Terza edizione — Anno XXVII n. 2 Aprile/Giugno 2019 Autorizzazione del Tribunale di Verona n. 1056 del 15/06/1992 Poste Italiane SpA — Spedizione in Abbonamento Postale – 70% NE/VR RIVISTA TRIMESTRALE DI ARCHITETTURA E CULTURA DEL PROGETTO FONDATA NEL 1959 Il caso Piano casa: non c'è tre senza quattro — La fortuna della corte Architettura nuda — House on the river ISSN 2239-6365 Canale moderno — "M" come madre terra La Fiera di «muro» nel Campo Marzio di Verona — Che fai, Lazzaretto? 2019 #02 Lung-agile — Cenna: la tutela del paesaggio 117 La piega e il metallo — Itinerario: Arrigo Rudi a Verona New Multimedia Showroom: la tecnologia Sever al servizio dei progettisti Si è aperto il nuovo spazio interattivo multimediale sviluppato da Sever per offrire nuove opportunità alla comunicazione e comprensione del progetto La professionalità e il know how di SEVER, maturati in cinquant’anni di esperienza, hanno visto negli ultimi anni il naturale sviluppo e integrazione delle forniture contract anche nel settore alberghiero e domestico. 01 Da qui l’esigenza di creare un nuovo format di presentazione multimediale ed interattivo, gestito da un sistema domotico intelligente. Il nuovo showroow di SEVER, offre una nuova possibilità di comunicazione e coinvolgimento emozionale “dentro il progetto”. Uno spazio allestito come luogo di incontro tra progettisti e committenti, all’interno del quale le tecnologie della struttura permettono di visualizzare immagini, video, progetti e clip multimediali. 03 L’elevata tecnologia utilizzata consente proiezioni in 4K su schermi e monitor ad altissima risoluzione, controllati da telecamere con sensori di presenza in modo tale che l’utilizzatore possa gestire la presentazione anche con il solo ausilio del movimento delle mani. All’interno dello Showroom sono collocate un’area di consultazione/riunioni e un’area break. SEVER mette a disposizione dei progettisti che vorranno farne uso la propria struttura per la presentazione e/o condivisione dei loro progetti di qualunque natura essi siano. SEVER è partner e fornitore ufficiale AMG, AUDI, MERCEDES, PORSCHE, SMART, VOLVO E VOLKSWAGEN. 02 01-02. Vedute dello Showroom multimediale ricavato all’interno della sede Sever a Verona. New Multimedia Showroom 03-04. Sezione e dettaglio del progetto esecutivo dell’allestimento. Sever Viale del Commercio, 10 37135 Verona T 045 8250033 [email protected] www.sever.it 04 l’ìdentità l’ìdentità MODO+, prima di di essere essere uno uno showroom, showroom, èè un’insieme un’insieme di di competenze, competenze, di di MODO+, prima MODO+,diprima di essere è un’insieme di competenze, di esperienze, apporti creativiuno dishowroom, capacità interpretative. interpretative. esperienze, di apporti creativi ee di capacità esperienze, di apporti creativi e di capacità interpretative. Un team team di di professionisti professionisti che che si si arricchisce arricchisce di di continuo continuo per per aggiungere, aggiungere, aa Un Un team di professionisti che si arricchisce di continuo per aggiungere, a elevati standart standart di di qualità qualità ee innovazione, innovazione, una una visione visione del del prodotto prodotto ee del del elevati elevati standart di qualità e innovazione, una visione del prodotto e del design proiettata proiettata in in avanti. avanti. design design proiettata in avanti. Un’identità esclusiva, esclusiva, un un punto punto di di riferimento riferimento nel nel settore. settore. la la realtà realtà di di MODO+ MODO+ Un’identità Un’identità esclusiva, un punto di riferimento nel settore. la realtà di MODO+ va molto oltre ii confini confini di di Verona, Verona, lo lo dimostrano dimostrano ii lavori lavori realizzati realizzati in in ogni ogni parte parte va molto oltre va molto oltre i confini di Verona, lo dimostrano i lavori realizzati in ogni parte del mondo mondo grazie grazie alla alla capillare capillare distribuzione distribuzione ee le le importanti importanti partnership partnership del del mondo grazie alla capillare distribuzione e le importanti partnership internazionali. internazionali. internazionali. lo loshowroom showroom Nuovi progetti, progetti, evoluzione evoluzione ee immagine immagine portano portano la la firma firma di di protagonisti protagonisti della della Nuovi Nuovi progetti, evoluzione e immagine portano la firma di protagonisti della scena internazionale deldel design, della comunicazione dell’architettura. scena internazionale del design, della comunicazione ee dell’architettura. scena internazionale design, della comunicazione e dell’architettura. MODO+, unouno showroom moderno nelnel concept, nella costruzione, nella MODO+, uno showroom moderno nel concept, nella costruzione, nella MODO+, showroom moderno concept, nella costruzione, nella presentazione nella capacità di venire venire incontro alle esigenze didi un’ampio presentazione ee nella capacità di incontro alle esigenze di un’ampio presentazione e nella capacità di venire incontro alle esigenze un’ampio segmento di clienti. clienti. segmento di segmento di clienti. l’obiettivo l’obiettivo MODO+ si si propone propone per per creare creare stili stili ee ambienti ambienti diversi, diversi, mantenendo mantenendo come come MODO+ MODO+ si propone per creare stili e ambienti diversi, mantenendo come filofilo conduttore la qualità, qualità, non solo neinei prodotti mama anche neinei servizi offerti alal filo conduttore la non solo nei prodotti ma anche nei servizi offerti al conduttore la qualità, non solo prodotti anche servizi offerti cliente. cliente. cliente. L’obiettivo principale quello di soddisfare soddisfare le esigenze esigenze dell’acquirente L’obiettivo principale èè quello di le dell’acquirente L’obiettivo principale è quello di soddisfare le esigenze dell’acquirente concon proposte personalizzate progetti concreti; soluzioni pensate per una con proposte personalizzate ee progetti concreti; soluzioni pensate per una proposte personalizzate e progetti concreti; soluzioni pensate per una dimensione abitativa esclusiva. dimensione abitativa esclusiva. dimensione abitativa esclusiva. Migliorare la qualità qualità della vitavita di privati privati aziende, traducendo necessità Migliorare la qualità della di privati e aziende, traducendo necessità Migliorare la della vita di ee aziende, traducendo necessità ee e desideri della clientela in progetti progetti prodotti di di altissimo profilo. desideri della clientela in progetti e prodotti altissimo profilo. desideri della clientela in ee prodotti di altissimo profilo. Offrire al pubblico pubblico la prima prima scelta delle migliori aziende del settore. Offrire al pubblico la prima scelta delle migliori aziende del settore. Offrire al la scelta delle migliori aziende del settore. Garantire un servizio servizio su misura misura dalla progettazione al montaggio. montaggio. Garantire un servizio su misura dalla progettazione al montaggio. Garantire un su dalla progettazione al MODO+, la sicurezza di rendere l’ambiente domestico e di lavoro più MODO+, la sicurezza sicurezza di rendere rendere l’ambiente domestico di lavoro più MODO+, la di l’ambiente domestico ee di lavoro più confortevole, elegante, bello. Una scelta valore, destinata confortevole, piùpiù elegante, piupiu bello. Una scelta di di valore, destinata confortevole, più elegante, piu bello. Una scelta di valore, destinata aa a rinnovarsi tempo. rinnovarsi nelnel tempo. rinnovarsi nel tempo. lafilosofia filosofia la Nasce l’esigenza di definire modalità alternative a certi stereotipi abitativi, Nasce l’esigenza di definire modalità alternative a certi stereotipi abitativi, Nasce l’esigenza di definire modalità alternative a certi stereotipi abitativi, all’interno di questo concetto si colloca MODO+, uno showroom all’interno di questo questo concetto si colloca colloca MODO+, uno showroom all’interno di concetto si MODO+, uno showroom alternativo, dove lo spazio è libero, libero di interpretare ogni volta alternativo, dove lo spazio spazio libero, libero di interpretare interpretare ogni volta lele alternativo, dove lo èè libero, libero di ogni volta le espressioni prodotti, design e della tecnologia. espressioni deidei prodotti, deldel design della tecnologia. espressioni dei prodotti, del design ee della tecnologia. lastrategia strategia la posizionamento chiaro: il mercato fascia alta. Una mission precisa: Un Un posizionamento chiaro: il mercato di di fascia alta. Una mission precisa: Un posizionamento chiaro: il mercato di fascia alta. Una mission precisa: dare ai professionisti settore una collocazione strategica. MODO+ dare ai professionisti professionisti deldel settore una collocazione strategica. MODO+ haha dare ai del settore una collocazione strategica. MODO+ ha scelto di costruire la propria identità puntando su argomenti importanti, scelto di di costruire costruire la la propria propria identità identità puntando puntando su su argomenti argomenti importanti, importanti, la lala scelto concretezza, il design, l’immagine, la progettazione, l’attenzione dettaglio concretezza, design, l’immagine, la progettazione, progettazione, l’attenzione al al dettaglio concretezza, ilil design, l’immagine, la l’attenzione al dettaglio al servizio completo e personalizzato. aleservizio servizio completo personalizzato. ee al completo ee personalizzato. 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Orario Orariostore store «Maestro» da da spazio spazio «Maestro» Pergotenda Pergotenda®® Maestro Maestro è è un un prodotto prodotto CORRADI CORRADI ai tuoi tuoi progetti progetti ai Gentili Progettisti, Progettisti, Marastoni Marastoni Tende Tende Vi Vi invita invita a a Gentili ® scoprire «Maestro», la nuova Pergotenda scoprire «Maestro», la nuova Pergotenda ® CORRADI autoportante autoportante in in alluminio; alluminio; con con struttura struttura CORRADI piana e e con con telo telo impachettabile. impachettabile. Un Un progetto progetto piana modulare dalle dalle molteplici molteplici identità identità che che vi vi permetterà permetterà modulare di trovare trovare soluzioni soluzioni inedite inedite per per ii vostri vostri clienti. clienti. 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Report 2017 sul restauro”, presentata nel convegno FOAV (Federazione regionale degli Ordini degli Architetti del Veneto) che si è svolto a Bassano del Grappa il 22 ottobre 2016, ha avuto un seguito nel successivo convegno regionale di Venezia (07 dicembre 2017) sul tema “L’architetto e il progetto per il patrimonio costruito”. In quell’occasione è stato presentato il report NOTA sugli interventi di restauro realizzati nel Veneto e raccolti dagli ordini provinciali tramite una call for works a tutti gli iscritti. La call, finalizzata ad una prima raccolta di progetti, si è connotata come un invito a segnalare restauri propri o di altri architetti realizzati negli ultimi decenni nel Veneto, con allegata una sintetica documentazione esplicativa e illustrativa di ogni intervento realizzato. Un’iniziativa dichiaratamente rivolta 117 ad interventi rappresentativi di una realtà diffusa, tralasciando per un momento i “grandi restauri”, per dare evidenza alle buone pratiche del lavoro dell’architetto negli ambiti della quotidianità. Gli obiettivi del report, così come evidenziato nella relazione di presentazione, erano i seguenti: – presentare interventi compiuti negli ultimi decenni per argomentare la cura e la competenza dell’operato dell’architetto in questo campo; – contribuire a documentare nel territorio veneto le caratteristiche del patrimonio edilizio storico, sia di carattere monumentale sia di edilizia minore; – raccogliere le testimonianze dei committenti, degli esecutori, dei cittadini, degli amministratori pubblici come parte integrante del racconto dell’intervento e della sua ricaduta sulla società civile; – favorire il dibattito tra gli architetti e le altre componenti essenziali dell’opera come la committenza e l’impresa, al fine di chiarire i rispettivi ruoli e ristabilire la sinergia necessaria al conseguimento del risultato migliore. La risposta alla call è stata significativa: 214 lavori rappresentativi di una pluralità di committenza, tipologia di beni immobili, caratteristiche di intervento ma, soprattutto, di diverse impostazioni e declinazioni di progetto, il tutto catalogato e rappresentato a testimonianza di un panorama variegato di interventi sul patrimonio edilizio costruito. Una finestra sul patrimonio edilizio storico di sorprendente bellezza, con caratteristiche molto diversificate a seconda dell’ambito territoriale, con edifici, costruzioni e soprattutto luoghi poco conosciuti. La documentazione pervenuta è stata inserita in un unico format, sintesi dell’intervento: sei pagine in formato A3, di cui la prima pagina recante i dati identificativi dell’intervento e una breve relazione descrittiva, mentre le pagine successive sono dedicate a una sintetica documentazione fotografica, suddivisa in prima e dopo, e alle tavole grafiche di rilievo e di progetto. Gli interventi si riferiscono principalmente ad alcune destinazioni d’uso prevalenti: residenziale, turistico-ricettiva, direzionale e in numero più esiguo a luoghi di culto o altre destinazioni. 13 Questo lo stato dell’arte riferito al primo step del progetto. Risulta evidente la necessità di proseguire il lavoro in due direzioni: l’uno, volto ad ampliare il numero di interventi coinvolti e di soggetti interessati a partecipare al censimento, l’altro a predisporre uno strumento di consultazione digitale, interattivo e geo localizzato, interrogabile per query di ricerca. A questo la commissione FOAV, in collaborazione con le commissioni degli ordini provinciali, sta lavorando e lavorerà nei prossimi mesi per il lancio di una nuova call intesa ad allargare la rappresentatività dell’archivio in costruzione, che sarà accompagnata dalla realizzazione di un adeguato sistema informativo su piattaforma web. Ma quali gli obiettivi del lavoro in corso, oltre a quello più evidente e strumentale della costruzione di un archivio digitale? Il punto di mira non può che sottendere alla più complessa operazione di promozione e valorizzazione della figura e delle specificità del lavoro dell’architetto rispetto al tema del restauro, quale disciplina architettonica di primario valore culturale e pubblico. Nel documento redatto in esito al convegno avvenuto a Venezia il 07 dicembre 2017, gli architetti si propongono, tra gli altri, i seguenti obiettivi: – che sia riconosciuto e favorito il ruolo di coordinamento progettuale, in termini sostanziali, che la figura dell’architetto deve svolgere per dare unitarietà di indirizzo e “anima” all’intervento, attraverso il progetto e il cantiere; si propone di conseguenza di interpretare “l’integrazione delle prestazioni specialistiche” come la ricerca progettuale di compatibilità tra i requisiti necessari e richiesti (antisismico, energetico, ecc.) e la conservazione e valorizzazione dei caratteri peculiari del manufatto, considerata obiettivo primario e irrinunciabile; – che la committenza sia richiamata alla ricerca delle qualità che devono essere compresenti nell’intervento sul patrimonio, incentivata in ciò anche dalla divulgazione degli esiti, quando significativi, e dal riconoscimento del ruolo svolto; – che siano riconosciuti il significato e l’importanza degli apporti innovativi che 14 l’architetto può proporre all’interno degli interventi di restauro-recupero, soprattutto quando necessari a svolgere funzioni legate a un utilizzo rinnovato; in ciò chiedendo di sviluppare con gli enti di tutela un dialogo che miri alla qualità progettuale e alla commisurazione degli interventi. Duplice finalità quindi del lavoro in corso, al quale tutti gli iscritti interessati al tema sono invitati a partecipare, soprattutto alla luce di una scarsa attenzione rispetto al tema del restauro, disciplina oggi certamente démodé nella percezione e consapevolezza degli interlocutori istituzionali. La normativa di ultima generazione, quella della trilogia delle Leggi n. 14 2009-2017-2019, ci propone i temi di grande attualità riguardo la riqualificazione edilizia, la riqualificazione urbana e la rigenerazione urbana, senza mai affrontare il tema del restauro, quasi lo stesso fosse “fuori tema”. Forse una fortuna, potremmo pensare, perlomeno rispetto alla frenesia di produzione normativa, spesso sovrabbondante e contraddittoria ed effettivamente inutile, nel caso, alla causa. Ma come pensare ai grandi temi di densificazione proposti dal Piano Veneto 2050 senza porre il tema del restauro in tutte le sue sfaccettature? Perché non porre i temi del credito e delle premialità quale componente di un ragionamento circostanziato, ma coraggioso, riguardo il progetto di restauro? Opportunità, quindi che si prospettano per una valorizzazione del patrimonio culturale: ammesso che al tema qualcuno si appassioni. Consiglio dell’ordine • Presidente Amedeo Margotto • VicePresidenti Laura De Stefano Matteo Faustini • Segretario Enrico Savoia • Tesoriere Daniel Mantovani • Consiglieri Cesare Benedetti, Michele De Mori, Stefania Marini, Diego Martini, Leonardo Modenese, Michele Moserle, Francesca Piantavigna, Chiara Tenca, Morena Zamperi, Ilaria Zampini 070 odeon 060 odeon 013 professione progetto Restauro in call di Cesare Benedetti Architettura nuda di Damiano Capuzzo 028 048 storia&progetto 017 editoriale Il caso Piano Casa: non c’è tre senza quattro di Alberto Vignolo “M” come madre terra di Daniela Tacconi 036 020 PROGETTO La fortuna della corte di Filippo Romano, Leopoldo Tinazzi 117 odeon Lung-Agile di Tomàs Bonazzo progetto 042 • 064 071 i sepolcri Vittorio Filippini di Federica Guerra 072 Canale moderno di Nicola Tommasini 082 diverse architetture Motori a tutta birra di Luisella Zeri 117 #design_vr La piega e il metallo di Laura De Stefano 86 itinerario House on the river di Angela Lion PROGETTO 2019 #02 Che fai, Lazzaretto? di Chiara Boccinger Francesca Giudetti Vedi Verona in digitale di Federica Guerra Arrigo Rudi a Verona di Barnaba Rudi 054 saggio La Fiera di «muro» nel Campo Marzio di Verona di Stefano Lodi 067 odeon La tutela del paesaggio di Luciano Cenna 068 odeon Nuove sinergie per il social housing di Stefania Marini 076 STUDIO VISIT/Off Da Stoccolma a Porto passando per Barcellona e Reykjavik di Irene Antolini 15 Il caso Piano casa: non c’è tre senza quattro Rivista trimestrale di architettura e cultura del progetto fondata nel 1959 Terza edizione • anno XXVII n. 2 • Aprile/Giugno 2019 Direttore responsabile Amedeo Margotto Direttore Alberto Vignolo Editore Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona Via Santa Teresa 2 — 37135 Verona T. 045 8034959 — F. 045 592319 [email protected] Redazione Federica Guerra, Angela Lion, Luisella Zeri, Damiano Capuzzo, Daniela Tacconi, Filippo Romano, Leopoldo Tinazzi [email protected] Concessionaria esclusiva per la pubblicità Promoprint Paolo Pavan T. 348 530 2853 [email protected] Art direction, Design & ILLUSTRATION Happycentro www.happycentro.it Stampa Cierre Grafica www.cierrenet.it 16 contributi a questo numero Irene Antolini, Chiara Boccinger, Francesca Giudetti, Tomàs Bonazzo, Luciano Cenna, Laura De Stefano, Stefano Lodi, Stefania Marini, Nicola Tommasini, Barnaba Rudi Distribuzione La rivista è distribuita gratuitamente agli iscritti all’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Verona e a quanti ne facciano richiesta all’indirizzo https:// architettiverona.it/distribuzione/ referenze Fotografiche Lorenzo Linthout, Michele Mascalzoni, Marco Toté, Simone Bossi Gli articoli e le note firmate esprimono l’opinione degli autori, e non impegnano l’editore e la redazione del periodico. La rivista è aperta a quanti, architetti e non, intendano offrire la loro collaborazione. La riproduzione di testi e immagini è consentita citando la fonte. INDIRIZZI WEB rivista.architettiverona.it www.architettiverona.it/rivista Si ringraziano Antonio e Andrea Menegotti, Maria Morganti, Federica Provoli 2019 #02 Opportunità, buoni propositi e contraddizioni nella ennesima edizione dello strumento legislativo attorno al quale si sono imperniate le “vite degli architetti” Testo: Alberto Vignolo Foto: Lorenzo Linthout Dopo lo speranzoso primo, il redivivo secondo e il recidivo terzo, eccoci dunque giunti al ribaldo quarto. Ebbene si, lo spauracchio della fine dei salvifici bonus che negli ultimi anni hanno rimesso in moto l’edilizia e dunque la progettazione – indubbiamente un toccasana per molti professionisti del settore– è stato infine sventato dal varo, da parte dell’ente regionale, di un nuovo provvedimento approvato lo scorso 27 marzo, che è parso da subito come una nuova puntata dei precedenti: anche se le differenze non sono poche. Come in una saga cinematografica interstellare e padana con tanto di immancabili sequel, ecco dunque l’atteso 117 ritorno degli Jedi volumetrici: che l’ampliamento sia con voi! La spasmodica corsa che ha visto gli studi degli architetti lavorare giorno e notte per godere fino all’ultimo dei benefici del Piano Casa ancora vigente, che sarebbe andato in scadenza dopo una prima proroga a fine marzo 2019 – corsa che ha portato a un abnorme numero di pratiche edilizie in tutti i comuni – è stata dunque premiata sul filo del traguardo dallo zuccherino del nuovo strumento legislativo. Ed ecco che, smaltite le notti insonni, le stesse frotte di progettisti si sono buttate come mosche sul miele ad affollare gli incontri e i convegni che tempestivamente hanno propagandato con grande enfasi le magnifiche sorti e costruttive della veneta legge. Sul merito della quale già fioriscono le tournée con gli spiegoni e i commentari, dando la stura al generone dei funzionari regionali e degli avvocatoni di filosofeggiare e pontificare sulle gioiose novità. Che senza dubbio non mancano, anche grazie a un eccellente lavoro di make-up da parte degli esperti del marketing legislativo. Le parole d’ordine infatti sono le più attuali e condivisibili: il dispositivo è intitolato alle 01 “politiche per la riqualificazione urbana e l’incentivazione alla rinaturalizzazione del territorio veneto” con tanto di slogan visionario e fiammeggiante (Veneto 2050). Più bonus per tutti, con un menù di ampliamenti à la carte: per la riqualificazione energetica, per l’utilizzo di fonti rinnovabili, per l’eliminazione delle barriere architettoniche, per l’utilizzo di materiali di recupero, coperture verdi o pareti ventilate, per l’isolamento acustico e per il recupero della acque piovane, per l’utilizzo del BIM... 01. Come in un illusorio specchio deformante, sembrano moltiplicarsi per “n” volte le possibilità edificatorie per chi sappia sfruttare i generosi bonus. 