/^Pr^./\ Digitized by the Internet Archive in 2010 with funding from University of Toronto littp://www.arcliive.org/details/lapoesiadidante17croc SCRITTI DI STORIA LETTERARIA E POLITICA XVII mSc^Ey BENEDETTO CROCE LA POESIA DI DANTE SECONDA EDIZIONE RIVEDUTA BARI OIUS. LATERZA & FIGLI TIPOGRAFI KDITOKI-LIBKAI 1921 PROPRIETÀ LETTERA HI A FEBURXIO MCMXXI-Ó7&69 A GIOVANNI GENTILE IN TESTIMONIANZA DI ANTICA E COSTANTE FRATERNITÀ NEGLI STUDI E NELLA VITA n AVVERTENZA Questo lavoro, compiuto nel 1920 e del quale alcune parti atti sono state sparsamente pubblicate in riviste e d'accademia, si raccoglie ora intero nel presente volume, nell'anno in cui ricorre della Il morte di il sesto centenario Dante. suo intento è di offrire un'introduzione metodolo- gica alla lettura della Commedia, e insieme come un saggio di questa lettura, condotta con semplicità, libera da preoccupazioni estranee. E se conseguirà l'effetto di rimuovere alquanto l'ingombro dell'ordinaria tura dantesca e riportare gli lettera- sguardi verso ciò che èl proprio ed essenziale nell'opera di Dante, questo libro avrà ottenuto il suo fine. B. C. INTRODUZIONE CJ Dante debba metodo diverso da quello di ogni è ragione alcuna per la quale la poesia di esser letta e giudicata con altra poesia? Parrebbe di si, a volger l'occhio al severo profilo tradi- zionale di Dante, poeta, filosofo, teologo, giudice, banditore di riforme e profeta, e a dare ascolto ai motti temente uomo si ripetono su e poeta » , « lui, che è detto «grande che insisten- come al pari grande poeta perché uomo grande » , « più che poeta», e sulla sua Commedia, definita opera «singolare e » « Quel unica » fra quante altre mai si profilo e quelle parole enfatiche conoscano. hanno, in verità, fondamento nell'importanza che spetta a Dante, poeta non solo e uomo medievali, ma di alla crisi italiana terzo e mente il pensiero, rappresentante delle concezioni altresì uomo la fine del secolo modo decimo- principio del decimoquarto; e rispondono chiara- al carattere assai complesso del suo maggior nel quale aXVop^is poeticum cum d'azione, partecipe a suo ed europea tra si libro, consertano l'opus philosophi- e l'opus practicum, a sentimenti e fantasie, atti di fede e di religiosità, insegnamenti, censure della politica fioren- tina e di quelle della Chiesa e dell'Impero e di principi italiani e forestieri, sentenze e vendette, tutti i annunzi LA POESIA DI DANTE 10 e profezie, e al significato aperto e letterale significati allegorici o variamente aggiungono si Sarà opportuno riposti. mettere in guardia contro la seduzione a esagerare quell'importanza, e a rammentare che fine tal Dante non se com'è, grandissimo poeta, è da presumere che tutte fosse, quelle altre cose perderebbero filosofi, pubblicisti, utopisti e molti ai suoi tempi perché di teologi, rilievo, partigiani politici ce ne furono come in ogni tempo: pure, l'importanza quando le si raccolga come in fascio, di esse, specialmente non si Ma può negare. col concedere citamente rigettata la semplice « importanza singolarità > e la « « unicità » è impli- » si del poeta e dell'opera sua, e riconosciuto apparente e non sostanziale sostegno su cui quel giudizio riposa. il poeta e opera siasi di poesia è E veramente in qual- dato rintracciare, più o meno copiosi e con risalto maggiore o minore, concetti scientifici e filosofici, tendenze e fini pratici, e anche intenzioni e rife- rimenti riposti, presentati sotto velo trasparente o adombrati modo in misterioso come ben chiusi nella mente Perciò di ogni poeta, che è sempre insieme dell'autore. uomo intero, e ogni poesia, che è insieme un volume o un discorso e di lega molte cose squadernate, è dato compiere, oltre l'inter- petrazione poetica, una varia interpetrazione filosofica e pratica, che, sotto l'aspetto da cui mare nel « allotria ». E si rapporto che di solito fallacemente d' interpetrazione « estetica perché in », la formula come « storica », La differenza, che per questa parte può porre tra Dante dunque logica, ma soltanto quantitativa, e la generalità degli altri poeti, giàconcessa importanza « si e d' interpetrazione due sono, e non possono non esprima di storia della poesia e la seconda di altra e varia storia. é » effetto tutte e sere, «storiche si guardiamo, possiamo chia- badi bene che l'una non sta con l'altra allotria » prende, nei dell'altro Dante, rispetti di lui, l' non perché,, per la interpetrazione grandi dimensioni. INTRODUZIONE assai maggiori che essa è (pare, non per ma non altri poeti, per molti dei quali trascurata a trascurabile e 11 segno che -quasi pare che non se ne offra materia. è) Cominciò questa interpetrazione filosofica ed etica e giosa fin dai tempi di Dante, per opera di notai e frati e relilet- e degli stessi figliuoli del poeta; e sarebbe tori d'università, probabilmente cominciata per opera sua stessa, se bastata la vita, perché chi aveva commentato gli fosse proprie can- le zoni nel Convivio, diftìcilmente avrebbe lasciato senza chio poema sa^ La tanto disputata epistola allo Scaligero potrebbe essere un saggio del commento al quale pensava; e la notizia di un codice quasi par mostrare (come notò il Carducci) Dante nell'atto di ordinare al figlio Iacopo di il « sacro scrivere le « » . dichiarazioni Comunque, non si » : « Jacohe, facias declarationem ». potrebbe facilmente immaginare altro lavoro di più benefico effetto, ché, mercé dell' interpetre, l'autorità se fosse stato eseguito; per- gravi e in gran parte vane fatiche avrebbe risparmiato ai posteri. Continuò commenti per tutto il trecento, e altresì nel quattro e cinquecento; e, dopo una tal quale pausa durata circa due secoli, fu ripresa con quella sorta di esegesi in molteplici e grandi alacrità e non più interrotta dal settecento ai giorni nostri, quando, segnatamente negli ultimi decenni, per opera d'ita- imponente o spaventevole liani e di stranieri, è diventata per mole. Chi volesse farne la storia stata tentata o tibbozzata finora, criterio di progresso nei concetti il crescente arricchimento e affinamento metodici e nel senso dell'obbiettività storica, onde quella interpetrazione scientifica e critica, fu spiccatamente riti disposti meglio che non sia dovrebbe assumere come alle si fece e si rifece da edificatoria morale e dapprima (e sempre più religiosa, quale ridiviene talvolta presso spi- meditazioni ascetiche), e da edificatoria politica e nazionale, quale fu soprattutto nel periodo delle lotte del Risorgimento italiano (e come ora si ripresenta ., LA POESIA DI DANTE 12 quasi soltanto presso retori della cattedra e della tribuna), e da esercitazione accademica d'ingegnose immaginazioni e sofistiche sottigliezze, quale è stata in tutti E cora piace agli oziosi. nella storia del quelle indagini converrebbe segnare <li i tempi e an- buon avviamento tra 1 più lontani precursori Vincenzo Borghini, che nel cinquecento comprese la metodica di ricercare documenti autentici dei necessiti^ pensiero e del sapere di Dante, e di rifarsi alla lingua costumanze ^lle promotori, dell'età sua; e, tra gli eruditi del settecento, <- più vicini ed efficaci i e, nei primi dell'otto- cento, Carlo Troya, che ricollegò Dante, per la parte politica, alla storia del rici e del comune, di Arrigo medioevo e italiano e degli istituti barba- venne sgombrando la figura del fautore VII da molte delle ideologie anacronistiche, che vi erano state appiccate. Appartengono nel — gli su quel tanto, se pur vi immise queste indagini al giro di senso sopradetto — « allotrie » studi sulla filosofia di Dante e egli nel suo generale tomismo di altre correnti speculative o pensò di proprio; sul suo ideale politico, e senta verso fu, le che somiglianze e differenze che pre- altri ideali allora proposti e vagheggiati vicende della sua vita pubblica e privata, e il ; sulle variare dei suoi concetti e speranze, e sulla cronologia delle opere e delle singole parti della Commedia in rapporto alle loro storiche occasioni; sull'eredità letteraria, classica e medievale, che egli accolse della ; su quanto egli conobbe della storia passata e contemporanea; e su quel che credeva reale nei fatti a cui alluse, e su quel che stimava semplicemente proba- immaginò bile o addirittura pei suoi intenti; sull'allegoria generale e quelle particolari o incidentali del poema, e se il fine questi del fini poema sia etico-religioso o politico o entrambi combinati; e via enumerando e particolareg- giando. Studi che sono ora pervenuti, senza dubbio, presso i migliori, ad alto grado di addottrinamento e di esattezza; I^'TRODUZIONE ma 13 debbono, per quel che mi sembra, salire ancora un buon da un tratto per liberarsi difetto metodico, ma gia e infrivolisce un po' dappertutto, che li danneg- specialmente in quella loro parte che riguarda le allegorie, dove che sono eseguiti e si estesi eseguono, quanto più si ingombranti, altrettanto e resto, è notorio) si i lavori vedono dimostrano (come, del si poco concludenti e poco fruttuosi. L'allegoria non è altro, per chi non ne perda di vista la vera e semplice natura, se non una sorta di criptografia, e p erciò un prodotto pratico un atto di volontà, col quale si decreta che questo debba significare quello, e , quello quell'altro: per « voglio e per » intendere occhi « » le « « « cielo » (scrive Dante nel Convivio) la scienza», e per « cieli» le «scienze », dimostrazioni E quando ». l'autore di quel prodotto non lascia un esplicito documento per dichiarare l'atto « volontà da lui compiuto, porgendo di chiave » della sua allegoria, è può vedere», [dice nel vano ricercare e sperare dt non «non la conta», come anche si Convivio. In mancanza della chiave, della espressa fissarne in si modo al lettore la sicuro il significato: la .«vera sentenza se l'autore dichiarazione di chi ha formato dandosi sopra altri l'allegoria, si può, fon- luoghi dell'autore e dei libri che egli leggeva, giungere, nel miglior caso, a una probabilità d'interpetrazione, che per altro non per la certezza Se, in fatto di ci si converte mai in certezza: vuole, a rigor di termini, poesia, l'autore critici, in fatto d'allegoria è sovente è sempre il il V ipse dixit. peggiore dei migliore. Invece, i più degli studiosi delle allegorie dantesche dimenticano questo principio proprio della materia che trattano, e giungere al significato riposto per acume pretendono d'intelletto e indu- strie di raziocinio, che farebbero meglio a riserbare ad argomenti; onde loro entrare, e spesso senza avvedersene, nella via il altri che non è via (sebbene, anzi appunto perché, larghissima) delle congetture, delle quali l'una distrugge LA POESIA DI DANTE 14 nessuna persuade se noa forse chi l'ha escogitata e si è lasciato avvincere dalle proprie escogitazioni e le ha poi rafforzate con l'amor proprio (con « l' affetto che l' intell'altra e mettendovi tanto maggior passione quanto più letto lega >), un'oscura coscienza le A di lo avverte che egli non può fondare sue pretese su alcun saldo diritto. metodico, che conferisce a gran parte quest'errore siffatte aggiunge indagini la veramente dilettantesco, carattere sopra valutazione, accennata di sopra, o tendimento della particolare importanza di Dante il si frain- Z^, filosofo e | anche dove par che politico, In verità, tamente parlare si possa più fonda- V di originalità del pensiero dantesco, per chi | esamini spregiudicatamente, l'originalità nua o si man mano dimostra di natura non propriamente Cosi è del trattato De monarchia, nel quale il si atte- scientifica. lodato concetto della monarchia mondiale e della pace universale è un pio desiderio di tutti si tempi, e l'altro, che i si vuole che vi un dualismo affermi dello stato laico è invece di potere spirituale e potere temporale, con la debita riverenza di questo a quello, che importa infine una certa subordinazione: il De monarchia è piuttosto opera di pubblicistica che di scienza politica, quantunque, con la stessa sua conLradizione fondamentale, mostri vagliavano si le preparava velli. Si le difficoltà e menti sul finir del i ripieghi in cui la futura scienza politica di Niccolò dica all' incirca lo stesso del che, notevolissimo come certamente gura, com'è stato detto, per parlate d'Italia, la moderna le si tra- medioevo, e attraverso cui Machia- De vulgari eloquentia^ è, tuttavia non inau- notizie che offre sulle varie filologia, nata invece dal mo- derno sentimento storico, né contiene nulla di rivoluzionario e nemm(Mio di rilevante per la filosofia del linguaggio, ma è da considerare, da una parte, documento del formarsi spirituale della nazionalità italiana, e dall'altra, e soprattutto, documento della formazione artistica di Dante, che in quel 1 INTRODUZIONE libro pose e difese recenti, e « un ideale conforme illustre », ». di lingua e di stile, E sentire, pel volgare in tempi Manzoni, l'ideale della lo stesso vale, infine, per la sua meta- ed etica in genere, nella quale solo con molta buona fìsica volontà si può ritrovare qualche particolare che non derivi dai libri da lui studiati. Perciò, anche presso i più attenti e scrupolosi indagatori, le ricerche sul pensiero e di « il sao proprio sentire, quale fu al con diverso lingua fiorentina 15 Dante di necessità si le aggirano in minuzie, cui dottrine si attri- buisce diverso e maggior valore che loro non spetti. L'ansia onde perseguono si le allegorie dantesche è la prova più evidente di questa tendenza a esagerare; perché, se anche quelle allegorie si potesse, come non si può, sicuramente determinarle, se anche una buona volta venissero fuori ele- menti di uu'interpetrazione autentica, che cos'altro rebbe con cole lo scoprire se non si fini- ripetizioni o, se si vuole, pic- credenze e di disegni e di varietà di concetti e di aspettazioni, che già ci sono noti da quei lunghi delle sue opere nei quali Dante parla fuori di allegoria, é testi a lui contemporanei o anteriori? si Non è da altri da credere che otterrebbero rivelazioni mirabolanti sul genere di quelle bandite dal Rossetti e più da taluni suoi seguaci; poi, in le quali ogni caso, offrirebbero una mera curiosità storica Dante poco sano e ci svelerebbero un suo cervello. Si deve in una regione del in parte a queste gonfiature, a questi sottilizzamenti, a questo litigare su inezie, e più ancora al vacuo congetturare dei cacciatoli è diventato, nell'uso comune di alh^gnrie, se «dantista> del linguaggio, quasi sinonimo dantomane ». Cose certamente inevitabili e che si osservano sempre e dappertutto nel culto che si forma intorno di < ai grandi uomini; ma delle quali, certamente, si farebbe meno. Nondimeno, dopo questa doverosa protesta contro volentieri di troppo che è troppo e contro il il parziale difetto di metodo, LA POESIA DI DANTE 16 rimane che l'interpetrazione come per legfittima, ma appropriato. E un uso particolarmente Dante allotria di per qualsiasi poeta, essere, e non è anche legittima altrettanto è l'interpetrazione estetica o storico-estetica, non potrebbe non solo è lui ritiene cui diritto il revocato in dubbio se stato, non da coloro, che, di proposito o involontariamente, non ammettono l'arto come una realtà e la trattano quasi parvenza illusoria, risolvendola in altre forme lunga storia, spirituali o ad- Anch'essa ha dirittura in concezioni materialistiche. la sua che comincia davvero questa volta con Dante, cioè con la teoria ond'egli spiegava e giudicava la poesia e con la definizione che die di sé (Iella medesimo come di poeta «rettitudine" o di poeta «sacro»; e nel suo processo confluisce con la storia dell'estetica e della critica estetica dai medioevo sino al presente; e anche in essa il progresso mercé il perfezionarsi del concetto dell'arte e la sempre maggiore esattezza e finezza della intuizione storica. si effettuò Dall'encomio di Dante come poeta teologo, conoscitore di tutti i dommi e sapiente in etica, si passò ai dibattiti del cinquecento intorno alla Commedia, se rientrasse o no nei generi della poetica aristotelica, e in qual trasse, o se non fosse un genere nuovo; modo tecento, al rifiuto o negazione e satira di essa in buon gusto zione che razionalistico, ammoni alle idee e ai e poi, la nome alle passioni del del reazione e corre- doversi giudicarla rimettendola in costumi e una più nell'età donde prima vi rien- e via via. nel set- tempo mezzo in cui sorse, alta e libera considerazione di quel poema, romantica, in conformità di un più alto e libero concetto dell'arte. due modi d'interpetrazione sono ambedue Se questi legittimi, illegittimo invece è il loro congiungimento, tunque una molto ripetuta formula scolastica recisamente mento dell' si rifiuta — asserisca quan- — che qui che condizione e fonda- interpetrazione estetica della Commedia sia la INTRODUZIONE sua interpetrazione filosofica, 17 morale, politica e altresì Questa formula prendeva un sembiante g-orica. cagione della falsa identificazione che, come soleva farsi dell' interpetrazione allotria con zione storica in genere, alla quale (|uella estetica, si di verità si l' la sua premessa o la a è notato, interpetra- metteva a sèguito concepita come per sé non istorica e vante nell'altra alìe- ritro- sua base storica. poiché runa e l'altra sono, in realtà, a lor modo Ma storiche, cioè rispondono a diverse e compiute storie o forme di storia, che chiaro è il congiungimento richiesto manca del necessario addentellato. quelle della sua alla La storia della poesia di Dante, e sua politica, hanno radice filosofia o della pari in tutta la storia che precesse quella creazione estetica, quell'accettazione o riforma di dottrine, quell'azione pratica; rica, ma una ciascuna di esse compie, intrinseco di quella materia sto- sua propria, in conformità del proprio e sintesi suo principio, ad modum percipientis o apper- cipientis. Valga il vero. Nella storia della filosofia le dottrine di Dante debbono essere ripensate nella loro logicità e dialettica e ricongiunte con le dottrine anteriori é posteriori in guisa da farne scaturire la verità e l'errore, e intendere il che presero e l'ufiìcio che esercitarono nello svolgi- posto mento generale come nel del pensiero. Ma nella storia della poesia, semplice leggere e gustare la poesia, tutto ciò non solo non importa, ma, se vi fosse introdotto, disturbe- rebbe; perché quelle dottrine vi stanno non in quanto pensate ma solo in quanto immaginate, e perciò non tizzano nel vero e nel falso. Importa conoscerle, stesso modo in cui si qualsiasi, cioè si dialet- ma allo conosce un mito, una favola, un fatto come elementi o parti della poesia, dalla quale, e non dalla logica, ricevono impronta e significato. Parimente, in una storia della cultura medievale, e di quella di Dante in particolare, importa ricercare che cosa B. Croce, La poesia di Dante. 2 LA POESIA DI DANTE 18 si sapesse o si credesse su certi personaggi e su certi miti, e discernere nei giudizi che da critica li riguardano ciò che proviene meno ben condotta più o o da tradizioni o da immaginazioni o magari da equivoci: l'Impero romano, Cesare, Bruto, Catone, Virgilio, Minosse, Plutone. tatti Ma nella nella storia della poesia dantesca, questi poesia, e perciò e personaggi diventano immagini o metafore del vario perciò occorre certamente conoscere sentire del poeta, e com'egli li pensasse, ma nelle situazioni in cui come grandi nomi li solo in rapporto all'uso che ne fece introdusse, in quanto gli sonavano del passato, intonati variamente renza, da ammirazione, da amore, da terrore. da rive- Avrà Dante, poco esattamente informato o immemore, confuso i due caratteri del Catone Uticense e del Censore; ma la figura non è il frutto di una confuuna poetica creazione, nella quale il nome e qualche tratto sono attinti al ricordo di un eroe romano, il che circonda di un'aureola quel personaggio, cosi come a una cara figliuola noi diamo un nome pieno di care memorie o di alto augurio, e la storia di quel nome non pesa del guardiano del Purgatorio sione, sibbene di di corto sulla realtà della persona, che ne è stata ornata. In una storia politica di Firenze è indispensabile muo- vere da concetti economici e giuridici e seguire i commerci, le lotte delle classi, i le industrie, negoziati e le guerre, e l'azione del re di Francia e dell'Impero e della Chiesa, e comprendere quali problemi nale allora si di assetto sociale e internazio- dibattessero, e quali gli istituti che perdendo terreno, e quali i andavano nuovi che sorgevano e si -raf- forzavano, e da qual parte fosse maggiore sagacia e sapienza politica; e vi si potrà anche toccare, nella misura che documenti superstiti consentono, dell'azione personale Dante, ascritto alle Arti, priore, oratore, i di condannato ed esule, attore e paziente in quo! processo di demolizione e costruzione, di ofi'esa e difesa. Ma, con la poesia dantesca, INTRODUZIONE tutto ciò 19 non ha diretta connessione; perché menti passionali, che in essa paiono riferirsi gli atteggia- a quei processi storici e perciò essere intelligibili e giudicabili solo in rap- modo che le notizie come particelle porto a quelli, vi stanno nello stesso provenienti dalla cultura filosofica e storica, che non è lecito astrarre dalle immagini a cui appartengono ed esaminare in qualità di storia sociale e politica, se non si voglia distruggere, invece di schiarire, esse formano. La « gente nuova » e i « complesso che il sùbiti guadagni » non sono nel verso di Dante, come nella storia politica, cause ed effetti ma dell'ascesa industriale e commerciale di Firenze, espressione di un impeto di disgusto e aborrimento del poeta. « Il villan d'Aguglione e quel di Signa come voleva giudicare, nella storia politica, » saranno da il Troya, più sennati o istintivamente meglio orientati del fazioso guelfo bianco Alighieri, e le « sfacciate ma triottiche di lui; donne fossero nella realtà, esse incorporano gnazione, e rattare villan di il Aguglione ha l'occhio aguzzo», e mostrando «con le fiorentine più pa- », nella poesia, quali che quelle persone poppe le disprezzo e il donne fiorentine petto», e bisogna che il l' indi- e di Signa « già per ba- i vanno predi- catori le facciano vergognare, additandole dal pulpito. Con- verrà nella storia o nella aneddotica appurare casi come quelli della tragica fine dei la verità di due amanti di Rimini o della grandezza e rovina del conte Ugolino; e potrà darsi che nel giudizio si lasciasse di essi Dante, come vuole un iaterpetre, qualche parte dominare dall'odio contro in Pisani e contro i Malatesta, «guelfi neri gere quegli episodi, a tenere presenti i dagli imuiHginandoli altri, o guardasse con siffatte lenti, tragico in quelle figure, e i Ma i guai, nel leg- risultati di tali inda- che Dante segnò, trascegliendoli gini, anziché soli tratti ». i : svanirebbe di colpo, a chi quanto delitti di vi ha di pietoso e dì Ugolino e la respon- sabilità giuridica, familiare e consortesca spiegherebbero o 20 LA POESIA DANTE DI attenuerebbero l'orrore per l'efferatezza dei Pisani, e amori di una Francesca pili gli che trentenne col cognato più che quarantenne parrebbero, come parvero a un critico, un'ignobile tresca, congiunta col ricordo di una simile che Dante avrebbe iniziata o voluto iniziare con la propria co- gnata: quella Francesca, che, mercé la divina poesia, ha tessuto attorno a sé una sua nuova figliuola dei Polenta respirò e al la il colle del cipresso dov'ella che faceva re- storia, spirare con delizia a Giorgio Bjn'on in Ravenna l'aria che Carducci vji^heggiare temprò « li occhi al ardenti sorriso ». Finalmente, e per fermarci alquanto sopra un punto che suol dare luogo alle più tormentose difficoltà, tra le forme d'espressione, o meglio di comunicazione e di scritturi! usuali o predilette nel Medioevo, c'era, senza dubbio, legoria,. il vinelli; e t fare a nascon dino, alvol ta occorre per avere notizia di certi consentono nibili di , il l '^i - pro porre_ii^cio "liere ind o- per intendere certi concetti o fatti, decifrarli) decifrare (se i i mezzi dispo- criptogrammi allegorici. Ma, checché pretendano e vantino gli investigatori e con- getturisti delle allegorie dantesche, nella poesia e nella storia della poesia le spiegazioni delle allegorie sono affatto inutili in quanto inutili, dannose. Nella poesia, l'allegoria non ha mai luogo: se ne parla bensì, ma, quando si va a cercarla e a volerla cogliere, non si trova: ombra vana perfino nele, nonché all'abbracciare. Duecasi, l'aspetto, darsi extra ; il primo dei quali è che possono l'allegoria sia congiunta ab con una poesia, con una vera e compiuta poesia, decretandosi, tali nfatti, i come personaggi, tali s'è detto, per un atto di volontà, che azioni, tali parole della poesia stare anche a significare un certo fatto debbano che è accaduto o accadrà, o una verità religiosa o un giudizio morale o altro che sia. In questo caso, è chiaro che la poesia rimane intatta, e che essa sola può riguardare la storia della poesia, laddove introduzionf: tutto l'altro, — al cui sopravvenire secondo senso il 21 un non-senso e la poesia, decadrebbe a in un oggetto che serve per segno il primo, trasformerebbe si — appartiene alla cerchia e alla storia della pratica. L'altro caso è che l'allegoria non non sussistere la poesia o lasci la lasci nascere, e al suo luogo ponga un complesso d'immagini discordanti, poeticaraente frigide e mute, e che perciò non sono vere ma gini poesia, ma semplici segni; e non neppure oggetto alcuno c'è di storia della poesia, solo l'avvertenza del limite di questa, del poeticamente porre, quello in compiutamente cui in come della poesia Un del brutto. fallito e nullo, terzo caso, che immagini, e tale primo caso nel ma e suol sup- si ma abbia bensì allegoria si pedisca come noi secondo, si imma- questo caso, non essendoci in tradotta che non rimanga fuori non distrugga o im- la cooperi con essa e in essa, dimostra apertamente contradittorio, perché, se l'allegoria sempre, per definizione, fuori e contro c'è, essa è la poesia, e se invece è davvero dentro la poesia, fusa e identificata con lei, immagine poetica, la quale materiale e In finita, che si unicamente circoscrive mai a cosa al senso allegorico, più dolci acque; cose, di cui si ma infinito. legge poeticamente non giunge, né deve o può giunger mai, in altre e non c'è, ed ha sempre valore spirituale e tutti questi casi, chi isforzi non vuol dire che allegoria e, perché naviga d'altronde, è impossibile, per una accanto all'altra due quando l'altra dispare. Ed è facciano, vedere una appare solo sofisma che, per intendere certi luoghi poetici, sia necessario far precedere la che deve precedere è spiegazione allegorica, laddove ciò la conoscenza degli elementi di guaggio, di vivo linguaggio, che in quei luoghi in nuova sintesi. Ed è un altro sofisma, che si il lin- atteggiano senso alle- gorico aggiunga alla poesia una vaga e gradevole o subli- mante «suggestione»: suggestione a che? a poesia? distrarsi dalla LA POESIA DI DANTE 22 Esempio del primo caso può essere Beatrice ne^li ultimi canti del Purgatorio e nel Paradiso, la quale sarA allegori- camente tutto ciò che Dante avrà voluto o gli interpetri avranno farneticato (la Teologia, la Rivelazione, l'Intelligenza attiva e via dicendo), ma, quale che bitrio d' sia in quest'ar- imposizione di nomi, in poesia è semplicemente una donna, una donna già amata e ora felice e gloriosa e pur benigna e soccorrevole all'antico amatore. Ovvero Matelda, della quale si sono date almeno una ventina d'inter- petrazioni dottrinali, che vanno dalla Vita attiva alla Grazia preveniente e cooperante, dalla Natura umana perfetta al Misticismo pratico, dall'arte o abito operativo e virtù intellettiva alla Conciliazione della Chiesa sei storiche (la contessa tilde di con l'Impero, Hackenborn. una beghina Matilde beata Matilde madre dell'imperatore la e almeno Matilde di Canossa, una santa Madi Magdeburgo, Ottone I, santa Maria Maddalena, un'amica di Beatrice del tempo della Vita si è né più né meno che quella che immagini e che risuona nel sentimento: una eppure in poesia nova): vede nelle giovine donna, la quale, nella frescura del mattino, in un boschetto, «si già Cantando ed isceglieudo fior da fiore»: figura infinitamente più ricca (in poesia) di quella che si pretenderebbe arricchire ed annullare con uno di quegli scarabocchi di secondi sensi e di allusioni storiche. Ovvero le « quattro stelle», le quattro famose stelle che Dante, al- l'uscire dall'Inferno, a un tratto vede nel mai, e delie cui fiammelle pare che saranno bene ma le il cielo, cielo non viste goda; e che quattro Virtù cardinali degli allegoristi, sono in poesia nient' altro che quella commozione di meraviglia e rapimento Quanto del all' inatteso e bellissimo spettacolo. primo caso è facile recure esempi, perché moltissimi ne occorrono, tanto è difficile_de]_ secondo, perché Dante ^è tal robusto-fì-ferace poeta che a*saj_di rado, 4*-Bon mai completamente, si chiude nello sterile allegorizzare, INTRODUZIONE pri vo poesia. di possono citare il 23 Nondimeno, con la sopradetta Veltro che non ciberà terra né riserva, peltro, si ma sapienza e amore e virtude, e avrà nascita tra Feltro e Feltro, e la lupa che che cello » « molte genti «che sempre era pie fermo si passa « come terra dura anche recare alcune canzoni e pendono incerti tra grame già viver fé' più basso il » », e e simili , si ; possono sonetti alquanto vuoti, Dante plicemente e, tono profetico e apocalittico, cosi l'allegorizzare, il che morale e l'amoroso. Nella Commedia, il in alcuni luoghi che passano per allegorici, il », e «bel fiumi- il abbassandolo a materia, rifa sem- oggettivando muove pur si sempre nella pura poesia. Del come caso non terzo s'è detto, è possono dare esempì, perché, si un caso inconcepibile, ne recano, è agevole vedere che se si e, quando esempi tratta o di poesie senza allegoria o di poesie che ne sopportano bensi una, ma è posseggono, d'altro la lato, proprio senso poetico. Tale il canzone delle Tre donne, che non so quante volte il Coleridge diceva di sempre e di non esser mai riuscito a intenderne il significato, ma che, nondimeno, essa esercitava su lui un gran « fascino » (fasclnation) per queir « anima di universale poesia che vi è, aver letta come Dove in ogni vera poesia, in aggiunta al senso specifico chiaro che è il fine intenditore, esperto teorico, chiamava è specifico ma quello che è il di tutti modo liriche i cando il senso specifico « anima » o » » altrettanto quello che non « soffio » o « fascino » se tutte le allegorie di tutte le liriche luoghi della Covimedia fossero spiegate e in quei dalle allegorie in ma non vero senso specifico perché poetico. certo, resterebbe e « estraneo, e Insomma, anche e e di rileggerla luoghi come poi sempre da interpetrare quelle storicamente, prescindendo inutili e dannose distrazioni, e vero «senso specifico». E cioè ricer- se io dovessi designare qualche modo l'interpetrazione storica che è propria LA POESIA DI DANTE 24 dell' iaterpetrazione storico-estetica, ossia litico momento ana- il che precede quello sintetico, direi che è Vexplanati'O verborum, l' largamente intesa, del senso interpetrazioiie, delle parole: seiiso che, come sanno, tutti si non trae dalla loro etimologia e dalla sequela dei concetti e dei senti- menti che hanno concorso a formarle e che ne costituiscono una sorpassata preistoria, di si ma dall'uso generale dei parlanti un dato tempo, dall'ambiente determina e individua poi che è composta di esse e insieme Proposizioni filosofiche, storici, giudizi sono adoperate, e in cui nuova compone e le in relazione alla nomi di le frase crea. persone, accenni a casi morali e politici e via dicendo, sono, iji poesia, nient'altro che parole, identiche sostanzialmente a tutte le altre parole, e vanno interpetrate in questi limiti. Nella interpetrazione allotria non sono più, e non debbono ma essere, parole, ossia immagini, Può darsi che non in tutti i cose. casi nare, in quella explanatio verborum, lune parole, storico, che contenuto morale, il in esse vibra; ma ogni altra parola, perfino di teria comune o familiare. E, riesca a determi- si il senso preciso di ta- filosofico, e, in genere, può accadere per quelle che si dicono di malo stesso quando non si riesce a de- terminarlo con esattezza, permane una maggiore o minore oscurità; e della «oscurità» di Dante ed è anzi passata si in proverbio, di essa è molto vociferato stranamente esage- randosi r importanza e l'estensione jQ^'o scurità di Dante è' una piuttosto difficoltà, che viene dall'esser la lingua che egli usò molto ricca e in alcune parti antiquata, e le riferenze storiche molteplici e non ovvie, e la terminologia filosofica appartenente a una cultura oltrepassata e nota solo a specialisti; e perciò quella oscurità si schiarisce con un po' di l)uona informazione, senza dire che concerne di solito punti particf»lari piTché il e secondarì3 Qualche volta rimane oscurità, o poeta sia stato poco attento a evitare equivoci, o INTRODUZIONE perché mancano documenti che i la 25 schiarirebbero e allora ; r interpetrazione diventa meramente congetturale, ammettente cioè parecchie possibilità, e non per se Ma, invece arbitrio. di fatto e rassegnarvisi, non dantisti i si potrebbe asserirla di riconoscere questo stato si attaccano a quei versi oscuri con tenacia che è quasi frenesia, e non cessano di proporne nuove e spesso bizzarre interpetrazioni, e vi litigano intorno. Sarebbe meglio, pur nell'attesa e speranza di qual- che documento che venga fuori a schiarirli, attenersi, per quei pochi versi oscuri, a uno dei seguenti due partiti: o trattarli -come si trattano d'un dipinto, sui quali adottando tra rarli, che sembra si i pezzi perduti e digiuno » stende una tinta neutra, o restau- la più calzante e la « più bella. Cosi è certa- Poscia più che del conte Ugolino l'interpetrazione che teneva lo restaurabili le varie interpetrazioni possibili quella mente da preferire pel verso il non il : dolor poto che dolore il sventurato in vita delirante fu alfine vinto dalla brutale forzi dell'inanizione e quetato nella morte, per- ché quest'ultimo tocco compie quella scena, tutta di armonicamente che non strazio, assai più lino, ina che disperatamente addenta con ciò non si le l'altro di umano un Ugo- carni dei figliuoli morti ; esclude in via assoluta che Dante po- tesse voler dire invece per l'appunto questa seconda cosa, in conformità di una voce che corse in qualche città d' Italia intorno agli ultimi istanti di Ugolino. Cosi anche iincor m'offende» di Francesca meglio morte datale in ^ il modo s'interpetra per la flagrante, che rese pubblica la sua colpa e che ancora, per violato pudore e sdegno fremente, brucia le l'anima; pur senza escludere che Dante intendesse accen- tempo che mancò pentimento, o magari, come nare al iiltri pretende, alla storiella (tardiva storiella) dell'inganno le al oud'ella fu tolta a Paolo e disposata a Gianciotto. E, per aggiungere un terzo esempio, « lo ancor efficace e poetica se si cola » suona frase più cor che in sul Tamigi « cola » LA POESIA DI DANTE 26 (com'è Stato proposto) si deriva da lere», e s'intende che quel non è sazio colare » e non da «cosangue e stilla non giova di vendetta. D'altra parte, a voler conoscere per forza « « cuore ancora insistere senso preciso del verso: il Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno che allude a », particolari biografici, affatto o quasi affatto perduti, di Guido Cavalcanti e delle sue relazioni con Dante; smarrendo, in quella insistenza sopra un verso oscuro, la poesia dell'epiuno dei casi in cui sodio, che è chiarissima: ed è questo converrebbe stendere La distinzione la «tinta neutra». petrazioni, l'estetica e l'allotria. che fermare in proprie. fastidio termini logici, è sentita generalmente, seb- esatti bene pensata Da modo confuso ed in quella coscienza o semicoscienza proviene filologi e i « commenti, e nessuno « i da solo a solo ha mai leggere Dante: > ; e il proposito che si forma e predica a leggere Dante, gettati via si fatto di ma il il gli allegoristi, gli congetturisti, e in genere contro commentatori l'esortazione che le espressa con formule im- che di continuo prorompe contro storicisti, gli aneddotisti, i due interabbiamo procurato di e la profonda diversità tra le ». Certo, meno, non i far di meno, commenti nel via è buono tutte può si dell'aiuto dei consiglio di gettarli volte (e sono assai frequenti) che, invece di fornire i soli dati giovevoli alla interpetrazione storico-estetica, essi esibi- scono cose inopportune ed estranee: certo, nessuno può leggere Dante senza adeguata preparazione e cultura, senza la necessaria mediazione filologica, ma mediazione deve con- la durre a ritrovarsi con Dante da solo a in immediata relazione con ragionevole che positi, i si solo, ossia a mettere sua poesia. Questa è l'esigenza manifesta in quel fastidio e in quei pro- quali, per altri rispetti, Si obietterà che, si la con vanno di là dal ragionevole. la distinzione che si è propugnata, viene a scindere l'unico Dante in due o più Danti: che sarebbe operazione più crudele di quella che compieva sui I INTRODUZIONE 27 seminatori di scandalo e di scisma il diavolo della nona bolda deprecare e impedire. Senonché, gia, e, a giusta ragione, qui non tratta di «scindere si sare », e pensare non zione di cui ora nulla, » ma soltanto di non distinguendo, e la discorre, prima assai che da noi si può si se quando, invece fu eseguita dallo stesso Dante, gersi e chiudersi nella politica o nella filosofia, anche poeta; sicché, come di essere tutto il risolse critici, di restrin- si permise di volta in volta risolse nella speculazione o nel pratico operare, moto una nella gioia del verso, nel tutto canzoni e Commedia. Altra la mirabile non dialettico, esiste; e comporre sonetti e unità, fuori di que- un Dante in sé e per sé, danteità», sarebbe torbido prodotto d'immaginazione, « caro all'anarchico individualismo dei decadenti, non conosce. E quando pensiero serio ricercando un'unità oltre si distin- del pari, e ben più largamente ed energicamente, lo cosi sto mondo suo pen- « il prima le altre; che tarie capo delle altre o e la si colloca a come per esempio, o e, che op- in alcune caratteristiche falsamente uni- la politica si a suo strumento la teologia, assoggetta la poesia e la riduce in fondo, fa come non se esistesse. vero accade di avvolgersi in una fraseologia sonora vuota, e come quando poeta, il legorista, il ma media sono forme dice Che in si politico e filosofo, il tutte queste tutti i spirituali, e il Dante non c'è ma Ov- ma teologo semplice dicitore e l'al- persone in una, o che nella Covi- generi, letterari e il il dramma non letterari, tutte le e l'epopea e il trattato e la profezia, e via discorrendo. Cosi, certamente, tutto fica, il va si di queste si lascia sono tentate di Dante, nelle quali si che processo delle forme particolari, prende a poco a poco, senza avvedersene, una forme ma col pensiero si uni- a furia di parole e non per virtù del pensiero, quale non pensa mai le il cose alla rinfusa. Alla precedente obiezione se ne lega un'altra anche abbastanza comune, che cioè, prendendo la poesia dantesca LA POESIA DI DANTK fì8 disgiunta dalle allegorie, dalle dottrine, dalle frudizioni, con l'autore, che voleva che fosse guar- si entri in dissidio data e g^iudicata secondo la teoria estetica che egli aveva Dante poeta non combacia con Dante della creazione poetica e l'atto del essa sono due atti distinti modo non secondo Dante, con cui stesso, del resto, critico, è la il non secondo ma secondo altrimenti, se J nuova quella Omero aedi, d'altronde mente, die gnia un denza con si volesse fai' entrerebbe in un disperato tormento, il nostro animo e la no- ma solo in bensì e ripensa l'antico, rifa teologo, la ha meglio si ma il senso della corrispon- volontà di Dante, è dire cosa indubitabile; senonché, nel caso presente non petrare. poco nota, supera. Dire che, col leggere Dante in compa- Io di si volesse pensare Aristotele con Aristotele e si nell'impossibile sforzo di mutilare (juanto trattano Pla- filosofia, verità eterna della poesia. Se Dante con Dante, stra si ma secondo ma poetica degli la la l'atto filosofico di verità della filosofia, e tone e Aristotele secondo non la loro che, per che critico, e pensamento e diversi, e che perciò^ bisogna trattare la poesia dantesca, verità: al parrebbe inutile che dovrebbe ormai ritenersi evidente: che cosa ripetere Ma medievale. tradizione ricevuta dalla poesia. Dire, di si tratta di volontà com'è da inter- stato detto più volte (e leggo ora di nuovo in un libro americano), che Dante arde- rebbe di sdegno contro odierni, contro i lezza sensibile e tro ma De suoi maggiori ammiratori e critici i Symonds, pi'esi solo della belpoetica dell'opera sua, non è argomento conSanctis e i anzi a favore della critica, che dal k noi ha percorso molto cammino. -che egli fece, nei ^. modi in cui allora quella, che facciamo noi. Ma quale sarà poi il si come si Dante affar nostro. criterio estetico è ricordato, dal di poteva, fu affar suo; deve esser guire? Se la critica in genere, e con essa progredì, tempo L'estetica e la critica che converrà la critica medioevo al se- dantesca, romanticismo INTRODUZIONE e air estetica idealistica, 29 può ancor si og-gi accettare il cri- formò in quest'ultimo periodo? Era esso, senza dubbio, di gran lunga superiore a quello della poetica neoche terio si nonostante classicistica, e. le parecchie scorie del passato che trascinava seco, valse a porre in alto nel mondo dello spirito poesia, e la schietto mondo nel poeta, genio poetico, e di dottrine e oratore di virtù o non quell'estetica della come due estremi Presso alcuni segnatamente critici, primo estremo; e nella poesia, e del concetto e la forme solenni e splendide. più moderna, Ora^_senza dubbio, verso l'altro l'efficacia letterarie, le quali si contrap- in onore ma i non nasce poesia la forme e in tati e violenti, solcati « materia » con la passione come l'idealità dell'arte, e, dall'altra, an- Non pareva in certe passionalità. romantici per una parte confondevano so- forma», deprimendo arbitrario. la passione è la materia della poesia* che in quanto materia non e romantica per la critica mettevano la vente la passione come « il era questa la tendenza dell'arte in genere, e senza passione ed arte; prevalse alla vecchia letteratura classicistica, didascalica, oratoria, rettorica, e come italiani, Dante, fu celebrata sublime morale, tralucente in Ma non contemporanee correnti ponevano in più poderosa e più ricca; estremo inclinò in genere delle punto giusto nel il oscillò, nel definirla, tra una rappresentazione simbolica dell'Idea o una rappresentazione fortemente realistica. di del Cosmo, e di l'altezza come dotto letterato. Pure mai a cogliere riusci determinare la natura dell'arte, e i poesia Dante, non più come insegnatore concepivano in modo ristretto e a essi di ritrovare vera passione se certi toni di passione, torbidi, agi- da lampi che insieme li rischiaravano e non mitigavano e li ma esasperavano quel furore: ideale che sembrava loro di facevano apparire più cupi e tristi vedere attuato nei drammi shakespeariani e in alcune creazioni goetliiane, Werther, Faust, Mefistofele, Margherita, e LA POESIA DI DANTE 30 poemi nei da e drammi del B^'ron e di altri minori. Seguiva ciò che altri toni di passione e di sentimento, quelli, per esempio, esprimenti la sicurezza del pensiero, busta delia volontà, la misurata energia, meno e simili, erano giudicati perché privi la virtù, ro- la fede poetici o addirittura impoetici, dicevano) di contrasti, cioè dei contrasti (essi del genere di calma la sopra descritto. ma strano alla prima, E seguiva un altro effetto, che pure psicologicamente spiega si ed è comprovato dal posteriore trapassare del romanticismo come riprodu- nel verismo: la tendenza a concepire l'arte zione della realtà, di una realtà anch'essa arbitrariamente delimitata, grossa, tangibile, rumorosa, gridante. La critica dantesca è stata poesia della in più parti roman- offuscata da codesti preconcetti estetici e predilezioni tiche; ai quali Io precipuamente è da riportare (perché, se non inventarono, dettero alimento e vigore) gli giudizio che la cantica riore altre alle umane due, àeW Inferno come scemanti passioni, sia il vulgato poeticamente supe- quella in cui hanno posto poi di rilievo e di forza le nel Purgatorio e affatto dileguanti nel Paradiso; o che nel- V Inferno vi sia concretezza e poesia e nel Paradiso solo insipidi spettacoli di beatitudini. dizio, che nella prima metà A dell' anche essi grandi caratteri poetici, e poi, via via che meno drammatici, peccatori la condanna delle come prosa in versi o parti essi, mentovare solo Dante potè ben gli sibili nel vada dottrinali principali, reali rappresentare ». A Commedia e per l'affermazione che infine, il paradiso mondo, ma doveva senza sussidio il al fal- di pos- che ripeteva, tra Schopenhauer per trarne conferma pessimistico sul prosa « della essi nella vita terrena, osservazioni ed esperienze: altri, lo A didascalica. errori nella i scende tra si ritrarre l'inferno, pel quale ritrovava age- volmente modelli lire si l'altro giu- Inferno s'incontrino gli suo giudizio atto a riflettersi bensì in un inferno INTRODUZIONE ma non mai già notato il un paradiso; in Quale parziale motivo molto più vi qualcosa di simile aveva Leopardi, nello Zibaldone. di vero alcuni di questi giudizi contengano sarà da vedere il e 31 ai mescola di si luoghi propri falso, e ma ; che cosi è certo che falso il come vero sono ragionati sopra teorie insostenibili, com'è quella della passionalità arbitrariamente circoscritta, e questa sulla rappresentabilità dell'Inferno e sulla non rappresentabilità Dante sapeva del Paradiso. Veramente, per questa parte. ciò che i non sanno o hanno dimenticato, che critici In- ferno, Purgatorio e Paradiso, tutta la vita oltremondana, è irrappresentabile e anzi incoucepibile dall'uomo, ed egli intendeva darne solo una figurazione simbolica o allegorica; tormento costante ed eterno supera il capacità della la mente umana non meno del gaudio costante ed eterno, e sono entrambi impensabili perché contradittorì ed assurdi. Ma, lasciando regni ciò e facendo V ipotesi che tutti e tre quei trovino in qualche parte della terra, sarebbero essi si pur sempre una realtà esterna, oggetto o piuttosto fattura dell'osservazione naturalistica e dell'intelletto classificante, ma o, il inattingibile all'arte, che non ritrae cose ma sentimenti, piuttosto, sui sentimenti crea le sue alte fantasie. Nonché Paradiso, è impossibile ritrarre artisticamente una rosa o una nuvola, se la fantasia non trasforma sentimento il in rosa o in nuvola. Con questo accenno, è da sostituire a qaello e che ne <ìoncetto è, si è già adombrato il criterio dell'estetica idealistica e che romantica per certi rispetti, correzione e inveramento: come dell'arte lirica o intuizione lirica. il Concetto speculativo, che giova tener distinto da quello empirico, onde, disputandosi di frequente del genere letterario a cui appartiene la Commedin, e proponendosi successivamente il genere epico, di tutti i il generi, drammatico, si è il didascalico o anche pensato, talvolta, al il « miscuglio genere li- LA POESIA DI DANTE 32 rieo». La ma sia, liricità, di cui pariiamo, non è un genere di poe- è la poesia stessa, e anzi ogni opera d'arte, pitto- musicale o altrimenti che rica, plastica, architettonica, chiami. Né sì essa ha nulla da vedere con l'efflusso immediato del sentire, e, che (come da nel caso di Dante, con il documentazione cercato di provare) egli altri si è asserito e sarebbe venuto offrendo, mercé la poema, della sua « subiet- tività», ossia del carattere suo realistico, della sua persona pratica. Quel concetto vuol veramente risolvere le antitesi che travagliavano l'estetica idealistica e romantica, la quale cercava a ragione una materia per una l'arte, ma finiva col una nuova sorta d'< imitazione della natura», e a ragione cercava una forma teoretica, ma finiva col riporla in una simbolica ossia nel rivestimento sensibile di un concetto speculativo, pensato o semipensato. E si argomenta di risolverle col concepiif come materia il pratico sentire e come forma l'elevazione del sentimtmto a intuizione, ossia a problema teoretico, che l'arte pone insieme e risolve, creando l'immagine. Né meriporla in realtà esterna e in rita difesa la taccia, che gli è stata data, di ridurre l'arte a risonanza della passione e di