L’AZIONAMENTO GLI AZIONAMENTI 1. 2. 3. 4. 5. Operazionali filtri l’azionamento elettronica di potenza Convertitori APPENDICE trasmissione meccanica L’OPERAZIONALE: configurazioni principali • Amplificatore invertente • amplificatore non invertente • Inseguitore • sommatore invertente • Sommatore non invertente • differenziale • Comparatore a finestra • Comparatori con isteresi • Trigger di schmith invertente e non invertente • Convertitore frequenza-tensione Amplificatore invertente L’analisi di questo circuito può essere facilitata ricordando che l’impedenza d’ingresso di un operazionale ideale è infinita. L’impedenza d’ingresso infinita implica infatti una corrente d’ingresso nulla. Grazie inoltre al guadagno infinito tra i due ingressi non vi è alcuna caduta di tensione e pertanto, essendo l’ingresso non invertente a massa, anche la tensione all’ingresso invertente sarà zero. Per tale motivo si dice che l’ingresso invertente rappresenta una “massa virtuale”, ovvero a tensione nulla, come l’altro ingresso. Inoltre, poiché l’impedenza d’ingresso è infinita, la corrente attraverso Z1 sarà uguale a quella in Z2. I2 Z2 Z1 VIN 0V I1 VIN VO I1 = I2 Z2 Z1 IIN = 0 VO Si noti che le impedenze Z possono essere delle semplici resistenze oppure delle reti reattive anche complesse: in entrambi i casi varranno le formule d’ora in poi indicate I2 in sintesi: I1 VIN Z2 I1 = VIN / Z1 I2 = -VO /Z2 Z1 VO IINV = 0 VINV = 0 ma... I2 = I1 e quindi ingresso 50mV/div -VO / Z2 = VIN/Z1 da cui VO / VIN = - Z2/ Z1 e quindi inversione del segnale uscita 2V/div A V = - Z2 / Z1 guadagno di tensione ad anello chiuso Amplificatore non-invertente Applicando il segnale da amplificare all’ingresso non invertente e collegando le impedenze di retroazione fra uscita, ingresso invertente e massa, si ottiene lo schema riportato in figura, chiamato amplificatore noninvertente poiché il segnale d’uscita risulta in fase con quello d’ingresso. VIN 0V VO Z2 Z1 I1 = I2 Per analizzarne il funzionamento occorre partire dai medesimi presupposti già visti per l’invertente ovvero che, grazie alla resistenza d’ingresso infinita, risulta IIN = 0. Ne consegue che Z1 e Z2 sono percorse dalla medesima corrente. Ricordando poi che i due ingressi sono al medesimo potenziale (Av = infinito) si ha che la tensione ai capi di Z1 è uguale al segnale d’ingresso VIN. Z1·I1=VIN La tensione d’uscita sarà quindi la somma delle tensioni ai capi di ZI e Z2, ovvero: Vo = Z1·I1 + Z2·I1 = VIN + Z2·(VIN/Z1) = VIN·(1 + Z2/Z1) Si può quindi dedurre che il guadagno AV = VO/VIN è dato da: AV = 1 + Z2 / Z1 Si noti che - in base alla formula ottenuta - il guadagno non potrà mai essere inferiore all’unità, e se si desidera ottenere un guadagno unitario occorre porre Z2 = 0 oppure Z1 infinita (oppure ancora entrambe le condizioni). VIN AV = 1 + Z2 / Z1 VO Z2 Z1 ingresso 50mV/div I1 = I2 segnale amplificato Questa configurazione presenta un’impedenza d’ingresso infinita ed una resistenza d’uscita pressochè nulla; per questo motivo l’amplificatore non-invertente viene spesso usato come “buffer” per isolare la sorgente di segnale dal carico, in modo da evitare “effetti di carico” indesiderati. uscita 2V/div Inseguitore Dalle considerazioni viste a proposito dell’amplificatore non-invertente circa le condizioni che permettono di ottenere un guadagno unitario, si può disegnare lo schema del cosiddetto “inseguitore”, riportato in figura. A = 1, z2 = 0, Z1 = ∞ Vin Vout si tratta di un circuito in grado di riprodurre in uscita esattamente il segnale d’ingresso. Esso viene anche definito un “buffer” a guadagno unitario. Vout = Vin Spesso occorre infatti separare (si dice anche “disaccoppiare”) il carico dalla sorgente del segnale, ad esempio quando occorre un adattamento di impedenza fra l’uno e l’altro. Proprio poiché questo circuito non modifica il segnale applicato, a primo avviso può sembrare che non serva a nulla. In realtà, invece, . presenta un notevole vantaggio: amplifica la corrente, ed è esso quindi in grado di pilotare un carico di bassa impedenza, senza sovraccaricare la sorgente del segnale, utile qualora essa sia costituita da un trasduttore in grado di erogare poca corrente Sommatore invertente V1 V2 V3 R1 Il circuito detto “sommatore” può essere considerato una Rf variante dell’amplificatore invertente, nel caso in cui vengano applicati più segnali d’ingresso. R2 R3 Vout Nella figura a lato è riportato lo schema di un sommatore a tre ingressi. R5 Un tipico impiego di questo circuito è ad esempio quello dei mixer audio, dove in uscita si desidera avere una “miscelazione” di più sorgenti sonore. Il segnale d’uscita di questo circuito è, istante per istante, proporzionale alla somma algebrica (cambiata di segno) delle tensioni di ingresso V1 V2 I1 R1 I2 R2 I3 R3 IT Funzionamento RF Le tensioni V1 V2 V3 applicate agli ingressi danno origine alle rispettive correnti I1 I2 I3. 0V V3 VO R5 IT = I1 + I2 + I3 e poiché: se R1 = R2 = R3 = Rf Ovvero: Grazie all’impedenza di ingresso infinita e al concetto di “massa virtuale” prima esposti, l’ingresso invertente si trova all’incirca a 0 V e pertanto nessuna corrente entrerà in tale ingresso, ma fluirà tutta verso l’uscita. VO = – IT R F VO = – ( I1 + I2 + I3 ) ·RF VO = – ( V1 / R + V2 / R + V3 / R ) R VO = – (V1 + V2 + V3 ) L’equazione mostra che la tensione d’uscita, istante per istante, è la somma delle tensioni d’ingresso. Se gli ingressi fossero n, l’equazione diventerebbe VO = – (V1 + V2 + ••• + Vn ) Sommatore non invertente Per analizzarlo, usiamo sovrapposizione degli effetti, applicando prima il solo ingresso V1: Se si sceglie R1 = R2 = R si ha subito che: Poiché gli ingressi non assorbono corrente, le resistenze R1 e R2 risultano collegate in serie per cui La resistenza di ingresso, scegliendo R1 = R2 = R e pari a: Rin = R1 + R2 = 2 R Amplificatore differenziale Abbiamo visto che le principali configurazioni di amplificatori in cui il segnale d’ingresso viene applicato ad un solo ingresso, sono invertente oppure non invertente. Applicando invece i segnali ad entrambi gli ingressi dell’Op Amp si realizza un particolare tipo di amplificatore, detto “differenziale”, in quanto amplifica la differenza fra i due segnali. Per analizzare questo circuito si può applicare il principio di sovrapposizione degli effetti, per cui si ha che la tensione V- misurata all’ingresso invertente vale: R2 V1 V2 R1 R3 Vo R4 V- = V1·R2/(R1+R2) + Vo·R1/(R1+R2) mentre: V+ = V2·R4/(R3+R4) ma, grazie all’equipotenzialità degli ingressi, possiamo porre: V+ = V- Uguagliando quindi le due espressioni, si può notare in particolare che, se si fa sì che R2/R1 = R4/R3 (ovvero si realizza un “differenziale bilanciato”) si ottiene che: Vo = (V2-V1)·R2/R1 ovvero Ad = Vo/(V1-V2) = R2/R1 Mentre le configurazioni invertente e non-invertente vengono utilizzate con uno degli ingressi a massa, nell’amplificatore differenziale viene amplificata l’effettiva differenza fra i due segnali V1 e V2, anche se non riferiti a massa Quindi, se a V1 e V2 viene applicata la medesima tensione, essa non viene amplificata. Si noti che i due segnali d’ingresso non sono necessariamente continui, bensì la formula prima ricavata vale anche nel caso in cui V1 e V2 siano comunque variabili nel tempo. R3 V1 V2 R1 R2 Vout R4 Ciò significa che V1 e V2 possono essere anche segnali fra di loro molto differenti; ad esempio V1 può essere sinusoidale e V2 triangolare, oppure ancora V1 una tensione continua e V2 un’onda quadra. Comparatore a finestra Questo circuito non può funzionare "a vuoto" (cioè senza carico), ma solo in presenza di una resistenza RL che garantisce un passaggio di corrente sufficiente per polarizzare i due diodi in zona diretta . Se Vi risulta maggiore di VH o minore di VL, uno dei due diodi è in conduzione, circola una corrente in RL, si ha una caduta di tensione su di essa, Vo = VoH; se Vi risulta compresa tra VL e VH, entrambi i diodi sono interdetti, non circola corrente in RL, i suoi estremi sono equipotenziali, Vo = 0 Quando uno dei due diodi conduce in uscita si ha una Vout= Vsat - Vsoglia Trigger di Schmitt (comparatore con isteresi) Generalità In molte situazioni pratiche, è possibile che sulla linea d’ingresso compaiano delle fluttuazioni di tensione indesiderate (rumore) Per comprendere meglio le conseguenze negative del rumore in ingresso consideriamo un segnale sinusoidale a bassa frequenza applicato all’ingresso di un comparatore utilizzato come rivelatore di livello zero (fig. a). Dalla figura a lato è possibile vedere che quando la sinusoide si avvicina allo 0, le fluttuazioni dovute al rumore, costringono l’ingresso complessivo a oscillare varie volte al di sopra e al di sotto dello 0, producendo di conseguenza un andamento irregolare dell’uscita (fig. b). L’andamento irregolare della tensione d’uscita si verifica perché, a causa del rumore, il comparatore è costretto a commutazioni improprie. L’instabilità si innesca ogni volta che la Vin si avvicina alla tensione di riferimento. Per rendere il comparatore meno sensibile al rumore si può impiegare la tecnica chiamata isteresi , basata sulla retroazione positiva/negativa. Isteresi L’isteresi, fa in modo che quando la tensione d’ingresso sale, la commutazione avvenga ad una certa tensione mentre quando scende avvenga ad una tensione diversa, minore, Si definiscono due livelli di riferimento: UTP = Upper trigger point LTP = Lower trgger point Trigger di Schmitt invertente in quanto l'uscita commuta a -Vsat quando Vi cresce e supera la tensione di soglia superiore Se Vin = Vout (max) Vin R1 R2 Vout La tensione retroazionata all’ingresso non invertente è a livello alto «UTP» e vale VTH = R2 / (R1+ R2 ) [+Vout(max)] Se Vin > UTP Vin : 5V/div. Vout = - Vout(max) La tensione retroazionata all’ingresso non invertente è a livello basso» LTP» e vale Vout: 5V/div. T : 0.2ms/div. VTL = ( R2 / R1+ R2 ) [-Vout(max)] Prima che il dispositivo possa commutare nell’altro stato Vin dovrà scendere sotto LTP Ia differenze fra le due tensioni di riferimento «D» è un dato di progetto e consente di determinare il valore di R1 e R2 Trigger di Schmitt non invertente La configurazione più semplice è la seguente: La tensione presente al morsetto non invertente, che dipende sia dalla tensione di ingresso Vi che dalla tensione di uscita Vu, è confrontata con la tensione presente al morsetto invertente che in questo caso vale 0V. ( V- potrebbe anche essere diversa da zero) Applicando il principio di sovrapposizione degli effetti sulla maglia di uscita avremo: In corrispondenza della commutazione V+ = 0 per cui 𝑅2 /(𝑅1 + 𝑅2) 𝑉o + 𝑅1 /(𝑅1 + 𝑅2) 𝑉i = 0 Vi = R1/R2*Vo tensione di riferimento a livello alto Vth = Vsat*R1/R2 tensione di riferimento a livello basso Vtl= -Vsat*R1/R2 D = Vth – Vtl = 2Vsat*(R1/R2) Convertitore frequenza-tensione La maggior parte dei convertitori tensione-frequenza possono lavorare in modo contrario tramite un'opportuna circuiteria esterna. l'ingresso del comparatore riceve il segnale di ingresso Vi di frequenza variabile fi. L'uscita dell'integratore fornira una tensione V0proporzionale alla frequenza fi del segnale di ingresso. Ogni volta che il segnale Vi scende al di sotto di -Vref il comparatore commuta a livello alto attivando il monostabile. L'impulso positivo del monostabile sposta il commutatore S per un tempo pari alla durata dell'impulso stesso. Durante questo intervallo il condensatore C dell'integratore tende a caricarsi per effetto della corrente I0. Alla fine dell'impulso il commutatore viene portato nella posizione partenza e il condensatore comincia a scaricarsi sul resistore R. Al variare della frequenza del segnale in ingresso, varia proporzionalmente il valore medio della corrente in ingresso a C e quindi il valore medio della tensione in uscita. Convertitore frequenza-tensione / tensione frequenza integrati Gli integrati in grado di convertire una frequenza in una tensione possono effettuare anche l'operazione inversa, cioè riescono a convertire una tensione in una frequenza. Se quindi applichiamo sul loro ingresso una tensione continua variabile da 1 a 1 O volt, possiamo prelevare dalla loro uscita una frequenza ad onda quadra proporzionale al valore della tensione. Attualmente gli integrati che possiamo reperire per convertire una frequenza in una tensione o una tensione in una frequenza hanno queste sigle: LM.131 -LM.231 -LM.331 -XR.4151. Questi quattro integrati sono equivalenti e poiché hanno la stessa piedinatura possiamo sostituirli uno con l'altro senza problemi. Le sole differenze riguardano le temperature di funzionamento ed il valore della tensione massima di alimentazione, ma poiché in un circuito si utilizza sempre una tensione compresa tra i 12 e i 15 volt, uno vale l'altro. L'unica differenza che esiste tra i tre tipi di integrati riguarda la max temperatura che può raggiungere il loro corpo senza danneggiarsi. L'integrato LM.331, il più diffuso, può raggiungere un massimo di 70°, l'integrato LM.231 può raggiungere un massimo di 85°, mentre l'integrato LM.131 un massimo di 125°. CONVERTITORE FREQUENZA/TENSIONE Per convertire una frequenza in una tensione si deve utilizzare lo schema visibile in figura, la frequenza, che viene applicata sul piedino d'ingresso 6, deve risultare necessariamente ad onda quadra. Dal piedino 1 preleviamo una tensione che risulta proporzionale al valore della frequenza. L'ampiezza del segnale da applicare sull'ingresso non dovrà risultare minore di 3 volt picco/picco, né superare il valore della tensione di alimentazione, quindi se si alimenta l'integrato con 15 volt, consigliamo di non superare gli 11 volt. Per convertire una tensione in una frequenza si deve utilizzare lo schema visibile in figura. FILTRI ATTIVI: configurazioni principali • Generalità • Filtro passa basso ideale • Filtro passa basso reale • Filtro passa alto ideale • Filtro passa alto reale Approsimazione delle risposte • Approsimazione butterword • Approsimazoioen Chebyshet • Approsimazione Bessel GENERALITA I filtri sono particolari quadripoli, funzionanti