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IL PAESE SOSPESO

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IL PAESE
SOSPESO
LA COSTRUZIONE
DELLA PROVINCIA TIROLESE
(1813-1816)
a cura di Marcello Bonazza,
Francesca Brunet, Florian Huber
Il volume pubblica gli atti del Convegno internazionale 1813-1816. Il Paese
sospeso. La costruzione della Provincia tirolese / Das Land in der Schwebe. Die
Konstruktion des Landes Tirol, tenutosi a Trento dal 9 all’11 giugno 2016,
organizzato dalla Società di Studi Trentini di Scienze Storiche in collaborazione
con il Centro di competenza Storia regionale della Libera Università di Bolzano e
con la Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento –
Ufficio beni archivistici, librari e Archivio Provinciale.
Comitato scientifico: Marcello Bonazza, Francesca Brunet, Franco Cagol,
Florian Huber, Mauro Nequirito, Mirko Saltori.
La pubblicazione esce con il sostegno economico della Regione Autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol.
Copertina: Luca Franceschini
Impaginazione: Emanuele Curzel
Collaborazione redazionale: Alessandro Livio
© Società di Studi Trentini di Scienze Storiche APS, 2020
ISBN: 978-88-8133-050-8
Il Paese sospeso : la costruzione della Provincia tirolese (1813-1816) / a cura di Marcello
Bonazza, Francesca Brunet, Florian Huber. - [Trento] : Società di Studi Trentini di Scienze
Storiche APS, 2020. - 536 p. : ill. ; 24 cm. - (Monografie. Nuova serie, 13)
Atti del convegno tenuto a Trento nel 2016
ISBN: 978-88-8133-050-8
I. Bonazza, Marcello
II. Brunet, Francesca
III. Huber, Florian
1. Tirolo - Storia - 1813-1816 - Congressi - Trento - 2016
2. Trentino - Storia 1813-1816 - Congressi - Trento - 2016
943.642032
INDICE
Introduzione
pag. 7
Florian Huber
In der Schwebe? Regionalismus und Zentralismus
in Tirol und in Wien 1813-1816
pag. 15
Stefano Barbacetto
(Ri)unificare il Tirolo: percorsi legislativi in un territorio complesso
pag. 39
Mauro Nequirito
Abolizione e ripristino delle istituzioni d’antico regime in Trentino-Tirolo:
i giudizi patrimoniali
pag. 65
Nicola Zini
Dalle comunità di antico regime al comune austriaco
pag. 89
Francesca Brunet
Ritorno all’“antico sistema”? Tribunali, codici e pratiche punitive
nel Tirolo meridionale di primo Ottocento
pag. 105
Franco Cagol
“Sic itur ad astra”. Antonio Mazzetti, strategie, clientele e favori
nella carriera di un giudice
pag. 133
Mirko Saltori
Un uomo per tutte le stagioni? La biografia esemplare
di Filippo Consolati (1754-1837)
pag. 161
Ellinor Forster
„…daß gewisse Veränderungen darinn wegen der veränderten Zeitumstände
nicht umgangen werden können“. Andreas Alois Dipauli als Akteur
und Beobachter der Neuordnung Tirols 1813–1816
pag. 217
Michael Span
„Überleget die wichtige Aenderung der Umstände!“ Die Übergangsjahre
1813–1816 aus der (Mikro-) Perspektive des Stubaitales
pag. 233
Ugo Pistoia
“Tempo sospeso” e “ritorni di fiamma”
nelle Memorie di Angelo Michele Negrelli
pag. 251
Michael Kasper
Das „Jahr ohne Sommer“ und die Hungerkrise 1816/17 in und um Tirol
pag. 271
Margareth Lanzinger
„Als aber diese Administration ganz aufhörte…“.
Das Ende der Illyrischen Provinzen in Tirol als Möglichkeitsraum
pag. 295
Samuele Rampanelli, Jessica Reich
La ‘lunga soppressione’: ordini religiosi e confraternite nella parte italiana
della diocesi di Trento da Giuseppe II alla nuova provincia del Tirolo
pag. 313
Nicola Fontana
Tre spunti di ricerca sulla storia militare del Trentino nel Vormärz
pag. 345
Roberto Pancheri
Tre artisti in cerca di patria:
Salvatore de Carlis, Domenico Zeni, Giovanni Pock
pag. 363
Antonio Carlini
Una politica culturale per la città:
il Casino dei nobili a Trento dal 1808 al 1866
pag. 401
Gabriele Zancanella
La stampa ‘sospesa’. Alcune considerazioni sulle tipografie trentine
del primo Ottocento
pag. 427
Quinto Antonelli
L’eredità del giuseppinismo: la supplenza scolastica della Chiesa
pag. 441
ALTRI ‘PAESI SOSPESI’?
Marco Meriggi
“Spirito italiano”, “spirito lombardo”, “spirito veneziano”.
Le origini del Lombardo-Veneto
pag. 455
Wolfgang Scheffknecht
Vorarlberg 1813-1816 – ein Land in der Schwebe
zwischen Rückbruch und Neuordnung
pag. 467
Julian Lahner
Symbolische Kommunikation und integrationsorientierte Herrschaftspraxis.
Salzburg zwischen bayerischer und österreichischer Regierung 1815/16
pag. 485
Abstract dei contributi
pag. 501
Indice dei nomi
pag. 521
Una politica culturale per la città:
il Casino dei nobili a Trento dal 1808 al 1866
ANTONIO CARLINI
U
na città che cerca forme articolate e continuative di dialogo. Questo è
il pensiero che traspare dalla fondazione, nel 1808, e dall’attività –
chiusa nel 1866 – del Casino dei nobili o Istituto Sociale di Trento. A dodici anni dall’entrata in città di Napoleone (5 settembre 1796), quanto, al di
fuori della politica, era sopravvissuto al crollo del governo principescovescovile, si rivelava obsoleto. Senza considerare i complicati, ma qui poco
pertinenti, sistemi economici, viari, legislativi, sanitari ecc., possiamo osservare un aspetto altrettanto sostanziale messo fortemente in crisi dagli avvenimenti europei di fine Settecento: la comunicazione interpersonale.
L’antico sistema familiare, fedele ai certificati di nascita, con i suoi rigidi
protocolli, inderogabili esclusioni e invalicabili confini, non rispondeva più
alle idee e ai costumi elaborati in un’Europa, ora come non mai, di casa.
Prima di quel “funesto” 1796, quando lo “strepito cupo de’ cannoni” terrorizzava gli ignari cittadini di Trento1, si ascoltava musica, si conversava o
si consultavano libri e giornali, si componevano sonetti e si ammiravano
quadri praticamente solo nei palazzi di certe famiglie, in un circuito assolutamente chiuso. Era il mondo di quell’aristocrazia che, senza alcun timore,
possiamo definire lo scrigno della cultura ancora oggi consumata e preferibilmente frequentata nei musei. La maggioranza della popolazione per musica e divertimenti si doveva accontentare delle cerimonie religiose, delle
saltuarie feste pubbliche cittadine, delle fiere, di suonatori ambulanti e funamboli, osterie, bande militari e rappresentazioni ospitate secondo un calendario discontinuo nelle rare sale teatrali o nelle sgangherate ribalte per
marionette e burattini. Ma se, tutto sommato, il popolo (contadini e bassi
artigiani) si era creato un mondo autonomo per l’esercizio della creatività e
lo svago conservando anche più a lungo antiche tradizioni dagli orientamenti più diversi, ben più problematica era la situazione nelle classi intermedie, che, mentre rifiutavano sdegnosamente gli ambienti ‘bassi’, con al1
Queste parole, scritte per la verità nel gennaio 1801 da un giovanissimo Antonio Mazzetti,
sono naturalmente estensibili anche al 1796. Mazzetti, Giornale, p. 37.
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trettanto spregio rimanevano escluse dai salotti nobili. Quando poi nei
lunghi mesi estivi e autunnali (almeno un terzo dell’anno solare) le nobili
famiglie si trasferivano nelle numerose ville delle colline circostanti, scambiandosi inviti, feste, banchetti, passeggiate, battute di caccia e accademie,
la città rimaneva per tutti immobile2.
L’assoluta inadeguatezza dell’abitato urbano per quanto riguarda
l’accoglienza e l’ospitalità di persone non appartenenti ai circoli familiari o
in numero appena superiore alle poche decine di unità, esplodeva letteralmente dopo il 1796 con le varie occupazioni francesi, bavaresi o austriache
e con la fine del governo locale e conseguente apertura di uffici amministrativi dipendenti, ora da Monaco, ora da Milano, ora da Innsbruck occupati da impiegati non locali.
Non c’erano né gli spazi né i mezzi per ospitare stabilmente e intrattenere decine e decine di ufficiali, soldati e burocrati; assenti erano iniziative,
manifestazioni e strutture per riempire il loro tempo libero; mancavano
tradizioni, capacità e disponibilità verso chi non apparteneva al circolo
trentino. Il vecchio ceto burocratico del principato era in gran parte cittadino o legato per parentela a qualche famiglia con palazzo in città. Il concetto di ‘differente’ e ‘diverso’, così usuale in quegli anni, alimento imprescindibile di ogni crescita, era quindi estraneo alla cultura sonnacchiosa
della città3.
