Docente: Picca Rosaria Anna [email protected] Stanza n. 25 piano terra - Dipartimento di Chimica Orario di ricevimento Lunedì 15.30 - 16.30, Giovedì 15.30 - 16.30 ed in altri orari/giorni previo appuntamento via email. INFORMAZIONI GENERALI L’obiettivo del corso è quello di fornire i fondamenti teorico/pratici dei metodi volumetrici di analisi e gli strumenti base per poter valutare criticamente i risultati ottenuti . Oltre alle lezioni teoriche, il corso comprende esercitazioni numeriche e di laboratorio (individuali). Le esercitazioni di laboratorio sono organizzate su turni, in funzione del numero degli studenti frequentanti (giovedì mattina e mercoledì pomeriggio). Alla fine di ogni esercitazione sarà richiesta una relazione da consegnare la volta successiva. I corsi di Chimica Analitica e di Laboratorio di Chimica Analitica danno luogo ad un esame integrato. L’esame è costituito da una prova pratica di laboratorio (incognita), da una prova scritta comprendente 3 esercizi numerici. Qualora la prova scritta sia superata con votazione di almeno 18/30, si può sostenere la prova orale. Testo consigliato: Fondamenti di Chimica Analitica di Skoog e West F. J. Holler, S. R. Crouch, Edises 2015, III Edizione PROGRAMMA • I PRODOTTI CHIMICI, L’ATTREZZATURA ED IL COMPLESSO DI OPERAZIONI DELLA CHIMICA ANALITICA – Materiali e Richiami sulla Sicurezza in laboratorio. • GLI ERRORI NELL'ANALISI CHIMICA - Definizione dei termini; Errori casuali; Errori sistematici; La deviazione standard • VALUTAZIONE DEI DATI ANALITICI - Il trattamento statistico dell'errore casuale; Applicazione della statistica alla valutazione dei dati. • PROPAGAZIONE DELL’ERRORE • METODI DI ANALISI BASATI SU TITOLAZIONE - Alcuni aspetti generali della titolazione volumetrica; Soluzioni standard; Calcoli volumetrici; Curve di titolazione nei metodi basati su titolazione. • ESPERIENZE DI LABORATORIO complessometriche Titolazioni acido-base, redox e INTRODUZIONE: una definizione di Chimica Analitica Secondo il Working Party of Analytical Chemistry della Federazione delle Società chimiche europee (WPAC/FECS) LA CHIMICA ANALITICA è la disciplina scientifica che sviluppa e applica metodi, strumenti e strategie per ottenere informazioni sulla composizione e natura della materia nello spazio e nel tempo. Fig. 1-1 Skoog, West, Fondamenti di Chimica Analitica, III Edizione, EdiSES, Napoli, 2015 LE AREE DI APPLICAZIONE DELLA CHIMICA ANALITICA RIGUARDANO LA MAGGIOR PARTE DELLE ATTIVITÀ UMANE controllo ambientale (acque, aria, suoli) analisi chimico-cliniche (sangue, urine, ecc.) controllo della qualità degli alimenti analisi merceologiche analisi farmacologiche controllo di qualità nelle industrie manifatturiere analisi legali (conformità a limiti legali, contestazioni) sviluppo di materiali tecnologici (compositi, ceramiche, ecc.) …….. CLASSIFICAZIONE E PRINCIPI DEI METODI ANALITICI DEFINIZIONI IMPORTANTI: Tecnica analitica: è l'insieme dei principi teorici e degli accorgimenti sperimentali che permettono di utilizzare un fenomeno scientifico fondamentale al fine di ottenere informazioni sulla composizione di un certo campione. Metodo analitico: applicazione di una tecnica analitica per risolvere un problema analitico specifico. Procedura: insieme delle istruzioni di base necessarie per utilizzare un metodo analitico. Nell'ipotesi che l'utilizzatore disponga di una cultura specifica nel campo in cui deve operare, la procedura si limita a stabilire la successione degli stadi operativi principali. 