UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI INGEGNERIA DIPARTIMENTO DI MECCANICA ______________________________________________________________________________________________ Dottorato di Ricerca in INGEGNERIA MECCANICA e GESTIONALE 10° CICLO – Nuova Serie CORRELAZIONI TRA MICROSTRUTTURA E PROPRIETÀ MECCANICHE ED EFFETTO DELLA PERMANENZA IN TEMPERATURA IN LEGHE Al-Si-Mg ED Al-Cu TRATTATE TERMICAMENTE Coordinatore: Chiar.mo Prof. Nicola Paone Dottorando: Ing. Andrea Morri Tutor: Chiar.ma Prof.ssa Lorella Ceschini ____________________________________________________________ Anni Accademici 2009-2011 Alla mia bella… Indice INDICE INDICE Introduzione……………………………...………………………………………..……1 Parte compilativa Capitolo 1 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia 1.1 Introduzione………………………………………………………………………...5 1.2 La fase α-Al…………………………………………………………………………7 1.3 Il grano cristallino…………………………………………………………….……13 1.4 L’eutettico Al-Si…………………………………………………………………...18 1.5 I composti intermetallici …...……………………………………………….......…25 1.6 I difetti di solidificazione..………………………………………….……………...31 Bibliografia………………………………………………………………………..……41 Capitolo 2 Il trattamento termico nei sistemi Al-Si-Mg/Al-Mg-Si ed Al-Cu 2.1 Introduzione……………………………………………………………….………45 2.2 Designazione degli stati metallurgici …...………………………………………...47 2.3 La tempra di soluzione ...……………………………………………….…………50 2.4 Il pre-invecchiamento ...……………………………………………………..…….62 Bibliografia ……………………………………………………………………..…...…71 Parte sperimentale Capitolo 3 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] 3.1 Introduzione ………………………………………………………………….….. 73 3.2 La testa motore F136 ..…...……………………………………………………… 74 3.3 Stato dell’arte aziendale: microstruttura, proprietà tensili e supporto alla simulazione di colata ..………….76 3.4 Effetti del pre-aging e della microstruttura sulle proprietà tensili: modelli previsionali di tipo empirico ......…………………………………...……89 3.5 Effetto della temperatura sulle proprietà meccaniche: modelli empirici di comportamento allo stato under ed over-aged …………...... 101 3.6 Resistenza a fatica ...……..………….………………………………………….. 114 3.7 Conclusioni …………...……………………………………………………….... 137 Bibliografia …..………………………………………………………….…………... 139 Indice Capitolo 4 Caratterizzazione delle leghe da deformazione plastica per pistoni EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6 4.1 Introduzione ………………………………………………………………......… 141 4.2 Materiale e procedura sperimentale …………………………………………...... 142 4.3 Effetto della temperatura sulle proprietà meccaniche: modelli empirici di comportamento allo stato sovrainvecchiato …………......… 148 4.4 Effetto della microstruttura sulle proprietà meccaniche ……………………....... 157 4.5 Comportamento a caldo della lega EN AW-4032 T6 ...…………………......… 162 4.6 Conclusioni ……………………………………………………………….......… 165 Bibliografia …………………………………………………………..………...……. 167 Capitolo 5 Simulazione del degrado di una lega di alluminio da trattamento termico in ambiente MATLAB® 5.1 Introduzione……………………………………………………………………...169 5.2 Ipotesi di base e sviluppo dell’algoritmo………………………………………....171 5.3 Discussione dei risultati………………………………………………..…………180 5.4 Conclusioni…………………………………………………………….…………184 Bibliografia……………………………………………………………………………185 Conclusioni……………………………………………………………………...……187 Ringraziamenti Introduzione INTRODUZIONE Ottima attitudine a processi di deformazione plastica e fusori, alta resistenza alla corrosione e soprattutto elevata resistenza specifica, hanno reso le leghe di alluminio da trattamento termico fra le migliori candidate per applicazioni strutturali nel settore dei trasporti. L’esigenza industriale moderna è, infatti, quella di produrre veicoli sempre più leggeri e con motori dalle sempre maggiori potenze specifiche, al fine di garantire contemporaneamente alte prestazioni, ridotti consumi e basse emissioni inquinanti, nel rispetto delle sempre più stringenti normative. Per raggiungere tale obiettivo, la tendenza ormai consolidata è quella di un uso crescente di leghe d’alluminio anche per gli elementi più critici, quali teste, basamenti motore e pistoni. Numerosi studi, condotti anche recentemente, hanno tuttavia evidenziato che una criticità, soprattutto per le leghe da fonderia in componenti di forma complessa, è costituita dalla forte dipendenza delle proprietà meccaniche locali dalla microstruttura e dai difetti di solidificazione. Porosità da gas, cavità da ritiro e film di ossido, ne riducono infatti drasticamente resistenza a fatica e duttilità. Inoltre, anche quando questi difetti riescano ad essere contenuti a livelli particolarmente ridotti, tramite l’adozione di opportune pratiche di fonderia, altri parametri microstrutturali, come la distanza fra i rami secondari delle dendriti (SDAS), le dimensioni del grano e le caratteristiche degli eutettici e/o intermetallici presenti, influenzano in maniera consistente le proprietà del materiale. Particolarmente nel caso di getti a geometria complessa, le proprietà meccaniche sono dunque una caratteristica puntuale, dipendente dalle condizioni di solidificazione e questo, comporta evidenti criticità nella fase di progettazione degli stessi: il materiale non potrà essere sicuramente considerato continuo, omogeneo ed isotropo. Altro aspetto di rilevanza fondamentale, sia per le leghe da fonderia che da deformazione plastica trattate termicamente T6, è che, nel caso di componenti destinati a lavorare a temperature superiori a quelle di invecchiamento, si assiste ad un deterioramento delle proprietà meccaniche funzione del tempo e temperatura di esposizione. Questo, comporta un’ulteriore ed evidente complicazione progettuale. In questo contesto, si inseriscono i due progetti di ricerca nell’ambito dei quali è stata sviluppata l’attività di dottorato e nei quali si è portata avanti la collaborazione tra i dipartimenti di diverse università italiane (SMETEC e DIEM dell’ Università di Bologna, DIMEC dell’Università di Modena e Reggio Emilia ed IED dell’Università di Parma e Piacenza) e due aziende di rilievo internazionale, quali Ferrari S.p.A. e Ducati Motor Holding SpA. Nel dettaglio, i due progetti di ricerca avevano titolo: 1 Introduzione • FAR DM28741 FERRARI: “Studio, progettazione di componenti meccanici ad alte prestazioni ed affidabilità in leghe di alluminio sollecitati a fatica termomeccanica per applicazioni motoristiche” (01/06/2007-31/05/2010). • FIRB RBIP068WAA_002 DUCATI: “Potenziamento e sviluppo dell'industria motoristica incluse le due ruote con motori a basso consumo e a basso impatto ambientale” (01/07/2008-30/06/2011). Obiettivo di entrambi i progetti, era lo sviluppo di un’innovativa metodologia di progettazione di componenti motore in lega d’alluminio, ottenuti per fusione e sollecitati termomeccanicamente, integrando aspetti progettuali/strutturali, metallurgici e tecnologici. Le condizioni di lavoro di questi componenti (i.e. temperature e sollecitazioni) sono sempre estreme, con una crescente probabilità di riscontrare problemi di affidabilità e, di conseguenza, difficoltà a chiudere rapidamente e con successo la fase di delibera di un motore. Anche in relazione al fatto che la progettazione tecnologica si concentra attualmente sulla verifica della producibilità del componente e non contribuisce a valutazioni complessive del progetto, questo comporta un’ulteriore incertezza nei tempi di realizzazione dei primi prototipi e delle necessarie verifiche di affidabilità. Inoltre, la realizzazione di sperimentazioni a banco, onerose in termini di tempo e risorse, è vista come fase progettuale imprescindibile. La crescente competizione nel mercato globalizzato spinge, al contempo, verso la riduzione del tempo di delibera di nuovi prodotti e si ritiene che il conseguimento di tale risultato possa avvenire integrando maggiormente le fasi di progettazione e produzione, confidando sulle migliorate capacità predittive dei moderni strumenti di simulazione. Chiaramente, tale capacità predittiva, può vantare sufficiente affidabilità solo dopo un’adeguata fase di sviluppo sugli specifici casi industriali. L’attività di ricerca svolta durante il dottorato, rientra in questo contesto, con l’obiettivo di supportare e legare fra loro le fasi di simulazione di colata e di simulazione strutturale di getti complessi in lega Al-Si-Mg. Nel primo caso, si sono forniti tutti i dati per l’opportuna definizione delle condizioni a contorno del problema, nonché per la verifica dei risultati delle simulazioni, in termini di distribuzione di difettosità e SDAS. Nel secondo caso, si sono forniti dati di caratterizzazione meccanica del materiale (trazione e fatica), che contribuissero a superare le ipotesi semplificative di continuità, omogeneità, isotropia e costanza nel tempo delle proprietà meccaniche. Nel corso del progetto, la parziale trasferibilità dei risultati ottenuti in campo metallurgico su componenti ottenuti per fusione (teste e basamenti motore), a componenti sottoposti a deformazione plastica (pistoni), ha consentito un ampliamento del campo di ricerca. Con maggiore dettaglio, il piano delle attività svolte nell’ambito del dottorato, ha compreso: 1. La valutazione dello stato dell’arte, relativo a microstrutture, proprietà meccaniche, processi di produzione e trattamento termico, inerenti le leghe Al-Si-Mg da fonderia. 2. Il reperimento e la preparazione del materiale sperimentale, estratto da teste motore in lega Al-Si-Mg da fonderia e da pistoni stampati in lega Al-Si-Mg ed Al-Cu; 2 Introduzione 3. La realizzazione di prove meccaniche statiche (durezza e trazione) e dinamiche (fatica a flessione rotante), nonché misure di analisi termica differenziale; 4. La caratterizzazione microstrutturale e frattografica dei materiali, tramite l’utilizzo di tecniche di microscopia ottica, elettronica in scansione ed analisi di immagine. 5. L’individuazione di modelli empirici di previsione delle proprietà meccaniche di leghe Al-Si-Mg da fonderia ed Al-Si (ed Al-Cu) da deformazione plastica anche, e soprattutto, in relazione al degrado che il materiale subisce durante la sua vita utile a seguito di permanenza ad elevata temperatura; 6. Lo sviluppo embrionale di un algoritmo per valutare il degrado, di durezza e proprietà tensili, dovuto all’esposizione in temperatura di una generica lega da trattamento termico. Il luogo di svolgimento delle attività, è stato il Dipartimento di Scienza dei Metalli, Elettrochimica e Tecniche Chimiche (SMETEC) della Facoltà di Chimica Industriale dell’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, sede consorziata con l’Università Politecnica delle Marche (sede di Ancona) e l’attività di tutoraggio è stata svolta dalla Prof.ssa Lorella Ceschini, docente di Metallurgia presso la Facoltà di Ingegneria della medesima Università. 3 Introduzione 4 Capitolo 1 CAPITOLO 1 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia 1.1 Introduzione Le leghe Al-Si-Mg da fonderia, hanno molteplici applicazioni nell’industria aerospaziale ed automobilistica e vengono abitualmente impiegate nella produzione di componenti motore come basamenti e teste, nella produzione di pinze freno, di scatole di trasmissione, di cerchioni per autovetture ed altro [1,2]. Queste leghe, sono da tempo utilizzate per sostituire le tradizionali ghise utilizzate nel settore automotive, per cercare di soddisfare le sempre maggiori restrizioni in termini di riduzione dei consumi e delle emissioni inquinanti, nonché per consentire prestazioni sempre maggiori. In quest’ottica, la riduzione del peso di un veicolo risulta determinante e l’adozione di leghe di alluminio da fonderia e deformazione plastica, una necessità. Fra le leghe Al-Si-Mg, quelle ipoeutettiche con il 7% ed il 10% di Si (classi 42XXX e 43XXX, rispettivamente, secondo EN 1706:1998), sono sicuramente fra le più utilizzate vista l’eccellente combinazione di proprietà fusorie, come l’elevata colabilità, e buone proprietà meccaniche in rapporto al peso, una volta trattate termicamente, così come una buona resistenza a corrosione e saldabilità. Queste leghe, offrono la possibilità di colare in sabbia, conchiglia, in pressione o in gravità, getti complessi ed a parete sottile con carichi di rottura fino a 350 MPa [1-4]. La tecnologia fusoria induce tuttavia la presenza di un certo numero di difetti di solidificazione, quali film di ossido, cavità da ritiro e porosità da gas. Il principale limite diventa allora la notevole influenza delle condizioni di solidificazione sulla microstruttura finale, che influenza in modo significativo le proprietà meccaniche e, soprattutto, il comportamento a fatica [5-8]. Come riportato in [7], la vita a fatica di una lega da fonderia contenente difetti, può essere uno o due ordini di grandezza inferiore, rispetto a quella della stessa lega priva di difetti. Le proprietà meccaniche statiche sono invece meno sensibili alla presenza di difetti di solidificazione e possono essere più influenzate dagli altri parametri microstrutturali [9-15]. La microstruttura delle leghe ipoeutettiche da fonderia, fra le quali rientra una delle leghe oggetto di questo studio, è tipicamente composta da dendriti di alluminio primario, eutettico alluminio-silicio e composti intermetallici a base Fe, oltre agli intermetallici derivanti dall’eventuale trattamento termico. La frazione volumetrica di dendriti ed eutettico, dipende fondamentalmente dalla composizione chimica, mentre la dimensione delle dendriti, nonché la morfologia dell’eutettico stesso, sono funzioni, rispettivamente, delle 5 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia condizioni di solidificazione e dell’eventuale aggiunta di elementi modificanti. L’applicazione di un trattamento termico, può inoltre modificare ulteriormente la fase eutettica, da cui ne risulta che composizione chimica, condizioni di solidificazione e trattamento termico, sono i fattori determinanti nella definizione della microstruttura di un getto realizzato con queste leghe. Le proprietà meccaniche statiche, funzione della microstruttura, risultano principalmente condizionate dalla spaziatura fra i rami secondari delle dendriti (SDAS) e dalla forma e distribuzione della fase eutettica [1014]. Tutti questi aspetti devono essere tenuti in considerazione durante la progettazione di getti complessi in lega Al-Si-Mg dal momento che, la grande varietà di microstrutture prodotte dalle diverse condizioni locali di solidificazione, può portare a una forte variazione di proprietà meccaniche all’interno del getto stesso. 6 Capitolo 1 1.2 La fase α-Al Grazie principalmente all’incremento della fluidità e colabilità della lega, alla riduzione della temperatura di fusione, alla riduzione dell’entità del ritiro e della dilatazione termica, le leghe Al-Si, sono le tipiche leghe di alluminio da fonderia. Queste leghe hanno un tenore di Si generalmente compreso fra il 5 e il 11% e sono quindi di tipo ipoeutettico. La microstruttura di tali leghe, è composta da dendriti di alluminio primario, circondate da eutettico alluminio-silicio. Per studiare la microstruttura delle leghe di AlSi è necessario fare riferimento innanzi tutto al diagramma di stato Al-Si (Fig.1), che riporta le condizioni di equilibrio termodinamico del sistema, in funzione della composizione chimica e della temperatura T (assumendo costante la pressione). Fig.1 - Diagramma di stato della lega binaria Al-Si [16]. Dal diagramma si osserva come alluminio e silicio siano completamente miscibili allo stato liquido, mentre la solubilità allo stato solido, è assai scarsa a temperatura ambiente. In fase solida, il silicio nell’alluminio dà luogo ad una soluzione (α-Al) la cui massima solubilità è pari a 1,65% (in peso) alla temperatura eutettica di 577 °C. La solubilità dell’alluminio nel Si, è invece nulla allo stato solido per cui, a temperature inferiori a quella eutettica, il silicio, sarà presente in lega come cristalli di silicio primario (solo nelle leghe ipereutettiche) e/o come silicio eutettico. Nelle leghe ipoeutettiche, come quella analizzata in questo studio, la frazione di fase αAl varia tipicamente tra il 10% ed il 40%, in funzione della composizione chimica della lega (5-11%) e delle condizioni di solidificazione [17]. Durante la solidificazione di 7 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia queste leghe, usualmente, si generano tutte le condizioni per cui, una volta stabili i germi di solidificazione di fase α-Al, l’accrescimento risulta di tipo dendritico, con sviluppo prevalente nella direzione parallela ed ortogonale a quella di asportazione del calore (Fig.2). Tale morfologia si realizza per neutralizzare l’incremento di temperatura (principio di Le Châtelier) dovuto all’esotermicità del processo. Aumentando il numero di piani di cristallizzazione e realizzando un fronte di solidificazione appuntito (creando quindi delle protuberanze), lo smaltimento superficiale del calore latente di solidificazione per unità di volume è massimo e l’energia del sistema è minima. Analogamente, per ragioni energetiche, lo sviluppo protuberiforme segue orientamenti preferenziali. Durante l’accrescimento possono poi crearsi nuove “protuberanze”, mentre altre possono arrestarsi, sia per l’accumulo di calore all’interfaccia, sia per il riscaldamento del liquido circostante a causa delle dendriti adiacenti che stanno a loro volta accrescendosi. Nonostante la presenza di un gradiente di temperatura positivo all’interfaccia liquido/solido, l’accrescimento procede secondo questa modalità a causa del sottoraffreddamento costituzionale [16,18,19]. In Fig.2-a, è riportato l’esempio di un accrescimento dendritico di tipo colonnare ma, a fianco a questo, nella pratica industriale, è sempre presente e più esteso un accrescimento di tipo equiassico (Fig.2-b). Le condizioni dello sviluppo dell’una o dell’altra forma sono funzione delle condizioni di solidificazione del materiale, diverse in ogni zona di un getto [18,19]. a b Fig.2 – Esempi di accrescimento di tipo dendritico colonnare (a) ed equiassico (b) osservato tramite raggi X [20,21] Considerando una lega ipoeutettica Al-Si allo stato liquido, al raggiungimento delle opportune condizioni di sottoraffreddamento, si innescherà la nucleazione di germi stabili di fase α-Al poveri in Si. Questi, col procedere dell’asportazione del calore, ad esempio da parte di uno stampo, si accresceranno formando dendriti arricchendo il liquido rimanente in Si. Nell’ipotesi di condizioni di equilibrio, alla temperatura eutettica, il liquido rimanente si troverà ad avere composizione eutettica e solidificherà 8 Capitolo 1 formando una tipica struttura alternata di fase α-Al e Si eutettico (Fig.3). La microstruttura finale del materiale, del tutto analoga a quella a temperatura ambiente, è dunque costituita da dendriti di fase primaria α-Al circondate dall’eutettico. a b Fig.3 – Micrografie ottiche raffiguranti la microstruttura tipica di solidificazione di una lega ipoeutettica modificata (cfr.1.3) Al-Si a basso (a) ed alto ingrandimento (b) [22]. Un parametro microstrutturale di fondamentale importanza per le leghe Al-Si da fonderia, è la distanza fra i rami secondari delle dendriti, nota con l’acronimo SDAS (secondary dendrite arm spacing). In Fig.4-a, viene riportato a riguardo uno schema di accrescimento dendritico e l’identificazione di tale parametro su una dendrite. Con valenza analoga a quella dello SDAS, talvolta, la letteratura [22], considera la distanza fra i rami primari delle dendriti (DAS) o la dimensione della cella dendritica [23]. Dalle dimensioni medie dello SDAS (o degli altri parametri citati), dipendono tutte le proprietà meccaniche della lega ed anche alcune proprietà tecnologiche. In particolare, ad una sua diminuzione, corrispondono un incremento di durezza, resistenza a snervamento, resistenza a trazione, allungamento percentuale a rottura, resistenza a fatica, oltre a una riduzione della microsegregazione, della tendenza alla criccabilità a caldo (hot tearing) e ad una migliore risposta al trattamento termico [23,24]. Come ben si evince dalla Fig.5-a, la riduzione della dimensione dello SDAS, porta ad un incremento della tensione di rottura e dell’allungamento percentuale a rottura [23, 25, 26,27]. Inoltre, come già accennato, lo SDAS è un parametro importante anche per definire la vita a fatica [23]. La Fig.5-b mostra l’effetto dello SDAS sulla vita a fatica ottenuta da provini esenti da difetti per le leghe A356 e A357, evidenziando come al diminuire dello SDAS la vita a fatica aumenti. Questo è particolarmente vero quando la dimensione dei difetti di fusione è al di sotto di un valore critico, per il quale diventano determinanti le altre caratteristiche microstrutturali [7]. Comunque, il parametro determinante per il controllo dello SDAS è la velocità (o il tempo) di solidificazione che dipende in maniera fondamentale dal tipo di processo fusorio adottato. La legge che 9 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia lega lo SDAS alla velocità di raffreddamento, ovvero al tempo di solidificazione, è del tipo: (1) dove ts è il tempo di solidificazione, mentre k e m sono costanti che dipendono dal materiale [28]. E’ chiaro che, una maggiore velocità di raffreddamento (R), ovvero una riduzione del tempo di solidificazione, limita l’accrescimento delle strutture dendritiche e quindi porta ad una riduzione dello SDAS [7, 26, 28,29]. a b Fig.4 - Schematizzazione dell’accrescimento dendritico ed individuazione del parametro microstrutturale SDAS (a, [25]) e micrografia ottica di una dendrite con evidente asse primario e bracci secondari (b, [22]). a b Fig.5 - Effetto dello SDAS sulle proprietà meccaniche di una lega di alluminio da fonderia (a, [25]) ed effetto dello SDAS sul numero di cicli a rottura per le leghe A356/A357 (b, [7]). Lo SDAS dipende da vari parametri fra i quali la velocità di solidificazione, la composizione chimica della lega, la presenza di particelle di una seconda fase e ossidi o inclusioni gassose. Durante il raffreddamento, infatti, inclusioni e/o fasi secondarie, possono segregare fra i bracci delle dendriti ed aumentare la spaziatura fra i rami primari e secondari delle stesse. 10 Capitolo 1 Per una valutazione approssimativa di ts è possibile utilizzare la regola di Chvorinov, che vale: (2) dove V è il volume di metallo fuso, A è l’area superficiale di metallo a contatto con lo stampo, n è una costante che può essere posta ~ 2 e B è una costante che dipende dal materiale dello stampo. La Fig.6-a mette in evidenza come, al crescere del tempo di solidificazione, lo SDAS tenda ad aumentare secondo modalità diverse, a seconda del tipo di lega. La Fig.6-b evidenzia inoltre i risultati di uno studio sperimentale condotto sulla lega A356 [7] riportando i “campi di esistenza” dei diversi processi industriali. Come detto in precedenza, la tipologia e le condizioni di processo adottate, influenzando ts(R), diventano determinanti per definire il valore di SDAS all’interno di un getto. Una colata in sabbia, presenterà dunque uno SDAS superiore (a parità di getto) ad una colata in conchiglia, a sua volta superiore a quello di una pressofusione (Fig.7). a b Fig.6 - Dipendenza dello SDAS dal tempo di solidificazione per diverse leghe (a,[25]). Dipendenza dello SDAS dalla velocità di raffreddamento per la lega da fonderia A356 (b,[7]). a b Fig.7 - Effetto del processo di colata adottato sullo SDAS per una lega da fonderia Al-Si: (a) colata in sabbia (SDAS grossolano) ; (b) colata in conchiglia (SDAS fine) [22] 11 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia L’influenza combinata sullo SDAS, del tempo di solidificazione (velocità di raffreddamento) e della composizione chimica, può essere espressa, per le leghe Al-SiMg da fonderia, con le seguenti relazioni [22]: (3) (4) dove CMg e CSi costituiscono le composizioni chimiche percentuali del magnesio e del silicio contenuti rispettivamente nella lega, mentre tf rappresenta il tempo di solidificazione e la velocità di raffreddamento. Nel caso particolare della lega EN AC-42100 (A356), attraverso interpolazione di dati sperimentali (Fig.6-b), la letteratura [7] traduce la relazione (4) nella più semplice: (5) dove R = dT/dt rappresenta il rapporto fra la diminuzione di temperatura misurata durante la solidificazione ed il tempo impiegato per ottenere tale diminuzione. 12 Capitolo 1 1.3 Il grano cristallino E’ importante ribadire che, una singola dendrite, non è un grano cristallino. Il grano cristallino infatti, è costituito dall’insieme delle dendriti originatesi da uno stesso nucleo di germinazione ed aventi stessa orientazione cristallografica del reticolo di fase α-Al (Fig.8). Il bordo grano si forma dove gruppi di dendriti, appartenenti a grani diversi, e quindi con diversa orientazione cristallografica, si incontrano. La diminuzione della dimensione del grano, porta in generale ad un lieve aumento delle proprietà resistenziali delle leghe di alluminio da fonderia (Fig.9), ma in misura minore rispetto allo SDAS, mentre notoriamente ha maggiore influenza sulle leghe da deformazione plastica. La relazione di Petch-Hall lega la tensione di snervamento (YS) alla dimensione media del grano (d), mediante la relazione: (6) dove a e b sono costanti del materiale. Le ragioni di questo comportamento sono da attribuirsi all’interazione fra le dislocazioni ed i bordi grano che ne ostacolano il moto. Maggiore è l’estensione di tali bordi (grano fine), maggiore sarà l’ impedimento al moto delle dislocazioni [26,30]. Nel caso delle leghe da fonderia, un ragionamento affine può essere fatto per ogni bordo della cella dendritica da cui discende che lo SDAS risulta il parametro microstrutturale che influenza maggiormente le proprietà meccaniche, rispetto alla dimensione dei grani. b a c Fig.8 – Schema di sviluppo di un grano cristallino (a, [28]) e micrografie ottiche in luce polarizzata, dopo attacco elettrochimico Barker su campioni a grano grossolano (a) e fine (b) della lega Al-Si7-Mg colata in conchiglia, [27]. 13 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia Fig.9 – Andamento della durezza, resistenza a trazione ed allungamento a rottura per la lega A356 modificata e non modificata [23]. E’ interessante notare come, al contrario dello SDAS(DAS), la dimensione dei grani non sia così strettamente correlata alla velocità di solidificazione. La figura 10, riporta l’andamento di dimensione del grano e DAS, in funzione del tempo di raffreddamento per una lega Al-Cu. E’ evidente, come i dati relativi al grano siano dispersi e, sebbene ad alti valori di DAS corrispondano sempre grandi dimensioni del grano, non si verifichi lo stesso per bassi valori di DAS (a cui possono comunque corrispondere grani grossolani). Questo concetto, riportato per una lega Al-Cu, può essere esteso anche alle leghe Al-Si-Mg. Questo testimonia il fatto che, la dimensione dei grani non è dipendente soltanto dalla velocità di raffreddamento, ma anche da altri fattori. In particolare la dimensione dei grani, è molto dipendente dal processo di nucleazione. Pertanto, per ottenere un affinamento del grano, occorre favorire la nucleazione, oltre che limitare l’accrescimento aumentando la velocità di solidificazione. Per favorire la nucleazione, occorre fornire elevati sottoraffreddamenti (nucleazione omogenea) e/o inoculare la lega (nucleazione eterogenea). In questo secondo caso, per le leghe di alluminio da fonderia, vengono tipicamente utilizzati ridotti contenuti di alliganti, quali Ti e B. Questi agiscono singolarmente, o in maniera congiunta formando intermetallici tipo XXXX. Un agente nucleante eterogeneo efficiente per una data lega, fornisce una 14 Capitolo 1 superficie (solida) di crescita, a temperature pari a quella di liquidus o leggermente superiori ed è noto che, il composto TiAl3, incontra questi criteri per le leghe di Al. Dato il diagramma di stato Al-Ti (Fig.11-a), è evidente che queste condizioni sono valide solo per tenori di titanio superiori allo 0,15% in peso. A questi tenori di concentrazione, il peritettico è oltrepassato e la prima fase a formarsi durante la solidificazione della lega binaria è appunto il composto TiAl3. In queste condizioni, il processo di nucleazione eterogenea diventa efficace (Fig.11-b). Fig.10 - Relazione fra tempo di solidificazione tS e DAS/dimensione dei grani [28]. a b Fig.11 – a) Diagramma di stato Al-Ti (a) ed effetto del tenore di Ti sul numero di grani per cm3 formatisi durante la solidificazione di leghe di alluminio da fonderia (b) [26]. 15 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia La pratica industriale dimostra però che questi tenori di titanio possono dare origine ad intermetallici grossolani, abbassando notevolmente le proprietà meccaniche. Inoltre, un affinamento del grano, può essere ottenuto anche con tenori molto minori di Ti (0,01%). Per questa ragione, il semplice riferimento al diagramma Al-Ti non sembra essere oggi sufficiente a spiegare il fenomeno e sono state proposte altre teorie che vedono l’effetto nucleante dovuto ad esempio a TiB2, carburi o ad effetti costituzionali sulla reazione peritettica. Comunque, favorire semplicemente il processo di nucleazione, non sembra sufficiente per portare alla formazione di un grano fine. Come accennato, è altrettanto fondamentale, contenere l’accrescimento. Per sistemi complessi, dove sono presenti molti elementi di lega, il tasso di accrescimento dipende molto dalla facilità con cui il generico elemento, segregato dal fronte di solidificazione, riesce a diffondere nel liquido davanti ad esso (arricchito sicuramente di quell’elemento e degli altri elementi di lega). Per valutare tale caratteristica di una lega, è stato introdotto un parametro denominato “growth restriction factor”[31]. Essenzialmente, ogni elemento di lega, è valutato come un agente che favorisce il sottoraffreddamento costituzionale e tutti i contributi sono sommati in accordo con la relazione: (7) dove: k i ed m i sono rispettivamente il coefficiente di distribuzione fra liquido e solido e l’inclinazione della curva di liquidus per l’i-esimo elemento di lega. Co è invece la concentrazione dell’agente nucleante (per esempio Ti). Il Ti, da un forte contributo al GRF e, per le leghe di nostro interesse (da fonderia Si>3%), la figura 12 dimostra come un aumento del GRF porti ad un incremento della dimensione dei grani (parte destra del grafico). Infatti, nel caso di leghe da fonderia, un accrescimento di tipo dendritico porta a far sì che il soluto segregato venga “intrappolato” all’interno dei canali interdendritici, diminuendo così il sottoraffreddamento e dunque l’accrescimento. Al contrario, per le leghe da deformazione plastica (parte sinistra del grafico), un accrescimento di tipo planare porta ad un sottoraffreddamento costituzionale (maggiore nucleazione) tanto maggiore quanto maggiore è il GRF (Fig.12). Dunque, dato l’effetto dovuto principalmente all’alto tenore di Si presente nelle leghe da fonderia, risulta chiaro come in tali leghe, sia più “difficile” ottenere una riduzione del grano. In termini di efficacia di riduzione della dimensione del grano, risultati migliori si sono ottenuti comunque con l’aggiunta al bagno fusione di leghe madri Alluminio-TitanioBoro (Fig.13). Tali leghe contengono dal 3 al 10% di Ti ed un rapporto Ti-B variabile da 3 a 50. L’effettivo livello di titanio nelle leghe madri ternarie è significativamente minore che non quello peritettico, tipicamente tra lo 0,01 e lo 0,03%. Questo suggerisce, come già accennato, che il ruolo dominante nella nucleazione è assunto dal boruro (Ti,Al)B2 particolato. Studi recenti, hanno infatti dimostrato che le leghe madri ternarie Al-Ti-B contengono particelle di (Ti,Al)B2, che sono effettivamente centri di concentrazione di atomi di titanio. Le particelle di TiB2 non fungono da effettivi nuclei ma piuttosto da substrati su cui si sviluppa il composto TiAl3, vero agente nucleante. La 16 Capitolo 1 lega madre allora provvede a rilasciare nel bagno di alluminio-silicio, particelle solubili ed insolubili. Non appena la fase solubile rilascia nel bagno Ti, le particelle di (Ti,Al)B2 diventano nuclei attivi per l’α-alluminio. Chiaramente, anche il tempo gioca un ruolo determinate. Fig.12 - Andamento della dimensione del grano in funzione del grow restriction factor per alcune leghe da deformazione plastica (parte sinistra) e da fonderia (parte destra). [23] Fig.13 - Dimensioni del grano per una lega A356 in funzione dei tenore di Ti e/o B 17 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia 1.4 L’eutettico Al-Si Con riferimento al diagramma di fase Al-Si (Fig. 1), è oggi universalmente riconosciuto che, in condizioni di equilibrio, la solidificazione dell’eutettico avviene a 577°C per una composizione chimica del liquido pari al 12.6%. La formazione dell’eutettico (Fig.14), può avvenire in presenza di dendriti di fase primaria α-Al (leghe ipoeutettiche), direttamente dalla fase liquida (leghe eutettiche 12,6%Si), oppure in presenza di cristalli di Si primario (leghe ipereutettiche). E’ noto però che, la velocità di solidificazione, può influire sulla morfologia dell’eutettico (Fig.15-a). Per le leghe ipoeutettiche, questo, può assumere le strutture proprie delle zone D ed E (o intermedie G) del diagramma di Fig.15-a, note come lamellare e fibrosa rispettivamente (Fig.16). a b c Fig.14 – Micrografie ottiche di una lega Al-Si ipoeutettica (a), eutettica (b) ed ipereutettica (c). a b Fig.15 - Campi di esistenza di diverse morfologie dell’eutettico (a) e spostamento dell’eutettio stesso (b) in funzione della velocità di solidificazione per una lega Al-Si [32] a b Fig.16 – Micrografie ottiche di una lega eutettica solidificata lentamente (Fig.15zona C) e velocemente (Fig.15 zona E). Evidenti le morfologie lamellare (a) e fibrosa (b) del Si [17]. 18 Capitolo 1 Tali strutture, sono originate a partire dalla stessa composizione chimica (eutettica) ed è dunque chiaro che, alte velocità di solidificazione, portano l’eutettico a spostarsi a temperature minori e concentrazioni maggiori di Si (Fig.15-b) [32]. Nella definizione di tali strutture, ciò che in realtà è fondamentale, non è la velocità di solidificazione, ma più che altro il gradiente di temperatura nel liquido (G, °C/m) e la velocità di avanzamanto dell’interfaccia liquido/solido (R, m/s) [33]. Chiaramente, il gradiente di temperatura nel liquido, è responsabile del sottoraffreddamento costituzionale del liquido e quindi è responsabile del passaggio da una struttura cellulare ad una dendritica, al crescere del suo valore. Alti valori di R, invece, significano tempi ridotti per la solidificazione e dunque strutture fini ed a volte metastabili. La velocità di solidificazione non è altro che il risultato di queste due grandezze, al cui variare possiamo ottenere una miriade di possibili microstrutture, a parità di composizione chimica (Fig.17). B’ A D B’ B’’ C B’’ B+C A C D Fig.17 – Differenti classi nella morfologia del Si in funzione del gradiente di temperatura del liquido (G) e della velocità di interfaccia (R) [34]. La regione C è la zona in cui solidificano tutti i getti di tipo industriale ed in essa il Si assume morfologia flocculare (sotto forma di barrette nella sezione metallografica Fig.16-a). Lo sviluppo di tale morfologia del Si durante la solidificazione viene ampiamente trattato da Guthy in [32] e prevede la possibilità di crescita secondo tre diversi meccanismi: Twin Plane Re-entrant Edge (TPRE) mechanism Layer Growth mechanism 19 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia Screw dislocations mechanism Per quel che riguarda la regione D del diagramma di figura 17, la morfologia “fibrosa”, assunta dal Si eutettico, è del tutto affine a quella che industrialmente viene definita “modificata” ed è ottenuta tramite l’aggiunta nel bagno di bassi tenori di elementi quali Na o Sr (Fig.18). Anche se fra queste strutture esiste un’importante differenza, consistente nella diversa presenza di geminati (abbondanti solo nelle strutture modificate chimicamente), ad entrambe tali strutture vengono generalmente attribuite migliori proprietà meccaniche, soprattutto in termini di duttilità (Fig.9) [35]. a b Fig.18 – Micrografia in microscopia ottica (a, [23]) ed elettronica dopo attacco chimico (b, [32]) di una lega A356 modificata al Na. Chiaramente visibile è la struttura fibrosa. Oltre che affinare il grano, è dunque una pratica comune modificare il Si eutettico. Come già accennato, nel caso di integrità strutturale, un affinamento dell’eutettico tramite As, Sb o S, consente un incremento delle proprietà meccaniche. Comunque il più diffuso trattamento dell’eutettico è la modifica del Si eutettico tramite Sr o Na. Al primo, si può talvolta accompagnare un incremento delle porosità del getto, mentre al secondo, notevoli problemi di evanescenza. Anche gli elementi del I e II gruppo (fra cui il Ca) e le terre rare agiscono da modificanti, ma solo Na e Sr hanno una forte azione modificante alle basse concentrazioni richieste per applicazioni commerciali (Tab. 1). Per quel che riguarda il meccanismo con cui avviene la modifica, si verifica che la fase α-Al non è assolutamente influenzata dalla modifica e dunque risulta evidente che sodio e stronzio si debbano concentrare nel silicio. Si pensa allora che la modifica sia associata ad una variazione del meccanismo di crescita del silicio eutettico [32]. Storicamente, le diverse teorie inerenti la modifica che si sono avvicendate sono state: Nucleation Poisoning Theory – secondo cui la modifica risulta possibile per l’effetto di rimozione di ossidi ed impurità (allumina e silicati) realizzato tramite l’introduzione di fluoruri di potassio e sodio. Ternary Eutectic theory – Secondo cui la morfologia fibrosa dell’eutettico era caratteristica di un eutettico ternario Al-Si-Na. 20 Capitolo 1 Restricted Grow Theory – Secondo cui la presenza di questi elementi ostacola la crescita del Si nella modalità a flocculi. Sulle modalità dell’interazione ci sono ad oggi diverse teorie. Surface Energy Theory – Secondo cui la modalità di formazione del Si eutettico dipende dall’energia di superficie all’interfaccia Al-Si durante la solidificazione. Diffusion Controlled Theory – Basata sulla considerazione che la solubilità del sodio nell’alluminio è molto ridotta, esso viene segregato all’interfaccia ed ostacola la crescita del Si. Interfacial Poisoning – Secondo cui la presenza di sodio all’interfaccia liquido solido, droga la crescita dei nuclei di Si. TPRE Poisoning – Secondo cui gli elementi modificanti bloccano lo sviluppo del Si attraverso il meccanismo TPRE. Le fibre di Si allora cambiano direzione di svilupo attraverso la formazione di geminati. Impurity induced twinning – secondo cui Na o Sr si inseriscono nei piani che si accrescono secondo il Layer Growth Mechanism impedendo l’annessione di altri atomi di Si. Tab.1 – Tipici agenti modificanti utilizzati industrialmente e loro caratteristiche Tornando a risvolti più concreti, nel caso di modifica chimica, l’efficienza del processo in funzione del tenore di agente modificante, è evidente dai diagrammi di figura 19, che 21 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia mostra come le curve caratteristiche del diagramma di figura 15-a si spostino verso velocità di solidificazione sempre minori, all’aumentare del tenore di stronzio. In questi diagrammi, l’utilizzo di lettere con apice è da ricondurre solo al fatto che si sia in presenza di una modifica di tipo chimico e non che la morfologia risulti essere diversa da quella indicata dalle lettere senza apice. Una aggiunta di sodio oltre lo 0,02%, genera una “ipermodifica” della lega. In questo caso, in alcune regioni della microstruttura si assiste alla formazione di bande di fase αAl come evidenziato in Fig.20. Fig. 19 - Spostamento delle regioni nel diagramma di figura 15-a a seconda dei tenori di Sr presente nel bagno. Fig. 20 - Bande di fase α-Al in un campione ipermodificato di composizione eutettica [32] 22 Capitolo 1 Lo stronzio mostra un comportamento simile, ma solo per tenori maggiori dello 0,1%. E’ però molto costoso e ad esso vengono tipicamente associate problematiche di microporosità, se aggiunto in eccesso. D’altra parte, esso non presenta gli stessi problemi di stoccaggio o manipolazione del sodio (in relazione anche alla sua tossicità). Esso è generalmente aggiunto come lega madre a basso contenuto di stronzio (ad esempio Al-10Sr o Al-14Si-10Sr), ad alto contenuto di stronzio (ad esempio Al-90Sr) o come metallo puro. Le leghe madri sono in genere fornite in pani ma alcune leghe madri, a base alluminio contenenti dal 3 al 10% di stronzio, sono fornite in barre per una rapida dissoluzione. I pani si sciolgono più lentamente e richiedono dai 30 ai 45 minuti di attesa, per ottenere un ottima modifica. L’introduzione di stronzio metallico avviene invece in piccole quantità, che dissolvono rapidamente ed introducono nel bagno meno ferro rispetto alle leghe madri. Lo stronzio dovrebbe essere aggiunto in una lega A356 in un intervallo di temperature tra i 670 ed i 720 C°, mentre nel caso dell’introduzione di leghe madri, per una rapida dissoluzione, occorrono temperature maggiori. Il sodio invece può essere aggiunto come metallo in contenitori sigillati e pesati, o come composti nei flussi di copertura del bagno (forni in atmosfera controllata). Alcuni studi [26] hanno mirato a ipotizzare che l’incremento delle proprietà delle leghe modificate allo stronzio fosse dovuto al veloce effetto deattivante dello stronzio sui bifilms (cfr.1.6) intrappolati nel bagno. Si è ipotizzato che lo stronzio aiuti il processo di “umidificazione” dei bordi asciutti dei bifilms andando a far penetrare il liquido nel “poro” e così eliminandolo. Anche questa potrebbe essere una ragione dell’incremento delle proprietà meccaniche. L’incremento del contenuto di idrogeno conseguente alla modifica nelle leghe Al-Si è un argomento molto dibattuto, specialmente in relazione all’influenza che l’umidità atmosferica avrebbe su tale fenomeno. A tal proposito, la letteratura riporta dati contrastanti. Una causa di queste discrepanze può essere costituita dal fatto che la misura dei gas disciolti viene più spesso realizzata considerando la presenza di porosità nei getti, più che misurando direttamente il contenuto di idrogeno nel bagno. Comunque dato che sia stronzio che sodio tendono a formare ossidi chimicamente molto stabili e dati alcuni resoconti di fonditori sull’incremento del contenuto di gas, è probabile che tale problema sia un problema reale. Tale problema sembra essere più significativo con alte concentrazioni di modificatori, con alte temperature di processo ed alti tempi di permanenza in forno. In tali condizioni, i benèfici effetti della modifica sarebbero accompagnati da negativi incrementi di assorbimento di idrogeno, formazione di ossidi e porosità. Questo è particolarmente vero nel caso dello stronzio. Esso aumenta l’ossidabilità del bagno. In presenza di umidità viene dunque messo a disposizione all’interfaccia dell’idrogeno, che viene assorbito dal bagno stesso. Dunque, nei forni aperti all’aria l’aggiunta di stronzio porta alla realizzazione di getti con maggiori porosità. Al giorno d’oggi fortunatamente, il problema può essere risolto con sistemi di degasaggio rotanti. Sembra più difficoltoso in questo senso ottenere bassi livelli di idrogeno (<0,10 cm3/100g) nei bagni contenenti stronzio, che non in quelli contenenti sodio. Inoltre sembra che l’idrogeno intrappolato nelle leghe modificate allo stronzio sia 23 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia più difficile da eliminare che non quello intrappolato nelle leghe modificate al sodio. L’introduzione di una miscela di gas non perfettamente inerte (miscela argon-freon, argon-cloro) porta comunque ad una rapida vanificazione degli effetti di sodio e stronzio. Fra gli agenti modificanti in commercio, l’unico che rimane nel bagno anche dopo il processo di degasaggio è l’antimonio (Sb). L’assorbimento di idrogeno può comunque essere ridotto, limitando i tempi fra la sua immissione nel bagno e la colata stessa. Si possono ottenere così buoni risultati. Comunque lo stronzio è generalmente usato con successo nelle colate a bassa pressione, in cui il bagno, dopo essere stato modificato, viene subito trasferito in un forno ad atmosfera controllata. In tutti i casi e dunque prescindendo dal tipo di agente, un fattore molto importante nell’incremento o meno del contenuto di idrogeno sembra essere giocato dall’agitazione del bagno. Tale incremento si realizza in seguito alla rottura degli ossidi che si formano sulla superficie del bagno ed alla conseguente interazione del bagno stesso con l’umidità presente in atmosfera. E’ necessario allora che l’introduzione degli agenti modificatori (e/o affinanti) avvenga con un’agitazione della superficie del bagno che sia la minore possibile. Vale dunque in generale che in condizioni avverse di processo, come quelle precedentemente citate, i vantaggi generati dalla modifica potrebbero essere minori degli svantaggi e dunque la modifica stessa comporterebbe una riduzione delle proprietà meccaniche dei getti. L’aggiunta di sodio, anche quando aggiunto con cura nella forma impacchettata sotto vuoto, introduce gas nel bagno. Analogamente, le leghe madri contenenti stronzio sono fonti (anche se limitate) di idrogeno. A questo inconveniente si può ovviare utilizzando leghe madri alluminio-stronzio o a base stronzio ad elevata purezza, fuse e colate in modo da minimizzare il contenuto di idrogeno. Dal punto di vista della colabilità sembra che gli agenti modificanti influiscano negativamente, nonostante vadano a diminuire la tensione superficiale del liquido. Questa anomalia sembra sia dovuta alla schiacciante influenza del film superficiale di ossido, che può aumentare la tensione superficiale. Tale considerazione non sembra però poter spiegare perché i migliori comportamenti in termini di fluidità siano associati allo stronzio e non al sodio (in entrambi i casi comunque peggiori che non nelle leghe non modificate). 