in regime alternato che si comportano in modo selettivo rispetto alle frequenze di funzionamento a cui sono soggetti ( a secondo del tipo lasciano passare un certo tipo di frequenze e bloccano le altre) Nel settore dell’elettronica sono utilizzati per: - attenuare i disturbi, il rumore e le distorsioni applicati al segnale utile; - separare due segnale trasmessi sullo stesso canale; - elaborazione dei segnali nella riproduzione audio e video; - ricostruzione di segnali ottenuti con tecniche digitali, ecc. I filtri passivi Sono costituiti da reti più o meno complesse di elementi passivi, R-L-C. ma sono caratterizzate da una risposta ben lontana dalle curve ideali, oltre che la risposta dipende fortemente dal carico applicato. Filtri passivi con buone caratteristiche di selettività sono realizzati con reti comprendenti solo elementi reattivi (L e C). I filtri attivi I filtri attivi sono realizzati con A.O. e reti di reazione RC, presentando parecchi vantaggi rispetto ai filtri passivi, come il basso costo, la semplicità di progetto e circuitale, ingombro e prestazioni. Il limite principale consiste nel fatto di disporre di un’alimentazione in continua. Integratore (filtro passa basso ideale) Se la rete di retroazione di un amplificatore invertente è di tipo capacitivo, il circuito viene detto “integratore”, poiché è in grado di eseguire l’operazione matematica di integrazione nel tempo del segnale d’ingresso. La “massa virtuale” dell’ingresso invertente fa sì che la resistenza R venga attraversata da una corrente iR = Vin / R. L’elevata impedenza d’ingresso fa però sì che tale corrente attraversi la capacità C, caricandola, per cui si ha: iC iR = iC. iin C Vin R Vout Ciò significa che la tensione d’uscita varia secondo la carica (o la scarica) del condensatore, che infatti “integra” la corrente nel tempo. Si può quindi scrivere che: It = CV Icdt = Cdvo Ir=Vi/R = -C(dvo/dt) 1 t 1 t Vin 1 t Vout idt dt Vindt C C R RC Un circuito di questo tipo viene quindi anche chiamato “generatore di rampa”, e trova largo impiego ad esempio negli oscilloscopi, nei convertitori A/D dei voltmetri digitali, ecc. A = - X/R = -1/6,28*f*C*R Nella realizzazione pratica per f 0 (segnale d’ingresso a bassa frequenza o presenza di disturbi), A ∞ l'uscita satura al valore della tensione di alimentazione Vcc rendendolo instabile Vout = -Vi*Xc/R =- Vi*/(6.28fCR) Per evitare l’effetto di saturazione si usa porre in serie alla capacita una resistenza che stabilizza il filtro ma rende l'integratore non ideale Filtro passa basso reale Alle basse frequenze il condensatore non è percorso da corrente e il circuito equivalente è quello di un amplificatore invertente. Vout = - R2/R1 Vin alle basse frequenze (ω=0) Alle alte frequenze (ω→∞) il condensatore si comporta come un cortocircuito per cui R2 risulta cortocircuitata e dunque il guadagno del circuito alle alte frequenze è zero: Vout = 0 alle alte frequenze (ω→∞) Lo schema di partenza riguarda per cui la configurazione di un filtro passa-basso attivo, in quanto alle basse frequenze presenta un guadagno pari a R2/R1 (tralasciando il segno meno che non viene rappresentato sul grafico del modulo) mentre alle alte frequenze il guadagno è pari a zero L'andamento del modulo della risposta in frequenza è La pulsazione di taglio in questo circuito vale: ωt = 1/(R2C) ft = 1/(6.28*R*C) Derivatore (filtro passa alto ideale) Se il segnale viene applicato tramite un condensatore il circuito viene denominato “derivatore”, poiché è in grado di eseguire l’operazione matematica di derivata nel tempo del segnale d’ingresso. R C VIN VO Anche in questa configurazione l’elevata impedenza d’ingresso dell’operazionale fa sì che la corrente che attraversa la capacità sia la stessa che circola attraverso la resistenza, ovvero: iC = iR Icdt = cdv Ir=ic= - vo/R Vo =RCdv/dt Il circuito è un derivatore puro, ovvero si comporta come un filtro passa alto con frequenza di taglio infinita. Questo filtro presenta problemi di stabilità in quanto nella realizzazione pratica l'uscita satura al valore della tensione di alimentazione Vcc positiva per valori di frequenza tendenti all’infinito: A = - R/X =- 6,28*f*C*R per f ∞ A ∞ Se la pulsazione w è elevata (segnale d’ingresso ad alta frequenza o presenza di disturbi), l’uscita tende a saturare per evitare questo effetto, si usa porre in serie alla capacita una resistenza di piccolo valore filtro passa alto reale R R VIN C 2 1 VO Alle basse frequenze il segnale di ingresso Vin non arriva all'operazionale, a causa del condensatore aperto, per cui: Vout = 0 alle basse frequenze (ω=0) Alle alte frequenze il condensatore si comporta come un cortocircuito e dunque lo schema equivalente diventa quello dell'amplificatore invertente: Vout = - R2/R1 Vin alle alte frequenze (ω→∞) Lo schema rappresenta per cui un filtro passa-alto attivo, con guadagno R2/R1 alle alte frequenze e con pulsazione di taglio pari a a ωt = 1/(R1C) che si comporta da derivatore per frequenze inferiori a ft = 1/6,28·R1·C, mentre per frequenze superiori si comporta da invertitore. Andamento del modulo della risposta in frequenza La pulsazione di taglio vale ωt = 1/(R1C) Filtri: caratteristiche delle risposte Poiche la funzione di trasferimento di un filtro ideale non è fisicamente realizzabile vengono utilizzate opportune funzioni approssimanti che ne riproducono l’andamento entro tolleranze prefissate. Esistono vari tipi di funzioni approssimanti che danno origine a varie classi di filtri Chebyshev, Bessel, ecc). (Butterworth, Ciascun tipo di risposta (Passa Basso, Passa Alto, Passa Banda o Elimina Banda), può essere opportunamente sagomata attribuendo certi valori ai componenti circuitali. Si ottengono così la caratteristica Butterworth, di Chebyshev e quelIa di Bessel. Ognuna di queste è riconoscibile dalla risposta in frequenza vantaggiosa delle altre a seconda delle applicazioni Definendo con wo = 6.28*fo pulsazione naturale « delimita la banda passante» Q = 1/2*ζ coefficente di risonanza ζ coefficiente di smorzamento E possibile rappresentare la f.d.t di ogni tipo di filtro che può risultare più o meno In cui : Filtri pb: Ao guadagno per f0 pa: Ao guadagno per A->in A banda: centro banda Wo = 1/RC pulsazione naturale non viene riportata In tabella In quanto dipende dalla pulsazione di taglio in particolare Per i filtri alla Butterworth il valore della pulsazione naturale (ω0) coincide con quello della pulsazione di taglio (ωT) ; negli altri due casi nota wt si calcola wc ω0 = ωT • fC per i filtri passo-basso ω0 = ωT / fC per i filtri passa-alto dove Fc è il coefficiente di conversione riportato da apposite tabelle Wo dipende dai componenti circuitali RC e consente di calcolare la frequenza naturale Wt pulsazione di taglio I filtri attivi” che impiegano amplificatori operazionali con elementi realizzabili solo al di sotto dei 500 Khz poiché l'amplificatore operazionale ha bisogno di un guadagno ad anello aperto elevato sulla banda di funzionamento. 1 - Caratteristica di Butterworth Q = 1/2ε = 0.707 (Q: fattore di merito) •Garantisce la massima piattezza della risposta in banda passante. • I polinomi di grado n presenti a denominatore della f.d.t. vengono detti polinomi di Butterworth e sono qui appresso elencati, avendo assunto wo=1 rad/s = wt All’aumentare dell’ordine del filtro la risposta in frequenza si avvicina a quello ideale. Per w=0 la risposta di tipo Butterworth è detta massimamente piatta, per w=w0 = wt il modulo di H vale 1/1,41 , che corrisponde a 3 dB. Per w>w0 il guadagno decresce con pendenza –n*20 dB/decade. Dove n è l’ordine del filtro 2. Caratteristica di Chebyshev 0.707 < Q = 1/2ε < 1.306 Risposta in frequenza caratterizzata da una serie di ondulazioni nella banda passante contenute in 3 db (ripple) banda di transizione meno larga rispetto a Butterworth la pulsazione naturale, ω0 , NON COINCIDE con quella a - 3 dB, per ogni ordine del filtro risposta all’impulso priva di overshot (picco dell’amplificazione) Anche in questo caso per il progetto dei filtri si fa riferimento tabelle in cui sono forniti i fattori di merito/smorzamenti e i fattori di conversione per ogni tipo di filtro attraverso i quali si risale ai parametri circuitali R,C Caratteristica di Bessel • • • • • Q = 1/2ε = 0.577 Risposta in frequenza meno piatta nella banda passante. roll-off iniziale minore di -20 dB/decade per polo banda di transizione meno larga rispetto a Butterworth la pulsazione naturale, ω0 , NON COINCIDE con quella a - 3 dB, per ogni risposta all’impulso priva di overshot. ordine del filtro Consente di ottenere una buona linearità della curva di fase in banda passante. il filtro di Bessel viene utilizzato come linea di ritardo. Per valori elevati di ε (ε = 0.866 per un filtro del secondo ordine) la risposta al gradino non ha carattere oscillatorio Filtro passa-basso VCVS del secondo ordine Є = 3*Rb/2*(Rb+Ra) Esempio: Determinare come può essere strutturato un filtro passa-basso del 6° ordine, con pulsazione di taglio ωH=1000 rad/sec, secondo la tecnica di approssimazione di Butterworth. Soluzione: la f.d.t. non ha zeri e presenta a denominatore un polinomio di 6° grado (n=6), scomponibile nel prodotto di 3 forme quadratiche, pertanto si realizza disponendo in cascata tre celle filtranti LP (Low-pass) del 2° ordine. Per ciascuna cella si assume ωo = ω t = 1000 rad/s mentre diversi sono i valori di ε forniti dai polinomi di Butterworth di ordine 6°, pertanto si trova: ω t = 1/RC ricavare RC At = A1*A2*A3 A1,2,3 = 3-2E Si progetta RB e RA ( Amp non invertente) Dimensionare due filtri passa-basso del 5° ordine, alla Butterworth con frequenza di taglio ft = 4 kHz e guadagno in banda passante A0 =10 . La pulsazione di taglio vale ω t = = 2 *3.14*ft= 25133 rad/s ) Dalla TABELLA si rilevano i fattori di conversione dei tre stadi fc1=fc2=fc3=1 per cui le pulsazioni naturali dei tre stadi coincidono con quella di taglio del filtro: ω1= ω2 = ω3 = ωt = 25133 rad/s; di conseguenza fissando C1=C2=C3 = 4,7 nF si ricavano le resistenze R1=R2=R3 = 1/wo*C = 1/25133* 4,7* 10 ^-9 = 8,47 kΩ Dalla TABELLA A si rilevano i valori di smorzamento dei due stadi del 2° ordine ξ2 = 0,809, ξ3 = 0,309 che consentono di dimensionare i resistori RA e RB che ne determinano il guadagno: 2° stadio: A02 = 3 - 2ξ =1,38. Fissando RA2= 47 kΩ, si ricava RB2= (A02− 1)RA2= 17,9 kΩ. 3° stadio: A03 = 3 - 2ξ = 2,38. Fissando RA3= 47 kΩ, si ricava RB3= (A03− 1)RB3= = 64,9 kΩ. 1° stadio: il guadagno del primo stadio deve essere tale da rendere il guadagno in banda passante complessivo pari a: A0 = A1*A2*A3 = 10 A 2 0 ⋅ =3 10; per cui A1 = A0 / A2*A3 =3 ,04 Fissando RA1= 27 kΩ, si ricava RB1= (A01− 1)RA1= = 55,1 kΩ. L’AZIONAMENTO 1. Elementi introduttivi 2. Gli attuatori 3. Tipi di attuatori 4. tipi di motori rotanti 5. motori lineari 6. Sintesi sul motore asincrono 7. avviamento stella triangolo 8. Criteri di scelta dei motori elettrici 9. Criteri di dimensionamento dei sistemi di trasporto 10. circuito di potenza 11. scelta del convertitore 12. sistemi di controllo 1. Elementi introduttivi Un azionamento è un sistema che converte l’energia elettrica in meccanica con l’uso di apparecchiature elettroniche di potenza ed è individuato da tre elementi fondamentali: - L’ALIMENTATORE - IL CONVERTITORE STATICO DI POTENZA - IL DISPOSITIVO DI CONTROLLO L’alimentazione rappresenta l’insieme delle apparecchiature che creano l’accoppiamento tra la sorgente di alimentazione e il convertitore La parte di potenza dell'azionamento (elettronica di potenza) si occupa di erogare l'energia elettrica al motore nel modo opportuno. Il dispositivo di controllo è l’insieme delle apparecchiature che controllo il moto Il motore (macchina elettrica) che é l'elemento che deve essere controllato attraverso schede digitali che analizzano e elaborano i segnali provenienti dai sensori e la macchina azionata sono da considerarsi componenti esterni Le caratteristiche dell'azionamento devono soddisfare le esigenze richieste dall'utilizzatore (la macchina azionata). I moderni azionamenti elettrici costruiti integrato un sistema di controllo a elettromeccanica di trasformazione della presenza di reti dedicate (comunicazioni) flessibilità da un dispositivo elettronico nei quali viene microprocessore che gestisce una parte potenza elettrica in potenza meccanica. La consente di gestire l’azionamento con elevata Si hanno azionamenti per motori DC a magneti permanenti, per motori senza spazzole «Brusless», per motori asincroni, per motori sincroni; per piccole potenze si utilizzano per motori a passo. Tutte le problematiche legate all'emissione elettromagnetica e all'immunità ai disturbi (EMC: compatibilità elettromagnetica) devono essere trattate negli azionamenti con molta cura per ottemperare le normative di macchina. 