Una presentazione dell’antropologia L’antropologia culturale è una disciplina che si può iscrivere nelle scienze sociali e ha come particolare oggetto il tema delle diversità fra le culture umane. È quindi una disciplina che si pone il problema di stabilire in che termini si può tradurre un’esperienza di vita, un’esperienza culturale di un certo gruppo umano, di un certo gruppo sociale, agli occhi di un’altra cultura che può provare a osservarla e a descriverla. Quindi l’antropologia culturale si presenta prima di tutto come un tentativo nell’ambito delle scienze umane di operare una sorta di descrizione critica, che è anche una descrizione riflessiva, che tenta di comprendere i modi di vita altrui e in questo modo riflettere maggiormente anche sui modi di vita propri, del proprio gruppo umano a cui si appartiene. Il problema del confronto e del contatto delle società con gruppi umani e società molto lontani o comunque con stili di vita molto diversi, è un problema che è emerso molto presto nell’esperienza culturale occidentale. I grandi storici come Erodoto hanno manifestato molto precocemente, in età classica, la curiosità per il confronto fra stili di vita e culture diversi. Nonostante questo, per moltissimi secoli – almeno per quanto riguarda l’esperienza occidentale – il confronto con culture molto diverse e lontane è un problema che è stato ostacolato, è stato reso confuso e difficile dalla lontananza, dall’ignoranza e dalla scarsità di contatti, e di viaggi verso i lembi del mondo molto lontani. Nonostante questa difficoltà nei confronti di culture diverse, sono da testimonianza una serie di segnali che provengono dal mondo Medioevale, periodo in cui l’occidente non aveva certo avuto modo di stabilire rapporti costanti, ad esempio con il mondo orientale e africano. Il romanzo Il Nome Della Rosa di Umberto Eco, grande successo mondiale del 1980, racconta una sorta di inchiesta poliziesca in una abbazia non precisata del centro-nord Italia, nel 1327. I protagonisti di questo romanzo, fra Guglielmo e Adso si trovano a un certo punto a contemplare la facciata (in particolare il timpano) dell’abbazia e sopra il portale di questo grande edificio religioso scorgono in bassorilievo una rappresentazione del mondo e di tutti i popoli conosciuti che la Chiesa Cattolica racchiude e controlla in sé. Il romanzo dice: Era la prima volta che ponevo piede in quel luogo, che al di fuori era di modeste dimensioni e sobrie fattezze; vidi che era stato ricostruito in tempi recenti sulle spoglie di una primitiva chiesa abaziale, forse distrutta in parte da un incendio. Entrando da fuori si passava sotto un portale alla moda nuova, dall’arco a sesto acuto, senza decorazioni e sovrastato da un rosone. Ma, all’interno, ci si trovava in un atrio rifatto sulle vestigia di un vecchio nartece. Di fronte si parava un altro portale, con l’arco alla moda antica, il timpano a mezza luna mirabilmente scolpito. Doveva essere il portale della chiesa scomparsa. Le sculture del timpano erano altrettanto belle ma meno inquietanti di quelle della chiesa attuale. Anche qui il timpano era dominato da un Cristo in trono; ma accanto a lui, in varie pose e con vari oggetti tra le mani, stavano i dodici apostoli che da lui avevano ricevuto il mandato di andare per il mondo a evangelizzare le genti. Sopra la testa del Cristo, in un arco diviso in dodici pannelli, e sotto i piedi del Cristo, in una processione ininterrotta di figure, erano rappresentati i popoli del mondo, destinati a ricevere la buona novella. Riconobbi dai loro costumi gli ebrei, i cappadoci, gli arabi, gli indiani, i frigi, i bizantini, gli armeni, gli sciti, i romani. Ma, frammisti a loro, in trenta tondi che si disponevano ad arco sopra l’arco dei dodici pannelli, stavano gli abitanti dei mondi sconosciuti, di cui ci appena ci parlano il Fisiologo e i discorsi incerti dei viaggiatori. Molti di loro mi risultarono ignoti, altri ne riconobbi: a esempio i bruti con sei dita per mano, i fauni che nascono dai vermi che si formano tra la corteccia e la polpa degli alberi, le sirene con la coda squamosa, che seducono i marinai, gli etiopi dal corpo tutto nero, che si difendono dalla vampa del sole scavando caverne sotterranee, gli onocentauri, uomini sino all'ombelico e asini di sotto, i ciclopi con un occhio solo della grandezza di uno scudo, Scilla con la testa e il petto di ragazza, il ventre di lupa e la coda di delfino, gli uomini pelosi dell'India che vivono nelle paludi e sul fiume Epigmaride, i cinocefali, che non possono dire parola senza interrompersi e abbaiare, gli sciapodi, che corrono velocissimi sulla loro unica gamba e quando si vogliono riparare dal sole si sdraiano e rizzano il gran piede come un ombrello, gli astomati della Grecia privi di bocca, che respirano dalle narici e vivono solo d'aria, le donne barbute d'Armenia, i pigmei, gli epistigi che alcuni chiamano anche blemmi, che nascono senza testa, hanno la bocca sul ventre e gli occhi sulle spalle, le donne mostruose del mar Rosso, alte dodici piedi, coi capelli che arrivano al calcagno, una coda bovina in fondo alla schiena e zoccoli di cammello, e quelli con le piante dei piedi rovesciate all'indietro, che chi li insegue guardandone le orme arriva sempre da dove vengono e mai dove vanno, e ancora gli uomini con tre teste, quelli con gli occhi luccicanti come lampade e i mostri dell'isola di Circe, corpi umani e cervici dei più vari animali... Questi e altri prodigi erano scolpiti su quel portale. Ma nessuno di essi provocava inquietudine perché essi non stavano a significare i mali di questa terra o i tormenti dell'inferno, bensì erano testimoni del fatto che la buona novella aveva raggiunto tutta la terra cognita e si stava estendendo a quella incognita, per cui il