24 Capitolo 1 1.5 I composti intermetallici Gli intermetallici sono fra le fasi costituenti fondamentali delle leghe Al-Si e, come tali, ne influenzano il comportamento meccanico. Fra questi, si possono distinguere due fondamentali gruppi: quelli derivanti dal trattamento termico di tempra di soluzione e quelli associati alla presenza di elementi di lega, fra i quali principalmente il ferro, che svolgono un’azione infragilente e sono ritenuti dannosi sia nel comportamento statico, che a fatica [36]. Chiaramente, la presenza di intermetallici del secondo tipo, è ineliminabile dato che, associata al processo produttivo, soprattutto nel caso delle leghe secondarie, vi è sempre la presenza di elementi che ne inducono la formazione. In questo capitolo, ci si concentrerà sugli intermetallici del secondo tipo, lasciando al seguito (cfr. Cap.2) la discussione delle fasi indotte dal trattamento termico. Come accennato, la formazione di questi intermetallici, è associata alla presenza di Fe, presente tipicamente come impurezza in tutte le leghe Al-Si destinate a produzioni in sabbia e conchiglia di alta qualità. Gli unici casi in cui il Fe è elemento desiderato, sono costituiti dalla pressofusione e da alcune applicazioni a caldo. Il Fe, infatti, favorisce il distacco dei getti dagli stampi e forma intermetallici che ostacolano il moto reciproco dei grani, che tipicamente è causa delle deformazioni a caldo. In termini di effetti negativi, il Fe riduce la resistenza a corrosione, la duttilità e la tenacità a frattura della lega, oltre che la resistenza a fatica (Fig.21). Inoltre, peggiorano anche la colabilità e le caratteristiche di alimentazione, in particolare attraverso una aumentata tendenza a formare porosità ad elevati tenori di Fe [26,29,36]. a b Fig.21 – a) Andamento dell’allungamento a rottura in funzione dello SDAS e per vari tenori di ferro per una lega A356 T6 sottoinvecchiata [36]; b) Influenza del tenore di Fe sulla vita a fatica della lega A356-T6. In particolare, il Fe forma con Al e Si intermetallici di morfologia piatta, noti come “fase β” di stechiometria Al5FeSi. A seconda dell’eventuale tipo di attacco chimico subito dal materiale, possono apparire di colorazione diversa (Fig.22) ma, in ogni caso, appariranno in forma aciculare a causa della visione degli stessi in 2D. Tali intermetallici agiscono da concentratori degli sforzi. Tale effetto è prima di tutto 25 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia negativo nel caso statico, riducendo resistenza meccanica, duttilità e tenacità a frattura e, in secondo luogo, a fatica. Nel primo caso, essi si dimostrano fragili, fratturandosi sotto carico anche prima del Si eutettico, formando microcricche che si propagano all’interfaccia tra queste fasi e la matrice (o altre fasi adiacenti) e causando la rottura. Nel secondo caso, la concentrazione di tensioni indotta agli apici dell’intermetallico, favorisce l’innesco di microcricche, che poi si propagano nella matrice. Osservazioni SEM (Fig.23) hanno evidenziato come, in alcuni casi, la propagazione di cricche di fatica sia ostacolata da tali intermetallici, che però hanno il grave effetto di moltiplicarne l’innesco e spesso dunque di ridurre la vita a fatica del materiale. La formazione di tali intermetallici, sembra favorita dalla presenza di fosforo [37] nel bagno, mentre sembra inibita dall’introduzione di Sr, nonché da un surriscaldamento del bagno prima della colata [36-39]. L’aumento dei difetti di solidificazione, in leghe ad alto contenuto di Fe, può essere spiegato considerando che gli intermetallici di tipo β agiscono da siti di nucleazione per la porosità ed impediscono l’alimentazione interdendritica, durante la solidificazione, contribuendo alla formazione di microcavità di ritiro [37]. b a c d e Fig.22 - Intermetallici β-Al5FeSi osservati in microscopia ottica su provini: (a) della lega AlSi5Cu1Mg non attaccata [36]; (b) della lega AlSi10Cu2,3Mg non attaccata; (c) della lega AlSi7Mg0,3 non attaccata [38]; (d) della lega Al-Si7Mg0,3 attaccata con soluzione al 5% di HF in H2O [39]; (e) della lega Al-Si7Mg0,3 attaccata con una soluzione di NaOH in H20 [39]. 26 Capitolo 1 Questi due contributi sono un altro aspetto fortemente negativo di tale tipologia di intermetallici. I difetti infatti, riducendo la sezione resistente, riducono le proprietà meccaniche statiche del materiale. Inoltre, è noto che la presenza di difetti riduce notevolmente le proprietà a fatica [5-8]. Fig.23 – Micrografie SEM che evidenziano l’effetto sulla propagazione di una cricca di fatica della presenza di intermetallici di tipo β in una lega A356 T61. Oltre all’intermetallico β-Al5FeSi aciculare, il ferro, unendosi con alluminio e silicio, forma anche un altro intermetallico (noto come fase α) di stechiometria Al8Fe2Si. Questo intermetallico presenta una morfologia caratteristica nota come “chinese script”. e, nell’osservazione in microscopia ottica, appare diversamente colorato a seconda che il materiale sia o meno stato attaccato chimicamente (Fig. 24). a b Fig.24 - Intermetallici α-Al8Fe2Si, osservati in microscopia ottica su provini: (a) della lega AlSi5Cu1Mg non attaccata [36]; (b) della lega Al-Si7Mg0,3 attaccata con una soluzione di NaOH in H20 [39]. La morfologia “chinese script” (o “script-like”) di questi intermetallici è più compatta e meno dannosa rispetto a quella “a palette” degli intermetallici β-Al5FeSi. La presenza di 27 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia questi intermetallici di elevata durezza, per la loro capacità di opporsi alla propagazione delle cricche, può addirittura migliorare il comportamento a fatica del materiale. In presenza di Mn, il ferro forma un intermetallico complesso, anch’esso “chinese script”, di composizione chimica Al15(Fe,Mn)3Si2 ed identificato anch’esso come fase α. In presenza di opportuni quantitativi di Mn, tale fase α si forma in quantitativi maggiori rispetto alla precedente. Oltre a trasformare la fase α-Al8Fe2Si in α-Al15(Fe,Mn)3Si2, il Mn, legandosi al Fe, è efficace anche nell’inibire la formazione degli intermetallici aciculari β. Questo ha un effetto benefico per le proprietà meccaniche del materiale, perché inibisce l’effetto infragilente del ferro β-Al5FeSi. E’ bene però osservare che, tenori troppo alti di Mn, incrementano la quantità globale di intermetallici presenti e questo può peggiorare il comportamento del materiale in termini di duttilità e tenacità. Nell’osservazione in microscopia ottica, questi intermetallici, più compatti rispetto alla fase α-Al8Fe2Si, appaiono di colore grigio chiaro, se la superficie del provino osservato non è attaccata chimicamente, mentre assumono una caratteristica colorazione a seconda del tipo di reagente utilizzato, nel caso di superficie attaccata chimicamente (Fig.25). a b c Fig.25 - Intermetallici α-Al15(Fe,Mn)3Si2 script-like osservati in microscopia ottica su provini: (a) della lega A356 contenente 0,7% Fe e 0,3% Mn non attaccata [37]; (c) della lega A355 attaccata con una soluzione di NaOH in H20 [36]; (d) della lega A380 attaccata con soluzione al 5% di HF in H2O [36]. Un altro elemento di lega che si lega con il ferro, l’alluminio ed il silicio, a formare un intermetallico a base Fe, è il magnesio. L’intermetallico che si ottiene viene identificato come fase π, di stechiometria Al8FeMg3Si6; Wang et. al [7,38] indicano per questo intermetallico, una stechiometria leggermente differente: Al9FeMg3Si5. La morfologia di questi intermetallici è anch’essa generalmente di tipo “chinese script” (o “scriptlike”) ma talvolta può apparire in micrografia come palette (Fig.26). In ogni caso, la 28 Capitolo 1 loro morfologia è compatta e meno dannosa della fase β-Al5FeSi, a cui però si può trovare spesso associato (Fig.26) [36,37]. a c b a b Fig.26 - Intermetallici π-Al8FeMg3Si6 osservati in microscopia ottica su provini: (a) della lega A357 non attaccata [38]; (b) della lega A355 non attaccata chimicamente [36]; (c) della lega A380 attaccata con una soluzione di HF al 40% in H2O [39]; Intermetallici π-Al8FeMg3Si6 accanto a β-Al5FeSi: (d) lega A356 con 0,3% Fe non attaccata chimicamente [37]; (b) lega A356 attaccata chimicamente con reagente costituito da 2 ml di HF, 15 ml di HCl, 25 ml di HNO3 e 958 ml di H2O [39]. Considerando la classica lega da fonderia A356(357) si è osservato che, per tenori di Mg pari allo 0,3-0,4% (lega A356), gli intermetallici a base Fe sono quasi esclusivamente intermetallici β-plate, mentre nella lega con un tenore di Mg superiore e pari allo 0,6-0,7% (lega A357) si hanno ampie particelle di intermetallici π-phase, con una ridotta frazione di intermetallici β-phase. Inoltre, mentre nella lega A356 la frazione volumetrica degli intermetallici (principalmente β-Al5FeSi) è pari allo 0,4%, nella lega A357 la frazione volumetrica degli intermetallici π-Al8FeMg3Si6 è decisamente superiore (a parità di ferro) e pari a 1,4%. Ne segue che l’incrementato tenore di Mg favorisce la formazione di intermetallici a base Fe. Dunque, se da un lato l’incremento 29 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia di Mg (da A356 ad A357) è favorevole, per incrementare la frazione volumetrica di precipitati indurenti Mg2Si derivanti dal trattamento termico ed aumentare così le proprietà resistenziali, dall’altro favorisce la formazione di intermetallici a base Fe, con un effetto dannoso su duttilità e tenacità a frattura (della lega A357 rispetto alla A356). E’ bene quindi cercare di limitare il tenore degli intermetallici π-Al8FeMg3Si6 non eccedendo con la quantità di Mg introdotta in lega (max. 0,7%) [7,13]. Un aspetto importante, nell’analisi degli intermetallici, è la loro genesi, influenzata sia dalla composizione chimica della lega, sia dal grado di raffreddamento. In generale, gli intermetallici che si formano, prima o durante la formazione delle dendriti di fase α-Al, tendono ad accrescersi molto più di quelli che si formano successivamente, durante la solidificazione dell’eutettico Al-Si. Maggiore è la dimensione delle particelle di intermetallico, e peggiore è l’effetto prodotto sulla lega. Aumentando il tenore di ferro del bagno, si ha, come risultato, una rapida formazione di fasi intermetalliche nel liquido. Queste si accrescono e danno luogo tipicamente alla presenza di intermetallici di grandi dimensioni, tanto maggiori quanto minore è la velocità di solidificazione della lega. Gli intermetallici a base Fe (principalmente β-Al5FeSi, ed α-Al15(Fe,Mn)3Si2) in leghe Al-Si con elevato tenore di ferro e/o manganese, raffreddate lentamente, possono dunque raggiungere dimensioni massime maggiori di 2 mm. In condizioni normali di colata e moderato livello di ferro, tali intermetallici hanno però dimensioni comprese tipicamente nell’intervallo 50÷500µm. In getti con velocità di raffreddamento molto elevate e/o con ridotti tenori di Fe (leghe primarie), gli intermetallici assumono una dimensione che è tipicamente dell’ordine di 10÷50µm. L’effetto congiunto della velocità di solidificazione e del tenore di Fe nel bagno sulla dimensione degli intermetallici di tipo β-Al5FeSi, è riportato in Fig.27. Fig.27 - Andamento della massima dimensione osservata degli intermetallici di fase β in funzione dello SDAS (dipendente dalla velocità di solidificazione) per la lega A356 contenente vari livelli di ferro [36]. 30 Capitolo 1 1.6 I difetti di solidificazione Come accennato più volte, la produzione di getti è indissolubilmente legata alla presenza di difetti di solidificazione dovuti alla presenza di impurità nel bagno, gas occluso o in soluzione, variazioni di densità nel passaggio liquido solido, forte variazione di temperatura e segregazioni. Questo si traduce nella formazione di numerosi difetti. Fra questi verranno qui discussi, in termini di genesi, morfologia ed effetti sulle proprietà meccaniche, porosità da gas, micro-ritiri ed ossidi. Le porosità da gas sono pori dalla forma tipicamente arrotondata, che prendono il nome di soffiature nel caso abbiano grandi dimensioni. Tipicamente sono generate dalla presenza nel bagno di gas (di diversa natura), che può essere in esso solubilizzato o occluso e che rimane all’interno del metallo al momento della sua solidificazione formando delle “bolle” [40,41]. Il gas occluso, può avere diversa genesi. In particolare, può essere: gas solubilizzato nella fase liquida (principalmente idrogeno), che rimane intrappolato nel getto per riduzione di solubilità nel passaggio liquido-solido; aria intrappolata nel moto turbolento del metallo fuso durante il riempimento della forma; prodotti di decomposizione dei lubrificanti e dei leganti della sabbia; vapore acqueo (che però tipicamente si separa in ossigeno, che ossida il bagno, ed idrogeno, altamente solubile nel bagno); L’idrogeno, ha particolare affinità con l’alluminio allo stato liquido, che può quindi discioglierne al suo interno una grande quantità. Esso è contenuto nell’aria umida (come vapore acqueo) ed è chiaramente sempre a contatto col bagno, che quindi può assorbirlo liberamente, a meno che non si adottino processi fusori particolari come quelli in bassa pressione o in vuoto. La solubilità dei gas nei metalli cresce infatti con la temperatura e la pressione secondo la legge di Sievert: dove m è la massa di gas disciolto, k è una costante che, per un particolare sistema gas/metallo, aumenta con la temperatura T, mentre p rappresenta la pressione parziale del gas. Per la lega A356, ad esempio la solubilità dell’idrogeno a 750 °C è pari a 0.81 ppm. Tale relazione, ovviamente, non vale nel corso del passaggio di stato solidoliquido, in cui la solubilità dell’idrogeno nell’alluminio (ed in generale di tutti i gas in un qualsiasi liquido) si riduce drasticamente (Fig.28-a). Il gas che viene segregato, se non riesce ad essere espulso, può rimanere all’interno del getto come forma di porosità da idrogeno. Le cause della presenza di idrogeno nel bagno, possono essere: umidità dell’aria e dei materiali impiegati nel processo fusorio (refrattari dei forni o delle siviere, sabbie, ecc.) secondo la reazione chimica: combustione di idrocarburi (come gas, olio, leganti delle sabbie, ecc..) nel momento in cui vengono a contatto col metallo fuso. 31 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia Il gas in soluzione nel metallo liquido è in forma atomica (H2 2H) e parte di esso può diffondere verso la superficie, combinarsi in forma di molecole di acqua (4H + O2 2H2O) ed evaporare nell’ambiente. Esiste quindi equilibrio all’interfaccia aria-metallo (Fig.28-b), che può essere alterato dalla presenza di ossido o scoria sulla superficie del bagno stesso. Nel passaggio allo stato solido, la precipitazione dell’idrogeno genera piccole bolle (0,05÷0,5mm), come il risultato dell’alta pressione interna del gas dovuta alla microsegregazione fra i rami delle dendriti (Fig.29-a). Tali bolle gassose sono distribuite uniformemente nell’intero getto, ad eccezione di uno strato superficiale libero da porosità, di circa 1÷2 mm [41]. a b Fig.28 – a) Solubilità dell’idrogeno nell’alluminio a pressione atmosferica al variare della temperatura [40]; b) Schema dell’interazione fra metallo in siviera ed ambiente [41]. a b Fig.29 – a) Progressione della precipitazione di idrogeno durante la solidificazione; b) Andamento della concentrazione di idrogeno nella lega nella fase solida e in quella liquida[41] Ipotizziamo per semplicità che il fuso sia una soluzione liquida di solvente (lega) e soluto (idrogeno) a concentrazione iniziale C0; il primo solido che solidifica avrà una concentrazione pari a 32 Capitolo 1 dove k è il coefficiente di distribuzione (o partizione) e vale: e CS (CL) costituisce la concentrazione del soluto nel solido (liquido). Alti valori di k (prossimi ad 1) indicano distribuzioni uniformi del soluto nel liquido e nel solido. Ad una diminuzione di k corrisponde un aumento della concentrazione del soluto nel liquido. L’idrogeno in alluminio presenta un coefficiente di distribuzione k pari a 0,05. Mentre la solidificazione procede, l’idrogeno viene allora espulso dal solido nella fase liquida, che progressivamente si arricchisce (Fig.29-b); l’idrogeno tende principalmente ad accumularsi davanti al fronte di solidificazione che avanza e, al procedere della solidificazione, sempre più soluto tende ad accumularsi davanti al fronte di solidificazione, con un effetto simile a quello di uno “spazzaneve” (snow-plough) [41]. Verrà quindi raggiunto uno stato di equilibrio, che corrisponde ad un picco della concentrazione di idrogeno all’interfaccia, pari a C0/k, (Fig.29-b). In corrispondenza del fronte di solidificazione, ci sarà allora una concentrazione di idrogeno pari a 20 volte quella iniziale Co. Pertanto, se il tenore iniziale dell’idrogeno in soluzione fosse pari a 0,1 cc/100g (basso per la pratica industriale), all’equilibrio il contenuto di idrogeno nel liquido all’interfaccia dovrebbe essere 2 cc/100g. Tale valore è ben al di sopra del limite di solubilità (Fig.28-a) e pertanto il liquido risulta soprassaturo di idrogeno, e le bolle di idrogeno possono nucleare ed accrescersi rimanendo intrappolate nel solido fra i rami delle dendriti [26,41-43]. Chiaramente, questa condizione, si genera per ogni “nucleo” stabile e quindi si avrà una certa omogeneità di distribuzione di questi difetti all’interno del getto, eccetto che per la “superficie”, che ne rimane esente per ovvie ragioni. Difetti di questo tipo, influenzano il comportamento meccanico del materiale e possono compromettere la possibilità di realizzare un trattamento termico di solubilizzazione perché il gas, espandendosi con l’innalzarsi della temperatura, può portare a problematiche di tipo estetico o anche alla formazione di cricche. Raramente difetti di questo tipo sono perfettamente sferici. Infatti, il gas che segrega si trova attorniato da liquido in fase di solidificazione, per cui la bolla, tenderà ad assumere la forma di ciò che le sta intorno (Fig.30) [26,42]. Questa è anche la ragione per cui, nel caso di “buoni getti”, difficilmente è concretamente realizzabile la distinzione fra cavità da gas e cavità da ritiro. Le cavità da ritiro, o microritiri, sono causate dall’insufficiente afflusso di metallo liquido, per compensare il ritiro del materiale nel passaggio liquido-solido. Questo problema, viene più brevemente descritto parlando di mancanza di “alimentazione”. In un accrescimento di tipo dendritico, questa alimentazione avviene tramite i canali interdendritici che, se vengono occlusi, possono dar luogo alla formazione di “vuoti” (Fig.31) [26,41,43]. L’occlusione può avvenire per diverse cause, fra cui: l’eccessiva viscosità del liquido in fase di trasformazione, l’accrescimento delle dendriti, la presenza di intermetallici, ecc.. Come comprensibile, tale difetto è particolarmente significativo nel caso in cui si abbiano dendriti molto sviluppate nella direzione del 33 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia flusso termico, mentre il problema si riduce nel caso di dendriti con SDAS più fine (a parità di dimensione del grano) o affinamento del grano (Fig.31-b), [25,43]. a b c d Fig.30 – Micrografie ottiche (a,b) e SEM (c,d) di porosità da gas su una lega A356. a b Fig.31 – (a) Scema dell’afflusso di liquido attraverso i canali interdendritici [29]; (b) Schema riportante la dipendenza delle dimensioni delle cavità da ritiro dalla microstruttura: grano grossolano ed accrescimento dendritico colonnare (grandi dimensioni); accrescimento dendritico colonnare con SDAS fine (dimensioni minori); ridotta dimensione del grano e SDAS (dimensioni minime)[25]. 34 Capitolo 1 Tali difetti, al pari delle porosità da idrogeno, esplicano un’azione negativa nei confronti delle proprietà meccaniche del getto, sia nel caso statico, per riduzione della sezione resistente, che soprattutto a fatica, per l’elevata concentrazione di tensione che questi inducono. La formazione delle cavità di ritiro interdendritiche è favorita dall’utilizzo di leghe con un ampio intervallo di solidificazione e/o quando si hanno bassi gradienti di temperatura (e/o basse velocità di solidificazione) [40,41]. Campbell [26, 41] ha provato a studiare analiticamente le condizioni che porterebbero alla formazione di questo tipo di difetti. L’autore considera un getto costituito da un cilindro ad asse orizzontale (Fig.32), munito ad un’estremità da un alimentatore (feeder), nel quale verso la fine della solidificazione si avrà una zona A completamente solidificata, una zona pastosa uniforme costituita da una foresta di dendriti circondate dal restante liquido, ed una zona liquida costituita dall’alimentatore. Il metallo fuso tende a fluire attraverso la zona pastosa, onde compensare il ritiro dovuto alla progressiva solidificazione del materiale nella zona A. La contrazione della zona A tende quindi a “tirare” il metallo fluido attraverso la zona pastosa, che si opporrà al proprio attraversamento a causa della propria “tortuosità”. Come conseguenza il fluido sarà sottoposto ad uno stato tensionale via via crescente [26,41]. Fig.32 – Scema di un getto tipo e sua suddivisione in varie zone [26]. L’autore propone di considerare la zona pastosa come un insieme di N condotti di piccole dimensioni, ai quali è applicabile l’equazione di Pousseille, che definisce il gradiente di pressione necessario per causare il moto di un fluido all’interno di un capillare (Fig.33): dove v rappresenta la portata volumetrica, r il raggio del capillare e η la viscosità del fluido. Integrando l’equazione (12) fra le sezioni 1 e 2 del capillare di figura 32-b, si ottiene la relazione: Dunque, la resistenza al flusso è dipendente dalla dimensione del capillare (sia L che r). Per gli N capillari considerati le equazioni (12) e (13) diventano quindi: 35 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia Nel caso in cui il metallo fluisca attraverso il capillare ed il materiale vada simultaneamente solidificandosi, il canale tenderà lentamente a chiudersi; diventa quindi fondamentale considerare il contributo della solidificazione del fuso in funzione del tempo e la conseguente diminuzione del raggio r del capillare secondo il modello di Fig. 33 [26,41]. Fig.33 - Schema del flusso attraverso un capillare (Pousseille) e modello di flusso attraverso un capillare considerando la riduzione del raggio r nel tempo [26]. Considerando la conservazione di volume, uguagliando il volume che fluisce attraverso l’elemento di spessore dx con la carenza di materiale dovuta alla solidificazione sulla superficie del capillare oltre dx, si ha che: dove V è la velocità media del fluido e α il coefficiente di espansione termica del liquido. Sapendo che la portata volumetrica v è proporzionale alla velocità del fluido V attraverso la relazione: sostituendo l’equazione (14) in (16), integrando e semplificando si ottiene la seguente relazione di proporzionalità [26,41]: Da cui si può affermare che: la caduta di pressione del fluido viscoso che attraversa la zona pastosa è molto sensibile alle dimensioni (r ed L) dei canali di flusso interdendritici. La lunghezza L, che rappresenta la lunghezza della zona pastosa nel getto, è, per molte leghe di alluminio, uguale all’intera lunghezza del getto. Per tali leghe infatti, la conducibilità termica è alta, ed il gradiente di temperatura conseguentemente basso. Il raggio r dei canali interdendritici non è pari altro che al DAS (spaziatura fra i rami principali delle dendriti); la caduta di pressione, o differenza di pressione Δp, ha un andamento parabolico lungo la zona pastosa (figura 34); Al procedere della solidificazione ed alla contestuale diminuzione del raggio del capillare, si ha un importante aumento del gradiente di pressione ai capi della zona 36 Capitolo 1 pastosa. Dal momento che la diminuzione di r è funzione del tempo, è evidente come ∆P dipenda anche dal tempo (figura 34). Fig.34 - Schema dell’andamento delle pressioni nella zona pastosa [41]. Al passare del tempo da t1 a t2, la graduale riduzione del diametro del capillare r aumenta la tensione nel restante liquido; la tensione idrostatica nel liquido nella zona pastosa continua a crescere fintanto che viene raggiunto al tempo t2 un valore critico della pressione pf (ovvero della tensione), in corrispondenza del quale assisteremo alla nucleazione di una microporosità da ritiro [26,41]. Tale teoria è in accordo con Gruzlesky [43] che afferma che, nel momento in cui si formano zone isolate prive di materiale per difficoltà di alimentazione, ogni ritiro che si realizza, causa una tensione nel liquido adiacente in cui si formeranno dei vuoti per ridurre tale tensione. Come accennato in precedenza, nel caso di getti di buona qualità, in cui i sistemi di colata ed alimentazione svolgono al meglio la loro funzione, la distinzione fra porosità da gas e microritiri, non è praticamente possibile. Al contrario, nel momento in cui il sistema di alimentazione non svolge correttamente la sua funzione, problematiche di microritiro diventano immediatamente evidenti, sia attraverso l’analisi metallografica in microscopia ottica (Fig.35), che elettronica in scansione (Fig.36). Fig.35 – Micrografie ottiche relative a cavità interdendritiche per una lega A356. 37 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia Fig.36 – Micrografie SEM relative a cavità interdendritiche rilevate su superfici di frattura di provini di fatica in lega A356. Per quanto già detto, una opportuna progettazione del sistema di colata e di alimentazione, che eviti velocità di solidificazione troppo basse ed alimenti correttamente il getto, nonché l’utilizzo di leghe affinate e con un ridotto intervallo di solidificazione, permettono di porre dei rimedi a questa problematica. Per quel che riguarda la presenza di ossidi, questi sono inclusioni non metalliche endogene (ovvero nate nel bagno) derivanti dall’ossidazione superficiale del metallo fuso, sia prima della colata nel crogiuolo che durante il processo di colata. L’alluminio fuso è particolarmente reattivo e, forse più di molti altri metalli, tende ad ossidarsi a contatto con l’ossigeno dell’atmosfera. Nel metallo fuso, si forma quindi uno strato superficiale di ossido di alluminio (allumina) di composizione chimica Al2O3, che in certi casi, per effetto della turbolenza superficiale della massa fusa durante la movimentazione, può essere intrappolato all’interno di esse: in particolare questo ossido tende a ripiegarsi su se stesso, in misura maggiore in presenza di turbolenza, creando una discontinuità indicata come bifilm [26]. Questi film di ossido restano intrappolati all’interno della massa fusa e quindi nella matrice metallica, costituendo entità estranee alla matrice stessa (Fig.37-a). a b Fig.37 – a) Formazione di un film di ossido (bifilm) per effetto dell’ossidazione superficiale del metallo e della turbolenza del fuso [26]; b) Andamento della vita a fatica in funzione della dimensione dei film d’ossido che innescano cricche di fatica [6]. 38 Capitolo 1 Questi film d’ossido, riducono la fluidità della lega ed interrompono la continuità della matrice metallica, una volta che il getto è solidificato, penalizzandone le proprietà meccaniche Inoltre, favoriscono la nucleazione di cricche di fatica, in quanto inducono una locale concentrazione di tensioni. In particolare, al crescere della dimensione di tali film d’ossido, che innescano cricche di fatica, la vita a fatica si riduce, come si può osservare dalla figura 37-b [6]. Inoltre, nelle leghe destinate a trattamento termico, come le leghe Al-Si-Mg, Al-Si-Cu ecc.., gli ossidi, contrastando variazioni di volume provocate dalla solubilizzazione o dalla tempra, possono generare microcricche. I film d’ossido possono essere suddivisi in due tipologie: film d’ossido “giovani” (young films o new films) e film d’ossido “vecchi” (old films), secondo la notazione di Campbell riportata da Knott e altri [44]. I film d’ossido giovani si formano nel breve tempo di ossidazione durante il riempimento dello stampo, per effetto della turbolenza superficiale; questi appaiono come fini e sottili inclusioni di allumina. I film d’ossido vecchi derivano dall’intrappolamento di allumina nel metallo fuso, con il meccanismo già descritto, quando questo si trova nel crogiuolo, prima della colata. Questi appaiono come spessi spinelli d’ossido e tendono ad essere più piatti e meno convoluti rispetto ai film d’ossido giovani [44,45]. Esempi di osservazione di film di ossido, in microscopia ottica ed in microscopia elettronica in scansione, sono riportati in Fig.38. Fig.38 – a) Micrografia ottenuta con il microscopio ottico che mostra un film d’ossido in una lega Al-Si da fonderia; b) micrografia ottenuta con il SEM, che evidenzia un film d’ossido, innesco di una cricca di fatica, sulla superficie di frattura di una lega A356 [6]. Tutti i difetti qui descritti nelle loro morfologie e modalità di genesi, hanno, come già accennato, effetti dannosi sulle proprietà meccaniche. In particolare, porosità da gas e microritiri, essendo dei “vuoti” di materiale, generano decrementi del tutto analoghi delle proprietà. Assieme ad essi, anche gli ossidi possono essere causa di prematura rottura del materiale, soprattutto nel caso di sollecitazioni affaticanti. La figura 39 riporta i risultati di test di fatica condotti da Wang ed altri autori [6,45], in cui si riporta come, il numero di cicli a rottura della lega A356, risulta essere funzione del tipo di difetto che ha dato origine alla cricca. Così, porosità o microritiri risultano più dannosi 39 Microstruttura e proprietà meccaniche delle leghe Al-Si-Mg da fonderia degli ossidi. In assenza di questi difetti, la microstruttura del materiale diventa importante. Per quel che riguarda il comportamento meccanico statico, è altrettanto noto come queste tipologie di difetti abbiano influenza su resistenza a trazione ed allungamento a rottura [8, 27]. Fig.39 - Distribuzioni cumulative di Weibull a 2 parametri tracciate in funzione dei dati di fatica per la lega A356-T6 modificata con Sr contenente molteplici tipologie di difetti [6]. Effetto della dimensione e tipologia di difetti (pori e film d’ossido) sulla vita a fatica della lega A356T6 modificata con Sr [45]. 40 Capitolo 1 Bibliografia [1] B. Barlas, D. Massinon, P. Meyer, G. Cailletaud, I. Guillot, G. Morin, SAE technical paper 2006-01-0542 [2] L. Ceschini, Alessandro Morri, Andrea Morri, A. Gamberini, S. Messieri, Mater Des, 30 10 (2009) 4525-4531 [3] John A. Francis, G.M. Delphine Cantin, Mater. Sci. Eng. A 407 (2005) 322–329 [4] A. K. Jha *, K. Sreekumar, Eng Fail Anal, 16 (2009) 2433–2439 [5] J. Linder, M. Axelsson, H. Nilsson; Int. J. Fatigue, Volume 28, Issue 12, December 2006, Pages 1752-1758 [6] Q.G. Wang, D. Apelian, D.A. Lados, J. Light Metals 1 (1) (2001) 73-84. [7] Q. G. Wang, D. Apelian, D. A. Lados, Journal of Lights Metals 1, 2001, p.85-97. [8] Y.X. Gao, J.Z. Yi, P.D. Lee, T.C. Lindley: Fat. Fract. Engng. Mater. Struct., 2004, 27, 559–570. [9] C.H. Càrceres, Scripta Mater, Vol. 32, No. 11. pp. 18514856.1995 [10] M. Tiryakioglu, J. 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Nel caso delle leghe Al-Si-Mg, valori tipici di tempi e temperature di queste fasi, sono 4-20h a circa 530°C per la solubilizzazione e 4-8h a circa 165°C per l’invecchiamento. Tuttavia, queste leghe (soprattutto in assenza Cu quale alligante secondario) risultano molto sensibili anche ad altri fattori quali il tipo di rampa in riscaldamento del forno, i tempi di apertura chiusura forno, la disposizione della carica nel forno, la drasticità di tempra del mezzo temprante ed il tempo e le temperature di attesa tra tempra ed invecchiamento (pre-invecchiamento/pre-aging). Tutte queste fasi, influenzano la sequenza di precipitazione, che può essere in linea di massima così riassunta [1]: α-Al(sss) →zone_GP→β’’→β’→β (Mg2Si), dove α-Al(sss) è la matrice soprassatura di alluminio e le zone_GP sono cluster di atomi di Mg e Si più note come zone di Guiner-Preston [2]. I precipitati di tipo β’’ sono associati al picco di durezza della lega ed hanno forma allungata nella direzione [100] della matrice metallica. La fase β’, si forma dalla fase β’’ col procedere dell’invecchiamento, mentre la fase di equilibrio β costituisce un precipitato totalmente incoerente con la matrice giacente sul piano [100] della matrice di alluminio. Recentemente, soprattutto per le leghe da deformazione plastica della famiglia Al-Mg-Si (tipicamente utilizzate nella realizzazione di carrozzerie automobilistiche), sono stati condotti numerosi studi in cui sono state proposte alcune modifiche della sequenza di precipitazione. Tutte queste sequenze, ipotizzate tramite l’utilizzo di tecniche di analisi termica, resistività elettrica, atom-probe (2D e 3D), annichilimento di positroni, ecc.. [3-7], sono fondate sull’idea che tutto parta dalla formazione di cluster di atomi che possono, o meno, essere sito di nucleazione per la fase β’’. La formazione di queste fasi subito dopo tempra, rende indispensabile valutare 45 Il trattamento termico nei sistemi Al-Si-Mg/Al-Mg-Si ed Al-Cu attentamente cosa succeda nell’intervallo immediatamente ad essa successivo, noto appunto come “pre-aging”. Gli studi fatti in questo senso [3-16], non evidenziano però chiaramente l’effetto sulle proprietà meccaniche della lega, nel caso di breve durata di questa fase. Per le leghe Al-Cu, la sequenza di precipitazione, è simile a quella delle leghe Al-Si-Mg e, analogamente ad essa, prevede i seguenti passaggi [17]: α-Al(sss) →zone_GP→’’→’→ (CuAl2). Per queste leghe, soprattutto utilizzate come leghe da deformazione plastica (serie 2XXX secondo IADS), il trattamento industriale prevede tempi e temperature di solubilizzazione ed invecchiamento pari a circa 4-20h a 500°C e 4-20h a circa 190°C rispettivamente. Inoltre, la sequenza di precipitazione, al contrario che per le leghe Al-Si-Mg/Al-Mg-Si, è scarsamente influenzata da fasi secondarie del trattamento termico come l’attesa tra tempra ed invecchiamento. D’altra parte, vi è una maggiore predisposizione per queste leghe a problematiche di criccatura a caldo o da tempra, per cui è particolarmente importante un opportuno studio delle temperature di processo. Inoltre, la presenza in queste leghe di Mg come alligante secondario, porta alla contemporanea precipitazione di una ulteriore fase indurente (S’) nonché ad una variazione nella precipitazione delle zone GP che, per queste leghe, diventano zone GPB (sempre eventualmente precedute dalla precipitazione di co-cluster Cu-Mg [17]). In ogni caso, per entrambe le tipologie di leghe qui considerate, anche quando sia stata ottenuta una certa ripetibilità del processo di trattamento termico, con una ridotta forchetta della durezza in uscita dalla fase di invecchiamento, si pone il problema delle temperature di esercizio dei componenti con esse realizzati. Questi, spesso oltrepassano anche di parecchie decine di gradi le temperature utilizzate nella fase di invecchiamento [18,19] e questo, come evidenziato in letteratura [20-22], comporta una rapida riduzione della durezza del materiale ed in generale un calo di tutte le proprietà tensili. Per queste ragioni, nel seguito di questa parte introduttiva del lavoro sperimentale, non si tenderà a sottolineare le specificità, seppur esistenti, dei due diversi sistemi, ma piuttosto le analogie che hanno permesso di esprimere modelli di precipitazione validi per entrambe le leghe [8,9], con una attenzione particolare alle leghe Al-Si-Mg che, come anticipato nell’introduzione, hanno costituito il vero oggetto di studio dei progetti di ricerca nell’ambito dei quali si è svolta l’attività di dottorato. 