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consolidamento autori letteratura italiana

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Breve riepilogo degli autori trattati sino ad ora
Realismo, Naturalismo, Verismo
Il termine Realismo indica sia, in generale, l’attenzione della letteratura di ogni tempo per la realtà quotidiana, sia, in
particolare, quelle correnti culturali dell’Ottocento più interessante, come temi e come ricerca linguistica, alla nuova
società borghese e popolare che si andava affermando in contrapposizione all’Ancien régime aristocratico. Con il termine
“Realismo” si indica il movimento letterario affermatosi in Francia tra il 1830 e il 1870 circa e che ha il suo massimo
esponente in Honoré de Balzac. Il Naturalismo è una corrente letteraria soprattutto francese, sviluppatasi tra il 1870 e il
1890
dal
Realismo
e
che
ebbe
il
massimo
esponente
in
Émile
Zola
e
ispirò
il
Verismo italiano.
Anche per l’influenza del clima culturale dell’epoca, caratterizzato dall’esaltazione della scienza, il Naturalismo cerca la
massima impersonalità e oggettività dell’opera d’arte, trasformando lo scrittore in una sorta di scienziato capace di
indagare
il
“vero”
(romanzo
sperimentale).
Il Verismo si sviluppò in Italia nell’Ottocento, a partire dagli anni Settanta, sotto l’influenza del Realismo-Naturalismo
francese
(ricordiamo
autori
come
Honoré
de
Balzac, Gustave
Flaubert,
Émile
Zola).
La nuova tendenza ebbe come esponente più autorevole il siciliano Giovanni Verga. Si proponeva di riprodurre fedelmente
la realtà umana, soprattutto quella degli ambienti rurali, senza però escludere le situazioni urbane. Secondo Luigi Capuana,
principale teorico del Verismo, e dello stesso Verga, lo scrittore doveva scomparire, eclissarsi e rinunciare a qualsiasi
tentazione autobiografica così come alla descrizione diretta e al commento di vicende e personaggi. L’opera d’arte doveva
sembrare “essersi fatta da sé” e i “documenti umani” parlare e presentarsi da soli, senza l’intervento dell’autore. Lo stile si
sarebbe dovuto adeguare alle realtà sociali descritte. Il linguaggio avrebbe dovuto cercare di riprodurne lessico e costrutti
dialettali. Negli anni successivi all’Unità d’Italia, il Verismo rappresentò le contraddizioni e le lacerazioni della nazione
appena nata, anche se il movimento non ebbe quei precisi intenti di denuncia sociale presenti invece nel Naturalismo
francese.
***************
Giovanni Verga: vita e opere del maggior esponente del verismo
In breve:
Quando:2 settembre 1840 - 27 gennaio 1922
Contesto storico: A cavallo con l’ Uniità di Italia
Movimento letterario:Verismo
Pensiero poetico:Verista
Opere principali: I Malavoglia
1 La vita di Giovanni Verga
Giovanni Verga è tra i narratori italiani più noti della seconda metà dell’800. Fu autore di romanzi, novelle e testi teatrali e il
suo nome è legato indissolubilmente al movimento del Verismo italiano. Ecco gli eventi più importanti della sua vita:
1840 - Nasce a Catania da una famiglia nobile liberale e antiborbonica.
1860 - Allo sbarco dei garibaldini si arruola nella Guardia Nazionale in favore dell’Unità d’Italia.
1869 - Si trasferisce a Firenze, allora capitale d’Italia, dove frequenta i salotti intellettuali e la vita mondana.
1872 - Si trasferisce a Milano, dove resterà per 20 anni. Qui ha contatti con gli scrittori della Scapigliatura e conosce la narrativa
europea. Negli stessi anni c’è a Milano anche l’amico scrittore Capuana, che gli fa conoscere il Naturalismo francese.
1874 - Con la pubblicazione della novella Nedda inizia il processo di conversione al Verismo.
1881- Pubblica I Malavoglia.
1890 - Torna definitivamente a Catania, dove vive nei suoi possedimenti e si allontana sempre di più dalla scrittura.
1922 - Muore a Catania.
Prima del Verismo
Prima di approdare al Verismo, Verga si dedica ad altri tipi di romanzi, più vicini alla letteratura di moda all’epoca. Queste
opere sono importanti per il successivo sviluppo della poetica dell’autore e alcuni di essi, come la Storia di una capinera,
possiedono anche un valore proprio.
Romanzi mondani
Il trasferimento a Firenze e poi a Milano determina un cambiamento nei temi trattati nei romanzi. Verga inizia a descrivere
l’ambiente mondano che egli stesso frequenta. Queste storie sono fondate su un elemento autobiografico: si parla sempre
di un giovane artista che subisce l’influsso distruttivo della mondanità per opera di qualche donna. In questo vediamo il
giovane Verga e i suoi turbolenti rapporti con le donne che incontra nei salotti fiorentini e milanesi. I romanzi che
appartengono a questa fase sono:
Una peccatrice (1966), storia di un giovane commediografo catanese e del suo rapporto con una seducente contessa, che lo
porta a diventare un artista fallito.