promuovere un ultraromanticismo; e quando e che l'uso che delle parole fanno gli catura e di esso, si .supera I « lirica », « lirismo » e « liricità » odierni disordinati e disarmonici artisti, è la carila perversione romantica mantico, sorto si mercé è evidente che, solo concilia l'altra vecchia antitesi di romantico e classico, come correzione di un concetto non non principi metodici, che sono venuto dilucidando, riferiscono, nel loro intrinseco e universale, a Dante, perché, com'è chiaro, ogni softa di poesia e d'arte. si Ma unicamente estendono allo studio di sono quelli che più par- ticolarmente conveniva richiamare per rimuovere cipali difficoltà, nelle quali s'intriga, e trigata, la critica dantesca. ro- del romanticismo. le prin- rimane ancora in- DANTE GIOVANILE DANTE DELLA «COMMEDIA IL E IL L a poesia di Dante è principalmente, e si potrebbe dire quasi unicamente, la poesia della Commedia, perché nella Commedia egli giunse tutt' insieme alla piena originalità e all'eccellenza artistica. Con l'enunciare questo giudizio non s' togliere pregio alla Vita nuova, alle rime intende certamente amorose e alle altre del Canzoniere, ma solamente dare opportuno risalto a quel che è 'indubitabile, e che un superstizioso e indifferente am- mirare rende talora invisibile: al fatto, cioè, che nei primi suoi lavori poetici, e negli altri che ne proseguono Dante si il genere, aggira tra motivi e sopra schemi comuni nella teratura del tempo suo, e non li let- sovverte e cangia profon- damente traendone cosa propria e nuova, ma li accarezza nei particolari e solo qua e là v'introduce qualche movimento suo proprio, qualche immagine diretta e fresca. Quale meraviglia? Anche Dante fu giovane e coltivò una giovanile letteratura; anche Dante cercò la sua via; anche Dante potè credere di averla trovata e compiacersene quando invece aveva soltanto percorso un ameno sentiero o una via rale, che non menava al punto che gli era segnato. B. Cboce, La poesia di Dante. late- 3 LA POESIA DI DANTE 34 Egli uni dapprima a una scuola letteraria di recente ini- si ziata in Italia, a quella dell'Amore che è tutt'una cosa col «cuor gentile ^% della donna, innalzata a creatura celeste, a messo di Dio, ad angeletta, a nunzio e promessa del paradiso, fugatrice di basse voglie e d'odi e d'invidie, ispiratrice e comandatrice di sentire nella quale salutava nizelli, e dove si eletto e virtuoso. In quella scuola, un maestro, un un padre, savio, il Gui- ritrovò con altri giovani accesi della stessa tiamma, Dante presto primeggiò, come promotore e perfezionatore dell'opera minazione con la comune; quale egli, vanili, volle onorarla: del rimasta e a essa è ricordando «dolce i la deno- suoi trionfi gio- nuovo». L'ideale che stil si coltivava si era formato per un affinamento ed elevamento della vecchia ideologia erotica dei rimatori provenzali vi e dei provenzaleggianti italiani, attuato sotto l'efficacia, per quel che sembra, di concetti della filosofia scolastica e di abiti sentimentali del misticismo cristiano e francescano. Il che non vuol dire che perciò possedesse intrinseca virtù poetica, quale non appartiene mai alle la costituiscono in quanto scuole « scuole propositi, sopra tendenze mentali e pratiche, su seche, e serbano sempre, dal più si >, che si mercé consensi sopra idee e al forme estrin- meno, carattere, come dice, intellettualistico. I poeti, che a esse si accostano e credono e s'illudono di seguirle, sempre, quando veramente sono poeti, cosa dal se ne allontanano nel fatto, ora facendo altra programma accettato e professato, ora rispettan- dolo solo nell'esteriore e in determinazioni secondarie. Gli scolari veri e propri, gli esecutori di programmi, i fedeli, sono portati invece, per questa stretta osservanza, a dare alle loro >pere artistiche alcunché di «voluto», in misura maggiore o minore, stcondo che è minore o maggiore la loro forza poetica e la niMturiiA dell' iiigei::no. E Daite ed fu in genere, nell'età giovanile, scolaro fedele, ebl)e la sua donna angelo, a cui pose un nome. Beatrice, I. IL significando con questo DANTE GIOVANILE nome 35 presa dì possesso. che egli la faceva per proprio conto della letteratura del tempo. Si è disputato e disputa se Beatrice fn personaggio reale, una si fanciulla fiorentina una costruzione da realmente incontrata e amata, o lui ricordo ideale, sorta sull'esperienza e sul immaginazione dell'amore. di vari amori o sulla semplice Questione che non avrebbe alcun peso, e sarebbe da met- da canto con tere tutti i tutte le altre simili, poeti (in biografia più o nella cerchia della poesia), tili meno che muovono per si ma importanti, inu- non se sotto di essa fosse o a essa non se ne mescolasse, non formulata o solo in confuso, un'altra più veramente letteraria. La quale è sem- plicemente questa: se Beatrice sia una costruzione artifi- un'escogitazione intellettuale e fredda, o non abbia ciosa, calore e realtà poetica. E questa domanda converge l'altra sul valire estetico della poesia amorosa di nel- Dante; e abbiamo già dato una tal quale risposta, quando abbiamo detto che, da principiai, quella fu poesia di scuola, e che dunque Beatrice, almeno in un certo rispetto, è poeticale mente irreale. Piuttosto che poesia, —e non solo i i componimenti danteschi giovanili primi nel vecchio gusto, canzone che posteriori alla egli ma anche designa come le rime vero prin- il nuovo {Dunne che avete intelletto d'amore), si dii'ebe le altre ancora non incluse nella Vita mwva bero atti d'un culto, adempimenti di riti, cerimonie, drammi cipio del suo stil — liturgici, l'amore e in cui gli altri affetti e l'anima sono personificati, e in quésto e quel modo la operazioni del- donna-angelo verso rin.t^niorato, il si comporta quale ha torno, nelle sofferenze che sopporta e nelle azioni che pie, Si spettatori e spettatrici descrivono cosi gli effetti della Gentilissima; trema com- compassionanti e soccorrenti. mirabili che ella produce su colui che l'ama e su tutte le g«'nti; si at- al si sciolgono suo cospetto; si le lodi adora, si LA POESIA DI DANTE ?)6 piange, si chiede pietà o perdono. In non di culto cortese o religioso quenza e colori l'animo rettorici: siffatto atteggiamento è possibile altro elio elosi è collocato, poetica- mente, in una situazione falsa, sotto l'aspetto pratico, in quanto deliberata esecuzione del programma che per altro falsa non è della scuola e di ciò che al fedele di essa tor- nava gradito ad e gradiva ed entusiasmi: come si e suscitava approvazioni altri vede sempre in questi casi, e cia- scuno in ogni tempo può sperimentare, osservando la lette- ratura che gli fiorisce intorno e le nuove scuole d'arte, che ma hanno cangiato e cangiano programmi, mento e carattere. Ma la rettorica questa di Dante ranei) gnante, che ripetitori, ci si ha anch'essa gradi e forme varie; e (e di non è quella non mai anda- alcuni tra i suoi amici e contempo- rettorica meccanica, fastidiosa e ripu- presenta soprattutto nei meri letterati e E una da una parte non è e nelle fasi tarde e ultime delle scuole. rettorica giovanile, e, in quanto tale, tutta rettorica, e dall'altra, rettorica quale è trattata con ingenuità, da spiriti che ci pur è in sostanza, credono, che se ne vogliono persuadere, se ne lasciano persuadere, non ancora forti a indagare sé stessi e a discernere in sé ciale e il profondo, il serio e superfi- il voluto serio, la schiettezza il La donna-angelo e una costruzione ma accanto a essa pur si muove il vago sogno e la gonfiatura. di testa; giovanile di bellezza, di virtù, di soavità, di purità: sogno arditis- simo nei suoi voli pei cidi del perfetto e del sublime e accompagnato da altrettanta timidezza nella vita reale; e tutto codesto non è escogitazione, ma affetto, aspirazione, sospiro, insomma, spontanea esaltazione, cosa, Certo, quest'affetto non si crea la e sincera. propria forma, e ne toglie una già esistente e perciò disadatta, troppo ampia, troppo architettata, convenzionale; condando e ma pur in qualche modo, abbracciando questa forma estranea, vi cir- pe- IL I. DANTE GIOVANILE netra dentro e rariima, di tratti vivi e 37 commossi. L'esco^- tazione dell'intelletto prende figura in una giovane donna, dal «color di perla si vede non e mento, che non una figura che dal sorriso estasiante; senti- il sparge di beatitudine, è ineffabile: intender ella può chi non lo ». vede, indeterminata, sfuggente; si lo prova. E questa giovane donna, che cosi poco dimostra di sé stessa, fuori dell'incanto che dif- fonde col suo apparire, ha la storia delle apparizioni angeliche; è della suo sparire, il divina parvenza, per la rimpianfo per eppure è più sulla terra r.ha amata, il tavia esercita su è lei non sempre nel dominio che lui, e ella, l'abito poeta il il dolore pel che non c'è più, che non di cielo e nel cuore di morta e lontana, tut- sentire che vita impone, ammorbidiscono e ravvivano clic confà, la storia essere che che non ha niente da fare né da amare sulla teri'a, per la bellis.sima, gì' le si come presto muore, o piuttosto trapassa. L'ammirazione terra, clii che perché, e di la poesia di scuola, consacra. le Parole affettuose, immagini delicate cospargono queste rime. E il moto dei begli occhi nel primo istante che con- quisero l'amante: «quanto piani. Soavi e dolci ver me levaro!»; sono la pa- rola, dal viso le raggiante di bellezza, vinta e pensosa»; Amore, che nunzia il fa giovani donne, a cui egli rivolge è Beatrice, da battistrada loro giungere, e e Monna Bice, e la mente d'amor che «un poco sorride»; è alle due 'amiche e lieto an- «ride in ciascuna sua parola», ed ecco spuntano, l'una dietro Vanna « si l'altra, le due belle. Monna «l'una appresso dell'altra maravi- glia»; è quel «color d'amore e di pietà sembianti» della donna compassionevole, che guarda con affetto e persuade a nuovo affetto il dolente per la morte di Beatrice; è il «gentil pensiero», che s'insinua nel cuore di chi ha già amato, « e ragiona d'amor si dolcemente, Che face consentir lo core in lui ». E poi, le immagini di morte, di una LA POESIA DI DANTE 38 morte che è strazio e insieme intenerimeuto: gosciosa che come ascolta si istupiditi, che la parola an- labbra ripe- le «Morta è la donna tua ch'era si bella»; morte nel pietoso ufficio delle parenti o delle tono incredule: la realtà della amiche, che randola dal lei, Beatrice, la mondo « covrian d'un velo», sepa- cui più non appartiene; lo sciogliersi a poco a poco dello strazio nell'umiltà e nel desiderio della morte, che è « omui cosa gentile», perché l'ha accolta in sé; ancora, e, perduta creatura e dirle; «Beatrice, or nome in questo risonare del che me persona la conforto di lei riviva: la donna sua chiamare lamentando il morta?», se' tu la e, invocato, sentir conforto quasi «e mentre ch'io la chiamo, ». Insieme con queste sparse parole e immagini, c'è nelle liriche giovanili di Dante una squisitezza direbbe quasi una musica, di ritmi e di suoni, musica di un'anima commossa soavemente e rapita, che avvolge nell'onda sua lene e scorrevole anche le figurazioni e formule convenzionali. si la nuovo» di Dante è veramente «spirato da Amore», amoroso esso stesso, «a quel modo che detta dentro»; e come esempio della sua dolcezza possono valere due sonetti: «Negli occhi porta la mia donna Amore» e «Tanto gentile e tanto onesta pare»: schemi già usati dai rimatori precedenti e che Dante carezza e affina, in Questo < stil i modo detto, che, pur dicendo essi quello che altre volte si avevano sprigiona dal loro dire qualcosa che va oltre significato delie parole. certi principi di altri d'Amor passate...»; Risuonauo componimenti: «Tutti li il agli orecchi e all'animo « voi che per la via miei pensierparlan d'Amore...»: «Deh, peregrini, che pensosi andate...»; «Oltre la spera che più larga gira...>;«Io mi son pargoletta bella e nuova...»; «Per una ghirlandetta Ch'io vidi mi farà Sospirare ogni fiore...»; e certi giri di frase e di ritmo: « E chi mi vede e non se ne innamora D'Amor non averà mai intelletto...»; «Io non lata si bellezza...»; 39 ancora Ch'io non trovassi in la vidi tante volte nuova lei DANTE GIOVANILE IL I. gran numero. Una bal- e simili, in leggeva un tempo: «Deh, nuvoletta, che in ombra d'amore...», e questo che non dava alcun chiaro verso, senso o immagine distinta, tuttavia piaceva e volentieri, tanto che il Carducci lo incluse in In questo sorpassare col suono non ricava da poetica che ma zioni le le ricantava si una sua ode. parole, in questa virtù sé le sue particolari determina- prende dalla letteratura e le circonfonde d'armo- nia, c'è dell'incompiutezza; e tali versi si senza fondamento, alquanto ingannatori. I direbbero, non due sonetti e gli altri componimenti falla dell'apologo goethiano, che, a scrutarla da vicino, non mostra più azzurro; i suoi vari e cangevoli colori, scoprono si sopra citati sono un po' come la far- di stilizzati, ma solo un languido contesti di frasi fatte o ge- neriche o vaghe, di ripetizioni, di qualche riempitivo. L'afllato poetico Talvolta il non è stato sufficiente a gersi e presto cade, sonetto dei come pellegrini e si in cosi largo nel bell'impeto dar loro saldo corpo. ma non principio è promettente, dura nello svol- può osservare, quello: ma non iniziale tra l'altro, nel «Guido, i' vorrei...», felice nell'ese- cuzione, alquanto sbrigativa e prosaica, sicché piace più, come si suol dire, per l'idea che non per sé stesso, per nostalgia che annunzia e non pel quadro che. dipinge. testura è di solito un po' semplicistica, come si la La osserva anche nella canzone della Morte, che è la più bella della Vita nuova (e dove, oltre le parti già ricordate, è una scenetta di donne presso un infermo, che richiama lo stile di certi affreschi di Giotto): il canzone che non stacca e innalza motivo propriamente poetico, morte della donna amata, delle circostanze del gendo al zio della modo ma lo il sogno angoscioso della mette sullo stesso piano sonno e del risveglio, e lo viene svol- un racconto aneddotico, e, per l'annunmorte, ricorre a un'immaginazione di finimondo di LA POESIA DI DANTE 40 un volo nel Paradiso, con ^li angeletti che spingono innanzi a sé una bianca nuvola osannando: figurazioni non e a ma prive certamente di effetto, facili e non pari doveva essere nel motivo e veramente risuona nell'ultima strofa. Maggiore compattezza è in taluno dei sonetti e ballate d'argomento più alquanto all'intimo e trepido accento, che tenue, epigrammatici, madrigaleschi, sentenziosi, delle sette per rima>, quali « co- sonetti inviati all'amico Gino, e i l'altro della caccia, e soprattutto quello di Alisetta o Lisetta, che corre « baldanzosamente ben chiusa > per la via già siede signora, e si Non il come taluno ha osato chiamarle, e come sarebbe quella che sito dalla il tutta dipinta di ver- vecchia lirica contrario di quel che disertano la causa, come un è più sentire che non all'anima. Parlano loro parti, al alla melen- esse rappresentino il tran- vorrebbe, e non difendono si l'altra il le è non dicono petrarchesca, o che dicono nostro e perciò non modo ci composte da coloro che sono nati poeti. Ma scuola, certamente esagerazioni e le parlino e in alcune poesie giovanili e di bisogna smettere innanzi a esse ma che esse appartengano a nostro sentire a lor come sempre « nemmeno le difese con ragioni che caso di prenderne nulla, « ». sono, dunque, le rime giovanili di Dante >, trova ode, la bella donna, accommiatare, ond'ella (cosi graziosamente termina) saggini ma «torre» della mente, dove un'altra donna la gogna, riede consueta alla bel- che sta per compiere, lezza, sicura della conquista le false ammirazioni, che una voga letteraria del secolo decimonono, stilnovistica, preraffaellita, smaniosa di mistici rapimenti e sublimità, ha rese abituali, e guardarle più semplicemente e veracemente, come di sopra si è procurato di fare (li o piuttosto si è avviato a fare. E codeste smancerie biso- gna smettere ancora più pel libretto, nel quale Dante raccolse una scelta di esse, incorniciandole con un racconto I. DANTE GIOVANILE IL 41 prosa e accompagnandole con commenti, la Vita nuova, in pare ormai che non di cui si possa pronunziare il titolo senza che un mistero gaudioso e sospiroso faccia palpitare deliziosamente guere palpito che sarebbe prova a distin- petti, i anime le squisite dalle comuni. E sottili critici s'af- faticano a investigare la natura di quel libretto: se sia una sorta di cronaca autobiografica, o la storia di un'anima, o l'allegoria di una verità morale, o un romanzo d'amore per canzoni e ballate sonetti, e legamenti in prosa, o tutte queste cose ad una, con certe proporzioni e con certa unificazione; e anche come di esso, della libro senza alcun riscontro, Commedia, si dice che è unico del genere, singolaris- simo, indefinibile. In realtà, la Vita nuova è scritta al di un libretto di devozione, della che Beatrice, egli cende e travagli della vita caso ^li e, i ha composto a memoi'ia aveva cantata, di paradiso i lo lui particolare, della donna-angelo, — pensiero autobiografico avesse, modo con chiaro intento pio e con procedimenti conformi: Dante e onoro di una santa a un — doveva è e il cui pensiero essergli guida tra le vi- terrena. Quale fondamento impossibile dire, perché in ogni particolari realistici o storici vi sono mescolati con immaginari, e tal miscuglio li rende tutti immaginari, d'altronde, è cosa indifferente alla ^natura del libretto, perché se per ipotesi Dante a un suo ideale d'immaginazione avesse dato una storia parimente d'immaginazione, simulante la realtà come sona muliebre, medesimo. esempio, gabbo, il il suo ideale simulava una per-/ carattere del libro rimarrebbe sempre il Reali o immaginari, gli incidenti narrati (per lo schermo, morte, la il il diniego del saluto, i parecchi sogni, il secondo innamoramento) servono da punti d'appoggio alla compunzione, all'esaltazione, all'ado- E razione. cono il ai procedimenti del libro parlare per enimmi, nomiche, i di devozione si addi- le rilevate rispondenze astro- simboli dei colori e dei numeri, e all'intonazione LA POESIA DI DANTE 42 di tali libri, quel che vi di avverte nello si stile di esagerato, montato, di pia unzione, non discordante del resto dalla esagerazione, montatura e pia unzione della lirica stilnovistica. se qui Anche all'indagine biografica sarebbe da rimandare, non fosse disperata, la domanda di quel che più Dante a compiere tale lavoro: se il un monumento a una donna amata e propria giovinezza che si era chiusa; o non particolarmente^ mosse desiderio d'ergere morta, e alla piuttosto l'altro di unificare e trarre a significato superiore, e meglio e più degnamente serbare, alcune rimo da lui spar- samente composte, onde vi tessè intorno quella finzione; o ancora il bisogno di porre al viaggio della propria vita terrena un faro, che in perpetuo gli segnasse porto, il ri- cordando, idealizzando o immaginando una fonte di beatitudine goduta e non del tutto perduta, teva un giorno ritrovare, a quella si perché quella po- poteva ricongiungere, come poi rappresentò nella Commedia', o, infine, tutti questi vari intenti delle cose narrate, intrecciati. e le Ma se il reale e l'immaginario nascoste intenzioni del libretto, stuzzicano la curiosità e lasciano perplessi, non segnano né accrescono il valore poetico di esso, sempreché non creda che la perplessità, il non raccapezzarsi, chiaro, siano attributi d'arte e, come dicono i il si non veder retori della romanticheria, ci trasportino in uno stato di sogno o dormiveglia. La Vita nuova, piuttosto che impressioni di sogno, suscita sovente quelle dell'artificioso e perfino del pedantesco, il quale si vede poi aperto in molte delle spiegazioni in prosa con cui si cerca di convertire in raccontini il con- tenuto dei vari componimenti poetici, e nelle grammaticali divisioni e analisi di questi. Poeticamente, oltre la parte principale, che è la lirica è già descritta la fisionomia e mostrato della quale si difetto e la virtù, ciò che certi tratti del racconto, il rimane della Vita nuova sono certie parole, certi lampi. Dante ritrae, per I. IL DANTE GIOVANILE esempio, la condizione dell'uomo che ha un suo dolce segreto ed è schivo che 43 la gente volgare e pet- altri, vi getti gli occhi dentro: lo spirito gode, tegola, corpo il deperisce, la gente che vede lui assorto e consunto, gli do- manda chi mai lo abbia cosi distrutto; ed egli E narra come « sorridenda li guardava il pensiero di valersi di un'altra donna per nascondere che il segno dei suoi pensieri era Beatrice: un giorno, in chiesa, che tra donna e nulla dicea loro ». lui e la di donna mente della sua molto piacevole aspetto, la « gli nascesse sedea una gentile quale Io mirava spesse meravigliandosi del suo sguardare, che parca che volte, sopra lei terminasse»; e poiché molti s'accorsero mirare e ne ciarlarono, E ciarle, descrive egli l'efiFetto virtù, della gioia pura, pensò catartico quando dice della quel di da quelle di trar partito bellezza, della che, all'apparire di Bea- trice, «nullo nemico gli rimanea, anzi gli giungea una fiamma di caritade, la quale gli facea perdonare a chiunque l'avesse offeso » Altrove è il primo sorgere di un motivo poetico, cosi come si affaccia all'anima, non astratto . concetto, ma già parola, cominciamento, verso, fremito di voluttà e saluto di gioia: )nia lingua parlò quasi — Donne, come per mente con grande la sé stessa mossa, e disse: ch'avete intelletto d'amore. ripuosi nella e insieme «Allora dico che — Queste parole io letizia...». legge l'episodio della donna pietosa, Verso la line si quale la nel prosa narrativa gareggia coi sonetti intercalati. Seguendo ci i principi dianzi stabiliti circa l'allegoria, siamo dati pensiero nimenti e della le di ricercare se alcuni o tutti narrazioni di cui si è fatto cenno, e non i compo- il libretto Vita nuova nel suo complesso, siano allegorici; per- ché, allegorizzati o no, allegorizzati a/ite o post f'estum, loro significato poetico, e resta e il il il loro poetico pregio o difetto, medesimo. La ballata: «lo mi son pargoletta nuova», per esempio, non cangia essenza o che si bella voglia 44 LA POESIA DI dantp: riferirla mentalmente alla persona di una donna reale o secondo l'intorpetrazione alla scienza della Rettorica, che, ora prevalente, dovrebbe esserne in sembiante di la Rettorica il soggetto, la Rettorica «pargoletta»; perché è chiaro che, quando acconcia a diventare una si «pargoletta», la una pargoletta e fantasia irresistibilmente dipinge e canta non più Né cangia la Rettorica. la canzone dell'esaspera- zione sensuale, quella della «Pietra.», della donna restia a concedersi, che l'amatore invano spa.siraante immagina di afferrare per le quando scherza»; bionde trecce e di far con come autorevoli se, gono, quella «Pietra bramoso del suo bel tal cora'orso sosten- è Firenze, che serra le porte all'esule San Giovanni. Dato e non concesso » che con lei « interpetri proposito Dante si fosse accinto a poetare, e avesse a questo fine accolta l'immagine di un amore per donna restia, sarebbe da dire, che questa immagine, e ricordi e le speranze e le fantasticherie di trova impedimento, e infuria innanzi all'ostacolo, e vi getta contro per infrangerlo, venne posito, e, currenti rota, che coepit instltui. Per si i un amore che si sovrapposero a quel pro- fuori tutt'altra cosa la stessa da quella ragione non è da ricono- scere nel canzoniere di Dante uno speciale gruppo di poesie allegoriche, neppure composto di quelle sole che egli espres- samente considera svelare, le tali v di cui allusioni nel Convivio. svelò, o si proponeva Per allegorizzate che sero nate o diventate, sono quelle i)ur sempre, com'egli chiama, alle «dolci il le rime d'amore», e sostanzialmente simili rime raccolte nella Vita nuova e ad altre che lasciò errare pel mondo, e o, di fos- come tali, come poesie d'amore vanno esaminate, non hanno, a dir vero, molta forza e bellezza: che è peccato loro e non colpa dell'allegoria, peccato perché nacquero a freddo e a vuoto o se ne stettero solute tra due diverse Voi che intendendo il ispirazioni. Leggendo terzo del movete, in la irre- canzcme: qualunque senso I. la si DANTE GIOVANILE IL 45 prenda, come rappresentazione di lotta tra un tico e un nuovo amore per donna, o per la vita religiosa e l'amore per la appare fiacca, perché soppiantare la lotta, primo, e il il an- di quello tra l'amore filosofia, canzono la secondo amore che cerca rimorso che ne segue, non sono il messi in azione, ma riflesso, e avvolti poi nelle forme convenzionali della rica stilnovistica. E che nella mente giona, si affatica intellettualizzati ad accumulare mirabilia intorno Amore celebrata, e dice che può che il modo mi li- ra- donna alla gliene dice cose che egli non non vede niente sole in di piìi gentile di e che ogni intelligenza celeste la mira, e Dio le infonde lei, la ridire, e Amor l'altra: ed esposti sua virtù, e la divina virtù splende in innamo- e fa lei rare la gente, fa la gentilezza e bellezza di ogni donna, e che le sue leggiadrie provenienti dal cielo sono indicibili, doma la cattiveria, e fu pensata da mondo, e simili; ma non trova una parola viva, un'immagine concreta per esprimere la commozione sia per la donna sublime sia per la filosofia. Allegorico non è da considerare nemmeno qualche sonetto come Due donne in cima della meìife mia, delle due donne che sono ed essa ispira umiltà, Dio quando creò il la Bellezza e la Virtù, e che disputano intorno al amore che esse muovono e decidono che l'una può amare per diletto e l'altra per «alto oprare»; questo caso nient'alcro che si perché diverso ha in si rappresentazione di una con- la dizione d'animo, tirata da due diversi e in ultimo affetti, fermata in un pensiero di eclettica conciliazione. Da tener distinto dagli altri componimenti didascalici, che tamente quando, componendo didascaliche, d'amore» dichiarò ch'egli di «solia», stile», e di appigliarsi alla rendeva buon ufììcio è, Dante la invece, più nota delle sue canzoni abbandonare 1' gruppo dei il stesso circoscrisse net- le « «usato parlare», «rima aspra dolci «lo soave e sottile», a discutere e a confutare, a rime « che gli riprovare LA POESIA DI DANTE 46 il giudizio falso e vile prosa in verso, dove il dei suoi avversari. Sono esse vera » verso sta come mezzo esornativo e mnemonico. Per esempio: « Chi definisce: Uomo è legno animato. Prima dice non vero, E, dopo, il falso parla non intero...»; o pili oltre: « Dico ch'ogni virtù principalmente Vien da una radice, Virtude intendo che fa l'uom In sua felice operazione...». In altre di queste canzoni, la didascalica pende verso come l'oratoria e !a satira, ch'amor, sulla vera e in quella Poscia la falsa leggiadria, e nell'altra Doglia mi reca, contro l'avarizia che rende indegni dell'amore di donna gentile «Dimmi, che hai tu fatto, Cieco avaro di: sfatto? Rispondimi, se puoi altro che nulla. Maledetta tua Che lusingò cotanti sogni invano!... culla, Alla poesia riconducono i ^. componimenti che sogliono come rime della «Pietra»: a una poesia d'amore colorata assai diversamente da quella per la donna contrassegnarsi ideale, poesia tutta piena di ardore e furore sensuale. passione tiranneggiaute vi ò ritratta con modi La efficaci: «Io non posso fuggir ch'ella non veglia Nell'immagine Se non come mia, che folle, al Cosi dipinge e forma la sua pena. Poi ticolarmente energica è la dove lo stesso mirabilmente: tien la la riguarda...». Par- canzone Cosi nel mio parlar, sentimento di non potersi liberare magine affascinante mente L'anima pensier che la vi mena. il suo mal s'ingegna, Com'ella è bella e ria «... e tormentosa come cima»; e fior si di e pur dall' fronda. Cosi della mia entra a vaneggiare di un im- provviso innamoramento della donna ritrosa per alfine l'avrebbe le tutta in loro la essi Ma neanche forma è pura e schietta, spunto è in parte reso superficiale e bato dal virtuosismo delle lui, che sua balìa e se ne sazierebbe, e renderebbe «con amor pace». componimenti im- espresso bella, è e in in questi il poetico parte tur- imniairiiii e delle rime, tanto sono potuti parere ad alcuni filologi nicnt'altro che che IL I. DANTE GIOVANILE metriche, sul gusto provenzale. esercitazioni stilistiche e I 47 giuochi delle rime regnano nella canzone Amor, tu vedi ben, e nella sestina Al poco giorno; e contrapposti e para- goni e metafore lambiccate e tirate in lungo nell'altra can- zone Io san venuto al punto che s'apre con l'annunzio lare «com'è della rota, e nella già citata, di voler essere « aspro negli atti» la bella «Pietra», e nel par- » attiene a si o rettorico proposito, ed è piena di figura- sifiFitto stilistico zioni guerresche, saette, faretre, spade, scmìi, scherane mi- Nondimeno, anche nella sestina artificiosiscome si vede nei tre versi iniziali, cidiali e ladre. sima spira la poesia, un paesagi^io al sopravvenire del«Al poco giorno ed al gran cerchio d'ombra Son giunto, lasso, ed al bianchir dei colli, Quando si perde ritraenti lo scolorirsi di l'inverno: lo color nell'erba...»; e in questi altri, che offrono tacolo contrario, del risorgere primaverile: che riscalda Perché i K che colli, copre di gli gini e detti legg'iadri gli fa fioretti : « 11 lo spet- dolce tempo tornar di bianco in verde, e d'erba»; «Quand'ella ha immauna ghir- e in certe in testa landa d'erba, Trae dalla mente nostra ogni altr;i Perché bel, si mischia il crespo giallo e vi viene a star all'ombra...». come: vede nell'amore « Se '1 bello aspetto il Come e, gli renderebbe lieve a sop- delle sue piaghe. io queste rime della Pietra timento etico del poeta rettorica e insieme si si passa dall'atteggia- stil nuovo a una certa abbandona valgamente un anelito si in alcune altre il sen- discioglie dalle abitudini della la nudità della didascnlica. bel sonetto {Se vedi gli occhi mìei), e del qucile tolto...», in cui l'esule nella lontananza dalla sua donna, mento in prevalenza rettorico disilo commozione e passione umana, cnsi Un donna; ch'Amor c'è qualche trepido sonetto, non mi fosse balsamo che portare la sventura, r inacerbimento E verde Si '1 che a lui si attribuisce congettura l'occasione storica, è alla giustizia: tutto pieno di fremente orrore pel LA pof:sia di dante 48 male che vede attorno si cuori fedeli, stizia virtii del tuo velo, si paura che esso incute ai e per la poeta s'innalza a una preghiera perché giu- fatta: sia Questa il Ma « fuoco d'amor, tu, lume dei cielo, che nuda e fredda giace, Levala su vestita Che senza lei non è qui in terra pace». Non dubita invece (o se ne dubita senza che mai finora se ne siano addotte ragioni) che spetti a Dante la canzone delle Tre donile, la maggiore di questo gruppo, e della quale già è avvertito che è vana e sterile fatica ricercare allegorici, nomi i i precisi di tutte e tre le donne, e il perché del loro provenire dal luogo dove sorge ciso Con pieno si particolari il preNilo. il poeta ammonisce nel comnude»; che esse bastano veramente. questa volta diritto miato: < Le donne, che paiono dolenti e sbigottite come persone tre Bastin parti le discacciate e stanche, che vesti lacere, germane le vanno discinte e scalze e con sconsolate, che s'accolgono al suo cuore come a casa d'amico, sono per sé stesse fantasmi poetici pesse in virtù, di di purezza, di accoramento, di dignità: maestose e addolorate donne, tre dee o tre princi- tre belle, poeta, che ha questa visione, sente alla loro esilio. Il presenza sé stesso: ingiustizie le da lui patite, l'orgoglio come quelle, con le quali apmedesimo sangue, alla medesima alta società: aristocratico in mezzo all'aristocrazia della virtù e della di so&'rire esilio e povertà partiene al sventura. Se ora movendo si volge si complesso Commedia, dalla luce di questa, e poema, al si se Della Vita nuova è detto il dramma pensiero di descrivere i comune vestibolo della logo in terra al si la uno sguardo proietta sopra di esse la domanda come dovrà convenire che troduzione o di queste poesie congiungano al sacro legami sono scarsi e lievi. si e approvato che formi l'in- Commedia, una sorta di pro- dell'oltremondo; puie, sebbene visione oltremondana nella chiusa di quel libretto, e sebbene nella si il annunzi Commedia ri- compaia Beatrice, DANTE GIOVANILE IL I. non ciò affinità d'intonazione, 49 costituisce rapporto poetico, ossia tra le due opere, porto materiale, per una circostanza di ma soltanto rap- fatto per una o una un nome che passa dalla prima alla seconda opera. Lo « stil nuovo » non vi è più nella Commedia: Dante lo ricorda bensì, ma come un fatto storico, come un vanto della sua giovinezza, come la sua prima premessa ideologica che l'una trova per nell'altra, figura o piuttosto per comparsa nel mondo Meno ancora letterario, col plauso è da ravvicinare la che lo accolse. poesia didascalica delle canzoni alla poesia dottrinale che è di alcune parti della Commedia, specie della terza cantica: anche qui respiro il è assai più largo, l'intonazione è affatto diversa, e si po- trebbe dire che nel primo caso c'è didascalica e non poesia, e nel secondo, poesia che discioglie la didascalica; nel primo l'aggettivo nega mina il sostantivo, nel secondo scorge con le affinità si poesie passionali e con quelle dell'etico sen- tire; e alcuni versi: « Che detta», «L'esilio che co' sostantivo do- il determina l'aggettivo. Qualche maggiore e bello onor s'acquista in far ven- m'è dato onor mi t«'gno>, «Cader buoni è pur di lode degno», suonano quasi come versi ma non della Commedia', quasi, proprio a quel modo. Più generalmente è da concedere che, attraverso le rime. Dante fece la sua educazione d'artista, specie se a questa mazione dia senso giusto e compiuto, e si s' affer- intenda che l'educazione consiste non solamente nello svolgere certe disposizioni, citarle ma anche nel disfarsi di certe altre con l'eser- maestria che Dante dispiega nelle liriche è molta: dando a essa, converrebbe forse correggere insigne critico, al quale parve che, in quelle, già il meglio Dante La sperimentarle ftiUaci o altrimenti esaurirle. e suo poeta, al ma non il « giudizio d'un l'Italia avesse suo artista». Risponde caso l'inverso: che già in esse era formato artista o artefice, B. Cucce, ancora il guar- e, La poesia di Dante. ma non ancora il Dante poeta. 4 il LA POESIA DI DANTE 50 Stretto rapporto Pili prose, hanno De Monarchia^ il Dante poeta col futuro ma anche volgari eloquentia e delle epistole; qui le De Convivio, alcune parti del il rap- il porto è principalmente nella materia, cioè negli interessi intellettuali, negli ideali politici e morali, negli odi e che ritrovano in esse e si accendono amori, Commedia. trasfusero nella si Si talora, nelle prose, quell'appassionameuto, quel- l'ammirazione, quel furore, che tornano, con più sublimo poema: nel ^accento, cosi vivio l'esaltazione della De MonarcJiia nel Roma imperiale, particolarmente, l'amore al filosofare, mentare, virtù, i invettive, le movimenti i feroci lebre, del rispondere nel Convivio e, godere dell'argo- il entusiasmi per la gli (come quello, che è rimasto ce- « col parla di sé e del suo robusta e rimpianti, Con- nel e con cui coltello »), e la dignità La prosa esilio. questi di trattati, pacata pur nella passione, assai diversa virile, e da quella lamentosa e alquanto affettata della Vita nuova, mostra un nuovo Dante, o un altro e importante aspetto del suo animo e del suo ingegno. Purè, se in artista o di Dante non cisi altri si vede, nello svolgimento di un pensatore, prepararsi si vede: le futura l'inizio della sparsi o almeno i il suo capolavoro, per sue opere minori non rappresentano e sintesi, nemmeno offrono tutti gli principali elementi sui quali essa attinenti a quegli anni in cui composizione del poema lo fi-cero sjtiriti al tempo di quali C'^mmed/a dunque, guard-indo a più largo c.impo, zione degli le si possa meditazione e <m;icro», non zano. Mi'glio che nelle .opere minori, di'boli tracce, gli autecitlt'nti deì\;i la formò; si e altri documenti, da cui questo pr.icesso formativo desumere, un si ci avan- ne recano ritroveranno^ / alla generale condi- Dante e in Italia, e ripor, tandosi a qu^l perio moderna cresceva lo in dell'ultimo medioevo, in cui la civiltà tutte le sue forme e pur tuttavia concezione niedievale del mondo non era tramontata. la ! La DANTE GIOVANILE IL I. 51 era pur sempre quella, sebbene qua e là vi fiiosofia penetrassero, nel modo potevano penetrarvi, certe in cui esigenze della esperienza e della logica dell'esperienza; la dottrina politica rimaneva chiusa tra e dell'Impero, nomia quantunque già vi si dello Stato, ossia la vita della termini della Chiesa i asserisse nuova mata dall" si interessamento per e attinente alla vita dei geva sempre cando le approssimava; le una certa auto- umana ma la critica era condotta sopra le autorità, pliavano e l'umanismo e Chiesa; queste si am- la storiografia, ani- faccende politiche del giorno Comuni e degli altri Stati, si svol- gettando nello sfondo e quasi dimenti- più, narrazioni dell'origine e fine del chitettura sacra, che abbandonava mondo; all'ar- l'austerità gotica, sorgeva accanto, sempre più varia, l'architettura profana, e nella plastica e nella pittura s' introduceva una sorta di natura- umano lismo ossia di nuovo sentire ; nella vita politica, la Chiesa, pur non deponendo le verbali asserzioni della pro- supremazia, pria mutate accomodava transigeva, peratore ma da un re, tinuavano nelle loro cielo e la terra, il i Comuni con- sempre più democratici, non lontani dallo sboccare nelle Signorie. il non da un im- dal re di Francia, e lotte, politica alle la situazioni, era umiliata e asservita divino e l'umano, Il trascendente e l'immanente vede- si vano, in quel tempo, mescolarsi e alternarsi e combattersi-^ ed equilibrarsi, come due forze Dante non fu già, come si in uno sarebbe campo stesso tratti ^. a dire, sem- plice rappresentante e quasi specchio e riflesso dell'età sua, ma anzi uno dei fattori e non dei e trascendenza e lui con sommo immanenza vigore: in lui, si meno potenti di questa; afiermarono entrambe in costantemente occupato nel pensiero della vita eterna e intento studioso delle dottrine 1 Sul carattere di questo periodo della storiografia (seconda si veda la mia Teoria ed., Bari, lb'20), pp. 199-208. e storia LA POESIA DI DANTE 52 come la ferma verità su tempo stesso preso da tutti concepite chiesastiche mente posava, mondani, e di che scrutava i e al gli dommi e che componeva alcuni versale latino e altri nel nella prosa trattati nel vero e la teplice e umano; medievale e uni- nuovo volgare, reso potentissimo non meno che nel verso; in lui, teologo e in- E queste due forze ga- sieme vario e sensibilissimo poeta. parimente sincere sono gliarde e lui, osservava curioso e amo- roso ogni aspetto della natura e ogni moto dell'animo in lui, affetti malato per troppo zelo; in politica quasi più astrusi cui ferma- materia del poema, complessa di da dire il gran lunga più di precedente ricca, mol- quella che appare involuta, o solo in talune sue parti, nelle opere minori. Per \ come tale materia, è detto, la si Dante materia nel suo spirito il si lega all'età sua e insiem» produce e costituisce. si formò Ma . poiché quella in poesia, egli ne sorpassa valore immediato e pratico, e crea cosa che non ha pre- cedenti fuori di sé stessa. Della poesia, invero, non è dato ritrovare mai fonti poetiche, e quelle di tal sorta, che talora si additano per Dante come per altri, — le opere della poesia e letteratura anteriore, da lui conosciute e di cui risenti l'efficacia, — non sono punto alla stanno anch'esse, rispetto nuova opera, come elementi materiali, alla pari di tutti gli altri « elementi storici. In poesia. Dante creò una nuova" tonalità sua, poetiche, quali paiono ma superficialmente considerate, si umano. >, in cui le varie forze e tendenze, sue e della età' riunirono e si fusero, risolvendosi nell'eternamente II LA STRUTTURA DELLA COMMEDIA E LA POESIA. ^ S,e alla ferma fede nella vita oltremondana come vera ed (eterna vita si univa nell'animo di Dante fortissimo timento delle cose mondane, se «e è, » cielo e terra», la che a rigor al il suo poema posero conseguenza che si sen- mano presenta aperta termini la rappresentazione dell'altro di mondo, dell'Inferno, del Purgatorio e del Paradiso, non po- teva essere soggetto intrinseco della sua poesia né motivo generatore e dominante. sorta Una rappresentazione di questa avrebbe richiesto un assoluto predominio del sentire del trascendente su quello dell' qiial'ò propria dei mistici ed immanente, una disposizione asceti, aborrente dal mondo, aspra e feroce, o estasiata e beata, e di cui è dato rinvenire qualche poetico assaggio nell'innografia cristiana o in alcuni cantici di fra lacopone. molto accelerato, e f^iche in le certi tratti, Il immagini ritmo sarebbe stato allora affioranti e sparenti, ener- vaghe e sfumate nel resto, quali si accennano nelle aspirazioni e nel terrore, premute d'ogni intorno dalla presenza del Dio. Ciò che più volte dai critici del Paradiso dantesco, che svolgere come non si particolareggiata descrizione, si è detto sarebbe dovuto ma condensare LA POESIA DI DANTE 54 un in tutto esprimente l'aspirazione a alato canto lirico, non so che divino e inattingibile, sarebbe da dire, dell'Inferno, mutando bensì tal, quale, l'aspirazione nel suo contrario, un nel terrore e orrore, e del Purgatorio, cangiandola in misto di timore e di speranza, di ambascia è di gioia. Ma Dante, quando compose la Commedia, non era in questa stretta condizione di spirito, sibbene in una assai più varia e complessa, e l'altro mondo non commossa mondo, nella sua fantasia al neva con esso a un samento e il sol mondo, al invece apparte- mondo del suo interes- avevano parte, spirituale, nel quale l'uno e l'altro secondo forse maggiore che non minore, sicché sovrapponeva si si il primo, e certo non primo non poteva per niun conto sover- il chiare e assoggettarsi l'altro. Le contradizioni in cui ci si avvolge sempre che, nel- l'appressarsi al godimento e al giudizio della poesia della Commedia, non si muova da questo preliminare riconosci- mento, che soggetto o motivo poetico di essa non è presentazione dell'altro mondo, si la rap- fanno evidenti nell'esame dell'opposta sentenza. Alla quale sostanzialmente è da durre anche la dato dall'altro formula, che soggetto sia mondo », che nessun mistico o ma ri- mondo guar- il semplice variante, perché è chiaro asceta può mai abolire il mondo, solo negarlo nell'altro, guardarlo dall'altezza dell'altro come l'altro il « stadio inferiore e superato. mondo importa disinteresse che si lo E guardare il mondo scolorarsi di tutte le cose dal- umane, stabilisce verso di esse, l'indifferenza per la particolarità degli affetti e delle azioni, per gli in- dividui nella loro individualità, che vengono generalizzati e ripartiti unicamente in eletti e reprobi, quali che siano stati i loro caratteri, le loro opere, le passioni e virtù loro, la loro grandezza terrena. Senonché in Dante non accade nulla tutto questo; e, non per l'unica come il di suo affetto corre per cento vie e della venerazione per gli eletti e del rac- 1 l LA STRUTTURA DELLA II. capriccio pei reprobi, cosi il in quello legale o divino dell' ma «è salvo dannati e male nei il » salvati, e perfino restringe si «è dannato e dell' discerne e 55 » suo giudizio non allarga a giudizio morale, si COMMEDIA « - bene nei il prorompere lascia liberamente amori e odi, simpatie e antipatie, trattando le ombre come cosa salda, gli spiriti giudicati e fissati nell'altro mondo come uomini raultilaterì e in efficacia vitale. Ciò vedono e sanno anche sostenitori della definii zione che ora « Dante si esamina, sicché proseguono col dire che andato nell'altro mondo portando seco tutte è mondo le Che è proprio come non si può (almeno poeticamente) andare nell'altro mondo, il quale esige che si passioni del svestano tutte le ». passioni umane altr'occhio, con l'occhio di chi e brutto sogno e si e si guardino di quella eiTata definizione è un'ac- cusa a Dante, tacciato d'illogico per aver fatto di ciò che s'era proposto: quasi che Dante ossia operato qualcosa, e cose con le un affannoso radiosa realtà. Onde è risvegliato da ritrova nella vera e conseguenza l'ulteriore si contrario il avesse tando sul sentimento cosi vario e complesso che finito, non poteva essere illogico, perché il fatto E non semplicemente poetato. poe- è de- si sentimento non è mai né logico né illogico; e illogico, cioè non interamente armonico, era, in certo senso, solo come, del siero, resto, il il suo sistema sistema di ogni uomo pen- di e di ogni che sempre ha qualche lato non armonizzato e non filosofo, logico, che è appunto quello da cui nasce siero o il progresso che sì nuovo pen- il chiami. Al riconoscimento di sopra enunciato, oltre la conferma negativa che viene dall'esame di questa sentenza, si trebbero ritrovare conferme positive in com'è quello che « moderno sito, e il il » filosofo in (il Dante sia « altri medievale detti, » e il po- poeta primo, cioè, ascetico e mistico nel propo- secondo passionale e politico nel fatto), e simili; e anche in certe vicende di fortuna toccate alla Commedio LA POESIA DI DANT?: 56 in particolare lo scontento più volte attestato dagli spiriti mistici o fantasiosi verso la rappresentazione che quel poema loro forniva dell'oltremondo, la quul^^ sembrava a troppo essi determinata e contornata, troppo calma, con troppo poco inferno nell'inferno, e troppo poco paradiso nel paradiso, e troppo poco purgatorio, ossia attivo sforzo di redenzione e Ma purgazione, nel purgatorio. più persuasive di queste prove indirette sono le prove dirette, offerte dalle impressioni che ognuno raccoglie nel leggere la Comynedla o dai ricordi che Non serba delle letture. mondo è certamente la visione dell'altro come immagine quella che rimane impressioni provate, non ferno, o il sintetica delle perdizione terrificante dell'In- la travaglio di dolore e speranza del Purgatorio, o la felicità del Paradiso; ma, sopra di personaggi dalla vigorosa b tante e diverse figure tempra o dalle ardenti pas- sioni o dai violenti e truci atteggiamenti o dai sensi miti e gentili o dalla mente serena; sopra gli spettacoli di pae- saggi ora orridi e adusti, ora freschi e deliziosi, ora cupi per tenebre, ora allagati di luce; di parole pietose, elevate, gravi gnamenti, sdegnose, (li sopra le scene risonanti d'ammonimenti e d'inse- solenni; l'immagine che irate, si leva una volontà robusta, di un cuore esperto, di un intel- letto sicuro, l'immagine a non dare tutti i di torti a Dante: sicché voleva togliere alla Divina Commedia e sostituirlo con l'altro di Danteide. l'Inferno, per la dannazione, affetto, come si sarebbe inclini ma suo il Non titolo vulgato vero orrore, nel- dimestichezza, tenerezza, riverenza per molti dei dannati, i quali, da lor parte, un carcere o in un esilio terreno, molta danno della loro fama, e si adoperano a cor- se stessero sollecitudine si quello scrittore settecentesco, che i!i reggere gl'ingiusti giudizi, che corrono sul loro conto: «tema d'infamia» li tormenta più delle pene infernali. Accade perfino che essi celiino o quasi, o almeno placidamente conversino, scambiando notizie e riflessioni, come. la f II. LA STRUTTURA DELLA per dirne una, sotto dalle il il peso della cappa di piombo, informazioni che da Io udì' già dire a i E E diavoli. domanda le le lezioni della al falsario celia Virgilio, : quale, rivolgendo il «so l'unghia basti ti Al primo birichina come d'amore che la si Dante che. con riverenza di Malehaut alla è prima dichiarazione fanno Ginevra e Lancellotto nel romanzo. Senza dubbio. Dante non ismarrisce lezza ch'egli ridendo parve quella « Ginevra»: maliziosa e fallo scritto di dama nell'altro le sta nel loco pecore o zebe! »; » » « «rimembri». «Oh sovra tutte mal creata plebe ovvero afferma che inebbriato le luci sue, le sicché e che ancor gli , foste state qui «diverse piaghe» « « dello stare a duole » , pur che Nel- Paradiso, innanzi alla )"Osa dei beati, procura di significare lo in esclamazioni sul onde parlare è duro, Me' piangere eran vaghe si cieco potenza di Dio, quanto è severa Che cotai colpi per vendetta croscia!»; avevano nel disperate atrocità della dannazione; ed esce di tempo in tempo Che consapevo- la riflessa mondo, che s'aggira regno, nell'abisso infernale, tra «0 con l'augurio la richiesta Beatrice, nel Paradiso, all'udir tossìo una gratta con si Eternalmente a cotesto