46 Capitolo 2 2.2 Designazione degli stati metallurgici La norme UNI EN 1706:1999, UNI EN 515:1996, ISO 2107:2207 prevedono un criterio di designazione degli stati metallurgici delle leghe di alluminio, impostato su una codifica alfanumerica dove le cifre hanno un significato puramente simbolico ed ogni combinazione lettera-numero contraddistingue una sequenza completa di operazioni termiche o termo-meccaniche utilizzate per ottenere un determinato stato della lega. Sebbene tali norme si riferiscano principalmente a leghe da deformazione plastica, quanto dichiarato in esse si estende anche alle leghe da fonderia [23]. Nella codifica proposta in queste norme, il primo carattere è una lettera che definisce lo stato metallurgico di base: F Grezzo di fabbricazione; O Ricotto; H Incrudito; T Trattato termicamente; Le leghe da trattamento termico, dopo la solubilizzazione (indicata con la lettera W), si trovano in uno stato metallurgico instabile e quindi la designazione W non indica uno stato metallurgico univoco. Le cifre indicate dopo la lettera iniziale, definiscono dunque il ciclo delle operazioni termiche/temo-meccaniche con un dettaglio maggiore. Nel caso della ricottura (O), la normativa definisce i seguenti tre differenti stati: O1 : ricotture con raffreddamento lento da una temperatura elevata; O2 : cicli termo-meccanici per semilavorati destinati a formatura superplastica; O3 : omogeneizzazione con raffreddamento in aria; Nel primo caso, l’obiettivo del trattamento, è migliorare la stabilità dimensionale del componente, mentre nell’ultimo, è l’eliminazione o riduzione delle segregazioni. Nel caso di trattamento termico (T), la designazione prevede diverse modalità di invecchiamento (precipitazione degli elementi in lega solubilizzati) a temperatura ambiente (invecchiamento naturale) o in forno (invecchiamento artificiale) e la possibilità di eseguire operazioni di deformazione plastica all’interno del ciclo di trattamento. Inoltre, si hanno designazioni differenti a seconda che il trattamento di solubilizzazione sia considerato parte del processo produttivo (estrusione, formatura, laminazione, pressofusione, ecc...) o sia effettuato successivamente in forno. In linea di massima, tutte le considerazioni espresse, possono essere riassunte nelle tabelle 1 e 2. Gli stati di invecchiamento T1, T2, T3 e T4 implicano un invecchiamento a temperatura ambiente fino ad una condizione stabile. A seguito di invecchiamento artificiale, si può raggiungere uno stato di massima durezza (per un dato materiale) T6 o proseguire nell’invecchiamento (iperinvecchiamento), con conseguente 47 Il trattamento termico nei sistemi Al-Si-Mg/Al-Mg-Si ed Al-Cu decremento dei valori di resistenza meccanica a vantaggio della resistenza ad alcune forme di corrosione (stati T7). Eccetto che per lo stato T7, l’obiettivo dell’esecuzione di ogni trattamento di invecchiamento, è quindi quello di incrementare al massimo la resistenza meccanica. Chiaramente, tale incremento, dipende dalla “storia termomeccanica” del semilavorato/componente precedente all’invecchiamento che a sua volta da esigenze progettuali, economiche e/o tecnologiche. In termini assoluti, un confronto fra le durezza ottenibili è riportato per alcuni trattamenti in figura 1. Solubilizzazione in forno Ciclo di trattamento termico non includente operazioni di deformazione plastica Lavorato plasticamente prima dell’invecchiamento Lavorato plasticamente dopo l’invecchiamento Invecchiamento naturale Invecchiamento artificiale T4 T6, T7 T3 T8 T9 Tab.1 – Codici di designazione del trattamento termico, in funzione della tipologia di invecchiamento, dopo solubilizzazione in forno (UNI EN 515) Assenza di solubilizzazione in forno Ciclo di trattamento termico non includente operazioni di deformazione plastica Lavorato plasticamente prima dell’invecchiamento Invecchiamento naturale Invecchiamento artificiale T1 T5 T2 Tab.2 – Codici di designazione del trattamento termico, in funzione della tipologia di invecchiamento, con assenza di solubilizzazione in forno (UNI EN 515) Fig.1 – Confronto fra le durezze finali ottenibili con alcuni processi di trattamento termico/termo-meccanico che prevedono invecchiamento artificiale (UNI EN 515) 48 Capitolo 2 Come evidente in Fig.1, il numero che identifica il trattamento dopo la lettera T, può a sua volta essere seguito da ulteriori cifre che definiscono alcune varianti nel trattamento finalizzate a conseguire specifiche caratteristiche fisico-meccaniche. In particolare, nella designazione T7: T73 corrisponde a condizioni più prolungate di iperinvecchiamento ed identifica uno stato metallurgico del materiale ottimale per resistere a forme di corrosione localizzata (esfoliante e tensocorrosione); T76 corrisponde a condizioni di iperinvecchiamento meno spinto in modo da contenere il decremento di resistenza meccanica e durezza, raggiungendo una buona resistenza alla corrosione esfoliante ma insoddisfacente a tensocorrosione. T74 corrisponde ad uno stato intermedio tra i due precedenti. A volte il materiale può richiedere invece un ipoinvecchiamento ed in questo caso viene utilizzata una cifra aggiuntiva (1, 3, 4 o 5) alla codifica degli stati di durezza massima T5 e T6 (Fig.1); l’aggiunta al contrario della cifra “6” sta ad indicare una maggiore durezza ottenuta a seguito di processi speciali di trattamento. Tra le varianti a più cifre si segnalano inoltre: T42 e T62 che definiscono lo stato finale di semilavorati solubilizzati ed invecchiati dall’utilizzatore, a partire da qualsiasi stato; Tx51, Txx51 e W51 che definiscono prodotti che dopo il trattamento di solubilizzazione vengono stirati in modo controllato allo scopo di ridurre le tensioni residue. Per i prodotti estrusi, e trafilati è prevista una cifra addizionale rappresentata da 1 se i semilavorati hanno subito, dopo la stiratura, un processo di raddrizzatura per il rientro in tolleranza, da 0 altrimenti; Tx52, Txx52 e W52 che definiscono prodotti che dopo il trattamento di solubilizzazione subiscono una compressione controllata allo scopo di ridurre le tensioni residue; Tx54, Txx54 e W54 che definiscono prodotti che sono distesi con una combinazione di stiratura e compressione. 49 Il trattamento termico nei sistemi Al-Si-Mg/Al-Mg-Si ed Al-Cu 2.3 La tempra di soluzione Nelle leghe di alluminio, l’obiettivo del trattamento di tempra di soluzione, costituito dalla fasi di solubilizzazione, tempra ed invecchiamento, è quello di indurre il raggruppamento (precipitazione) di atomi di elementi di lega all’interno della matrice in modo da causare la deformazione della matrice ed ostacolare così il moto delle dislocazioni. La dimensione e la tipologia del precipitato, definiscono il diverso meccanismo di rinforzo che provvede ad aumentare il limite elastico del materiale. Storicamente [2], la scoperta di meccanismi di rinforzo di questo tipo, risale al 1906, quando A.Wilm scoprì che la lega Al-Cu-Mg, una volta temprata in acqua fredda, da alte temperature (quale 550°C), se lasciata successivamente a temperatura ambiente, incrementava in durezza. Nessuna giustificazione al fenomeno, riscontrato senza alcuna apparente modifica della microstruttura, fu proposta fino al 1919, quando Mercia, Waltenberg e Scott dimostrarono che, per la lega Al-Cu studiata, la solubilità del rame nell’alluminio, diminuiva con il calare della temperatura. Tale osservazione li portò nel proporre che, il rinforzo per invecchiamento dopo tempra, fosse legato alla precipitazione di “gruppi” di atomi di rame dalla matrice metallica, che si trovava in condizioni soprassature. Tali gruppi, furono nominati nel 1938 in un lavoro storico di Guiner e Preston che, indipendentemente l’uno dall’altro, evidenziarono, con tecniche di diffrazione di raggi-x, in leghe di alluminio invecchiate, degli addensamenti atomici concentrati in piccole zone; da qui il termine “zone GP”. Un’osservazione diretta delle zone GP, fu possibile solo con l’avvento del microscopio elettronico in trasmissione (TEM). A partire da questo momento, e dallo sviluppo e adozione di differenti tecniche di indagine quali analisi termica, analisi di resistività elettrica, atom probe analisys, annichilimento di positroni, o altro ancora, è stato possibile uno studio più accurato del fenomeno e delle leghe che ne sono coinvolte. I due fondamentali requisiti, per ottenere il rinforzo per precipitazione di una lega di alluminio sono: i) grande riduzione della solubilità degli atomi di soluto nella matrice di alluminio, al diminuire della temperatura; ii) attitudine degli elementi di soluto a formare precipitati stabili (Mg2Si, CuAl2, ecc…). Da qui è evidente che, come già in precedenza accennato, non tutte le leghe di Al rientrano far le leghe da trattamento termico. La precipitazione, viene innescata tramite un determinata sequenza termica, che consta di diversi passaggi, a temperatura e tempo ben definiti: solubilizzazione, tempra e invecchiamento (Fig.2). L’obiettivo della solubilizzazione, è che tutti gli atomi di soluto, presenti nella matrice, passino in soluzione formando una soluzione solida omogenea (). Il processo richiede temperature (Fig.3) abbastanza elevate (prossime a quelle di inizio fusione e diverse per ogni sistema) e un tempo sufficiente a garantire un certo grado di soluzione. L’alta temperatura, favorisce questo processo, generando nella fase -Al, un’elevata concentrazione di vacanze che agevola la mobilità degli atomi di soluto, che si distribuiscono più facilmente nella matrice. La condizione di soluzione solida omogenea, raggiunta con la solubilizzazione, è determinante per agevolare il processo di indurimento per precipitazione. Una volta 50 Capitolo 2 raggiunta tale condizione, raffreddamento lento fino a temperatura ambiente, genererebbe, secondo quanto indicato dal diagramma di fase (Fig.3), la formazione di una fase -Al con scarsa concentrazione di soluto assieme a particelle grossolane di fase (di equilibrio). Questa struttura stabile, non ha significative proprietà meccaniche e non è di alcun interesse ingegneristico. Fig.2 – Tipica sequenza delle fasi nella tempra di soluzione a b Fig.3 – Diagrammi di fase per i sistemi Al-Mg2Si (a) ed Al-Cu (b) [24] Al contrario, tutto cambia se si realizza una tempra (tipicamente in acqua) fino a temperatura ambiente o leggermente maggiore (80°C). Il prodotto di questa operazione, è una soluzione solida soprassatura metastabile, da cui si formeranno i precipitati durante la fase di successivo invecchiamento. Forma, dimensioni, natura e quantità di precipitati che si formano in questa fase, sono funzione innanzitutto del tempo e della temperatura. In particolare, come già accennato (cfr.2.2), si può avere un invecchiamento a temperatura ambiente (naturale), o ad alta temperatura (artificiale). Nel primo caso, durante l’invecchiamento, si formano solo zone GP e quindi l’incremento di durezza è dovuto al campo di deformazione elastiche intorno al cluster 51 Il trattamento termico nei sistemi Al-Si-Mg/Al-Mg-Si ed Al-Cu di atomi di soluto (Cu o Mg-Si). Se i cluster non sono stabili o non raggiungono un determinato valore di raggio critico, non riescono ad accrescere, impedendo alla lega di migliorare le proprie proprietà. Al contrario, nel caso di invecchiamento artificiale, si assiste alla precipitazione di diverse fasi metastabili, che ha inizio solo se si tempra sotto una determinata temperatura, definita dalla curva di solvus della GP zone (Fig.3b). Durante l’invecchiamento le zone GP incrementano le loro dimensioni ed evolvono trasformandosi in fasi intermedie fino a raggiungere la fase di equilibrio (CuAl2 o Mg2Si) del sistema associato alla lega considerata (A-Cu o Al-Si-Mg). Nel caso particolare delle leghe Al-Si-Mg ed Al-Cu, le sequenze di precipitazione universalmente riconosciute (a meno di dibattiti sulla transizione dall’una all’altra fase) sono: α (sss) →cluster/zone_GP→β’’→β’→β (Mg2Si) [1] α (sss) →cluster/zone_GP→’’→’→ (CuAl2) [24] Come evidente, le due sequenze si assomigliano particolarmente e, malgrado la diversa natura degli elementi coinvolti, nonché delle transizioni dall’uno all’altro stato, possono essere considerate come rappresentative l’una dell’altra e così avverrà nel seguito riferendosi riferendosi pressoché esclusivamente al sistema Al-Mg2Si. Si parte dunque, come già descritto, da una soluzione solida soprassatura metastabile che tende a generare cluster di soluto o zone GP. La tendenza alla formazione di cluster o zone GP dipenderebbe dal tipo di invecchiamento. Per Murayama et al. [5], si parla di clusters e co-clusters di soluto dal momento che, attraverso un indagine al TEM, anche dopo un periodo di invecchiamento naturale di diversi mesi, non è visibile alcun tipo di addensamento atomico. Al contrario, leghe invecchiate artificialmente, presentano al TEM, i primi raggruppamenti atomici ben visibili a cui gli autori attribuiscono lo stato di zone_GP. Sebbene clusters e zone_GP, abbiano composizione chimica simile, le zone_GP, presentano una concentrazione di soluto più elevata. Le zone non hanno un ordine preciso nella matrice di alluminio, ma si ordineranno durante l’invecchiamento, e rimarranno stabili fino a circa 260°C. Questa interpretazione, può essere discussa tramite le osservazioni di diversi autori [3,4,7,10], che a seconda dei casi, parlano della formazione di cluster di Si [3] zone GP [10] o cluster di Si, Mg e co-cluster Mg-Si [4]. Chiaramente, un ruolo fondamentale in tutti questi studi, è attribuito all’eccesso di silicio (e dunque alla composizione chimica della lega) che può influenzare notevolmente la sequenza di precipitazione. In accordo con gli ultimi studi di Serisawa et al. [7], nell’intervallo 30°C-100°C è possibile osservare due picchi (Fig.4-a) associabili alla formazione di due diversi tipi di nano-cluster MgSi. Il primo, si formerebbe a temperatura ambiente e manterrebbe le sue dimensioni rimanendo stabile fino a 180°C. Il secondo, si formerebbe a circa 100°C, aumentando le sue dimensioni nel tempo. La presenza di questi cluster risulterebbe determinante nell’influenzare la successiva sequenza di precipitazione delle fasi indurenti durante l’invecchiamento artificiale. Tale formazione, sarebbe anche supportata dai rilevamenti di Ou et Al. [25] riportati in figura 4-b in cui è evidente che, per ridotti valori del tempo 52 Capitolo 2 di attesa fra tempra ed invecchiamento (curve superiori), al di sotto dei 100°C si manifestano due leggeri picchi di precipitazione. A conferma del fatto che tale precipitazione prende luogo a temperatura ambiente, dopo sufficiente attesa tra tempra ed invecchiamento il primo picco svanisce (curva (b) di Fig.4-a e curva 300min. Fig.4b) a b Fig.4 – Risultati di analisi termiche differenziali (DSC) condotte da Serizawa [7] ed Ou [25] sul leghe Al-Mg-Si. A sinistra, la curva (a) è relativa ad una rampa su campione as-quenched mentre la (b) dopo permaneza in forno a 100°C per 10 min. A destra, sono rappresentate diverse rampe in funzione del tempo di attesa fra tempra ed invecchiamento. Dopo la creazione di queste fasi “primitive”, si ha la formazione dei precipitati indurenti ’’. Questi, sono di tipo metastabile, coerente con la matrice (Fig. 5) nella direzione della lunghezza del precipitato, mentre non c’è continuità fra struttura cristallina e interfaccia nella direzione ortogonale. La lunghezza media dei precipitati ’’ è pari a circa 200÷1000 Å, mentre il loro diametro a circa 60 Å. Da questi, nel tempo, si evolve la fase ’ semicoerente con la matrice ed a forma di bastoncello con gli assi paralleli alle direzioni della matrice cubica. Infine, per ulteriore esposizione alla temperatura, si arriva alla fase di equilibrio (Mg2Si) placchettiforme ed incoerente con la matrice, avente una struttura fcc (cubica a facce centrate). Le varie fasi seguono la via della minima energia di attivazione; in altre parole, la cinetica favorisce la nucleazione omogenea con interfaccia coerente, seguita dalla trasformazione in una o più fasi semicoerenti, ed infine la trasformazione in precipitato di equilibrio. L’entità del rinforzo (incremento di durezza) dipende dal tipo di precipitato che si forma durante l’invecchiamento (Figura 6). L’incremento di durezza dovuto alle zone GP, è dato dal campo di deformazione elastiche nell’intorno della zona; il movimento delle dislocazioni, è ostacolato dalla differenza di raggio atomico 53 Il trattamento termico nei sistemi Al-Si-Mg/Al-Mg-Si ed Al-Cu fra Al ed gli atomi aggregati di Mg e Si (di stechiometria ancora variabile). Il picco di durezza si ottiene dalla formazione dei precipitati ’’, che apportano al reticolo cristallino una forte distorsione elastica. Il precipitato ’, si forma dal momento in cui la matrice non è più in grado di assorbire elasticamente le tensioni, e scarica parte di esse creando un’interfaccia parzialmente coerente. Macroscopicamente, si inizia a verificare un calo di durezza. Il crollo resistenziale avviene con la formazione del precipitato di equilibrio , totalmente incoerente con la matrice. a b c d Fig.5 – Il precipitato ’’ (a) nelle leghe Al-Si-Mg e ’’ nelle leghe AlCu (b) e la loro coerenza coi piani reticolari della matrice metallica nelle direzioni parallela (c) ed ortogonale (d) [2]. Fig.6 – Durezza conseguente ai diversi stati di precipitazione nelle leghe Al-Si-Mg. L’entità del rinforzo dovuto al trattamento termico (incremento di durezza), dipende dunque dal tipo di precipitato che si forma durante l’invecchiamento. L’esatta natura del processo non è stata ancora chiarita del tutto ma i meccanismi di rinforzo universalmente riconosciuti come di Ashby e di Orowan rispettivamente, sembrano essere corresponsabili del processo. In generale infatti, si può affermare che un incremento di resistenza è sinonimo di maggiore difficoltà del movimento delle dislocazioni. Il fattore chiave che fa sì che un meccanismo ceda il passo all’altro, è la coerenza o meno dei precipitati col reticolo cristallino. La coerenza fra precipitati e matrice comporta una forte distorsione del reticolo e, come accennato, si verifica quando dalla soluzione solida soprassatura, si formano i primi addensamenti atomici (cluster/zone_GP). L’incoerenza, subentra quando i precipitati si accrescono ed il campo di tensioni elastiche attorno ad essi, diventa così grande da non poter essere 54 Capitolo 2 completamente assorbito; la matrice crea così delle interfacce incoerenti. Il picco di durezza si ottiene quando si ha una frazione volumetrica elevata di particelle molto fini (10÷20 nm) coerenti con la matrice; la dispersione di questi composti intermetallici, impedisce il movimento delle dislocazioni aumentando così la resistenza a snervamento del materiale. Una volta che le dislocazioni riescono a tagliare le particelle, la deformazione plastica procede con basso incrudimento (meccanismo di Ashby) come evidenziato in figura 7-a (prime due curve). Quando la lega sovrainvecchia (overaging), la perdita di coerenza dei precipitati col reticolo, rilassa il reticolo generando una diminuzione di durezza. L’ingrossamento dei precipitati, consente alle dislocazioni di inflettersi fra di essi, oltrepassandoli e lasciando attorno ad essi un anello di dislocazioni come riportato nelle figure 7-b e 7-c. Passando fra le particelle, le dislocazioni continuano a lasciare degli anelli moltiplicandosi come in figura 7-d (sorgenti di FrankRead ) e facendo si che la tensione critica risolta aumenti: (1) Dove G è il modulo di elasticità trasversale, b è il vettore di Burger, è la distanza fra due precipitati e k è un fattore di forma dei precipitati stessi. Chiaramente, il materiale così costituito tenderà maggiormente ad incrudirsi (figura 7-a, terza curva). a c b d Fig.7 – a) Curve tensione-deformazione reali per un monocristallo Al-Cu, a seconda dello stato di invecchiamento (tipo di precipitato); b) sequenza del passaggio di una dislocazione fra due precipitati incoerenti e sviluppo di un anello di dislocazioni; c) esempio di micrografia TEM di un anello di dislocazioni su una lega Al-4%Cu; d) esempio di anelli di dislocazioni [26]. 55 Il trattamento termico nei sistemi Al-Si-Mg/Al-Mg-Si ed Al-Cu Nel caso particolare di leghe AlSi7Mg0,3, la variazione di durezza in funzione del tempo e temperatura di invecchiamento è riportata da diversi autori [12,20]. In Fig.8-a, si vede come il picco di durezza, sia raggiunto per tempi sempre minori tanto maggiore è la temperatura di invecchiamento. Inoltre minori o uguali a 90°C non sembrano poter portare, neanche dopo lunghissimi mantenimenti, a durezze elevate. Questo, è in accordo con le rampe di analisi termica di numerosi autori [3, 7, 25] che rivelano la temperatura di 100°C come quella caratteristica della precipitazione di una fase intermedia (clusterII/zone_GP) non in grado di rinforzare efficacemente la matrice. a b Fig.8 – Esempio di curve di invecchiamento durezza-tempo [20] (a) e curve di isodurezza (Rockwell F) [12] (b) per la lega A356. Dalle curve di invecchiamento, è possibile ricavare le curve di isodurezza (Fig.8-b) che permettono di ricavare il tempo e la temperatura di invecchiamento, per ottenere una durezza specifica. Chiaramente, aumentando il tempo e la temperatura del trattamento (entro un certo limite), la durezza della lega migliora. A parità di temperatura/tempo inoltre si possono ottenere durezze crescenti aumentando il tempo/temperatura di trattamento. Chiaramente, l’andamento di queste curve e, più in generale, delle curve di invecchiamento, dipende, come già accennato, da numerosi fattori fra i quali la composizione chimica della lega, la sequenza di precipitazione nonché la temperatura di invecchiamento. Inoltre sono fondamentali le condizione di tempra. E’ assolutamente necessario infatti, per evitare precipitate-free-zone (PFZ), che questa sia drastica e porti rapidamente il materiale a temperature sufficientemente basse per la precipitazione di fasi metastabili (Fig.3-b). Nel caso in cui il raffreddamento sia insufficiente e/o lo stazionamento a temperature “intermedie” sia prolungato, si assiste infatti ad una precipitazione localizzata a bordo grano, con conseguente impoverimento delle zone interne e minori proprietà meccaniche oltre che possibili problemi di corrosione preferenziale a bordo grano. In ultimo, fra le variabili fondamentali per un dato sistema, vi sono la cinetica di nucleazione omogenea dei cluster di soluto, il loro tasso di crescita. Per nucleazione omogenea, si intende il processo di formazione casuale dei cluster di soluto nella matrice cristallina soprassatura. L’interfaccia fra il cluster di atomi e la matrice 56 Capitolo 2 circostante si trova in uno stato di equilibrio, fra fase e matrice, e quindi uno stato a ridotta energia. La ragione di questa ridotta energia di interfaccia fra cluster e matrice soprassatura metastabile, è dunque alla base della loro formazione. Ogni sistema infatti, tende a raggiungere con l’ambiente uno stato di equilibrio che rappresenta il minimo di energia libera del sistema. L’energia libera specifica di cambiamento, associata alla nucleazione omogenea dei cluster di soluto, può essere vista come somma dell’energia: ΔGv, associata alla formazione di una unità di volume di cluster di atomi; associata alla formazione di un’interfaccia fra addensamento atomico e matrice; ΔGs, associata alla energia elastica del reticolo causata dalla differenza di raggio atomico fra gli elementi della matrice e quelli del cluster (soluto); Chiaramente, se si assiste alla formazione di un cluster di forma sferica e raggio r, la variazione di energia libera associata alla sua formazione sarà: (2) Dalla Fig.9, si vede che ΔG, ha un andamento crescente all’aumentare del raggio r, fintanto che raggiunge il punto di massimo ΔGcritico, a cui corrisponde il valore di raggio r, detto rcritico. Oltre il punto di massimo, il valore di ΔG cala drasticamente. L’incremento iniziale del valore di ΔG, associato alla generazione della superficie di interfaccia, rappresenta la barriera energetica di nucleazione che il cluster deve superare per formarsi. Superato tale valore, il sistema, tende a cedere energia libera, in quanto l’energia associata alla formazione del volume del cluster, nonché il contributo elastico della matrice soprassatura, sono entrambi negativi. Il cluster è allora stabile. Il valore di rcritico si può determinare differenziando l’equazione 2, e ponendola uguale a zero: (3) Fig. 9 – Andamento dell’energia libera nella formazione di un cluster di soluto [2] 57 Il trattamento termico nei sistemi Al-Si-Mg/Al-Mg-Si ed Al-Cu Dall’equazione 3, il rcritico, cala al calare di , energia interfacciale; ciò significa che, per un cluster coerente (avente bassa energia ), il valore del raggio critico di nucleazione, è minore che per un cluster incoerente (avente alta energia ). L’energia di deformazione, Gs, influisce anche essa sul valore di rcritico; infatti un suo incremento riduce il valore dell’espressione a denominatore dell’eq.3, con un conseguente innalzamento del valore del raggio critico. La probabilità, che, da una casuale fluttuazione di atomi di soluto, si formi un cluster con un raggio maggiore del valore critico, sarà favorita in un sistema dove i cluster sono coerenti con la matrice e abbiano bassa energia libera associata alla formazione del volume Gv. Con riferimento alla Fig.10-a, il grado di soprasaturazione della matrice Sp, alla temperatura Tp (dopo tempra), è una misura della forza che pilota la precipitazione e può essere approssimativamente espresso dalla relazione: (4) dove Xs è la concentrazione di equilibrio degli atomi di soluto alla temperatura Ts, e Xp è la concentrazione di equilibrio degli atomi di soluto alla temperatura Tp. La relazione che lega indirettamente la soprassaturazione all’energia libera associata alla formazione del volume specifico di cluster, è: (5) a b Fig. 10 – Definizione di Xs ed Xp in un generico diagramma di stato a parziale solubilità allo stato solido (a) e rappresentazione della “GP_zone solvus” (b) [2] Si nota dall’espressione (5) come, con l’aumento del sottoraffreddamento (ΔT = Ts-Tp), ottenuto da una tempra rapida, la forza pilota, che spinge alla formazione di addensamenti atomici, incrementi. In pratica, la temperatura dopo tempra, Tp, deve essere abbastanza bassa, in modo che, dalla soluzione solida sovrassatura ci sia un’alta probabilità che si formino cluster stabili. Di conseguenza, nel diagramma di fase è 58 Capitolo 2 spesso introdotta una curva, che rappresenta il limite superiore per la formazione di zone GP, denominata come GP zone solvus (Fig.10-b). Per valutare la stabilità di un cluster di atomi di soluto, è necessario però considerare una ulteriore variabile. Finora infatti, si è considerata la condizione della soluzione solida soprassatura costante nel tempo. In pratica, durante l’invecchiamento, il processo di raggruppamento atomico, drena atomi di soluto dalla matrice, quindi la condizione della soluzione solida sovrassatura non è invariabile, ma mutevole. La soprasaturazione Sp presente prima della formazione dei cluster, sarà maggiore della soprasaturazione S effettiva durante l’invecchiamento. In base a quanto detto, la stabilità di un dato cluster di raggio r, è influenzata dalla effettiva soprasaturazione della matrice, S, ad una data temperatura di invecchiamento T; dalla relazione di Gibbs-Thompson: (6) dove Xr è la concentrazione di soluto in equilibrio con un cluster di raggio r, Ω è il volume atomico e k è la cotante di Boltzman. L’eq.6, mostra come la reale concentrazione di soluto in equilibrio, dipende dal raggio medio del cluster. Per elevati valori di r, la reale concentrazione di equilibrio si avvicina alla concentrazione teorica data dalla curva di solidus, mentre per raggi piccoli, il valore della reale concentrazione di equilibrio è molto più grande di quello teorico. In altre parole, solo precipitati di grandi dimensioni sono stabili per basse soprasaturazioni. Per una data condizione di soluzione solida sovrassatura (Xr = Xs), si può calcolare il raggio critico : rcritico (7) oppure: Con k costante dipendente dalla temperatura. Con l’espressione 7, il raggio critico di stabilità del cluster, è inversamente relazionato al logaritmo naturale della soprasaturazione e dunque dipende da essa oltre che dalla temperatura. Dunque, esistono più curve GP_zones_solvus che rappresentano le temperature al di sopra delle quali si disciolgono i nuclei con un determinato raggio (critico). Per quanto detto, durante l’invecchiamento, man mano che i cluster si formano, la soprassaturazione della matrice diminuisce e dunque, si assiste ad un aumento del raggio critico. Ciò significa che alcuni cluster perderanno la condizione di stabilità e si dissolveranno a favore di altri che tenderanno ad accrescersi, riducendo la loro energia interfacciale. La cinetica della crescita, è quindi controllata dal tasso di diffusione degli atomi di soluto nella matrice di alluminio e la variazione nel tempo del cluster di raggio r, è data dalla seguente equazione: (8) 59 Il trattamento termico nei sistemi Al-Si-Mg/Al-Mg-Si ed Al-Cu dove Xm è la concentrazione media della matrice e D è il coefficiente di diffusione del soluto. Dall’eq. 9, il cui grafico è riportato in Fig.11-a, si deduce proprio che cluster di piccola dimensione sono instabili e si dissolvono mentre i cluster che superano la dimensione critica, accrescono alimentati dagli atomi di soluto rilasciati nella matrice dai cluster disciolti. (9) dove rm è il valore medio del raggio dei cluster di soluto. Dislocazione a spigolo a Colonia di cluster b Fig.11 – a) Relazione di Ostwald che descrive la velocità di accrescimento dei cluster in funzione del loro raggio; micrografia TEM di una colonia di precipitati nucleati da una dislocazione a spigolo [2]. Finora, si è sempre fatta l’ipotesi che i cluster nascessero casualmente, ovvero che si fosse di fronte al caso di nucleazione di tipo omogeneo, possibile solo nel caso di una matrice sovrassatura anch’essa omogenea. In realtà, ci possono essere disomogeneità nella matrice, che innescano preferenzialmente la nascita di cluster come ad esempio dislocazioni (Fig.11-b) o bordi grano. Le zone in prossimità di questi “difetti reticolari”, sono infatti a maggior contenuto energetico e dunque il raggio critico dei cluster che si potrebbero formare in queste zone scende è più probabile la formazione di un cluster. In questo caso si parla di nucleazione eterogenea ed un perfetto esempio è rappresentato dalla Fig.11-b in cui i precipitati aghiformi Mg2Si sono nucleati lungo la linea di dislocazione in una lega di alluminio solubilizzata un’ora a 560°C, temprata in olio e invecchiata dieci minuti a 250°C. Oltre a difetti reticolare di tipo lineare (dislocazioni) o spaziale (bordi grano), un ruolo fondamentale nella nucleazione ed accrescimento dei cluster/precipitati, sono le vacanze. E’ noto infatti, come la diffusività di una specie chimica all’interno di un solido dipenda in maniera fondamentale dal numero di questi difetti. È inoltre dimostrato che, subito dopo tempra, invecchiando a temperatura ambiente, la formazione di cluster di soluto, ha un tasso superiore, di qualche ordine decimale, rispetto a quello calcolato dal coefficiente di diffusione teorico. La maggior diffusività è da attribuire proprio ad un eccesso di vacanze trattenute durante il processo di 60 Capitolo 2 raffreddamento rapido dalla temperatura di solubilizzazione. Il coefficiente di diffusione, infatti, è direttamente proporzionale al numero di vacanze nv di equilibrio ad una data temperatura T, secondo la relazione: (10) Dove ΔE è l’energia di attivazione della migrazione degli atomi di soluto. Dall’eq. 3.7, si deduce che all’aumentare della temperatura T, il numero di vacanze nv, aumenta e di conseguenza incrementa anche il coefficiente di diffusione D e ciò spiega la maggior mobilità degli atomi di soluto ad alte temperature. Se si considera il caso di una concentrazione anormale di vacanze nel materiale, il coefficiente di diffusione D, dovrà essere incrementato del rapporto Cq/Ct, dove Cq è la concentrazione di vacanze dopo tempra e Ct è la concentrazione di equilibrio. Chiaramente se non si considera l’influenza di un eccesso di vacanze generato dalla tempra, il valore del coefficiente di diffusione teorico risulterà minore. Tale situazione, può spiegare il calo di formazione dei clusters di soluto nel tempo, quando ormai le vacanze non influiscono più nella diffusione, in quanto raggiungono il loro valore di equilibrio ad una data temperatura. È stato osservato che, subito dopo tempra, il coefficiente di diffusione D, in un primo momento, cala rapidamente, per poi assestarsi ad un valore, prossimo a quello di equilibrio, calcolato a temperatura ambiente. Il processo di diffusione è quindi caratterizzato da due reazioni distinte: una veloce ed una lenta. Sono stati proposti alcuni possibili meccanismi per spiegare la reazione lenta, fra cui quella per cui la regione deformata intorno alle zone_GP ritarderebbe la diffusione di vacanze. Sperimentalmente, si è inoltre verificato che, l’energia di attivazione della reazione veloce (0.5eV), è inferiore a quella necessaria alla reazione lenta (1eV). L’ammontare della differenza fra le due energie di attivazione, corrisponde all’energia di legame fra vacanze e trappole. Le trappole, non sono altro che piccoli anelli di dislocazioni o “buchi” provocati dall’addensamento di vacanze. Si deduce quindi, che processi come la tempra o le lavorazioni a freddo, determinando una differente concentrazione di vacanze e quindi influiscono sulla cinetica di nucleazione nei primi stadi dell’invecchiamento. In generale, le lavorazioni a freddo su una lega, prima che questa venga invecchiata, causano una diminuzione di clusters. Ciò significa che le dislocazioni introdotte dalle lavorazione a freddo, agiscono come inibitori di vacanze, rallentando i fenomeni diffusivi. Al contrario la tempra, genera invece un eccesso di vacanze, quindi produce effetti opposti di una lavorazione a freddo. Il trattamento termico, in molte leghe commerciali, dipende dall’interrelazione fra vacanze, dislocazioni e atomi di soluto ed anche tracce di impurità possono modificare significativamente il processo di precipitazione. Gli elementi che interagiscono significativamente con le vacanze, inibiscono la formazione di cluster, ritardando così il processo di invecchiamento. Oltre ad accelerare la cinetica dell’invecchiamento, le vacanze giocano un ruolo fondamentale quando precipitano con gli atomi di soluto, facilitando l’arrangiamento atomico richiesto per trasformare la struttura del cristallo madre nella fase prodotta. 61 Il trattamento termico nei sistemi Al-Si-Mg/Al-Mg-Si ed Al-Cu 2.4 Il pre-invecchiamento La realtà sperimentale [8,9,12-1425] evidenzia inoltre come non solo la tempra e l’invecchiamento influenzino la precipitazione, ma anche il tempo che trascorre sempre fra queste due fasi più comunemente noto come pre-invecchiamento (preaging). In Fig.12-a, si riportano i risultati di Shivkumar et. al [12] relativi ad un confrontano fra le durezze ottenute su una lega A356 invecchiata a 171°C subito dopo tempra, oppure alla stessa temperatura dopo 24 ore di attesa a temperatura ambiente. Eseguire il trattamento termico subito dopo tempra, comporta un veloce incremento di durezza, tanto che il picco si raggiunge solo dopo 3÷4 ore di invecchiamento. Se si invecchia la lega naturalmente, invece, il massimo valore di durezza, non solo si ottiene con più tempo di trattamento (5÷6 ore di invecchiamento artificiale), ma il valore, di durezza massimo sarà sempre inferiore a quello ottenuto dalla lega invecchiata direttamente ad alta temperatura. Tale constatazione, viene dai risultati riportati in Fig.12-b, in cui gli autori riportano la durezza massima ottenuta dopo invecchiamento artificiale effettuato su campioni sottoposti a pre-aging crescenti. Come evidente, già da meno di un’ora di durata di tale fase, la durezza del materiale a valle del trattamento T6, cala sensibilmente raggiungendo un valore minimo costante oltre le 10 ore di durata di tale fase. Da qui, si deduce che, per avere le migliori prestazioni resistenziali della lega, occorre invecchiare artificialmente subito dopo tempra. Come accennato precedentemente, in questo comportamento, giocano sicuramente un ruolo principale: i) la variazione del numero di vacanze; ii) la variazione della soprassaturazione con il procedere della formazione di cluster a temperatura ambiente, a b Fig.12 – a) Variazione della durezza (Rockwell F) dopo invecchiamento T6, subito dopo tempra e dopo 24h di attesa a temperatura ambiente. B) Variazione della durezza (Rockwell F) in funzione del tempo di preinvecchiamento a temperatura ambiente [12] Da analisi più recenti [13,14], condotte sulla precipitazione delle leghe di alluminio, si è stabilito che tracce di elementi, quali Cu, In, Cd, Sn, influenzano fortemente le caratteristiche meccaniche di leghe pre-invecchiate a temperatura ambiente. Gli effetti principali si possono riassumere come: modifica dell’energia interfacciale fra i precipitati e la matrice; 62 Capitolo 2 cambiamento dell’equazione dell’energia libera del sistema; inibizione della precipitazione a bordo grano; incremento della soprasaturazione della matrice alla temperatura di invecchiamento; stabilizzazione degli addensamenti di vacanze ed inibizione della formazione di zone PFZ nella vicinanza dei bordi grano; promuove una precipitazione fine ed omogenea. Ghate et al. [27] hanno mostrato quale fosse l’effetto di elementi in traccia, come il cadmio, l’indio, lo stagno e il rame, sulla durezza della lega di alluminio esaminata. La durezza della lega base, cala rapidamente con l’aumentare del tempo di attesa a temperatura ambiente, mentre la stessa lega, contenente le tracce degli elementi citati, mantiene valori di durezza più elevati. L’effetto benefico degli elementi in traccia, nel conservare la durezza della lega preinvecchiata naturalmente, si può notare in Fig.13-a. a b Fig. 13 – a) Effetto degli elementi di traccia sulla durezza da una lega A357, ottenibile dopo un invecchiamento artificiale a 180°C, anticipato da un preaging naturale variabile in termini di giorni [27]; b) Confronto proprietà meccaniche fra la lega di base A357 e la lega modificata con gli elementi in traccia, in funzione del preaging[13]. Murali et al. [13,14] hanno studiato i cambiamenti delle proprietà meccaniche, dovuti all’effetto degli elementi in traccia citati precedentemente. Dai risultati ottenuti, si possono fare delle considerazioni significative, infatti, i valori di durezza e resistenza a rottura e a snervamento, aumentano nella lega di base (A357) contenente tracce di indio (0,09÷0,1 % in peso), con l’aumentare del preaging. Per la lega contenente tracce di 63 Il trattamento termico nei sistemi Al-Si-Mg/Al-Mg-Si ed Al-Cu cadmio, è stato osservato che, in funzione del preaging, incrementa anche l’allungamento. Si giustifica tale comportamento, supponendo che l’aggiunta di cadmio (0,0080÷0,1 % in peso), alteri la morfologia del silicio eutettico, inibendo la precipitazione a bordo grano del silicio stesso. In Fig.13-b, si può riscontrare, come l’aggiunta di elementi in traccia, modifichi l’andamento delle proprietà meccaniche, rispetto la lega di base, che ha subito una solubilizzazione a 540°C per 10h, tempra in acqua a 65°C, preaging naturale per un numero variabile di ore e di seguito invecchiamento in forno a 155°C per 5h. Alcune ipotesi importanti, discusse da diverse fonti, riguardanti l’effetto di elementi di traccia sulla lega da fonderia AlSi7 preinvecchiata a temperatura ambiente, sono: la formazione di aggregati di elementi in traccia e di atomi di soluto; l’interazione fra vacanze ed elementi in traccia. Per quanto riguarda la lega Al-7Si-0,3Mg, Murali et al. hanno spiegato che l’aggiunta di cadmio, incrementa l’energia di deformazione del reticolo cristallino, in quanto gli atomi di magnesio hanno un diametro di circa 0,3196 nm, contro i circa 0,298 nm cadmio. L’indio, avente un diametro atomico pari circa a 0,325 nm, agisce come elemento attivo, intrappolando gli atomi di magnesio, riducendo l’energia di deformazione del reticolo, che di conseguenza si traduce in una riduzione del rateo di precipitazione a temperatura ambiente. Cadmio ed indio, annullano entrambi l’effetto del preaging. La teoria che coinvolge l’interazione fra vacanze e impurità, supporta maggiormente i risultati sperimentali. Gli studi svolti, non coinvolgono la lega AlSi7, ma altri sistemi di leghe. Kimura e Hasiguti, hanno studiato la lega Al-1,7Cu-0,006Sn, evidenziando che l’energia di legame fra vacanze e atomi di stagno, è molto più grande di quella fra vacanze e atomi di rame. Quindi, la maggior parte delle vacanze, si legano agli atomi di stagno, rallentando la formazione delle zone_GP, dovuta alla diffusione degli atomi di rame. Kirchgraber, negli studi sull’interazione fra vacanze e atomi di stagno, nel reticolo dell’alluminio, ha riscontrato un’alta energia di legame, che, durante la tempra, promuove la formazione di complessi ricchi di vacanze. Questi complessi, durante l’invecchiamento artificiale, si decompongono, rilasciando un alto numero di vacanze. Dalle argomentazioni discusse finora, la teoria che coinvolge le vacanze, può