LA GRANDE GUERRA LE CAUSE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE: Lo scoppio della Prima guerra mondiale trovò le sue cause dirette nelle stesse pulsioni che avevano alimentato l’età dell’imperialismo (1876 la regina Vittoria si proclamò “imperatrice delle Indie”, cioè non solo l’India, ma tutto l’immenso dominio coloniale).Tra la fine dell’Ottocento e inizio Novecento il nazionalismo fece integrare le masse allo stato, proiettando fuori dai confini le tensioni che agitavano la società e ciò permise di attenuare i conflitti di classe, ma aveva anche installato una marcata aggressività verso l’esterno. Le scoperte scientifiche avevano segnato un miglioramento delle condizioni di vita, ma avevano incubato anche i germi di razzismo e della xenofobia. La libera concorrenza aveva spalancato i nuovi mercati, ma aveva prodotto una competizione economica che non escludeva la guerra. Le innovazioni della seconda rivoluzione industriale (motore a scoppio, telefono, macchina da cucire, carbone, elettricità, petrolio ed acciaio) avevano favorito un glorioso sviluppo economico, ma portò anche alla produzione di armi sempre più distruttive. Lo stato era intervenuto nell’economia assumendo la tutela degli interessi pubblici, ma questo intervento aveva dilatato le spese militari. La competizione imperialista (necessità economica destinata ad una politica fondata sulla forza militare) portò alla costituzione di enormi imperi coloniali, ma alimentò la rivalità tra le principiali potenze. I finanziamenti privilegiarono la flotta: in un confronto mondiale, il dominio dei mari era una priorità strategica. Tutte le principali protagoniste delle guerra, vissero gli anni precedenti alla guerra in modo da rendere inevitabile lo scoppio delle ostilità. Le forze che erano state protagoniste, sotto la guida di Bismark, della costruzione dell’impero tedesco (Junker, la monarchia e l’esercito) diventarono sostenitrici di una politica estera più aggressiva. La triplice alleanza (patto difensivo nei confronti della Francia che rivendicava Alsazia e Lorena, perse nella guerra franco prussiana del 1870-1871, del 1882 tra Germania, Italia e Impero austro-ungarico) e i grandi successi diplomatici di Bismark non erano più sufficienti. Quando nel 1888 il nuove imperatore Guglielmo II salì al trono, la carriera di Bismark si concluse e queste forze imperialistiche trovarono il loro punto di raccordo nel progetto della creazione di una grande Germania , capace di estendere i propri confini per tutta l’Europa. Le mire espansionistiche del nuovo imperatore, oltre che essere dirette verso l’Africa e l’Oriente, si indirizzarono verso i Balcani. La Germania allestì una potentissima flotta ed esso fu il segnale più esplicito della portata globale a cui la Germania ambiva. La rivalità tra Germania e Gran Bretagna, è considerata la vera causa scatenante del conflitto mondiale. L’Inghilterra assunse una posizione difensiva (intesa prima con la Francia nel 1904 e poi la Triplice intesa del 1907 con Francia e Russia) che mirava a preservare la leadership mondiale, di fatto l’aspirazione della Germania era diventare una potenza globale. (Giappone ed Usa limitavano le proprie pretese egemoniche a parti limitate del pianeta). Dal punto di vista inglese la costruzione della flotta tedesca era una minaccia diretta e immediata, poiché il controllo degli oceani era di vitale importanza per la Gran Bretagna. Le rivalità si manifestarono in numerose crisi, tra le più importanti le crisi marocchine del 1906 e 1911. La Germania avanzò delle pretese sul Marocco, ma si scontrarono con quelle francesi, ma l’appoggio inglese alla Francia aveva contribuito a contenere le ambizioni tedesche. Anche il conflitto tedesco-francese - per i territori dell’Alsazia