17 extra bonus infine (e bacio della INA-Casa a partire dal medesimo commissione edilizia?) con l’utilizzo intento di favorire l’occupazione e di crediti edilizi derivanti dalla la ripresa economica. Tutt’al più ci demolizione di edifici esistenti con ritroviamo un pulviscolo di fuori la conseguente rinaturalizzazione scala, vistosi sopralzi e stiracchiate del suolo, grazie a pindarici decolli e estrusioni allo spasimo del metro atterraggi delle volumetrie. cubo guadagnato a furia di deroghe. Tutto molto bello, e molto Come sempre, però, sta al progettista condivisibile nei principi e nei buoni fare dell’occasione l’opera, del propositi di larga prospettiva. vincolo lo stimolo e del limite il Nel mentre, però, rimane la cultura vanto: ragione per la quale ci sono del bonus sicuramente ereditata dai ottimi esempi di precedenti piani architettura nati « Nato come casa: che però, anche grazie ai strumento anticiclico nonostante Piani Casa. il Piano Casa non ha le reiterate Rimane il generato significative proroghe e principio, versioni evolutive, reiterato di fatto ricadute urbane come avevano sempre dalla nuova un tempo fecero i una efficacia legge regionale Piani INA-Casa » temporanea, veneta, che mentre i senza l’aiutino generosissimi bonus divenuti volumetrico non si muove foglia: bei strutturali rischiano di annientare tempi, quelli in cui era l’abilità e la quel poco che resta delle previsioni passione nei preliminari (ma anche sulle potenzialità edificatorie nei definitivi e negli esecutivi) per determinate dai piani degli fare conquiste (di un bel progetto). interventi, rendendo aleatorie di fatto Ci siamo assuefatti all’uso di questo le scelte in materia di governo del viagra edilizio senza il quale non sale territorio (ma è un processo in atto da più nessun ponteggio, non si rizza tempo, quello della pianificazione “a manco una gru. Ai grandi sforzi posteriori”). creativi per ammantare l’architettura Nato come strumento anticiclico, delle regole di eleganti slogan, forse il Piano Casa non ha generato dovrebbe seguire anche uno sforzo significative ricadute urbane come in direzione di un detox dalla cultura un tempo, ad esempio, fecero i Piani dell’emergenza fatta sistema. • 02. La crescita: più venti per cento, quaranta per cento, sessanta per cento... nell’interpretazione di Lorenzo Linthout. 02 18 2019 #02 117 19 PROGETTO La fortuna della corte Una “casa nella campagna veronese” dalla immediata diffusione editoriale internazionale propone il recupero di un fabbricato rurale con un innesto abitativo netto e seducente Progetto: studio wok Testo: Leopoldo Tinazzi, Filippo Romano Foto: Simone Bossi 01 Verona 01 20 2019 #02 Sulla strada che da Chievo porta a Boscomantico, all’interno di una corte rurale, si trova un lungo edificio in pietra, adibito in parte ad abitazione e in parte a rimessa. I ciottoli di fiume con cui è stato costruito provengono dall’Adige, che scorre placido nel suo largo alveo ad un centinaio di metri dalla proprietà. Tutt’intorno campi coltivati con alberi da frutto e viti. Siamo ai confini di Verona, dove inizia un territorio dai vaghi confini che si estende ad occidente prima di diventare Valpolicella o Lago di Garda. È all’estremità ovest di questo corpo edilizio che si concentra uno degli ultimi lavori dello Studio Wok. Si tratta della ristrutturazione di una cascina sviluppata su tre livelli e della risistemazione dell’annesso giardino, in cui è stata realizzata una piscina. L’intervento sulla casa ha previsto una serie di demolizioni, il ripristino e la modifica delle facciate e una riprogettazione totale degli interni. La muratura esterna è stata liberata dall’intonaco, ricollegandosi così all’aspetto del resto del corpo di fabbrica. Quello che è rimasto è diventato un edificio rustico, scarnificato e dalle superfici grezze, che spicca per contrasto rispetto alla linearità della piscina dai bordi squadrati in pietra bianca. Il progetto ha avuto fin da subito molta fortuna presso la stampa specializzata e, nonostante sia molto recente, si può considerare tra le più celebri realizzazioni dell’architettura veronese. Le foto e i disegni della country house hanno riempito le pagine dei più visitati siti di architettura, nonché di alcune storiche riviste. Per questo motivo abbiamo deciso di implementare l’apparato iconografico dell’articolo con alcune immagini inedite del modello di studio che ne ha preceduto la realizzazione. Pensiamo, oltretutto, che queste siano il migliore punto di partenza per raccontare il progetto: la costruzione di un modello di architettura infatti si basa necessariamente su una semplificazione formale e costruttiva, in cui ciò che deve essere rivelato sono la sostanza fisica di un volume e qualche dettaglio significativo. Il disegno, per quanto dettagliato o 117 02 03 01. Il prospetto ovest con la piscina e la grande magnolia che domina il rapporto tra casa e giardino. 02. La corte agricola con la testata ovest vista da un vialetto interno. 03. Pianta delle coperture della corte. 04. Dettaglio delle nuove cornici delle finestre in Biancone. 04 21 La fortuna della corte PROGETTO 05. Schema assonometrico delle fasi di progetto. 06. L’ingresso dal portico del fienile. 07. Gli allineamenti delle cornici in Biancone delle finestre sul fronte verso il giardino. committente Privato Progetto architettonico e direzione lavori studio wok: arch. Marcello Bondavalli arch. Nicola Brenna arch. Carlo Alberto Tagliabue collaboratori arch. Federica Torri consulenti Studio tecnico associato Breoni (progetto strutturale, contenimento energetico, sicurezza) Simone Bellamoli (agronomo) 05 06 07 22 realistico, non ha lo stesso potere comunicativo. La luce che entra tra le pareti di un modello è la stessa che illuminerà il progetto costruito e può dare un accesso privilegiato alle motivazioni e alle intenzioni dell’architetto. Da queste immagini infatti la prima cosa che emerge è la volontà di creare con pochi semplici segni un dialogo tra il corpo preesistente e i nuovi elementi della ristrutturazione. Nella massa muraria del prospetto principale le cornici in Biancone delle nuove finestre si allargano per allinearsi reciprocamente, in una partitura di pieni e vuoti asimmetrica, ma retta su questa griglia di incroci. Lo stesso ritmo si trasferisce ai sottili listelli di schermatura della grande finestra ottenuta aprendo la parete sud e dell’alta volta centrale, anch’essa recuperata demolendo. Questi elementi lignei ricordano per analogia le tamponature di alcuni fienili della zona. Guardando il modello in sezione si nota come la distribuzione interna si accordi felicemente allo stato originario dell’edificio e sfrutti con semplici seppur sostanziose modifiche l’assetto dell’involucro esistente. L’entrata avviene da un portico esterno sul lato est. L’ingresso corrisponde con il soggiorno, spazio centrale a tutta altezza, nel quale dal primo piano si affaccia un ballatoio. Sul lato opposto all’ingresso si trova la volta a due livelli, lasciata libera dal vuoto centrale e chiusa da una grande finestra che incornicia la vista su una magnolia secolare, fulcro del dialogo tra casa e giardino. La centralità di que- 2019 #02 imprese esecutrici PFM contract, Verona (opere edili) GF Arredamenti, Ardenno (serramenti e arredi su misura) Grassi Pietre, Nanto (pavimenti in pietra) Cronologia Progetto e Realizzazione: 2018 08. Il fronte sud con il serramento ligneo. 08 117 23 PROGETTO 09. Piante dei piani terra, primo e sottotetto. 10-13. Modelli di studio: vista del soggiorno, sezione longitudinale, dettaglio dell’infisso a chiusura della volta e veduta esterna notturna. 14-15. Dettagli sugli incastri del grande infisso a chiusura della volta centrale. 09 12 10 13 11 24 2019 #02 La lievità del linguaggio dello Studio Wok si avvale principalmente di luce e chiarezza distributiva, trasformate in volumi netti e seducenti. La cura nella progettazione emerge dall’essenzialità di alcuni dettagli, resa possibile dal disegno minuzioso e dall’abilità costruttiva. Elementi che hanno portato questo intervento a diventare un esempio paradigmatico dell’abitare contemporaneo. • « La cura nella progettazione emerge dall’essenzialità di alcuni dettagli resa possibile dal disegno minuzioso e dall’abilità costruttiva » GSPublisherVersion 0.0.100.100 GSPublisherVersion 0.0.100.100 sto spazio è stata arricchita da un rivestimento in multistrato di betulla, che, riscaldandolo, ne esalta la caratteristica di cuore dell’abitazione. La stessa finitura si estende poi ai soffitti del soggiorno e del corridoio, evidenziando tutto il volume della nuova addizione. A destra del soggiorno ci sono la cucina e un blocco servizi, seguiti da una stanza per la lettura con un camino in mattoni. Al primo piano si trovano tre stanze da letto e al secondo una camera per gli ospiti. Tutti gli ambienti della casa sono molto luminosi e trasmettono un generale senso di equilibrio e proporzione. Intenzione evidente già nelle immagini del modello, dalle quali emerge un’atmosfera domestica e confortevole, in cui la luce svela la chiarezza degli spazi e in cui l’alternarsi dei materiali sottolinea l’incastro dei volumi. L’intervento è infatti caratterizzato, come altri lavori dello studio, 117 dall’uso del bianco e del legno, lasciato al suo colore originario. Così avviene anche per i pavimenti: al piano terra le parti comuni sono rivestite da una pietra vicentina color panna, mentre per i piani superiori è stato scelto un più intimo parquet. In tutta la casa si avverte un ritmo scandito chiaramente tra il riverbero delle parti bianche e i riflessi paglierini delle superfici lignee. L’illuminazione naturale penetra in profondità e rischiara gli spazi più interni attraverso alcuni accorgimenti: gli accessi alle camere sono fori pavimento-soffitto in cui le porte vengono agganciate solo sui montanti verticali, senza traversa, lasciando correre più luce possibile dai soffitti negli spazi di circolazione. La stessa funzione è assolta dai gradini piatti che collegano primo e secondo piano. Qualche accento cromatico contraddistingue alcuni arredi fissi realizzati su misura, come la cucina e i porta lavabi nei bagni. 14 15 25 PROGETTO La fortuna della corte 16. Il soggiorno aperto verso il giardino e la piscina. 17. Il ballatoio al primo piano con l’affaccio sulla doppia altezza del soggiorno. 18. La scala. 19. Veduta sulla cucina. 20. Il soggiorno con l’ingresso sulla destra e la zona pranzo sulla sinistra; sul fondo il corridoio che porta alla scala interna. 21. La biblioteca con il camino in mattoni. studio wok Marcello Bondavalli, Nicola Brenna e Carlo Alberto Tagliabue compongono dal 2012 lo studio wok con base a Milano. La loro ricerca è incentrata sull’architettura, il design e il paesaggio ponendo grande attenzione alla qualità dell’abitare. Partecipano a diversi concorsi nazionali e internazionali, grazie ai quali ottengono premi e sono esposti in mostre significative. Con il recupero di un sottotetto a Verona (cfr. AV 93, pp. 36-41) hanno ricevuto una menzione al Premio Architettiverona 2013. www.studiowok.com 17 16 26 18 19 21 20 2019 #02 117 27 PROGETTO Architettura nuda È curioso notare come talvolta, in contesti familiari, basti l’inserimento di un elemento estraneo per portare a nuovi equilibri, capaci di far scaturire una diversa percezione di quello stesso ambiente, come se apparisse nuovo. Si tratta spesso di una associazione d’immagini personale che la mente ricostruisce giocando tra i cassetti della memoria, prontamente resettata dalla preponderanza del raziocinio. Il gioco si rende stranamente divertente quando scopriamo che la stravaganza è comune, e che l’interpretazione scontata di ciò che pensavamo conoscere può non essere univoca. Con tale curiosità ha inizio la visita di Casa V, un edificio posto al limite tra un piccolo insediamento abitativo perso nel leggero ondeggiare della campagna tra Castelnuovo e Salionze, che prende il nome di Camalavicina, e l’ampio intorno coltivato a vigneti. L’edificio si presenta semplice per forma, un parallelepipedo schiacciato nella faccia superiore a ricreare un profilo d’ali asimmetrico, interamente realizzato (e non rivestito) in legno, con diversi gradi di porosità a seconda delle relazioni con l’interno. Una casa in legno realizzata ai margini dell’abitato propone l’efficacia di un linguaggio rivolto all’esperienza domestica del vivere Progetto: arch. Márcio Tolotti - estudoquarto Testo: Damiano Capuzzo Foto: Michele Mascalzoni 01 Castelnuovo del Garda 2019 #02 01. La casa in una veduta dal giardino: l’aggetto del basamento in calcestruzzo a vista suggerisce l’estensione dello spazio domestico. 02. La trama verticale di listelli in larice si interrompe solo in presenza delle aperture arretrate sul filo interno. 03. Piante del piano terra e del livello superiore. « La forma a V della sezione diviene in questo caso un modello possibile che sintetizza un processo inclusivo: tecnologico, funzionale, compositivo ed economico » La sensazione è che sembri sorgere in un’area remota, ricreando uno specifico equilibrio con il paesaggio, e che sia progettato in modo da poter invecchiare alla stregua di un elemento naturale. Un oggetto che proprio nell’essenzialità diviene capace di una forte accezione scultorea e che appare come una roccia o meglio un tronco (per coerenza materica), adagiato a margine dei vigneti allo scopo di offrire riparo al di sotto di quel profilo a V che ne giustifica il nome. La mente inizia a giocare con le associazioni di immagini, l’occhio inquadra porzioni di paesaggio sincere e seducenti, che rimandano a certe atmosfere sud americane, anche pensando ad affinità ti- 28 02 117 03 29 Architettura nuda PROGETTO 04-05. Il portico d’ingresso segna la distinzione tra l’abitazione e gli annessi. 06. Veduta da nord con i posti auto coperti e il piccolo laboratorio al piano superiore. 07. Disegni esecutivi: sezione trasversale e nodi di dettaglio. márcio tolotti Nato a Sao Mateus do Sul, Brasile (1979) e laureato in architettura al Politecnico di Milano, pratica il mestiere con articolato linguaggio grafico visivo. Conclusa la scuola d’arte, approfondisce la tecnica del disegno a tratto diretto e dei modelli per l’architettura, scultura e fotografia. Dalla perizia come disegnatore per auto modelli seguita all’esperienza nel settore edilizio acquisisce metodo e capacità nell’organizzazione del progetto. Titolare di estudoquarto, con il progetto di Prima Casa Passiva intende rendere democratico l’accesso alle costruzioni in Bio Architettura. 06 04 05 30 pologiche con alcuni esempi cileni. La prima giustificazione a queste sensazioni arriva dialogando in compagnia del progettista, il giovane architetto Márcio Tolotti, laureato al Politecnico di Milano e di recente trasferitosi a Verona dopo anni trascorsi nel bresciano il quale, rivelando origini brasiliane, condivide con noi lontani ricordi d’infanzia di abitazioni, fienili e piccoli annessi realizzati con uno spirito che egli sente di ritrovare oggi nella propria ricerca. L’essenzialità dell’approccio progettuale è rivelata dall’idea di impostare l’edificio ad una quota inferiore, circa 80 centimetri, a quella stradale, con il duplice vantaggio di evitare dispendiose opere di riporto, mantenendo inalterato il livello comune alle vicine abitazioni, e riducendo al contempo l’altezza percepita del nuovo volume. È una scelta 2019 #02 che regala forza al sistema di ingresso, attraverso una passerella in cemento a vista adagiata sul terreno che, staccandosi dal cancelletto nella recinzione, accompagna una leggera discesa fino al porticato di ingresso. La piastra in cemento si rivela essere il basamento del soprastante volume in legno, evitando il pericoloso formarsi di umidità di risalita, ma al contempo è un segno distintivo che, appena svincolato dal terreno, conferisce leggerezza alla geometria dell’edificio. Le pareti esterne sono caratterizzate dalla scansione verticale di listelli in larice al naturale, privi di trattamenti post-essicazione; il tempo ne modificherà le tonalità verso colori grigiastri, desaturati, in accordo alla volontà del progetto di mutare specifiche condizioni per evolvere insieme al paesaggio, cosicché sia l’alternanza delle stagioni ad irrobustire il legno rendendo minimi gli interventi manutentivi. La chiave di lettura sta nella ripetizione di un linguaggio semplice ed efficace che bene si contrappone ad un paesaggio ricco di immagini suggestive, ma disseminato da tipologie architettoniche canonicamente indifferenti al luogo. La forma a V della sezione diviene in questo caso un modello possibile che sintetizza un processo inclusivo: tecnologico, funzionale, compositivo ed economico. Il particolare profilo fa perno attorno al portico d’ingresso, zona di passaggio tra le porzioni di 117 giardino ad est e ad ovest, e funge da separazione all’interno dello stesso volume tra l’abitazione orientata a sud e gli annessi a nord, comprendenti due posti auto e un piccolo laboratorio nel sottotetto raggiungibile tramite la scala in legno che si diparte da un lato del portico. Entrando nell’abitazione, il gioco della copertura inclinata, la distribuzione spaziale e l’essenza del materiale si rivelano subito con chiara pienezza. La semplicità del volume lascia al legno delle superfici e alla luce che filtra dalle grandi vetrate a sud e ad www.estudoquarto.com DISTINTA MATERIALI RIVESTIMENTO PARETI A TELAIO DISTINTA MATERIALI PARETI A TELAIO Listone di testa 6x10* Lottoneria di chiusura * Tegola piana in cotto * Listelli di appoggio sez. 3x3 * Listelli di ventilazione sez. 4x4 membrana traspirante tipo Stamisol sd>0.02 mt DETTAGLIO 1 Pannelli di tamponamento idonei a specifice strutturali Ing. Consolaro: _ osb tipo 3 da 15 mm/multistrato fenolico 15 mm (schede tecniche) _ chiodi ring 2.8*60 per connessione osb/multistrato-telaio Telai realizzati come da specifice strutturali Ing. Consolaro: _ Legno tipo C24 80x80 mm 280 ml _ _ _ Tegola piana in cotto * Listelli di appoggio sez. 3x3 * Listelli di ventilazione sez. 6x4 membrana traspirante tipo Stamisol sd>0.02 mt Isolante ISOROOF 20 mm, 240 kg/mc Isolante SWUISSTHERM 40 mm, 150 kg/mc Listelli di contenimento sez. 6x4 Isolante PHAVATHERM 160mm, 110 kg/mc freno al vapore sd >2 mt montanti verticali abitazione montanti verticali box montanti verticali magazzino 2,38 mt 2,08 mt vedi disegno _ pannelli verticali abitazione 100 mq _ _ pannelli verticali box pannelli verticali magazzino 90 mq Raddoppiare gli elementi a terra, soffitto e in corrispondenza delle porte interne/ fissaggi con piastre come da specifiche strutturali Ancoraggio a terra con tassellatura approvata dalla DL strutture Arcoraggio a soffitto con idonee viti da carpenteria in legno Prestare attenzione alle giunzioni/accostamento pannelli Lasciare distacco/scuretto di 10 mm su tutti i lati Verifiche misure architettoniche e da rilievo in opera Lavorazioni da concordare con la DL architettonico Verifiche misure architettoniche e da rilievo in opera Lavorazioni da concordare con la DL architettonico DETTAGLIO 3 DETTAGLIO 2 pluviale diam 140 mm * pavimento in legno su sottostruttura* rivestimento in larice* perlinatura verticale pavimento in viroc sp 16 mm pendenzato membrana impermeabilizzante xlam 94 mm copertura in viroc sp 16 mm pendenzato membrana impermeabilizzante xlam 94 mm persiana oscurante in larice* perlinatura verticale su telaio 4x4 DETTAGLIO 4 pavimento cls quarzo 10 cm listone di testa 6x10 idem perimetrale lattoneria di testa idem laterale L O C A L I T A ' C A M A L A V I C I N A CASTELNUOVO DEL GARDA VERONA V I C O L O M I N C I O N 6 1 DISEGNI ESECUTIVI DI PRODUZIONE S C A L A G E N E R A L E 1 : 2 0 giunto dilatazione pavimento cls quarzo 10 cm xps 8 cm 350 Kpa retina para insetti sagoma isolante 2° 3° strato per posa pluviale diam 140 mm * S E Z I O N E B B PARTICOLARI COSTRUTTIVI retina para insetti TAVO LA ESECUTIVO 02 listello in larice finitura fondazione in cls xps sp 22 cm* spessori reggi telaio serramento* bandella risvolto guaina bituminosa 4 mm autoadesiva 50 cm esterno parete xlam * DETTAGLIO 1 scala 1:5 DETTAGLIO 4 scala 1:5 striscia guaina bituminosa 4 mm autoadesiva 25 cm sottoparete * rivestimento in larice* perlinatura verticale DETTAGLIO 2 scala 1:5 rivestimento in larice* perlinatura verticale soffitto in larice* perlinatura su struttura lignea DETTAGLIO 3 scala 1:5 e s t u d o q u a r t o s.r.l. Dottore Architetto Márcio Tolotti tel 0 45 46 47 17 8 ce l 3 27 0 2 85 58 0 Strada dell'Alpo n 27 cap 37136 V E R O N A Italia P . I V A 04536790233 w eb s ite w ww.e stud oq uar to .co m B h t t p s :/ / e s t u d o q u a r t o . b l o g s p o t . i t / Web PCP www.primacasapassiva.com 07 31 PROGETTO Architettura nuda 08. Il close-up di una parete divisoria restituisce la stratigrafia strutturale, evidenziando come il legno sia l’unico materiale del progetto. 