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Analitica vetreria

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Docente: Picca Rosaria Anna
[email protected]
Stanza n. 25 piano terra - Dipartimento di Chimica
Orario di ricevimento
Lunedì 15.30 - 16.30, Giovedì 15.30 - 16.30 ed in
altri orari/giorni previo appuntamento via email.
INFORMAZIONI GENERALI
L’obiettivo del corso è quello di fornire i fondamenti teorico/pratici dei metodi
volumetrici di analisi e gli strumenti base per poter valutare criticamente i
risultati ottenuti .
Oltre alle lezioni teoriche, il corso comprende esercitazioni numeriche e di
laboratorio (individuali).
Le esercitazioni di laboratorio sono organizzate su turni, in funzione del
numero degli studenti frequentanti (giovedì mattina e mercoledì
pomeriggio).
Alla fine di ogni esercitazione sarà richiesta una relazione da consegnare
la volta successiva.
I corsi di Chimica Analitica e di Laboratorio di Chimica Analitica danno
luogo ad un esame integrato. L’esame è costituito da una prova pratica di
laboratorio (incognita), da una prova scritta comprendente 3 esercizi
numerici. Qualora la prova scritta sia superata con votazione di almeno
18/30, si può sostenere la prova orale.
Testo consigliato:
Fondamenti di Chimica Analitica di Skoog e West
F. J. Holler, S. R. Crouch, Edises 2015, III Edizione
PROGRAMMA
• I PRODOTTI CHIMICI, L’ATTREZZATURA ED IL COMPLESSO DI OPERAZIONI
DELLA CHIMICA ANALITICA – Materiali e Richiami sulla Sicurezza in
laboratorio.
• GLI ERRORI NELL'ANALISI CHIMICA - Definizione dei termini; Errori casuali;
Errori sistematici; La deviazione standard
• VALUTAZIONE DEI DATI ANALITICI - Il trattamento statistico dell'errore
casuale; Applicazione della statistica alla valutazione dei dati.
• PROPAGAZIONE DELL’ERRORE
• METODI DI ANALISI BASATI SU TITOLAZIONE - Alcuni aspetti generali della
titolazione volumetrica; Soluzioni standard; Calcoli volumetrici; Curve di
titolazione nei metodi basati su titolazione.
• ESPERIENZE DI LABORATORIO complessometriche
Titolazioni acido-base, redox e
INTRODUZIONE: una definizione di Chimica Analitica
Secondo il Working Party
of Analytical Chemistry
della Federazione delle
Società chimiche europee
(WPAC/FECS)
LA CHIMICA ANALITICA è la
disciplina
scientifica
che
sviluppa e applica metodi,
strumenti e strategie per
ottenere informazioni sulla
composizione e natura della
materia nello spazio e nel
tempo.
Fig. 1-1 Skoog, West, Fondamenti di Chimica Analitica,
III Edizione, EdiSES, Napoli, 2015
LE AREE DI APPLICAZIONE DELLA CHIMICA ANALITICA
RIGUARDANO LA MAGGIOR PARTE DELLE ATTIVITÀ UMANE
controllo ambientale (acque, aria, suoli)
analisi chimico-cliniche (sangue, urine, ecc.)
controllo della qualità degli alimenti
analisi merceologiche
analisi farmacologiche
controllo di qualità nelle industrie manifatturiere
analisi legali (conformità a limiti legali, contestazioni)
sviluppo di materiali tecnologici (compositi, ceramiche, ecc.)
……..
CLASSIFICAZIONE E PRINCIPI DEI METODI ANALITICI
DEFINIZIONI IMPORTANTI:
Tecnica analitica: è l'insieme dei principi teorici e degli
accorgimenti sperimentali che permettono di utilizzare un
fenomeno scientifico fondamentale al fine di ottenere informazioni
sulla composizione di un certo campione.
Metodo analitico: applicazione di una tecnica analitica per
risolvere un problema analitico specifico.