e della Lorena, passati ai tedeschi dopo la sconfitta francese del 1870- e la rivalità austro ungarica-russa per i Balcani, contribuirono a rendere la situazione incandescente. Inoltre le crisi interne dell’impero ottomano e della Russia resero la situazione più tragica. L’impero ottomano fu scosso dall’ascesa al potere dei giovani turchi (movimento politico costituito da intellettuali e militari) che si adoperarono per rafforzare l’esercito e per promuovere lo sviluppo economico. Nel 1908 organizzarono un’insurrezione militare, in seguito alla quale ottennero un regime costituzionale. Tutti, si approfittarono di questa fase di transizione: nel 1908 l’Austria-Ungheria decise di annettere al proprio territorio la Bosnia-Erzegovina. Ciò creò forte scontento della Serbia e della Russia. Inoltre l’impero ottomano dovette cedere la Libia e il Dodecaneso nel 1912. Nello stesso anno la Serbia, la Bulgaria, la Grecia si allearono contro il governo turco, l’impero sconfitto dovette abbandonare tutti i propri territori nei Balcani. Nel 1913 la Bulgaria insoddisfatta della spartizione dei territori si oppose alla Serbia, Romania, e Grecia. La sconfitta della Bulgaria e la pace di Bucarest non garantì una soluzione. Così crisi internazionali e interne si fusero negli anni antecedenti al 1914. Alla fine dell’800 l’impero zarista era un grande potenza grazie alla vastità del territorio, il numero degli abitanti e la forza militare. In seguito della seconda rivoluzione industriale, il paese subì una cauta modernizzazione. Il problema era costituito da 100 milioni di contadini oppressi dalla tasse. I contadini erano organizzati in comunità di villaggio (mir), che amministravano i terreni dividendoli in quote eque, tuttavia la terra da coltivare era poca e le tasse non si potevano evadere. Sul piano politico, durante il regno di Alessandro II si avviò una cauta liberazione, si abolì la servitù della gleba (1861). In Russia si cominciarono ad affermarsi i primi partiti politici: il partito costituzionale democratico che rappresentava la borghesia e i nobili progressisti, i socialisti rivoluzionari , promontori di rivolte contadine e i socialisti di aspirazione marxista, confluiti nel partito socialdemocratico (1898) seguito da molti operai. Nel 1905 si divampò un moto rivoluzionario contro l’impero zarista, in seguito l’umiliazione subita nel 1904-05 contro il Giappone (Manciuria e Corea). Lo zar fu così costretto a concedere alcune riforme: fu istituito un Parlamento, il Duma e furono concesse la libertà politica e civile. Il primo ministro Stoplyn fece una riforma agraria, che prevedeva la frantumazione del mir, favorendo la proprietà individuale. Per rafforzare il proprio potere lo zar alimentò una rinascita al nazionalismo, puntando al Giappone. L’impero multietnico e multinazionale dell’Austria-Ungheria era scosso da tensioni nazionalistiche che per l’Austria riguardavano le minoranze italiane in Istria e Trentino, i cechi in Boemia e Moravia, i polacchi in Galizia, gli slavi in Slovenia e Dalmazia. L’Ungheria doveva confrontarsi con i croati e gli slovacchi, i rumeni in Transilvania e i serbi. Neanche il blocco dominante era in pace a causa degli scontri tra Partito cristiano sociale (1887) e Partito socialdemocratico (1889). Il paese, ad eccezione della Boemia e Stiria, era essenzialmente rurale. Una politica di modernizzazione portò ad alcune riforme: tra il 1907 fu introdotto il suffragio maschile per i maschi di età superiore ai 24 anni. GLI USA: Fu una della grandi potenze mondiali extraeuropee della Grande Guerra. In seguito alle guerre civili del un’enorme ricchezza. Già alla fine dell’ottocento questa forza economica si tradusse con il desiderio di dominio mondiale. Nel 1867 acquisirono l’Alaska dalla Russia, nel 1898 le Hawaii e Cuba, Portorico dagli spagnoli. In America meridionale il controllo esercitato sul canale di Panama, garantì agli Usa un accrescimento della loro influenza. 