spiegare meglio il meccanismo del pre-invecchiamento. Già Pashley et al. nel 1966 [8], avevano d’altra parte dimostrato che, presa una lega Al-Mg-Si da deformazione plastica, un periodo di attesa a temperatura ambiente, fra il trattamento di solubilizzazione (a 560°C) e l’invecchiamento artificiale (a 160°C o 175°C), è sufficiente a causare una clusterizzazione di atomi di soluto, atti a modificare la struttura dei precipitati che si formano durante l’invecchiamento artificiale. L’importanza di comprendere questi processi, anche per averne un eventuale vantaggio commerciale, ha animato gli autori portandoli nel 1967 [9] a definire un modello che permettesse di interpretare le osservazioni fatte nel lavoro precedente e che risultasse applicabile a diverse tipologie di leghe. Il modello, concerne sia leghe pseudo-binarie che binarie ed in esso si assume, come ipotesi semplificativa, che i cluster che si formano immediatamente dopo tempra, 64 Capitolo 2 dalla temperatura di solubilizzazione, siano di forma sferica (come ipotizzato in 2.3). Il modello proposto, si basa interamente sulla cinetica di nucleazione e crescita dei cluster, e si considera che, durante le prime fasi di invecchiamento, il numero di addensamenti atomici cresca nel tempo. Segue poi un periodo nel quale il numero dei cluster rimane più o meno costante, mentre ne aumenta la dimensione. La diminuzione in numero dei cluster, è legata al calo della soprasaturazione della matrice della lega: il fenomeno è noto come teoria di Ostwald, per cui, come già accennato (cfr.2.3) la dissoluzione di alcuni cluster alimenta l’accrescimento di altri. Lo step di invecchiamento analizzato dal modello, è il passaggio in cui avvengono contemporaneamente due cambiamenti importanti in funzione del tempo: i) l’aumento del raggio dei clusters r; ii) la diminuzione della concentrazione di soluto nella matrice. L’attivazione del processo suddetto, è garantita, purché l’iniziale soprasaturazione della matrice sia sufficientemente elevata. Per questo motivo, è fondamentale temprare da temperature elevate a temperature opportune, in modo da attivare la nucleazione omogenea dei cluster. Si definisce a questo proposito, una temperatura Tc , al di sopra della quale non avviene la nucleazione omogenea; la nucleazione eterogenea, lungo le dislocazioni o a bordo grano, invece, ha luogo anche al di sopra di Tc. Il modello, considera una lega binaria solubilizzata a temperatura Ts, temprata fino a temperatura T1, preinvecchiata a tale temperatura, e di seguito portata per l’invecchiamento ad una temperatura T2 maggiore di T1 (Fig.14-a). L’obiettivo del modello, è determinare l’influenza degli addensamenti atomici che si formano a temperatura T1, sul successivo step a temperatura T2. a b Fig.14 – a) Andamento qualitativo temperatura-tempo nel modello di Pashley; b) influenza della concentrazione di soluto α sulla soprassaturazione e sul raggio stabile dei cluster [9] Si definisce W [% di soluto per unità di volume] la concentrazione media di soluto, di densità , nella matrice a temperatura Ts; si suppone che nr sia il numero di cluster di soluto che si formano durante il trattamento a temperatura T1. Se è la frazione di soluto totale presente nei cluster, dopo questo trattamento: (10) 65 Il trattamento termico nei sistemi Al-Si-Mg/Al-Mg-Si ed Al-Cu La concentrazione di soluto nella matrice, più o meno distribuito casualmente, risulta: W·(1-α). Definita C2 come la concentrazione di soluto in equilibrio con un’interfaccia piana fra un cluster e la matrice, alla temperatura T2, si definisce la soprassaturazione di soluto come: (11) Si può ora determinare la dimensione critica del cluster che può accrescere a temperatura T2, considerando che la frazione di nuovi atomi di soluto che migrano sul cluster eccede la frazione di atomi che si disciolgono dal cluster. La concentrazione di soluto C in equilibrio con un cluster, avente una superficie sferica di raggio r, è maggiore della concentrazione C2 e, in accordo con la relazione di Gibbs-Thomson, risulta: La costante k, include dunque i parametri, , V e T, rispettivamente energia di superficie del cluster, volume molecolare e temperatura. Il tasso di migrazione di nuovi atomi di soluto sull’interfaccia del cluster per unità di area è dato dal prodotto AC2S, dove la costante A, dipendente dalla temperatura, include il coefficiente di diffusione degli atomi di soluto nella matrice e, di conseguenza, la concentrazione di vacanze nella matrice. Il tasso di dissoluzione di atomi dalla superficie del cluster, è dato invece dal prodotto: BC2exp(k/r). Se si considera l’equilibrio di una interfaccia piana (r = ∞), quando S = 1, si avrà A = B. Tuttavia, dato che la costante A è incrementata da un eccesso di vacanze (che segue sempre ad una tempra), è lecito quindi considerare A e B come due parametri distinti. La condizione generale per la stabilità di un cluster a temperatura T2 si può scrivere come: ulteriormente semplificabile nel caso di assenza di vacanze (A = B). La stabilità dei cluster di raggio medio rm, è definita come: dove N = Ʃrnr. Si può graficare la variazione dell’espressione r ·logeS, per determinare il valore critico di α (= αm), necessario per la stabilità dei clusters di dimensione media. I valori di rm, e di S, sono determinati come funzione di α, nota la composizione chimica della lega ed il valore di N. Il valore di αm, per un dato valore di α, dipende da N e più bassa è la temperatura T1 più alto è il valore di N. In quest’ultimo caso, nessun cluster di dimensione media diventerà stabile quando la temperatura salirà a T2, indipendentemente da quanto tempo la lega sia stata invecchiata a temperatura T1. Per 66 Capitolo 2 un dato valore di T2, si può definire un valore minimo di T1 (T1min), al di sopra del quale, i cluster con dimensione pari alla media si stabilizzano. Al contrario, al di sotto di tale temperatura, ogni clusters si dissolve, anche dopo lunghi trattamenti a temperatura T1. Dal momento che il raggio critico di stabilità, rm, supera il valore corrispondente al massimo, dato dalla curva r·logeS, l’ulteriore crescita dei cluster a temperatura T1 induce ad un decremento della concentrazione di soluto nella matrice (vedi Fig.14-b). L’effetto dell’aumento del raggio critico, che permette la stabilità dei clusters a temperatura T2, è più che compensato dalla diminuzione della soprasaturazione della matrice. Se ora si considera l’influenza della dimensione dei clusters, si può far riferimento a due casi principali. Il primo caso si verifica per valori sufficientemente elevati di T1, a cui corrispondono piccoli valori di N. In questo caso, tutti i clusters formati a T1, dopo un trattamento opportunamente lungo, si possono stabilizzare a T2. Tale comportamento, si può visualizzare graficando le curve corrispondenti al minimo ed al massimo valore di r. La stabilizzazione, all’aumentare del numero dei clusters, avviene quando supera il valore di rmax. Se >rmin, allora tutti i cluster saranno statabili. Riepilogando, se la concentrazione di soluto è maggiore di un determinato valore intermedio, la maggior parte dei clusters sono stabili a temperatura T2. Avere un valore intermedio di riferimento, per , è importante per dedurre quanti clusters formati a temperatura T1, cresceranno a temperatura T2. Il secondo caso, si verifica per temperature T1 sufficientemente basse per cui la maggior parte dei clusters non si stabilizzerà a temperatura T2. Solo i cluster aventi una concentrazione di soluto >rmax rimangono stabili e accresceranno. Si ridefinisce la temperatura T1min come quel valore di T1 per cui, fissata T2, si stabilizzano la maggior parte dei clusters formati a temperatura T1. a b Fig.15 – Condizioni di stabilizzazione dei cluster nel caso di alta temperatura di preaging e bassa temperatura di pre-aging [9] 67 Il trattamento termico nei sistemi Al-Si-Mg/Al-Mg-Si ed Al-Cu In conclusione, si possono predire quattro modelli distinti di funzionamento, per i trattamenti a due step di invecchiamento, dipendenti da valori differenti di T1 e T2: 1) (T2 < Tc , T1 > T1min) dal momento che T2 <Tc, durante l’invecchiamento a temperatura T2, si verifica una precipitazione fine omogenea, anche senza preinvecchiare il materiale. Se si pre-invecchia per un tempo sufficiente lungo a temperatura T1, si può comunque formare una precipitazione fine durante l’invecchiamento a temperatura T2, dal momento che il valore di N è maggiore a T1 che a T2. Tuttavia l’effetto di brevi trattamenti a temperatura T1 necessita di un ulteriore considerazione. Durante l’invecchiamento a T1, il valore di S cala, ma dal momento che <max, nessun cluster è stabile a temperatura T2 (vedi Fig.15-a). Durante gli stadi iniziali del trattamento a temperatura T2, i cluster si discioglieranno fino a che il valore di S aumenta sufficientemente da stabilizzare qualche cluster. I cluster più grandi, una volta stabili, si accresceranno. In questo frangente, non è comunque esclusa la formazione di nuovi cluster. 2) (T2 > Tc , T1 > T1min) dal momento che T2 > Tc, durante l’invecchiamento a temperatura T2, non si verifica alcuna precipitazione omogenea fine, a meno di qualche nucleo formato durante il pre-invecchiamento. Poiché T1 > T1min, un trattamento sufficientemente lungo a tale temperatura, provvede a formare nuclei stabili, in modo che, durante il trattamento a temperatura T2, si generi una precipitazione fine. Se si diminuisce il tempo di permanenza a T1, si formeranno pochi precipitati a temperatura T2 fintanto che < rmax (vedi Fig.15-a). 3) (T2 < Tc , T1 <T1min) essendo T2 < Tc, si innesca una precipitazione omogenea fine, che non può essere reso ancora più fine con il pre-trattamento, poiché T1 < T1min. In questo caso, solo una piccola parte dei clusters accrescerà a temperatura T2, corrispondenti a quelli che soddisfano la relazione > max (vedi Fig.15-b). 4) (T2 > Tc , T1 < T1min) in questo caso la precipitazione che avviene a temperatura T2, richiede la formazione di nuclei stabili a temperatura T1. Si può ottenere solo una precipitazione grossolana, dal momento che pochi clusters si stabilizzeranno a T2; la durata del pre-invecchiamento a T1 non ha alcuna importanza (vedi Fig.15-b). Le considerazioni dettagliate, che si ricavano dal modello sopra esposto, si basano sull’assenza di vacanze, espressa dalla relazione A = B. La presenza di un eccesso di vacanze, durante il trattamento a temperatura T1, tenderà ad aumentare il numero di addensamenti di soluto, in quanto il tasso di atomi, che migrano sulla superficie di un embrio-cluster, aumenta di un fattore pari al rapporto A/B. La lega può quindi esibire una sensibilità, in termini di invecchiamento, al rateo di tempra. Si può evidenziare l’effetto delle vacanze in due diversi casi: 1) Quello basato sulla considerazione che, la velocità di indurimento della lega a temperatura ambiente (o a temperatura più bassa), dipende dal rateo di tempra dalla solubilizzazione: tanto più veloce si esegue la tempra, tanto più la lega si indurisce. 2) Quello che coinvolge il valore di Tc. Se la lega viene temprata molto velocemente a temperatura T>Tc, l’eccesso di vacanze, incrementa la diffusione di atomi di 68 Capitolo 2 soluto, in modo da innescare comunque la nucleazione omogenea. Si può quindi definire un valore effettivo Tc0 maggiore di Tc, tanto di più quanto più veloce si esegue la tempra. Il valore di Tc0 non influisce sul valore di Tc utilizzato nel modello, in quanto l’effetto delle vacanze viene annullato dal tempo. Dopo aver formulato il modello, o durante la sua definizione, Pashley et. al. hanno eseguito [8,9] un’ampia varietà di prove sperimentali per la sua validazione. In relazione alle prove eseguite sul sistema Al-Mg2Si, è stata presa come riferimento una lega AlMg-Si da deformazione plastica. Su di essa sono stati esegueti diversi trattamenti in due step fra cui uno di essi rientrante nel caso 3) (T2 < Tc , T1 <T1min) sopra menzionato. La lega in esame è stata solubilizzata a 560°C, temprata in acqua, preinvecchiata a 20°C (T1) ed invecchiata a 160°C (T2) per 24ore. Da qui, si verifica che se la lega è sottoposta ad un ciclo di alcuni minuti a temperatura T1 =20°C, tutti i cluster formatosi a tale temperatura, si dissolvono appena la temperatura di invecchiamento passa da T1 a T2 = 160°C. Durante l’invecchiamento a temperatura T2, si verificherà una rinucleazione di cluster di soluto, con una densità caratteristica della temperatura stessa. Se la lega permane alcune ore a temperatura T1, una parte dei cluster che si sono formati, riuscirà a sopravvivere all’incremento di temperatura, un’altra parte, invece, si dissolverà nella matrice. La densità di rinucleazione dei cluster, è minore di quella risultante nel caso precedente. Il raggio critico di un cluster stabile, si definisce secondo l’eq. 7bis. (rcritico·lnScritico = k) da cui dunque si può calcolare il valore del raggio critico alle temperature T1 e T2. L’aumento di temperatura da T1 a T2, comporta in generale un decremento della soprasaturazione effettiva e per l’eq.7bis, si ha un aumento del raggio critico. Da quanto detto, il valore del raggio critico calcolato alla temperatura T1, sarà inferiore al valore ottenuto per la temperatura T2. I cluster che si formano a temperatura T1, possono dunque dissolversi alla temperatura T2, in quanto non più sufficientemente grandi. Quindi se il raggio r di un cluster, formatosi a temperatura T1, risulta inferiore del valore critico corrispondente alla temperatura T2, il cluster si discioglie, altrimenti, si accresce. Si considerano tre differenti valori di confronto relativi a T2 (alta, media e bassa temperatura) rappresentati rispettivamente dai parametri Kh, Km e Kl. Graficando (Fig.16-a) il parametro (r·lnS) in funzione della frazione di volume di soluto nei clusters, si deduce che un incremento di , è una diretta conseguenza di un incremento del tempo di invecchiamento, in quanto la matrice si impoverisce di soluto, mentre i clusters aumentano di dimensione. Per ogni parametro, si può interpretare dalla curva di figura 16, un diverso meccanismo di nucleazione. La retta che rappresenta il valore Kh, associata ad un valore elevato di T2, indica che i clusters, di qualsiasi dimensione, si dissolvono ed avviene la rinucleazione. Dalla retta rappresentante Km, si deduce che, fra A e B, tutti i cluster si dissolvono ed avviene una rinucleazione. Fra B e C, solo i cluster più grandi sopravvivono mentre fra C e D tutti i cluster sopravvivono. Dalla retta rappresentante Kl, si deduce che fra E e F, tutti i cluster si dissolvono ed avviene la rinucleazione. Fra F e G, tutti i cluster sopravvivono. 69 Il trattamento termico nei sistemi Al-Si-Mg/Al-Mg-Si ed Al-Cu Si possono notare le differenze microstrutturali, della lega Al-1.2% Mg2Si, utilizzata nello studio di Pashley, imputabili ad un diverso tempo di attesa a temperatura ambiente (T1) prima dell’invecchiamento artificiale. Tramite un’analisi al TEM (microscopio elettronico in trasmissione), si sono eseguite diverse micrografie. In Fig.16-b, viene mostrata la micrografia TEM della lega, ottenuta per un’attesa a temperatura T1 di pochi secondi, mentre la micrografia di Fig.16-c, è il risultato di alcune ore di attesa. E’ da sottolineare che, in entrambi i casi, l’invecchiamento artificiale a temperatura T2 è lo stesso. Entrambe le immagini mostrano, in generale, una precipitazione omogenea, testimone della preponderante rinucleazione che avviene a temperatura T2; è evidente che, l’aumento del tempo di stazionamento a temperatura ambiente, comporta una precipitazione più grossolana. a b c Fig.16 – Criteri di sopravvivenza del cluster a temperatura T2 del secondo step di invecchiamento [2] L’effetto di uno stazionamento di diverse settimane, a temperatura ambiente, rende i clusters sufficientemente grandi, da essere stabili a T2; ciò si traduce in una microstruttura grossolana, in cui la precipitazione si è originata, prevalentemente, lungo le linee di dislocazione presenti. La nucleazione eterogenea, si attiva a discapito di quella omogenea. 70 Capitolo 2 Bibliografia [1] J. Lendvai, T. Ungár, I. Kovács, Mat. Sci. Eng., 16. 85-89 (1974) [2] M.H.Jacobs, Precipitation Hardening, TALAT Lecture 1204, EAA 1999 [3] I. Dutta, S. M. Allen. J Mater Sci Lett. 10 (1991) 323-326 [4] G.A. Edwards, K. Stiller, G. 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MavKenzie, Handbook of Aluminium, Mercel Dekker, New York, 2003 [27] G.P. Ghate, K.S.S. Murthy, K. S. Raman, 1984 Aluminium 601 72 Capitolo 3 CAPITOLO 3 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] 3.1 Introduzione Per le ragioni già discusse nell’introduzione alla tesi e nei precedenti capitoli, la progettazione meccanica di getti complessi in lega Al-Si-Mg, non può prescindere da una caratterizzazione fisica, microstrutturale e meccanica particolarmente accurata del materiale con cui viene realizzato il componente. Questa caratterizzazione, nel caso particolarmente complesso di teste motore, è uno strumento necessario per supportare gli strumenti di simulazione di processo e simulazione strutturale, oltre che per valutare la qualità e ripetibilità del processo produttivo. Gli obiettivi del lavoro qui relazionato sono stati dunque: 1. Ottenere una “mappa” microstrutturale della testa motore che rispecchiasse l’andamento dei principali parametri microstrutturali all’interno del getto in modo da eseguire una diagnosi dello stato dell’arte aziendale e fornire dati di confronto per le simulazioni di processo intraprese nell’ambito del progetto di ricerca. 2. Valutare gli effetti della microstruttura sulle proprietà meccaniche della lega trattata termicamente estraendo campioni direttamente dal componente, nell’ottica di proporre modelli di previsione delle proprietà meccaniche del getto in funzione della microstruttura (implementabili nei moderni software di simulazione di colata). 3. Valutare l’effetto delle “fasi critiche” del trattamento termico sulle proprietà meccaniche in modo da garantire un’ottima ripetibilità di processo. 4. Valutare l’effetto dell’esposizione ad alta temperatura del materiale trattato termicamente per supportare la simulazione strutturale del componente. 5. Valutare il comportamento a fatica della lega tramite l’analisi di provini a difettosità differenziata appositamente realizzati; Il fine ultimo della caratterizzazione portata avanti in questi anni, è dunque da ricercarsi nell’obiettivo dei due progetti di ricerca all’interno dei quali si è sviluppata l’attività di dottorato, ovvero lo sviluppo di una innovativa metodologia di progettazione di componenti motore in lega d’alluminio sollecitati termomeccanicamente, integrando aspetti progettuali/strutturali, metallurgici e tecnologici. La definizione di modelli, anche di natura empirica, implementabili in maniera affidabile nei codici di calcolo, costituisce un importante passo avanti nell’incrementare le potenzialità dei software di simulazione, riducendo così il numero di test a banco necessari per la delibera dei componenti e dunque il time-to-market. 73 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] 3.2 La testa motore F136 L’intera analisi è stata condotta sulla testa motore di un 8 cilindri colata in conchiglia in sorgente in lega EN AC-42100 (Fig.1). Durante il processo produttivo il bagno viene prelevato dal forno e degassato con lancia rotante per qualche minuto. Durante l’azione della lancia vengono introdotte in siviera le giuste quantità di lega madre contenenti TiB e Sr. La verifica dell’avvenuto degasaggio avviene mediante realizzazione di una prova di densità che deve risultare superiore a 2,64 Kg/dm3. Sullo stesso campione viene effettuata l’analisi chimica mediante quantometro. La composizione chimica nominale del bagno con cui vengono prodotte le teste è riportata in Tab.1. Fig. 1: Testa motore colata in conchiglia in lega EN AC-42100T6 [alSi7Mg0,3] dopo lavorazione alle macchine utensili Elemento Si 7 Fe Cu <0,15 <0,001 Mn Mg 0.05 0.4 Zn Ti <0,005 0.115 B Sr Al 0,035 0,015 resto Tab.1 - Composizione chimica nominale del bagno di produzione della testa motore (% in peso) Dopo questa fase, il bagno viene introdotto in un forno di mantenimento da cui viene poi prelevato per effettuare la colata. La solidificazione del getto avviene in circa 20-30 secondi a partire dal termine del riempimento. Una volta atteso un tempo sufficiente, si procede con l’apertura della conchiglia, la realizzazione di un ciclo termico ad alta temperatura (circa 500°C) per lo sgretolamento delle anime, eliminazione del sistema di colata ed infine la realizzazione del trattamento termico T6. Quest’ultimo consiste in una fase di solubilizzazione della durata 4h a 535°C, tempra in acqua (20-60°C) e di una successiva fase di invecchiamento a 165°C della durata di 4,5h. La Fig.2 riporta gli andamenti delle temperature nel forno di solubilizzazione (a) e di invecchiamento (b) durante la realizzazione del trattamento termico T6. E’ evidente che la fase di 74 Capitolo 3 solubilizzazione viene preceduta da una rampa della durata di circa 1h che porta la carica da 200°C (temperatura iniziale del forno) a 535°C, mentre per la fase di invecchiamento, tale rampa parte da circa 25°C per terminare in 1,5h a 160°C. In entrambi i diagrammi, i bruschi cali di temperatura a fine ciclo sono relativi all’apertura dei forni. a b Fig. 2: Andamenti delle temperature nel forno di solubilizzazione (a) e di invecchiamento (b) durante la realizzazione del trattamento termico T6 sulle teste motore. L’esito del trattamento viene considerato positivo se la durezza sul piatto fiamma della testa motore rientra nel range 95-105 HB. Le teste su cui sono state condotte le analisi sono state prelevate o in questa fase della loro produzione o prima dell’esecuzione del trattamento termico. Su campioni opportunamente estratti sono state eseguite tutte le analisi anticipate nell’introduzione e descritte nei successivi capitoli. 75 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] 3.3 Stato dell’arte aziendale: microstruttura, proprietà tensili e supporto alla simulazione di colata La testa su cui sono state condotte le analisi riportate in questo capitolo è stata prelevata dopo l’esecuzione del trattamento T6 e prima della realizzazione delle lavorazioni meccaniche (cfr.3.2). Da essa sono state prelevate 4 fette (evidenti in Fig.3-a ed in numero tale da consentire un’analisi sufficientemente accurata e rappresentativa dell’intero getto), divise a loro volta in settori che, una volta inglobati con resina acrilica Struers AcryFix®, sono stati sottoposti a spianatura e lappatura (secondo ASTM E3) su lappatrice Struers DP-U4®. Le superfici così ottenute, sono state divise in quadranti (Fig.3-b) e sottoposte ad analisi metallografica tramite microscopio ottico (MO) metallografico Zeiss AXIO® ed elettronico a scansione (SEM) Zeiss Evo 50® al fine di rilevare le principali caratteristiche delle fasi nonché il contenuto di difetti. Un esempio (sezione 1) delle sezioni analizzate e discretizzate è riportato in Fig. 4. a b Fig. 3 – Testa motore analizzata con evidenti i piani di sezione per la realizzazione delle 4 fette utilizzate per l’analisi (a); Esempio di formella contenente parte della sezione 1 (b). Macrografia sezione Sezione discretizzata Fig. 4 – Esempio di sezione della testa motore analizzata e le relativa discretizzazione eseguita per caratterizzare microstrutturalmente la testa motore. Successivamente, previo attacco elettrolitico secondo ASTM 883 (reagente Barker (HBF4 al 5% in H2O) e 15 V di ddp per un tempo di circa 60 s) è stato eseguita con MO l’analisi delle dimensioni del grano (in accordo alla ASTM E 112 seguendo la procedura dell’intercetta lineare di Heyn). L’elaborazione delle immagini è avvenuta in 76 Capitolo 3 tutti i casi avvalendosi del software di analisi di immagine Image-Pro®. Sono state infine condotte prove di durezza Vickers secondo UNI EN ISO 6507-1. Tutti questi dati sono stati infine elaborati tramite un foglio di calcolo al fine di verificare e/o riscontrare la presenza di correlazioni. Come già anticipato (e comprensibile dalle immagini riportate in Fig.3) su ogni campione è stata disegnata una griglia in modo che ad ogni sezione corrispondesse un modello discreto sufficientemente fitto da poterla rappresentare. Per ogni cella di tale modello sono stati dunque valutati: SDAS, dimensione del grano (d), area % dei difetti (A%), diametro equivalente EqD P2 4 Area del difetto di area maggiore (P perimetro del difetto), e roundness R 4 Area morfologia ed area del silicio eutettico. Questo passaggio è stato fondamentale anche al fine di poter confrontare i dati misurati con quelli ottenuti tramite simulazione della solidificazione della testa (eseguita nell’ambito del progetto di ricerca da personale del dip. DIEM dell’Università di Bologna). Per ognuna delle 4 sezioni, si sono utilizzate circa 150 celle elementari e la valutazione di tutti parametri microstrutturali e difettologici in ognuna di esse ha necessitato la realizzazione di circa 10000 micrografie. Per tutte le sezioni analizzate, lo SDAS è risultato variabile tra i 30 ed i 70 m (valori tipici per getti in conchiglia di medie dimensioni ottenuti con ampio uso di anime in sabbia). Tipiche micrografie di zone a SDAS fine (30 m) e grossolano (70 m) sono riportate in Fig.5. All’interno di questo range, i valori di SDAS misurati nelle varie celle delle 4 sezioni analizzate, si sono distribuiti secondo l’istogramma riportato in Fig.6-a. La Fig6-b, invece, riporta la mappa di SDAS ottenuta per la sezione 1. a b Fig.5 Micrografie in microscopia ottica ritraenti zone a SDAS fine (a) e grossolano (b) all’interno della testa motore. Si può notare come, nella parte inferiore (in prossimità della camera di combustione) e nelle zone esterne della sezione, lo SDAS vari tra 25 e 45 m. Al contrario, nella zona centrale, i valori di SDAS sono più alti (55-65 m). Lo SDAS infatti, è notoriamente [1] legato al tempo di salificazione (ts) dalla relazione SDAS t sm , dove k ed m sono costanti del materiale. Una volta che la conchiglia si è riempita, la solidificazione parte 77 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] dalle zone di contatto fra il liquido e quest’ultima (piatto fiamma e zone laterali). Maggiori coefficienti di scambio termico (HTC) in queste zone, favoriscono la formazione di microstrutture fini contrariamente a quanto avviene nella zona centrale/superiore del getto in cui, un importante sistema di montanti e materozze, alimenta il getto durante la solidificazione. Questo tipo di solidificazione è stata riscontrata anche nelle sezioni 2, 3 e 4 della testa contrariamente alle quali, la sezione 1 mostra un comportamento parzialmente anomalo. Dalla Fig.6-b si nota infatti come due sottili cartelle, poste nella zona superiore della sezione, abbiano fatto rilevare SDAS dell’ordine dei (circa 30 m). La ragione di questa “anomalia”, è stata trovata nella ridotta quantità di materiale coinvolto che, non appena raggiunge questa posizione, si trova circondato da un’anima fredda di grandi dimensioni che ne forza il raffreddamento. Una conseguenza importante di questa modalità di solidificazione è che le zone più critiche (prossime alle camere di combustione) risultano caratterizzate da microstrutture più fini e dunque con maggiori proprietà meccaniche [1-4]. Questi primi risultati sono stati utilizzati come confronto per le simulazioni di colata (Fig.7-a) al fine di aggiustare le condizioni al contorno (HTC) in fase di pre-processing per ottenere una buona corrispondenza tra valori simulati e quelli misurati (Fig.7-b). Relative Frequency 0.35 0.30 0.25 0.20 0.15 0.10 0.05 0.00 a SDAS, m b Fig.6 Distribuzione dei valori di SDAS misurati sulle 4 sezioni (a) e mappa dei valori di SDAS misurati sulla sezione 1. a b Fig.7 Andamento dei valori di SDAS simulati nella sezione 1 (a) e corrispondenza tra valori misurati e simulati nella sezione 4 (b) [5]. 78 Capitolo 3 10°C/min Exo Per supportare la fase di pre-processing di simulazione di colata, sono state inoltre condotte prove di analisi termica per determinare le temperature critiche della trasformazione solido-liquido della lega in funzione delle velocità di solidificazione. Per l’esecuzione di tali prove, si è scelto di operare su campioni del peso di circa 50 mg estratti da una testa motore allo stato as-cast. Le analisi sono state condotte su un analizzatore simultaneo DSC-TGA Rheometric Scientific STA 1500, con rateo di riscaldo nominale variabile tra i 10°C/min ed i 50°C/min e temperature comprese tra i 50°C ed i 700°C sotto atmosfera di Ar. La Fig.8 riporta i risultati ottenuti nella rampa di raffreddamento effettuata a 10°C/min nell’intorno delle temperature prossime al cambiamento di stato della lega. Come chiaramente visibile, si identificano due picchi di trasformazione corrispondenti rispettivamente alla solidificazioni delle fasi α-Al (602.5°C) ed eutettica (559.3°C). La Tab.2 riporta tali temperature di picco, nonché quelle di inizio e fine trasformazione, per tutte le prove effettuate. Come evidente dalla tabella, per la rampa a 10°C/min, esiste una discrepanza fra il rateo nominalmente imposto e quello reale, causata dal calore latente rilasciato durante la solidificazione. Tale discrepanza, presente per tutte le rampe, è risultata tanto maggiore quanto maggiore è stata la velocità imposta. Fig.8 Rampa DTA relativa agli scambi termici in fase di solidificazione della lega EN AC42100 allo stato as-cast. Evidenziate le temperature di inizio, fine e picco delle transizioni liquido-solido delle fasi α-Al ed eutettica (picco più alto). Nell’ottica di fornire indicazioni utili per le simulazioni, i dati di maggiore interesse erano rappresentati dalle temperature di inizio e fine di trasformazione della fase α–Al. 79 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] La variazione di tali temperature (ed anche delle altre) in funzione della velocità di solidificazione realmente imposta al sistema, è riportata in Fig.9 coi colori blu e verde rispettivamente. Nel range di velocità spaziato, prossimo a quello realizzabile all’interno della testa motore studiata, si vede come la temperatura di inizio trasformazione risulti invariata (610°C) mentre quella di fine tenda a calare leggermente (da 570°C a 566°C circa). Molto più sensibile alla velocità è risultata invece la temperatura di fine trasformazione della fase eutettica (in azzurro in Fig.9). Ratei nominali: 10 °C/min 20 °C/min 30 °C/min 40 °C/min 50 °C/min T start [°C] 611,2 610,8 610,2 610,0 609,5 T peak [°C] 602,5 596,5 591,0 586,7 584,7 T end [°C] 570,3 569,2 567,8 566,3 565,7 T/t [°C/min] 9,6 18,2 26,0 32,9 36,0 T peak eut. [°C] 559,3 554,5 550,7 547,4 546,96 T end eut. 536,1 524,6 510,1 494,1 489,9 [°C] Tab. 2 - Temperature critiche e velocità di solidificazione reali (relative alla fase α-Al ed eutettica). Il dato più probabilmente soggetto ad errori di estrapolazione è la temperatura di fine trasformazione eutettica. 630 610 Temperatura [°C] 590 570 550 530 T start a T peak a T end a T peak eut. T end eut. 510 490 470 5 [°C] [°C] [°C] [°C] [°C] 10 15 20 25 30 35 40 Velocità di raffreddamneto [°C/min] Fig.9 Andamento delle temperature critiche rilevate nell’analisi al variare della velocità di raffreddamento imposta durante la solidificazione (a = fase α–Al; eut.= fase eutettica). La Fig.10, mostra la mappa della sezione 1 relativa al grado di modifica, ottenuto tramite aggiunta di Sr, del Si eutettico. Micrografie tipiche di zone completamente o parzialmente modificate (grado 5 e 4 rispettivamente secondo [6]) sono riportate in Fig.11. E’ interessante notare come le mappe di Fig.10 e Fig.6-b si rassomiglino ed 80 Capitolo 3 evidenzino come le zone a SDAS grossolano tendano a coincidere con le zone parzialmente modificate (confermando l’effetto che la velocità di solidificazione ha sulla morfologia del Si eutettico [7]). La distribuzione della dimensione del grano sulla sezione 1, è riportata in Fig.12-a. nella quale risulta evidente una sostanziale omogeneità della dimensione del grano. Questa omogeneità, è dovuta all’effetto della lega madre Al-Ti-5B aggiunte al bagno in fase di degasaggio. La dimensione del grano nelle quattro sezioni analizzate, è risultata variare tra 200 ed 800 m con circa l’85% dei valori rientranti nel range 350-550 m (Fig. 12-b). Micrografie ottiche di zone a grano fine e grossolano sono riportate in Fig.13. Partially modified (class4) Well modified (class 5) Fig.10 Modifica del Si eutettico nella sezione 1 a b Fig.11 Micrografie in microscopia ottica ritraenti zone con Si eutettico parzialmente (a) e totalmente (b) modificato. Attraverso l’utilizzo del microscopio elettronico e della sonda per spettrometria a dispersione di energia (EDS), è stata effettuata un’analisi di morfologia e composizione chimica degli intermetallici base Fe rilevati all’interno del getto. L’analisi ha messo in evidenza come fossero presenti, in quantità ridotte all’interno del getto, solo intermetallici di tipo (Al5FeSi) e (Al8Mg3FeSi6). La natura primaria della lega (con tenore di Fe<0,15% in peso) e la pressoché assenza nel caso specifico di Mn (rilevato pari allo 0,007% in peso tramite analisi quantometriche) ha infatti impedito la 81 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] formazione di intermetallici di tipo (Al15(Fe,Mn)3Si2). I range di variazione e le distribuzioni di “roundness” ed area caratteristiche delle due tipologie di intermetallici riscontrati, sono riportati in Fig.14. Dalla figura risulta chiaro come, nonostante range simili di variazione dell’area, gli intermetallici di tipo abbiano mediamente dimensione inferiore rispetto a quella degli intermetallici di tipo . Al contrario e come ampiamente riportato in letteratura, la roundness media della fase risulta maggiore a seguito della forma tendenzialmente allungata di questi intermetallici la cui presenza, tendenzialmente, riduce la duttilità del materiale [8-12]. Micrografie SEM delle due tipologie di intermetallici con i relativi spettri EDS sono riportati in Fig.15. L’effetto della velocità di solidificazione sulla dimensione degli intermetallici è stato valutato compiendo l’analisi in due punti del getto caratterizzati da SDAS pari a 35 e 60 m rispettivamente. Nonostante il ridotto valore statistico dell’analisi (condotta su solo 1 mm2), essa ha messo in evidenza come al diminuire della velocità di solidificazione, gli intermetallici di tipo aumentano di dimensioni, mentre gli intermetallici di tipo rimangono delle stesse dimensioni. Relative Frequency 0.40 0.35 0.30 0.25 0.20 0.15 0.10 0.05 0.00 b a d, m Fig.12 Mappa dei valori del diametro medio del grano sulla sezione 1 (a) e distribuzione degli stessi valori misurati sulle quattro sezioni. misurati (b). a b Fig.13 Micrografie in microscopia ottica ritraenti zone a grano fine (a) e grossolano (b) previo attacco elettrochimico (reagente Barker). 82 0.10 0.8 0.6 0.4 0.2 80÷90 70÷80 Area, m2 60÷70 50÷60 40÷50 30÷40 20÷30 10÷20 0 Relative Frequency c 0.50 d 0.40 0.30 17÷18 Roundness 1 0÷10 Relative Frequency Area, m2 15÷16 0.00 13÷14 80÷90 70÷80 60÷70 50÷60 40÷50 30÷40 20÷30 10÷20 0 11÷12 0.2 0.20 9÷10 0.4 0.30 7÷8 0.40 5÷6 0.6 b 3÷4 0.8 0.50 1÷2 a Relative Frequency 1 0÷10 Relative Frequency Capitolo 3 0.20 0.10 0.00 Roundness Fig.14 Distribuzioni dei valori di area (a and c) e rotondità (b and d) degli intermetallici base ferro di tipo (Al5FeSi) e (Al8Mg3FeSi6) rilevati nel materiale analizzato. a b c d Fig.15 Micrografie in microscopia elettronica in scansione di un intermetallico “Chinese script” -Al8Mg3FeSi6 (a) e di un intermetallico aciculare di tipo -Al5FeSi (c) coi relativi spettri della sonda a dispersione di energia (b, d). 83 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] La caratterizzazione microstrutturale del getto è stata a questo punto incentrata sulla determinazione del contenuto di difetti. Dal momento che non è stata rilevata alcuna presenza di ossidi, l’analisi si è concentrata sul rilevamento di porosità da gas e cavità da ritiro. In ogni cella del modello discretizzate sono stati valutati l’area % dei difetti nonchè diametro equivalente e roundness del difetto di maggiori dimensioni rilevato. I risultati relative a tali parametri misurati sulla sezione 1, sono riportati in Fig. 16. Come evidente dalle mappe, i valori maggiori di area % dei difetti, nonché del diametro equivalente del poro di area massima, sono stati rilevati nella zona centrale superiore (SDAS maggiore). Inoltre, si può notare come le zone maggiormente difettose, siano quelle in cui il metallo, internamente al getto, è venuto in contatto con le anime in sabbia. Un esempio di campionamento in una zona di interfaccia metallo/anima ritraente l’evidente sviluppo corticale di porosità è riportato in Fig.16-d. a b Mounting material c d Fig.16 Mappe della sezione 1 relative ai valori di area % dei difetti (a), di diametro equivalente del difetto di area massima (b) e di roundness del difetto di area massima (c). Micrografia ottica a basso ingrandimento ritraente difetti (porosità da gas) in prossimità dell’interfaccia metallo/anima. La presenza di tali difetti in zone termomeccanicamente ciclicamente sollecitate e nelle quali è impossibile provvedere ad una asportazione di tipo meccanico del sovrametallo, risulta particolarmente pericolosa per la possibilità di innesco di cricche indotte da concentrazione di sforzi e tensioni. Le distribuzioni di area percentuale e diametro equivalente del difetto di area massima, riscontrati nella testa analizzata, sono riportate in Fig.17. L’area % dei difetti varia tra lo 0 e l’1,5%, mentre il diametro equivalente è compreso tra 50 m e 400 m. Tuttavia, il dato forse più interessante è che il 90% dei 84 Capitolo 3 difetti di maggiore area, ha un diametro equivalente compreso tra i 50 ed i 250 m e comunque il 90% delle zone analizzate ha una difettosità inferiore allo 0,75%. Valori così bassi di porosità sono sicuramente dovuti ad una opportuna progettazione del sistema di colata ed alimentazione e ad un’ottima qualità e pulizia del bagno. 0.35 a b 0.35 0.30 0.25 Relative frequency Relative frequency 0.30 0.20 0.15 0.10 0.05 0.25 0.20 0.15 0.10 0.05 0.00 0.00 A% EqD, m Fig.17 Distribuzioni dei valori di area percentuale dei difetti (a) e di diametro equivalente del difetto di area massima, riscontrati sulle 4 sezioni. Da una rapida comparazione delle mappe riportate in Fig.6 e Fig.16, risulta chiaro come gli andamenti di SDAS e del contenuto di difetti, possano essere considerati simili ma comunque con significative differenze (eccetto che per l’assenza di difettosità in corrispondenza dei piatti fiamma). Ciò che appare evidente è che la difettosità è maggiore nelle regioni di interfaccia (metallo/anima e metallo/conchiglia) che non nelle zone più massive del getto in seguito probabilmente all’assorbimento di gas da parte del metallo durante la sua solidificazione. Tale fenomeno è ridotto in corrispondenza del piatto fiamma da cui si sviluppa il fronte di salificazione mentre è maggiore al centro del getto dove, il gas rilasciato dalle anime, o inglobato (ad esempio nella vaporizzazione dei lubrificanti utilizzati sulle conchiglie) dal metallo fuso, tende a rimanere intrappolato dopo essere stato segregato dal metallo già solidificato. Nelle fasi finali della solidificazione, il gas viene segregato dal metallo andando a formare bolle che assumono la forma del materiale attorno ad esse solidificato (Fig. 18-a). In questo senso, una chiara distinzione tra porosità da gas e da ritiro, non è realizzabile. Questa affermazione è supportata dai risultati riportati in Fig.16-c e Fig.18-b, che mostrano come l’80% dei difetti ha roundness inferiore a 3 (R=1 nel caso di un cerchio) mentre il resto dei pori sembra distribuito casualmente nella sezione 1 (ed analogamente nelle altre). Una volta ottenuti anche i dati relativi alle porosità, si è cercato di incrociarli coi dati ottenuti tramite simulazione, ottenendo però in questo caso risultati meno significativi che non nel caso dello SDAS [13]. Le distribuzioni ed i dati di porosità sono stati inoltre confrontati direttamente fra loro e con quelli relativi allo SDAS ed alla dimensione del grano facendo rilevare che non esistono, in getti complessi come quello analizzato, forti relazioni tra tutti questi parametri, ma solo una debole (ma molto significativa) 85 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] Relative frequency relazione di interdipendenza tra la frazione di porosità locale e la dimensione del difetto massimo localmente presente (Fig.19). Questo risultato, è importante nella misura in cui la frazione di difetti (come lo SDAS) risulta prevedibile dai software di simulazione di colata e, la dipendenza della resistenza a fatica del materiale può essere messa in relazione con la dimensione del difetto che ha generato la cricca [14-16]. In quest’ottica, poter simulare la dimensione massima del difetto che localmente ci aspettiamo di trovare (legandola alla frazione simulabile di difetti), equivarrebbe a fornire una stima della vita a fatica locale del materiale già in fase progettuale. a 0.6 b 0.5 0.4 0.3 0.2 0.1 0.0 R Fig.18 Micrografia ottica ritraente la sezione di un poro/cavità da ritiro (a) e la distribuzione della roundness misurata nelle quattro sezioni del getto. 