Procedura: insieme delle istruzioni di base necessarie per
utilizzare un metodo analitico. Nell'ipotesi che l'utilizzatore
disponga di una cultura specifica nel campo in cui deve operare, la
procedura si limita a stabilire la successione degli stadi operativi
principali.
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Protocollo: insieme delle istruzioni e direttive dettagliate da
seguire rigidamente affinché il risultato possa essere accettato per
fini particolari (controversie legali, conformità).
Misura: insieme di un numero, un’incertezza ed un'unità di misura
assegnati a rappresentare un parametro in un determinato stato
del sistema.
Misurazione: insieme di operazioni materiali ed elaborative
compiute mediante appositi dispositivi posti in interazione con il
sistema misurato allo scopo di assegnare la misura di una
grandezza assunta come parametro di tale sistema.
Attrezzatura di laboratorio per l’analisi quantitativa
Le attrezzature di base del laboratorio didattico sono:
Bilancia analitica
Centrifuga
Stufa opera fino a 200-250°;
Muffola opera fino a 1200°C o più;
Agitatore magnetico spesso associato a piastra riscaldante;
Bagno termostatico e Bagnomaria;
Essiccatori
Vetreria per prelevare e contenere liquidi o solidi; spesso di
vetro ma anche in materiale plastico speciale.
Attrezzatura metallica e di plastica : aste, pinze, treppiedi,
anelli, piastrelle refrattarie, spatole e cucchiai.
Misure di massa
Le misure di massa in laboratorio sono effettuate utilizzando le
bilance che permettono il confronto del peso dell’oggetto in esame
con il peso di masse di riferimento. Le normali bilance elettroniche
in commercio sono classificabili in:
ANALITICHE: elevata sensibilità e
alta risoluzione
TECNICHE: utilizzate per pesare q.tà
relativamente grandi e che non richiedono
una elevata risoluzione ma un’alta portata
Caratteristiche delle bilance elettroniche
• Capacità o portata: il carico massimo su un piatto per il quale la bilancia
si trova in equilibrio entro la scala
•Tempo di stabilizzazione: intervallo di tempo tra il caricamento del
materiale sul piatto della bilancia e la stabilizzazione dell’indicazione del
peso
• Precisione (riproducibilità): rappresenta il grado di concordanza di una
serie di misure di una stessa quantità ripetuta molte volte nelle stesse
condizioni
• Accuratezza: la concordanza tra il risultato della misura e il valore vero
della quantità misurata
• Divisione di lettura: la più piccola frazione di divisione che viene letta
dal display
Bilance analitiche per misure di massa
La bilancia ci permette di determinare la massa di un campione.
Spesso la si chiama pesata, ma deve essere chiara la differenza fra peso
(che è il prodotto della massa per l’accelerazione di gravità, che quindi
dipende dal valore di g nel luogo di pesata) e massa (proprietà costante
almeno in reazioni non nucleari).
La massa è misurata per confronto del peso dell’oggetto in esame con il
peso di masse di riferimento.
