando un significativo risparmio e una maggiore efficienza dei servizi erogati. Cosa sono le ZES? Nel mondo le ZES (Zona Economica Speciale) sono una realtà già avviata, in Italia l’istituzione delle stesse è legata al D.L. 91/2017 cioè il DECRETO SUD che prevede una serie di misure per favorire la crescita economica ed occupazionale nelle aree del Mezzogiorno nonché per superare il divario economico e sociale tra il sud Italia e il resto del paese. Volendo dare una definizione quasi testuale possiamo dire che si tratta di: “aree geografiche nell’ambito delle quali un’autorità governativa offre incentivi a beneficio delle aziende che vi operano attraverso strumenti e agevolazioni che agiscono in un regime derogatorio rispetto a quelli vigenti per le ordinarie politiche nazionali”. Nel D.L. troviamo anche le caratteristiche che una ZES debba avere: - area geografica situata entro i confini dello stato che comprenda almeno un’area portuale; - area collegata alla rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) ossia quella rete di infrastrutture che l’Unione Europea sta costruendo per collegare i nodi principali del territorio continentale. Qual è il modello localizzativo di ZES proposto dal Piano di sviluppo strategico della Sardegna? Il piano di sviluppo strategico della Sardegna, approvato nel 2018, dopo numerosi dibattiti e rinvii, presenta caratteri di originalità che lo differenziano dai piani approvati in altre regioni. La Sardegna essendo un’isola e avendo una posizione vantaggiosa in tutto il contesto Mediterraneo concepisce la ZES come rete portuale distribuita su tutta la costa. I settori produttivi caratteristici dell’isola sui quali si fonda il sistema economico e regionale sono diversi (metallurgica, farmaceutica, legno, carta, …) ma fra tutti il settore alimentare è ritenuto di primaria importanza per il contesto favorevole di domanda ed export. La selezione delle aree da destinare a ZES parte dunque dall’ obiettivo di rafforzare in particolare la capacità di export dei prodotti alimentari. Necessità strategica è quindi contare sull’area portuale ossia il porto core della rete TEN-T Cagliari a cui si aggiungono i porti minori dotati di buone potenzialità: Porto-Torres, Olbia, Sarroch-Porto Foxi, Oristano, Palau e Arbatax. La selezione di queste aree portuali tiene anche in considerazione l’importante ritardo infrastrutturale terrestre dell’isola. Rafforzare le infrastrutture terrestri è quindi elemento imprescindibile per garantire un collegamento funzionale tra i nodi logistici selezionati. Perché il parametro dimensionale scelto per le ZES del Mezzogiorno rischia di limitarne le potenzialità? La scelta del parametro unico di superficie, stabilito a monte e valido per tutte le regioni, ha lo scopo di evitare contestazioni da parte degli enti regionali sui parametri utilizzati nella definizione della superficie. Tuttavia, un parametro solamente dimensionale non considera le specificità e le esigenze del territorio, e rappresenta forse il limite principale di questo approccio. Con un po’ più di coraggio, a costo di scontentare qualcuno, si sarebbero potuti individuare parametri legati alle condizioni del territorio, alle necessità e alle potenzialità, nel rispetto dell’approccio place-based. Quante sono le ZES proposte nelle Regioni del Mezzogiorno, e quali sono? Attualmente le Zes istituite sono tre: Calabria, Campania e, nell’area ionica, Puglia e Basilicata. Questi sono i porti del Mezzogiorno considerati di importanza «strategica» e quindi sui quali impiantare le ZES: Calabria Gioia Tauro Centrale, Reggio Calabria Globale; Campania - Napoli Centrale, Salerno Globale; Puglia - Bari Centrale, Brindisi Globale, Taranto Centrale; Sardegna - Cagliari Centrale (Porto Foxi, Cagliari), Carloforte Globale, Golfo Aranci Globale, La Maddalena Globale, Olbia Globale, Palau Globale, Porto Torres Globale, Portovesme Globale; Sicilia - Augusta Centrale, Gela