450 y = 151.07x + 94.847 R² = 0.3848 400 EqD, μm 350 300 250 200 150 100 50 0 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 A% Fig.19 Relazione fra la l’area percentuale dei difetti ed il diametro equivalente del difetto di area massima misurati localmente. L’ultima analisi condotta sulle sezioni ha riguardato l’esecuzione di prove di micro durezza. I risultati di tale analisi sono riportati in Fig.20. In essa è riportata la mappa delle durezze misurate sulla sezione 1 (Fig.20-a) nonché la correlazione dei valori di 86 Capitolo 3 durezza coi valori di SDAS rilevati su tutte le sezioni (Fig.20-b). Si nota come tale correlazione risulti ridotta e, ad uno stesso valore di SDAS misurato all’interno di uno stesso getto, possa corrispondere una forchetta di valori di durezza mediamente pari almeno a 15 punti. La spiegazione di questo andamento è principalmente dovuta al fatto che i fattori maggiormente responsabili della durezza del materiale, sono i parametri e le variabili del trattamento termico [17-19]. In questo senso, una microstruttura fine può o meno favorire una solubilizzazione degli elementi indurenti senza però avere un effetto diretto sulla durezza del materiale. 120 110 HV1 100 90 80 y = -0.2069x + 108.86 R² = 0.1716 70 a b 60 20 30 40 50 SDAS, μm 60 70 Fig.20 Mappa delle durezza Vickers (media su 4 misure) misurate sulla sezione 1 (a) ed andamento della durezza in funzione dello SDAS per le quattro sezioni analizzate. 87 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] Assieme alle analisi microstrutturali, sono state eseguite 6 prove di trazione (secondo UNI EN 10002-1:2004) su provini estratti dal piatto fiamma di due teste differenti per valutare le proprietà meccaniche del materiale prodotto dall’azienda. La geometria del provino è riportata in Fig.21-a mentre i risultati di queste prove sono riassunti in Fig.21b ed in Tab. 3. Da questi dati, risulta evidente come i protocolli di produzione aziendali potessero portare a variazioni notevoli delle proprietà meccaniche del materiale tra due teste nominalmente identiche ma appartenenti a due lotti di produzione differenti. Analisi microstrutturali affini a quelle effettuate sulle sezioni e descritte precedentemente, sono state svolte su questi provini evidenziando, come unica anomalia, una differenza di durezza fra le due serie di campioni. La presenza di tale differenza, ha portato allo studio delle fasi del trattamento termico e degli effetti di questo e della microstruttura della lega sulle proprietà meccaniche del materiale. a b Fig.21 Geometria dei campioni di trazione (a) e curve tensione-deformazione di 6 provini estratti da 2 teste motore nominalmente identiche ma con evidente diverso comportamento. Variazione media Variazione media % Rm [MPa] 14.7 5.2% Rp0,2 [MPa] 31.3 15.4% A% 1.9 -21.1% E [Mpa] 726.3 1.0% Tab.3 Variazioni medie (assolute e percentuali) delle proprietà meccaniche riscontrate su due teste motore nominalmente identiche ma appartenenti a due lotti di produzione differenti. 88 Capitolo 3 3.4 Effetti del pre-aging e della microstruttura sulle proprietà tensili: modelli previsionali di tipo empirico L’analisi sperimentale è stata condotta su una testa motore allo stato as-cast (Fig.3-a) realizzata in lega EN AC-42100 prodotta con modalità già descritte (cfr.3.2), la cui chimica può essere assunta pari a quella riportata in Tab.1. Le prove meccaniche sono state realizzate su 50 provini di geometria riportata in Fig.21-a ed estratti da diverse zone (Fig.22) della testa motore. Prima di effettuare le lavorazioni alle macchine utensili (MU), questi sono stati sottoposti a trattamento termico T6 (replicando fedelmente quello industriale condotto sulle teste e riportato in Fig2). Tenendo conto della prassi industriale che prevede la possibilità di variazione tra 0 e 120 min del tempo di preinvecchiamento (pre-aging), i campioni sono stati suddivisi in classi di trattamento termico. La caratterizzazione meccanica è stata condotta tramite l’esecuzione di prove di durezza Brinell (HB con sfera da 2,5 mm e 62,5 kg di carico), condotte in accordo alla norma ASTM E 10–08, e l’esecuzione di prove di trazione condotte in accordo alla norma UNI EN 10002-1:2004. Queste ultime sono state condotte a temperatura ambiente su provini a sezione rettangolare (25 mm2) con tratto utile di 30 mm, utilizzando una macchina di trazione a vite, ed imponendo una velocità di deformazione nominale di 3,3·10-3 s-1. Al fine di valutare la tensione di snervamento (Rp0,2), la tensione di rottura (Rm) e l’allungamento a rottura (A%), sono stati utilizzati almeno 6 provini per ogni condizione di pre-aging. Zona 1 Zona 2 Fig. 22 – Zone di estrazione dei provini di trazione. Le analisi microstrutturali condotte sono state di tipo metallografico (in microscopia ottica (OM) ) e frattografico (in microscopia elettronica in scansione (SEM)). Le prime sono state eseguite su sezioni dei provini poste in prossimità della superficie di frattura mentre le seconde sono state eseguite direttamente sulle superfici stesse. La preparativa metallografica e la valutazione dei parametri microstrutturali si sono svolte secondo le modalità già illustrate (cfr. 3.3) eccetto che per la valutazione della presenza di difettettosità che è stata valutata direttamente sulla superficie di frattura. Dopo aver 89 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] misurato il valore della sezione di ogni provino mediante un micrometro, è stata valutata la porzione di superficie di frattura occupata dai difetti di solidificazione (porosità da gas e microritiri) ed è stata calcolata, per ogni provino, l’area % dei difetti sulla superficie di frattura (A%). Il passo successivo è stata la definizione della “Sezione Resistente %” ovvero il complemento a 100 dell’area % dei difetti (SR%=100-A%). La scelta di valutare il contenuto di difetti direttamente sulla superficie di frattura è stata dettata fondamentalmente dalla considerazione che: 1) una qualsiasi sezione metallografica non poteva essere considerata rappresentativa del contenuto medio di difetti di ogni campione; 2) la frattura del campione si sarebbe probabilmente localizzata in corrispondenza della porzione di provino col più alto contenuto di difetti (ovvero con la minore sezione resistente). Per stabilire le correlazioni tra parametri microstrutturali e proprietà meccaniche si è fatto uso di matrici di correlazione, in grado di fornire rapide indicazioni sull’entità della correlazione esistente fra colonne di dati [20]. In essa vengono riportati in ogni cella, con un livello di significatività del 5%, i coefficienti di Pearson calcolati per i dati relativi alle grandezze riportate nella prima riga e prima colonna della matrice. A seconda dell’entità della correlazione fra i gruppi di dati, il coefficiente di Pearson può variare nell’intervallo [-1;1], indicando una correlazione tanto maggiore fra le variabili quanto più alto risulta il suo valore assoluto. I valori delle variabili indicate da tale matrice come fra loro maggiormente correlate, sono stati a questo punto utilizzati come input in un tool del software XLstat® per l’esecuzione di analisi di regressione non lineare a variabili multiple. I test eseguiti sui campioni di trazione, hanno evidenziato come la variazione del tempo di pre-aging, influisca notevolmente sul valore delle proprietà ottenibili col trattamento termico T6 (Tab.4). pre-aging, min HB Rp0,2, MPa UTS, MPa E% min max min max min max Min max 0 111 116 254 266 297 333 1.5 9.3 10 103 114 227 266 285 325 3.9 8.4 20 106 110 234 259 272 328 1.5 12.9 30 100 111 216 256 262 315 2.2 5.6 45 95 103 199 223 252 289 2.6 8.2 60 96 101 203 214 248 296 1.9 13.2 120 93 103 193 210 243 295 1.9 14.2 Variazione totale: 93 116 193 266 243 333 1.5 14.2 Tab.4 Risultati dei test di durezza (HB) e di trazione (tensione di snervamento (Rp0,2), tensione di rottura (UTS) ed allungamento percentuale a rottura(E%)) effettuati sui campioni estratti dalla testa motore e sottoposti a diversi tempi di pre-aging. 90 Capitolo 3 Come evidente in dalla tabella e dalla Fig.23, nonché confermato dalla letteratura [21], all’aumentare del tempo di pre-aging, la durezza ottenuta tende a diminuire e questo soprattutto nella prima ora. Mediamente, per tale durata del pre-aging, la lega realizza una perdita di durezza di circa 15 HB rispetto al caso ideale di invecchiamento immediato (0 min di pre-aging in figura). Si può inoltre notare come lo SDAS (Fig.23) non influisca in maniera significativa sulla durezza raggiunta dopo trattamento termico. Un andamento simile, si può riscontrare (Fig.24 e Fig.25) anche analizzando i valori di resistenza a snervamento e trazione rilevati per i vari provini con una perdita, rispetto al caso ideale (0 min), rispettivamente di circa 50 e 40 MPa. Inoltre, dai grafici, risulta che alla classe a SDAS fine corrispondano valori di resistenza a trazione sensibilmente più alti. 140 120 100 HB 80 60 SDAS 20-50 micron 40 SDAS >50 micron 20 0 0 20 40 60 80 100 120 140 Natural preaging (min) Fig.23 Andamento della durezza in funzione dei diversi tempi di pre-invecchiamento per diverse classi di SDAS della lega Al-Si7-Mg0.3. 300 250 Rp 0.2 [Mpa] Rp0,2 (MPa) 200 150 100 SDAS 20-50 micron SDAS >50 micron 50 0 0 20 40 60 80 100 120 140 Natural preaging (min) Fig.24 Andamento della resistenza a snervamento in funzione dei diversi tempi di preinvecchiamento per diverse classi di SDAS della lega Al-Si7-Mg0.3. 91 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] 350 300 UTS (MPa) UTS [MPa] 250 200 150 100 SDAS 20-50 micron SDAS >50 micron 50 0 0 20 40 60 80 100 120 140 Natural preaging (min) Fig.25 Andamento della resistenza a trazione in funzione dei diversi tempi di preinvecchiamento per diverse classi di SDAS della lega Al-Si7-Mg0.3 Per cercare di giustificare la perdita di efficacia del trattamento termico e di capire quali alterazioni ci fossero nella sequenza di precipitazione della fase indurente (Mg2Si), a seguito della sosta tra tempra ed invecchiamento, si sono condotte delle analisi termiche differenziali (DSC) su dischetti di spessore 1.5mm e diametro 5 mm dal peso di circa 50 mg. Le analisi sono state condotte su una macchina per analisi termiche differenziali TA2920, con rateo di riscaldo pari a 10°C/min e temperature comprese tra i 25°C ed i 400°C sotto atmosfera di Ar. I risultati sono riassunti nelle curve riportate in Fig.26. Exo β c0 a0 Fig.26 Rampe DSC (10°C/min) per campioni in lega Al-Si7-Mg0.3 temprati dopo solubilizzazione (h0) o sottoposti a pre-invecchiamenti a temperatura ambiente pari a 1, 2, 66 e 96 ore (curve rispettivamente h1, h2, h66 ed h96). 92 Capitolo 3 Ognuna di esse rappresenta lo scambio energetico registrato dal dispositivo in seguito ad imposizione di una rampa di riscaldamento condotta tra i 25°C ed i 400°C alla velocità di 10°C/min. Tale rampa è stata eseguita dopo solubilizzazione in forno per 4h a 535°C (secondo prassi industriale), tempra in acqua ed eventuale sosta a temperatura ambiente in un intervallo compreso tra 1h e 96h. Le curve ottenute sono state poi traslate verticalmente in modo da renderne più semplice il confronto con la letteratura [22-25]. In essa, prevale lo studio sulla precipitazione di leghe da deformazione plastica Al-Si-Mg (Al-Mg-Si) mentre molto rari sono gli studi condotti sulle leghe da fonderia. Nel caso della curva della lega senza pre-invecchiamento, sono stati rilevati 5 picchi (Fig.26) attorno a 40°C (a0), 80 °C (a), 230 °C (b), 300 °C (c) e 330 °C (c0) rispettivamente. Alcuni lavori, presentano il primo picco attorno agli 80°C associandolo alla formazione o di cluster di Si [22] o alla formazione di zone GP [25] o alla formazione di cluster di Si, Mg e co-cluster Mg-Si [23]. In accordo con gli ultimi studi di Serisawa et al. [24], nell’intervallo 30°C-100°C è possibile osservare due picchi (come nel caso del picco a0 e a di Fig.26) associabili alla formazione di due diversi tipi di nano-cluster Mg-Si. Il primo, si formerebbe a temperatura ambiente e manterrebbe le sue dimensioni rimanendo stabile fino a 180°C. Il secondo, si formerebbe a circa 100°C, aumentando le sue dimensioni nel tempo. La presenza di questi cluster risulterebbe determinante nell’influenzare la successiva sequenza di precipitazione delle fasi indurenti durante l’invecchiamento artificiale. Anche se alcuni autori [22,23] sostengono che il picco b, sarebbe la sovrapposizione di due precipitazioni (formazione di zone GPI o precipitati fini e zone GPII/ β’’), nell’analisi effettuata, non è apparso alcun segnale di compresenza di due picchi. Questo, potrebbe essere però anche dovuto al diverso rateo di riscaldamento imposto (10°C/min invece che 5°C/min) e dall’eccesso di Si presente nella matrice della lega testata sperimentalmente rispetto a quella indagata da altri autori. Alcuni autori inoltre [22,25,26], associano il picco c (300°C circa) con la precipitazione della fase β’ senza rilevare una sua partizione. Considerando però sempre la Fig.26, questo picco, sembra sovrapposizione di due precipitazioni, confermando così le osservazioni TEM di [23] in cui sembrerebbero presenti due fasi (’ e B’ con struttura di cristallo esagonale). Date le elevate temperature in gioco per il secondo picco (c0), esso potrebbe però essere attribuibile alla fase β totalmente incoerente. Le curve DSC dei campioni pre-invecchiati, in accordo con [24], evidenziano il picco a, ma non quello a0. Con l’incremento del tempo di pre-invecchiamento, il picco a sembra inoltre spostarsi verso temperature maggiori e ridursi in dimensioni. Questo andamento, potrebbe essere attribuito alla formazione a temperatura ambiente di cluster che riducono la soprassaturazione in Mg della lega e dunque la possibilità di formazione di nuovi cluster durante il riscaldamento [22-25]. La formazione ritardata e/o ridotta di cluster, influenzerebbe anche la precipitazione della fase β’’, ritardando la manifestazione del picco b che, all’aumentare del tempo di pre-aging, si sovrappone al primo picco c (’). Per un tempo di pre-invecchiamento di 4 giorni, la sovrapposizione dei picchi b e c sembra completa, mentre la posizione del picco c0, attribuito alla formazione della fase B’ (o sembra inalterata. Dunque, il pre-invecchiamento, 93 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] influenzerebbe sensibilmente la formazione delle fasi indurenti β’’ e β’, ma non la precipitazione delle fasi stabili ed incoerenti Anche se alcuni autori [22,25] rilevano un picco endotermico prima del picco b, nelle nostre analisi ed in quelle di altri autori [23,24], tale picco non si è manifestato. Edward et al. [23], suggeriscono che: i) ciò che è importante è la natura e la composizione chimica dei cluster e non la loro dimensione; ii) la densità e la distribuzione dei co-cluster Mg-Si e dunque delle fasi indurenti ottenute dopo invecchiamento artificiale, sono legate al tempo ed alla temperatura di pre-invecchiamento. Serizawa [24], ci permette così di spigare l’andamento riscontrato per le nostre curve ed i risultati durezza, tensione di snervamento e tensione di rottura in funzione del tempo di pre-invecchiamento. Un pre-invecchiamento a temperatura ambiente, porta alla formazione di co-cluster Mg-Si (tipo 1) che possono dissolversi solo a temperature prossime ai 180°C. Questo, ritarda la formazione della fase indurente ’’ durante l’invecchiamento artificiale e porta dunque, a parità di tempo di trattamento, ad una minore durezza finale del materiale. Al contrario, la realizzazione di un immediato riscaldamento, porterebbe subito alla formazione di co-cluster Mg-Si di diversa stechiometria e natura (tipo 2 pre-’’) che, per diffusione, tenderebbero a trasformarsi in precipitati indurenti di tipo ’’. Inoltre, considerando che le temperature di invecchiamento del materiale sono prossime ai 160°C, è evidente che parte degli atomi di Si e Mg che hanno dato luogo a cluster di tipo 1 non torneranno in soluzione nella matrice e ridurranno quindi comunque le proprietà raggiungibili dal materiale come evidenziato in [21]. Diversamente rispetto a quanto osservato per le altre proprietà, in Tab.4 risulta evidente come, un incremento del tempo di pre-aging, comporti un aumento del massimo valore di allungamento a rottura della lega. Questo però, è associato sempre ad un forte scarto fra i valori minimi e massimi riscontrati, imputabile al noto effetto della microstruttura su questa proprietà. In Fig.27, si nota infatti come i campioni a SDAS fine, tendono ad avere alti allungamenti a rottura per tempi di pre-aging maggiori o uguali ad 1h. 16 14 12 E %E% 10 8 6 4 2 0 0 20 40 60 80 Natural preaging (min) 100 120 140 SDAS 20-50 micron SDAS >50 micron Fig.27 Andamento dell’allungamento % a rottura in funzione dei diversi tempi di preinvecchiamento per la lega Al-Si7-Mg0.3. 94 Capitolo 3 Per tempi inferiori, gli allungamenti a rottura dei campioni a SDAS ridotto sono tendenzialmente sempre maggiori di quelli dei campioni a SDAS grossolano, ma è comunque presente una forte dispersione dei dati sicuramente in parte interpretabile anche considerando gli altri parametri microstrutturali quali la presenza di difetti e la morfologia del Si eutettico. E’ risultato dunque evidente, da questa prima analisi, che la variazione del trattamento termico (anche se solo in termini di tempo di pre-aging fra 0 e 2h) fra due getti in lega A356 T6 può comportare una variazione notevole delle proprietà meccaniche ottenibili. Inoltre, una variazione della microstruttura può sicuramente giustificare la dispersione dei dati e, nell’ottica di dover definire equazioni empiriche per la previsione delle proprietà meccaniche, deve sicuramente essere tenuta in considerazione. Tutti i parametri microstrutturali sono stati dunque valutati per ogni provino in modo da rendere possibile una analisi di correlazione fra le variabili. Per ogni parametro microstrutturale, i valori minimo, massimo e medio, assieme alla sua deviazione standard, sono riportati in Tab.5 e confermano i dati ottenuti nell’analisi microstrutturale condotta precedentemente sulle sezioni del getto (cfr. 3.2). Ai dati precedentemente catalogati, si sono però in questo caso aggiunte valutazioni numeriche (e non per comparativa) relative alla morfologia del Si eutettico, nonché una valutazione della difettosità dei campioni tramite microscopia elettronica in scansione. Quest’ultima ha evidenziato, come atteso, una difettosità tendenzialmente maggiore rispetto a quanto precedentemente osservato (cfr. 3.2). La Fig.28 riporta in particolare la superficie di frattura di uno dei provini di trazione e la distribuzione dei valori di area percentuale dei difetti rilevate sulle superfici di frattura dei 50 provini testati. Come evidente dalla distribuzione, il 90% dei campioni ha evidenziato difettosità inferiori al 3% confermando comunque l’ottima qualità dei getti prodotti dall’azienda. Min Max Media Dev. St. SDAS, m 25 70 50 13 d, m 205 501 339 66 A, m2 8 19 13 2 R 1.04 1.80 1.53 0.11 SR% 88.75 100 98 1.84 Tab.5 Risultati dell’analisi di immagine condotta sui campioni metallografici e sulle superfici di frattura dei campioni di traziona estratti dalle teste motore: SDAS = spaziatura fra i rami secondari delle dendriti; d = dimensione del grano; A, R = area e roundness (cfr. 3.3) delle particelle di Si eutettico; SR% = sezione resistente % rilevata sulla superficie di frattura dei provini di trazione. Una volta in possesso di tutti i dati necessari per la realizzazione dell’analisi, si è proceduto identificando le variabili di maggiore influenza sulle proprietà meccaniche. Questo è stato possibile tramite l’utilizzo di una matrice di correlazione (Tab.6). 95 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] 1.0 a b 0.9 Frequenza relativa 0.8 0.7 0.6 0.5 0.4 0.3 0.2 0.1 0.0 0 1 2 3 4 5 6 Area % dei difetti sulla superficie di frattura Fig.28 – Micrografia SEM a basso ingrandimento della superficie di frattura di un campione di trazione (a) e distribuzione cumulata dell’area % dei difetti riscontrata sulle superfici di frattura dei campioni di trazione (b). Una volta individuate le variabili più significative, si è proceduto con l’esecuzione di analisi di regressione non lineare a variabili multiple, coinvolgendo per ogni proprietà meccanica le grandezze ad essa più correlate. La tensione di snervamento è risultata dipendente unicamente (Tab.6) dalla durezza raggiunta col trattamento termico. Questo, era risultato già evidente dalle Fig.23-24, e dai dati riportati in Tab.4, in cui risulta evidente che, un incremento di durezza da 95 a 115 HB porta ad un corrispondente incremento della tensione di snervamento del materiale da circa 200 a 260 MPa. Come riportato in letteratura [17-19], il valore della tensione di snervamento delle leghe di alluminio trattabili termicamente, è fondamentalmente imputabile all’effetto di rinforzo dovuto alla fine precipitazione di intermetallici nella fase -Al. I parametri microstrutturali (quali ad esempio, SDAS o dimensione del grano) giocano in questo meccanismo solo un ruolo secondario, inibendo o favorendo, ad esempio in fase di solubilizzazione, la diffusione degli elementi di rinforzo nella matrice. Il modello empirico introdotto per la previsione della tensione di snervamento è stato allora di tipo lineare e solo funzione della durezza: (1) Come visibile dal grafico riportato in Fig.29, il massimo scostamento tra i valori di tensione di snervamento misurati e quelli calcolati col modello è risultato pari al 7% circa, con un valore medio del 2,3% (circa 5 MPa). Contrariamente alla tensione di snervamento, le altre proprietà (Rm ed A%) sono risultate sensibili alle variazioni di microstruttura (Tab.6). La tensione di rottura si è rilevata maggiormente correlata a: durezza, SDAS, sezione resistente e dimensione del silicio eutettico. La dipendenza dalle citate variabili microstrutturali è giustificata [27] dal fatto che la propagazione della frattura avviene partendo da discontinuità del 96 Capitolo 3 materiale (quali difetti, interfacce Al/Si ed -Al/eutettico) e tanto maggiormente quanto più queste discontinuità sono di grandi dimensioni. Rp0,2 UTS E% HB SDAS d A R SR% Rp0,2 1.000 0.836 0.005 0.956 -0.391 -0.323 -0.325 -0.316 -0.049 UTS 0.836 1.000 0.518 0.833 -0.706 -0.266 -0.675 -0.309 0.527 E% 0.005 0.518 1.000 0.541 -0.674 -0.314 -0.733 -0.316 0.487 HB 0.956 0.833 0.541 1.000 -0.379 -0.396 -0.306 -0.359 -0.013 SDAS -0.391 -0.706 -0.674 -0.379 1.000 0.573 0.712 0.548 -0.150 d -0.323 -0.266 -0.314 -0.396 0.573 1.000 0.521 0.566 0.059 A -0.325 -0.675 -0.733 -0.306 0.712 0.521 1.000 0.750 -0.351 R -0.316 -0.309 -0.316 -0.359 0.548 0.566 0.750 1.000 -0.124 SR% -0.049 0.527 0.487 -0.013 -0.150 0.059 -0.351 -0.124 1.000 Tab.6 Matrice di correlazione (significatività =0.05) per le proprietà meccaniche e microstrutturali della lega A356: Rp0,2 = tensione di snervamento; UTS tensione di rottura; E% = allungamento a rottura; HB = durezza Brinell; SDAS = spaziatura fra i rami secondari delle dendriti; d = dimensione del grano; A, R = area e roundness delle particelle di Si eutettico; SR% = sezione resistente % rilevata sulla superficie di frattura dei provini di trazione. In grassetto i . Rp0,2 sperimentale [MPa] 280 R² = 0,910 260 240 220 200 180 180 200 220 240 Rp0,2 prevista [MPa] 260 280 Fig.29 Relazione tra la tensione di snervamento prevista (sulla base dell’equazione 1) e quella rilevata sperimentalmente sui campioni. 97 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] Analizzando i dati di Tab.4, si è visto come i valori massimi di UTS sono stati misurati su campioni con valori ridotti di SDAS, con un incremento medio di circa 30 MPa passando da 55 a 35 m (valori medi). Un andamento simile si è registrato al diminuire della dimensione media del silicio eutettico, mentre all’aumentare dell’area % dei difetti si è riscontrata una prevedibile riduzione non lineare della suddetta proprietà. Sulla base delle analisi di regressione effettuate, si è introdotto il seguente modello empirico di previsione della tensione di rottura (2), basato sulla conoscenza di durezza (HB), SDAS e sezione percentuale resistente (SR%): (2) L’ equazione ha fatto rilevare scostamenti medi del 2,1% (circa 5 MPa) fra il valore sperimentale e quello calcolato col modello, con un errore massimo di circa il 6% (Fig. 30). Il modello è sembrato subito facilmente implementabile sia per una rapida valutazione della proprietà meccanica locale del materiale (in un punto in cui ad esempio non sono estraibili campioni di trazione) sia per la sua previsione, sfruttando i valori di SDAS, contenuto di difetti e durezza, calcolabili con i moderni software di simulazione di processo [28-30]. 350 R² = 0,899 UTS sperimentale [MPa] 330 310 290 270 250 230 230 250 270 290 310 UTS prevista [MPa] 330 350 Fig.30 Relazione tra la tensione di rottura prevista (sulla base dell’equazione. 2) e quella rilevata sperimentalmente sui campioni. In riferimento all’equazione (2) il segno degli esponenti è risultato coerente coi dati riportati in letteratura. Questi, fanno corrispondere un aumento delle prestazioni 98 Capitolo 3 meccaniche al diminuire del contenuto di difetti, al diminuire dello SDAS ed all’aumentare della durezza. Considerazioni affini possono essere fatte sul modello empirico per la previsione dell’allungamento percentuale a rottura, che vede quest’ultimo funzione dello SDAS, della durezza, della sezione resistente percentuale (SR%) e della dimensione del silicio eutettico (A) secondo la relazione: (3) E’ importante notare che, nonostante le approfondite analisi microstrutturali effettuate in questo studio, e contrariamente ai modelli empirici di previsione delle tensioni di snervamento (1) e rottura (2), l’equazione utilizzata per la previsione dell’allungamento a rottura (3) porta ad un errore medio del 20% con picchi dell’80% (Fig.31). Questo può essere parzialmente spiegato ipotizzando che non solo la presenza, ma anche la forma e la posizione delle porosità all’interno del materiale possano influenzarne l’allungamento a rottura. Inoltre, l’introduzione di parametri rappresentativi di forma e dimensione dei precipitati indurenti (osservabili esclusivamente tramite microscopia elettronica in trasmissione), che influenzano direttamente il moto delle dislocazioni, potrebbero notevolmente concorrere nella spiegazione del fenomeno. 16 R² = 0,813 14 E% sperimentale 12 10 8 6 4 2 0 0 2 4 6 8 10 E% previsto 12 14 16 Fig.31 Relazione tra l’allungamento a rottura previsto (sulla base dell’ equazione 3) e quello rilevato sperimentalmente sui campioni. Ulteriori analisi possono essere realizzate per validare queste ipotesi, ma l’impossibilità di poter prevedere tali variabili con gli strumenti di simulazione di processo, pone notevoli limiti all’applicabilità di un modello che tenga anche conto di queste 99 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] grandezze. Al contrario e come per le altre equazioni proposte, i parametri dell’equazione (3) sono tutti facilmente misurabili e/o simulabili, eccetto per il valore dell’area media del Si eutettico. I valori misurati per quest’ultima, all’interno del getto, sono sempre risultati però compresi nell’intervallo 8-16 m2, con una certa tendenza alla manifestazione di valori bassi nelle zone del getto a SDAS fine (10m2 per SDAS≤45m) ed alti nelle zone del getto caratterizzate da SDAS grossolano (14m2 per SDAS>45m). Questo suggerisce la possibilità di applicare il modello inserendo dei valori medi di tale parametro ed affidandosi esclusivamnente alla simulazione dei rimanenti (HB, SDAS e SR%) per poter prevedere anche questa proprietà nei vari punti del getto. 100 Capitolo 3 3.5 Effetto della temperatura sulle proprietà meccaniche: modelli empirici di comportamento allo stato under ed over-aged L’analisi sperimentale è stata condotta su provini per prove di durezza e trazione estratti da teste motore as-cast realizzate in lega EN AC-42100 la cui chimica può essere assunta pari a quella riportata in Tab.7. Le modalità di produzione della testa sono anche esse già state descritte in precedenza (cfr.3.2). La testa, le zone di estrazione dei campioni e la geometria di quest’ultimi, sono riportate rispettivamente in Fig.3-a, Fig.22 e Fig.21-a. L’adozione di zone di estrazione sia prossime alle camere di combustione, sia prossime alla zona “castelletto” (zona di alloggiamento degli alberi a camme), ha permesso di testare campioni con microstrutture più o meno fini, rispettivamente. Si Mg Fe Cu Mn Zn Ti Sr B Al 7.24 0.42 0.138 <0.001 0.007 0.003 0.120 0.015 0.0354 Bal. Tab.7 Composizione chimica rilevata tramite quantometro della lega Al-Si7-Mg oggetto della sperimentazione. Prima di condurre i test, i campioni sono stati sottoposti a diversi tipi di trattamento termico (tutti comprensivi di solubilizzazione, tempra, invecchiamento e di una eventuale ulteriore permanenza in temperatura). I trattamenti sono stati effettuati in un forno elettrico con accurato rilevamento delle temperature (±1°C). Tutti i provini destinati alle prove di durezza, sono stati solubilizzati (4h a 535°C ) e temprati secondo la prassi industriale seguita per le teste e già illustrata (cfr.3.2). Il materiale sperimentale così ottenuto è stato poi diviso in due classi: i) provini per le prove di invecchiamento; ii) provini per le prove di degrado. La prima classe di provini è stata esposta a temperature variabili tra i -30°C ed i 200°C per tempi compresi fra i 5min ed i 500min (8h circa) al fine di definire le curve di invecchiamento del materiale. La seconda classe di provini è stata invece sottoposta ad invecchiamento artificiale (4,5h a 160°C secondo prassi industriale cfr.3.2) dopo un pre-aging di 1h secondo quanto previsto dalla nuova prassi industriale introdotta dopo i risultati sopra (cfr.3.4). Dopo il trattamento di invecchiamento artificiale, questa classe di provini è stata esposta ad alte temperature (compresse nell’intervallo 160°C÷295°C) per tempi compresi fra 5min e 10000min (circa 7 gg) per definire le curve di degrado del materiale nello stato metallurgico industriale T61. Per ottenere un valore di durezza Brinel (HBN), sono state eseguite almeno tre prove su due campioni (per un totale di almeno 6 misurazioni) per ogni condizione di tempo-temperatura testata. Le prove, sono state condotte con sfera di 2.5 mm di diametro e 62.5 kg di carico secondo norma ASTM E 10–08. Classi simili sono state create per i provini di trazione con l’obiettivo di caratterizzare meccanicamente il materiale allo stato sotto-invecchiato e sovra-invecchiato. Per il materiale sotto invecchiato, la variazione di durezza finale, è stata ottenuta variando i tempi di pre-aging (cfr.3.4). Per il materiale sovra-invecchiato, invece, una diversa durezza finale è stata ottenuta esponendo i provini, dopo trattamento termico standard, 101 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] ad una ulteriore esposizione a temperature e tempi variabili. Le prove sono state eseguite in accordo alla norma UNI EN 10002-1:2004 su circa 80 provini a sezione rettangolare (25 mm2) con tratto utile di 30mm. Le prove sono state eseguite a temperatura ambiente con tasso di deformazione imposto pari a 3.3·10-3 s-1. Per ogni condizione di trattamento termico sono stati testati almeno 5 provini di cui è stata misurata la tensione di snervamento (Rp0,2), la tensione di rottura (UTS) e l’allungamento percentuale a rottura (E%). Per ogni condizione, sono state calcolate anche le curve di tensione-deformazione reali e, attraverso MATLAB R2009b®, sono stati calcolati i coefficienti di incrudimento (n) e di resistenza (K) della legge di Hollomon. La caratterizzazione microstrutturale dei provini di trazione, per valutare SDAS e difettosità, è stata effettuata tramite microscopia ottica ed elettronica a scansione, secondo quanto già esposto (cfr.3.3 e 3.4). L’effetto sulla sequenza di precipitazione delle fasi indurenti (β’’ e β’) del diverso tipo di trattamento termico subito dal materiale e della successiva esposizione ad alta temperatura, sono state nuovamente indagate con tecniche di analisi termica differenziale (DSC) condotte su dischetti di spessore 1.5mm e diametro 5 mm dal peso di circa 50 mg. Sono stati analizzati tre differenti stati metallurgici del materiale: i) as-quenched (dopo tempra in acqua); ii) dopo trattamento termico secondo i parametri industrialmente adottati (4h a 535°C + tempra + 1h di pre-aging + 4.5h at 160°C); iii) dopo lunga esposizione ad alta temperatura in condizioni di degrado completo. Le analisi sono state condotte su una macchina per analisi termiche differenziali TA2920, con rateo di riscaldo pari a 10°C/min e temperature comprese tra i 20°C ed i 400°C sotto atmosfera di Ar. Le curve di invecchiamento ottenute, sono riportate in Fig.32. La Fig.32-a, riporta le curve di invecchiamento nel range di temperature -30°C÷200°C. In accordo con quanto pubblicato sulla sequenza di precipitazione nelle leghe Al-Si-Mg/Al-Mg-Si, [23,31-33], è chiaro come la curva di invecchiamento a -30°C risulti una linea retta. Nei loro studi sulla precipitazione nelle leghe da deformazione plastica, Ou et al. [32], non osservano alcun cambiamento nelle analisi termiche effettuate su campioni mantenuti a -10°c fino a 300 min. Nonostante infatti l’alta densità di vacanze nel materiale as-quenched, ed il ridotto raggio critico per la nucleazione delle zone GP/cluster [31,34,35], la precipitazione è fortemente ostacolata dalla bassa diffusività degli atomi a così ridotta temperatura. Il valore riscontrato di circa 60HB è confermato dai risultati di Rometsch et al. [17]. In aggiunta ai risultati pubblicati dagli autori, la Fig.32-a mostra chiaramente la temperatura di transizione tra invecchiamento naturale ed invecchiamento artificiale. E’ infatti evidente che, mentre tra i 21°C ed i 100°C non si apprezzano grandi differenze nelle curve di invecchiamento del materiale, per temperature superiori, la durezza cresce rapidamente all’aumentare del tempo. La temperatura di 100°C, a cui viene anche attribuita la formazione di cluster/co-cluster o zone GP da diversi autori [22-25], può dunque essere considerata una temperatura di soglia. Il picco di durezza, viene raggiunto entro 8h di permanenza a temperature maggiori di 160°C con tempi e valori di durezza tanto minori quanto maggiore è la temperatura di esposizione. A temperature superiori ai 170°C, la lega può sovra-invecchiare anche con tempi di esposizione 102 Capitolo 3 inferiori ad 8h. Questo ben noto comportamento delle leghe di alluminio da trattamento termico [17,18], può essere di aiuto per descrivere il grafico riportato in Fig.32-b. a 125 115 -30°C 21°C 105 BHN 80°C 100°C 95 120°C 85 140°C 160°C 75 170°C 180°C 65 200°C 55 1 b 10 time, min 100 1000 200 190 180 Temperature, °C 170 160 65HB 70HB 75HB 80HB 90HB 100HB 105HB 110HB 115HB 150 140 130 120 110 100 0.5 5 time, min 50 500 Fig.32 Curve di invecchiamento (a) e isodurezza (b) per la lega EN AC-42100 [Al-Si7-Mg0,3] In questo grafico, sono riportate le curve di “iso-durezza” del materiale del tutto simili a quelle riportate da Shivkumar e Ber in [21] e [36] rispettivamente. Tali curve, per un dato valore di durezza (a cui, come già illustrato, sono legate le altre proprietà meccaniche (cfr.3.4)) imposto dal progettista ad un determinato getto, mostrano le 103 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] coppie (temperatura,tempo) con cui è possibile ottenere il valore di durezza voluto e dunque possono essere estremamente utili nella fase di progettazione del trattamento termico. Nel caso si volesse ad esempio raggiungere la condizione di picco (115HB), è chiaro che questa potrà essere raggiunta nel range di temperature 160°C÷170°C per tempi di mantenimento compresi circa tra i 300min ed i 1000min circa. Attraverso l’utilizzo di tecniche di analisi termica differenziale (DSC), Wang et al. [33], descrivono la precipitazione delle fasi indurenti β’’ e β’ nella lega A357 proprio in questo range di temperature e tempi. Temperature e tempi maggiori portano alla precipitazione della fase incoerente β con un conseguente decremento delle proprietà meccaniche. Al contrario, una volta che si sono ottenute le fasi β’’ e β’ (peak-aged condition), ci si può aspettare la massima resistenza [3,17,19,37]. Di solito però, in tutti quei casi in cui il componente è sottoposto durante l’esercizio a temperature uguali o maggiori a quelle adottate in fase di invecchiamento, non viene perseguita la condizione di picco di durezza, ma piuttosto un sottoinvecchiamento. L’esposizione ad alta temperatura di un getto in queste condizioni (T61 - 95HB), può portare ad un degrado estremamente dipendente dalla temperatura stessa. Si possono così ottenere alti valori di durezza, se le temperature si avvicinano a quelle di invecchiamento e valori estremamente bassi, se le temperature di esposizione sono molto elevate come in prossimità delle camere di combustione di una testa motore [38,39]. Questo comportamento, è chiaramente descritto dalle curve di degrado riportate in Fig.33-a. Tutte le zone della testa motore in prossimità della camera di combustione e quindi sottoposte a temperature maggiori di 200°C (Fig.34), subiscono un rapido calo della durezza (e deterioramento delle proprietà tensili) con possibili gravissime conseguenze sulla vita del componente. Per quantificare tale perdita, la prassi industriale prevede la realizzazione di prove di durezza residua su un componente dopo test a banco. Attraverso le curve di isodurezza riportate in Fig.33-b e conoscendo la durata del test, facendo una misura di durezza locale sul componente testato, è possibile, oltre ad avere informazioni circa la durezza residua del materiale, anche riuscire a valutare la temperatura media di esercizio del componente in quel punto. Entrando infatti con un tempo nel grafico di Fig.33-b e seguendo una curva di iso-durezza, è possibile valutare la temperatura che ha prodotto tale durezza. E’ chiaro che, una metodologia di questo tipo, è utilizzabile per validare le distribuzioni di temperature simulate su un generico componente durante il suo utilizzo [38,39]. Questo è stato fatto anche nel caso della testa in esame confermando la validità dei risultati delle simulazioni (Fig.34). La Fig.35, mostra le rampe ottenute tramite analisi termica su dischetti di spessore 1.5mm e diametro 5 mm dal peso di circa 50 mg di lega EN AC-42100 [Al-Si7-Mg0,3] in diversi stati metallurgici: i) subito dopo tempra e pre-aging di 1h; ii) dopo tempra, pre-aging di 1h ed invecchiamento artificiale (stato T61, 95HB); dopo tempra, pre-aging di 1h, invecchiamento artificiale ed esposizione in temperatura (10h a 295°C; 40 HB di durezza residua). Le fasi di solubilizzazione ed invecchiamento, in termini di tempi e temperature di permanenza, hanno replicato quelle industriali (cfr. 3.2). La scelta di un pre-invecchiamento di 1h, è stata realizzata per quanto già sopra esposto, ovvero una modifica in opera della prassi aziendale. 104 Capitolo 3 125 a BHN 115 160°C 105 175°C 95 190°C 208°C 85 220°C 75 235°C 65 250°C 55 265 °C 280°C 45 295°C 35 1 10 100 1000 Time, min 10000 100000 b 290 Temperature, °C 270 250 110HB 105HB 100HB 90HB 80HB 70HB 60HB 50HB 40HB 230 210 190 170 150 1 10 100 Time, min 1000 10000 Fig.33 Curve di degrado (a) e di isodurezza (b) per la lega EN AC-42100 T61 [Al-Si7-Mg0,3] (95 HB). 