10 Protocollo: insieme delle istruzioni e direttive dettagliate da seguire rigidamente affinché il risultato possa essere accettato per fini particolari (controversie legali, conformità). Misura: insieme di un numero, un’incertezza ed un'unità di misura assegnati a rappresentare un parametro in un determinato stato del sistema. Misurazione: insieme di operazioni materiali ed elaborative compiute mediante appositi dispositivi posti in interazione con il sistema misurato allo scopo di assegnare la misura di una grandezza assunta come parametro di tale sistema. Attrezzatura di laboratorio per l’analisi quantitativa Le attrezzature di base del laboratorio didattico sono: Bilancia analitica Centrifuga Stufa opera fino a 200-250°; Muffola opera fino a 1200°C o più; Agitatore magnetico spesso associato a piastra riscaldante; Bagno termostatico e Bagnomaria; Essiccatori Vetreria per prelevare e contenere liquidi o solidi; spesso di vetro ma anche in materiale plastico speciale. Attrezzatura metallica e di plastica : aste, pinze, treppiedi, anelli, piastrelle refrattarie, spatole e cucchiai. Misure di massa Le misure di massa in laboratorio sono effettuate utilizzando le bilance che permettono il confronto del peso dell’oggetto in esame con il peso di masse di riferimento. Le normali bilance elettroniche in commercio sono classificabili in: ANALITICHE: elevata sensibilità e alta risoluzione TECNICHE: utilizzate per pesare q.tà relativamente grandi e che non richiedono una elevata risoluzione ma un’alta portata Caratteristiche delle bilance elettroniche • Capacità o portata: il carico massimo su un piatto per il quale la bilancia si trova in equilibrio entro la scala •Tempo di stabilizzazione: intervallo di tempo tra il caricamento del materiale sul piatto della bilancia e la stabilizzazione dell’indicazione del peso • Precisione (riproducibilità): rappresenta il grado di concordanza di una serie di misure di una stessa quantità ripetuta molte volte nelle stesse condizioni • Accuratezza: la concordanza tra il risultato della misura e il valore vero della quantità misurata • Divisione di lettura: la più piccola frazione di divisione che viene letta dal display Bilance analitiche per misure di massa La bilancia ci permette di determinare la massa di un campione. Spesso la si chiama pesata, ma deve essere chiara la differenza fra peso (che è il prodotto della massa per l’accelerazione di gravità, che quindi dipende dal valore di g nel luogo di pesata) e massa (proprietà costante almeno in reazioni non nucleari). La massa è misurata per confronto del peso dell’oggetto in esame con il peso di masse di riferimento. Caratteristiche medie dei vari tipi di bilance: CAPACITA’ (g) PRECISIONE(mg) 1000-5000 10-100 ANALITICA 150-200 0.1 SEMIMICRO 10-100 0.01 MICRO 0.5-3 0.001 ULTRA-MICRO 0.025 0.0001 BILANCE MACRO Semimicro: •Portata: 90 g •Divisione di lettura: ± 0.01 mg •Linearità: = 0.06 mg •Tempo di stabilizzazione: 8/10 secondi •Ripetibilità: = 0,03 mg Macro: •Portata: 205 g •Divisione di lettura: ± 0.1 mg •Linearità: ± 0.2 mg •Tempo di stabilizzazione: 5/8 secondi •Ripetibilità: = 0,1 mg Diametro piatto: 80 mm Massa di calibrazione incorporata Autocalibrazione totalmente automatica attivabile a mezzo tasto Tastiera a membrana resistente agli acidi con funzioni attivabili dal menù: lettura in g (grammi), lb (libbre), oz (once), ct (carati), pcs (pezzi), % (percentuale) Lettura con display LCD Indicazione del raggiungimento del peso stabile Piedini regolabili con bolla di livellamento Temperatura di funzionamento: 10/30°C Dimensioni totali: larghezza 210, profondità 340, altezza 320 mm Peso netto: 6,6 kg MODELLO EU - C502 EU - C5001 PORTATA g DIVISIONE DI LETTURA g PIATTO mm CALIBRAZIONE con MASSA 500 0,01 diam.128 ESTERNA 5000 0.1 188x173 ESTERNA Linearità: ± 3 LSD •Temperatura di funzionamento: 10° - 40° C (ottimale 15 - 30° C) •Funzione contapezzi •Calibrazione automatica del fondo scala con massa esterna •Tastiera a membrana impermeabile di facile ed immediata operatività •Dimensioni (L x P x H) : 200x240x80 mm •Peso: 1,9 kg (x EU-C502) - 2,5 kg (x EU-C5001) Bilance elettroniche a compensazione elettromagnetica Il piattello e l’eventuale massa da pesare sono appoggiati a un cilindro metallico attorno al quale è avvolta una bobina conduttrice attraversata da corrente. La bobina è immersa in un campo elettromagnetico costante che sviluppa una forza verso l’alto tale da poterla mantenere sospesa nell’aria, insieme al piatto soprastante (zero della bilancia). Quando viene aggiunta una massa incognita, si verifica un abbassamento