2.0 Gli attuatori Si considerano attuatori quei dispositivi elettromeccanici che, soggetti a una sollecitazione di tipo elettrico, forniscono una risposta di tipo meccanico. Spesso si rende necessario prelevare energia elettrica in una certa forma (per esempio da un sistema trifase in corrente alternata) ed eseguire la conversione in una forma che sia compatibile con il tipo di motore da utilizzare (ad esempio in corrente continua) L’efficienza della conversione gioca un ruolo di importanza fondamentale nel caso che le potenze in gioco siano di notevole entità, questa viene garantita dall’utilizzo di dispositivi elettronici che funzionando in modalità on-off garantiscono una dissipazione praticamente nulla. I dispositivi elettronici attualmente più utilizzati sono i transistor di potenza BJT e MOS e soprattutto gli IGBT; questi ultimi hanno ormai soppiantato, per applicazioni anche fino a 1000 kW, i tradizionali SCR che restano ancora validi in settori di elevatissima potenza oppure come ricambi in azionamenti già esistenti. I dispositivi sono utilizzabili sia nel funzionamento delle macchine elettriche come motori (conversione di potenza elettrica in potenza meccanica) che come generatori (conversione di potenza meccanica in potenza elettrica). In relazione alla potenza meccanica trattata dalla macchina elettrica si può scrivere: Pm = Cm * w in cui Cm è la coppia meccanica (o momento torcente) w è la velocità angolare dell’albero del motore. Si può rappresentare il comportamento meccanico della macchina elettrica su un piano Cm, w come indicato in figura . Se il flusso d’energia fluisce dalla sorgente al motore elettrico e quindi alla macchina azionatala macchina elettrica funziona da “motore” viceversa funziona da generatore se riceve energia meccanica dalla macchina azionata e la trasforma in energia elettrica. le macchine elettriche sono reversibili, cioè possono funzionare sia da “motore” che da “generatore ”). E possibile distinguere quattro quadranti di funzionamento in ognuno dei quali è indicata la relativa modalità di funzionamento della macchina elettrica. Assumendo come riferimento l’albero del motore si possono individuare le seguenti condizioni di funzionamento della macchina: ◗ eroga energia meccanica (e assorbe energia elettrica) = motore (quadranti 1 e 3); ◗ assorbe energia meccanica (e eroga energia elettrica) = freno (quadranti 2 e 4). Un esempio di frenatura in avanti è quello della trazione elettrica, un esempio di frenatura indietro si ha nel caso del montacarichi durante la discesa. Non tutto il piano Cm, w è disponibile per il funzionamento del motore ma sono consentite solo opportune regioni dello stesso. Un limite è stabilito dalla massima potenza meccanica PMAX che la macchina è in grado di trasmettere o ricevere, due ulteriori limiti al funzionamento nel piano cartesiano sono la coppia massima CmMAX e la velocità di rotazione massima wMAX. La zona di effettivo funzionamento della macchina elettrica è allora quella indicata in figura b. Si noti che la coppia massima non coincide con la coppia nominale del motore e può essere anche 4-5 volte maggiore di essa. 2.1 Tipi si attuatori Le macchine elettriche vengono tradizionalmente divise in due grandi gruppi: macchine statiche e macchine rotanti. - Le macchine statiche, così dette perché prive di parti in movimento, modificano il valore della corrente o della tensione alternata forniti in ingresso mantenendo pressoché inalterato il valore della potenza: il trasformatore. - Le macchine rotanti, nelle quali è presente una parte che ruota attorno ad un asse, appartengono a tre tipi fondamentali: il tipo sincrono, che opera in regime sinusoidale e con velocità di rotazione costante; il tipo asincrono, che funziona sempre in regime sinusoidale con una velocità di rotazione dipendente dal campo magnetico interno alla macchina e variabile con il carico; il tipo a corrente continua, che opera in regime stazionario, poiché l’energia viene fornita o prodotta in corrente continua 2.2 Principio di funzionamento dei motori elettrici. Il motore elettrico è il dispositivo maggiormente utilizzato per la generazione del moto nei sistemi meccanici che compongono la base dei sistemi automatici di produzione. I motori elettrici utilizzati negli azionamenti sono di due tipi rotanti e lineari con il seguente il principio di funzionamento : I primi, più usuali, rendono disponibile il moto come rotazione attorno all’asse del “rotore”; movimento può essere di tipo continuo o di tipo incrementale I secondi, invece, producono un movimento “movente” del motore). il in direzione lineare (direzione di spostamento del 2.3 Struttura di un motore elettrico Dal punto di vista strutturale il motore elettrico può essere suddiviso in due parti strettamente interagenti tra loro: una parte fissa detta statore, ed una parte mobile detta rotore (nel caso di moto rotatorio) o movente (nel caso lineare). Le parti fissa e mobile di un motore interagiscono tramite il campo elettromagnetico prodotto dalla alimentazione del motore. Quest’interazione si traduce in una coppia (coppia elettromagnetica) disponibile all’asse del rotore o in una forza (forza elettromagnetica) lungo la direzione del movente, rispettivamente per motori rotanti e lineari. Ai fini del progetto del convertitore statico e del dispositivo di controllo, il (rotante o lineare) può essere rappresentato mediante due blocchi funzionali: motore elettrico -La parte elettromagnetica, che rappresenta il comportamento degli avvolgimenti di statore e rotore della macchina elettrica (formazione delle correnti, dei campi magnetici e della coppia elettromagnetica) -la parte meccanica che rappresenta il comportamento meccanico per quanto attiene alla parte mobile del motore (comprende l’inerzia delle masse rotanti e le coppie resistenti interne alla macchina) La parte meccanica e quella elettromagnetica interagiscono tra loro in modo diretto mediante la coppia elettromagnetica ed in modo retroattivo mediante la velocità di rotazione ω, che influenza i circuiti elettrici del motore (a livello di tensioni indotte). 2.4 Tipi di motori rotanti I motori elettrici rotanti utilizzati nella m ovimentazione autom atica si possono suddividere in quattro grandi famiglie: motori a collettore, motori sincroni, motori asincroni, motori, passo passo e servo motori a) Motori a collettore. Sono caratterizzati dalla presenza del collettore-spazzole che svolge le funzioni di un convertitore di potenza, possono essere suddivisi in motori in c.c. con avvolgimento di eccitazione, motori in c.c. a magneti permanenti in disuso per l’alto costo, motori Brushless che hanno buone prestazioni e basso costi e motori universali b. Motori sincroni Sono motori alimentati con una tensione alternata e la velocità di rotazione è rigidamente legata alla frequenza della tensione di alimentazione. Si suddividono in motori sincroni con avvolgimento di eccitazione e in motori sincroni a magneti permanenti (Brushless) (sinusoidali e trapezoidali). Non sono autoavvianti e sono utilizzati per grosse potenze. Anche se più costosi sono a abbastanza diffusi per la loro flessibilità di utilizzo c. Motori asincroni Questi motori, in cui la velocità non dipende dalla frequenza, sono alimentati con una tensione alternata e sono ormai largamente diffusi nell’industria, si dividono in: c.1 Motori asincroni monofase usati per potenze piccole < 1 Kw .hanno un bassissimo rendimento e non sono usatiper la movimentazione automatica (non sono facilmente controllabili) c.2 Motori asincroni trifase, usati, soprattutto quelli a gabbia di scoiattolo, che oltre ad essere robusti hanno un basso costo. Negli azionamenti a velocità variabile per avere elevate prestazioni (coppia, velocità), occorre usare dei motori asincroni progettati appositamente per gli inverter. Motori passo passo, servomotori si utilizzano gli stessi convertitori dei motori senza spazzole e sono utilizzati per azionamenti di piccola potenza 2.5. Motori lineari elettrici I motori lineari sono particolari attuatori elettrici in grado di produrre il moto direttamente in forma lineare. Si può pensare di ottenere un motore rotativo lineare da una qualsiasi macchina rotativa mantenendo lo stesso principio di funzionamento, ma disponendo in modo opportuno le superficie di accoppiamento magnetico in modo che la distribuzione dei campi sia disposta lungo un asse piuttosto che su una circonferenza. Il motore consiste di due sole parti: il cursore «slider» e lo statore. Il cursore è prodotto con magneti al neodimio inseriti in un tubo in acciaio inox di alta precisione. Nello statore sono collocati gli avvolgimenti, il cuscinetto per il cursore, il sensore di posizione ed il sensore di temperatura per il monitoraggio termico del motore. Il pilotaggio di tali motori è reso possibile attraverso comuni convertitori che pilotano le correnti nel primario al fine di ottenere uno sfasamento di 90° elettrici rispetto ai poli magnetici così da massimizzare la spinta. L'attuazione diretta del moto in forma lineare consente di eliminare la trasmissione meccanica che si ha fra il motore rotativo e il carico, eliminando quindi tutte le limitazioni introdotte da tali cinematismi (usura, vibrazioni, qualità posizionamento, rendimento e dinamica dell’intero azionamento) ; tutto questo migliora la_stabilità generale del sistema e riduce gli interventi di manutenzione. Inoltre, grazie alle minori inerzie che vantano i motori lineari, la realizzazione particolarmente semplice il tutto a favore di dinamiche più elevate. del moto risulta 2.6) Sintesi sul motore asincrono Il motore asincrono trifase viene alimentato da un sistema di tensioni trifasi cioè tre tensioni che sono sfasate tra di loro di 120°. La tensione di alimentazione del sistema trifase è di 400 V in valore efficace, alla frequenza f = 50 Hz. La parte fissa del motore è detta statore; la parte che può ruotare è detta rotore. Sulla parte fissa del motore, si trovano tre bobine doppie, le quali vengono disposte l’una rispetto all’altra di 120° e che attraversate da correnti sfasate di 120 generano un campo magnetico rotante ns = 60f/Ncoppie polari g/m Il rotore non ruota a una velocità costante, cioè la velocità di sincronismo, ma rallenta al variare del carico; per cui il motore non è detto sincrono ma asincrono, cioè non rispetta la velocità di sincronismo imposta dallo statore. Si definisce con scorrimento s = (ns-nr)/ns = ws-wr/ws Nei MAT è importante la caratteristica meccanica che rappresenta l'andamento della coppia motrice C in funzione dello scorrimento (o della velocità di rotazione del rotore nr) La caratteristica evidenzia: - per s uguale a 1 -> motore fermo; - per per s = 0 velocità è la massima), Quando il motore gira con velocità elevata, cioè prossima alla velocità di sincronismo ns, la coppia è molto elevata; in tal caso lo scorrimento è quasi nullo. il tratto 0-a è un tratto stabile; all'aumentare del carico aumenta lo scorrimento, e quindi il motore rallenta, ma aumenta pure la coppia motrice, per cui il motore asincrono è in grado di sopportare l'aumento di carico meccanica Il tratto a-b, è un tratto instabile; infatti, in tale tratto se aumenta il carico meccanico il motore rallenta fino a fermarsi in quanto la coppia diminuisce 2.6.1 Ciclo di funzionamento: avviamento stella triangolo I tipi di servizio delle macchine vengono stabiliti dalla Norma CEI 2-3. Per MAT è prevista una sequenza di cicli di funzionamento identici, ciascuno comprendente una fase di avviamento, un periodo di funzionamento a carico costante, una fase di frenatura elettrica rapida e un periodo di riposo. Nella fase che segue l’avviamento gli avvolgimenti di un motore sono sottoposti a tensione ma la velocità è ancora nulla. In questa fase, detta di cortocircuito, il motore assorbe un’elevata corrente di spunto; l’energia assorbita, non potendo ancora convertirsi in energia meccanica, é quasi totalmente convertita in calore per effetto Joule. Con l’avviamento del rotore la corrente si riduce fino ad assumere il valore nominale in corrispondenza di una velocità vicina a quella massima. La corrente di spunto può assumere valori che vanno generalmente dalle sei alle otto volte il valore della corrente nominale. Per la protezione si possono utilizzare due dispositivi distinti, il fusibile e il relè termico, che proteggono rispettivamente contro cortocircuiti e sovraccarico termico. Il relè termico si rivela adatta per la protezione del motore alle basse correnti. Oltre un certo limite il relè termico rischia la distruzione e subentra quindi il fusibile, il cui campo di protezione può spingersi a correnti superiori per giungere fino a quella di cortocircuito. Fra i diversi metodi che si utilizzano per ridurre la corrente di spunto MAT consideriamo l’avviamento stella triangolo. all’avviamento di un Questo avviamento consiste in una partenza con avvolgimento predisposto a stella e, successivamente all’avvio, il passaggio al definitivo collegamento a triangolo La riduzione della corrente di spunto viene effettuata, sempre a parità della tensione di rete Vf, collegando inizialmente gli avvolgimenti a stella Al raggiungimento di una certa velocità del motore si effettua la commutazione a triangolo. Ogni bobina dell’avvolgimento risulta ora alimentata alla tensione concatenata Vc della rete trifase, cioè alla tensione 1,73 volte maggiore della precedente. Vf = Vc/1,73 If =Il = Vf/1,73 La corrente è ridotta di 1/3 rispetto a quella che avrebbe assorbito avviandolo subito a triangolo. La coppia di spunto, legata praticamente al quadrato della tensione, risulta anch’essa ridotta di 3 volte rispetto alla coppia che lo stesso motore fornirebbe, avviato a triangolo 3. - Criteri di scelta dei m otore elettrico La macchina elettrica, destinata ad essere collegata con una macchina operatrice che esegue di norma una ciclica, deve essere scelta con cura nell’intento di ottimizzare il motore in coppia e in potenza sia in regime permanente che in transitorio. Con riferimento al motore asincrono trifase (MAT), e in genere per qualsiasi motore, fra gli innumerevoli dati necessari per la selezione sono particolarmente importanti : potenza nominale, tensione, frequenza, velocità nominale, temperatura massima del mezzo refrigerante (aria 40°C), tipo di servizio, classe di isolamento, ecc. Sono significativi inoltre la coppia e velocità, le prestazioni dinamiche che dipendono dall'inerzia rotorica e dalla accelerazione naturale, la coppia di spunto Cs (di avviamento) e la corrispondente corrente Is A tale scopo è necessario conoscere il diagramma coppia-velocità dell’azionamento nel quale sono definite: (1) è la coppia in servizio continuo, (2) è la coppia di picco (3) il limite di coppia dovuto alla massima tensione. In funzione del tipo di servizio previsto per il motore (continuo, limitato, intermittente ) deve essere garantito il funzionamento anche in condizioni di sovraccarico termico di breve durata e di conseguenza le condizioni di utilizzo delle tre coppie A- Coppia di servizio La curva di coppia in servizio continuo (1) è la coppia che il motore riesce ad erogare in modo continuativo, mantenendo la temperatura entro valori accettabili senza che lo stesso si danneggi. Questa curva