105 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] Dato: 45 HB10 200 °C Dato: 99 HB10 160 °C SCARICO a b ASPIRAZIONE Fig.34 Simulazione CFD delle temperature sulla testa motore (a) e rilievi sperimentali di durezza con temperatura calcolata in funzione di essa e della durata del test a banco[38]. β’ -0.5 Heat, mW -1 -1.5 β’’ β Exo AQ+1hpre-aging AQ+1hPreaging+HT AQ+1hPreaging+HT+exposure GP/co-cluster -2 -2.5 -3 -3.5 0 100 200 Temperature, °C 300 400 Fig. 35 Rampe DSC per campioni della lega EN AC-42100 [Al-Si7-Mg0,3] in diversi stati metallurgici: Subito dopo tempra (AQ+1hpre-aging); tempra, pre-aging di 1h ed invecchiamento artificiale (AQ+1hpre-aging+HTstato T61, 95HB); dopo tempra, pre-aging di 1h, invecchiamento artificiale ed esposizione in temperatura (AQ+1hpre-aging+HT+exposure, 10h a 295°C 40 HB di durezza residua). Le analisi sono state condotte secondo le stesse modalità già esposte (cfr.3.4). Inoltre, sempre analogamente a quanto già riportato (cfr.3.4), la rampa effettuata sul campione pre-invecchiato per 1h, ha evidenziato gli stessi picchi già evidenziati in Fig.26 e corrispondenti alla formazione delle zone GP (co-cluster Mg-Si) ed alla precipitazione 106 Capitolo 3 delle fasi indurenti β’’, β’ e β. Nel campione testato nella prima condizione, sono chiaramente evidenti 3 picchi (di cui l’ultimo sovrapposizione di due picchi relativi alle fasi β’ e β (B’)). Come evidenziato in Fig.35 e riportato da Ou et al. [32], il primo picco è ascrivibile alla formazione di zone GP o, secondo altri a quella di cluster o co-cluster di atomi di Si e Mg [22-25]. Questo dato, è risultato in perfetto accordo con le curve rappresentate in Fig.32-a: fino a circa 100°C, risulterebbe possibile solo la formazione di zone GP (o cluster) con un conseguente ridotto aumento della durezza della matrice. A temperature superiori invece, l’inizio della precipitazione della fase β’’, porta ad un rapido incremento di questa proprietà. L’assenza di un picco di trasformazione della fase β’’ prima dei 250°C (temperatura molto alta rispetto a quella utilizzata nella fase di invecchiamento di queste leghe) è indirettamente fornita da Murayama [5] nel suo studio sulle leghe Al-Mg-Si in eccesso di Silicio. Le strutture formatesi attorno ai 100°C costituirebbero siti di nucleazione eterogenea per la fase indurente β’’ che dunque semplicemente si accrescerebbero senza evidenziare scambi energetici. Questo viene sostenuto anche da Serizawa [24] che però attribuisce chiaramente il picco a 250°C alla fase β’’. Masazza et. al [26] attribuiscono invece tale picco alla precipitazione della fase β’ e l’ultimo picco di Fig.35 (315°C) alla precipitazione della fase incoerente β. Questa interpretazione, sarebbe avvalorata anche dalle curve di invecchiamento riportate da Rometsch et. al in [17] in cui la temperatura di 200°C, risulterebbe una temperatura di soglia (oltre la quale la fase indurente β’’ non è più stabile). A temperature minori, risulterebbe possibile la precipitazione delle fasi β’’ e β’ (e quindi l’ottenimento del picco di durezza) mentre a temperature maggiori solo la formazione delle fasi β’ e β. A temperature maggiori di circa 250°C, risulterebbe possibile solo la precipitazione della fase incoerente β, con una evidente perdita di proprietà meccaniche. E’ chiaro tuttavia che, ad oggi, ancora molto deve essere fatto per fornire una spiegazione esaustiva e coerente del fenomeno. I risultati dell’analisi termica condotta sul campione sottoposto ad invecchiamento (linea rossa in Fig.35) ci permettono invece di spiegare l’andamento delle curve di degrado riportate in Fig.34-a. E’ chiaro infatti come, dopo invecchiamento, non si assista più alla precipitazione di zone GP (cluster) e la precipitazione delle fasi β’’, β’, o β, è funzione della temperatura di esposizione. Come già detto sopra, al di sotto dei 200°C, la sequenza di precipitazione coinvolge ancora la fase β’’, rendendo così possibile così il raggiungimento di alti valori di durezza. Con temperature maggiori (fino circa a 250°C), viene indotta la sola precipitazione della fase β’, con la conseguente possibilità di conseguire solo ridotti incrementi di durezza. In ultimo, per temperature maggiori di 250°C, solo la formazione di fase β è possibile, con un conseguente decremento della durezza della matrice tanto maggiore quanto maggiore è la temperatura di esposizione. Considerando così un provino sottoposto per lungo tempo a 295°C (linea verde in Fig.35), è chiaro come nessuna precipitazione possa essere registrata con una successiva rampa di riscaldamento. In termini di proprietà meccaniche, questa condizione è rappresentata da una costanza di durezza nel tempo come quella di tutti i punti (in azzurro) nella parte superiore destra del grafico di Fig.34b. 107 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] I risultati delle prove di trazione, sono riportati nelle Fig.36-40. La forte dipendenza di tutte le proprietà meccaniche dalla durezza del materiale, è evidente sia per la lega sottoinvecchiata che sovrainvecchiata. Come riportato da Drouzy et al. [40], la relazione fra durezza e tensione di snervamento è di tipo lineare. Al contrario dell’autore però, ed in accordo con Tiryakiôglu [19], la lega allo stato sottoinvecchiato o sovrainvecchiato da luogo a comportamenti diversi (isteresi). In particolare, dato un generico valore di durezza, la lega sovrainvecchiata offre resistenze a snervamento maggiori rispetto a quella sotto invecchiata. Questo comportamento, suggerisce che una precipitazione incoerente tende ad ostacolare maggiormente il moto delle dislocazioni rispetto ad una di tipo coerente, estendendo così il campo elastico del materiale. Inoltre, la ridotta differenza fra i coefficienti delle relazioni di tipo lineare riportati in Tab.8 (riga relativa alla tensione di snervamento), conferma la ridotta influenza della microstruttura (SDAS) sulla relazione Rp0,2-HB (riportata anche da Tiryakiôglu). Questa affermazione è maggiormente verificata nel caso di una lega sovrainvecchiata e, in questo caso, risulta valida anche per la tensione di rottura del materiale. Al contrario, allo stato sottoinvecchiato, SDAS fini portano sempre a maggiori valori di UTS (Fig.37 and Tab.8). L’effetto della microstruttura su tale proprietà, può essere spiegato osservando l’effetto della microstruttura sull’allungamento a rottura (Fig.38). E’ chiaro infatti, che per una data classe di durezza dei provini sottoinvecchiati, i provini a SDAS fine, hanno sempre fatto registrare allungamenti a rottura maggiori rispetto a quelli a SDAS grossolano. La capacità di assorbire una maggiore deformazione plastica non localizzata da parte dei campioni a microstruttura fine, è dunque la ragione dei più alti valori di resistenza a trazione fatti riscontrare da questa classe di materiali (per un dato valore del coefficiente di incrudimento infatti, maggiore è la deformazione, maggiore la tensione corrispondente). Questo, soprattutto in relazione al fatto che le tensioni di snervamento per la classe sottoinvecchiata sono sempre risultate minori di quelle della classe sovrainvecchiata. Inoltre, da una rapida osservazione dei dati riportati in Fig.37, è evidente come, al contrario rispetto ai dati di Rp0,2, UTS non sembra sensibile allo stato metallurgico del materiale. I dati per la lega sottoinvecchiata e sovrainvecchiata sono infatti praticamente sovrapposti. La Fig.38, mostra come l’allungamento a rottura, contrariamente alle altre proprietà, si sia dimostrato affetto da un’alta dispersione dei dati (soprattutto nella condizione sottoinvecchiata). Questa dispersione, può essere imputabile in parte, alla variabilità dello SDAS all’interno di ogni classe di provini (Fig.38 e Tab.8) ed in parte alla presenza di difetti di solidificazione nel materiale. Queste due variabili infatti, come già illustrato precedentemente e discusso in letteratura, influenzano decisamente la duttilità del materiale [3,27,41]. La variazione di SDAS all’interno delle due classi, è dovuta alle differenti velocità di solidificazione raggiunte all’interno del getto. SDAS fini (25-40 m), sono caratteristici dei campioni estratti in prossimità dei piatti fiamma, SDAS grossolani (55-70 m), sono tipici delle zone di alloggiamento degli alberi a camme (“castelletto”). Considerando inoltre i dati relativi al contenuto di difetti del materiale, anche in questo caso si sono comunque rilevati livelli di difettosità molto ridotti. La 108 Capitolo 3 porosità percentuale rilevata sulle superfici di frattura, ha evidenziato un range compreso fra lo 0% e l’11%. Quest’ultimo dato è però risultato un’eccezione dovuta ad un giunto freddo in una zona periferica e non critica del getto. Tutti gli altri campioni hanno fatto registrare porosità inferiori al 5%. Nonostante questo, è noto come, già livelli molto ridotti di porosità (o cavità da ritiro), possano compromettere notevolmente l’allungamento a rottura del materiale [3,41], portando dunque ad una notevole dispersione dei dati. I dati relativi alla classe di materiale sottoinvecchiato, hanno evidenziato come i provini a SDAS fine siano molto più sensibili a variazioni di durezza rispetto a quelli a SDAS grossolano. Questo comportamento del materiale, può essere spiegato considerando contemporaneamente gli effetti apportati dalla precipitazione delle fasi indurenti e dall’interazione delle interfacce α-Al/eutettico con le dislocazioni. Con SDAS fini, il cammino libero medio delle dislocazioni è maggiore (microstrutture fini comportano infatti ostacoli di dimensioni più ridotte) ed è quindi prevalente l’interazione delle dislocazioni coi precipitati indotti dal trattamento termico (con una conseguente dipendenza di E% dalla durezza). Con microstrutture grossolane, la riduzione del cammino libero medio delle dislocazioni, diminuisce la possibilità di interazione delle dislocazioni coi precipitati e dunque la dipendenza dell’allungamento a rottura dalla durezza. 300 UA-fineSDAS UA-largeSDAS 250 OA-fineSDAS Rp0,2, MPa OA-largeSDAS y = 2.9789x - 56.967 R² = 0.995 200 y = 3.4149x - 127.13 R² = 0.9168 150 100 50 40 50 60 70 80 90 100 110 120 BHN Fig.36 Resistenza a snervamento vs durezza per la lega EN AC-42100 sottoinvecchiata (UA) e sovrainvecchiata (OA) per due diverse classi di SDAS (25-40m e 55-70m). 109 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] 350 300 UTS, MPa 250 y = 2.6176x + 15.443 R² = 0.9944 200 UA-fineSDAS 150 UA-largeSDAS OA-fineSDAS 100 OA-largeSDAS 50 40 50 60 70 80 90 100 110 120 BHN Fig.37 Resistenza a rottura in funzione della durezza per la lega EN AC-42100 sottoinvecchiata (UA) e sovrainvecchiata (OA) per due diverse classi di SDAS (25-40m e 55-70m). 30 UA-fineSDAS UA-largeSDAS 25 OA-fineSDAS OA-largeSDAS E% 20 y = 0.0578x - 0.2795 R² = 0.0118 15 y = 26275x-2.009 R² = 0.7023 10 5 0 40 50 60 70 80 BHN 90 100 110 120 Fig.38 Allungamento a rottura vs durezza per la lega EN AC-42100 sottoinvecchiata (UA) e sovrainvecchiata (OA) per due diverse classi di SDAS (25-40m e 55-70m). 110 Capitolo 3 Un secondo aspetto considerato in questo studio, è stato l’effetto della durezza (allo stato T61 o dopo degrado) sul comportamento in campo plastico del materiale. La Fig.39 e la Fig.40, mostrano rispettivamente l’andamento del coefficienti di resistenza (C) e di incrudimento (n), in funzione della durezza della lega allo stato sovrainvecchiato e sottoinvecchiato, sia nel caso di SDAS fine (25-40 m) e che nel caso di SDAS grossolano (55-70 m). E’ evidente come il coefficiente di resistenza tenda a crescere in funzione della durezza del materiale e come, a parità di durezza, questo parametro possa essere considerato lo stesso sia per la lega sottoinvecchiata che sovrainvecchiata (come per UTS). Al contrario, notevoli differenze possono essere riscontrate nell’andamento del coefficiente n (Fig.40), con una isteresi simile a quella già riscontrata per Rp0,2. A seguito di questa isteresi, per una data durezza del materiale, i campioni sottoinvecchiati mostrano valori di n maggiori rispetto a quelli sovrainvecchiati. Come suggerito dalle osservazioni TEM di Edwards et al. [23], la ragione di questo comportamento nel campo delle alte durezze (HB>95), deve essere ricercata nella diversa forma e numero di precipitati presenti nella lega sottoinvecchiata rispetto a quella sovrainvecchiata. In questo campo di durezza, si assiste infatti ad un passaggio dello stato di precipitazione da coerente/semicoerente (fasi ‘’ e ‘) a totalmente semicoerente (fase ‘) senza un reale mutamento del meccanismo di rinforzo della matrice. L’aumento della densità di dislocazioni, cui corrisponde un aumento del coefficiente n, può allora essere solo influenzato dal numero e dalla forma dei precipitati. 500 450 y = 2.9628x + 102.44 R² = 0.9561 400 C, MPa 350 300 250 UA-fineSDAS 200 UA-largeSDAS OA-fineSDAS 150 OA-largeSDAS 100 50 40 50 60 70 80 90 100 110 120 BHN Fig.39 Coefficiente di resistenza vs durezza per la lega EN AC-42100 sottoinvecchiata (UA) e sovrainvecchiata (OA) per due diverse classi di SDAS (25-40m e 55-70m). 111 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] 0.25 0.2 y = -0.0021x + 0.3283 R² = 0.796 y = -0.0017x + 0.261 R² = 0.9441 n 0.15 UA-fineSDAS 0.1 UA-largeSDAS OA-fineSDAS 0.05 OA-largeSDAS 0 40 50 60 70 80 BHN 90 100 110 120 Fig.40 Coefficiente di incrudimento vs durezza per la lega EN AC-42100 sottoinvecchiata (UA) e sovrainvecchiata (OA) per due diverse classi di SDAS (25-40m e 55-70m). Under-aged (90 < BHN < 115) Rp0,2 [MPa] UTS [MPa] E [%] C [MPa] n Over-aged (40 < BHN < 115) SDAS 25÷40 m SDAS 55÷70 m SDAS 25÷40 m SDAS 55÷70 m 3.505*H – 135.5 R² = 0.8461 2.039*H + 89.6 R² = 0.6400 -0.346*H + 47.6 R² = 0.6969 0.63*H + 375 R² = 0.1245 -0.0027*H + 0.41 R² = 0.8091 3.212*H – 107.2 R² = 0.9364 2.470*H + 17.9 R² = 0.7976 -0.040*H + 7.6 R² = 0.0315 1.43*H + 270 R² = 0.5527 -0.002*H + 0.32 R² = 0.8877 2.990*H – 59.1 R² = 0.9962 2.689*H + 13.5 R² = 0.9983 -1.66 9360*H R² = 0.8756 2.82*H + 108 R² = 0.9632 -0.0018*H + 0.26 R² = 0.9513 2.966*H – 55.1 R² = 0.9946 2.589*H + 15.4 R² = 0.9951 -1.949 15501*H R² = 0.8052 3.03*H + 100 R² = 0.9569 -0.0017*H + 0.26 R² = 0.9535 Tab.8 Correlazioni fra le proprietà meccaniche e durezza per la lega EN AC-42100 sottoinvecchiata (UA) e sovrainvecchiata (OA) per due diverse classi di SDAS. Al contrario, con ulteriore esposizione termica, la fase incoerente prende il sopravvento, con una conseguente riduzione di durezza (HB<70) ed il passaggio da un meccanismo di Ashby ad uno di Orowan nell’interazione fra dislocazioni e precipitati [42]. Questa, è la ragione per cui, ai valori minori di durezza residua del materiale sovrainvecchiato, corrispondono i maggiori valori del coefficiente di incrudimento. Utilizzando le correlazioni ottenute studiando il comportamento in campo plastico del materiale, sono stati infine proposti due modelli di curva tensione-deformazione reali, in 112 Capitolo 3 funzione della durezza del materiale (funzione di tempo e temperatura di esposizione) allo stato sottoinvecchiato (eq. 4) e sovrainvecchiato (eq. 5). Tali modelli sono stati sviluppati indipendentemente dal valore di SDAS del materiale. (4) (5) Il confronto fra le curve reali e le curve modellate (tratteggiate) per il materiale sottoinvecchiato e sovrainvecchiato, è riportato in Fig.41 con evidente buona aderenza delle curve nel campo plastico. a 350 b 350 115 110 300 105 300 250 96 250 100 200 σr [MPa] σr [MPa] 80 150 200 40 150 100 100 50 50 0 56 0 0 0.05 0 0.05 0.1 0.15 0.2 εr εr Fig.41 Curve tensione-deformazione reali misurate e simulate (equazioni 4 e 5) per la lega EN AC-42100 sottoinvecchiata (a) e sovrainvecchiata (b) per diversi valori di durezza. 113 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] 3.6 Resistenza a fatica Come già proceduto per la valutazione delle proprietà meccaniche statiche della lega EN AC-42100 T6 [Al-Si7-Mg0,3], cercando una relazionare tra quest’ultime e la microstruttura, così si è proceduto per la resistenza a fatica. A differenza di quanto svolto in precedenza però, il materiale sperimentale non è stato estratto da teste motore ma prodotto separatamente. I provini di fatica testati, sono infatti stati estratti da piastre di dimensioni 30x250x300 mm colate in conchiglia con un’attrezzatura appositamente progettata, nell’ambito del progetto, dal dip. DIEM dell’università di Bologna. Come noto, il processo di fonderia introduce inevitabilmente dei difetti nel materiale. Questi, possono ridurre in modo significativo la resistenza a fatica del materiale agendo da concentratori di tensioni. Nel caso di getti in lega A356 o A357 [14,16,43,44] diversi studi hanno evidenziato come, tra i difetti di solidificazione, soprattutto le porosità da gas (a forma tendenzialmente sferica), le cavità di ritiro (di forma irregolare ramificata) ed i film di ossido (bifilm), abbiano un effetto dominante sul comportamento a fatica, agendo da nucleatori della cricca. L’effetto di tali difetti sulla resistenza a fatica della lega A356-T6 è stato studiato da Wang ed al. [14] mediante prove condotte ad un fissato valore dell’ampiezza di tensione. Raggruppando i risultati delle prove che hanno avuto difetti di eguale natura quali elementi di innesco della frattura, si sono dedotte importanti conclusioni confermate anche in [43]: i) Porosità e cavità da ritiro hanno effetti deleteri sulla vita a fatica di questa lega; ii) Nel caso in cui la porosità sia trascurabile (come nel caso di getti sottoposti a pressatura isostatica a caldo, HIP), diventa apprezzabile anche l’effetto negativo di altri difetti (ossidi); iii) in provini privi di difetti, le cricche di fatica nucleano generalmente da bande di scorrimento, particelle di silicio eutettico e/o composti intermetallici. Ne segue una vita a fatica almeno 25 volte superiore a quella associata a provini rotti a partire da cricche nucleate in corrispondenza di pori. Generalmente i difetti di solidificazione menzionati, sono per dimensioni almeno un ordine di grandezza superiore rispetto ai costituenti microstrutturali, regolando così il comportamento a fatica delle leghe di alluminio da fonderia. Solo quando essi sono presenti in quantità trascurabili o hanno dimensioni confrontabili con quelle dei costituenti microstrutturali, anche quest’ultimi possono esercitare un’influenza sul comportamento a fatica. I parametri microstrutturali di influenza sono principalmente lo SDAS, il Si eutettico e gli eventuali composti intermetallici a base Fe [15,45,46]. L’attrezzatura utilizzata per la produzione dei provini di fatica, è stata dunque progettata tenendo conto di tutte queste variabili. I provini prodotti avrebbero dovuto avere microstruttura simile a quella assunta dalla lega nelle zone critiche della testa motore, la stessa composizione chimica e modalità di trattamento termico ed infine una presenza di difetti nell’intervallo di quella rilevata nelle precedenti analisi sperimentali condotte sulle teste motore (0÷5%). Per raggiungere il primo obiettivo, il dip. DIEM dell’Università di Bologna ha condotto un’opportuna progettazione dell’attrezzatura avvalendosi dell’ormai affidabile livello raggiunto dalla simulazione di colata, prevedendo la possibilità di produrre due classi di 114 Capitolo 3 provini a seconda che fosse o meno azionato il dispositivo di raffreddamento ad acqua della conchiglia. Per il raggiungimento del secondo obiettivo, la lega utilizzata nelle colate (di composizione chimica media riportata in Tab.9) è stata ottenuta e trattata termicamente con le stesse modalità della prassi industriale di produzione delle teste motore già descritta (cfr.3.2-cfr.3.5). Elementi Si Fe Cu Mn Mg Ti Ni Zn Pb Sn Ca B Sr % 7.06 0.08 0.03 0.05 0.41 0.014 0.05 0.05 0.05 0.05 0.003 0.035 0.015 Tab.9 – Composizione chimica media del bagno di lega EN AC-42100 T6 [Al-Si7-Mg0,3] da cui sono state ottenute le piastre Per raggiungere l’obiettivo di variare il contenuto di difetti, si è insufflato idrogeno nel bagno già degassato, eventualmente facendo gorgogliare anche aria per generare la formazione di ossidi e/o migliorare l’effetto di nucleazione delle porosità [1]. In Fig.42a è riportato il modello con il sistema di raffreddamento (in blu) e, dalla parte opposta, il materiale isolante (in rosso). In Fig.42-b, è riportata una foto della conchiglia utilizzata mentre in Fig.43, è riportato il modello (assieme a tutto il boccame) ed una foto delle piastre prodotte. Nella Tab10 e Tab.11, sono infine riportati rispettivamente lo schema di codifica/classificazione delle piastre prodotte e le modalità con cui ogni piastra è stata colata. Considerando la Fig.42, si nota come, mentre da un lato dell’attrezzatura è previsto un contatto diretto del bagno con la conchiglia, dall’altro è previsto un contatto con del materiale isolante. In funzione delle simulazioni (Fig.44-a), e supportato da quanto poi ottenuto, questa soluzione avrebbe dovuto produrre, per ogni piastra, un lato a microstruttura più fine (“lato freddo”) ed un lato a microstruttura più grossolana (“lato caldo”). Da ogni lato della piastra, si sono poi estratti sette provini di fatica per flessione rotante (Fig.44-b). a b Fig..42 Modello (a) e foto (b) dell’attrezzatura utilizzata per la produzione delle piastre in lega EN AC-42100 T6 [Al-Si7-Mg0,3] da cui sono stati ricavati i provini di fatica. 115 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] a b Fig..43 Modello (a) e foto (b) delle piastre in lega EN AC-42100 T6 [Al-Si7-Mg0,3] da cui sono stati ricavati i provini di fatica. Livello Idrogeno Insuflaggio Aria SDAS Colata N° Progressivo A: alto 0: no A: alto 1: prima 1÷36 M: medio 1: 1min. B: basso 2: seconda B: basso 2: 3÷5 min. Tab.10 – Scema per l’identificazione/classificazione delle piastre prodotte in lega EN AC-42100 T6 [Al-Si7-Mg0,3] Tab.11 Codici di classificazione delle piastre in lega EN AC-42100 T6 [Al-Si7-Mg0,3] con relativo contenuto di idrogeno del bagno e durata dell’insuflaggio di aria. 116 Capitolo 3 Prima dell’estrazione dei campioni di fatica, sono state selezionate, per l’esecuzione delle analisi ai raggi X, due piastre campione (la B0A1-1 e la A0A1-5) nel seguito indicate come piastra 1 e piastra 5). L’obiettivo di tali analisi è stato quello di definire l’estensione del cono di ritiro nel caso di piastre a basso (piastra 1) ed alto (piastra 5) tenore di idrogeno e di valutarne qualitativamente il contenuto di difetti in una sezione intermedia. Come illustrato in Fig.45, l’estensione del cono di ritiro è risultata di 90 mm per la piastra 1 e 45 mm per la piastra 5. La conoscenza di tale estensione, ha permesso di escludere queste zone dall’estrazione di campioni di fatica e di analisi metallografica. Nello schema di Fig.44-b, sono visibili delle porzioni di piastra (fette della piastra dello spessore di circa 5 mm evidenziate in rosso) destinate, per ognuna delle 36 piastre prodotte, alle analisi metallografiche. Sul secondo campione dal basso (“fetta 2”), estratto a 150 mm dall’attacco di colata del getto, tra i provini di fatica 3 e 4, sono state eseguite le analisi RX con micro focus per le piastre 1 e 5. Tale fetta, è risultata anche quella su cui si sono concentrate le analisi metallografiche preliminari effettuate su tutte le piastre prodotte. I risultati dell’analisi RX, possono essere riassunti nel commento alla fotocomposizione delle radiografie effettuate nella zona centrale e laterale della fetta 2 e riportate in Fig.46. Per il campione 1 risulta evidente un’assoluta uniformità sia nella zona centrale (Fig.46-a) che laterale (Fig.46-b) a testimonianza di uno scarso contenuto di difetti. Al contrario, macchie di colore chiaro, sparse uniformemente nella zona centrale del campione estratto dalla piastra 5, sono indice della notevole presenza di porosità (Fig.46-c). Tale contenuto sembra diminuire spostandosi verso la zona laterale del getto (Fig.46-d). a b Fig..44 (a) Risultati della simulazione di microstruttura condotta sulle piastre in lega EN AC42100 T6 [Al-Si7-Mg0,3] dal Dip. DIEM dell’università di Bologna e (b)schema di estrazione dei campioni di fatica dalla piastre stesse. 117 90 mm 45 mm Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] Piastra 1 Piastra 5 Fig.45 Fotocomposizione delle RX sulle piastre 1 e 5 con indicazione dell’estensione del cono di ritiro a b c d Fig.46 Fotocomposizione delle radiografie effettuate sulle fette 2 della piastra 1 (a centrale, b laterale) e della piastra 5 (c centrale e d laterale); in nero zone non radiografate e/o piombi di riferimento. 118 Capitolo 3 Per quel che concerne le analisi metallografiche, per ogni fetta 2 estratta, sono stati prelevati tre campioni (uno per ogni zona A, B, C) ed inglobati in resina a freddo secondo lo schema riportato in Fig.47. La preparativa metallografica è sempre avvenuta secondo quanto già riportato in precedenza (cfr.3.3) e l’acquisizione di micrografie è avvenuta elusivamente sul campione metallografico B (zona centrale della piastra). Per ognuno dei 36 campioni si sono acquisite 16 micrografie ottiche sia per l’analisi dei difetti che per l’analisi dello SDAS (ingrandimento 12,5X e 25X rispettivamente) secondo lo schema riportato in Fig.48. a b Fig.47 Schema della fetta 2 (estratta tra i provini 3 e 4 dello scema di Fig.44-b) di ognuna delle piastre colate in lega EN AC-42100 T6 [Al-Si7-Mg0,3] (a) e schema del montaggio in resina dei campioni metallografici A, B, e C estratti da ogni fetta 2 (b). L’analisi metallografica è stata effettuata tramite software Image-Pro®. Obiettivo dell’analisi è stata la determinazione della distribuzione di SDAS e del contenuto percentuale di difetti. Inoltre è stata anche misurata l’ampiezza dell’asse maggiore del difetto più grande presente in ogni micrografia e che verrà in seguito indicato come Feret Max. I dati ottenuti e qui di seguito riportati sono stati mediati in funzione della distanza della zona di analisi dal lato freddo (conchiglia). 250mm Fig. 48 Schema di acquisizione delle micrografie nella zona centrale B per determinare le distribuzioni di SDAS (25x) e del contenuto di difetti(12,5x). La Fig.49 riporta l’andamento dell’area percentuale dei difetti riscontrato sul campione B di ogni piastra. Si può notare che il tenore di difetti, è tendenzialmente sempre minore del 3% ed i campioni a bassa idrogenazione (in tonalità azzurre) hanno fatto rilevare minori tenori di difettosità dei campioni ad alta idrogenazione (in tonalità rosse). Per 119 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] chiarire l’eventuale influenza delle diverse variabili (tenore di idrogeno, insuflaggio di aria e tipologia di raffreddamento della conchiglia) sul risultato ottenuto, si è provveduto ad operare delle medie. 4.00 3.50 Area % dei difetti 3.00 2.50 2.00 1.50 1.00 0.50 0.00 1.9 5.7 9.5 13.3 17.1 20.9 Distanza dalla conchiglia (mm) 24.7 28.5 BB0B-26 BB0A25 B0A11 B0A22 B1A1-17 B0B1-3 B0B2-4 B1B-19A B1B2-20 B1B1-19C B2B1-23 M0A26 M1B-29 B2A1-21 M1A-28 M2A-30 B2B1-24 M2A-TC9 B2A2-22 M2A-32 M2B-31 M2B-33 A1B1-11 A2B1-15 A0B1-7 A1A19 A2A113 A0B2-8 A1A2-10 A1B2-12 A2A2-14 A0A3-TC A2B2-16 A2B3-TC9 Fig.49 Andamento dell’area % dei difetti in funzione dalla conchiglia (lato freddo) per il campione metallografico B (zona centrale) di ognuna delle 36 piastre In Fig.50 si può notare come l’idrogenazione influisca sull’area % dei difetti. I campioni a bassissima idrogenazione restano sotto lo 0.16 %, quelli a bassa idrogenazione restano sotto lo 0.70 %, quelli a media idrogenazione non superano lo 0.94 % mentre quelli ad alta idrogenazione in media non superano l’1.87 % di difettosità. Da questi grafici degli andamenti medi, si può notare inoltre come il numero e/o le dimensioni dei difetti (strettamente correlato con l’area %) aumentino con la distanza dalla conchiglia fino a circa 25mm, per poi diminuire leggermente. Come già rilevato nelle analisi metallografiche effettuate sulle sezioni delle teste motore (cfr.3.3), la frazione % dei difetti si è rilevata connessa alle dimensioni del difetto massimo localmente individuato. Il grafico di Fig.51 infatti, dimostra che la dimensione massima dei difetti (Feret max) ha un andamento del tutto simile a quello fatto riscontrare dall’area % dei difetti (Fig.50). La tendenza, è, anche in questo caso, quella di manifestare un picco in prossimità dell’interfaccia fra metallo ed isolante. Inoltre, anche in questo caso, il tenore di idrogeno del bagno, risulta un fattore determinante. Per i campioni ad alta e media idrogenazione, il Feret max è risultato mediamente pari a 550 µm e 400µm rispettivamente. Per i campioni a bassa e bassissima idrogenazione, è risultato variabile tra 100µm, in prossimità della conchiglia e 300µm/400µm in prossimità dell’isolante. 120 Capitolo 3 2.00 H2 = 0.08 [cc/100g] Idrogenazione BB 1.80 H2 0.15 [cc/100g] Idrogenazione B H2 0.24 [cc/100g] Idrogenazione M Area % dei difetti 1.60 H2 0.32 [cc/100g] Idrogenazione A 1.40 1.20 1.00 0.80 0.60 0.40 0.20 0.00 0 5 10 15 20 Distanza dalla conchiglia (mm) 25 30 Fig.50 Andamento medio, per classi di tenore di idrogeno nel bagno, dell’area % dei difetti in funzione della distanza dalla conchiglia (lato freddo) . 700 Idrogenazione BB H2 = 0.08 [cc/100g] Idrogenazione M H2 0.24 [cc/100g] Feret max. (µm) 600 Idrogenazione B H2 0.15 [cc/100g] Idrogenazione A H2 0.32 [cc/100g] 500 400 300 200 100 0 1.9 5.7 9.5 13.3 17.1 20.9 Distanza dalla conchiglia (mm) 24.7 28.5 Fig. 51 Andamento medio, per classi di tenore di idrogeno nel bagno, del Feret Max, in funzione della distanza dalla conchiglia (lato freddo) . Questi andamenti, possono essere giustificati, considerando il processo di solidificazione: il metallo, solidificando dalle pareti verso il centro della piastra, segrega 121 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] idrogeno, che rimane poi intrappolato nelle zone che solidificano per ultime (alto SDAS). L’andamento dello SDAS (Fig.52), rilevato solo su 7 piastre (rappresentative comunque di tutte e 36 le piastre colate) ha confermato proprio questa supposizione. E’ evidente come: i) i valori minori di SDAS (35÷40m) siano stati rilevati in prossimità della conchiglia; ii) il picco di valori (50÷60m) sia localizzato a circa a circa 20 mm dalla conchiglia; iii) in corrispondenza del lato isolato della conchiglia i valori di SDAS siano nuovamente ridotti (circa50 m). Tali andamenti, hanno confermato quanto previsto dalle simulazioni. Tuttavia, delle 7 piastre analizzate, 4 sono state colate senza far fluire acqua nei canali di raffreddamento della conchiglia (tonalità di rosso), mentre le rimanenti 3 (tonalità di blu) con flusso di acqua. In questo caso, contrariamente a quanto simulato, si è riscontrato come il sistema di raffreddamento della conchiglia non influisse significativamente sulla dimensione dello SDAS e quindi sulle velocità di solidificazione. Dunque, la suddivisione delle colate in classi a “SDAS alto” e “SDAS basso” è risultata fittizia. L’assenza di significative differenze fra getti classificati come “a SDAS fine” e quelli classificati come “a SDAS grossolano” è anche testimoniata dal grafico della distribuzione media di area % dei difetti per classi di SDAS riportato in Fig.53. Si nota infatti come gli andamenti siano praticamente sovrapposti. Un ultimo dato da considerare, è inoltre l’ininfluenza del gorgogliamento di aria nel bagno al fine di variare il contenuto di difetti all’interno delle piastre. La Fig.54, mostra, per tre classi diverse di idrogenazione del bagno, la variazione di area % dei difetti, rilevata lungo lo spessore della piastra, in funzione del tempo di insuflaggio di aria nel bagno. Dai tre grafici si vede come, nel passaggio da uno al successivo (diminuzione del tenore di idrogeno) la difettosità mediamente diminuisca ma, al contempo, si nota anche come i tempi di insuflaggio di aria nel bagno, non influiscano sistematicamente sulla difettosità. 122 Capitolo 3 65 SDAS (mm) 60 55 50 45 40 35 A0A15 A0A26 B0A11 B0A22 30 0 5 10 15 20 25 30 Distanza dalla conchiglia (mm) Fig.52 Andamento dello SDAS in funzione della distanza dalla conchiglia (lato freddo) 1.20 Area % dei difetti 1.00 0.80 0.60 0.40 SDAS basso 0.20 SDAS alto 0.00 0 5 10 15 20 Distanza dalla conchiglia (mm) 25 30 Fig.53Andamento dell’area % dei difetti, in funzione della distanza dalla conchiglia (lato freddo) per classi di SDAS. 123 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] 2.50 H2 0.32 [cc/100g] Area % dei difetti 2.00 1.50 1.00 0 minuti 0.50 1 minuto 5 minuti 0.00 1.20 H2 0.24 [cc/100g] Area % dei difetti 1.00 0.80 0.60 0.40 0.20 0 1 3 5 0.00 0.70 Area % dei difetti 0.60 H2 0.15 [cc/100g] 0.50 0.40 0.30 0.20 0 0.10 1 0.00 1.9 9.5 13.3 17.1 20.9 24.7 28.5 Distanza dalla conchiglia (mm) Fig.54 Andamento dell’area % dei difetti nei getti ad alto, medio e basso contenuto di idrogeno in funzione della distanza dalla conchiglia e del tempo di insuflaggio di aria nel bagno 124 5.7 Capitolo 3 I provini estratti dalle piastre prodotte dal dip. DIEM dell’Università di Bologna, opportunamente lavorati secondo la geometria suggerita dal dip. IED dell’Università di Parma e Piacenza, e riportata in Fig.55, sono stati sottoposti a prove di fatica a flessione rotante a tre punti e, su uno dei due spezzoni del campione rotto, è stata eseguita l’analisi metallografica in microscopia ottica e frattografica tramite SEM e sonda EDS. La sequenza di analisi, ha fatto seguito all’ esecuzione delle prove di fatica che, nell’ambito del progetto di ricerca, è stata condotta solo su una parte dei provini prodotti. Circa 80 campioni, sugli oltre 300 prodotti, sono stati testati con tensioni alterne comprese tra 30 ed i 90 MPa e frequenza di carico pari a 50Hz. Di questi, le analisi frattografiche e metallografiche, si sono concentrate sui campioni testati con tensioni alterne fra i 50 ed i 70 MPa. I risultati ottenuti sono riportati nelle tabelle di Fig.56 e nel grafico di Fig.57. Fig.55 Geometria del campione di fatica a flessione rotante utilizzato nelle prove. provino 4C1 4C3 4F1 4C7 4C4 4F6 4C2 4C5 4F5 4F2 4F7 4C6 4F4 4F3 serie 4 tensione 60 60 60 50 50 50 70 70 70 60 60 60 70 70 N 1688404 236230 10000000 10000000 1744563 10000000 1363086 4332 4452741 10000000 10000000 4240968 2136684 8455889 provino 8C7 8F3 8C4 8C2 8F4 8F2 8F5 8C1 8F6 8F7 8F1 8C6 8C3 8C5 serie 8 tensione 70 60 50 40 50 40 60 60 60 60 60 60 70 70 N 167044 1261311 2255099 580013 3056388 1196988 1015603 215946 25154 1389567 1137118 490780 183895 62 Fig.56 Risultati delle prove di flessione rotante relative ai campioni testati nell’ambito del progetto 125 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] provino 12C7 12F5 12F3 12F1 12F2 12C1 12C5 12F7 12C3 12F4 12C6 12F6 12C2 12C4 serie 12 tensione 70 60 50 40 50 40 60 60 60 60 60 60 70 70 N 687013 48 1661955 10000000 8880218 1740584 401067 1322244 969898 368834 844905 168503 652646 788239 provino 14F3 14F2 14C4 14F5 14F1 14C3 14C5 14F6 14F7 14F4 14C6 14C1 14C7 14C2 serie 14 tensione 60 50 50 60 50 50 60 60 60 60 60 60 50 60 N 808554 10000000 367582 1435358 894996 2231028 1522122 184777 1603360 280677 545904 188806 2262786 1298 provino 16C4 16C2 16C6 16C7 16F1 16F3 16C1 16F2 16C5 16F7 16F6 16C3 16F5 16F4 serie 16 tensione 70 60 50 40 50 40 60 60 60 60 60 60 70 70 N 720532 1213046 113925 635882 2699730 10000000 123601 2392105 731903 248484 4970902 2523470 342814 734368 provino 26F6 26C2 26C4 26C3 26C7 26F5 26C1 26F3 26F7 26F4 26F2 26C6 26C5 26F1 serie 26 tensione 60 50 70 60 50 50 60 60 60 60 60 70 60 70 N 10000000 1338748 1417869 3138566 2751909 2532527 3674578 926139 10000000 10000000 10000000 4024821 1112 10000000 provino 27F3 27C5 27F7 27C4 27F5 27F2 27C3 27C1 27F4 27C7 27C6 27F1 27C2 27F6 serie 27 tensione 60 50 40 30 50 50 60 60 60 60 50 60 60 50 N 1831426 2750580 10000000 123027 10000000 10000000 968521 10000000 2872907 410716 894396 1752 907 1675 provino 28F3 28F6 28C6 28C4 28F4 28C2 28F5 28C5 28C1 28C3 28C7 28F4 28F1 28F2 serie 28 tensione 60 60 60 50 50 50 70 70 70 60 60 60 70 70 N 2581468 2326061 1161440 8654149 991549 3178562 213969 16532 1555145 3862355 1583 584399 401444 1163217 Fig.56 Risultati delle prove di flessione rotante relative ai campioni testati nell’ambito del progetto (continua) 126 Capitolo 3 Fig.57 Risultati delle prove di flessione rotante relative ai campioni testati. Dal grafico di Fig.57, si ha evidenza della dispersione della durata a fatica, conseguente alla presenza di porosità, nei provini in lega EN AC-42100, ottenuti per colata in conchiglia. I punti collocati a 107 cicli definiscono multipli run-out, ovvero prove interrotte a quel numero di cicli senza rottura del campione. Si può notare così l’elevata dispersione dei dati, con valori medi di resistenza a 107 cicli di circa 50 MPa, ma con valori superiori ed inferiori nell’intervallo 75 MPa e 30 MPa. I dati di resistenza a fatica in termini di N° di cicli a rottura, sono stati analizzati dal punto di vista statistico attraverso una carta di Weibull riportata in Fig.58. Fig.58 Carta di Weibull del numero di cicli a rottura dei provini testati con tensioni alterne di 50, 60 e 70MPa. 127 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] Risulta evidente come, un allineamento di dati, si sia ottenuto solo per la classe di provini sollecitati con una tensione alterna di 70 MPa. Per questi provini, si può dunque assumere che la rottura sia avvenuta per cause (o secondo modalità) affini. Al contrario, ciò non può essere affermato per i provini sollecitati a 60 MPa e 50 MPa. Per cercare di giustificare anche questi risultati, si è proceduto con le analisi frattografiche e micrografiche. Le superfici di frattura sono state lavate con ultrasuoni in acetone per un tempo minimo di 15 min. Le analisi frattografiche hanno evidenziato come le morfologie delle superfici di frattura della maggior parte dei campioni fossero sostanzialmente simili. La Fig.59 mostra un tipico esempio, in cui si nota il poro di forma irregolare vicino alla superficie libera del campione che ha innescato la propagazione di una cricca, cresciuta assumendo forma semiellittica , fino al collasso del campione. In forme diverse, a seconda della tensione nominale di carico, sulla superficie di frattura di ogni campione si sono quindi sempre trovate: i) una zona di innesco (quasi sempre in corrispondenza di difetti di solidificazione); ii) una zona di propagazione (spesso le zone di propagazione chiaramente visibili sono più di una, in funzione della posizione e numerosità dei difetti); iii) una zona di schianto in cui si sviluppano microcavità (dimples) tipiche di una rottura finale di tipo duttile. a b c d Fig.59 Superficie di frattura di un campione di fatica (a), dettaglio del difetto che ha innescato la cricca (b), striature di fatica nella zona di propagazione (c), formazione di dimples e criccatura del Si-eutettico nella zona di schianto(d). 128 Capitolo 3 La morfologia di pochissimi campioni differisce da quella descritta non esibendo alcuna zona di propagazione. Questi campioni sono stati quelli che, tipicamente, hanno fornito i valori più bassi di resistenza a fatica (in termini di numero di cicli), probabilmente anche in relazione ad un possibile errore di posizionamento sulla macchina. L’analisi frattografica ha evidenziato come la presenza di difetti di solidificazione, quali porosità da gas e cavità da ritiro, sia un fattore determinante nella definizione della vita a fatica del materiale. Solo sulla superficie di frattura di un numero trascurabile di campioni è stata rilevata la presenza di ossidi, i quali tuttavia non hanno costituito innesco della frattura. La frattura del campione inoltre, a testimonianza del ruolo fondamentale giocato dai difetti nell’innesco delle cricche, non si è sempre verificata in corrispondenza della zona di minima sezione del campione. Durante le analisi frattografiche si sono eseguite, in alcuni casi particolari e degni di nota, rilievi tramite elettroni retrodiffusi e microsonda EDS. I risultati di queste analisi, di seguito riportati (figure 60-66), hanno evidenziato diversi particolari interessanti come: la modalità di propagazione delle cricche, l’interazione con i composti intermetallici, le morfologie delle zone di rottura di schianto, le composizioni chimiche di intermetallici e o ossidi all’interno della matrice metallica. Spectrum 1: Spectrum 2: Element Weight% Atomic% Element Weight% Atomic% Mg K Al K Si K Fe K 3.39 55.97 21.22 19.43 4.20 62.54 22.78 10.49 OK Mg K Al K Si K 2.21 0.42 93.03 4.34 3.68 0.46 91.75 4.11 Totals 100.00 Totals 100.00 Fig.60 Particolare in microscopia elettronica di un intermetallico β parzialmente immerso nella matrice metallica rilevato sul campione 26C2. Spettro e composizione chimica di intermetallico e matrice (tramite sonda EDS) sono riportate rispettivamente a fianco e sotto le immagini. 129 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] Spectrumm1 Element Weight% Atomic% CK OK Al K Si K SK Cl K 21.00 49.67 27.45 1.65 0.11 0.11 29.46 52.30 17.14 0.99 0.06 0.05 Totals 100.00 Fig.61 Particolare in microscopia elettronica di un ossido rilevato sul campione 8F4. Spettro e composizione chimica (tramite sonda EDS) sono riportati rispettivamente a fianco e sotto l’ immagine. Spectrum 1 Element Weight% Atomic% OK Al K Si K Fe K 3.80 62.61 11.31 22.28 7.06 69.07 11.99 11.88 Totals 100.00 Fig.62 Particolare in microscopia elettronica di una cricca deviata da une intermetallico rilevata sul campione 28F1. Spettro e composizione chimica dell’intermetallico (rilevati tramite sonda EDS) sono riportati rispettivamente a fianco e sotto l’ immagine. 130 Capitolo 3 Spectrum1 Spectrum2 Element Weight% Atomic% Compd% Formula Element Weight% Atomic% Compd% Formula Mg K Al K Si K O 0.26 51.92 0.69 47.13 0.22 39.23 0.50 60.06 0.43 98.11 1.47 MgO Al2O3 SiO2 -0.09 47.62 17.69 34.78 MgO Al2O3 SiO2 FeO 100.00 -0.05 25.20 8.27 27.03 39.55 100.00 -0.05 22.33 7.04 11.57 59.10 Totals Mg K Al K Si K Fe L O Totals Spectrum3 Element Weight% Atomic% Compd% Formula Element Weight% Atomic% Compd% Formula Al K Si K Fe L O 25.91 6.40 29.05 38.65 23.28 5.52 12.61 58.58 48.95 13.69 37.37 Al2O3 SiO2 FeO Totals 100.00 Fig.63 Particolare in microscopia elettronica di due intermetallici (π e β rispettivamente) immersi nella matrice metallica ricoperta da striature di fatica sulla superficie di frattura del campione 8C4. Spettri e composizioni chimiche di intermetallici e matrice (rilevati tramite sonda EDS) sono riportati rispettivamente a fianco e sotto le immagini. 