del piattello, rivelato da un sensore di posizione che comanda un circuito elettronico in grado di riportare il piatto nella posizione iniziale. L’entità delle variazioni subite dal circuito costituisce il segnale, che opportunamente elaborato permette la visualizzazione della misura. L’operazione è completamente automatica e avendo meno organi meccanici risulta più robusta e poco sensibile alle vibrazioni. Modalità di pesata 1. Pesata diretta 2. Pesata per differenza (da utilizzare per sostanze igroscopiche e liquidi) • Pesare il pesafiltro con il contenuto • Versare parte del contenuto nel recipiente di raccolta • Pesare nuovamente pesafiltro e il contenuto rimasto • La massa della sostanza trasferita nel recipiente di raccolta viene determinata per differenza L’uso corretto delle bilance richiede l’osservanza delle seguenti precauzioni: La bilancia deve essere collocata in un opportuno locale, sala bilance, separato dal laboratorio per minimizzare l’azione corrosiva di gas o fumi. La bilancia deve essere collocata su un tavolo anti-vibrante, posta a livello con piedini regolabili attraverso una bolla. Quando non in uso, va lasciata bloccata, con gli sportelli chiusi, ricoperta con custodia. La sostanza da pesare deve essere contenuta in appositi recipienti (pesafiltri di vetro o polietilene, vetri d’orologio, navicelle) puliti ed essiccati, mantenuti alla stessa T della bilancia. In caso di forti differenze di T, possono crearsi delle convettive d’aria sopra il piatto e portare a false pesate. Non si deve sporcare o sovraccaricare il piattello; nel caso in cui cada parte della sostanza, deve essere immediatamente rimossa utilizzando il pennello; non si devono mai usare solventi. Il piatto non va toccato con le dita; gli oggetti da pesare vanno maneggiati con le pinze e in ogni modo evitando il contatto diretto con le dita. Operazioni per l’uso corretto della bilancia elettronica analitica 1. Dopo l’accensione effettuare la calibrazione (manuale o automatica) 2. Pulire il piatto con opportuno pennello 3. Inserire la navicella da pesata di dimensioni idonee rispetto alla massa da pesare 4. Chiudere lo sportello ed aspettare fino a che il valore di massa sia stabile e quindi effettuare la taratura 5. Trasferire con opportuna spatola (perfettamente pulita ed asciutta) il materiale nella navicella 6. Per registrare il valore di massa, chiudere lo sportello ed attendere che il valore di massa si stabilizzi 7. Trasferire la sostanza pesata nel recipiente di raccolta 8. Pulire accuratamente il piatto con opportuno pennello Fonti di errore nella pesata Errore di spinta fluidostatica: è l’errore di pesata che si verifica quando l’oggetto che si sta pesando ha una densità abbastanza diversa da quella delle masse standard. Effetto della temperatura: si commette un errore significativo quando si pesa un oggetto con temperatura differente rispetto a quella ambiente. Altre fonti di errore L’errore ha origine dalla diversa forza fluidostatica esercitata dall’aria sulle massa a diversa densità Fonti di errore nella pesata Errore di spinta fluidostatica: è l’errore di pesata che si verifica quando l’oggetto che si sta pesando ha una densità abbastanza diversa da quella delle masse standard. L’errore ha origine dalla diversa forza fluidostatica esercitata dall’aria sulle massa a diversa densità Nel caso si pesino sostanze con densità inferiore a 2 g/mL si usa la seguente formula: W1 = W2 + W2 (daria/doggetto- daria/dm) W1: massa corretta W2: massa misurata doggetto: densità oggetto dm: densità masse (8 g/cm3 ) daria: densità aria (0.0012 g/cm3) Es. Calcolare la massa reale di un composto (d= 1.33 g/cm3) la cui massa apparente misurata è pari a 100 g W1 = W2 + W2 (daria/doggetto- daria/dm) W1 = 100 + 100 (0.0012 g/cm3/1.33 g/cm3- 0.0012/8 g/cm3) = 100.08 Se la massa non fosse stata corretta si sarebbe compiuto un errore dello 0.08% La densità delle masse usate nelle bilance elettroniche o a piatto unico varia da 7.8 a 8.4 g/cm3 secondo la ditta produttrice. Per la maggior parte degli