non è costante ma all'aumentare della velocità angolare decresce, per questo motivo normalmente il costruttore indica la coppia a rotore bloccato. la coppia in servizio continuo viene fissata oltre che dalle caratteristiche elettriche del motore, anche da quelle termiche provocano la smagnetizzazione del materiale magnetico Può capitare di dover utilizzare il motore in condizioni più sfavorevoli rispetto a quelle per cui è stata definita la coppia a servizio continuo, in questo caso occorre declassare il motore, utilizzando la seguente formula Cd^2 = (Δtd/Δtn)*Cn^2 Δtd e Cd sono la differenza di temperatura dell'avvolgimento rispetto a quella dell'ambiente e la coppia del motore declassato - Δtn e Cn sono i valori nominali Con l’aumento della temperatura ambiente si ha la diminuzione della differenza di temperatura Δtd che si ha a disposizione senza che il motore superi le temperature critiche e di conseguenza diminuirà secondo la coppia a servizio continuo che il motore può erogare b - La coppia di picco è la massima coppia (2) che può erogare il motore senza problemi, normalmente è 2 + 5 volte la coppia in servizio continuo. Il tempo massimo di utilizzo di dipende dal tempo necessario per raggiungere la sovratemperatura critica Nel caso in cui si richiede al motore di erogare una coppia superiore alla coppia in servizio continuo, la temperatura raggiunge più velocemente il valore della temperatura critica tendendo a superarlo se non si limita la coppia. Di solito la massima coppia di picco erogabile dal motore non viene mai utilizzata completamente per non sovradimensionare il DRIVER (scheda di gestione dello stato di funzionamento del motore c. Limite di coppia dovuto alla massima tensione di alimentazione I motori asincroni alimentati da un convertitore elettronico hanno lo stesso comportamento di quello motori in C.C. Nella figura sottostante è rappresentato il campo di lavoro di un motore asincrono alimentato da un convertitore (inverter) che lo alimenta a frequenza variabile, con una tensione proporzionale alla frequenza fino alla frequenza nominale fn di funzionamento del motore (50 Hz), e successivamente con tensione costante La tensione nominale che si ottiene in corrispondenza della frequenza nominale, per problemi d’isolamento, non verrà più aumentata e di conseguenza la coppia, essendo proporzionale al quadrato della tensione di alimentazione verrà limitata da Vmax La frequenza invece potrà continuare ad aumentare con conseguente diminuzione del flusso e quindi della coppia, in questo secondo tratto della caratteristica il motore funzionerà a potenza costante Per mantenere inalterate le caratteristiche meccaniche nominali del motore (coppia) si deve mantenere costante, dove possibile, il rapporto V/f (tensione che alimenta il motore che influisce sulla coppia e la frequenza stessa) La zona oltre la frequenza nominale viene denominata zona a potenza costante frequenza nominale viene definita a coppia costante mentre quella prima della Tenendo presente che la coppia di sovraccarico non può per evidenti ragioni essere superiore alla coppia massima (pena, il brusco rallentamento fino all’arresto all’aumentare della coppia resistente), occorre applicare un fattore di riduzione 𝐾<1 per determinare l’indice di sovraccarico meccanico ammissibile: Nelle condizioni più sfavorevoli si ha una coppia effettiva massima di 0,66 𝐶nom corrisponde un sovraccarico sostenibile del 34%. a cui La variazione di velocità viene ottenuta variando La frequenza con un «inverter» che trasforma una corrente cc in ca Con l’inverter è possibile ottenere velocità maggiori rispetto a quella di targa generando frequenze maggiori di 50 Hz ma da tale punto in poi, non essendo più possibile aumentare la tensione, si ha come conseguenza un progressiva diminuzione della coppia motrice. . CRITERI DI DIMENSIONAMENTO PER L’INSTALLAZIONI DEI MOTORI ASINCRONI Nella installazione di motori in dispositivi di sollevamento e movimentazione (montacarichi, nastri trasportatori, coclee «contenitori» ed argani) il dimensionamento e la scelta del motore di trascinamento viene effettuata in funzione delle caratteristiche del carico. Si sceglierà quel motore in base alla coppia (Cnom>Cresist). La velocità di sollevamento o movimentazione sarà quella corrispondente al numero di giri nominale del motore Il motore deve inoltre vincere la "coppia di distacco", in conseguenza del maggiore attrito al distacco. Si esaminano di seguito i grafici coppia-potenza carico, in funzione delle condizioni specifiche di 1) Per macchine avvolgitrici ( per carta, lamiere, fili) e per lavorazioni al tornio in cui si richiede una potenza costante il grafico coppia potenza sarà: P = C*𝛀 = cost C coppia P potenza 𝛀 velocit angolare oppure P=F·v=cost. 2) Per il lavoro di sollevamento, di attrito o di deformazione la coppia resistente è costante e non dipende dalla velocità (ascensori, paranchi, argani) coppia C=F·D/2=costante; F = PESO LA FORMULA EVIDENZIA CHE la coppia indipendente di giri dal numero 3) Nel caso di macchine che offrono una resistenza d’attrito proporzionale alla velocita con coppia di carico proporzionale alla velocità in giri al minuto ( calandre per la lavorazione di materiali tessili, carta, plastica, fogli di gomma ecc.. con generazione di attrito viscoso) si ha C=k·Ω ; 4) – Nel caso di ventilatori, pompe centrifughe, sbattitori, centrifughe C=k·Ω2 ; P=C·Ω=k·Ω3 P=C·Ω= k·Ω2 4. Circuito di potenza. La parte di potenza è quella parte che deve convertire l'energia elettrica proveniente dalla sorgente di alimentazione nella forma adatta per poter alimentare in modo opportuno il motore elettrico. La sorgente di alimentazione primaria è in genere la rete in correte alternata (trifase per azionamenti di potenza superiore a qualche kW, monofase per potenze inferiori ad 1-2 kW); in casi particolari può trattarsi di una rete elettrica in corrente continua (azionamenti per trazione su rotaia) oppure batterie di accumulatori (trazione su ruote). L'amplificatore di potenza si può - convertitore di potenza - sezione di alimentazione - circuito di frenatura considerare suddivisa in tre sezioni: Il convertitore di potenza ha i l compito di alimentare i l motore e quindi conversione DC/AC o DC/DC, la sua struttura dipendo dal motore stesso. effettuare una La sezione di alimentazione dipende dalla sorgente di alimentazione che è normalmente monofase o trifase, i l suo compito è quello di effettuare la trasformazione da tensione alternata in continua o viceversa in modo da ottenere il controllo del moto richiesto. 3)Per evitare che durante la frenatura del motore la tensione ai capi del convertitore superi valori elevati, si introduce un circuito di frenatura che ha il compito di scaricare su una resistenza (detta di frenatura) l'energia in eccesso prodotta durante la frenatura Dal punto di vista funzionale si hanno le seguenti tipologie di convertitori: - CONVERTITORE AC/DC non controllato, «raddrizzatore» ( V e f costanti) CONVERTITORE AC/DC controllato , (V di ampiezza variabile) CONVERTITORE DC/DC, «chopper», (V di ampiezza variabile) CONVERTITORE DC/AC, «inverter», (V di ampiezza e frequenza variabili) CONVERTITORE AC/AC, «convertitore di frequenza» (V di ampiezza e frequenza variabili In genere i convertitori per l’alimentazione di motori a velocita variabile sono realizzati impiegando uno o più di questi circuiti, in funzione della sorgente primaria di alimentazione che si ha a disposizione e del tipo di motore che occorre azionare. Per la realizzazione dei convertitori si utilizzano oltre ai transistor SCR, IGBT, componenti di tecnologia recente quali IEGT, HVIGBT, HVIPM ecc.. GTO anche , Scelta del convertitore di frequenza (inverter La scelta dell’azionamento dipende dal tipo di motore, dal relativo drive «dispositivo di comando: inverter), dal tipo di carico meccanico, dal rapporto fra l’inerzia del carico e l’inerzia del motore, dal tipo di motore che si deve controllare, dal tipo di utilizzo dello stesso e viene effettuata sulla base delle specifiche tecniche forniti dai cataloghi tecnici dei costruttori ( tensione di alimentazione del motore, corrente del convertitore «taglia», corrente di picco, velocità nominale, coppie ecc. ecc.) La tabella che segue evidenzia altri elementi che si considerano nella scelta degli azionamenti tracking: gestione elettronica del movimento continua e intermittente che consente di aumentare il rendimento e diminuire le dimensioni del motore 4.1 Protezione del convertitori Ogni convertitore statico è provvisto di un opportuno sistema di protezione, il quale assicura che non accadano condizioni operative tali da danneggiare in modo irreparabile i semiconduttori di potenza. Fra le protezioni, quella di massima corrente riveste un ruolo particolarmente rilevante, in quanto deve disinserire rapidamente l’alimentazione quando avvengono gravi disturbi quali corto-circuiti o surriscaldamenti Nei moderni convertitori la protezione e i sensori, che indicano la condizione di guasto, sono parte integrante dello stesso convertitore. 5. Dispositivo di controllo E` l’elemento che determina, istante per istante, il valore delle grandezze di comando del convertitore statico in base alla modalità ed alla strategia di controllo adottate per lo specifico azionamento. Per quanto concerne la modalità di controllo occorre distinguere tra controllo in catena aperta e controllo in catena chiusa (o in “contro-reazione”) a. Controllo a catena aperta Tale modalità è caratterizzata dal fatto che la grandezza da controllare non viene misurata, ma viene individuata, in modo univoco, dalla grandezza di riferimento (di comando) L’assenza di una misura della grandezza da controllare non assicura che, a regime, questa eguagli il valore di riferimento: lo scostamento dipende dalla presenza di disturbi che intervengono sul sistema controllato, e precisamente: - la caratteristica dei carichi (statici e dinamici) della macchina azionata; - le cadute di tensione nel convertitore; - le variazioni parametriche nel sistema controllato. Con lo schema di controllo in catena aperta questi effetti possono essere, se noti, compensati a livello della legge di controllo, ma se si vuole assicurare uno scostamento nullo bisogna ricorrere al controllo in catena chiusa. b. Controllo a catena chiusa Con questa modalità la grandezza da controllare è misurata attraverso un opportuno sensore o trasduttore ed è confrontata nel nodo comparatore con la grandezza di riferimento. La loro differenza (“errore” o “scarto” di regolazione) diventa l’ingresso del blocco di controllo in catena diretta. Il controllo in catena chiusa è adottato quando con un azionamento in catena aperta non si possono assicurare le prestazioni desiderate nelle regolazioni, in particolare: - si vuole che l’errore a regime sia nullo indipendentemente dalle caratteristiche statiche del sistema controllato, dalle escursioni della coppia resistente e dalle variazioni dei parametri del motore; - si desidera che le prestazioni dinamiche (rapidità del seguire le variazioni del riferimento con andamento prefissabile) siano ottimali Gli azionamenti di elevate prestazioni sono del tipo a catena chiusa, e vengono indicati come servo-azionamenti Le frecce tratteggiate indicano i fenomeni di controreazione tra la macchina azionata ed il motore (dovuti alla caratteristica statica e dinamica del carico o al collegamento tramite albero elastico. La retroazione del motore sul convertitore (caduta di tensione) e di questo sulla sorgente primaria (disturbi elettromagnetici sulla rete elettrica) Il flusso di potenza della sorgente attraverso il convertitore al motore ed alla macchina azionata è indicato con frecce larghe I segnali di controllo (bassa potenza) a tratto continuo, quelli di protezione con tratto-tratto Nei moderni azionamenti il dispositivo di controllo è realizzato mediante microprocessori dedicati al controllo dei motori elettrici, ossi disponibili sul mercato in forma di microcontrollori o processori di segnale digitale (DSP, Digital Signal Processors). L’AZIONAMENTO ELETTRONICA DI POTENZA Generalità Transistor ( BJ T, MOSFET, IGBT, SCR TRIAK) Pilotaggio dei dispositivi a semiconduttori Elettronica di potenza Generalità L'elettronica di potenza si occupa della regolazione della potenza erogata a un carico che lavora con tensioni e/o correnti elevate mediante componenti elettronici. Questa soluzione è superiore a quella che fa uso di componenti elettromeccanici come relè e contattori perché questi ultimi: richiedono correnti di pilotaggio superiori sono molto più lenti (quindi adatti per impieghi tipo marcia-arresto ma certamente non per la regolazione PWM!) sono meno affidabili La soluzione circuitale e i componenti da utilizzare si scelgono in base ai valori di corrente e tensione e al tipo di circuito - in alternata o continua. I principali componenti utilizzati sono: transistor: BJT, darlington, MOSFET e IGBT tiristori: SCR, DIAC, TRIAC e GTO Transistor I transistor sono indicati per potenze minori (fatta eccezione per gli IGBT) e per circuiti in continua. L'impiego è quello da interruttore dove il transistor si comporta: come un interruttore aperto nello stato OFF come un generatore di tensione costante (VCEsat) per i BJT o come una resistenza (Ron) per i MOSFET nello stato ON In entrambi i casi si ha una dissipazione di potenza sul componente calcolabile con: PD= VCEsatICt PD= RonICm Questa potenza è contenuta, perché i valori di VCEsat e Ron sono molto bassi (meno di un Volt e meno di un Ohm per transistor di potenza), ma non trascurabile e va dissipata sotto forma di calore ceduto all'ambiente Il pilotaggio dei transistor è abbastanza semplice e richiede piccole correnti, erogabili entrambi casi con tensione nulla si ha lo stato OFF mentre per lo stato ON: anche da porte logiche. In per i BJT occorre dimensionare la resistenza RB, considerando la tensione di comando e il carico, per portare il BJT in saturazione per per i MOSFET basta imporre una VGS maggiore di