131 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] Element Weight% Atomic% OK Mg K Al K Si K 32.24 6.62 45.76 15.37 44.47 6.01 37.43 12.08 Totals 100.00 Fig.64 Particolare in microscopia elettronica di un ossido probabile innesco di rottura per il campione 8F4. Spettro e composizione chimica (rilevati tramite sonda EDS) sono riportati rispettivamente a fianco e sotto l’ immagine. Spectrum1 Spectrum2 Element Weight% Atomic% Element Weight% Atomic% OK Al K Si K 49.55 47.32 3.12 62.41 35.34 2.24 OK Al K Si K 1.63 96.81 1.56 2.72 95.80 1.48 Totals 100.00 Totals 100.00 Fig. 65 Particolare in microscopia elettronica di un ossido immerso nella matrice metallica in una zona di propagazione della superficie di frattura del campione 8F3. Spettro e composizione chimica di ossido e matrice (rilevate tramite sonda EDS) sono riportate rispettivamente a fianco e sotto le immagini. 132 Capitolo 3 Element Weight% Atomic% OK Mg K Al K Si K 32.24 6.62 45.76 15.37 44.47 6.01 37.43 12.08 Totals 100.00 Fig 66 Particolare in microscopia elettronica di un intermetallico π parzialmente immerso nella matrice metallica rilevato sul campione 16C6. Spettro e composizione chimica (rilevati tramite sonda EDS) sono riportati rispettivamente a fianco e sotto le immagini. Alle analisi frattografiche al SEM, è seguita una fase di analisi di immagine delle micrografie al fine di ottenere dati numerici cui poter eventualmente correlare i risultati di resistenza a fatica. In Fig.67 è riportato l’andamento dell’area % dei difetti rilevata sulla superficie di frattura, in funzione del tenore di idrogeno misurato nel bagno prima di effettuare le colate dei getti da cui sono stati estratti i provini. In generale, come anticipato dalle analisi metallografiche precedentemente effettuate sulle piastre, si può vedere come, tendenzialmente, a prescindere dalla microstruttura, il tenore di idrogeno sia una variabile dominante nel definire la presenza di difetti. Altrettanto significativa, è inoltre la bassa difettosità rilevata (<3%), del tutto simile a quello delle teste motore. 3 area % dei difetti 2.5 2 1.5 1 0.5 0 0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 0.35 0.4 Tenore di idrogeno [cc/100g] Fig.67 Andamento dell’area % dei difetti rilevata sulla superficie di frattura in funzione del tenore di idrogeno misurato nel bagno prima di effettuare le colate delle piastre da cui sono stati estratti i provini di fatica. 133 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] L’andamento del numero di cicli a rottura di ogni provino di fatica, in funzione dell’area % dei difetti rilevata sulla superficie di frattura, è riportata nei grafici di Fig.68. In questi si vede mediamente come, all’aumentare della tensione alternata applicata, il numero di cicli a rottura mediamente diminuisca. Inoltre è chiaro come, mentre la difettosità non sembra discriminante per le tensioni alternate minori (50MPa e 60MPa), ciò non è vero per le tensioni più alte (70MPA). L’incremento della difettosità tra lo 0 ed il 2% comporta un drastico calo della vita a fatica. numero di cicli a rottura 1.E+07 1.E+06 1.E+05 1.E+04 numero di cicli a rottura 1.E+03 1.E+07 1.E+06 1.E+05 1.E+04 numero di cicli a rottura 1.E+03 1.E+07 Nf = 4E+06e-2.49*A%dif R² = 0.6114 1.E+06 1.E+05 1.E+04 1.E+03 0 0.5 1 1.5 2 2.5 area % dei difetti sulla superficie di frattura 3 Fig. 68 Numero di cicli a rottura di ogni provino di fatica in funzione dell’area % dei difetti rilevata sulla superficie di frattura per i tre principali valori di tensione alterna applicati 134 Capitolo 3 I dati di resistenza fatica, sono stati poi incrociati coi dati di SDAS misurati sui singoli provini evidenziando nuovamente come, un risultato significativo, potesse essere ottenuto solo per i provini sollecitati a 70MPa di tensione alternata (Fig.69). Inoltre, si è visto che i valori di SDAS ottenuti, non spaziavano lungo l’intero range di interesse (3070m) ma su una buona parte di esso confermando dunque in questo caso, come nel caso dei difetti, la corretta progettazione ed esecuzione dell’intera campagna sperimentale. numero di cicli a rottura 1.E+07 1.E+06 1.E+05 1.E+04 numero di cicli a rottura 1.E+03 1.E+07 1.E+06 1.E+05 1.E+04 1.E+03 1.E+08 Nf = 3E+11e-0.248*SDAS R² = 0.6533 Numero di cicli a rottura 1.E+07 1.E+06 1.E+05 1.E+04 1.E+03 40 45 50 55 60 65 70 SDAS (μm) Fig. 69 Numero di cicli a rottura di ogni provino di fatica in funzione dello SDAS, per i tre principali valori di tensione alterna applicati 135 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] Una più approfondita analisi dei difetti considerati inneschi delle cricche che hanno portato il campione a rottura, è stato realizzato senza però condurre a risultati significativi per le classi di tensione alterna considerate. L’assenza di una qualsiasi influenza, della dimensione e posizione dell’innesco, sulla vita a fatica de componente, testimoniata invece da alcuni studi in letteratura [16,44], è stata giustificata considerando due problematiche insorte durante la sperimentazione: i) la geometria del provino non era adatta probabilmente a testare campioni con difettosità. Infatti, la non costanza della sezione e la presenza di difetti, ha fatto sì che le rotture non siano avvenute tutte in corrispondenza della sezione minima, cambiando così anche il valore di tensione nominale di sollecitazione; ii) praticamente la totalità dei campioni ha evidenziato inneschi multipli il cui effetto è risultato difficile da analizzare anche per l’assenza di considerazione di questo caso in letteratura. 136 Capitolo 3 3.7 Conclusioni L’analisi sperimentale condotta sulla lega EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3], ha permesso di raggiungere, in maniera totale o parziale, gli obiettivi previsti nell’ambito del progetto di ricerca e di dottorato. Partendo dall’analisi dello stato dell’arte aziendale, è stato possibile mettere in evidenza pregi e difetti del processo di produzione delle teste motore e fornire dati di rilievo per le fasi di pre-processing delle simulazioni di colata e strutturali utilizzate nella nuova metodologia di progettazione. In particolare: Lo SDAS si distribuisce all’interno del getto, in un range tra i 25m ed i 70m a seconda delle modalità di rimozione del calore locali mentre l’aggiunta di affinanti (Ti-B) e di modificanti (Sr) produce un efficace effetto di omogeneizzazione del grano e della morfologia del Si eutettico all’interno del getto. Le sabbie con cui vengono prodotte le anime, inducono la presenza di difettosità nelle zone corticali dei getti ed andrebbero quindi sostituite. Esse infatti liberano gas che rimane intrappolato nel metallo durante la salificazione. Nonostante questo, il contenuto di difetti (porosità da gas e cavità di ritiro) è risultato estremamente ridotto (<2%) all’interno del getto ed indipendente dai valori di SDAS. La difettosità media locale (area % dei difetti), può essere messa in relazione alla dimensione del difetto di area massima presente in quel punto e possibile responsabile dell’innesco di una cricca nel caso di sollecitazioni affaticanti. Sfruttando i dati di previsione della distribuzione di porosità, si può valutare in fase di simulazione, la resistenza a fatica locale del materiale. Le simulazioni di colata, hanno fornito buoni risultati di previsione dello SDAS e risultati meno efficaci di previsione della porosità. La temperatura critica di trasformazione della fase α-Al, è risultata costante nell’intervallo delle velocità di solidificazione che coinvolgono il getto e pari a: 610°C. La fine della solidificazione della fase eutettica è invece molto sensibile alla velocità di solidificazione variando da 536°C per 10°C/min a 490°C per 36 °C/min. Durezza e resistenza a snervamento della lega sono risultate dipendere esclusivamente dalle modalità del trattamento termico e non dalla microstruttura (SDAS) obbligando ad una prassi di trattamento termico industriale più accurata. In particolare, i tempi di pre-invecchiamento non possono essere inferiori ad un’ora se si vuole ottenere una buona ripetibilità del trattamento. Temperatura e tempo di invecchiamento, come esposizione in temperatura dopo di esso (condizioni di esercizio), cambiano lo stato di precipitazione delle fasi indurenti (’’, ’, ) variando in maniera drastica la durezza e le altre proprietà del materiale. Sono state ottenute le curve di invecchiamento del materiale negli intervalli [0÷8h] e [-30÷200°C] dimostrano che la temperatura di 100°C può essere assunta come temperatura di soglia tra invecchiamento naturale ed artificiale. La conservazione del materiale temprato a -30°C, arresta completamente la precipitazione. La durezza del materiale può variare nell’intervallo 60÷115 Brinell. 137 Caratterizzazione della lega da fonderia EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3] Sono state ottenute curve di esposizione in temperatura e di isodurezza per il materiale allo stato T61 (95 Brinell) nel range 160÷290°C fino a tempi di mantenimento di 7gg. La durezza asintoto della lega è risultata essere di 40 Brinell. Sono stati proposti modelli empirici di comportamento meccanico del materiale allo stato sottoinvecchiato e sovrainvecchiato in grado di esprimere resistenza a snervamento (Rp0,2), resistenza a trazione (UTS), allungamento a rottura (E%), in funzione della microstruttura e della durezza del materiale. Tutti i modelli proposti sono caratterizzati da alti coefficienti di determinazione (R2 >0.8). In campo plastico, la definizione dei coefficienti di resistenza e di incrudimento della legge di Hollomon, ha portato alla definizione delle curve tensionedeformazione reali in funzione della durezza residua per la lega allo stato sottoinvecchiato e sovrainvecchiato: (under-aged) (over-aged) E’ stato verificato su getti semplificati come la presenza di difetti sia fortemente connessa al contenuto di idrogeno del bagno e scarsamente dipendente dall’inquinamento dello stesso (ottenuto nella sperimentazione tramite gorgoglio d’aria). Inoltre, l’addensamento dei difetti di solidificazione avviene nelle zone a più elevato SDAS all’interno di un getto. Le osservazioni SEM delle superfici di frattura dei campioni di fatica a flessione rotante, hanno confermato come i difetti giochino il ruolo fondamentale di inneschi delle cricche di fatica. La resistenza a fatica della lega, è risultata dipendere dalla difettosità/SDAS solo per alti valori della tensione alternata (R20,6). Per bassi valori, la dispersione dei dati è risultata dominante. Bibliografia 138 Capitolo 3 [1] J. Campbell, Castings, 2nd Ed, Butterworth- Heinemann Ltd, Oxford (2003). [2] L. Ceschini, Alessandro Morri, Andrea Morri, A. Gamberini, S. Messieri, Mater Des, 30 10 (2009) 4525-4531 [3] L. Ceschini, Al. Morri, An. Morri, G. Pivetti, Mat. Des. 32 (2011) 1367–1375. [4] Ch. Pequet, M. Gremaud, M. Rappaz, Met.Mater.Trans. A, 33 (2002) 2095-2106. [5] M. Murayama, K. Hono. Acta mater. Vol. 47(5) (1999) 1537-1548 [6] J. G. Kaufman, E. L. 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[46] Caceres CH, Griffiths JR, , Acta Mater. 44 (1996) 25-33. 140 Capitolo 4 CAPITOLO 4 Caratterizzazione delle leghe da deformazione plastica per pistoni EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6 4.1 Introduzione Come già introdotto, le leghe di alluminio sono ad oggi ampiamente utilizzate nell’industria automobilistica per la realizzazione di diversi componenti motore. Fra questi, sicuramente, abbiamo componenti cruciali quali i pistoni, prodotti sia per stampaggio a caldo che per fusione [1]. Nel caso di pistoni prodotti per stampaggio, tipiche leghe utilizzate per la loro realizzazione sono le leghe Al-Si (tipicamente eutettiche) e le leghe Al-Cu [2-4]. Alcuni studi, sono stati condotti per caratterizzare queste leghe [5-7] e fornire dati circa la loro deformabilità a caldo. Dopo lo stampaggio a caldo però, tipicamente viene realizzato il trattamento termico T6 (cfr.2.3) consistente nelle fasi di solubilizzazione, tempra ed invecchiamento, al fine di indurre una fitta precipitazione di fasi indurenti [8]. Fra i problemi generati dall’utilizzo di queste leghe e di tutte le leghe da trattamento termico impiegate a temperature maggiori od uguali [9] a quelle a cui vengono invecchiate, c’è la perdita di proprietà con l’esposizione ad alta temperatura [10]. Le leghe EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6, offrono una buona stabilità termica grazie alla presenza di un cospicuo quantitativo di elementi di lega quali Fe e Ni, [11,12] che si aggiungono a quelli direttamente coinvolti nei meccanismi di precipitazione: Cu, Mg, Si e Zn. Inoltre, ulteriori tentativi di incrementare le proprietà, sono stati eseguiti aggiungendo tracce di altri elementi fra i quali Sc e Zr[13]. In generale comunque, come accade per le leghe Al-Si-Mg da fonderia (cfr.3.5), il problema della stabilità termica, è funzione dei meccanismi di precipitazione che coinvolgono il materiale quando sottoposto ad alta temperatura [3,4,14,15]. Nel caso particolare delle leghe EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6, utilizzate per la realizzazione di pistoni per motori ad alte prestazioni, date le elevate temperature in gioco, il processo di precipitazione e la perdita di proprietà possono essere estremamente rapidi. La quantificazione accurata di tale perdita, nonché la definizione dell’effetto della microstruttura sulle proprietà meccaniche delle leghe analizzate, sono stati gli obiettivi di questa seconda parte sperimentale. 141 Caratterizzazione delle leghe da deformazione plastica per pistoni EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6 4.2 Materiale e procedura sperimentale Lega EN AW-4032 [AlSi12MgCuNi] Sono stati forniti da un totale di 8 pistoni forgiati in lega AlSi12 (Fig.1). Di questi, il primo set, consistente di 3 pistoni consegnati allo stato di fornitura (Fig.1-a), è stato accompagnato da certificato di composizione chimica e trattamento termico. La chimica nominale della lega ed i dati inerenti il trattamento termico T6 a cui essa viene sottoposta dopo la forgiatura, sono riportati nelle tabelle 1 e 2. Il secondo set (Fig.1-b) è invece stato fornito allo stato non trattato. I pistoni del primo set sono stati utilizzati per la definizione delle curve di degrado del materiale mentre il secondo set per l’estrazione di provini di trazione per la caratterizzazione meccanica della lega dopo ciclaggio termico. b a Fig.1 – Pistoni in lega AlSi12 oggetto della sperimentazione appartenenti al primo (a) e secondo (b) set di fornitura (rispettivamente trattati T6 e non trattati). Si Fe Cu Mn Mg Zn Ti Ni 11 ÷ 13 0,30 max 0,8 ÷ 1,5 0,10 max 0,8 ÷ 1,3 0,10 max 0,10 max 0,8 ÷ 1,3 Tab.1 - Composizione della lega EN AW-4032 dei pistoni oggetto della sperimentazione Solubilizzazione Tempra* Invecchiamento T [°C] t [h] T [°C] t [s] T [°C] t [h] 500 ± 5 4 50 ÷ 70 35 200 ± 5 9 Tab.2 - Parametri del trattamento termico T6 effettuato sulla lega. * La temperatura riportata si intende dell’acqua di tempra ed il tempo è quello di spegnimento ovvero dall’apertura del forno all’immersione totale della carica in acqua. Dal materiale sperimentale consegnato, sono stati estratti alcuni parallelepipedi (12x6x4 mm) per la definizione delle curve di degrado della lega e 30 campioni di trazione di geometria riportata in Fig.2 assieme allo schema ed all’immagine delle modalità di prelievo (con asse del campione ortogonale all’asse spinotto). 142 Capitolo 4 a c b Fig.2 - Geometria del provino di trazione a sezione rettangolare utilizzato nella sperimentazione (a); modalità di estrazione dei campioni dal cielo del pistone con assi ortogonali all’asse spinotto e “clessidra” ortogonale al cielo del pistone (b-c). Al fine di indagare la stabilità termica del materiale allo stato T6, si sono realizzate 6 classi di provini di trazione (di 5 provini ciascuna). Tutte sono state sottoposte al trattamento termico descritto in Tab.2 e, dopo di esso, ad un ciclo variabile di esposizione ad alta temperatura riassunto in Tab3. I campioni così ottenuti sono stati sottoposti a prove di trazione (a temperatura ambiente ed in temperatura) Classe Tempo e temperatura di degrado Stato di fornitura T6 Nessun degrado 120HB 24 ore a 170°C 105HB 6 ore a 230°C 90HB 33 ore a 230°C 75HB 7 ore a 290°C 60HB 5 giorni a 290°C Tab.3 - Classi di suddivisione dei provini estratti dai pistoni: I colonna) durezza obiettivo; II colonna) trattamento termico di degrado effettuato su ogni classe. 143 Caratterizzazione delle leghe da deformazione plastica per pistoni EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6 Inoltre, per questa lega, sono state eseguite anche delle prove a caldo. Per quest’ultime, si sono stati utilizzati altri 10 campioni di geometria analoga (Fig.2). Questi, sono stati divisi in tre classi (Tab.4) sulle quali è stato eseguito, previo trattamento T6, un eventuale trattamento termico di degrado in modo da ridurre la durezza residua del materiale. Le prove sono state condotte alla temperatura di 250°C ed hanno permesso di valutare esclusivamente la resistenza a trazione e l’allungamento a rottura (con riallineamento degli spezzoni). Queste, sono state eseguite assumendo pari a 10 min. il tempo di condizionamento (ovvero il tempo per cui mantenere il provino nel forno della macchina di prova prima di iniziare il test). Tale tempo, ritenuto sufficiente per uniformare la temperatura nel provino prima dell’inizio della prova, soddisfa la norma UNI ISO 10002-5. La velocità di spostamento della traversa è stata impostata a 0.01 mm/s (0.6 mm/min) corrispondenti, nell’ipotesi di deformazione localizzata nel tratto calibrato, ad una velocità di deformazione di 3*10-4 s-1. Tale scelta è stata fatta in accordo con dati di letteratura. Campione Larghezza [mm] Stato di fornitura T6 6,247 1C 1D 6,263 3C 6,221 3D 6,266 Spessore [mm] HB 10 4,012 119 121 122 123 4,013 3,987 3,965 Degrado intermedio: 35 ore a 230°C 6.251 1A 6.245 2A 6.200 3B 4.017 4.006 4.000 86 86 Degrado totale: 5 giorni a 290°C 1B 6,251 2C 6,261 3A 6,247 4.0 4,011 4,005 60 61 61 87 Tab. 4: Dimensioni caratteristiche dei campioni di trazione (misurate con micrometro millesimale) e durezze medie di ogni campione dopo il trattamento termico di degrado effettuato in laboratorio. 144 Capitolo 4 Lega EN AW-2618[AlCu2MgNi] Sono stati forniti N°6 pistoni forgiati (Fig.3) in lega Al-Cu-Mg di composizione chimica riportata in Tab.5. La Tab. 6 indica le modalità di esecuzione del trattamento termico che viene realizzato su questi particolari. Alla fase di solubilizzazione dichiarata in tabella, viene fatta precedere una doppia rampa di avvicinamento con permanenze intermedie a 495°C e 507°C al fine di solubilizzare alcune fasi (eutettici ternari e quaternari) che altrimenti darebbero luogo a fusione incipiente del materiale. Fig.3 – Pistone in lega Al-Cu-Mg oggetto della sperimentazione Tab.5 - Composizione della lega EN AW-2618 dei pistoni oggetto della sperimentazione Solubilizzazione Tempra* Invecchiamento T [°C] t [h] T [°C] t [s] T [°C] t [h] 525 ± 5 8 60 ÷ 90 35 200 ± 5 20 Tab.6 - Parametri del trattamento termico T6 effettuato sulla lega. * La temperatura riportata si intende dell’acqua di tempra ed il tempo è quello di spegnimento ovvero dall’apertura del forno all’immersione totale della carica in acqua. Dal materiale sperimentale consegnato, sono stati estratti alcuni parallelepipedi (12x6x4 mm) per la definizione delle curve di degrado della lega e 40 campioni di trazione di 145 Caratterizzazione delle leghe da deformazione plastica per pistoni EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6 geometria riportata in Fig.4 assieme allo schema ed all’immagine delle modalità di prelievo (con asse del campione ortogonale all’asse spinotto). a b c Fig.4 - Geometria del provino di trazione a sezione rettangolare utilizzato nella sperimentazione (a); modalità di estrazione dei campioni dal cielo del pistone con assi paralleli all’asse spinotto e “clessidra” ortogonale al cielo del pistone (b-c). Al fine di indagare la stabilità termica del materiale allo stato T6, si sono realizzate 8 classi di provini di trazione (da 5 provini ciascuna). Tutte sono state sottoposte al trattamento termico descritto in Tab.5 e, dopo di esso, ad un ciclo variabile di esposizione ad alta temperatura riassunto in Tab6. I campioni così ottenuti sono stati sottoposti a prove di trazione (a temperatura ambiente ed in temperatura) Classi Tempo e temperatura di degrado Stato di fornitura T6 Nessun degrado 130 HB 200°C per 24 ore 115 HB 230°C per 10 ore 100 HB 230°C per 5 giorni 90 HB 275°C per 3 ore 80 HB 305°C per 8,5 ore 75 HB 305°C per 16 ore 70 HB 305°C per 30 ore Tab.7 - Classi di suddivisione dei provini estratti dai pistoni: I colonna) durezza obiettivo; II colonna) trattamento termico di degrado effettuato su ogni classe. 146 Capitolo 4 Per entrambe le leghe, la caratterizzazione meccanica è stata condotta tramite l’esecuzione di prove di durezza Brinell (HB con sfera da 2,5 mm e 62,5 kg di carico), condotte in accordo alla norma ASTM E 10–08, e l’esecuzione di prove di trazione condotte in accordo alla norma UNI EN 10002-1:2004. Queste ultime sono state condotte a temperatura ambiente su provini a sezione rettangolare (vedi figure 2 e 4) con tratto utile di 30 mm, utilizzando una macchina di trazione a vite, ed imponendo una velocità di deformazione nominale di 3,3•10-3 s-1. Le prove condotte a temperatura ambiente, hanno permesso di valutare la tensione di snervamento (YS), la tensione di rottura (UTS), l’allungamento a rottura (E%) nonché i coefficienti di incrudimento (n) e di resistenza (K) della legge di Hollomon. 147 Caratterizzazione delle leghe da deformazione plastica per pistoni EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6 4.3 Effetto della temperatura sulle proprietà meccaniche: modelli empirici di comportamento allo stato sovrainvecchiato Lega EN AW-4032 [AlSi12MgCuNi] La definizione delle curve di degrado è avvenuta nel campo di temperature spaziato dal pistone secondo i risultati delle simulazioni numeriche (Fig.5). Per esse il pistone vede, durante l’esercizio, temperature comprese circa fra i 140°C ed i 280°C. Per questo motivo, tale range è stato interamente spazzato con step di temperatura di 15°C (30°C al di sotto dei 200°C) e coprendo una durata di esposizione tra i 10 min e le 168h. I dati di durezza Brinell ottenuti e riportati in Tab.8 e nelle figure 6 e 7, sono mediati su un numero minimo di 6 prove. Fig.5 – Campo di temperature simulato sul pistone t(h)\T(°C) 0.0 0.2 0.5 1.0 2.0 3.0 6.0 14.0 14.5 24.0 25.0 48.0 65.0 72.0 120.0 168.0 140°C 115 170°C 115 200°C 115 217°C 115 230°C 115 245°C 115 260°C 115 275°C 115 99 94 290°C 115 100 90 85 114 117 118 118 113 119 109 111 109 105 110 105 99 98 89 92 88 80 84 80 76 80 76 69 84 75 73 66 68 63 63 62 63 57 57 103 99 108 97 104 101 97 93 85 83 93 85 76 116 118 118 115 82 74 74 70 70 70 69 67 Tab. 8: Durezza residua della lega EN AW-4032T6 dopo esposizione in temperatura 148 Capitolo 4 130 120 110 HB10 100 90 80 70 60 50 140°C 245°C 170°C 260°C 200°C 275°C 217°C 290°C 230°C 40 0 20 40 60 80 100 tempo, h 120 140 160 HB10 Fig.6 – Curve di degrado della lega EN AW-4032: andamento della durezza residua dopo permanenza a temperature comprese tra 140°C e 290°C. t , [h] T [°C] Fig.7 – Superficie di degrado della lega EN AW-4032: andamento della durezza residua dopo permanenza a temperature comprese tra 140°C e 290°C e tempi fino a 168h. Come evidente dai vari dati e grafici riportati, partendo da una durezza di circa 115HB, la lega, a temperature maggiori od uguali a 200°C, tende immediatamente a manifestare 149 Caratterizzazione delle leghe da deformazione plastica per pistoni EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6 un calo di durezza tanto maggiore quanto maggiore è la temperatura di ciclaggio. Tale temperatura di soglia, è all’incirca la stessa rilevata anche per la lega da fonderia AlSi7Mg0.3 (cfr.3.5), a testimonianza di simili meccanismi di rinforzo adottati per entrambe le leghe. Oltre i 200°C, con oscillazioni relativamente contenute, la durezza cala tanto più quanto maggiore è il tempo di esposizione, con un asintoto inferiore circa a 57HB. Per temperature minori a 200°C la lega manifesta un picco di durezza per tempi di esposizione tanto maggiori quanto minori sono le temperature di ciclaggio (2h a 200°C e 24h a 170°C). Tale picco è indice del fatto che allo stato di fornitura la lega è sottoinvecchiata e raggiungerà l’apice delle sue prestazioni in fase di esercizio. In generale la lega allo stato di fornitura potrà attraversare in esercizio (a seconda della temperatura/posizione in cui si troverà a lavorare) un campo di durezza globale compreso fra i 120HB ed i 60HB circa. Le prove di trazione effettuate hanno invece fatto registrare i dati riportati in Tab.9. Classe Stato di Fornitura T6 120HB 105HB 90HB 75HB 60HB HB10 Rp 0,2 (Mpa) UTS (Mpa) E% K (MPa) n 117,3 117,8 116,8 116,4 116,3 114,6 115,3 114,0 113,8 113,9 101,4 102,0 100,7 101,3 99,7 87,9 89,1 88,2 88,1 88,9 72,6 72,9 72,3 72,7 72,4 60,0 60,0 59,8 60,0 59,3 263 261 261 267 262 240 253 253 255 267 213 217 216 214 218 174 179 178 180 178 121 120 127 121 111 79 80 83 87 82 301 301 309 308 302 295 290 305 300 310 264 266 275 267 267 234 236 234 245 239 201 198 204 201 201 162 165 164 169 167 1,3 1,4 2,7 2,0 1,8 1,8 1,7 2,4 2,2 2,2 2,6 2,1 3,1 2,9 2,7 3,9 3,1 3,5 3,9 3,8 4,6 5,2 6,7 5,3 6,5 7,9 8 8,1 7,5 8,6 521 494 518 514 502 523 498 488 507 525 450 437 452 466 466 403 425 423 413 428 404 400 393 397 394 323 335 328 326 329 0.125 0.114 0.125 0.119 0.119 0.128 0.124 0.120 0.125 0.124 0.130 0.126 0.129 0.135 0.137 0.145 0.148 0.152 0.149 0.156 0.203 0.199 0.198 0.202 0.202 0.216 0.221 0.222 0.223 0.222 Tab.9 – Dati relativi alla caratterizzazione meccanica dei 30 provini in lega EN AW-4032 T6 dopo ciclaggio termico: durezza Brinell (HB10), tensione di snervamento (YS), tensione di rottura (UTS), allungamento a rottura (E%), coefficiente di incrudimento (n) e coefficiente di resistenza (K). 150 Capitolo 4 Lega EN AW-2618[AlCu2MgNi] Operando scelte analoghe a quelle fatte per lega EN AW-4032 (cfr.4.3), si sono potute ottenere le curve di degrado ed isodurezza della lega EN AW-2618 riportate in Fig.8. In esse risulta chiaro come la lega in esame, raggiunga durezze di picco molto maggiori rispetto alla lega EN AW-4032 (145 HB contro i 115) ma anche come, in analogia alla lega EN AW-4032, temperature oltre i 200°C portino ad un rapido degrado del materiale. Il plateau per questa lega, si è però assestato a circa 60 HB (analoghi ai 57 della lega EN AW-4032). Inoltre si nota come la lega in esame si trovi in condizioni di picco di durezza, contrariamente a quanto osservato per le lega EN AW-4032 (sottoinvecchiata). Tale differenza è fondamentalmente imputabile ai diversi tempi di invecchiamento adottati per le due leghe: 20 a 200°C per la lega EN AW-2618 contro 9h a 200°C per la lega EN AW-4032. I risultati delle prove di trazione condotte sulla lega sono riportati invece in Tab.10. a 150 AA-2618200°C AA-2618215°C AA-2618230°C AA-2618245°C AA-2618260°C AA-2618275°C AA-2618290°C AA-2618305°C 140 130 120 HB 110 100 90 80 70 60 50 0 b 320 2000 120 115 305 4000 6000 Tempo, min 8000 10000 110 100 95 90 85 80 75 70 65 60 60 290 275 T [°C] 260 245 230 215 200 185 1 10 100 t [min] 1000 10000 100000 Fig.8 – Curve di degrado (a) ed isodurezza (b) della lega EN AW-2618 T6 151 Caratterizzazione delle leghe da deformazione plastica per pistoni EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6 Classe Stato di fornitura T6 130HB 115HB 100HB 90HB 80HB 75HB 70HB HB10 YS [MPa] UTS [MPa] E% K [MPa] n 139 141 143 146 148 125 125 127 127 127 115 115 115 116 117 100 104 104 105 106 69 70 71 71 72 89 89 90 91 92 83 83 85 85 86 78 79 79 80 372 343 377 366 341 313 315 315 322 322 263 274 271 256 271 201 223 225 216 223 107 103 106 109 110 159 163 164 168 174 132 132 122 147 145 118 118 122 124 422 415 426 430 437 384 382 381 388 385 351 359 353 348 352 310 317 330 323 325 230 226 231 235 235 271 275 280 282 285 253 258 261 269 267 244 246 245 246 3,6 4,4 4,5 4,0 6,1 5,5 5,5 5,3 5,9 6,8 6,3 5,6 7,6 6,3 7,0 7,2 5,0 7,9 6,2 6,5 9,3 10,4 10,6 11,1 12,2 6,4 8,2 7,8 8,2 8,2 10,4 8,9 8 10,6 8,9 10,7 10,1 10,4 9,6 578,8 580,6 570,3 582,6 604,6 577,9 568,8 573,2 572,6 563,4 589,7 591,2 580 576,7 580,7 593,3 602,6 597,3 604,7 592,7 542,8 533,4 541,8 534,3 536,5 578,9 561,9 576,3 583,6 580,3 539,1 553,6 648,2 571,9 567 541,5 543,5 545,6 535,3 0,08408 0,09368 0,07923 0,08217 0,09094 0,1179 0,1144 0,1164 0,1109 0,1084 0,1523 0,1452 0,1478 0,1496 0,149 0,1962 0,1907 0,1802 0,1884 0,1823 0,2811 0,2828 0,2797 0,2712 0,2762 0,2359 0,2251 0,2257 0,23 0,2215 0,2474 0,2514 0,2877 0,244 0,2414 0,2651 0,2628 0,2649 0,2569 Tab.10 – Dati relativi alla caratterizzazione meccanica dei 40 provini in lega EN AW-2618 T6 dopo ciclaggio termico: durezza Brinell (HB10), tensione di snervamento (YS), tensione di rottura (UTS), allungamento a rottura (E%), coefficiente di incrudimento (n) e coefficiente di resistenza (K). 152 Capitolo 4 Leghe EN AW-4032 [AlSi12MgCuNi] ed EN AW-2618[AlCu2MgNi] I risultati dei test di trazione di entrambe le leghe, sono stati diagrammati in funzione della durezza residua del materiale dopo esposizione in temperatura ottenendo i risultati riportati nelle figure 9-11. Come evidente, tensione di snervamento (YS), tensione di rottura (UTS), coefficiente di resistenza (K) e coefficiente di incrudimento (n) hanno tutti evidenziato una dipendenza di tipo lineare dalla durezza residua del materiale. Nel caso particolare della resistenza a snervamento, gli andamenti sono risultati praticamente sovrapposti. La lega EN AW-2618 T6, si è dimostrata, come noto, meccanicamente superiore ed in grado quindi di raggiungere valori maggiori sia in termini di resistenza a trazione/snervamento, sia in termini di allungamento a rottura. Tuttavia, la lega EN AW-4032 T6, ha dimostrato una minore dispersione dei dati (anche e soprattutto in termini di allungamento a rottura). I modelli empirici ottenuti, assieme ai coefficienti di determinazione che li caratterizzano, sono riportati nelle equazioni 1-3 per la lega EN AW-4032 T6 e nelle equazioni 4-6 per la lega EN AW-2618 T6: YS = 3.174*HB - 107.24 R2=0,993 (1) UTS = 2.415*HB + 23.415 R2=0,990 (2) E% = 72694*HB-2.217 R2=0,930 (3) YS = 3.7545*HB - 169.89 R2=0,983 (4) UTS = 2.7503*HB + 32.75 R2=0,994 (5) E% = 2260.2*HB-1.249 R2=0,806 (6) Assieme a questi, sfruttando i risultati ottenuti per i coefficienti di resistenza ed incrudimento del modello di Hollomon, si sono ottenute le espressioni della tensione reale in funzione del degrado del materiale per entrambe le leghe (EN AW-4032 eq.7 ed EN AW-2618 eq.8). (7) (8) L’implementazione di tali modelli ed il confronto con alcune curve tensionedeformazione reali delle due leghe è rappresentato in Fig. 12. 153 Caratterizzazione delle leghe da deformazione plastica per pistoni EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6 400 350 EN AW-2618 EN AW-4032 Rp0,2, Mpa 300 y = 3.7545x - 169.89 R² = 0.9828 250 y = 3.1738x - 107.24 R² = 0.9927 200 150 100 a 50 450 400 y = 2.7503x + 32.75 R² = 0.9941 UTS, Mpa 350 300 250 y = 2.4146x + 23.415 R² = 0.9899 200 b 150 14 12 y = 2260.2x-1.249 R² = 0.8064 E% 10 8 6 4 y = 72694x-2.217 R² = 0.9298 2 c 0 50 60 70 80 90 100 HB10 110 120 130 140 150 Fig.9 – Relazione tra durezza residua e resistenza a snervamento (a), resistenza a rottura (b) ed allungamento a rottura (c) per le leghe EN AW-4032 T6 ed EN AW-2618 T6 154 Capitolo 4 700 LEGA AA2618 650 K = 0,56HB + 512 R² = 0,3816 600 K, MPa 550 500 450 LEGA AA4032 400 K = 3,01HB + 159 R² = 0,95 350 300 50 70 90 110 130 150 HB10 Fig.10 – Relazione tra durezza residua e coefficiente di resistenza per le leghe EN AW-4032 T6 ed EN AW-2618 T6 0.35 LEGA AA2618 0.3 y = -0.0029x + 0.4848 R² = 0.9905 0.25 n 0.2 0.15 0.1 LEGA AA4032 0.05 y = -0.0018x + 0.3252 R² = 0.9373 0 50 70 90 110 130 150 HB Fig.11 – Relazione tra durezza residua e coefficiente di incrudimento (b) per le leghe EN AW4032 T6 ed EN AW-2618 T6 155 Caratterizzazione delle leghe da deformazione plastica per pistoni EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6 Lega EN AW-4032 T6 [AlSi12MgCuNi] a Lega EN AW-2618 T6 [AlCu2MgNi] b Fig.12 – Confronto fra le curve tensione-deformazione reali (continue) e quelle simulate (tratteggiate) tramite le equazioni 7 ed 8, per le leghe EN AW-4032 T6 (a) ed EN AW-2618 T6 (b). Come evidente dai grafici di Fig. 12 il modello risulta tanto più adatto a descrivere il comportamento del materiale tanto minore è la durezza residua dopo ciclaggio termico, con forti scostamenti per i campioni a picco di durezza. Questo è fondamentalmente imputabile alla semplicità della legge di Hollomon, che diventa tanto più inadatta a descrivere l’andamento del materiale in campo plastico tanto più il materiale si comporta “fragilmente” (ovvero tanto più è vicino al suo picco di durezza). per temperature ≥ 230°C (che da simulazione si verificano praticamente su l’intero cielo del pistone). 156 Capitolo 4 4.4 Effetto della microstruttura sulle proprietà meccaniche Lo studio del comportamento meccanico dei campioni in funzione della loro microstruttura è stato affrontato per queste due leghe solo qualitativamente. Tale studio ha comunque evidenziato come la posizione di estrazione del campione influisca sulle proprietà meccaniche del materiale e sulla posizione della zona di frattura all’interno del tratto utile. Tale dipendenza è stata interpretata evidenziando variazioni di microstruttura all’interno dei pistoni imputabili al processo di stampaggio. La dipendenza dalla zona di estrazione e la posizione della superficie di frattura nel tratto utile dei provini, risulta evidente per le due leghe dalla Fig.13 in cui è chiaro come il processo di stampaggio conferisca al pistone una certa simmetria che si ripropone anche nell’andamento della posizione media del punto di rottura. D, mm 40 30 Fine tratto utile 20 10 0 0 10 20 30 a 40 50 60 70 Alesaggio, mm 80 90 D, mm Fine tratto utile 15 10 5 0 50 60 70 80 90 100 110 Alesaggio, mm Fig.13 – Posizione media del punto di rottura in funzione della zona di estrazione dei provini estratti dai pistoni per le leghe EN AW-4032 T6(a) ed EN AW-2618 T6 (b). b 0 10 20 30 40 Il secondo comportamento risulta chiaro dall’analisi delle singole classi di durezza dei vari provini riportate in Fig.14 e Fig.15. Ai campioni estratti dalla zona laterale del cielo del pistone, corrispondono tendenzialmente migliori proprietà di quelle 157 Caratterizzazione delle leghe da deformazione plastica per pistoni EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6 A% Rm (MPa) manifestate dai provini estratti in zona centrale per entrambe le classi di pistoni. Ulteriore passo, è stata dunque l’analisi microstrutturale, che ha evidenziato risultati opposti (Fig.16) per le due classi di pistoni. I pistoni in lega EN AW-4032 T6, erano caratterizzati da un grano fine, ma cmq particolarmente disomogeneo in zona centrale (Fig.17). Conferma della presenza di una microstruttura più grossolana (e quindi peggiore) in zona centrale è giunta attraverso le analisi in microscopia elettronica. La Fig.18, mostra un paragone fra i cristalli di Si eutettico dispersi nella matrice metallica riscontrati di un campione estratto dalla zona centrale (a) e di un campione estratto dalle zone laterali. Fra i due cristalli c’è un rapporto almeno pari a 5 (probabilmente riferibile anche al grano). I provini in lega EN AW-2618 T6, al contrario, hanno mostrato un grano di dimensioni decisamente maggiori (di ben due ordini di grandezza) e comunque più fine in zona centrale che non nelle zone periferiche (Fig.19 e Fig.20). E% UTS Stato Fornitura 120HB 105HB 90HB Fig.14 – Andamento delle proprietà medie (UTS ed E%) riscontrate per le varie classi di durezza residua, in funzione della posizione di estrazione dei provini ricavati dai pistoni in lega EN AW-4032 T6. E% UTS 140HB 85HB 115 HB 70 HB 104 140 HB 85 HB 115 HB 70 HB 104 HB Fig.15 – Andamento delle proprietà medie (UTS ed E%) riscontrate per alcune classi di durezza residua, in funzione della posizione di estrazione dei provini ricavati dai pistoni in lega EN AW2618 T6. 158 Capitolo 4 10 Pistone 1 Grano, μm 8 Pistone 2 6 Pistone 3 4 Pistone 4 Lega EN AW-4032 T6 [AlSi12MgCuNi] 2 Pistone 5 0 0 20 40 60 Alesaggio, mm 80 100 Grano, mm 400 300 200 100 Lega EN AW-2618 T6 [AlCu2MgNi] 0 0 10 20 30 40 50 60 Alesaggio, mm 70 80 90 100 110 Fig.16 – Andamento delle dimensioni medie del grano nei provini ricavati dai pistoni in lega EN AW-4032 T6 (valori misurati per ogni provino) e dai pistoni in lega EN AW-2618 T6 (valori medi su tutti i provini). a b Fig.17 – Micrografie ottiche ad alto ingrandimento ritraenti zone del materiale a grano fine ed omogeneo (a) e zone a grano disomogeneo (b) nei pistoni in lega EN AW-4032 T6. 159 Caratterizzazione delle leghe da deformazione plastica per pistoni EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6 a b Fig.18 – Micrografie SEM ad alto ingrandimento ritraenti fini (a) e grossolani (b) cristalli di Si fratturati nei pistoni in lega EN AW-4032 T6. a b Fig.19 – Micrografie ottiche ritraenti zone del materiale a grano fine (a) e zone a grano grossolano (b) nei pistoni in lega EN AW-2618 T6. a b Fig.20 – Fotocomposizione di micrografie ottiche ritraenti una porzione del pistone in lega EN AW-2618 T6su un piano di sezione dello stesso passante per le portate spinotto (a) ed un ingrandimento delle stesse in corrispondenza della camicia esterna in cui si nota un ingrossamento del grano. 160 Capitolo 4 Le analisi in microscopia elettronica, come già quelle in microscopia ottica (Fig.17 e Fig.19), hanno evidenziato un certo bandeggio nella distribuzione del grano e delle fasi indurenti (a base Fe, Ni, Cu, Mg e Si). Per la lega EN AW-4032 l’evidenza di tale bandeggio è riportata in Fig.21-a. L’osservazione delle fasi indurenti a maggiore ingrandimento, e l’utilizzo della sonda EDS hanno permesso di distinguerne la natura delle fasi e di osservare come quelle a base Fe-Ni (chiari in fig.21-b) tendano spesso a raggrupparsi (e dunque a non distribuirsi omogeneamente) nell’intorno di altri precipitati a base Mg-Si da cui evidentemente nucleano e si accrescono. In Fig.21 (c,d) sono riportati gli spettri caratteristici delle fasi a base Mg-Si e Fe-Ni-Cu-Mg e rispettivamente. a c b Spectrum 1 d KeV Spectrum 2 KeV Fig.21 – Micrografie SEM della lega EN AW-4032 T6 che mettono in evidenza il bandeggio della microstruttura (a) e la presenza di fasi indurenti (b) nella matrice contenenti Mg-Si (c) e Fe-Ni (d) come elementi principali. 161 Caratterizzazione delle leghe da deformazione plastica per pistoni EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6 4.5 Comportamento a caldo della lega EN AW-4032 T6 Secondo quanto già riportato sopra (cfr.4.2), le prove sono state eseguite senza l’applicazione di estensometro alla temperatura di 250°C. I risultati delle prove sono riassunti nel grafico di Fig.22 e nei dati di Tab.11. L’assenza di estensometro ha reso impossibile la misura del modulo elastico e la valutazione della tensione di snervamento del materiale. La tabella 12 riassume i dati medi ottenuti a 25°C (cfr.4.4) ed a 250°C per questa lega. Relazionando il comportamento alla durezza residua, si sono ottenuti i risultati riportati in Fig.23 ed in Fig.24.. 5 120 HB 4.5 4 carico [kN] 3.5 3d 1c 1d 1a 2a 3b 2c 3a 1b 85 HB 3 3c 2.5 2 60 HB 1.5 1 0.5 0 0 2 4 6 8 corsa [mm] 10 12 14 Fig.22 - Curve di flusso rilevate durante i test a 250°C (le diverse classi di comportamento sono imputabili ai diversi stati metallurgici del materiale: T6 (peak-aged 121 HB), T6 degradato ad 86 HB, T6 degradato ad 61 HB) Classe 121 HB 86 HB 61 HB Provino UTS [MPa] 3C 3D 1C 1D 1A 2A 3B 3A 1B 2C 186.89 190.36 183.04 185.86 134.03 133.16 135.82 74.95 71.61 72.30 E% 22 21 24 24 27 31 26 42 51 47 Tab.11 - Tensione di rottura ed allungamento % a rottura a 250°C della lega EN AW4032-T6 per le tre classi di provini a durezza differenziata. 162 Capitolo 4 HB Media (Dev. St.) UTS Media (Dev. St.) E% Medio (Dev. St.) 250°C 121 86 61 2 1 1 187 134 73 3 1 2 22.8 27.8 46.7 1.5 2.9 4.3 HB Media (Dev. St.) UTS Media (Dev. St.) E% Medio (Dev. St.) 25°C 116.9 0.6 304 4 1.8 0.6 88.4 0.5 238 5 3.6 0.3 59.8 0.3 165 3 8.0 0.4 Tab.12 - Andamenti medi della tensione di rottura e dell’allungamento percentuale a rottura della lega EN AW4032 - T6 per le tre classi di durezza residua a 250°C e 25°C (cfr.4.3). 