Storia di una capinera (1970), storia di una giovane costretta a farsi monaca.
Eva (1973), narra le vicende di un pittore siciliano trapiantato a Firenze, che perde sé stesso per amore di una ballerina.
Tigre reale (1975), racconta gli effetti corruttori esercitati sul protagonista da una contessa russa.
Eros (1975), il cui protagonista si consuma progressivamente, fino al suicidio.
La poetica del Verismo
1. La realtà siciliana
Il contatto con le città del nuovo stato unitario (Firenze, Milano) e la crescente sfiducia verso la vita moderna e gli ambienti
mondani determinano in Verga un ritorno alle sue radici, a quel mondo siciliano rimasto fuori dalla storia e dominato da
leggi immutabili. Nella Sicilia Verga vede le sue origini, un mondo che conosce bene ma che al momento gli è distante, visto
che si trova a vivere lontano. La conversione al mondo siciliano e al Verismo nasce in Verga da una serie di motivi:
 Insoddisfazione per la frivolezza degli ambienti mondani
 Diffidenza verso il sentimentalismo romanzesco
 Scoperta del Naturalismo francese
 Nostalgia per la terra natale
 Interesse verso la questione meridionale
La prima novella in cui si assiste a questo ritorno al mondo siciliano è Nedda, del 1874, in cui Verga narra le vicende di una
raccoglitrice di olive e propone una commossa partecipazione alle sue sventure.
1.2 Tecniche narrative: impersonalità e regressione
Per descrivere un mondo come quello siciliano, fisso nei propri valori, Verga sceglie di adottare un tipo di scrittura
oggettiva, priva dei sentimenti e delle opinioni dell’autore. Questo tipo di scrittura rientra all’interno della poetica
dell’impersonalità, che vuole guardare il mondo dei contadini e dei pescatori da una certa distanza, al fine di restituirne la
verità, usando le parole della narrazione popolare e mettendo al centro il fatto nudo e crudo.
In questo senso si parla di regressione dell’autore. Lo scrittore mette da parte sé stesso, le sue conoscenze, il suo mondo, e
regredisce fino a calarsi all’interno del contadino o del pescatore, parla con le sue parole e vede il mondo dai suoi occhi. In
questo modo l’autore si allontana dalla realtà oggettiva e ci presenta la realtà del mondo che rappresenta, sottolineandone
l’alterità rispetto alla vita moderna.
1.3 Visione del mondo: la fiumana del progresso e i vinti
Centrale nella svolta verista e nella scelta del mondo da rappresentare è la visione della modernità di Verga. Per lui
il progresso e la modernità sono come un fiume in piena che trasporta il mondo verso nuovi traguardi ma che allo stesso
tempo travolge e distrugge le vite di coloro che non riescono ad adattarsi in tempo alle novità, lasciando dietro di sé una
scia di vittime, i vinti. Di questi personaggi Verga decide di parlare nei suoi romanzi e nelle sue novelle veriste e per ripagare
in qualche modo questa loro sconfitta sul campo di battaglia della storia decide di proporci le loro stesse parole, di darci il
loro punto di vista.
1.4 Differenze dal Naturalismo francese
Alla base del Verismo verghiano c’è il Naturalismo francese, a cui Verga si avvicinò grazie all’amico e scrittore Capuana. I
romanzi naturalisti pongono al centro della narrazione la rappresentazione della realtà popolare. Il principale esponente del
Naturalismo fu Emile Zola, autore molto letto da Verga. Tuttavia occorre precisare che il Naturalismo non si identifica con il
Verismo. Il narratore dei romanzi di Zola riproduce il punto di vista dell’autore, del borghese colto, ed esprime giudizi sui fatti
narrati. Zola risulta insomma abbastanza estraneo alla tecnica verghiana della regressione, per lui l’impersonalità è
piuttosto il distacco dello scienziato, che guarda l’oggetto da fuori e dall’alto. Questo si lega a due visioni del mondo
diverse: Zola giudica e commenta i fatti perché crede che la letteratura possa cambiare la realtà, mentre Verga è pessimista
e crede che la realtà sia immodificabile.
Riepilogando
La sfiducia verso il mondo cittadino e mondano spinge Verga a parlare del mondo contadino siciliano descritto attraverso le
tecniche dell’impersonalità (l’autore non esprime giudizi) e della regressione (l’autore parla dal punto di vista del popolo).
Per Verga il progresso è come un fiume che travolge chi non riesce ad adattarsi, i vinti. Zola, invece, assume il punto di vista
esterno e dall’alto, Verga adotta la regressione dell’autore. Questo perché per Zola la letteratura può intervenire sulla
realtà, mentre Verga crede che la realtà non sia modificabile.
Le opere veriste
Vita nei campi (1880), raccoglie novelle in cui è descritto il mondo della campagna siciliana e la sua vitalità originaria. I
personaggi di questi racconti sono estranei alle situazioni artificiali della vita cittadina e risultano dominati da passioni
elementari. È un mondo fuori dalla storia, fondato sulla ripetizione di ritmi sempre uguali, fatto di lavoro, miseria, violenza,
gerarchie, egoismi e codici di comportamento immutabili. La voce popolare narrante spesso descrive i personaggi con
sarcasmo e aggressività, creando un contrasto con la tragicità delle vicende narrate.
