LEZIONE 10 - processi fermentativi - 13 - Copia

TERRENI COLTURALI
Oggi parleremo di terreni colturali quindi un altro step che va affrontato assolutamente durante la
fase di upstream.
Abbiamo parlato di screening dei microrganismi, abbiamo parlato di come è possibile allestire una
Library, quali tipologie di library si possono preparare, come si effettua lo strain improvement,
come si produce un ceppo di nostro interesse e abbiamo visto anche come il ceppo può essere
conservato, inoculato all’interno delle beute, piuttosto che nel fermentatore a seconda che siamo
su scala di laboratorio o su scala industriale.
Ovviamente nel momento in cui noi andiamo a isolare il nostro microrganismo, abbia detto più di
una volta, che è importante conoscerne la fisiologia, perché questo ci permette di gestire il
microrganismo durante la sua crescita e durante il suo impiego nella produzione di quanto ci
interessa, ma parallelamente a tutto ciò è fondamentale lavorare anche sulla messa a punto dei
terreni culturali, e abbiamo visto che questi terreni colturali sia essi di mantenimento, piuttosto che
deputati alla crescita o alla produzione, devono avere una composizione ben definita e che è
strettamente correlata alla tipologia di microrganismo che noi andiamo ad utilizzare. Prima
considerazione: ovviamente nel momento in cui abbiamo a che fare con microrganismi, è
fondamentale che all’interno del terreno culturale, noi andiamo ad inserire tutti i componenti
necessari al microrganismo per sintetizzare i componenti cellulari e per produrre ovviamente
energia, perché senza la produzione di ATP, piuttosto che di molecole con legami ad alta energia,
ovviamente questo non sarà in grado di sintetizzare tutte quelle molecole che noi ritroviamo
all'interno della cellula; quindi la prima cosa che noi dobbiamo capire è, ovviamente come produce
l'energia il microrganismo e quale fonte di carbonio è in grado di utilizzare.
Voi sapete che i microrganismi o meglio gli organismi viventi possono essere autotrofi o eterotrofi,
questo discrimina la capacità che hanno di utilizzare o l’anidride carbonica o molecole organiche
come fonte di carbonio, o possono essere fototrofi o chemiotrofi. Nel caso dei fototrofi l'energia che
viene utilizzata è energia luminosa e questa energia luminosa è fondamentale da per la
produzione di ATP e di molecole ad alta energia quindi l’energia luminosa viene trasformata in un
qualche modo in energia chimica. Esistono due tipologie differenti di microrganismi fototrofi che
sono i fotoautotrofi e i fotoeterotrofi; i fotoautotrofi utilizzano la luce
come fonte di energia ed utilizzano l'anidride carbonica come fonte di
carbonio, quindi la prima cosa che deve accadere è la trasformazione
dell'anidride carbonica in carbonio di natura organica, perché quando
parliamo di CO2, parliamo di un carbonio di natura inorganica e
questo è possibile attraverso una reazione di riduzione che avviene a
scapito dell’ossidazione di sostanze di natura inorganica, cioè cosa
significa l’acqua piuttosto che l’idrogeno o l’acido solfidrico si
ossidano e l’ossidazione di queste sostanze inorganiche permettono la riduzione della CO2 e
l'incorporazione del carbonio che viene trasformato in carbonio organico quindi in forma ridotta.
Nei fotoeterotrofi è sempre la luce che viene utilizzata come fonte di
energia per la produzione di ATP, come fonte di carbonio viene
utilizzato anche in questo caso la CO2, che deve essere anche in
questo caso ridotta, ma nel caso dei fotoeterotrofi, la riduzione della
CO2 avviene attraverso l’ossidazione o di idrogeno molecolare o di
molecole di natura organica; il caso dei fotoeterotrofi nella realtà ho
piena possibilità di utilizzare non solo CO2 come fonte di carbonio ma anche molecole di natura
organica in presenza di ossigeno, e quindi in questo caso vi è la necessità appunto che avvenga la
riduzione della CO2, ma in caso di utilizzo di molecole di natura organica come fonte di carbonio è
fondamentale la presenza di vitamine del gruppo B quindi se voi avete a che fare con un
fotoeterotrofo e volete farlo crescere comunque in presenza di molecole di natura organica, quindi
fonti di carbonio organiche, avete la necessità di inserire all’interno del terreno coltura le vitamine
del gruppo B in presenza di ossigeno.
chemioautotrofi; utilizzano sempre CO2 come fonte di carbonio che viene
ridotta attraverso l’ossidazione anche in questo caso di molecole di natura
organica come ad esempio gli ioni ammonio, il nitrito, l’acido solfidrico, il
ferro due (Fe2+) ma associato a questo processo ossidativo vi è anche la
produzione di energia sotto forma di ATP. Allora anche in questo caso la
CO2 deve essere per forza ridotta, la riduzione avviene attraverso
l'ossidazione di molecole inorganiche e l'ossidazione di queste molecole inorganiche permettono la
produzione di ATP;
nel caso dei chemioeterotrofi invece siamo nella situazione in cui
la fonte di carbonio, rappresentata da una fonte di carbonio
organico, quindi già una fonte ridotta, e l'ossidazione di queste
molecole organiche determina la produzione di ATP quindi la
situazione è quella che noi andremo ad incontrare più spesso;
sono i microrganismi che forse noi conosciamo meglio per cui
glucosio - ossidazione - produzione di energia e glucosio utilizzato
poi per andare a formare tutti i costituenti cellulari, però è fondamentale sapere a quale gruppo
appartiene il nostro microrganismo perché dobbiamo sapere se ad esempio dobbiamo irradiare il
fermentatore in cui cresce, se dobbiamo mettere ossigeno, se dobbiamo mettere vitamine del
gruppo B, se dobbiamo mettere delle molecole di natura inorganica, delle molecole di natura
organica.
A livello industriale nella stragrande maggioranza dei casi avremo a che fare con dei
chemioeterotrofi ma fate attenzione perché si stanno allestendo sempre più anche dei processi di
fermentazione per la produzione ad esempio di alghe (non so se avete sentito parlare della
spirulina che ormai viene addizionata praticamente un po' ovunque sia nei cosmetici che in prodotti
destinati all'alimentazione, e invece è un fotoautotrofo per cui è fondamentale la CO2 come fonte di
carbonio, una fonte luminosa per permettere appunto la produzione di energia) -a proposito di
questo c'è uno studente del vostro corso di laurea più vecchio di voi, si già laureato anche nella
specialistica, è stato un mio studente in tesi e in questo momento ha costruito dei fermentatori, si è
messo in proprio e sta producendo proprio queste alghe da utilizzare ad esempio in ambito
cosmetico infatti ogni tanto quando passa in zona, passa a trovarmi portandomi le creme piuttosto
che la crema solare o il filler occhi e che gli ho detto stai pensando che sto invecchiando sempre di
più e quindi devo trattare le rughe che man mano si vengono a formare. Questo è un aneddoto
però nella realtà vi ripeto l'ambito correlato alla produzione di alghe si sta sempre più sviluppando
sia destinata all’ambito alimentare (in particolare l’ambito nutraceutico non alimentare in senso
stretto) ma anche il loro impiego in ambito cosmetico, infatti in ambito cosmetico ho notato che
ultimamente fanno tutto una serie di pubblicità su delle creme, non mi ricordo neanche quali, dove
ci sono appunto delle sostanze vegetali fermentate, non so se qualcuno di voi ha visto questa
pubblicità se vi capita fate attenzione, per cui in questo ambito sempre più si fa riferimento ad
addizione di componenti che si ottengono appunto attraverso i processi fermentativi più ricchi in
polifenoli piuttosto che di sostanze antiossidanti.