1865, il paese visse un impetuoso sviluppo economico che lo portò nel 1914 ad essere il primo produttore di ferro, carbonio, petrolio, rame e argento. La produzione crebbe del 2000%. L’espansione verso ovest proseguì ininterrotta grazie ad una rete ferroviaria che già nel 1900 superava per estensione quella di tutti i pesi europei insieme. Dal 1860 al 1914 la popolazione da 31 milioni divenne 92 milioni, di cui 21 erano immigranti. L’economia restava rurale, ma poteva vantare di tecnologie avanzate (fertilizzanti) che permetteva di farne IL GIAPPONE: All’infuori dell’occidente, l’unico paese in grado di partecipare alla competizione imperialistica fu il Giappone, grazie alla sua capacità di imprimere una brusca accelerazione al processo di modernizzazione. Fu coinvolto nella seconda rivoluzione industriale, ma dovette recuperare due svantaggi: la concorrenza più agguerrita e la scarsità di capitali, tuttavia possedeva una risorsa importantissima: la manodopera a basso costo. Nell’era Meji (imperatore Matsuhito) investì sulle istituzioni, come la scuola e l’esercito. Ad alimentare la modernizzazione fu soprattutto la produzione agricola (seta e riso). Dopo lo Stato, ad occuparsi di tale trasformazione furono delle istituzioni private zaibatsu che riuscirono a sviluppare industrie pesanti, meccaniche e minerarie. Queste grandi concentrazioni monopolistiche contribuirono a dare un volto autoritario al regime politico; la costituzione concessa dall’imperatore nel 1889 dava al Parlamento un ruolo consultivo. L’imperatore possedeva poteri illimitati. Il Giappone si dotò di un flotta da guerra agguerrita, le cui spese aggravarono sulla Cina (isola di Formosa) e Russia (1904-1905). L’INIZIO DELLA GUERRA: Il 28 Giugno 1914 a Sarajevo (Bosnia), lo studente serbo-bosniaco Gavrilo Princip uccise l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austriaco. Dal 1903 sul trono di Serbia salì Pietro I, acceso nazionalista, che voleva una Serbia fatta da serbi, croati, bosniaci e sloveni e contava sull’appoggio della Russia. Per questa ragioni, l’annessione della Bosnia da parte dell’Austria nel 1908 era stato causa di frizione in Serbia. Il 23 Luglio l’Austria inviò un ultimatum alla Serbia (fine della propaganda antiaustriaca, l’arresto di alcuni sospettati). La Serbia accettò grande parte delle richieste, ma il 28 Luglio 1914 l’Austria dichiarò guerra alla Serbia. Seguì una reazione a catena: 29/30 Luglio la Russia (protettrice dei serbi); 1 Agosto la Germania dichiarò guerra alla Russia e il 3 Agosto alla Francia; il 4 Agosto la Gran Bretagna entra in guerra a fianco della Francia e della Russia; il 29 Luglio entra in guerra l’Austria-Ungheria. Gli imperi centrali (Germania e Austria-Ungheria) contro la triplice intesa (Gran Bretagna, Francia, Russia). Nel 1914 entrarono in guerra il Giappone a fianco dell’Intesa e l’impero ottomano a fianco degli imperi centrali. Nel 1915, l’Italia che si schierò con l’Intesa e la Bulgaria con gli imperi centrali; nel 1916 la Romania, seguita, nel 1917 da USA, Grecia e Cina a fianco dell’Intesa. In Europa i fronti principali furono due: quello Occidentale, dove combatterono i tedeschi contro i francesi e gli inglesi e dal 1917 anche gli Usa, e quello Orientale, dove si affrontarono Germania e Austria vs Russia e Serbia. Con l’ingresso dell’Italia fu creato il fronte meridionale contro l’Austria. I fronti si estesero anche negli oceani. La Gran Bretagna con la sua flotta cercava di fermare i rifornimenti marittimi agli imperi centrali (7 Maggio 1915 i tedeschi affondare il transatlantico