lavoro» impacciata, dà del voi a Cacciaguida, tipo: volevano, ». Ci sua Università, coperto di scabbia, e che unghie fariosamente, rafforza che vizi assai, tra' quali menzogna sospettare a uno che stava nell'Inferno che cosa fìir fossero ironico s'accorge d'essere con deliziosa bonomia: Bologna Del diavol a quanto sembra, Bologna, e che incede quale, allorché Virgilio, il ascolta, lui udi' Ch'egli è bugiardo e padre di per 57 » frate Catalano, l'ipocrita tristo stato ingannato dai demoni, osserva « COMMEDIA « la forza immensa onde lo spettacolo percoteva e rapiva; e ricorre, come a misura da molti- plicare, al paragone dello stupore che coglie settentrione al vedere Roma e i i barbari del suoi edifizi e monumenti, e ne deduce: «Io che al divino dall'umano, All'eterno dal tempo ero venuto, E di Fiorenza in popol giusto e sano, LA POESIA DI DANTE 58 Di che stupor dovea esser compiuto!». E non si può non avvertire che questo rapimento nel divino è enunciato e non rappresentato, e che le esclamazioni che egli esprime di terrore hanno del ritornello d'occasione, suggerite dall'idea delle pene infernali e non dal sentimento di esse, e sembrano alquanto fredde, specie commozione che s'insinua nel suo se le si paragonino alla petto e viene irrefrena- bilmente crescendo alla presenza di Francesca, fino al deliquio. Un opuscolo l'altro francese e cattolico il quesito: mondo », si propose e trattò in un suo «se Dante fosse tornato migliore dal- ricordata la tenerezza di lui nell'Inferno e, 'compunzione verso pei peccati seduceiiti, e la nessuna le proprie colpe, e che la sola colpa che sembra colà rimorderlo è l'omissione di compie bensì, tenze, ma penitente, una vendetta, e che nel Purgatorio buona grazia, formalità di peni- e di assai assai più pensa alle cose terrene, e piuttosto che si mostra osservatore pieno di curiosità, e che nel Paradiso sembra uno studente lezioni, risponde al quesito in in cerca di buoni corsi di modo negativo. Sotto forma d'una capricciosa inquisizione psicologica si perviene cosi, senza avvedersene, alla medesima conclusione nostra l'altro mondo non è veramente il : che motivo poetico dominante^— Commedia. nella poesia della D'altra parte è da concedere che Dante avesse l' inten- zione per l'appunto di ra])presentare l'altro mondo, e anzi che assai probabilmente fu questa idea del poema, come non si Ed può confermare con uno è anche evidente che la prima intenzione o solo è lecito argomentare, o ma due luoghi della Vita nìwva. una certa rappresentacome una voragine egli forni zione dei tre regni; e ritrasse l'Inferno che vaneggia di sotto al monte Sion fino terra e che, restringendosi per comprende fiumi e \ mia selve e lande al serie di centro della nove cerchi, e precipizi e castelli e rovine, suddividendosi in giri e bolge variamente; e il Pur- II. LA STRUTTURA DELLA « COMMEDIA 59 » come un'altissima montagna sorgente in un' isoletta agli antipodi del monte Sion, distinta in una rocciosa base, eh' è l'antepurgatorio, in sette cornici e in una foresta che fa già il Paradiso terrestre; e il Paradiso figurò nei nove gatorio cieli, della Luna, Venere, del Sole, di Marte, di Mercurio, di di Giove, di Saturno, stellato, cristallino (o del nell'empireo, dov'è Dio, bile) e primo Mo- motore immoto. In questi il cerchi, cornici e cieli egli distribuì per categorie dannati, purganti e beati: nell'Inferno, gl'infingardi nel vestibolo, non redenti del peccato originale nel Limbo, dannati negli i propriamente cerchi e nelle bolge secondo altri di queste suddivisa in scende giù giù le tre dispo- alla base o modo che dai lussuriosi, golosi, avari fino ai traditori: nel Purgatorio, assegnati antepurgatorio gli altri nelle cornici, i secondo contumaci e negligenti, meriti e la correlativa beatitudine, o triplice prima le tutti divisione dei sette peccati la o dei sette vizi capitali; e nel Paradiso, carità, i peccaminose, incontinenza, violenza, e frode, ciascuna sizioni si e i beati, secondo virtù cardinali e teologali. E i secondo i gradi della descrisse questo regno fingendo sé viaggiatore e osservatore, dapsotto la guida di Virgilio, poi, per un breve tratto, di Virgilio e di Stazio insieme, poi, dal paradiso terrestre all'empireo, di Beatrice, e, nell'empireo, di san Bernardo. Che cosa fece egli in siffatta rappresentazione, mente trova nel libro della Commedia, e anzi sembra si sorreggere tutto il che certa- resto? Poesia propriamente no, già esclusa dalla dimostrazione che manca per essa tore; il necessario motivo poetico genera- ma nemmeno, come si suol dire, scienza, scienza, iu tutte le forme in cui cetti affermi sempre critica, e le fatti si perchè la prenda, o che elabori con- o classifichi o costruisca astrazioni, è non ammette, e anzi discaccia e dissolve, combinazioni dell'immaginazione. Qui invece l'immagi- nazione interviene come demiurgo e compie un'opera af- LA POESIA DI DANTE -60 un oggetto che adomdell'altro mondo, acconciamente chiamare, que- fatto pratica, qual'ò quella di foggiare a bri uso dell'immaginazione dell'eterno. Si potrebbe forse da Dante, un «romanzo teologico», lavoro compiuto sto l'idea o «etico-politico-teologico», in analogia dei romanzi «scientifici» tempi a noi o «socialistici», che si sono scrivono ancora, il fine dei quali è divulgare e vicini e si scritti in rendere altrui accetto e desiderabile qualcosa che o si si come sarebbero gli effetti che produrranno certe aspettate o invocate scoperte scientifiche, nuove condizioni o lo vita che nasceranno dall'attuazione di certi nuovi sociali. le crede desidera, presentandolo con l'aiuto dell'immaginazione, Mutati i tempi di istituti e gl'interessi degli uomini, diventate scienze naturali e le disquisizioni sociologiche ciò che tempo furono la teologia e problemi della salvazione dell'anima, romanzi teologici ora non se ne compongono più; ma parecchi se ne composero nel corso del Medioe\"0 (tra itn i i quali sono in parte da annoverare e questo di Dante le gran lunga fu di cosiddette il « visioni »), più ricco di tutti, il più grandioso e meglio architettato, sebbene non l'ultimo. liomanzo teologico che, per dominio nulla politici di si natura della religione, la al cui sottrae, e per effetto degl'interessi etici e Dante, si complicava, come si accennato, di 6 un'utopia politica ed etica. Che Dante, propostosi questo dovesse industriarsi fine, a dare precisione e coerenza alle sue immaginazioni, farle, come si dice, verisiraili, è cosa che s'intende, e a e, d'al- tronde, l'assunto gli era agevolato dall'intervento del miracoloso, al quale esso e i suoi lettori credevano. sembra, cosi bene, che sorse avesse visitato l'Inferno e gli fosse stato rivelato il il la Paradiso; e furono costretti a insistere che anche i moderni, che di leggenda che Purgatorio, tali egli e, E egli almeno vi riusci, realmente in estasi, gli antichi espositori scriveva « da poeta > ; e cautele non hanno bisogno, , II. LA STRUTTURA DELLA osprimouo spesso Ma suo racconto. al che egli dà sulla spiegazioni modi del viaggio, e e sui COMMEDIA 61 » meraviglia per l'impronta la loro che Dante conferisce « sul che configurazione tempo che compierlo, e sui fenomeni che osservò, gli di realtà, meticolose le luoghi dei occorse per soprattutto, le e, dissertazioni con le quali spiega e giustifica quelle cose ginate e le tratta scientifica e fosse per come fatti reali imma- che confermano una teoria ne sono confermati, rechino prova che esso stesso ingannato dalle proprie immaginazioni fatti reali, e e le prendesse cadesse in una sorta di allucinazione; questo, modi sostenuto, non è per niuii conto da ammettere. E non già perché con tale ipotesi s'introdurrebbe nel genio di Dante una troppo grande mistura di demenza e si verrebbe meno al rispetto che gli si deve; ma veramente perché l'ipotesi contrasta alla limpidezza e consapevolezza della mente e dell'animo di lui, e, per di più, non è necessaria. Tutti i compositori di romanzi sebbene sia stato in vari di quella sorta, teologici, scientifici o socialistici, sono precisi e meticolosi e ragionano le loro immaginazioni, perché cosi richiede ci furono, tra il i loro assunto; e anche nel secolo deciraonf)no lettori e gli uditori, alcuni che, al pari delle femminette di Verona, presero per realtà le immaginazioni e tennero per certa l'esistenza delle varie Utopie o Icarie, e talvolta mossero la vela e il remo per raggiungere le terre promesse e le isole della felicità. Sulla strattura della Commedia, cioè gico che le è messo a fondamento, sul è sorta romanzo teolouna delle più cospicue sezioni della letteratura dantesca, gareggiante per mole con quella accumulata della « topografia fisica tre regni. ed E » sulle e della « poiché quella struttura Dante esiste nel mente i e si chiama la volle » dei ed esegui, suo libro, è naturale che gl'interpetri curino di chiarirla, ed è utile che, per far in allegorie, topografia morale lettori (i si che l'abbiano chiara quali per solito ne accolgono un'idea LA POESIA DI DANTE 1)2 sommaria e confusa, perché vi s'interessano poco) si disegnino, come si sono disegnati, atlanti, e si diano geografie mondo dell'altro in esso, e dantesco, ed orari od orologi del viaggio commenti al codice penale che vi regna, e alla graduatoria dei meriti e delle ricompense. Solo che sarebbe da raccomandazione che già s'è ripetere, rinforzandola, la guardarsi dal troppo, e di non dimenticare che di latta, queste di Dante sono mere costruzioni immaginative, di scarsissima importanza, soprattutto per noi che abbiamo altre immagijiazioni pel capo, e che, a ogni modo, delle immaginazioni e dei sogni non conviene a lungo intrattenere la gente, noiando altrui (ammoniva monsignor della Casa nel « Galateo) col recitarli con tanta aflfezione e facendone gran meraviglia, che è uno sfinimento di cuore a sicché, poniamo, si sentirli »: è perditempo e reca fastidio discutere e udir discutere se Dante impiegò nel suo viaggio sette o nove o dieci giorni, e se nel Paradiso ventotto o quaran- tadue o settantadue ore, e a quale ora per l'appunto prima o dopo salita, se tisti ci mezzogiorno, e il simili. Ma vi fece i dan- costringono a ripetere su questo punto anche l'altra e più sostanziale cinisura, dell'antimetodicità del loro pro- cedere, e a spiegare in che essa, nel caso particotare, consista. Dante, per minuzioso e meticoloso che sia proceduto, ha pur lasciato lacune nel congegno del suo romanzo logico, e, contradizioni; fors'anciie perché, non potè dar l'ultima mano nerale riaccordo al come da studiare gini e i filosofi, tirando le le in si pensa, più anni e sotto avvenimenti. Se fosse stato d'indole filolofica e critica, lacune e risolverne alcuni pc^ema, e sottomettere a ge- un'opera composta l'efficacia di molti e diversi le teo- per attento che sia stato, è incorso in talune si contradizioni, il suo lavoro potrebbe riempirne come lipigliando e continuando si le usa nello loro inda- logiche consogut-nze che dalle loro pro- posizioni dtriv;ino; ma, ( ssendo, com'è, lavoro d'immugi- II. LA STRUTTURA DELLA « COMMEDIA 63 » nazione, e appartenendo anche quel che egli non ha detto all'immaginario, non si può logicamente supplire, né quello può conciliare, salvo che non in cui egli si è contradetto si si voglia continuare a lavorar d'immaginazione, senza le buone ragioni che spingevano Dante a farlo, e perciò al- manaccando. Di questa impossibilità logica, al solito, non si rendono conto i dantisti; ed eccoli a discutere (per recare solo un paio d'esempi) sul modo in cui Dante passò dall'una all'altra riva d'Acheronte; o sul luogo dove andranno, dopo Limbo del il giudizio universale, le anime dei bambini non sarà loro e quelle dei virtuosi pagani, e se assegnata la sede definitiva nella «divina foresta» del Pa- come mai Catone stia a guardia del Purgatorio, laddove, quando costui mori, mezzo secolo prima radiso terrestre; o sul dell'incarnazione di Cristo, Purgatorio non esisteva an- il cora, sicché sarebbe da pensare che per intanto se ne an- dasse a stare nei Limbo, donde fosse poi cavato; si ma allora urta nell'altra diffieol à, che egli mostra di non cono- scere Virgilio, che pure era nel Limbo, sicché converrebbe supporre nel Limbo vari circoli o clubs, e Virgilio e Catone ascritti a due circoli tempo dell'assunzione diversi, o che, nei secoli trascorsi dal al grado Catone avesse dimenticato di guardiano del Purgatorio, le fattezze e la favella antico compagno; oltreché è da domandare del suo se egli sia da riputare salvato o no, o se, dopo il dovrà «tornarsene mogio mogio Limbo», ose, andando al giudizio universale, invece nel Cielo, troverà poi dove sedere; e via per tali cosiddette «questioni dantesche», in altret- altrettali modi risolute, dei quali e delle quali sarà onesto tacere. C'è, quel che è peggio, un preconcetto, in quest'ardore di ricerche sulla topografìa che cioè tali fisica e morale dei tre regni, notizie concorrano a determinare, e far prendere e gustare, l'arte di Dante, il com- carattere di ciascuna delle tre cantiche e le ragioni del passaggio da una parte LA POKSIA DI DANTK 64 all'altra di ciascuna, mondo gami da un episodio onde la «storia» concepita e gli espedienti, struttura da motivo poetico, sibbene da un tico, all'altro: come «storia estetica», e i lecome finezze d'arte. Ma«paiclié. la che abbiamo sommariamente delineata non nasce dell'altro essa non in tento did ascalico e pra- vale né a segnare particolare il poetico, posto che vi sia, di ciascuna cantica, né da una situazione poetica ciò che è all'altra, sua natura, nella e carattere passaggi i può dare solamente con cessioni estrinseche alla poesia e determinate da ragioni strutturali. Ogni sforzo che faccia per convertire queste ragioni in ragioni estetiche si è sterile spreco di acume. La poesia si quale l'umanità, e Dante che tre regni, rappresenta, la non mercé il delle tre cantiche deduce dal concetto del viaggio pei passerebbe dall'angoscia e rimorso pel peccato al pentimento e alla purgazione, e di là alla beatitudine o perfezione morale: questo è uno degli aspetti del romanzo teologico, è il La ma non principio informativo della poesia che a esso aderisce. bellissima rappresentazione dell'arsenale dei Veneziani non ritrova il suo ufficio e la sua giustificazione poetica nell'asserita intenzione che, avrebbe avuta di com'è stato sottilizzato, contrapporre uno spettacolo di Dante fervida operosità economica al malvagio affaccendarsi dei barattieri, ciie dà materia a quel canto; né l'escurso di Virgilio sul- l'origine di ]\Iantova, nell'idea di dar saggio di storia veritiera tra le fandonie delle streghe e dei maglii; che narra il nulla che vedere coi fraudolenti, tra Ciascuno di quegli episodi sta E nemmeno poesia come né Ulisse, suo ultimo eroico viaggio da esploratore, ha si la « » quali è condannato. per sé ed è una lirica a sé. può considi rare parte tecnica i la struttura del che sorregge poema, giacché (come ormai dovrebbe essere ammesso) o non la la tecnica esiste in arte o coincide con l'arte stessa, laddove la struttura della Com- media, avendo altra origine psicologica, non coincide inte-. II. ramente con LA STRUTTURA DELLA la « COMMEDIA 65 » sua poesia. Con maggior verità codesta strut- tura è stata assomigliata a una cornice che contorni e chiuda tale immagine rechi anch'essa uno o più quadri, quantunque il pericolo di ridarle una virtù propriamente estetica, perché Je cornici sogliono essere ideate mente lavorate insieme coi quadri o artistica- modo da formare un'armonia, in pimento delle pitture, Paragone per paragone, caso. quale una rigogliosa vegetazione s'orni di penduli modo che mostri potrebbe piuttosto raf- si come una fabbrica robusta e massiccia, figurarla in quasi com- che veramente non è in questo il rami e solo si di festoni e qua e là sulla arrarapichi e stenda e di fiori, rivestendola qualche pezzo della muratura suo grezzo o qualche spigolo la sua dura lineai il Ma, uscendo di metafore, il rapporto con la poesia è sem- plicemente quello che passa tra un romanzo teologico, ossia una didascalica, e la lirica che varia e interrompe di lo continuo; e questo rapporto trova riscontri in altre opere di poesia, e soprattutto nel Faust goethiano, che è stato bensì con insistenza pamgonato alla derazioni storiche (come l'una la Commedia per somma medievale, e l'altro di quello dell'età moderna), tire consi- del pensare e sen- ma non senza che a tale paragone spingesse anche l'intravedimento di una somiglianza artistica tra le due opere, pur tanto verse, consistente appunto nell'aver l'una e l'altra, dalla poesia, un legame tra le loro parti e concettuale o didascalico Una manzo certa compressione di- di là alquanto estrinseco *. non si teologico eserciti talora sulla scorge in più casi che di frequente si può negare che il rovena poetica, come si ripresentaiio. Tale è la necessità della inserzione di parti meramente informative o di alcuni geroglifici allegorici, di che non occorrono prove 1 Rimando Goethe (Bari, B all'analisi che ho data del Faust nel mio saggio sul 191;^). Croce, La poesia di Datile. 5 LA POESIA DI DANTE 66 particolari. Tale è la rottura della coerenza onde perso- naggi e scene, che hanno un zione, un proprio lor proprio valore di commo- significato sentimentale, sono poi costretti a servir da espedienti per somministrare certe notizie o certe spiegazioni dottrinali; e Farinata abbandona il suo I I 1 disdegnoso atteggiamento ed esce dai pensieri, in cui è assorto, tutti patriottici e politici, per ispiegare i limiti della conoscenza del presente e del futuro nei dannati; e Matelda, da fata della primavera, diventa ancella ed esecutrice di riti espiatori; e Virgilio, e rato Dante stesso, quale esso è figu- poema, debbono prestarsi a nel sinuosità del racconto, e, come tutte le necessità e che caratteri si vogliano desumere dal complesso, sembrano troppo vari e discordanti dal modo in cui dapprima si presentano, Virgilio inviato dalle donne celesti, Dante, compunto docile e il peccatore che intraprende la via della purificazione. ripetizione di situazioni simili, che il Tale è altresì la poeta s'industria di variare senza poterne del tutto vincere la monotonia: per esempio, la meraviglia delle anime del Purgatorio all'av- vedersi che la persona di Dante gitta ombra, e gli schiarimenti che Virgilio deve di volta in volta somministrare. A un certo punto, par che esso stesso sia preso da impa- zienza e faccia come nell'antica novellina quel che aveva una macchia d'olio sul vestito e incontrava ne lo facevano accorto, sicché, buon uomo tutti quelli egli, che incontrando nuovo alcuno, annunziava senz'altro: « Sta' saldo, ho una macchia d'olio >; e Virgilio annunzia infatti: «Senza vostra dimanda io vi confesso Che questo è corpo uman che voi vedete, Per che il lume del sole in terra è fesso » di E, infine, per non andar per le lunghe, dalla stessa com- pressione dipende quel certo che di brusco e reciso con cui si chiudono scene e dialoghi (onde è stato di solito S-iherzosa mente detto che senza complimenti, « i personaggi di all'inglese >, o, con Dante si separano maggiore gravità, II. che Dante « LA STRUTTURA DELLA stampa un marchio » « COMMEDIA 67 > sulla fronte dei suoi perso- nag-gi e passa oltre); e in generale potrebbe dirsi che, per misure imposte dallo schema del romanzo teologico, per le « lo freu dell'arte talora come Ma » , l' Inferno sia un po' troppo affollato e strozzato, e Paradiso un po' troppo dilatato. il bisognerebbe, d'altra parte, rammentare anche la schema oltremondano ed enciclopedico libertà che quello concede moti più vari della fantasia ai l'efficacia benefica di Dante, e notare che quella compressione per altro verso Dante prende carattere esercita, e per la quale la poesia di di assoluta necessità, prorompendo attraverso più vigorosa e intensa dall'ostacolo che le lo schema, resa frappone e che essa sorpassa: cosicché a chi non credesse all'esistenza reale e autonoma cui si della poesia e la reputasse cosa artifiziosa e di possa far di meno, non si potrebbe offrire caso più chiaro da meditare che questo furore poetico di Dante teologo e politico, questo torrente la via tra le rocce e i che alta vena preme, che s'apre sassi e scorre impetuoso, E tanta è la sua forza, tanta la sua ricchezza, che esso penetra in i tutti cavi delle rocce e dei sassi e avvolge con le sue onde spumeggianti e col velo d'acqua che solleva alpestre, a segno che sovente delle sue acque. La poesia non di si Io spettacolo vede altro che il moto Dante, quando altro non può, avviva con freschissima fantasia i \ particolari delle disqui| sizioni e parti informative ed espedienti di racconto, e per-' fino le non infrequenti concettosità dell'erudito in istoria, mitologia e astronomia, e investe tutte queste cose col suo commosso Per e lirica, e sublime accento. tale ragione, non sono Sono separabili schema e poesia, le parti nell'anima sua, di cui l'una condiziona l'altra e perciò confluisce neli'altraj e, in lettico, la romanzo teologico Dante, come non separai bili nell'opera di Commedia è sicuj'amente questo senso dia- un'unità. Ma chi li a occhio e orec chio per la jjoesia discerne sempre, nel corso v^^ LA POESIA D! DANTE 68 poema, /<iel j ciò che è strutturale e ciò che è poeticoj /misura maggiore che non convenga fare per ( quali pur si solo a quella che s'è detto, Goethe, ma si dove lo schema motivo poetico, e non c'è struttura dire, è drammi omogeneo, o struttura nasce dal e poesia, ma tutto, all' si tutto è poesia. Vero è che un'alquanto rettorica ammirazione rivolgere come deve usare pel Faust del in contrasto quasi pieno coi maggiori dello Shakespeare, può altri poeti, nei trova la stessa congiunzione, e pari forse, suol si «architettura» della Commedia, celebrando la sicurezza delle linee, le proporzioni, l'euritmia, le rispon- denze matematiche, che sono nella costruzione dei e nella loro topografia fisica e morale: motivo prediletto che prendono a tema delle loro conferenzieri, dei tre regni orazioni Dante; e per questa via si fiorite finisce col parlare della «bellezza estetica» pertinente alla struttura stessa del poema, una sorta di bellezza addizionale all'altra della poesia che include: una bellezza, come talvolta la si chiama, « della cosa stessa». Tra gli altri, un noto poeta e dantista italiano riusci tuit' insieme a frantumare e impoverire media, riponendola nelle sole parti alcune «perle» che si pescano « in la poesia della quel esaltare la «poesia della concezione», la al mondo sia e sarà mai», il Com- non drammatiche», gran mare, « ))iù e in a poetica che viaggio oltremondano. Sul qual punto non è da rispondere altro se non che non esiste poesia delle cose, ma solo poesia della poesia, e che la modo modo critico di pensare. Anche Commedia si suole ammirativamente com- poesia delle cose sarà, nel miglior caso, un leggiadro di dire, ma non la struttura della certo un pararla a quella delle cattedrali gotiche, con curiosa vi- cenda d'un paragone che prima fu trovato nel settecento per vilipendere l'opera dantesca come rozza, stravagante, barbaiica e «gotica», e poi, per effetto del romanticismo e medievalisnìo e religiosismo romantico, valse al contrario II. fine. E LA STRUTTURA DELLA su questo punto si « COMMEDIA deve rispondere che sono cattedrali, e non già schemi di poemi stesse; e quelle gotiche tire, esprimevano infatti 69 » le cattedrali ma poemi esse un nuovo sen- nascente da una nuova concezione del divino e del rap- porto dell'uomo a Dio, della terra al cielo: e Dante anch'esso espresse un nuovo sentire, nella poesia sua e non nell'astratto schema. Ben forse potrebbe adoperare meglio, si ma con as- diverso senso, quel termine di confronto, prendendo a con- sai siderare l'architettura gotica, pieno ma fiore, non nell'età dell'origine e del in quella del suo declinare o piuttosto del suo cangiare, nell'età di Dante, per effetto degli stessi can- giamenti spirituali dei quali s'è toccato e che operavano nell'animo di lui. Allora le sculture e decorazioni pittoriche, che negli originari per sé artistiche, editici gotici ma non erano indipendenti mosse spirito dell'edificio e col moto di tutte le altre linee architettoniche, cominciarono ad ottenere rilievo e tanza per sé, e le chiese presero aspetto, prenunziante la Rinascita nel poema di e parti architettoniche, determinate dallo Dante rispetto alle ' : impor- nuovo e più mondano proprio come accadde visioni e in genere alla letteratura medievale mistica e ascetica. Con o il ciò sembra chiarito il modo conto in cui bisogna tenere, Commedia, che non è di respingerle di rispettarle come dantisti, indiscreto, bisogna trattare, parti strutturali della come schietta poesia, come poesia sbagliata, si invece necessità pratiche dello spirito di Dante, e poeticamente soffermarsi i in cui di prenderle ma nemmeno usano le in altro. Rispettarle come non quando, fissandole con occhio curioso e finiscono, consapevolmente o no, col celiarvi intorno, e discorrere del «domicilio coatto» di Virgilio, e di 1 Su questo argomento è molto istruttiva la recente monografia M. Dvorak, Idealismus und Naturalismus in den gotischen Skulptur »nd Molerei, inserita nella Historische Zeitschrift, 1918, voi. 119. LA POESIA DI DANTE 70 dell' « quelle prio alpinismo e Dante, e di V soffermarsi come tutti in altro ; in iisistere Dante pro- ossia leggere ingenui lettori i Ma non simili. leggono e hanno ra- lo gione di leggerlo, poco badando allaltro mondo, pochissimo alle partizioni morali, nient'affatto alle allegorie, e dendo molto go- delle rappresentazioni poetiche, in cui tutta la sua multiforme passione Si dirà, e si condensa, si purifica e si modo Dante viene è detto, che a questo minuito; ed è vero esprime. si di- contrario, che viene accresciuto: ac- il lui, sommo modo Dante viene cresciuta cioè e potenziata la contemplazione di poeta. Si dirà, e è detto, che a questo si profanato, togliendoglisi vero, perché gli il pensiero religioso; e neanche è tolgono o meglio si si prescinde solo da quei pensieri, religiosi o politici o altri che siano, da lui non tradotti nella sua poesia, nella quale, d'altra parte, pur vive tanta e seria e sincera religiosità, anche dove non sembra direttamente espressa: vive in tutte più varie le figurazioni, perché viveva nell'animo di Dante, se anche conciliata o equilibrata con altri sentimenti* Finalmente dirà, e si è detto, che a questo modo nella poesia di Dante; e ciò è ancora che si men uno schema fiutano altresì del tutte le pratico; vero, perché quella e sul protagonista, se in an con- per conseguenza, si ri- vecchie e nuove dispute cosi sul- come concetto e, si nega ogni unità nega è l'unità cercata fuori della poesia, cetto o in l'unità si ci sull'unità d'azione del poema, sia o no e se sia Dante stesso, L'unità vera della p oesia dantesca è lo spiri to poetico di Dante^ del D ante della Comnied/'a, non quella e simili. complessiva del volume suo tre cantiche non si ; e il carattere di ciascuna delle può ritrovarlo con l'analisi dei concetti dell'Inferno, del Purgatorio e del Paradiso, ma contemplazione della varia poesia che ciascuna solo con la di esse offre, e che, pur nella sua varietà, ha, in ciascuna delle cantiche, una certa fisionomia particolare, che la difi'erenzia: non di- 'y II. LA STRUTTURA DELLA « COMMEDIA » 71 versa per altro e non maggiore di quella che possono presentare tre libri in cui uno stesso raggruppandole secondo talune Per determinare quale sto spirito poetico di sia, Dante, il poeta abbia raccolto, affinità, le proprie liriche. nei suoi tratti distintivi, que- cammino più corto e più pro- prio è quello di ripercorrere le tre cantiche, procurando di passare in rassegna le principali poesie o gruppi di poesie, che esse contengono, e venirne notando e modulazione. la varia ispirazione Ili L'« L ia INFERNO», poesia di Dante non scoppia fin da principio assorge a "uìr3?atto alla sua propria altezza, _ma man mano snodando, e sì più fa si non e viene copiosa e varia, pili franca d'andamento, con un crescendo che va dai primi canti a quelli del mezzo e della fine dell'Inferno, e ripiglia con più placidi modi nella seconda cantica, e sale, libera e gagliarda, sicura di sé, sfidando ogni rischio, nell'aere sottile Paradiso. del "generale, i I primi canti dell'Inferno sono, in più gracili; o che appartenessero a un primo abbozzo, poi ritoccato e adattato (st^condo una tradizione non dispregevole e congetture sufficientemente fondate), che ritenessero dell'incertezza di tutti i o cominciamenti, ac- cresciuta in questo caso dalla difficoltà di costruire e mettere in moto la gran macchina. Specialmente stento: con quel ci si ritrova in il primo canto dà qualche impressione colle che non è sole, e s'incontrano tre fiere, o la più minaccevole di la ^divorano e, di «mezzo del cammino» della vita, in cui una selva che non è selva, e si vede un un colle, e si mira un sole che non è il nQ;i si che sono e non sono esse è magra per sa come, «fa vivere fiere, brame che grame molte le LA POESIA DI DANTE 74 genti » . La fantasia cerca soddisfarsi nella rappresenta- zione di un cammino, di un pericolo, di un soccorso; ma, non appena eccitata cosi stata è e mossa, è spinta alla diversa rappresentazione della storia interiore di un'anima, come espressa in immagini, che anche a quel se ne trovano in altri artisti, e modo possono anche da questa, perché esser belle. la storia Ma è respinta dell'anima non tanto si delinea e chiarifica in quelle immagini, quanto ne viene tur- bata e resa incerta. I legamenti qui e nei canti prossimi seguenti sono fiacchi, con titubanze artificiate per dar luogo domande non necessarie e risposte domanda, come quando Virgilio domanda a Beatrice perché non teme di scendere dal cielo al Limbo, e Beatrice gli somministra un aforisma sulle cose che non si debbono temere e gli dice che essa non può a risposte informative, con che vanno di là dalla esser tocca dalla miseria infernale sommarie; lo stile stesso, il ; le rappresentazioni sono hanno poca ritmo, la terzina pienezza e tengono sovente del prosaico. Ma le parole rivolte da Dante a Vircommozione, a quel vedersi innanzi e udir gilio discorrere l'antico poeta che era da lungo tempo si gran già nel primo canto tremano di parte della sua vita interiore, maestro di sapienza, maestro di i « bello stile », cosi lontano nel tempo, cosi vicino a tutti suoi pensieri. E il formativo ha luogo, gorica, risplende di secondo canto, dove pure l'intento e ha qualche luogo l'oscillazione felicissimi tratti. Il in- alle- cuore di Dante crede nelle donne benedette, che lassù dal cielo lo guardano, egli lo vigilano, amò lo soccorrono; prima tra esse colei che tanto in gioventù, e per la quale usci dalla schiera volgare, colei sulla cui persona giovanili e il cui nome si raccolsero i suoi sogni rischiarò la sua poesia, Beatrice. Beatrice è ora veramente l'eterno femminile, la pietà, la sollecitudine quasi materna, con alcunché di amoroso: una santa, e pur sempre una danna molle e di bella, che l' « III. in qualche modo INFERNO 75 » appartenne e fu di gli suo lui solo, di lui Le amiche cantore, che la celebrò viva e morta. di Bea- non ignorano questa appartenenza, trice, della corte celeste, questo antico legame, e curano di darle avviso del pericolo a cui trova si precorrendo siderio, suo fedele, indovinando il la Ed sua volontà. «soave Virgilio e lo persuade, parlandogli suo de- il e va a >, «con ella parte e piana angelica voce», con gentili lusinghe e gentili promesse di riconoscenza, e alfine chiude il suo discorso con la suprema e irresistibile perorazione femminile: le lagrime. «Gli occhi lucenti lagrimando volse... ». A esprimere suo animo, come già aveva trovato per mento l'immagine dare giunto alla riva, di chi, pelago attraversato, cosi il speranza che il il le fluttuazioni del superato sbigottisi volge a riguar- poeta trova qui, per gli si rinfresca e rifiorisce, l'altra dei « la fioretti > chinati e chiusi dal notturno gelo, che, riscaldati ai raggi del sole nascente, Si il «si drizzan tutti aperti in loro stelo». entra neir Inferno come esplicativa e terrificante, con percependo Il i primo al peccati e graduatoria pone entrare versi che non fur li umani, i al male, li luogo. suo giudizio e a gra- e fuori quasi della stessa timidi, i i perpetuamente irre- quali punisce di vile sup- avvolge, e la vera loro punizione sono fustigano in eterno vivi...»: «Che Dio spiacenti ed tate il gran e passa che vizi il del l'orrore tutto di timore, secondo una certa fantastica logica di contrapasso. disprezzo «A i gì' infingardi, bene e soluti, inetti al plizio, deve entrare, secondo un nuovo sussulto moralista comincia ad attuare duare Il si per una porta sulla quale è una scritta tra disegno, » . si « i Questi sciaurati, che mai visser senza infamia e senza lodo...»; a' rifiuto...»; Poi : «Che uimici sui...»; «Non ragioniam fece per vii- di lor, ma guarda scopre agli occhi un gran fiume, e gente s'affolla alla riva per passarlo. Una suo maestro e autore, di Virgilio, torna al simile scena del ricordo del poeta, LA POESIA DI DANTE 76 ne dà un rifacimento tra <id egli il classico e medievale, il campeg-gia una figura della mitologia pagana, con- in cui versa in demonio dell'Inferno cristiano, vecchio e feroce^ aguzzino, Caronte, con con gianti, le realizzata in gli un occhi fiammeg- gote lanose e canute, imperioso, inesorabile, implacabile. Al suo cenno, alle sue battiture, sono sotto- messe caterve di il È imita- un'imitazione che rituffa uomini sciagurati e ma zione di artista da artista, disperati. modello nella realtà della fantasia, e trae fuori rin- lo novato e fresco. Ripiglia moralista, e anzi il teologo, con la discesa il nel Limbo, dove sono relegati coloro che non ebbero bat- tesimo o non conobbero gono il vero Dio, e vi soffrono non sup- ma una pena plizi esteriori affatto interiore, vi si strug- un perpetuo desiderio senza lume di speranza. Contradizione al sentimento etico umano, mistero della giustizia div^ina, che Dante non scruta e contro cui non ha alcun moto di rivolta. Virgilio, che è tra quei reietti, si fa smorto in in viso; a lui si sua che colà era non stringe « il cuore, considerando in mente gente di molto valore è altrimenti approfondita: s'indica condo quale la si » . Ma la situazione appena sarebbe potuta svolgere, e la linea se- rimane nei si Anche nel nobile castello, tra i spiriti magni alla cui vista egli si confini della pura notizia. grandi e i saggi, tra gli esalta in sé stesso, guaglio ne tiene il la poesia è raffrenata e luogo. Ammirazione, riverenza, malin- conia sono sentimenti accennati, altra libertà secco rag- il acquisterà ma non più oltre nel rappresentati. moversi Ben questo in oltremondo che è venuto immaginando, e che per ora sembra oppresso dalla legge teologica, che lo regola. Lam- peggiano alcune immagini, s'innalza qualche forte espressione: «Sembianza avean né tardi e gravi »; vedere in me « trista né lieta»; «... Parlavan rado, con voci soavi stesso m'esalto >; ma »; con occhi < Che del più sono cataloghi di L' « III. INFERNO 77 » nomi, appena variati da qualche epiteto. Perfino, al vedersi accolto nella scuola del signore dell'altissimo canto o Virgilio che tutti i sia), sesto tra (Omero cinque massimi poeti di i tempi. Dante non trova immagini e sentimenti ade- guati: dice che quelli gli fecero parlò di cose che dov'era»; e si « il « onore tacere è bello Si », e che tra di loro com'era si parlar colà il avverte in questi giri di parole che egli non ha molto da dire o non sa dire ancora liberamente ciò che vorrebbe: la vena scorre ancora pigra o impacciata. Solo nel cerchio seguente, nelle terzine consacrate alla ^i^tà dei^ Polenta e Paolo Malatesta, pinta poesia di Dante. anche del canto, e la La la prima grande e com-. figura di Minosse, al principio si ha bufera che trascina anime, non le escono dal descrittivo e grafico: chi ha scorto, supplizio dell'eterna tempesta, suria che avvolge e mena questo in un simbolo vivo della lus- nella sua rapina gli uomini, probabilmente penetrato l'intenzione dell'autore, come ma ha ha visto La rassegna forse più che non dei lussuriosi, Semiramide, Didone, Cleopatra, Elena, Achille, ci sia effetto poetico,] Paride, Tristano, è ancora poco più di un catalogo di nomi, accompagnati talvolta da accenni storici. quei due che insieme vanno Ma tosto scena che Dante anima. si rivolge a Il loro staccarsi dalla schiera e correre volando alla voce del « », la si poeta, col paragone delle colombe, già è pieno della brama un cuore umano la loro storia dolorosa: prime parole suonano commossa gratitudine a chi li ha di versare in stinti tra gli altri e un E ha avuto per essi gentile sentire regna in quei il ( due cog nati^,_al tragico amore di,^Erancesca djt_K un moto di le di- compassione: due peccatori per amore. loro amore_è^Ja.tQJ!amorejve ro e proprio, pieno, reale l, braraa, senso, soavi e delicate tant;isie, estasi di beatitu-/ dine, languore, abbandono, perdizione: e non incielamento, bensi umanità o non imbestiMinento:! umana fragilità, per la4- quale ogni altra cosa è dimenticata, ogni dovere è messe-f ' 78 LA POESIA DI DANTE al fondo. L'attrattiva delle la € formo e delle raov^enze corporee, bella persona», la bocca ridente e desiderata, riso», avvincono e vincono, siato ricordo. I due non sono «de- il tremano ancora nel e ma aiutati -a resistere, anzi pre- parati a cedere, dal «cor gentile», dai «dolci pensieri», dai «dolci sospiri», dalle sentenze della dottrina d'amore, «che a nullo amato amar perdona»; da tutto l'idealizzamento che dell'amore avevano fatto la poesia occitanica e quella dello novo, e dai ricordi e dall'esempio degli stil appassionati e nobili eroi ed eroine dei romanzi. l'insidia che li porta all'orlo del baratro e ve È li questa spinge dentro: contro la turpitudine del vizio, contro la bassezza della viltà sorge sfolgorante dell'aristocratica finezza; perché ma la finezza del sentire, la plice della passione, peccato è tempo al il disdegno e il qui invano si sentimento il cerca presidio, cultura dello spirito è com- nemico da combattere è amico, il stesso virtù di simpatia che attrae le creature l'una all'altra, e l'immagine di colui che viene tradito e offeso, favorito dalla natura, di non sorte e è compunge, non le non amato, il l' tentiizione se il le in- ingiustamente prepotenza contro dalla l'oppressore prima, scampo a quella visi, non le arresta, perché colui timidisce, la legge carnefice poi. IJon non nella c'è indugiar- fuga: vagheggiarla, cullarsi nel sogno e nel «disio», è sen- Dante, come teologo, come credente, z'alrro soggiacervi. condanna quei peccatori; ma sentimentalmente non condanna e non assolve: si sente interessato, come uomo etico, turbato, gli occhi si gonfiano di lagrime, e infine vien meno dalla commozione. (La tragedia dell'amore-passione, che è il significato poetico st'unica dell'episodio pagina nel poema di D di Francesca, inte, h.a que- che scopre per un istante e mostra nella sua forza indomabile e travolgrente quella ebbrezza dei sensi e della fantasia, e non rimuove più il velo che vi stende sopra. Egli è troppo umano da in. l'« inferno 79 » ignorarla e non intendere e non sentire vivamente quella sorta di affetto: troppo virile, con tanti altri ed elevati pen- con tanto fervore sieri, da rimanere, come di opere, altri poeti, affascinato e prigioniero nella cerchia di Eros, invin- battaglia^ cibile in Un'altra variazione di una figura virgiliana, anche più profondamente trasformata del Caronte, e rappresentata con pari vigore, è Dante ha non il demonio Cerbero, nel terzo cerchio. solo viva consapevolezza dei più vari moti dell'animo umano, ma, cosi vigoroso com'è di tempra, fortissimo senso di quella che potrebbe chiamarsi la in genere, la vitalitA compiace di immediata o animale, dar corpo in esseri nanzi a cui egli medesimo par che come dinanzi a potenze « vitalità > alla quale si possenti e mostruosi, instia sospeso e ammirante, della natura. Altri se ne incontrano ma più avanti nell'Inferno; tra i primi è quest'orrido Cer- suo gran latrare a tre gole, nel suo bero, possente nel graffiare, scuoiare e squartare, nel tremito che lo scuote d'ira e d'insaziabile ingoidigia. Tra le animo dei che Cerbero tortura, golosi battute dalla greve pioggia e si trova il fiorentino Ciacco, che porge occasione a un intermezzo politico; nel quale si discorre di Firenze, del dominio e della caduta dei Bianchi, dei vizi che bruttano quei grandi personaggi della cittadini, e dei generazione precedente, «che a ben far poser gl'ingegni », e poi ancora, con Virgilio, intorno alla risurrezione dei corpi e all'accrescimento di tortura che proveranno nati quando le anime riavranno chiari venire dallo schema e non, nel del romanzo teologico o lo tocchi splendore della parola e del poetici, dan- teol')gico-po- loro complesso, dalla spontanea fantasia del poeta, che pur vi lavora attornr» e con i loro spoglie terrestri. esempi delie cose che abbiamo detto pro- Sono questi litico, le Com'è quel «gran le vi-rso, non solo ma anche con rialza disio», queir interessa- LA POESIA DI DANTE 80 mento che personaggi di cui virtù e rinata degli liberti, Mosca stesso Ciacco, e si sorte toccata ai di la grandezza. Pure qui la curiosità volge soprattutto alla storia si Rusticucci, di « la richiamano volentieri si della da giovane aveva appreso a lodar fin ad ammirare del lettore domandare fa subito g'ii di quei tempi, onde circostanze della vita di Fa- le Tegghiaio Aldobrandl, Iacopo di dei Lamberti, di Arrigo Fifanti, e dello domanda chi mai potessero essere giusti >, che erano in Firenze, e i due che Ciacco non nomina. Semplice colorimento dello schema disegnato è anche la descrizione delle due opposte schiere che, nel quarto cerchio, voltano pesi « per forza di gli avari e i poppa » e cozzano tra loro, prodighi. C'è una punta, delle molte che sa- ranno poi vibrate con pia forte polso, contro altre volte l'avarizia dei chierici, dei quali, e di cardinali e di papi, gran numero si trova tra quei dannati; questa parte il poeta sente una certa aridità nella tratta- zione, procura di avvivarla con tuna, ribattezzata, poiché anche in e, una disquisizione in conformità della teologia sulla For- cristiana, ministra di Dio, intelligenza angelica, che permuta mondani secondo un occulto E da e provvidenziale pantano coloro che portarono dentro cidia, beni osservare, perché assai significante del carattere del- l'uomo e della poesia dantesca, l'essere ai i giudizio. che furono ossia (secondo tristi « stati il messi in fondo- «fumo> dell'ac- nell'aer dolce che dal sol s'alle'i:ra », una almeno scettici e pessimisti pratici, delle i varie interpetrazioni) gli lamentosi, gli annoiati e di- sgustati della vita. A pie delle toni della città di Dite pare abbia deposto il primo contegno come se Dante col quale era entrato nel- l'oltremondo, simile a quello dell'uom di villa che timido s'inurba, e prenda a muoversi a suo agio in che ormai è per lui come la terra, e dove quel paese gli accadono avventure come nel viaggiare per luoghi strani e ino- III. Una spiti. si torre manda l'« inferno 81 » segoni all'altra più lungi, e pronta distacca una barca, guidata del demonio Flcgias, che corre verso due viaggiatori, 1 ruente nel suo moto dannato, che egli Ma anche verbo si fatta quasi più rapida e grido del nricchiere dal al ir- creduto appronta ad afferrare e trasportare. Flegias è costretto ad acchetarsi e a obbedire al di Virgilio. Nel traversare contro con Filippo Argenti, « il il pantano, ha luogo l'in- fiorentino spirito bizzarro », che Dante subito riconosce e a cui non solo rifiuta compassione, respingendolo da sé con disilegno, ma aggiunge martirio e vergogna, manifestando, e ottenendo che sia attuato un momento dopo, desiderio di vederlo stmziato il per la gioia dei suoi occhi. Fantasia dell'odio, ai suoi occhi, concretata in una scena vivacissima e san/ionata dfdl'appro- vazione e lode del maestro Vii'gilio. roce, l'irridente giustizia! Questo sulla rapida scena, alla quale il È bella la vindice, la fe- sentimento che splende non manca un sorriso di com- piacimento, una sorta di allegrezza per Topeia di punizione, di scempio e di spregio, che le sante ]\luse concedono al poeta di eseguire. Opposizione all'entrata tra come con mura le di guarnigione di una fortezza la Dite, negozi;iti ostile, diniego, confusione e momentaneo smarrimento di Virgilio, ansia da cui è preso Dante, e suo cauto e timido interrogare per rassicurarsi, di minaccia contro Medusa, e rivo del infine, messo lui delle Furie e della testa preceduto come da un uragano, ar- celeste, innanzi a cui fuggono i dannati facendogli largo e che apre la porta senza alcun ritegno e lascia penetrare i due pellegrini plessa scena drammatica che : tale la nuova s'inizia, svolge e e più com- compie. Forse, e senza forse, essa ha un significato allegorico, ma, diver- samente da quelle del primo canto, ne ha uno altresì af^ fettivo e ])oetico, che tutta l'informa e la rende per sé comprensibile e chiarissima. Quale? Fa tutt'uua cosa con • i>. Croce, La poesia di Dante. (J LA POESIA DI DANTE 82 lo svolgimento stosso della scena: è tra con la sfiducia e pur che la tensione che difficoltà e gli ostacoli, la fiducia le si prova avvicenda si la vince, nella lotta del giusto con- tro l'ingiusto, della virtù contro l'iniquità, del diritto contro la forza; ed è il sopravvenire del soccorso fuori? o non (di più tosto dentro dei nostri petti stessi?), della potenza superiore, dell'autorità, che sostiene i buoni sforzi, cosi sicura come di sé e vittoriosa con la sola presenza solenne messo il appena ha di mano, del cielo, che procede senza guardarsi attorno e bisogno rimuovere da di sé, con lieve gesto r«aer grasso». Quella potenza, adempiuto recato il suo il ufficio, era dipartita, all'altezza si dimora, e non fa motto a coloro che ha aiutati, cui in soccorso, torna donde come gran personaggio la cui mente spazia in ampia ceruomini chia, e altra cura lo stringe che quella dei piccoli .che gli sono davanti. L'anima di Dante si riempie, in questo ideale viaggio, delle immagini lotte della sua il ma la forti e grandi di Firenze, quale non la sentina di ogni vizio, vituperata da Ciacco, «nobii patria la patria che del suo Ma la fantasia ora non più gli atteggia nuovo sentimento che gli solleva il petto è l'ammirazione pei la momento uomini, dei casi, delle città. immaginLodiatej è più, ora, df^gli si >, di cui è gioia e besti^mmia e si vanto esser natio, ama, per cui soffre e si s'inorgoglisce, e che sta realmente alla cima dell'anima, cosa sacra. Farinata er re si .^ e.nmp. —la—figum esprime questa elevazione^ poetic a; Farinata, \J il che, vero ero«' da epopea, è tutto e soltanto il combattente: combatreiite id«vile politico, perciò di'l gli per la città appartiene. presente si fa O.