TEOLOGIA 3 1 – dedicato all’etico il senso che scaturisce dalla morale cristiana e alla crisi nella contemporaneità 2 – alle radici dell’ethos della morale cristiana *vangeli sinottici: Matteo Marco Luca la coscienza fa riferimento alla personalizzazione dell’agire. Norma o legge potrebbero aiutarci ad educare alla vita buona, al vivere bene ( virtù) 3 – agli ambiti del vivere l’etica ha a che fare con il peso e la qualità della relazione (bioetica ed etica affettiva). Un’etica di tipo più lungo è una morale sociale. Nella prima parte: - Etica cristiana e contesto attuale L’esperienza morale nella bibbia attraverso i grandi codici Categorie fondamentali dell’agire umano Nella seconda parte: - Nascere alla vita Incontrare l’amore Lavorare insieme per la giustizia delle istituzioni Vivere la morte FREQUENTANTI area download bb frequentanti 2018, nella dispensa si trovano le lezioni del giovedì e alla fine una parte dedicata alle lezioni del mercoledi. ESAME si parte da un approfondimento nostro su un argomento fatto a lezione, nostra presentazione argomento a piacere. Poi una domanda del professore. Preappelli non prima della metà di maggio. GIOVEDÌ ETICA CRISTIANA E CONTESTO CONTEMPORANEO 1\03\18 alcune dinamiche della nostra società hanno messo in crisi l’etica, non solo quella cristiana ma anche in senso generale. CRISI = venire a conoscenza che qualcosa non tiene più, riferimento al verbo greco “krino” è un giudizio più attento sul perseguire un certo modello, non è necessariamente negativa, è un ripensamento. Ci sono tre indicatori che ci fanno ripensare la tradizione dell’etica cristiana: - Complessità sociale Compiuta secolarizzazione Cultura della società la complessità sociale interpreta il nostro vivere. Fino agli anni 50 c’era un contesto di società omogenea e statica in cui il quadro delle classi era definito e c’era uniformità dei valori. Negli anni 60-70 la omogeneità è stata scossa da ondate di superamento dello stile conservativo. Possiamo parlare di dialettica sociale di contrasto, declinata in tanti modi ma era sempre una presa di distanza da un modello passato. Dopo queste ondate siamo diventati una società complessa: no appartenenza totalizzante, adesione leggera ad ambiti partecipativi della vita sociale portatori di interesse. Sempre più difficile pensare al concetto di bene comune. Tendono a moltiplicarsi i percorsi di etica, sono specializzati per i vari settori, assistono a un moltiplicarsi di morali settoriali PLURALISMO DELLE ETICHE nella forma del conflitto, etiche diverse. Insuperabili condizioni personali, il cristianesimo non è più la cultura egemone, la vera fatica è quella di guadagnare autorevolezza, accanto alle altre voci cerca di farsi sentire, modalità di presenza diversa in questa nuova società complessa. Lavorare sulle varie idee no verità universale o che prescinde dalla storia delle persone. La compiuta secolarizzazione oggi indica un percorso avvenuto da molto tempo con la nascita del pensiero e delle discipline scientifiche abbiamo introdotto spiegazioni del mondo senza fare riferimento a Dio. Età del disincantamento, visione magico-sacrale, prima invece adesso molto più realistica e scientifica. La secolarizzazione non fa necessariamente riferimento alla negazione del sacro è un dato di fatto, un allargamento della visione. Non viene mai a toccare solo il fondamento religioso ma anche la possibilità di trovare un senso ultimo. Ci accontentiamo di descrivere le varie esperienze senza arrivare a definire un orientamento ultimo. Non ci sono declinazioni forti ma solo significati particolari. Sono fondati essenzialmente sul benessere meno profondo del bene. /benessere che devo assicurarmi per tutelarmi. L’etica cristiana lavora nel bene come ragione per la quale spendere la mia esistenza. La cultura della società : uno dei tratti caratterizzanti della nostra epoca è l’individualismo, la questione dell’io pone il problema dell’identità, un soggetto alla ricerca di continue conferme su di sé, soggettività narcisistica, un io che cerca se stesso e conferme su di sé. Ogni tempo ha il suo eroe, l’eroe della modernità è prometeo perché aveva portato il fuoco, aveva introdotto cose a favore degli umani strappate agli dei, idea di osare attraverso la ragione di cambiare le cose. L’eroe post- moderno è narciso: accarezzare e tutelare la propria esistenza, si illude di cercare l’altro ma cerca se stesso nel suo riflesso. Il tempo della vita che ha guadagnato considerazione è infatti l’adolescenza, sono di fronte alle possibilità, posso sbagliare, lo sbaglio è concesso, devo ancora scegliere, pensare a me. Un io fortemente volubile, adolescente e capriccioso, anche la cultura istiga dicendo “tu devi essere libero”. L’etica non ha a che fare solo con il cosa devo fare? ma anche con la domanda chi voglio essere? Che uomo sono? Come voglio diventare? Allora è importante riflettere sull’io. Il nostro tempo ha registrato una profonda crisi di soggetto all’io. 3 autori che hanno riflettuto sull’io: - - - Derer Parfit - fa emergere un paradosso ovvero è impossibile far emergere un profilo unitario del mio progetto di vita, l’io è un punto che cambia nel tempo ma è sempre diverso. Permanenza dello scorrere del tempo e il cambiamento tengono insieme l’io ma lui li separa: l’io è tante istantanee, non c’è unificazione o narrazione unica. Ervig Goffmann – l’io ha la consistenza di un attaccapanni, la mia identità profonda è un supporto su cui io colloco le identificazioni ovvero i ruoli e le aspettative, io sono solo un supporto, un gancio, non ho una sostanza profonda. Cristopher Lash – io minimo, una sorta di io che si restringe, si chiude e si difende da quelle che sono le aspettative eccessive che la società ha nei miei confronti, l’unico modo per resistere è chiudersi in sé e sopravvivere. Si parla di sopravvivenza alle aspettative sociali e alle relazioni con l’altro perché sono sempre un rischio e l’altro potrebbe reclamare lo spazio che tiene per se stesso, una relazione impegnativa è un’opportunità ma anche un rischio al mio equilibrio. ETERONOMIA = regalo che ci arriva da fuori e che si impone, il cristianesimo è stato recepito così ma l’uomo è in realtà coinvolto attivamente nella risposta, non è mai stato imposto nulla ma sono state proposte nuove visioni e riflessioni. La prospettiva che scaturisce dalla bibbia è quella dell’io già posto in relazione con un tu, prospettiva dialogica. L’io si costruisce in chiave dell’altro, recupero della soggettività per riequilibrare il tratto autoreferenziale dell’io che passa necessariamente per un tu. No paradigma monologico ma DIALOGICO. - BAUMANN pensa due modalità della vita: il marinaio e lo zatteriere. La vita era simile a quella dello zatteriere perché conduce la zattera su un percorso che è già definito, pochi colpi per governare la zattera mentre adesso siamo passati ad una società dove la vita è più simile al marinaio, egli deve osare in mare aperto, non sempre può affidarsi a qualcosa dell’alto, deve affidarsi a più elementi e fare i conti con il rischio. Se esci dal porto devi avere a disposizione molte più qualità. Un individuo è tale in quanto prende delle decisioni e si identifica ma nella nostra cultura tende a mancare della decisione. È un uomo che ha alla base una pluralità di decisioni, è l’uomo che può scegliere e non l’uomo che sceglie. 