Lusitania, uccidendo più di un migliaio di persone) e che culminò 1 febbraio 1917 con la dichiarazione da parte della Germania della “guerra sottomarina illimitata”. In Asia, il Giappone occupò alcune isole del pacifico di possedimento tedesco, nel gennaio del 1915 il Giappone presentò 21 domande alla Cina, che se avesse accettato sarebbe diventata sua colonia. Il governo cinese cercò protezione dagli Usa e dalla Gran Bretagna (nel 1917 entrò in guerra al loro fianco) e ottenne che il Giappone rinunciasse alle sue pretese. Fronte occidentale: Per evitare di essere impegnata su entrambi i fronti la Germania attaccò immediatamente la Francia. Il piano di Schlieffen, tedesco, prevedeva l’invasione della Francia passando per il Belgio e il Lussemburgo, due paesi neutrali, ma che la Germania occupò. L’offensiva tedesca si fermò (5-12 Settembre 1914) sul Marna, dove morirono 500000 soldati francesi. Dopo una battaglia sulle Fiandre tra il 15 ottobre il 15 novembre 1914, il fronte si stabilizzò lungo una linea di 800 chilometri di trincee e filo spinato, dalla Manica alla svizzera, in una progressiva guerra di logoramento. 1915 fallì un’offensiva francese vicino Champagne; tra febbraio e aprile 1916 i tedeschi andarono all’attacco di Parigi, in uno scontro con 600000 morti; tra giugno e novembre 1916,sulla battaglia delle Somme, si infranse la successiva offensiva franco-inglese. Fronte orientale: Anche in questo fronte l’iniziativa fu presa dai tedeschi, che già nei primi giorni di guerra registrarono due importanti vittorie contro l’esercito russo nelle battaglie di Tannenberg (27-30 Agosto 1914) e dei laghi Masuri (8-10 settembre); mentre i russi sconfissero gli austriaci in Galizia. E proprio da qui nel 1915 partì un’offensiva degli imperi centrali che costrinse l’esercito zarista ad arrestarsi al fiume Beresina e anche questo fronte si stabilizzò. La sconfitta dei russi e il fallimento della spedizione anglo-francese nei Dardanelli (novembre 1915), fecero si che la Serbia restasse sola, fu cerchiata dalla Bulgaria, Austria e fu travolta; poi toccò nel 1916 dicembre alla Romania. L’esercito russo , il 4 Giugno 1916, sfondò le linee austriache, dove solo l’intervento tedesco la salvò dal crollo. Alla fine del 1916 nessuno schieramento aveva infranto vittorie decisive, per cui il conflitto si proiettava a tempo incerto e lungo. Fronte mediorientale: Nel Medio Oriente per indebolire la resistenza l’impero ottomano, la Gran Bretagna e la Francia promisero l’indipendenza ai popoli arabi a esso soggetti. In realtà, Gran Bretagna, Italia, Francia e Russia si accordarono per spartirsi quei territori: Iraq alla Gran Bretagna, Siria alla Francia, Costantinopoli alla Russia e Smirne all’Italia. Inoltre con la dichiarazione Balfour il governo inglese fece balenare la possibilità agli ebrei sionisti di avere una loro sede nazionale in Palestina. La crisi dell’impero ottomano, oltre che per la pressione imperialistica i problemi interni, fu dovuta anche a problemi politici ed economici, fatta ad eccezione della minoranza armena che visse un periodo di sviluppo. I giovani turchi avevano come obbiettivo quello di costruire uno stato etnicamente omogeneo, non lasciando spazio alle minoranze. Fu la prima guerra mondiale ad offrire la possibilità di realizzare questo progetto. Di questo genocidio, gli armeni furono le vittime più numerose. Tra il 1915 e 1916 un milione di armeni fu sterminato dalle truppe. L’ITALIA IN GUERRA: Allo scoppio della prima guerra mondiale l’Italia era ancora legata alla triplice alleanza, questo tuttavia, era un patto difensivo, ossia per far scattare la sua applicazione bisognava che uno dei paesi coinvolto fosse aggredito militarmente. Così l’Italia fu, dapprima, neutrale (visto che fu la l’Austria