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napoleone e congresso

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L’età napoleonica
Nel 1794 con la condanna di Robespierre, ebbe termine la dittatura giacobina, durata cinque anni, che
era stata la fase più cruenta della Rivoluzione francese. Si ebbe l’ascesa al potere della borghesia
moderata che riportò un certo equilibrio politico e sociale. Ciò però non modificò la situazione di
conflitto internazionale che trovava ancora gli stati assoluti europei coalizzati contro la Francia che,
nonostante tutto, continuava a difendere con la guerra le conquiste della rivoluzione con l’intento di
diffonderne i principi al di fuori della Francia.
Nel 1796 la guerra si attuava con successo su più fronti ma il fronte che assunse maggior importanza
fu quello italiano affidato a Napoleone Bonaparte che passate le Alpi occupò rapidamente la
Lombardia, il Piemonte e il Veneto.
Le conquiste di Napoleone furono rapide. Nel 1797 concluse la Campagna d’Italia con la creazione di
una serie di repubbliche (le Repubbliche sorelle) strutturate sul modello francese e chiudendo
momentaneamente la guerra contro l’Austria con la pace di Campoformio (ottobre 1797) che sancì la
cessione all’Austria della Repubblica di Venezia e decretò quindi la fine di questa repubblica
deludendo tutti coloro (tra cui Foscolo) che avevano sperato nell’arrivo di Napoleone come liberatore.
Nel 1798 Napoleone decise di occupare l’Egitto per colpire l’egemonia inglese nel Mediterraneo. Ma,
nella battaglia navale di Abukir fu sconfitto dalla flotta inglese dell’ammiraglio Nelson. Il 18 brumaio
ritorna in Francia e governa con un triumvirato, diventando poi primo console. Approfittando
dell’assenza di Napoleone un esercito austro-russo occupò l’Italia costringendolo a rientrare.
Napoleone lo sconfisse nella battaglia di Marengo (1800).
Il colpo di stato: dalla Repubblica all’Impero
Forte dei successi ottenuti e del prestigio presso l’opinione pubblica francese, Napoleone realizzò un
colpo di Stato instaurando in Francia un nuovo regime: il Consolato di cui egli stesso era primo
console. Spianò così la strada per il potere personale, infatti, subito dopo, una nuova costituzione sancì
pieni poteri al primo console. Nel 1802 ottenne il consolato a vita e nel 1804 l’incoronazione a
Imperatore a Notre Dame. Nel 1805 diviene Re d’Italia. Questa rapida carriera era dovuta alla
favorevole opinione pubblica, in quanto, Napoleone era riuscito in pochi anni a risolvere problemi
giuridici, economici e sociali che dettero alla Francia una situazione di stabilità politica e sociale che
nessun governo prima di allora non aveva mai realizzato. In pratica, partendo dalle basi della
rivoluzione era riuscito a creare una struttura statale solida e moderna stroncando
contemporaneamente il possibile avanzamento delle forze popolari e democratiche. Gli altri stati si
preoccupano e gli inglesi hanno una vittoria nel 1805 nella battaglia di Trafalgar. Tuttavia, poco dopo
Napoleone ottiene una rivincita contro russi e austriaci a Austerlitz.
Dal 1805 al 1812 continua ad avere grandi successi egemonizzando quasi tutti i paesi europei, esclusa
l’Inghilterra e la Russia. Dell’Inghilterra, Napoleone tende a colpire soprattutto l’economia imponendo
il blocco continentale che vietava agli altri paesi europei il commercio con l’Inghilterra.
Il declino dell’età Napoleonica con la campagna di Russia
Il 1812 fu l’anno di massima estensione del dominio francese ma rappresenta anche l’anno di inizio
del suo declino. Infatti, lo zar Alessandro I di Russia si rifiutò di aderire al blocco continentale violando
le norme imposte da Napoleone che nello stesso anno varcò i confini della Russia riuscendo ad
arrivare fino a Mosca che però trovò distrutta da un incendio e privo di possibilità di avere
rifornimenti fu costretto a ritirarsi. Austriaci e prussiani lo batterono a Lipsia nel 1813 e Napoleone fu
costretto ad Abdicare nel 1814. Il disastro riportato dall’esercito francese in questa campagne
determinò l’esilio di Napoleone nell’isola d’Elba.
La Francia e gli altri stati europei restaurarono allora con il Congresso di Vienna la situazione
precedente a Napoleone e alla Rivoluzione Francese.
Nel 1815 Napoleone fugge dall’Elba e rimane nuovamente al potere per 100 giorni circa tentando una
riscossa, ma con lo scontro di Waterloo nel 1815 fu definitivamente sconfitto e mandato in esilio
nell’isola di sant’Elena dove morirà il 5 maggio 1821.