Proprio questo profondo disequilibrio, questo ritardo evidente di fronte
agli avvenimenti del tempo avviava nella città un processo sociale senza
protagonisti assoluti, ma sostenuto quasi coralmente da una classe dirigente compatta, che riusciva a imporre idee, luoghi, comportamenti, stili di vita inediti e, soprattutto, ampiamente condivisi.
Trento, all’inizio dell’Ottocento, era una città che cominciava a pensare
e agire come un organismo unico. Se prima del 1796 la dimensione di una
persona era essenzialmente privata e religiosa, ora prendeva corpo l’idea di
appartenenza a una collettività, a una cittadinanza per il cui sviluppo bisognava riservare energie e risorse pure. A determinare l’agire di tanti nobili
(e, qui, pochi borghesi e commercianti) fu quel senso civico (diffuso certamente dalla Rivoluzione francese), sul quale crescerà una precisa identità
cittadina. L’abolizione delle confraternite, ad esempio, nelle quali erano
confluite nel passato sostanziose donazioni motivate dalla speranza di un
premio spirituale, favorivano elargizioni e donazioni a beneficio di tutta la
Per un ritratto parziale degli animati soggiorni in collina fra ‘600 e ‘800 a Trento, si veda
Carlini, La Domus autumnalis.
3
Per un quadro aggiornato della situazione generale del principato si rinvia ad Anno Domini 1803.
2
402
città (in primis alla Congregazione di carità fondata nel 1811), ora mosse
dal più concreto e immediato riconoscimento pubblico. Nascevano così i
musei, le biblioteche, gli orfanotrofi, le stagioni teatrali e concertistiche
(con le ‘doti’ e deputazioni frequentate gratuitamente) da cui tutti i cittadini traevano beneficio. Quanto allo ‘spirito’ associativo coltivato dalle confraternite, si risolveva naturalmente nel nascente associazionismo prima civico e successivamente anche cattolico.
Se dietro alla costruzione di un teatro o alla programmazione di una
stagione di concerti si comprende l’esigenza di avere in città strutture capaci di accogliere degnamente un alto rappresentante del governo, oppure
semplici cittadini desiderosi di gustarsi un testo teatrale o una composizione; se l’apertura di un gabinetto di lettura con annessa sala da bigliardo rispondeva alla necessità di un luogo fisico di ritrovo autonomo per una classe di persone prive di vincoli famigliari in città, che aveva bisogno di rilassarsi e conoscere le novità della politica, per musei e biblioteche il discorso
era diverso.
L’eccezionalità degli eventi successi fra 1789 e 1815 alimentava in tutti i
centri urbani italiani la volontà di tramandare il ricordo ai posteri attraverso la scrittura di un’infinità di diari e memorie, oggi fonti inesauribili di dati e informazioni4. Ma questo sentimento, il desiderio di mantenere e conservare la memoria di un preciso vissuto, si estendeva, ora, anche alla città,
agli edifici, ai propri antenati. È il senso della storia che spingeva alla formazione dei primi musei, a ricercare monete, medaglie, minerali, canzoni,
danze, strumenti e melodie popolari, antiche scritture e reperti archeologici
da esporre, per la prima volta, all’ammirazione di tutti; una memoria affidata non solo a carte e oggetti, ma pure alle immagini commissionate a giovani artisti e diffuse nelle forme preziose delle tele a olio, delle più pratiche
incisioni e, più tardi, delle più popolari fotografie. Ed è importate evidenziare subito l’incentivo principale di questo ‘sentimento urbano’, identificato da Maurice Agulhon come la “propensione generale di una popolazione
a vivere intensamente le relazioni pubbliche”5: la cultura, lo spettacolo, il
divertimento, strettamente uniti alle nuove idee democratiche. Teatri, casini, caffè, circoli, salotti, ovvero luoghi di relazioni, mondanità e, contemporaneamente, di educazione, riservati al ballo e all’opera in musica, al teatro
di parola e ai concerti, alle arti figurative6 e ai giochi da tavolo, ai sapori del
Per la situazione locale si rimanda a I giorni tramandati, pp. VII-XIX.
Agulhon, Il salotto, il circolo e il caffè, p. 3.
6
A tale progetto generale possiamo anche ricondurre l’istituzione della Scuola provinciale
delle arti avvenuta a Trento nel luglio del 1808 (ASCTn, OA, Regio bavaro Giudizio distrettuale della città di Trento, anno 1808, fasc. 1142). In ossequio a questo progetto,
l’ufficio del Giudizio distrettuale bavaro di Mezzolombardo il 16 luglio 1808 con apposita
4
5
403
vino e del fumo, alle chiacchiere della politica e della vanità, contribuivano
a far incontrare persone, rompendo le “molte distanze e separatezze tipiche
della società di antico regime”, segno “della nuova sensibilità che circolava
in tutta Europa” a conferma della “diminuita centralità della famiglia nella
vita quotidiana”7.
In questa “infanzia delle associazioni” (come sintetizza lucidamente
Marco Meriggi osservando queste trasformazioni a Milano8) fiorivano anche a Trento quelle nuove forme del vivere civile, suggerite da una nuova
sensibilità riferita non solo al valore estetico, ma estesa a modalità comunicative, simboliche, funzionali, comportamentali, dai quali emerge una più
precisa identità culturale della città.
“Noi viviamo in un secolo, che (generalmente parlando) in poco conto tiene i
pregi dell’animo, in moltissimo poi quelli del canto e del suono (…) il depravato gusto teatrale (…) signoreggia pure ne’ luoghi saliti in fama di sapere, e discernere”9.
Così nel 1822 scriveva da Trento, con disappunto, l’abate Giovanni Battista Ghezzi all’amico Leonardo Cloz, registrando in tre righe un cambiamento epocale filtrato nel profondo della società.
L’avvio di questo vasto processo costruttivo di una nuova città si può
indicare nella fondazione dell’Accademia filarmonica principesca del 1795,
anno immediatamente precedente l’invasione francese10. Leggendo le Regole istitutive11, non a caso predisposte dal filosofo e giurista Giandomenico
Romagnosi allora pretore a Trento, si coglie immediatamente lo spirito innovativo di una simile associazione, laddove, per esempio, si precisava quale unico elemento discriminante fra i filarmonici non il ceto sociale, bensì la
pratica musicale. Così, infatti, recitava l’articolo 7:
“Nel sedere tanto nelle Radunanze, in cui si tratta di affari, quanto in quelle
ove si trattiene di canto, e di suono, non vi dovranno essere né preminenze, né
circolare ordinava all’Ufficio vicariale di Königsberg e Grumes di compilare una tabella
“di tutti li Pittori, Intaliatori in legno, ed in Rame, ed Architetti, che si ritrovavano in Tirolo”. Da Lavis si rispondeva che nella cittadina non si trovava alcuna persona appartenente
a tale classe di artisti (ASTn, UVK, b. 51, 1808. Atti amministrativi, n. 451).
7
Plebani, Socialità, pp. 159-160.
8
Meriggi, Milano borghese, pp. 3-28.
9
Lettera di Giovanni Battista Ghezzi a Leonardo Cloz (studente in medicina a Padova) datata Trento, 19 febbraio 1822, in BCT, BCT1-2164.
10
Per una storia più approfondita della Filarmonica si legga Carlini, I Filarmonici.
11
Regole dell’Accademia Filarmonica di Trento.
404
distinzioni di sorta alcuna; ma tutto dovrà essere eguale, e libero per tutti i Soci”12.
Nessuna nobile famiglia in città era in grado di finanziare, da sola, un
gruppo strumentale superiore alle quindici unità13; la Cappella musicale del
Duomo era costretta a ridurre drasticamente i musicisti stabili, procedendo, per le feste più solenni, solo con contratti a prestazione14; gli impresari
contattati per il Teatro Osele, nelle stagioni d’opera fornivano un’orchestra
sempre al limite della funzionalità. In questo contesto, l’istituzione dell’Accademia filarmonica appare un’operazione intelligente: unendo forze e risorse delle migliori famiglie, la città poteva disporre di un’orchestra completa formata da 41 strumentisti fra nobili, sacerdoti, borghesi e musicisti
professionisti regolarmente stipendiati. Per sostenere l’iniziativa tutti i soci
– 88 esponenti della migliore società cittadina – si obbligavano al pagamento di una quota mensile versando quindi una tassa d’ingresso alle accademie settimanali.
Fu un’idea vincente che verrà ripetuta esattamente pochi anni dopo
(1808) per l’istituzione del Casino dei nobili e successivamente (1818) per
costruire e aprire il Teatro Mazzurana (poi Sociale).