09. Il corridoio nella zona notte; sulla destra l’armadiatura che nasconde il cuore tecnologico dell’intera abitazione. 10. Nella zona giorno la sezione crescente amplifica la forza dell’unico materiale che disegna l’intera geometria. 11 11 08 09 32 13 11. Il “ponte” che conduce nel sottotetto regala singolari scorci sul soggiorno sottostante. 12. La zona della cucina con le ampie aperture sul giardino a sud e ovest. 13. Particolare di un porta interna scorrevole realizzata con pannellatura OSB. 10 ovest il compito di accentuare o sfumare le forme, al trascorrere delle ore. Nel pavimento ritroviamo il basamento in cemento dell’esterno senza soluzione di continuità, lisciato al quarzo con finitura satinata a cera. Il resto è legno. Si tratta dell’abete europeo utilizzato per la struttura in X-LAM lasciato a vista su pareti, soffitto, scale e pavimenti del piano primo, protetto da una vernice con finitura opaca a base d’acqua che non ne altera il colore. La distribuzione è organizzata sull’articolazione elementare del volume; l’ingresso a doppia altezza accoglie living e pranzo in un unico ambiente, con cucina a vista realizzata (dal proprietario) in legno; una scala conduce ad un piccolo ponte sospeso sulla doppia altezza, che tagliandone il lato corto, accresce la tensione spaziale e diventa curioso elemento di accesso al livello superiore, dove non sono previste dotazioni tecnologiche di alcun tipo, affinché le attività che qui si svolgono seguano pedissequamente i ritmi naturali della giornata, quale strategia per porsi in armonia con la natura, con la casa, con sé stessi. Esempio di un’attenzione al fruitore che rivela l’elaborazione colta ed intelligente di una modernità capace di interpretare il valore pragmatico dell’utilità dell’architettura. Parallelamente alla zona giorno si sviluppa la parte notte composta da camere con arredi fissi, al di sopra dei quali sono posizionate le canalizzazioni del sistema di raffrescamento e riscaldamento. In posizione baricentrica tra zona giorno e notte si trova il cuore tecnologico della casa, un grande armadio a tutta altezza che gestisce i sistemi di pompa di calore aria-aria e di produzione di acqua calda per uso domestico, dal quale diviene possibile il monitoraggio continuo delle produzioni e dei consumi dell’abitazione. Sono molteplici gli aspetti attraverso i quali questo progetto introduce nuovi argomenti nella comprensione dell’edilizia di piccola scala. La ricerca della veridicità tipologica, funzionale e materica torna (finalmente) a porre al centro del processo compositivo la dimensione stessa dell’uomo, rivolgendo attenzione al tema dell’abitare quale fondamento del progetto. Ne deriva uno spazio abitativo carico di emozioni, il cui apice si realizza a pieno proprio nelle persone che tale spazio abitano, come 2019 #02 12 117 33 Architettura nuda PROGETTO committente Privato Progetto architettonico e direzione lavori Estudoquarto srl arch. Márcio Tolotti strutture ing. Diego Consolaro Imprese Abete Project (carpenteria in legno) Cronologia Progetto: 2016 Realizzazione: marzo-agosto 2017 dati dimensionali Superficie lorda di pavimento: 250 mq Importo lavori: € 250.000 (1.000 €/mq) Classe energetica: A4 14 lo svelarsi di un’intima relazione nota solamente a chi entri in sintonia con la casa stessa. Si potrebbe pensare che la ricerca volta all’ottenimento di uno stato quasi simbiotico tra l’oggetto (la casa) e il suo fruitore, conduca tendenzialmente alla perdita di quel sovrano diritto di progettazione storicamente riconosciuto all’architetto, ma è certamente da questo ribaltamento che nasce la possibilità di giungere a nuove opportunità tipologiche e diverse relazioni dell’abitare, capaci di indurre a quel senso di appartenenza verso lo spazio domestico che la globalizzazione ha troppo spesso trascurato. Soltanto nell’atto del congedarci, conversando sulle dinamiche della costruzione e sulle sensazioni di una casa per certi aspetti estrema, riemerge il pensiero su quelle zone del mondo che si scoprono essenziali rispetto al dibattito attuale e ad un sentire comune che antepone all’immagine artefatta il nudo paesaggio, e allo sterile mostrarsi, l’esperienza domestica del vivere; i proprietari ci confidano la loro passione per il Cile e per gli habitat sudamericani, e immediatamente si ricompone il mosaico delle sensazioni dell’arrivo. • 34 14-15. Le vedute di scorcio rivelano l’essenzialità dell’impianto sviluppato in lunghezza che mantiene quasi ermetici i fianchi per svuotare completamente le due testate opposte. 15 2019 #02 117 35 PROGETTO House on the river Un intervento abitativo contemporaneo nel nucleo storico di Pescantina affacciato sull’Adige interpreta i caratteri del luogo facendone rivivere la memoria Progetto: arch. Claudia Brentegani Testo: Angela Lion Pescantina 01 36 2019 #02 Ci troviamo a Pescantina, poco distante dalla città, giusto ai piedi della più rinomata collina veronese – la Valpolicella DOC – e affacciati sul fiume Adige: un affaccio che non è semplicemente una metafora visto lo stretto rapporto con il fiume che questa casa intrattiene. È questo il contesto dell’intervento firmato da Claudia Brentegani, non ancora quarantenne quindi a pieno titolo “giovane architetto”. Dal contesto il progetto ha ricavato l’inevitabile appellativo di House on the River, che sembra evocare il titolo di un film dalla trama ricca di colpi di scena. È infatti l’iter progettuale nel 02 nostro caso a caratterizzare la vicenda, dando all’intervento una certa su- forte convinzione verso un’innovativa spense. volontà progettuale della progettista Ubicato nel centro storico, l’edifi- hanno consentito di abbattere cio preesistente poi ricostruito – un quelle convenzioni stereotipate che fabbricato residenziale lungo e stret- convergono verso luoghi comuni, a to tra i tanti – era però vincolato da volte – spesso – poco soddisfacenti un grado di pronei risultati. tezione che non La presenza di « La memoria del luogo ne permetteva un committente nella sua temporalità almeno inizialaddetto ai lavori mente neppure la viene evocata dal progetto e il carattere demolizione; olsingolare del pensando all’utilizzo tre a questo vinluogo hanno originario della riva con condotto colo urbanistico, la il ponte di ferro, i burchi, progettista particolarmente a restrittiva era la elaborare tre le barche e i mulini » fascia di rispetto distinte proposte legata al vincolo con tre caratteri idrogeologico. diversi: tradizionale, contemporaneo Entrambi gli aspetti sono stati e innovativo. Tali opzioni hanno fatto superati grazie al dialogo con sì che l’amministrazione non avesse il Genio Civile unitamente alla alcun dubbio nell’abbandonare l’idea concertazione costruttiva con lufficio di una tradizione non più al passo tencico comunale, permettendo così con i tempi, quasi a rappresentare un che la ‘tipologia storica’ richiesta in falso storico, dando così via libera prima battuta ritrovasse le proprie alla contemporaneità nel rispetto dei tracce all’interno delle nuove luoghi e della memoria. sembianze architettoniche. La L’educazione alla comprensione grande capacità comunicativa e la dell’architettura e alla sua cognizione 117 01. Il fronte prospiciente la riva dell’Adige nel centro di Pescantina con il nuovo intervento. 02. Schizzo di studio del prospetto principale. 03. Immagine d’epoca dei mulini sul fiume. 04. Particolare del rivestimento in legno del prospetto principale. 03 04 37 PROGETTO House on the river 05. Dettaglio dei listelli in legno della facciata in posizione di chiusura. 06. La scala interna a sbalzo nel muro in calcestruzzo a vista. 07. Fronte laterale e sezione trasversale di progetto. 08. Piante dei due livelli dell’abitazione. claudia brentegani Laureata a Venezia nel 2005, inizia la sua attività professionale nel 2006 nello studio BC+V architetti con radici a Pescantina. L’ambito di lavoro si estende dal settore privato a quello pubblico, alle varie scale: dalla progettazione architettonica e urbanistica al restauro e recupero edilizio. Con il Centro infanzia “Bambi&Bimbi” realizzato a Pescantina nel 2012 ha ricevuto una menzione al Premio Architettiverona 2013. 05 07 38 06 08 09 ha raccolto il consenso verso l’apertura e la sensibilizzazione. “Sono per il disordine pieno di vitalità più che per l’ovvia unità – sostiene Claudia – , più per la ricchezza di contenuti piuttosto che per la chiarezza di significato”. Pur trovando grande severità da parte di una Commissione Edilizia preparata, in particolare sui materiali e sui relativi aspetti tipologici, l’innovazione ha colto nel segno dando vita ad un progetto che lascia la propria traccia nel territorio. Con il declassamento che ha consentito una ‘mirata ricomposizione ambientale’ volta al concetto di ‘corte storica’, il fabbricato esistente è stato così demolito per dare spazio ad una nuova composizione architettonica. La pianta dalla forma trapezoidale si sviluppa su due piani e mezzo: il mezzo piano è dato dal rialzo imposto dal Genio Civile per mettere in sicurezza 2019 #02 l’edificio rispetto alla quota di massima piena dell’Adige. Progettualmente, lo scalino ha permesso di dare un valore aggiunto al piano inferiore, adibito a servizi e camere da letto, mentre il piano superiore è destinato all’ampia zona giorno con la cucina. La volumetria immodificata è ridistribuita conferendo visivamente un più largo agio, non solo sul fronte principale ma anche nella parte retrostante della corte a verde; il nuovo fabbricato, staccandosi dall’edificio retrostante, si pone come elemento di nuovo respiro. Lo skyline del fronte principale, serrato e continuo, non suggeriva certo un recupero formale di carattere storico-testimoniale. L’insieme, di per sé discontinuo, era privo di una memoria, che viene dal progetto evocata grazie al processo cognitivo del luogo nella sua temporalità, e ritrovata pen- 117 sando all’utilizzo originario della riva con il ponte di ferro, i burchi, le barche e i mulini: tutti elementi che hanno determinato i codici costruttivi del nuovo manufatto. Da qui gli elementi lignei, declinati in verticale e in doghe orizzontali, attraverso una stratificazione del passato sopra il presente: questo il sodalizio rappresentato nella sua sintesi attraverso la simbologia della ruota. La struttura è semplice – less is more è il motto che Claudia fa proprio –, dagli elementi in cemento armato a vista a quelli in legno della facciata. Oltre a caratterizzarne l’immagine architettonica come elemento legato alla memoria del luogo, i listelli della facciata storica sono un elemento di benessere climatico per l’abitazione, in quanto funzionali alla schermatura e al filtro della luce solare al variare del giorno. La movimentazione della www.claudiabrenteganiarchitetto.com 09. Corten e legno per il fronte sul fiume in una veduta di dettaglio. 10. Il rialzo di mezzo piano dalla quota del suolo mette in sicurezza l’edificio in caso di piena. 10 39 PROGETTO House on the river 11-12. Due vedute interne con la cucina e lo sbarco della scala dal piano inferiore. 13. L’ingresso con il collegamento al piano rialzato. 14. lI lungo corridoio che conduce alle camere nel livello inferiore. 15-16. La grande vetrata affacciata sul fiume nella zona giorno con il rivestimento ligneo in posizione semi chiusa e aperta. Committente Eddi Leardini Progetto architettonico arch. Claudia Brentegani direzione lavori arch. Federico Bertoldi BC + V architetti collaboratori arch. Lucia Cordioli consulenti ing. Carlo Magalini (strutture e sicurezza) impresa Flli Leardini srl Cronologia Progetto: 2017 Realizzazione: 2017-2019 11 12 13 facciata, apribile meccanicamente verso l’esterno, consente la vista del fiume senza filtri e al contempo l’affaccio per la manutenzione delle grandi vetrate. Nelle facciate secondarie, l’edificio è rivestito da un intonaco a base di calce secondo le declinazioni di colore dell’essenza principale del rivestimento in legno sul fronte principale, risvoltandosi in parte nella fascia interna della corte. Il tetto in lamiera brunita integra al meglio la tecnologia moderna inserita attraverso i pannelli fotovoltaici. Questa semplicità concettuale espressa nelle forme e nei contenuti si è concretizzata in una costruzione articola- 40 14 ta e innovativa. Un segno deciso che delicatamente s’impone nel contesto della riva del fiume senza invaderlo; un accorato messaggio in cui l’innovazione è la storia dei nostri tempi e come tale punto di forza. • 16 15 2019 #02 117 41 PROGETTO Canale moderno Un complesso edilizio ricostruito con un rilevante amplimento volumetrico rappresenta l’occasione di declinare alcuni temi dell’architettura residenziale entro un linguaggio contemporaneo Progetto: Studio Concreto Testo: Nicola Tommasini Verona 01 42 2019 #02 Archiviata la lunga stagione del Piano Casa con il recentissimo passaggio passaggio al nuovo scenario Veneto 2050, presentiamo in queste pagine un intervento edilizio recentemente ultimato, risultato di una riuscita quanto difficile mediazione tra le tanto discusse potenzialità edificatorie della terza generazione della legge (con le conseguenti istanze di profitto e sostenibilità economica dell’intervento) e un’attenzione ai temi del rapporto con la città e della qualità architettonica degli interventi edilizi. L’intervento rappresenta, per i temi anticipati, una sorta di caso tipico con numerosissimi esempi nella nostra 02 provincia: la possibilità di ricostruire un complesso edilizio ampliando- piani; a tratti eterogeneo nel disegno ne, in maniera rilevante, la volumetria urbano e senza una distintiva qualità diventa anche l’opportunità di ripen- architettonica, a parte qualche sporasarne il rapporto con la città e di de- dica eccezione. Entro un contesto così clinare alcuni temi dell’architettura usuale e senza una particolare connoresidenziale entro un linguaggio con- tazione o identità urbana specifica, il temporaneo. La ricerca che lo studio progetto individua due fondamentali di Carlo Alberto temi: da un lato Cegan ha persela proposta di « Coerenza e qualità guito con questo un inserimento progetto è quella del progetto architettonico urbano in contidi un equilibrio nuità volumetrisono necessariamente sul sottile crinaca con l’intorno centrali e fondamentali le di separazione (rispettandone e per la difesa della tra le potenzialiconfermandone qualità urbana tà edificatorie, le assi, allineamenspinte speculatiti ed altezze); delle nostra città » ve e i budget di dall’altro esploprogetto e la cora, attraverso un erenza e la qualità del linguaggio ar- linguaggio contemporaneo, il tema chitettonico. del passaggio tra lo spazio pubblico e L’edificio fa parte di un tessuto edi- le residenze private, arricchendone il lizio sorto ad ovest del tratto urbano confine. del canale Camuzzoni, nei pressi del Dal punto di vista volumetrico il proquartiere dello stadio Bentegodi. È getto rifiuta l’idea del blocco unitario un tessuto consolidato, risalente per per suddividere la potenzialità edila maggior parte a qualche decennio ficatoria da realizzare in più corpi. fa, composto in prevalenza da palaz- L’edificio è composto da un corpo a zine e condomini di quattro-cinque nord, più sottile, che si attesta su con- 117 01. Particolare delle schermature alternate sui balconi del fronte principale. 02-03. L’edificio in rapporto al contesto dal ponte sul canale Camuzzoni e in una veduta in avvicinamento. 03 43 PROGETTO Canale moderno studio concreto 04 Diretto da Carlo Alberto Cegan, Studio Concreto nasce dall’opportunità di approfondire il tema dell’abitare contemporaneo legato alle imprese di costruzioni cooperative. Lo studio si occupa di un ambito disciplinare molto specifico, cioè lo sviluppo tipologico dell’edificio residenziale urbano, caratterizzato da economicità e sostenibilità, promosso da imprese di costruzioni cooperative. Studio Concreto segue l’intero processo dalla nascita, alla progettazione architettonica, alla costruzione dell’organismo edilizio, lavorando fianco a fianco con il promotore economico. 06 www.studioconcreto.it 07 05 04-05. Pianta di un piano tipo e del piano terreno. 06-07. Sezione trasversale e fronte principale sul canale. 08. La pensilina segna l’attacco a terra dell’edificio separando l’ambito pubblico della strada da quello privato degli alloggi. 09. Particolare dei balconi d’angolo. 44 fine del lotto e da altri volumi più piccoli e ortogonali al primo che contengono altri spazi privati e il corpo scale e disegnano il lato sud e l’ingresso principale. La scelta compositiva fondamentale, dopo queste prime “azioni” insediative, è chiara: aggiungere alle masse nette e squadrate dei volumi chiusi tutta una serie di elementi puntuali, discreti e tecnici che individuano logge e pensiline e che legano tra loro le masse. In più, l’espressività di questa scelta è estremizzata grazie al forte contrasto tra la colorazione bianca delle masse e il grafismo nero di tutti gli altri elementi. L’immagine finale, soprattutto se si guarda la facciata verso il canale, è quella di un’architettura ricca di spunti, volumi e ombre, da cui emerge come elemento principale la lunga linea nera della pensilina al piano terra e che diventa, salendo e ripiegandosi su se stessa in copertura, parte di costruzione delle logge. Sono questi elementi – le addizioni – a rendere interessante il progetto, anche e soprattutto perché consentono di modellare il rapporto tra spazio esterno ed interno e quindi il passaggio dalla dimensione pubblica a quella privata e domestica degli alloggi. 2019 #02 09 08 117 45 PROGETTO Canale moderno 10. L’ingresso pedonale agli alloggi. 11-12. Il nuovo edificio si relaziona con il canale Camuzzoni attraverso il suo fronte principale. Committente Corte Ca’ Romana Cooperativa Progetto architettonico e direzione lavori Studio Concreto arch. Carlo Alberto Cegan collaboratori arch. Zeno Rossi consulenti ing. Davide Caiani (strutture) ing. Alessandro Bacciconi (impianti) ing. Stefano Chilese (sicurezza) impresa esecutrice Fedrigoli Cstruzioni (impresa generale) Prodomi (rivestimenti metallici e oscuramenti di facciata) 10 La pensilina ne è forse l’esempio migliore: ha lo scopo di segnare con una forte ombra il piano terra, chiarendo l’attacco al suolo dell’edificio, ma allo stesso tempo consente di introdurre un certo dinamismo e novità anche nello spazio urbano esterno, identificando lo spazio semipubblico dell’ingresso principale – dove sostare o incontrarsi prima di accedere all’interno – e allontanarlo dagli spazi privati del piano primo. Interessante è qui anche la scelta di chiudere completamente questa parte di piano terra verso la via pubblica (internamente qui trovano posto le cantine) con un muro e garantire la necessaria apertura agli alloggi al piano terra sul giardino sul retro. Gli altri elementi dei piani superiori (parapetti in lamiera forata metallica o brise-soleil in legno-plastica), poi, sebbene disegnati e realizzati con 46 Cronologia Progetto: 2015-2016 Realizzazione: 2016-2019 materiali non pregiati, mostrano una certa qualità compositiva ed architettonica, data dalla loro capacità di catturare e filtrare la luce e proteggere dalla vista le logge (è questa, forse, una possibile evoluzione della veranda degli anni Sessanta?). La qualità complessiva raggiunta da questo intervento, equilibrando budget ed istanze speculative, piani casa e volumetrie, disegno urbano ed architettonico, non è scontata e dimostra, ancora una volta, quanto coerenza e qualità del progetto architettonico sono, necessariamente, centrali e fondamentali per la difesa della qualità urbana delle nostra città. • 11 12 2019 #02 117 47 STORIA & PROGETTO “M” come madre terra Il ricordo delle radici veronesi di Alessandro Mendini (1931-2019) attraverso lo spazio vendita della cantina Menegotti per la quale fornì la sua consulenza artistica Villafranca di Verona Testo e Foto: Daniela Tacconi Una cantina lungo la strada tra Villafranca di Verona e Valeggio sul Mincio ci offre l’occasione di ricordare uno dei più grandi protagonisti del design italiano e di ripercorrere ricordi, vicende e rapporti umani che lo legano al territorio veronese. Alessandro Mendini, fondatore assieme al fratello Francesco del noto Atelier milanese, frequentò per anni la nostra città e in particolare Villafranca, da cui proveniva la famiglia paterna: qui il padre Vincenzo era conosciuto per la sua attività di avvocato, il nonno invece possedeva una farmacia all’angolo tra corso Vittorio Emanuele e via della Pace. Suo padre sposò la figlia di un imprenditore edile milanese e si trasferì a Milano, dove Alessandro trascorse gli anni delle scuole elementari in un ambiente familiare borghese, rassicurante e ricco di stimoli culturali e artistici. Il suo legame con il territorio veronese rimase però saldo, tanto da risultare residente nel Comune di Villafranca dal 1931, anno della nascita, fino al 1962, e da iscriversi subito dopo la laurea presso l’Ordine degli Architetti di Verona, dove rimase registrato fino al 1965. La serenità dell’infanzia venne interrotta bruscamente con lo scoppio della guerra, dalla quale era necessario fuggire verso posti più sicuri: Alessandro con la famiglia lasciò Milano e cercò riparo presso la casa di campagna degli zii a Bedizzole1 sul lago di Garda. Iniziò così per lui un periodo cupo in cui entrò in contatto con una realtà diversa da quella fino ad allora a lui nota, fatta di bombardamenti, fame, storie di partigiani, morte. Frequentò a Verona il liceo scientifico Messedaglia nella stessa classe della sorella gemella Mia: erano anni solitari 2 trascorsi in una città che portava ancora vive le ferite del recente conflitto, un periodo che resterà impresso nella sua memoria per il freddo, la paura e la luce fioca degli ambienti 3. Proprio la conoscenza dei dolori della guerra diede origine probabilmente al suo personale moto di ribellione artistica: la volontà di contrastare la violenza del mondo divenne lo 01. La cantina Menegotti: i pilastri inclinati in legno lamellare raccordano la copertura sporgente al terreno. 