a dichiarare guerra alla Serbia) e ,in seguito si schierò contro la Germania e l’Austria. L’Italia era divisa in due schieramenti i neutralisti e gli interventisti. I neutralisti rappresentavano un vasto schieramento politico, in cui erano confluiti i cattolici , i socialisti e i giolittiani liberali, mentre nel fronte opposto si ritrovarono i socialisti estremisti, i nazionalisti, e i sindacalisti rivoluzionari. I cattolici erano contro la guerra perché pacifisti, ossia Dio non voleva la guerra, i giolittiani volevano ottenere compensi territoriali per vie diplomatiche e, inoltre Giolitti credeva che l’Italia non fosse pronta alla guerra. Nella seconda si intrecciavano le pressioni dei nazionalisti per una politica di potenza nei Balcani (4 guerra d’indipendenza) dei nazionalisti e gli slanci risorgimentali verso Trieste e Trento degli intervisti democratici. I socialisti estremisti volevano la guerra per perderla, ossia credevano che avesse provato il crollo del vecchio ordine sociale, aprendo le porte alla rivoluzione. A sostegno della guerra si schierò anche Benito Mussolini. I neutralisti avevano la maggioranza in parlamento, ma gli interventisti erano in grado di accendere le passioni di piazza. Le loro manifestazioni raggiunsero il culmine nel maggio del 1915 con anche Gabriele D’annunzio. Alla fine decisiva per lo schieramento con l’intesa fu l’iniziativa della monarchia e del governo Salandra, che vedevano nella guerra un modo per ripristinare l’ordine sociale. Il 26 Aprile 1915, in segreto, l’Italia firmò il trattato di Londra : essa si impegnava ad entrare in guerra un mese dopo in cambio del Trentino, dell’Alto Adige, Istria, Dalmazia, Valona, Venezia giulia e Dodecaneso. Le truppe italiane iniziarono le ostilità contro l’esercito austro-ungarico il 24 maggio 1915 , attaccando sul fiume Isonzo e sull’altopiano del Carso. Il piano del comandante dell’esercito italiano, Codorna, si basava sul tentativo di forzare lo sbarramento austriaco. I vari tentativi per tuto il 1915 degli italiani ottennero scarsissimi risultati. Tuttavia, il fronte si stabilizzò e la guerra di movimento divenne di posizione e di trincea. Il 15 maggio 1916 la “spedizione punitiva” degli austriaci, dopo la conquista di Asiago, portò ad un’ulteriore immobilismo. Alcuni successi italiani sull’Isonzo nello stesso anno portarono all’occupazione di San Michele e di Gorizia. UN NUOVO TIPO DI GUERRA: Il mondo che con la seconda rivoluzione industriale aveva già conosciuto la produzione di masse, la politica di massa, si confrontava adesso con il lato più tragico della massificazione: la guerra e la morte di massa. Tra il 1914 e il 1918 morirono più di 9 milioni di uomini e tra i 30/40 furono feriti. Cifre enormi a cui vanno aggiunti i milioni di vittime provocati dalla miseria, fame, e malattie del conflitto. Scavate nelle rocce, nel fango, nella sabbia, protette da pochi centimetri di filo spinato o da imponenti fortificazioni in cemento armato le trincee (fortificazioni, usate per protezione) furono il simbolo della morte di massa: chilometri di buche e fossati in cui centinaia di uomini si affossavano, vivevano e soprattutto morivano. Per i soldati rinchiusi lì era difficile dare un senso alla propria esperienza. Le truppe dovevano sapere che non ci sarebbe stato riposo, fin quando non avessero eseguito la propria missione. Ciò portò: ad una disponibilità ridotta di uomini freschi per l’attacco, un clima di esasperazione, che giustificava atti di eroismo, ma anche di apatia, una ripetizione meccanica e ossessiva degli attacchi, una disperata volontà di autoannientamento. Il tutto con un regime disciplinare che puntava all’obbedienza cieca e immediata dei soldati senza flessibilità. Attraverso i diari di gente comune, le