La nascita del Casino dei nobili15 è così descritta da uno dei più attenti
cronachisti dell’epoca, il conte Girolamo Graziadei, podestà di Trento:
“La gran quantità degl’Impiegati Regj, che avvezzi allo stile di Germania cercavano il modo di divertirsi, fece pensare, e proporre l’erezione di un Casino, ossia luogo di unione per le persone nobili, e Civili d’amendue i sessi sotto la denominazione d’Istituto Sociale. Furono estesi N. (6)89 Capitoli in Stampa, e furono descritte le principali famiglie della Città per avere la loro sottoscrizione,
molte anzi delle quali si sono sottoscritte, parte per genio, e parte per non fare
cattiva figura. Vi fu però un disordine, a cui sarà forse rimediato, cioè, che si
pretese una sottoscrizione personale, vale a dire, che se in una Casa vi fosse
Padre, e figlio dovessero sottoscriversi tutti due, altrimenti non possa comparire a Casino, se non quello, che si è sottoscritto. Tutte le Donne però della famiglia possono avere accesso, e così i forestieri, che da persona sottoscritta vi
Regole dell’Accademia Filarmonica di Trento, art. 7.
L’unica famiglia capace di organizzare con una certa continuità accademie musicali nel
proprio palazzo era quella del conte Pio Fedele Wolkenstein fra il 1771 e il 1779 (Lunelli,
Le accademie musicali). Nello spirito siamo però ancora lontani dal carattere ‘associazionistico’ richiamando piuttosto, “dal punto di vista formale” – così Marco Meriggi – “un
salotto a tema”. Meriggi, Milano borghese, pp. 7-8.
14
L’argomento è approfondito in Curti, La Cappella musicale.
15
Di questa istituzione o delle sue successive evoluzioni si sono occupati con taglio diverso
Freo, Dal Casino dei Nobili all'Istituto sociale; Salomon, L’archeologia di confine (in particolare il cap. 4, pp. 192-216).
12
13
405
fossero condotti. La tassa fu presentemente fissata in f. 22½ all’anno divisi per
quartale anticipato, ma questa è la minor spesa in confronto delle altre, che nasceranno necessariamente, e da cui tutte le volte anche le persone più saggie
non potranno esimersi senza essere notate, e derise. Questa sottoscrizione però
doveva essere ricercata, non per testa, ma per famiglia, e quest’è appunto ciò, a
cui dovrà essere rimediato, perché sembra strano, che dov’è sottoscritto il Padre, non possa intervenire il figlio, e così viceversa.
Furono in seguito elette a pluralità de’ voti le cariche di quest’Istituto, cioè un
Presidente, quattro Deputati, un Cassiere, ed un Secretario. Per locale del Casino fu scelto interinalmente il Palazzo Festi, ed il tempo darà a conoscere le
conseguenze di quest’Istituto”16.
L’elenco dei soci, pubblicato nel 1809, registra 115 iscritti. Fra questi ritroviamo, a fianco delle principali famiglie della città (Thun, Wolkenstein,
Sizzo, Spaur, Taxis, Ceschi, Sardagna, Giovanelli, Bortolazzi ecc.) l’intero
(o quasi) apparato amministrativo-burocratico del governo bavaro con
molti filarmonici (Dall’Armi, Ciani, Consolati, Mersi, Mosca ecc.) fra i quali troviamo però qualche sacerdote in meno. Quest’ultima categoria è tuttavia compensata da una rappresentanza più qualificata (Giovanni Nepomuceno de Tschiderer, Michele Spaur ecc.). Senza riportare l’intero elenco, segnaliamo i casi più significativi:
“Alberti Conte Pietro Attuario Distrettuale
Auchentaller (de) Vincenzo I° Uffiziale di Posta
Baroni de Cavalcabò Gio. Pietro Consigliere Fiscale
Bassus Barone Gio. Battista Maria Presidente d’Appello
Bernardi Gio. Maria Medico
Bortolazzi Conte Gasparo
Carpentari (de) Giuseppe Giudice Distrettuale
Ceschi Barone Luigi Amministratore Camerale
Ciani Giorgio
Consolati Conte Simone
Dall’Armi Giuseppe
Delama Gio. Battista Consigliere d’Appello
Dittfürth Barone Carlo Tenente Colonello e Capo del Battaglione d’Infanteria
leggiera
Dordi Felice Ferdinando Consigliere di Finanza
Festi Conte Tommaso
Giovanelli Conte Benedetto
Khuen Conte Giacomo Attuario Distrettuale
Leiss (de) Giuseppe I° Agente Doganale e Daziale
16
Memorie storiche ossia Cronaca della Città e del Vescovato di Trento dal 1776 al 1824 (ma
1829) del conte Gerolamo Graziadei podestà di Trento, BCT, BCT1-73a, cc. 490-491.
406
Malacarne Francesco Ingegnere Stradale
Mattassoni Domenico Consigliere Circolare di Medicina
Mersi (de) Giuseppe 2° Consigliere di Contabilità
Morandi Don Gio. Battista Consigliere Circolare Ecclesiastico
Mosca Giacomo Avvocato
Pizzini Barone Gio. Giacomo Preposito
Resmini (de) Panfilo Consigliere d’Appello
Riccabona (de) Felice Registratore di Finanza
Sardagna (de) Giulio Avvocato
Schreck (de) Ambrogio Direttore di Polizia
Serego Alighieri Conte Giuseppe Brunoro General Maggiore, e Comandante
della Città
Sizzo Conte Giuseppe Ciamberlano
Spaur Conte Michele Decano di Salisburgo
Taxis Barone Giuseppe Secretario Circolare
Thunn (di) Conte Leopoldo Ciamberlano
Trentinaglia (de) Gio. Battista Secretario Comunale
Tschiderer (de) Gio. Nepomuceno Professore di Teologia
Welsperg Conte Gio. Commissario Generale e Comendatore dell’ordine del
Merito.
Wolkenstein Conte Roberto Secretario dell’Appello”17.
È sufficiente leggere le qualifiche di queste persone e richiamare il prestigio delle famiglie menzionate per comprendere il significato di tale associazione. Il Casino era in realtà un centro di potere, un porto-franco dove
sperimentare la saldatura fra la vecchia aristocrazia e il nuovo ceto medio
(imprenditori, possidenti, banchieri, mercanti, funzionari dello Stato), dove
in un ‘giro di valzer’ s’intrecciavano naturalmente politica, economia, finanza, società, diocesi, municipio, esercito e stato. L’appoggio diretto del
governo bavaro era garantito dalla presenza, fra i soci, del commissario del
Circolo dell’Adige, vale a dire la più alta autorità sul territorio, il conte
Giovanni Welsperg18. Da non escludere, come suggerisce giustamente Antonio Zieger, anche un forte legame con la Loggia massonica aperta a Trento lo stesso anno nel Teatro Osele19.
Come sopra si diceva, a motivare l’apertura di questo istituto – posto in
una zona centrale della città, ovvero all’interno di quel palazzo Festi nel
quale dieci anni più tardi verrà costruito il Teatro Mazzurana – fu la necesCatalogo in ordine alfabetico de’ socj al casino dell’anno 1809, in BCT, BCT4-5300.
In proposito si veda: ASTn, CC, Atti Presidiali, b. 8, a. 1819, fasc. 217.
19
Fra i soci del Casino, massoni erano, per esempio, il presidente d’Appello Giovanni Battista Maria Bassus, Bartolomeo Bortolazzi, Benedetto Giovanelli e persino il commissario
Giovanni Welsperg. Zieger, I Franchi Muratori, p. 78.
17
18
407
sità di “dilatare dal privato al sociale un modo di (…) divertirsi”20, l’esigenza di trovare un luogo per esercitare e soddisfare i piaceri sociali della conversazione allargata, delle discussioni politiche, artistiche e letterarie, di
mettere a disposizione degli impiegati del nuovo Stato uno spazio specifico
di ritrovo al di fuori del tempo lavorativo. Un luogo sospeso fra cultura e
divertimento, fra informazione e intrattenimento riservato, in primis, secondo le citate parole di Girolamo Graziadei, agli “Impiegati Regi”, la
prima categoria a disporre di tempo libero, reso disponibile da un orario di
lavoro precisamente impostato. Le modalità d’uso di questo inedito spazio
sociale da parte dei nuovi burocrati ci è tramandata da una memoria di
Francesco Filos di Mezzolombardo, impiegato nei vari governi ispirati dalla Francia e, nel 1800, in servizio a Brescia:
“Alle nove uscivo di casa e mi recavo all’ufficio, ove la lettura riempiva i molti
intervalli, che le poche incombenze di quello mi lasciavano e che al mezzogiorno si chiudeva. A questa ora, aprendosi gli appartamenti delle signore, cominciavo il giro delle visite, che durava fino alle tre, ora generale del pranzo. Al
pranzo andavo all’albergo del “Gambaro”, ove ad una tavola erano molti amici
impiegati commensali, e si mangiava come si dice alla carta. Dopo pranzo il
caffè, indi il Casino occupavano una o più ore a seconda che i giornali politici,
o letterari d’Italia e di Francia fornivano materia interessante e gradevole. Alla
sera, di estate il passeggio, d’inverno in qualche casa di convegno ad aspettare
l’ora del Teatro (…). In Teatro cominciava un’altra serie di visite di palco in
palco alle signore, e finito lo spettacolo si tornava all’albergo del “Gambaro”,
ove una lieta brigata di amici veniva per passatempo a cena. Finita la cena si
tornava al caffè a finire la giornata in guisa, che avanti la mezzanotte mai o ben
di rado ci si ritirava a casa”21.