Novelle rusticane (1882), ripropongono ambienti e personaggi della campagna siciliana, ma in prospettiva più amara e
pessimista, portando in primo piano la miseria e la fame. Il mondo descritto in queste novelle si basa sul possesso della
“roba”, sulla ricerca della ricchezza, di fronte alla quale gli uomini perdono principi e valori. Il mondo rurale non è
idealizzato, ma rappresentato in tutti i suoi aspetti, sia positivi che negativi.
Per le vie (1883), riprende i temi di Novelle rusticane, ma in un’ambientazione cittadina. Verga torna a raccontare la città
come aveva fatto nei romanzi giovanili; questa volta non parla però dell’ambiente borghese e mondano, ma preferisce la
classe povera cittadina.
2. I romanzi
I romanzi veristi di Verga ruotano intorno al progetto del Ciclo dei vinti, che si sarebbe dovuto comporre di cinque romanzi,
in cui Verga voleva rappresentare la lotta per la vita nelle diverse classi sociali, il cammino fatale verso il progresso, quella
fiumana che trascina via con sé i vinti, coloro che non riescono a stare al passo. Nella crisi creativa che lo colpisce negli
ultimi anni, lo scrittore lascia incompiuto il progetto. Solo I Malavoglia e Mastro Don Gesualdo vengono pubblicati.
I Malavoglia (1881) Storia di una famiglia di pescatori siciliani, colpiti da una serie di disgrazie e dalle trasformazioni della
modernità, che distrugge il loro mondo e li riduce alla rovina. La famiglia stessa si disgrega progressivamente. Stile e
linguaggio si adattano, in conformità alla poetica verista, al mondo popolare descritto.
Mastro Don Gesualdo (1889) Racconta l’ascesa sociale di un muratore che riesce a diventare ricco grazie alla sua
intelligenza e alla sua forza di volontà. La ricchezza non determina però la serenità dell’uomo e tantomeno garantisce il
lieto fine della storia. Mastro Don Gesualdo vede infatti disgregarsi gli affetti familiari e muore solo. L’ambiente
rappresentato è quello borghese e aristocratico e di conseguenza, secondo il principio dell’impersonalità a della
regressione, anche la cultura del narratore e la lingua salgono rispetto alle opere precedenti.
3 Il teatro: Cavalleria rusticana La sua opera teatrale più famosa è Cavalleria rusticana, che va in scena a Torino nel 1984,
tratta dall’omonima novella inclusa nella raccolta Vita dei campi :Di ritorno dal militare, Turiddu trova l’amata Lola con
Alfio. Per farla ingelosire, decide di corteggiare Santuzza. Riesce così a riprendere la relazione con Lola, ma Santuzza per
vendetta rivela tutto ad Alfio, che a sua volta sfida Turiddu a duello e lo uccide.
Concetti chiave
I vinti
Le opere veriste di Verga trattano dei vinti, coloro che vengono travolti dall’avanzare del progresso.
Il pessimismo
Verga è pessimista e crede che il mondo sia immutabile, per questo lo scrittore può solo descriverlo così com’è, senza
intervenire con commenti o giudizi.
Le tecniche narrative
Per trasmettere questa concezione del mondo e della letteratura, Verga utilizza le tecniche dell’impersonalità e della
regressione.
****
Giosuè Carducci: vita, opere e poetica. Tutto sull'autore delle celebri poesie Pianto Antico e San Martino
Quando: 27 luglio 1835 - 16 febbraio 1907
Contesto storico: A cavallo con L’Unità di Italia
Movimento letterario: Verismo, Classicismo
Pensiero poetico:Filologo e critico, ha una passione per l'antichità classica e la storia
Opere principali: Rime nuove, Odi barbare, Inno a Satana
Ispirazioni: Dante Alighieri
Ha ispirato: Giovanni Pascoli
1. Biografia di Giosuè Carducci
La nascita e il rapporto con la Maremma Giosuè Carducci nasce il 27 luglio 1835 a Valdicastello, vicino Lucca, e fino al 1839
vive immerso nel meraviglioso paesaggio toscano della Maremma. Questi anni in Toscana rivestono un ruolo fondamentale
per la formazione della sua sensibilità: l’immagine di una natura incontaminata, energica e vitale accompagnerà tutta la sua
produzione poetica.
Gli studi universitari, gli Amici Pedanti e il Classicismo Nel 1856 si laurea in Filologia alla Scuola Normale Superiore di Pisa,
successivamente si trasferisce a Firenze e partecipa agli incontri della società “Amici Pedanti” che si batteva per un
immediato ritorno al classicismo della letteratura contro la modernità e le nuove idee del Romanticismo.