Approfondimento sulle tappe di Napoleone in Italia
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1796: arrivo dei francesi;
1797; fondazione della Repubblica Cisalpina (Lombardia e parte dell’Italia centrale);
1802: la Repubblica Cisalpina diviene repubblica Italiana;
1805: la Repubblica Italiana diventa regno d’Italia con re Napoleone;
1798: formazione della Repubblica Romana;
1799: formazione della Repubblica Partenopea;
1806: la Repubblica Partenopea diventa Regno di Napoli con re il fratello di Napoleone –
questa repubblica assume particolare importanza per il sorgere di un gruppo di intellettuali
progressisti che poi si trasferiranno a Milano e che avranno una grande influenza sugli ideali
rinascimentali;
dopo il 1806 quando anche il Papa fu portato prigioniero in Francia tutta l’Italia si trovò sotto il
dominio francese.
Le idee giacobine
PATRIOTTISMO E COSCIENZA NAZIONALE Nonostante nel secondo periodo della dominazione
napoleonica in Italia, la cultura avesse subìto un controllo del potere, questo fu un periodo positivo
perché si è sviluppata negli intellettuali la coscienza nazionale. La riforma del governo proposta da
Napoleone nel periodo delle Repubbliche Sorelle è stata importante per la coscienza nazionale perché
ha animato gli ideali patriottici e liberali del Risorgimento.
Particolarmente importante è stata la vicenda della Repubblica Partenopea dove era sorto un gruppo
di intellettuali chiamati Esuli Napoletani che si trasferirono a Milano e si unirono agli intellettuali
Milanesi che contribuiranno moltissimo alla diffusione dell’idea di nazionalità. L’incontro di questi
personaggi sarà molto importante per Alessandro Manzoni che prenderà l’ideologia liberale proprio
dal contatto con questi.
La cultura nell’età napoleonica
Anche se parte degli intellettuali italiani avevano preso in considerazione le idee illuministe, il loro
modo di fare letteratura era ancora legato al classicismo che si accentua nell’età Napoleonica. Il
classicismo di questo periodo è detto formale perché si hanno nuove idee ma, dal punto di vista
formale e stilistico si fa riferimento alla letteratura classica.
Restaurazione e congresso di Vienna
Il congresso di Vienna
L’età della Restaurazione è un periodo che va dal 1814 al 1848.
In seguito alla Rivoluzione Francese e la caduta dell’Impero napoleonico, si instaura un periodo di
apparente pace tra le diverse nazioni europee, anche se internamente a queste potenze sono evidenti i
moti rivoluzionari ispirati a ideali di libertà, pace e uguaglianza e soprattutto movimenti
indipendentistici.
Il Congresso di Vienna si apre il primo novembre 1814, prima, dunque, della definitiva sconfitta di
Napoleone a Waterloo (1815).
L’obiettivo è quello di ridisegnare il nuovo assetto geo-politico europeo, cercando di trovare un
disegno scevro di conflitti. Durante il congresso si decide per il ritorno allo status quo ante, ispirandosi
a due princìpi:
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principio di equilibrio: nessuna potenza si sarebbe potuta espandere a danno delle altre
potenze al punto da diventare una minaccia, in nome della “ragion di stato”;
principio di legittimità: i troni delle nazioni sono riservati ai rispettivi sovrani che sono stati
illegittimamente spodestati da Napoleone.
A causa di questo intento di “accerchiare” la Francia, sono note numerose eccezioni, che non rispettano
il ritorno allo status quo (come per il Sacro Romano Impero, per un Regno indipendente di Polonia, per
l’unione della Norvegia alla Svezia o per le Province Unite).
Per quanto riguarda la politica estera del congresso, sono da ricordare:
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il principio “del concerto”, secondo cui gli Stati europei devono riunirsi regolarmente per
verificare che le decisioni del Congresso siano rispettate.
Principio dell’intervento: insurrezioni rivoluzionarie, nazionali o liberali dovevano essere
represse, si voleva evitare che ogni iniziativa locale incendiasse l’Europa
Proprio a seguito di quest’ultimo principio, si vede la creazione di tre ulteriori alleanze:
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Santa alleanza (1815): tra Austria, Prussia e Russia, anche detta “alleanza trono altare”. In
quanto, per la prima volta, dopo i significativi contrasti religiosi, tre religioni diverse, ovvero il
cattolicesimo dell’Imperatore d’Austria, il luteranesimo del re di Prussia e la religione
ortodossa dello zar di Russia, si impegnarono per sconfiggere un nemico comune alla religione
cristiana e all’assolutismo monarchico: il liberalismo. Le idee liberali di libertà, giustizia,
uguaglianza e la volontà di una Costituzione, andavano contro il progetto della Restaurazione
di ripristino dell’antico regime e dell’assolutismo.