Trento, con l’apertura del Casino, si allineava quindi al ritmo sociale
delle altre città italiane22 offrendo nelle stanze dell’istituto giornali, bevande, giochi, balli, vivande, concerti, recitazioni, feste, mostre, accademie, libri, lezioni di musica e drammatica, conferenze e discussioni scientifiche
secondo una cadenza sempre più distinta procedendo nel secolo. Il contratto firmato nel 1812 fra la deputazione del Casino e i fratelli filarmonici
Giovanni e Giuseppe Lona (direttore pure della Banda civica), prevedeva
la presenza di un ensemble di sette strumentisti impegnati per otto feste da
ballo e ventiquattro accademie all’anno23. Se, però, nei primi anni a prevaMantovani, Sani, Il circolo e la città, p. 14.
Filos, Memorie e confessioni di me stesso, pp. 76-77.
22
A Venezia, ad esempio, negli anni d’esordio di Giacchino Rossini, risultavano attivi almeno tre Casini aperti alle accademie musicali (Girardi, Omaggi napoleonici, p. 174).
23
ASCTn, OI, Esibiti municipali, anno 1812, fasc. 4301.
20
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lere era la dimensione dell’intrattenimento e dello svago, con serate danzanti, concerti e celebrazioni istituzionali, negli anni Trenta emergeva invece con forza la dimensione culturale e un pronunciato impegno verso la città. L’elenco delle manifestazioni organizzate nei primi vent’anni
dall’istituto – il cui operato pubblico si muoveva sempre in appoggio al governo di turno –, conferma questo doppio orientamento24:
- 23 dicembre 1810: festa da ballo serale per la nascita del figlio di Napoleone25;
- 12 marzo 1811: accademia vocale e strumentale dei dilettanti filarmonici trentini con Antonio Massignani, musicista assunto dall’Istituto Sociale26;
- giovedì 28 marzo 1811: festa da ballo per solennizzare la nascita
“dell’Augusto Primogenito” e illuminazione “a cere” della facciata decorata con una scritta appropriata27;
- 25 maggio 1811: festa da ballo per l’incoronazione di Napoleone a Re
d’Italia28;
- 7 maggio 1812: “superba festa di ballo (…) nella sala di quest’Istituto
Sociale”29;
- 18 ottobre 1812: “festa da ballo (…) brillantissima” per la presa di
Mosca30;
- 12 febbraio 1817: per il compleanno dell’imperatore Francesco I “festa da ballo nel Casino dei Nobili”31;
Purtroppo la documentazione amministrativa del Casino sino agli anni Trenta è dispersa.
I dati qui riportati sono quindi assolutamente parziali.
25
“Ristretto de’ Foglietti Universali”, 28 dicembre 1810, nn. 103 e 104.
26
“Circolare. Stimatissimo Signore! Già da più mesi m’arritrovo affetto da grave malattia,
privo di risorse, ed aggravato di numerosa famiglia. La Direzione del Casino, da cui ho
l’onore d’essere stipendiato in qualità di Filarmonico, mossa a compassione della mia disgrazia, e dall’affligente mio stato m’accorda graziosamente nella sala del Casino suddetto
per la sera del giorno 12 andante un’accademia istrumentale, e vocale eseguita da più dilettanti a totale mio benefizio. Io la prego quindi, o Signore, a volere col di Lei intervento
raddolcire la miserabile mia situazione, lo prevengo che il divertimento incomincerà alle
ore 6 in punto, e nell’atto che mi raccomando alla di Lei generosità passo a rassegnarmi
con tutto il rispetto. Trento 11 Marzo 1811. U.mo, Div.mo Servo Antonio Massignani”.
BCT, BCT4-5300/43.
27
BCT, BCT4-5300/43, 30 marzo 1811, n. 26.
28
BCT, BCT4-5300/43, 25 maggio 1811.
29
“Giornale del Dipartimento dell’Alto Adige”, 13 maggio 1812, n. 30.
30
Il 18 ottobre a Trento, per la presa di Mosca, veniva organizzato un giorno di festa. In
Cattedrale si cantò il Te Deum “intonato” dal Vescovo “e fu eseguito in musica dai più
abili professori di questa città. (…) La sera l’Istituto Sociale diede nelle proprie sale una
festa da ballo, la quale riuscì brillantissima”. “Giornale del Dipartimento dell’Alto Adige”, 21 ottobre 1812, n. 76.
31
“Ristretto dei Foglietti Universali”, 18 febbraio 1817, n.10.
24
409
- 11 febbraio 1819 (vigilia del compleanno dell’imperatore): ballo aperto col cantico nazionale in italiano32;
- 28 gennaio 1820: accademia musicale con il pianista Giuseppe Moser e
l’orchestra dei dilettanti filarmonici trentini (musiche di Dussek, Moser e
altri)33;
- maggio 1824: esibizione del bolognese Matteo Gasparo Leonesi,
“Cantore di versi estemporanei”34;
- 12 febbraio 1825: per il genetliaco dell’imperatore: la mattina “lieta
musica militare”, la sera “un ballo brillante”35;
- 12 febbraio 1827: per il genetliaco dell’imperatore, la sera, “festa da
ballo”36;
- 12 febbraio 1829: per il genetliaco dell’imperatore, la sera, “festa da
ballo”37;
- 26 aprile 1830, “gran ballo nella sala del Casino”38.
“Ristretto dei Foglietti Universali”, 19 febbraio 1819, n. 8.
“Invito Musicale. Per la sera di Venerdì 28 Gennajo 1820 nell’Istituto Sociale nel Palazzo
Festi, ove si produrrà il Sig. Giuseppe Moser nei sottodescritti pezzi istromentali, lusingandosi del benigno compatimento del colto Pubblico Trentino in questo suo secondo
esperimento, che è per dare della propria abilità sopra il Pianoforte. Elenco de’ Pezzi.
Prima Parte. 1. Sinfonia. 2. Gran Concerto Militare a pianoforte del celebre Maestro
Dussek a piena orchestra, eseguito dal signor Moser. 3. Pezzo vocale prodotto da Dilettante. Seconda Parte. 4. Sinfonia. 5. Grande sonata a 4 mani sul piano forte eseguita dal
sig. Moser e da un sig. Dilettante. 6. Rondò del suddetto gran Concerto militare. Il principio sarà alle ore 6 e mezzo. Il prezzo d’ingresso è di Car. 24 senza porre limite alla generosità degl’intervenienti, che favoriranno animare colla loro presenza il sig. Moser, che si
accinge nella carriera de’ Virtuosi nell’arte Musicale”. BCT, BCT4-5300/85.
34
“Varietà. Il Sig. Matteo Gasparo Leonesi di Bologna egregio Cantore di versi estemporanei”, si esibiva all’inizio di maggio “nella sala di quest’Istituto sociale, siccome in quella
della scuola filarmonica”. A Trento “non smentì la fama nel sciogliere poeticamente gli
argomenti (…)”. “Ristretto dei Foglietti Universali”, 14 maggio 1824, n. 20.
35
“Ristretto dei Foglietti Universali”, 18 febbraio 1825, n. 7.
36
“Ristretto dei Foglietti Universali”, 16 febbraio 1827, n. 7.
37
“Ristretto dei Foglietti Universali”, 13 febbraio 1829, n. 7.
38
“Articolo comunicato. Rovereto a dì 27 Aprile 1830. Venti giovani Cavalieri trentini vennero nella determinazione di unire jeri di sera la patria e nobile gioventù a un gran ballo
nella sala del Casino di quella Città. La gentilezza, e il buon gusto di que’ Signori fecero
si, che tutto venisse disposto con tale eleganza, con sì bella simmetria, e con tanto decoro,
che il ballo avrebbe fatto onore a qualunque più splendida Città. Illuminate a giorno erano le contrade, che mettono al palazzo del divertimento; l’atrio, e le scale con bella arte
trasformate in giardino. L’olezzar de’ fiori, le brillanti luminarie, la sceltezza degli addobbi, l’onda del suono musicale, che partiva dalla sala, faceva al primo entrare securo chi
ascendeva, che nulla si era intralasciato, affinché dovesse poter riuscire più gradito
l’intrattenimento. La sala, e le stanze attigue con isquisitezza, e leggiadria adorne, e fregiate: le ricche masserizie d’argento, con che si serviva gratuitamente di ogni sorta di confetti
gli spettatori; l’armonia, la magnificenza, il brio, la gioja che da per tutto spirava; le stesse
Dame intervenute in gran numero, e vestite con isvariato sfarzo e galanteria; in mente de’
32
33
410
Questo primo periodo, orientato essenzialmente a iniziative di tipo ricreativo, si chiude all’inizio degli anni Trenta. Le vecchie regole non erano
più sufficienti a motivare le adunanze e si procede quindi a una rifondazione dell’istituto accogliendo soprattutto i suggerimenti provenienti dal
mondo della cultura. Già nel 1824, ad esempio, sul giornale locale (il “Ristretto dei foglietti universali”) si leggeva:
“Dai conoscitori delle belle arti e dagli amanti della storia patria delle stesse in
Trento ci permettiamo di chiedere più precise notizie sopra alcuni artisti, che o
furono Trentini, o per tali ritenuti, o almeno in Trento hanno lasciate delle
opere della lor mano”.