Il Risorgimento e il nuovo Regno Nel 1859 cade il Granducato di Toscana, evento questo che suscita in lui un grande
entusiasmo in vista dei moti risorgimentali, e fino agli anni immediatamente successivi all’Unità d’Italia insegnerà prima in
un liceo di Pistoia poi all’Università di Bologna. In questo periodo sale in lui una crescente delusione verso la nuova classe
dirigente dello Stato Unitario – è soprattutto insofferente verso la mancata liberazione di Roma - e comincia ad appoggiare
ideali repubblicani e giacobini fino ad un aspro anticlericalismo, tutti atteggiamenti questi che lo metteranno in cattiva luce
davanti al governo ufficiale che arriverà addirittura a sospenderlo dall’insegnamento.
I lutti Il 1870 si apre per Giosuè Carducci con altri gravi lutti: perde la madre e uno dei figli avuti nel primo matrimonio. Si
accompagna però a questo dolore un grande successo come poeta.
La svolta monarchica Intanto il suo atteggiamento giacobino si affievolisce gradualmente e nel 1876 viene candidato come
democratico alle elezioni parlamentari. Pian piano comincia ad accettare il ruolo dei monarchici Savoia come garanti
dell’Unità italiana .
Gli ultimi anni: il Nobel e la morte Giosuè Carducci diventa il vate dell’Italia umbertina e viene nominato, nel 1890, senatore
del Regno. Vince il premio Nobel per la letteratura nel 1904 e a pochissimi anni da questo meritato successo muore a
Bologna, per una broncopolmonite, il 16 febbraio del 1907.
2. Lo stile di Carducci
Nonostante la diffusione di alcune delle idee romantiche circolanti in Europa nel corso dell’Ottocento, il classicismo non si è
mai spento, ma ha assunto un aspetto stantio e chiuso: il mondo latino è divenuto solo un repertorio di figure a cui
attingere
e
un
linguaggio
da
imitare
in
modo
sterile.
Carducci invece ripropone un classicismo vitale ed energico che viene ad imporsi nella cultura italiana come un modello
elevato di comunicazione poetica che si mescola con un grande bisogno di realismo. La poesia deve, attraverso un
linguaggio e tematiche riprese dal mondo greco e latino, raccontare la realtà contemporanea senza introdurre elementi
surreali o inquietanti come quelli del romanticismo.
2.1 Metrica barbara
Metrica barbara: è così che Giosuè Carducci definisce i tentativi di numerosi poeti a partire dall’Umanesimo (e anche i suoi
tentativi personali) di ripristinare la metrica greca e latina utilizzando però il linguaggio volgare.
La metrica è strettamente legata al lemma, alla parola, e risulta quindi difficilissimo applicare una metrica, pensata per una
determinata lingua, ad un linguaggio del tutto diverso. La lingua latina,infatti, possedeva un elemento che in quella
romanza - e quindi volgare - manca: la quantità vocalica. Succedeva cioè che in due parole identiche vi era la presenza di
una vocale che, se pronunciata più a lungo o più velocemente, dava addirittura un significato diverso al termine. Il verso
latino si basava proprio su questo, sull’alternanza di sillabe con vocali lunghe (quelle cioè che vanno pronunciate più a
lungo) e con vocali brevi (quelle cioè che vanno pronunciate più velocemente). Il passaggio dal latino alle lingue romanze fa
perdere la quantità sillabica e diventa importante, invece, la qualità delle sillabe: sono accentate oppure atone? Ecco allora
che il nostro metro si basa non sull’alternanza di sillabe brevi o lunghe ma su sillabe con vocali accentate o non accentate
che danno il ritmo al verso e a tutta la strofa. Carducci cerca di riprodurre il metro latino basandosi appunto su questo
ritmo e non riportando in auge vocali lunghe o brevi. Questa scelta aprirà poi la strada al nuovo tipo di verso che si diffonde
nel Novecento: il verso libero.
2.2 Il Classicismo di Carducci
Anche se nelle sue poesie Carducci elabora temi molto diversi fra loro, a seconda anche del periodo della vita che sta
vivendo e degli orientamenti ideologici che, come abbiamo visto, adotta nel corso dell’esistenza, c’è sempre un classicismo
di base nella sua opera che si esprime attraverso la ricerca di un’espressione armoniosa ed equilibrata che renda
chiaramente la realtà circostante senza le fantasticherie romantiche. Attraverso le scelte retoriche e al lessico
classicheggiante Carducci recupera inoltre i temi della cultura pagana come una liberazione dai vincoli di ogni superstizione
religiosa e come esaltazione della forza del popolo nel processo politico. Tutto ciò si esprime nell’operetta Inno a
Satana che, pubblicato nel 1863 destò molto scalpore e polemiche. Fra le altre opere che meglio rappresentano
il classicismo carducciano dobbiamo ricordare soprattutto le opere giovanili: Juvenilia, Levia Gravia, Giambi ed Epodi.
Qui Carducci parla in tono satirico, e quindi critico, della realtà contemporanea che tanto lo delude contrapponendola alla
gloriosa antichità pagana: c’è una dicotomia forte fra virtù del passato e mediocrità del presente.