02-03. La cantina in una veduta notturna e attaverso i filari dei vigneti. 02 03 stimolo per ricercare sempre nel suo lavoro un ideale di bellezza redentrice. Fu così che diede vita a paesaggi costituiti da figure poetiche che parlano all’interiorità piuttosto che alla ragione; la sua era una ricerca continua, costantemente tesa a raggiungere un’utopia in realtà irraggiungibile. Dopo il ritorno a Milano per frequentare l’università, Alessandro mantenne sempre vivi i rapporti con la terra d’origine; trascorse diverso tempo nella casa di Villafranca e nell’abitazione dei genitori a Verona sul colle San Leonardo, una residenza di campagna del Seicento situata nelle vicinanze del Forte San Mattia. Anche dopo la morte del padre Vincenzo, avvenuta nel 1981, i figli con le rispettive famiglie vi tornarono spesso durante i periodi estivi. Alessandro ricorderà in seguito la casa del padre per il suo arredo “severo, ostile, realista e scostante come un museo” 4, i cui mobili antichi nel gusto della vecchia borghesia 01 48 2019 #02 117 49 STORIA & PROGETTO 04. Una delle prime proposte dell’Atelier Mendini con una pensilina retta da pilastrini metallici e un portale totemico sormontato da un cono dorato; in alto il logo a forma di grappolo d’uva colorato. 05. ll portale proposto dall’Atelier Mendini come accesso alla proprietà, una M dalle aste inclinate come i pilastri della cantina. 06. Variante proposta dall’Atelier Mendini con ampie vetrate filtrate da frangisole. 07. Studi progettuali dell’Atelier Mendini per la decorazione del bancone bar in laminato. 04 05 08 06 veneta non si potevano toccare né tantomeno accostare al moderno. Ispirandosi all’arredo in stile classico della casa del padre realizzerà negli anni ‘80 la Poltrona San Leonardo5. Erano frequenti anche le sue visite a Villafranca, dove c’erano parenti e amici da trovare, la tomba di famiglia da visitare, le proprietà di cui occuparsi. Qui il padre di Alessandro possedeva diversi terreni, tra cui alcuni di quelli su cui sorgono ora i vigneti della cantina Menegotti. Il nonno degli attuali titolari dell’azienda agricola lavorava come fattore per i Mendini, occupandosi fin dagli anni ’50 della coltivazione delle vigne e delle prime vinificazioni; nel 1972 i Menegotti acquistarono dai Mendini alcuni terreni e iniziarono ad imbottigliare i primi vini col proprio nome, principalmente Bardolino e Custoza. Da allora l’azienda è cresciuta aumentando e diversificando i vini prodotti; alla produzione di vino fermo si è aggiunta quella di spumante prodotto con metodo classico, che col tempo ha assunto un ruolo sempre più importante all’interno dell’azienda. Una decina di anni fa è sorta la necessità di ampliare la cantina per creare un nuovo spazio da dedicare all’affinamento degli spumanti e un punto vendita adatto alle nuove esigenze commerciali e di immagine dell’azienda. Gli attuali proprietari hanno pensato bene di rivolgersi per la consulenza artistica del progetto ad Alessandro e Francesco Mendini, con i quali la loro famiglia aveva mantenuto nel tempo buoni rapporti. Nelle prime proposte uscite dall’Atelier milanese il nuovo showroom, affiancato ai fabbricati preesistenti, è un volume circondato 09 08. Le volte azzurre della sala di affinamento degli spumanti. 09. Iscrizione di Alessandro Mendini all’Ordine degli Architetti di Verona con il n. 54 (1960-1965) 10-11. Schizzi di Alessandro Mendini: la casa di Verona e abaco dei mobili dalla casa di Verona (in A. Mendini, Scritti di domenica, a cura di L. Parmisani, Postmedia Books 2016). 07 50 10 2019 #02 da un’alta pensilina retta da pilastrini metallici. I muri, intonacati o con paramento in mattoni faccia a vista, si interrompono in facciata con l’apertura di ampie vetrate. L’ingresso in una delle prime soluzioni è contrassegnato da un portale totemico sormontato da un cono dorato, luccicante archetipo di ispirazione postmodernista. Il progetto abbraccia le diverse scale, dall’edificio agli arredi interni. Viene studiato anche il logo aziendale, un grappolo di uva stilizzato formato da acini di colori diversi; immaginato riprodotto sulle pareti, sui mobili, in facciata, rivela la predilezione di Mendini per l’accostamento puntillista di macchie colorate. Alle prime ipotesi è seguito un nuovo studio progettuale nato per assecondare le esigenze dei proprietari, che reclamavano per la loro azienda maggiore trasparenza. Mendini voleva evitare di sovrapporre un tetto a falde, elemento imposto da un vincolo paesaggistico, a un volume trasparente, più adatto secondo lui ad una concessionaria di auto che a una cantina. Ne uscì la soluzione finale, quella realizzata, in cui le vetrate strutturali risultano 117 11 51 STORIA & PROGETTO 1 Intervista al «Corriere della Sera», 4 marzo 2018. 2 A Mendini, Scritti di domenica, a cura di Loredana Parmisani, Postmedia Books, 2016. 3 A Mendini, Il mio arredo, in «Domus» 624, 1982. 4 Ibid. 5 Poltrona San Leonardo, Matteo Grassi (produzione 1980-1989). 6 Intervista al «Corriere della Sera», 4 marzo 2018. 12. La zona uffici della cantina Menegotti al primo piano sopra lo showroom. 13, 15. Gli spazi dello showroom dominati dal taglio diagonale del soppalco. 14. La scala interna che conduce alla zona uffici. 16. La struttura in legno lamellare in corso di costruzione (foto di cantiere). 17. Pianta del piano terra dello showroom nella soluzione finale proposta dall’Atelier Mendini. 12 14 arretrate al di sotto di una gronda molto sporgente, che serve anche per schermare i raggi solari nei mesi più caldi. La struttura in legno lamellare del tetto, proseguendo all’esterno nella gronda e nei pilastri inclinati, fuoriesce dall’involucro vetrato come un granchio dal suo carapace. Lo showroom è uno spazio polifunzionale a doppia altezza dedicato all’esposizione, alla vendita dei vini e all’organizzazione di degustazioni ed eventi; l’interno è dominato dal taglio diagonale del solaio del soppalco, dal quale gli uffici attraverso un parapetto vetrato affacciano verso il vuoto sottostante. Il legno oltre al vetro è il materiale prevalente, elemento essenziale per una cantina che utilizza le botti per l’affinamento dei vini; lo ritroviamo nella struttura a vista della copertura, nei pilastri esterni, nella scala che conduce al primo piano, nella zona del bancone bar, negli espositori dei vini studiati dallo stesso Atelier Mendini. Il colore azzurro appare già nelle prime proposte progettuali: se nello showroom occupa solo 15 alcune pareti, al piano interrato prende il sopravvento coprendo completamente le volte della sala dedicata agli spumanti. Negli studi di Mendini il portale di ingresso alla proprietà ha una forma che richiama una M dalle aste inclinate come i pilastri della cantina. La nuova cantina viene inaugurata nel 2011; la sua struttura cattura l’attenzione di chi percorre la strada tra Villafranca e Valeggio grazie al forte carattere identitario che la contraddistingue, così abbarbicata con i pilastri al suolo come le radici delle vigne che la circondano. In quel territorio, dove affondano anche le radici della sua famiglia, Alessandro Mendini è da poco tornato definitivamente: al termine di una vita vissuta da “stronzo designer milanese”6, come una volta con la sua disarmante autoironia si era definito, dopo aver visto tante delle sue creazioni prendere il volo e diffondersi in tutto il mondo, lo scorso febbraio è stato sepolto vicino ai genitori nel cimitero di Villafranca. • 13 52 2019 #02 16 117 17 53 SAGGIO La Fiera di «muro» nel Campo Marzio di Verona Le vicende storiche relative alla più antica struttura fieristica della città le cui tracce sono riemerse a seguito dei lavori di riconversione del comparto della ex caserma Passalacqua Testo: Stefano Lodi 54 01 2019 #02 L’esistenza dell’attività fieristica veronese è testimoniata a partire dal IX secolo e prosegue ininterrottamente nel tempo pur se localizzata in sedi diverse. Quella che precede la collocazione all’interno del Campo Marzio1 risale al 1632 quando, per rilanciare la sofferente economia cittadina dopo la pestilenza del 1630, il podestà Andrea Cornaro ottenne di istituire una fiera da tenere due volte all’anno situandola in piazza Bra 2 . Le strutture erano costruite interamente da ‘casotti’ di legno e sono state più volte distrutte dagli incendi: il rogo avvenuto nella notte del 28 ottobre 1712 sta alla base della decisione presa dalle autorità pubbliche di costruire una fiera interamente in muratura, la prima del genere innalzata in Italia e forse in Europa. Il grave danno generato dall’incendio costrinse il Comune di Verona a cercare una soluzione che si concretizzò nel 1718 con l’elezione alla carica di Provveditore di Comun di Scipione Maffei3 il quale prese il controllo della situazione indirizzando le scelte del consiglio e presentando egli stesso le soluzioni architettoniche da adottare sollecitato dalle pressioni dei mercanti che si proposero di erigere le strutture in muratura a proprie spese4. La decisione venne presa in Consiglio il 17 febbraio 1718 mentre l’approvazione del Senato veneziano arrivò il mese seguente5. I lavori ebbero inizio più tardi, in prossimità del 20 febbraio 1720 quando in consiglio si deliberò di tenere conto de «le forme che crederanno più proprie li mercanti» 6 , ma ulteriori intoppi portarono solo nel 1722 all’apertura del cantiere. Il primo problema fu dato dalla scelta del luogo: inizialmente la volontà di non allontanarsi troppo da piazza Bra aveva portato a considerare l’at- 117 Questo testo anticipa in sintesi parte di un contributo di più ampio respiro sulla Fiera di Campo Marzio e sull’area circostante di prossima pubblicazione da parte dello stesso autore. 02 Cittadella7. La seconda tuale piazza ipotesi riguardò la vasta area di proprietà del monastero di Santa Maria degli Angeli8 , l’attuale area tra corso Porta Nuova e via Cesare Battisti. La scelta definitiva individuò l’area più adatta all’interno del Campo Marzio Piccolo situato nella zona della città a sinistra dell’Adige. Si trattava di un ampio spazio urbano intramurale del tutto sgombro da presenze edilizie e completamente privo di vincoli proprietari se non quelli pubblici9. La sua vasta area da secoli era un luogo deputato alle esercitazioni militari, al pascolo, forse in un primo momento all’orticoltura e dotata di proprie recinzioni in muratura nelle quali si aprivano alcuni passaggi; l’area era rimasta in parte acquitrinosa per il passaggio del Fiumicello. 01. Veduta attuale dell’area dove sorgeva una parte della Fiera di Campo Marzio (foto di Lorenzo Linthout). 02. Planimetria della Fiera di Campo Marzio ricavata da un’incisione settecentesca edita da P. Berni e inserita nel contesto urbanistico attuale. Elaborazione di Simone Melato. 1 A. Sandrini, Il Settecento: tendenze rigoriste e anticipi ‘neoclassici’, in L’architettura a Verona nell’età della Serenissima (secc. XV-XVII), a cura di P. Brugnoli, A. Sandrini, Verona 1988, I, pp. 294-299; N. Zanolli Gemi, Scipione Maffei e la Fiera di Campo Marzo a Verona: una discussa attribuzione, in Scipione Maffei nell’Europa del Settecento, atti del convegno (Verona 23-25 settembre 1996) a cura di G.P. Romagnani, Verona 1998, pp. 579-595; S. Zaggia, «Le città delle cose»: architetture fieristiche nella repubblica veneta del Settecento: Verona, Bergamo, Padova, in La pratica dello scambio. Sistemi di fiere, mercanti e città in Europa (1400-1700), a cura di P. Lanaro, Venezia 2003, pp. 257-261. 2 L. Moscardo, Historia di Verona, Verona 1668, p. 84; P. Zagata, Cronica della città di Verona […] ampliata e supplita da Giambattista Biancolini […] volume primo della seconda parte, Verona 1749, pp. 280-281. 3 Sandrini, Il Settecento, p.295. 4 Archivio di Stato di Verona (ASVr), Antico Archivio del Comune, reg. 123, cc. 5v-6r. 5 ASVr, Antico Archivio del Comune, reg. 123, c. 77v-78r; Archivio di Stato di Venezia, Senato Terra, filza 17 marzo 1718: Sandrini, Il Settecento, p. 342. 6 ASVr, Antico Archivio del Comune, reg. 123, c. 62v. 7 S. Maffei, Verona Illustrata, parte terza, Verona 1732, coll. 92-93. 8 Maffei, Verona Illustrata, col. 93. 9 G.M. Varanini, L’area di palazzo Giuliari e del Campo Marzio nel medioevo (secoli XII-XV), in Palazzo Giuliari a Verona. Da residenza patrizia a sede universitaria, a cura di L. Olivato, G.M. Varanini, Sommacampagna 2009, pp. 13-34. 55 SAGGIO Le vicende edilizie attraverso i documenti: una sintesi 10 ASVr, Antico Archivio del Comune, processi, b. 29 n. 1335. 11 ASVr, Antico Archivio del Comune, processi, b. 80 n. 1903. 12 La presenza di Peracca era stata segnalata in BCVr, ms. 1426 [Memorie di Belle Arti], c. 29r. Sulle sculture si veda ora E.M. Guzzo, Schede sul patrimonio artistico. Arredi medioevali e opere erratiche, antiche e settecentesche, in «Annuario storico zenoniano», XXIV/2017, p. 241. 13 Maffei, Verona Illustrata, col. 96. 14 ASVr, Antico Archivio del Comune, processi, b. 80 n. 1903, c. 4r. 15 S. Maffei, Rime e prose, Venezia 1718, p. 376. 56 VeDI VeDI VeDI 16. Due registri contabili permettono di seguire le fasi di avanzamento del cantiere e di individuare i nomi delle figure professionali messe all’opera, in particolare quello di Lodovico Perini. Il primo registro contiene annotazione che vanno dal novembre 1722 al maggio 172310. I pagamenti vengono effettuati alle maestranze (muratori, falegnami, lapicidi e facchini) per la consegna del materiale e la posa in opera sempre attuata sulla base delle indicazioni e della supervisione di Perini ‘ingegnere e architetto’. Costante è il trasporto di terra per livellare il terreno intorno al perimetro della Fiera e negli spazi interni e in particolare modo nel settore che si avvicina alle mura urbane e a quelle del confinante convento di San Francesco di Paola. Le annotazioni dimostrano che furono poi messe all’opera più squadre di muratori che attendevano all’innalzamento della struttura. Sono presenti inoltre varie indicazioni in merito alla copertura del Fiumicello, in particolare con la realizzazione di un ponte in corrispondenza dell’ingresso principale. Il secondo registro contiene dati da maggio a dicembre del 172311. Nel mese di giugno vennero collocate le porte lignee agli ingressi laterali; nel contempo Perini effettuò un sopralluogo mentre si terminò la costruzione del Tribunale dei Mercanti. In quel mese si incontra il primo acconto di pagamento allo scultore Daniele Peracca per la realizzazione delle statue raffiguranti San Zeno e San Pietro Martire da collocarsi sui pilieri dell’ingresso principale (ora sistemate sul muro che fronteggia la chiesa 03 di San Zeno in Oratorio12): una delle due sarebbe stata saldata il 19 agosto. Il 26 venne pagato l’altro scultore chiamato nel cantiere ovvero Giuseppe Antonio Schiavi autore delle scale che danno accesso al Tribunale dei Mercanti realizzato su progetto di Perini e plausibilmente anche di altri elementi della facciata sia architettonici che figurativi: i documenti tacciono al proposito mentre Maffei assegna a Schiavi il rilievo della Madonna con Bambino in facciata13. La parte scultorea di Peracca viene saldata in ottobre e comprende anche i basamenti per le statue (indorate da Stefano Carteri) mentre Schiavi viene saldato per il portale della vicina dogana14; i lavori si concludono nel dicembre del 1723 con la costante supervisione di Perini. Nelle Rime e prose pubblicate a Venezia nel 1718 Maffei aveva presentato per la prima volta la pianta della nuo- va Fiera veronese in muratura: «in tal genere la più bella in Europa»15 se fosse stata messa in opera secondo le idee espresse dal marchese. La realtà dei fatti ottenuta durante le fasi di costruzione del complesso, diversa dalle aspettative, avrebbe sollevato critiche espresse da Maffei nella Verona Illustrata (1732). è probabile che l’esigenza di sottrarre una quantità più modesta di spazio al Campo Marzio avesse portato a situare il complesso più vicino al convento di San Francesco di Paola, con la conseguente decisione di deviare il corso del Fiumicello per portarlo al centro della Fiera. «... non in un angolo e a ridosso della muraglia pubblica, ma bisognava piantar la fabrica più in qua e lungo il Fiumicello, che non piccolo ornamento aggiungeva, e delizia; e facendo tre ponti o passaggi, dovea quel di mezzo imboccar una nobile porta [...] si sarebbe rispar- 2019 #02 03. P. Berni (editore), Dissegno della fabbrica fatta ad uso delle fiere di Verona nell’anno MDCCXXII. 04. G. Filosi, Pianta della città di Verona (1937), particolare. miata la grossissima spesa, ch’è andata nel coprire con lastre il rivo, e nel ragguagliare il terreno, che da una parte era molto più basso, essendosi poi dovuto profondare per la metà della fabbrica tanto più i fondamenti»16. Maffei ci conferma dunque che il Fiumicello avrebbe dovuto stare accanto ed esternamente al recinto della Fiera la quale si sarebbe sviluppata a est del suo corso mentre l’ingresso principale avrebbe dovuto trovarsi sul lato occidentale (e non su quello settentrionale come poi è avvenuto) raggiungibile attraverso un ponte sul Fiumicello. 04 i caratteri architettonici La struttura ospitava 124 botteghe17 ed era sostanzialmente formata da un recinto quadrato di circa 110 metri di lato contenente sedici edifici chiamati a formare quattro gruppi di quattro stabili dotati di altrettante piazze interne con pozzi nel mezzo. Il recinto che conteneva il complesso era internamente costituito da una sequenza di botteghe; su tre lati si aprivano gli ingressi principali e in corrispondenza del centro del quarto lato era posto il Tribunale dei Mercanti. Gli edifici che si sviluppavano attorno alle quattro corti si aprivano verso l’interno tramite portici; l’accesso alle corti era ricavato agli angoli dei singoli corpi edilizi ottenuti tagliando diagonalmente la superficie interessata. In tal mondo rispetto agli ingressi principali tutto il complesso era interessato da percorsi collocati in senso ortogonale e diagonale che si incontravano nella piazza centrale di forma vagamente circolare. Il Fiumicello percorreva l’asse principale del complesso e in origine doveva essere scoperto, attra- 117 versato da tre ponti situati all’ingresso, sulla piazza centrale e davanti al Tribunale dei Mercanti. La sua totale copertura deve essere stata attuata in tempi brevi se Maffei se ne lamenta nella Verona Illustrata. L’aspetto formale più significativo, oltre a quello dei pilieri, si ritrova nella facciata del Tribunale dei Mercanti il cui prospetto era caratterizzato da quattro semicolonne ioniche, reggenti una trabeazione aggettante sui sostegni, il cui architrave si inflette al centro in corrispondenza della sottostante immagine della Madonna con il Bambino. Nelle tre campate, oltre alla porta, stavano due finestre rette da mensole mentre la parte sommitale era costituita da un tronco di timpano che reggeva un breve campanile e, tra i montanti, si trovava un orologio proveniente dalla facciata della Domus Nova in piazza dei Signori18 parzialmente crollata alla metà del secolo precedente. Due statue laterali in posizione acroteriale e quelli che sembrano essere due stemmi sotto i salienti completavano il complesso scultoreo. Nell’insieme la facciatina che dipende dal barocchetto del tempo è un progetto che si dovrebbe addebitare a Perini: infatti l’edificio del Tribunale manca nell’illustrazione di Maffei del 171819. I pilieri che affiancano l’ingresso principale presentano bugne incatenate al muro e sostenevano le due statue di Daniele Peracca che raffiguravano i santi Zeno e Pietro Martire, patroni della città di Verona che in questo modo celebrava la propria responsabilità nell’iniziativa 20. In merito ai fronti delle botteghe, che sempre si sviluppavano su due livelli, si può dire soltanto che erano preceduti da un portico solo negli affacci delle quattro corti minori. La planimetria del complesso fieristico è emersa in parte durante i recenti scavi nell’area poiché le strutture edilizie, dopo il progressivo abbandono iniziato durante l’età napoleonica, sono state rasate poco sopra il livello pavimentale nel coso del XIX secolo. 