Caratteristiche medie dei vari tipi di bilance:
CAPACITA’ (g)
PRECISIONE(mg)
1000-5000
10-100
ANALITICA
150-200
0.1
SEMIMICRO
10-100
0.01
MICRO
0.5-3
0.001
ULTRA-MICRO
0.025
0.0001
BILANCE
MACRO
Semimicro:
•Portata: 90 g
•Divisione di lettura: ± 0.01 mg
•Linearità: = 0.06 mg
•Tempo di stabilizzazione: 8/10 secondi
•Ripetibilità: = 0,03 mg
Macro:
•Portata: 205 g
•Divisione di lettura: ± 0.1 mg
•Linearità: ± 0.2 mg
•Tempo di stabilizzazione: 5/8 secondi
•Ripetibilità: = 0,1 mg
Diametro piatto: 80 mm
Massa di calibrazione incorporata
Autocalibrazione totalmente automatica attivabile a mezzo tasto
Tastiera a membrana resistente agli acidi con funzioni attivabili dal menù: lettura in g (grammi), lb
(libbre), oz (once), ct (carati), pcs (pezzi), % (percentuale)
Lettura con display LCD
Indicazione del raggiungimento del peso stabile
Piedini regolabili con bolla di livellamento
Temperatura di funzionamento: 10/30°C
Dimensioni totali: larghezza 210, profondità 340, altezza 320 mm
Peso netto: 6,6 kg
MODELLO
EU - C502
EU - C5001
PORTATA
g
DIVISIONE DI LETTURA
g
PIATTO
mm
CALIBRAZIONE
con MASSA
500
0,01
diam.128
ESTERNA
5000
0.1
188x173
ESTERNA
Linearità: ± 3 LSD
•Temperatura di funzionamento: 10° - 40° C (ottimale 15 - 30° C)
•Funzione contapezzi
•Calibrazione automatica del fondo scala con massa esterna
•Tastiera a membrana impermeabile di facile ed immediata operatività
•Dimensioni (L x P x H) : 200x240x80 mm
•Peso: 1,9 kg (x EU-C502) - 2,5 kg (x EU-C5001)
Bilance elettroniche a compensazione elettromagnetica
Il piattello e l’eventuale massa da pesare sono appoggiati a un cilindro metallico attorno al quale è avvolta una bobina
conduttrice attraversata da corrente. La bobina è immersa in un campo elettromagnetico costante che sviluppa una
forza verso l’alto tale da poterla mantenere sospesa nell’aria, insieme al piatto soprastante (zero della bilancia). Quando
viene aggiunta una massa incognita, si verifica un abbassamento del piattello, rivelato da un sensore di posizione che
comanda un circuito elettronico in grado di riportare il piatto nella posizione iniziale. L’entità delle variazioni subite dal
circuito costituisce il segnale, che opportunamente elaborato permette la visualizzazione della misura. L’operazione è
completamente automatica e avendo meno organi meccanici risulta più robusta e poco sensibile alle vibrazioni.
Modalità di pesata
1. Pesata diretta
2. Pesata per differenza (da utilizzare per sostanze igroscopiche e liquidi)
•
Pesare il pesafiltro con il contenuto
•
Versare parte del contenuto nel recipiente di raccolta
•
Pesare nuovamente pesafiltro e il contenuto rimasto
•
La massa della sostanza trasferita nel recipiente di raccolta viene
determinata per differenza
L’uso corretto delle bilance richiede l’osservanza delle
seguenti precauzioni:
La bilancia deve essere collocata in un opportuno locale, sala bilance, separato dal
laboratorio per minimizzare l’azione corrosiva di gas o fumi.
La bilancia deve essere collocata su un tavolo anti-vibrante, posta a livello con piedini
regolabili attraverso una bolla.
Quando non in uso, va lasciata bloccata, con gli sportelli chiusi, ricoperta con
custodia.
La sostanza da pesare deve essere contenuta in appositi recipienti (pesafiltri di vetro o
polietilene, vetri d’orologio, navicelle) puliti ed essiccati, mantenuti alla stessa T della
bilancia. In caso di forti differenze di T, possono crearsi delle convettive d’aria sopra il
piatto e portare a false pesate.
Non si deve sporcare o sovraccaricare il piattello; nel caso in cui cada parte della
sostanza, deve essere immediatamente rimossa utilizzando il pennello; non si devono
mai usare solventi.
Il piatto non va toccato con le dita; gli oggetti da pesare vanno maneggiati con le
pinze e in ogni modo evitando il contatto diretto con le dita.