Globale, Messina Globale, Milazzo Globale, Palermo Centrale (Palermo, Termini Imerese terminal), Siracusa Globale, Trapani Globale. Ogni regione del Mezzogiorno può richiedere l’istituzione di una ZES, o due laddove siano presenti più aree portuali aventi le caratteristiche richieste. Le regioni prive di scali (Abruzzo, Molise e Basilicata) possono richiedere l’istituzione della ZES solamente in associazione con un’altra regione contigua, o con un’area portuale dotata delle caratteristiche richieste. Perché le ZES del Mezzogiorno sono imperniate sul sistema portuale? La legge 123/2017 prevede che la localizzazione di ogni ZES italiana interessi una o più aree che comprendono almeno una zona portuale tra quelle dotate delle caratteristiche stabilite dal regolamento del Parlamento Europeo, ovvero avere un traffico merci o passeggeri pari o superiore a un millesimo del traffico complessivo europeo. La scelta di impiantare le ZES sulle aree portuali rientra nella strategia Europea Blue Growth, ovvero lo sfruttamento dei sistemi portuali laddove le infrastrutture terrestri (strade e ferrovie) risultino inadeguate; è una situazione tipica del Mezzogiorno, e vista l’importanza centrale dei sistemi portuali e dell’economia marittima del Sud Italia, tramite le ZES imperniate sui porti esiste la possibilità di crescita per l’intera economia meridionale, anche in ottica compensativa rispetto alla posizione di svantaggio geografico rispetto al continente. Cosa intendiamo per "autonomia differenziata", e da chi è stata proposta? Si tratta di una potestà riconosciuta dall'articolo 116 della Costituzione dopo la modifica avvenuta con la riforma costituzionale del Titolo V approvata nel 2001 in cui sono previste la possibilità di attribuire forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario e condizioni particolari di autonomia che possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, una volta presi gli accordi con gli enti locali. Nel 2017 le Regioni del Settentrione, in particolare Lombardia e Veneto hanno indetto un referendum per chiedere allo Stato fi attribuire agli enti regionali maggiori competenze legislative e un superiore livello di autonomia finanziaria. Ciò è dovuto all’idea esasperata del Nord costretto a pagare i servizi erogati al Sud, che invece risulta incapace di credere in maniera significativa. Chi sostiene questa idea ritiene che per il Sud serva uno stimolo per superare la “pigrizia” fondata sull’assistenzialismo, inaugurando una politica di competitività reale con le regioni del Nord. Questo dibattito Nord contro Sud, sostenuto spesso su scarse conoscenze della realtà economica dei territori e da letture ideologiche e con pregiudizi, rischia di compromettere la coesione nazionale. In quali Regioni possono essere istituite le ZES, e perché? La localizzazione delle ZES riguarda solamente le regioni meno sviluppate e in transizione, (cioè le regioni del Mezzogiorno, secondo i parametri riconosciuti dall’Unione europea per il 2014-2020, che considerano cioè: - Regioni meno sviluppate, quei ritagli amministrativi il cui PIL "pro capite" risultava, all’inizio del periodo di programmazione, inferiore al 75% della media Ue (segnatamente Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia); - Regioni in transizione, quelle regioni il cui PIL "pro capite" risultava, all’inizio del periodo di programmazione, inferiore al 90% ma superiore al 75% (ovvero compreso tra 75% e 90%) della media Ue (cioè Abruzzo, Molise e Sardegna). La limitazione della misura alle sole suddette regioni mira a recuperare il divario di competitività che le interessa direttamente nei confronti del Settentrione e dell’Europa contnentale, ma come visto è anche necessaria alla compatibilità della misura con le restrizioni previste dal Trattato di funzionamento dell’Unione europea. In che modo le ZES possono contribuire allo sviluppo dei territori "lagging", e a che condizioni? L’Unione