Dunque il classicismo: È ripreso prima di tutto da un punto di vista formale, e cioè attraverso il ricorso alla metrica barbara:
cerca di rendere, attraverso l’alternanza di vocali atone e toniche, l’antico ritmo latino basato sull’alternanza di vocali lunghe
e brevi
È usato soprattutto per rendere il realismo della civiltà contemporanea e riesce a svecchiare il classicismo borghese di metà
ottocento che riprendeva acriticamente i temi della letteratura pagana.
3. I temi nella poetica di Carducci

La storia, rappresentata e rivisitata con uno sguardo affascinato che abbraccia tutte le epoche (con particolare
riguardo al Medioevo e alla Rivoluzione Francese). In cui vuole scorgere gli ideali di vita laica e repubblicana in cui
crede, la virtù dell’uomo che si costruisce da solo, lontano dalla superstizione religiosa.Il processo storico appare
un crescendo verso una degradazione attuale e borghese sul cui sfondo si staglia un originario sfondo paesano e

popolare che rivive attraverso il ricordo della Maremma toscana negli anni della sua infanzia. Il mondo
maremmano diventa arcaico, genuino, un mondo distruttivo governato dalla natura, anche quella più crudele che
gli porta via il figlioletto. Da questo punto di vista è utile ricordare Pianto Antico (1871).
La riflessione sul ruolo che il poeta riveste nella società contemporanea (poeta vate).
4. Giosuè Carducci: Rime nuove
E’ la più ampia raccolta delle poesie di Giosuè Carducci, composte e raggruppate fra il 1861 e il 1887. In nove libri vengono
a confluire anche liriche che figuravano inizialmente nelle raccolte giovanili insieme a componimenti composti nel corso
degli anni. Possiamo osservare in questo modo tutta l’esperienza carducciana nella sua globalità: i primi tentativi “barbari”
che figurano in minima parte accanto ai componimenti compresi nel quarto libro dal titolo Primavere Elleniche in cui viene
messa in luce la bellezza classica, armoniosa e statuaria, quasi fuori dal tempo; modelli di questa sezione sono i poeti
classici Virgilio e Orazio,
ma
anche
poeti
moderni
come Foscolo (soprattutto
delle Grazie)
e Leopardi.
Si arriva a lasciare spazio, poi, ad una poesia più familiare e intima, dove si notano quegli scorci della Maremma toscana a
lui tanto cari (celebre è il sonetto Traversando la Maremma toscana) e il tema dell’amore (e degli affetti in generale) che si
fonde con quello della morte che incombe costantemente su ogni anima.
Concetti chiave
Tematiche
l'amore per la Maremma, i lutti familiari, gli studi classici, le aspirazioni politiche.
Metrica barbara
Si tratta della grande rivoluzione metrica di Carducci e consiste nell'imitare i principali versi latini dal punto di vista ritmico e
accentuativo.
IL DECADENTISMO
Il Decadentismo è un movimento letterario molto importante della seconda metà dell’Ottocento. Gli artisti di tutta Europa
a metà Ottocento Sono insoddisfatti dal razionalismo del Positivismo, sono un po’ nauseati dal mondo borghese, dalla
società che impone regole ed etichette ipocrite, e reagiscono cercando nell’arte e nella letteratura un modo per sentirsi
migliori e per scandalizzare le menti benpensanti dei borghesi che tanto disprezzano. L’origine e la definizione del
termine Decadentismo, derivano dal termine Décadent usato in Francia in quei tempi per definire, in senso dispregiativo,
gli artisti che vivevano in modo scandaloso, fra droghe ed altri eccessi. Successivamente, precisamente nel 1886, viene
fondata una rivista proprio da questi letterati scandalosi che, in modo provocatorio, scelgono di intitolarla «Le Décadent».
Da qui il termine Decadentismo si userà per indicare la decadenza della società che non ha più veri valori e che li sta
deludendo così tanto. Dalla Francia, tanto il termine come il movimento si diffondono in tutta Europa: gli artisti del
continente si riconoscono come un gruppo unito, contro la borghesia per bene, e a tutti verrà dato l'appellativo decadenti.
In Italia, poi, questo movimento viene a coincidere con il periodo Risorgimentale e dell’Unità italiana: chi non partecipa si
ritrova in qualche modo tagliato fuori dalla storia e dal processo politico; in questo modo gli artisti trovano una forma di
riscatto, un modo per avere di nuovo una voce nell’arte.
Le tematiche: Si parla di sogni, di incubi, di esperienze surreali, di tormenti dell’anima, si cerca di esprimere l’emozione e
non i ragionamenti (come prevedeva il Positivismo). Sono estremamente spontanei, non c’è rigore nei loro discorsi ma solo
tanto sentimento. L’arte diventa l’unico modo possibile per vivere la vita: tutto è una forma d’arte, e la bellezza dell’arte è un
posto in cui l’artista si nasconde per sentirsi lontano dal mondo borghese che lo opprime.