Operazioni per l’uso corretto della bilancia elettronica analitica
1. Dopo l’accensione effettuare la calibrazione (manuale o automatica)
2. Pulire il piatto con opportuno pennello
3. Inserire la navicella da pesata di dimensioni idonee rispetto alla massa da
pesare
4. Chiudere lo sportello ed aspettare fino a che il valore di massa sia stabile e
quindi effettuare la taratura
5. Trasferire con opportuna spatola (perfettamente pulita ed asciutta) il
materiale nella navicella
6. Per registrare il valore di massa, chiudere lo sportello ed attendere che il
valore di massa si stabilizzi
7. Trasferire la sostanza pesata nel recipiente di raccolta
8. Pulire accuratamente il piatto con opportuno pennello
Fonti di errore nella pesata
Errore di spinta fluidostatica: è l’errore di pesata che si verifica quando
l’oggetto che si sta pesando ha una densità abbastanza diversa da quella delle
masse standard.
Effetto della temperatura: si commette un errore significativo quando si
pesa un oggetto con temperatura differente rispetto a quella ambiente.
Altre fonti di errore
L’errore ha origine dalla diversa forza fluidostatica esercitata
dall’aria sulle massa a diversa densità
Fonti di errore nella pesata
Errore di spinta fluidostatica: è l’errore di pesata che si verifica quando l’oggetto che si
sta pesando ha una densità abbastanza diversa da quella delle masse standard.
L’errore ha origine dalla diversa forza fluidostatica esercitata dall’aria sulle massa a diversa
densità
Nel caso si pesino sostanze con densità
inferiore a 2 g/mL si usa la seguente formula:
W1 = W2 + W2 (daria/doggetto- daria/dm)
W1: massa corretta
W2: massa misurata
doggetto: densità oggetto
dm: densità masse (8 g/cm3 )
daria: densità aria (0.0012 g/cm3)
Es. Calcolare la massa reale di un composto (d= 1.33 g/cm3) la cui massa apparente
misurata è pari a 100 g
W1 = W2 + W2 (daria/doggetto- daria/dm)
W1 = 100 + 100 (0.0012 g/cm3/1.33 g/cm3- 0.0012/8 g/cm3) = 100.08
Se la massa non fosse stata corretta si sarebbe compiuto un errore dello 0.08%
La densità delle masse usate nelle bilance elettroniche o a piatto unico varia da 7.8
a 8.4 g/cm3 secondo la ditta produttrice. Per la maggior parte degli scopi si usa
un valore medio di 8 g/cm3
Per i solidi a bassa densità o i liquidi gli effetti della spinta fluidostatica sono
significativi e va applicata una correzione.
Esercizio
Una bottiglia pesa 8.9500 g vuota e 10.560 g quando riempita con un
solvente di densità 0.92 g/mL. Le masse usate per la calibrazione della
bilancia hanno densità 8.0 g/mL. Calcolare la massa corretta del
campione.
La massa apparente del liquido risulta 10.560-8.9500=1.610 g.
La stessa forza fluidostatica agisce sul recipiente durante la pesata quindi
bisogna considerare solo la forza che agisce sul liquido .
Sostituendo 0.0012 g/cm3 a daria, 8.0 g/cm3 a dm e 0.92 g/cm3 a dogg si
ottiene
W1= 1.610+1.610 (0.0012/0.92-0.0012/8.0)= 1.6115 g ovvero 1.612 g.
Effetto della temperatura: si commette un errore significativo quando si pesa un
oggetto con temperatura differente rispetto a quella ambiente. La causa di errore è
duplice:
1) Le correnti di convenzione esercitano un effetto di sollevamento
2) L’aria calda in un recipiente chiuso pesa meno rispetto allo stesso volume a T più
bassa
Conseguenza: la massa apparente dell’ oggetto è più bassa
Questo errore può arrivare fino a 10-15 mg per un crogiolo da filtro in porcellana (A)
o per un pesafiltro (B) rimossi da una stufa a 110°C contenenti 7.5 g di KCl.