scopi si usa un valore medio di 8 g/cm3 Per i solidi a bassa densità o i liquidi gli effetti della spinta fluidostatica sono significativi e va applicata una correzione. Esercizio Una bottiglia pesa 8.9500 g vuota e 10.560 g quando riempita con un solvente di densità 0.92 g/mL. Le masse usate per la calibrazione della bilancia hanno densità 8.0 g/mL. Calcolare la massa corretta del campione. La massa apparente del liquido risulta 10.560-8.9500=1.610 g. La stessa forza fluidostatica agisce sul recipiente durante la pesata quindi bisogna considerare solo la forza che agisce sul liquido . Sostituendo 0.0012 g/cm3 a daria, 8.0 g/cm3 a dm e 0.92 g/cm3 a dogg si ottiene W1= 1.610+1.610 (0.0012/0.92-0.0012/8.0)= 1.6115 g ovvero 1.612 g. Effetto della temperatura: si commette un errore significativo quando si pesa un oggetto con temperatura differente rispetto a quella ambiente. La causa di errore è duplice: 1) Le correnti di convenzione esercitano un effetto di sollevamento 2) L’aria calda in un recipiente chiuso pesa meno rispetto allo stesso volume a T più bassa Conseguenza: la massa apparente dell’ oggetto è più bassa Questo errore può arrivare fino a 10-15 mg per un crogiolo da filtro in porcellana (A) o per un pesafiltro (B) rimossi da una stufa a 110°C contenenti 7.5 g di KCl. Per ovviare all’effetto della temperatura è necessario far raffreddare il campione (in essiccatore) prima della pesata Altre fonti di errore: • • • Materiale non al centro del piatto Manipolazione non corretta del campione (fuoriuscita dalla navicella) Sportello bilancia tenuto aperto • • Vibrazioni eccessive Uso di mani nude per recipienti per la tara (le dita possono trasferire umidità o grasso che influenzano la pesata) Pesata di oggetti e campioni che hanno una carica elettrostatica • • • • • • Navicella di pesata di dimensioni non idonee Pesata su bilancia non calibrata Impiego di spatole contaminate Confusione sulle scale di conversione Cattiva manutenzione e pulizia bilancia Centrifughe analitiche Le fasi di una miscela eterogenea solido-liquida possono essere separate più rapidamente ed efficacemente mediante centrifugazione. Le particelle sottoposte ad un campo centrifugo tendono a sedimentare con velocità proporzionale alla forza applicata. A tale scopo, la sospensione, contenuta in apposite provette, viene inserita in un rotore che viene fatto ruotare ad un elevato numero di giri da un motore elettrico. Principi base della sedimentazione La velocità di sedimentazione dipende dal campo centrifugo G, diretto radicalmente verso l’esterno. Il campo è funzione del quadrato della velocità angolare del rotore (w espressa in rad s-1) e della distanza radiale (r ) espressa in centimetri della particella dall’asse di rotazione. Campo centrifugo G= w2 r Fc=m*G La velocità del rotore può essere espressa in termini di rivoluzioni al minuto (rev min –1). Il campo centrifugo G espresso in termini di rivoluzioni al minuto è espresso come multiplo della forza gravitazionale terrestre (g= 980 cm/s), cioè come rapporto tra il peso della particella sottoposta al campo centrifugo e il peso della stessa sottoposta alla sola forza di gravità. Esso viene quindi riportato come campo centrifugo relativo o più semplicemente come “numero di g”. RCF = 1.12 x r x (rpm/1000)2 RCF= Relative Centrifugal Force; rpm=revolutions per minute, r = radius from the rotor center to the bottom of the tube (cm) Quando si riportano le condizioni di separazione di particelle è necessario specificare la velocità del rotore, le dimensioni del raggio e il tempo di centrifugazione. La velocità di sedimentazione dipende comunque anche 1) dalla massa della particella; 2) dalla densità del mezzo; 3) dalla forma della particella. Coefficiente di sedimentazione La velocità di sedimentazione (v) di una particella può essere anche espressa in termini di velocità di sedimentazione per unità di campo centrifugo applicato, più comunemente chiamato coefficiente di sedimentazione, s. Per convenzione il coefficiente di sedimentazione determinato viene