Ovviamente una volta che noi abbiamo capito con quale microrganismo abbiamo a che fare,
ovviamente noi nel terreno culturale, dovremo andare ad addizionare tutte quelle molecole che ci
permettono di fornire al microrganismo non solo la fonte di carbonio, che serve appunto per
ricavare energia, ma anche per la sintesi di tutti i componenti cellulari, ma dovremmo andare ad
addizionare ovviamente una fonte di azoto, dobbiamo addizionare una fonte di azoto, in quanto
presente negli amminoacidi quindi fondamentale per la biosintesi
delle proteine, per la biosintesi degli acidi nucleici (per cui è un
componente assolutamente fondamentale) dovremmo andare ad
addizionare una fonte di ossigeno che generalmente viene
addizionata con le molecole organiche che andiamo ad addizionare,
più l'aria eventualmente se abbiamo a che fare con un
microrganismo aerobio, perché al di là degli alcani e degli alcheni,
quasi tutte le molecole organiche contengono ossigeno, dovremo
andare ad addizionare assolutamente del fosforo (serve per la
produzione di ATP, ma lo troviamo anche negli acidi nucleici per cui
sicuramente dobbiamo aggiungere fosforo, di solito viene
addizionato sotto forma di fosfato quindi sotto forma di un sale
inorganico, magari di sodio e potassio in modo tale che forniamo al
microrganismo anche sodio e potassio) e ovviamente lo zolfo
perché ovviamente la cisteina la metionina sono aminoacidi solforati
per cui vi è la necessità appunto di questo componente che in genere viene addizionato o
sottoforma di zolfo inorganico quindi sotto forma di solfato, spesso sotto forma di solfato di
magnesio o solfato d'ammonio (perché si prendono due piccioni con una fava da un lato si
addiziona una fonte di azoto che è rappresentato da ioni ammonio, nel caso in cui si addiziona
solfato di magnesio, addizioniamo il magnesio.
Ovviamente poi oltre a questi componenti che sono fondamentali quindi carbonio, azoto, zolfo,
fosforo, ossigeno che ritroviamo poi nei componenti cellulari, sono necessari anche tutta una serie
di elementi minerali che possono essere macro-microelementi in funzione della concentrazione
con cui vengono aggiunti perché hanno un ruolo fondamentale ad esempio per la pressione
osmotica (ad esempio il sodio il cloro) o come microelementi perché molti elementi minerali sono
dei cofattori enzimatici quindi se non sono presenti ovviamente gli enzimi non saranno funzionanti.
Spesso a livello di microelementi può svolgere un ruolo fondamentale l'acqua, da un lato perché
noi possiamo scegliere quale acqua utilizzare per preparare il terreno culturale quindi possiamo
scegliere acqua demineralizzata, acqua deionizzata, acqua di fonte (l’acqua di fonte è quella del
rubinetto fondamentalmente) e quindi ovviamente in funzione della tipologia di acqua noi possiamo
addizionare più o meno elementi minerali tanto che quando si allestisce il terreno culturale bisogna
scegliere quale tipologia di acqua utilizzare a volte sembra una cosa stupida, si va beh sciolgo in
acqua i miei componenti del terreno si ma quale? l’importanza della scelta è proprio correlata a
quanti elementi minerali sono presenti, pensate di avere un impianto su scala industriale e
decidete di utilizzare l'acqua del rubinetto per cui con una certa composizione in sali, a un certo
punto il comune in cui voi avete l'impianto decide di mettere un deferrizzatore perché ad esempio
l'acqua è molto ricca in ferro quindi la popolazione si lamenta perché quando gocciola l'acqua nel
lavandino lascia le chiazze arancioni, e ragazzi quel cambiamento lì per voi può essere un
grossissimo problema perché se il ferro era fondamentale per la vostra produzione perché il ferro
era un cofattore fondamentale e doveva essere presente una certa concentrazione, il fatto di avere
un’acqua di rete differente rispetto a quella precedente ovviamente si può determinare un
cambiamento anche nella produzione del vostro metabolita, tanto che spesso dove ci sono gli
impianti di fermentazione a volte sono presenti proprio dei deferrizzatori nell'impianto in modo tale
da avere garantita una composizione dell’acqua che possa essere costante; adesso ho fatto degli
esempi un po’ stupidi però concettualmente non sottovalutate quello che vi voglio dire, non
sottovalutate l'acqua.
In genere gli elementi soprattutto i microelementi non vengono addizionati singolarmente perché,
oltre a questo apporto determinato dall’acqua, spesso
sono contaminati di altri sali che vengono addizionati in
quantità molto più rilevanti, vi ho riportato poi in una
tabella che probabilmente avrete visto più di una volta nei
corsi di biologia che mette in evidenza perché alcuni degli
elementi sono importanti a livello cellulare per cui non ve
la commento perché dovreste già conoscere molto bene
tutto ciò.
Ultima considerazione rispetto a questa slide, fate
attenzione sempre alla fonte di carbonio perché
ovviamente la fonte di carbonio così come gli altri
elementi, quindi azoto, zolfo, fosforo e ossigeno devono
essere addizionati in una quantità tale da rispondere alla
composizione cellulare, perché io so che nella cellula è
presente il 50% di carbonio, allora io devo addizionare
almeno una quota che mi permette di avere questo 50% e
ovviamente oltre a quello che io mi
ritrovo nella cellula dovrò dare una
quota che serve appunto per la
produzione del metabolita di
interesse, in questa tabella come potete vedere la percentuale dei singoli elementi, in particolare
del carbonio, varia in funzione del gruppo microbico che noi andiamo a considerare nei batteri la
percentuale di carbonio è compresa tra il 50-53%, nei lieviti tra il 45 e il 50%, mentre nei funghi tra
il 40 e il 63% che è presente nella cellula, per cui ovviamente io devo garantire una quota di
carbonio tale da consentire che all'interno della cellula ci sia quella quota, ovviamente bisogna
aggiungerne di più rispetto alla mera composizione cellulare perché deve produrre anche l'energia
per poter poi sintetizzare i componenti, produrre il metabolita.
Che considerazioni devo fare nel momento in cui voglio allestire un terreno culturale? definire se il
microrganismo è fototrofo o chemiotrofo, autotrofo o eterotrofo e a questo punto devo iniziare a
pensare, proprio perché devo addizionare tutta una serie di elementi che abbiamo visto poc'anzi,
cosa addizionare al terreno culturale e ovviamente io dovrò mettere una quota di nutrienti tale da
permettere lo sviluppo del microrganismo ma anche la produzione del metabolita di interesse e
dovrò ovviamente selezionare dei componenti da addizionare che mi permettono di avere una
crescita abbondante e rapida in termini di biomassa ed anche una produzione del metabolita
veloce con la massima resa possibile.