quella di soglia indicata nei datasheet per avere piena conduzione Nelle applicazioni di potenza si usa la connessione a emettitore comune che permette di pilotare correnti elevate con piccole correnti i parametri che occorre prendere in particolare considerazione sono la corrente massima (lcmax arriva anche di 500A) le tensioni massime (VCE e varie tensioni di rottura), la potenza dissipabile (PDmax). Possono commutare ad elevata frequenza (10 kHz), ma non resistono alle tensioni inverse e le applicazioni sono perciò limitate ad inverter e chopper alimentati in corrente continua I MOSFET sono utilizzati per pilotare carichi di potenza perché sopportano tensioni di rottura superiori rispetto ai BJT (tensioni di rottura di 1 Kv con correnti di qualche centinaio di Ampere) e presentano i seguenti vantaggi sono facili da pilotare non assorbono corrente a riposo sono più stabili nell'utilizzo ( tempi di commutazione più brevi e frequenze di lavoro più elevate; controllo di potenze elevate (si arriva ai 150 kW) mediante potenze di pilotaggio trascurabili; facilità di interfacciamento con logiche TTL e CMOS Darlington. Si tratta di due BJT con il collettore il comune e l'emettitore del primo collegato alla base del secondo. Questa configurazione equivale ad un BJT con un guadagno che è il prodotto dei due guadagni e una VCEsat aumentata di 0,7 Volt (pari alla VBE del secondo transistor) Sono usati come interruttori per pilotare relè solenoidi, motori in corrente continua e passo-passo (step motor). IGBT (insulated gate bipolar transistor) Sono un particolare tipo di transistor che combina un MOSFET in ingresso e un BJT in uscita. Questa soluzione sta soppiantando le precedenti tecnologie nelle applicazioni in commutazione per potenze medio-alte (inverter, alimentatori) perché offre sia i vantaggi dei BJT (tensioni di lavoro elevate e bassa VCE) che quelli dei MOSFET (alta impedenza di ingresso e facilità di pilotaggio). Per portare l’IGBT in condizioni si applica in modo continuo una tensione positiva superiore alla tensione di soglia che è dell’ordine di 5- 6v; per spegnerlo si porta Vge al di sotto della tensione di soglia L’impiego degli IGBT è legato in particolare al controllo dei motori a velocità variabile, al controllo di trazione, agli schemi per inverter e alimentatori. Tiristori I tiristori in senso stretti sono gli SCR ma spesso, con questo termine, si intendono anche altri componenti a semiconduttore della stessa famiglia come i DIAC, i TRIAC e i GTO. Questo tipo di dispositivi si usano prevalentemente in alternata (fanno eccezione i GTO) e richiedono un circuito di innesco per il loro pilotaggio. SCR L'SCR (Silicon Controlled Rectifier) è un diodo controllato che dispone di un terzo terminale, oltre ad anodo e catodo, detto gate. Per portare in conduzione un SCR occorre: polarizzarlo direttamente con una VAK positiva applicare un impulso di corrente al gate Non si possono utilizzare per elevatissime frequenze di commutazione ma consentono il passaggio di elevate correnti (3.5÷4 kA) e di conseguenza possono gestire grandi potenze. Per velocizzare l’entrata in conduzione è opportuno che il fronte di salita dell’impulso di gate sia molto ripido. Questo è importante ad elevate frequenze di commutazione. Solitamente non si da un unico impulso ma un treno di impulsi, per evitare elevate perdite e possibili spegnimenti involontari La corrente applicata al gate che porta in conduzione l'SCR non è più necessaria una volta avvenuto l'innesco. Per spegnere l'SCR bisogna che la corrente tra anodo e catodo scenda sotto un valore minimo detto corrente di mantenimento IH (holding current) o che si inverta la tensione tra anodo e catodo. Questo tipo di funzionamento permette di pilotare un SCR (quindi grandi correnti) con correnti impulsive di breve durata ma presenta una serie di complicazioni per l'innesco e lo spegnimento, in particolare Per entrare in conduzione, è necessario superare la corrente di latching IL; Un SCR può entrare in conduzione anche senza corrente di gate se la tensione tra anodo e catodo supera la tensione di breakover VBO. Questa condizione indesiderata di auto-innesco potrebbe verificarsi anche in seguito a brusche variazioni di tensioni - ad esempio per fenomeni induttivi - e va evitata ricorrendo a circuiti smorzatori da porre in parallelo all'SCR Per evitare commutazioni indesiderate si inseriscono reti RLC (rete snubber) in cui l’induttanza . in serie si oppone alla variazione di corrente limitando la variazione di tensione L’SCR può essere interdetto solamente riducendo momentaneamente a zero la sua corrente anodica, o comunque al di sotto del valore minimo di aggancio o di tenuta. Nei circuiti in alternata, lo spegnimento interviene automaticamente ogni volta che la sinusoide di rete attraversa lo zero. L'impulso di gate, regolato e sincronizzato con la tensione di alimentazione con un apposito circuito di innesco, porta in conduzione l'SCR nella semionda positiva, parzializzando la tensione e regolando così la potenza al carico. Si chiama con: •angolo di innesco, quello che corrisponde al ritardo dell'impulso di corrente •angolo di conduzione, quello durante il quale l'SCR conduce Regolando l'angolo di innesco si ritarda l'entrata in conduzione dell'SCR regolando la potenza. Un possibile circuito che realizza il controllo di fase è quello in figura Il ramo con la resistenza variabile e il condensatore permette di innescare l'SCR nel momento desiderato (aumentando la R la carica del condensatore rallenta e l'innesco avviene più tardi); il diodo fa sì che la tensione sul gate sia solo positiva. Nei circuiti n corrente continua si rende necessario l’uso di circuiti di spegnimento aggiuntivi che raggiungono lo scopo forzando la polarizzazione inversa del componente, solitamente mediante condensatori che rendono la Vak negativa polarizzando inversamente l’SCR TRIAC e DIAC I TRIAC sono dispositivi bidirezionali con caatteristiche e simili agli SCR: Si comportano come due SCR in antiparallelo con un unico terminale di gate. La caratteristica di un TRIAC è simile a quella di un SCR ma si differenzia perché: può condurre sia nel primo che nel terzo quadrante il verso della corrente di gate non è importante e il TRIAC entra in conduzione sia con corrente entrante che con corrente uscente Come per l'SCR occorre tener conto della corrente di mantenimento IH, sotto la quale il TRIAC si spegne, e della tensione di breakover VBO, oltre la quale il TRIAC si innesca anche in assenza di corrente sul gate. I DIAC sono componenti bidirezionali come i TRIAC ma privi del terminale di gate. Senza una corrente di inessco entrano in conduzione solo superando la tensione di breakover, che ha un valore tipico intorno ai 30 Volt. Il simbolo di un DIAC è questo: L'impiego più comune dei DIAC è nei circuiti di innesco dei TRIAC per generare una corrente di gate sincronizzata con la tensione alternata che sarà parzializzata con il TRIAC. Il circuito che segue contiene una TRIAC che regola la potenza su un carico (ad esempio una lampada) con controllo di fase; per l'innesco viene utilizzato un DIAC. Alcune osservazioni: regolando R si ritarda l'innesco (aumenta l'angolo di innesco e diminuisce quello di conduzione) a innesco avvenuto il ramo con il condensatore risulta cortocircuitato con un carico induttivo è necessario porre uno smorzatore RC in parallelo al TRIAC (per una lampada o un carico resistivo non serve) in questo tipo di applicazioni si usa sempre un filtro LC per limitare i disturbi dovuti alla forma d'onda della tensione parzializzata i valori di resistenza e capacità vanno dimensionati opportunamente la regolazione non funziona bene per angoli di innesco elevati (potenze basse) e bisogna ricorrere a circuiti di innesco più complicati una resistenza posta tra DIAC e gate del TRIAC migliora le prestazioni (limita la corrente e prolunga l'impulso di corrente per avere un innesco certo) Pilotaggio dei dispositivi a semiconduttore in commutazione Blanking time Nei circuiti di comando con dispositivi antagonisti “ interruttori” se accesi contemporaneamente si spreca tanta energia a seguito di una commutazione,. L’uso di un blanking time, tecnica che invia il segnale di innesco su un interruttore che giunga in ritardo rispetto a quello di spegnimento, può impedire questa situazione Per realizzarla è sufficiente un comparatore a doppia soglia (si imposta una soglia per la commutazione in salita e un’altra per la discesa). Circuiti di snubber e soft switching L’accensione e lo spegnimento di un dispositivo elettronico non è mai ideale: la presenza di fenomeni parassiti (recovery di diodi interni “capacità del diodo di generare impulsi brevi”, induttanze parassite) causano picchi di vario tipo su tensione e corrente. I circuiti di snubber fungono da limitatori per implementare commutazioni smorzate (soft switching) per smorzare eventuali fenomeni elettrici critici che sono conseguenza della commutazione del circuito e possono mettere a repentaglio gli elementi del circuito stesso. Tipicamente, gli snubber operano come: • limitatori di sovracorrente all’accensione; • limitatori di sovratensione allo spegnimento; • limitatori di stress durante il funzionamento (per impedire che V e I siano contemporaneamente elevate, e quindi la potenza sia alta). • Snubber RC. Protegge diodi e tiristori: limita la sovratensione • Snubber RC con condensatore polarizzato. Modifica le forme d’onda ammorbidendole favorendo lo spegnimento degli interruttori. Mantiene le tensioni applicate ai dispositivi a livelli di sicurezza, limitando anche la variazione di tensione allo spegnimento. L’AZIONAMENTO Il convertitore statico Raddrizzatori AC/DC Raddrizzatori monofasi e trifasi Raddrizzatori con carico RL e RC Raddrizzatori semicontrollati con carico R Raddrizzattori Controllati a semi-onda (R) Raddrizzattore controllato ad onda intera (R) monofase e trifase CONVERTITORI CC - CC "CHOPPER/SWITCHING CIRCUITO DI REGOLAZIONE CONTROLLO VELOCITA Convertitori CC-CA "inverter« Tecniche Pwm Inverter VSI six-step Inverter VSI-PWM Inverter CSI a commutazione di carico Convertitori CA CA Armoniche Compatibilità elettromagnetica Il convertitore statico La produzione industriale dell'energia elettrica viene fatta, come è noto, quasi esclusivamente sotto forma di corrente alternata trifase. L'impiego della corrente alternata (c.a) consente, tramite i trasformatori, un agevole adattamento dei livelli di tensione ai valori che risultano di volta in volta più opportuni. La scelta del sistema trifase deriva invece dalla sua maggiore economicità rispetto ad altre soluzioni. Esistono però: - una serie di importanti applicazioni, sia industriali che civili, che richiedono alimentazioni a corrente continua (c.c) o frequenza diversa da quella di rete, (casi di applicazioni elettrochimiche, delle linee di trasmissione a c.c., dei forni a induzione , dei sistemi di carica degli accumulatori). - quando è richiesta una rapida regolazione dell'ampiezza o della frequenza della corrente erogata al carico (caso di molti alimentatori regolabili e degli azionamenti a velocità variabile di motori a corrente continua o a corrente alternata) - quando l’alimentazione deve essere garantita anche in caso di guasto della rete di distribuzione (alimentazioni a continuità assoluta: sale operatorie, centri di calcolo, ecc.), in cui si ha l'esigenza di operare una conversione dell'ampiezza della frequenza della tensione di rete; a tale scopo e si chiamano convertitori (converters) i dispositivi capaci di operare questa conversione I convertitori rotanti «accoppiamenti fra macchine rotanti) che si utilizzavano in passato e che trovano ancora oggi impiego in alcune particolari applicazioni sono stati sostituiti dai convertitori statici, basati sull'impiego di interruttori elettronici allo stato solido startici (diodi, transistori, tiristori, IGBT), che derivano il loro nome dal fatto di non includere alcun organo di movimento. I convertitori statici includono sempre uno o più interruttori le cui aperture e chiusure vengono controllate in modo da operare la conversione desiderata. Le forme d'onda di corrente e di tensione che ne risultano sono spesso ricche di componenti armoniche indesiderate, sicchè spesso i convertitori impiegano anche induttori o condensatori in funzione di filtri. L'alimentazione del convertitore può essere continua o alternata e la sua uscita può essere ancora continua o alternata, a frequenza ed ampiezza fisse o variabili. I legami tra tipo di energia in ingresso ed uscita dei diversi tipi di convertitore sono indicati della seguente tabella riassuntiva: Raddrizzatori AC DC I raddrizzatori più comuni sono quelli a ponte in versione monofase o trifase; questi ultimi, pur essendo più costosi, sono più diffusi in quanto presentano ondulazione di tensione e contenuto armonico di corrente molto più piccoli. Essi possono essere costituiti: da soli diodi (raddrizzatori non controllati), da diodi e SCR (raddrizzatori semicontrollati), sono semplici e poco costosi ma possono operare in un solo quadrante poiché non consentono l'inversione né della tensione né della corrente (casi tipici di utilizzazione si hanno negli azionamenti per ventilatori e per pompe), o da soli SCR (raddrizzatori totalcontrollati), sono più complessi e costosi ma possono funzionare in due quadranti in quanto consentono l'inversione della tensione. Per ottenere il funzionamento in tutti e quattro i quadranti si devono utilizzare due raddrizzatori totalcontrollati connessi in antiparallelo. Nei raddrizzatori a ponte trifasi ad ogni istante solo due dei sei elementi (diodi o SCR) conducono: uno del gruppo inferiore ed uno del gruppo superiore, purché non appartenenti allo stesso ramo Se è costituito da diodi l'elemento conducente del gruppo superiore é quello connesso alla tensione di alimentazione più positiva (gruppo inferiorenegativa), se è costituito da SCR la conduzione avviene solo dopo che é stato inviato un impulso di accensione al suo