^'-ni per la sua in onj si mag nani mo, il guenlero, parte, pel alla quale cyli appartiene é suo che altro affetto gli è estraneo: ai mali superiore, alto col pi'tio e con la fronte come avendo l'inferno in gran dispirro; deijli amori e dolori umani non cura, né degna di attenziime Cavalcante, che e punto non gli è presso, inferno l'« III. uomo di parte e di commuove si e all'afifèinno paterno di lai. i da è guerra, che squadra chi gli viene innanzi gli amici o tra i nemici, seguaci o tra gli avversari; la sua prima esclamazione, un ricordo scia, alla sollecitudine La prima sua domanda per sapere se debba collocarlo tra tra 83 » ohe di il aspra lotta e di duplice trionfo; la sua ango- andato perduto per fratto della sua vittoria sia colpa dei successori; da malinconia malinconia, sua la non gioisce già della strage e del grande sangue versato, ma si sente strumento della guerriero, che scempio e del necessità; la sua unica giustificazione, che, sopra ogni suo odio, tempra meno nire. Dante contro aperto, verso lai, compagni i e gli fece alleati di Firenze e salvarla all'avve- la vinta eletta, è, magnanimo amore, che quel sta l'amore, difendere a viso compreso di reverenza e di am- mirazione, e pur avversario, combattente con combattente; sarebbe stato contro lui, se fosse vissuto ai suoi ne rintuzza qualche più acerbo detto, ma gli lascia tempi, e l'ultima parola e lo colloca sopra un piedistallo di gloria. -^^lia poesia eroica s'intreccia quella che dell'amicizia, il canto di ti'istezza si potrebbe dire per l'amicizia che fu già fraterna e poi è stata corrosa, se non infranta, dal corso degli avvenimenti e dal diverso atteggiarsi dei tempera- menti e caratteri^ Guido Cavalcanti sarebbe dovuto trovarsi compagno a Dante nei viaggio di fatica e non altri, ma lui per diritto, lui il primo lui pari nell'altezza dell'ingegno. Perché non è con Dante? Quell'unione dei due era cosi naturale, e sorprendente, che Dante, cerca con di onore: lui e dei suoi amici, il gli vecchio occhi il il Cavalcante, fi,i;liuolo, e, distacco è cosi nello prime parole che vogliono spiegare perché non colà, crede d'intendere e fraintende, e pensa che alle morto, e non aspetta la fondando nell'angoscia. risposta che Ma il tieii scorgere non vedendolo, certa, e si trova egli sia cade spro- vero pathos forse non è in LA POESIA DI DANTE 84 questo scoppio di affetto paterno, quanto in quel Guido « vostro»: quel Guido, che non è più di Dante, che Dante restituisce al padre, cosi terribilmente lo il quale ancora cosi appassionatamente, ama. Ciò che tieu dietro, la celebre esposizione del sistema [y- punitivo dell'Inferno, ossia la graduatoria e caratteristica delle colpe tato umane secondo da ragioni scuole, è det- la filosofia delle strutturali, e, benché abbia pur sempre il pregio della dizione concisa e pregnante, non ha quell'in- tima vita che manzo in teologico-etico, e lo una volta, per paga ai lettori del la breve riposo nella discesa; e modo utile cerca di si opportune interruzioni artifizio come dissertazione è introdotta discorso fatto per passare in ro- prima occasione, tutto alla non averci pia a pensare. Con anche qui ingenuo, mossa con CoW' sente in altri luoghi dottrinali della si media. L'autore doveva pagare un debito \\\\ tempo in un renderla qua e là il dell'ascoltante: «Assai chiara procede La tua ragione ed assai ben distingue...»; «Non men che Si riprende saper, dubbiar m'aggr^ita...» il viaggio di discesa per un buirone cluj un luogo qua da Trento, ed risveglia nel poeta l'immagine di del italiano, della, rovina di è paesaggio da spie- lui gato come una traccia del terremoto, che scosse la terra alla morte di Cristo. Sulla punta della roccia scoscesa s'in- contra un'altra conoscenza del mondo anch'esso ravvicinato per virtù classico, strato nella sua furia, simile a toro che mortale e rompe lacci e i si il Minotauro, di fantasia realistica e ha ricevuto trascina e saltella in (-|ua il mo- colpo e in là. Alla vista della ri\iei'a di sangue bollente, par di giungere a un accampamento zioni e militMrr. minacce dagli sono insieme gli I duc^ pellegrini ufticiali aguzzini destrezza, gil.inza, rigore, regnare. La salda forza di di guardia, ricevono intimai Centauri, che quei dannati. Disciplina, sicuro imperio si vi- sentono qui dell'esecutore di giustizia ha do- mato la forza del INFERNO h'« III. male e lo tiene in 85 » ferma punizione. I Cen- «fiere snelle», sono eleganti e decorosi insieme; tauri, le anche Nesso, che prende troppo per fondo adempie sesrna, in il le «Gft^'ere del punte suo sua con- la Chirone uffìzio; è grave e meditativo: porta china la testa sul petto e dello strale che ha in cocca la barba mano gare, e, dopo essersi Dopo di che. serve per tirarsi indietro con si e scoprirsi la la gran bocca a parlare, interro- ben schiarito sul caso, dar ordini. Nesso diventa « scorta fida » e cortese infor- matore: guida sicuro e fornisce ragguagli sui vari compartimenti di dannati che sono in quel cerchio, e sui singoli individui. A « questi Centauri, cosi viventi, con tanto gusto ritratti, succedono liani, le altri rifacimenti di antichi miti, altri ricordi virgi- Arpie piante che chiudono anime e le triste selva tutta sterpi e spine, paesaggi d'Italia, e Corneto. E qui i la umane nella quale anch'essa ricorda luoghi foschi che si vedono tra Cecina s'apre l'elegia della fedeltà, della fedeltà calunniata e condotta al disonore e alla disperata morte: Pier della Vigna. Nessuna parola il suicida cancelliere di Federico di Svevia pronuncia contro l'imperatore, che mostrò a lui spietato, signor che fa d'onor ma si che sempre rimane per degno»: lui «il la fedeltà è serbata si suo anche nell'ingiusta condanna, anche nella morte, anche nell'oltre- tomba. La voce dell'anima offesa è soltanto contro contro la corte, contro gì' invidi, il mondo, che circuiscono e insidiano e trascinano alla rovina l'uomo valente e onorato. In questa protesta ed accusa, in questo sdegno, l'elegia procede, per altro, in tico, modo moderato come più e adorno, quasi in istile decorosa persona del cancelliere svevo stile delle Ed diploma- volte è stato notato dai critici, conforme alla e, si direbbe, allo sue auliche epistole. ora quel che aveva scarso rilievo nei canti prece- denti, la rappresentazione dei tormenti e dei tormentati, e LA POESIA DI DANTE 86 scene e i paesaggi di un'orrida natura, prende parte sempre maggioro. La selva doUe Arpie germina dalle anime le dei suicidi, che colà cascano e s'inseriscono nel terreno e crescono in piante; e questa selva è messa come in moto e azione per e si mezzo delle altre afiPerrano agli alberi e da cagne che brani. Pure le una spettacoli: raggiungono, poeta non il di quelle si anime che fuggono tra essa torcono e spezzano, inseguite li le addentano e le fanno a prendere da lascia tutto anime, cosi straziata, dopo il tali pianto e gli ohimè, trova l'agio di mitologizzare la vita d'inces- santi lotte e guerre intestine di Firenze, raccogliendola in- torno alla mutila statua di Marte, l'antico patrono, che vedeva Un sul si Ponte vecchio. altro paesaggio d'orrore è lo spazzo d'arena arida e spessa, dove l'aria è immobile e piovono dilatate falde di fuoco, < come di neve in alpe senza vento » . Su questo sfondo balza Capaneo, attinto anch'esso ai classici poemi, di una è forza che è qualcosa di più che forza fisica e materiale, ancora energia spirituale, volontà, ma volontà rabbiosa, indomita e ostinata, che, appunto perché qualche modo verso lo chiama «grande », inclina in la forza materiale e irrazionale. e non Dante solo per la prestanza della per- sona; e nella risposta di lui: «Qual io fui vivo, si tale, tal son morto » sente l'ammirazione, che non è abolita ed è solo repressa dal rimbrotto morale-religioso, messo in bocca a Virgilio. L'evocazione delle antiche storie e miti, che talvolta è mossa da riale, (juesta meraviglia per la forza e possanza mate- enorme, mostruosa, altre volte prende valore diverso: quello di cose che hanno colpito l'immaginazione del poeta e stanno nella sua paragoni, come gli memoria e vengono richiamate a mo' aneddoti che si di riferiscono a Catone nel- l'arena di Libia e ad Alessandro nelle parti calde dell'India. Nella figura del Veglio di Creta, il ricordo classico si fonde con un mito biblico in un'immaginazione nuova: la III. l'« inferno 87 » stataa del gran Veglio è in quell'isola, sul monte, col corpo composto di creta e di diversi metalli, donde sgorgano la- grime ohe scorrono quali fiumi uell" inferno. Il signiiìcato allegorico di questa immaginazione è al solito disputato e non si riesce a determinarlo con sicurezza (è la storia del genere umano? non nondimeno, quella statua è quella dell'Impero?); una singolare efficacia, mezza com'è tra la geroglifico, un geroglifico che, pur nel suo chiuso è priva di figura e il s'impone aspetto, al sentimento e dice qualcosa all'anima, mormorando, senza che si riesca a percepirla distintamente, una storia lontana, e accennando a un misterioso destino. L'incontro con ser Brunetto (cosi stranamente motivato dalla taccia che Dante gì' infligge col condannarlo in quel girone) parve a taluno dei che il ricordo di un critici, reajle per sé preso, nient'altro incontro inaspettato e di una conversazione del giovane Dante col vecchio e autorevole letterato e dotto, sulle rive dell'Arno; e forse contiene reminiscenza o immaginario che sia, ^ una di questo genere. Ma, suggerito dalla realtà il suo senso rimane Siete voi qui, ser Brunetto?». il medesimo: Quante cose dice il tono di questa interrogazione sorpresa! Dice la lunga familiaritA, la confidenza, l'affetto, la amò tato. altri compassione per l'uomo che sciuto a sé stesso, ed ebbe fede nel suo ingegno, animo, nella sua la lo un povero vecchio tormenE in lui, in lui che lo indovinò e lo conobbe quando non lo conosceva, quando egli era forse quasi sconoe che egli riveri, e ora è guerra che stella, gli jsarà trova ora nel suo come un appoggio contro mossa dai suoi concittadini;- in lui, l'eco simpatica del suo sdegno, dell'orgoglio nell'avversità e per l'avversità che sostiene e che l'onora, del suo pro- posito di continuare senza fermarsi e senza ondeggiare per la strada gloriosa, segnatagli dal destino. L'animo di Dante si abbraccia con quello del vecchio; inteso il cuore di lui, e, come Brunetto ha che è ancora pieno di avvenire, cosi LA POESIA DI DAXTR 88 egli intende il cuore dell'altro, che è pieno solo del passato, e fa che a lui raccomandi l'opera sua letteraria, Tesoi'o, nel Tra quale gli rappresentazioni di strane le il libro del par di vivere ancora. fogge di tormenti, tanto strane che giungono sino allo spettacolo dei tre gravi e venerandi personaggi fiorentini certo non è, — prosegue ziato nell'incontro e conversazione il sempre raccolto con affetto e ritratto corso di pensieri ini- con sor Brunetto. Tor- uomini della vecchia Firenze, altri ruota la comicamente accentuato, essendo invece solo con grafica esattezza, nano fanno quali i — spettacolo comico, se fosse, come sotto la pioggia di fuoco, Dante aveva di cui riverenza tutto quanto la fama raccontava: Guido Guerra, che fece assai col senno e con la spada, Tegghiaio Aldobrandi, Iacopo Rusticucci. Con essi il discorso getta, e i alla si fa più politico; con faccia levata « sùbiti sua guadagni », >, il e, domande, Dante alle loro grido contro « la gente nuova che hanno cangiato aspetto e costume città, discacciato cortesia e valore, generato traco- tanza e lusso. Primo spunto di quello che sarà poi pianto di Cacciaguida: il rim- ripugnanza dell'uomo austero, la legato alla tradizione e alla disciplina, e al sogno dell'ener- gico ed eroico, verso e perciò il non comprende nuovo costume che e egli non ama vede solo in quanto distrugge le care antiche consuetudini ed è utilitario e prosaico, cioè solo nei suoi aspetti negativi. La storia, col suo gran carro pesante, procede oltre, schiacciando molte cose belle e get- tando nuovi e vivaci semi: il cuore del sognatore, ligio al passato; al fantastico passato nel quale pone e ritrova sé stesso, freme e impreca. Il sentimento, e la poesia che so- pr'esso nasce, protestano contro l'azione e la realtà. Dal profondo abisso sale, nuotando, Gerione, che è la maggiore incarnazione di quello che in Dante abbiamo chiamato senso possente della vitalità, della immediata e sensibile vitalità, della vitalità organica, configurata in esseri enormi L' « II[. INFERNO 89 » o mostruosi. Dovrebbe, Gerione, allegorizzare questa volta l'autore stesso dichiara il ma suo concetto; mai inserire sull'immagine lettore vorrà la Frode, e preciso significato allegorico è certo, perché il di nessun poetico Gerione quella della Frode, e intorbidarla o fiaccarla con quella inserzione, tanto la rappresentazione della fiera terribile, del mostro ripugnante e grandioso, soverchia concetto e vale per il ogni sua parte e in ogni suo moto, sé, tanto è studiata in e, si direbbe, amata. La Frode ariostesca è bene la frode, un concetto morale avvolto piacevolmente in acconce immagini, che domina esso e regge, già il frodare, e grave per ma il l'aria, sull'intelletto e dall'in- modo con non la sua azione non è mirabile moversi e discendere, lento con sicuro e a suo gli occhi, e una poesia nata Gerione è Gerione, e telletto limitata. le si membra, eppur segue ammirando grosse e faticose agile e snello: lo si chiede altro perché si è avuto tutto. Chi non sente questa poesia, c'è pericolo che non senta mai di la poeticità di alcun 'altra poesia, che sempre è muta ogni altra cosa che non sia sé medesima. Dato saggio adempiuto dell'esser suo, il suo poetico uffizio, Gerione si «come da corda cocca». dilegua rapido, L'abisso infernale prende ancora linee e colori da paesaggi rumoreggiante caduta del fiume noti al poeta; e la Flegetonte si confonde con quella del fiume che, dall'Ap- pennino, «rimbomba là sovra San Benedetto»: allo modo che le scene dei dannati sono paragonate a viste sulla terra, e la duttori, nel suo •dei doppia schiera dei moversi in andava pellegrini che e stesso scene ruffiani e dei se- opposto senso, alla doppia schiera veniva da Santo Pieti'o, pel ponte di Sant'Angelo, l'anno del Giubileo. Gli usurai del settimo cerchio, e costoro, i ruffiani e i seduttori e gli adulatori, nelle prime bolge dell'ottavo, sono tra gono ritratti con modi plizio, percossi dalle bestiali, sferze e i più vili peccatori; e ven- o vilipesi nello stesso sup- dagli scherni dei demoni, LA POESIA DI DANTE 90 mani. Il ribrezzo e la invadono l'animo del poeta, mentre il moralista e nello sterco, lordi attuflfati schifo quei dannati, colloca tra satirico capo e il le inesoiabile, coloro dei che ha g-iudicati e disprezzati come suoi contemporanei, le Le sue letture classiche gli sugimmagini di Taide, la meretrice teren- ziana, che sta ora «sozza e scapigliata fante», e di Gia- appartenenti a tal geriscono anche sone, i ricordi epici rifa solenne. viene E Medea seduttore di il Giasone, si genia. si ma, al vederlo quale ancor si e, il verso grande che « al pensarlo dimostra, ammirazione «Quanto aspetto reale ancor e riverenza prevalgono: Grande era vista di alla Giasone è additato come quel per dolor non par lagrima spanda»; quale fu e tiene!». e d'Isitile; sollevano irrefrenabili, e ri- piacere della sua immaginazione nel il ritrovare in persona, e guardare e considerare, gli eroi, le eroine, gli scellerati, letto negli antichi i più vari personaggi di cui aveva poemi, con immaginazione onde la ingenua fede e con la fresca leggevano quei si libri nel medioevo. Al principio del canto dei simoniaci, Dante ricorda suo «bel San Giovanni», e serire una protesta si i vale dell'occasione per in- di carattere aflfatto privato e rettificare quel che la fama andava narrando di un incidente che gli era accaduto. Entriamo qui nella prosa e nell'oratoria. In- nanzi innanzi a quella parte della vita ai simoniaci, egli ò religioso-politica del tempo suo che più dette fremiti di sdegno: il principi e cupido di ricchezze per adempiere l'ufficio che di ogni altra gii papato corrotto e trescante coi si mondane. Ed egli si raccoglie è assunto; e all'invettiva, che già trabocca, fa precedere, preparandone lo scoppio, un'in- gegnosa invenzione, raffinamento Il papa, che è fitto con di castigo e di vendetta. la testa in giù e guizza di fuori le gambe, unico gesto con cui significa il suo sentire accompagna le parole, e dovrà cadere nella buca quando sopravverrà il nuovo dannato, crede che Dante, che gli si con e l'« inferno III. M » appressa, sia quel dannato, papa, Bonifazio, che egli sa di ma sicuro che verrà, che aspetta, presto. Cosi a la certa Dante dannazione del suo gran nemico: vede Tonta che d' che non aspettava cosi Dante pel primo, stesso, a lo coprirà e si annunzia egli pel primo soddisfa iu quella vendetta si immaginazione. Laddove nei punti passionali del viag- gio infernale, nello svenire davanti a Francesca, nel contenersi rispettoso verso Farinata, nell'affettuosa accoglienza a ser Brunetto, par che Dante abbandoni, si in questa bolgia dei simoniaci egli è tutto deliberata volontà, e procede La ma da pubblico accusatore, solo terzina e la parola timidazione. Non si si da esecutore e fanno strumento di castigo e d'in- ma esercita sorabile: e la parola dell'indignazione egli da non dimenticare forte e misurata, tanto si l'ira, non una severità ine- convelle nell'odio, non isfoga esce in sarcasmi e irrisioni, che non giustiziere. deve pur sempre alle « nare e punire, dichiara le somme chiavi ragioni della regge e muove la «riverenza », e, », nel condan- condanna e della punizione. A degli indovini e maliardi, fama pervenendo dare ascolto agl'interpetri, Dante alla bolgia sarebbe rammentato della si suo Virgilio lungo tutto il Medioevo, e a sé stesso, in un certo intrigo nel quale il fatta per questa parte al nome suo fu adoperato da Galeazzo Visconti cooperatore in un sortilegio, che si come di possibile preparava contro papa Giovanni XXII; onde avrebbe manifestato con maggiore energia, per conto proprio e del savio gentile che tutto per quelle seppe, la riprovazione nel rappresentarne testa, di neria, il castigo. Ma arti di e caricato le tinte questa presunta pro- questo calcolo, e dell'orrore per la magia e strego- non è nulla nel che è per eccellenza il canto degli indovini e maliardi, canto delle leggende e dei perso- naggi strani e misteriosi, antichi e moderni, anch'essi avvicinati per opera della fantasia e guardati a faccia a faccia- 92 POESIA DI DANTE I.A con curiosità come C'è Anfìarao, e meraviglia. cui di rivede si un lampo la portentosa ruina o morte, in2:oiato dalla presso Tebe; c'è Tiresia, di cui si ricorda il prodi- in terra, gioso cangiamento e ricangiamento da maschio a femmina; c'è Aronte, che ebbe tra teva di e sua spelonca proprio in la monti biancheggianti i 1;\ le stelle il supplizio, sulla gli volgere fa spalla bruna ». « e il mare; richiama l'inizio dell'impresa d'Ilio: tigura vigorosa pur nello scontorcimento a cui lo che Italia, del Carrarese, e po- guardare senza impedimento Euripilo, che c'è marmo di Colui gota la dalla condanna « barba augure quando un fu » in- tero paese rimase vuoto dei suoi uomini, gli adulti partiti per la grande spedizione bellica, accanto case, bambini ai le culla: in madri nelle deserte remota nella storia e insieme eterna immagine di desolazione per cagione di E guerra. diede il segno con Calcante a tagliar fune in Aulide: con che risorge nella fantasia della partenza di un esercito la prima fune rale o critica, ma deve tagliata. E non si Mantova, nell'Italia il dado che vien mo- racconto che seg^ue delle origini di primitiva, rievocata nelle sue terre senza coltura nei suoi e senza abitatori, al presente, in cui tante cose e diversi. il a un'intenzione a questa vaghezza delle antiche storie e leggende, mento prima quadro gloria e periglio, effigiato a con un atto materiale e morale insieme: tratto, la il aspetti, col riferi- costumi e popoli sono In questa terra ])rimitiva e inabitata la vergine Manto, l'indovina, la maga, dr)po lungo peregrinare, coi suoi servi e fece le sue arti e lasciò e su quelle tragedia non « ossa morte » il si posò suo corpo vano; sorse Mantova. All'epopea calla manca una coda di commedia nell'aneddoto, quasi contemporaneo, del ciabattino di Parma, Asdente, che* si dette al mestiere dell'indovino, e vorrebbe ora atteso al cuoio e allo .suo spago»: «aver all'altro e più sicuro mestiere primo, qui rappresentato nelle sue povere e comiche 111. L'« INFERNO» 93 determinazioni; e lo attorniano quelle poveracce che anch'esse, invece di badare alle loro faccende, alle cose don- nesche, all'ago e al fuso, si sogliono spacciare per stre- ghe e fattucchiere, e usano intrugli d'erbe e pupazzetti di cera per sortilegio. Il quadro dell'Arzanà dei Viniziani, che descrizione della quarta bolgia e che sta a capo della ammirare ma suole si insieme tacciare di troppa estensione e di estraneità rispetto al fine del dire) paragone, o anche (come con immaginali giustificare luogo a notare che le si è avuto occasione di contrasto, dà di effetti Dante sono talvolta similitudini in ineramente rischiarative, com'è quella che paragona Ma- una lebolge ai fossati e ai ponticelli di ad aggiungere evidenza, come che aguzza fanti della sono per sé poesie, piccole madre che prende perta di al il si nella ma cruna o dei tal'altra vanno Tale è quella liriche. desta al rumore e vede figlio e il fuoco in casa fugge e non cura di essere appena co- una camicia; tale l'altra del povero villanello che mattino s'affaccia e scorge la campagna biancheggiante dalla brinata e le del vecchio sartore filo il che uscirono patteggiati di Caprona; di là e e l'altre per infilare ciglia le fortezza, o valgono pecorelle, sciolta, ed e, si duole di non poter condurre al pascolo dopo un po', riguarda, egli si allieta e prende il e la brinata si è suo vincastro ed esce col gregge; tale la terzina in cui par che si raddensi e si componga nella sua maggior linea l'epica delle chansons de geste: «Dopo la dolorosa rotta, quando Carlo Magno perde la santa gesta. Non sonò si terribilmente Orlando», con quel «terribilmente» in cui si ode prolungare l'eco del suono ultimo e disperato, invocante invano E tale è questa dell'arsenale, del neziani, tutta piena la navigazione è sospesa o meno soccorso. famoso arsenale, dei Ve- del sentimento della preparazione per l'opera che il si del lavoro che svolgerà. attiva, si È ferve, l'inverno, guadagna tempa LA POESIA f»4 col racconciare le i DI DANTE legni danneggiati e col costruirne di nuovi : diverse opere sono accennate l'una dietro l'altra, rapida- mente, ottenendo esprimere quel di l'effetto lavoro dal ritmo celere, vario e concorde, faticoso e allegro, che ha innanzi a sé la lieta visione del prossimo fendere sicuri mare a l'aperto traffico e Meno ancora che acquisto di ricchezze. nella bolgia dei maghi, barattieri che bollono nella pegola spessa, Dante, tra i deve aver pen- sato (come pure certi interpetri pretendono) a casi suoi personali, alla condanna che gì' inflissero pei: baratteria, come o, se ci pensò, se ne dimenticò subito dopo, al suo racconto con un pensiero che dovrebbe essere grave e chi, accingendosi trovandosi subito di fronte un'immagine comica, vi prende gusto e la disegna con cura, per amor dell'arte, e finisce col suscitare il riso e ridere esso stesso. ode nella bolgia dei logia, certe pagine barattieri, di Da tornano romanzi picareschi, conti di tumulti plebei in cui alla ferocia la farsa, o certi Pelli quel che si vede e mente, per ana- alla o certi storici rac- si disposa la beffa e ragguagli di casi occorsi a viagfgiatori tra sono bricconi con bricconi, plebe con plebe, sih^aggi con vaggi, ai le Rosse o tra popolazioni dell'Africa. Demoni e barattieri gli uni aventi di sotto ma il disopra e astuti, gli scono, i sel- che stanno sono astuti anch'essi, e talora con l'astuzia vincono, non solo l'astuzia, Come altri demoni gioiscono come ridono, come primo diavol nero, che ci ma la maggior forza nel tormentare! Come di quelli. scherni- sollazzano in quell'atto! si 11 dà nell'occhio, viene correndo e portando sall'omero acuto e superbo un barattiere, tenendolo ben saldo, «de' pie ghermito il nerbo»; e, nel recita l'epigrafe burli-sea a lui e alla sua gli altri buttarlo giù, degna patria, e diavoli f;inno eco. Mggiuiigendo sarcasmo a strca- suìo, risata a risata. E allorché lo addentano con più di un'immagine di cucina viene naturale e appropriata. Altri demoni si lanciano contro i due pellegrini, cento raffi, non appena li hanno INFERNO L' « III. ma scorti; 95 » sono arrestati dalla diplo- mazia, che Virgilio adopera, e dall'autorità che invoca, e dall'ordine che è costretto a dare loro capo. Arrestati, il ma, come plebi irragionevoli e mutevoli, docili e insieme indocili, stanno e non stanno all'ordine, troppo contrario ed abito, e vi sta e non alla loro natura ma assegna loro una scorta, da pur vi sta anche li i tenere, cosi, per pura malignità o per irrisione. teme, non si assicura, ma moto al il due viaggiatori e inganna sul cammino che in apparenza rispetta loro capo, del timore si Dante sovrappone quello della curiosità, rivolta al bizzarro spettacolo. E, tra meravigliato e curioso, drappello, ode dei nomi i assiste al e demoni, e stupisce formarsi del pittoresco nomignoli grotteschi o burleschi i risonare della singolare trom- al betta. Nel ricordare ora ciò che vide e udì, egli non sorridere; e sorriso il segno di partenza, dato si in dilata a quel modo affatto dal diavolo ci potila, e l'espressione non può particolare del nuovo e impensato fa eroicomica, innal- si zandosi alle immagini di altre partenze e movimenti guerreschi, ai quali gli era accaduto di assistere sulla terra, per raccostarle e contrapporle udita il. Mdebolge. alla nell'episodio di Ciampolo e dt-ljo ai diavoli e il «0 spettacolo. come Plebeo è plebe che tu che leggi, udirai il danno nuovo ludo!», lo spettacolo, affiati si lo e Dante ride, ma non con plebe, bensì sempre come lui, sguardo sa quell'aspetto dell'umanità, un'umanità che è quasi naturalità e non permette indignazione, e ma stratagemma con cui sfugge che è tutto dentro quello strano e comico po'-ta, Dante, che getta di >, d'animo continua provoca una zuffa tra loro e con essa degli azzuffantisi. esclama diversa cennamella « si Siffatta disposizione nemmeno la ripugnanza che si vela la seria il volto, anzi eccita all'oss»M'vazione curiosa e al riso, per la stra- vaganza stessa e l'cnoruiità di ciò da ogni gentile e che civile consuetudine. si osserva, e che esce LA POESIA DI DANTE 96 Con le loro si sé la visione degli ipocriti, che procedono lenti sotta cappe di piombo dorato, abbaglianti di splendore^ torna alla figarazione etica, e con la notizia che porge di il frate Catalano, si è ricondotti ai sentimenti etico-politici e alla recente storia di Firenze. cedente alita ancora sul poeta e messa bocca in Il gli ricordo deìla scena pre- suggerisce l'osservazione, frate godente, sulla al natura dei diavoli. Dante è veramente, nella Commedia, e trasmutabile per tutte guise». Poco più oltre, lo si vede quasi celiare descrivenda 11 modo chiappa in cui «via da arrampica, sostenuto da Virgilio, si chiappa in cappa»; vestiti di per ripigliar e notnre ;e, poi, al e in piuma fama non In «Con l'animo che vince ogni cui è ricca in ogni parte la blimi, di suo sedersi un istante lascia stimolare e rimproverare e ser- fiato, si moneggiare da Virgilio con gravi seggendo « che quella non era davvero hanno anch'esse, e magnifiche parole (« si che vien né sotto coltre...»; battaglia»). Le sentenze, di Commedia, sennate, virili, su- talvolta, valore per sé, superiore a quello di semplici elementi di un discorso o dialogo. Cosi, alcune terzine più innanzi, Virgilio a una richiesta non arsente Si solo, ma soggiungi-: dee seguir con l'opera, tacendo che volge il «Che ». Nel Fuiyatorlo, a Dante che accennano a lui, il savio duca fa gran richiamo e rimprovero, per terminare con torre Vien « dieti'c» a me, e lascia dir ferma, che non crolla de' venti poesia, e ». Dante^ capo, con distrazione affatto naturale, alle pa- role di un'aninia terzina: di domanda onesta la L'animo prorompe di e si Giammai genti: Sta' le la cima per Dante è riboccante un la st)lenne come scuffiar di pensieri e di allarga nell'esprimerli non appena l'occasione, per tenue che sia, lo stimola. Vanni Facci, nel quale ora ci s'imbatte, è una sorta di Capaneo degradato, in battaglia contro Dio e le leggi divine, allo stesso modo che contro gli uomini e le leggi umane,, avvoltolato nei vizi e nelle male passioni, uomo di sangue l' « III. INFERNO 97 ^ e di corrucci, ladrone, irabestiato, superbo della stessa sua somma bestialitù («Son Vanni Facci Bestia e Pistoia mi degna tana...»), pronto a reagire alla parola con cui fu Dante ha dimostrato di «trista ben conoscerlo, dipingendosi subito di vergogna», di rabbia, e scagliandogli contro una maligna profezia di sventura, che corona con un oltraggio È un'immagine alla diviniti. odio, ma non vile: odiosa, e che Dante copre di desta ancora qualche ammirazione, e Dante stesso ripensa, innanzi a lui, al fulminato lato nella bolgia dei ladroni, vedcmo uomini, zioni, in cui si dersi e cadere a terra in uomini, e rifarsi che è altri, Capaneo. la bolgia delle morso al mucchio il cenere e da cenere di abbracciati dalle serpi, fondersi con Non regna senso del misteri.iso e prodigioso, né c'è vero sbigotti- mento per la terribilità di quei castighi divini. L'interesse è commuove poco trasportato dalla cosa, che per sé del sta iso- delle serpi, accen- esse o da uomini farsi serpi e da serpi uomini. qui E trasforma- modo poeta, al scritti, in tutti di dii'la, loro p;irricol;iri e nei loro gradi, processi i paralleli e in reciproca efficacia, alla affrontate e l'anima con cui sono de- all'abilità vinte le difficoltà cano... E Cadmo e d'Aretusa Ovidio... io bravura con cui sono dell'ris^unto. attenda a udir quel ch'or non «Taccia Lu- si scocca;... Taccia di lo invidio»: esclama il poeta, consapevole del pezzo di bravura, che vien<' nendo. E questo è il sentimento che inferma zione, la gioia della potetiza artistica, sempre vero, e dappertutto nei canti di ma la la quale componuova creaè, di certo, Dante come d'ogni poeta v'è fusa o equilibrata con in questi catiti delle trasformazioni si gli altri sentimenti; e distacca in c<'rta mi- sura e fa parte da sé. Perciò essi sono spiaciuti qu.mdo vi si è cercato altro meritano, se li si da quel che c'è; Quanto semplice sto tratto del B. Crocb, e saranno «gustati guardeià S"tto l'aspetto che e circoscritto è il poema, altrettanto largo La poesia di Dante. si sentire che e come è jid<lirato. anima que- complesso quello che t LA POESIA DI DANTE 98 Che Dante, ispira la figura di Ulisse. ligio parola alla ri- velata e agli insegnamenti della Chiesa, rispettoso dei limiti dell'umano conoscere, ossequente cristiane, dovesse giudicare che viola i modestia e umiltà alla peccaminoso l'ardimento ulisseo segni d'Ercole, e farlo punire da una misteriosa e religiosa forza della natura, esecutrice della collera divina, Ma Dante è indubitabile. qualcosa di più è di quel che sa di essere, dotiriiialmeute; e questo di più che a distinguere sempre la condanna che prova e dal giudizio che e porta del peccato dal sentimento dell'uomo da fa per un certo verso condannato, lo è, solamente lui apre l'anima alla gran- gli dezza degli atteggiamenti e dell'impresa tentata da Ulisse. è quello Si, che «folle volo»; il non può aver si, nave e naviganti aggirati come nel mare, che sopra si giocattoli e mandati giù richiude indifferei'te. Ma che, ardente sempre della volontà di conoscere gli uomini, non ritenuto né da dolcezza di verso termine altro castigo e la rovina, ed esser percosso dal turbine, e il il vecchio padre né da compagni a amor di figlio il Ulisse, mondo e né da pietà moglie, con canuti mette ancora pel mare alla scoperta non conosciuta della sfera terrestre; Ulisse, che infiamma suoi compagni con le alte parole: «Fatti non f)Ste a viver come bruti, Ma per s<^guir virtude e conolui fidi, si della parte i scenza»; è una parte aspirazioni che potevano la di Dante in lui contiMiere, la figura di ma non mai nell'epos profonde già distruggere. questo Ulisse dantesco, peccaminoso blime peccato, eroe trigico, fu stesso, cioè delle riverenza religiosa e l'umiltà cristiana maggiore forse di ma Donde di su- quel che e nella tragedia greca. Ulisse, anima condannata, che vien dietro a qui'lla di Dante, richit^sto, offre un quadro d^'lle presenti con- dizioni della All'altra terra di Roinagn;i. consimili Sono in altri lu )iirhi d<-l mente che prendeva a considerare Ma quale quadro! poemi, Altri nei qu;ili tutti la e a giudicare con occhio III. di politico, si l'« inferno converte in fantasia che guarda con occliio Ogni cosa v'è espressa di poeta. immagini corpulente: gli stemmi, che bagnano quella terra, teatro, afi'ollano si 99 » in modo nomi i concreto e con dei signori, avvenimenti gli i della sorte di ciascuna città magna», che guerra le parla si come se lega tra loro, è tra esse parlasse si come «Romagna tua»: Romagna che non « ne' cor de' suoi tiranni», la lembo rendono tutto di una condizione pausa che vien dal moto Cesena, per esempio, è « fianco», e che «com'ella quella a cui sie' tra il vive e stato franco si poliiica in prepara e il il Savio bagna piano e '1 un moto. il monte, Tra », L'episodio di Guido da Montefeltro non ha a protago- ma papa Bonifazio: «il gran prete a cui mal papa che aveva per suoi nemici popoli cristiani, e che ardeva tuttodì «superba febbre». Guido è lo strumento nista Guido, prenda», il e la colpevole-ingenua vittima di lui, il quale si giuoca non solo l'anima propria, ma può esercitare la seduzione disila sua autorità. Perciò questo episodio si accompagna idealmente alla scena già contemplata del papa «come pai commesso», che aspetta il suo successore, Bonifazio; ed è, come quello, sapienti mente congegnato pel fine a cui è diretto, e, come neli'alti-o, non vi anche quelle di coloro su cui manca neppure, di troppo nell' ingegnosità dell'invenzione, alcunché apertamente, di troppo calcolatamente malizioso. Nonostante la serietà con cui il racconto è condotto, alla una reazione quasi comica. Il gran furbo di Guido, questo moderno Ulisse romagnolo che conosce tutti «gli acfine c'è ^ ragguaglio che ne rende, nel quale veramente la il politica si fa poesia, effigiando tirannia primo- sebbene ora non ne ab- d'Italia, a lui noto e consueto, riscaldano e momento Ro- « mai senza è bia alcuna palese. L'amore e la sollecitudine per quel passione fu all'immaginazione come esseri vivi, e degli affanni e dei travagli delle proprie figliuole, e genita: fiumi di cui essa / LA rOESIA DI DANTE 100 corgimenti e coperte vie le è cosi grossolanamente ingan- », nato dal senza scrupoli Bonifazio! L'arguzia scoppia nel sillogismo e nel commento che abbrancando sua preda: loico fossi ! la fa al caso il Jiero Tu non Forse « cherubino, credevi ch'io » Lo spettacolo di un campo di battaglia e di strage, con scherzi che vi ha compiuti la tagliente spada tutti gli strani nella sua furia o la crudeltà nel suo furioso raffinamento, ci si dispiega nella nona bolgia. Ma quello spettacolo non esce dall'animo di Dante che sia sconvolto e in ribellione alla vista delle rale, da un Bornio, il « umane stragi, sibbene contrapasso >, quale porta pesolo da un proposito mo- che culmina il terna, per significare di aver commesso dere coi suoi mali consigli figlio quel capo e lo avvicina il Bertram dal in proprio capo a guisa di lan- ai poeti il delitto di divi- dal padre, e leva alto per discorrere delle cose sue: figurazione magnificamente immaginata e resa con forza icastica. Ma vano nei particolari, i momenti più belli di questa bolgia si ossercome nel ricordo del campo di Ceprano, ancor pieno di ossame;, dove fu bugiardo ciascun pugliese, e di quello di Tagliacozzo, con la figura epica del vecchio Alardo; o nel consiglio che Maonaetto manda all'amico Dol cino, lottante tra le nevi delle Alpi; o in Pier che ripensa a dichina». Il « lo da Medicina, dolce piano Cile da Vercelli a Marcabò resto è forse più etico che poetico. L'intimità, dell'ispirazione risorge invece, schiettissima, nella offesa e dolente e ritrosa persona di Geri del Bello, il congiunto non vendicato. Par certo che Dante fosse ancora ligio alle idee medievali sulla vendetta familiare, importa: qui non c'è altro che il ma è cosa che qui non suo turbamento innanzi a un uomo che non ha avuto vendetta e l'aspettava, aspet- tava quel rito a cui egli credeva che una lunga e sacra tradizione gli desse diritto, giusto o ingiusto che ciò Dante giudicasse. Dante non vede Geri e non gli parla: sente la III. prossimità di e lui. si l'« inferno sofferma a guardare verso dove deve essere, dove crede che gue pianga », dove si direbbe che sostenerne Virgilio lo io 101 » « un il luogo spirto del suo san- non osi cercarlo e degno di affisarlo. si senta che parlava e minacciava col dito accenesiti e sguardo, che non ha visto nando a Dante; e questi, che sa perché quell'anima è cosi sdegnata e che in qualche misura si sente in debito anche debito non foss'altro perché è creduto in debito dal lai (in povero ucciso), turba si tenerisce di pietà. E al come per rimorso suo congiunto, che è rimasto inven- dicato, al suo congiunto che ranza e viltà dei suoi, e vergogna, e s'in- non si dà pace per la trascu- consacra, non potendo altro, questa (Una piccola e originalissima elegia familiare. notizia di vecchi glossatori dice, che Geri fu poi, trent'anni dopo la sua morte, vendicato). Ci s'inoltra ora come in una città colpita da pestilenza, piena d'infermi, di morti e di cadaveri in putrefazione, dove il lezzo sale alle nari. Immagini e paragoni molteplici rafforzano questa impressione, che l'escogitatore dei castighi infernali vuol fermare. ingombra l'anima: un'altra di Ma non essa la segue, si dilata e non grottesco di taluni il quegli infermi, un grottesco che porta quasi al sorriso sulla stranezza stessa delle figure che dannato si vallo e sia aspettato dal a dormire, e ghie, si gli forza e la tinui cosi si descrivono. famiglio che strigli padrone e abbia fretta di il Un ca- andare trae giù le croste della, scabbia con le un- il pesce delle sue squame: una congratulazione per la sua sua operosa diligenza, e un augurio che conprosperamente in perpetuo. Maestro Adamo, de- come con Virgilio come gratta a furia coltello si netta rivolge quasi liuto, con le labbra immaginazione dalla può scacciare non forme per idropisia, divenuto simile a aperte per sete, i f^ ruscelletti del Casentino, molli: il poeta, che si che fanno i loro canali freddi diverte a questo grottesco, a que- LA POESIA DI DANTE 102 a ste iperboli, elementare scura, questi Adamo maestro e i! contrasti, fa cozzare in brama dell'acqua e della frecomune sofiFt-renza, che, invece di animalesca e nella litiganti spuntare, sembra aguzzare l'egoismo e E Dante trambi. battibecco greco Sinone, congiunti tra loro dalla coglie si fisso », e poi si lascia nell'atto maligniti di en- la ascoltarli, « tutto rimproverare da Virgilio, cioè si rim- ma provera. Si rimprovera, di ha preso interesse al bizzarro canto amebeo, e non già quale di osservatore sdegnoso, interesse di simpatia, seguendo quei moti e quei risentendone si risente lietezza: il la forza, la f)rz:i del plebeo, ha scoperto, spettacolo. è il segue e fondo a sé stesso, un che in fuggevole che sia, Il di ple- senza del quale non avrebbe guardato e ascoltato, e non stesso, si gioco di due lottatori, con ammirazione e con beo, per lieve e nello come ma motti e si sarebbe immerso rimprovero, la ripresa del miglior sé ma superamento, quel plebeo, perchè ciò che si insieme il è superato riconoscimento di si è vissuto. Cosi larga e sincera è l'umanità di Dante. Il viaggio infernale di luoghi affretta al termine, tra spettacoli si ed esseri e cose colossali e mostruose. I giganti, quasi animali primitivi della creazione, violenta forza bruta ora domata e resa impotente, messi a guardia lo stesso Lucifero, con le sue tre facce diversamente colorate, con che nelle quali maciulla tre grandi velloso e le meno come immense ali rei, col i le tre sono, non corpi confitti traspaiono festuche in vetro, grandi curiosità della natura, che e le le abbia viste. E rende il impressioni di quell'arduo viaggiare, boc- suo enorme corpo battenti di vipistrello: della ghiacciaia in cui descrive quasi torri: gigante dei giganti e mostro dei mostri, senso e come il come poeta gli sforzi nel punto in cui incomincia a sentire a un tratto «alquanto vento », avvi- cinandosi al luogo dov'è Lucifero, e nella discesa e salita che compie aggrappato al vello del re dell'Inferno, fino a III. raggiungere il INFERNO» l'« 103 eentro della terra e per un cunicolo uscire Variano questo viaggio dall'altra parte a riveder le stelle. (che ^somiglia un viaggio al polo) alcune renti efifusioui di odio politico ed spinge ancora più innanzi neìì'actio prima usato con Filippo Argenti prende Bocca degli Abati per intraraessc, fu- Dante si oratoria che non abbia con papa Bonifazio. E etico, nelle quali la e cuticagna e gli strappa i capelli per costringerlo a nominarsi, e induce frate Alberigo a parlargli di sé, promettendogli e giurandogli di torgli il ghiaccio dal volto, e poi non attiene la promessa, perché « cortesia * era in quel caso « oltre la loro vituperosa vita, esser villano »; e da quei due, si fa narrare i vituperi di altri, com'è di Branca d'Oria, che par vivo ancora nel mondo, « e mangia e beve e dorme e veste panni », mentre la sda anima è già nella ghiacciaia dei traditori, e un diavolo ne ha preso il posto nel corpo e sulla terra. La parola è sempre dantesca, sempre materiata e istruire su stranissimi prodigi, di poesia, ma in questi episodi soverchia, sul Dante violento, del quale ci parlano gli poeta, quel aneddoti dei biografi, e che, com'era preso talvolta dall'impeto di valersi del col- sua potente poesia. cosi, qui, si vale della tello, Del Dante puro poeta c'è, in quest'ultima parte della prima cantica, una pagina insigne, l'episodio di sanguinante protesta dell'umanità offesa contro e castigo che trapassano il Ugolino, quali che fossero pur uomo, e i i le la Ugolino: vendetta confini dell'umanità sue colpe e i stessa. suoi delitti, è suoi carnefici dimenticarono e calpestarojio questa qualità di lui; ed ora egli sorge a buon diritto giu- dice dei giudici, punitore dei punitori, carnefice dei carnee, fici, in questo orrore sull'orrore, il torto suo scema o entra nell'ombra, la sua ragione risplende, perché egli, fe- rocemente, ferinamente, pur vendica l'umanità. Nelcai'cere, tra i lui di figliuoli e fame, il i nipoti condannati innocenti a morir vecchio peccatore, il come traditore, soffre gene- LA POESIA DI DANTE 104 rosameate e si strazia non forza per gli altri e per sé non per giovanetti, quei fanciulli oi'a l'aiuto La lui, gli altri, dà si e qaegli innocenti, quei del pane, il padre che dispera e vorreb- gli chiedono puerilmente aiuto, che sono usi a chiedere e che egli più non può dare. rivolta del cuore di Pisa e ora per domandano piangendo ora impietosiscono a veder bero sacrificarsi a sé, ma si di essa e uell' invettiva espande nella fantasia sulla rea tura stessa isole del Dante scoppia città, che contro la na- deve muovere a punire, rinserrando con si mare la le foce dell'Arno e facendolo riversare su annegarne tutti gli abitatori: fantasia che esprime nella sua terribilità e spietatezza l'energia di quella rivolta, e che perciò ha suono, ritmo e colore dall'altra invettiva contro l'episodio di i Branca d'Oria. intimamente diversi Genovesi, con cui si chiude » » IV IL «PUEGATORIO». Ije impressioui del viaggiare diventano, all'aprirsi della seconda cantica, simili a quelle che un'aspra di giunchi che un dolce colore Venere stelle, la ricingono; vi ai si il cielo par « il il modo di di vivis- si sente dappertutto dopo, l'occhio scopre da ». non s'incontra non si sa donde o appare un vecchio, austero il primo incontro o la prima istanti, si è in silente solitudine, tratto, sorto fattosi visibile, insieme decoroso nell'aspetto: il piegano piacere che infonde quel brillare. In que- persona alcuna; ma, a un avventura si due peregrini, fulgono tremolar della marina Nei primi qual fiotti ne goda. La meraviglia della no- frescura e la rugiada. Poco lungi cui giunge sull'albeggiare; prime mosse della nuova cantica, ste è desolati e di zaffiro si stende all'orizzonte; la stella agli occhi dei vità raddoppia e termine fa tutto ridere l'oriente; dall'altro lato, quattro nuove sima luce, e in al una notte travagliosa, rese battuta dall'onda marina, isola, la e tristi, soavi e confortevoli da questi contrasti. Si giunge a una pili di provano si o all'uscire da luoghi dopo una tempesta cupi, i salita, questa seconda parte del viaggio. guardiano di quei luoghi, e fu Il già in terra vecchio il gran LA POESIA DI DANTE 106 Catone; e le sue parole verso i due pellegrini dei due ha subito conosciuto; lo Ma sua vita passata, «Lusinghe affetti. 