16 Maffei, Verona Illustrata, coll. 94-95. 17 Per il conteggio: Biblioteca Civica di Verona (BCVr), sezione stampe, 1.e.12. 18 Zagata, Cronica, p. 281. 19 Maffei, Rime e prose, p. 376. 20 L. Simeoni, Verona. Guida storicoartistica, Verona 1909, p. 337. 57 SAGGIO 05. La Fiera di Campo Marzio, in S. Maffei, Rime e prose, Venezia 1178, p. 377, particolare. 06. S. Avesani, Disegno della Fiera di Verona (prima metà del XVIII secolo). 05 06 la fase progettuale: il ruolo di Maffei e di Perini, la presenza di Francesco Bibiena 21 Maffei, Verona Illustrata, col. 93. 22 Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio di Bologna, b. 132, X, [M. Oretti, Notizie de’ professori del Disegno cioè Pittori, Scultori ad Architetti Bolognesi e de’ Forestieri], c. 30; Zanolli Gemi, Scipione Maffei, p. 582. 23 BCVr, ms. 2033 [G. Scherli, Brevi notizie delle cose più rimarcabili di Verona], c. 22. 24 N. Zanolli Gemi, Considerazioni sulla genesi del Teatro Filarmonico, in L’accademia Filarmonica di Verona e il suo teatro, saggi di E. Paganuzzi e altri, Verona 1982, pp. 39-60; P. Marini, Francesco Galli Bibiena (1659-1739), in L’architettura a Verona, II, pp. 253-256; D. Lenzi, Francesco Galli Bibiena. Teatro Filarmonico di Verona, 1715-1731 [e catt. 83a-83b], in I Bibiena una famiglia europea, catalogo della mostra (Bologna, Pinacoteca Nazionale, 23 settembre 20007 gennaio 2001), a cura di D. Lenzi, J. Bentini, Venezia 2000 pp. 328-330. 25 Zanolli Gemi, Considerazioni, p. 50. 26 ASVr, Antico Archivio del Comune, registri, n. 130, c. 44v; Sandrini, Il Settecento, p. 342. 27 Maffei, Rime e prose, p. 376. 28 Maffei, Verona Illustrata, coll. 93-94. 58 I progetti per la realizzazione dell’impianto vengono presentati da più personalità, almeno per quanto riguarda l’area della Cittadella. Ne rende conto lo stesso Scipione Maffei: nel 1715 «richiesto un tale d’ideare per ciò un disegno, avea formato un quadrilungo, che quattro piazze pur bislunghe conteneva, […]. Altri disegni si videro ancora, distinguendosi tra essi come assai bizzarro quello del Sig. Francesco Bibbiena, che in tavola si conserva»21. Purtroppo non si hanno prove documentali di una proposta per la Fiera di Verona da parte di Francesco Bibiena, notoriamente impegnato nella realizzazione di teatri, scenografie e progetti per decorazioni murali. L’affermazione dell’erudito veronese (sostenuta nel secondo Settecento in ambito bolognese dallo storico Marcello Oretti 22 e riportata anche in una fonte coeva scaligera 23) appare senza dubbio veritiera, soprat- 07-08. Daniele Peracca, San Zeno, San Pietro Martire in origine sui pilieri d’ingresso della Fiera di Campo Marzio e ora presso la chiesa di San Zeno in Oratorio (foto di Lorenzo Linthout). La fase edilizia: il ruolo di Perini e degli scultori tutto perché è lo stesso Bibiena, come è noto, ad essere incaricato a partire dal 1713 (nel 1716 sarebbero iniziati i lavori) della costruzione del teatro dell’Accademia Filarmonica 24. La spia che conferma ancora una volta l’esistenza di un qualche intervento dell’architetto bolognese è data dal fatto che Ludovico Perini, figura chiave nei lavori della Fiera, sarebbe stato chiamato dal 1718 a seguire il cantiere del nuovo teatro25 trovandosi direttamente a contatto con il suo autore e formando un tandem professionale che potrebbe essere stato coinvolto, almeno in una fase iniziale, anche per la Fiera di «muro». Non c’è dubbio che il peso di Maffei sia stato definitivo non solo per condurre a termine tutta l’operazione: il suo ruolo nell’impresa viene dichiarato nell’‘elogio’ che il Comune gli riserva in una seduta (lui vivente, ma infermo e vicino alla morte) il giorno 13 gennaio 1775: «il nostro marchese Scipione Maffei […] ebbe singolar cura di giovare al commercio con la Fiera in Campo Marzo della quale essendo egli provveditore di Comu- ne ne persuase l’erezione al consiglio e con bene adattato disegno ne indicò la struttura»26. L’impianto che Maffei aveva pubblicato nel 1718 nel volume Rime e prose sotto il capitolo Disegno di una fiera di muro è sostanzialmente quello che sarebbe poi stato realizzato27. Le differenze principali consistevano nel numero maggiore di botteghe rappresentate dall’illustrazione e per il fatto che anche nel lato meridionale (dove poi si sarebbe trovato il Tribunale dei Mercanti) era previsto un accesso uguale a quello che attraversava al lato opposto. Anche nella terza parte della Verona Illustrata la struttura è simile a quella che a tale data (1732) era già stata costruita 28 e anche qui non era prevista la presenza del Tribunale, inoltre ai quattro angoli non si aprivano altrettanti accessi, ma stavano torri angolari che superavano in altezza il muro confinante dotato di merlature e attraversato da portali dorici sormontati da timpani. 2019 #02 Lodovico Perini (1685-1731) è una figura poliedrica di architetto, pubblico perito, notaio e storico da poco messa in giusta luce29. Il silenzio di Maffei (motivato da evidenti dissidi) lo ha confinato in un ambito di studi marginali. Eppure la progressione della sua attività, a partire dall’incarico di costruzione del seminario maggiore dal 1708, lo qualificano come il maggior professionista operante in città in quel tempo. Presso la Biblioteca Civica di Verona un fascicolo raccoglie notizie di prima mano di Perini30 tra le quali la trascrizione di una lapide che si trovava nella Fiera e che faceva riferimento agli impegni del suo presidente e fabbriciere, il marchese Girolamo Giona, e a quelli dell’architetto (Perini appunto) conclusi nel 1725, l’anno della fine dei lavori accessori. Una lettera ad un destinatario anonimo, già resa nota 31, illustra quanto Perini, pur con la deferenza scontata verso il marchese Maffei, non avesse avuto nessun indugio nel modificare quelle parti dell’impianto (come l’apertura degli accessi agli angoli) in ragione della superiorità della sua specifica professione (quella di ingegnere e architetto) rispetto all’attività del grande erudito. La presenza di Giuseppe Antonio Schiavi32 apre un ulteriore spiraglio sulle pretese artistiche della nuova impresa. Schiavi è un giovane scultore attivo fino a quel momento per la parte figurativa di altari e per le statue (perdute e citate dalle fonti storiche settecentesche) del giardino di villa Pompei ad Illasi 33. Questo edificio sarebbe stato ricostruito a partire dagli anni Trenta su progetto di 117 07 08 Alessandro Pompei che avrebbe poi convocato lo stesso scultore per la realizzazione delle statue poste sulla balaustra alla sommità della villa. Per la storia dell’arte veronese si stabilisce quindi una precoce circostanza che collega Schiavi a Pompei, quest’ultimo attivo anni dopo sulla base delle spinte e delle istanze di Maffei come è ben noto per il Museo lapidario e la Dogana di San Fermo. Lo stesso erudito veronese avrebbe poi affidato allo scultore la realizzazione del busto-ritratto collocato nel pronao del teatro Filarmonico. Ben più difficile inquadrare la figura di Daniele Peracca, personaggio sfuggente anche sul piano delle fonti e non solo su quello delle opere, di numero limitatissimo34. Peracca aveva realizzato già alcune sculture per altari cittadini e si era mosso anche nel territorio trentino; più tardi avrebbe ricostruito la chiesa cittadina di Santa Maria del Paradiso mentre solo recentemente gli è stata assegnata la responsabilità nell’innalzamento del nuovo tempio di San Lorenzo a Pescantina 35. è utile osservare che Peracca era stato anche l’autore di alcune delle sculture che rappresentavano santi e sante della religione domenicana nella manica del convento di Santa Anastasia 36 realizzata assieme allo scalone da Francesco Bibiena 37. Dunque ecco un’ulteriore prova dell’esistenza di un mondo professionale che coinvolge due artisti, o almeno dell’esistenza di un ambito di committenza che li chiama entrambi in causa (come accade per la Fiera) analogamente alla doppia convocazione di Bibiena e Perini nel caso del teatro e, ancora, in quello della Fiera. • 29 A. Sandrini, Lodovico Perini (16851731), in L’architettura a Verona, II, pp. 265-274. 30 BCVr, Carteggio Perini, b. 28, VII/2. 31 Zanolli Gemi, Scipione Maffei, pp. 586-588. 32 L. Rognini, Gli Schiavi (secc. XVI-XVIII), in L’architettura a Verona, II, pp. 276-279. 33 A. Tomezzoli, Giuseppe Antonio Schiavi. (Verona 1689-1768), in Scultura in Trentino. Il Seicento e il Settecento, a cura di A. Bacchi, L. Giacomelli, Trento 2003, II, pp. 326-331. 34 D. Zannandreis, Le vite dei pittori, scultori e architetti veronesi, a cura di G. Biadego, ed. Verona 1891, pp. 408-409. 35 P. Rigoli, Un nuovo documento sulla costruzione della parrocchiale di Pescantina e una nuova ipotesi sul progettista, in «Annuario Storico della Valpolicella», pp. 255-260. 36 Zannandreis, Le vite, p. 408. 37 Marini, Francesco Galli Bibiena, p. 256. 59 I Riflessioni sul complesso monumentale veronese: scenari possibili tra passato e futuro a cinque anni dalla sua consegna al Fondo per l’Ambiente Italiano Testo: Chiara Boccinger, Francesca Giudetti * 01 60 2019 #02 117 ODEON ODEON Che fai, Lazzaretto? n una città ormai pienamente consolidata da un punto di vista urbano come Verona, il Lazzaretto è un luogo vero, nonostante sia stato a lungo offuscato e passato nel dimenticatoio. Ma se noi umani tendiamo spesso a dimenticare, i luoghi no. Come scrive il regista e fotografo Wim Wenders, «I luoghi hanno memoria. Ricordano tutto». Il Lazzaretto veronese è stato per secoli definito come una delle costruzioni più pregevoli del Cinquecento italiano. Un tempo ricovero per i sofferenti, oggi iscritto tra i “Luoghi del cuore” del FAI, il Lazzaretto potrebbe essere la quinta architettonica di un dipinto di De Chirico; l’atmosfera triste, carica di suggestioni misteriose genera negli spettatori uno stato d’animo di malinconica attesa. Il silenzio metafisico è lo stesso che pulsa nel complesso monumentale veronese: assordante, lontano dai frastuoni dell’abitato. Dell’originario Lazzaretto veronese costruito appena in tempo per la peste del 1629, non rimangono che il tempietto centrale e piccoli tratti di fatiscenti mura. Le esili tracce rimaste raccontano di una tragica storia segnata da due distinte distruzioni: il lato orientale fu, infatti, danneggiato dai soldati fascisti. Il giornalista Giuseppe Silvestri in un articolo di “Verona libera” del 1945 ricorda che «rotte a colpi di mitra le porte si introdussero nel Lazzaretto, e dando fuoco agli esplosivi, determinarono la rovina del lato orientale»1. Il versante occidentale, invece, fu danneggiato il 20 maggio 1945 da una incauta manovra di un abitante del luogo, intento a recuperare materiale bellico da rivendere. 01. Veduta del Lazzaretto allo stato attuale (Boccingher e Giudetti, 2018). 02. Anonimo, Rappresentazione del lazzaretto, stampa (?), Biblioteca Civica di Verona. 03. Destinazioni d’uso del Lazzaretto nel tempo (Boccinger e Giudetti, 2018). 02 Celebrazioni Sanmicheliane, Un luogo ostile per alcuni, il infatti, per volere dell’architetto Lazzaretto: lontano dal centro della Piero Gazzola, il “soprintendente città, fuori dall’abitato e circondato illuminato”, il tempietto centrale è un tempo da mura invalicabili, oggi stato ricostruito secondo la pratica da recinzioni con divieto di accesso. allora in voga del «com’era e dov’era». Un luogo amato da molti altri; basti Le fotografie storiche mostrano pensare all’interesse crescente di cittadini (e non solo) dagli anni Venti le fasi del restauro: la liberazione dalle superfici del Novecento fino ad oggi. « Non occorre cercare infestanti, la L’archivio della il mitico “strato” originale rimozione, identificazione e Soprintendenza dell’opera bensì guardare classificazione dei per i beni le forme in cui ci è blocchi marmorei, architettonici arrivato: la materia, la il rinforzo e paesaggistici di Verona con patina, i muri carichi delle della platea di il suo regesto lacerazioni delle guerre fondazione ed il ricollocamento di documenti e delle esplosioni » dei blocchi, la inerenti il ricostruzione Lazzaretto del tempietto fino all’imposta contiene numerose testimonianze, della cupola, compreso il tamburo lettere, articoli di giornale, in muratura e la cornice in pietra considerazioni, preventivi di spesa ad esso terminale. L’intervento ed informazioni sulle attività di di restauro per anastilosi che si è tutela che hanno interessato questo luogo nel tempo. È importante citare avvalso della ricomposizione di parti originali del Tempietto, ha il ruolo che ha avuto il restauro visto l’utilizzo di materiali non del 1960 sul futuro del complesso coerenti (come il cemento) con il monumentale. In occasione delle 03 61 ODEON 07 04 06 04. Lazzaretto di Verona, esterno, 1920 ca., Biblioteca Civica di Verona. 05. Tratti di mura dopo la pulizia e la messa in sicurezza da parte del FAI. 06. J. C. Volkammer, Lazzaretto, fotografia da stampa, 1714, Biblioteca Civica di Verona. 62 05 progetto originario, e l’aggiunta di nuovi elementi non distinguibili dall’originale. Altri interventi eseguiti dalla Soprintendenza di Verona risalgono al 1983 con un primo stralcio di lavori. Al 1988 risalgono indagini eseguite per studiare la natura ferrosa del terreno. L’area, infatti, era ancora disseminata di residuati bellici inesplosi. Proposte non realizzate si succedettero fino alla concessione in uso al Fondo Ambiente Italiano per diciotto anni a partire dal 2014. Sarà forse perché in Italia siamo spesso abituati a dichiarare l’emergenza e solo dopo a “curare”? Non sono solo Pompei e la Domus Aurea a cadere a pezzi. Anche il “nostro” lazzaretto rischia di diventare macerie col passare dei giorni, dei mesi, degli anni. Se le rovine segnalano un’assenza, al tempo stesso incarnano, anzi, sono una presenza vivida e reale. L’identità di questo luogo è ancora sepolta dalle macerie? Il mestiere dell’architetto, come ben sappiamo, è talvolta lento, fatto di pause e di interruzioni. Premessa fondamentale rispetto alle fasi di progettazione e realizzazione delle opere di restauro è costituita dalla ricerca storiografica che mostra l’evoluzione di questo luogo nei secoli. Scoperte risalenti a due anni fa hanno portato alla luce celle semiintegre, con parti di pavimentazione originale intatta e muri intonacati. Eppure più recenti articoli suonano così: “Mancano i soldi. Lavori fermi al Lazzaretto”, “Al Lazzaretto non si scava più”. E così, il Lazzaretto, di dubbia paternità sanmicheliana, rischia di cadere nuovamente nell’oblio per mancanza di fondi necessari per il proseguimento della bonifica bellica. Quali sono dunque oggi le prospettive del Lazzaretto? Il complesso monumentale veronese è inserito in un contesto naturalistico (Parco dell’Adige Sud) di primaria importanza, sospeso tra architettura, restauro ed archeologia. Quali sono i possibili scenari? Restauro? Conservazione? Consolidamento? Ricostruzione? Nuova costruzione? Studiandone la facies originaria, si accetta in partenza il concetto di autenticità diacronico, dove la verità storica è frutto della stratificazione secolare del manufatto architettonico. L’interpretazione, la comprensione del luogo e della sua storia, del senso profondo che questa architettura ha rivestito in passato e che potrebbe avere oggi, devono essere il primo passo verso la definizione del progetto di restauro. Se in passato, infatti, il termine restauro indicava le operazioni necessarie a riportare un’opera alle sue condizioni iniziali (qualora queste fossero state compromesse), oggi con tale termine si indicano tutte le tecniche idonee a garantire una maggiore durata nel tempo dell’opera. Il progetto di restauro offrirebbe un’unica strada: interventi puntuali di conservazione e consolidamento sul tempietto e sui tratti di mura, nel totale rispetto della preesistenza, ovvero il mantenimento dello status quo di 2019 #02 rudere. Impensabile sarebbe dunque la ricostruzione, anche solo parziale del complesso; si cadrebbe, così, in un restauro di fantasia che, secondo Cesare Brandi, pretende di riportare l’opera al momento stesso della sua creazione. Non occorre forse cercare il mitico “strato” originale dell’opera, bensì guardare le forme e le sagome in cui ci è arrivato: la materia, la patina, i muri privi di orpelli e carichi delle lacerazioni delle guerre e delle esplosioni. La loro fisicità, il loro spessore ci parlano del passaggio del tempo. Il tempietto centrale, per lo più intatto, meriterebbe probabilmente un trattamento diverso: un restauro conservativo, volto alla pulitura delle parti e materiali che lo compongono. Tutt’altro trattamento, invece, sarebbe da riservare alle mura perimetrali, ridotte allo stato di mero frammento; in questo caso si prevede un intervento di consolidamento con operazioni caratterizzate da «interventi minimamente invasivi e se possibile reversibili, capaci di frenare i processi di degradazione del materiale ed il dissesto delle strutture»2 . Nonostante la funzionalità perduta, il fine ultimo del Lazzaretto è la conservazione della sua valenza storica. L’integrazione senza che sia 117 ricostruzione è dunque ammessa. Che cosa succederebbe se a questo si affiancasse un nuovo luogo, una addizione architettonica? Tutti questi possibili scenari ovviamente sono portatori di emozioni e, di fronte ad un’amara nostalgia, crediamo che questo luogo così magico vada valorizzato e tutelato ad ogni costo. «Arriverà un giorno in cui per essere moderni sarà necessario guardare al nostro passato e alla nostra tradizione»– scriveva Alberto Savinio. Allora forse dovremmo avvicinarci, osservare, toccare, vivere luoghi come il Lazzaretto di Verona, impedire che questo si ri-sgretoli di nuovo. • 07. Prospetto nordovest delle mura con sezione prospettica del tempietto: analisi dei materiali e del degrado (Boccingher e Giudetti, 2018). 08. Il restauro per anastilosi del tempietto del 1959 (Archivio fotografico SABAP Verona). 09. Ipotesi di di progetto con museo lineare sullo sfondo (Boccingher e Giudetti, 2018). 08 * Il presente lavoro nasce a partire dalla tesi di laurea discussa presso l’Università IUAV di Venezia da Chiara Boccingher e Francesca Giudetti, Rovine in attesa: progetto contemporaneo e valorizzazione del Lazzaretto di Verona, relatore S. Di Resta, correlatori A. Dal Fabbro, P. Foraboschi, 2018. 1 Silvestri G., La distruzione del lazzaretto, in «Verona libera», n.74, 1945, conservata presso la Soprintendenza di Verona. 2 Marino L., Il restauro di siti archeologici e manufatti edili allo stato di rudere, in Ricerche: architettura, design, territorio, DIDA Università degli Studi di Firenze, febbraio 2019, p. 61. 09 63 Una esposizione racconta gli imponenti lavori infrastrutturali che mutarono radicalmente l’area di San Giorgio tra ponte Pietra e ponte Garibaldi a Verona Testo: Tomàs Bonazzo ODEON L ’Adige è lungo, davvero lungo. Gli idrografi, dopo averlo metrizzato, constatarono che era così lungo da essere secondo solo al fiume Po (in Italia). Dunque, se l’Adige è lungo, quant’è lungo un lung-Adige? Una risposta precisa, in un intervallo di spazio-tempo chiuso e limitato, viene divulgata ed esposta da un’associazione ben scorrevole sull’alveo dell’Adige: l’associazione Agile. Il suo racconto epico inizia col canto delle gesta di una commissione del Ministero dei Lavori Pubblici (liquidato durante il governo Berlusconi bis) che pianificò numerosi interventi per i fiumi veneti durante il governo Mussolini. Fu allora che re Priamo autorizzò che il cavallo superasse le mura austriache nel lontano 1935. Qui, tra ponte Pietra e ponte Garibaldi, si consumò dapprima la demolizione di tutte le case di via sant’Alessio e via Santo Stefano, e poi rinacque a Vita nuova il lungadige “del Littorio”. Non si trattò di un “ritocco” epidermico ma di un progetto giacobino la cui spesa raggiunse i 2.116.000 del vecchio conio (circa 2.268.897 € odierni). I lavori, assieme alle trasformazioni ubique di pochi anni prima nel quartiere di Borgo Trento e del ponte Garibaldi, regalarono al lungadige, oggi di “san Giorgio”, la sua geometria attuale: un piano inclinato con quadri prativi e cornici in pietra bianca, che arretra di alcuni metri per aerare una passeggiata siglante il sacro vincolo tra l’uomo e l’acqua. Con un balzo piucche-pindarico, dal contenuto al contenitore, la Mostra Lung-Adige venne allestita dal 21 gennaio al 9 marzo nei pubblici domini. Il contenitore del contenitore, infatti, è la ben nota Biblioteca civica, alma mater di iniziative culturali Lung-Agile 02 03 01. Panoramica sul lungadige “del Littorio”. 02-03. Planimetrie prima e dopo i lavori, rispettivamente 1907 e 1953. 04. I lavori in corso per la costruzione del nuovo lungadige. 05. Tavola di progetto del nuovo ponte Garibaldi, ing. arch. M. Dezzutti, 1932. 04 05 01 05 64 2019 #02 117 65 La tutela del paesaggio “Ci mette il becco LC” a proposito delle norme di salvaguardia del territorio: un obiettivo da perseguire grazie allo studio, alla sensibilità e alla consapevolezza del ruolo lungadige opere pubbliche nell’area di san giorgio tra ottocento e novecento Mostra a cura di: Angelo Bertolazzi, Michele De Mori Gruppo di lavoro: Marco Cofani, Silvia Dandria, Enrico Mischi, Johnny Nicolis e Davide Rizzi Progetto Grafico: Emilia Quattrina, Nicolò Tedeschi Un progetto di: Associazione AGILE Biblioteca Civica di Verona in collaborazione con: Archivio di Stato di Verona con il sostegno di: Fondazione Cariverona La Mostra è parte del progetto ARCOVER (Archivi del Costruito del Territorio Veronese in Rete), realizzato con il contributo di Fondazione Cariverona; il progetto è volto alla digitalizzazione, alla valorizzazione e alla condivisione del patrimonio archivistico della città, capace di raccontare le trasformazioni di Verona nel corso del Novecento. 