08\03\18 ESODO CAP.20 “LE DIECI PAROLE” [2]Io sono il Signore, tuo Dio, che ti fece uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa degli schiavi. [3] Non avrai altro Dio all'infuori di me. [4] Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. [5] Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, [6] ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. [7] Non pronunzierai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano. [8] Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: [9] sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; [10] ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. [11] Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro. [12] Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio. [13] Non uccidere. [14] Non commettere adulterio. [15] Non rubare. [16] Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo. [17] Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo. Modello di insegnamento e trasmissione relativamente a ciò che è buono parola chiave del lessico ebraico anche se il significato è più alto: no riferimento solo a bene e male ma indica la forma piena della vita umana ha a che fare con le forme di pienezza di esistenza. L’insegnamento non è dall’esterno che detta bene e male ma ha a che fare con l’arte della vita che è buona e bella, si lascia apprezzare, può corrispondere all’ideale dell’uomo ma al momento finale è la realizzazione dell’uomo, Dio non chiede la sottomissione ma chi cresce nella pienezza della vita umana. Sfera delle relazioni si definisce un Dio in due linee che il testo presenta: - - Giustizia : il problema di questa categoria è che la leggiamo nella cultura occidentale che ha a che fare con i diritti e l’ambito legislativo, qualcosa che ripartisce e suddivide (mio e no dell’altro) qui la giustizia ha a che fare con il riconoscere l’altro, la qualità dei rapporti e il rapporto di qualità ha a che fare con la capacità di riconoscere l’altro. Tratto fortemente dialogico: mette in comunicazione me e l’altro, condivisione di qualcosa. Le altre virtù hanno a che fare con la costruzione individuale ma è importante anche la giustizia: il riconoscimento dell’altro. L’agire etico l’affermazione di me non può prescindere dal riconoscimento dell’altro come un tu. Questo concetto poi sarà categorizzato come prossimo che ha esigenze uguali alle mie, compartecipazione alla vita. Pietà : riconoscimento della relazione con Dio, la vita dell’uomo non si descrive dalla soggettività e le relazioni orizzontali ma anche dalla relazione con Dio. Relazione che non si impone sull’uomo ma egli “cammina umilmente con Dio” metà senso e direzione del cammino con un Dio. No modello etico del Dio giudice. Etica = arte della vita. Risposta al proporsi dell’invito di Dio a camminare con l’uomo. Uomo che si compromette alla ricerca di sé stesso nelle relazioni, questo permette alla vita di camminare. Soggetto che si lascia mettere in questione dall’altro. La prima parola che emerge dai testi biblici è il Dio che si propone come aiuto dell’uomo no superiore a lui. Molteplici letture di un testo che nasce nella religione ebraica e poi assunti anche nell’etica cristiana operazione di lasciar parlare direttamente il testo evitando le interpretazioni che rischiano di fare da schermo e impediscano di vedere quello che sta dietro. È un’operazione di pulitura, prende atto del fatto che la religione ebraica dal IV a.c. ha dato valore a precetti che erano ritenuti espressione della legge di Dio (torah – 613 precetti che si imponevano alla credenza del bravo praticante). Moralizzazione del testo DIRITTO CASUISTICO = valutazione di un precetto morale che spesso prevedevano una pena. Moralizzazione DIRITTO APODITTICO formulazione della regola imperativa no descrizione di un caso\ipotesi ma forma linguistica che parla direttamente, presa di posizione. Formulazione più dialogica, la funzione della legge non è di codice per amministrazione della giustizia, l’ambiente di riferimento è l’educazione trasmissione di una conoscenza di vita ad esempio nella famiglia. Si cerca di formare l’uomo. Testi che hanno a che fare con la formazione del carattere che non devono sanzionare dei comportamenti. Percorso che ti viene messo davanti, apre alla comunicazione. Le parole del decalogo sono punto di riferimento per la costruzione della nostra umanità. Testo SAPIENZALE sulla relazione e i fondamenti della vita. Anche Gesù si riferisce al tracciato delle 10 parole a volte lui fa il rimando e a volte lo fa l’interlocutore. Le 10 parole entrano nella tradizione cristiana passando per il Gesù ebreo. Agostino su richiesta di un prete scrive una piccola introduzione al cristianesimo “Manuale” “inkiridium” conosciuto per l’indice, manuale sulla fede\speranza e carità presentazione del cristianesimo attraverso testi chiave. La speranza è ciò che ci fa … il traguardo, il rimedio attraverso la preghiera. Attraverso la carità pratica dell’amore per Dio e il prossimo se vuoi capirlo devi fare riferimento alle 10 parole, come tracciato di temi per ricostruire il tracciato dell’amore. Se si vuole capire l’amore profondo delle parole si deve capire la pratica dell’amore, lettura attraverso l’amore. Ireneo fa riferimento al decalogo: dopo il peccato l’uomo non riesce a leggere le 10 parole scritte nel profondo del cuore umano, parola eterna, non ci sono contenuti legati alla natura dell’uomo e che quando l’uomo non riesce più a leggere vengono ritrasmesse in una forma più estesa. Tommaso D’aquino parla delle 10 parole e segue il tipo di lettura di ireneo, il contenuto sarebbe noto e conoscibile se l’uomo leggesse ciò che può comprendere, ascoltando la sua ragione. PAROLA 1 parla di esperienza traumatica del prendere posizione, è di natura relazionale, il concetto è accessibile alla razionalità dell’uomo. Non si pone il problema filosofico del Dio che sia uno, non è questo il problema, quindi coglie un solo aspetto di ciò che è più ampio, è in gioco l’adesione dell’uomo conteso tra Dio e gli idoli. Per questo è importante lasciar parlare le parole senza schermo. Il testo ti interpella, ti pone davanti a una scelta. Altro problema è che ci sono almeno 3 decaloghi: - - - ESODO 20 (prima c’è la storia della schiavitù in Egitto poi la fuga) consegna delle parole con le quali Dio lega a sé il suo popolo ma la risposta del popolo è libera se aderire o meno, il dono della libertà precede l’impegno a legarsi con Dio, si offre come alleato prima di chiedere. DEUTERONOMIO 5 il setting è diverso: mosè che richiama al popolo di non dimenticare le sue parole, aprono un percorso di libertà, sono all’inizio del cammino nell’esodo ma qui devono mantenere aperto il percorso di libertà nella terra promessa l’uomo deve lottare per la libertà, nessuno provvede per lui nella costruzione della comunità, le 10 parole hanno la funzione di dire “non dimenticarti quello che ti è stato donato”. ESODO 34 dopo che sono state spezzate le tavole da Mosè, viene ridato il testo con un ampliamento molto forte. Decalogo CULTUALE (ha a che fare con le pratiche di culto) israele e le grandi teste che hanno a che fare con Dio. Altro problema: come si dividono le altre 10 parole? ci sono 2 gruppi: - relazioni con gli altri Il peso delle prime parole che sono più estese Alcune in negativo e altre in positivo. 1. Io sono il Signore, tuo Dio, che ti fece uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa degli schiavi. racconta di sé, si pone nella relazione esalta l’io e il tu, definisce un legame non di potenza e obbedienza ma una relazione fondante ogni esigenza etica, è il presupposto di quello che significa legarsi al Dio tuo. Diventa Dio tuo quando racconta della liberazione dinamica dentro il testo, ha una storia\contesto. che ti fece uscire dalla terra d'Egitto, erano nell’ordine delle cose e non delle persone. Dice la storia e spiega che l’Egitto era la condizione servile in cui erano schiavi ma davanti a Dio erano un popolo di persone, l’azione di liberazione è liberare l’aspetto di essere figlio\figlia e no schiavo. Davanti a Dio sei interlocutore reso libero dalle 10 parole, non sei una cosa. Casi in cui non sono solo oppresso ma posso anche essere oppressore, ma è condizione di schiavitù anche essere oppressore. 15\03\18 L’altra volta abbiamo fatto una pulitura del testo per scoprire il contesto che è quello che apre la sequenza delle 10 parole “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti fece uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa degli schiavi” si riallaccia alla maniera in cui deve essere visto il testo: Dio si offre prima di ricevere, dà la libertà. Il decalogo serve a impedire a israele di ritornare nella casa della schiavitù = quando ti rendi schiavo a qualcuno, quindi la prima parola “Non avrai altro Dio all'infuori di me.” ha un grande potere liberatorio ma c’è anche un’altra condizione: quando calpesti l’altro e sei colui che asservisce e oggetifica l’altro nella funzione di realizzazione del sé. Il decalogo seve a capire che non devi distruggere l’altro per guadagnarti la tua libertà e salvaguardarti, la tua libertà non finisce dove comincia quella dell’altro ma si fa percorso insieme, la mia libertà inizia dove io sono libero. La chiave di lettura è poco convenzionale. Dobbiamo superare l’idea che non siamo davanti a un elenco ma a una sorta di percorso che siamo invitati a fare. I primi due comandamenti occupano metà del testo, sono molto elaborati, assumono un’evidenza che li rende punto focale, esigenza fondamentale scoprire la libertà nel Dio unico e l’esigenza etica fondamentale: il riconoscimento di Dio. “Ricordati del giorno di sabato per santificarlo” e anche “Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio” non