5> le al suo eroismo, chiama bono compiere. Catone suoi ai lui, domestici vecchio, mettendole da banda il con brevi parole e istruendo l'uno nel rispondergli, intrec- che fornisce, allusioni riverenti a cia, agli schiarimenti alla e, volgono si in interrogatorio e quasi in anticipato rimprovero. pellegrini sul rito che deb- i è la tìgura in cui il poeta attua uno dei lati del suo ideale etico: la rigida rettitudine, l'adem- pimento che par che non possa compiersi, non possa operare sugli altri perché lo compiano, senza rivestirsi di una certa asprezza, senza l'abito ritroso dell'alto dovere, e che e alquanto diffidente di chi vigila sempre su sé stesso e Catone sugli altri. Perciò tiene si come a distanza da tutti : risponde tanto quanto è strettamente necessario, e non conversa, ma apre la bocca solo per rimproverare e discac- ciare, indirizzare e sospingere. Alla soave vista della scoperta terra e della bell'alba lungo mare, della verde erbetta stillante spiaggia del la rugiada onde e stanco del deterge si e rinfresca reduce dall'Inferno, il viso contristato aggiunge, poco ap- si presso, quella della barca delle anime, che viene sulle onde, guidata dall'angelo col solo moto il cielo: un che di dell'ale) e di crescente fulgore, siaco, delle rapido e biancheggiante (il verso dritte ali biancheggiar un barlume e sentore paradi- che giunge e riparte veloce, lasciando sulla spiaggia la turba di anime. È la prima di tali apparizioni, biancore e di luce: più innanzi, si creature belle, biancovestite e con tremolando mattutina pellegrini, «con tilandoli con l'ali stella vedranno la fatte di altre simili faccia quale »,o che traggono aperte che parean di in su « i par due cigno», ven- quel moto: forme sensibili di quanto si può concepire di più spiritualmente puro, scevro d'ogni altro impulso che non sia la legge e il comando divino, la IL IV. bontà e « PURGATORIO 107 > Le anime intanto, trasportate colà come i due pellegrini, nuove del luogo, gruppo che s'avanza, si scambiano domande giustizia. la dalla terra, sono, e tra e i due e 11 spiegazioni, da viaggiatori pari. Si realtà a viaggiatori, inesperti del pensa che Dante debba avere molto goduto, nella come nell'immaginazione, del viaggiare, veder nuovi nuove persone e cose, degl'incidenti, de- luoghi, conoscere gl'incontri inaspettati, tra stupiti e gioiosi, del percorrere campi e ascendere montagne, consenso dell'aria, del lieto Tra quelle anime, muove ad abbracciare ricorda gli le il sole, dell'erbe e delle piante. egli è riconosciuto e si diletto della dolce udi risonare sulla le natura si accompa- nuovo conforto dopo gli orrori infernali, quello nomi di poesia e di musica risvegliano, e, con quei ora, i nomi, loro il desiderio di canzone di Dante; e «come a nessun risentirle nella riaverle presenti, di aperta possanza. E una celebre Virgilio e le anime Casella canta, canta tutti, e Dante e che erano venute col cantore, sono il riconosce e l'amico Casella: Casella l'artista, che piacere con cui già bocca dell'amico. Al che mattino di primavera, nel sue giovanili canzoni e la musica onde fu- rono rivestite e gna al rapiti a quelle toccasse altro la mente canto? chi spezza quel rapimento? E il veglio onesto, Catone, che sopraggiunge a rimbrottare aspramente dell'indugio loro a anime muovere verso spaurano le la costa, come colombi che lasciano e mondo le anime delia purga- fuggono disordinate verso zione; e si il note: Chi interrompe >. tamente beccavano; e Virgilio e Dante la si pastura, dove queaffrettano anch'essi, da vergogna. Scena di trepidazione e smarrimento, ma da un benigno sorriso. Bello (par che essa dica), bello è fuor di dubbio andare al Paradiso: ma anche presi tutta irradiata il canto ò bello, e l'uomo sue debolezze, questa del ò tanto debole, che, tr« le altre compiacersi nell'arte, seppure distragga per un istante dall'urgente dovere, non è poi la LA POESIA DI DANTE 108 un più grave., è « picciol da fallo», fallo come e che, scappano via disordinatamente anime no, porge ap- lo picco ad alcune parole di Virgilio, per -che, se il quali le e operato, e conosce le difficoltà e gli errori, e e bato E la fronte, è salirvi punto più agevole, che consenta s'incontrano in gentili, di calma, cui la per ba vissuto ha sofferto sé stesso: più non disse, e rimase tur- ripido che impossibile e di monte, cosi scose non si porre saldo il trova piede. quella plaga, a schiere o a gruppi, altre anime, nelle cui figure la sospirando altrui, Si è pervenuti, intanto, a piò del ». sceso altro ammonisce qui chinb «... e E e soffre, può dire si musica è buona. Sono una libretto è mediocre, la di quelle rapide e sobrie e rattenute effusioni di chi • all'ap- dei soliti equivoci, seguiti dalle solite spiegazioni, l'ombra che Dante proietta e -circa fanciulli, severo pedagogo. »)arire del Uno fanciulli, da uo- fanciulli, mini che meritano di esser rimproverati qui come poeta viene esprimendo il gli affetti ora è pieno: la delicatezza, la verecondia, rassegnazione, la pace, la mansuetudine, il l)erdono dello offese patite, la benevolenza universale. Eb- bero già esse altre qualità, e altri ben più rapidi, e persino violenti e sanguinari, moti d'affetto; e ingentilite, e guardano ma ora sono mutate passato e sorridono, fuori della al mischia a cui quasi non sanno più come mai poterono un tempo, con tanto furore, partecipare. La vita dell'eterna salute non dolgono è più la vita terrena: ora e non pesano in ricordano bensì, ma non le offese sofferte, le ferite rice- più, vute, le ingiustizie altrui, si i propri erra nienti e peccati. E questa serena e dolce condizione di spirito Dante colloca uno parti di quei personaggi, nelle pei quali (ne avversasse o no le contingenze della vita politica) provava alta ammirazione e una sorta d'ainore, da uomo che muove al tistico: Manfredi; generoso, al prode, il al grande, si com- al nobile, all'ar- cavalleresco re di Sicilia, perseguitato IL IV. PURGATORIO « a morte dai papi, odiato dai ma reo di gravi peccati, guelfi, e bello e di gentile aspetto », e gentile di cuore, biondo « 109 » ben degno che in ultimo si rivoliJra e si salvi in Dio. Manfredi non è responsabile innanzi agli uomini, di innanzi a Quei che volentier perdona, e che mentre toglie seco: coi'po trafitto i ma solo e lo solleva ancora incrudeliscono chierici battaglia, e in L'anima su! ossa sue, insepolte, sono le battute dalla pioggia e dal vento. Nessun accento polemico e partigiano rende acri queste cose che egli dice: come giudica egli giudica papi e cardinali il loro torto e vede anche ormai vede sé stesso, e il torto proprio e le ragioni della in questi primi canti del Purgato- Santa Chiesa. sorriso, Il rio, che brilla varie occasioni e con varia forma e intensità, ora in condisceni lente gli si uomini e ma con contenuto, ora blando e riconciliato con le cise, si volge all'osservazione coinic^, fa quasi riso, al principio dell'intrapresa salita del (iella retto dalla sua guida; e, quando rampicato sul primo cinghio, siede, suo pensiero torna alla salita e alla quanto c'è ancora da andare, fornito tery:li il nuovo ragufuaglio una voce, e, sole, ar- muove a lo di Virgilio. sua asprezza, e Poi il domanda non appena Virgilio gli ha confortato col met- e lo tra lassa e ironica, si manda a lui ode vita terrena, è Blacqua, il li tutto giorno nella sua bottega col nel ^. E una su-i un gran pe« Forse Che conoscenza pigro per ecc<'llenza, e Purgatorio né più né meno di come stiva che sta il di dietro la riflessione e l'avviso: di sedere in prima avrai distretta! gendo essersi innanzi l'immagine drl riposo che tioverà al termine, troiie, e della dopo bisogno di comprendere la il nuova posizione in cui gli si mastra il domandare e ad ascoltare le spiegazioni ha monte purgazione. Con fatica e con afi'inno sale D.mte, sor- braccio le di F.renzo, seduto, cin- ginocchia e tenendo tra esse il viso basso. Per Belacqua, matto o stravagante è Dante, che si LA POESIA DI DANTE 110 propone problemi astronomici, e savio o normale non cura queste indagini fanna a ha ragione salire, e mente; ed ha anche egli che prende lui, tanto, per allora, non è punto s'af- cose placida- le suo atteggiamento: la filosofìa del sarebbe fatica sprecata che lui, ha torto Dante, che inutili; affrettarsi « l'andare su, che porta?»: non sarebbe potuto entrare. Ma Dante : un don Chisciotte, che gli manchi il senso del né Belacqua è un Sancio Panza, espressione del buon reale, senso. Belacqua è piuttosto la voce della pigrizia, che suona dentro di noi in mezzo ai nostri sforzi, e che noi cono- sciamo ormai cosi bene che non e possiamo non farle il turba più con alcun timore, ci viso dell'arme, e anzi celiar con e perfino riconoscer'- quel tanto di ragionevole, lei, che è talvolta tra le sue esagerazioni. Prendere le cose senza troppa furia: Belacqua non dice del tutto male, sebbene l'ammonimento venga da un pulpito che non renza. Perciò riso di chi » : par che si le mai ispira molta fiducia e reve- labbra di Dante ride se si non si muovono di noi stessi, « un poco a anche quando rida degli altri? Ci sono casi di cui abbiamo udito, morti e uccisioni e crudeltà, accadute in circostanze misteriose e quasi senza lasciar traccia, che portiamo tasia, sempre rinnovandosi sempre nel cuore al e nella fan- ricordarli la simpatia e la brama di sapere il certo: e tre di questi casi ci vimgono innanzi in Iacopo del Cassero, in Buonconte e nella Pia. 11 primo si era inimicato il signor d'Este, che lo persepietà, e la guitò a morte; ed ecco proprio quando pili sicuro, nel dai sicari del suo nemico, e fugge, e sarebbe ancora si credeva di esser passare pel territorio p.idovano, è avvistato tra i si sarebbe salvato, respiranti e viventi, se avesse preso altra direzione nella fuga e non si fosse impigliato in un pantano, dove fu scpragy:iunto e scannato. La commozione è tutta per questa vita trarsi al fito umana, imminente spetita mentre si sforza di sot- e qu;isi sta per vincerlo: spenta in IL IV. PURGATORIO « quel solitario luogo, tra le cannucce e il nemico valoroso, che un e che, nel caldo della lotta, a occhi, perito non si brago. il combattuto si è 111 » Il secondo è temuto e ammirato, e tratto si è dileguato dagli come per mano inconsapevole, sa in fatto. Al- luogo oscuro, senza che sia rimasta traccia del l'avida curiosità, che chiede notizie, risponde l'immaginazione, il formando supposizioni poeta si morte, mori invocando demonio, Panima, stizzito al si e possibilità; e in il una di queste Buonconte, fuggendo posa volentieri. nome di ferito a ma il Maria, e fu salvo; veder che l'angelo gli portava via quel- era sfogato sul corpo insensibile e l'aveva fatto trascinare e perdere nel fiume ingrossato: trascinare, scio- gliendo si braccia irrigidite, che nell'ultimo istante di vita le erano composte r umile dedizione croce e avevano simboleggiato cosi in ghezza di di lascia si andare insieme ricordare e adornare fantasticamente una giornata temporale che Dante, alla giustizia e misericordia divina. con questa immaginazione, storica, i alla va- particolari battaglia di Campaldino, e la segui alla vittoria fiorentina. nota per fama pietosa e gentile, e perciò le il La Pia era ben basta chiamarsi con qnel nome: «la Pia». Le sue parale sono cosi delicate che paiono non dette ma una musica quel povero danno sospirate, e e dolce nome; accompagnano come cosi femminili che si sollecitudine dt^Ua lunga via e del riposo di "colui a cui sono rivolte («e riposato della lunga via»). Ella ricorda il luogo della nascita e quello dove peii, e accenna senza nominarlo, e senz' altri particolari, all'uomo che pur doveva come averla amata un tempo e l'aveva fatta sua, e che sa e perché ella perisse: di sposa, le die poi la Tutte queste e le sa, chele dette l'anello anime pregano perché di là si perché egli, morte altre preghi, e fa ino i"essa intorno al pellegrino che viene dalla teiTa e vi niolti'plici tornerà; ed egli si libera a stento dalle e insistenti preghiere. Altra impressione, liro anche 112 LA POESIA DI DANTE come questa, venata di sorriso, colai che è abbandono lasciano in vicende del giuoco, attaccano In sente nel paragone con si vincitore nel giuoco della zara, e gli astanti il « perditore, che ripensa dolente alle il ripetendo al fortunato, e gli le volte e tristo impara », e si fan ressa intorno per ottenerne mancia, ed egli risponde a questo e a quello, e dà, e difende come può dai fastidì della vittoria. sofico-teologico con Virgilio, circa la Il si dialogo filo- delle pre- efficacia ghiere, assurdo nella sottigliezza della teologica soluzione,-, non è privo del medesimo sentimento perché subito al si nome di Beatrice, avvede che ormai di lietezza sorridente, che Virgilio pronunzia, Dante la salita è più agevole, e quasi incita e affretta lui la sua guida. Ma par che Dante sia ormai pago di tante figure che ha disegnate, miti e dolci, e si volga di nuovo per un istante al suo più vero ideale, al propriamente dantesco, a quello dell'energica volontà e passione, ma libero ormai di ogni miscuglio infernale, purificato e compiuto nella dignità della virtìi. Bordello se ne sta solo in disparte, altero e disde- gnoso, e non dà segno di meraviglia e non dice i)arola, e sguarda «a guisa gatorio, egli ha al il suono del nome della sua terra natale balza commosso bile. solo- quando si posa ». Farinata del Pursuo grande e tacito amore nella patria; e di leon e affettuoso quanto in piedi, tanto prima pareva freddo e impassi- Sordello è tutto in queste poche terzine, e per esse mane ri- scolpito nelle menti dei lettori. Poi scende dal suo piedi- stallo, ossia abbandona il suo primo atteggiam<'nto poetico,, per accompagnarsi, guida tranquilla, ai viaggiatori e por- ger loro informazioni, diventando, con cangiato plicemente «il tiva sem- buon Bordello», e insieme per servire d'appicca o da strumento \ stile, all'Italia e al poeta per due effusioni politiche: l'invetil giudizio dei principi odierni d'Italia e d'Europa, messi a riscontro con le persone dei loro padri. Sono due brani robusti e magnifici, e il giudizio politico sui IL IV. principi PURGATORIO « 113 » converte in un quadro, in cui dietro alle figure si che sono in primo piano, quelle dei padri, in atteggiamenti scorgono caratteristici, si le altre, quelle dei concretamente qualificate: dietro Ottocaro si prova a confortare il quale se ne sta pasce»; il Na varrà, rigo di ambasciano si lippo Bello, il come per Boemia, che che ha che fallo lo rimorda, si consiglia con Ar- si benigno aspetto», ed entrambi e sdegnano per il «mal il loro figlio e genero, Fi- Francia». L'invettiva di all'Italia prorompe improvvisa ed è una vera digressione (come poeta stesso, del resto, si «barbuto, cui lussuria ed ozio figlio, «nasetto», Filippo l'ardito, « di non meno suo antico rivale Rodolfo d'Asburgo, il triste vede Vincislao, suo figli, la il chiama), troppo lunga ed ela- borata per adagiarsi spontanea in quella situazione, che solo ne tulleren un bbe le esortazioni, inazioni, prime ironie, di quanto si propone chi è preso dimentica nulla politico l'efi'etto di raggiungere. Fresca risorge « ma non a cuore di dire per gli sta come sarcasmi, bensì dal furore della passione, dendo Dante declama» terzine: tre pezzo oratorio, con partizioni, trapassi, escla-J intero vano la l'udire » discorsi di Bordello, che ^ poesia del cuore, quando Dante, rendi cose politiche, distornandosi dai s'immerge n*'lla scena che gli si forma attorno e assiste a un mistero dell'anima, dell'anima che trepida e prega e invoca da Dio l'aiuto nelle tentazioni del mile. Questa lotta interiore prende figura nel gruppo delle ombre che sono che recita tando, « la nella valletta, in quell' « esercito gentile », preghi«'ra e poi riguarda in su, quasi aspet- pallido ed umile >. Timore e speranza, sfiducia e filueia. Senso di debolezza all'insidia e senso di sicurezza, confluiscono in quell'atto; e l'anima dolore di quando il e amore, in quell'ora si riempie solfusa sole è tramontato e la sera si CR'CK, La poesia di Dente. un misto malinconia, approssima, l'ora in cui naviganti e via.iigiaturi più risen;ono B di di il desiderio del. 8 LA POESIA DI DANTE 114 proprio tetto e dei cari amici, e di il cuore strugge si suono al una campana che chiami a compieta. Il dramma della vinta esterno, e perciò si tentazione nel prosieguo, fa, si superficializza alquanto, nel rappresentato combattimento dei due angeli, che scendono dal fugano quale mala biscia: sorta la vedono si altri cielo e di sacra rappresentazione, della saggi in questa seconda cantica. Negli intermezzi della piccola rappresentazione a cui si assiste, alcune affettuose terzine sono dal poeta dedicate a un amico e che di figliuola alla moglie lui ricorda, si quando invece la ha dimenticato nelle nuove nozze, dove pur non lo troverà l'amore che ebbe un tempo; e altre, calde di gra- una casa signo- titudine e di alto encomio, s'indirizzano a che accolse e protesse rile, profugo. il Alla porta del Purgatorio Dante non arrampica, si ma è trasportato per grazia e in guisa soprannaturale, durante un sonno in cui è caduto. gno non è già una E nel sonno sogna, e questo so- ma delle solite allegorie, traduzione in termini fantastici di quanto mente. Sogna che un'aquila Ganimede, e punto la il sfera lo tragica in alto alla sfera del fuoco, nel rovente, coincide col di risveglio. Poi nuove cose porta del Puriratorio, dell'angelo che cerimoniale col quale a primo ripiano qual lui si descrive titìcazioiie i e ra/-ione p Come ima r il mirabili, della e E <li Ma conipiinzuiiii' l'ari-sì . ra r.on i oltre, sul l)assorilievi, secondi pritieipali. i ripljflia sta a guardia, del dischiude. come più serie di altorilievi, signe umiltà, vi si sulla ripa del del Purj!;'aiorio egli ^juarda e vede intairliata serie di ri(iua'lri con I» real- come ghermì bruciore del contatto, in cui sta per entrare con viaggio, con l'incontro una accade gli ghermisca, lo piuttosto la 1 pavimento, una primi con esempi d'in- superbia domata e punita: e ne l'effitto, in-r fai rice, ;iinmiiMta. le piuttosto che mor- di cose ritratte, è di animi- che, sopr'esse si disnirgi. uscente dalle lalibia di Ca- IV. IL « PURGATORIO 115 » potenza del canto, cosi ora quella dell'arte scul- sella, la toria, attingente l'eccellenza di sé stessa per opera sovru- mana o per opera del genio, e a cui, col mezzo delle elaborate descrizioni, si scioglie un inno di lode. La prima serie di scene, che splendeva nel biancore del marmo, è (per valerci delle caratteristiche date dal poeta) parlante, e la seconda, ma muta anche nelle stragi vivente, vivente Dante coglie ritrae. nel l'arte quando non appare nell'arinna, momento sensualmente o più, intel- lettualisticamente, quale effetto di questo o quel senso. «visibile parlare», è qualcosa che tutt' insieme tocca, ode, si si che e morti in cui è entrata È un vede, si si odora, e non è niente di ciascuna di queste sensazioni separate; innanzi a essa, la riflessione sui sensi dice no insieme. Tali, del si e razioni una conferma, o uii'alrra: tra loi'o con la sono sempre o ritratte le figu- immaginate da coscienza che s'acquista, che corrono limiti ondeggianti, che l'una s'abbraccia l'altra, e da chi fosse, resto, un'arte particolare, di che la la scultura non sarebbe scultura se sarebbe poesia, se non f>sse, da chi la crea o la ricrea, scolpita. Lan^-elo dell'Annunciazione apre la bocca Ave!, e la Vergine risponde: Ecce aìicilla Dei; imperiali, nell' immobile pietra, pur la vedovella, non crea o la ricrea, parlata, e la poesia non presso si le muovono e dice insegne al vento; eavallo di Traiano, «di lagrime at- il teggiata e di dolore», tiene con l'imperatore un dialogo, tacito nel sasso, ma vivente nello spirito, e dal poeta ri- percorso e rivissuto. Con l'incontro <ihiate sotto che delle con spinti guenti a le dei superbi, curve e rannic- il Purgatorio: seguiranno ciglia cucite, gli irosi nel correre, nella anime gravi pesi, comincia la serie delle figurazioni, svolge lungo tutto si diosi i fame fumo, gli avari bocconi a terra, e nella sete, i gli i gli invi- accidiosi golosi lan- lussuriosi brucianti nel fuoco. Si diribbi ro anch'esse bassorilievi o altorilievi, com- LA POESIA DI DANTE 116 piuti a perfezione con la sola parola, tanto quei martiri sono resi evidenti, a giungendo editìzio le cominciar dai superbi, simili a cariatidi che, ginocchia al petto, sostengono con isforzo un danno un senso di pena a chi le mira, via via agli panno di livida tinta, poggiati alla livida levanti il mento a guisa d'orbi, e ui golosi, tutto invidi, vestici di roccia, pelle ed ossa, nelle cui facce paiono le occhiaie gemme « aiiella senza Sono rappresentazioni di uomini che soffrono ed espiano pazienti le colpe commesse, consapevoli del loro >. e perciò buoni per questo fallo, riconoscimento e per la docilità e rassegnazione con cui accettano la zione in cui sono posti, che è giusta e, nuova condi- sebbene dolorosa, cagione di bene. Tal sentimento riempie l'animo del poeta, che compatisce e riverisce insieme, quegli espianti, ma e la speranza che Ma, se questo riti-ae li è penetra la generale e questo, non c'è, le la loro e ricorda i peccati di mansuetudine e mitezza, irradia. il sentimento comune e generale che comune rappresentazione, se, oltre <ii più volte, se non la notizia che dà di t-é questa o quell'anima, di cui Dante per una ragione o per l'altra ha stimato di far menzione; timento o accanto ad esso, affetti. si Nel primo ripiano, tra avvivano i berto Aldobrandesco ancora fa suoi vanti nientemeno altri le sentimenti ed peccatori di supci-bia, Om- risuonare la formula dei d'un tempo, figliuolo di un di Guglielmo Aldnbrandesco, e celebrato per di Oderisi altre volte, su quel sen- < di gi'an tosco », sangue antico opere leggiadre dei maggiori; dalle labbra da Gubbio si leva la lirica tra malinconica e rassegnata, che dice la labiliià della gloria uni;ina; in Piovenz;in Salvani, la superbia, con un impeto generoso del- l'animo, vince a un tratto sé lui'desima. Che cosa v'ha di più ovvio che congiungere l'imniagiin^ della tale lia gl(»ria immor- con quella della rinomanza? Solo qualche raro rìlosofo dissociato i due concetti e mostrato che la gloria immor- IV. IL PURGATORIO « tale è nell'opera, nel suo effetto o nella i;he seguita vi andò a operare, suoni o no unito. Ma clii il 117 » sua eterna efficacia, nome che da prima —e non compie questa dissociazione compierla è duro all'individuo, bramoso che qualcosa della propria vita individuale sopravviva, che sopravviva almeno il nome, — è presto vinto dal sentimento del dall''ow7?/a vanita.s, dal fa vedere come tutt'uno, indifferente, il vivere e il morire, vano sforzo, pessimismo, dall'abbattimento, che il il fare e non il fare, morir bambino senza aver nulla operato o vecchio avendo molto operato, perché tutto è travolto alla pari nell'oblio. E il poeta, in questo punto, cosi sente e dice, facendosi ripassare alla mente il succedersi ancora recente delle grandi fame nell'arte della pittura della poesia, e gettando nel gorgo del futuro oblio e anche sé stesso, che ora è al montare nel cielo della fama. E, se in lui questo senso della vanità non diventa pessimismo disperato e cinico, è sol perché l'immagine dell'Eterno, che tutto fa dileguare, è pur l'immagine di un Eterno vino, e rcintroduce abbattendo il dovere e la gioia del al sommo suo il » , e, della sua fortuna, della fortuna che rende insolenti anche coloro che non sono naturalmente; ed ecco, all'udir di- — Provenzano, la vanagloria, restaura la gloria. superbo di natura, era ben fare, dell'amico, prigioniero di guerra e che aspetta il dell' « tali amico riscatto, è tanto suo accoramento che la superbia l'abbandona, depone ogni vergogna, e sulla piazza di Siena l'elemosina per raccogliere la somma si dà a chiedere occorrente al riscatto. C'era, dunque, in quel superbo, qualcosa oltre la superbia, qualcosa di cosi energico da sottomettere la superbia stessa: trionfo della bontà umana tra i più forti impedimenti, che sono quelli interiori, e perciò, in quanto drammatico, tanto più significante della forza incoercibile di essa, e tanto più atto a scuoter l'anima e a farla esultare venimento. come per lieto a^ - LA POESIA DI DANTE 118 Del peccato superbia Dante di si intinto, e sa ne se confessa esso stesso con buona grazia, dicendo della paura che g-li sospende il chinarsi e toccherà cuore alla certezza che un giorno rannicchiarsi Non supplizio espiatorio. sotto i gravi compunzione profonda c'è gli pesi del que- in un'ombra di soddisfa nuova superbia; egli con sto riconoscimento, e forse, invece, zione nell'apparente umiltà, e di fessa quel peccato nell'atto stesso che si riconosce libero, quanto a uomo è dato, dal non elegante peccato dell'invidia. Anche lieve scenetta, nella la non e sa il quale s'accorge di sentirsi più perché, alla risposta di Virgilio, e, si cerca la fronte e trova che ne è caduto uno dei sette P, impressivi dall'angelo, ha del grazioso, allietato quasi della sorpresa, e ben fanciullesca gilio. Il patia che sono si chiude col sorriso di Vir- seniimento dell'invidia è ritratto senza quella sim- non manca nei ritratti dei grandi superbi, venzano: è una mostruosità, una lattia, follia, nel racconto della senese che narra dell'incomprensibile bruciore che il i quali come Oderisi o spiriti generosi come Proritratto come una singolare e incomprensibile ma- eletti artisti le dama ardeva sangue, dello strano atteggiarsi del suo animo, onde ella godeva degli altrui danni che non della ventura propria, e soffriva se vedeva uom farsi lieto, e, dispettosa assai pili verso li i suoi concittadini, se ne stette a pregar Dio perche sconfìggere nel combattimento che ebbero coi lasciasse fiorentini, e si allegrò della fuga in cui furono volti e della caccia loro data dai nemici, e le parve, in quel punto, di aver toccato E tica, la sommo della felicità e della fortuna. dal malor civile, e la conformazione di un balzo del Purgatoiio della il ora Dante è ripreso dal pungolo della passione poli- « gli richiama quello ben guidata », vista dell' invida di una regione come sarcasticamente di Firenze, epiteteggia, e donna senese gli suggerisce la satira (« più vana dei francesi >), ed egli contro quella gente vana IV. diverte con si Diana delia fatiche loro le « PURGATORIO megalomanie 119 » e illusioni, con l'acqua porto di Talamone, in cui profondono col e IL denari, e già par loro vedere le flotte pronte a e salpare donde non salperanno mai, e si pavoneggiano in immaginazione come ammiragli, quali non saranno mai. A Guido del Duca mette in bocca una rassegna delle varie popolazioni del corso dell'Arno, raffigui'a te e della lupi e volpi, come decadenza e corruttela porci, botoli, di quelle di Romagna, sospirando invano i tempi trascorsi, la gentilezza scomparsa, le virtuose donne e cavalieri e le nobili fatiche e i ricreamenti, mossi da amore e cortesia. Qui si sogna, si i rimpiange, piange e si ci si sdegna: politica diventa la Più innanzi, Marco Lombardo affetto di tutta l'anima. un fa simile ritratto della regione lombarda, dove ancora solo in vecchi l'età antica rampogna tre forma processo il nuova; Ugo Capeto la discendenti, degeneri e perversi, ai suoi con tanta indignazione da consolarsi solo nell'aspettazione matura della vendetta che contro essi Dio Forese esce nell'invettiva contro non ben In donne fioren- avvertono, in quel detto che scoppia con opportu- tine, e si nità nel suo segreto: le sfacciate giustificata, la mossa e questa parte del Purgatorio o sioni estatiche in sogno, abbandonarvisi o l'atto di e il tono oratorio. il si moltiplicano poeta si di destarsene, le vi- sorprende nel- con la mente ri- stretta dentro di sé, chiusa a ogni percezione dell'esterno, meravigliato l'uomo che dal scono, di questa mondo al cielo, e tutto si potenza immaginativa circostante e che non assorto nelle che va innanzi con gli che ruba può venire altro immagini che occhi velati e lo rapi- le gambe avviluppate, «a guisa di cui vino o sonno piega», finché a un tratto, oppure in ^i egli altro, l'anima torna vaga finché gli tramuta in « alle cose che son fuor di pensiero in pensiero, e occhi si chiudono, sogno. Che cosa sono i e di lei vere » : vaneggia d'uno il pensamento fantasmi, nei quali 6 LA POESIA DI DANTE 120 cosi la sua immaginazione perde? Sono tracce di cose si udite o lette, richiamate per il e che sieri e gli affetti presenti, legame che hanno coi pensi avvivano nei loro tratti che riman- salienti, nel gesto significante, in quelle parole gono lascia incise nel profondo dell'animo. i Il suoi e va a disputare coi dottori, ricordo di Gesù, che sull'entrare, con dolce atto di ché ci facesti questo? condensa nella vi- una donna che, in si sione di un tempio con molta gente, e di madre, dice: — L'aneddoto — Figliuolo, per- della figliuola di Plsi- strato è còlto nell'ultimo atto, nel dialogo di Pisistrato con la moglie e nella risposta, filosoficamente benigna, del momento che vita di santo Stefano è tutta nel si aggrava a terra occhi sotto 1 pregando a Dio perdono pei suoi persecutori. al cielo e una dell' Eneide si fanciulla, che piange forte e dice: ché per ira hai voluto alquanto giovanetto colpi dei suoi carnefici, levando gli Dal racconto dell'ultimo libro di il re. Lia artificiale, è, toglierti la più oltre, il alza la persona —0 l'egina, per- vita? — Meno sogno con felice, cioè la visione della femmina balba, di un'immagine-concetto, che non è né tutto immagine né tutto concetto, ed ha dell'allegoria nel senso deteriore. Anche in questa parte cominciano a farsi frequenti estese le intramesse didascaliche: Virgilio schiarisce accada che l'amor dt4)to, guanto più ed come è distribuito fra molti, in sorte; Marco Lombardo confuta il falso giudizio che la corruttela del mondo provenga dall'influsso dei cieli e ne dimostra l'ori- tanto più fa ricchi coloro che lo hanno gine nella mente umana, che non ha saputo tener distinti e al pari vigorosi la <li spada e il etica, sul due poteri che debbono reggere bene o eccessivo o dell'amore i pastorale; di nuovo, Virgilio spiega e il difettivo male come nascenti da le società, una pagina retto o falso amor«\ e sull'inclinazione naturale e l'intervento in esso della libertà morale; Stazio disserta di fisica o fisiologia, svolgendo la teoria della gè- IL IV. PURGATORIO « nerazione. Non rappresenta Dante, travaglioso farsi del stico, il che si già, questa poesia dottrinale di vero, o lo spirito entusia- annunziatore di verità nuove, sa rivoluzionarie, o La sua drammatica come discente e del maestro: del originali, cozzo d(41e opinioni e degli argomenti il in dialogo e in polemica. quella 121 » unicamente è vada di chi alla scuola di dotti uomini, possessori di quel sapere che a lui manca, e ascolti le loro lezioni. Virgilio, terminata una sua spiegazione, guarda attento nel viso di Dante per vedere se è soddisfatto, e Dante, che è già assillato manda, tace per timidezza, e l'altro, «timido voler che non s'apriva», la parola e gli gli viene incontro con porge ardire. Altra volta, D.inte dalla stessa timidezza: tenta di domandare, tenta, simile (dice) « al di volare e cala ». E da nuova do- che s'accorge di quei non s'attenta D'abbandonar dir, ri- cicognin che leva l'ala Per voglia lo nido, Virgilio l'incoraggia e gli dice sorridendo: L'arco del preso è arresta, si che insino e giù la « Scocca ferro hai tratto». Cosi questa al poesia è tutta informata dall'anima del maestro che sa, e vuol render chiaro il concetto che espone, e il discente per abbracciarlo e perciò i concetti esposti vi si si piega verso sollevarlo verso il vero; e rivestono d'immagini corpu- La forma susianziale, distinta e unita alla materia, possiede una virtù specifica, che si sente solo nell'operare e si dimostra solo nell'effetto, « come per verdi lente e fulgidissime. fronde in pianta vita » . Le prime nozioni sono nell'uomo, «come studio in ape nel processo della formazione del feto, si volge lieto Sovra tant'arte di da l'intelletto possibile, sé in sé rigira »: « lui creata, e fassi si i primi appetiti mèle giunge ». Quando, all'articola- Lo Motor primo a lui natura... »; par che ammiri zione del cervello, Dio interviene: ciò che la natura, e di far lo « ha ereato, e vi spira dentro un'alma sola Che vive come (segue un nuovo paragone) il e sente e calor sole che, congiungendosi all'umore che cola dalla vite, d(;l si fa ^1i l' LA POESIA DI DANTE 122 vino. Ma si diminuirebbe la poesia didascalica dantesca, S(^ la confinasse a codeste immaj^ini sensuose e splendide, di cui si in ogni parte s'infiora. Poetica essa è nel s'imprime suo stesso moto, che ai particolari, quali clie essi siano, nascenti dalla chiarezza fantastica delle immagini o da quella inteltetttmte—delle distinzioni e divisioni, dei sillogismi, menti del terzo escluso. Qui ispettacolo estetico, di cui ('iome lo stesso dilemmi e argo- dialettica è convertita in la compiace; e qui verìimente ci si Dante aveva detto in una delle sue canzoni didascaliche) la filosofìa «di sé stessa s'innamora». Tra queste strarsi visioni e addottrinamenti personaggi del i dramma non cessano o della mo- di commedia umana. Papa Adriano V è ritrovato tra coloro che, bocconi per terra, purgano l'avidità o avarizia. Era stato papa, ma ora è un'anima come le altre, nella sua nudità, e a Dante che s'inginocchia come Se egli fosst- ancora rivestito della suprema dignità, ricorda che ora, con lui e con gli altri, egli è sem- plicemente Avido già ma papato; gli « conservo e ambizioso, » una medesima possanza, di si di Dio. era, spingendosi, innalzato sino al quel mese o poco più, in cui tenne l'alto valse non a soddisfacimento dell'ambizione, fargli sentire zogna della il si vuoto dell'ambizione, a scoprirgli vita terrena, a dargli il la E nemmeno può clienti e cortigiani, tutti cattivi ed egoisti; e pensiero alla terra, scorge colà, nella una viventi, nome nipote, che ha luto d'affetto e Chi la m'è di una là i folla volgendo degli ancora lei muida un tacita aspettazione di sufifragio: « E sa- que- rimasa». non ha vagheggiato talvolta morte, solo, Alagia, buona se non sarà corrotta dall'esempio triste dei suoi; e a sta sola avvide ora confor- devozione serbatagli da amici e da parenti, da tarsi della il men- sentimento della respon- sabilità, a riempirlo di umiltà. Salito cosi in alto, si della sua pochezza e miseria. uffizio, invece a propri amici, i cari di rivedere, vincendo perduti, e riprendere con IL IV. loro PURGATORIO « 123 > discorsi sulle cose familiari od amate, e i particolari non conosciuti tempo, come se in quel trascorso di dopo lunga assenza per si litiga il compagno e ci s'infuria, ci si ritrovasse insieme viag-gio o per altra separazione? sta poesia è in fondo all'incontro di gioventù, apprendere e raccontare ciò che è accaduto di piaceri e di errori, eoi ma pur Que- con Forese Donati, l'amico gli si quale vuol bene, e che assai quando la morte lo portò via. Quanta e quale vita ebbero in comune! « Qual fosti meco e quale teco io fui!». E ora tacciono sulle loro comuni e scambievoli è stato lagrimato o solo velatameiìte vi accennano, e in quegli istanti follie di dolcezza risorgono le persone dilette, le creature pure, che sono la parte pura dei loro comuni ricordi: la buona mo- glie di Forese, ha pianto fede, « la che egli chiama «la Nella mia», mia», che non vella mia e «vedo- ha serbato pregato per lui; e Piccarda, la sorella, che tra bella e buona sorella la è dimenticata di lui, gli si Non so qual fosse più...», e che ora è in Paradiso e lo attende. L'amicizia, cosi purificata, si ravviva, dolce e tenera, e, poiché sono andati insieme alquanto e Forese gli ha mostrato cose e persone del luogo dove si trova, e dovranno provvisoria- come obliando la terra e la morte, e quasi il distacco sia per un nuovo viaggio, amorevolmente e desiosamente: « Quando fia ch'io ti riveggia? ». Le altre cose dell'episodio, come la già notata invettiva contro le donne fiorentine o la predizione sul prossimo ammazzamento di Corso Donati, non si legano al significato mente risepararsi, l'amico gli chiede, poetico, e starno che E ci li perché Dante, per suoi fini, ha voluto fossero messe. chi non ha uomini, che ftima, e il si caso conoscevano li commozione di due stimavano e amavano per assistito talvolta alla fa e finalmente incontrare senza che sap- piano di trovarsi in presenza, e l'uno parla del suo desiderio di conoscer l'altro, e cosi si rivelano, e il sorriso si LA POESIA DI DANTE 124 frammischia commozione alla reciproca motivo poetico dell'incontro È e meraviglia? il con Virgilio. Cosi Stazio di forse Dante dovè talvolta fantasticare d'incontrarsi con alcuno dei grandi del passato, dopo che si fosse fatto degno di essi e com'essi fosse portato sulle ale della fama: incon- come discepolo con maestro, ma discepolo che ha trarsi onore al maestro ed è andato oltre compiace nel riconoscere i nuovi pensieri, dipendenza e insieme ammira la nuovi ritrovati, i che pure in qualche modo lezza, — Per Virgilio, a queste parole, ammiccando a l'altro. Si Virgilio; legano i ed Purga- in commosso, con « sorride, Dante che dà a conoscerlo è discorsi tra al- due poeti romani, e a Virgi- i rimasto pagano, Stazio che ha progredito ed è diventato lio, cristiano, lui, norma sua dalla alla sebbene nascosto, può dire che non solo mercé mercé deìVEneìde, perpetua va di trovarsi alla anno volge a Dante si viso che tacendo dicea: taci»; e Dante, di esser vissuto al — dice Stazio, che non sa del desiderato, — starei ancora un —E di bel- appartengono perché di Virgilio presenza torio. nuove opere le gli dall'opera di lui ebbero nascimento. tempo fatto di lui, sicché questi si profetica nuova la quale ebbe madre e nutrice e poeta, nell'arte, fa ma che da Che porta il lume dietro dopo sé fa le persone dotte » E dei comuni colleghi in poesia e in . nostro antico >, di e sé come quei che non giova. Ma domanda poi gli letteratura, di « Varrone; e Virgilio Cecilio, di Plauto, di lattar più ch'altri mai », e di desiderio Il all'udir cuore di Dante parlare di cose, alla celebrazione della Poesia e del Poeta, del che più dura e più onora >: che « le e degli eroi e delle eroine che Stazio aveva cantato nei suoi poemi. gonfia d'amore notizie Terenzio gliele dà, di essi e di altri ancora, e di quel greco Muse cioè venne anche l'avviamento poesia, gli fede, alla beata sorte: «Facesti di notte, lui, rapito, ascolta poeti e degli eroi leggendari, dei quali i i si queste « nom.e nomi dei grandi due s'intrattengono IL IV. come « 125 » che chiama di persone familiari; quei loro discorsi, ragioni dolci le PURGATORIO « È tare. facile » introducono nei segreti del poe- lo , avvertire la ricchezza di questa rappresen- tazione a confronto del sommario ragguaglio e del catalogo il medesimo motivo a prin- onomastico, con cui è trattato prima cantica. cipio della Dalla letteratura antica poranea per si passa alla moderna e contem- dei tratti solennità ammirativa alla e alcuni in canti per succedendo seguenti, poesia la nella sua idea, poesia classica o tenuta classica, professioni di la fede, giudizi d'approvazione e riprovazione, atteggiamenti Dante enuncia polemici. sua nella «il poesia la amorosa; padre suo e digli altri teoria alla saluta in quale Guido si attenne Guinizelli, com- suoi migliori », che mai ponessero dolci e leggiadre rime; asserisce la superiorità Arnaldo Daniello sopra di tutti gli altri poeti e romanzieri nota la tramontata riputazione di rimatori in volgare confermando, con liano, l'effetto accaduto, la giustezza dei giudizi suoi e dell'aver egli tenuto diversa via. Versi masti celebri tutti citati, nei nella storia letteraria e j ita- ri- continuamente quali l'importanza critica è rialzata dalla bellezza epigrafica ed epigrammatica della forma. Par che Dante fosse d'avviso che poeti, quando peccano, non peccano di basse o truci voglie e per malignità, i ma solo d'incontinenza e sensualità: Stazio era tra dighi, Bonagiunta tra i E lussuriosi. peccatacci i di prammatica e i pro- Arnaldo sono tra e suoi i d'amore, e passare attraverso fiamme: con qualche rossore, che è Guido anch'asso. Dante, deve ora purgare peceadigli o golosi. non si din^bbe, ma di cuore, e al le con un rossore quale non rispon- dono vera vergogna, affanno, umiliazione: rossore da bambino còlto nuovo, pur mento i ! di fallo, e che forse sa che nuovo ari'ossendo. e d'atteggiamento E vi si farà cogliere di con immagini di senti- bambinesche è rappresentato il suo 126 DANTE P<1ESIA DI I>A A sottomettersi pauroso e riluttante passaggio tra che scottano, facendosi da chi l'ha curare, confortare, mostrare pomo che bel il le fiamme cura spingtTe, rassi- in gli si darà in dopo che avn\ compiuto quello sforzo: il pomo che meno «.'he il rivedere alfine la donna amata, Bea- premio ò né più né angelicata quanto si voglia, ma pur sempre donna e donna amata. Malizia? Ironia? Sono parole che, a proposito di Dante, non si osa mai pronunziare, e che certo, pronuntrice, ziate modo troppo in ma stonerebbero; spiccato, è certo altrettanto che la schiettezza dei suoi affetti, la spontaneità dei suoi moti, veracità sua di poeta la ribellano a ogni si preconcetto disegno e danno forma e figura alle più impensate situazioni, alle più delicate sfumature dell'anima, e ai loro contrasti, che sono anche, talvolta, alternanze di serio e di giocoso. Nell'attrazione e tanti attenzione a cosi vari spettacoli, a cosi gradevoli e pensieri discorsi, y^ar e che si sia sentimento ammirante e godente, che alita disperso quel nei primi canti del Purgatorio, del viaggiare, della escur- moncome quando sione dilettosa pur nella fatica del salire una ripida tagna; o esso si risente solo in fuggevoli tratti, si montana è innanzi alla via deserta, nel «livido color della pietraia », o si è feriti dai raggi che tramonta, e si il o, rivede sole, il « serotini e lucenti infine, si dopo aver attraversato balzo del fumo, contempla nel cielo come un secchione che mento ritorna pieno dov'è il punto, e si gilata dai — vien stendono la sui pastore; e di il luna alouanto scema, la ». sommità Ma della (iuel senti- montagna, Paradiso terrestre. Virgilio e sera — gradini là, di travede poco del eielo. ma, il le vapori umidi e spessi, i tutto arda nel toccare la luogo che fu già Stazio e Dante del sole mani, o con sole che traluce debole attraverso « fatta » costretti a tarsi solecchio si ti"a in sofF«^rmano a un certo cme CjUi greijire al riposo, vi- rupi imminenti, s'in- le l lembo, le stelle che IV. IL « PURGATORIO splendono più grandi e chiare del del sole, e viva Dante s'inoltra, 127 » Destatosi al sorger solito. bramoso, nella «divina foresta spessa ». Che cosa questa selva amena, nella quale è appare una bella giovane donna, e scegliendo da fiore? Non pochi fior al poeta che va cantando sol'^tta, critici hanno preso scandalo del colorito profano della pittura, e dei paragoni con Proserpina e con Venere, come sconvenienti non solo al pensiero generale del poema dantesco, ma anche a quella situazione particolare. Senonché, in verità, non s'intende come mai abbiano aspettato fino a questo punto per essi provare tale scandalo, quale assai al luoghi dei canti altri buona ragione, sempre che cerchi nella Commedia quel che non c'è e si voglia ri- finora percorsi avrebbero dato si fiutare quel che c'è: cosa che, per parte nostra, di non E fare. procuriamo qui accetteremo semplicemente quella ven- tina di terzine su Mitelda più belle — espressioni comporre in come una delle molte — ma delle della vaghezza che trae l'uomo a immaginazione paesaggi incantevoli, animati da incantevoli figure femminili. Tanti di questi giardini, boschetti, selvette, pratelli e pastorelle e pulzellette belle e coglienti Hoi'i e danzanti e cantanti recente nella lirica comune motivo e h» svolge, f.>rnia di squisita con grai perfezione, in cui il della bellezza, dell'amore e del riso magine («Di ridica ìli diletto, in si suoi mi riva dritta, Traendo ufficio ulti.no già nella il una nuova fascino della gioventù, esalta in ogni im- fece dono...»; «Ella pili color con le sue Cantando come donna innamorata... « pt^rché altro; compie dà It-var gli occhi dall'alti-a mani... »; erano avuti anche di si provenzale e italiana; e Dante ripiglia »). Non c'è seconda parte del canto Matilda d'infnrmatrice (sebbene il « corollaiio », che «per grazia», suoni comn una civettuola cor- rezione e conferma insieme alle fantasie sull'età dell'oro credute dai due poeti romani, sulle cui labbra fiorisce, a LA POESIA DI DANTE 128 quelle spiegazioni, un riso), e poi è chiamata ad altri gravai uffici, con meno più o allegorici, che non hanno nulla da vedere generata e apparve la Dante ebbe diverse e maggiori ispiquel che importa è, che ebbe anche Ih ispirazione poetica ond'ella fu prima volta. Si dirà che ma razioni di questa; questa, e che questa è bella, della sua particolare bellezza Anche quel e leggiadria. certo che di stilizzato che nella rappresentazione del luogo ameno, si avverte ancora della e più bella donna, in ogni suo atto, passo e gesto, sta perfetta- mente a posto il in questo quadro, che esprime per l'appunta gradevole nel suo aspetto generico, come gradimento della bella natura e della bella creatura femminile, che si accrescono l'uno con impressione ^lentre l'altro e si due gradimenti fondono in un'unica di terrestre beatitudine. poeta il cammina a paro a paro con Matelda, ode una melodia, vede nello scenario della foresta un fuoca acceso, e poi la melodia si ai discerne meglio quali si fa come distinta di sntte vengono ventiquattro come canto e quel fuoco candelabri ardenti, dietro seniori, a due a due, can- tando. Passati questi, s'avanzano quattro animali ciascuno con sei ale tutto occhi, e tra essi un carro tirato da un donne danzano ci.il grifone, aureo e bianco-vermiglio; e tre lato destro, l'una color rosso, l'altra smeraldo, la terza bianco-neve, e dal lato sinistro quattro vestite di porpora^ delle quali, colei che le conduce, ha in fronte tre occhi. A questa pompa, seguono due vecchi, l'uno in abito di medico, l'altro con una spada aspetto, e infine in mano, e poi altri quattro in umile ancora uno che procede dormendo con faccia arguta. Fermatasi la processione, tra fiori appare sul cairo una donna velata di uà nube di bianco, cinta manto verde e veste color fianima, Beati'ice, che parla a Dante e lo rimprovera e lo induce a conless;ire d'oliva, in i suoi falli e a pentiisi e lo fa tuffare nel fiume deirobiio, nel Lete, e poi gli si discopre. La processione riparte, Beatrice IV. scende dal carro, IL PURGATORIO » 12i) grifone Ioga questo a pie di il quale dispogliata, la « si rinnovella tutta; e Beatrice siede, circondata dalle sue donne. A un'aquila piomba dal cielo, rompe la scorza e nuovi dell'albero e ferisce fiori una pianta sotto di essa un tratto, le foglie e carro; al cui fondo il i si avventa una volpe, che Beatrice fuga, e l'aquila ridiscende e cosparge quel fondo con le sue penne: poi dalla terra sbuca un drago, che spezza e trae seco parte del carro e il resto si copre di gramigna. Indi questo rudere mette fuori tre teste con due corna e quattro con uno, diventa un mostro, e sopra mostro il asside una meretrice, che un gigante ba- si guarda con cia e sorveglia, e, poiché quella pronti e glie si affisa nel poeta, il drudo gli occhi intorno la flagella tutta, e scio- mostro e fugge sovr'esso con quella per il la selva. Beatrice annunzia allora a Dante la venuta di un messo Dio che ucciderà di che con lei i due empì, Queste scene degli ultimi dramma avvicinate a un e presentazioni, gli atti che meretrice e Ccinti il gigante del Purgatorio sono state liturgico o a ravvicinamento ha del vero. il la delinque. Ma un auto sacramentai^ codesta sorta di rap- mirabili e strane figure che vi compaiono, le vi si compiono, gli eventi che vi accadono, servono, colpendo l'immaginazione, a fermare l'attenzione perché la niente accolga un insegnamento o un ammoni- mento, che è poi illustrato dalle scritte le fijfure, o dai discorsi che loro pongono in bocca, o dalle come in un libretto espliLe immagini, dunque, non hanno in tal caso diretto spiegazioni che cativo. si che accompagnana si valore di poesia, offrono quasi ma sono segni e mezzi per altra cosa: a un dipresso come ancor oggi (lasciando stare che ancora oggi sacre si rivedono nelle feste dei paeselli residui e tracce di rappresentazioni) si usa negli abecedarì illustrati per bambini, dove una vistosa figura sta a lato di ogni lettera, e, attirando la curiosità, B. Croce, Li potsia di Dante, dà il modo di far "leggere 9 *'M LA POESIA DI DANTE 130 spiegazione manca, quando mancano ciò che setti, E quando e ben imprimerla nella memoria. la lettera si le scritte e i la discor- vede è una semplice mascherata ossia una sequela d'immagini bizzarre, tra loro incoerenti o poco coerenti, senza ;ilcun significato né intrinseco né estrinseco. Nel caso presente, 1 di a si Dante spiegazione manca, cioè stesso; e al pensiero di quella può bensì indicare l\,della (la e la il all' commento incirca o nel complesso (la storia Chiesa), e anche veder chiaro in alcuni particolari meretrice e il romana gigante, che significano la Chiesa re di Francia), ma è vana pretesa determinarlo parte (agli occhi di Beatrice, sopra lui « il rappresentazione fissi, il in ogni grifone raggia or con uni or con altri reggimenti »: vorrà dire che la teo- in Gesù, or lo considera come Dio, ora come uomo; o che cos'altro?); sicché parrebbe doversi concludere, come in effetto alcuni critici concludono, che questa roba, logia, fissa che ora Dante offre, sta tra l'allegoria Ma mascherata. se il impoetica e l'impoetica ravvicinamento e agli autos sacrarne ntales ai drammi ha del vero, non è liturgici vero intera- mente, e anzi non è punto vero nella sostanza; perché qui il poeta non compone esso, ma ziale) rifa e imita gli effetti di ; gli accade d'assistere In altri termini, materia; e, il e di (e la differenza un dramma è sostan- liturgico, a cui prender parte. dramma liturgico è qui abbassato a oscuro o no che sia nel suo significato riposto, o in parte oscuro e in parte chiaro, quel che predomina è il sentire del poeta, che vede svolgersi dinanzi agli occhi alcune delle tante immagini, gravide di misterioso significato, a cui la letteratura biblica e cristiana e l'arte sacra avevano adusato gli spiriti. Donde la particolare poesia che si sente e si gode in questa parte del poema, la quale si sottrae alla frigidità dell'allegorismo, perché ma non serve al- presuppone e se ne serve. Allegorica e impoetica sarà una pittura che non ha il suo motivo in sé l'allegoria, la IL IV, Stessa, mente ma in fissato; pittura, che più impoetica, né allegorica, un'altra prima a sua materia la pressione, che essa ha suscitata qui espressamente 131 > pensieri di cui è segno convenzionai- certi ma non prenda PURGATORIO « nell'artista. sue fonti e le e ritragga l'im-/ Dante richiama suoi autori: i «Ma Dante ammira, da Ezechiel... Giovanni è meco...»; svolgono innanzi leggi Non che Roma parvenze che di carro cosi bello Rallegrasse Africano ovvero Augusto, Ma quel del Sol saria pover con elio colori Da e di suoni : « tutte parti per la Ed ecco un gran » « : -, artista, le gli si i Ij e le circonfonde di ; lustro subito trascorse Ed una melodia dolce foresta.. correva Per l'aer luminoso...». Su questa decorazione littica si svolge, interpetri, se il provenienza di e fattura apoca- com' è stato concordemente avvertito dagli dramma umano; ossia, in ne trova un'altra, a intender mezzo a questa poesia, quale bisogna altresì la prescindere da ogni significato allegorico, e dimeuticarCj quello che Beatrice allegoricamente poeta a un tratto non Ragione umana si Come Virgilio che il' trova più a fianco, non è qui la ma o altra tal cosa, e noi abbiamo avuto cui figura si è. compagno e quel Virgilio che egli guida nel viaggio, e la lega a tutte le impressioni e commozioni finora provate, ond'egli e noi sentiamo uno schianto allorché ci avvediamo che è trice è sparito, che l'abbiamo perduto; cosi Bea- semplicemente la donna amata nella prima giovinezza, l'ideale intorno a cui e in cui tutti, di si sono esaltati generosità, di vita pura, di felicità, di affetto e bontà, di nobile operosità, di sublime religione. si gli altri ideali E poi quell'ideale è distaccato da noi, fortuna o morte o nostra colpa ce l'ha tolto, e la vita nostra è corsa dietro ad altri ideali, angusti, inferiori, mutevoli, inseguentisi; spinta a essi da impulsi che via via veemente, soggiacendo a cui valere in modo alle contingenze, alla società in mezzo si sono svolti e ci si è trovati, ai casi che ci fatti hanno avviluppati, alla 1 LA POESIA 132 logica passioni delle quando quando che DANTE DI ha trascinati. Ed ecco che ci nausea e rimorso la sazietà e la ci sentiamo avvelenati dei veleni che il stessa febbrile azione e passione ha prodotti, ne siamo e sviati lontani, quell'ideale ha ci presi, nostra la quando più torna innanzi: ci noi mutati e stanchi, esso immutato, anzi fatto più bello e vivo e raggiante nel tempo che è trascorso e per effetto ormni tra noi ed della distanza che è sciamo e chiniamo il Noi esso. lo ricono- volto