Terreno vegetativo e terreno fermentativo
A livello industriale si possono allestire due tipologie differenti di terreni: un terreno vegetativo o il
terreno fermentativo. Il terreno vegetativo ha una composizione in termini qualitativi e quantitativi
tali da permettere un rapido sviluppo cellulare e un’elevata entità cellulare, mentre il terreno
fermentativo avrà una composizione che è più focalizzata alla produzione del metabolita e quindi
deve avere una composizione in termini qualitativi e quantitativi che invece mi permettono di
produrre tanto e in poco tempo;
ovviamente in alcune situazioni
quei due terreni possono
coincidere, cioè io posso avere un
terreno culturale che mi permette
un rapido sviluppo della biomassa
e anche una rapida produzione del
metabolita ma in alcuni casi io
dovrò allestire due terreni differenti;
o allestisco un terreno che all’inizio
è un terreno vegetativo perché ha
una composizione che permettere
una rapida riproduzione del
microrganismo e poi durante il
processo di fermentazione
modifico la composizione
trasformandolo in un terreno fermentativo che mi permette invece una rapida produzione del mio
metabolita; facciamo un esempio, vi ricordate il fenomeno di repressione da catabolita nei
metaboliti secondari? Allestisco un terreno culturale in cui ho presenza di elevate concentrazioni di
glucosio e che mi permettono uno sviluppo rapido del microrganismo e successivamente quando è
finito il glucosio addiziono lattosio per permettere invece di produrre il metabolita secondario pur
mantenendo vitali il microorganismo. Quindi la differenza tra vegetativo e fermentativo sta
ovviamente nella tipologia di fonte di carbonio presente all’interno del terreno. Vi ricordate anche
quando facevamo riferimento alle linee di prefermentazione per fare l'inoculo? Prima del
fermentatore in cui faccio la produzione, io devo fare un altro fermentatore per far crescere il
microrganismo, avere una quantità di cellule sufficiente da inoculare nel nostro fermentatore, in
quel caso sì che io posso avere una composizione differente perché nel pre fermentatore io avrò
sicuramente un terreno vegetativo, cioè un qualcosa che mi permette di ottenere più massa in
tempi rapidi e con un'elevata biomassa; per cui non pensate che sempre il terreno vegetativo e il
terreno fermentativo abbiano differenze enormi in termini di composizione.
Quali considerazioni devo fare nel momento in cui scelgo i componenti da addizionare al terreno;
indipendentemente che io stia parlando di fonte di carbonio piuttosto che di fonte di azoto o di altre
fonti? allora abbiamo già detto che ovviamente noi dobbiamo considerare il microrganismo e quindi
la fisiologia del microrganismo per capire quali fonti io posso addizionare o meno, perché se ho un
polisaccaride e il mio microrganismo non è in grado di idrolizzarlo ovviamente questo non avrà a
disposizione la fonte di carbonio; e dobbiamo inoltre pensare a quei componenti che sono o che
potrebbero essere correlati al pathway metabolico volto alla produzione del metabolita secondario,
ma non è sufficiente, perché io devo fare anche altre considerazioni, innanzitutto devo verificare
quanto costa il componente che io addiziono al terreno culturale, perché capite bene che se vado
a produrre acido citrico che ha un basso costo sul mercato non posso pensare di mettere una
fonte di carbonio o di azoto estremamente costosa perché non riuscirei ad ammortizzare i costi e
non riuscirei ad avere un profitto sulla mia produzione, è anche correlato al costo ma anche alla
possibilità di avere rifornimento di quel materiale di quei componenti, perché se io penso ad
esempio di utilizzare una fonte di carbonio che è a basso costo che è rappresentata ad esempio
dai melassi (i melassi sono residui della produzione del saccarosio, sono le acque di
cristallizzazione del saccarosio) hanno un basso costo, possono essere prodotti dalla canna da
zucchero o dalla barbabietola da zucchero, ovviamente se uso melasso da canna da zucchero
significa che molto probabilmente dovrò importare questo melasso dai paesi del Sud America,
riesco ad avere un rifornimento costante? il produttore mi garantisce nel momento in cui ho la
necessità di avere a disposizione questo melasso di rendermelo disponibile quando decido io e nei
tempi che decido io? questa è una considerazione assolutamente da fare; è più opportuno che io
utilizzo il melasso da barbabietola da zucchero che invece proviene dall’Europa, dove è più diffusa
la produzione di saccarosio dalla barbabietola? quindi posso avere rifornimento? in quanto tempo?
O in alternativa io posso stoccare le mie materie prime? perché se io devo stoccare del glucosio
puro non c'è un grosso problema, ma se io devo stoccare una materia grezza potrei avere invece
dei problemi perché sono materiali grezzi spesso di origine vegetale che non sono stabili per tempi
infiniti, devo tenerli magari a bassa temperatura perché sennò si sviluppano altri microrganismi e
quindi nella realtà quando scelgo, devo assolutamente fare considerazioni di questo tipo.
Altra considerazione è sulla qualità della mia materia prima, cioè se io ho la garanzia da parte del
fornitore di avere costantemente il mio melasso senza grossi problemi, devo avere anche la
certezza che il melasso, che viene rifornito, abbia una composizione non troppo variabile nel
tempo, perché capite che se io ottengo melasso e lo ottengo dalla cristallizzazione, a seconda di
come effettuo la cristallizzazione, la composizione di quel melasso può essere differente, quindi la
domanda è, tu fornitore riesci a garantirmi dei lotti omogenei di melasso? Perché questo potrebbe
avere delle grosse ripercussioni poi sulla produzione del metabolita, sia in termini quantitativi che
in termini anche di produttività.
Altra considerazione quella materia grezza che io vado ad acquistare la posso utilizzare tal quale o
devo fare dei trattamenti? perché finché è da diluire non ci sono grossi problemi, ma se devo fare
dei trattamenti che mi implicano ovviamente l'utilizzo di tecniche che possono essere costose, mi
devo domandare se quei trattamenti e il costo dei pretrattamenti vengono compensati realmente
dall'impiego di quella materia grezza, cioè se io faccio il pre trattamento riesco veramente ad avere
un incremento di produzione tale da compensare i costi? in alcuni casi la risposta è sì in altri un po’
meno, dipende dal valore aggiunto del metabolita che noi stiamo andando a produrre; un'altra
domanda, se io lo sostituisco con il glucosio che è l'altra fonte di carbonio, costa di più utilizzare il
glucosio o costa di più utilizzare il melasso pretrattato. Queste considerazioni si fanno a monte,
non dopo che sono passata già in fermentatore, ma già quando sto lavorando in laboratorio perché
se io allestisco un terreno in laboratorio e devo passare in fermentatore, già non è la stessa cosa
fare una fermentazione in beuta e fare il fermentatore se poi devo cambiare tra la beuta e il
fermentatore anche la composizione del terreno capite bene che io potrei avere dei grossi
problemi, a volte mi va meglio ma in altri casi no, e ovviamente devo fare anche delle
considerazioni sulla sicurezza delle materie prime che utilizzo perché ovviamente se decido di
utilizzare Pichia pastoris e di utilizzare metanolo come induttore dell’espressione della proteina
devo sapere già in partenza che è infiammabile quindi pormi la domanda se comunque è
vantaggioso l’impiego del metanolo.
Terreni complessi e chimicamente definiti
Quali terreni possono essere
utilizzati:
essenzialmente due tipi di terreni, il
terreno chimicamente definito e il
terreno complesso.
Il terreno chimicamente definito è un
terreno nel quale io so esattamente
cosa c'è e quanto ce n'è, perché
viene allestito utilizzando dei
componenti puri, 10 grammi di
glucosio, 1.2 grammi di solfato
d'ammonio, 0.5 mg di lisina, quindi
sono allestiti con dei componenti che hanno un elevato grado di purezza e quindi ovviamente
conosco esattamente la composizione qualitativa e quantitativa, questi sono terreni che
ovviamente si utilizzano in laboratorio, quasi mai su scala industriale, e possono essere utili se io
voglio andare a definire qual è il componente del terreno che incide in maniera determinante sulla
produzione.