Per ovviare all’effetto della temperatura è necessario far raffreddare il campione
(in essiccatore) prima della pesata
Altre fonti di errore:
•
•
•
Materiale non al centro del piatto
Manipolazione non corretta del campione (fuoriuscita dalla navicella)
Sportello bilancia tenuto aperto
•
•
Vibrazioni eccessive
Uso di mani nude per recipienti per la tara (le dita possono trasferire umidità o
grasso che influenzano la pesata)
Pesata di oggetti e campioni che hanno una carica elettrostatica
•
•
•
•
•
•
Navicella di pesata di dimensioni non idonee
Pesata su bilancia non calibrata
Impiego di spatole contaminate
Confusione sulle scale di conversione
Cattiva manutenzione e pulizia bilancia
Centrifughe analitiche
Le fasi di una miscela eterogenea solido-liquida possono
essere separate più rapidamente ed efficacemente
mediante centrifugazione.
Le particelle sottoposte ad un campo centrifugo tendono a
sedimentare con velocità proporzionale alla forza applicata.
A tale scopo, la sospensione, contenuta in apposite
provette, viene inserita in un rotore che viene fatto ruotare
ad un elevato numero di giri da un motore elettrico.
Principi base della sedimentazione
La velocità di sedimentazione dipende dal campo
centrifugo G, diretto radicalmente verso l’esterno. Il campo
è funzione del quadrato della velocità angolare del rotore (w
espressa in rad s-1) e della distanza radiale (r ) espressa in
centimetri della particella dall’asse di rotazione.
Campo centrifugo G= w2 r
Fc=m*G
La velocità del rotore può essere espressa in termini di
rivoluzioni al minuto (rev min –1).
Il campo centrifugo G espresso in termini di rivoluzioni
al minuto è espresso come multiplo della forza
gravitazionale terrestre (g= 980 cm/s), cioè come rapporto
tra il peso della particella sottoposta al campo centrifugo e il
peso della stessa sottoposta alla sola forza di gravità. Esso
viene quindi riportato come campo centrifugo relativo o
più semplicemente come “numero di g”.
RCF = 1.12 x r x (rpm/1000)2
RCF= Relative Centrifugal Force; rpm=revolutions per minute, r = radius
from the rotor center to the bottom of the tube (cm)
Quando si riportano le condizioni di separazione di particelle è necessario
specificare la velocità del rotore, le dimensioni del raggio e il tempo di
centrifugazione.
La velocità di sedimentazione dipende comunque anche
1) dalla massa della particella;
2) dalla densità del mezzo;
3) dalla forma della particella.
Coefficiente di sedimentazione
La velocità di sedimentazione (v) di una particella può essere anche
espressa in termini
di velocità di sedimentazione per unità di campo centrifugo applicato, più
comunemente
chiamato coefficiente di sedimentazione, s.
Per convenzione il coefficiente di sedimentazione determinato viene corretto in quel
valore che si otterrebbe in acqua a 20°C e viene riportato come coefficiente di
sedimentazione standard, s20,w.
Il coefficiente di sedimentazione di molte macromolecole, inclusi acidi nucleici e
proteine, di norma diminuisce all’aumentare della concentrazione del soluto. Per questo
motivo si misura il coefficiente a diverse concentrazioni di soluto e si estrapola il valore a
concentrazione nulla.
Per la maggior parte delle particelle biologiche i coefficienti di sedimentazione sono
valori molto piccoli e, per convenzione, il loro valore unitario di base è:
10-13 s , detta unità Svedberg (S)
Lo svedberg (simbolo S) è un'unità di misura del coefficiente di sedimentazione che
non fa parte del Sistema Internazionale. Ad esempio, una molecola di RNA ribosomale
che ha un coefficiente di sedimentazione pari a 5x10-13 s ha un valore di 5 S
In genere, più grande è la molecola o la particella e maggiore è la sua unità
Svedberg. Pertanto maggiore la sua velocità di sedimentazione.
