caricato da Utente14109

arte interrogazione

annuncio pubblicitario
L’ARTE CAROLINGIA
CAPPELLA PALATINA
Edificata tra il 790 e l’805 dall’architetto Eude di Metz, venne progettata secondo un modulo pari a un piede romano
(circa 29,64 centimetri) e presenta una caratteristica pianta centrale.
Un deambulatorio a due livelli – coperto a crociera nella parte inferiore – raccorda il perimetro esterno a sedici lati
con la struttura ottagonale centrale coperta da una cupola a padiglione (i cui mosaici dorati, pur rifacendosi a quelli
originali, sono stati completamente rifatti nel XIX secolo). Massicci archi a tutto sesto su pilastri mettono in
comunicazione lo spazio centrale e l’ambulacro inferiore. Otto alte arcate delimitate verso l’interno da un doppio
ordine di decorative colonne corinzie – sormontate da tre archetti le inferiori, direttamente legate all’intradosso
degli archi quelle più in alto – definiscono il piano superiore. Nella campata del piano più alto, stretta fra le due torri
scalari, è ospitato il trono imperiale, soprelevato di cinque gradini e perfettamente in asse con l’altare e con l’abside
a pianta rettangolare che si apre sul lato opposto. Tale collocazione è altamente simbolica, in quanto definisce la
posizione dell’imperatore in modo assolutamente privilegiato nei confronti della divinità.
Le colonne di porfido rosso e le lastre di rivestimento in marmi preziosi furono portate ad Aquisgrana asportandole
direttamente dalle ex capitali di Ravenna e di Roma. Assieme al prezioso materiale di spoglio, nella cappella sono
presenti anche manufatti ispirati all’Antico eseguiti appositamente da artisti chiamati dall’Italia. Ne sono esempio
notevole le inferriate in bronzo dorato del primo ordine, decorate con motivi geometrici, pilastrini con capitelli
corinzieggianti e fasce terminali con girali di acanto.
MONUMENTO EQUESTRE DI MARCO AURELIO
Il cavallo, che ha forme ampie e tondeggianti, la testa leggermente volta di lato, la criniera mossa e la zampa
anteriore sinistra piegata, è forse di riuso, essendo stato eseguito probabilmente attorno al III secolo, ed era sentito,
perciò, come “classico” sia dallo scultore sia dal suo committente.
Differenti, invece, sono le ipotesi sul cavaliere ritratto. Per alcuni studiosi, infatti, rappresenta Carlo Magno, per altri
il nipote Carlo II il Calvo, ma con una maggiore propensione per la prima ipotesi. Infatti il collo corto, i baffi cadenti, il
naso forte, gli occhi grandi corrispondono alle descrizioni di Carlo fatte dai contemporanei.
Con questo monumento equestre in miniatura Carlo, il primo imperatore di un impero romano cristianizzato, si
poneva come naturale erede di Costantino, il primo imperatore cristiano, che si riteneva fosse il cavaliere di quella
che noi oggi conosciamo come Statua equestre di Marco Aurelio.
CARATTERISTICHE GENERALI DELL’ARCHITETTURA ROMANICA
Fra le innovazioni tecniche e le caratteristiche architettoniche più significative del Romanico ricordiamo comunque:
-la volta a crociera, che sostituisce vantaggiosamente le più deperibili strutture a capriate in legno e le troppo
pesanti volte a botte in muratura 5 ;
-il pilastro, che sostituisce o si affianca alla colonna 6 ;
-il contrafforte esterno, che contrasta le spinte generate dalle volte a crociera 12 ;
-il forte spessore delle murature perimetrali, che conferisce alle costruzioni la necessaria solidità.
Volte a crociera
Dal punto di vista geometrico, lo ricordiamo, una volta a crociera è generata da due volte a botte uguali che si
intersecano, incrociandosi una perpendicolarmente all’altra. Lo spazio quadrato coperto da ciascuna crociera prende
il nome di campata ed è delimitato, ai quattro vertici, da altrettanti massicci pilastri in muratura.
Le quattro porzioni di volte a botte risultanti dalla loro avvenuta intersezione prendono il nome di vele, in quanto la
loro forma richiama proprio quella di una vela triangolare gonfiata dal vento. La stabilità di una volta a crociera
impone di adottare particolari accorgimenti costruttivi. Infatti, mentre la semplice volta a botte scarica il proprio
peso uniformemente lungo le due pareti continue che la sorreggono, la volta a crociera lo ripartisce, tramite i
quattro archi a tutto sesto che la delimitano e i due archi diagonali che l’attraversano, sui quattro pilastri della
campata i quali, di conseguenza, ne ricevono la spinta.
L’ALTARE DI SANT’AMBROGIO
L'altare d'oro di Sant'Ambrogio è un prezioso reliquiario a forma di sarcofago, realizzato in legno, rivestito da lamine
d'oro e d'argento e adornato con gemme incastonate e smalti policromi. Nella parte anteriore, opera di collaboratori
di Vuolvinio, sono raffigurate le Storie della vita di Cristo. Nel fronte posteriore, realizzato da Vuolvinio e sul quale ci
soffermiamo, sono rappresentati episodi della vita di Sant'Ambrogio. Nei quattro tondi al centro vi sono gli arcangeli
Michele e Gabriele, Sant'Ambrogio che incorona il vescovo e Sant'Ambrogio che incorona Vuolvinio alla innervosita
di modellato e alla drammaticità di intonazione della parte anteriore. Qui si contrappone uno stile più severo,
caratterizzato da una resa monumentale delle figure che appaiono isolate, ben salde e plasticamente sbalzate
attraverso contorni netti e precisi e che conferisce ai movimenti dei protagonisti un ritmo lento e solenne. Di
particolare importanza è il tondo con Sant'Ambrogio che incorona Vuolvinio. Dopo secoli di arte anonima, un artista,
forse per la prima volta, pone la propria firma sulla sua opera e si proclama Magister Faber, maestro orafo,
affermando la propria dignità professionale ed artistica.