testimonianze di medici ad oggi è stato possibile penetrare nella soggettività del mondo delle trincee. Una “ tormentata allucinatoria”, alimentata da stimoli sensoriali potenti che andavano oltre le potenzialità dell’uomo e questo causava, sordità, mutismo, perdita di coscienza per periodi molto lunghi. In tale contesto l’uomo imparò a morire, anche ad uccidere. Tratti comuni erano la frequentazione assidua della fisicità corporea della morte poiché gli uomini nelle trincee vivevano insieme a topi che ingrassavano nutrendosi di cadaveri; il tanfo della decomposizione pervadeva il fronte intero; lasciarsi attraversare da un senso di adolescenziale irresponsabilità nel dare la morte, a cui contribuiva la possibilità di uccidere il nemico senza neppure vederlo. Un altro tratto che distinse la prima guerra mondiale fu la straordinaria efficienza tecnologica delle armi. Il più alto potenziale offensivo fu l’artiglieria (70% delle morti fu provocato dai cannoni e dalle bombarde). Molto efficienti si rivelarono anche le mitragliatrici (400/500 colpi al minuto, di portata utile fino a 500 m). I progressi del settore chimico, portarono all’invenzione degli esplosivi ad alto potenziale e ai gas tossici. Essi furono impiegati nel fronte occidentale il 22 aprile 1915 dai tedeschi (solfuro dicloroetile), provocando una morte orribile, dopo giorni di agonia o cecità. Furono utilizzati anche sul fronte meridionale dagli austriaci nella battaglia sul monte san Michele. (5000 soldati ita morirono). Si sperimentarono anche l’aereo e il carro armato, e utilizzati anche i sommergibili, sull’Atlantico dai tedeschi. Tank inglese. Lo sviluppo di armi così potenti lasciò emergere un’altra caratteristica di quella guerra: a vincerla, più che gli uomini, fu stato la capacità di uno stato di sfruttare il proprio potenziale economico-industriale. Si svilupparono le industri siderurgiche, automobilistiche, chimiche. Con i profitti aumentarono anche l’occupazione e la produzione si militare che civile. L’intervento dello Stato nell’economia fu essenziale per sostenere una guerra lunga e attivare tutte le energie disponibili. Si imposero nuove tasse, fu stampata una valanga di carta moneta che fece aumentare l’inflazione: i prezzi si triplicarono. Affiorò un’economia diversa basta sulla collaborazione tra stato, industriali e sindacati, ove le singole imprese persero la libertà di movimento, dovendo sottostare agli ordini dall’alto. Lo stato di guerra provocò in tutti i paesi una diminuzione del potere dei parlamenti e l’aumento di quello dei governi e dei militari. Gran Bretagna, Lloyd George; Italia, Paolo Boselli; Francia, Pétain e Foch; Germani Hindeburg. Il controllo sempre più imposto, non riguardò solo la società, ma anche la stampa, che fu sottoposta a un’attenta censura, finalizzata a diffonder un’immagine eroica ed edificante della guerra, tacendo gli aspetti più cruenti che avrebbero diffuso allarmismo. Nello sfondo della guerra totale, essa non era combattuta solo nel fronte, ma anche nelle retrovie, dove i civili erano direttamente coinvolti nell’esperienza bellica. Esisteva cos’ anche un fronte interno. Per tutti gli stati in guerra era necessario che restasse compatto, provvedendo a suscitare un consenso il più possibile diffuso alle motivazioni del conflitto. Per tale ragione, al controllo della stampa si intrecciò la propaganda che attraverso i mezzi di comunicazione, richiamava la popolazione civile a sostenere lo sforzo bellico, nel lavoro, nella sopportazione dei lutti. Tali messaggi erano indirizzati principalmente alle donne. Anch’esse furono mobilitate a sostenere il conflitto, facendo da infermiere, d’assistenza ai soldati cucendo indumenti e preparando pasto, furono “madrine di guerra” impegnate a portare