portale era gioiosa promessa di concordia, di raggiunta unità nella parola di Cristo, di splendida ecumene. Questa creazione di Eco rappresentante il mondo Medioevale in maniera molto acuta, molto competente, mette un accento su un elemento molto importante per noi: per lo spirito Medioevale, per lo spirito soprattutto di questi frati minori che sono i protagonisti del romanzo, il problema della diversità dei popoli e della diversità delle culture è un problema avvertito in maniera acuta. E viene avvertito il problema dell’ignoranza e della mancanza di informazioni che si hanno sui modi di vita di popoli remoti. Questa ignoranza, questa difficoltà di comprensione si riempie e si supera con uno sforzo dell’immaginazione, immaginando delle creature grottesche, uomini senza testa, uomini che saltano su un grande piede che adoperano poi come parasole. Oppure raffigurazioni ugualmente temibili che derivano da racconti e da sedimentazioni molto più antiche nel tempo, ad esempio di donne mostruose, di sirene, di creature che si presentano ai margini di un mondo che non è più un mondo strettamente legato alla natura, ma un mondo fantastico. Nel XIV secolo, iniziano attraverso le esperienze di Marco Polo, delle incursioni importanti su mondi esterni. Ed è interessante notare che, leggendo Il Milione, ogni qualvolta l’autore descrive e si riferisce a popoli, a contrade della grande Cina, tutta la sua trattazione diventa una trattazione molto precisa e niente affatto fantastica. Quando invece si riferisce a racconti altrui fatti da persone che hanno viaggiato, a resoconti della vita di popolazioni distanti, allora inizia di nuovo l’ambito della fantasia e dell’inverosimile. Il fatto di considerare tutti questi popoli come popoli che avrebbero presto avuto notizie della buona novella di Cristo e sarebbero entrati con fiducia nell’ecumene Cattolica, in quella che veniva considerata l’idea di umanità, rappresenta per noi un segnale interessante. È come dire il segno della volontà di ricomprendere e di riconoscere la diversità culturale come facente parte di un’esperienza umana comune. E questo, è comunque un punto di riferimento importante per l’antropologia. L’antropologia è costruita di fatto, dal punto di vista cognitivo ed euristico, sulla possibilità di incontrare altre culture e sulla possibilità effettiva di avere degli scambi culturali con queste, attraverso una serie di strumenti, di metodi che ci accingiamo adesso a presentare. Nascita dell’antropologia culturale come disciplina L’antropologia culturale nasce come disciplina specifica a metà del secolo XIX. L’antropologia studia l’essere umano in società L’antropologia e l’etnologia (disciplina affine) studiano la variabilità delle forme di vita umane in termini sociali e culturali. Il problema dello studio delle culture umane nella loro varietà prese una forma scientifica e solida solo nella metà del XIX secolo. Sono passati molti anni da quel momento di diversità culturale analizzata nell’opera di Eco. Fra il 1327 e il 1870, anni in cui nascono le prime cattedre di antropologia, molta acqua è passata sotto i ponti, in tutto il mondo, ma in particolare nel mondo occidentale. Proprio rispetto alla vicenda storica del mondo occidentale, è accaduto un fatto significativo. L’Europa e il Nord America hanno compiuto a metà del XIX secolo la loro esperienza coloniale. Le conquiste geografiche hanno dato luogo, a partire almeno dal XV secolo, a forme di contatto stabilizzate fra Europa e molte parti del mondo raggiungibili attraverso le rotte marittime. Si sono costituite delle teste di ponte commerciali per permettere la circolazione di risorse, soprattutto materie prime, a cui via via sono succedute delle forme di vero e proprio controllo militare ed economico delle zone extraeuropee. Il mondo coloniale è un mondo che si forma quindi in maniera specifica tra il XVI e il XIX secolo. Grandi potenze marittime e militari come l’impero britannico, a metà dell’800 sviluppano il loro dominio su parti di tutti e cinque i continenti. In pratica tutto l’Oceano Pacifico è sottoposto a una forma di trattamento e di controllo coloniale e questo controllo si estende dall’Africa all’Asia, fino al mondo Oceanico e a tutto il mondo conosciuto recentemente dalle culture e dalle società occidentali. La stabilizzazione di questi rapporti implica che le curiosità e gli interessi arrivarono al mondo occidentale come informazioni sempre più precise e articolate. Quello che accade a metà dell’800 è una parziale trasformazione della qualità di questa attenzione verso i mondi coloniali, non volti soltanto al tema dello sfruttamento e del controllo strategico e militare, ma a un tipo di interesse che diventa anche scientifico. In particolare, a metà dell’800, le teorie di Darwin sull’evoluzione delle specie viventi, aveva ulteriormente rafforzato l’idea che, anche per quanto riguarda l’uomo e la vicenda culturale dell’uomo, si potesse parlare di un processo culturale evolutivo. Questa evoluzione implicava l’attivazione di forme di cultura sempre più sviluppate e articolate. L’esperienza coloniale aveva permesso a molti occidentali di entrare in contatto con forme culturali che apparivano del tutto simili a quelle preistoriche, a quelle primitive. Vi era quindi la forte illusione che in molte parti del mondo si conservassero modi e pratiche culturali che rappresentavano una sorta di testimonianza vivente dell’infanzia dell’umanità. E questo era un punto di vista che animava la curiosità scientifica di molti intellettuali. Fu questo uno dei motivi per cui l’antropologia culturale nacque come disciplina scientifica, dotata di uno statuto scientifico e di un metodo, che gli antropologi cercarono di seguire soprattutto a partire dalla seconda metà dell’800.