Il linguaggio è “nuovo”: non badano troppo al significato delle parole perché interessa di più il suono delle sillabe e delle
frasi; scelgono per questo di usare molto le analogie, figure retoriche di “suono” cioè quelle che giocano appunto sulla
musicalità delle parole (allitterazioni, anafore, onomatopee etc…)
Raccontano episodi scabrosi: parlano di sesso, di droga, di esperienze omosessuali – ovviamente non sono esperienze che
fanno al solo scopo di scandalizzare, sono personaggi esuberanti, ribelli e appassionati e mostrare la loro vita è il modo che
hanno di provocare il pubblico.
Decadentismo in letteratura
Il Decadentismo si modella in queste diverse correnti:
1. Estetismo, ovvero La venerazione del bello, prevede una venerazione per tutto ciò che è bello. Tutto ciò che riguarda la
forma esteriore deve essere bello, esuberante, lussuoso, e questo riguarda ogni aspetto della vita, dal modo di vestirsi, al
modo di arredare anche un salotto, ai temi delle opere letterarie che il poeta scrive.
Troveremo in queste opere grandi amori passionali, una forte esaltazione della natura incontaminata, dei racconti tratti da
una vita aristocratica e mondana, carica di eccessi e soprattutto di disgusto verso ogni cosa banale e volgare.
L’estetismo è quindi una continua ricerca di ciò che appare bello ai sensi e che deve quindi essere lontano dalla sobrietà
borghese
e
dall’ignoranza
delle
masse
incolte.
I maggiori rappresentanti dell’estetismo sono Oscar Wilde e Gabriele D’Annunzio, in Italia.
2.Simbolismo
I Poeti Maledetti e la vita vissuta al limite Anche questo movimento, che prende le mosse dal Decadentismo, parte dalla
Francia e arriva poi fino in Italia dove viene interpretato da Giovanni Pascoli. In Francia i primi poeti simbolisti sono quelli
che vengono chiamati “Poeti Maledetti”, cioè artisti che fanno uso di droghe, la cui poesia è scandalosa e difficile. I versi di
questi artisti cercano di spiegare i tormenti dell’anima e dei sensi attraverso l’analogia e cercando appunto un confronto fra
le emozioni interne e la natura che è fuori. Ma non è solo questo che il poeta simbolista cerca di fare: egli diventa come
un veggente capace di scoprire i significati più profondi e intimi della vita.
Il Simbolismo di Pascoli Giovanni Pascoli si inserisce in questo movimento in modo più pacato: non conduce una vita
sfrenata, tutt’altro! il suo Simbolismo cerca nella natura un simbolo dell’infanzia perduta: la figura principale della sua
poesia è il nido e la sua poetica è definita “del fanciullino”. Pascoli intende con questo il modo in cui il poeta dovrebbe
guardare il mondo, come un bambino appunto che per la prima volta si sorprende davanti alle bellezze del mondo
naturale.
Giovanni Pascoli
Quando: 31 dicembre 1855 - 6 aprile 1912
Movimento letterario: Decadentismo, in parte anche Simbolismo
Opere principali: Myricae, Poemetti, Canti di Castelvecchio, Poemi conviviali, Il fanciullino
Giovanni Pascoli è una figura centrale della cultura italiana tra la fine dell’800 e i primi anni del 900. Fu poeta di grande
successo, professore universitario, autore di saggi e critico letterario. La sua poesia unisce la raffigurazione del mondo
naturale e contadino e una grande carica umanitaria.
La vita di Giovanni Pascoli: momenti da ricordare
1855. Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna.
1862. Entra nel collegio degli Scolopiti a Urbino, dove riceve una formazione classica.
1867. La morte del padre rompe la serenità familiare, l’anno successivo muore la madre e poi la sorella e due fratelli.
1873. Pascoli studia Lettere a Bologna e si avvicina al Socialismo.
1979. Viene arrestato durante una manifestazione e trascorre alcuni mesi in carcere; questa esperienza lo allontana
dall’azione politica.
1882-95. Insegna in vari licei italiani. Vive con le sorelle Ida e Mariù, con cui ricostruisce quel nucleo familiare che aveva
perso da ragazzo, ma questo lo allontana dal mondo esterno e lo fa chiudere nel suo pessimismo.
1895-1904. La sorella Ida si sposa e Giovanni Pascoli vede in questo un tradimento del nido familiare. Soggiorna spesso a
Castelvecchio, vicino Lucca, dove trascorre vita appartata e di campagna, e inizia la sua carriera di professore universitario,
prima a Bologna, poi a Messina e Pisa.
1905. Subentra a Giosuè Carducci nella cattedra di letteratura italiana dell’Università di Bologna. Nel frattempo la sua fama
di poeta si è ormai consolidata.
1911. Ormai figura di spicco nel panorama culturale italiano, Pascoli pronuncia il discorso La grande proletaria si è mossa,
con il quale esprime il suo appoggio alla guerra coloniale.
1912. Muore a Bologna.
3. Le raccolte di poesie di Giovanni Pascoli
3.1Myricae (1891)
È la prima raccolta di poesie Pascoli, ma molti dei testi che la compongono erano già usciti in rivista. Come le altre raccolte
poetiche di Giovanni Pascoli, Myricae andrà espandendosi con nuovi componimenti nelle edizioni successive: dalle 22
poesie della prima edizione si arriverà alle 156 dell’ultima.