conforto ai soldati stabilendo con loro una corrispondenza non solo epistolare. Si trovarono a dover sostituire gli uomini nelle campagne per i lavori agricoli e nelle fabbriche, intraprendendo mestieri prima maschili (tramviere). Uscite per scelta, ma più spesso per necessità dalle mura domestiche, acquistarono un’inedita indipendenza. IL 1917: Le popolazioni civili furono direttamente coinvolte dalle ripercussioni della guerra: il blocco navale, attuato dall’intesa strangolò l’economia tedesca. Nel 1916 un pessimo raccolto di patate, alimento base della popolazione, portò a circa un milione di morti per la fame tra il 1914 e il 1918. Anche in Italia le condizioni alimentari divennero critiche, la razione di pane scese a 125 grammi. La rabbia popolare talvolta si tradusse con rivolte e saccheggi alle case dei ricchi, lasciando emergere una chiara richiesta di pace. La caduta del regime zarista fu un evento che segnò tutto il corso del Novecento. Il tracollo militare cominciò con una rivolta degli operai il 23 febbraio 1917 a Pietrogrado che portò lo zar Nicola II ad abdicare il 2 Marzo dello stesso anno. Al suo posto vi su un governo provvisorio guidato da uomini appartenenti al partito socialista rivoluzionario. La rivoluzione nasceva dalla disastrosa condotta della guerra: vi erano state gravissime perdite umane, la disoccupazione aumentò, la produzione era bloccata, la rete ferroviaria dissestata. L’esercito si sfaldò, i soldati sul fronte fraternizzarono con i rivali austriaci e tedeschi, e tornarono ai propri villaggi. Nelle fabbriche, campagne, nell’esercito si affermavano i soviet (organi rivoluzionar formati da soldati, contadini) che governavo contro il governo legale. Il partito bolscevico (socialdemocratico russo) guidato da Lenin, lanciò un programma rivoluzionario: pace, lavoro, libertà. L’ostinata volontà di Kerenskij di continuare la guerra, lo portò alla sua definitiva sconfitta. Il 25 ottobre 1917 i bolscevichi presero il potere, eleggendo un governo con a capo Lenin. Avviarono le trattative di pace con gli imperi centrali, conclusesi con il trattato di Brest-Litovsk il 3 marzo 1918. La Russia uscì amputata perdendo gran parte dei suoi territori (polonia, Lituania, Finlandia, Lettonia, Lituania, Estonia). Il 6 aprile 1917 gli usa, mentre in russi avi era la rivoluzione bolscevica, decisero di intervenire nel conflitto a fianco dell’intesa. Uno dei più grandi motivi fu quello di difendere gli interessi economici: a partire del 1914 gli Usa erano diventati i principali fornitori di merci e risorse finanziare per la Gran Bretagna e la Francia. Dati i loro profitti, gli Usa concedeva alla Gran Bretagna prestiti. La guerra sottomarina decisa dai tedeschi nel 1917, rischiava di interrompere il commercio che si svolgeva attraverso l’Atlantico, e qualora avessero vinto gli imperi centrali, ciò avrebbe messo a repentaglio il rimborso dei debiti. A spingere gli Usa verso la guerra, inoltre, furono gli ideali di libertà e giustizia cari al presidente Wilson. L’8 gennaio 1918 egli inviò al congresso 14 punti , per esporre le sue vedute sulla sistemazione del mondo alla fine della guerra. (diminuire il protezionismo, ridurre gli armamenti, l’impegno di sostenere l’indipendenza nazionale). Per l’Italia il 1917 fu un anno drammatico, non solo per il malcontento popolare sul fronte interno, ma soprattutto per la sconfitta di Caporetto. Il 24/25 ottobre 1917 l’esercito italiano attaccato dalle truppe austro-tedesche, venne travolto e dovette cedere al nemico il Friuli e il Veneto. Gli austriaci penetrarono in profondità per 150 km verso la pianura padana e si arrestò solo sulla linea del fiume Piave. Per preparare la resistenza e avviare l’esercito, il nuovo governo ( orlando) fece grandi promesse ai