06 dotate di “senno”. L’epifania del racconto epico Il filo rosso del continuum storico, senza alcun è impressa dalle fotografie eseguite dal Genio taglio e con intenti ginnici, collega il piano terra Civile tra le due guerre mondiali, conservate per al primo piano attraverso lo scalone in pietra. intenzioni retrospettive nell’Archivio di Stato L’epilogo istrionico viene rivelato nella sala stampe e in quello Generale di Verona; esse sono le vicino alla veronensia. E il corpo di Ettore ritorna al ambasciatrici bicolori di un’età chiusa, il cui effetto padre, a Priamo. traino stampa ancora i ricordi di abitanti e turisti Nella stanza, le fotografie sono ordinate del “presente”. simmetricamente ai lati mentre, sul fondo, L’allestimento, curato col sentire di un sarto, cuce l’altare accoglie il trittico della memoria: altre un fil rouge tra le nobili sale gigantografie su pannelli « il progetto è volto alla nella ricerca di un tesoro: raccontano i lavori digitalizzazione, alla lo scatto più notabile per conclusi, il rinnovato il fruitore incuriosito. lungadige “del Littorio”, valorizzazione e alla L’avvio dell’esperienza accompagnate da una condivisione del patrimonio taumaturgica si dirama al archivistico della città, capace coerente ed aggiornata piano terra tra l’accoglienza pianta in cui la lettura di raccontare le trasformazioni dell’alterazione urbana e la sala Nervi (nella di Verona nel corso sezione ragazzi), tra le aule risulta quasi cristallina. del Novecento » studio e le sale colonna e L’invito della mostra degli affreschi, trovando alla non dimenticanza una singolarità gravitazionale nella protomoteca: è ovviamente riduttivo; la potenza dell’idea infatti, qui, tre pannelli presentano “ricordi” espositiva potrebbe richiamare a ciò che Cas gigantografici di ancestrali cerimonie e protocolli Wouters definisce “terza natura”, ovverosia una edili, precedenti ai proverbiali lavori; esse sono la riflessione consapevole dello spettatore sulle scena di una pianta incorniciata di rosso che spiega tradizioni radicate in una società civilizzata -nella le configurazioni del luogo, nella distribuzione delle fattispecie tradizioni architetturali-, attraverso una sue strade e dei suoi monumenti, saltando dunque valutazione di quali aspetti culturali si è aderito, dal punto di vista alla visione globale, dall’uomo al quali serve aderire e quali sono sopravvissuti alla monte Olimpo; e lo spettatore è l’attore principale. propria utilità. • 66 2019 #02 Testo: Luciano Cenna M i domando perché, malgrado le leggi, le restrizioni burocratiche e le specifiche normative, del nostro straordinario territorio non siamo riusciti a salvarne se non brandelli. Eppure il percorso progettuale che gli architetti devono affrontare per qualunque progetto – ma non aggiungerei in qualunque Comune italiano – è veramente complesso e richiede una attenta applicazione, pazienza e tenacia. Ne sono prova i regolamenti edilizi comunali (specie quelli degli anni recenti) la cui comprensione sembra disseminata da ostacoli per la sottile mal celata volontà di farsi beffa degli architetti (?). E quando il linguaggio si presenta più comprensibile, sono le norme ad essere poco convincenti: la loro applicazione non appare pertinente, o è addirittura immotivata e sbagliata. Per meglio chiarire il mio pensiero ricorrerò ad un esempio che riguarda un Comune del Garda dove “l’urbanistica” ha messo sotto tutela una fascia pedecollinare totalmente edificata negli anni ‘60/’70. Si tratta di un territorio occupato da decine e decine casette di edilizia piccolo borghese a due piani, oggi del tutto inefficiente sotto il profilo abitativo e non rilevante sotto quello 117 ambientale. Qual è allora il significato di questa misura urbanistica, rigidamente normata dal PRG, se non quello di mantenere in essere, tutelandone la struttura complessiva, un ambiente urbano di scarsa rilevanza e qualità? La domanda potrebbe essere anche più esplicita: a quale scopo mantenere in essere una zona urbana di scarsa qualità proteggendola con la tutela paesaggistica? Forse per evitare che il libero esercizio del costruire, ancorché normato, possa rimodellare il sito sul quale, e solo in quella circostanza, si potrebbe apporre il vincolo di tutela paesaggistica? Se così fosse, si dovrebbe ritenere che al principio di tutto ci sia ancora una certa dose di pregiudizio sulle possibilità di migliorare l’ambiente da parte del costruire, o di pigrizia nello studiare un’articolata ed adeguata normativa che, facendo ricorso anche ad una certa complessità di regole, di incentivi e di oneri, si prefigga di migliorare l’ambiente edilizio accrescendone la vivibilità. Ciò significa che il vincolo ambientale si dovrebbe applicare a posteriori: quindi quando la zona, urbanisticamente recuperata, potrebbe essere giustamente tutelata. Cioè la tutela dovrebbe essere un obbiettivo. Infine come non pensare che all’urbanista non interessi tanto la qualità, difficile da ottenersi, quanto piuttosto l’ordine e la disciplina, attribuendo a questi mezzi valori un valore intero. Si può essere d’accordo che l’ordine è comunque un intento utile in mancanza di obbiettivi più alti, che in tanta parte del territorio italiano sono mancati, con i risultati che tutti possiamo vedere. Esempio calzante è il confronto tra un abitato medioevale e un quartiere di edilizia speculativa del dopoguerra: disordinato il primo, ma di alto valore intrinseco, ordinato il secondo, ma di scarso valore architettonico. Tuttavia restiamo ben lontani dal credere che ODEON 06. L’articolazione della mostra nella Protomoteca della Biblioteca Civica. la confusione ed il disordine edilizio bastino a produrre mezza bellezza (quella a cui mirano gli agglomerati urbani finto spontanei dei villaggivacanze o degli outlet): e fin qui si può concordare, ma proseguendo con l’osservazione del paesaggio italiano direi che, sotto il profilo della sua conservazione, non è stata per la sola avidità che l’abbiamo guastato, quanto per ignoranza di molti e incompetenza ed ingordigia di alcuni. Questa conclusione negativa non è necessariamente indice di pessimismo per il futuro se verranno meglio approfonditi, capiti e coltivati i legami storicoculturali tra le popolazioni e i luoghi dove la gente lavora e vive. Non per niente è diventato luogo comune parlare di “identità”. E quando si parla di identità non c’è dubbio che si è vicini ad un concetto di legame, di radici, di continuità che ci associa al contesto fornendoci il primo livello di rispetto del luogo. Il secondo livello lo si guadagna con l’educazione, l’istruzione, la conoscenza, lo studio e l’applicazione (con il secondo si può fare l’architetto). Per il terzo, si richiede, oltre lo studio, una particolare sensibilità e capacità di muoversi nelle grandi dimensioni fisiche e storiche: ci vuole la consapevolezza del ruolo. Occorre il terzo livello per fare l’urbanista. • 67 L’edilizia residenziale sociale nel territorio veronese: la complessità del quadro e le implicazioni a livello urbanistico, economico, sociale e giuridico Testo: Stefania Marini Foto: Michele Mascalzoni I 1 12 aprile 2019 alcuni dei principali player delle politiche abitative territoriali si sono riuniti presso il polo Santa Marta dell’Università degli Studi di Verona per un workshop che ha abbozzato un quadro fatto di tematiche, visioni ed esperienze legate all’edilizia residenziale sociale nel territorio veronese. Un quadro che si presenta sfocato per la mancanza di dati certi, non solo riguardo alla portata del disagio abitativo in cui molti cittadini veronesi riversano – aggravato certamente dalla crisi economica –, ma anche rispetto alle condizioni degli alloggi, siano essi di edilizia residenziale pubblica che privata. L’incontro è stata l’occasione per conoscere le prime riflessioni emerse dal progetto di ricerca che coinvolge il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’ateneo veronese e che è stato promosso dalla cooperativa sociale Sos Casa di Villafranca, che dagli anni Novanta, nell’ambito del movimento Emmaus, è impegnata ad offrire soluzioni abitative economicamente sostenibili e accompagnamento per l’inclusione sociale delle fasce deboli del mercato abitativo. La prospettiva giuridica introdotta dal professor Paolo Duret e approfondita dal ricercatore Paolo Saggiani si è focalizzata sul principio di sussidiarietà espresso nell’articolo 118 della Costituzione, il quale indica che le istituzioni pubbliche devono favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale: garantire un’offerta abitativa adeguata anche per le fasce deboli della popolazione rientra pertanto a pieno titolo in questo principio. Gli spunti di ricerca illustrati spaziano dal superamento degli attuali strumenti normativi con l’esplorazione delle 68 01 forme di innovazione istituzionale introdotte dai regolamenti di sussidiarietà e i patti di collaborazione per l’amministrazione condivisa di beni comuni, fino alla stipula di accordi tra proprietari immobiliari e amministrazioni comunali per ampliare l’offerta di alloggi a prezzi inferiori a quelli di mercato da destinare ad inquilini segnalati dai servizi sociali, fornendo di fatto soluzioni integrative rispetto all’offerta di edilizia residenziale pubblica, in una logica sinergica e sussidiaria. Dopo lo sguardo accademico, Reiana Doni dell’Ufficio Edilizia della Regione Veneto ha illustrato le modifiche introdotte dalla Legge regionale 39 del 2017, aprendo la prospettiva verso gli aspetti amministrativi dell’edilizia residenziale pubblica. La recente legge fa leva su alcune problematiche presenti nel sistema ERP, quali le scarse entrate di tali enti, lo scarso ricambio di inquilini, l’alto numero di alloggi inagibili e la mancanza di risorse finanziarie. La norma ha come principio guida l’equità, che deve essere in 2019 #02 117 01-02. Frammenti di un quartiere veronese di edilizia sociale. ODEON Nuove sinergie per il social housing grado di bilanciare il diritto all’abitazione con la necessità di gestione e rinnovo del patrimonio di edilizia residenziale pubblica. Le modifiche più rilevanti sono l’introduzione della locazione a termine, che risponde alle esigenze di garantire il rinnovo degli assegnatari; l’accesso alle graduatorie e i criteri di determinazione dei canoni per favorire chi è in condizioni di maggior disagio, secondo Isee e indicatori di consumo della famiglia; e infine l’elevazione del canone minimo. A seguire, Claudio Stasio – ufficiale giudiziario del Tribunale di Verona – ha descritto alcuni aspetti legati ai provvedimenti di rilascio degli immobili, i procedimenti di sfratto per morosità e per pignoramento per mancato pagamento del mutuo, da cui sono emersi il trend crescente a seguito della crisi economica e la drammaticità della portata del fenomeno in cui la situazione veronese risulta la peggiore del Veneto. Dopo gli interventi tematici, le rappresentanze dei sindacati degli inquilini Sunia e Sicet e il rappresentante di Confedilizia si sono confrontati portando le rispettive visioni e azioni, che nel complesso risultano ancora troppo divergenti e poco incisive rispetto le necessità territoriali. L’incontro è proseguito con la presentazione di alcune buone pratiche collaborative che favoriscono l’accesso all’alloggio a prezzi economicamente sostenibili anche per fasce deboli della popolazione, lanciando nuovi stimoli per innovare i servizi abitativi. Tra queste, l’esperienza del comune di San Bonifacio narrata da Paola Ballini – responsabile dei Servizi Sociali – risulta emblematica ed offre la visione di un’amministrazione attenta a fornire politiche abitative attive. In conseguenza alla crisi economica, il livello di emergenza abitativa a San Bonifacio si è fortemente innalzato, anche per il fatto che il comune possiede un’alta percentuale di cittadini stranieri e tale segmento di popolazione è il più esposto alle problematiche abitative. In modo virtuoso, dopo aver letto i bisogni del territorio, l’amministrazione ha saputo dotarsi di soluzioni creative, accompagnate anche da risorse finanziarie, per far fronte ai problemi. Diversi i progetti e gli strumenti avviati: la modifica delle graduatorie di accesso agli alloggi comunali con 02 un adeguamento dei requisiti di accesso agli alloggi basati sul principio di equità; il progetto Abitare Sociale in collaborazione con un ente del terzo settore e una parrocchia per aumentare il numero di alloggi destinati all’emergenza abitativa; l’apertura di uno sportello A.I.S.A. per fornire servizi di intermediazione immobiliare in collaborazione con la cooperativa Energie Sociali; le esperienze di “co-housing sociale” tra sfrattati e proprietari disponibili alla co-abitazione, che ,con il supporto dei servizi sociali, hanno saputo creare nuove relazioni sociali e stimolare un welfare di tipo generativo. Infine il presidente della cooperativa sociale Sos Casa Renato Ferraro ha illustrato le potenzialità del terzo settore in campo abitativo, senza tralasciare le difficoltà di collaborare con le amministrazioni e l’importanza di fare rete tra organizzazioni per incidere sulle politiche e moltiplicare le soluzioni per contenere le diverse componenti del disagio abitativo. L’esperienza di recupero e gestione di cinque alloggi di edilizia residenziale pubblica di ATER a Villafranca attuata dalla cooperativa è rappresentativa dell’impegno a promuovere il diritto alla casa, operando secondo il principio di sussidiarietà per favorire l’interesse pubblico, affiancando e stimolando ATER ad agire. In questo senso l’azione della cooperativa interviene su più livelli tra questi: la rigenerazione di beni comuni, ossia il recupero di alloggi di edilizia residenziale pubblica ad oggi dismessi perché inagibili; la possibilità di garantire l’accesso all’alloggio a prezzi sostenibili ad almeno cinque nuclei familiari; l’accompagnamento sociale di tali nuclei per una migliore qualità dell’abitare. La complessità del quadro tracciato pone l’accento sull’esigenza di adottare un approccio multidisciplinare al tema, in quanto i fenomeni legati al disagio abitativo e le politiche abitative che si possono attivare hanno implicazioni a livello di urbanistico, economico, sociale oltre che sul piano giuridico. Fondamentale inoltre è l’approccio multistakeholder per la costruzione di servizi abitativi efficaci capaci di strutturare nuove forme di governance coinvolgendo istituzioni pubbliche, enti del terzo settore, abitanti e anche attori privati. • 69 I SEPOLCRI Il riordino e la digitalizzazione di una importante raccolta di mappe e vedute della città è l’esito di un lavoro di ricerca promosso dall’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona Testo: Federica Guerra N V Nessuno sfarzo, nessuno sfoggio monumentale, nessuna valenza commemorativa accompagna la modesta sepoltura di Vittorio Filippini (1914-1974): un semplice loculo perso nei meandri dei sotterranei del Monumentale. Ma dalle testimonianze di chi lo ha conosciuto, pare che proprio questa fosse la cifra di un personaggio che, pur molto attivo nella Verona del primo dopoguerra, mal si adattava alla ribalta della cronaca. Laureato in Architettura a Venezia nel ’42, entra da subito nella cerchia degli allievi di Ettore Fagiuoli, e con lui collabora agli allestimenti scenici per l’Arena dal 1936 fino agli anni Cinquanta. E intesse col Maestro un legame profondamente umano oltre che professionale, testimoniato dal commosso ricordo che scrive in occasione della sua morte per il giornale «L’Arena». Ma fu soprattutto un attento studioso di storia urbana, specialista in topografia antica, ricercatore di storia medievale e scrupoloso conoscitore del tessuto edilizio cittadino. A queste passioni fanno seguito i numerosi articoli sul periodico «Vita Veronese» (L’edicola di C. Attisio, 1954; Di alcune divagazioni intorno a Ponte Pietra, 1956; Il Campidoglio di Verona, 1957; Verona: il nucleo storico, 1962 e molti altri). Questi interessi personali, accompagnati da una notevole perizia nel disegno, gli valsero l’attenzione del Soprintendente Gazzola, che lo incaricò di numerosi restauri di edifici storici di Verona e provincia danneggiati dalla guerra: per citarne solo alcuni, ricordiamo il Palazzo dei Diamanti, il Municipio, il Museo Maffeiano, la chiesa inferiore di San Fermo, le chiese di San Procolo e San Bernardino e il campanile di Grezzana, incarichi tutti svolti “con cosciente rispetto dell’architettura del passato”, come ebbe a dire • 2019 #02 F i l i p p i n i Testo: Federica Guerra el mese di maggio l’Accademia di Agricoltura Science e Lettere ha ospitato l’interessante mostra “VeDI – Verona Documenting Images” sulla digitalizzazione, riordino e valorizzazione delle stampe che ritraggono Verona e il suo territorio attraverso le vedute e la cartografia tra il Settecento e l’Ottocento appartenenti al Fondo Carlotti. Va alle giovani curatrici, Camilla Bertani e Chiara Contri, e al sostegno della Fondazione Cariverona, il merito del difficile lavoro di catalogazione di un patrimonio imponente (4400 unità librarie e 1500 incisioni di grande pregio), appartenuto al marchese Felice Carlotti di Riparbella, già Accademico e bibliofilo dilettante che setacciò per circa cinquant’anni il mercato librario europeo, alla ricerca di edizioni veronesi e di incisioni relative alla città e al territorio scaligero. Durante i suoi numerosi viaggi 01 egli acquistò monografie, opuscoli, estratti e stampe che lentamente andarono a formare quella ricca attento dello studioso appare una città inedita, che a metà Seicento, a metà Settecento e in epoca collezione che trovò prima spazio nel suo palazzo di al di là dei monumenti storici permette di cogliere austriaca, dove oltre all’evoluzione del paesaggio Padova e venne poi donata all’Accademia nel 1990. brani di città ancora integri dalle trasformazioni agrario è perfettamente leggibile l’evoluzione Da allora le stampe giacevano in precario stato 27. di più recenti. Si va da una Piazza Bra precedente alle delle tecniche di rilevazione e rappresentazione conservazione presso gli archivi, non consultabili demolizioni ottocentesche, a un Corso Porta Nuova topografica oltre alle tecniche di riproduzione, Verona at sundiverso rise dalla configurazione attuale, da un e a rischio di deterioramento. Vista la delicatezza assai dall’acquaforte acquarellata fino alla litografia. 1850 circa (1850 manoscritto a lapis in acalce). del supporto cartaceo, le curatrici hanno ritenuto teatro Filarmonico settecentesco una carrellata L’opera di riordino della collezione è solo all’inizio, Tecnica dei mista a colori, foglio 142x214 mma riconoscere, (montata su cartoncino: 276x380 mm) indispensabile, per offrirle alla consultazione degli ponti che ormai facciamo fatica ma speriamo che le istituzioni confermino Note: Titolo manoscritto in calce. – Sotto il disegno a sinistra: Prout e a destra iniziali J.W. - Copia da una studiosi, non solo riordinarle e classificarle, ma veduta disegnata dagli scorcida di una Verona sconosciuta alla veduta l’interesse per quest’operazione di alto valore Samuel Prout tratta dalla serie dei volumi The landscape annual pubblicati a Londra dal soprattutto digitalizzarle e renderle fruibili, oltre del Giardino Giusti come “orto delle meraviglie”. Si culturale. 1830 al 1834. che nelle sale dell’Accademia, anche on line. Il coglie, osservando la provenienza non solo italiana Biblioteca dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona, Fondo Carlotti, 10/29 lavoro ha restituito un primo corpo di stampe diVerona,ma da tutta Europa dei disegnatori e degli incisori, 40 esemplari di importante valenza antiquaria: di un interesse per la città che ha rappresentato per Bibliografia: confronta: C. SINISTRI-C. PERINI, Verona nelle antiche stampe: catalogo delle stampe della città norma, ciascun pezzo riporta incollato il ritagliodalla fine secoli un esempio “città suoun perfetto del sec. 15. alladi fine delideale”, sec. 19.nel Con saggio introduttivo di G.P. Marchini, Verona, Libreria antiquadel catalogo ove esso venne acquistato; ciò significa connubio di memorie medievali e rovine romane, ria Perini, 1978, p. 174 (286). che è possibile disporre di una serie di notizie molto soprattutto nella ricca sezione ottocentesca, dove 01. Verona at sun rise, 1850 circa. preziose, quali la descrizione e la storia del pezzo, Verona diviene la città romantica per eccellenza. Verona, Biblioteca dell’Accademia il valore commerciale stimato, il prezzo effettivo Interessantissime infine le prime tre mappe di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona, Fondo Carlotti, 10/29. d’acquisto e il mediatore dell’affare. All’occhio digitalizzate che ritraggono il territorio veronese 70 i t t o r i o ODEON VeDI VeDI VeDI Vedi Verona in digitale 117 Gazzola stesso. Svolse anche attività di libero professionista realizzando alcune residenze private in città oltre al restauro di edifici importanti, come casa Onestinghel in piazza Bra e Casa Armellini in piazza Arsenale. Ma la vicenda che lo fece conoscere al vasto pubblico fu quella legata alla ricostruzione del Teatro Filarmonico. Filippini partecipò con Fagiuoli al concorso indetto dall’Accademia Filarmonica subito dopo la guerra, con un progetto dal motto erudito di “Euterpe”, che suscitò polemiche tra i concorrenti e i membri della giuria: si diffuse l’accusa a carico dei due partecipanti di aver mostrato in anteprima il loro progetto ai membri dell’Accademia e alle autorità cittadine, contravvenendo agli obblighi di anonimato del Bando. A seguito di questa vicenda il loro progetto venne escluso dalla seconda fase del Concorso, e Filippini parve uscire di scena dalla vicenda. Tuttavia gli Accademici, dopo una lunga trafila burocratica che si risolverà in una vertenza legale con i vincitori Scalpelli, Sciascia e Ferrante, decisero di negare l’esito del concorso e di ripescare il progetto Filippini come il più adatto ad una ricostruzione dov’era e com’era gradita alla maggioranza degli Accademici. Filippini stilò nel ‘56 solo un progetto di massima, poi portato a termine dall’ing. Ugo Lado per la parte strutturale e per la decorazione dall’ing. Vittorio Jacobacci in collaborazione con lo storico dell’arte Renato Cevese. Già a fine anni ’60, infatti, Filippini si era ritirato dalla vita professionale, morendo nel ’74 dopo una lunga malattia. In soli vent’anni di attività professionale ci lascia testimonianza di una carriera attiva nel recupero e nella salvaguardia del patrimonio storico della città che tanto profondamente aveva conosciuto. • 71 La piega e il metallo Enrico Girotti, designer veronese, e la sua grande passione per il filo metallico con il quale intesse oggetti fluidi ed eleganti caratterizzati dal tratto grafico il più possibile continuo Testo: Laura De Stefano 01. Ritratto di Enrico Girotti. 