europea riconosce le regioni in ritardo di sviluppo come lagging regions: a queste sono riservati specifici fondi, e sono rivolte precise politiche di sviluppo (Fondi di Coesione). Sono definite lagging due tipi di regioni (EC, 2017): - Le regioni a bassa crescita, cioè quelle che non hanno raggiunto il PIL pro capite medio europeo tra il 2000 e il 2013 (in particolare in Italia, Grecia, Spagna e Portogallo); - Le regioni a basso reddito, cioè quelle con un PIL pro capite inferiore al 50% della media Ue nel 2013 (in particolare in Bulgaria, Ungheria, Polonia e Romania). La principale sfida per l’Ue riguardo le lagging regions consiste nel trovare politiche e strategie per risolvere il problema legato alla bassa crescita e, in particolare, alla sostenibilità a lungo termine dei percorsi di crescita. Inoltre, obiettivo comunitario è la stabilizzazione della performance economica finalizzata a garantire a questi territori di intraprendere un percorso di convergenza con le economie più prospere dell’Ue. Il Mezzogiorno d’Italia rientra nella categoria della lagging region a bassa crescita, il cui PIL pro capite medio risulta inferiore alla media Ue e oramai vicino a quello di alcune regioni dell’Est Europa. Le dinamiche delle lagging regions europee, pur avendo caratteristiche comuni, sono geograficamente diversificate e dipendono dalle specificità delle singole realtà territoriali. Il Mezzogiorno, in particolare, a differenza di altre zone, oltre all’economia agricola (SVIMEZ, 2016) può far leva su un tessuto industriale esistente e ben impiantato e da un’economia caratterizzata fortemente dai servizi: queste caratteristiche rappresentano un potenziale elemento di forza ma anche di fragilità. Qual è il modello localizzativo di ZES proposto dal Piano di sviluppo strategico della ZES Ionica? La ZES interregionale è una formula che permette di creare un’unica Zona sul territorio delle Regioni Puglia e Basilicata, passaggio necessario laddove una delle due, come la Basilicata, risulti priva di un porto della rete europea. Il modello di distribuzione geografica della ZES si fonda su alcuni poli, che garantiscono una buona base in termini di produttività e di connessione con il porto di Taranto a livello economico e logistico, oltre a un buon livello di specializzazione: - Aeroporto di Grottaglie; - Grottaglie; - Melfi; - Ferrandina; Galdo di Lauria. La ZES ionica si fonda quindi su un duopolio geografico e di specializzazione produttiva: Includere le aree portuali e i principali snodi logistici (aeroporto e piattaforme logistiche); - Privilegiare aree produttive e commerciali che si trovano nel sistema portuale regionale (per incentivare import ed export); Privilegiare aree che offrano una significativa disponibilità di superfici libere per nuovi insediamenti produttivi o commerciali; Particolare attenzione viene riservata dalle istituzioni pugliesi allo sviluppo economico, alla formazione professionale, allo sviluppo sostenibile e alle politiche sociali, per le famiglie, per i giovani e per il tempo libero, così come risultano molto ben spesi i fondi di coesione. Scarsi risultati sono raggiunti, invece, nella Ricerca e sviluppo, e nelle politiche di sostegno all’occupazione. Qual è il modello localizzativo di ZES proposto dal Piano di sviluppo strategico della Calabria? Il modello localizzativo proposto per la regione Calabria è di carattere policentrico, imperniato sul porto di Gioia Tauro, ma esteso poi su tutta la regione attraverso la valorizzazione dei poli infrastrutturali di trasporto (porti, aeroporti). Lo scopo è quello di rafforzare la capacità di import/export delle industrie attraverso la connessione con le grandi infrastrutture di trasporto presenti, in particolare il porto di Gioia Tauro, la cui programmazione strategica è pienamente integrata con il Piano di sviluppo della ZES. Al tempo stesso, il Piano si pone l’obiettivo di rafforzare le aree