Nei terreni invece complessi io non conosco nel dettaglio la composizione qualitativa e
quantitativa, nel senso che io utilizzo all'interno del terreno uno o più componenti grezzi di cui non
conosco esattamente la composizione perché è una materia grezza ovviamente per definizione
non è pura, ritorniamo al nostro melasso se io preparo il terreno culturale e metto del melasso, io
metterò nel terreno 10 g/L di melasso per cui io so di avere 10 g di melasso, ma nella realtà
all’interno di questo melasso so più o meno quanto saccarosio c'è quanti elementi minerali ci sono
quante vitamine ci sono, perché dipende dal lotto che sto andando ad utilizzare, ovviamente
proprio perché all'interno di questi terreni sono presenti questi componenti grezzi che contengono
oltre alla fonte di carbonio (o la fonte di azoto) conterranno tutta una serie di altri elementi, che
permettono nella realtà la crescita, magari di un numero elevato di microrganismi, anche qua
togliamoci i dubbi nel senso che io faccio la fermentazione e utilizzo il mio microorganismo
selezionato ma se faccio ad esempio un isolamento e uso un terreno chimicamente definito quindi
dove so esattamente cosa c'è qualitativamente e quantitativamente, cresceranno solo quei
microrganismi che sono in grado di utilizzare quei componenti, se ho un terreno complesso dove
ho dentro queste materie grezze che sono di origine vegetale o animale e che hanno una
composizione molto più ricca se io faccio un isolamento riuscirò a isolare un numero di
microrganismi molto più elevato.
Mi raccomando quelli chimicamente definiti, vi ripeto vengono utilizzati prevalentemente in
laboratorio o per isolare dei microrganismi particolari, che magari sono in grado di utilizzare proprio
quella fonte di carbonio, quella fonte di azoto o perché cambiando la composizione in termini
qualitativi o quantitativi di quei determinati componenti io vado a verificare per il mio microrganismo
produttore qual è il componente che incide in maniera determinante sulla produzione; quando si
pensa a una scala industriale l'obiettivo è quello di produrre industrialmente, già a livello di
laboratorio comunque sia si utilizzano i complessi perché è inutile che io studio qual è il singolo
componente quando poi so già che avrò il melasso avrò il corn steep, avrò queste materie grezze,
piuttosto utilizzo melassi diversi, utilizzo farine diverse, per cui lo studio su quale componente
incide maggiormente sulla produzione lo faccio già sulla materia grezza però.
Domanda: ma per esempio non è possibile proprio a livello di laboratorio fare un isolamento su un
terreno chimicamente definito, per essere sicuri di isolare solo certi microrganismi e poi quando si
prepara il terreno vegetativo invece per aumentare la biomassa si utilizza un terreno complesso
quando si passa a livello industriale?
Risposta: allora la vostra collega mi dice ma se io voglio fare un isolamento non mi conviene a
questo punto trovare un chimicamente definito così io isolo solo microrganismi che mi interessano
e poi nella realtà faccio un vegetativo in cui metto magari la fonte di carbonio più facilmente
fermentescibile per ottenere biomassa, sì ma lo faccio nel momento in cui io voglio cercare ad
esempio un microrganismo che cresce sul benzene o che cresce su delle fonti di carbonio molto
particolari, allora a quel punto isolo, solo ed esclusivamente, quelli che sono in grado di degradare
quella fonte di carbonio e a questo punto per avere la biomassa poi posso farlo crescere su fonti di
carbonio che mi permettono poi di avere una biomassa superiore, ma se io ad esempio voglio
ricercare un microrganismo che produce metaboliti secondari, non mi conviene utilizzare quello
chimicamente definito, mi conviene fare uno screening utilizzando un terreno più o meno
complesso in modo tale che io vada ad isolare un’ampia gamma di microrganismi che desidero.
Quali sono queste materie grezze che abbiamo detto? alcuni probabilmente li avete sentiti
nominare sono i classici peptoni che sono idrolizzati proteici, piuttosto che l'estratto di lievito, le
farine, i melassi e cercheremo di vedere quali sono quelli maggiormente utilizzati a livello
industriale.
Quali vantaggi mi dà l'impiego di un terreno chimicamente definito o di un terreno complesso;
logicamente nel terreno sintetico conoscendo esattamente la composizione qualitativa e
quantitativa mi permette di riformulare il terreno, nei terreni complessi a volte questa riformulazione
un po’ più complessa perché se utilizzo anche un peptone e questo peptone viene prodotto da una
determinata azienda produttrice, piuttosto che l'altra, la composizione potrebbe essere differente
perché l'idrolisi parziale delle proteine potrebbe essere più o meno spinta, se cambio il produttore
di melasso potrei aver difficoltà a riformulare il terreno, per questo è importante quanto abbiamo
detto prima, avere dei lotti omogenei etc. etc. ovviamente in un terreno complesso, lo sviluppo
cellulare in genere è molto più elevato rispetto a un terreno chimicamente definito, spesso nei
terreni complessi si ha la formazione di schiuma durante il processo di fermentazione, può essere
più complessa la purificazione del prodotto, perché voi pensate di addizionare il glucosio come
fonte di carbonio, il glucosio è una polvere bianca se voi la mettete in acqua avete una soluzione
incolore, se voi prendete il melasso, dovete pensare alle caramelle Mou, è molto pigmentato è di
un marrone molto scuro e quindi in fase di purificazione ovviamente il fatto di avere a che fare con
questi terreni complessi può causare un processo di purificazione un attimino più complicato
rispetto ai terreni sintetici. Nei terreni complessi spesso vengono assolte tutte le esigenze correlate
ad esempio ad elementi minerali piuttosto che alle vitamine, nel terreno chimicamente definito
invece le devo per forza di cose addizionare, nei terreni complessi a volte possono già essere
presenti dei precursori che possono essere ad esempio fondamentali per la produzione del
metabolita di interesse, un esempio nella produzione di penicillina la fonte di azoto è rappresentato
del corn steep liquor, all’interno del corn steep liquor è presente un’elevata quantità di fenilalanina
e la fenilalanina è un precursore fondamentale per la produzione di penicillina.
Quindi fornisco al microrganismo non solo la fonte di azoto ma anche il precursore necessario per
la produzione del metabolita, quindi non avrà la necessità di doverlo sintetizzare quel precursore;
inoltre ovviamente quando ho a che fare con terreni complessi io potrei avere dei fenomeni di
diauxia perché essendo complessi ad esempio potrebbero essere presenti più fonti di carbonio
contemporaneamente e ovviamente verranno utilizzate prima quelle più facilmente fermentescibili
avendo una prima fase di crescita esponenziale, successivamente quelle meno fermentescibili e
quindi potrei avere una seconda ripresa dell’ esponenziale, cosa che ovviamente nel terreno
chimicamente complesso non succede perché decido io cosa mettere, i terreni complessi costano
molto molto meno dei terreni chimicamente definiti quindi secondo voi, nonostante alcuni degli
svantaggi l'impiego di questi terreni a livello industriale quali vengono utilizzati? quelli complessi,
poi ovviamente possono essere più o meno complessi.
Fonti di carbonio
Iniziamo a parlare delle fonti di
carbonio, quali fonti di carbonio
possono essere addizionati ad un
terreno culturale sicuramente gli
zuccheri sotto forma di monosaccaridi,
disaccaridi, polisaccaridi quindi qui la
scelta ovviamente di quale mono-di o
polisaccaride addizionare è
strettamente correlata alla tipologia di
microrganismo e al pool enzimatico
che questo è in grado di esprimere se
io addiziono come polisaccaride
l’amido e il microrganismo non ha gli
enzimi necessari all’idrolisi voi avrete un terreno culturale, ovviamente che non vi permette la
crescita del microrganismo se voi mettete galattosio invece di glucosio, del galattosio non può
essere convertito attraverso l’intervento di un epimerasi in glucosio o in un qualche intermedio
della via glicolitica, il vostro microrganismo non sarà in grado di crescere quindi anche quando
abbiamo a che fare con uno zucchero con elevato grado di purezza dobbiamo scegliere uno
zucchero che può essere utilizzato dal microrganismo. Altra possibilità è quella di utilizzare
trigliceridi o gli acidi grassi, ovviamente anche in questo caso dovranno essere presenti enzimi
idrolitici, quindi lipasi in grado di idrolizzare il trigliceride liberando glicerolo e acidi grassi, a questo
punto poi verranno catabolizzati, il glicerolo ad esempio può entrare nella via glicolitica, previa
trasformazione in diidrossiacetone, mentre gli acidi grassi verranno degradati attraverso la beta
ossidazione, si forma direttamente acetil-coenzima A, e tra l’altro dal punto di vista energetico è
molto vantaggioso, perché la quantità di energia che si può formare in questo modo è nettamente
superiore rispetto ad esempio l’impiego del glucosio; ed infine potrei andare ad idrolizzare
idrocarburi, ma qui ovviamente dovrò avere a che fare con microrganismi in grado di determinarne
l’ossidazione, per cui se ho pseudomonas probabilmente gli idrocarburi vanno bene, se ho
Saccaromices cerevisiae no.