La poesia delle cose umili Il titolo, in latino, è una citazione dalla quarta bucolica di Virgilio, in cui le piccole tamerici
(myricae in latino) indicano la poesia umile. Nella scelta di questo titolo Pascoli mostra la volontà di mettere al centro delle
sue poesie le piccole cose. Myricae raccoglie in prevalenza componimenti brevi, che ritraggono la vita campestre e la
natura attraverso immagini, suoni, colori e impressioni. Gli oggetti intorno ai quali il poeta si concentra si caricano di
valenze simboliche. A questo si aggiunge l’immagine ricorrente dei familiari morti del poeta.
Le caratteristiche del linguaggio di Pascoli
Onomatopee, come il “bubbolìo” del primo verso della poesia Temporale.
Valore simbolico dei suoni, o fonosimbolismo, come la ripetizione di suoni cupi come la “o” o la “u” al fine di creare
un’atmosfera di tristezza e mistero.
Linguaggio analogico, che crea una fitta rete di collegamenti tra le cose, ad esempio nella poesia X Agosto le immagini della
rondine e dell’uomo sono legate per analogia.
Sintassi frantumata, fatta di frasi brevi e prive di elementi di connessione.
Combinazioni metriche inedite, che Pascoli chiamerà “metrica neoclassica” e che si concretizza in un ritorno alla metrica
greca adattata alle esigenze della lingue italiane e alla volontà del poeta.
3.2Poemetti (1897)
Componimenti più lunghi e dal tono più narrativo. Pascoli utilizza la terzina dantesca. I Poemetti di Giovanni Pascoli sono
componimenti più ampi di quelli di Myricae e di tono meno lirico e più narrativo. Sono racconti in versi in cui il poeta,
attraverso le vicende di una famiglia contadina, celebra la piccola borghesia campestre, in cui risiedono valori come la
solidarietà, la laboriosità, la saggezza, la bontà e la purezza morale.
Il linguaggio rimanda alla poesia epica e conferisce eroicità ai personaggi della campagna.
3.3 Canti di Castelvecchio (1903)
Giovanni Pascoli definisce queste poesie come delle myricae, collegandole dunque alla sua prima raccolta. Ritornano le
immagini naturali e la vita di campagna e si torna al verso breve e alla dimensione lirica, che Pascoli aveva abbandonato nei
Poemetti. Nella natura il poeta cerca una consolazione al dolore; lo capiamo dalla riproposizione dei temi del lutto familiare
e della morte. Dal punto di vista dei paesaggi viene presentato sia Castelvecchio, il paese nel quale il poeta si rifugia nei
momenti di riposo e al quale rimanda il titolo, sia il paese natale, luogo del nido perduto. Non mancano anche qui i temi più
morbosi, che rimandano alle segrete ossessioni del poeta: il sesso, vissuto col turbamento di un fanciullo, e la morte, come
rifugio ultimo.
3.4 Poemi conviviali (1904)
Il titolo deriva dal fatto che la maggior parte di queste poesie furono pubblicate sulla rivista «Il Convito». Si tratta di
poemetti dedicati a personaggi e fatti del mito e della storia antica, dalla Grecia fino al Cristianesimo delle origini: vi
compaiono personaggi come Achille, Ulisse, Elena, Solone, Socrate, Alessandro Magno. Il linguaggio di Pascoli mira qui a
riprodurre in italiano la poesia classica, ma sotto le vesti classiche appaiono i temi consueti della poesia pascoliana. Il
mondo antico non si presenta immobile e perfetto, ma carico delle angosce della modernità.
4.1Crisi del Positivismo Della sua formazione positivista rimane nella poesia di Giovanni Pascoli la precisione nell’uso dei
nomi di animali e piante e l’attenzione alla correttezza scientifica. Famoso il passo in cui Pascoli rimprovera Leopardi per
aver messo in mano alla donzelletta di Il sabato del villaggio un mazzo di rose e viole, cosa impossibile dal momento che
rose e viole non fioriscono nello stesso periodo. Ma in lui si riflette anche la crisi della scienza tipica della cultura di fine
secolo, che sfocia in tendenze spiritualistiche. Nella scienza egli non vede più lo strumento principale di conoscenza.
4.2 Simboli, corrispondenze e irrazionalismo In conseguenza alla crisi del Positivismo la poesia di Giovanni Pascoli si apre
all’ignoto e al mistero e cerca di decifrare i messaggi enigmatici della natura. La rappresentazione degli oggetti non
risponde a un’adesione verista alla realtà. La soggettività del poeta li carica di valenze simboliche, rimandano a qualcosa di
ignoto e misterioso che si situa al di fuori di essi. Si vengono a creare legami segreti tra le cose, le corrispondenze di cui
parla Baudelaire, che solo possono essere colte abbandonando la logica. La conoscenza diventa intuitiva, non più razionale.
Simbolo, corrispondenze e irrazionalismo legano indissolubilmente Pascoli alla cultura decadente.