regionali già dotate di vocazione produttiva, estendendo le semplificazioni amministrative anche alle aree non ricadenti nelle ZES. Gli impatti economici attesi dall’istituzione della ZES sono identificati in: - crescita dell’export per le aziende nei settori strategici individuati, e da eventuale diversificazione; - crescita dei livelli occupazionali; - crescita degli investimenti di capitale estero; - upgrading industriale e trasferimento tecnologico; - guadagni in valuta estera; - impatti sul bilancio. Per quanto riguarda il dato relativo alla situazione ex ante, ovvero precedente all’istituzione della ZES, nella capacità pubblica di spesa, la Calabria totalizza un risultato su scala nazionale pari ad A. Le migliori performance fra le cinque province calabresi, sono registrate da Cosenza, che presenta tutti gli indicatori di livello A, e Catanzaro, che registra un livello leggermente inferiore ma che comunque permette di totalizzare un complessivo A; mentre Vibo Valentia e Reggio Calabria non vanno oltre la lettera C. Crotone si colloca nel mezzo, a livello B. In ogni caso tutte le province totalizzano un livello massimo nella spesa in sviluppo sostenibile. Il livello di qualità della spesa ex ante è dunque tendenzialmente buono, e rappresenta un buon punto di partenza ai fini di una futura gestione efficiente delle opportunità generate dalla Zona. Qual è il modello localizzativo di ZES proposto dal Piano di sviluppo strategico della Campania? Il modello localizzativo di ZES adottato dalla regione Campania nella selezione delle aree si fonda su una distribuzione territoriale imperniata sulle aree portuali di Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia e relative aree retroportuali (compresi gli aeroporti di Napoli e Salerno). L’obiettivo è dunque la localizzazione di imprese avanzate e sostenibili, che facciano da traino per il recupero e l’efficientamento delle infrastrutture esistenti (p.e. l’area industriale di Bagnoli) e l’attrazione di investimenti anche attraverso le potenzialità esistenti nell’ambito degli strumenti finanziari innovativi. Il Piano strategico è finalizzato a un’industrializzazione fondata sulla valorizzazione delle specificità locali, delle vocazioni produttive del territorio e soprattutto del capitale territoriale. A tal riguardo, i settori produttivi ritenuti strategici per il territorio sono: l’aerospazio, l’agroalimentare, l’autotrasporto, l’industria automobilistica, la cantieristica e la moda. Particolare importanza riveste il settore agroalimentare, per via della notorietà globale dei prodotti campani, che la Regione intende sostenere incentivando l’economia circolare, la bioeconomia e la sostenibilità. Nell’idea dei relatori del Piano, gli indicatori di efficacia della ZES saranno dunque: - l’aumento delle esportazioni, sia da parte delle attività esistenti, sia per le industrie di futura localizzazione; - la valorizzazione industriale e il trasferimento tecnologico; - l’aumento dell’occupazione; l’investimento regionale in capitale umano. In definitiva, possiamo dire che la ZES ha bisogno, per svilupparsi adeguatamente, di una pianificazione olistica e di una virtuosa gestione dei fondi pubblici. Cosa intendiamo per "Questione meridionale"? L’espressione «questione meridionale» indica l’insieme dei problemi posti dall’esistenza nel Mezzogiorno d’Italia dal 1861 sino a oggi di un più basso livello di sviluppo economico, di un diverso e più arretrato sistema di relazioni sociali, di un più debole svolgimento di molti e importanti aspetti della vita civile rispetto alle regioni centrosettentrionali. Il divario economico fra nord e sud, nella storia d’Italia, è stato sempre o costante o crescente. Per affrontare il problema di questo divario, sono state messe in atto diverse politiche, prima fra tutti l’istituzione del 1950 (fino al 1992) della Cassa del Mezzogiorno, che aveva lo scopo di individuare progetti e finanziamenti