Quadruplice Alleanza (1815): con le stesse potenze e la Gran Bretagna (per isolare la Francia).
Quintuplice Alleanza (1818): con Gran Bretagna, Austria, Prussia, Russia e Francia
La fine del Congresso
Il nuovo regno di Napoleone durò soltanto cento giorni: dal 20 marzo all’8 luglio 1815. Napoleone
venne sconfitto militarmente nella battaglia di Waterloo, il 18 giugno del 1815 e venne nuovamente
esiliato, questa volta nella molto più remota e sicura isola di Sant’Elena, in mezzo all’Oceano Atlantico.
Nel frattempo, il 9 giugno, il Congresso era già giunto alla sua conclusione. Il ritorno di Napoleone
aveva contribuito a riunire nuovamente le grandi potenze, ricordando a tutti i delegati che sull’Europa
gravava ancora la minaccia del bonapartismo. I vari punti di discordia furono risolti e dal Congresso
uscì una nuova carta dell’Europa.
Tuttavia, il tentativo di ignorare e reprimere i sentimenti nazionalistici che la rivoluzione francese e
Napoleone avevano disseminato in tutta Europa causarono proteste, rivolte e insurrezioni che
culminarono con le rivoluzioni del 1848. Anche in Francia la restaurazione dei Borbone fallì e nel giro
di quindici anni la dinastia venne sostituita (e altri quindici anni dopo la Francia divenne di nuovo una
Repubblica).
Quello che invece sopravvisse fu il metodo con cui il Congresso era stato portato avanti. L’idea che i
grandi conflitti e le questioni internazionali andassero risolte da riunioni a cui partecipavano tutte le
nazioni coinvolte era oramai entrata nella cultura della diplomazia europea. Un secolo dopo questa
idea avrebbe assunto la forma della Società delle Nazioni e, a meno di 150 anni dalla chiusura del
Congresso, avrebbe portato alla nascita delle Nazioni Unite.
Analisi storiografica
«Raramente l'incapacità dei governi a frenare il corso della storia si è manifestata in maniera
più evidente che nella generazione successiva al 1815. Prevenire una seconda Rivoluzione
francese, o la catastrofe ancora peggiore di una rivoluzione generale europea sul modello di
quella francese era l'obiettivo supremo di tutte le potenze che avevano impiegato vent'anni a
sconfiggere la prima; e questo era persino l'obiettivo della Gran Bretagna che non aveva in
simpatia gli assolutismi reazionari… e sapeva che le riforme non potevano né dovevano essere
evitate, ma temeva una seconda espansione franco-giacobina… Eppure mai nella storia
europea lo spirito rivoluzionario era stato così endemico…»
(Eric Hobsbawm, Le rivoluzioni borghesi 1798-1848)
Il Congresso di Vienna fu spesso criticato da storici del XIX secolo e da quelli più recenti per il fatto di
aver ignorato gli impulsi nazionali e liberali e per avere imposto una reazione repressiva sul
continente.
Questa critica era già sostenuta dall'opposizione Whig nel Regno Unito al tempo della conclusione del
Congresso. Le decisioni prese dal Congresso di Vienna, dove la pace e la stabilità furono barattate con
le libertà e i diritti collegati alla rivoluzione francese, fecero parte integrante di ciò che divenne noto
come l'ordine conservatore.
Nel XX secolo, tuttavia, alcuni storici sono arrivati ad ammirare gli statisti del Congresso, la cui opera,
si disse, aveva impedito un'altra guerra generale europea per quasi cent'anni (1818-1914).
Uno dei pochi meriti indiscussi del Congresso di Vienna fu la sottoscrizione di una Dichiarazione
contro la tratta dei negri contenuta nell'allegato 15 dell'Atto finale (8 febbraio 1815). Sia pure
sostenuta dagli interessi inglesi nei confronti delle colonie francesi, fu un passo importante nella lotta
allo schiavismo.
In effetti lo sviluppo della Rivoluzione industriale che si era avviato in Inghilterra poneva in secondo
piano la convenienza economica dell'utilizzo del lavoro servile nel sistema produttivo capitalistico. Era
molto più economicamente dispendioso assicurare tutte le necessità materiali per la sopravvivenza
dello schiavo e della sua famiglia piuttosto che elargire un salario all'operaio di cui si comprava
esclusivamente la sua forza lavoro. Il lavoro servile conservava invece una certa convenienza in quegli
stati a prevalente economia agricola basata sulla monocoltura. Ma anche qui ben presto la
meccanizzazione dell'agricoltura rese economicamente non produttiva la manodopera servile.
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