mettono in guardia ma ripercorrono il percorso di chi sei a partire da come gli altri ti hanno fatto: il sabato è opera di Dio e i genitori hanno acconsentito alla tua vita. Viene evidenziato ciò che ho ricevuto da altri come fatto sorprendente di chi mi ha fatto, atto GENERATIVO. Atto unico non scambiabile con altre relazioni. Funzione di collegamento tra le altre parole: presa di coscienza di sé che apre alla dimensione sociale di costruire relazioni sociali con l’altro. Struttura dove la terza parte “Non uccidere” sono espressioni molto brevi. Dinamica nel testo, il riconoscimento dell’unico apre alla conoscenza che sono plasmato da altri e questo apre alla dimensione sociale nella quale la mia vita si sviluppa nel tempo. È in gioco il codice etico consapevolezza della qualità del mio codice etico, nella terza parte abbiamo uno schema più orizzontale. Prima parte con parola 1-2 di solito sono prese con leggerezza. Leggendo la prima capiamo che sono contenute due parole in questa che si sdoppiano “Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. [5] Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, [6] ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti” molto arricchito rispetto a quella a cui siamo abituati. Introduce una motivazione “perché sono un Dio geloso” sembra molto dura perché parla anche di punizione ma dimostra bontà. Non sviluppa il problema filosofico del monoteismo, l’esperienza raccontata nel testo è quella di israele che ha fatto esperienza dei un Dio unico, gli altri dei sono rimasti indifferenti mentre Dio li ha liberati e quindi non si può mettere a confronto questo con le altre divinità. Dio è diverso dagli idoli perché è: - sensibile ricettivo dell’angoscia, dramma e sofferenza del suo popolo “ho sentito la sofferenza del mio popolo” SALMO 115 Contrapposti gli idoli a Dio, nel descrivere gli idoli vengono descritte situazioni di insensibilità e freddezza partendo anche dai 5 sensi, sono seducenti perché sono lì e puoi costruirli ma ti illudono della libertà e poi ti sottomettono. Israele ne ha apprezzato le sue qualità e per questo è unico, così dicendo ci si mette in un rapporto relazionale. Una relazione di amore, mi permette di essere pienamente me stesso e lo permette anche a Dio. Dio vuole entrare in una relazione con l’uomo, la prima parola annuncia l’alterità, la potenza di questo testo è quella di mettersi in guardia dalla logica dell’idolo e dell’uno (totalitarismo) che è un punto di forza che annulla l’altro. Non posso costruire relazioni di odio nel suo nome perché è una relazione di amore. Prima era usato per giustificare il potere politico ed è strumentalizzazione di Dio. Questo Dio unico ama la relazione non il dominio sull’altro. “Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra” collegato all’idea dell’idolo con l’opzione mentale dell’immaginazione. Non ci sono rappresentazioni fisiche di Dio, perché può diventare un costrutto mentale. Dio non si può immaginare. non possiamo associare Dio ai nostri desideri, alla proiezione dei miei desideri o la risoluzione dei miei bisogni, non posso pensare Dio come antidoto alle paure più profonde. Il potere dell’immaginazione potrebbe deteriorarne l’esperienza. L’atto di rivelazione si da attraverso dei veli che non sono tutto ma quello che ci viene fatto vedere. Si lascia conoscere, imprime il desiderio ma si nasconde anche. Dio lega a sé e rimanda continuamente alla tua umanità e libertà, non è la stampella ma cammina con te. “Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso” dimensione affettiva, sensibilità di Dio introdotta con la gelosia che è una dimensione del non avere rivali, non è patologica. Il punto focale è l’amore, anche i profeti poi criticheranno il fatto che israele si è innamorata di altri. “che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, [6] ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti” Questa è la logica dell’eccesso di passione, esprime l’amore di Dio, quella che possiamo chiamare vendetta si estende non oltre la quarta generazione mentre il bene va oltre 1000 generazioni, qualcosa che punta all’eccesso. È un gioco che mette in luce l’estensione dell’amore di Dio. Ad un livello più profondo il vero punisce è una possibile traduzione del termine ebraico ma un’altra traduzione è qualcosa che osserva attentamente: prende atto a malincuore, produce effetti diminutivi. Un Dio che prende atto di quanto si compromette la propria vita e quella degli altri se mi allontano da lui. Dobbiamo superare il concetto punitivo perché c’è la misericordia che è la forma adeguata della giustizia di Dio, la cura e l’attenzione verso l’altro ci fanno comprendere di riflesso il comportamento di Dio, la sua giustizia e la sua onnipotenza. La giustizia è una caratteristica maschile ed è dimostrazione di forza. La misericordia invece allude al genere femminile quindi Dio è entrambe le cose, dimostra giustizia e misericordia che è la prima parola con cui si presenta. Non solo l’uomo riconosce Dio ma anche Dio riconosce la fragilità dell’uomo. La parola ci interpella e interpella la qualità di una relazione, è liberatorio il fatto di legarsi ad un solo Dio perché non hi bisogno di diventare servitore di altri. “Non pronunzierai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano.” non lascia impunito chi nomina invano. Il nome è importante perché ha una sfera connotativa di possedere ricondurre dentro una identità quello che tu sei. Non abusare del nome di Dio per fini superstiziosi o magari rendendolo cosi vano e inconsistente. La forza di questa parola è sul non strumentalizzare Dio, non può esercitare la proprietà. Contesto in cui il legame è forte ed implica un coinvolgimento. La libertà è paradossale perché esiste all’interno dei legami. SECONDO GRUPPO si evidenzia più la formulazione in positivo e la precedenza del dono di altri prima di me stesso, la mia identità è costruita da altri\altro e non solo me. Il sabato no lavoro perché giorno dedicato ad altro e c’è anche la motivazione. Il sabato va santificato. Riconoscere la differenza: nel lessico si poteva vedere la differenza dagli altri giorni perché non c’erano nomi assegnati ai giorni, l’unico ad avere il nome era il sabato. Dio ha fatto la differenza per il suo riposo, per riconoscere il peso che il signore ha nella tua vita, per fare memoria di ciò che ha fatto, fa riferimento al tempo che non ha imposto l’individuo. Logica della contemplazione: impatto non solo a livello produttivo ma a livello riflessivo. Non solo Israele ha osservato il sabato ma ha anche preservato la sua identità, non solo osservazione ma anche santificazione del giorno, riscoprire Dio anche nelle relazioni con gli altri. Lo schema settenario è ricorrente e si dà attenzione al settimo anno. 22/03/18 Secondo gruppo: -caratterizzato dalla formulazione al positivo -richiama due situazioni che accadono indipendentemente dalla mia volontà Il “Sabato” il giorno di sabato va santificato, cioè è un giorno che fa la differenza. È un giorno in cui si riscopre la relazione con Dio e con gli altri. Israele non aveva assegnato dei nomi ai giorni, solo al sabato (schiabbà, dall’ebraico = cessare, sospendere) In onore del Signore, per riconoscere il peso che il Signore viene ad avere della nostra vita per fare memoria, il sabato ci si riposa. In questo giorno si impone il ricordo di quello che Dio ha fatto. La logica del fare (che prevale durante i 6 giorni lavorativi) viene sostituita il giorno del sabato dalla logica dall’essere, dal lasciare essere. Il sabato nessuno dovrà lavorare. È la liberazione che l’idea della vita dipende solo da fattori produttivi, vi è anche un’altra logica, la logica della contemplazione. Non si deve solo lavorare, ma anche contemplare ciò che si produce, per meglio apprezzarlo. “Non è stato Israele a conservare il sabato, ma è stato il Sabato a conservare Israele” Più di una volta, nella Bibbia ricorre lo schema settenario e viene data importanza all’anno numero 7, l’anno giubilare, anch’esso visto come un anno che faceva differenza, in cui si era richiamati a ridare dignità a se stessi e agli altri. Era una sorta di ripristino della propria libertà. Ci si sarebbe dovuti nutrire dei frutti che la terra produceva, per avere riconoscenza dei doni ricevuti da Dio. K, G, D sono le consonanti su cui è costruito il Verbo ed evocano il trascendente, la gloria di Dio. Fa riferimento all’esperienza del “peso” del valore unico e non comparabile con altri che il divino viene ad avere