Un invito esplicito a cercare nella storia artistica di Trento notizie precise attorno a Domenico Brusasorci, Girolamo Romanino, Elia Naurizio,
Domenica Spaventi, i fratelli Carneri, autori di opere costantemente ammirate dai viaggiatori che arrivavano in città39. A Innsbruck, attraverso il
“Messaggiere Tirolese” e, sicuramente, mossi dalla lettura degli appunti lasciati da Antonio Roschmann (1694-1760)40, si chiedevano notizie persino
di un musicista che nessuno ricordava a Trento, Francesco Antonio Bonporti, scomparso nel 174941. Lo stesso “Ristretto”, qualche mese prima,
aveva informato i lettori dell’apertura, a Innsbruck, del “Museo Ferdinandeo in Tirolo” descritto con queste parole:
“Questa patria istituzione (…) è un unione di Sozj amici delle arti, e delle
scienze nazionali, che concordemente si interessano a rintracciare, e riunire tutragguardanti tornavano i tempi dei nobili tornei, de’ sontuosi banchetti, e delle danze festose che ne’ secoli XVI e XVII vedea di frequente la vetusta Trento o dentro o poco
presso delle sue mura. In breve; Trento fece anche in questa occasione conoscere quanto
possa in lei quello spirito di patrio amore, che da pochi anni in qua trasmutò quella antica
Città in una delle più eleganti, e gentili della Italia moderna. F. Marchesani, Compilatore”. “Messaggiere tirolese”, 30 aprile 1830, n. 35.
39
“Ristretto dei Foglietti Universali”, 25 giugno 1824, n. 26.
40
Gli scritti del Roschmann, oggi conservati nella Biblioteca del Ferdinandeum di Innsbruck, sono parzialmente leggibili in: Emert, Fonti manoscritte inedite, pp. 29-37.
41
“Ristretto dei Foglietti Universali”, 19 ottobre 1827, n. 42. Proprio nella musica – un
progetto di raccolta di melodie popolari avviato in tutto l’impero austriaco nel 1819 dal
barone Joseph von Sonnleithner assieme alla Gesellschaft der Musikfreunde di Vienna –
troviamo un primo interesse scientifico verso la cultura locale. Se, a fronte di un preciso
questionario predisposto nella capitale, dai vari Giudizi del Trentino a Vienna giungeranno solo relazioni sommarie, da Trento, attraverso l’azione del sensibile podestà Benedetto Giovanelli (sorretto dalla Società Filarmonica) verrà spedito un fascicolo prezioso
di ventuno balli per violino, canti spirituali e altre musiche d’intrattenimento: un insieme
di documenti capaci di costituire un riferimento assoluto nella storia dell’etnomusicologia
europea (Deutsch, Hofer, Die Volksmusik-Sammlung; Il violino di strada, pp. 7-26.
411
te quelle cose tirolesi, che meritano di essere rimarcate, e conservate, e che siano oggetti di storia naturale, di arti, o di storia in generale (…). La mineralogia,
che si può dir veramente in Tirolo una scienza naturale al paese, sarà così via
più sempre incoraggiata”42.
Il museo, per le sue raccolte e le relative informazioni concernenti il Tirolo italiano, faceva riferimento a Benedetto Giovanelli (Trento) e Giuseppe de Telani (Rovereto). Nel gennaio del 1827 il foglio cittadino dava invece spazio alla raccolta di Antonio Mazzetti (1784-1841), segnalando il pregio dei documenti riservati al Concilio di Trento. Significativo, in questo
caso, il titolo scelto per l’articolo: Letteratura patria43.
Questi articoli culturali, non certo trascurabili pensando al ridottissimo
spazio riservato dal giornale alla cronaca locale, sono segnali di un clima
che stava lentamente cambiando in città, spingendo i vecchi soci verso la
rifondazione dell’istituto. Senza una documentazione specifica, dobbiamo
fidarci solo di uno documento fondativo, la Costituzione organica dell’Istituto sociale in Trento44 –, privo, purtroppo, di luogo e data di stampa, ma
risalente probabilmente al 1834, quando già dal 10 febbraio un gruppo di
cinquantatré persone, capitanate da Matteo a Prato, sottoscriveva l’impegno per una adunanza generale in vista della rifondazione dell’associazione.
In precedenza, il 31 dicembre 1832, il podestà di Trento conte Giovanelli,
“al generoso scopo di promuovere e favorire la riattazione del Sociale Istituto di Lettura”, donava all’istituzione una serie di oggetti d’arredamento:
“N. 2 Candellieri di ottone; N. 3 Calamaj di banda d’ottone; N. 2 Smoccolatoj; N. 1 Forbice lunga; N. 2 Stecchetti d’osso; N. 3 Cornici di noce per
quadri una di queste con lastra; N. 3 Registri per l’Istituto in carta reale”45.
Si instaura così, nella città, attraverso l’esempio del suo primo cittadino,
una prassi di generosità che porterà al continuo, seppur lento, incremento
della biblioteca e del museo.
“Ristretto dei Foglietti Universali”, 30 gennaio 1824, n. 5.
“Ristretto dei Foglietti Universali”, 12 gennaio 1827, n. 2, 19 gennaio 1827, n. 3. La collezione documentaria raccolta durante tutta la sua vita dal magistrato Antonio Mazzetti costituisce a tutt’oggi il fondo più cospicuo e prezioso della Biblioteca comunale di Trento.
44
Di questo statuto conosciamo quattro copie conservate. Tre sono reperibili in BCT: T I op c 541 (proveniente dalla raccolta Mazzetti), T I - op c 12 (due esemplari); una in
APTn, ttV 82 (appartenente alla Biblioteca di Castel Thun). La mancanza di una numerazione dei fascicoli nella stampa dell’opuscolo, secondo un costume valido ancora all’inizio
dell’Ottocento, suggerisce come anno di edizione il 1834, anziché il 1809 come da altri
indicato.
45
BCT, BCT1-3007/4. Carte varie con riferimenti all’Istituto Sociale (1832-1842), c. 1.
42
43
412
La riattivazione dell’antico Casino sociale – al quale si poteva associare
“qualunque persona civile”46 –, fu un atto sicuramente coraggioso e positivo, ma poco lungimirante. In realtà nel mentre si puntava, ancora, a ottimizzare risorse e spese, si voleva ridurre a un’unica regia tutta la cultura
cittadina, dalla musica al teatro, dalla biblioteca al museo, dal tavolo del
bigliardo alla sala da ballo47. Un esperimento faticoso, segnato da defezioni,
inadempienze nei pagamenti, contratti fragili rispettati solo per pochi anni
e condizionati da una pesante situazione di crisi economica della città attorno alla metà degli anni Trenta.
Lo sviluppo del capoluogo trentino continuava a mostrarsi lento e faticoso anche dal punto di vista delle idee e della politica. Ora la città di
Trento non si presentava più sostanzialmente unita e compatta, ma articolata, complessa, animata da molteplici tensioni interne. Ogni settore cominciava a reclamare una giusta autonomia. Non a caso negli stessi anni
(1833-35), l’imprenditore Felice Mazzurana era costretto a vendere il proprio teatro a Vincenzo Panicali e Albino Candelpergher che a loro volta lo
cedevano alla neo-costituita Società dei palchettisti con la quale l’edificio
diventava “Sociale”48.
La corrispondenza intercorsa durante le non facili trattative fra Vincenzo Panicali (un privato commerciante nonché compositore dilettante), la
deputazione del teatro (i palchettisti, nobili/borghesi), il Capitanato (il governo imperiale) e il Municipio (il governo locale) porta alla luce la questione fondamentale della struttura, vale a dire l’assenza, nel passato, di regolari e diligenti manutenzioni da parte del proprietario. Da rifare risultavano il pavimento del palcoscenico e della platea (che si trovavano in uno
stato addirittura “rovinoso”); da restaurare erano le decorazioni e gli scenari, mentre assenti risultavano diversi attrezzi primari per la funzionalità
degli spettacoli.
Ma anche qui il tema fondamentale (e nuovo per la città) rimaneva quello di garantire uno spazio qualificato al pubblico indirizzando collettivamente l’emergente ‘tempo libero’ di precise classi sociali. Si trattava quindi
di “render il Teatro suscettibile ad essere frequentato nella stagione invernale”, quando “le lunghe serate del verno pongono il terriero, e più ancora
il forestiere nel caso di non saper come ammazzare le ore, e la noia”. Le richieste da parte dei pubblici organismi e dei rappresentanti dei palchettisti
erano quindi precise nell’indicare un primario quanto drastico intervento
BCT, BCT1-5585/1, fasc. 1, 10 febbraio 1834.
Nel 1847 all’Istituto Sociale veniva aggregata persino la Banda civica, poi scioltasi in seguito agli avvenimenti rivoluzionari del 1848 (BCT, BCT1-5585/3, Prot. 18/a. Atto 13
giugno 1852).
48
ASTn, CC, a. 1836, b. 54, Teatro miscellanea.
46
47
413
sull’impianto di riscaldamento e gli infissi49. Le trattative segneranno negativamente l’attività artistica degli anni 1834-36; il teatro, trasformato in
“Sociale”, ripartirà gradualmente nel 1837.