gate, In un periodo si verificano quindi sei commutazioni alternativamente nella parte superiore e in quella inferiore del ponte. Nei seguenti casi 1. separare le terre tra ingresso e uscita (motivi di sicurezza); 2. ridurre lo stress provocato da tensione e corrente, quando sono richieste grandi conversioni (si sfrutta il rapporto di partizione); 3. ottenere uscite multiple. e necessario isolare ingresso e uscita di un convertitore con un trasformatore. Il controllo della corrente e della tensione in uscita avviene variando l’angolo di innesco attraverso circuiti integrati in grado di comandare la fase di accensione Raddrizzatori monofasi a frequenza di rete Il valore medio e quello efficace della tensione raddrizzata si calcolano così: Vum =VM/π Vueff=VM / √2 La tensione raddrizzata, pur presentando una componente continua, varia sensibilmente nel tempo e non è adatta ad alimentare carichi che richiedono una tensione continua. Immaginando di scomporre la tensione in una componente continua sovrapposta ad una alternata si può quantificare l'ondulazione della tensione raddrizzata con il fattore di ripple (o di ondulazione) definito così: r=Vueff/Vum dove Vueff è il valore efficace della sola componente alternata della tensione Un buon raddrizzatore deve avere un basso fattore di ripple; nel caso del raddrizzatore a semionda r vale 1,21 (121% in forma percentuale). Si definisce con rendimento di conversione il rapporto fra la potenza continua fornita al carico e la potenza erogata dal generatore Raddfrizzatore a onda intera (monofase) alimentazione con presa centrale a ponte di Graetz IL raddrizzatore più utilizzato è quello a onda intera, in particolare quello a ponte di Graetz Il ponte, che contiene quattro diodi che conducono a coppie alternativamente, produce in uscita la tensione . Il valore medio e quello efficace della tensione raddrizzata valgono: Vm =2VM/π Veff=VM/1.41 Lato carico: • aumento valor medio • riduzione contenuto armonico • Lato rete: miglioramento forma d’onda dove la tensione di picco VM corrisponde a quella di ingresso diminuita della cdt sui due diodi (2VD). E' facile constatare che il raddrizzatore a onda intera è migliore di quello a semionda, infatti: •il valore medio è doppio •l'ondulazione presenta frequenza doppia •il fattore di ripple è migliore e vale 48% Inoltre il ponte è facile da utilizzare perché disponibile in forma integrata. Raddrizzatore trifase Vengono utilizzati per potenze maggiori consentono di migliorare le forme d’onda di tensione e corrente sia dal lato rete (corrente più prossima ad una sinusoide), sia dal lato carico (tensione più costante); le configurazioni possono essere a semi e a doppia onda .Raddrizzatore a semi-onda Sono presenti tre diodi che conducono alternativamente quando la fase a cui sono collegati presenta un valore di tensione superiore alle altre due. La tensione raddrizzata, rappresentata in figura coincide in ogni momento con la tensione più elevata delle tre tensioni stellate e presenta caratteristiche migliori rispetto al caso monofase Intervallo di conduzione = 2/3 π = 120 ° Vum=(3√3/2π)(VSM) = 0.828VM r=17,7% Ogni diodo conduce per un terzo del periodo della sinusoide quindi il suo valore medio è 1/3 della corrente erogata sul carico, le correnti nelle fasi del secondario del trasformatore sono uguali a quelle dei diodi Raddrizzatore trifase a ponte (a onda intera) La conduzione della corrente avviene sempre tramite il diodo con l’anodo a tensione maggiore con quello della terna inferiore a tensione minore (per la coppia di diodi collegati ai morsetti di rete che presentano la maggior differenza di potenziale, ovvero, la maggior tensione concatenata) La corrente nel carico è sempre unidirezionale Ogni diodo conduce per un terzo del periodo della sinusoide quindi il suo valore medio è 1/3 della corrente erogata sul carico; le correnti nelle fasi del secondario del trasformatore non sono uguali a quelle dei diodi (ogni fase è interessata per 120 gradi Raddrizzatori RL Nella pratica è frequente il caso in cui il carico presenta anche una componente induttiva, come nel caso degli elettromagneti o dei motori in continua. Questo tipo di carichi peggiora le prestazioni del raddrizzatore perché a causa dello sfasamento introdotto dall'induttanza - e quindi del ritardo della corrente rispetto alla tensione - il diodo continua a condurre anche con tensioni in ingresso negative. Questo determina una diminuzione del valore medio della tensione raddrizzata Il problema può essere risolto inserendo un diodo di libera circolazione in antiparallelo al carico che entra in conduzione quando la tensione di uscita è negativa annullandola. B angolo di ritardo dello spegnimento dell’onda Raddrizzatore a semi-onda (R e C) Negli alimentatori la tensione continua viene ottenuta livellando la tensione raddrizzata con un filtro capacitivo. La soluzione più semplice è quella di mettere un condensatore in parallelo al carico. Senza il carico R il circuito si comporta come un rivelatore di picco: il condensatore si carica al valore massimo della tensione vi e non potendo scaricarsi a causa del diodo, mantiene ai suoi capi il valore di picco della tensione di ingresso. In presenza del carico il condensatore si scarica su RL con costante di tempo τ=RLC. Scegliendo opportunamente i valori di RL e C è possibile ottenere una scarica molto lenta e di conseguenza ridurre notevolmente l'ondulazione della tensione Osserviamo che: •per ottenere un buon risultato la costante di tempo deve essere molto maggiore del periodo di vs •la tensione livellata presenta ancora una ondulazione, anche se molto contenuta, intorno al valore di picco di vo •l'andamento della tensione livellata è approssimabile a un'onda triangolare asimmetrica con un breve tratto crescente (carica del condensatore) e un lungo tratto quasi orizzontale (scarica) IL Valore medio della corrente sul diodo è uguale a quello sul carico R Circuiti semicontrollati monofase trifase Il comportamento è simile a quello del ponte monofase e trifase a diodi con la differenza che la conduzione delle coppie di diodi avviene in corrispondenza dell’impulso di innesco Raddrizzattori Controllati a semi-onda (R) I • • • Diodi sono sostituiti da SCR viene controllato (ritardandolo) l’istante di innesco lo spegnimento avviene come per i Diodi (“naturale”) il valor medio della tensione lato DC può essere solo abbassato (rispetto al caso di raddrizzatore non controllato a Diodi) e varia in funzione dell’angolo di innesco Raddrizzattore controllato ad onda intera (R) monofase è possibile invertire il verso della corrente collegando due ponti Totalmente controllati in antiparallelo; questa possibilita dipende dalle caratteristiche del carico e dalla possibilità di inviare corrente in rete Raddrizzatore controllato ad onda intera (R) trifase Derivano direttamente dai corrispondenti non controllati sostituendo tutti i diodi con SCR • trifase a semi-onda (mezzo ponte) • trifase ad onda intera (ponte completo) Anche in questo caso si possono considerare soluzioni “ibride” con Diodi ed SCR. Il ponte trifase totalmente controllato puo lavorare anche sulle semionde negative delle tensioni sinusoidali a seconda della posizione dell’angolo di innesco - Per α < 90 la tensione media e positiva (raddrizzatore) - Per α = 90 la tensione media è uguale a 0 - Per α > 90 la tensione media è negativa (inverter) Per α = 0 si ha la massima tensione in uscita La successione degli SCR in conduzione avviene attraverso sequenze di coppie Di impulsi prefissati (es: T1T6 - T1T2 - T3T2 - T3T4 - T5T4- T5T6 - T1T6 ) Sono Raddrizzatori utilizzati nei motori elettrici DC per potenze fino a 150 KW alimentatori /regolatori switching (CHOPPER:a commutazione) Un chopper è un convertitore statico in grado di trasformare potenza in c.c. a tensione costante in potenza in c.c. a tensione variabile. Il chopper può essere considerato un interruttore che commuta ad elevata frequenza,. Nei convertitori in cui la la tensione di uscita non è controllata si ha la necessità di stabilizzarla al variare della tensione di ingresso e del carico. Esistono in commercio circuiti, chiamati regolatori switching, che sentono la tensione di uscita ed agiscono sul duty cycle dell'interruttore in modo da stabilizzare Vout IL principio di funzionamento si basa sull’interruzione del collegamento tra l’alimentazione e il carico elettrico in modo che l’energia venga inviata al carico non con continuità ma attraverso una sequenza di onde rettangolari; controllando la durata delle onde è possibile variare la tensione media sul carico I componenti utilizzati sono condensatori e induttanze. Su di essi (uno dei due componenti, o entrambi, a seconda della tipologia scelta) avviene un procedimento ciclico di carica e scarica che si ripete molte volte al secondo. Per risolvere il problema di isolare il carico dalla rete viene introdotto un trasformatore, il trasformatore utilizzato lavora ad alte frequenze ed è di dimensioni ridotte. Per le configurazioni flyback e forward si usano trasformatori a eccitazione unidirezionale del nucleo. Il vantaggio di un alimentatore di tipo switching è il suo minore ingombro e maggiore efficienza. Lo svantaggio è che si ha un ripple a frequenza intorno ai 50KHz che può creare problema di rumore e in generale il circuito potrebbe creare problemi di compatibilità elettromagnetica. Gli alimentatori buck (detto anche STEP-DOWN), boost (detto anche STEP-UP) , Buck-boost (detto anche STEP-UP-DOWN) e Cuk converter sono utilizzati per convertire basse tensioni in altre basse tensioni, oppure sono usati per ottenere tensioni negative da tensioni positive L’uscita non è galvanicamente isolata dall’ingresso, quindi non sono utilizzabili per convertire dalla 220 direttamente al valore voluto. Gli alimentatori flyback e forward invece sono usati quando la tensione d’ingresso è molto diversa dalla tensione d’uscita da ottenere, sia in salita che in discesa, inoltre prevedono un piccolo trasformatore che isola galvanicamente la parte sotto alta tensione dall’uscita a bassa tensione. Sono le configurazioni usate per gli alimentatori dei computer, dei monitor e delle televisioni, e di qualchericetrasmettitore radioamatoriale; è possibile ottenere tensioni multiple in uscita, ad esempio nei computer servono le tensioni +12, -12, +5, -5. Schema di principio di un alimentatore switching del tipo «Forward» per applicazioni in alta potenza SW= elemento commutatore (transistor operante in interdizione (ON/OFF) a frequenze alte D = diodo Schottky L = Induttanza C = Condensatore elettrolitico Diodo e induttanza mantengono carico il condensatore elettrolitico C durante la fase di conduzione del transistor Schema di principio di un alimentatore switching del tipo «Forward» per applicazioni in bassa potenza SW= elemento commutatore (transistor operante in interdizione (ON/OFF) a frequenze alte D = diodo raddrizzatore L = trasformatore C = Condensatore elettrolitico Diodo e induttanza mantengono carico il condensatore elettrolitico C durante la fase di conduzione del transistor A seconda di come si realizza il controllo degli intervalli Ton, Toff i chopper i possono essere classificati nelle tre seguenti categorie: - A tempo di conduzione variabile: T rimane costante e si variano Ton e Toff; la tensione in uscita dipende linearmente dal duty-cycle - A frequenza variabile: rimane costante il tempo di conduzione «Ton» ma varia il periodo di commutazione «T»; la tensione in uscita e data dalla seguente espressione Vdc = Vi*f *Ton (per frequenze elevate si hanno problemi di commutazione e problemi di filtraggio del ripple) - A frequenza e tempo di conduzione variabile: si possono controllare sia ll tempo di conduzione che il periodo: consente di ottenere una maggiore variazione della tensione a scapito di una maggiore complessità dei circuiti di pilotaggio In figura è riportata una rappresentazione semplificata di un chopper a ponte a transistori, la cui tensione di ingresso è fornita da una rete trifase tramite un raddrizzatore a ponte trifase non controllato e la cui tensione di uscita è applicata al circuito di armatura di un motore a corrente continua a eccitazione indipendente Braking: frenatura C: filtro di spianamento del ripple ( passa basso del secondo ordine) Dei quattro interruttori del chopper, ognuno costituito da un transistore con antiparallelo, solo due sono attivi contemporaneamente: T1T1’ oppure T2T2’. un diodo in I due transistori di ogni lato del ponte hanno un funzionamento complementare, se attivati allo stesso istante potrebbero trovarsi entrambi per un breve periodo nello stato di conduzione, con conseguente corto circuito. Per evitare ciò è previsto un piccolo ritardo temporale (tempo morto) tra l'istante in cui avviene il passaggio dallo stato di conduzione a quello di interdizione di un transistore e l'istante in cui avviene il passaggio inverso dell'altro transistore presente sulla stessa gamba del ponte si introduce un tempo di ritardo viene attraverso una porta NOT inserita sulla base di uno dei due transistor di cui si deve provocare la commutazione Modulando contemporaneamente i transistori T1 e T1’ (regolandone cioè i tempi di apertura e di chiusura) e in modo complementare i transistori T2 e T2’, si può regolare il valore medio della tensione di uscita in modo tale da ottenere un controllo del moto in tutti e 4 i quadranti del piano C-Ω, conferendo al sistema alte prestazioni dinamiche con un ondulazione di corrente che risulta però piuttosto elevata alle basse velocità. Modulando invece un solo transistore per volta (ad esempio T1) e in modo complementare l'altro transistore della stessa gamba (T2) l'ondulazione di corrente risulta minore, ma il controllo è limitato ad un solo quadrante e l'arresto del motore avviene secondo le caratteristiche inerziali del carico applicato Con la conduzione di T1 e T1’ si ha un funzionamento come motore (funzionamento nel ,), con la conduzione di T2 e T2’ la macchina funziona come freno (Va > E: funzionamento nel quarto quadrante). Nel secondo e terzo quadrante il funzionamento e simile con la differenza che la tensione la corrente hanno verso opposto I convertitori statici a commutazione naturale (la commutazione avviene esclusivamente per i valori assunti da v ed i); , non sono utilizzabili nel caso in cui la rete di alimentazione disponibile sia in corrente continua (azionamenti per ferrovie, metropolitane, tranvie, veicoli a batteria), e quando (con alimentazione in corrente alternata) si desidera realizzare un azionamento ad alta dinamica (robot, azionamenti per macchine utensili, ecc.). In tali casi si devono necessariamente utilizzare convertitori a commutazione forzata(per l’intervento di un contattore statico) , cioè chopper a transistori o a tiristori. I chopper a transistori consentono elevate frequenze di commutazione (5-20 kHz), ottima risposta dinamica del sistema e limitato declassamento del motore. Tali chopper sono largamente utilizzati nella struttura a ponte per gli azionamenti di potenza medio-piccola funzionanti in tutti e quattro i quadranti del piano C-w I chopper a tiristori consentono elevate potenze di commutazione con complicazioni nel circuito di potenza e in quello di controllo a basse frequenze di commutazione (0,1-1 kHz). Una caratteristica negativa dei convertitori a commutazione è quella di rispondere con una certa lentezza al cambiamento delle condizioni di lavoro. Sono state per cui sviluppate nei regolatori switching integrati particolari tecniche che correggono questo inconveniente anche a prezzo di una notevole complessità circuitale; sono presenti inoltre circuiti di protezione quali il thermal shutdown, il limitatore di corrente, ecc. Un circuito specifico è il cosiddetto circuito di partenza morbida (sofft start). Questo dispositivo impedisce che nel transitorio di accensione, quando la tensione di uscita non si è ancora stabilizzata sul suo valore definitivo, che il duty cycle troppo elevato provochi picchi eccessivi della corrente che attraversa il dispositivo interruttore, danneggiandolo. CONTROLLO VELOCITA MOTORI IN CC ad anello aperto Attualmente controllo viene effettuato tramite convertitori statici (raddrizzatori controllati e chopper) Se l’alimentazione è a corrente alternata, il raddrizzatore controllato può essere utilizzato per convertire una tensione alternata di ampiezza e frequenza costante in una tensione continua variabile. Se l’alimentazione è in corrente continua il chopper si utilizza per trasformare potenza in c.c. a tensione costante in potenza in c.c. a tensione variabile L’angolo di accensione dei tiristori (indicato con “α”) determina il valore medio Va della tensione d’uscita va(t), La tensione di controllo vc determina l’angolo α e quindi la tensione Va . Controllo ad anello chiuso In applicazioni in cui si richiede una velocità costante, il funzionamento del motore a c.c. ad anello aperto può non essere soddisfacente, in quanto la velocità risente delle eventuali variazioni di carico. In un sistema di controllo ad anello chiuso la velocità può essere mantenuta costante regolando la tensione d’armatura al variare del carico. Lo schema di principio del sistema di controllo è rappresentato in Figura Esso è caratterizzato dalla misura del segnale di velocità (Vr) attraverso un opportuno trasduttore, dal confronto con il valore desiderato (Vi) e dalla correzione dell’errore mediante un opportuno regolatore. Ipotizzando, un aumento della coppia di carico si ha una diminiuzione momentanea della velocità del motore e ciò comporta un aumento dell’errore di velocità ω, cui corrisponde una aumento della tensione di controllo vr che, agendo sull’angolo di accensione del convertitore aumenta (in termini di valor medio) la tensione di uscita Va . Tale aumento di tensione determina un aumento della coppia sviluppata dal motore, il quale si riporta alla velocità corrispondente a quella del riferimento Vi. Il sistema si comporta in modo tale da annullare l’errore di velocità ω. Convertitore CC-CA Inverter Il controllo del moto dei motori in corrente alternata trifasi (asincroni, sincroni, brushless) avviene generalmente utilizzando convertitori statici di frequenza a due stadi che operano una duplice conversione passando per uno stadio intermedio a tensione/corrente continua. Il convertitore lato rete (raddrizzatore) ha il compito di raddrizzare ed eventualmente regolare la tensione o la corrente della rete di alimentazione, quello lato motore (inverter) ha invece il compito di invertirle regolando la frequenza ed eventualmente l'ampiezza della fondamentale della tensione/corrente alternata in uscita. Il raddrizzatore sono di tipo CSI «corrente impressa» o VSI «tensione impressa» e sono totalmente differenti nel loro comportamento 9 Nel 1° caso all’ingresso del convertitore vi è un condensatore in derivazione per sostenere la tensione costante, nel 2° caso un induttore in serie per sostenere la corrente costante Il controllo puo essere ad onda quadra in cui la tensione alternata in uscita presenta ampiezza costante, in stretta relazione con l’ampiezza della tensione di ingresso ed è quindi ad ampiezza non controllabile, oppure può essere di tipo PWM in cui la tensione alternata in uscita è ad ampiezza variabile in relazione all’ampiezza di un segnale di controllo applicabile al convertitore L’inverter a corrente impressa (CSI: current source inverter), in cui l’ingresso D.C dell’inverter è assimilabile a un generatore di corrente continua (costante), è adatto per potenze dell'ordine dei MW e utilizza in genere SCR a commutazione forzata con i relativi circuiti di spegnimento ( anche GTO, IGCT o MCT). E utilizzato con tecniche di controllo PWM o a onda quadra (six-step) ed è particolarmente adatto per azionamenti di grande potenza funzionanti su quattro quadranti, che non richiedono elevate prestazioni dinamiche ma il recupero dell'energia durante le fasi di frenatura. E' costoso e comporta elevate ondulazioni di coppia a causa della forma d'onda praticamente rettangolare della corrente che causano problemi di riscaldamento, coppie pulsanti e disturbi elettromagnetici. Il convertitore è progettato infine con un picco di potenza limitato che può essere sostanzialmente inferiore a quello della macchina Inverter a tensione impressa (VSI: voltage source inverter), in cui l’ingresso D.C dell’inverter è assimilabile a un generatore di tensione continua «costante», è adatto per potenze che vanno dal kW alle centinaia di kW e utilizzano in genere come dispositivi di potenza i transistor bipolari, transistor ad effetto di campo (MOSFET) e anche IGBT Tutti gli inverter VSI disposta nello stadio spianamento. sono dotati di una resistenza di frenatura in serie ad un transistor, intermedio tra raddrizzatore e inverter in parallelo al condensatore di Per l’inverter a tensione impressa, la strategia di controllo è del tipo PWM. Sia l’inverter CSI sia l’inverter VSI permettono alla potenza e alla corrente di circolare in due direzioni; l’inversione della rotazione dell’azionamento non presenta alcun problema in quanto il cambiamento nella rotazione delle fasi è semplicemente ottenuto cambiando la sequenza di commutazione degli interruttori statici nell’inverter. La scelta fra questi due metodi influenza il comportamento e le caratteristiche dell’azionamento in modo fondamentale. Inverter VSI six-step ad onda quadra. L'inverter VSI six-step è costituito da: - un raddrizzatore a ponte trifase totalcontrollato ad SCR lato rete che raddrizza la tensione e ne regola il valore medio; - un filtro L-C nel circuito intermedio, con una batteria di condensatori di elevata capacità per livellare la tensione raddrizzata e fornire una via per le correnti rapidamente variabili prelevate dall'inverter; - un inverter lato motore, costituito da tre lati in ognuna delle quali sono disposti due interruttori funzionanti in modo complementare, che fornisce una terna simmetrica di tensioni concatenate in onda quadra Il funzionamento di tale inverter consiste nel mantenere in stato di conduzione per metà periodo uno dei due interruttori di un lato e per l'altra metà l'altro interruttore; in modo analogo ma sfasati nel tempo sono fatti funzionare gli interruttori dei altre due lati. A causa dell'elevata ampiezza delle armoniche negli inverter six-step é opportuno utilizzare motori ad alta induttanza di dispersione per limitare le corrispondenti armoniche di corrente e quindi le perdite per effetto Joule, il declassamento del motore e gli stress meccanici causati dalle pulsazioni di coppia alle basse velocità. Altri inconvenienti connessi all'uso degli inverter six-step sono: - non elevate prestazioni dinamiche a causa della presenza di due convertitori controllati e di un grosso filtro capacitivo (C = 2.000 - 20.000 F), - basso fattore di potenza in ingresso in corrispondenza delle basse tensioni di uscita, (tale inconveniente può essere eliminato e le dimensioni del filtro possono essere ridotte utilizzando un ponte a diodi seguito da un chopper al posto del raddrizzatore controllato), - valore minimo della velocità pari a circa il 10% della velocità nominale, in relazione al sovrariscaldamento determinato dall'elevato contenuto armonico alle basse velocità - complicazioni circuitali, nel caso di funzionamento su quattro quadranti e frenatura a recupero Inverter VSI-PWM E' il tipo di inverter attualmente più diffuso é costituito da un raddrizzatore a ponte trifase non controllato, da un filtro L-C con una batteria di condensatori di bassa capacità per livellare la tensione, da un inverter lato motore con tre interruttori attivi che regolano sia la frequenza che l'ampiezza della fondamentale della tensione Per evitare il corto circuito della sorgente continua in ingresso, il comando dei due interruttori di ramo deve essere di tipo complementare, come indicato in Figura Negli interruttori reali (tempi di apertura e chiusura non nulli) è previsto un tempo morto ("dead time”) per garantire che ciascun interruttore di ramo sia effettivamente aperto quando l'altro chiude. Le tensioni concatenate di alimentazione dell’inverter sono costituite da una successione di impulsi (positivi e negativi) di ampiezza uguale alla tensione continua di ingresso e di larghezza variabile. Modulando opportunamente la durata di ciascun impulso si regola l'ampiezza della fondamentale di tensione ( e si spostano nel contempo le armoniche verso frequenze molto più alte, ottenendo così, grazie alla più energica azione di filtraggio dell'induttanza di dispersione del motore, una corrente pressoché sinusoidale rispetto al caso di inverter six-step. Pertanto, gli azionamenti con inverter PWM presentano, rispetto a quelli con inverter six-step, molteplici vantaggi (che dipendono dal numero e dalla posizione delle commutazioni, cioè dal tipo di componenti usati e dalla tecnica di modulazione scelta) tra cui: - migliori prestazioni dinamiche; - funzionamento alle basse velocità dolce, praticamente senza ondulazioni di coppia; - fattore di potenza praticamente unitario e indipendente dalla velocità; - minore inquinamento in rete; - filtro del circuito intermedio più piccolo; - maggiore rendimento e quindi minore declassamento del motore; - semplificazione e minore costo della sezione di potenza. Tali vantaggi sono ottenuti a spese di un circuito di controllo più complesso, di più alte perdite di commutazione e di un maggior rumore acustico (che può essere eliminato spostando la frequenza di commutazione nella zona non udibile >16 kH Inoltre l'elevata frequenza di lavoro degli elementi di potenza pone dei limiti alla potenza dell'azionamento Inverter CSI a commutazione di carico Lo schema del circuito è ancora uno schema affinché il carico venga alimentato da una alternata ( tensione o corrente che sia ) è pilotare alternativamente le coppie T1 ,T2 e a ponte e, grandezza necessario T3 ,T4 . L’induttanza di ingresso Lg ha la funzione di trasformare la sorgente di tensione costante V in una sorgente di corrente costante I ; se infatti il valore di Lg è sufficientemente elevato, essa tende a mantenere costante la corrente. Il carico complessivo inserito tra i punti A e B è costituito dalla serie di una resistenza e di una induttanza, che rappresenta il carico vero e proprio, con una capacità in parallelo, che invece è un elemento aggiuntivo necessario per il corretto funzionamento del circuito. La serie RL generalmente non rappresenta il modello di un motore in corrente alternata ; infatti gli invertitore a corrente impressa non vengono utilizzati per azionare motori in c.a. bensì trovano un diffusa applicazione in ambito industriale, nei forni ad induzione. L’impedenza RL , rappresenta per cui il materiale da riscaldare nel forno ed è soggetta a variazioni a seconda del tipo di materiale ; questa variazione di carico comporta la revisione del valore della capacità che soddisfi alle nuove condizioni; si utilizzano a tal scopo delle batterie di condensatori opportunamente collegati tra loro che consentono di ottenere diversi valori di capacità. La capacita C viene dimensionata in modo che il carico sia di natura prevalentemente capacitiva, affinché la tensione v0 sia in ritardo rispetto alla corrente i0 , in quanto ciò è una condizione essenziale per il funzionamento del circuito. In alternativa si può agire sulla pulsazione , questo è consentito in quanto questo tipo di invertitore non è utilizzato nell’alimentazione dei motori in c.a., nei quali una variazione di comporta una variazione di velocità del motore. Per regolare è necessario variare in modo opportuno i tempi di conduzione dei transistor di potenza ; questa soluzione comporta una d maggiore praticità e un minor costo. Tecniche PWM Tra le tecniche PWM basate sull'elaborazione di segnali analogici la più impiegata é quella della sottooscillazione sinusoidale Lo scopo della modulazione a sottooscillazione è quello di ottenere una tensione che pur variando fra - UDC/2 e –UDC/2 ha uno spettro alle basse frequenze