350 250°C 300 y = 2.4146x + 23.415 R² = 0.9899 25°C UTS, Mpa 250 200 150 100 y = 1.8527x - 34.392 R² = 0.982 50 0 0 20 40 60 80 Durezza residua, HB 100 120 140 Fig.23 - Andamento della resistenza a trazione in funzione della durezza residue a 25°C ed a 250°C. 50 250°C 45 25°C 40 y = 3148.1x-1.038 R² = 0.9442 35 E% 30 25 20 15 y =72694x-2.217 R² = 0.9298 10 5 0 40 60 80 100 Durezza residua, HB 120 140 Fig.24 - Andamento dell’allungamento a rottura in funzione della durezza residue a 25°C e 250°C. 163 Caratterizzazione delle leghe da deformazione plastica per pistoni EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6 Dai dati riportati in tabella 12 e nei grafici delle figure 23 e 24, si nota come la temperatura di 250°C porti ad una significativa riduzione della tensione di rottura e ad un significativo aumento dell’allungamento a rottura rispetto a quanto fatto registrare alla temperatura di 25°C. Significativo è però il mantenimento della tipologia di relazione fra la proprietà e la durezza residua del materiale. Tale relazione, rimane lineare per le resistenza a trazione sia a temperatura ambiente che a 250°C. Allo stesso modo, una legge di potenza, lega l’allungamento a rottura alla durezza residua ad entrambe le temperature testate. 164 Capitolo 4 4.6 Conclusioni L’analisi sperimentale condotta sui campioni estratti dai pistoni stampati in lega EN AW-4032 [AlSi12MgCuNi] ed EN AW-2618 [AlCu2MgNi], ha permesso di raggiungere parzialmente gli obiettivi previsti nell’ambito del progetto di ricerca e di dottorato. Partendo dal materiale industriale, è stato possibile mettere in evidenza pregi e difetti del processo di produzione e fornire dati di rilievo per le fasi di pre-processing delle simulazioni strutturali realizzate su questi componenti. Chiaramente, un maggior numero di prove a caldo, nonché una valutazione quantitativa dell’effetto della microstruttura sul materiale, da unire eventualmente all’utilizzo di software di simulazione di processo per la previsione della dimensione del grano, avrebbero contribuito al raggiungimento di un risultato più ampio a ricco di risvolti. D’altra parte, come già specificato anche nell’introduzione della tesi, lo studio delle leghe da deformazione plastica, utilizzate per la realizzazione di pistoni, si è aggiunto come secondo ambito di studio del progetto di dottorato, perché la progettazione meccanica con queste leghe condivide le problematiche di perdita di proprietà nel tempo tipiche delle leghe da fonderia Al-Si-Mg trattate termicamente. Al di là di ciò, i risultati ottenuti, hanno messo in evidenza che: Le leghe EN AW-4032 [AlSi12MgCuNi] ed EN AW-2618 [AlCu2MgNi], sono fornite rispettivamente allo stato sottoinvecchiato e di picco di durezza, con durezze rispettivamente pari a 115HB e 145HB. Le proprietà meccaniche variano per entrambe le leghe a seconda della zona di estrazione facendo verificare un minimo delle proprietà in corrispondenza della zona centrale del cielo del pistone (sottoposta alla maggiore sollecitazione termica in esercizio). La distribuzione della dimensione media del grano, ha permesso di spiegare parzialmente questo comportamento soprattutto per la lega EN AW-4032. Nella zona centrale è infatti presente una certa disomogeneità microstrutturale ed un grano tendenzialmente maggiore che non nelle zone periferiche del cielo. La distribuzione delle fasi indurenti Fe-Ni, è sensibile della direzione del flusso plastico del materiale e dunque non omogenea all’interno del pistone, con frequenti addensamenti attorno a precipitati a base Mg-Si per la lega EN AW-4032. La finestra di degrado per le due leghe si estende fino a 60HB di durezza residua con modalità simili di transizione dalla condizione di picco di durezza (120HB per la EN AW-4032 e 145HB per la EN AW-2618) fino a quella di degrado massimo. La maggior presenza di Cu nella lega EN AW-2618, le permette di avere tendenzialmente tempi di degrado maggiori a quelli della lega EN AW-4032. Le proprietà statiche delle due leghe in funzione della durezza residua possono essere descritte efficacemente con modelli di tipo lineare per la tensione di snervamento e quella di rottura e con una legge di potenza per l’allungamento a rottura. Per tutte questi modelli proposti, i coefficienti di determinazione raggiunti sono superiori a 0,8. 165 Caratterizzazione delle leghe da deformazione plastica per pistoni EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6 In campo plastico, la definizione dei coefficienti di resistenza e di incrudimento della legge di Hollomon, ha portato alla definizione delle curve tensionedeformazione reali in funzione della durezza residua per le due leghe: (EN AW-4032) (EN AW-2618) 166 Tali modelli, si sono rivelati più accurati per bassi valori di durezza residua del materiale, dando luogo ad errori sempre maggiori avvicinandosi alla durezza di picco (cui corrispondono comportamenti più “fragili” del materiale). Nel comportamento a 250°C della lega EN AW-4032, si è riscontrato come, la durezza residua del materiale, abbia un effetto determinante. Le relazioni che legano UTS ed E% a tale parametro sono risultate anche in questo caso di tipo lineare e di potenza rispettivamente. Capitolo 4 Bibliografia [1] Richard Van Basshuysen and Fred Schafer Editors, Internal Combustion Engine Handbook, SAE International, 2004 [2] S. J. Barnes, K. Lades, SAE technical papers, 2002-01-0493 [3] H. Lu, P. Kadolkar, K. Nakazawa, Met. Mats Trans A, 38, 2007, 2379-2388 [4] M. Rogante, V.T. Lebedev, F. Nicolaie, E. Retfalvi, L. Rosta, Physica B: Condensed Matter, Volume 358, Issues 1-4, 224-231 [5] P. Cavaliere, Journal of Light Metals 2, 2002, 247–252 [6] F. Bardi, M. Cabibbo, S. Spigarelli, Mat Sci Eng A, 334, 2002, 87–95 [7] G. Fang, P. Zeng,, Journal of Materials Engineering and Performance, Volume 15, Number 5, 535-539 [8] M. H. Jacobs, Precipitation Hardening, TALAT Lecture 1204, EAA 1999 [9] Z. Zhang, SAE technical papers, 2011-01-2230 [10] J. Wang, D. Yi, X. Su, F. Yin, Materials Characterization, 59, 2008, 965– 968 [11] Z. Asghar, G. Requena, H.P. Degischer, P. Cloetens, Acta Materialia 57 (2009) 4125–4132 [12] Z. Asghar, G. Requena, E. Boller, Acta Materialia 59 (2011) 6420–6432 [13] K. Yu, W. Li, S. Li, J. Zhao, Mat Sci Eng A368 (2004) 88–93 [14] G. Biroli, G. Caglioti, L. Martini, G. Riontino, Scripta Materialia, Volume 39, Issue 2, 197-203 [15] S.C. Wang, M.J. Starink, N. Gao, Scripta Materialia 54 (2006) 287–291 167 Caratterizzazione delle leghe da deformazione plastica per pistoni EN AW-2618 T6 ed EN AW-4032 T6 168 Capitolo 5 CAPITOLO 5 Simulazione del degrado di una lega di alluminio da trattamento termico in ambiente MATLAB® 5.1 Introduzione Come già ampiamente discusso, fra le leghe di alluminio, le leghe da trattamento termico sono sicuramente le più industrialmente utilizzate nel momento in cui venga ricercata la massima resistenza specifica. Il raggiungimento dell’obiettivo di contenere le masse, è permesso dalla presenza di Cu, Mg, Si, Zn o altri elementi di lega che, sotto opportune condizioni, possono precipitare singolarmente o legati fra loro all’interno della matrice ed ostacolare il moto delle dislocazioni [1,2]. Questo meccanismo di rinforzo, è applicabile inoltre sia alle leghe da deformazione plastica che alle leghe da fonderia. Nel caso particolare delle leghe Al-Si-Mg/Al-Mg-Si, la fase Mg2Si, rappresenta il precipitato indurente stabile e la sequenza di precipitazione che ne permette il raggiungimento, può essere così schematizzata: α-sss →zone_GP→β’’→β’→β (Mg2Si) [3,4,5]. Come già discusso (cfr. Cap.2 e Cap.3), soprattutto nella definizione di ciò che precede la formazione dei precipitati β’’, molte sono ancora le cose da chiarire. Soprattutto nel caso delle leghe da deformazione plastica della serie 6000 (Al-Mg-Si), sono stati proposti numerosi modelli di precipitazione [6-9] che, in forme più o meno complesse, hanno sempre teso a sviluppare un calcolo della durezza (resistenza a snervamento) risultante dal trattamento di invecchiamento, come contributo dovuto all’alligazione, alla soprassaturazione della lega ed alla precipitazione delle fasi indurenti. In questo senso, si sono sviluppati modelli anche per leghe della stessa famiglia, ma contenenti anche Cu [10]. Assieme allo sviluppo di questi modelli, ne sono anche stati proposti altri di natura semiempirica [11] e di più semplice applicazione pratica. In ogni caso, sia modelli di maggior complessità, che modelli più semplici, fanno uso di costanti che devono essere calcolate per ogni lega e necessitano di una taratura sperimentale. Inoltre, gli autori citati, propongono una modellazione della fase di invecchiamento e dunque di stazionamento della lega allo stato as-quenched a temperatura costante per un definito e continuo arco di tempo. Queste condizioni sono, per quanto già illustrato precedentemente (cfr.3 e cfr.4), assolutamente inverosimili nel caso di simulazione di esercizio di organi motore. In termini di progettazione meccanica di componenti in lega di alluminio destinati a lavorare in temperatura, le condizioni di impiego non sono mai costanti, ed uno dei maggiori problemi è la definizione della variazione di proprietà del materiale [12,13]. 169 Simulazione del degrado di una lega di alluminio da trattamento termico in ambiente MATLAB® Tale variazione, dipende dal tempo e dalla temperatura di esposizione e quindi, per un componente che varia continuamente le sue condizioni di esercizio, quale una testa motore od un pistone, modelli di questo tipo non possono essere utilizzati. Obiettivo di questa attività sperimentale, è stato lo sviluppo in ambiente MATLAB®, di un algoritmo, e quindi un modello numerico, in grado di valutare la perdita di proprietà di una lega di alluminio allo stato T6 nel corso di un ciclo qualsiasi di esposizione ad alta temperatura. 170 Capitolo 5 5.2 Ipotesi di base e sviluppo dell’algoritmo Per raggiungere l’obiettivo di fornire una curva di degrado di durezza, per esposizione ad un ciclo qualsiasi di temperatura e per una generica lega di alluminio da trattamento termico allo stato T6, si è proceduto basandosi sui dati sperimentali in possesso (curve di degrado (a temperatura costante) in un certo intervallo di tempi e temperature) e su alcune ipotesi semplificative. Queste ultime possono essere così riassunte: La caratterizzazione sperimentale del materiale, in termini di curve di degrado, deve prevedere una temperatura minima di caratterizzazione a cui la lega rimane “insensibile”, ovvero che non ne causi una sensibile variazione delle proprietà nel tempo (nel caso in esame della lega EN AW-4032 T6: 140°C). Il materiale oggetto dello studio, si presuppone sufficientemente omogeneo per composizione chimica e prassi di trattamento termico. In queste condizioni, la durezza, è un indice sufficientemente rappresentativo dello stato di precipitazione delle fasi indurenti all’interno della matrice del materiale. In altre parole, presi due campioni della lega sottoposti ad un certa esposizione in temperatura, tali che abbiano la stessa durezza (allo stato sottoinvecchiato o sovrainvecchiato), questi sono caratterizzati da un’analoga distribuzione di precipitati indurenti. Conseguenza di ciò, è che non importa come il materiale sia arrivato a quello stato di durezza e dunque, cicli successivi di degrado semplicemente “sommano” il loro contributo in una sorta di “legge di cumulazione del danno”. Temperature rispettivamente inferiori a quella minima e maggiori a quella massima, analizzate nella caratterizzazione del materiale, producono sulla lega, effetti rispettivamente pari a quelli della temperatura minima e della temperatura massima analizzate. Raggiunto un certo valore di durezza residua, l’esposizione ad una certa temperatura, ha effetto sulla lega solo se la temperatura in oggetto risulta sufficientemente alta da poter raggiungere valori di durezza inferiori a quello in esame entro il limite di 1 settimana di esposizione (limite dettato dai dati sperimentali in possesso per la lega EN AW-4032 T6). Basandosi su queste ipotesi, l’algoritmo, procede nel suo calcolo dopo che ha ricevuto come input: Le curve di degrado del materiale in un opportuno range di temperature e tempi. Il ciclo di esposizione in temperatura (T,t) di cui va simulato l’effetto sulla lega. Una volta inseriti alcuni dati dall’utente (ad esempio relativi a dimensioni degli intervalli di tempo e/o temperatura da adottare nel corso della discretizzazione realizzata dall’algoritmo), l’algoritmo procede costruendo una superficie di degrado (HB, t,T) e discretizzando il ciclo di esposizione termica a cui la lega viene sottoposta. Molto semplicemente, una volta fatto ciò, il degrado viene valutato come somma di contributi a temperatura costante. Nel seguito, viene illustrato un esempio di iterazione. In riferimento alla lega EN AC4032 T6, la durezza iniziale ottenuta tramite trattamento termico industriale, è stata pari 171 Simulazione del degrado di una lega di alluminio da trattamento termico in ambiente MATLAB® a circa 115HB. Questo, è il valore di ingresso nell’algoritmo secondo quanto illustrato in figura 1, in cui viene riportata una parte del grafico contenete le curve di degrado della lega EN AW-4032 T6 (cfr.4.3). Si ipotizza nell’esempio, che le temperature di 170°C e 200 °C siano quelle relative a due intervalli consecutivi del ciclo di degrado applicato. Con HB, T, t, Δt seguiti da un numero, si indicheranno rispettivamente i valori di durezza, temperatura, tempo e incremento di tempo, relativi all’i-esimo step di degrado. 118 117 0 116 HB Durezza iniziale 115 140°C 200°C 230°C 260°C 290°C 114 113 112 170°C 217°C 245°C 275°C 111 110 0 1 2 3 4 tempo, h Fig.1 – Condizione iniziale (di durezza) del materiale 5 118 1 HB HB_1 140°C 200°C 230°C 260°C 290°C 115 Δt_1 170°C 217°C 245°C 275°C 112 0 1 2 t_1 3 4 5 tempo, h Fig.2 – Durezza in uscita dopo l’applicazione del primo step del ciclo discretizzato di degrado. Dopo un primo arco di tempo Δt_1 (coincidente con t_1) di mantenimento alla temperatura T_1 di 170°C, ne risulta un valore di durezza residua pari ad HB_1 (Fig.2). 172 Capitolo 5 Secondo la discretizzazione operata, il ciclo di degrado prevede un secondo step di mantenimento alla temperatura T_2 (di 200°C) per un tempo Δt_2; l’algoritmo allora cerca le intersezioni della curva a durezza costante (HB_1) con la curva di degrado del materiale alla temperatura T_2. Nel caso particolare in oggetto, ne trova due (punti 2 e 2b in figura 3) e sceglie il primo, dato che nel corso dello step di degrado precedente la durezza era cresciuta (e quindi la lega è ancora nello stato sottoinvecchiato). Il tempo t_2, non rappresenta altro che il tempo di mantenimento alla temperatura T_2, equivalente in termini di degrado, a tutta la storia di esposizione subita dal materiale (in questo caso equivalente al mantenimento per un tempo Δt_1 alla temperatura T_1). 118 HB_2 2b HB_1 HB 2 115 140°C 200°C 230°C 260°C 290°C Δt_2 170°C 217°C 245°C 275°C 112 0 3 4 5 NO tempo, h Fig.3 – Durezza in uscita dopo l’applicazione del secondo step del ciclo discretizzato di degrado. t_2 1 2 t_3 Trovato il tempo t_2, si aggiunge lo step di degrado Δt_2 ( a 200°C) per avere un nuovo valore di durezza HB_2 in uscita corrispondente al secondo step del ciclo di degrado. A questo punto si procede in maniera ricorsiva fino ad un valore di durezza finale ottenuto dopo l’applicazione del numero di step previsti dalla discretizzazione del ciclo originale di degrado. Nell’aver a che fare con una lega sottoinvecchiata, si può incorrere in un problema che possiamo così esemplificare: si suppone che il terzo step sia alla temperatura di 230°C, per cui non c’è nessuna intersezione con la retta orizzontale al valore HB_2. In questo caso, si è deciso di far scegliere all’algoritmo come tempo di riferimento, quello in cui la curva a 230°C raggiunge il suo massimo (ovvero il tempo 0). In generale dunque, per risolvere numericamente il problema, viene inserita una ulteriore ipotesi semplificativa difficilmente introducibile in precedenza: Se nel corso dell’algoritmo, per una data curva di degrado (a T costante), non esiste intersezione col valore di durezza ottenuto nello step precedente allora: 173 Simulazione del degrado di una lega di alluminio da trattamento termico in ambiente MATLAB® 1. Se la durezza dello step precedente è maggiore di tutte le durezze ottenibili a quella temperatura (come nell’esempio riportato), allora prendi il valore di tempo corrispondente al massimo valore di durezza registrabile nella curva di degrado con quella temperatura; 2. Se la durezza dello step precedente è minore di tutte le durezze ottenibili a quella temperatura (nel caso ad esempio siano state toccate alte temperature e si torni poi a bassa temperatura), allora, considera ininfluente il degrado apportato da quello step di degrado. Di seguito, viene riportato l’algoritmo, opportunamente commentato. clc clear %%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%% % Importazione superficie di degrado M = importdata ('Degrado1 mod.xlsx'); T = M(:,1); t_xls = M(:,2); HB = M(:,3); ft_HB = 'linearinterp'; opts_HB = fitoptions( ft_HB ); opts_HB.Weights = zeros(1,0); opts_HB.Normalize = 'on'; [fitresult_HB, gof_HB] = fit( [T, t_xls], HB, ft_HB, opts_HB ); %superficie con tutte le durezze relative a tutte le temperature e tempi %da questa mi vado a calcolare i valori di durezza note le temperature %fornite e i tempi calcolati secondo il metodo iterativo seguente. Hb_0 = fitresult_HB(T(1),t_xls(1)); %valore iniziale di durezza %%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%% % Importazione ciclo di degrado N = importdata ('Ciclo_temperatura sin.xls'); t_ciclo = N (:,1); T_ciclo = N (:,2); t_c = N (:,1); T_c = N (:,2); %Freq=input('inserisci il valore della frequenza di acquisizione'); Freq=0.1; Deltat=1/Freq; NumTemp=length(T_ciclo); for g = 1:(NumTemp) if T_ciclo(g) < 140 %elimino le temperature non processabili perchè non presenti tra i dati di degrado T_ciclo(g) = 139; % t_ciclo(g) = 0; elseif T_ciclo (g) > 290 T_ciclo(g) = 290; 174 Capitolo 5 end end %%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%% %si compatta il ciclo di degrado eliminando le parti a T costante DT = input('inserire il valore di taglio per le temperature consecutive '); cont=0; for k = 1:(NumTemp-2) while abs(T_ciclo(k) - T_ciclo(k+1)) < DT && abs(T_ciclo(k) T_ciclo(k+2)) < DT && T_ciclo(k+2)~= 0 %se la differenza di due temeperature consecutive è minore di 0,5 , la seconda viene eliminata e T_ciclo = [T_ciclo(1:k); T_ciclo((k+2):NumTemp); 0]; %il tempo ad essa associato aggiunto a quella precedente.In questo modo si ottiene una matrice più t_ciclo = [t_ciclo(1:k); t_ciclo((k+2):NumTemp); 0]; %compatta e processabile più velocemente. Vengono aggiunti degli zeri in fondo che verranno poi eliminati. cont=cont+1; %contatore dei tagli eseguiti end end T_ciclo = T_ciclo(1:(NumTemp-cont)); %elimino gli zeri aggiunti in fondo alla matrice nello step precedente. t_ciclo = t_ciclo(1:(NumTemp-cont)); % '' NumTemp=length(T_ciclo); %ridefinisco NumTemp perchè la sua dimensione è cambiata %%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%% % Q è la matrice del ciclo compatto equivalente al ciclo di degrado Q = [T_ciclo,t_ciclo]; %%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%% % Grafico: andamento della temperatura in funzione del tempo per il ciclo % reale e quello equivalente t_gmax=max(t_c); t_gmin=0; T_gmin=min(T_ciclo)-50; T_gmax=max(T_ciclo)+50; Hb_gmin=min(HB)-10; Hb_gmax=max(HB)+10; hold on subplot(311) plot(t_c,T_c,'r-') title('Ciclo di Degrado Reale') axis([t_gmin t_gmax T_gmin T_gmax]) xlabel('tempo, s') ylabel('Temperatura') grid subplot(312) plot(t_ciclo,T_ciclo,'m-') title('Ciclo di Degrado Equivalente') 175 Simulazione del degrado di una lega di alluminio da trattamento termico in ambiente MATLAB® axis([t_gmin t_gmax T_gmin T_gmax]) xlabel('tempo, s') ylabel('Temperatura') grid subplot(313) title('Degrado Durezza') axis([t_gmin t_gmax Hb_gmin Hb_gmax]) xlabel('tempo, s') ylabel('Durezza') grid %%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%% % Si crea la matrice P delle temperature medie con le relative durate di stazionamento Temp = zeros(NumTemp-1, 1); Deltat = zeros(NumTemp-1, 1); for g = 1:(NumTemp-1) Temp(g) = (T_ciclo(g)+T_ciclo(g+1))/2; % Temp = vettore con le Temperature medie Deltat(g) = t_ciclo(g+1)-t_ciclo(g); % end end P = [Temp, Deltat]; % P è la matrice delle temperature medie con la relativa durata di stazionamento %%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%% %%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%% CUORE dell' ALGORITMO %%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%% %%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%% % inizializzazione di variabili per il calcolo di degrado delladurezza t_step=input('Inserire il valore (in secondi) di discretizzazione temporale della superficie di degrado '); t_max=max(t_xls); Numero=fix(t_max/t_step); t_max_roundinf=t_step*Numero; durezza(Numero) = 0; tempo(Numero) = 0; [a,b]=size(P); Hb(a+1)= 0; t(a)= 0; h(a)=0; S(a)=0; ti(a)=0; %MEMOtemp=zeros(a,4); t(1) = P(1,2); Hb(1) = fitresult_HB(T(1),t_xls(1)); if P(1,1)<140 Hb(2) = Hb(1); else Hb(2) = fitresult_HB(P(1,1),P(1,2)); end %%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%% 176 Capitolo 5 for z = 3 : (a+1) g=1; if P(z-1)<140 Hb(z) = Hb(z-1); S(z-1)=9; continue end for tempo=0:t_step:t_max_roundinf durezza (g) = fitresult_HB(P((z-1),1),tempo); g=g+1; %end end % calcolo il/i tempi in cui avviene l'intersezione tra la curva di % degrado alla T (z+1) ed il valore di durezza raggiunto dopo permanenza alla T(z) if Hb(z-1) < min(durezza) || Hb(z-1) > max(durezza) temp = 0; else k=1; temp=0; for i=1:(Numero-1) if ( Hb(z-1) > durezza(i)) && Hb(z-1) < durezza(i+1) || (Hb(z-1) < durezza(i) && Hb(z-1) > durezza(i+1)); %il ciclo if stabilisce se la durezza sta aumentando o sta calando temp(k) = i*t_step; % temp è un vettore che contiene le due coppie di tempi a cavallo dei quali c'è l'intersezione delle durezze temp(k+1) = i*t_step+t_step; k = 3; % l=lenght(temp); end if length(temp)==4 break end end end h(z-1) = length(temp); %%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%% SERIE DI CASI POSSIBILI %%%%%%%%%%%%%%%%%%%%% if (Hb(z-2) > Hb(z-1) && h(z-1) == 4 && S(z-2)==11 && Hb(z1)>Hb(1)) %la durezza precedente è maggiore solo perchè nella curva non c'è intersezione Tempo(1) = (temp(1) + temp(2)) / 2; ti(z-1) = Tempo(1); t(z-1) = Tempo(1) + P(z-1,2); if t(z-1) > t_max_roundinf t(z-1) = t_max_roundinf; end Hb(z) = fitresult_HB(P(z-1,1),t(z-1)); S(z-1)=1; elseif (Hb(z-2) > Hb(z-1) && h(z-1) == 4 && S(z-2)~=11) %la durezza cala e ho la dualità dei tempi Tempo(2) = (temp(3) + temp(4)) / 2; 177 Simulazione del degrado di una lega di alluminio da trattamento termico in ambiente MATLAB® ti(z-1) = Tempo(2); t(z-1) = Tempo(2) + P(z-1,2); if t(z-1) > t_max_roundinf t(z-1) = t_max_roundinf; end Hb(z) = fitresult_HB(P(z-1,1),t(z-1)); S(z-1)=2; elseif (Hb(z-2) < Hb(z-1) && h(z-1) == 4) %la durezza cresce e ho la dualità dei tempi Tempo(1) = (temp(1) + temp(2)) / 2; ti(z-1) = Tempo(1); t(z-1) = Tempo(1) + P(z-1,2); if t(z-1) > t_max_roundinf t(z-1) = t_max_roundinf; end Hb(z) = fitresult_HB(P(z-1,1),t(z-1)); S(z-1)=3; elseif (Hb(z-2) < Hb(z-1) && h(z-1) == 2) %la durezza cresce ma non ho la dualità dei tempi (durezza monotona crescente) Tempo(1) = (temp(1) + temp(2)) / 2; ti(z-1) = Tempo(1); t(z-1) = Tempo(1) + P(z-1,2); if t(z-1) > t_max_roundinf t(z-1) = t_max_roundinf; end Hb(z) = fitresult_HB(P(z-1,1),t(z-1)); S(z-1)=4; elseif (Hb(z-2) > Hb(z-1) && h(z-1) == 2) %la durezza cala (monotona decrescente Tempo(1) = (temp(1) + temp(2)) / 2; ti(z-1) = Tempo(1); t(z-1) = Tempo(1) + P(z-1,2); if t(z-1) > t_max_roundinf t(z-1) = t_max_roundinf; end Hb(z) = fitresult_HB(P(z-1,1),t(z-1)); S(z-1)=5; elseif (Hb(z-1) > max(durezza) && temp == 0) %la durezza è maggiore di quella di partenza ma non ho intersezioni con la curva successiva, quindi mi porto a tempo zero t(z-1) = P(z-1,2); Hb(z) = fitresult_HB(P(z-1,1),t(z-1)); S(z-1)=6; elseif (Hb(z-1) < min(durezza) && temp == 0) %nessuna intersezione la durezza non cambia t(z-1) = t(z-2) + P(z-1,2); if t(z-1) > t_max_roundinf t(z-1) = t_max_roundinf; end Hb(z) = Hb(z-1); S(z-1)=7; 178 Capitolo 5 elseif (Hb(z-2) == Hb(z-1) && h(z-1)==2) %conseguenza del caso 7 in cui ho delle durezze costanti con sucessivo decremento di durezza Tempo(1) = (temp(1) + temp(2)) / 2; ti(z-1) = Tempo(1); t(z-1) = Tempo(1) + P(z-1,2); if t(z-1) > t_max_roundinf t(z-1) = t_max_roundinf; end Hb(z) = fitresult_HB(P(z-1,1),t(z-1)); S(z-1)=8; end end Hardness = Hb(length(Hb)) %%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%% % Grafico: andamento della durezza in funzione del tempo subplot(313) plot(t_ciclo,Hb,'b') title('Degrado Durezza') axis([t_gmin t_gmax Hb_gmin Hb_gmax]) xlabel('tempo, s') ylabel('Durezza') grid hold off %%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%% 179 Simulazione del degrado di una lega di alluminio da trattamento termico in ambiente MATLAB® 5.3 Discussione dei risultati Sebbene ulteriori sviluppi dell’algoritmo siano necessari per il contenimento di problematiche di instabilità e/o pesantezza computazionale, le potenzialità sono risultate buone. In Fig.4, è riportato il risultato grafico dell’esecuzione di un ciclo di degrado a scalino applicato sulla lega EN AW-4032 T6 con durezza iniziale di 115HB (come quella caratterizzata in 4.3). Si vede come l’algoritmo, trasformi il ciclo di degrado in un ciclo equivalente, “epurandolo” da tutti quegli step che appesantirebbero il calcolo senza produrre in realtà alcuna modifica della durezza residua del materiale. La rampa iniziale viene così ridotta al solo tratto che coinvolge temperature superiori ai 140°C. La successiva esposizione a 170°C, porta la lega ad aumentare la sua durezza così come avevamo visto in precedenza (cfr.4.3). Il successivo step a 200°C inverte la tendenza e porta la lega nel campo sovrainvecchiato. Tornando a temperature basse (130°C) la lega mantiene inalterata la propria durezza così, il lungo stazionamento a 130°C, si traduce in un periodo di mantenimento del livello di durezza raggiunto. In realtà, in termini di calcolo, lo stazionamento a 130°C, non viene considerato poiché, a tale temperatura, la lega non subisce alcuna variazione di durezza. Ne deriva che, secondo quanto riportato in figura 4, il ciclo equivalente (su cui viene effettuato il calcolo di degrado) differisce notevolmente dal ciclo reale. Nel ciclo, a tale passaggio segue un mantenimento ad alta temperatura (250°C) cui corrisponde, evidentemente, un calo di durezza che porta la durezza finale del materiale attorno ai 90 HB. Fig.4 – Generico ciclo di degrado a gradino (a) con relativo ciclo equivalente calcolato dall’algoritmo (b) e valutazione dell’andamento della durezza nel tempo generato sulla lega EN AW-4032 T6 180 Capitolo 5 L’applicazione iniziale dell’algoritmo a cicli di esposizione a temperatura costante, ha permesso l’ottenimento di buoni risultati (figura 5) che hanno a loro volta testimoniato la bontà dei dati sperimentali acquisiti per la lega EN AW-4032 (cfr.4.3). Come evidente dal grafico, l’errore massimo compiuto è di 5HB (4% circa) in corrispondenza delle durezze maggiori (115). Fra le ragioni di questo comportamento, è stata addotta una certa incertezza della condizione di durezza iniziale del materiale. A questa, è attribuito un diverso stato di precipitazione di partenza e dunque, un diverso comportamento con l’esposizione alla temperatura. Nonostante ciò, considerando anche gli errori numerici introdotti, i risultati ottenuti in questi semplici test, sono parsi incoraggianti. 130 120 HB10 ottenuta 110 100 y = 0.9665x R² = 0.9949 90 80 70 60 50 50 60 70 80 90 100 HB10 simulata 110 120 130 Fig.5 – Confronto fra i dati di durezza residua forniti dall’algoritmo ed i valori di durezza sperimentalmente misurati dopo esposizione di alcuni campioni di lega EN AW-4032 a cicli a temperatura costante. A fianco allo sviluppo dell’algoritmo, si è provveduto a sviluppare un sistema di acquisizione delle temperature che, saldamente connesso al provino, fornisse direttamente il ciclo di degrado subito dal provino stesso, qualsiasi esso fosse. La figura 6-a, riporta appunto il sistema di acquisizione (con frequenza di acquisizione paria ad 1 Hz) e il sistema di fissaggio della termocoppia sul campione di prova. La figura 6-b, riporta invece l’acquisizione delle temperature su un campione di prova in lega ENAW-4032 T6 (Fig.6-a) sottoposto alla rampa di riscaldamento del forno elettrico utilizzato per le prove, da temperatura ambiente fino a 300°C e successivo stazionamento di circa 1h a quella temperatura. 181 Simulazione del degrado di una lega di alluminio da trattamento termico in ambiente MATLAB® a b 350 Temperatura, °C 300 250 200 150 100 50 0 0 1000 2000 3000 4000 5000 tempo, s 6000 7000 8000 Fig.6 – Dispositivo per l’acquisizione di temperatura messo a punto durante lo studio (a) e curva di acquisizione della temperatura di un campione in lega EN AW-4032 T6 sottoposto ad una rampa in forno elettrico tra 25°C e 310°C (b). Questa rampa, è stata introdotta all’interno dell’algoritmo come test di prova per il calcolo della durezza risultante di un transitorio termico. La durezza in out-put, è risultata dipendere sensibilmente dai due parametri in ingresso dell’algoritmo: i) il valore massimo del salto di temperatura concesso fra due passi successivi dell’algoritmo (ΔT); ii) il valore del passo temporale con cui viene discretizzata la superficie di degrado inserita come dato di in-put (Δt). La figura 7, riassume l’andamento della durezza simulata dall’algoritmo, per il ciclo di esposizione riportato in Fig.6-b, in funzione di questi tempi e temperature di discretizzazione. Considerando che la misura sperimentale della durezza del materiale, ha fatto rilevare il raggiungimento di 81 HB, si nota come, nel range dei parametri di in-put forniti, l’errore massimo commesso è stato pari a 9 HB (11%). In funzione della grande dipendenza tra le proprietà meccaniche 182 Capitolo 5 residue e la durezza del materiale, caratteristica delle leghe di alluminio da trattamento termico (cfr. 3.5 e 4.3), tale valore è risultato elevato ed intollerabile. Numerosi sono però i margini di miglioramento. Entrambe le curve di figura 7, per opportuni valori dei tempi e temperature di discretizzazione, permettono infatti di raggiungere il dato sperimentale. Tempi di discretizzazione eccessivamente ridotti aumentano l’errore massimo commesso come, d’altra, sembra succedere per ridottissimi intervalli di temperatura (gli andamenti infatti non sono risultati asintotici al tendere di ΔT a 0). Entrambe queste considerazioni, spingono a pensare che il problema sia di tipo numerico e di instabilità dell’algoritmo piuttosto che di non validità dell’ipotesi fondante di “cumulabilità del danno”. 90 88 86 84 HB 82 80 Rilevamento sperimentale 78 76 74 1000s 72 100s 70 0 2 4 6 8 ΔT di discretizzazione del ciclo, °C 10 12 Fig.7 – Confronto fra i dati di durezza residua forniti dall’algoritmo (funzione dei parametri di discretizzazione di tempo e temperatura forniti dall’operatore) ed il valore di durezza sperimentalmente misurato sul campione in lega EN AW-4032 sottoposto al ciclo di esposizione in temperatura di Fig.6-b. 183 Simulazione del degrado di una lega di alluminio da trattamento termico in ambiente MATLAB® 5.4 Conclusioni Errori ridotti (max 4%) nella simulazione della durezza residua della lega EN AW-4032 T6, sono stati ottenuti nel caso di cicli di mantenimento a temperatura costante. Lo sviluppo di un’opportuna attrezzatura per l’acquisizione della temperatura durante prove condotte variando la temperatura di esposizione, ha permesso di valutare il funzionamento dell’algoritmo in semplici casi di transitori termici. I risultati ottenuti sono stati in questo caso peggiori (errori massimi del 11%) ma passibili di miglioramento con successivi sviluppi dell’algoritmo. Gli errori rilevati infatti, non hanno minato le ipotesi semplificative alla base dell’algoritmo, ma ne hanno più che altro fatto emergere i problemi di tipo numerico. In conclusione, i risultati ad oggi ottenuti, lasciano intravedere buoni margini di miglioramento. Come già accennato, ulteriori sviluppi per il mantenimento della stabilità numerica ed il contenimento dei tempi di calcolo, devono essere apportati. In quest’ottica, si ritiene possibile applicare l’algoritmo a cicli di esposizione quali quelli che le leghe da trattamento termico, oggetto di questo studio (e non), possono subire durante l’esercizio di organi quali teste motore o pistoni di motori ad elevate prestazioni. 184 Capitolo 5 Bibliografia [1] M. H. Jacobs, Precipitation Hardening, TALAT Lecture 1204, EAA 1999 [2] S. P. Ringer, K. Hono, Materials Characterization, 44:101–131 (2000) [3] J. Lendvai, T. Ungár, I. Kovács, Mat. Sci. Eng., 16. 85-89 (1974) [4] M. Murayama, K. Hono. Acta mater. Vol. 47(5) (1999) 1537-1548 [5] G.A. Edwards, K. Stiller, G. L. Dunlop, M. J. Couper, Acta mater. 46(11) (1998) 3893-3904 [6] H.R. Shercliff, M.F. Ashby, Acta Metall Mater 1990;38(10):1789. [7] H.R. Shercliff, M.F. Ashby, Acta Metall Mater 1990;38(10):1803. [8] Deschamps A, Brechet Y. Acta Mater 1999;47(1):293. [9] Myhr OR, Grong Ø, Andersen SJ. Acta Mater, 2001, 49, 65. [10] S. Esmaeili, D.J. Lloyd, W.J. 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Tutte queste variabili devono dunque essere tenute in opportuna considerazione nell’ambito della progettazione di componenti meccanici, quali teste motore e pistoni, destinati all’impiego in condizioni di esercizio estreme. Inoltre, come ampiamente accennato, la tendenza odierna nell’ambito della progettazione meccanica di componenti complessi quali quelli presi in esame in questa tesi, è verso una integrazione sempre maggiore delle fasi di progettazione strutturale e tecnologica, con intenso utilizzo di software di simulazione in entrambe queste fasi. Obiettivo dell’attività sperimentale svolta durante il dottorato, è stato proprio quello di supportare la fasi di progettazione/simulazione strutturale e di processo di questi componenti, fornendo una caratterizzazione dettagliata dei materiali utilizzati, in termini di proprietà fisiche, tecnologiche e meccaniche. Di seguito sono elencati i principali risultati della sperimentazione condotta in stretta sinergia con aziende leader nel settore motoristico. E’ stato ampiamente investigato l’effetto del processo produttivo sulle microstrutture di getti complessi, colati in conchiglia in lega EN AC-42100 T6 [AlSi7Mg0,3], in termini di contenuto di difetti, distribuzione di SDAS, nonché effetto degli affinanti ed degli agenti modificatori su dimensioni del grano e morfologia del Si eutettico. Analogamente, si è evidenziato come la forgiatura di leghe di alluminio per la produzione pistoni, quali la EN AW-2618[AlCu2MgNi] e la EN AW-4032 [AlSi12MgCuNi], comporti una disomogeneità microstrutturale e quindi di proprietà all’interno del componente. Si è indagato l’effetto della microstruttura sulle proprietà meccanica della lega EN AC-42100 T6, quantificando il contributo di ogni caratteristica microstrutturale nella definizione delle proprietà statiche e dinamiche. Sono stati, a riguardo, proposti modelli empirici di previsione della resistenza a trazione (UTS), della resistenza a snervamento (YS) e dell’allungamento a rottura (E%) in funzione di durezza, SDAS, contenuto di difetti e dimensione media del Si eutettico della lega. I risultati hanno evidenziato errori medi del 3% nella previsione di UTS ed YS e del 20% nella 187 Introduzione previsione di E%. La caratterizzazione a fatica del materiale ha invece evidenziato grandi dispersioni dei dati, per ridotte tensioni di carico, conducendo a risultati significativi solo per tensioni alterne di 70 MPa. In questo caso, è stata rilevata una buona dipendenza tra il numero di cicli a rottura del materiale ed i valori di SDAS e del contenuto medio di difetti (R20,6). E’ stato studiato l’effetto della temperatura sulle proprietà della lega da fonderia EN AC-42100 T6 e sulle leghe da deformazione plastica EN AW-2618 T6 e la EN AW4032 T6. Nel primo caso, è stato condotto uno studio sia delle diverse fasi del trattamento termico, che della variazione di proprietà del materiale allo stato T6 con l’esposizione ad alta temperatura. Si è così evidenziato come un pre-invecchiamento a temperatura ambiente anche di sole 2 h, potesse ridurre le tensioni di rottura e snervamento di circa il 20% e l’allungamento a rottura di circa il 30%. Inoltre, si è visto come la durezza residua e lo SDAS siano le variabili fondamentali per definire il comportamento meccanico del materiale nel suo stato sottoinvecchiato, di picco e sovrainvecchiato. Anche in questo caso, sono stati proposti modelli empirici di previsione delle proprietà meccaniche tutti caratterizzati da coefficienti di determinazione molto alti (R2>0,8). La previsione dell’allungamento a rottura ha fatto registrare coefficienti leggermente inferiori (R20,7), evidenziando l’importanza dello SDAS nel definire questa proprietà. Nel caso invece delle leghe da deformazione plastica, gli effetti della microstruttura sono risultati minori, con al massimo una variazione del 5% in funzione della zona di estrazione del campione. La durezza residua del materiale, allo stato sovrainvecchiato, è risultata il parametro necessario e sufficiente per definire tutte le proprietà del materiale (UTS, YS, E%, coefficienti di resistenza K ed incrudimento n) con grande precisione (R20,9). Con l’obiettivo di verificare i dati sperimentali ottenuti, si è proceduto, in ultima istanza, con lo sviluppo di un applicativo in ambiente MATLAB®, per il calcolo delle proprietà meccaniche residue delle leghe studiate, dopo un‘esposizione a temperatura variabile. I risultati, ottenuti con cicli di prova a T costante, hanno evidenziato scarti ridotti nella previsione della durezza residua (max 4%), mentre errori maggiori sono stati riscontrati in applicazioni su cicli transitori fra due temperature, ma con grandi margini di ottimizzazione. In conclusione, l’obiettivo di supportare la nuova metodologia di progettazione di componenti sollecitati termo-meccanicamente, che vede integrate le fasi di progettazione meccanica e tecnologica, al fine di ridurre tempi e costi di sviluppo prodotto, è stato pienamente raggiunto. I risultati ottenuti, in termini di quantità e qualità, hanno rappresentato un passo significativo in questa direzione che, per essere totalmente intrapresa in ambito aziendale, ha bisogno di vincere le resistenze di un sistema progettuale con una storia consolidata e ricca di successi quale quella di Ferrari. I grandi cambiamenti sono frutto però di piccoli passi successivi, uno dei quali è costituito da questo studio e dal progetto nell’ambito del quale questo è stato realizzato. 188 Ringraziamenti RINGRAZIAMENTI Desidero ringraziare innanzitutto la Prof.ssa Lorella Ceschini, per la passione che ha saputo trasmettermi ed il costante supporto che mai mi è stato fatto mancare durante questi tre anni. Grazie per le proficue discussioni, i continui stimoli, la profusione di conoscenze e per avermi dato la possibilità di conoscere realtà industriali tanto belle quanto fra loro diverse. Un ringraziamento altrettanto particolare va anche all’ Ing. Alessandro Morri, per la sua capacità di cogliere il centro delle questioni e proporre una soluzione semplice, metafora del suo sereno approccio alla vita anche, se così piena di impegni. Grazie ad entrambi per avermi fatto crescere sia dal punto di vista professionale, che soprattutto dal punto di vista umano. Un immancabile ringraziamento al Dott. Fabrizio Tarterini ed al Dott. Iuri Boromei, per aver messo a mia disposizione il loro tempo e le loro straordinarie capacità. Assieme a loro, desidero ringraziare tutto il personale del ‘Dipartimento di Scienza dei Metalli, Elettrochimica e Tecniche Chimiche’ (SMETEC) della Facoltà di Chimica Industriale dell’ Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, che mi ha visto suo ospite per questi tre anni. Un grazie, anche alle persone con cui ho avuto la fortuna di collaborare nell’ambito dei progetti di ricerca in cui è maturata l’attività di dottorato. Fra questi, in particolare, vorrei ricordare l’Ing. Gianluca Pivetti, il Dott. Simone Messieri ed i professori Luca Tomesani dell’Università di Bologna e Gianni Nicoletto dell’Università di Parma e Piacenza. Grazie a tutti i miei colleghi dottorandi dell’Alma Mater Studiorum, con cui ho vissuto piacevolmente il rapido scorrere di questi tre anni e con cui spero ancora di vivere entusiasmanti avventure scientifiche. Assieme a loro, ringrazio anche i laureandi ed i tirocinanti che durante questi anni si sono succeduti. Desidero ringraziare sinceramente il Prof. Nicola Paone, Coordinatore del corso di dottorato e dimostratosi sempre persona cordiale e gentile. Assieme a lui, un grazie alla Ripartizione dottorato di ricerca dell’Università Politecnica delle Marche. Grazie infine alla mia famiglia, fonte di serenità, fondamentale certezza e conforto, roccia salda in cui confido.