che rendessero possibile l’esecuzione di opere per il progresso economico e sociale del Sud. La misura aveva lo scopo di permettere al Sud di superare l’isolamento strutturale e la marginalità, precondizione per lo sviluppo: la politica di incentivazione avrebbe dovuto far emergere punti di forza e di debolezza di un Mezzogiorno industrializzabile; tuttavia la debolezza della misura era da ricercare nell’approccio centralizzato e indifferente alle reali esigenze dei territori e al loro capitale potenziale: gli incentivi non hanno prodotto solo un’economia imitativa di singole realtà di eccellenza in un contesto sfavorevole invece di un tessuto industriale forte e durevole. Inoltre, a partire dagli anni Sessanta, iniziò una progressiva emigrazione di manodopera dal Sud alle regioni del Settentrione, che iniziavano ad avere una grande industrializzazione. Perché la Questione meridionale può essere definita un problema geopolitico? La Questione meridionale può essere definita un problema geopolitico perché concerne l’ambito meramente geografico e quindi la distanza che fisicamente esiste dalle aree commerciali più brillanti, la carenza di infrastrutture che potrebbero lenire le suddette distanze e le caratteristiche morfologiche degli ambiti geografici, spesso considerati un ostacolo effettivo allo scambio. Ma riguarda anche l’atteggiamento politico delle amministrazioni locali, che spesso non possiedono gli strumenti ad incentivare l’insediamento di realtà produttive concrete e durevoli. Le politiche che si sono dimostrate fallimentari a partire dalla seconda metà del Novecento sono il Centralismo (mancato coinvolgimento dei territori in una visione sistemica e assenza di valorizzazione del capitale territoriale) e il Regionalismo (in cui la territorializzazione delle politiche ha portato a politiche di minor impatto strategico a causa di inefficienze strutturali di gestione e della competizione tra regioni). Entrambi gli approcci hanno prodotto un sistema industriale non coeso, non giungendo ad un cambiamento strutturale stabile. Cosa intendiamo per lagging regions? Le lagging regions sono zone in cui si registra un arresto del tasso di crescita dello sviluppo economico. I fattori che determinano un ritardo segnalato dagli indicatori di sviluppo sono imputabili a carenze infrastrutturali, alla difficoltà delle amministrazioni locali a concretizzare progetti funzionali allo sviluppo economico ed anche spesso alla localizzazione in aree geografiche esterne alle tratte commerciali più battute. Per queste ragioni l’Unione Europea, intesa come entità geopolitica, crea progetti per far sì che suddette zone possano ricevere incentivi destinati allo sviluppo economico ed infrastrutturale al fine di riallinearsi, quanto più possibile, agli standard ottenuti in zone più avvantaggiate. Quali sono i vantaggi previsti per le aree ricadenti nella ZES? Le ZES, cioè le zone economiche speciali, sono state introdotte in Italia come nuove misure fra le recenti strategie per lo sviluppo del Mezzogiorno ed in particolare per il rilancio delle aree portuali. Esse hanno lo scopo di incentivare l’istallazione di attività industriali in zone geograficamente ed economicamente svantaggiate. A questo scopo lo Stato agevola coloro che vorranno investire in questa direzione dando concrete facilitazioni quali: benefici fiscali, detassazioni, incentivi e semplificazione burocratica. Tali speciali condizioni sono in relazione alla natura incrementale degli investimenti imprenditoriali. I benefici sono stabiliti in base a Piani Strategici elaborati da ciascuna regione e sottoposti allo Stato. La vicinanza delle nuove attività allo snodo portuale darà alle stesse la possibilità di accedere in maniera immediata ai mercati. Tutto ciò al fine di favorire l’attività marittima e al contempo superare le eventuali carenze infrastrutturali terrestri che rappresentano il vero limite per gli investimenti al sud