per l’uomo. In questo testo si estende l’idea anche al rapporto generativo, cioè a padre e madre. Si riconosce una relazione insostituibile per la mia vita, quella con padre e madre, che mi inserisce dentro una catena di generazioni. La dinamica della vita è una dinamica generativa. Nella Bibbia “il prolungare dei giorni” fa riferimento al passaggio del dono della vita da una generazione all’altra. Vi è un’attenzione ai grandi beni della vita, condensata nella terza serie delle 10 parole. “Non desidererai la casa del tuo prossimo”. La categoria unificante è la categoria della prossimità. Ci sono imperativi, leggi e doveri che non sono fini a se stessi. Pongono un dovere come qualche cosa che permette di mantenere un futuro aperto, un senso comunitario della vita, di mettermi alla prova con il prossimo, di aprire in chiave evolutiva il vivere insieme. Questi imperativi negativi fissano il limite inferiore, il confine dell’esperienza umana del vivere insieme nel segno della libertà donata da Dio. Questi imperativi negativi definiscono un limite minimo di comportamento e creano un contorno all’interno del quale si è chiamati in modo responsabile e creativa a costruire il proprio agire “con” e “per” l’altro. “Non ucciderai il tuo prossimo” 1) Nell’episodio della Genesi 4, l’invidia di Caino diventa motivo della soppressione di Abele. Il desiderio di non essere secondo a nessuno da parte di Caino conduce all’assassinio del fratello. L’affermazione di sé porta all’annientamento dell’altro. Per tutelare se stesso, Caino rende vapore inconsistente la vita dell’altro. Ogni forma di violenta soppressione immotivata è un fratricidio. Questo testo narrativo ci invita a considerare che uccidere il fratello significa non riconoscere la vita di Dio che è in lui. Ogni atto omicida toglie la vita all’altro ed è come una forma di attentato nei confronti di Dio. È la negazione del riconoscimento della vita di Dio nella vita dell’altro. Si annulla non solo la vita fisica, ma anche tutte le relazioni che una aveva, compresa quella con Dio. 2) un altro episodio della Genesi 4, racconto che vuole dimostrare una tesi: la violenza è difficile da contenere. Uno dei discendenti di Caino, Labeck, manifesta un gesto efferato: uccide un ragazzo perché aveva ricevuto da lui una ferita superficiale. “Non commetterai adulterio” “Adulterare” è un verbo che significa alterare la qualità di qualcosa. L’adulterio altera la qualità di una relazione di profonda appartenenza reciproca. La relazione uomo-donna è riconosciuta dalla Bibbia come forma coniugale che definisce lo status sociale attraverso il rito del matrimonio. Il matrimonio è una relazione che sperimenta una profonda appartenenza reciproca nel segno della vita. L’adulterio insidia la logica della qualità della relazione che la Bibbia propone, è destabilizzante. La relazione uomo-donna viene configurata come un’alleanza. È un patto che lega due soggetti. 12\04\18 “IL DISCORSO DELLA MONTAGNA” e l’etica di Gesù nel vangelo di Matteo 5 – 6 – 7 Dobbiamo porci il problema etico nei vangeli. Etica di gesù non si parla solo di temi caratteristici ma della parola che è aperta e va interpretata. Non ci sono solo parole su cui fare un’analisi, sono parole già recepite e accolte nella fede. Le parole che gesù propone non hanno valore da sole dentro la cultura cristiana ma hanno anche un ambito universale. Proposta etica al di là della comunità di discepoli è un messaggio di saggezza e sapienza. “il tempo è compiuto… convertitevi e credete” vv.15 non c’è questa parte nel vangelo di Matteo ma caratterizza l’inizio del vangelo di Marco: punto fondamentale della predicazione e del modo di agire di Gesù keripa = annuncio fondamentale chiama in causa l’ascoltatore, parola che accade in chi la accoglie. Ci fa riflettere: - - regno di Dio: molto distante dalla nostra cultura è una categoria parlante soprattutto per gli ebrei del regno di Gesù è un momento di attesa dopo il quale si rivelerà Dio. Altri gruppi associano l’attesa a quella di una figura politica che avrebbe condotto contro il potere romano, per gli ordini religiosi e monastici era invece fortemente spiritualizzato. Gesù ha un’ottica diversa: no prospettiva di qualcosa che deve venire ma una realtà presente, il regno di Dio si è fatto tangibile, no annuncio di un futuro ma messaggio nel presente. Giovanni battista configura il regno di Dio come qualcosa che deve venire e per questo l’uomo deve convertirsi e cambiare esistenza\stile di vita prima che il regno arrivi come premio frutto della concessione. Gesù annuncia la presenza, è tangibile, realtà già presente in cui si può fare esperienza, la conversione che chiede non di creare presupposto ma è la risposta della persona alla proposta di Dio. Gesù annuncia il Dio che spinge alla conversione, devi esserne consapevole in qualche modo: “il tempo è compiuto” TEMPO = cronos: tempo che scorre secondo una logica MA viene usata nel testo la parola KAIROS: il tempo qualificato, comprendere avvenimento di Dio, lo viviamo anche nella nostra vita, tempo compiuto\denso tempo di Dio che avviene attraverso il vangelo. Vangelo non fa riferimento ad un testo ma ad una persona: Gesù annuncia la presenza di Dio attraverso le sue azione non solo la sua parola. Ti porta a vivere il tempo che stai vedendo come presenza. Il vangelo è già l parola di azione: Dio si è avvicinato nella parola di Gesù, non è più lontano, nelle forme della parabola (racconto e narrazione) fa riferimento alla dimensione quotidiana. La logica della parabola è appunto che la storia si inserisce nel mondo che viviamo LECTOR IN FABULA: colui che legge è proiettato dentro il testo è chiamato a identificarsi. Più della metà dei capitoli di Marco parlano dei miracoli (segni tangibili attraverso un dono, testimonianza dell’avvicinamento). Non possiamo solo spiritualizzare la parola di Gesù ma è anche parola operativa se la si sa cogliere, parola che stimola alla prassi, a dei punti di cambiamento. DISCORSO DELLA MONTAGNA 5 1Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2 Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: 3 «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. 4 Beati gli afflitti, perché saranno consolati. 5 Beati i miti, perché erediteranno la terra. 6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 7 Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 8 Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 9 Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. 10 Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. 11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. - cornice: come parte il discorso: le persone coinvolte sono Gesù, la folla e i discepoli. Disposizione interessante: Gesù vede le folle, sono un interlocutore più ampio, le folle erano già comparse nel vangelo di Matteo, non venivano solo dalla galilea o dalla giudea ma anche fuori confine, non solo credenti ebrei. la folla ritorna poi alla fine: rimasero stupite dall’insegnamento di Gesù, la folla si sente interpretata e capita nei suoi bisogni\esigenze, percepisce una forza particolare legata alle parole lo sguardo di Gesù arriva a tutti. Le parole di Gesù non coinvolgono solo i discepoli, primariamente parlerà a loro ma va anche più lontano questa parola non è solo un messaggio per un gruppo ristretto ma anche un fine ampio. Ha una portata universali, il discepolo dovrà imparare che la parola non è per sé ma per integrare le altre persone attraverso mediazione. - Montagna: modo in cui un uomo si avvicina a Dio ma è anche il primo luogo in cui Dio può arrivare e avvicinarsi all’uomo, relazione completa. Richiamo all’alleanza: avvicinamento di Dio. Di solito Gesù è sempre in piedi invece stavolta è seduto (posizione del maestro) che trasmette un insegnamento, intermediario colui che elabora da sé la forza della parola ricevuta per gli altri. Gesù è autorevole nel trasmettere la parola, autorità particolare, non è solo intermediario e ci sono destinatari più vicini ovvero i discepoli, per i quali quelle parole sono il significato\ragione della vita del credente. Ma la figura del discepolo ha anche un’altra faccia: deve fare l’annuncio alle folle che sono il motore di tutto. Ascoltano da Gesù ma devono rendere alla folla. All’inizio vengono avvicinati i temi che poi saranno sviluppati più avanti. Testo profondamente elaborato. Discorso fortemente strutturato: - - - - Ripetizioni per 9 volte la frase è introdotta da “beati” quasi 10 volte nel versetto 12. Richiamo alle 10 parole, Gesù non sta dicendo