contadini in armi. L’industria lavorò a ritmo serrato per colmare le perdite subite e gli austriaci furono fermati. A Cordona, successe il generale Armando Diaz. La propaganda bellica abbandonò gli abiti della guerra di potenza e assunse quelli democratici della guerra di popolo: ora si faceva leva sul difendere il territorio nazionale invaso dal nemico. Diaz assunse una strategia difensiva e le truppe italiane diedero segni di ripresa. Con la battaglia del Piave (giugno 1918) e l’offensiva finale scatenata il 24 ottobre 1918 conclusasi vittoriosamente con la rotta generale delle truppe austriache. Il 4 novembre 1918 fu firmato l’armistizio che sancì la fine delle ostilità e la vittoria italiana. Caddero in guerra più di 16800 ufficiali e 571000 soldati. Le fasce sociali che più dovettero pagare il prezzo della guerra furono le famiglie contadine (64%), operai (30%), e popolazione attiva (6%). LA FINE DELLA GUERRA: Negli stessi giorni della vittoria italiana, sul fronte occidentale, il 21 maro e il 17 luglio 1918, i tedeschi attaccarono Champagne e Piccardia; il 15 luglio divampò la seconda battaglia della Marna. Le truppe anglo-francesi, rafforzate dagli americani, scatenarono una controffensiva, costringendo i tedeschi a ritirarsi dalla Francia. Dopo la Battaglia di Amiens (8-11 agosto) svanirono le speranze di vittoria. Anche agli alleati della Germania furono sconfitti: la Bulgaria fu invasa e a ottobre si arrese; l’impero ottomano fu invaso e il 31 ottobre 1918 firmò l’armistizio. Tra il 28 ottobre e il 16 novembre1918, approfittando delle sconfitte militari dell’esercito austro-ungarico, l’Ungheria proclamò la propria indipendenza; serbi, croati e sloveni rivendicarono la propria unione in unico stato indipendente. La stessa Austria, dopo la fuga dell’imperatore, fu una repubblica. A questo punto, soltanto i territori della Germania non erano stati invasi, ma il suo crollo fu dovuto da rivolgimenti interni partiti il 30 ottobre 1918. Il 9 novembre a Berlino fu proclamata la repubblica. Il nuovo governo, guidato dal partito socialdemocratico (1875), firmò l’armistizio l’11 novembre 1918. A fine della guerra, le operazioni belliche si intrecciarono ai moti rivoluzionari interni, determinando un nesso tra guerra e rivoluzione, facendo capire che la guerra non era destinata solo all’espansione sociale, ma anche a progetti politici. LA PACE: La conferenza di pace si aprì a Parigi il 18 Gennaio 1919, con la partecipazione degli Stati vincitori e senza i rappresentanti dei paesi sconfitti. Alla base della discussione, formalmente, vi furono i 14 punti di Wilson, tuttavia l’ispirazione universalistica di Wilson fu ignorata, e la pace fu modellata da interessi nazionali. Il trattato di pace con i tedeschi fu firmato a Versailles il 18 giugno 1919 e la Germania fu costretta a: Cedere tutte le colonie; Restituire Alsazia e Lorena alla Francia, perdendo anche il corridoio di Danzica, in favore della Polonia (Galizia) Dovette pagare 132 miliardi si marchi; Concedere alla Francia per 15 anni il bacino minerario di Saar. Divieto di costruire aeroplani e la riduzione dell’esercito. La pace con l’Austria fu firmata il 10 settembre 1919 e dalle macerie dell’impero sorgevano stati autonomi (Austria, Ungheria, Cecoslovacchia, Iugoslavia). L’impero ottomano si dissolse e andò ai francesi e agli inglesi. Il 28 aprile 1919 fu istituita la società delle nazioni, per risolvere pacificamente i conflitti tra stati, ma la Germania fu esclusa. Battaglia di Verdun: unica grande offensiva avvenuta tra la prima battaglia della Marna del 1914 e l'ultima offensiva. Fu una delle più violente e sanguinose battaglie di tutto il fronte occidentale della prima guerra mondiale; ebbe inizio il 21 febbraio 1916 e terminò il 19 dicembre.