Esempi:
enzimi, ormoni
Acidi nucleici
Ribosomi e polisomi
Virus
tra 2 a 25 S
tra 3 a 100 S
tra 20 a 200 S
tra 40 a 1000 S
Centrifughe e loro utilizzo
Piccole centrifughe da banco.
Generalmente la loro velocità massima è tra 4.000 e 6.000 rev min –1 , per un
campo centrifugo relativo variabile tra i 3.000 e i 7.000 g.
Microcentrifughe.
8.000-13.000 rev min –1
pari a 10.000g
Centrifughe refrigerate a grande capacità
6.000 rev min –1
Centrifughe refrigerate ad alta velocità
25.000 rev min –1
Ultracentrifughe preparative
Possiedono rotori in grado di raggiungere 80.000 rev min –1 e di generare un campo
centrifugo relativo di 600.000 g. La camera del rotore è refrigerata, sigillata e viene
mantenuto il vuoto all’interno onde minimizzare gli attriti che si possono generare tra il
rotore in movimento e l’aria e che causerebbero un aumento di temperatura. Il sistema
di controllo della temperatura utilizza un sensore a infrarossi che registra di continuo la
temperatura.
Ultracentrifughe analitiche
La velocità raggiunge i 70.000 rev min –1 (500.000 g).
Sono costituite da un rotore alloggiato in una camera in cui sia stato fatto il vuoto e di un
sistema ottico di rivelazione del materiale che va sedimentandosi durante la
centrifugazione.
Importante! Sempre equilibrare le provette!!!
Tipi di rotore
I rotori a corredo delle centrifughe si distinguono in:
ad angolo fisso (in alto in figura), in cui le particelle, muovendosi in senso radiale sotto
l’influenza del campo centrifugo, incontrano la parete della provetta e scivolano su di essa
fino al fondo formando un sedimento piccolo e compatto. I tubi sono ospitati in
alloggiamenti inclinati secondo un angolo fisso, da 15 a 40°. Il cammino percorso dalle
particelle è breve e la sedimentazione rapida. I rotori verticali sono una variante della
disposizione ad angolo fisso, con gli alloggiamenti disposti in verticale, parallelamente
all’asse di rotazione (angolo 0°). La distanza delle particelle dall’asse di rotazione (e
quindi l’accelerazione centrifuga a cui sono sottoposte) varia a seconda della posizione
all’interno del tubo, tra rmin ed rmax. L’accelerazione centrifuga effettiva può variare di un
fattore due tra cima e fondo del tubo, e quindi, ad es., la velocità di sedimentazione di un
mitocondrio che si trovi in fondo al tubo sarà doppia rispetto alla velocità di
sedimentazione di un mitocondrio che si trovi nella parte alta della provetta. Per
convenzione, il campo centrifugo relativo viene calcolato usando il raggio di rotazione
medio (rav) di un dato rotore.
a braccio oscillante (in basso in figura), in cui il tubo contente il campione, che a riposo è in posizione verticale, durante la
centrifugazione, sottoposto alla forza centrifuga, si dispone in posizione orizzontale, perpendicolare all’asse di rotazione. I
rotori oscillanti consentono una formazione di bande di sedimento ben differenziate e di pellets più uniformi (perché le
particelle non finiscono per ‘strisciare’ lungo la parete), ma hanno una inferiore capacità di carico ed una maggiore
delicatezza rispetto ai rotori ad angolo fisso.
Stufa e Muffola da laboratorio
Le stufe elettriche sono utili per asciugare la vetreria o per essiccare
reagenti contenenti acqua di idratazione. L’introduzione degli oggetti
avviene attraverso il portellone anteriore. Le stufe possono essere
dotate di temporizzatore e di ventilazione forzata. Esistono modelli
dotati di apposite pompe per l’uso sotto vuoto e che possono operare
fino a temperature di ebollizione di 300°C.