il decalogo, non deve istruire ma annunciare una possibilità di vita, sta parlando di sé agli altri, prima di essere il ritratto del credente sono il ritratto di Gesù. Dal vv. 1 8 rivolte alla terza persona dal vv. 9 “beati voi” interlocutori diretti Inizio e fine chiudono nella stessa maniera regno dei cieli, mentre nel mezzo è avvenuto qualcosa. (per Matteo il regno dei cieli non è il paradiso, è che non vuole abusare del nome di Dio quindi trova un’altra perifrasi per descriverlo) Giustizia = ricorre alla 6 beatitudine e alla 8, oltre alla sequenza parallela con la giustizia, la funzione del parallelismo è quella di avvicinare due discorsi, temi diversi ma nucleo unitario. La dimensione della sede e dell’etica sono profondamente legate e parallele. La fede è la relazione con Dio mentre l’etica è la costruzione della relazione con l’altro Dal vv. 1 4 parlano della fede di Gesù, cosa significano le beatitudini e la relazione con Dio Dal vv. 5 10 parlano della relazione con l’altro, dell’amore di Gesù e della relazione di Gesù con il padre. Gesù è autorevole perché sa cosa vuol dire accostarsi all’altro. “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.” È una benedizione, da un punto presente invoca un bene futuro. La beatitudine invita a leggere il presente, godere di ciò che è già qui significatività nel presente, dimensione della fede come piena disponibilità ad accogliere Dio. 19\04\18 LA PRIMA SERIE: LE PRIME 4 BEATITUDINI Gesu mette a nudo la sua persona eco della coscienza di gesu. Organizzazione del testo in tre blocchi divisi dalla forma del testo e dalle parole chiave (regno dei cieli nella prima parte ad esempio) creando un discorso che si compie. Introduce una persona in più, la terza persona: si rivolge a degli altri interlocutori. Gesu ha qualcosa da dire alla folla ma con “voi” chiama in causa i discepoli. Dio che è giusto: lo vediamo nella quarta beatitudine e nell’ottava, doppio discorso parallelo, ci sono temi in parallelo che si integrano. Cosa significa la fiducia in dio e dimensione etica dell’amore? esse generano il discorso che integra a lungo quell’altro. Parlare della fiducia in dio significa manifestare povertà interiore, la disposizione in cui io mi metto in una dimensione di accoglienza. 4 Beati gli afflitti, perché saranno consolati. sembra che parli di una categoria sociale ma in realtà in senso più profondo fa riferimento a un pianto particolare, avere fede in Dio si scontrerà sempre con le vostre incredulità. La fiducia in dio fa emergere le resistenze, è una forma di distacco. Momenti in cui la presenza è piuttosto un’assenza. La fede assume un profilo radicale nei momenti negativi della vita che fanno piangere. 5 Beati i miti, perché erediteranno la terra. sovrapponiamo spesso l’idea del mite con la rassegnazione e l’ottica del tempo aveva criticato fortemente il cristianesimo che aveva l’idea del gregge ma la forza del testo sta nel dire che il mite non è un rassegnato ma rivela una particolare forza nelle difficoltà, sa attendere il tempo di dio e non lo provoca con le richieste. Non è un passivo rassegnato ma protesta attiva del paziente. Resilienza descrive la capacità di stare dentro una tensione, un momento difficile, la capacità di adattarsi. La seconda parte parla dell’eredità, qualcosa che è già mio ma che potrò ricevere dopo qualcosa che, la terra non è un oggetto ma una conquista, mi viene donata come eredità. Anche gesu dirà di essere mite. Capacità di attendere e di sperare è un modo in cui gesu si dispone. “6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.” idea della giustizia che esprime una sorta di aneddoto affinché il mondo sia più giusto. l’azione favorevole di dio, non mi faccio giustizia da solo perché so che dio è con me. Idea di qualcosa di non marginale ma essenziale per la sopravvivenza. La dimensione della fede diventa essenziale, le 4 beatitudini rappresentano un percorso di fede: - Disponibilità ad accogliere Elaborare le difficoltà Attendere con forza il tempo di dio Dimensione essenziale della persona Non c’è una fede oggettivata né una che attraversa le dimensioni esistenziali dell’uomo. La prima sezione è integrata dall’altro gruppo dove non a caso viene a essere svolto un itinerario che ha a che fare con l’amore. LA SECONDA SERIE Itinerario preciso: prima della dimensione attiva del fare, l’amore per l’altro si nutre in una sorta di predisposizione interiore. 7 Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. dice misericordiosi che fa riferimento alla disposizione interiore di accettare l’altro per quello che è anche nella sua fragilità e pochezza. La misericordia non è solo l’atto di chi è potente e perdona ma è il potente che si piega, si accorge e accoglie l’altra persona, avere cuore per chi è misero per chi si rivela, la predisposizione all’amore vive di una modalità passiva dove incontro l’altro nella sua reale condizione che spesso dà fastidio e mi costa ma troveranno misericordia è passivo perché dio troverà misericordia per loro. Le regole sono importanti ma sentiamo il bisogno di accoglienza senza regole e attenta alla mia persona. Gesu mette in pratica tutto questo. Ci sono stati molti incontri impediti ma gesu arriva e pianta la bandiera di misericordia, va diritto al cuore, all’incontro con la persona, dimensione di ospitalità assoluta che non pone condizioni. L’indizio dell’amore non è in ciò che si fa ma in queste dimensioni di misericordia, non evita l’incontro con la realtà dell’altro, accoglie il bisogno. 8 Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. l’idea della purezza di cuore è stata travasata in tanti modi, per capire chi è il puro di cuore dobbiamo riferirci al suo contrario: l’uomo che è doppio nel cuore, il cuore vuole una cosa e il volto ne rivela un’altra. Immagine della sincerità: incontrare e cercare il bene dell’altro senza secondi fini, l’intenzione è in continuità con quello che faccio. Apparentemente non si fa nulla ma si misura la qualità delle azioni perché ci sono relazioni che facendo il bene manipolano le persone. Ci sono delle forme di amare che esprimono dei secondi fini, la purezza del cuore è felice chi riesce a raccontare in sincerità quello che fa e intende. Puro si poteva tradurre anche con un integro, trasparente, le quali azioni sono la trasparenza del proprio essere. Non ci sono indicazioni particolari ma uno stimolo a riflettere sulla qualità delle relazioni con gli altri. 9 Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. pace era una parola SHALOM che non indicava solo la deposizione del conflitto ma la capacità di condividere la pienezza della vita. Da qui la dimensione della carità non si chiude con il fare qualcosa per l’altro e condividere con lui i beni della vita. Responsabilità dell’uomo nel ritrovare il senso della vita e delle sue azioni. Agire per qualcuno non esaurisce la forza dell’amore. L’essere per qualcosa è importante ma vedere che nella vita anche gli altri possono insegnare qualcosa nell’incontro è altresì importante. perché saranno chiamati figli di Dio i figli di dio sono fratelli e non c’è dominio tra loro, sono uguali. Logica del fare aperta verso la dinamica di dio. 10 Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. cercare di essere riflesso della giustizia di dio spesso non porta a nulla, viene anticipato il tema dell’elaborare nella prospettiva dell’amore anche verso chi non è amabile. Non sempre chi ama è corrisposto ma questa non è la prospettiva dell’amore. Qui non c’è niente di spontaneo, è lucido e intelligente, capito, devo valutare la qualità delle mie azioni, elaborare l’amore in tempo difficile. Le beatitudini spingono al comportamento di gesu, invito ad entrare in questa logica. Le beatitudini hanno la capacità di saldarsi a ogni uomo ma per i discepoli sono un punto di riferimento. 11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. questa ultima parola c’è un cambio di elemento: no per causa della giustizia, no riferimento diretto alla vita di gesu. I discepoli sanno che gesu è stato insultato, perseguitato… si instaura un legame profondo fra gesu e il discepolo che accoglie la parola in quanto conosce il destino della parola di gesu che invita a cogliere la dimensione della speranza che è qualcosa che condivide la stessa sorte del maestro, il discepolo ora è chiamato a seguire e invitare. Ricompone anche le altre beatitudini. 13 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. 