corretto in quel valore che si otterrebbe in acqua a 20°C e viene riportato come coefficiente di sedimentazione standard, s20,w. Il coefficiente di sedimentazione di molte macromolecole, inclusi acidi nucleici e proteine, di norma diminuisce all’aumentare della concentrazione del soluto. Per questo motivo si misura il coefficiente a diverse concentrazioni di soluto e si estrapola il valore a concentrazione nulla. Per la maggior parte delle particelle biologiche i coefficienti di sedimentazione sono valori molto piccoli e, per convenzione, il loro valore unitario di base è: 10-13 s , detta unità Svedberg (S) Lo svedberg (simbolo S) è un'unità di misura del coefficiente di sedimentazione che non fa parte del Sistema Internazionale. Ad esempio, una molecola di RNA ribosomale che ha un coefficiente di sedimentazione pari a 5x10-13 s ha un valore di 5 S In genere, più grande è la molecola o la particella e maggiore è la sua unità Svedberg. Pertanto maggiore la sua velocità di sedimentazione. Esempi: enzimi, ormoni Acidi nucleici Ribosomi e polisomi Virus tra 2 a 25 S tra 3 a 100 S tra 20 a 200 S tra 40 a 1000 S Centrifughe e loro utilizzo Piccole centrifughe da banco. Generalmente la loro velocità massima è tra 4.000 e 6.000 rev min –1 , per un campo centrifugo relativo variabile tra i 3.000 e i 7.000 g. Microcentrifughe. 8.000-13.000 rev min –1 pari a 10.000g Centrifughe refrigerate a grande capacità 6.000 rev min –1 Centrifughe refrigerate ad alta velocità 25.000 rev min –1 Ultracentrifughe preparative Possiedono rotori in grado di raggiungere 80.000 rev min –1 e di generare un campo centrifugo relativo di 600.000 g. La camera del rotore è refrigerata, sigillata e viene mantenuto il vuoto all’interno onde minimizzare gli attriti che si possono generare tra il rotore in movimento e l’aria e che causerebbero un aumento di temperatura. Il sistema di controllo della temperatura utilizza un sensore a infrarossi che registra di continuo la temperatura. Ultracentrifughe analitiche La velocità raggiunge i 70.000 rev min –1 (500.000 g). Sono costituite da un rotore alloggiato in una camera in cui sia stato fatto il vuoto e di un sistema ottico di rivelazione del materiale che va sedimentandosi durante la centrifugazione. Importante! Sempre equilibrare le provette!!! Tipi di rotore I rotori a corredo delle centrifughe si distinguono in: ad angolo fisso (in alto in figura), in cui le particelle, muovendosi in senso radiale sotto l’influenza del campo centrifugo, incontrano la parete della provetta e scivolano su di essa fino al fondo formando un sedimento piccolo e compatto. I tubi sono ospitati in alloggiamenti inclinati secondo un angolo fisso, da 15 a 40°. Il cammino percorso dalle particelle è breve e la sedimentazione rapida. I rotori verticali sono una variante della disposizione ad angolo fisso, con gli alloggiamenti disposti in verticale, parallelamente all’asse di rotazione (angolo 0°). La distanza delle particelle dall’asse di rotazione (e quindi l’accelerazione centrifuga a cui sono sottoposte) varia a seconda della posizione all’interno del tubo, tra rmin ed rmax. L’accelerazione centrifuga effettiva può variare di un fattore due tra cima e fondo del tubo, e quindi, ad es., la velocità di sedimentazione di un mitocondrio che si trovi in fondo al tubo sarà doppia rispetto alla velocità di sedimentazione di un mitocondrio che si trovi nella parte alta della provetta. Per convenzione, il campo centrifugo relativo viene calcolato usando il raggio di rotazione medio (rav) di un dato rotore. a braccio oscillante (in basso in figura), in cui il tubo contente il campione, che a riposo è in posizione verticale, durante la centrifugazione, sottoposto alla forza centrifuga, si dispone in posizione orizzontale, perpendicolare all’asse di rotazione. I rotori oscillanti consentono una formazione di bande di sedimento ben differenziate e di pellets più uniformi (perché le particelle non finiscono per ‘strisciare’ lungo la parete), ma hanno una inferiore capacità di carico ed una maggiore delicatezza