I forni a muffola sono forni rivestiti interamente di materiali refrattari,
dotati di sistemi termostatici e che possono operare fino a temperature
dell’ordine di 1000-2000°C. L’accesso ai forni a muffola prevede l’uso di
guanti termoisolanti e di pinze isolate di lunghezza
opportuna per evitare ustioni.
Agitatore magnetico
L’agitatore magnetico è utilizzato per mescolare efficacemente e senza
l'ausilio di aste ed agitatori esterni, un solvente e uno o più soluti,
mediante la rotazione di un’ancoretta sul fondo di un contenitore sul
quale agisce un campo magnetico.
La dimensione e la forma dell’ancoretta magnetica determinano
l’efficacia dell’agitazione stessa a parità di velocità di agitazione. È
opportuno quindi scegliere l’ancoretta magnetica più adeguata in
relazione alla quantità e qualità di liquido in lavorazione nonché al tipo
di contenitore utilizzato.
Gli agitatori magnetici spesso sono anche dotati di riscaldamento per
mezzo di una resistenza elettrica posta sotto il piano d'appoggio.
Le temperature che possono essere raggiunte variano da poche decine
di gradi fino a 300 °C a dello strumento.
Anche le dimensioni possono variare ed in alcuni casi si costruiscono
appositamente agitatori magnetici di grosse dimensioni per
contenitori di 30 o 50 litri.
Bagni termostatici e Bagnomaria
I bagni termostatici sono costituiti da una vasca di acciaio
inossidabile riempita di liquido opportuno (acqua, olio)
riscaldato per mezzo di una resistenza elettrica.
La temperatura è controllata per mezzo di un termostato. Per
rendere omogenea la temperatura nella vasca è installato un
sistema di ricircolo o agitazione dell'acqua. Periodicamente è
necessario procedere ad una pulizia approfondita del bagno
indossando i guanti.
Il metodo di riscaldamento meno energetico è il bagno ad
acqua, o bagnomaria, effettuato immergendo l’oggetto da
riscaldare in un bicchiere di acqua calda.
La massima temperatura utilizzabile è 100°C, ma il
riscaldamento viene generalmente effettuato a temperature
minori.
Essiccatori
È impiegato per conservare pesafiltri, crogioli, reattivi igroscopici per proteggerli
dall’umidità. Le superfici di vetro smerigliato (coperchio e base dell’essiccatore) sono
leggermente ricoperte di grasso al silicone per assicurare una buona adesione e quindi
isolamento dell’esterno (non troppo per evitare che il coperchio scivoli).
Il coperchio puo’ essere dotato di rubinetto per collegamento a pompe da vuoto.
I materiali caldi devono essere prima raffreddati per evitare che i gas contenuti
nell’essiccatore possano dilatarsi, per effetto del riscaldamento, e portare alla rottura del
coperchio.
La parte alla base contiene un agente chimico essiccante che assorbe
l’umidità dei materiali posti sul piano interno forato. Le sostanze essiccanti
di uso comune sono riportate in tabella.
Essiccanti comuni
• CaSO4 (dietrite)
• Gel di silice
• Alluminosilicati (setacci
molecolari)
• MgO
• Mg(ClO4)2
•Indicating DRIERITE is anhydrous calcium sulfate desiccant which turns from blue to
pink when saturated.
•regenerated repeatedly for reuse by simply heating in oven.
•Re-dried desiccant is ready for use when the materials turns back from pink to blue
Vetreria di laboratorio
• Con il termine generico “vetreria” si indica un’ampia
classe di strumentazione in vetro sia per il
trattamento che per la misurazione del campione.
• Il vetro è un materiale facilmente lavorabile, poco
costoso, facilmente lavabile e resistente alla
temperatura (vetro Pirex).
• La sua fragilità meccanica richiede cautela da parte
dell’operatore (uso di guanti, occhiali).
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