5.La poetica del fanciullino
Un discorso a parte merita il saggio Il fanciullino (1897), in cui Giovanni Pascoli espone la sua poetica. Il poeta deve porsi
nell’ottica del fanciullino e comportarsi come se vedesse le cose per la prima volta, con stupore.Per descrivere questo
nuovo mondo egli deve usare un nuovo linguaggio, svincolato dai meccanismi della comunicazione abituale e che vada
all’intimo delle cose, riscoprendole.La poesia diventa una conoscenza prerazionale, immaginifica, intuitiva e non logica.
L’atteggiamento irrazionale in Pascoli non determina un abbandono al sogno, ma anzi porta a uno scavo profondo nella
realtà e permette di conoscere le cose direttamente, senza la mediazione della ragione. Il poeta-fanciullino è in grado di
cogliere le somiglianze e le relazioni tra le cose, le corrispondenze che vengono a creare una rete di simboli.
Il poeta è un veggente, dotato di una vista più acuta degli altri uomini e può spingere lo sguardo oltre le apparenze ed
esplorare il mistero.
Il poeta, se è e quando è veramente poeta, cioè tale che significhi solo ciò che il fanciullo detta dentro, riesce perciò
ispiratore di buoni e civili costumi, d'amor patrio e familiare e umano.
6 Temi della poesia pascoliana
6.1La natura e la campagna
descrizione della natura e della vita contadina, dei suoi oggetti e dei suoi ritmi sono al centro di tutta la produzione di
Giovanni Pascoli. Il poeta vede il suo ideale in una forma di vita che sta scomparendo. A differenza del Verismo di Verga,
Pascoli ignora gli aspetti più crudi della realtà popolare e la idealizza. Egli preferisce concentrarsi sulle piccole cose di quel
mondo e si pone nell’ottica stupita del fanciullino che vede tutto per la prima volta. Con lo stesso sguardo stupito Pascoli si
sofferma sugli eventi naturali, li spoglia dei loro significati oggettivi e gliene conferisce di nuovi e simbolici.
6.2Le piccole cose
Il mondo poetico pascoliano appare frantumato in tanti piccoli oggetti, brevi immagini, lampi di luce, scie di odori, pensieri
che appaiono e scompaiono all’improvviso. Di questo mondo visto a scatti Giovanni Pascoli descrive le piccole cose. Il poeta
rifiuta il principio classicista che divide tra temi alti e bassi e non ritiene questi ultimi degni della poesia. Per lui la poesia è
anche nelle piccole cose, che hanno la stessa dignità di quelle grandi. Così si ricollega al principio romantico per il quale
ogni elemento della realtà è degno di entrare in letteratura e si fa cantore del mondo contadino allo stesso modo in cui
canta le glorie nazionali ed evoca i miti e gli eroi antichi.
6.3Le vicende autobiografiche
Al centro di molte poesie di Giovanni Pascoli ci sono le sue vicende autobiografiche, in particolare la morte dei suoi
familiari. Importantissima l’immagine del nido distrutto, che il poeta cercherà per tutta la vita di ricostruire. Nella poesia X
Agosto, probabilmente la sua più bella, il poeta rievoca l’uccisione del padre, accostandola a quella di una rondine e al
martirio di Cristo sulla croce.
Quello che bisogna sottolineare è che Pascoli parte dalle proprie vicende personali per arrivare alla condizione umana in
generale. Così è anche per il suo pessimismo: nel proprio dolore egli vede il dolore di tutta l’umanità e si attiva per porvi
rimedio, seppur attraverso una visione utopistica.
6.4Il mito e la storia antica La formazione di Giovanni Pascoli è classica, studiò la letteratura greca e latina (di cui fu anche
professore a Bologna) e alle storie antiche si ispirò nelle sue poesie. Egli però non riprese quel mondo così com’era, ma lo
interpretò secondo la propria sensibilità. Nei Poemi Conviviali esplora gli aspetti meno noti della storia e del mito,
ricollegandosi alla poesia ellenistica, mentre nelle poesie in latino si dedica ad aspetti marginali della vita romana e mette al
centro personaggi umili (gladiatori, schiavi, poveri) ma virtuosi. In questo vediamo di nuovo l’umanitarismo di Pascoli, che
respinge la schiavitù e cerca di riscattare queste figure oppresse.
Concetti chiave
Giovanni Pascoli, poeta decadente
Come risposta alla crisi del Positivismo la poesia di Giovanni Pascoli ci mette di fronte all’irrazionale e lo interpreta
attraverso i simboli e le corrispondenze.
Per Pascoli la vita è dolore, ma nella sua poesia c’è l’aspirazione alla fratellanza.
Per Pascoli la poesia deve essere svincolata da ogni fine esterno, tuttavia in essa esprime un messaggio di fratellanza.
La sua visione del mondo è pessimista: la vita è caratterizzata dal dolore e dal male.
I temi principali delle poesie di Pascoli sono la natura, la vita contadina, la morte e il mito.
Per le sue poesie predilige in generale la forma breve e il ritmo spezzato.
la poetica del fanciullino
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