14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, 15né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. Questa sezione riguarda il passaggio in cui gesu accomuna a sé i suoi discepoli e il “voi” si prolunga e regge due similitudini: sale della terra e luce del mondo indirizzano a un modo particolare l’interpretazione di essere cristiani nel mondo, non è in forza di un dovere che il credente si impone ma in forza del proprio essere appunto perché una caratteristica del sale è quella di essere salato. Dovere rivelare la qualità del vostro essere siete il sale e la luce del mondo. Non ci sono doveri che si impongono, ma manifestazione di una qualità del proprio essere. Introduce l’immagine di un sale insipido presenza ininfluente del cristiano nel mondo che è un rischio molto presente ultimamente. Il sale lo associamo solitamente a qualcosa per insaporire i cibi, una spezia ma prima era più per conservare i cibi legame sale – sapienza – conservazione. Il discepolo è un principio di conservazione e non trasformazione. L’uomo è già ricco di qualità sa esporre, il credente non deve imporre la propria visione, ma deve agire in funzione di custodia che adora questo patrimonio dell’umanità, l’immagine della città luminosa è quella di un punto di riferimento, avere una direzione una traiettoria verso un posto affidabile fuori dalla metafora è interessante vedere come nel mondo viene proposta l’indicazione di un senso. Operazione grande che rispetta anche l’altra persona. Ovviamente non è solo prerogativa dei discepoli ma ognuno nella vita ha a che fare con questioni di senso, il credente comprende questa fatica. 15 né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa qualcosa che non adempie appieno alla sua missione. immagine della casa fa riferimento all’abitare, al sentirsi a casa, il credente allora propone la propria vita non come presenza abbagliante ma come in una casa, la vita non è palcoscenico ma una casa che ha bisogno della luce che permette di apprezzare le relazioni. Il cristiano non fa nulla di eccezionale ma risponde a un’esigenza di colore umano. Idea della luce bella, perché non è in gioco il numero di altri per cui rendo luminoso introno a me ma la qualità e semplicità dentro una casa che anche se è piccola fa la differenza. 16 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. Qui sono in gioco anche le qualità le opere buone, lo schema non è quello per il quale mi compiaccio delle opere buone, ma il credente è qualcosa che rimanda ad altro: il padre che è nei cieli dove il mondo è più abitabile e acquista un senso. La funzione del discepolo è sempre relativa a qualche cosa, alla sua qualità di essere nel mondo non come presenza trionfante ma umile come il sale e la luce. La doppia relatività è vissuta nella necessità di operare il bene in nome del bene e la qualità della sua azione non ricade solo su sé stesso ma anche su qualcuno che rende possibile tutto questo: rimando a dio. È stato un testo che ha generato discussioni però qua è svelato con il profilo umile. Si conclude così la presentazione del discorso della montagna; è un annuncio, svela gesu, annuncia alle folle che è possibile incontrare dio, dice ai discepoli che è possibile impiegare la propria vita come quella di gesu. 17 Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento. 18In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. 19Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. 17 Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento. GESU E LA TORAH. Cambio radicale, fine apertura in cui la folla ha avuto la sua parte, il discepolo è stato stimolato e allora quello che segue approfondisce le varianti. Importante per cogliere la qualità dell’etica di gesu che vive in continuità con la tradizione della torah e dei profeti. È evidente che gesu è percepito come taumaturgo e come uomo della parola RABBI, nella tradizione ebraica il rabbi aveva la funzione non di fare un brillante commento alla torah ma anche di attirare l’attenzione al cuore della torah. Continuità con la tradizione della torah ma cerca anche di circoscriverla e proteggerla, proteggere il significato profondo della legge “non sono venuto per abolire, ma per dare compimento” dare compimento, dare purezza: no dispersione degli aspetti della torah, il vaso deve sostenere la legge non secondo le varie modalità di lettura ma mantenuta nella sua integrità. Gesù riprende la torah e fa vedere come il significato a volte sia stato perduto o ridotto nella sua integrità. Nel guidare la traccia che la torah ha nell’istruire sulla realtà. Parola che indica la cura che devo avere nella relazione con l’altro. Gesu agisce sulla dimensione giuridica non su quella del contenuto. 26/04/18 Gesù e la Torah Gesù prende distanze da alcune interpretazioni accreditate della Torah. Ci sono 3 chiavi di comprensione 1) Matteo 5: Gesù dice “Non sono venuto per abolire, ma per dare compimento”. La parola di Gesù si propone come una restituzione del vero significato e della vera comprensione della Torah. La funzione della Torah è quella di istruire alle buone relazioni che l’uomo e il credente è chiamato a vivere, istituire dunque dei legami che costruiscono un senso religioso, di effettiva solidarietà con il destino dell’altro. “compimento” fa riferimento a una pienezza di significato. L’operazione di Gesù è quello di riconoscere che esiste un legame. Gesù invita a cogliere integralmente il significato, a non modificarlo. 2) Gesù invoca la “giustizia superiore”: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e farisei, non entrerete nel regno dei Cieli”. È una maniera di guardare integralmente all’idea della giustizia. L’idea della giustizia non presiede allo svolgimento delle relazioni positive, ma della contesa, del confronto, dove la giustizia viene violata. La giustizia riguarda a livello generale, mentre l’amore a livello individuale. È una giustizia che non si limita a riconoscere i rapporti per quelli che sono, ma diventa una giustizia creativa, cioè che genera e rigenera le relazioni, che è chiamata a invitare a un cambiamento della situazione. Gesù cerca dunque di proporre questa lettura. Gesù chiede, guardando al padre celeste, di essere persone integrali, compiute, che sono orientate a realizzare pienamente le proprie potenzialità umane. L’essere e il fare non sono in contraddizione tra di loro. Antitesi “primarie”: il rapporto con l’altro Per spiegare l’idea della giustizia superiore, Gesù descrive delle situazioni, delle casistiche paradossali. “Avete inteso che fu detto agli antichi: non uccidere: chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio”. Qui Gesù affianca alla parola l’applicazione immediata di omicidio. Gesù si riferisce direttamente alle parole della Torah, mentre nell’antitesi secondarie alla modalità interpretativa delle parole. Tre idee chiave -Radicalità -Interiorizzazione -Perfezione esemplificate attraverso sei antitesi -in riferimento diretto ad una Parola della Torah (Decalogo): Primarie (P) -in riferimento a modalità interpretative della Torah: Secondarie (S) Dinamica dell’interiorizzazione: l’idea che la vita morale non consiste in una conformità materiale, è decisivo la qualità della intenzione, del significato che imprimiamo alle nostre azioni. L’azione materiale è chiave, ma la dimensione interiore è affidata alla responsabilità della persona. Invita alla qualità del proprio cuore. Antitesi secondarie Qui Gesù si riferisce alle modalità interpretative delle parole della Torah. Modalità con cui attraverso il tempo la Torah è stata interpretata dai maestri della legge. Emerge l’etica costruita sull’idea della separazione dal male. -Antitesi: “Il ripudio” Fu pure detto: “Chi ripudia la donna, le dia l’atto di ripudio” La parola di Gesù fa capire che comunque la situazione di ripudio è una situazione che non risolve una realtà negativa, anzi risponde a realtà negativa introducendo un altro male. Non si risolve qualcosa di negativo producendo ulteriore male. -Antitesi: “Il taglione” Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio, dente per dente” Questa espressione è un principio di limitazione che posso vendicare nei confronti dell’altro. Gesù va oltre la legge del taglione: pone in evidenza che l’applicazione di questo criterio faceva ristagnare l’azione negativa dentro la realtà del male. Era rispondere al male con altro male. Era una situazione che impediva il superamento di una condizione di ostilità. È una forma di giustizia limitata. Gesù si spinge oltre, attraverso espressioni paradossali. Introduce dei principi che sconfessano il male e ne consentono