Ultima considerazione rispetto agli zuccheri: importante che siano presenti gli enzimi che ne
permettono la degradazione, ma occhio anche ai trasportatori, perché come prima cosa il
microrganismo deve essere in grado di trasportare all’interno della cellula, ovviamente, lo
zucchero.
Quali sono gli zuccheri maggiormente utilizzati?
In forma pura sicuramente il
glucosio, perché lo sappiamo, la
stra grande maggioranza dei
microrganismi è in grado di
utilizzare questo zucchero, come
disaccaride il saccarosio e il
lattosio, e come polisaccaride o
oligosaccaride le destrine, l’amido
e i derivati di natura cellulosica;
con questo non sto dicendo che
non si possono utilizzare altri
zuccheri come il mannosio o il
galattosio, questi sono quelli più
comunemente utilizzati e
attenzione quando effettuate la
scelta della fonte di carbonio, la
possibilità soprattutto con il
glucosio di avere quei fenomeni che abbiamo definito come repressione da catabolita, soprattutto
quando abbiamo a che fare con il metabolismo secondario, quindi in questo caso se ho un
problema di questo tipo o scelgo un’altra fonte di carbonio o se no aggiungo il glucosio a una
concentrazione che sta al di sotto della soglia che dà repressione; questo l’abbiamo già detto, io vi
faccio continuamente questi riferimenti per farvi capire che tutto è correlato; quali carboidrati in
forma grezza invece vengono maggiormente utilizzati in ambito industriale? sicuramente i melassi
da barbabietola e da canna, l’amido che proviene da cereali o da tuberi per cui amido di mais,
amido di patata o di altro tipo, materiali cellulosici per cui cellulosa, piuttosto che emicellulosa e
lignina, e il siero da latte che è ricco ovviamente di un disaccaride che è rappresentato dal lattosio.
Allora prima di parlare nello specifico dei melassi mi sono dimenticata di dirvi una cosa importante,
quando allestiamo un terreno culturale mettiamo tutti i componenti che abbiamo detto, quindi la
fonte di azoto, la fonte di zolfo, fonte di carbonio; in alcune produzioni può essere importante
anche l'aggiunta di alcuni componenti che non hanno tanto la funzione di permettere la crescita del
microrganismo ma che possono essere vantaggiosi per la produzione del metabolita, uno di questi
componenti può essere rappresentato dagli effettori cosiddetti effettori cosa sono questi effettori
sono delle molecole che se vengono aggiunti al terreno culturale mi determinano un aumento della
produzione del metabolita di interesse, perché? Molto spesso non si sa, sono delle molecole che a
livello industriale sono note e quindi quando si vuole cercare di aumentare la produzione a volte si
prova ad aggiungerli al terreno colturale, se si aggiungono aumenta la produzione? Si, fantastico,
perché? Chi se ne frega è aumentata la produzione, e chi si è visto si è visto.
Per cui chi gestisce gli impianti e la produzione spesso diventa un po’ un guro della preparazione
dei terreni perché con l’esperienza ha acquisito queste competenze fantascientifiche e quindi dice
“va beh proviamo ad aggiungere questa cosa e vediamo cosa succede”; ragazzi non pensate che
poi nella realtà non abbia una spiegazione scientifica tutto ciò, vi faccio un esempio per la
produzione delle ansamicine ad esempio la rifampicina si addizionava al terreno culturale l'acido
barbiturico, si addizionava, aumentava la produzione perché? vabbè chi se ne frega io metto il
barbiturico ottengo molto più rifampicina, va bene così, chi si è visto s’è visto.
Domanda: …?
Risposta: sisi ma poi viene dichiarato però nella realtà quando si mette a punto il terreno culturale
e si ha un’esperienza a livello industriale ci sono un po’ tutta questa serie di molecole che si è visto
che magari andandole ad addizionare aumenta la produzione, per cui quando si mette a punto il
terreno culturale dice va beh proviamo a mettere questo effettore e vediamo cosa succede poi
viene dichiarato assolutamente; adesso vi dico qual è stato il problema di questo acido barbiturico,
perché con l'evolversi della legislazione l’acido barbiturico creava dei grossi problemi quando
veniva addizionato, perché essendo una sostanza stupefacente la gestione di questo acido
barbiturico a livello industriale era problematica perché quando si ha a che fare con le sostanze
stupefacenti devono essere conservate in un certo modo, deve essere dichiarato ogni singola
micromol e dove va finire, e quindi capite bene che era un grosso problema perché se vengono a
fare i controlli e tu non dimostri che hai acquistato tot acido barbiturico e quell'acido barbiturico è
finito effettivamente nel fermentatore e non se n’è fregato il tuo dipendente, diventa problematico,
io adesso la sto facendo un po’ come storiella ma nella realtà la gestione di molecole di questo tipo
è molto complessa.
Domanda: …?
Risposta: eh sì perché a quel punto si è scatenato un inferno perché logicamente da una
produzione nel quale veniva addizionato l’acido barbiturico c’è stata la necessità di trovare dei
ceppi non barbiturico dipendenti in grado di permettere l'ottenimento sempre delle stesse
produzioni, anche senza acido barbiturico, quelli che usano adesso non sono più barbiturico
dipendenti quindi della realtà viene prodotta senza addizionare questo effettore e nella realtà
soltanto una decina di anni fa si è scoperto la motivazione per cui questo acido barbiturico
determinava un aumento della produzione, ed era correlato a un problema di potenziale ossidoriduttivo adesso non ve lo spiego nello specifico perché è molto complessa ed era correlato quindi
alla presenza di NAD sotto forma di NAD+ o NADH e quindi sono stati isolati questi ceppi che non
necessitavano più di acido barbiturico quindi la produzione avviene con terreni differenti rispetto a
quelle precedenti e con ceppi differenti, ovviamente capite bene che a livello industriale nel
momento in cui nel giro di poco tempo bisogna cambiare la produzione modificando in maniera
così sostanziale la composizione del terreno diventa un grosso problema.
Per cui ho la possibilità di addizionare questi effettori o ho la possibilità di andare ad addizionare i
cosiddetti coadiuvanti tecnologici; i coadiuvanti tecnologici invece sono delle sostanze che
vengono aggiunte al terreno culturale che hanno una funzione solo ed esclusivamente tecnologica
quindi ad esempio si possono addizionare delle resine che assorbono magari il prodotto che vi
interessa andandone a diminuire la concentrazione nel brodo culturale e magari diminuendo gli
effetti di inibizione o possono essere ad esempio la celite che permette ad esempio la
frantumazione del micelio delle muffe perché magari con un micelio più frantumato si ha una
produzione più elevata, sono assolutamente delle strategie tecnologiche che ci permettono di
aumentare la produzione perché permettono di modificare la morfologia del microrganismo o
permettono di ridurre magari fenomeni inibitori perché assorbono il metabolita che dà inibizione.