rispetto ai rotori ad angolo fisso. Stufa e Muffola da laboratorio Le stufe elettriche sono utili per asciugare la vetreria o per essiccare reagenti contenenti acqua di idratazione. L’introduzione degli oggetti avviene attraverso il portellone anteriore. Le stufe possono essere dotate di temporizzatore e di ventilazione forzata. Esistono modelli dotati di apposite pompe per l’uso sotto vuoto e che possono operare fino a temperature di ebollizione di 300°C. I forni a muffola sono forni rivestiti interamente di materiali refrattari, dotati di sistemi termostatici e che possono operare fino a temperature dell’ordine di 1000-2000°C. L’accesso ai forni a muffola prevede l’uso di guanti termoisolanti e di pinze isolate di lunghezza opportuna per evitare ustioni. Agitatore magnetico L’agitatore magnetico è utilizzato per mescolare efficacemente e senza l'ausilio di aste ed agitatori esterni, un solvente e uno o più soluti, mediante la rotazione di un’ancoretta sul fondo di un contenitore sul quale agisce un campo magnetico. La dimensione e la forma dell’ancoretta magnetica determinano l’efficacia dell’agitazione stessa a parità di velocità di agitazione. È opportuno quindi scegliere l’ancoretta magnetica più adeguata in relazione alla quantità e qualità di liquido in lavorazione nonché al tipo di contenitore utilizzato. Gli agitatori magnetici spesso sono anche dotati di riscaldamento per mezzo di una resistenza elettrica posta sotto il piano d'appoggio. Le temperature che possono essere raggiunte variano da poche decine di gradi fino a 300 °C a dello strumento. Anche le dimensioni possono variare ed in alcuni casi si costruiscono appositamente agitatori magnetici di grosse dimensioni per contenitori di 30 o 50 litri. Bagni termostatici e Bagnomaria I bagni termostatici sono costituiti da una vasca di acciaio inossidabile riempita di liquido opportuno (acqua, olio) riscaldato per mezzo di una resistenza elettrica. La temperatura è controllata per mezzo di un termostato. Per rendere omogenea la temperatura nella vasca è installato un sistema di ricircolo o agitazione dell'acqua. Periodicamente è necessario procedere ad una pulizia approfondita del bagno indossando i guanti. Il metodo di riscaldamento meno energetico è il bagno ad acqua, o bagnomaria, effettuato immergendo l’oggetto da riscaldare in un bicchiere di acqua calda. La massima temperatura utilizzabile è 100°C, ma il riscaldamento viene generalmente effettuato a temperature minori. Essiccatori È impiegato per conservare pesafiltri, crogioli, reattivi igroscopici per proteggerli dall’umidità. Le superfici di vetro smerigliato (coperchio e base dell’essiccatore) sono leggermente ricoperte di grasso al silicone per assicurare una buona adesione e quindi isolamento dell’esterno (non troppo per evitare che il coperchio scivoli). Il coperchio puo’ essere dotato di rubinetto per collegamento a pompe da vuoto. I materiali caldi devono essere prima raffreddati per evitare che i gas contenuti nell’essiccatore possano dilatarsi, per effetto del riscaldamento, e portare alla rottura del coperchio. La parte alla base contiene un agente chimico essiccante che assorbe l’umidità dei materiali posti sul piano interno forato. Le sostanze essiccanti di uso comune sono riportate in tabella. Essiccanti comuni • CaSO4 (dietrite) • Gel di silice • Alluminosilicati (setacci molecolari) • MgO • Mg(ClO4)2 •Indicating DRIERITE is anhydrous calcium sulfate desiccant which turns from blue to pink when saturated. •regenerated repeatedly for reuse by simply heating in oven. •Re-dried desiccant is ready for use when the materials turns back from pink to blue Vetreria di laboratorio • Con il termine generico “vetreria” si indica un’ampia classe di strumentazione in vetro sia per il trattamento che per la misurazione del campione. • Il vetro è un materiale facilmente lavorabile, poco costoso, facilmente lavabile e resistente alla temperatura (vetro Pirex). • La sua fragilità meccanica richiede cautela da parte dell’operatore (uso di guanti, occhiali).