tra dolore e vergogna; esso ci riconosce, ci rimprovera, compatisce, e ci si appresta a con- fortarci e a sorreggerci, perché pur si perché fu nostro e nostro ancora prova in quella stessa si sente a noi legato, nostra ambascia, in quella vergogna, in quello smarrimento, in cui ci vede immersi e brancolanti. Poiché come non situazione è divenuta affatto diversa, Beatrice, la non è nemmeno è qui un'allegoria, cosi rime giovanili e del giovanile libro trice delle di la Bea- devozione: un personaggio che ha in sé la storia dell'antica Beatrice, ha in sé un passato che, con la costanza del nome, le con- è ma ferisce un'aureola di ricordi, è nuova, solenne, severa, sapiente, consapevole, e pure amorevole. può riamarla modo ma ormai quei cuori, è nel di prima, cosi ella non può amarlo come prima: l'amore e guardarlo Come Dante non è certamente in entrambi diversamente intonato: Dante affatto come un suddito innanzi a colei che amò in che ora è diventata una regina; nel suo amore os?»r di amare, pur amando, c'è gioventù e ci è il non coscienza del suo minor la uomo che ama, e, al tempo traviato; lo ama ed è insieme valore: Beatrice ha davanti un stesso, un figliuolo debole e materna, materna nella cura che di nel cipiglio con lei, più che gli belli mostra. Tutti i lui prende, materna sogni giovanili tornano che prima non fossero; tornano in quel- l'apparizione fulgente e maestosa, velata e pur riconosciuta attraverso il bianco velo; e il primo momento è quello del- IV. IL « PURGATORIO 133 » r inflitto rimprovero (un rimprovero che stessa prima die nel è nella presenza detto), e della contrazione dolorosa; fla- compatimento distende quella contrazione, liquefa quel dolore e le lacrime sgorgano benefiche e tutto l'essere s'abbandona alla dolce amorevolezza di ché una parola altrui quegli istanti. Il di secondo momento è più pacato, è quello della rimemorazione, in cui ripassano le speranze e e buone prove d' un tempo, e, a contrasto, il promesse traviamento ac- caduto, che non fu però tale da annullare ciò che era primitiva e naturale disposizione, ciò che rivivrà e già rivive in quell'atto. Il terzo timida, balbettata, sulla rozzezza con momento provoca e ottiene la confessione, come di chi rifugge dal fermare la mente vergognosa del peccato commesso; e tante commozioni, si chiude acuta del rimorso che l'uomo scosso da la trafittura cosi , sviene, e, cosi svenuto, è tuffato dal- l'amica di Beatrice nella pura onda del fiume dell'oblio. po' dopo, quando Dante ha ha udito da Beatrice la profezia e ricevuta la propria mis- sione, ritornandosi col discorso sul suo straniamento e non rammentando Dante egli si sia di alcun mai reso colpevole, e male o errore da lei di cui dicendo ciò candidamente. Beatrice può alfine sorridergli, guardandolo benigna, e spondergli: Un assistito al mistero del carro, e — Se tu non te ne rammenti, vorrai mentarti che hai bevuto l'acqua del Lete! ri- almeno ram- V IL wueste * PARADISO». figure e queste scene, affettuose, tenere, malinco- vanno dileguando, niche, grazioso, fatto, nella terza cantica, o presto spariscono af- nella terza e ultima grande rac- colta di liriche della maturità di Dante. Beatrice adempie ora le parti di Virgilio, fa da guida, da informatrice, da interpetre. Dante l'ha ritrovata e subito dopo r ha riperduta in quanto ideale ed espressione del suo cuore: il dramma dell'amore tace innanzi al gran compito di salire con di stella in stella, e tutto lei udire e apprendere. qua e là Ma non non risorga o baleni. Beatrice, nel suo insegnare e dimostrare, è sentita talvolta che ha compiuto e il premio, e fa il vedere e tutto tace sino al punto che l'affetto come una sorella maggiore, corso degli studi e ottenuto scuola al minor fratello, il il diploma quale è ancora assai indietro ed erra in incertezze ed è irretito e tormentato da dubbi, da pregiudizi e da falsi concetti, e talvolta le dice grosse. Al che ella risponde, volgendoglisi ciul deliro, ora « pueril coto » , come a fan- con sopportazione, ora con sorriso pel suo per mente prendendo a il suo pensare fanciullesco, e paziente- istruirlo. lezza, è la dolce guida, Ed è bellissima, radiosa di bel- «che sorridendo ardea negli occhi LA POESIA DI DANTE 136 che rivolge pur sempre «ver santi», e contemplarla è gioia e rapimento. Ed lo cielo viso»: il ella lo sa e talvolta «Vincendo me col lume d'un sorriso, Ella mi disse: —Volgiti ed ascolta, Che non pur nei miei occhi è paradiso » Tal'altra volta assiste se ne compiace, con grazia femminile: . ai misteri celesti e alle manifestazioni dello come donna proprio danza: al cielo che cosparge prorompere l'invettiva impallidisce, « carne e nervi, con femminea trepi- di si sdegno divino, mentre di color rosso di san Pietro, ella si sta per cangia in volto, ...come donna onesta, che permane Di sé cura, e per l'altrui fallanza, Pure ascoltando, timida si- fané ». Alla fine, dal fianco di Dante vola rapida a riprendere il suo seggio tra Dio, »• e, « che si i si beati; ed egli la rivedi"^ cinta della luce di facea corona Riflettendo da sé gli eterni rai», un'orazione di ringraziamento e di preghiera; le innalza cosi lontana, ella sorride ancora e lo riguarda, e poi rituffa Dio: «Poi in si si tornò all'eterna fontana». T/idea mistica, che nella lirica dello stil novo rimaneva ciale o astratta, qui si attua poeticamente, e si superfi- coglie dav- ll vero l'elevazione e lettuale, dal dell'altro e il trapasso dall'amor sensibile all'intel- terreno al celeste, l'uno semplice annunzio che è negato nell'altro e muore in esso, inviando un ultimo suo raggio. Ancora delle figure al principio della cantica ci si fa che appartengono alla innanzi taluna famiglia di quelle del Purgatorio: Piccarda, la sorella di Forese, che Dante aveva avuta fraternamente cara, come una fragile creatura di bontà e di sventura, divelta e trascinata nella tempesta delle passioni politiche <i di'l tempo. È una Clarissa, che fu forza tolta dal suo convento e costretta al matrimonio; ma. come nel cuore rimase sposa di Gesù, cosi è ancora una nionacella soave che traspare, con altre cristallina e lucida sfera, evanescente, come « anime appena segnata sorelle, dalla nei contorni, quasi perla in bianca fronte ». E la sua parola V. è lieta, IL « quasi allegra, detta PARADISO « 137 » con occhi ridenti », nella gioia dell'aniraa pura e dello stato paradisiaco, al rivedere l'antico suo conoscente («Non mi affabilità, come -come Beatrice, muove Dante, celerà l'esser più bella... ti ri- Piccarda»); e risponde con prontezza e guarda... io son si ma deve alle giuste richieste; alquanto diversamente, e anch'ella, domande che alle inesperto ancora del divino regno, sorride con amabile condiscendenza, prima di rispondere: « tr'ombre pria sorrise un poco». strappata, è per lei « la Il Con quell'al- monastero, dal quale fu dolce chiostra»; accennando a una panno monacale, che copriva il capo di colei, «l'ombra delle sacre bende»: immagini idilliache, di sacro idillio. Non riesce a pronunziare una parola troppo forte nel toccare del sacrilegio compiuto sopra lei: coloro che lo compirono, furono, non propriamente scelle rati, ma ^ uomini a mal più che a ben usi ». La sua diversa e combattuta vita di monaca-sposa è chiusa tutta in un sospiro d'angoscia su quel passato: «Dio lo si sa qual poi mia vita fusi! ». La monacella, adusata alla rinunzia e alla gioia dell'obbedienza, è ora tale anche nell'altro mondo, sua compagna, chiama innanzi al giudizio il di Dio: «Frate, la volontà nostra quieta Virtù di carità, che fa volerne Sol quel ch'avemo, e d'altro non ci asseta». Appartiene alla stessa famiglia d'anime, mente delineato. Romeo, ma è più rapida- che la virtù disconosciuta e si fa conoscere con l'austera rinunzia e rifulge tanto più viva ()uanto più la sua vita materiale è vecchio mendicante. Più in principe che Dante assai là, amò grama e stentata, da povero Carlo Martello, il e in cui vide grandi giovane promesse del futuro, dice la malinconia di una magnifica e benefica regalità, spezzata prima che ottenuta. E quando anche ricordata Cunizza, grande amorosa, magna meretrix dei generosa e alla quale non si d'amore, e la la cronisti, ma si sarà la peccatrice di buon cuore sa esser severi, e che ella LA POESIA DI DANTE 138 stessa non sembra severa neppur con sé stessa, e a sé medesma indulge «la cagfion di sua sorte», non solo contenta alla giustizia divina, ma disposta (quasi direbbe) a rico- si minciare per meritare quella proporzione di giustizia; — si sarà raccolto forse tutto quanto la terza cantica offre della umana («umana», lirica I j » termine del Paradiso, un Catone benevolo e nel senso corrente di altre due cantiche. Al un vecchio, quasi beninteso, cosi copiosa nelle \kiuesta parola), è figura la di san Bernardo, che consola solo lieto, a vederlo: «Diffuso era per gli occhi e per le gene Di be- nigna letizia in atto pio, Tanto lieto e Quale a tenero padre gaiezza spirituale indirizzare gran luce si conviene». benevolo, che non sa altrimenti che con questa occhi di Dante a mirare la «Bernardo m'accennava Dio: di gli Perch'io guardassi in suso... sorrideva. e Li cibbiamo incontrati questi ». cari vecchi, nel corso della nostra vita puerile e giovanile, e cosi ci che ci belle e alte cose a noi attua, come nuove, di meraviglia e di gioia. viaggio continua, facendosi prodigioso nel Il si hanno mostrato tante riempivano modo in cui era solo a tratti nelle cantiche precedenti. E, ripigliando il racconto, poeta narra come egli s'in- il nalzasse alla sfera del fuoco senza avvedersene, guardando negli occhi di Beatrice, che prodigio che si guardavano sicché non in cui farsi si si lo anima e corpo, tirato da rende leggiero e rapido accorge del moto ma al solo del una par di folgore, mutato luogo ritrova è che gli è indicato di volta in volta dal ancor più bella della sua guida. Dapprima, nel cer- chio della Luna, ha < nell'eterne cose: ripete di volta in volta, nell'ascesa di sfera in sfera. Egli sale realmente, potenza che fisi la sensazione lucida, spessa, solida e pulita » al .sole, e di esservi ricevuto nel aprirsi, riceve in sé un raggio di penetrare in una nube, come diamante modo scintillante in cui l'acqua, senza di luce. Poi, passa a luce pre più viva, a laghi di luce, in cui rifulgono lumi sem- l'isaltanti IL V. PARADISO « vivi, e tra quella luce pili ode mirabili, ed egli da quei lumi suonano canti e insegnamenti e ammonimenti e alti suprema profezie; finché giunge alla trina unità di Dio, innanzi alla quale Il 139 » luce, a quella della il viaggio ha termine. mondo sentimento, che accompagna questo viaggio nel della luce e del canto, è l'ebbrezza del una gioia, di godimento e della gioia fisica e spirituale insieme, perché luce anime e canto, santità delle e giustizia, bontà e maestà vina concorrono vertiginosamente a inebbriare spirito. tono del ra(^conto diventa ammirativo, esclama-jf Il «Ciò ch'io vedeva, mi sembrav^ tivo, entusiastico, rapito. un l'udire mia ebbrezza Entrava peni Dell'universo, perché riso per e vita integra chezza! di- sensi e lo i È ». lo viso. d'amore il O ineffabile allegrezza! gioia! senza brama sicura e di pace! Oi rie- tono generale dell'ultima cantica, quello che |- r sorregge e avvolge tutti gli altri. Ma, pur in mezzo a questo dilagare e continuo accrescersi di luce su luce, e a questi inebbriamenti, dismette poeta non il suo atteggiamento di buon viaggiatore curioso il e attento, di osservatore e descrittore: la sua vista (com'egli dice in stesso prende tutto un punto) non quanto II e il « si smarrisce quale di quell'allegrezza », »: ma con cura diligente perché pensa che dovrà vere su quell'argomento: quasi peregrino, che vede del suo voto, «e spera ridir com'ello di rappresenta accuratamente i modo gli si scri- tempio il stea». Cosi egli e, per renderli Una corona di « più fulgori », vivi e vincenti, dispone intorno e gira e canta tre volte, mina con l'immagine di una alla danza, ma si deter- brigatella di donne, che bal- lano e cantano la ballata, e che termine i)oi esatto e nitido, ricorre a paragoni di cose consuete e familiari. che tutto mirabili o bizzarri spettacoli di luce e di lumi, che gli è dato contemplare; in « ed esamina « tacite, si arrestano, non per porre ascoltando », per raccogliere la ripresa dalle labbra della guidatrice e replicarla ripigliando- LA POESIA DI DANTE 140 il si Quando quei giro. candelier candelo e dall'alto punto al il loro canto, « come a una croce luminosa, prima, iu cui era Dai due bracci ». bassi^, al hanno terminato fulg-ori fermano ciascuno di muovono lumi e scintillano forte come si vedono muovere pel si neir incontrarsi all'incrocio: raggio che entra per corpi, di . e il socchiuse imposte, diritte e torte, le mutando veloci e tarde, lumi modo in <r come fosse bugio prende sua forma compongono suo discorso parla di altri lumi zando intorno mando » , paragonato è il al « modo particolare, vibrano alle si guizzo della corda», anzi, il pur come battei' d'occhi si ai cerchi di il di un meccanismo più o il « d'api, » ». e fiam- men poeta di orologio, veloci li ])ara- che girano in quieto pare e l'ultimo che voli». Le schiere angeliche salgono come sciame poli < fissi comete», primo, a chi pon mente, rosa dei santi, con concorda dispongono a sfere concentriche, dan- riguardante c'ome su «a guisa forte modo che suono che che penetra ciglio dell'aquila, poiché questa nel secondo l'intensità della loro beatitudine, e gona al zampogna. Due dei forellini della essi in Fa seguitare aggiunto paragone, Ancora: di suono, fiammelle: cosi come «a buon cantor buon le loro citarista • mormorio il collo della cetra e al fiato al canne ed esce pei lumi, che parole : voce distinta, salendo su pel collo del singolare fa uccello, nelle come una loro voci .che escono le voce sola dal becco di quell'aquila si particelle dei dispongono nella forma di un'aquila luminosa si accordano che minute aspetto, le pulviscolo che è sospeso nell'aria. Un'altra schiera che e si discendono dalla posa sui fiori, e torna all'alveare per distillarne miele, e ritorna a posarsi sui fiori. Talvolta questo proccss dere evidenti coso travaglio. Immagini (dice cupe», immagini quindici •dell'Orsa » con cui gli spettacoli celestiali, è maggiore e le il stelle si cerca di ren- sorpreso nel suo poeta), «chi maggiori, più fati- bene intender^ le sette stelle due della minore, disposte dodici e T. (lodici in due segni IL PARADISO « 141 » due cerchi, l'uno in cielo, girarsi in innanzi e l'altro dietro; «ed avrà quasi l'ombra della vera Che circulava Costellazione e della doppia danza dov'io era>. Tal'altra volta, non listiche si il punto rifugge dalle più rea- determinazioni comparative; e di un'anima che nasconde nella sua luce, un baco seta fasciato», Adamo, che si si dice che pareva « quella del nel bozzolo; e si animai di sua padre dibatte nel suo involucro di luce, disponen- domande, è assimigliata alla figura un animale che, coperto di un drappo, vi s'agita dentro l'invoglia segue i furiosi movimenti onde tenta liberarsi. dosi a rispondere alle di e Questi spettacoli di luce e di canto, oltre letterale e poetico vano altresì torio. Senonché, sensi se e, di Il ne hanno un torm(>nti dell'Inferno e 1 in questa terza parte della Commedia, più, tendono a entrare l'uno chissimi, e anzi quasi a sua tavolozza a un non se l'ave- i due ne stanno assai meno distaccati che nelle due prime, gran lunga ziare se come castighi del Ptirga- concetto della gioia paradisiaca restringe la un ordine sol colore, solo il nell'altro. poeta a po- d'immagini, riduce che egli non può differen- non nel grado, nel meno e più, e non può variare nella configurazione spaziale, e talvolta nella sola scelta dei vocaboli e dei paragoni. il i loro senso il altro, dottrinale, Onde l'impressione che lettore riceve, in più luoghi di quelle scene, dello sforzo, una valentia che è sforzo, e che si ammira non come un moto naturale, ma come un gioco ginnastico (e molti, dimendi tichi di quel che sia propriamente poesia, riversano l'am- mirazione su questi luoghi del Paradiso, prodigando lodi dubbia legittimità di estetica): l'impressione di una ric- chezza esuberante, che ha della povertà e nasce da una certa povertà, come lustro di cui questa non infrequente impressione di di si ricopre. Tale povertà nella profusione, e vuoto nel pieno, è accresciuta dal carattere maravigiioso, ma intellettualistico, sebbene ingenuamente escogitato, di LA POESIA DI DANTE 142 quelle luci, che ordinano in ruote, si aquila, in iscala, in lettere compongono lettere, in croce, in rosa, in d'alfabeto, raccostando e, le con motti e ammonimenti. scritte latine E, in questa terza parte, nelle rappresentazioni paradisia- che, poeta avverte il il bisogno, e con pari candidezza lo soddisfa, di rialzare l'effetto con le iperboli negative; per esempio, con l'osservare che l'arte, tutte che mi bellezze della natura e del- le adunate, varrebbero niente rifulse >, o che, comparata al « ver lo piacer divin suono della lira da lui qualunque più dolce melodia terrena «parrebbe nube udita, che squarciata tuona con efficace, le > mezzo e, ; anche meno rettorico continue proteste, che ciò che egli vede è indescrivibile e ineffabile. Al principio, annunzia che nel- l'empireo vide cose « che ridire Né discende», e invoca non solo quel «ambedue», anche cioè del vedere che fu tutto può chi di di lassù Parnaso » « maggiore del parlar nostro»; l'arte e l'uso», modo «che mai s'immaginasse»; che l'ingegno « «non lo »; penna clie la « getto, ]\ egli e, lungo « salta la non direbbe sua «memoria» ciò che » ha udito, scrive», perché la fantasia non glielo «ridice», e l'immaginazione umana, nonché . ma corso, ripete, quasi a ogni occasione, che, se chia- il vince che l'aiuto di Apollo; alla fine, riparla masse a raccolta «lo ingegno, e sa né giogo bastò per le altre due cantiche, l'aiuto delle Muse, gli in « troppo color vivo » il e simili. parlare, La è, a quell'og- luce, la gioia, che vorrebbe pensare e rappresentare, è cosi pura, perfetta e santa, cosi assoluta, che si converte sovente in un'astrat- come tale, non si può rappresentare e neppure penNon si pensa e non si rappresenta se non la gioia con- tezza, e, sare. creta, che nasce dal dolore ed è venata di dolore e torna al dolore; la luce che è insieme ombra, e combatte con l'ombra, e la vince e n'è in parte vinta. D'altro canto, e senso, il come ineluttabile conseguenza, il secondo senso spirituale di quelle rapfìresentazioni, è con- V. IL « PARADISO 143 » tinuainente compromesso dalle rappresentazioni stesse, che, quantunque limitate e frenate dal concetto, debbono tuttavia essere rappresentazioni, e tirano in giù col loro peso. Donde, in tanto infinito, alcunché di troppo lìnito, e talora per- fino di grottesco, che viene appunto dal contrasto tra l'in- finito dell'intenzione e si il finito della rappresentazione. Ciò avverte non soltanto nelle già ricordate rappresentazioni di spettacoli di luce, che suggeriscono alcune cordo di volte il ri- luminarie e di fuochi d'artifizio, e non soltanto negli estremi dei paragoni dell'anima col baco da seta o di Adamo ma con l'animale che «coverto broglia»; paragoni, anche più i fini e nobili e leggiadri, sono presi dalla terra e dalle cose terrene, e in tutti perché tutti, 1 tutti rendendo evidenti gli spettacoli, insieme ne violano l'idealità, e perciò li abbassano e li materializzano alquanto. Insomma, quella monotonia, quelle ripetizioni, quegli quelle puerilità, che sità, quell'artiflcio- sforzi, sono state troppo severamente notate nel Paradiso, e hanno fatto scuotere la testa innanzi come ardimento versCì fallacemente riportarlo a un vizio della ma- all'ardimento del poeta e considerarlo l'impossibile, e teria, particolare al Paradiso ed estraneo alla materia delle altre due cantiche, è invece qualcosa che le tre cantiche, ma nella terza si si trova in tutte accentua proprio nella rap- presentazione che fa da scena o da sfondo: l'ubbidienza all'assunto didascalico, ossia al Per si « romanzo teologico >. tale ragione, del viaggio paradisiaco ritengono e carezzano nella memoria le per solito non grandi rappre- sentazioni simboliche di luce e canti, ciò che costò all'autore maggiore fatica d'ideazione e ha posto principale, e che ancora ci abbarbaglia la vista, e si sforma e confonde nel che nella trama della cantica ricoi-do, sioni di bellezza e di lietezza, i ma alcune particolari paesau^gi fantastici o i vi- lembi di paesaggi fantastici che pur ci sono. Si lasci agli estetizzanti e ai professionali della sublimità, come di estasiarsi LA POESIA DI DANTE 144 sulla bellezza architettonica» della Commedia, cosi di esal- « della luce e del suono, e particolari. Delle che cerchino invece quelle visioni si può valere come esempio quali il lume poeta vede, in forma di riviera, acqua luminosa o il luce scorrente come fiume, si ^ «fulvido di fulgore», tra due rive, una primavera cosparse mirabilmente di viva: mondo freddo sulla grandiosità e sul fascino di questo tarsi a di E fiori. cosa prova ancora una volta innanzi ad essa quel pura senso di vitalità, che abbiamo notato in molte figurazioni Commedia, e che anima (Iella esseri e paesaggi, infernali, ma crepuscolari e paradisiaci, una di vitalità che gioisce adesso in quel che di più fresco e gentile e soave possono i sensi umani bfamare, e passa in cere a estremo piacere. E d'ogni parte si conserive. Poi, « Di tal mettean nei come perpetuo da estremo pia- fiumana uscian fiori. faville vive, Quasi rubin che oro cir- inebriate dagli odori, Riprofondavan sé nel miro gurge... ». È, tra le rappresentazioni di questa sorta che sono nel Paradiso, forse la più bt-lla; ma, certa- mente, non è la sola. Più di frequente, per altro, non sono tanto direttamente descritti quelli nei quali schietta poesia, quanto strarli, e nelle quali si liriche perfettissime. Paradiso è pieno, ed esse dano senza ricordare l'occa>ione fatta di becco parlante o cantante? Ma si ricor- in cui sorsero, lo spetta- colo paradisiaco che illustrano. Chi ricorda o dare la mostruosa aquila illu- compiace, formandone, più ancora che nelle altre cantiche, piccole il gli spettacoli poeta spira la sua comparazioni con cui vuole le divaga e Di queste veramente il ama ricor- lumi o di anime, coi sua tutti ricordano la « lodoletta j che in aere si spazia, Prima cantando, Dell'ultima dolcezza che tratta di render chiaro collo e dal collo al a mente la il sazia montar e poi tace contentai «.Echi del ricorda che si' suono dal corpo becco di quell'aquila, quando la terzina: < Udir mi parve un mormorar al gli terna di fiume V. IL « PARADISO 145 » Che scende chiaro ^iù di pietra in pietra, Mostrando l'ubertà del suo cacume »? Il sole paradisiaco, che sovrasta e accendo migliaia di lucerne al modo che non parla all'anima ma bene ; bellezza misteriosa e sacra « il sole nostro fa delle stelle, il la getta nel sogno di una paragone, che l'accompagna: Quale nei pleniluni! sereni Trivia ride fra le ninfe eterne, Che dipingono il ciel per tutti i seni > I « candori dono in su con la cima, dando a conoscere cosi . fetto che nutrono per Maria; affetto dei lumi-anime mamma luci, Tende che sono ma voce; « il il sten- fanciullin che vèr la latte prese... ». il tre apostoli, san Pietro, san Giovanni, fermano la si l'alto af- questo stendersi e questo non valgono braccia poi che le i ma » Le tre Iacopo e san loro triplice concorde giro e arrestano meno questo loro arrestarsi piace assai del quadretto marinaio, che è nella similitudine: «Ri come, per cessar fatica o rischio, Gii remi, pria nell'acqua ripercossi, Tutti si posan di beati, tra al sonar d'un fischio ». Tommaso, quali è san i L'altra gloriosa ruota si muove e rende voce a voce con dolcezza che non può esser conosciuta se non ma in paradiso; nando con vanni, si fa ben sentire la dolcezza e gra- la sveglia del mattino, con l'oro- cui «l'una parto l'altra tira ed urg(^, Tin tìn so- di si nanzi agli dolco nota Che si Uno turge». noi paragone con zia che è nel logio, a il ben disposto spirto d'amor «schiarato splendore», che è appunto san Gio- spicca dalla compagnia con cui*gira, e viene inaltri due: ciò che sopravaiiza non è ed entra in il sorgere e ma « come surge e va ballo Vergine lieta, sol per farne onore Alla l'andare dello schiarato splendore, novizia... », e Beatrice che, simile alla novizia, tien l'aspetto nei danzanti, si « pur come sposa tacita ed immota ». Gli esempi potrebbero accrescere, e sarebbe cosa superflua, perché ogni lettore Tanta li ha presenti. è questa poesia che penetra dappertutto nello schema rappresentativo-dottrinale del mondo B. Crock, La poesia di Dante. della luce, da 10 LA POESIA DI DANTE 146 far che tare o il chiunque l'abbia accolta volgare giudizio onde si disdegna di pur confu- in sé, nega virtù poetica al Paradiso considera la poesia del Paradiso inA'riore a quella delle si altre cantiche. Certamente è una poesia per gran parte di- versa dalle precedenti, non solo perché ogni poesia rap- presenta una varietà singolare, nel complesso, ha, come fisionomia che si ma anche in quanto, presa una è già accennato a suo luogo, distingue da quelle delle altre due, la Si- milmente prese. Neil' //i/erno dominano gli affetti acri e violenti (e abbondano più che nelle altre i motivi pratici), nel Purgatorio gli affetti teneri e miti, nel Paradiso quelli ed estasianti; gioiosi e gli onde questi suonano accenti sono incomparabili a quelli degli altri, e il critico non può, nuovo Paride, assegnare a una delle tre dee il pomo della bellezza. Non rimane dunque se non che si prenda a indagare, come più volte si è indagato o fantasticato, a quali persone o in quali età della vita l'una cantica torni meglio ma gradita delle altre e più appropriata; ci tale indagine non par seria, e perciò la lasciamo andare. Diversa fisionomia anche riceve, nel Paradiso, gna delle anime la rasse- formano parallelo altre due cantiche: dei beati e dei santi, che a quelle dei dannati e dei purganti nelle rassegna che mette capo, pei dannati, a Lucifero, pei purganti a B'-atrice, e per Cristo e umana, le anime Dio. Poiché la passione del Paradiso, a Maria, che abbiamo chiamata della virtù mista di debolezza o della debolezza e di virtù, muore quasi all'entrata del Paranuova rassegna non può svolgersi altrimenti che malvagità mista diso, la come celebrazione di e perfetti» o di pervenuti a perfezione, dei sacri dottori, degli apostoli, dei difensori della fede, dei saggi re e imperatori e buoni principi, e simili: ossia una serie di encomi. l'enciìmio; si e, infatti, come Poca varietà e poca ampiezza consente nel Farad/so, i nomi dei personaggi seguono con qualche ragguaglio che serve a individuarli V. IL PARADISO « 147 » Storicamente, col ricordo di taluna opera da loro compiuta, qualche tratto del loro carattere. Giustiniano è col rilievo di da Dio, colui che, ispirato e vano>; Graziano, il foro»; Orosio, Augustin tino avvocato dei tempi !'« si d'entro alle leggi trasse « provvide»; Sigieri, calavrese abate, « di spirito che, gelista Giovanni, quegli che » si la- «in Gioachino, ; profetico dotato spirito copo, «il barone Per cui laggiù san Ia- »; visita Galizia»; l'evan- «giacque sopra stro Pellicano» e d'in su la croce fu «eletto al l'alto troppo Del cui cristiani, uno pensieri Gravi, a morir gli parve venir tardo il il dottore che «aiutò l'uno e l'altro il petto Del no- il grande uffizio»; Arrigo, l'imperatore che «a drizzare Italia, Verrà in prima ch'ella sia disposta». Quando, in rari casi, come in quello dei due santi di recente efficacia storica, san Fran- cesco e san Domenico, l'encomio e andamento pito che è si amplia, esso prende forma di panegirico: panegirico recitato cielo, il da sacri oratori quali san da un pul- Tommaso e san Bonaventura. Nel loro genere, questi due rifacimenti sono due capolavori; ma non di panegirici bisogna cercarvi più che il genere non comporti, più che l'intonazione del pio encomio non permetta, e bisogna accettare richiede. Comincia quello preambolo che dichiara di il gli artifici san Francesco, significato generale che esso — dopo un deirufficio assegnato dalla Provvidenza a quei due santi e che propone l'argomento particolare, nacque monte tra i cui il — fiumicelli cui di rado ricorre il con la descrizione del luogo in che pende dall'alto Tupino e Chiascio: procedimento a fertile costa santo, la poeta nelle altre cantiche e qui assai spesso, ed è dettato talvolta dal bisogno dell'informazione storica, ma più ancora dall'altro dell'abbellimento alquanto estrinseco e oratorio. è La metaforeggiata come un Oriente. E la il nascita dell'eroe su quella costa sorgere del sole, e Assisi metafora continua ancora per un come tratto, LA POESIA DI DANTE 148 ma poi si tramuta in quella di un giovinetto ch<.', ribelle donna a cui nessun altri apriva di questa donna o idea si fa poi al padre, s'innamora di le porte del gradimento, e la storia nei secoli: finché, ottenuta tal con l'iperbole e col mistero l'attenzione dell'ascoltatore e suscitata in esso brama di sapere, rivelano si nomi i la due amanti :/Fran- dei cesco e Povertà. Si passa poi a descrivere quell'unione pro- come prio di due sposi sembianti, nel loro t nella loro concordia e loro felici, amore pensieri santi di cui erano cagione in chi fetto che s'accendeva lieti e maraviglia e dolce sguardo», nei li vedeva, e nell'af- passaggio per quella donna al loro gi;i disprezzata, tanto che molti si scalzavano e correvano dietro sposa piace »: argutezza oratoria. Seguono lo sposo, « momenti principali della vita di Francesco: l'andare in giro con la si la sua donna e con gli scalzi seguaci; i presentarsi il dell'umile fraticello al papa, al quale aperse «regalmente» la sua «dura intenzione»; l'approvazione rinnovatagli da Onorio; la fede cristiana da lui predicata alla presenza del Soldan superba: l'accomanda ai il ritiro alla suoi frati, Verna; «come morte, quando egli la a giusto rede», donna più cara, e comanda che l'amino «grembo» di lei, cioè sulla nuda terra, « come suole non bene si nell'aratoria, le sua a fede », e sopra spira, e in nella terra, vuol esser senza bara seppellito. ultimo, la immagini lei, Anche qui si il cioè alternano in <^ accordano, e mirano a ottenere caso per casa l'effetto, che, nel panegirico, è l'edificazione devotay Simil- panegirico di san Domenico, dopo la ripresa del concetto che e a c;ipo dell'altro, s'inizia con la descrizione mente, il del luogo natale dell'eroe: descrizione fisica e politica in- sieme e alitata da poesia (cotne sono anche alcuni punti del precedente panegirico); in cui la dei nomi jiegirico donna è la e narra di Fede, e spreme i un nuovo sposalizio,^ signilicati etimologici L'uno e hanno una conclusione o un'aggiunta dell'eroe e dei genitori di lui. l'altro pa- di qualità V. IL pratica, che è il « PARADISO biasimo contro » 14i> decaduti e corrotti seguaci i e raiipres(Mitanti moderni degli ordini fondati daidue santi, del francescano e del domenicano. panegirico si — La forma letteraria del \ volge in nobilissima preghiera nell'orazione dell'ultimo canto, in cui san Bernardo, con -umiltà digni- chiede alla Vergine grazia tosa, e forza per la creatura mortale, che gli è accanto. /Ma li se la rassegna delie anime, ridotta a serie d'encomi, a pochi motivi ed capace è di poco svolgimento, e perciò prende poco spazio, l'elemento dottrinale, che entrava pei\y incidente nelle due prime, nella terza cantica si allarga e par quasi riempirla tutta. Per una logica inferenza, Dante dovè pensare che infinita, il ma anche il luogo della gioia quello della verità e delle più alte cogi tazioni e dottrine, si Paradiso è non solo dove ogni difficobà che tm'bi appiana, ogni oscurità l'intelletto schiarisce: e cosi potè dar si bero corso a ciò che aveva preso tanta parte del suo letto, e per cui egli aveva frequentato dispute di li- intel- frati e di pro- e interpetri, proposto questioni e soluzioni fessori, letto testi e disputato esso stesso. Una gran quantità di spiegazioni dottrinali, appartenenti alla teologia, filosofia, scienza fisica e scienza morale e politica del suo tempo, capo e all'altro della cantica: sul che e movimento spontaneo sia inclinata al modo si stende dall' un in cui si sale a Dio quando l'anima non e rapido, basso dal peso dell'imperfezione; sulla ra- gione, non fisica ma teologica, delle macchie planetarie; sull'assegnazione delle anime in particolari luoghi del cielo e sul pieno godimento che tutte hanno della beatitudine in Dio: sul simbolico collocamento delle anime nei pianeti; sul soggiacere alla violenza, e sull'ombra di responsabilità e di colpa, che è cui zia i sempre in quel soggiacere; sul voti possono legittimamente della contro gli morte di Gesti e sulla giustizia esecutori di essa : modo commutarsi; sulla della in giusti- vendetta sulle varie disposizioni naturali I 150 l-A POESIA DI DANTE degli uomini, ordinate dalla provvidenza divina, e sul di Salomone nella scienza Adamo ad di fronte danno primato di storcerle a fine alieno: sul significato dell'asserito Gesù; sulla e risurrezione dei corpi e raccrcseimento di gaudio che essa apporterà nella visione e fruizione di Dio sul mistero im- ; perscrutabile dei buoni, condannati per non avere avuto battesimo, e sulla predestinazione; sulle definizioni ortodosse prima lingua della Fede, della Speranza e della Carità; sulla parlata dall'uomo; sul Primo mobile, che è fuori del tempo e dello spazio e produce spazio e tempo: sulla creazione degli angeli e delle altre sostanze; sull'ordine dei beati e sul posto che spetta ai morti barobini Poesia didascalica, già cioè, si' e ma è detto, diversamente che nella prosa, mina non è l'indagare ma e altre questioni e dot- ; da queste. incluse o richiamate trine, il poesia, in quanto motivo che vi do- l'insegnare che la mente opera, rappresentazione dell'atto dell'indagare e insegnare, la Ja virtù di quest'atto, che si compiace e gioisce vale appunto di sé stessa come ma- e che delle cose insegnate si teria pei" asserire sé stessa. Perciò Dante dalla prosa del De Monarchia, del sale al verso della gì' De gì" teologo e politico: anche qui, sul quale egli compóne è mostrato in incontrati è, importasse, le si come dottrine sono a filosofo, il libretto, occasione dei primi saggi che abbiamo in iscena e dramma: il può vedere in questa terza cantica, nella san Pier Damiano, san Bernardo o Tommaso, Salomone, altri tengono docente. Si sente, in quei discorsi o lezioni, nella ora sua musica. L'insegnamento, come quale a volta a volta Beatrice, san spirito Convivio del la poesia, assai più che la materia, tale poesia, è posto di che meglio la e forma, ossia la importa, come poeta che egli per grandemente che questa 8i eloquentia vulf/ari Commedia: di dell'insegnante, che mente d^l discepolo, le parti del il introduce e svolge e che di grado in moto dello i concetti grado innalza V. IL il « PARADISO 151 » discepolo a sé e lo fa pensare con lui. Per esempio, nel discorso di Beatrice sulla cagione delle macchie nella luna: — due pur quest'altro, ti « falsificato fia lo tuo è, e, non se parere » ; è nep- — ora che ho liberato da ogni errore, e ho compiuto la parte ne- gativa del mio assunto, Che voglio ti « tremolerà nel suo aspetto ti saggio : al non casi sono possibili; questo me Riguarda bene a « ver che tu desiri.,. ». E si informar di luce » ; — attenti si vivace a questo pas- come vado Per questo loco sente la soddisfazione dell'or- si dine mentale che sorge e s'asside alfine sul disordine: e posseduta, che s'irraggia di splendore, la gioia della verità, si fa bella, compone si in quadro. La cagione mac- delle chie lunari è trovata: è l'intelligenza motrice, che forma diversa lega coi diversi corpi planetari: quella virtù, che deriva da lieta natura, luce pei corpi, ": come letizia per pupilla viva». . Altro esempio. San Daniela si Tommaso ha difficoltà in cui questi è nell'anima di letto intoppato e il dubbio in cui travaglia nel cercare di dar senso di verità a due sue {roposizioni; e, schiaritagli Vi passa come chi lietamente trita, dolce si si la -prima, passa alla seconda. è dispacciato da una prima fatica e accinge alla seconda: «quando l'una paglia è Quando la sua semenza è già riposta, A batter l'altra amor m'invita». E, anzitutto, riassume e rassoda ciò discente tiene per vero ed è vero, e poi, raccostatolo che il alla sua proposizione, fa risaltare l'apparente contrasto che ne nasce: « E però ammiri ciò che io dissi suso... ». Viene un'esortazione a stare attenti, e a ben aguzzare la mente, per cogliere dizione ch'io ti si il punto della dove l'apparente contraOra apri gli occhi a quel tuo creder e '1 mio dire, Nel difficoltà, risolve in accordo reale: rispondo, E vedrai il « vero farsi come centro in tondo». Si svolge la dottrina che è da porre a fondamento : « Ciò che non può morire. Non è se non splendor muore e ciò che di quella idea, Che par- 152 I.A torisce amando della quale POESIA DI MANTR nostro Sire...»: il non c'è luogo sulla prima dedaziono Ma, se ci si fermasse a disputa. potrebbe a ragiono muovere un'obiezione, che è già mente del discente; e, aftinché questo non accada, il primo detto dev'esser compiuto con una distinzione, mercé qui, si nella cui tutto prendi si fa chiaro e inconfutabile mio il detto... ». Il nimento pedagogico non e s'affretti « Con questa distinzion docente continua con un ammo- perché vada cauto nell'af- al discente, fermare e nel negare, e intenda guere, : ben la necessità del a conchiudere, e badi distin- all'afifetto. che induce a ostinarsi nell'errore, nel all'amor proprio, si dapprima incorsi per semplice precipitazione. L'ammonimento trapassa in divagazione, quasi risponda a quale era intimi pensieri e ricordi ed esperienze di chi parla; con • la esemplificazione, nei infine, campi della sopra un caso speciale, suol portare sulla malvagità toni; e si allarga, raccoglie, si giudizio temerario che il si questo o quell'individuo, di E sulla sua salvezza o perdizione. mente due storia; in esso percorre rapida- prima s'innalza, ammirando quasi miracolosa del bene, e insieme riconoscendo la la forza impen- sata e tragica vittoria, che talvolta ottiene la contraria forza «ft^iel male: «Ch'io ho veduto tutto mostrarsi E cima; tutto suo feroce, Poscia rigido e il \'erno prima prun portar la rosa in sulla legno vidi già dritto e veloce Correr cammino, Perire II lo mar per alfine all'entrar della foce»; — a un tratto s'abbassa nel satirico e familiare e sprezzante: «Non creda monna rare, uno Vederli dentro oflferere. Dante conosce lo Berta e ser Martino Per vedere un fugiudizio al stimolo del dubbio e il divino...*. bisogno della verità e la soddisfazione di averla conseguita; ed esprime questo ritmo dello spirito in Nostro CDme intelletto, se fin-a in '1 lustra, quello a guisi di alti modi: «Giammai non Ver non Tosto rampollo, lo illustra... eh»' A si sazia Posasi in esso giunto l'ha... Nasce per pie del vero, il dubbio; ed V. IL ù sommo uatufci Ch'ai PARADISO « 153 » noi di collo piiige paragoni anche qui scolpisicono rabili naggi che fanno da gaida, da insieme collo». in gli in su l'aperta frasca », flette la cima Nel transito propria virtù che un gruppo In della cantica, mirando saete: il la previene il af- leva Per la si sublima». spiegazioni di dottrinali, verso la fine di scuola, diversa dalle con- discente non se ne sta più all'ascoltare o al chie- ma nendo e ragionando finora istruito e le fatto ò lui che, interrogato, viene espoBeatrice, che lo ha tesi dottrinali. istruire, presenta suo ormai ben il preparato scolaro a un gran maestro, a colui Signore lasciò e lo « con ardente fiso, del vento, e poi ha una scena si dere schiarimenti, ode e ampliano a eterni moti delle cose: com'è quello li verso l'aspettato sorgere del sole; e l'altro della «fronda fetto, che Mi- perso- da ascoltanti, istruttori, dell'uccello che, dal nido dei suoi dolci nati, tempo dei atti le prega di esaminarlo sul concetto la richiesta e al quale nostro chiavi del regno dei Cieli, a san Pietro; vede il di Fede. Dante, che santo consentire, già si appronta, come fosse «Si come il baccel- raccoglie le sue idee, s'arma di ogni ragione, per l'appunto in un'aula di università: lier s'arma e non parla, Fin che il maestro pone. Per approvarla, non per terminarla » . la quistion pro- C'è nuovamente, abbiamo notato molte volte nel corso del triplice viaggio. La scena paradisiaca è affatto umana: un uomo illustre, un gran in questa scena, quel lieve lampeggiar di sorriso, che dotto, tari. bonariamente interroga un fanciullo su cose elemen- E « Di', bonariamente, e incoraggiando, san Pietro comincia: buo 1 cristiano, fatti manifesto: fanciullo, alquanto timido, maestra, ed dessi L'acqua di fuor del del si ella lo esorta col Fede che è'?... ». volge verso colei che E gli il è sembiante: «perch'io span- mio interno fonte >. Le risposte bravo ragazzo sono una per una approvate e lodate <ìall'esaminatore, che a ogni risposta fa seguire una nuova LA POESIA DI DANTE 154 domanda, col desiderio che quegli si faccia sempre più onore; mentre il candidato sale via via dalla timidezza alla sicurezza e dal rispondere secondo la lezione appresa all'eloquenza en- «Quest'è tusiastica e personale: villa Che cielo, in si me scintilla » Al che, . servo tosto che questi ha novella, san Pietro, principio, quest'è la fa- il fiamma poi vivace, E, come dilata in il come il buon esaminatore, ricinge Dante tutto lieto, soddisfatto di sé: si il annunziargli una buona finito di volte del suo lume, benedicendolo col canto, e Nell'ultimo canto, stella in signore abbraccia il tre candidato è «si nel dir gli piacqui!». giunge all'opposto di questo pro- cedere dottrinale e dimostrativo: alla intuizione o visione somma della verità, della ragione di tutte le cose, di Dio, nel quale sostanze e accidenti, e tutto quanto nell'universo, è legato e unificato. in dispiega si poeta non può rendere Il termini logici ciò che vide, e che è ultralogico; non può litrarlo come Non gli un allora lo vide, perché gli balenò in per grazia concessagli, e subito rimane se non il si richiuse come istante, mistero. residuo emozionale di quel che provò in quell'istante, come dopo un sogno che non più si ricorda e pur se ne risente la commozione: «... quasi Mia visione, ed ancor mi distilla Nel cuor lo dolce che nacque da essa». Qualche traccia di ciò che vide è nella varia vivacità del piacere che sopravanza: « La forma tutta cessa universal di questo nodo Credo ch'io vidi, perché largo, pili di Dicendo questo, mi sento ch'io godo». Ripassa, come tastando, con la mente su sé stesso immemore, e il cuore balza all'accenno delle varie domande, e risponde col ri- cordo ancora vibrante della gioia provata. Alla poesia didascalica (o piuttosto, dire, alla « come poesia della didascalica») dà la dell'oratoria, di cui anche è si dovrebbe mano la poesia cosparsa la terza cantica, nelle forme della deplorazione, della invettiva, della li stimano rimemora satira. Giu- la storia e la gloria dell'idea imperiala V. IL romana per condannare e di PARADISO « uno in i 155 » guelfi che le si oppongono ghibellini che dicono di seguirla; Carlo Martello nota i avarizia e mala signoria suo fratello, Napoli; Cunizza annunzia i castighi che attendono le po- Marca trivigiana; Folchetto fa un'uscita cupidigia del clero; l'aquila composta di luci polazioni della contro la beate accusa i malvagità di vizi e la dei prelati ; tutti Damiano, principi cristiani; san Pier dettini, re Roberto di il il i contemporanei lusso e la corruttela san Benedetto, la decadenza dei mc^naci bene- come prima san Tommaso dei francescani e dei l'osceno strazio che domenicani e san Bonaventura quella san Pietro fulmina contro ; suoi successori fanno della Chiesa di i "Roma; Beatrice lamenta il perdersi negli uomini dell'inno- cenza e della fede a cagione della mancanza d'ogni guida; e, più in satireggia li», scrittori e verseggiatori è poesia? Perché è la predicatori sacri e i loro sconci i Perché tutto questo, che presso e buffoneschi modi. altri semplice oratoria, suona qui come poesia del carattere di Dante, del suo disdegno, della sua amai-ezza, del suo disprezzo, dell'attesa di vendetta e di futuro bene, come che, stella in cielo, a lui scintilla nc^ll'anima. Quelle invettive, quelle satire, quelle esclamazioni e imprecazioni, gli escono veementi e pur sempre composte in una superiore armonia. Le immagini sono vivacissime. che Firenze ha coniato, fiorino la nuova economia centro, è il « i frati i fiore >>, « si ai aveva cohì i Vangeli e vivagni lor il suo che ha disviato pecore e a consultare e frugare che pare Il che simboleggia loro pastori in lupi rapaci. sono mostrati, negletti tutti ansiosi tali, del danaro la quale maledetto agnelli e convertito il fiorino i », i I preti e Santi Padri, A'olumi delle Decreai loro margini lo- gori delle dita che volgono incessantemente quei fogli. I grassi prelati, pasciuti negli ozi e affogati nei diletti della gola, «or voglion quinci e quindi chi rincalzi... e chi gli LA POESIA DI DANTE ir>6 moni, Tanto son gravi, e chi di rietro scoppia innanzi alla pittura che zando: bestie Cuopron dei manti « van sotto una pelle La beffa due palafreni, Si che lor gli ,..