Oltre appunto a questi effettori stavamo parlando della fonte di carbonio che sicuramente è quella
fondamentale per la produzione di
energia, una delle fonti grezze che
può essere utilizzata è
rappresentata dai melassi che
possono essere da canna da
zucchero o da barbabietola da
zucchero, il fatto che io sottolinei
continuamente da canna o da
barbabietola è correlato al fatto che
hanno una composizione differente,
quindi potrebbero avere degli effetti
differenti sul processo di
fermentazione, i melassi non sono
altro che l’acqua madre che si
ottiene dalla cristallizzazione del
saccarosio, quindi la bietola
piuttosto che la canna vengono
frantumate, vengono messi in acqua dopodiché c’è una parziale purificazione, queste acque
vengono concentrate per evaporazione e dopodiché si procede alla cristallizzazione del saccarosio
le madri che si ottengono appunto da questa cristallizzazione rappresentano i melassi, ovviamente
il melasso da canna da zucchero è molto più diffuso nei paesi sud americani o Nord America,
mentre i melassi da barbabietola da zucchero sono più disponibili e frequenti In Europa.
I melassi sono una fonte di carbonio e in particolar modo di saccarosio, quindi lo zucchero che io
vado a fornire al mio microrganismo è rappresentato da questo disaccaride, ovviamente questo
deve essere idrolizzato per il suo utilizzo quindi il microrganismo deve possedere delle invertasi, il
saccarosio è costituito da glucosio e fruttosio quindi i monosaccaridi che si liberano dall’idrolisi
sono glucosio e fruttosio che sono due zuccheri che possono entrare facilmente poi nelle vie
glicolitiche previa fosforilazione ovviamente. Nel melasso da barbabietola è presente un residuo in
saccarosio che varia dal 48 al
49%, quindi circa 50% di
saccarosio è ancora presente in
questi melassi da barbabietola,
mentre nel melasso da canna la
percentuale di saccarosio
presente è inferiore circa 3035%, ma nel melasso da
barbabietola è presente una
quota importante di raffinosio che
è un trisaccaride costituito da
galattosio, glucosio e fruttosio;
quindi quando uso il melasso da
canna oltre al saccarosio fornisco
anche un'altra fonte di carbonio
che è rappresenta da questo
trisaccaride, ovviamente poi non è detto che tutti questi zuccheri presenti nel raffinosio poi
possono essere utilizzati dal microrganismo glucosio, fruttosio sì ma il galattosio non è detto; oltre
a questa composizione in zuccheri differenti, perché se guardate poi in termini percentuali,
abbiamo più o meno la stessa percentuale in fonte di carbonio perché la bietola ha circa il 50%, il
melasso da canna 30 e 20% (raffinosio) quindi più o meno 50%, ma cambia la tipologia di
zucchero presente; sono presenti anche molecole di natura organica e come potete vedere è
presente una quota di azoto e sono presenti anche elementi minerali in quantità differenti a
seconda che sia da barbabietola piuttosto che da canna, giusto per fare in modo che ci si capisca,
soprattutto quando vi capiterà magari di avere a che fare con delle pubblicazioni o con dei brevetti
generalmente quando si parla di black strap molasses si intendono dei melassi indipendentemente
dall’origine, quando si parla di molasses si parla di melasso da barbabietola e quando si parla di
black strap invece da canna da zucchero, in italiano li chiamiamo tutti e due melassi e li definiamo
da canna piuttosto che, mentre quando si passa alla lingua inglese vi è questa classificazione.
Oltre agli elementi minerali
all’interno dei melassi è presente
una quantità piuttosto rilevante
anche di altri elementi minori e in
particolar modo di vitamine che
sono fondamentali poi per l'attività
enzimatica dei microrganismi, e tra
questi troviamo la
tiaminapirofosfato fondamentale
per le reazioni di
decarbossilazione, piuttosto che la
riboflavina, il piridossal fosfato
fondamentale perché funzionino
tutti gli enzimi che determinano la
modifica degli aminoacidi, la
niacinammide che non è altro che
il NAD fondamentalmente, l'acido
pantotenico, l'acido folico e la biotina e come potete vedere in termini di quantità di queste vitamine
vi è una grossa differenza tra il melasso da barbabietola e il melasso da canna, quindi la scelta di
utilizzare l’uno o l’altro potrebbe essere in funzione di quale vitamina potrebbe essere
fondamentale per la mia produzione; ad esempio la biotina è un cofattore che interviene nelle
reazioni di carbossilazione (nelle reazioni anaplerotiche) cioè la carbossilazione dell’acido piruvico
a dare acido ossalacetico, quindi nella produzione degli amminoacidi in particolar modo dell’acido
glutammico viene specificamente utilizzato il melasso da canna da zucchero che è più ricco in
biotina rispetto al melasso da barbabietola da zucchero, proprio per la composizione che hanno
questi melassi potrebbero essere considerati quasi dei terreni completi, quindi in alcuni casi basta
diluirli, e vi ripeto, sono qualcosa di molto concentrato, pensate a quando fare il caramello, l’incubo
dei tesisti quando devono preparare in laboratorio il terreno con dentro il melasso perché voi lo
prendete con il cucchiaio questo inizia a filare da tutte le parti e potete immaginare cosa succede
sui banconi, di solito quando si utilizzano questi melassi quindi vanno assolutamente diluiti, perché
considerate una percentuale di zuccheri che quasi pari al 50% vuol dire che sono 500 grammi litro
di zuccheri quindi una concentrazione che veramente è troppo elevata perché si avrebbe una
pressione osmotica altissima per cui sicuramente questi melassi vanno diluiti e vi ripeto proprio
perché hanno questa composizione molto ricca in alcuni casi possono essere considerati anche
dei terreni completi, magari si addiziona un po’ di fonte d'azoto perché l'azoto non è presente in
quantità rilevante.
Qual è il problema dell’impiego dei melassi? essendo così ricchi di tutti questi componenti minerali
di vitamine in alcuni casi vi è la necessità di pretrattarli perché se ad esempio devo fare una
produzione dove non mi serve ad esempio il ferro o il ferro è un enzima critico per avere
l’accumulo del mio metabolita e voglio utilizzare il melasso devo prima pretrattarlo per eliminare il
ferro presente quindi significa magari diluirlo e fare una cromatografia a scambio ionico per andare
ad eliminare proprio il ferro presente, è ovvio che io non posso fare un terreno culturale dove sia
completamente assente il ferro, perché il ferro è un cofattore che interviene in diverse reazioni, ma
se è critica la concentrazione, lo tolgo dal melasso e ne metto esattamente la quantità che decido
io, ad esempio nella produzione dell’acido citrico, la quantità di ferro è un qualcosa di
fondamentale per far funzionare o meno il processo. Quindi devo pretrattarlo, mi conviene? Se si
lo utilizzo, se no cambio fonte di carbonio.
Altro problema con i melassi, ricordatevelo, la sterilizzazione perché quando si ha a che fare con
terreni colturali ricchi in zuccheri e nel quale sono presenti fonti di azoto, durante la sterilizzazione
si può avere la cosiddetta reazione di Maillard, cioè lo zucchero che ha un gruppo aldeidico, un
gruppo chetonico reagisce spontaneamente coi gruppi amminici le basi di shiff determinando la
formazione di glicosilammine quindi di zuccheri glicosilati, perché può essere un problema? al di là
dell'imbrunimento del terreno culturale perché queste lezioni di Maillard quando sono molto spinte
determinano una forte pigmentazione, la Guiness ha quella colorazione, ed è la Guiness perché si
spingono quelle reazioni di Maillard; la crosta del pane ha quella pigmentazione perché spingono
le reazioni di Maillard che danno questo imbrunimento; se ho a che fare con il latte è ovvio che non
posso sterilizzare inducendo la reazione di Maillard.