il superamento: -possibilità di creare una forma di giustizia ripartiva, che non occulta il male: comporta un percorso di consapevolezza da parte di chi ha commesso il male. Usa un linguaggio paradossale, va oltre il senso comune. “Ma io vi dico di non opporvi a chi è malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgili anche l’altra” Si arriva a un punto che il male non può più continuare a manifestarsi. Il male viene sconfitto attraverso il bene, attraverso la dimensione del perdono. Anche le altre immagini che seguono insistono su questa logica. “e chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello”. Il desiderio non è quello di bloccare l’altro, ma di riscattare sia la mia che la sua vita. Non si pensa a come vendicarsi, ma il discepolo pensa a come reintegrare il fratello che ha sbagliato nei miei confronti. Gesù stesso si è presentato davanti al malvagio senza opporre forza. Il discepolo segue non solo precetti morali, ma anche l’esempio di Gesù, la modalità con cui Gesù si è presentato al male. Il perdono è un percorso difficile. È sorprendente che tutti noi ci scopriamo come peccatori a cui è stato conferito da Dio un atto di grazia e misericordia. Siamo graziati anche per i peccati più grandi, come l’egoismo. Il modo in cui Gesù lavora sulle parole antiche della Torah non è quello di imporre altri doveri, precetti, ma di individuare un senso da imprimere nelle nostre azioni. Superare la logica rivendicativa della giustizia. -Antitesi: “L’amore del prossimo” Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori perché siate figlio del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni” L’amore si estende anche ai malvagi, non solo ai buoni. Laddove non c’è amore, bisogna cercarlo. “Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?” Dio è giusto con se stesso e nei nostri confronti. Secondo un’interpretazione, non si tratta di precetti ma di consigli. L’idea era che per essere cristiani bastava aderire ai precetti. Tuttavia, esistono altre persone all’interno della cristianità che seguono Gesù da vicino, vivono come lui (monaci, frati, …). Ne è scaturita una doppia etica. Nei primi decenni del 1500 Martin Lutero riprende questa tradizione e fa emergere questi limiti: per esempio, il discorso della Montagna non era una parola rivolta a tutti. Martin Lutero parte da questa affermazione: il discorso della Montagna riguarda tutti i discepoli. L’etica di Gesù nel discorso della Montagna prima di essere qualcosa per orientare le azioni, in realtà ci mette davanti alla nostra condizione di peccatori. Pone in luce i limiti, l’egoismo, la superbia dell’uomo. Pone in evidenza l’idea per cui l’idea dell’uomo si riscatta a partire da quello che lui stesso fa per gli altri. Documenta che tutti noi abbiamo bisogno di accogliere il dono di Dio. Questo testo ambisce a renderci consapevoli di desiderare. Ci fa capire che ciò che è decisivo non è quello che il cristiano fa ma quello che Dio fa al credente. Vi sono due piani: -dimensione pubblica, che sottostà alle regole sociali -convinzione personale La forza di questo discorso è il fatto che anticipa la realtà: la comunità cristiana, il paradiso celeste, … Anticipa nel presente il Regno dei cieli, svolge dunque una funzione profetica. Motivi sapienziali dell’etica di Gesù Matteo 6, 19-21: i due tesori 22-23: lo sguardo e la luce interiore 24: l’alternativa 25-34: la libertà in Dio ovvero gli uccelli del cielo e i gigli del campo Gesù si riallaccia a una tradizione della Bibbia ebraica. I primi tre brani rappresentano l’idea della sapienza: l’uomo sapiente è colui che davanti alle due strade della sua vita, valutando le cose, è capace di prendere una decisione. Tuttavia, non è facile prendere una decisione. La nostra società non ci aiuta a facilitare la presa di decisione (es. la vasta quantità di prodotti in un supermercato). La sapienza è l’arte di decidere. La decisione è di tipo etica: può essere tra bene o male. Si chiama “Dottrina delle due vie”. 10/05/18 Non preoccupatevi 19 Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; 20accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. 21Perché, dov'è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore. 22 La lampada del corpo è l'occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; 23ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra! 24 Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. 25 Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? 26Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? 27E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 28E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. 29Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30Ora, se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? 31Non preoccupatevi dunque dicendo: «Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?». 32Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. 33Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena. Sezione del discorso della montagna con una suggestione particolare: chiave introdotta è la chiave sapienziale che può essere tradotta in imparare l’arte della vita” imparare a individuare i punti di riferimento fondamentali dell’esistenza sui quali costruire la vita e apprezzare ciò che la vita ci offre. Se il vangelo si chiama cosi = buona notizia non va nella direzione di qualcosa che si impone come dovere ma come qualcosa che viene donato. Il discorso sapienziale Ci porta ad avere una chiave interpretativa globale sulla vita, nel discorso ci sono anche riferimenti alla nostra vita umana, alle cose della vita. Nel primo punto di individuare la strada e il percorso i due brani della volta scorsa presentano le due vie/possibilità su come organizzare e orientare la propria esistenza. “là dove è il tuo tesoro sarà il tuo cuore” aforismo tipico della sapienza, espressione lampante, il tesoro è la mentalità possessiva, accumulare e difendere la proprietà, capitalizzare a partire da se stessi il bene della vita, a questo gesù contrappone un altro modo, il bene della tua vita è custodito non dal tuo sforzo ma nel cuore di dio, accumulare tesori in cielo non significa moltiplicare i meriti ma riconoscere che nella prospettiva di dio la nostra vita è protetta e custodita. Noi dobbiamo imparare a gestirla come opportunità che ci è stata offerta, non dobbiamo mai cessare di essere riconoscenti ad altri. Anche la seconda immagine è costruita sulla composizione e parla dell’occhio luminoso e l’occhio opaco. Non si parla della luce esterna ma quella interiore che può essere visibile attraverso lo sguardo, è una funzione inversa: l’occhio è una sorta di finestra che permette di scoprire la dimensione profonda dell’uomo, ci può essere una vita trasparente (occhi specchio dell’anima) ma ci sono anche una serie di schermi che mettiamo per tenere nascosto il nostro io più profondo, per costruire una sorta di doppio gioco dentro l’esistenza. Non vengono date indicazioni precise riguardo quello che devo fare ma indicazioni di uno stile di vita. L’ultimo breve passaggio è quello decisivo costruito sulla forma della composizione e individua ciò che metto al centro della mia vita. In questo caso la scelta è molto più radicale: nessuno può servire due padroni. Gesù non sta facendo una valutazione globale sui beni dell’esistenza di cui abbiamo bisogno per poter vivere, non sta dicendo che la ricchezza in quanto tale è disonesta, gesù non è manicheo per cui la realtà è bianca o nera (mammona = ricchezza, matteo la traduce così costruita sulla radice della parola ebraica che significa fede = emet che ha la stessa radice di amen dove l’idea di fede legata a questa parola non è solo l’adesione a dei contenuti ma fa riferimento a una disposizione del soggetto: fiducia, affidamento, affidabilità), il problema non è la ricchezza ma ciò che da solidità alla ? . gesù non contrappone il fatto che ci sono ricchi e poveri ma il riferimento è : qual è il fondamento su cui appoggi la tua vita? Tenendo conto che in maniera sottile viene usato il linguaggio dell’essere a servizio e sotto padrone ma questo non è il linguaggio che vuole usare G parlando di dio, ma se la tua vita è guidata dalla brama del tuo possesso facilmente diventi prigioniero della tua brava, la ricchezza si serve di te. G vuole spostare l’attenzione sulla dimensione di ciò che reputi degno di fede\fiducia nella tua vita. Nei confronti di dio c’è un rapporto liberale, nella figura dell’idolo c’è l’asservimento. Logica di chi affida la propria vita all’accumulazione