identico, a parte l’ampiezza, a quello della modulante Con questo metodo le commutazioni delle tensioni di fase di un inverter sono fatte coincidere con le intersezioni di due terne di segnali di frequenza diversa. La terna a frequenza minore è detta modulante e ha un ampiezza proporzionale all'armonica fondamentale delle tensioni fornite dall'inverter con la stessa frequenza , mentre quella a frequenza maggiore è detta portante (ha un ampiezza costante e una frequenza costante multipla di quella dell'onda fondamentale). Il rapporto ottimale tra le frequenze delle due tensioni consente di minimizzare l'effetto delle armoniche sul funzionamento del motore migliorandone il rendimento e riducendo le perdite per commutazione Altre tecniche di sottoscillazione sono: a) sovramodulazione: per aumentare l'ampiezza della componente fondamentale; b)PWM random: per attenuare il rumore acustico; c)PWM vettoriale: per trattare l'inverter nella sua globalità, invece di trattare ciascuna delle tre fasi. separatamente Vi sono poi tecniche PWM impieganti microprocessori che sulla base della scelta degli istanti di commutazione consentono o di eliminare determinate armoniche o di ottimizzare il contenuto armonico. Convertitori ca/ca. I convertitori statici che eseguono la conversione diretta alternata-alternata senza stadio intermedio in corrente continua appartengono a due tipologie: - parzializzatori di tensione che modificano solo l'ampiezza della fondamentale tensione di uscita; della - Cicloconvertito che modificano sia l'ampiezza che la frequenza della fondamentale della tensione di uscita. Parzializzatori di tensione Un modo semplice ed economico per il controllo continuo della velocità di un motore asincrono trifase consiste nell'inserire tra rete e motore un convertitore ca/ca, costituito da due SCR in antiparallelo per ciascuna fase del motore. Agendo sui ritardi di innesco degli SCR é possibile parzializzare più o meno la tensione di alimentazione e quindi variare il valore efficace della componente fondamentale della tensione di alimentazione Un tale dispositivo viene anche utilizzato per limitare la corrente durante l'avviamento di grossi motori; dopo l'avviamento in genere gli SCR vengono cortocircuitati da un interruttore elettromeccanico per eliminare le perdite nei semiconduttori di potenza. Tale sistema di regolazione é particolarmente adatto per ottenere piccole variazioni della velocità di pompe e ventilatori entro limiti del 10% in meno della velocità a pieno carico e consente di limitare la corrente di spunto. Presenta però i seguenti inconvenienti: rendimento, fattore di potenza e coppia di spunto ridotti, notevole inquinamento della rete di alimentazione e sensibili stress termici e meccanici del motore. Cicloconvertitori(con trasformatore) I cicloconvertitori sono convertitori bastati su ponti a tiristori, che per le loro caratteristiche intrinseche possono essere vantaggiosamente utilizzati per alimentare, in un campo di frequenze più basse (< 1/3) di quella della rete di alimentazione, motori asincroni o sincroni in applicazioni di elevatissima potenza (5-20 MW) con forti coppie e basse velocità, quali ad esempio laminatoi o mulini per cementifici. Ogni fase del cicloconvertitore è costituita da un convertitore bidirezionale in tensione e corrente ottenuto in pratica da due raddrizzatori totalcontrollati montati in antiparallelo. Mediante una opportuna successione di impulsi di accensione ripetuta ciclicamente si riesce a variare nel tempo il “valor medio della tensione raddrizzata”, approssimando una forma d'onda sinusoidale di ampiezza e frequenza voluta. Pregi dei cicloconvertitori: -reversibilità in tensione e corrente; -elevato rendimento e robustezza; -ripple di coppia abbastanza contenuti Difetti: - basse frequenze in uscita rispetto alla frequenza di alimentazione; - elevato numero di componenti richiesti ; - complessità del circuito di controllo derivante dal numero di SCR; - basso fattore di potenza ed elevato contenuto armonico Armoniche. Per proteggere gli utenti dagli effetti delle armoniche causate dai carichi non lineari, le aziende distributrici hanno stabilito che ogni utilizzatore deve, mediante l'adozione di idonei dispositivi, ridurre le armoniche ad un livello tale da non superare determinati valori del fattore di distorsione totale THD, che per i sistemi a bassa tensione è l'8%. Si devono adottare alcune delle seguenti strategie per ridurre il livello di contenuto armonico della corrente. 1) Utilizzare dove possibile raddrizzatori trifasi, che comportano correnti con un contenuto armonico minore (circa il 30%) di quello dei monofasi di pari potenza. 2) Inserire induttanze addizionali in serie all'ingresso di un azionamento. 3) Utilizzare raddrizzatori con un numero di impulsi il più alto pari ad N la più bassa armonica presente è la (N-1) 4) possibile; con numero di impulsi Utilizzare filtri armonici passivi costituiti da più rami LC connessi in parallelo al carico da filtrare. 5) Utilizzare filtri armonici attivi, cioè dispositivi che praticamente annullano la distorsione nel nodo a cui sono collegati iniettando nella rete correnti armoniche uguali ma di fase opposta alle correnti da filtrare 6) Sostituire al raddrizzatore a ponte a diodi o ad SCR uno stadio di ingresso attivo con inverter a IGBT Le armoniche di corrente dipendono dalla configurazione dell'azionamento, le armoniche di tensione equivalgono alle armoniche di corrente moltiplicate per le impedenze di alimentazione Compatibilità elettromagnetica Il problema delle armoniche rientra in quello più ampio della compatibilità elettromagnetica, cioè quell'insieme di regole che stabiliscono i limiti di emissione dei disturbi e il livello di immunità ai disturbi stessi, in modo che più apparecchi elettrici alimentati dalla stessa rete possano funzionare correttamente. Dal 1996 tutti gli apparecchi elettrici per poter essere immessi nel mercato Europeo devono soddisfare le norme previste dalla direttiva europea 89/336/CEE, devono cioè essere elettromagneticamente compatibili o brevemente EMC Le norme della direttiva suddividono i disturbi in due grandi categorie: -disturbi condotti: a questa categoria appartengono tutti quei disturbi che si propagano lungo i cavi e il campo di frequenza previsto per questi disturbi va da 150 kHz a 30 MHz; - disturbi radiati; a questa categoria appartengono tutti quei disturbi che utilizzano l’etere per propagarsi e il campo di frequenza previsto per questi disturbi va da 30 MHz a 1 GHz Il collaudo e la conformità Emc sono eseguiti secondo procedure di test definite dallo standard Ansi (istituto americano di normalizzazione) e riguardano l’intero sistema e non il solo livello del modulo di potenza. TECNICA PWM: CIRCUITO DI REGOLAZIONE La tecnica PWM consiste nel modulare il duty cycle dell’onda quadra in uscita all’inverter attraverso la comparazione di un segnale di controllo (alla frequenza di funzionamento del motore) con un riferimento di tensione fisso Una frazione della tensione di uscita di un convertitore DC/DC viene confrontata da un amplificatore di errore con una tensione fissa e costante di riferimento Vref La tensione di errore Ve viene a sua volta confrontata in un comparatore PWM triangolare Vos a frequenza fissa generata da un oscillatore. con la tensione La tensione Vc. all'uscita del modulatore è pertanto un'onda quadra di frequenza fissa, normalmente compresa fra 20 kHz e 200 kHz, il cui duty cycle varia in dipendenza di Ve . L'anello di reazione agisce in modo da stabilizzare la tensione di uscita. Ad esempio se per un aumento di Vi anche Vo tende ad aumentare, Vc diminuisce, riducendo così il duty cycle dell'interruttore. La riduzione di ton produce, come si è visto, una diminuzione di vo, che contrasta in questo modo la tendenza iniziale. trasmissione meccanica • Trasmissione meccanica • Cinghie • riduttori di giri • Dimensionamento dei motori di trascinamento nei centri di lavoro TRASMISSIONE MECCANICA In un azionamento elettrico un motore aziona un carico meccanico. Capita molto spesso che il carico meccanico sia caratterizzato da una alta coppia e una bassa velocità, mentre i normali motori elettrici forniscono invece buone prestazioni ad alta velocità, cui corrisponde una bassa coppia. In queste situazioni non è possibile un accoppiamento diretto tra carico meccanico e motore. Si rende necessaria l’interposizione di una trasmissione meccanica per adattare i valori di coppia e velocità. La trasmissione meccanica può essere realizzata mediante: •Cinghia e catena •Riduttore di giri •Conversione del moto rotatorio in traslatorio •Sistema pignone e cremagliera •vite senza fine e a ricircolo di sfere La presenza di elasticità torsionali negli accoppiamenti meccanici dovute al fatto che l’albero non è rigido ( due coppie di momento uguale e contrario agenti alle estremità, su piani perpendicolari all’asse geometrico) possono alterare il modello meccanico utilizzato per lo studio del sistema Tali elasticità possono presentarsi sia tra motore e carico che tra motore e tachimetro, queste ultime sono dannosissime in quanto producono un errore di misura della grandezza su cui si basa il controllo in retroazione, la velocità, e per questo l'accoppiamento tachimetrico risulta essere il più critico. Per diminuire l'effetto delle elasticità torsionali dovute all'accoppiamento motore tachimetro il metodo migliore è ridurne l'entità delle torsioni attraverso: - il montaggio del tachimetro direttamente sull'albero motore piuttosto che tramite dei giunti (riduzione della costante elastica); - riducendo l'inerzia del sensore (usando sensori leggeri tipo encoder); - il montaggio ravvicinato del tachimetro, all'interno del motore, fatto direttamente dal costruttore. - Introducendo un filtro elimina banda “notch” che riduca i problemi legati all'elasticità. L'accoppiamento elastico fra motore e carico produce un grande picco nel modulo della funzione di trasferimento della velocità in catena aperta; Il picco è trascurabile nell’accoppiamento diretto fra albero e motore mentre è rilevante nell'accoppiamento elastico fra carico e motore con pulegge e cinghie di trasmissione Per evitare grandi oscillazioni sul carico occorre tenere basso il guadagno proporzionale Kp, ma soprattutto evitare il più possibile qualsiasi accoppiamento elastico, in quanto si ridurrebbero notevolmente le prestazioni del sistema. Trasmissione meccanica con: CINGHIA La cinghia realizza una trasmissione meccanica elastica, ma comunque di buon rendimento ( ~ 95%). La cinghia è avvolta su due o più pulegge, dello stesso diametro oppure diverso, in funzione delle applicazioni. La grande richiesta di cinghie ha stimolato l’industria, che ne ha prodotte di diversi tipi, rendendole convenienti anche in applicazioni tradizionalmente riservate alle catene. Punti di forza: •è la trasmissione meno costosa •non necessita di lubrificazione •manutenzione ridotta al minimo •può assorbire brusche variazioni di carico (elasticità) Punti di debolezza: Il rapporto tra le velocità angolari dei due alberi non può essere né costante né uguale al rapporto tra i diametri delle due pulegge, per via delle dilatazioni conseguenti alla elasticità del materiale (problema in gran parte risolto con le cinghie dentate) Rapporto di riduzione: (o di trasmissione): R = w2/W1 =R1/R2 NB: deriva dall’uguaglianza della velocità lineare v sulla circonferenza delle due pulegge. Tipi di cinghia Cinghia piatta Fu molto usata agli albori della rivoluzione industriale. Nelle applicazioni attuali avvolgono delle pulegge con diametro piccolo e corona larga. La puleggia motrice deve avere la superficie esterna della corona leggermente bombata l’autocentratura della cinghia. al centro, al fine di permettere Cinghia trapezoidale Oggi rappresenta la cinghia di riferimento per la trasmissione di potenza. E’ costruita con una sezione trapezia che si incunea nella stretta scanalatura praticata sulla superficie esterna della puleggia. Oggi si realizzano cinghie trapezoidali con la parte interna segmentata per migliorare l’aderenza e la flessibilità (consentendo di utilizzare pulegge più piccole e aumentare così il rapporto di trasmissione). Cinghia dentata (cinghia sincrona) Una o entrambe le superfici della cinghia sono dentate. Vantaggi I denti della cinghia si ingranano con quelli della puleggia garantendo: •trasferimenti di potenza senza slittamenti •trasferimento del moto con precisione •maggiore silenziosità (in sostituzione della catena; es: nei motori endotermici, per la sincronizzazione delle valvole con i pistoni) Svantaggi: •alto costo •assenza di protezione in caso di sovraccarico (per l’assenza di slittamento) RIDUTTORE DI GIRI Vantaggi: • alta potenza trasmissibile (maggiore rispetto a quella della cinghia dentata) •alto rendimento (dipendente comunque dal tipo di riduttore) •rapporto di riduzione certo •ingombro limitato Svantaggi: •rumorosità medio/alta •costo medio/alto RIDUTTORE DI GIRI Rapporto di riduzione: R = w2/w1 Potenza: P2 = P1* Coppia: C1= R*C2*(1/ ) Inerzia = J2’ = R^2*J2 NB: la trasmissione della potenza lega velocità e coppia: l’asse veloce può essere più sottile, quello lento deve essere più spesso (per reggere una coppia maggiore). NB: con R < 1 •La velocità ω1 della ruota veloce viene vista dalla ruota lenta ridotta del fattore R •La coppia C2 che grava sull’asse lento si ripercuote sull’asse veloce ridotta del fattore R •Il momento d’inerzia J2 che grava sull’asse lento si ripercuote sull’asse veloce ridotto del fattore R2 INERZIA: resistenza di un corpo allo spostamento RIDUTTORE DI GIRI Tipi di riduttori • A vite senza fine (compatto, rendimento basso, costo basso) • A ingranaggi (ingombro contenuto, rendimento buono,costo medio/basso) • Epicicloidale (ingombro contenuto, rendimento medio/alto, gioco • contenuto, costo medio/alto) • Armonico (ingombro minimo, rendimento molto alto, gioco ridottissimo, costo alto) Coppia e momento d’inerzia riportati all’albero motore: rapporto di riduzione