Perché sono negativi quando preparo un terreno? perché ovviamente se lo zucchero reagisce con
gli aminoacidi io avrò una minore disponibilità di aminoacidi e anche perché alcuni dei prodotti che
si formano da queste reazioni di Maillard in alcuni casi sono tossici per il microrganismo quindi se
so che ho una composizione del terreno che mi può dare queste reazioni io dovrò tenere sotto
controllo queste reazioni di Maillard, cioè dovrò fare una sterilizzazione magari a temperature più
basse per tempi più lunghi.
Oltre al melasso di canna e il melasso da barbabietola abbiamo altre tipologie di melassi: l’hydrol
che si ottiene invece dal mais e in particolar modo quando si fa la produzione di glucosio da questo
cereale che contiene prevalentemente amido per cui si instaurano dei processi idrolitici per andare
a recuperare il glucosio, una volta che è stato recuperato il glucosio avremo anche in questo caso
delle acque madri che risultano essere molto viscose ancora molto ricchi in zuccheri, anche in
questo caso avremo a che fare con una fonte molto bruna, molto scura, tipo caramello che non
può essere usato in ambito alimentare come dolcificante perché è amaro e quindi viene utilizzato
per la preparazione dei terreni colturali e all’interno di questo hydrol è presente ancora il 60% di
zuccheri per cui è una buona fonte di carbonio in termini quantitativi, perché c’è ancora tanto
zucchero all’interno di questi melassi e sono anche estremamente concentrati in sali perché si
instaurano queste reazioni di Maillard, perché per fare le estrazioni bisogna trattarle con alcoli, con
basi a caldo, e quindi di tutto e di più e quindi si formano tutte queste sostanze che danno
carattere amaro e quindi non possono essere utilizzati. In questo caso (nell’hydrol) il 60% di
zuccheri sarà un miscuglio, ci sarà glucosio, ci sarà dentro ancora degli oligosaccaridi che si
ottengono dall' idrolisi dell’amido; per cui ovviamente fate attenzione perché in questo caso se voi
avete repressione da cataboliti da parte del glucosio dovete fare attenzione a utilizzare questa
fonte di carbonio, melasso non ci sono problemi, saccarosio, trealosio e glucosio praticamente non
ci sono problemi, in questo caso bisogna fare attenzione.
L'altra possibilità è il cosiddetto
high test molasse che si ottiene
anche in questo caso dalla canna
da zucchero ma in questo caso non
è un residuo della produzione di
saccarosio ma si ottiene
direttamente dall’evaporazione del
succo della canna da zucchero gli
zuccheri presenti vengono
parzialmente idrolizzati quindi
significa che il saccarosio viene
idrolizzato parzialmente a glucosio
e fruttosio e a questo punto una
volta che è avvenuta questa
parziale idrolisi viene concentrato
fino all’ 80-85% per cui anche qua abbiamo a che fare con una materia molto viscosa e all'interno
di questo high test molasse è presente ancora il saccarosio in percentuale compresa tra il 15 e il
30% ed è presente glucosio e fruttosio in una percentuale che varia dal 40-50% quindi significa
che anche in questo caso se utilizzo questa fonte di carbonio non ci devono essere fenomeni di
repressione da cataboliti da parte del glucosio.
siero da latte: anche questo è un prodotto di scarto ovviamente in questo caso è uno scarto
dell'industria casearia tra l'altro è uno scarto fortemente inquinante perché all'interno di questo
siero da latte c'è una carica microbica molto molto elevata e quindi alle industrie lattiero casearie lo
smaltimento costa, quindi è sicuramente una fonte di carbonio a basso costo, lo zucchero presente
ovviamente è lattosio ed è presente in percentuale compresa tra il 4-5%, quindi nella realtà una
quantità di lattosio non particolarmente elevata perché non è presente in una forma concentrata,
cioè non è come il melasso che è qualcosa di molto concentrato e che ci permette anche uno
stoccaggio semplice; nel caso del siero da latte, capite bene che, se io ho presente 4-5% di
lattosio la percentuale non è altissima, quindi se voglio allestire un terreno colturale se mi serve più
devo concentrarlo un po’, altrimenti devo addizionargli tutti gli altri componenti del terreno, quindi è
un problema a livello di stoccaggio della materia prima perché ovviamente al di là dell’impianto per
lo stoccaggio, va anche raffreddato, perché vi ripeto sono presenti una carica microbica
particolarmente elevata quindi può essere utile se ad esempio l’impianto di fermentazione è
prossimo a un’industria lattiero casearia allora a quel punto la caseificazione c’è praticamente tutti i
giorni e quindi ho una disponibilità costante di questo siero da latte che posso andare ad utilizzare.
Altra fonte di carbonio è
rappresentato dall’estratto di malto
questa è un'ottima fonte di
carbonio per i lieviti e per le muffe
se non so dove far crescere i lieviti
e le muffe, faccio un terreno
all'interno del quale ho messo
l'estratto di malto; come si ottiene
l'estratto di malto? si prende l'orzo
si fa la maltizzazione, cioè si fa
germinare l'orzo, sono i primi step
della produzione della birra,
praticamente si fa germinare
l'orzo, vengono prodotti dall'orzo le
amilasi, tutti gli enzimi necessari
per l'idrolisi dell'amido e una volta
che è avvenuta questa idrolisi otterremo questa soluzione che conterrà glucosio, maltosio e
ovviamente una volta che ciò è avvenuto si va ad essiccare e quindi questo estratto di malto viene
venduto come se fosse una polvere quindi non è altro che amido idrolizzato e ovviamente oltre
all'amido idrolizzato saranno presenti anche altri componenti perché ovviamente noi andiamo a
ricavare questa fonte di carbonio da vegetali per cui oltre al malto sarà presente anche una quota
di composti azotati, circa il quattro 4-5% sul peso secco e gli zuccheri presenti saranno
rappresentati, come vi dicevo prima, dal maltosio che è lo zucchero presente in maggior quantità
seguito dal glucosio e dalle destrine, che sono degli oligomeri che si ottengono appunto dall’idrolisi
dell’amido, e anche in questo caso occhio alla sterilizzazioni perché si possono avere reazioni di
maillard, e vi ripeto questa è una fonte il carbonio e azoto che facilmente utilizzabile dagli eumiceti.
L'alternativa è quella di fare l'infuso di malto per cui si prendono le farine di malto che sono i residui
sempre delle aziende che producono appunto la birra; vengono fatti degli infusi per cui si prendono
queste farine di malto si mettono in acqua per tot tempo a una certa temperatura e dopodiché
questo infuso rappresenta praticamente il terreno al malto, al quale poi si può più o meno
aggiungere ovviamente un'ulteriore fonte di azoto o altri componenti a seconda delle esigenze,
eventuali tamponi se ho la necessità di controllare il pH della brodocoltura.