e invece chi si fida di dio, questa è la contrapposizione. La morte dell’avaro: serratura della cassaforte iscritta dentro il triangolo, luogo in cui l’avaro ripone la sua sicurezza, nella cassaforte abbiamo delle monete ma anche delle cambiali (biglietti di cambio, legati alla professione di usuraio). Nella cassaforte c’è l’idea dell’essere asserviti e del servire mammona. Dalla cintura pende un rosario con un crocifisso, ha fatto affidamento alla ricchezza e ha voluto anche fregare dio (se va male con il denaro c’è dio) compromesso non nobile. Figura eloquente. Gesu mentre parla guarda la campagna, guarda l’esterno, parte dalle cose naturali, in questo testo troviamo per sei volte l’espressione “preoccuparsi” e “affannarsi”, non preoccupatevi traduciamolo con il termine ansia che mi viene a mancare qualche cosa, di non essere adeguato. Questo testo ci mette davanti la malattia dell’uomo di sempre, nella vita contemporanea dove siamo portati a governare molto e tutto questo produce ansietà. La chiave di accesso è la fiducia che è il contrario dell’ansia. Quali sono le due ansie fondamentali? G usa due figure: il riferimento è legato a delle azioni pratiche (seminare, mietere, raccogliere nei granai) l’immagine sottesa è quella maschile in quel tipo di cultura, la prima ansietà è legata al FARE ( non ho fatto abbastanza, devo fare questo per assicurarmi quello), la seconda immagine è tratta dalla botanica “e del vestito perché vi preoccupate?...” qui c’è la seconda ansietà molto moderna, quella dell’apparire, il giglio è bello lì per se stesso, ha una bellezza intrinseca e non si dà da fare per accrescerla. La produttività e l’immagine. Siamo una società dell’immagine dove siamo chiamati a gestirla. Sant’Agostino si chiedeva: ci sono due malattie che uccidono la speranza dell’uomo, “queste due cose uccidono l’anima dell’uomo: la disperazione e la speranza fallace (=presunzione)” queste due cose distruggono l’orientamento nella vita, la presunzione di governare in toto la mia vita attraverso le cose che faccio (seminare, mietere…) la presunzione di attribuire al mio fare ciò che conferisce speranza al mio vivere. la disperazione che significa letteralmente la mancanza di speranza (mentre l’altra è l’eccesso di speranza) legata all’apparire, il culto della propria immagine, la ricerca dell’apparenza che diventa appunto un’operazione disperata. L’ansia dell’apparire che genera la disperazione. Gesù invita a una fiducia che non pone delle condizioni a dio. Il terzo elemento per capire questo testo è (1 occupazione 2 malattie della speranza) mantenere il limite, elaborare la coscienza del nostro limite. Trovare la gioia di vivere coscienti del proprio limite. L’invito è ad abitare il presente senza presumere di se stessi e senza buttarsi nelle apparenze per creare immagini di se, gustare i beni della vita sapendo che è salutare anche imparare a dire addio alle cose. La parola addio rimanda a “ad deo” a qualcosa di più alto, elaborare la nostra morte fa parte della vita. Limite, confine, faccio delle esperienze che rimandano ad altro. Vivere quindi l’intensità e il corrispettivo della fiducia nel padre che sa di cosa abbiamo bisogno. La chiave del discorso della montagna non è l’atto di insegnamento ma lo svelare la fede e lo stile di vita di gesù. Ultimo testo del discorso della montagna. 12 Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti. Norma morale ben conosciuta dai seguaci di gesu la versione era “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”. La bibbia è anche libro di formazione tobia può essere considerato un romanzo di formazione. Padre e figlio in questa narrazione sono due ebrei che vivono fuori dalla palestina in città dove si adorano altre divinità. La formazione di tobia da parte del padre si sviluppa all’interno di questo contesto, per come possibile l’ebro doveva mantenere pura la sua fede e dall’altra il proprio comportamento doveva essere riconosciuto in quanto giusto anche da parte di chi non era ebreo, da una parte l’esigenza di custodire la particolarità della propria fede e dall’altra essere cittadino integrato nella società e moralmente onesto. Toby il padre dà a tobia alcune indicazioni tra le quali questa legge morale: “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te” nel vangelo invece suona in positivo “12Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti.” Qui abbiamo un altro elemento che gesu recupera: la torah di mose. In una frase riassume tutta la torah. Siamo davanti a una regola di equità e giustizia fai agli altri quello che vorresti fatto a te, viene a crearsi una situazione equa. È un criterio guida, ha una sua forza normativa tanto che un uomo 18 secoli dopo KANT quando scrive la metafisica si chiede se quella che ormai si chiamava la regola d’oro potesse fungere da massima universale e se fosse cioè una chiave etica assolutamente sganciata da accentuazioni individuali e personali, se si imponesse in modo universale. Questa formula potrebbe ledere il principio di libertà o quello di autonomia perché introdurrebbe una formula paternalistica, da quello che voglio io posso interpretare ciò che vuole l’altro che sarebbe quindi una presunzione di sapere cosa è bene per l’altro perché lo ritrovo da me stesso e quindi una regola universale non può dare vita al paternalismo perché ci si sostituisce all’altra persona e quello che è bene. La seconda critica che fa kant lo fa partendo da un esempio “io sono un ubriacone e desidero che l’altro sia come me” connivenza di atteggiamenti discutibili, è una formula di giustizia ma ancora troppo dipendente da principi legati al desiderio soggettivo. In realtà questa formula “12Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti.” Messa in questa ottica del vangelo necessita una lettura migliore, questa frase arriva prima di un testo che può sembrare distante ma non lo è, ci sono delle richieste e questa idea della richiesta e del desiderio sorregge il testo della regola d’oro. 7 Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 8Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. 9Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? 10E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? 11Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono! Qui non c’è solo l’idea di limitare la propria azione per non ledere il diritto dell’altro, ma siamo dentro un atto di sostentamento dell’altro naturale. Dentro la logica del testo la regola d’oro non è solo principio di giustizia ma introduce anche la logica del dono, il desiderio di essere termine di un dono, di essere raggiunto da un dono e il dono del padre è di riconoscerci come figli. Ciò che io desidero è che sia riconosciuto dal padre come figlio ma anche dall’altra persona come un figlio, desiderio profondo di rapporti di profondità. Questo genera anche il principio che io sono chiamato a fare all’altro ciò che voglio per me: che io sia riconosciuto nella mia dignità umana. Idea di elaborare ciò che voglio profondamente che io posso esprimere il mio valore e le mie possibilità e questo lo devo volere anche per l’altro, questa è la volontà di dio. Si sposta l’attenzione da una pura regola di giustizia perché si inserisce la logica del dono, non devo solo riconoscere e praticare la giustizia ma anche il dono. Nella versione del vangelo di luca la frase è inserita nel capitolo 6 sia prima che dopo con l’idea dell’amore per il nemico. Ciò che desidero nella mia vita è che qualcuno mi perdoni, mi riscatti e mi dia una possibilità, ciò non è dato solo dalla giustizia ma anche da una dimensione interiore donata. La regola d’oro è un linguaggio accessibile universalmente ma il credente la interpreta con la dimensione dell’amore e del dono che eccede l’idea di giustizia. Luca riporta infatti la parabola del samaritano dove emergono entrambe le logiche. Chi lo vede e lo lascia li e l’altro lo vede e ne ha compassione, l’altro nel suo bisogno mi spinge a farmi prossimo. Supera l’applicazione meccanica della giustizia. Devo immedesimarmi nel ferito sul ciglio della strada per capire la bellezza del dono, non la tiro fuori da me stesso ma la posso comprendere la dove qualche co sa è stata fatta a me. Non sono stato il donatore ma il donatario che aveva bisogno di essere raggiunto dal dono. La logica della giustizia è gesù che rinuncia a percorrere la sua strada e si ferma per incontrare l’uomo, da li in poi possiamo imparare a elaborare il dono. “poiché ti è stato donato, inizia a donarlo anche tu” questo il senso ultimo.