Questa crisi degli anni Trenta colpisce, ovviamente, anche la musica
come possiamo comprendere da un ampio articolo pubblicato nel dicembre 1837, significativamente, prima sul “Bothe von und für Tirol und Vorarlberg” e quindi riportato sul “Messaggero di Rovereto”:
“Già da molto tempo sentivasi il bisogno di far qui rivivere la musica che era
del tutto andata in decadenza. Chi ‘l crederebbe che in una città italiana e così
ricca, che nel tempo della fiera di s. Vigilio ha ogni anno una buona opera, la
musica sia stata negligentata a segno, che non v’era qui alcun’orchestra, quando
un talento musicale, particolarmente pel canto, sembra innato in ogni italiano?
E pure la cosa era tale; non si sentiva alcuna musica di camera, tranne quando
davano concerti gli artisti che per qui passavano; soltanto di rado odesi musica
nella cattedrale, e per eseguire l’opera era di necessità il far venire quasi tutta
l’orchestra delle vicine città italiane.
Il motivo di ciò stava principalmente nella mancanza di maestri per gli istrumenti da corda e da fiato, per lo che riusciva spesso impossibile alle famiglie
più colte con tutto il loro buon volere il fare insegnare la musica ai loro figliuoli, ad eccezione del piano-forte. Per conseguente non potevano formarsi dilettanti, che nelle piccole città sono il sostegno di un’orchestra, e la musica
d’orchestra era per la maggior parte in mano di persone, cui la ristretezza de’
loro mezzi, o pure il loro poco sentire delle bellezze dell’arte non permettevano
d’instruirsi a fondo nella musica e di oltrepassare la mediocrità. Con ciò era da
spiegarsi ed anche da scusarsi quel pazzo e dannoso pregiudizio, se il nome di
suonatore era tenuto a vile e se i pochi dilettanti penetrati da un vero amore
dell’arte si vergognavano di unire in nell’orchestra i loro talenti con persone
che questo amore seco loro non dividevano”50.
Il lungo articolo si conclude col segnalare l’avvio, verso la fine del 1836,
di una piccola orchestra ‘privata’ di dilettanti dalla quale nel 1837 nasceva
49
50
ASTn, CC, a. 1836, b. 54, Teatro miscellanea. Lettera della Deputazione teatrale al Capitanato Circolare, 25.2.1834. In questo caso (e successivamente nel 1859) il Comune rifiuterà però la concessione di qualsiasi contributo e pure l’acquisto dell’edificio offerto a un
prezzo vantaggioso dalla Deputazione (ASTn, CC, a. 1836, b. 54, Teatro miscellanea, Lettera della Deputazione teatrale al Magistrato civico, Trento, 24.3.1859).
“Messaggero di Rovereto”, 22 dicembre 1837, n. 102. Questa situazione era già stata segnalata (il 26 febbraio 1837) in una lettera del conte Agostino Marzani (forse lo stesso
‘corrispondente’ del “Messaggiere”) al Capitolo della Cattedrale di Trento. Così scriveva
il Marzani: “Per far risorgere la musica in questa città, nella quale per trascuranza d’ogni
genere d’abitanti si trova in tale decadenza da dover arrossire confrontandosi con altre
piccole città e borghi, diversi cittadini si sono riuniti per porre fine a tale scandalo
coll’erigere una scuola filarmonica”. ADTn, ACC, Atti Capitolari 1837, n. 16.
414
una Scuola filarmonica con l’assunzione di tre qualificati insegnanti (uno
per gli archi, uno per i fiati e uno per il canto); questa istituzione confluirà
poco dopo nell’Istituto Sociale (ex Casino dei nobili)51. L’assunzione –
tramite una specifica segnalazione da parte del burgravio della Boemia
conte Chotek – del maestro di violino e direttore d’orchestra Friedrich
Wenzel Bezdeck, già direttore dell’opera in Pesth, che secondo il costume
dell’epoca arrivava a Trento con un nutrito bagaglio personale di partiture,
contribuiva a modernizzare immediatamente il gusto musicale locale
aprendolo alle novità europee. L’inventario di una piccola biblioteca musicale risalente agli anni 1838/40 – da riferirsi probabilmente alla fusione
della Filarmonica con l’Istituto Sociale – richiama la presenza a Trento di
83 opere strumentali con 46 sinfonie, 11 concerti e 26 opere cameristiche
proveniente in larga parte dai paesi tedeschi e dalla Francia52.
Le idee animate dalla ripresa economico-culturale della ‘fine anni Trenta’ si ritrovano puntualmente nello statuto del rifondato Casino. Scopo
dell’istituto – aperto dalle ore 8 di mattina alle 11 di sera – era sempre di
“procurare maggior unione fra i suoi Socj mediante adattati, e leciti divertimenti, che servono in un di sollievo, e d’istruzione” (art. 1). Per questo,
ad esempio, in una stanza veniva collocato “un Forte-piano, onde procurare ai Socj dilettanti della musica l’occasione di divertirsi così da se, oppure
in compagnia” (art. 7). Ma la novità veniva enunciata dall’articolo quinto
dello statuto nel quale si legge:
“L’Istituto accoglierà sempre con riconoscenza, se qualche attuale di lui Socio,
oppure qualche artista meccanico, o maestro terriero, o forestiero esporrà in
una stanza qualche pezzo di sua arte, per esempio di disegno, oppure modelli
di qualche utile invenzione, o produrrà qualche eccellente opera in rame ec.
S’intende da per se, che l’Istituto si obbliga in questi casi di sorvegliare, affinché tali pezzi esposti non vengano in conto alcuno lordati, o deteriorati”53.
Quell’idea di museo, di spazio per le arti figurative, per le invenzioni
scientifiche o tecnologiche che circolava negli anni Venti, trovava ora piena
realizzazione.
L’apertura di questa “Scuola filarmonica” veniva subito comunicata dal nobile Paride
Cloz ad Antonio Mazzetti a Milano non senza qualche pregiudizio: “Trento 31 gennaio
1837. A Trento viene eretta una nuova schuola filarmonica, et quidem con qualche fanatismo essendo noi affatto sprovvisti di buoni professori di musica, ed a quest’ora furono già
provvisti due Boemi (in realtà uno di Praga e uno di Osimo) con sufficente Salario, i quali
ad un certo numero di scolari devono dare lezioni gratuite, e così prestar servizio nelle sacre funzioni e nel Teatro”. BCT, BCT1-1547.
52
Carlini, I Filarmonici, pp. 117-123.
53
Costituzione organica.
51
415
Di questo nuovo corso dava felice e dettagliato conto nel 1840 il “Messaggiere tirolese”, in una lettera scritta da un socio agrario dell’ente stesso.
Alla base veniva individuato una sorta di spirito ecumenico, esattamente a
mezza strada fra il divertimento e l’istruzione:
“L’Istituto Sociale di Trento è una di quelle belle creazioni pieghevoli all’aura
dei nostri tempi, modellate sui gusti e sui bisogni del nostro secolo, nel quale,
col progresso dell’umano sapere e delle utili cognizioni, si cerca pur anche di
render grata o meno nojosa la vita. Esso non è una Scuola filarmonica eccheggiante di eterni gorgheggi, non è un’accademia di letterati che si uniscono per
annojarsi piacevolmente a vicenda, né una composizione languida e sconnessa
di uomini di scienza, né un grottesco convegno di giovani, che non cercano che
il sollazzo, la leggerezza, il tripudio; esso ha tendenze utili e piacevoli, istruttive
e sociali; non ha uno scopo particolare ne un colorito deciso, ma dalla fusione
di quelle tinte gravi e leggere, musicali e letterarie, antiquarie ed artistiche ne
viene un’armonia, che si fa tanto bene all’uomo del nostro tempo, di questa età
per eccellenza enciclopedica”.
Il nuovo istituto era uno spazio aperto per la città, un luogo di aggiornamento culturale e scientifico, dove l’inventiva e il dinamismo del singolo
venivano indicati come esempio alla collettività. Così, fra il 1839 e il 1840,
nelle stanze dell’Istituto Sociale i cittadini di Trento poterono ammirare,
pressoché in contemporanea con l’invenzione francese del 1839, un’immagine realizzata attraverso il procedimento fotografico del dagherrotipo,
nonché apprezzare le doti pittoriche di Giacomo Micheli e quelle musicali
del pianista Giuseppe Anzoletti. Tre iniziative, fra l’altro, che sottolineavano il collegamento diretto non più con Innsbruck o Monaco, bensì con Milano, dove avevano studiato sia il Micheli che l’Anzoletti.
“Le sue sale sono aperte ad ogni merito, ad ogni produzione d’arte, ad ogni utile tendenza, ad ogni cosa piacevole, morale, instruttiva, decorosa. Appena si
parlava dei Dagguerreotipi, e nelle sale del suo gabinetto di lettura pendeva
una di queste belle produzioni; il trentino Giacomo Micheli veniva onorato
all’accademia di Milano del primo premio, ed i suoi disegni vi erano esposti;
l’improvisatore [sic!] Bindocci54, il trentino Anzoletti, allievo del Conservatorio
di Milano, il professore Colosio di Brescia, Tommaso Fasano di Napoli55, ed altri artisti di merito distinto trovarono, in quest’anno una cortese accoglienza in
queste sale, loro prestate con generoso e splendido apparecchio”.