>; gli alzi>. poeta e venuto abboz- il agli incappucciati, che e salgono sui pulpiti a predicare con motti e con iscede e si gonfiano pel facile e grossolano successo che ottengono, si fa spuntare dietro se il volgo cappuccio il uccello diavolo) die, (il vedesse, misurerebl>e quanto affidamento me- lo perdonanze che ritino le tal quelli dispensano. Altre volte pre- come vale l'indignazione, vedere al sposa di Cristo, la Chiesa, allevata col sangue dei primi pontefici (« la sangue del mio, di Lin, di quel di Cleto*), usata ad acquisto d'oro, e le somme chiavi divenute segnacolo in vessillo per cumbat- tere contro popoli cristiani; o al si rabbrividisce d'orrore, come notare, nel corrotto costume dei tempi, perdersi presto l'innocenza, onde « tal sostieni! sa e si «0 j^. ama ed che, balbuziendo, madre sua », non appena è cresciuto sepolta ». L'animo offeso prorompe: ascolta brama in età, pazienza, che tanto « difesa di Dio, perché pur giaci?... Ma » richiama alla mente, placamento e conforto, che Provvidenza non tarderà scendere a La vederla « al soccorso; egli l'alta che il Vaticano e l'intero territorio di Roma, tomba di santi e di martiri, « frutto verrà libero tosto dopo il fiore fia La poesia che potrebbe la persona stessa e menti e dall'adultero »: che dirsi « personale la vita del poeta, e i », della preparerà quale suoi saldi convinci- indìijnatio, perché Dante •conosce depositario ed esecutore d'una missione, si jjoeta-vate, vero sue aspettazioni e speranze porgono la materia, le non ha solo questa corda della poeta, e « » sente profeta, che con gli uomini la o, tutt' insieme, si sente poeta- profeta, sua parola annanzierà alla giustizia. Egli si la verità e guarda dunque sé stesso nell'atto di qu*'sta missione, e premle speranza, con- solazione e interiore dignità dal 1,'iinsiderare l'esser suo. A V. IL PARADISO « principio del Paradiso Dante 157 » ricolloca nella si compagnia dei grandi poeti, pari a quella dei grandi imperatori e come invocando per sé quell'alloro che quella, il breve dio della poesia dovrebbe concedergli, lieto che alcuno lo desideri e con tutte le proprie forze cerchi. Verso la fine, lo reduce, riaccolto nella sua Firenze, dormi agnello, canuto ma sogna si nel bell'ovile in cui cinto di gloria, incoronarsi di quel lauro sulla fonte stessa del suo battesimo: acuta nostalgia, tacita implorazione, sentimento di aver ben meri- riconoscimento e del trionfo palpitano in questo tato, gioia del sogno di tinaie conciliazione con nel quale più volte Ma, dove tutto amore e il a sé stessa il uomini e con gli dovè consolarsi il le cose, suo animo nffaticato. suo complesso sentire per la patria, il suo suo dolore, tutta la sua vita di cittadino, erge monumento, il è nel mezzo della cantica, nel- l'episodio di Cacciaguida. La Firenze di ma non un lontano, troppo lontano pas- sato, gli torna innanzi, in quell'incontro, evocata dalla pa- rola del suo antenato, del come è uomo in battaglia primo contro gli infedeli, co>-i questa moderna favella», ma ha notizia di cui dei tempi eroici e santi, un gli e che, crociato morto parla « non con con inflessioni e modi arcaici e pur cari, e in latino. Quella Firenze sobria e austera, dai semplici e innocenti costumi, era non altro che il rago:io del suo ideale, la bella favola del suo desiderio; egli la mi- ma teneva invece realtà, realtà perduta e invocata e da restaurare. E assedia di domande il suo antenato sulla forma dell'abitato d'allora, sulla popolazione, sulle famiglie cospicue, e beve quei particolari, quei nomi, quelle minute circostanze, proprio come un amoroso ricercatore delle me- morie del luogo natio, delle memorie che parlano e fanno sentire l'aristocratico e il al cuore, sacro dell'antico, e, in quell'antico, ritrovare la propria radice, la propria «nobiltà di sangue», e gloriarsene. Ma di continuo, tra gli aspetti LA POESIA DI DANTE 158 dell'antico, balenano quelli, opposti, del nuovo prima cerchia, la città dilatata fuori della la e moderno: popolazione cresciuta al quintuplo e mista di villani e di procaccianti, i mercanti e banchieri che vanno e vengono da Firenze per tutte le terre più lontane e costumi, nomi tanti i odono più di famiglie, che ora non si o sono portati da poveri e assai diversi discen- Questo contrasto denti. introducono nuovi e forestieri illustri ò la sottintesa ragione del dramma della sua vita di cittadino e della catastrofe con la quale per allora era chiusa: si l'esilio. E del distacco, con la povertà, con la scempia, con le con l'angoscia l'esilio, compagnia malvagia e umiliazioni, e insieme coi lenimenti che buoni soccorritori vi apportano, è delineato a grandi tratti da animo un sensibilissimo, che soffre di tutte le punture, e quasi s'intenerisce su sé stesso Più caramente... Tu altrui... »), ma ai colpi di ventura medesimo («Tu proverai si lascerai ogni cosa diletta come ». Lo pane «ben tetragono sa di sale tutte le sostiene e contiene: Le sostiene per quella dignità di sé della quale è costantemente compreso, per quella speranza che è anche maggiore dell'altra, affatto privata e contingente, del ritorno nella sua città, la speranza dell'im- mortalità e della gloria, dell'approvazione e lode dei di futuri. Egli, come tutti i grandi, vive, più assai che nel presente, nel futuro e dice a sé stesso: amico. Temo di « E s'io al vero son timido perder vita tra coloro, Che questo tempo chiameranno antico». Ciò che nel Paradiso non / , all'anima di Dante, è in la si trova, perché è estraneo fuga dal mondo, Dio, l'ascetismo. Egli non il rifugio assoluto vuol fuggire il istruirlo e correggerlo e riformarlo, e dargli a la il mondo, ma compimento beatitudine celeste. Sentiva, senza- dubbio, la bellezza e gaudio di questa, sue opere e mendo il le ma sentiva altrettanto il mondo e le sue passioni; neppure nell'empireo, espri- suo stupore al trovarsi trasportato dall'umano al V. divino, si IL PARADISO « 159 » dimentica di Firenze, e l'umanità gli si particola- reggia e impicciolisce nella società fiorentina («e di Fiorenza in popol giusto e sano »). la terra, il Quando divino e l'umano sono da perciò in aperto contrasto, non vinca davvero e sgombri via / 'San Tommaso due mondi, i lui accostati divino il l'altro o lo scacci risolutamente. ha mostrato, nella sfera del gli ed entrano può dire che si cielo e il sole, le anime dei dotti in divinità e ricordato le loro sublimi speculazioni; il poeta, rapito tra i fulgori di questi spiriti e la dolcezza dei loro canti, è traversato a vita mondana. la un tratto dall'immagine della da ogni quell'istante, in cui egli, sciolto cosa terrena, se ne sta con Beatrice, intento alla gloria ce- che cosa fanno leste, i suoi simili, gli uomini? Egli scorge li laggiù, sulla terra: chi discute nei tribunali, chi attende a medicina, chi fa il prete, chi cerca di prevalere con la forza o coi sofismi, chi ruba, chi traffica, chi sguazza nei diletti della carne e chi ozia: è tutta la vita dell'operosità e della cupidigia e dei piaceri umani. Ma, sebbene quelle le « insensate cure dei mortali » il , il poeta chiami sentimento che anima queste terzine è di maraviglia, come di due mondi che non si riesca a mettere in armonia. Com'è strana la realtà Da una parte, il Cielo ci chiama e ci gira intorno mostrando le sue bellezze eterne, e dall'altra, l'occhio pur a terra mira, e non si vuol distaccare da quell'ardente e caro mirareVSalendo più in su nei cieli, egli scorre con lo I sguardo per vede tale tutte le sette sfere, e che egli sorride del volgersi lassù con gli « « vede suo vii « questo globo sembiante eterni Gemelli », col », lo »; e, nel segno dei Ge- mini, misura con l'oechio «l'aiuola che ci fa tanto feroci», tutta, « dai colli alle foci », e se ne distorna subito per riposare qui, il occhi negli occhi belli di Beatrice. Anche disprezzo non è tutto disprezzo: quella aiuola è pur la sua aiuola, «ci gli dopo egli la riconosce fa tanto feroci», come la casa in cui vive, fa feroce lui come gli altri, ed essa riempie LA POESIA DI DANTE 160 «U vorace passione gli uomini può apparire cosa piccola tutti. Al lume dell'eterno, e vile, e pure quella cosa piccola e vile attira con forza poderosa e misteriosa; e l'efficacia di questa forza egli è si vede in ogni parte dello stesso poema che venuto componendo. Quando, un'altra volta, riguarda verso la terra, rivede d'Ulisse tato; e >, di « di là da Gade » il « varco folle quell'Ulisse di cui aveva cosi altamente can- par che risenta ancora l'attrattiva delle voluttuose favole antiche, scorgendo, poco lungi, il luogo donde la giovinetta fenicia parti sul dorso del toro divino pel suo viaggio d'amore, vagheggiata, bramata, Nel qua! si fece Europa dolce carco». rapita: « il lito, VI caratterp: e unità della poesia di dante e on le tre cantiche non si è mai proporsi tal cosa?) dar Commedia, ossia descriverla questa scorsa attraverso voluto cerco (e chi potrebbe fondo a tutta la poesia della in ogni parte, ma solamente segnare le cime varie e diver- samente conformate della immensa giogaia, affinché la ca- ratteristica dello sfiirito poetico dantesco, nel quale è stata da noi riposta e la non svanisca vera unità del poema, non suoni a vuoto precisi e particolari nella Che cosa il è, per mancanza di riferimenti nel generico, mente di chi legge. dunque, questo spinto dantesco, l'ethos e Dathos della Cummi^din, la «tonalità» che le è propria? parole — un — si può dire in brevi e semplici sentimento mondo, fondato sopra una ferma fede e un sicuro giudizio, e animato da una robusta volontà. Quale sia la realtà, Dante conosce, e nessuna perplessità impedisce o divide e iT del indebolisce il suo conoscere, nel quale di mistero ò solo quel tanto a cui bisogna piegarsi reverente e che è intrinseco alla concezione stessa, denza e il mistero della creazione, provvi- volontà divina, che che anche questo mistero B. Croce, La poesia di Dante. gli svela solo nella visione di si Dio, nella beatitudine celeste. A si Dante parve f)rse talora diradasse, negli attimi in 11 LA 162 immaginò cui provò DANTE DI P0EI=;IA mistici rapimenti mistica cófjnizione nella sua poesia tradursi, in che si sia modo fatta di cose ineffabili. di un'esperienza E parimente umani vari affetti i senonché questa e egli sa come come verso di quali azioni approvare e compiere, comportarsi, e essi come racconto negativo, convenofa giudicare ; traduceva, e doveva si fine la vita; sua volontà non tentenna e oscilla tra e la ideali discordanti e in parti opposte. I e degno quali biasimare e reprimere, per rivolgere a verace e non da desideri che è straziata dissidi e contrasti, la tirino che noi possiamo sco- prire nei suoi concetti e nei suoi atteggiamenti, sono nel profondo delle cose stesse, ma riore, in lui appartengono svolgeranno nella storia ulte- si rimangono in germe, non sviluppati, e non che è coscienza compatta alla r,ua coscienza, e unitaria: fedo salda e abito costante, sicurezza del pen- sare e Ma dell'operare. intellettiva e morale si in agita, robusta inquadratura questa come si è detto, il sentimento mondo, il più vario e complesso sentimento, di uno spirito che ha tutto osservato e sperimentato e meditato, è a pieno esperto dei vizi umani e del valore, ed esperto non in modo sommario e generico e di seconda mano, ma per aver vissuto quegli affetti in sé medesimo, nella vita pratica e nel vivo simpatizzare e immaginare. L'inquadratura intellettiva ed etica chiude e domina questa materia tumultuante, che del ne è interamente soggiogata, tena un avversario poderoso, del dominatore, i anche tra suoi muscoli forti e Non definito nare le presso altro il si soggioga e inca- quale, anche sotto catene che compone il piede lo stringono, tende in linee grandiose. che l'atteggiamento spirituale che hanno presente e si si è cosi sforzano di cogliere e determi- varie altre definizioni, che s'incontrano sparsamente critici e interpetri, circa il carattere della poesia E come non vedere in niun modo ciò che è cosi ed effettuale e patente? La verità si fa valere sempre, dantesca. reale si le ma come CARATTERE E UNITÀ DELLA POESIA VI. 0, per lo meno, traluce con molti formule sì DI DANTE 163 bagliori. '^enonché quelle sforzano all'intento e mal vi riescono, perché o adoperano concetti inadeguati, o fanno ricorso a metafore, si perdono in astrattezze e in cataloghi di astrattezz^<(^i suol osservare, per esempio, che Dante ritrae ma si il divenuto, non ma presente il non il divenire passato; e che cos'altro il vuol dire con questa astrusa distinzione, o che cos'altro è in fondo alle osservazioni che l'appunto che, in Dante, l' tutti gli hanno mossa, affetti assoggettati a un generale pensiero e a che ne supera la particolarità? Ma se non per sono contenuti e una costante volontà, questa energica rappre- sentazione di una forza che supera e domina una forza è pure, non come ogni Dante dire che un divenire e XJ^ una stasi. Si suol poesia, rappresentazione di un divenuto, di un moto e non di sommamente è di oggettivo; ma nessuna poe- mai oggettiva, e Dante, come si sa, è sommamente soggettivo, sempre lui, sempre dantesco; sicché, evidente- sia è mente, oggettività « » è, in questo fora per designare l'assenza nella sua concezione del dezza e suo volere il di caso, una vaga meta- turbamento mondo, il e di dissidio suo pensare con con determinatezza e perciò il niti- suo rappresentare con netti contorni. Si suol osservare che è proprio di Dante l'abolire ogni distanza di tempi e diversità di costumi, e uomini e avvenimenti di ogni tempo col- locare sullo stesso piano: la gjiaLcosa torna a dire che egli misurava le cose mondane di og ni tempo e dì ogni sorta «on unica e ferma misura* con u n definito modello di verità e di bene, e proiettava il transeunte sullo schermo dell'eterno. . enumerano forma dantesca, l'intensità, la precisione, la concisione e simili; e certo chi domina con Si la i caratteri della forza del volere le forti passioni esprime qualcosa di vigo- roso e d'intenso, poiché non si e, poiché le affisa e conosce, è preciso, perde nelle loro minuzie, è conciso; ma e, con- tentarsi di tali enumerazioni di caratteri varrebbe attenersi ^ LA POESIA DI DANTE 164 Si sjjol all'estriuseco. pittore»; già « per lo chiamarlo certo, e, poeta scultore « quando per », e non l'atto dello scolpire strumento dello scalpello s'intende e gesto virile, il vigoroso, robusto, risoluto, a differenza del dipingere a gran- d'agio col la sua < arte). lievissimo pennello (come Leonardo ritraeva » Dante sarà bene scultore e non pittore; delle non immagini, che piace adoperare, disputa, si se an- che logicamente e criticamente siano prive di senso, com'è privo di senso gelo. È famoso parallelo il Dante tra un luogo dell'Ottimo Comeiito: noto sentii dire a « Dante che mai rima noi trasse a quello ch'aveva in suo proponimento, ma e Michelan- Io, scrittore» dir altro ch'elli da molte e spesse volte facea da vocaboli dire nelle sue rime altro che quello che erano appo gli altri dicitori usati di esprimere». Verba sequentur, a forza, e, se non seguono pronte, sono trascinate come aggiungeva afferma che il il Montaigne. Anche quando per intero nel metro, su cui il poema è cantato, nella terzina, incatenata, serrata, disciplinata, veemente e pur calma, non dice e si si carattere e l'unità della poesia dantesca stanno dice il vero; come sempre, tentativi di cogliere l'essenza dell'arte nelle mente concepite, si del resto, in simili forme astratta- tentativi che son ora in molta voga, spe- cialmente nella critica delle arti tìgurative. Senza dubbio, con la terzina solamente nasce solo in essa e per essa egli vive e la terzina il Diute della C'omviedia, dramma il non potè essere (com'è della sua e anima; stato talora congetturato) da lui intellettualisticamente e volontariamente scelta in quanto allegorica della Trinità, perché, se anche egli pensò a codesta allegoria, il suo pensiero dove questa volta sovrap- porsi o allearsi alla necessità della sua anima, alla spontanea mossa della sua fantasia espressiva, con la quale la terzina fa tuti'uno. genere, ma Ma quale terzina? N<»n certamente quella la terzina in propriamente dantesca, impastata col materiale linguistico, sintattico e stilistico proprio di Dante,. CARATTERE K UNITÀ DELLA POESIA VI. DANTE DI 165 battuta con T inflessione e Taccento che egli le dà, diversa <lalla terzina adoperata da altri poeti: con la quale ovvia considerazione che la terzina viene fa altresì chiaro si ri- cordata in questo caso non come determinatrice per sé stessa di ma quella particolare poesia, l'ethos e il in pathos della Commedia, tutto sua intonazione o to- Dante. nalità, lo spirito di Che questo quanto richiama la spirito sia uno concetto che univei'salmente spirito austero, risponde al ha di Dante, ed è implicito si nella caratteri-^tica segnata di sopra, perché colui che raf- frena e domina in sé le passioni è austero, una grande esperienza di dolore. e, come tale, chiud(^ Ma, quando l'imma- ginazione dipinge un Dante col volto perpetuamente contratto dallo sdegno, o parlato, del suo del suo « « quando umor pessimismo », i come hanno parlano, critici nei'o », della sua «misantropia», conviene forse ammonire a non esa- gerare, e giova procurar di l'itoccare e di ammorbidire (come ci siamo provati a fare nel corso della nostra esposizione) qualcuna delle linee di quel ritratto tradizionale e rionale. Quale che Dante apparisse ai conven contemporanei e pas- sasse nella leggenda, e pur concedendo che la sua faccia fosse «pensosa e malinconica», come scrive è certo, perché il poema Boccaccio, il ce lo prova, che egli ebbe nel- l'animo una ricchezza e varietà d'interessi che dal presente lo portavano all'antico, dalla immediatezza del vivere e soffrire al ccanpiacersi dei ricordi eruditi una ricchezza e varietà di affetti, e di scuola, e che dai più violenti o dai più sublimi giungevano ai dolci e ai teneri e devano ai celianti e giocosi. Ed e moralmente le il non guardava di profugo per le terre d'Italia camente era poeta: e si sten- suo occhio solo politi- cose politiche e morali, ma spa- ziava in ogni sorta di spettacoli, godendo degli spettacoli, e si volgeva con ammirazione con simpatia anche alle alle cose belle e si umili. Ed era, oltre chinava che poeta. LA POESIA DI DANTE 166 specificamente artista: e l'arte studiò seiuprt', e vi teorizzò sopra, e gloriò del si & , ebbe dalla bello stile >, e assai gioia parola, dalla parola appropriata, calzante, sensuosa, che è il pensiero stesso che genera a creazione, il con divino fremito di sé, proprio corpo vivente. Ci furono dunque nel suo animo molto più vari sentimenti, e soprattutto molto più lietezza che non si peasi generalmente; sebbene anche quei sentimenti e quella lietezza s' inquadrassero pur sempre nel suo abito austero e fossero Su questo ethos temperati e intonati. in esso e pathos di Dante, e sulla concezione tendenze pratiche che intellettuale e le lo condizionano, s'impianta di frequente la controversia, dibattuta non nei paesi stranieri che in Italia, intorno alla o « non modernità » del suo spirito; essere a noi moderni maestro e il che. il domandare più esatti e chiari, vale la se Ora vero e che nessuno può esser momento e non tutti tale messo solo, > in termini Dante possa o no di ogni altra spiri- cosa. grandi sono maestri di vita, i da meno modernità guida della vita uale, degli ideali politici e morali, e il « perché ciascuno di essi è ma un della storia, e la vera maestra ò la storia tutta. solo quella che noi di continuo ricreiamo, ma anche, e soprattutto, quella che noi, in ogni istante, creiamo. Eterna Commedia è, per sua materia, limitata al momento nella forma della poesia, la ossia nella sorse e di cui si rico E storico in cui luogo brevemente delineata è già a suo la particolare fisionomia. ' altro rispetto, la considerazione di questo sto- nascimento basta a discriminare ciò che in Dante c'è, che prima non era, e ciò che essere, perché si formò di in lui alcune ombre e colori, che vi sono Non c'è più in Dante il cosi quello della feroce ascesi battagliare; che mai non è, e non poteva poi, e a togliere dal suo ritratta stati medi<jevo, come malamente aggiunti. il crudo medioevo, l'altro del fiero e allegro forse niun altro gran poema è come quello di Dante privo di passione per la guerra in (juanto VI. CARATTERE E UNITÀ DiiLLA POESIA DI DANTE 167 guerra, delle commozioni che accompagnaiio la lotta militare, il in L'epopea appena vi romba di lontano, paragone. In cambio dell'ascesi vi si ri- rischio, lo sforzo, medievale, il trionfo, l'avventura. il ciclo carolingio, una terzina di trova la fermavfede, raftbrzata da pensiero e dottrina; in cambio dell'ardore guerresco, l'ardore civile. Queste, e non più quelle cose, appartenevano all'età sua, all'Italia del suo tempo, e o, a ogni modo, appartenevano alla sua coscienza formavano oggetto citudine, della sua mia volte manifestato la sua continua e intensa solle- della umana passione. E sebbene abbia più io diftìdeuza e ripugnanza verso le caratterologie etniche dei poeti, pur dirò che, se di « germanico » , Dante del quale nome il non è stato fregiato (e da tedeschi, e anzi non da tedeschi per primij, solo in- s' tende simbolicamente come designazione ora dell'impeto mistico e ascetico ora dell'impeto guerresco, Dante non A'a «germanico», e dovrebbe denominarsi italiano o latino o con altrettale contrapposto. Nella bellissima rievocazione che Giovanni Berchet fece, nelle Fantasie, dell'incontro di e italiani tedeschi a Costanza pei negoziati della Dante non starebbe tra il « popol biondo » e tra pace, baroni i che, col ferreo cappello e col busto chiuso nelle ferree glie, «emergono segnai gruppo un di avvolti in lunghe e spicui per negri cigli accorti ». di di vetusto», ma semplici cappe, in « maquel co- sol Per altro rispetto bisogna astenersi dal troppo ravvicinare, paragonando,^ Dante allo Shakespeare, storia della poesia europea; l'appunto, rappresenta, ed umano, il primo poeta che s'incontri dopo di pari a lui di grandezza è, perché un'altra lo epoca dello spirito nella quale la concezione dantesca del mondo stata sconvolta, e sulla chiarezza, che illuminava necessità del mistero, si era distesa una nuova stero, e la perplessità della mente lui nella Shakespeare, per ombra e dell'animo, che era anche la di mi- Dante non LA POESIA DI DAXTK 168 conosceva o aveva presto vinta, era diventata nante ^ E, quanto dire? non loro infinito Il sognare, loro stile il mento della natura Dante) non è è il non è il suo, suo loro sognare il bello stile >, « Grimm (che Iacopo » suo, il in genere, e, nico » non si toglie si come simbolo Se egli Weither, i lida gf^nia, « li Obermann gli priamente si e come gli i se « germa- Dante, come non fu del- cosi romanti- ma che conoscere di estese e ottenne si è di tutti questa i ammi- tempi; e forse esso soflFrire quella ma- eroi romantici, per effetto della malinconia, si lasciò andare alle dissipazioni: significato del sonetto che l'amico Cavalcanti gl'in- dirizzava, rimproverandolo della posava ». che nel periodo romantico pro- complicò, si della tristezza, dell'accidia, il suo Renati, e la loro pal- da giovane, dovè, per alcun tempo, se tale è senti- gli eroi del E qualcosa dovè arricchì, razione e apoteosi, lattia, e. il « avrebbe forse messi nella «belletta negra», «accidiosi'^. ira gli < qui, romantico avesse conosciuto trista disposizione di spirito, stesso, di non è loro declama Dante roman- Anche tradisce. e il perciò negava a può dire germanico del medioevo, l'ottocento. eismo, sfigura lo nota domi- loro sentimento della il vita ò l'opposto del suo: chi legge o ticamente la romantici, che poi so^uirono, che cosa ai », dell'* anima che s'era impadronito invilita Ma, di lui. » « vii vita », nella quale e dello «spirito noioso », in ogni caso, egli si trasse presto fuori da questo smarrimento, e lo mise tra le altre sue esperienze; come mise tra le sue esperienze quelle furenti passioni amorose, delle quali parlano fece l'episodio di Francesca. Nella timentalismo di sorta, ma i suoi biografi, e ne Commedia, non c'è sen- la gioia e il dolore e il coraggio del vivere, infrenato dal timore morale, sorretto e animato dall'alta speranza. 1 Rimando per questa volume: parte a! mio saggio shakespeariano, Arioato, Shake-ipearc e (JorneiUe. (Bari, 1920). nel CARATTERE E UNITÀ VI. Tale è, in rapidi Ma non — che Dante da ziare altri non poeti e alcunché di angusto la di cose particolari, non ma nostro rapimento ai ad aiutare V intelligenza e di ritiene, si della di poesia, rinserra in cosa alcuna o gruppo e ritrai concubina sorella bianca caratteri- Donde spazia sempre nel cosmo. delle braccia del suo dolce il parole di Dante, anche alle ci vengono innanzi egli cir- dica Titone antico», che esce «fuor amico », o », e simili. Questo, comporta altra caratteristica che la neve la carattere stesso univer- il ma sua definita individualità, che chiami che poi è l'essenziale, non sale della poesia; e in tal riguardo nella come ogni la per cosi dire, di prosaico, se queir incanto: o che mitologizzando dell'alba «la « e, più piccole e fuggevoli, che confuse qui terminando con- collochi e risolva nell'amplitudine si dell'unica poesia, che alle —e quella immagine, che vale a differen- comprensione della sua opera, stica, Ili'.» l' si bisogna dimenticar mai, viene ripetere, DANTE immagine di Dante, l' immadesume dalla sua stessa opera. tratti, gine autentica, quella che DELI. A POESIA DI Dante non è più Dante, è quella voce meravi- commossa, che tramanda l'anima umana nella perpetuamente ricorrente creazione del mondo. Ogni diffe- gliata e renza, a questo punto, svanisce, e risuona solo quell'eterno e medesimo timartisti, sempre accolta da noi con sempre rinnovata sublime ritornello, quella voce che ha bro fondamentale in tutti nuova, sempre antica, trepidazione e gioia: la i Poesia senza aggettivo. che parlano con quel divino umano fu accento, un Genio. si il grandi poeti ed o dava un tempo piuttosto il nome A coloro, profondamente di Geni; e Dante APPENDICE INTORNO ALLA STORL\ DELLA CRITICA DANTESCA n \jhi percorre in ordine cronologico su Dante, dal secolo di i giudizi e la letteratura lui via via pel quattro e cinque e seicento, pervenuto alfine innanzi alle pagine che Giovan 1725, scrisse sul poeta della Comme- Battista Vico, circa dia, si acorge (se il ha il sciiso di queste cose) che, con quelle, né più né meno che una rivoluzione nella s'inizia critica dantesca. Sembra come Dante (dice si il levi se, a quelle solenni parole, la statua di a un tratto, alta, sulla terra d'Italia. Dante Vico) è un divino poeta, affatto diverso dai verseg- giatori odierni, erotici, melici e arcadici. in lui dall'altezza dell'animo, La poesia sorge che disprezza tutte ammirate dagli uomini cupidi ed effeminati, le cose rivolto solo a gloria e immortalità, e arde tutto di virtù pubbliche e grandi, segnatamente di magnanimità e di giustizia; sorge un momento storico particolariùeute favorevole, a capo una lunga età di violente passioni e di fervida fantasia, nel tempo della spirante barbane d'Italia. Per tal riguardo, essa non può compararsi ad altra poesia che al- in di LA POESIA DI DANTE 174 l'omerica, e Dante fu. in effetto, l'Omero del medioevo, e scrisse la sua Iliade neW Inferno, narra in cui ire impla- cabili e ritrae quantità di spietatissimi tormenti, e l'Odissea nelle altre due cantiche, mirabile pazienza, e somma pace con credette, per il il il Purgatorio, in cui Paradiso, ove dell'anima; e di lui, si gode si soffre con infinita gioia come di Omero, si miracolo compiuto dalla sua arte, che avesse foggiato la propria lingua, trascegliendola da tutte le favelle della sua nazione. La Commedia è da considerare sotto tre quello dello studio letterario, in quanto vi aspetti: si attingono bellissimi parlari toscani; quello della storia, perché contiene una storia dei tempi barbari d'Italia; maggiore d'ogni altro, quello e, poetico, nel quale porge esem- pio di sublime poesia. Poesia che nasce tutta da vigore di fantasia ; e sebbene soglia lodare si Dante di gran dottrina iu divinità, questa dottrina, questa scienza filosofica e teo- logica, piuttosto che vantaggio, gli apportò ché né « non avesse saputo se egli affatto nocumento, tal- né della scolastica sarebbe riuscito più gran poeta, e forse la di latino, Omero » ^ suo Virgilio. Il modo toscana favella avrebbe avuto da contrapporlo ad , non ebbe nel eultissimo acconcio di commentarlo è dare breve e chiara notizia delle cose, fatti e persone che egli memora, spiegare i suoi senquale la latina timenti, «entrando nello spirito di ciò che ha voluto dire>, per intendere la bellezza del suo parlare poetico, e morale sciare ogni cognizione 1 Si > e « trala- molto più altra scienziata *. veda Scienza nuova (1725), 1. ed. Nicolini, pp. 477, 727, ^33, 734, del 26 dicembre 1725, e il Ili, e. 26, Scienza 7.t0, la lettera al nuova geeonda, Degli Angioli Giudizio su Dante, scritto a proposito di nuovo commento della Commedia, e che è del 1728 Critica, XVI, 156). Cfr. Croce, La filosofia di G. e. xvm. un o 29 (per questa data B. Vico (Bari, 1911), APPENDICE Cosi non era mai, si gìh. beninteso, fin 175 Non guardato Dante. allora, che l'autore del poema sacro non fosse ge- neralmente sentito e affermato poeta e gran poeta, e non lo l' vedesse e ritraesse si nella sua singolare fisionomia: ammirazione che comincia già presso che Giovanni Villani capitolo i contemporanei, il consacrò nella Cronica gii come a insigne avvenimento di quei tempi, le pubbliche ture, i let- moltissimi commenti, la popolarità ottenuta, le imita- zioni che fecero della sua opera, si modo il e il tono con cui se ne discorse allora o nei tre secoli seguenti, le stesse controversie che vi s'intrecciarono intorno, provano che, ogni volta che la gli grandezza e animi si accostavano a Dante, avvertivano l'originalità del Né ha suo genio severo. importanza, per questa parte, che taluni uomini, e finanche segna- intere generazioni, lo negligessero e rinnegassero, tamente nel periodo umanistico, e poi e poi ancora durante il nalismo del settecento; per tutte mentali e le perché simili vicende opere umane, secondo e altresì artistici, che, nelle varie età, distolgono i il razio- ripetono nei vari individui da talune opere e rendono a fan si che non se ne ricer- Senonché, anche quando conosca e ammiri, e rettamente tra cosa è poi dimostrare e si Bembo, diversi interessi, pratici, dominando chi vera e propria conoscenza. le si del barocchismo del seicento e esse insensibili o avversi, e bene tempo al ragionare il si giudichi, alossia giudizio, fondarlo e determinarlo teoricamente; nel qual atto sola- mente esso si fa critico e scientifico, e cessaria una teoria, il a quest'uopo è ne- cui progresso è progresso del giu- dizio stesso. Ora, le teorie che ebbero corso in quei secoli, originate nell'età greco-romana e variamente intellettualistiche com'erano, non permettevano una libera trattazione dei problemi della poesia, e perciò, sia che con esse si si giu- meno si censurasse l'opera di Dante, procedeva pur sempre in modo necessariamente artifizioso. stificasse, sia che più o LA POESIA 176 /' / / Dante non ostante stesso, DANTE DI la fine intelligenza che dimostra in più luoghi circa la natura della poesia (come ferma di poetare < nega che l'altro in cui modo che a quel detta dentro possano tradurre si dove > , af- o nel- in altra lingua cose metricamente legate), era tenuto stretto dalla dottrina della poesia in quanto allegoria di verità rc^'ligiose e morali: e nemmeno chiama ciò ch'egli a fondamento degli altri tre, senso letterale » e pone può intendere come quello « si , che noi diciamo «senso poetico», perche sarebbe piuttosto la poesia depotenziata, vista solo in superficie e gradevole nella luccicante superficie. non era inconsape- Certo, egli vole del suo creare, che anzi ebbe forte coscienza della pos- sanza e dignità sua ma poeta; di pur gli faceva difetto^ nella scolastica filosofia che seguiva, la categoria per prendere adeguatamente il com- suo stesso poema. Similmente, pel Boccaccio, teologia e poesia sostanzialmente s'identifi- cavano, e l'una era una poesia di Dio e avvolte in belle favole le cagioni delle cose, gli ammonimenti che non animi mercé le dimo8tra?:ioni virtù e gli negli l'altra si porgeva effetti delle riesce a far entrare filosofiche e le persua- Giovanni Villani, più semplicemente, aveva sioni oratorie. lodato la Commedia come e questioni morali, naturali, astrologiche, filosofiche sottili e teologiche, con belle e trie > . fatta « in pulita rima, e nuove figure, con gi'andi comparazioni e poe- Ciò che più riempiva d'ammirazione, era l'universalità del suo sapere: «uomo dei più universali», lo diceva An- tonio Pucci. Nel secolo appresso, Leonardo Aretino, ricor- devole forse di alcuni luoghi platonici, conosceva un'altra specie di poeti, anzi la compongono « somma e piti perfetta specie, che per ingegno proprio agitato e commosso da alcun vigore interno e nascoso, ed occupazione della mente », il quale si chiama furore oltre quella di coloro che compongono «per iscienza, per istudio, per disciplina ed arte e prudenzia»; ma Dante collocava senz'altro in questa APPENDICE seconda specie, perché « 177 per istudio di filosofia, teologia, astrologia, aritmetica, per lezione di storia, per revoluzione di molti e vari libri, vigilando e sudando negli studi, ac- quistò la scienza, la quale doveva ornare ed esplicare con li suoi versi». Nel corso del cinquecento, la rinnovata poe- tica di Aristotele non valse a sradicare questo concetto di- dascalico e oratorio della poesia, e lo studio di quel filosofo e degli antichi retori condusse a costruire sificatoria dei generi poetici legittimi questioni, che allora Commedia dovesse altro genere; ([uale si : sicché una rigida clasuna delle grandi agitarono intorno a Dante, fu se la considerarsi epica o drammatica, o dì e Iacopo Mazzoni, per esempio, com- poema epico batteva l'opinione più generale che fosse e la sentenziava drammatica, una «^commedia senza ridicolo», quale non era ignota agli antichi, con Dante protagonista^ Virgilio deuteragonista e Beatrice tritagonista Nores la teneva invece per una teologia o in versi, comparabile ai (^)uestioni ci che si e lason de poemi d'Empedocle e di morale Lucrezio. prolungarono nei secoli seguenti, nei quali fu chi la defini alla definizione di ; filosofia «satira», e chi, come poema il Torti, avversario del Monti, la Monti, torna come Francesco didascalico, e chi, rivolle epopea, in «narrazione di un'azione illustre»; e altri Becelli, nel 1732) la qualificò mista di tutti «ora tragica, ora comica, sovente i quanto che (come il generi di poesia, satirica, ed ancor lirica ed elegiaca». Quest'ultima definizione ebbe fortuna, o piuttosto risorse e risorge spontanea, e Schelling (il non romanzo ma in si legge perfino nello Commedia « non didascalica, senso proprio, non commedia o dramma, quale disse la indissolubile miscuglio, perfetta compenetrazione di tutte queste cose», un'entità di genere affatto proprio, un a sé, « mondo che richiede una sua propria teoria»); e s'incontra di frequente nelle odierne scritture critiche, perché, in effetto, offre una comoda scappatoia e agilmente scioglie senza glierlo un nodo, in cui ci B. Croce, La poesia di Dante. si scio- è intrigati. 12 LA POESIA 178 Lasciando queste dispute di vacuo formalismo, in disparte pel resto, durante coloro che, comi* Commedia fa lodata da movendo dalla sopradetta dot- cinquecento, la il Varchi, 11 DANTE DI trina didascalica e oratoria della poesia, giudicavano che Dante avesse conseguito un gran fine morale con la punizione dei rei nell'Inferno e il premio dei buoni nel Paradiso, e fu biasimata dagli che coltivavano l'ideale d'una altri, poesia sensualmente gradevole come e, il Muzio, dichiara- vano che Dante «ogni altra cosa era piuttosto che poeta», e perfiiio spregiavano seggiamento di e duro ver- qualche scartafaccio fornitogli da frati teo- argomentanti. loganti e poema come aspro suo il è Si quando, dopo aver rimestato versie cinquecentesche i lietamente sorpresi, perciò documenti (molte delle di quelle contro- quali legano si alla diatriba contro Dante, messa in circolazione nel 1571 sotto 11 nome role di le di Rodolfo Castravilla), ci Vincenzo Borghini, rivolte s'imbatte in alcune patutt' censure dei sensuali e voluttuari e Ai primi, che si appellavano tamente osservava che il al insieme a respingere le lodi dei didascalici. Bembo, il Borghini paca- celebre letterato veneziano, « tirato dal suo genio in altra sorte di poesia, più dolce cioè e più dilicata, non gustò né mise quello studio in quell'altra conveniva a poterne con tutta dirittura giudicarne». coloro che stimavano doversi ammirare Dante « per le che E a molte poema inchiuse», rispondeva, sentenzie che sono in quel che, certo, far poco conto di queste cose sarebbe sciocchezza, ma (continuava) « io dico bene che io l'ho per serventi di quel poema e non per principali, e ammiro poeta, e non come una quasi di come il poeta come teologo; se bene mi pare divinità d'ingegno l'aver saputo e potuto inne- starle di sorte <! filosofo o che servano con leggiadria. E se Dante che quel ch'e' faceva di spender il al bisogno del poema con grazia Cosmico non vide il altro nel poema dice, e' lo gustò molto poco, e tempo suo in leggere altro clie me' Dante, APPENDICE «e non seppe cavar altro» '. 179 Borghini, che già nelle in- Il dagini circa la lingua, le allusioni storiche e le allegorie dantesche aveva segnato la via buona, anche rispetto al carattere poetico di Dante vide e disse giusto; come dire cadde ma quel suo nel vuoto, senza eco, nonché negli altri, in lui stesso, perché, per diventare valido ed efficace, si sarebbe dovuto sentire in contrasto e uscire ad aperta guerra con tutta E il poetica di quel tempo: la che non avvenne. il valore del giudizio del Vico è invece, per l'appunto, una nuova nell'essere prodotto e produttore insieme di trina delia poesia, che Dante suggerivano con schietti poeti e Omero e tutti i le loro creazioni, sieme spiegava Dante e Omero e gli tutti altri dot- grandi e e che in- grandi e una nuova dottrina che si sarebbe svolta nei si sarebbe chiamata estetica, scienza della schietti poeti: secoli seguenti e fantasia, scienza dell'intuizione, o in altri modi. importa, a petto di questo gran merito, che il paragone di Dante con Omero-, il Che cosa Vico sforzasse dell'Italia dugentesca con r Eliade del nono secolo innanzi l'èra volgare, ed esagerasse la dipendenza deìla poesia dalla barbarie delle società momento e pensasse per un di togliere a della sua anima, la scolastica e il latino? Dante una parte Sono concetti e ravvicinamenti che bisogna intendere con discrezione, e piuttosto come simboli che come affermazioni di fatti, simboli non sulle G. Galilei, V. Borghini ed altri, cioè della vera poesia, che sorge sulle passioni e !• Studi sulla Divina Commedia di ed. Gigli (Firenze, 1855), p. 308. - un Su di che farono mosse obiezioni, non appena la Scienza nuova, secolo dopo, cominciò a essere studiata; Fatjriel, Dante et les origines de la langue et come può vedersi in de la littérature italienne (Paris, 1834), I, 21-2, 371-3; Villemain. Tableau de la littérature au age (ed. di Parigi, 1882), I, moyen 346-7; P. Emiliani Giudici, Storia della teratura italiana (4^ ediz., Firenze, 1865), I, 228. let- 180 LA POESIA DI DANTE. ritiessioni. Che cosa importa che non andasse più innanzi poema di Dante e non nella caratteristica particolare del cavasse tutto aveva il frutto che poteva dai profondi canoni ch<^ stabiliti sul fu fatto di poi, e ma nire; modo si passi ulteriori gli Commedia? Ciò d'interpetrare la verrà ancor meglio facendo nell'avve- non sarebbero stati possibili senza quel primo. Per allora, nel secolo del Vico, si può dire che giun- gessero all'estremo l'opposto giudizio e la condanna di Dante secondo un estrinseco ideale, il classicismo e bembismo del cinquecento, che prese nuova veste di razionalismo e di letteratura riflessiva, «sensibile». poema Il galante satirica, sentimentale e una volta Voltaire, che definì la o Commedia bizzarro, splendente di alcune bellezze naturali, e al- tra volta addirittura un guazzabuglio, un salmigoudis, e rise degli anacronismi che conteneva, e motteggiò che la ripu- tazione ne starebbe sempre salda, perché tutti la ammii'a- vano e niuno la leggeva ; il facendo anch'esso Bettinelli, che, salvezza solo di alcuni pezzi, di un migliaio di versi, la giudicò un tessuto di prediche, di dialoghi, di quistioni con non altra guida che le passioni e il capriccio dell'autore, priva di azione o con azioni soltanto di discese, di passaggi, di salite, di andate e ritorni, allusioni a oscuri individui di irta simboli e piena di contemporanei del poeta; furono due più famosi rappresentanti di un'opinione allora largamente divulgata. S'incontra essa, infatti, tal quale, presso 1 molti altri, e dia era « media», per esempio, nel Cesarotti, un guazzabuglio grottesco e, in forma epigrammatica, che chiamava Dante « » , in ])er una « cui la Comme- non-divina Com- OrazioWalpo]e(1782), stravagante, assurdo, disgustevole, in breve, un metodista in Bedlam » (cioè, al manicomio); e si ritrova echeggiata dal Goethe, quando, nel 1788, scriveva di non comprendere come ci si potesse intrattenere con quel poema, di cui l'Inferno a lui tornava orrendo, il Purgatoria API'ENDICE equivoco e il Paradiso noioso. Anche questo motivo antisto- al pari di quello dei rico, neppur oggi dipoi e 181 gliava verso Dante « generi » , non 6 del tutto spento: sentimenti e i del Bettinelli, e parlava di quella « Le Lamartine impi- che è », postéritc ne com^prend è tornato alla carica, vede, in quell'ammasso di stravaganze e sragionevolezze, se non niano il gazette fiorentine Commedia, una polemica che « la plus »; e testé un critico americano la e anch'esso non spense del tutto pensieri del Voltaire e i ^ si « several literari/ jewels a veri/ small residuum. » » , che for- ' risposte a siffatte critiche furono, nel settecento, in parte dettate da semplice buon senso (come quando al Bettinelli si die è colto, e lo l'avvertimento che Dante non è oscuro per chi Gasparo Gozzi incalcò, per l'intelligenza di Dante, studio dei tempi dell'autore e delle altre opere di ma, in altra e maggior parte, consistettero lui;; in contrapposi- zioni di false difese a false accuse, di pedanterie vecchie a pedanterie nuove, come col lodarlo di «gravità» nei pensieri e nella morale, e di essere stato primo ad il riosa strada alla poesia italiana». Pure, « aprire glo- uno almeno ci fu che rispose secondo lo spirito che potrebbe chiamarsi vichiano, uno scrittore tedesco, di lui, in nimo un articolo il di Bodmer una o qualche e rimasto a lungo dimenticato minciava col notare, che partecipava con V Iliade alla costumatezza, ai alla decenza, alla A. MoRDELL. Dante and other ivaning Fu scoperto pp. 288-88); e di Dante contrario graziosita del gusto classics (Philadelphia, 1915). ristampato dal mio compianto amico Leone Donati, nella sua monografia J. J. Bodraer J. J. o scolaro Quello scrittore co- poema medesimi biasimi, come 1 volume: -. lo straordinario - e amico rivista zurighese del 1763, ano- und die italienische Litteratur (nel Bodmer: Denkschrift zum CO Geburtstag, Ziirich, 1900, per la sua importanza mi è parso opportuno tradurlo e inserirlo nella Critica. XVIII, pp. 306-11. LA POESIA DI DANTE 182 moderno, inosservante delle regole e dell'unità senonché Dante (ribatteva) osservò d'azione; sue proprie regole, le ed ebbe cosi grandi e varie cose da ritrarre che, per poter far uso di ogni sorta di stile, gli parve assai comodo adot- un poema tare la forma di fantastico viaggio. Ciò che nella posizione del si condanna come tradittorio e affettato, si potrebbe, chiamare invece singolare media aveva altrettanto com- strano, gotico, con- con un po' di giustizia, Com- e originale; e l'autore della diritto di poetare nel carattere dei suoi tempi quanto noi in quello dei nostri. L'acuto critico scagionava infine, con isteriche considerazioni, Dante della libertà con cui aveva trattato l'antica mitologia e intro- dotto eccezioni nelle leggi dell'oltremondo; e lo lodava di aver cercato poesia non solo nelle la umane passioni, nel- l'amore di Francesca e nello strazio di Ugolino, come pia- ceva che ai egli moderni, ma anche nella morale e nella teologia, seppe rendere poetiche. Quando si ciarla dell'inutilità della critica, sidera che, se noi ora leggiamo Dante e gli che tra noi e non si altri poeti con- senza loro siano gli ostacoli interposti dai grossi pregiudizi del passato, dobbiamo questa agevolezza e questo beneficio appunto a critici simili a quello ora ricordato, che ce ne hanno liberati o ce ne vengono liberando. Nella ge- nerazione seguita a quella del Bodmer, per effetto dei nuovi da più concetti sulla poesia e sulla storia, che pili modi spuntarono e dei germi che alcuni solitari avevano seminati, razione antidommatica e storica di Dante e degli si fece consueta e disdegno verso i come parti e in furono come la fioritura o la messe naturale: divenne luogo giudizi condotti secondo il la conside- altri poeti comune il particolare gusto settecentesco e illuministico, e secondo ogni altro ideale che non fosse quello intrinseco e proprio di Dante tempi. Ciò è chiaro nelle caratteristiche che ormai di Dante e dei suoi si leggono nelle storie universali e nelle storie della l'attera- APPENDICE 183 meno Commedia come rappresenAnche la critica dantesca ita- tura e nelle filosofie della storia, dove bene si cercr, più o di ritrarre l'autore della tante di un'età della storia. liana, fatta erudita dagli eruditi del settecento, risorse spic- catamente storica principi ai dell'ottocento, Guglielmo Schlegel scriveva: «Un ortodosso Foscolo. col critico del gusto crede di dir gran cosa quando dice chela Divina Commedia, il I- Giudizio universale e Macheth sono opere prive di gusto: il con ciò non dice altro se non che egli non comprende queste opere, perche oltrepassano l'orizzonte delle regole e convenzioni da apprese»; lui Commedia: «Qui si più in particolare, della e. deve sognare quell'eroica e monacale età di lotte, farsi guelfi e ghibellini, altrimenti il libro con fastidio». getta via si Goethe, che non fu certo mai gran Il conoscitore di Dante, pur lo senti e intese ben diversamente da come gli era accaduto nel 1788, e in una lettera del 1826 lo congiungeva con Italia, perché in l'età della rinascita delle arti figurative Dante sensibile figurativo, dominava, come « onde egli in Giotto, gli oggetti dere con netti contorni, e anche le le genio vedeva in modo cosi distinto con l'occhio dell'immaginazione disegnava come se il ii^ da poterli ren- cose più astruse e strane avesse davanti nella realtà»; e nelle conversazioni con l'Eckermann lo diceva, non un semplice ingegno», ma una «natura». Allora Dante fu messo in nuova ed alta compagnia; e, se critici del cinquecento lo <t i paragonavano a come accadde al Omero (suscitando talvolta Varchi), se il proteste, forti Vico stesso non possedeva maggiori notizie di letterature straniere da poter fare paragoni, se gli inglesi del altri settecento lo ravvicinaroriO, so- prattutto per certe affinità nelhi materia, al Milton, e un italiano che viveva in Inghilterra, primo pronunziava insieme speare, la triade costituirsi, talora i nomi il di Eolli, nel Dante 1735, per e dello Omero Dante Shakespeare non variata nell'altra dei tre Shake- tardò a grandi poeti LA PuEislA DI DANTE 184 il nome come presso iuoderai, col togliere del Goethe o, ', di Omero e aggiungere quello il Tieck -, in quella dei tre primi maestri dell'arte moderna, Dante, Cervantes e Shakespeare. La critica della poesia si era convertita in istoria, e in grande storia, nella storia dello spirito a umano: senonché, questa giustificata reazione e a questo ragguardevole progresso contro e sopra la critica dommatica dei secoli precedenti, anda%^a unito un pericolo di unilateralità, per- ché la vecchia critica dommatica intendeva a essere, an- che nel suo modo arbitrario e per modelli, nuova, abbattendo a buona ragione stica, e la storicizzando, perse di vista sovente ìarte ma bensi storica artistica. Il critica i come arti- modelli e arte e fu non, quale sarebbe dovuta essere, storico- che spiega come, in tempi recenti, sia apparso necessario riformare la storia della poesia e dell'arte con una sorta sintesi dell'astratta critica di estetica dei dom- matici e dell'astratta critica storica degli storicisti, mediate in una trattazione estetica estetica e nel tempo stesso storica, storico- ''. Per queste ragioni, più che alle indagini sul .