02. Quadro sinottico al tratto di alcune sedute ed elementi di arredo realizzati in filo metallico. 03. Biocamino Wild, Monadi (2013). www.enricogirotti.com 01 02 03 72 “Il materiale è l’elemento più importante di ogni progetto. Tu lo tratti bene e lui, in qualche modo, ricambierà il tuo affetto”. Per parlare di Enrico Girotti mi piace partire da questa frase di Piet Hein Eek, designer olandese uscito dall’Accademia di Design di Eindhoven nel 1990, che in poco tempo è passato dall’autoproduzione dei suoi pezzi a possedere una factory di 100mila metri quadrati con 90 dipendenti a Eindhoven, dove convivono l’ideazione, la realizzazione e l’esposizione di un progetto. Anche Girotti è un designer veronese che ha fatto della parola maker la propria caratteristica distintiva. Laureato in Disegno Industriale presso lo IUAV di Venezia, nelle sue realizzazioni ha instaurato un forte legame tra il processo creativo e quello produttivo, miscelando formazione tecnica e personale ricerca espressiva. Freelance dal 2002, collabora con importanti aziende e disegna prodotti utilizzando diverse tecnologie. Conosce e sperimenta lavorazioni su materiali che vanno dall’imbottito al legno e al metallo, suo grande amore, ricercando un continuo scambio e condivisione tecnica e comunicativa tra l’ambito dell’arredamento “morbido” e dell’arredamento “duro”. Ciò che contraddistingue il suo lavoro è lo stretto legame tra creazione e produzione di un oggetto, all’interno di un processo realizzativo unitario. Se le conoscenze di materiale e le tecniche che si possono sfruttare aumentano, crescono anche le possibili combinazioni creative. Co-founder di Monadi assieme all’architetto Elia Perbellini, ha realizzato allestimenti in ambito retail, allestendo vere e proprie scenografie che culminano a Pitti Uomo con l’installazione “Maker” costruita completamente in filo metallico piegato, soluzione che esalta l’esilità del metallo mantenendone la sua funzione strutturale. Da questa sperimentazione, con l’intento di dare piena espressione alle sue idee, nasce l’ispirazione per lapiegaWD, il brand personale fondato nel 2017, che rappresenta la sintesi della ricerca di tutti gli anni di formazione e collaborazione con le varie aziende. Enrico Girotti gestisce tutto il processo di creazione di un oggetto, dal primissimo pensiero creativo alla piegatura finale del ferro: utilizza il metallo come fosse un materiale flessibile, creando oggetti fluidi ed eleganti caratterizzati dal tratto grafico il più possibile continuo, come quello di una matita che definisce il bordo tra ciò che è vuoto e ciò che è pieno. Il pensiero allora ritorna all’Olanda, con la speranza che anche da noi possano sorgere e crescere factory dove le idee, i materiali, le tecnologie e l’esposizione trovino luogo. Se là funziona, perché non potrebbe funzionare anche da noi? MAke NUBOLI Pitti Uomo Artemide 2014 2015 ll design di Make nasce scomponendo lo spazio in esili elementi sempre più picco- Lampada a sospensione progettata con Guido Matta in polietilene opale stampato li, che nella loro unione creano strutture, contenitori e ambienti espositivi arricchiti con tecnica rotazionale. È un oggetto luminoso al cui interno c’è una sorgente lu- da giochi di sovrapposizioni, trasparenze e contrapposizioni di volumi. L’elegante minosa circolare, che deriva dalla ricerca di trattare la luce emessa quasi fosse un minimalismo dell’installazione evidenzia le diverse collezioni, evocando il principio campo magnetico che, grazie alla disposizione delle ipotetiche spire magnetiche, dell’artigianalità contemporanea. Progettato assieme all’architetto Elia Perbellini possa creare centralità. ODEON #DESIGN_VR: su commissione di Pitti Uomo per i “Nuovi Maker “ • 2019 #02 117 73 74 CERTOSA ARMONIC Twils lapiegaWD Produzione limitata Enrico Girotti 2015 2017 2017 Il giroletto sottilissimo enfatizza la leggerezza di Calvin, ulteriormente accentuata Certosa e Certosina rappresentano l’elogio di un archetipo di seduta nordica in Linea di tavolini dal piano vibrante, caratterizzato da una gamma di suoni che appar- dalla decisa svasatura delle snelle gambe in legno. Il risultato è una silhouette ag- legno realizzata invece in filo di metallo che, in un gioco sinuoso, forma la struttura tiene alla trama geometrica dei tagli. Un tracciato visibile fissa i passaggi dall’interno graziata, estremamente lineare e contemporanea, piacevole da qualunque punto e lo schienale piegato con molta attenzione per renderlo confortevole. Le gambe verso l’esterno, da un centro in divenire a una forma che le contiene e viceversa. d’osservazione la si guardi, ideale per il free standing. sagomate in una sezione trapezoidale creano un design articolato, slanciando la L’acciaio tagliato a laser è dello stesso seduta. Per esterni è prevista con seduta in metallo perforato. tipo con cui vengono creati i diapason. 2019 #02 ODEON CALVIN COSETTE AMARONE lapiegaWD lapiegaWD 2018 2018 Sono tre le geometrie ideali, il cerchio, il raggio e la linea che materializzate nel filo Seduta che nasce progettualmente dall’incontro di due sole superfici contrappo- metallico giocano a creare forme che determinano vuoti e pieni, in una composi- ste, tratteggiate da una sequenza di fili metallici sagomati che ne rivelano la ge- zione geometrica inaspettata. L’esilità del filo metallico è in un rapporto apparen- nesi geometrica. Tutti gli elementi che compongono Amarone sono attentamente temente incompatibile con la forza e la saldati utilizzando tecniche artigianali durezza del metallo. di qualità. 117 75 Architetti veronesi raccontano la loro esperienza professionale “fuori dalle mura” Da Stoccolma a Porto passando per Barcellona e Reykjavik 76 01 Testo: Irene Antolini Cura: Stefania Marini Irene Antolini, architetto veronese, dal 2004 opera all’estero. Le abbiamo chiesto di raccontare il suo percorso professionale che l’ha portata a radicarsi in Portogallo mettendo alla prova la sua capacità di adattamento nel contesto internazionale e avendo l’opportunità di valorizzare la propria creatività in diversi campi della progettazione, dal restauro architettonico all’interior design, specializzandosi infine nel lighting design. (S.M.) Ai tempi dell’università (IUAV di Venezia) guardavamo con ammirazione le opere di architetti stranieri pubblicate nelle pagine patinate di «Casabella» o di altre riviste. L’architettura iberica di Souto de Moura, Alvaro Siza e Carlos Ferrater, tra gli altri, sortiva in noi studenti quel fascino del minimalismo dai volumi puri, bianchi, immacolati. Il messaggio che ci veniva trasmesso relativamente al panorama architettonico Italiano, anche dagli stessi docenti, era di una certa disillusione. Si pensava che all’estero, sì, era possibile fare “Architettura” con la A maiuscola mentre in Italia, a causa della speculazione e di un ambiente politicamente corrotto, la legislazione e la burocrazia avevano avuto il sopravvento sulla qualità architettonica. Il progetto Erasmus a Stoccolma, culminato con la mia tesi di laurea sul recupero di un’area ex industriale dismessa nella periferia di 2019 #02 Stoccolma, è stato il primo vero ponte con una realtà architettonica straniera. Questa esperienza ha instillato in me la curiosità per le differenze culturali in un contesto globalizzato, per come esse influiscano sullo sviluppo della pratica architettonica. È stato così che ha avuto inizio il mio percorso nomade attraverso paesi europei che in seguito sarebbero stati colpiti dalla crisi economica: la Spagna, l’Islanda e il Portogallo. L’avvio del percorso è avvenuto a Barcellona con un anno di tirocinio presso lo studio di Carlos Ferrater: era il 2004, e la città catalana viveva ancora un momento di auge architettonica. Ferrater era considerato una archistar e il suo studio attraeva un grande numero di neolaureati da tutto il mondo, desiderosi di mettere in pratica e di condividere tutta la loro conoscenza e inventiva. Un ambiente quindi molto fertile e ottimale per l’apprendimento dal punto di vista creativo e tecnico. Presto però capii che Barcellona sarebbe stata per me, come per moltissimi altri giovani, solamente una città di passaggio. Era un ambiente frenetico e molto stimolante, ma il cosmopolitismo non era profondo: avevo la sensazione che non ci fosse la volontà di integrare gli stranieri, bensì di utilizzarli intelligentemente. Dalla Spagna la mia migrazione è proseguita verso il Portogallo, stabilendomi nella città di Porto nel 2006. All’epoca il Portogallo era poco globalizzato: non era ancora avvenuta la gentrificazione dei centri storici, nelle città era ancora diffuso il piccolo commercio tradizionale e si respirava quell’atmosfera del tutto locale che rende i luoghi interessanti e attraenti. Ciononostante, a causa di leggi sugli affitti risalenti all’epoca della dittatura e ancora congelate, i centri urbani avevano un aspetto fatiscente: erano luoghi abbandonati, non ancora presi di mira dagli investitori immobiliari né tanto meno dalla speculazione, e vi abitavano le classi sociali meno abbienti. In quelle circostanze capii che il settore del recupero e della riabilitazione in Portogallo sarebbero stati il futuro. Cominciai ad interessarmi a questo settore e a dedicarmici assieme all’architetto Alexandre Ferreira come 117 02 01. Ritratto di Irene Antolini; a destra pianta di progetto di recupero di villa rurale nel nord del Portogallo (2018). 02. Progetto di concorso (primo classificato) per la riconversione di un isolato nel centro di Reykjavik, Islanda (2007). 03. Recupero di un’abitazione unifamiliare nel centro storico di Porto (2015). 04. Casa privata a Porto: realizzazione di pezzi unici di arredo (2016). 03 04 77 05-08. Progetto di ristrutturazione di un edificio degli anni Trenta a Porto da riconvertire in abitazione ed uffici a Porto. In fase di realizzazione (2019). socio: cercavano attivamente investitori interessati e presentavamo loro progetti di investimento. Ma era ancora troppo presto, il momento del boom del recupero sarebbe ancora tardato ad arrivare. Inaspettatamente mi si presentò un’opportunità lavorativa in Islanda: fui invitata a partecipare assieme ad uno studio islandese ad un concorso per la riconversione di un intero isolato nel centro di Reykjavik. Era il progetto di un complesso multifunzionale con galleria commerciale, sala per spettacoli, art point, abitazioni, uffici, parcheggio sotterraneo e hotel con 110 camere. Mi trasferii in Islanda per tre mesi per lavorare a questo concorso, e il risultato arrivò: il nostro progetto si classificò al primo posto. Purtroppo però, per cambiamenti che sopraggiunsero nella amministrazione politica di Reykjavik, il progetto non fu mai costruito. L’Islanda viveva ancora un periodo di entusiasmo finanziario, il costo della vita era alle stelle e c’erano parecchie opportunità per un paese di dimensioni così ridotte. Ritornai così a vivere in Portogallo ma continuai a lavorare per clienti islandesi fino a quando, un bel giorno dell’anno 05 06 08 78 06 « Oggi mi divido tra l’attivitá del lighting design e il recupero architettonico, settore che negli ultimi cinque anni sta vivendo un vero e proprio boom in Portogallo » 2008, mentre stavo lavorando al progetto esecutivo per una sede della banca islandese Landsbankinn, ricevetti la telefonata dei clienti che mi invitarono a chiudere ed archiviare quel lavoro perché la banca era ufficialmente fallita. Il 2008 fu l’anno che segnò l’inizio della crisi economica che colpì in modo trasversale tutti i paesi europei, e non solo. In quell’occasione trovai opportunità e interesse per un mercato di nicchia nell’ambito del design, che si trasformò in seguito nella mia attività principale: il lighting design legato a eventi temporanei e festivi. Un settore che ha le sue origini nel mondo artigianale, del tutto locale, delle luminarie. In Portogallo, così come nel sud 2019 #02 09-12. Disegni di progetto e immagini del recupero di una villa rurale nel nord del Portogallo (2018). 10 09 Italia, c’è sempre stata una fortissima tradizione di feste popolari. São João a Porto e Santo António a Lisbona sono i patroni delle due principali città portoghesi. La festa religiosa diviene un pretesto per festeggiamenti molto sentiti, dal carattere del tutto profano, partecipati da popolazione di tutte le fasce d’età e di ogni classe sociale. Durante questi periodi si vive ancora un’esperienza dal sapore autentico, in cui domina il carattere della tradizione locale portoghese e passa in secondo piano la recente faccia globalizzata e gourmet delle città. In Portogallo esistono aziende che fino a qualche decennio fa si sono occupate esclusivamente di luminarie per le feste popolari, e hanno sviluppato l’arte del costruire delle vere e proprie architetture di luce. Sono piccole e medie imprese che custodiscono il segreto del “saper fare” manuale, che lavoravano originariamente con strutture in legno, poi sostituito dal metallo, con lampade a incandescenza – dismesse poi a favore dei LED – e con materiali vari che potenziano gli effetti di riflessione o diffusione della luce. Negli ultimi decenni alcune di queste realtà aziendali hanno saputo adattarsi a nuove esigenze del mercato, 117 12 11 79 13 13-14. Mondo Verde e Albero di Natale di triangolazioni, sculture di luce visitabili realizzate per le festività di fine anno a Parigi, La Défense (2018). 15. Code di Pavone, realizzazione di un intervento di illuminazione di fine anno per Bond Street, Londra (2014). 14 80 orientando la loro attività verso settori analoghi, come ad esempio la realizzazione di installazioni effimere e temporanee per festival di lighting design nazionali e internazionali. Una buona parte del mio lavoro oggi consiste nell’ideazione e progettazione di installazioni luminose per una di queste imprese (Castros Iluminações Festivas). La maggior parte dei progetti per tale azienda sono stati sviluppati per essere installati in ambienti outdoor e a scala urbana, e sono stati realizzati in luoghi geografici diversi, non solo in Europa ma anche in Medio Oriente e in Africa. In Europa hanno coinvolto rinomate strade di importanti città come Oxford Street e Bond Street a Londra, la Défense a Parigi, Promenade du Paillon a Nizza, Corso Como a Milano; a Dubai e in altri Emirati Arabi le installazioni luminose sono state allestite per la partecipazione a numerosi festival; in città africane dell’Angola, Costa d’Avorio, Gabon e Mali sono stati illuminati a festa interi quartieri e edifici emblematici. É interessante notare il carattere doppiamente effimero dei manufatti che nascono da questo settore del design. Effimero in quanto si tratta di strutture e installazioni provvisorie, ma anche per il fatto che questi prodotti si basano sulla luce, elemento del tutto impalpabile e fugace. Se ci chiediamo quale sia il motivo del successo a scala mondiale di questa nostra attività, credo che la risposta risieda in un duplice motivo: in parte negli effetti commerciali della globalizzazione, per cui un prodotto che ha successo a Londra o a Parigi rapidamente viene richiesto e acquistato in svariati luoghi 16 del mondo. Ma in parte anche in una ragione sociologica più profonda, cioè la trasversalità della socialità intrinseca dell’Essere Umano e la necessità di appartenenza al gruppo, che fanno sì che il commemorare eventi e date socialmente marcanti con festeggiamenti collettivi, siano esigenze comuni a paesi così distanti e così diversi culturalmente ed economicamente. 17 15 2019 #02 Oggi mi divido tra l’attività del lighting design e il recupero architettonico, settore che negli ultimi cinque anni sta vivendo un vero e proprio boom in Portogallo. • 16. Canneto di luce, illuminazione permanente nella downtown di Dubai (2012). 17. Nuvole di luce, intervento di illuminazione concepito per Corso Como a Milano. Progetto vincitore del concorso di lighting design LED Festival (2010). 18. Castello fiabesco, architettura di luce realizzata a Nizza in omaggio al castello di Neuschwanstein in Germania (2015). 18 117 81 {DiverseArchitetture} MOTORI A TUTTA BIRRA Un’officina a Castelnuovo del Garda e motociclette storiche da personalizzare per appassionati di Café racer, sono gli elementi con cui nel 2015 Luca Danese dà origine all’avventura di Apache Custom Motorcycles. La trasformazione del brand in una vera e propria attività imprenditoriale ha reso necessaria la ricerca di un luogo iconico per lo sviluppo Un contenitore multifunzionale riunisce attività che nascono dalle passioni imprenditoriali dei soci attorno agli innesti architettonici di Nico Sandri che hanno rimesso in moto gli spazi delle attività. Da ottobre 2018, la svolta con un nuovo spazio che è officina, showroom e quartier generale e l’ingresso di due nuovi soci, Carlo Battaglino e Mark Hartmann. Apache Custom Motorcycles “abita” il primo piano interrato del complesso di Largo del Perlar 22, posizione toponomastica che sintetizzata nella sigla LP 22 dà il nome ai Testo: Luisella Zeri nuovi locali. L’accesso avviene in realtà dalla secondaria via del Perlar tramite una ripida rampa di garage e un ampio portone scorrevole in metallo dove una maniglia rossa cattura lo sguardo ed invita ad entrare. Lo spazio che oggi accoglie 02 03 l’attività di Danese e soci non è nuovo all’eco di motori roboanti: al piano terra trovava posto fino a quindici anni fa una concessionaria di auto di lusso, che nei locali al piano primo interrato svolgeva attività di officina correlate alle operazioni Nome lp22 - apache custom motorcycles di pre e post-vendita. Inizialmente l’aspetto del locale era quello di un ambiente vuoto, spartano e meramente Luogo via del perlar - verona Attività Officina, showroom, customizzazione moto d’epoca Contatto www.apachecustoms.it funzionale a cui si aggiungevano consistenti problemi tecnologici dovuti ai tanti anni di chiusura. Nonostante inizialmente lo spazio dovesse rimanere fortemente legato a quella che era sempre stata la sua funzione, l’ampia disponibilità sfera di prodotti rendendo sempre più urgente carte in tavola, anche perché all’attività sviluppare. Ecco quindi che l’interrato di di metri quadri ha ben presto rovesciato le di customizzazione si stava lentamente affiancando una piccola produzione di magliette stampate e birre artigianali. Il marchio stava sostanzialmente ampliando la propria 01 82 2019 #02 05 04 117 la necessità di uno spazio dove poterli Largo del Perlar diventa un vero e proprio vuoto da cui partire per la ricerca di una nuova identità visiva. Il progetto dello spazio, a firma 01. Il varco separato da bandelle di plastica divide la zona del lavaggio moto. 02, 05. Grazie alla sua flessibilità lo spazio può accogliere diversi eventi. 03. Particolare della lama di acciaio a pavimento. 04. Il grande blocco lapideo nell’area cucina. 