Si tratta dell’avvocato senese Antonio Bindocci, già attivo in tal senso presso la corte di
Vienna. Il Bindocci fece estrarre a sorte dai presenti una serie di argomenti, poi declamati
e cantati in metri diversi con l’accompagnamento di pianoforte. L’esibizione di poesia
estemporanea avvenne la sera del 15 febbraio 1840. ASTn, CP, AP 1, a. 1840.
55
Duecento anni di concerti, p. 115.
54
416
Sin dal 1808 la sala di lettura per i giornali costituiva l’elemento forse di
maggior richiamo per i soci che qui potevano consultare le testate più famose d’Europa nelle tre lingue praticate dall’aristocrazia e dall’alta borghesia, ossia italiano, tedesco e francese. All’atto della rifondazione, la direzione incorporava il “gabinetto sociale di lettura” che era stato riaperto nel
1832 nel palazzo del conte Alberti in via Belenzani56, accrescendone il servizio ed estendendolo a gazzette e giornali dedicati a particolari categorie
del sapere (musica, arte, agraria, statistica, medicina, commercio, moda
ecc.). L’elenco dei giornali disponibili per il 1842 (escludendo quindi quelli
in abbonamento gli anni precedenti) era il seguente:
“Gazzetta di Trento
Messaggere di Rovereto
Foglio ebdomadario di Bolzano
Gazzetta di Milano
Gazzetta di Venezia
Gazzetta di Innsbruck
Gazzetta di Vienna
Gazzetta universale d’Augusta
Journal des Débats. Parigi
Rivista Europea. Milano
Giornale dell’Istituto Lombardo. Milano
Annali Universali di Statistica. Milano
L’Ape delle cognizioni utili. Milano
Giornale Agrario Lombardo Veneto. Milano
Il Politecnico. Milano
L’Eco della Borsa. Milano
Il Figaro. Milano
Bibliografia italiana. Milano
Giornale d’arti e manifatture. Milano
Il Cattolico. Lugano
L’Annotatore piemontese. Torino
Il Museo scientifico, artistico e letterario. Torino
Il Mietituore. Venezia
Le Grazie. Giornale di educazione e di letteratura scritto da sole donne italiane. Reggio di Lombardia
Guida dell’Educatore di Lambruschini. Firenze
Il Progresso delle scienze, lettere, ed arti. Napoli
Giornale Agrario. Trento
Giornale di giurisprudenza. Vienna
Giornale di Letteratura, e costumi. Vienna
Rivista germanica. Stoccarda
56
La guida del Consolati (1835), in: Emert, Fonti manoscritte inedite, pp. 143-180: 172.
417
L’Estero. Stoccarda
Musée des Familles. Parigi
Magasin Universel. Parigi”57.
Consultabili rimanevano comunque i periodici ricevuti in abbonamento
gli anni precedenti – 51 testate italiane (compreso “Il dagherrotipo” di Torino, 1840), 14 francesi e 19 tedesche –, una serie di 24 carte geografiche,
un numero consistente di volumi di vari argomenti, “diversi libri, foglianti
e manoscritti patrii” e alcuni ritratti (fra questi quello del pittore Giovanni
Marchesi da Rumo donato dal conte Matteo Thun58). Puntuale la conferma
da parte del nostro anonimo testimone oculare, che così scriveva nel 1840
sul “Messaggere tirolese”:
“Il suo gabinetto di lettura è fornito delle migliori Reviste letterarie d’Italia e di
Germania, e di alcune anche di Francia, né gli mancano i più accreditati giornali politici di queste tre nazioni. La collezione di carte geografiche di questo
gabinetto è cosa assai pregevole, e fra queste possiede la Corografia d’Italia,
ch’è una opera colossale in corso”.
La novità più singolare espressa in questa seconda ricostituzione del Casino sociale è indubbiamente l’avvio di quella sezione che andrà a rinforzare il Civico Museo della città di Trento59. Per la prima volta, in città, un ente pubblico, qual era in sostanza l’Istituto Sociale, si preoccupava di raccogliere sistematicamente oggetti riferiti alla storia della gente trentina. Tale
orientamento veniva precisato nel Regolamento stampato nel 1838:
“§ 6. Il Gabinetto è destinato anche alla esposizione di oggetti di belle arti, e
dell’industria.
§ 7. L’Istituto accetterà con pubblica riconoscenza donativi di pitture, stampe,
libri, oggetti di storia naturale, modelli di macchine, e d’istrumenti rurali, e simili per fondare con quelli una Galleria.
§ 8. Se il donativo avrà il valore di fiorini tre cento o meno, il nome del donatore sarà ricordato in un libro ai generosi ed utili uomini dedicato”60.
Il Gabinetto letterario di Trento. La copia consultata è stata reperita in ASTn, CP, AP 13,
a. 1842.
58
Si tratta probabilmente della litografia già segnala da Simone Weber come presente nel
museo di Trento. Weber, Artisti trentini, p. 226.
59
Il Museo Civico “fu fondato ed aperto nell’anno 1846 (…) Esso si chiamava allora ‘Museo
Trentino’ (…) e ad esso, nel 1856, l’‘Istituto sociale’ (che fu tanto sollecito per lo sviluppo
della coltura sia artistica che scientifica del paese) cedette le sue raccolte di Antichità, Archeologia e Mineralogia che sotto il nome di ‘Patrio Museo’ da ‘molti anni’ aveva ‘radunato e disposto in armadi e vetrine’” Il Museo civico, p. 5.
60
Regolamento dell’Istituto Sociale di Trento, paragrafi 6, 7, 8.
57
418
La dizione specifica di “Museo Trentino” si trova citata espressamente
nel verbale della direzione dell’istituto convocata il 24 settembre 1839:
“Venne inoltre stabilito di far eseguire per il Gabinetto letterario ad uso del
Museo Trentino, che va ad instituirsi, due armadi di noce aperti, con invetriate,
e questi a spese del fondo speciale di quella Sezione”61.
A proposito di questa decisione, così si esprimeva il nostro “socio agrario” sulle pagine del “Messaggere tirolese” nel 1840:
“L’idea di quest’Istituto di formarsi un museo di oggetti naturali del paese e
d’antiquaria sembra avvicinarsi a una bella realtà; queste collezioni si accrescono di giorno in giorno, e siamo più che persuasi di vederne un felice riuscimento. Non si poteva provvedere meglio a questo sommo bisogno della parte meridionale della provincia, e ne sarà mirabile l’effetto per l’impulso che darà alla
gioventù ad appigliarsi a questi studj quasi del tutto da noi negletti; esso darà
allo straniero un segno della nostra civiltà, e potrà formare una delle più belle e
sicure speranze per l’avvenire di quest’instituzione”.
Una politica culturale, quindi, che voleva imporsi nella città attraverso
l’esempio colto. L’avvio del museo è determinato da una serie di donazioni,
più o meno consistenti, da parte soprattutto dei soci nobili – Benedetto
Giovannelli, Antonio Mazzetti, Matteo Thun (donatario di 107 monete antiche, 55 romane, 49 tirolesi, una d’oro e una d’argento di Pietro Vigilio
Thun, e una del cardinale Bernardo Clesio), Guidobaldo Thun (3 monete
d’argento di vescovi di Salisburgo della famiglia Thun), Paride Spaur (altra
raccolta di monete), Giovanni de Giuliani (5 monete d’argento, di cui una
trentina, le altre di Mainardo conte del Tirolo, trovate a Nanno) e Vincenzo Consolati, ma pure da Girolamo Cesarini (due pietre litografiche delle
sue cave), Ferdinando Dordi, ecc. – e condizionato dai loro gusti personali
(si pensi alla passione del Giovanelli per la numismatica o del Mazzetti per
i manoscritti).
Nel 1842 l’istituto possedeva 204 monete e 65 pezzi mineralogici, questi
ultimi donati, in massima parte, da Pietro Weiss di Grigno (23 pezzi fossili), Lorenzo Parisi (un’antica statuetta di bronzo), Carlo Clementi, Agostino de’ Marzani, Romano Rungg e Giovanni Podetti (diversi fossili provenienti dalle miniere di ferro di Comasine, Celedizzo e S. Giacomo)62, del
61
62
BCT, BCT1-5585/1, fasc. 3, prot. n. 11.
Il Gabinetto letterario di Trento.
419
giudice distrettuale di Pergine Carlo Clementi (fossili e terre coloranti raccolti nel Vicariato minerale di Pergine)63
Il ragionamento complesso che sosteneva il progetto del museo e del
gabinetto di lettura, traspare dalle lettere di ringraziamento ai soci donatori. Così, ad esempio, scriveva il 18 marzo 1842 il presidente al conte Marzani:
“L’Istituto Sociale di Trento al Signor Conte Agostino de’ Marzani.
L’idea di raccogliere nel Gabinetto una galleria di oggetti interessanti la storia
del Trentino e la naturale non può essere oziosa in chi sente efficacemente
l’amor di patria. Il donativo di cinquanta bellissime Conchiglie che Ella Signor
Conte si compiacque di fargli ne è la dimostrazione. La Presidenza dell’Istituto
le ricevette col più grato animo e si fa ora un dovere di ringraziarla distintamente, risguardandole come un’arra della più pronunciata protezione. Si ha
l’onore di professare al Signor Conte la più ossequiosa considerazione.