Altra fonte di carbonio è
rappresentata dall’amido, l’amido è
un polisaccaride costituito da
amilosio e amilopectina può
essere di diversa origine e a
seconda dell’origine varia la
quantità o meglio il rapporto tra
amilosio e amilopectina, e varia
anche il grado di polimerizzazione
cioè varia quante unità di glucosio
sono presenti all'interno del
polisaccaride, l’amilosio è un
polisaccaride lineare costituito da
glucosio e le unità monomeriche di
glucosio sono legate con legame di
tipo α-1,4 mentre amilopectina è
ramificata e oltre ad esserci legami α-1,4 dove ci sono le ramificazioni sono presenti anche legami
α -1,6 quindi per l’idrolisi dell’amilosio e dell’amilopectina sono necessari enzimi differenti, quali
enzimi sono necessari? sono necessari α-amilasi, β-amilasi e glucoamilasi, le α-amilasi sono
endoenzimi e quindi tagliano casualmente legami α-1,4 e quindi dal idrolisi dell’amilosio io otterrò
direttamente glucosio e destrine
esattamente come dell’amilopectina, io
otterrò il glucosio se mi taglia in questa
posizione o otterrò delle destrine,
destrine differenti rispetto all’amilosio
perché logicamente nell’amilopectina
queste destrine saranno ramificate quindi
con anche legami α-1,6; le β-amilasi
invece sono egli esoenzimi quindi
idrolizzano a partire dalle estremità della
catena liberando unità disaccaridiche
cioè liberando maltosio-maltosio è un
disaccaride costituito da glucosio quindi
glucosio-glucosio con un altro legame α 1,4; per avere l'idrolisi anche della legami
α -1,6, e per avere l’idrolisi del maltosio dovrà intervenire un altro enzima che è rappresentato dalle
glucoamilasi; quindi è evidente che se noi vogliamo utilizzare l’amido come fonte di carbonio e
vogliamo fare utilizzare tutto l’amido che noi andiamo ad addizionare dobbiamo avere un
microrganismo che è in grado di sintetizzare α e β-amilasi e glucoamilasi. Il processo di idrolisi
generalmente procede in due step una prima fase nel quale si ha la liquefazione dell’amido ed è la
fase in cui vengono idrolizzati legami α -1,4 grazie all’intervento delle α -amilasi e quindi da questa
idrolisi noi avremo alla fine una miscela di oligosaccaridi, e una seconda fase invece di
saccarificazione dove intervengono invece le beta amilasi e le gluco amilasi che continuano il
processo idrolitico andando via via a depolimerizzare permettendo quindi la liberazione
ovviamente di maltosio e successivamente di glucosio.
Tutti gli amidi hanno le stesse
caratteristiche? No, l’abbiamo detto
proprio perché varia il rapporto tra
amilosio e amilopectina e il grado
di polimerizzazione; in commercio
sono disponibili amidi differenti per
cui c'è l’amido di patata, l'amido di
mais e ovviamente questi amidi si
differenziamo per la solubilità, che
in genere non è mai elevatissima,
si disperdono più che sciogliersi e
fanno quelle soluzioni un po’
opalescenti e quindi nel momento
in cui noi andiamo ad addizionare
come fonte di carbonio questi amidi
noi avremo un terreno culturale che risulta essere torbido; esistono in commercio anche amidi più
solubili, e ovviamente quelli solubili sono quegli amidi che vengono parzialmente idrolizzati quindi
si va a ridurre il grado di polimerizzazione e ovviamente questa parziale idrolisi può essere
effettuato chimicamente o utilizzando enzimi quindi amilasi piuttosto che beta-amilasi, a livello
industriale ovviamente si utilizzano in genere quelli insolubili guarda caso perché costano meno.
Oltre agli amidi possiamo avere
anche le maltodestrine dove il
grado di idrolisi è più spinto, quindi
avremo degli oligomeri ovviamente
di dimensioni inferiori rispetto
all'amido, e ovviamente anche le
maltodestrine potranno essere più
o meno solubili proprio perché il
grado di polimerizzazione è
inferiore rispetto agli amidi veri e proprio, molte di queste maltodestrine si solubilizzano nel terreno
colturale o se non totalmente, comunque in maniera molto più consistente rispetto agli amidi; e
proprio perché sono meno polimerizzate non danno problemi a livello di viscosità del terreno
culturale; l'amido sapete non vi è mai capitato? sì sicuramente sì, quando fate cuocere la pasta
che magari la fate cotta stracotta, e c'è l'acqua che diventa opalescente e anche molto più viscosa
rispetto all'acqua; per cui il fatto di avere un maggior grado di polimerizzazione fa sì che queste
destrine messe in soluzione acquosa non determinano questo problema di viscosità del terreno
culturale; ovviamente anche qui le maltodestrine hanno un costo superiore rispetto agli amidi ma
sono sicuramente una fonte di carbonio parecchio utilizzata a livello industriale soprattutto nella
produzione di metaboliti secondari; guarda caso metaboliti secondari sintetizzati da attinomiceti e
funghi che abbiamo detto essere microrganismi che in genere sono in grado di produrre un’ampia
gamma di enzimi di natura idrolitica, Saccaromices cerevisiae, sottolineatelo, non è in grado di
utilizzare l'amido .
Se io voglio utilizzare questa fonte
di carbonio devo preventivamente
depolimerizzarla, posso farlo? Si,
perché ormai esistono in
commercio tutta una serie di
αamilasi e glucoamilasi sia di
origine batterica sia di origine
fungina con caratteristiche diverse
in termini di optimum di temperature
di pH, per cui posso selezionare
quella che più mi aggrada, e posso
andare ad utilizzare per idrolizzare
l’amido che io ho addizionato
all'interno del terreno culturale; per
cui preparo il terreno culturale
addiziono questi enzimi, faccio
depolimerizzare e dopodiché inoculo Saccaromices cerevisiae o eventualmente il microrganismo
che non è in grado di utilizzare questa fonte di carbonio.
Tra le α-amilasi troviamo α-amilasi sia di origine batterica che di origine fungina le α-amilasi
batteriche sono da bacillus mentre quelle fungine è da Aspergillus oryzae mentre le glucoamilasi
disponibili commercialmente vengono prodotte invece da muffe e quindi Aspergillus niger piuttosto
che Rhizopus. Quindi microrganismi utilizzati per la produzione di enzimi, che poi io posso andare
ad utilizzare per degradare l’amido; esistono in commercio anche delle miscele già pronte, per cui
voi comprate la bustina con dentro la vostra miscela di enzimi e la potete scegliere anche in
funzione del grado di polimerizzazione che volete avere, se volete un idrolisi molto rapida o un
idrolisi più lenta; nel primo caso glucoamilasi e α-amilasi, una prima fase molto rapida e poi
quando si arriva ad un grado di polimerizzazione prossimo a 10 un’idrolisi molto molto molto lenta,
per cui prima fase depolimerizzazione, inoculo Saccaromices cerevisiae e va avanti; invece in
quella riportata a destra è una miscela e con amilasi e due gluco amilasi quindi ovviamente la
glucosidasi è quella che mi permette di degradare e il legame 1-6 quindi che mi permette di avere
una depolimerizzazione molto avanzata, che permette invece di avere un idrolisi molto molto
rapida nel giro di 30 minuti praticamente si è idrolizzato tutto e a questo punto io posso inoculare il
microrganismo; quindi anche qua la valutazione è mi conviene l’amido, utilizzare questa bustina
che metto nel fermentatore o no, dipende dai costi e da cosa sto producendo, ovviamente si è
cercato anche di ottenere dei ceppi di Saccaromices cerevisiae in grado di utilizzare l’amido, per
cui sono stati clonati in Saccaromices cerevisiae i geni che codificano per un'α-amilasi e per una
gluco-amilasi, geni che provengono da un altro lievito che è Swannomices occidentali’s,
l'espressione avviene tramite l'utilizzo di un promotore forte ed è stato costruito un’intera cassetta
genica che è stata inserita all’interno di Saccaromices cerevisiae per cui ci sono dei ceppi di
Saccaromices cerevisiae che sono in grado di utilizzare anche questa fonte di carbonio seppur non
è efficientissimo.
Occhio a questa parte perché questa parte è fondamentale per il terreno culturale nella
progettazione del processo
domanda: …?
allora in un terreno complesso io posso comunque poi addizionare anche quelli e cioè allora io non
escludo che all’interno di un terreno culturale ci siano delle materie grezze ma anche cioè dei
componenti puri, perché io posso utilizzare il melasso e poi potrei addizionare comunque del
solfato d'ammonio per la necessità di avere lo zolfo, di avere dell'azoto di natura inorganica io
quando parlo di complessi è perché all'interno del terreno c'è un qualche componente grezzo e a
quel punto fa sì che la composizione non possa essere definita in maniera qualitativa e
quantitativa, in maniera precisa.