83 {DiverseArchitetture} dell’architetto Nico Sandri – alcuni suoi lavori sono stati pubblicati su «AV» nei numeri 106 (pp. 16-23) e 114 (p. 107) – è uno spartitraffico o la segnaletica di una uno spazio iconico e rappresentativo un’officina, che si scorge attraverso grandi aperture dalla forma irregolare, e ancora una sala riunioni, uffici, una sala pose e poi all’improvviso una cucina. E se già una certa promiscuità di funzioni stride con l’idea tutta olio e grasso di uno spazio dove i motori sono di casa, una domanda sorge spontanea: perché una cucina? Che poi, chiamarla in questo modo forse è approssimativo, perché appena ci si imbatte nello spazio destinato a questa funzione, la prima cosa che si nota è un grande tavolo di marmo bianco, una sorta di “scultura funzionale” realizzata da un’azienda veronese che opera nel settore della lavorazione della pietra per il design e l’architettura. La cucina diventa così il nodo attorno al quale si declinano le varie attività. Lo spazio è flessibile, soprattutto l’ampio corridoio centrale che può accogliere veicoli in esposizione e contemporaneamente eventi delle più disparate tipologie. Il tema della strada, del motore, dei chilometri macinati rimane sotteso in ogni ambiente anche se aprendo una o l’altra porta cambiano gli scenari. La sala riunioni è dominata da un gigantesco tavolo rotondo in marmo bianco. In parallelo, l’ambiente di lavaggio delle moto è caratterizzato da un varco industriale in strisce in plastica trasparente, mentre i bagni danno l’impressione di essere improvvisamente catapultati in un autogrill, con lo spazio dominato da lavabi 07 84 LP 22, da un enorme salone vuoto diventa così, con pochi tocchi secchi, essenziali e un carreggiata stradale. Poi troviamo ovviamente 08 fa certo dimenticare dove ha origine tutto. dominato da una lama di acciaio a pavimento che attraversa il vano centrale, evocando 06 uno sfondo giallo-stazione di servizio che non comuni, specchi a tutta parete e 2019 #02 minimo catalogo di materiali da costruzione, fortemente legato al mondo dei motori ma aperto a chiunque riesca a sposare il pensiero di chi lo ha fondato. La tensione fra l’aspetto industriale dell’officina e quello ricercato dell’abitazione è in continua alternanza. Se il blu profondo della sala riunioni ricorda una grotta, le vetrate a soffitto che portano luce nell’interrato sono state scelte fra quelle che generalmente vengono posizionate nelle abitazioni. 09 10 Il pavimento in resina, che è servito per livellare i dissesti preesistenti, si contrappone al ripulisti impiantistico del soffitto. Se cerchiamo giubbotti in pelle e tatuaggi che occhieggiano da gilet sfrangiati, rimaniamo delusi, perché nonostante il brand inizialmente si sia rivolto a un generico pubblico interessato a customizzare la propria moto, nel tempo l’immagine del cliente ideale si è sempre più delineata in un appassionato che ama i motori ma li interpreta come elementi 11 di design che potenzialmente potrebbero completare l’arredo del proprio salotto. Apache Custom Motorcycles continua a perfezionare l’idea del proprio progetto di marketing. La customizzazione delle moto è diventata anche quella di altri mezzi, al secondo piano interrato dell’edificio viene messo a disposizione un servizio di rimessaggio per auto, le magliette stampate sono ora una vera e propria linea di abbigliamento venduta sull’e-commerce online che attraverso fiere o negozi retail e la piccola tiratura di birre è ora una gamma nazionale. Attraverso il concept dello spazio LP22 Danese e i suoi soci coronano, fino alla prossima idea, il loro progetto: trasformare un sogno in una filosofia in cui anche altri si possano rispecchiare. • 12 06. Lo specchio posto in corrispondenza dell’ingresso amplifica il logo LP 22. 07. Planimetria. 08. Compresenze: moto e cucina. 09-10. Veduta di cantiere e schizzo per uno dei tagli irregolari nella parete che divide il vano cenrale dagli altri spazi locali destinati alle varie funzioni. 11. Particolare del piano cucina con un complemento di arredo lapideo. 12. LP 22 in assetto meeting room. completa di varie ricette in più formati distribuita in gran parte del territorio 117 85 6 VERONA 1 117 2 148 ALLOGGI GES.CA.L. Via Brenta-via Bacchiglione- via Tartaro 1968-1970 CONDOMINIO LUNG. CAMPAGNOLA Piazza Arsenale 1969-1970 5 Arrigo Rudi a Verona 4 3 7 8 2 9 10 11 14 12/13 Verona 1 km 1 Testo: Barnaba Rudi VIA BRENTA, VIA BACCHIGLIONE, VIA 8 – RESTAURO APPartamento TARTARO - 45.415588, 10.965407 VICOLETTO CIECO POZZO SAN 1 – ALLOGGI GES.CA.L. Foto e disegni: Archivio Progetti IUAV (materiali originali) Foto: Lorenzo Linthout (campagna attuale) Il progetto, realizzato in collaborazione con un pool di professionisti, riguarda un insediamento Ges.Ca.L nel quartiere delle Golosine su un’area di 26.000 mq di cui 4.970 occupati da quattro edifici per complessivi 148 alloggi di diversa tipologia e superficie. L’apporto di Arrigo Rudi si è limitato all’organizzazione tipologica dei “blocchi”, il primo con quattro piani fuori terra più porticato e due ali a tre piani più porticato, gli altri con quattro piani fuori terra più porticato. In ciascun blocco i corpi scale servono due alloggi per piano. Forse per la sua assoluta estraneità all’uso dell’automobile, ha ricercato una soluzione distributiva che consentisse di preservare la viabilità pedonale. Non potendo realizzare volumi interrati, per ovvie ragioni economiche i garage, tutti collocati nell’area centrale retrostante i fabbricati, sono raggiungibili da una strada ribassata interna, attraversata da passerelle di collegamento e con attigue scale di risalita. 1 La piccola palazzina di quattro piano fuori terra, posta all’angolo tra il lungadige e Piazza Arsenale, prospetta sull’attiguo ponte di Castelvecchio. Al piano rialzato un grande appartamento con accesso esclusivo ed uno studio, nei restanti livelli tre appartamenti per piano dei quali, quelli posti agli ultimi due livelli, godono, sui due lati verso l’Adige, di ampie terrazze aggettanti. Anche in questo caso lo sporto di copertura possiede una geometria parzialmente autonoma dal sottostante impianto architettonico. 2 MARCO - 45.443159, 10.996394 È da parecchio tempo che mi si chiede di adempiere all’impegno di produrre una schedatura, sotto forma di percorso, degli episodi di edilizia privata e convenzionata realizzati da mio padre, Arrigo Rudi, sul territorio comunale di Verona. Un compito a cui mi ero sottratto sino ad oggi ritenendo che, in aggiunta ai lavori già pubblicati nell’esaustiva ed unica monografica a lui dedicata1 e qui sinteticamente riportati, ciò che rimaneva da testimoniare dell’operato di questo tipo nella sua città, fosse da ritenersi marginale e per alcuni versi accidentale. Oggi mi sono ricreduto. Penso sia cosa giusta, da parte mia, sempre affettuosamente ricordarlo. 86 Nel 1980, vinto il concorso a cattedra come professore ordinario di Allestimento e Museografia presso l’Istituto Universitario di Venezia, il suo percorso professionale prese indiscutibilmente un’altra strada. Si concretizzarono molti incarichi fuori dal territorio veronese e dal Veneto al caro prezzo di un lento ma inesorabile processo di emarginazione che lo vide scomparire, suo malgrado, dalla scena cittadina nella veste di progettista, sempre nondimeno rivolgendo a Verona, sino in fondo, la propria vis polemica e il proprio impegno civile. Tali addenda sono una quindicina, di cui solo otto sono reperibili perché custoditi da un decennio tra le collezioni dell’Archivio Progetti dello IUAV mentre i re- stanti, perdendosi ogni traccia di tipo documentale, sono individuabili oramai soltanto nell’elenco cronologico del suo curriculum generale. Uno soltanto, per le dolorose vicende professionali che lo hanno caratterizzato, credo sia doveroso non menzionare. Le aggiunte riguardano nel dettaglio tre complessi d’edilizia sovvenzionata, tre piccoli “condomini” di iniziativa privata costruiti da tre diverse imprese edili con intenti speculativi, e infine due ville, la prima sulle Torricelle, la seconda in località Santa Maria in Stelle, tutti lavori compresi in un decennio tra il 1968 e il 1978. • 1 Cfr. Arrigo Rudi. Architettura, restauro e allestimento, a cura di V. Pastor, S.Los e U. Tubini, Marsilio, 2011. 2 – COND. CAMPAGNOLA PIAZZA ARSENALE 45.441310, 10.987451 9 – ristrutturazione e integrazione edifici 3 – VILLA G. MONDADORI VIA PORTA CITTADELLA 45.437081, 10.993944 V. DEI COLLI - 45.454616, 10.996323 4 – COND. LA FORESTA VIA DELLE AGOSTINIANE 45.466980, 10.987279 10 – COND. TEODORICO VIA INTERRATO REDENTORE 45.444840, 11.002937 11 – CASA TANSELLA 5 – VILLA TOMEZZOLI VIA CARDUCCI AVESA- VIA PAIOLA 45.476198, 10.989161 45.442320, 11.006460 6 – VILLA PUTTINI S. MARIA IN STELLE - V. CORNELIANO 45.495186, 11.035289 7- CASA JERIMONTE VIA PONTE PIETRA 45.447322, 10.999560 12/13 – CASA ALBERGO PER ANZIANI VIA N. MAZZA 45.438899, 11.008655 14 – COND. BELLA AURORA VIA FAINELLI – 45.440729, 11.034166 consulta la mappa su google maps: https://goo.gl/maps/ q6jcSHHB7kgnSC8V9 2019 #02 117 87 3 5 4 6 VILLA GIORGIO MONDADORI Viale dei Colli 1967-1975 CASE GES.C.AL. LA FORESTA Via delle Agostiniane 1971-1972 ristrutturazione villa tomezzoli Avesa - Via Paiola 1977-1983 villa puttini Santa Maria in Stelle - Via Corneliano 1973-1975 L’edificio ad ”elle”, su due livelli, appena sotto il Santuario della Madonna di Lourdes, sulle Torricelle, in Viale dei Colli, ha il suo fronte principale a sud, sudest. L’impianto bifamiliare si sviluppa su di una balza, 4 metri circa sotto il livello della strada. Una teoria di ampie terrazzebelvedere, ridimensionate in corso d’opera, permettono l’affaccio sulla città sottostante, il lato corto guarda in direzione della chiesa di San Giorgio in Braida e la cattedrale del Duomo, il fianco lungo prospetta sul declivio ad est della Valdonega. Trattasi di un piccolo edificio ad Avesa, finanziato con i fondi della legge n.60 del 1963, Gestione Case Lavoratori. L’impostazione distributiva è alquanto semplice. Nel piano terra i garage per i dieci appartamenti previsti ed una ampia zona porticata su “pilotis”; al piano scantinato, servita dalla scala e dall’ascensore, la centrale termica collegata all’esterno da una scala autonoma dal porticato e le cantinole; al primo, secondo e terzo piano, organizzati attorno ad un nodo scale centrale, tre appartamenti pressoché eguali costituiti da cucina-pranzo-soggiorno, tre camere da letto e doppi servizi, disposti a trifoglio attorno al nodo scale centrale. All’ultimo e quarto livello un ultimo Si tratta del restauro e ristrutturazione di una abitazione del XIX secolo composta da un corpo centrale a tre piani e barchesse laterali. Per quanto concerne le facciate si è provveduto a ripristinare, ripulendo le superfetazioni perpetrate nel corso degli anni, la leggibilità del partito architettonico originario. All’interno la progettazione ha preso in esame l’inserimento al piano terra di un nuovo nucleo servizi su cui gravitano la cucina, l’atrio ed il salotto, nonché la formazione di nuovi elementi strutturali in sostituzione o a supporto dell’impianto esistente, quali travi e pilastri in ferro. Il complesso, suddiviso in due unità distinte, una per piano, possiede un’ampia superficie seminterrata. La semplice articolazione volumetrica è costituita da due blocchi contrapposti in cemento armato e mattoni dotati ciascuno di una copertura ad un’unica falda. Un corpo scala “condominiale” elicoidale si sviluppato all’interno di un cilindro mozzato in cemento armato faccia a vista. 88 3 4 appartamento come il sottostante, mentre la restante superficie è occupata da uno stenditoio condominiale e da una ampia terrazza. 2019 #02 117 5 6 89 7 Il progetto riguarda la ristrutturazione ed il restauro di un piccolo edificio “terra-cielo” sull’Adige con ingresso da Via Ponte Pietra. Prima dei lavori l’immobile era organizzato per livelli indipendenti: una drogheria al piano terra e tre piccoli appartamenti ai livelli superiori serviti da un corpo scala comune. Ora tutti i piani formano un’unica residenza, con nuove destinazioni d’uso a seconda degli impalcati: le cantine all’interrato, lo studio al pianoterra, la zona notte al primo piano, la zona giorno per pranzo e cucina al secondo, il vasto salone passante al terzo ed infine, il soppalco nel sottotetto che si affaccia sul salone. Una struttura autonoma autoportante sorregge i nuovi solai, la nuova scala in acciaio lungo il muro in aderenza, un ascensore ed i piccoli locali di servizio, lasciando a disposizione dei vani maggiori i due affacci sul fiume e sulla Via. 90 9 8 casa jerimonte Via Ponte Pietra 1985-1987 7 L’intervento di restauro, riguardante un appartamento cinquecentesco in centro storico a Verona, ha restituito, celata sotto strati di intonaco e di vernici accumulatisi nei secoli, chiara seppur frammentata testimonianza della propria originaria magnificenza. Il progetto è risolto con la stesura di pochi eloquenti segni: i profili dei due camini in ferro, una serie di arredi disegnati e dimensionati secondo i parametri suggeriti dalle proporzioni delle zoccolature degli affreschi, Il volume a “scatola” del bagno padronale, il nuovo controsoffitto nella zona ospiti, vista l’impossibilità di recuperare i soffitti originari e poco altro. 10 ristrutturazione e integrazione complesso di edifici Via Ponte Cittadella 1978-1979 restauro appartamento Vicoletto cieco Pozzo San Marco 1987-1992 8 2019 #02 L’edificio progettato occupa, accorpandoli, i primi due lotti dell’isolato verso Ponte Cittadella. Il primo, costituito dai relitti salvatisi dalla distruzione bellica e dallo scoperto ottenuto dalla rimozione delle macerie, il secondo, con accesso esclusivo da Piazza Cittadella, dove sono tuttora riconoscibili un edificio dalla facciata neoclassica ed uno ad “L” verso Via Adigetto. Per la parte bombardata la ricostruzione si è mossa dalla rilettura, scevra da velleità mimetiche, dell’impianto preesistente, per la parte esistente, mantenendo le strutture orizzontale, 117 condominio teodorico Via Interrato Acqua Morta 1970-1972 9 verticali e le facciate si è perpetrata una riorganizzazione degli spazi interni conservandone l’impianto tipologico. 10 Quanto realizzato, su iniziativa dell’impresa edile Faccioli-Vesentini, risulta oltremodo discostarsi dal impianto di progetto originario. L’impostazione generale prendeva infatti spunto dal complesso articolato dei fatiscenti edifici in essere, tra Via Interrato Redentore e Vicolo Orologio, che furono demoliti per fare spazio al nuovo complesso. L’attuale immobile, la cui direzione lavori fu dell’ing. Angelo Vesentini, ha conservato parte dell’impostazione distributiva, ma vede oltremodo semplificata sia l’originale autonoma geometria della falde di copertura che il partito architettonico dei prospetti, che sarebbero dovuti essere generati dalla naturale aggregazione degli elementi determinati le singole unità abitative. 91 12 11 casa tansella Via Carducci 1988-1992 Trattasi del restauro di questo piccolo complesso edilizio risalente alla prima metà del settecento. L’edificio consta di tre piani, composti ciascuno da un appartamento, che si affacciano su Via Carducci, oltre che ad un interrato ed un sottotetto. L’intervento ha riguardato il risanamento statico delle strutture portanti e la riorganizzazione distributiva della casa tramite la fusione dei tre livelli in un’unica abitazione. I nuovi corpi scala in acciaio consentono di realizzare delle nuove relazioni sia spaziali che funzionali. 92 11 13 restauro e trasformazione ex caserma in casa-albergo per anziani - i lotto Via Nicola Mazza 1968-1969 restauro e trasformazione ex caserma in casa-albergo per anziani - ii lotto Via Nicola Mazza 1968-1969 Il primo lotto riguarda la rifunzionalizzazione dell’ex convento di San Cristoforo e della Formosa. Il progetto di restauro elimina il volume storico perpendicolare alla retro-facciata, eseguito dopo il 1820 quando il convento di San Cristoforo venne trasformato in magazzino militare, parzialmente danneggiato dagli eventi bellici. L’originale portico del XIV secolo, parzialmente conservato al piano terra, non viene riproposto ai piani superiori, proponendo su tutti i soprastanti tre piani, uno spazio chiuso, coperto e calpestabile. Il secondo lotto di completamento è caratterizzato da una facciata che si presenta con gli incontrovertibili segni della continuità. Declina infatti al suo interno un portale d’ingresso del tutto simile a quello del primo lotto su via Nicola Mazza. Viene conservato il ritmo delle bucature ed una corrispondenza simmetrica attraverso un susseguirsi di sedici arcate sovrapposte su due piani. Anche in questo caso, come per il primo lotto, rimane inalterata la facciata storica su Via Mazza. 12 2019 #02 117 14 case ges.ca.l. bella aurora Via Fainelli 1968-1969 13 L’edificio residenziale, finanziato in base alla Legge n. 60 del 14 febbraio 1963, ospita dodici alloggi in Borgo Venezia. L’edificio è distribuito su quattro piani, con tre appartamenti per piano di taglio e distribuzione diversa, serviti da un unico corpo scale. Gli appartamenti, tutti dotati di doppi servizi, sono stati organizzati, nel rispetto delle normative Ges.Ca.L, rispettivamente con due, tre o quattro camere da letto. Nella realizzazione è stata posta particolare attenzione alla formazione di adeguati spazi di servizio per l’uso collettivo. 14 93 Una giornata importante per Modo+, lo show room di design d’interni diventato il punto di incontro per architetti, designer e per tutti coloro che amano il bello e la qualità nell’abitare. 1.500 metri quadrati a disposizione di Professionisti e Clienti in cui ogni singolo complemento di arredo trasmette un’emozione che prende forma e spazio, dando vita ad ambienti davvero unici. Ogni volta che Modo+, apre le porte per un Evento, quest’ultimo diventa un segno importante nel panorama del design. Quest’anno i partner di Modo+ sono a dir poco internazionali, con una storia e radici che ne fanno esempi di italianità nel mondo a tal punto da poter essere considerati ambasciatori del nostro Paese. Un evento che ha avuto due momenti importanti. La parte dedicata agli architetti, che ha ottenuto anche il Patrocinio dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Verona, con la presenza di Poltrona Frau, azienda nata nel 1912, protagonista dell’arredamento made in Italy e ambasciatrice dell’eccellenza italiana in tutto il mondo. I relatori sono stati introdotti dall’architetto Laura De Stefano, Vicepresidente dell’Ordine degli Architetti di Verona. Nello specifico: Paradiso Usberti: Sales and Operative Director – Divisione Custom Interiors di Poltrona Frau. La sua relazione ha preso in esame l’intervento di Poltrona Frau nella fornitura ed installazione di 2100 sedute per la “Grand Hall” della Elbphilarmonie di Amburgo. La Elbphilarmonie di Amburgo progettata dagli architetti svizzeri Herzog & de Meuron inaugurata nel gennaio 2017 è il nuovo punto di riferimento culturale per la città di Amburgo. Poltrona Frau Contract ha fornito ed installato 2.100 sedute per la “Grand Hall” ovvero la sala principale destinata ai concerti e posizionata al centro del progetto a 50 metri di altezza. Il nuovo complesso, che sorge dal recupero di un edificio industriale, ospita 3 auditorium, un hotel e 45 residenze private. L’architettura esterna si compone di due elementi divergenti sia dal punto di vista storico che da quello estetico: antico e nuovo sono riuniti in un modo affascinante. MIRKO SPLENDIANI: Product Design & Development Manager – Divisione Residenziale di Poltrona Frau Ha illustrato il concept e le caratteristiche del divano Let it Be. Evento MODO+ / Poltrona Frau 23zerocinque19 Nello NelloShowroom ShowroomModo+ Modo+didiSan SanPietro PietroininCariano, Cariano, sisiè ètenuto tenuto“Connecting “ConnectingExperiences” Experiences”l’evento l’eventoinincollaborazione collaborazionecon conPoltrona PoltronaFrau Frau Ispirato a un celebre pezzo dei Beatles, il divano Let it Be esprime fin dal nome la sua filosofia rilassata e accogliente, lontana da ogni formalismo e convenzione. Il progetto di Ludovica e Roberto Palomba raccoglie e rielabora anche l’idea antichissima del triclinio romano dove ci si sdraiava, si mangiava, si conversava, si oziava. E proprio questa libertà d’uso è il principio cardine di un divano pensato come rifugio domestico attrezzato, uno spazio polivalente da vivere secondo i propri ritmi. Poltrona Frau ha la ricerca nel suo DNA che ha portato l’Azienda a collaborazioni con più di 200 architetti e designer da tutto il mondo. Realizzazioni di pezzi senza tempo come Chester e Vanity Fair fino ai successi attuali firmati come le collezioni firmate da Jean- Marie Massaud, Roberto Lazzeroni e Ludovica + Roberto Palomba. Sempre attenzione a materie prime di altissima qualità mantenendo il suo fulcro nella pelle. Poltrona Frau conta oggi 3 divisioni: Residenziale, Interior in Motion e contract. Una seconda parte dedicata a tutti i Clienti di Modo+ con la presentazione della Collezione Cockpit, le sedute da ufficio disegnate dal Centro design Ferrari e prodotte da Poltrona Frau. Le Cockpit sono state create per celebrare i 70 anni della Casa di Maranello e racchiudono tecnologia e sartorialità. Ineco Spa, concessionaria Ufficiale Ferrari per il Triveneto ha portato all’attenzione dei Partecipanti dell’Evento 2 dei gioielli prodotti da Ferrari: la Portofino e la GTC4 Lusso ed ha dato a tutti la possibilità di poter mettersi alla guida di questi capolavori su quattro ruote che tutto il mondo ci invidia. Il successo dell’evento è testimoniato dalla partecipazione di 100 architetti e da un numero di oltre 700 convenuti, per una serata di design e di buon gusto. Non poteva certamente mancare MASI con i suoi vini dall’Amarone alle Bollicine Canevel, ultimo arrivo in casa Masi. Andrea e Federico Conati sono ancora una volta riusciti a convogliare nell’innovativo contenitore di Modo+ realtà che operano in settori diversi ma che hanno in comune il talento, il gusto, l’orgoglio, la visione. Realtà che hanno contribuito e contribuiscono a creare quello che universalmente è conosciuto come “Italian Style”. Main partner: Via Fontego, 10 San Pietro in Cariano - VR T +39 0456831568 [email protected] / modopiu.it New Multimedia Showroom