Trento 18 marzo 1842
Il Presidente”64.
Lo stesso presidente, il 9 aprile 1842, così si rivolgeva al Conte Benedetto Giovanelli:
“Per imprimere al Gabinetto di questo Istituto un principio di diuturnità fu
ideato di raccogliere con pubblica riconoscenza i donativi, che i suoi socj fossero per fargli, ritenendo che chi dona ami in fatto la istituzione e contribuir voglia alla sua esistenza col mettere in comune le proprie affezioni, le ricordanze
di studj, e di dotte peregrinazioni. L’idea poteva sembrare forse inconciliabile
con una unione di arbitrio ma ora che venne avvalorata da doni, che Ella Signor Conte si compiacque di elargirgli, non può non sortire dalle prime incertezze”65.
Nel progetto della direzione dell’Istituto Sociale, quindi, Trento è una
città che deve vivere la cultura anche di giorno, non solo alla sera in teatro,
nei salotti o nelle sale da concerto. Per questo, quando la direzione parla di
museo e sala da lettura, insiste continuamente sul concetto di “diuturnità”,
assolutamente innovativo per la città; così pure l’accesso alle attività, pur
rimanendo sempre ‘controllato’, diventa progressivamente più libero. Cambiamenti certamente lenti e sottili: gli unici che potevano garantire una certa continuità e che una città come Trento poteva accettare, come confermano le parole dell’anonimo “socio agrario”:
BCT, BCT1-5585/2, V prot. 91, 92, 6.5.1841, 12.6.1841.
BCT, BCT1-3007/4, c. 5.
65
BCT, BCT1-3007/4, c. 6.
63
64
420
“I trattenimenti drammatici, coi quali i signori dilettanti rallegravano di quando in quando le scene del teatrino sociale, erano piacevoli e graziose produzioni portate con uno spirito e con vezzo particolare. Il rammentare a quei trattenimenti, deve recar seco il desiderio di vederli ritornati in vita.
La presidenza di quest’Istituto sembra principalmente animata dal principio
d’incoraggiare le arti, e di accarezzare tutti gli elementi di coltura e di gentilezza sociale. Essa deve persistere in questi principii, né deve lasciarsi sgomentare
dalle difficoltà, o dalle balzane pretensioni di qualche cervello in delirio. Egli è
quasi impossibile sfoggiare una rosa e non urtare nelle spine. L’idolo d’una
perfezione immaginaria, le soverchie esigenze non creano, ma distruggono; il
vero progresso è lento in ogni cosa.
Una prova decisa e sicura del favore che quest’instituzione professa per tutto
ciò che tende al bene e alla coltura sociale, fu la nobile e gentile accoglienza fatta alla Società agraria, prestandosi con tutti i suoi mezzi alla sessione generale
tenuta in questi giorni trascorsi. Quella cortese accoglienza non isfuggì certamente ad alcun membro di questa Società, e specialmente agli stranieri. Essa
non fu che un effetto dei principii nobili ed eminentemente sociali che
l’instituzione professa; questi principii sono quelli che meglio corrispondono ai
bisogni dei nostri tempi, nei quali la vita isolata e individuale non può riuscire
che funesta.
La direzione di questo bell’Instituto non deve affaticarsi per gire a ritroso della
corrente, non deve prender capriccio per una sola delle tante sue utili tendenze, non deve procedere a salti, ma perseverare con lenti e continuati passi sul
pigliato cammino; sopra ogni cosa essa deve anteporre l’amore, che ognuno
sente per il proprio paese, e starsi sicura della riconoscenza d’ogni persona colta e gentile”66.
Come si diceva, la crisi arriverà anche per semplice implosione. La convivenza fra sezioni dalle diverse esigenze (banda/filarmonica e gabinetto di
lettura, teatro e museo), la mancanza di un edificio adeguato inseguito per
lunghi anni e poi approdato al palazzo Altenburgen (già Firmian in via Galileo Galilei), i costi elevati di gestione con la necessità di elevare le quote
di associazione…, portarono lentamente l’istituto allo smembramento attraverso il quale, però, le singole associazioni acquisteranno un’inedita e
più matura autonomia. Anche se significativa e intensa, l’attività complessiva dell’Istituto Sociale deve essere comunque valutata con cautela almeno
dal punto di vista prettamente culturale. Prevalente rimaneva sempre la finalità ludica e d’intrattenimento. Significativa, a tal proposito, rimane una
lettera indirizzata da Roma (il 4 dicembre 1843) dal medico Giambattista
Catturani (1779-1848), originario di Strembo, ma attivo a Costantinopoli,
66
“Il Messaggiere tirolese con privilegio”, 6 maggio 1840, n. 37, Appendice. L’Istituto Sociale di Trento.
421
Vienna e Roma, all’amico Angelo barone Salvadori di Trento. Il Catturani
raccomanda al Salvadori di salutare “tutta la compagnia che ivi radunavasi
in queste sere d’inverno”: “compagnia di gioco”, fatta di nobili e uomini
distinti appartenenti proprio all’Istituto Sociale al quale il Catturani si era
iscritto il 12 gennaio 183967.
Questo lungo processo di trasformazione della società civile – che da un
primitivo mutualismo di ispirazione religiosa conosce un associazionismo
civico capace di rafforzare il sentimento della, politicamente necessaria,
identità nazionale (secolarizzazione) – corre lungo tutta la prima metà
dell’Ottocento, ma non è solo prerogativa della città di Trento. Con tempi
e dimensioni diverse segna tutto il territorio oggi denominato Trentino,
ispirando anche le associazioni di capitale, favorendo la mobilità fra i ceti,
assumendo caratteri non soltanto locali ma provinciali, rivendicando un
ruolo di mediazione fra lo Stato e il popolo. Ed è interessante sottolineare
come l’elemento propulsivo sia proprio la musica con le sue caratteristiche
comunicative, emotive, associative, con la capacità di enfatizzare i messaggi, inquadrare e muovere il popolo, scandire e fissare un preciso calendario
celebrativo. In coincidenza con la fine del Principato e l’arrivo di Napoleone gruppi di ‘filarmonici’ o ‘bandisti’ si costituiscono a Rovereto, Pergine,
Riva del Garda, Arco, Ala, Borgo Valsugana… rafforzandosi costantemente lungo il secolo68. Nelle sedi, poi, di uffici circolari o giudiziari (Rovereto,
Cles, Mezzolombardo, Borgo), a fronte quindi di una significativa presenza
di impiegati nella pubblica amministrazione, si aprono anche i Casini sul
modello di quello di Trento con il quale sono spesso in corrispondenza69.
Certo il movimento è lento e, soprattutto, attento a non concedere la stessa
libertà di movimento al popolo. Nel processo di crescita di serate danzanti
e divertimenti, nelle periferie giudici e commissari sono assai più rigidi. Nel
febbraio 1809 il Giudizio distrettuale di Mezzolombardo respinge il ricorso
di tre giovani imprenditori “per poter tenere quattro pubbliche feste da
ballo in Lavis entro questo Carnevale” con questa motivazione: “simili balli
non partoriscono che inconvenienti e disordini”70. Lo stesso ufficio, a fronte di simili richieste e altre riferite a sacre rappresentazioni, preciserà, con
apposita circolare, che non verrà accolto alcun ricorso “per il permesso di
Bruti, Giambattista Catturani, p. 146.
Carlini, Le culture musicali.
69
Anche nella periferia i Casini ‘napoleonici’ e ‘risorgimentali’ sono sovente naturali evoluzioni di piccole associazioni di aristocratici e intellettuali, spesso già presenti lungo il Settecento. Si pensi, ad esempio, alla “Accademia degli Spassionati” di Telve (Carlini, Saltori, Sulle rive del Brenta, pp. 93-95) o alla società letteraria “La nuova Grecia” in val di Sole (Zieger, Giornalismo trentino, p. 69).
70
ASTn, UVK, n. 52, 1809. Atti amministrativi, n. 58.
67
68
422
poter rapresentare Comedie, o Tragedie, poiché da ciò altro non deriva,
che spese, e perdite di tempo”71.
Non siamo quindi di fronte a un percorso lineare: la conquista di una
libera gestione del proprio tempo dovrà attendere l’ingresso, in questi movimenti, della politica.
71
ASTn, UVK, n. 52, 1809. Atti amministrativi, n. 47.
423
Riferimenti archivistici
ASCTn = Archivio storico del Comune di Trento
OA = Ordinamento austriaco
OI = Ordinamento italico
ADTn = Archivio Diocesano Tridentino, Trento
ACC = Archivio del Capitolo della Cattedrale
APTn= Archivio provinciale di Trento
ASTn = Archivio di Stato di Trento
CC = Capitanato circolare di Trento
CP = Commissariato di polizia di Trento
UVK = Ufficio Vicariale di Königsberg Grumès di Lavis
BCT = Biblioteca Comunale di Trento
BCT1 = Fondo manoscritti
BCT4 = Archivi musicali
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Anno Domini 1803. Le invasioni napoleoniche e la caduta del Principato Vescovile.
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426
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