LA BASILICA DI SANT’AMBROGIO
La basilica di Sant'Ambrogio è considerata la costruzione madre del romanico lombardo. La chiesa, priva di transetto,
prolunga le mura laterali verso l'esterno, dando origine ad un vasto atrio porticato, quadriportico che non ha l'eguale
in tutto il resto d'Europa. A pianta rettangolare, la basilica, alle medesime dimensioni del quadriportico e si compone
di tre navate terminanti con altrettante absidi semi cilindriche. La navata centrale si articola in quattro ampie
campate quadrate, tre con volte a crociera, mentre la quarta, in corrispondenza del presbiterio, è coperta con una
cupola a pianta ottagonale inserita all'interno di un tiburio egualmente ottagonale. Le navate laterali sono formate
da otto campate minori con volte a crociera. Su di esse si imposta il matroneo che, affacciandosi sulla navata
centrale per mezzo di grandi arconi a tutto sesto, spezza la continuità delle pareti.
Nella parte superiore della facciata si aprono tre finestroni che rappresentano le uniche significative fonti di
illuminazione delle navate. I materiali impiegati nella costruzione sono quelli tipici della tradizione lombarda,
soprattutto mattoni e muratura intonacata, con un uso della pietra limitato a taluni elementi decorativi.
SAN GEMINIANO A MODENA
La cattedrale modenese presenta una semplice pianta basilicale, priva di transetto, ripartita in tre navate,
che terminano con altrettante absidi semicilindriche, di cui quella centrale di diametro doppio delle altre. Anche la
cripta, con i resti di San Geminiano, è a tre navate, a loro volta scompartite da colonnine con capitelli della fine
dell’XI secolo. Sopra di essa si estende per tutta la superficie un vasto presbiterio rialzato, delimitato frontalmente
dal pontìle, consistente in un leggero divisorio soprelevato, sostenuto da sei esili colonne architravate. Le cinque
campate rettangolari della navata centrale sono delimitate da otto pilastri a fascio, sui quali si impostano le volte a
crociera a sesto acuto che, intorno alla metà del Trecento, sostituirono l’originaria copertura a capriate lignee.
Ai pilastri si alternano otto colonne sormontate da archi in laterizio a tutto sesto. Esse hanno la funzione di
sorreggere il sovrastante matroneo, che è del tipo «non praticabile», in quanto privo di pavimento. L’affaccio del
matroneo sulla navata, è qui risolto con una ripetuta serie di trifore, a loro volta inquadrate entro un arco cieco a
tutto sesto. Il motivo del trifòrio è proiettato e ritmicamente ripetuto anche all’esterno dell’edificio: lungo le pareti
laterali, nella zona absidale e, soprattutto, nella facciata. Questa presenta un paramento con inserti di pietre e
marmi di periodo romano rinvenuti nel corso degli scavi di fondazione. Il portale maggiore è protetto da un pròtiro
con una loggia sovrastante, retto da due leoni stilòfori, anch’essi di epoca romana, a testimonianza della grande
ammirazione che l’arte antica continuava a suscitare. Molto rimaneggiata nel corso dei secoli, la facciata a salienti
presenta due contrafforti con torrette ai lati dell’ingresso principale: la loro presenza – staticamente indispensabile
all’equilibrio complessivo – replica verso l’esterno la tripartizione delle navate, rendendone immediatamente
leggibili la forma e le proporzioni.
BASILICA DI SAN MARCO A VENEZIA
A partire dal XII secolo iniziarono i lavori di rinnovamento che rivestirono l'originario nucleo romanico della Basilica
di San Marco. Della nuova veste decorativa che ammiriamo ancora oggi. La facciata venne movimentata dagli archi a
doppia curvatura e da pinnacoli gotici. Le modeste cupole emisferiche vennero ricoperte da grandiose contro cupole
a bulbo di gusto orientaleggiante. Le murature di semplici mattoni a vista, di cui è possibile osservare una porzione
superstite, vennero ricoperte di preziose incrostazioni marmoree e musive. La pianta a croce greca a cupola è di
evidente ispirazione orientale. Il punto di intersezione del corpo longitudinale con il transetto è sottolineato dalla
presenza di una grande cupola centrale. Ognuno dei quattro bracci della croce è diviso in tre navate. Quelle centrali
sono costituite da un'alternanza di coperture a cupola semisferica e a botte. Quelle laterali, invece, hanno per
copertura delle massicce volte a botte disposte in senso longitudinale e sono delimitate da una serie di colonne che
sorreggono una sorta di stretto matroneo. Gli elementi strutturali interni alla basilica sono ricoperti da una superficie
ininterrotta di mosaici. Nascoste da questo omogeneo manto dorato. Le forme architettoniche perdono qualsiasi
consistenza e lo spazio che ne deriva appare irreale e dilatato, come nelle costruzioni ravennati del V secolo.
Scarica