^igniticato culturale di Dante ad allargare e approfondire quella che si e l'intcrpetrazione nella storia universale (le quali presero da noi chiamata «allotria»), l'attenzione di chi ricerchi i progressi dell' interpetrazione storica di Dante deve essere rivolta a 1 quanto fu allora <• poi osservato sul carattere del- TorsBEE. Dante in Englixìi Literature. I, 632, riferisce dalla de- un viaggio in Germania, fatto nel 1802 da H. Crabb Kobinson: Our polite host placed me by the side of Professor Abicht, and 1 was agaia struck by the concurrence of opinion among the scx'izione di « German philosophers as to the transcendent genius of Shakespeare. Goethe and Dante > - In un dramma fantastico, che é ristampato nel Dki. Rai.zo, Foeii^ie di mille autori intorno a Dante, VII, 421-52. "* Si vedano i miei Xaori sayf/i di Emtelica, pp. 161-84, cfr. pp. 214-5. APPENDICE 185 l'arte dantesca, alle ricerche storico-estetiche, delle quali si ha per solito scarsa o confusa notizia, tantoché saranno meravigliati dei tisti » i più dei « dan- che veniamo tacendo libri veniamo ricordando, da essi non pregiati. Non molto, in e di alcuni di quelli che invece non conosciuti o non argomento verità, olfre su questo deve il o letti col Faust, e la caratteristica del manifestazione di quale al si l'anione della scienza, della storia e ma religione della con l'allegoria, nuova mitologia, onde esso singola poesia, poema dantesco come prima ciò che è proprio della poesia moderna, storia si lo Schelling, paragone, tante volte ripetuto dipoi, della Commedia è con dell'arte e la creazione di una la da considerare, non quale «poesia della poesia» legge nello Hegel, che definì la ^; e poco anche Commedia «una sorta di epopea, che ha per oggetto l'azione eterna, l'amor divino » e mise in rilievo la trattazione delle azioni e dei personaggi, i quali stanno sempre in Dante molto conto si dovrebbe tenere come « la critica giudicati » . Ma in che di Dante scrisse nel 1801Ì1 Bouterweck-, la quale stranamente è affatto dimenticata dai dantisti o, più strano ancora, una vaga fama di misconoscimento, rammentata sopra di detrazione, di calunnia dell'opera dantesca, e quasi semplice prosecuzione del volte- risme e dell'irriverenza del settecento. dubbio, fu severo verso la « Il composizione Bouterweck, senza » o « costruzione » sembrava si potesse « salvar del poema, della quale non l'onore » e che gli dava immagine di un gran labirinto gotico, gravato da nebbia di allegorie, un labirinto difficile all'intelligenza e che, in fondo, non compensava le fatiche che si gli spendevano per intenderne l'architettonica 1 Nella Fhilosophie der Kunst lomphischer Beziehung, che - è' (1S02-3), e nel e il congiunto or- saggio Dante in phi- tradotto anche in italiano. F. BouTERWKCK, Gescìiickte der Poesie und Beredsamkeit Elide des dreizehnten Jahrhunderts (Gòttingen, 1801), voi. I, seit dein pp. 76-120. LA POESIA DI DANTE 186 dinamento delle pene, delle purgazioni e dei premi, perché il sentimento artistico (das Kunstgefiihl) ha poco o nulla che vedere con ciò che nella Commedia è «sistema bilità di menare innanzi letterale aveva costretto e l'unità dell'opera era il suo autore a e, a sottigliezze, un viaggio, non l'in- pel rimanente, un'unità allegorica o Anche giudicava impoetiche teologica. salti e venuta meno, ossia vi era soltanto l'estrinseca unità della narrazione di trinseca dell'epica, L'impossi- ». insieme senso allegorico e senso tutt' le parti scolastiche, teologiche e astronomiche, e di tal natura la concezione del Paradiso che di necessità la fantasia vi nanzi all'inesprimibile, si trovava in- vuoto poetico, col solo elemento al dommatica ancora concedeva, la luce. Gli «una galleria di pitture con cornice grottesca »; ma, nonostante questi difetti di composizione ed esecuzione, essa, «quando la si valuti per frammenti» {roenn loir sie fragynentarisch schàfzen), è « uno dei più nobili e belli prodotti di uno spirito originale »: un'opera sensibile che la pareva, dunque, la Commedia, non preparata dalla precedente letteratura, non riportabile alle letture dell'autore, e della quale, la poesia moderna non può mostrare alcuna eccezione, perché uscire di tra una folla lo stesso di per questo riguardo, altra pari, e ciò senza Shakespeare lo si vede predecessori e Dante no. Era, questo, un entrare nel vivo delle difficoltà; e l'acume e coraggio con cui il Bouterweck si il sforzava di distinguere in Dante sistema e poesia, ed esaltava la poesia sul sistema, debbono rendere indulgenti circa il troppo sbrigativo trattamento degli elementi dottrinali del poema e circa il principio della « frammentarietà » , il quale, se per una parte era adesione ai giudizi su Dante del settecentisti, Bettinelli per l'altra anticipava un più libero e di modo altri d'in- terpetrare e gustare la poesia. Questo più libero modo tato nei critici della si ritrova largamente rappresen- prima metà dell'ottocento, e in Italia^ APPENDICE 187 oltreché nel Foscolo già ricordato, nel Leopardi, che, po- nendo sopra ogni poesia, senti almeno talvolta, e la lirica disse in fuggevole accenno, che la una lunga propri lirica affetti » * ; Commedia «non dov'è sempre in campo e persino nel cattolico e del Dante tra tutti 1833 e 1834, dichiarava i grandi poeti e poeta, e perciò una sorta che erano in onde certa unità gli corre, Bene il di di lotta tra le diverse facoltà poema non ha carattere uni- venga da un sentimento che tutto lo per- da un pensiero d'amore, dall'amore per Beatrice. inoltre il Fauriel scartava le allegorie per cercare solo senso poetico delle rappresentazioni; respingeva le cen- sure, dettate da «astratto gusto e logica», pagane introdotte da Dante nell'Inferno la Fauriel. nei come proprio doppio aspetto di scienziato il suo il il al- mescolandovisi poesia, scienza e politica, quantunque tario, una lui: suoi i moralista e quanto grammatico Tommaseo. In Francia, suoi corsi è che poeta e il alle figurazioni notando cristiano, candidezza e ingenuità del poeta nel trasformare namente quelle figure; Dante prese le mosse, e e distingueva tra la storia, da cui creazioni di sentimento e di fanta- le che vi costruì sopra, negli episodi, per esem{)io, sia, cristia- cesca, di Ugolino, di Sordello. inferiore finezza, ripigliava di Fran- Villemain (1840), con non Il paragone con Omero per tem- il perarlo con far valere la differenza dei tempi e dei geni, pur riaffermando che Dante, quando torali del Medioevo, inventava du monde » gi'ec-»; e, e pel parlava con primo o tra « i la si voLvjeune primi, giudicò di Dante, « rèvetir, triste, exalté». mato, se fosse ^inoins naturel al pari del Fauriel, la scioglieva dalle vesti dot- camme « », au.r premiere joiirsr et argentine du poète non italiano il genio da meritare d'esser chiagermanico. Riconoscendo, duplice ispirazione del poema, « Vune instinctive et passionnée et Vanire stndieiise et scolastique 1 Pensieri di varia filosofie e heììa letferafura^ VII, 351. ». LA POESIA DI DANTE 188 ritrovava ia questa duplicità la cagione delle bellezze sublimi che vi sono e dei particolari estranei, importanti bensì pei ma contemporanei « ses fastidiosi ai moderni; e concludeva che pas fautes, ses inégalités ne semblent pu issante continue de et so7i style » , né <^ altérer l'originai ite le genie de l'expres- siom>, che è in lui ammirevole, perché egli scrisse sempre « mème avec la terra, inspiration de verve Coleridge il vedeva ^ in d'amour et Dante la « ». In Inghil- combinazione della poesia con la dottrina, che è uno dei caratteri della poesia cristiana », sebbene ben riuscito in d'altra parte, ed energia » gli sembrasse che Dante non fosse cosi questa unione come « la vigore il della espressione di Dante, che vince quella di ogni altro poeta, anche del Milton, e non ha pari nei moderni il suo pittoresco, che e negli antichi, ed è intonato allo severo di Pindaro più che di stile Milton; ammirava, il vivezza, la connessione logica, altri; e non gli sfuggiva quel che in Dante è di compiacenza d'artista pel linguag- per la bella ed efficace parola. gio, Il Caiiyle, continuando senza saperlo un pensiero del Vico, riponeva centrale » di Dante, dalla quale tutte da fonte naturale, nella le altre la « qualità come fluiscono «grandezza del cuore»; lo vedeva bensì stretto e partigiano nelle cose della fede, ma, nonostante ciò, profondo, non ^loorld-ivide, but world-deep» , onde e pur naturale, quel suo pronununa parola che colpisce, e poi silenzio, non altro da aggiungere; sentiva in lui una melodia continua, il «.canto fermo». Il Macaulay notava la tristezza di Dante, dal cui animo era sparito ogni amore che non fosse la la sua ciare « <s.ahrupt precisiou a smiting word » », passione mezzo mistica per la sua sepolta Beatrice, e la mi- santropia ne aveva preso 1 vati, mio I il posto, sicché, « esule feroce ed luoghi del Coleridge e degli altri inglesi, in séguito mento- sono raccolti nella citata opera del Toynbee; sicché mi risparparticolari citazioni. APPENDICE anche nel Paradiso tra agitato, 18i> non beati i beato, non è partecipa alla loro felicità»; lamentava l'importanza data (lai commentatori alla fisica, metafisica e teologia di tutte cattive nel loro genere, e alle allegorie, che l'autore non •lignificati aveva vi con posti, Dante, lo scoprirvi laddove «le grandi facoltà della sua immaginazione e la forza incomparabile del suo non furono né ammirate né imitate stile, »; e faceva molte osservazioni sul carattere delle metafore e comparazioni, sul figurazioni mente che nel Milton, che al determinato e misurato che è nelle finito e Dante, per esempio nel Lucifero, di Macaulay pareva della specie più antica e colossale, informata non allo spirito Omero quello di diversa- particolarmente, sulla mitologia, e, danteschi sono (egli diceva) ma Ovidio e di Claudiano, di e di Eschilo; « a Minosse, Caronte e Plutone i assolutamente spaventevoli » nomi classici nell'Inferno « insinua nella mente un'idea vaga e tremenda di qualche rivelazione misteriosa, e l'uso dei a ogni storia scritta, anteriore potevano essere i cui stati "conservati tra le Dante scemi il di forze e possente nel dipingere la felicità che con espressiva feriva poeta al la meno che scolastica, ma i con Ma vi il il rara Paradiso più pure e più nuove ri- capacità Coleridge pre- Fauriel, ammettendo le sono incontestabilmente nelle altre duecantiche; il e quelle del Paradiso il aveva potuto mettere grandi bellezze ({qW Inferno, affermava che « Villemain l'Inferno, e costrettolo a tuttavia fredda e noiosa; e molto più di vita terrena. Il umana meno patimenti, esposta bensì V Inferno, perché Dante credeva re- vada svanendo nel passare dall'In- stimava ancora che, essendo l'imperfezione farsi su- tradizionale giudizio che la poesia di ferno al Purgatorio e dal Purgatorio al Paradiso. avesse dato le Anche cominciò a perstizioni di religioni più recenti». vocarsi in dubbio frammenti dispersi imposture e le bellezze del meno continove ma pili le più grandi Tommaseo Purgatorio, intense e, dopo LA PuESIA DI DANTE 190 che la Bibbia, le pili alte siano cantate mai»; lo Shelley si teneva poema più bello, di quello e coi « più acuti la graduatoria Paradiso; critici > il Puryatorio, volgare e farla ascendente di'àW Inferno al Carlyle toccò il Inferiio, ù.e.\V giudicava che bisognasse invertire punto giusto quando, nel il chiararsi in disaccordo con molta parte della critica manifestava l'avviso che sulla preferenza data SiW Inferno, ciò dipendesse dal di- moderna nostro generale byronismo nel gusto, * «he sembra essere un sentimento transitorio ». Il motivo critico dei due Danti e della dualità della Commedia, che al Bouterweck si era presentato come una distinzione e diversità tra e ad altri, meno teologo e il il il « sistema esattamente, Dante poeta, problema centrale della se non a siffatto problema, nessuno tanto le poema, contrasto traJl^Dante costituisce propriamente critica dantesca, è problema preliminare, che questa cesco de Sanctis, e la poesia del » come un si si certamente il trova innanzi. Intorno travagliò quanto Fran- cui meditazioni su Dante cominciarono nelle lezioni napoletane del 1842-43, proseguirono nelle con- ferenze torinesi del 1854-55 e in un libro non condotto a termine su Dante, e furono messe in istampa nei saggi sui principali Commedia, episodi dell' In ferno e nel lungo capitolo sulla inserito nella Storia della letteratura del 1869-70, estratti compilati innanzi, che, indagini del sul manoscritto del libro di dieci anni come ora si è detto, non fu mai compiuto ^ Le De Sanctis su questo argomento non giunsero, dunque, mai a piena maturità e furono piuttosto arrestate che concluse; e ciò giova tener presente per quello che si osser- verà. Invero, la soluzione che egli dette del problema della dualità forse non fu molto felice, perché il rapporto dei due Danti, variamente atteggiato dai suoi predecessori, ^ B. Croce, Gli 1917), p. 30. scritti fu di F. de Sanctis e la loro vaì'ia fortuna (Bari, APPENDICE da lui concepito come anche come 191 quello tra allegorismo e poesia (o, laddove esso tra cielo e terra), talvolta disse, era effettivamente e propriamente (come bene aveva visto Bouterweck) dualità, o intravisto il struttura poesia. Dante e Egli sublime ignorante « » si era prefisso, e sarebbe riuscita l'autore e « il bella era, si ribellava alle intenzioni menzogna » , contemporanei » Commedia malgrado . trasto tra la realtà della poesia e le teorie di ma non la arte, onde Medioevo realizzato come i che lasciava soverchiare da La quale nostra immaginazione come simbolo malgrado essere nella inconsapevolmente « un ignaro della sua vera grandezza, all' allegorismo, e si quella che chiamava di dissidio, conseguenza, gran poeta qual illogico nel suo fare, che, involontariamente , talora e per descrisse, lotta può del con- Dante critico, era in Dante poeta, che di solito lasciava l'allegoria nell'esterno e altra volta interrompeva la poesia per soddisfare propositi allegorizzanti, siti lità di De e, soddisfatti questi propo- e riposando sulle sue teorie, creava con lieta tranquil- poeta. Malgrado quella dubbia spiegazione teorica, il Sanctis era tuttavia animato dalla sana tendenza, propria dei critici romantici, a sciogliere il Dante poeta dalla con- fusione col Dante teologo, filosofo e pratico, e a considerarlo per sé, e mente merito la a svalutare l'allegoria, sebbene non definisse esatta- natura di questo procedimento espressivo. Maggior gli si deve in questa parte riconoscere, di altri critici romantici, i quali, nel .a paragone compiere l'anzidetta liberazione della poesia dalla non poesia, gettavano via l'ele- mento come impoetico religioso e mistico quello politico e storico. 11 e serbavano solo tedesco Vischer, per esempio, contemporaneo e collega del De Sanctis, ripetendo, nella sua Estetica, il concetto dello Hegel circa la Commedia, che sa« epopea religiosa » accusava nella forma dell'opera una contradizione con l'essenza del poema epico, che richiede rebbe un mondo reale , e umano, e giudicava poetiche le sole parti LA POESIA 192 «Storiche» '; e DI DANTE critico italiano, invece, rifiutando la re- il ligiosità allegorica, non chiuse gli occhi alla concreta, in figure tradizionali e familiari \J », « religiositA che è nel poema, ^ ed è poesia»"-. E analizzò come Un allora nessun altro aveva saputo, e fece sentire nella loi'o poetica bellezza, [i canti di Francesca, di Farinata, di Ugolino, di Pier della Vigna, e anche alcune parti del Purgatorio e del Paradiso, sorpassando non le « un tici bellezze di libro il meno Dante modo umanistico il (sul » sminuzzare di qual argomento aveva composto Cesari), che quello aforistico e generico dei cri- romantici, dei quali solo il Fauriel aveva tentato l'esame Commedia. particolare di episodi della Per l'importanza grande di tali sue trattazioni, che sono da considerare nella storia degli studi su Dante vera pietra miliare, bisogna tuttavia avvertire che ciò che abbiamo notato in genere, nell'introduzione, sui limiti e sui difetti delia estetica idealistica e della critica romantica, rife- si modo precipuo, e honoris causa, alla critica dandel De Sanctis. Quando egli meditava sull'argomento, risce in tesca risentiva forte gl'influssi letterari del romanticismo e quelli filosofici dell'estetica del tutto, hegeliana, dei quali non critico alcune correzioni in senso ristico», certo si mai liberò sebbene introducesse in séguito nel suo sistema cioè altresì modo, all'ideale come «byronismo», che potrebbe dirsi « ve- romantico. Si atteneva, dunque, in che alla il aveva denunziato Cari vie poesia di passione violenta; a; ò perciò V Inferno gli pareva più poetico delle altre due e anti-v che, perché la vita terrena vi quale, essendo 1 2 è, De a suo dire, riprodotta tale e peccato ancor vivo e Aesthelik, III, sez. II, § 878, e posito del scritti il la terra per una conversazione in pro- Sanctis col Vischer, Crock, Saggio sullo di storia della filosofia (Bari, 1913;, pp. 393-94. Storia della lelter. ital.. ancora pre- ed. Croce, I. 167. Hegel e altri / APPENDICE 193 sente ai dannati, laddove, salendo agli altri due regni, si va dagli individui alla specie e dalla specie al genei'e, e l'arte si povera e monotona, fa la bellezza e i personaggi del Purgatorio hanno ma anche la monotonia appassionati, non più, storici, possenti come della calma, non agitati e grandi individui nell' Inferno, creature della fantasia. Le grandi figure poe- tiche di Dante sono, a suo avviso, tra gl'incontinenti e violenti, dov'è mondo il i della tragedia e dell'epopea, Fran- cesca e Farinata; e giudica che Francesca è poetica perché jìeccatrice, e che poesia della donna è nella debolezza, hi man mano nell'abbandono, nel peccare, e che, scende nell'Inferno, scemando perviene vizio, si il che di- si passione, prevalendo la il bello negativo, al brutto, alla prosa, al cui valore artistico è riposto soltanto nella reazione sog- gettiva e nella comicità. Per conseguenza, le figure di Dante, rapidamente disegnate nei loro vano accenni nire, che aspettasse dalla letteratura tratti salienti, gli sembra- qualcosa che dovesse svolgersi nell'avve- di la sua piena vita dallo Shakespeare e moderna in genere, e, per sé prese, ancora involute, troppo semplici, troppo sommarie, con alcunché di astratto ed immobile *. Si atteneva altresì al concetto realistico della rappresentazione artistica, e stimava rappresentabile e bene rappresentato l'Inferno, che stesso della realtà in mezzo a cui stiano la vita degli altri due realtà, poeta coglie trova » , « laddove nel vivo « pel cri- mondi non ha riscontro nella ed è di pura fantasia, cavata dall'astratto del dovere e del concetto », e ma si il Paradiso, intraveduto, può essere arte, il come semplice «canto lirico », contenente «la vaga aspirazione dell'anima a non so che divino », e non già come « rappresentazione » non essendo possibile la « descrizione solo , 1 Oltre la chiusa del cap. sulla Conimedia nella /Storia della ratura e i saggi su Francesca, Farinata e Ugolino, cfr. lette- un luogo de- gli Sfritti vari, ed. Croce, 1, 300-302 n. B. Crock, La poesia di Dente. 13 1/ LA POESIA DI DANTE 194 di cosa che è al disopra della forma». Considerava anche, alquanto materialmente, l'oltremoiido e come materia signata, come materia poetica, in cui c'è bensì vita, ma « che sono i meno immo- vita oltrepassata e bilizzata, perfezionata dal giudizio divino, e senza libertà, Inferno stesso lo in sé stessa più o due grandi senza accidente fattori della vita reale come s'è detto, lo trattava, nel riguardo estetico, quasi un graduale scemare di poesia. Nel che ora gli accadeva di doversi contradire, come quando, nel mezzo e dell'arte della « prosa Ugolino e, », » di Malebolge, gli si leva agli occhi tragico il l'eroico Ulisse (che egli, per trarsi d'impaccio, «ra costretto a chiamare « il grand'uomo solitario di Male- bolge»!); e talvolta era spinto a commisurare il modo di rap- presentazione, che è nelle scene di alcune di queste bolge (dei barattieri e dei falsari), a un astratto modello di comi- e a censurare Dante quasi avesse dato in quei luoghi cità, un comico sforzato e freddo, laddove ciò che Dante vi ha messo risponde a un particolare tono di sentimento, e quelle scene sono quali debbono essere, per chi le colga nell'animo di Dante. Del pari, non c'è nessuna ragione, innanzi al sianime al lido del Purgatorio, lente angelo che trasporta le ma di notare che quella figura è «molto per la pittura, per la poesia», e che in essa « manca la parola, poco manca la corpo dell'angelo, non c'è l'angelo». La personalità, c'è il conseguenza questo estetico realismo o verismo rinverga di con quella dell'arbitrario ideale della passione violenta, perché, lasciando sperdere la soggettività e l'individualità della poesia (ossia il carattere lirico che le è proprio e che ne de- termina ogni parte), finisce per concepire tesca come un lavoro imperfettamente la poesia dan- eseguito, rispetto a una supposta piena rappresentazione della umana realtà, che jdtri (per esempio, Shakespeare, Goethe o Schiller) porterà pili avanti e altri ancora (per esempio, Ariosto, Tasso, Alfieri) avranno il demerito di non saper portare più avanti, e anzi di APPENDICE iy5 portare indietro, dando personaggi più o Donde anche rici. Silvio Pellico, il la meno astratti e geneDe Sanctis che a strana meraviglia del quale nella Francesca di Dante possedeva si grande fonte poetica e il modello di tante finezze e delicatezze di sentimento penna « una Francesca lana»: quasi che il tutta » « tante sfumature, , fosse uscita dalla d'un pezzo e grosso- cosi Pellico potesse creare altra Francesca da quella che l'animo suo sentimentale ed enfatico, e la scarsa fantasia, gli concedevano. Codesti vizi del sistema, si potrebbero additare, non De Sanctis di solito sentisse dei quali parecchie altre tracce impedivano certamente che e giudicasse il poesia di Dante nella sua vera natura; la sicché, se mai, egli, assai più propriamente che Dante, me- riterebbe di essere, in questa parte, lodato di felix culpa, di benefica incoerenza e illogicità. In ogni caso, ciò che che il lavoro del De si è venuto osservando dimostra Sanctis su Dante, se poteva operare da non era una conclusione, nemmeno efficace stimolo mentale, come soluzione di certi come conclusione provviso- nel senso ristretto di questa parola, determinati problemi e perciò ria: esso apriva o rendeva acuti quasi più problemi che non chiudesse o placasse. Invece, dopo di lui, nonostante che ammirate (ma piuttosto come arte in Italia fossero molto che come scienza) alcune sue pagine su personaggi ed episodi danteschi, le menti perché, com'è noto, degli studi storici si entrò allora nel periodo filologistico e letterari, naturalismo e positivismo telligenza altri per efl'etti le distornarono da quei problemi, si creazioni una sorta di corrispondente al generale filosofico. Il quale, nella spinituali, sua inin- producendo ottusità crìtica, ridette tra il gli primo posto alle questioni allegoriche e strutturali, specialmente a quella gran parte di esse che erano arbitrarie e insolubili. Negli antichi commentatori, intenti con cui si tali questioni rispondevano agli leggeva e spiegava il poema di Dante (si V LA POESIA DI DANTE 196 spiegava, talvolta, anche nelle chiese); e era, sovente, in non un' interpetrazione pia. Della qual di modo conforme cosa si loro allegorism il medievale alla tradizione ma una critica, interpetrazion trova conferma nell'atteggiaraent una nobile anima che, pieno secolo decimonono, in ri senti quei bisogni di pietà e di edificazione, lo Schlossei e che ingenuamente professò non ma su Dante, more solo comunicare « dare voler erudizior devote meditazioni sull'ai e sulla vita, sulla perfetta saggezza e suU' interiore cor templazione, e considerazioni sull'essenza divina e sull'in timo legame di tutte le cose del mondo » e ', lamentò eh «ammirazione per la poesia» troppo avesse fatto dimenti care gli «antichi commentatori», e volle tornare a questi, 1' soprattutto « al grandezza Landino e sublimità cazione religiosa si e al Vellutello, nei » . Anche quando come quali trovav bisogno di edif sostituì l'altro dell'edificazione civile patriottica, quelle questioni, sentimentalmente poste risolute, ritennero sovente ginosameute al e imma importanza pratica può osservare nella letteratura dantesca del Eisoi si gimento nazionale, nel Rossetti, nel Gioberti, nel Tommasec nel Balbo, nel Rosmini, e in altri molti. Giuseppe Mazzini preludendo all'edizione della Co7nmerf/a illustrata dal Foscok scriveva: verso e saremo la « Oggi, pigmei, non intendiamo di Dante che fatti piìi gigantesche andremo terra ove ma un prepotente immaginazione; degni di ch'egli tutti in lui, stampò : quand alle orm giorno, guardando indietro sulle vie del pensiero sociale pellegrinaggio a Ravenna, a trarre dall dormono le sue ossa gli auspici delle sorti futur e le forze necessarie a mantenerci su quell'altezza ch'egli fin dal decimoquarto secolo, additava a' suoi fratelli di pa tria». Senonché nei nuovi interpetri, aridi Letterati, grani matici e filologi ed eruditi, codesti motivi religiosi, politic 1 F. Ch. Schi.osser, Daiite-StiKÌie» (Leipzif^, 1B55,). APPENDICE mancavano e umanitari 197 mancano: e sicché, salvo rari casi, loro ermeneutiche immag-inazioni non importano le che oziosità morale continuano patrioti, tradizione, la ma delle frigide centesche, e riescono cone, « non delle anime pie o dei fervidi accademie cinquecentesche e se- tutt' come avrebbe detto BaNon starò a racco- insieme, fantastici, litigiosi e ostentatori ». un saggio gliere altro e acrisia mentale, ed essi ripigliano e o florilegio delle loro predilette questioni e delle discordanti e svariatissime soluzioni che ne propon- gono (il «grave problema», come lo chiamano, del « pie fermo », l'altro delle « tre tìere », quello del «cinquecento dieci e cinque », e simili), perchè la voglia che a ciò pò-- irebbe indurre di ridere e far ridere sarebbe qui dantesca- mente rimproverabile come «bassa voglia»; senza povertà spirituale la dantisti « e si » si ripugnanza prova alla e dire che l'impotenza intellettuale di codesti dimostrano atte più veramente a destar fastidio un penoso sentimento, simile a quello che 11 dantista», che non e vista di un'infermità. <^ riesce a dipanare la matassa da lui stesso arruffata e al quale nessun suo collega in simile lavoro presta fede quando si dà a credere compiuta, egli di averla dipanata inorgogliendo per l'opera ci si presenta a volta a volta pensoso, accorato, addolorato, piegante sotto il pondo della responsabilità as- sunta, ovvero esaltato e fanatico, o addirittura con parole da e atti e non già, folle. Tale spiccatamente è dei volgari, del Pascoli, il ma «vedeva», non esponeva ma annunciava « -' si riempiva di «profonda poema, quali da i e rivelando pel ai dubbi e « congetturava verità definitive e inconfutabili», nelle loro linee prime, del caso di uno d'essi, il primo « si ma letizia » era , « s'ignoravano e profondi misteri alla incredulità altrui, non s'in- sicuro », e per- portando a Firenze, pensiero di Dante e sei secoli » possibilità o probabilità, dustriava di persuadere ragionando, ciò ora il quale non si » , il disegno cercavano », ora scattava dichiarando che non ere- LA POESIA DI DANTE 198 dergli era ma « rendersi colpevoli di un oltragfrio, non a genio della nostra -stirpe al Anche parlare per sua bocca. il libro di un professore enimmatica dantesca, riposta non solo la « si lui, Dante», non sciogliere pritore », mi testé lui solo, e di ma di Dante, » « le al solito, sicuro di averle e, avere sta nei panni si venuto a mano persuaso che in questa parte è è seconda bellezza un inno non è liii^ degnava si di statistica, che, invescatosi nella maggiori sue magnificenze», scoperte a Dante, che « dalla ingrandita la gloria di gioia e termina sa bene se al discoperto o con lo disco- al '. Queste cosi dette «questioni dantesche», prive d'importanza e spesso di fondamento e di metodo, compongono almeno tre quarti della ingente nell'ultimo cinquantennio è si mole di carta stampata che accumulata su Dante. nente è occupato da indagini filologiche circa il testo delle opere, le fonti, le allusioni, o le allegorie e gli storico e enimmi non con quello altresì, disila ma i Il rima- la biografia, tempi trattati di Dante, con metodo combinatoria fantastica, da medievalisti e non da almanaccatori privi di specifica cultura '-: indagini delle quali sarebbe superfluo difendere la legittimità e l'utilità e che hanno avuto cultori valentissimi,, dal Witte al Moore, dal Todéschini al Del Lungo, per ricor- dare solo alcuni nomi. Ma assai confuso rimane il rap- porto tra esse e la poesia della Commedia, non bene in esse discernendosi l'interpetrazione storica, che abbiamo detta « allotria», dalla interpetrazione storico-estetica; gli studiosi di 1 Dante Basti, del resto, il si onde presso trova ripetuta e data per incon- Bkxim. Dante splendori dei titolo: R. fra tjli (Roma, Sampaolesi, 1919), Addito nella non larga schiera dei lavori di questa sorta <iuelli del Guerri, del quale si vedano in proposito sagge avvertenze meto- suoi enigmi risolti '-' dologiche nel Giornale dantesco, XIIT. 177. APPENDICE testabile «< per intendere Dante sia » teologia o di più, la la premessa o la conoscenza della sua sua politica, della filosofia, laddove fia, che sentenza, falsissima la chiave lOD sua biogra- della vero è che queste, e molte altre cose per il conviene storicamente conoscere a tal uopo, ma conoscere solo in funzione di poesia. Accade di conse- guenza che i dotti conoscitori di tutto l'altro nuti poi innanzi al come credono sela, e, provvisti Dante, perve- Dante poeta, non sappiano come cavard'essere di tanti ordigni, si trovino manchevoli proprio di quello o di quelli che sono E affinché non ognuno può verificare a che mai metta capo la vasta monografia su Dante del tedesco Kraus ', il quale, quando « viene al paragone », quando deve dire che cosa è veramente la poesia di Dante e descrinecessari per l'intendimento della poesia. sembri che qui vere, com'egli Dante », si si che -. esprime, rimanda senz'altro non meno vasta relli parli a vuoto, ofi're « lato e dotta monografia italiana dello Zingainvece dello studio estetico della classificazione Dante ha rappresentati, figure rettoriche, e altrettali cose. che estetico e rettorico di in ultimo, poesia dantesca, una oggetti che il alla «letteratura speciale »; e la degli affetti e degli e spogli filologici delle Le trattazioni su Dant<', leggono nelle storie letterarie, dopo aver compen- si diato biografia, storia esterna delle opere, fonti, invenzioni e disegno della Commedia, non dicono nulla che propriamente alla poesia o quando non ripetano De del in si riferisca recano solo mere nozioni generali, modo più o meno scialbo i giudizi Sanctis e di altri critici della generazione romantica. In verità, per intendere Dante e qualsiasi altro spirito creatore, oltre e delle notizie che occorrono per questo F. X. IvKALS, Dante, sein Lebeu, sein 1 Kunst - prima Wer/i', tseiae ìind zar Folitik (Berlin, 1897). Dante (Milano, Vallardi. s. a., ma 1903). Verluiltninse zar LA POESIA 200 DANTE DI o quel particolare, è necessario possedere quella fondamen- conoscenza o coscienza storica, che tale col formarsi e crescere forma e cresce si nostra personalità interiore della (sorta di ontogenesi che coincide con caso di Dante, è necessario farsi un'anima dantesca, la filogenesi); conoscere insieme, poiché egli fu poeta, e, nei che sia quel e, la poesia nella sua eterna natura. Anche i più fini ingegni, quando non adempiano a queste due condizioni, non possono se non libare qua e là la poesia, ammirare situazioni, parole, immagini, respingere taluni erronei giudizi, orientarsi verso il ma non segno giusto, essa suscita. E investire dal centro i problemi vazioni ò dato raccogliere dai saggi di analisi che negli ultimi offerti si sono cinquant'anni della Commedia e delle opere di Dante, e particolarmente dalle così dette altre conferenze dantesche « clie certo molte belle pagine, molte sottili osser- », letture con estetici dei singoli canti, tenute in d'Italia '; le quali, commenti storici ed Firenze e in altre città per altro, troppe volte, come vuole la loro occasione, pendono nel rettorico e troppo divagano in questioni accademiche, erudizioncelle, fervorini morali tici, e arguzie e salamelecchi, sminuzzano troppo. E ragguaglio di questi se e, qui studi, e patriot- anche nella parte si scrivesse estetica, un particolare converrebbe ricordare alcune esegesi pregevoli anclie per le osservazioni estetiche (com'è il commento allo studio di del Torraca), e alcune assennate introduzioni Dante, come quella ormai glese Syraonds e la più recente e francese vecchia dell'indell' Hauvette, e qualche tentativo di approfondimento come, per l'allegol'ismo, 1 (^ del Borinski Noto, tra -, le migliori. in un libro V. Si'ixazzola, del // resto cauto assai XVTI opaco, ilelì' lufeì'tio Napoli, 1903): sulla figura di Gerione. - .S., K. 1897). BuiuNsici, Uehev poefische Vision und ìinagination ; Halle a. APPENDICE c, per riesca il «soggettivismo», del Gorra a tener distinti r« autobiografismo Ma della lirica. », il i diversi 201 ', sebbene questi non significati di tale parola, «lirismo» e il «genere letterario» più in alto di questi lavori, provenienti dalla da porre ciò che di Dante scrissiun letterato e pubblicista politico, un profugo poLìcco, il Klaczko con acuta penetrazione e fine senso d'arte, ripigliando in esame il vecchio e sempre riproposto ravvicinamento di Dante e Michelangelo, e diiferenziando e quasi filologia e dalla scuola, è - opponendo i due artisti, l'uno dei quali, lo scultore, pati una tragedia estetica, quella dell'inadeguatezza della forma al- l'ispirazione, della possa all'alta fantasia, e l'altro, artista semplice e politica, e sicuro, pati invece una tragedia meramente nutrendo nel suo petto un ideale attinto che non solo era in discordia con e col corso della storia, ma la vita al passato contemporanea veniva contrastato, insidiato v corroso in ogni parte dall'opera sua stessa e dal suo procarattere intellettuale prio e morale. Nel leggere quelle pagine, in cui l'artista parla dell'artista e l'uomo dell'uomo, compagnia di Dante. compagnia di Dante, finalmente, ci si ritrova nell'ultima grande monografia che sia venuta in luce intorno alla Commedia, quella del Vossler ^,la quale veramente abbraccia ci si ritrova in E in assai più cose che a noi prime nelle non sembrino necessarie, perché tre parti investiga le origini religiose, filosofiche, etiche, politiche e letterarie del pensiero e della cultura dantesca, risalendo greco-romana, o 1 E. G-ORRA. - J. IvLACZKO. ' a tempi remoti, all'antichità orientale e dando una storia, piuttosto // soggettivismo di Dante (Bologua, Zanichelli, 1899). Cauieries florentines (Paris, 1880). Karl Vossler, Die Erklarung (Heidelberg, Laterza. 1909-13Ì. che particolare góUtic/is Komodie, Entwickliingsgeschichte 1907-10): delle prime tind tré parti, trad. ital. (Bari, LA POESIA DI DANTE 202 di Dante, generale di tutti quegli aspetti dello spirito per lunga distesa di neggiata con secoli. Un'immensa materia trattazione concisa non perde mai di vista il umano vi è padro- ed epigrammatica, suo oggetto ultimo, che mente e la l'animo dell'autore che vuole illustrare, del poeta della Com- media, e non esagera uomo politico e il valore di lui pensatore, scienziato, religioso, anzi riconosce espressamente la v scarsa originalità di ciò che, piuttosto che creare o trasfor- \ raccoglieva e componeva nella sua personaliti^, e < mare, .si egli rifiuta a pensare la Commedia come «opera mista», scienza e poesia ad una, perché (come ben dice) umano sono senti dello spirito « le opere più pos- non quello quelle pure e ibride, sono opere di arte pura, di scienza pura, di praxis pura». L'ultimo volume dell'opera è tutto consacrato al problema artistico della Commedia; nel qual punto il critico, se ne avveda o no, non trae già le conseguenze della trat- ma tazione precedente, da capo: non extrapoetici, comincia un nuovo lavoro, Dante studiato nei suoi riattacca al ma prende a considerare la dialettica del primo luogo, in artista, e si infatti, si propone si rifa aspetti Dante problema il Commedia. Problema che è impossibile salvano procurar di porre a tacere con mistiche dell'unità della tare, e che è o intellettualistiche asserzioni sull'unità dello spirito dantesco, perché esso tico lettore si ripresenta ineluttabile a qualsiasi poe- poema, del e la dantesca storia della critica mostra che è stato sempre avvertito e più o meno mente formulato pevole e e risoluto. lo affronta scendo una dualità ideale e e Dante il correggere e il e Il con grande serietà ed energia, ricono- come un'antinomia reale, tra il e lotta tra Dante che Dante che non cangia ; il si < il Dante autore romanzo » di al Vossler. Dante abbiamo posta un romanzo teologico non piacerebbe il vuol cangiare che non è troppo diverso, in sostanza, dalla distinzione che noi tra felice- Vossler ne è appieno consa- ma '^la parola con l'aggettivo APPENDICE « teologico » « realismo >, tesca), e sa che il si è conferita quell'impronta di serietà, quel giustamente sente nell'invenzione dan- egli Dante poeta. Vi ha anche il « le che 20S tono fondamentale di meglio: il Vossler Commedia dello stile della » è «essenzialmente lirico», nascente dall'animo o dal sentire (Gemitt) quanto si dello che questo vitale principio lirico, solo in trovandosi a fronte l'azione epico-drammatica della Commedia romanzo il ma «storico Dante Alighieri», esprime nel poema. Senonché egli pensa anche teologico, come diremmo (o, noi, viaggio pei tre mondi), ora la con- il verta in intima poesia ed ora no, e che nell'esame di questa lotta e vicenda, che si prosegue lungo le tre cantiche, debba consistere la critica estetica del poema, la quale perciò, nel modo in cui il Vossler concepisce ed attua, prende a la considerare, cantica per cantica, e parte per parte, prima l'astratto scheletro, lo scenario, esterna, e in ultimo di questi due si fa a * il intendere e giudicare movendo fattori, macchinario, poi l'azione interiore, del sostrato lirico la proprietà dalla proprietà dell'azione del poema » . In conseguenza neW Inferno Vossler giudica grande di questo concetto, la compenetrazione tra esterno e interno, minore assai nel il non esita a dichiarare opera «fondamentalmente mancata » Pitrgatorio e nulla nel Paradiso, che « controsenso poetico » «gigantesco sbaglio»; concetto, , e, sempre in conformità di questo accade di giustificare poeticamente gli la suc- cessione delle pene e dei castighi o taluni trapassi che non sono trapassi (come, per dirne uno, litica di di la lunga invettiva po- che segue all'incontro con Sordello), e, più spesso, biasimare parti perfettamente poetiche, come Matelda, tra la l'esame a cui il «gran variazion dei poeta viene sottomesso dai e perfino d' irridere l'aspetto del Purgatorio canti del tre « i mai», o apostoli; come un personaggi un sanatorio», e Paradiso, che chiama «casi clinici». tuto di cure» o la figura freschi « isti- dei primi Il Vossler LA POESIA 204 fa certamente, in altri DANTE luoghi, osservazioni assai quando viene interpetrando come pel Paradiso, mostra si ritraggono: ma con quella relazione da avviluppa fini, ciò che vi è d'astratto e d'arti- pomposo, negli spettacoli laccio, il che si è avvolto intorno, lui po;sta tra struttura e poesia, lo in difficoltà inestricabili e lo trae a conseguenze come sono quelle di cui si è fatto cenno, e mente lo menerebbe a ritrarre Dante, proprio come erronee, ezko non voleva, qual poeta dibattentesi in una « logicail Kla- tragedia estetica*, lottante con una materia sorda, e ora soccomlìente: qual cosa non è chi non veda la sia poesia del poema, sia quando,, la e talora di superficiale e ficioso, che vi DI e ora vincente af- discordante dalla fisionomia dell'arte dantesca, cosi fatto schietta nel suo gran vigore. L'uscita dalle difficoltà e dagli errori non può non aversi, a nostro avviso, se guere nettamente struttura istretta relazione filosofica poesia, ponendole e ed entrambe come necessità dello col distin- etica, e perciò bensì in considerandole spirito dantesco, ma guardan- dosi dal pensare tra loro qualsiasi relazione di natura pro- priamente poetica. Solo a questo modo è dato godere pro- fondamente e tutta la poesia della Commedia, e accettarne insieme la struttura, con qualche indifferenza bensì, senza avversione Comunque, le il e, ma soprattutto, senza irrisioni. lavoro del Vossler, ottimo in quasi tutte sue premesse e ricco di tanti sagaci giudizi', sarebbe dovuto essere principio tica su Dante; e di migliore avviamento nella cri- che ciò non abbia avuto luogo, e che anzi quel suo quarto volume sia rimasto poco discusso e quasi inosservato, non torna certo a onore degli studi danteschi, prova della scarsa energia mentale onde e fornisce chiara generalmente sono 1 A coltivati. L'amico autore m'informa sul Paradiso, nel quale modifica ritentare questo migliore di avere preparato un nuovo studio il suo primo concetto. APPENDICE avviamento è rivolto i fili mio saggio, che della critica precedente e ne in parte altri il fili, ha 205 ha ripigliato ha proseguito la tela, e in parte disfatto e rifatto (mesta tela, e vi anche questo cenno della forse più resistenti?^ storia della critica dantesca ha introdotto — riguardata sotto l'aspetto del- l'estetica e della interpetrazione e giudizio della poesia, ossia non confusa né con la storia della interpetrazione né con quella della « fortuna » di Dante — « allotria » vuol essere semplice saggio e avviamento, perché gioverà forse tener presente in modo più particolareggiato quanto finora si è assodato o abbozzato o proposto intorno alla poesia di Dante, per sempre meglio connettere tichi e saldare, anche i in questo nuovi pensieri con campo gli an- di studi, la catena del progresso mentale. ^^-^ I INDICE DELLE COSE DEI NOMI E- Accidiosi, 80, 168. corritrice, Adriano Commedia, 74-5 (papa), 122. Adulatori e ruffiani, 89-90. Alardo, 100. prologo nel ; tico di essa nel Purgatorio, 1813; nel Paradiso, 135-6, 153. Alisetta o Lisetta, 40. Belacqua, Allegoria, suo carattere, e me- Bernardo (san), 138. Bertram dal Bornio, 100. Bocca degli Abati, 103. todo d'interpetrazione, 13-4, 15, 20-24, 89, 120, 129-31. Amore della carattere poe- 109. (1') nella Commedia, 79-80. Anfiarao, 92. Angeli, 106-7. Bonifazio (papa), Architettura della Commedia e pretesa bellezza architettonica, Buonconte da Montefeltro, 68-9. Architettura gotica e poema dan125. Aronte, 92. Arpie, 85. Arzanà dei Viniziani, 93-4. Asdente, Avari 92-3. e prodighi, 80. 90-1, 99-100. d'Oria, 103-4. Brunetto (ser), 87-8. Cacciaguida, 157-8. Canzone Tre donne, : Capane© tesco, 68-9. Arnaldo Daniello, Branca , 111. 23, 48. 86. Carattere generale della poesia dantesca, 161-2; la cosiddetta « staticità » 163, , ed « oggetti- vità», 163, ed «extratemporalità», 163, e « scultoreità » , 164; carattere di ciascuna delle tre Barattieri, 94-5. cantiche, 70-1, 146; crescente vigore della poesia dantesca Beati dal e santi, 146-9. Beatrice: allegoria e poesia, 22; nella lirica giovanile, 37-8; soc- principio Commedia, alla 73. Carlo Martello, 137. fine della INDICE DELLE COSE E DEI NOMI 208 Caronte, Descrizioni nel Paradiso. 139-41. 75-6. Didascalica, carattere della poesia didascalica di Dante, nel Casella, 107. Catone, 18, 105-6, 107. Cavalcanti C. 83-4. Cavalcanti G., 26. 39, Centauri, 84-5. Ceprano, 100. Cerbero, 79. Furgatorio, 120-2; nel Paradiso, tono insegnativo. 1.50-3, scene di esame, 1-53-4, cogni- 149-54; 9S-4. zione mistica, 154. Divina Commedia e Faust, 65, 68; dramma shakespeariano, 68; Ciacco, 79-80. (Jhansons de geste, 93, 167. e arcliitettura gotica, 68-9. Dolcino Chirone, 85. Cino da Pistoia, Commenti Encomi ('orivi fio, 50. morale dei e lisica tre regni, 5S-9: questioni intorno ad essa, 59-64. Critica dantesca,rivoluzione compiuta in essa dal Vico, 173-4 179-80; nel tre e quattrocento 175-7; nel cinquecento, 177-9 nel seicento, 180-2; la critica e nuovo storicismo, 182-4; nel periodo romantico, 185-90; nel De Sanctis, 190-5; nel periodo positivistico, 195-9; ai tempi Cunizza, 137-8. Dante, aspetti vari della sua opera, 9-11; coscienza che ha della sua poesia e della sua missione, 156-7, 1.58; poeta, 166; triade dei sommi e sua gloria sorriso, 111-2. 126, 153, 165-6; sommi 96, sua di 109, D. nella poeti o dei poeti moderni, 183-4; D. Omero, 174, 179, 183, 187; D. e Michelangelo, 164, 201; D. e Shakespeare, 29, 167, 183. 184, 186, 193, 194. De De panegirici nel Para- Entrata nella città di Dite, 80 2. Epistola a Can Grande, 11. Età di Dante e carattere di essa. 50-2. EuripilO; 92. Falsari, 101-2. Farinata degli Uberti, 66, 82-3^ 112. Filosofia e scienza dantesca, 14-5, 17. Fortuna (la), 80. Francesca da flimini. 19-20, 25^ 77-9. Francesco (san), 147-8. austerità, e varietà e ricchezza della 165-6; e diso, 146-9. Firenze dei vecchi tempi, 157-8. Forese, 122-3. nostri, 199-206. poesia, (san), l'48-9. e loro uso, 26. Costruzione il (fra), 100. Domenico 40. monarclita, 14, 50. vulffari eloquenfia, 14-5. Gerì del Bello. Gerione, 88-9. Germanesimo 100-1. e Dante, 167, 168. Ghiacciaia, 102. Giasone, 90. Giudizi su poeti, 125. Gloria e sua vanità, 117. Golosi. 79. Guerra e sue commozioni, as- senti dalla Commedia, 166-7. Guido Guerra e altri della vec- chia Firenze. 88. INDICE DELLE COSE E DEI XOMI Guido da Montefeltro, Musica 99-100. canto nel Purgatorio. e 107-8. (Tuiuizelli, 125. Iacopo del Cassero, llO-l. lacopone (fra), 53. Impressioni di viaggio, 107. Nesso, Nino 85. TiriudiceV 114. 126, Oderisi da Gubbio, 116-7. 189. Infingardi, 75-6. ] 209 uterpeti'azione storico-estetica. 15-6, 16-20. Interpetrazione « allotria » , 11-3. Invidiosi, 118. Ipocriti, 96. Omberto Aldobrandesco, Omero: v. Dante. Opere minori di Dante 116. e loro rapporto conia Commedia, ^tQ. Oratoria e invettiva nel Paradiso, 154-6. Oscurità di Dante, Isola del Purgatorio, 105-6. 24-6. Italia (invettiva all'), 113. Paesaggi fantastici nel Paradiso. Limbo nobile castello, 75-6. e Lirica giovanile di Dante 143-4. e suoi difetti e pregi, 35-40. come Liricità elaterio Paradiso e sua pretesa inferiorità poetica, 30-1, 145-6. estetico. 31-2. Peccatori (specie di) nel Purga- torio, 11-5-6. Luce e canto nel Paradiso, e loro espressione artistica, lil-3. Peccati d'amore, 125-6. Piccarda, 123, 136-7. Lucifero, 102-3. Pia Lussuriosi, 77. Pier della Vigna, 85. Pier da Medicina, 100. Politica di Dante, 18-9. Maestro Adamo. Malaspina, 101-2. 118-9. Poesia (celebrazione della) nel Manfredi, 106. Purgatorio, 124. :\ranto, 92. Marte (statua di) e leggenda, 86. 22, 127-S. Medioevo Messo (il) e Dante, Mitologia in Dante, 160, 189: v. Caronte, Centauri, Cerbero, ecc. e Dante, 166. oltremondo in Dante. 80. d'Italia e d'Europa, 112-3. Provenzan Salvani, 117. di 51-2, 53-8. 158-60. B. Crock, Poesia senza aggettivo, 169. Poetica di Dante, 28. Preghiera di san Bernardo. 149. Primi canti della Commedia, 73Principi rio, 113-4. Mondo Poesia del Paradiso, 145-6. Poesia personale nel Paradiso. 156-8. 166-7. del cielo, 81. Michelangelo: v. Dante. Minosse, 77. Minotauro, 84. Mistero dell'anima nel Purgato- Modernità 111. Politica (poesia) nel Purgatorio^ 114. Maliardi. 91-3. Matelda, (la). La poesia di Dante. Realismo 60-1. e illusionismo in Dante, INDICE DELLE COSE E DEI NOMI 210 Ricordi classici, 86. Rime Rime Rime Rime Stazio e allegoriche. 43-5. l'incontro con Virgi- lio. 123-5. nuovo sua poesia, dottrinali, 45-6. Stil della Pietra, 44. 46-7. Struttura e poesia in Dante e loro varia relazione, 63-8. Superbi nel Purgatorio, 116-7. morali. 47-8. Ritorno a Firenze (pensiero deli, e 33-4. 157. Romagna e sue condizioni poli- tiche, 98-9. Romanticismo Romanticismo Dante, 168. sua estetica spetto a Dante, 28-32. Romanzi e e scientifici e ri- romanzi teologici, 59-61. Romeo. Tagliacozzo, lOU. Taide, 90. Terra (la) vista dal cielo, 158-60. Terzina (la) dantesca, 164-5. Tiresia, 92. Topografia fisica .Sapia, 118. Ugolino, Scene apocalittiche del Purgato- Ulisse, 97-8, 99. rio, 128-31. (celebrazione delia), 114-5. Seminatori di scandali e scismi, v. 19, 25, delle), 97. 103-4. Unità e molteplicità dello spirito di Dante, 26-7. Unità estrinseca e unità intrinseca della Commedia, 69-71. Usurai, 89. 100. Sentenze in Dante, 96. Sentimento della natura, 168. Shakespeare v. Dante. Similitudini in Dante, 93-4: nel : Paradiso, 144-5. Simoniaci, 90-1. Sinone, 102. Sistema penale àeW Inferno, 84. Sogno, morale: Trasformazioni (canto 137. Scultura e Costruzione. 114. Sordello, 112. Vanni Fucci, 96-7. Veglio di Creta, 86-7. Viaggio paradisiaco, 138-9. Virgilio (apparizione di), 74; sua tristezza, 108; disparizione, 131. e romanzi moderni. 59-60. Visioni e sogni nel Purgatorio, Visioni medievali scientifici 119. Vita nuova. 40-3. INDICE DELLE COSE E DEI NOMI 211 II Abicht, Gioberti, 196. 184. Alfieri, 194. Giotto, 39. Ariosto, 84, 194. Aristotele, 177. Goethe, 29, 65, 180, 183, 184, 194, 201. Gozzi, 181. Bacone, Grimm, 197. 168. Balbo, 196. Guerri, 198. Becelli, 177. Guinizelli, 34. Bembo, 175, 178. Hauvette, 200. Hegel, 185, 191. Benini, 198. Berchet, 167. Bettinelli. 180, 181, 186. Boccaccio, 165, 176. Bodmer, Borghini, 181-2. Bouterweck, 185-6, 190-1. Bruni, 176. 20, 30, 189. Carducci, 204. 12, 178-9. Borinski, 200. Byron, Klaczko. 201, Kraus, 199. 11, 20, 39. Landino, 196. Lamartine, 181. Leonardo aretino: v. Bruni. Leonardo da Vinci. 164. Leopardi, 31, 187. Lucrezio, 177. (Jarlyle, 188, 189, 192. Castravilla, 178. Macaulay, Cesari, 191. Machiavelli, Cesarotti, 180. Manzoni, Glaudiauo, 189. Coleridge, 23, 188, 189. Cosmico, 178. Mazzini, 177, 196. Milton, 188-9. Moore, 188-9. 14. 15. 198. Mordell, 181. Dejob, 58. Del Lungo, Dvorak, 69. Muzio, 178. 198. Nores (de). 177. Emiliani Giudici, 179. Omero, Empedocle, Ovidio, 189. 177. 174, 178, 183, 187, 189. Eschilo, 189. Ottimo C'oniento, 164. Eauriel, 179, 187, 189, 192. Pascoli, 68, 197. Foscolo, 183, 187, 196. Pellico, 195. Pucci, 176. INDICE DKLLE COSE E DEI NOMI 212 Romantici, 2vt. :t2. 168. Torraca, 2"30. Torti. 177. Rolli. 183. Rossetti, 15, 196. Toynbee, 184, Troya, 12, 19. Sanctis (de), 28, 190-5, 199. Varchi, 178, 183. Rosmini, 196. 188. Schelling, 177, 185. Vellutello. 196. Schiller, 194. Vico, 173-4, 179-80. 183, 188. Schlegel, 183. Villani, 175, 176. Schlosser, 196. Schopenhauer, 30. Shelley, 189. Spinazzola, 200. Symonds, Villemain. 179, 187. 189. Vischer. 191-2. Voltaire, 180-1. Vossler, 201-5. 28. 200. Walpole, Tasso, 194. Tieck, 184. Todeschini, 198. Tommaseo, 187. 189, 196. 180. Witte, 198. Zingarelli, 199. INDICE Avvertenza pag. Introduzionk I. Il Dante giovanile e « il Dante della «Commedia» Commedia II. La struttura della III. L' Inferno' IV. Il «e V. Il «Paradiso» VI. Carattere e unità della poesia dantesca e Purgatorio Appendice. — Sulla >• e la poesia » 7 » 9 > SH » 58 » 78 » 105 -135 ... storia della critica dantesca Indice delle cose e dei nomi . » 161 :- 171 » 207 . University of Toronto OS u o o -p L'brary DO NOT REMOVE THE CARD FROM THIS o o o POCKET ci Acme Library Card Pocket Under Pat. "Ref. Index File" Made by LIBRARY BUREAU li