L’AZIONAMENTO Terza QUARTA quinta Indice Terza regime stazionario corrente alternata elettronica digitale programmare con arduino REGIME STAZIONARIO introduzione legge di kirchhoff ai nodi • il teorema di sovrapposizione • teoremi di thevenin e norton • teorema di millmann • teorema del massimo trasferimento di potenza REGIME STAZIONARIO- LEGGI FONDAMENTALI Circuiti elettrici - Componenti reali Le grandezze fondamentali dell’elettricità sono: la carica elettrica, la corrente elettrica e il voltaggio. La corrente (I) è definita come la quantità di carica elettrica (q) che fluisce in un punto di un circuito in un determinato tempo: dq I dt La corrente elettrica si misura in ampere (A) pari a coulomb al secondo. Il voltaggio (E) è l’energia potenziale, dovuta al campo elettrico, per unità di carica. Viene misurato in volt (V) pari a joule diviso per coulomb. Il voltaggio viene anche chiamato potenziale elettrico. Resistenza La resistenza o resistore è un elemento circuitale costituito da un materiale da cariche elettriche. Il suo valore R dipende dal materiale e dalle dimensioni. La resistenza è legata alla resistività del materiale (ρ) dalla relazione: R che può essere attraversato l A ove A rappresenta la sezione trasversa e l la lunghezza del conduttore. La resistenza si misura in ohm (Ω). In fisiologia si usa frequentemente il concetto di conduttanza (G) che è l’inverso della resistenza. L’unità di misura della conduttanza è il siemens (S). Resistività di vari materiali: Conduttori: Rame, ferro, alluminio Semiconduttori: Germanio, silicio, boro Isolanti: Vetro, plastica, polistirolo = 10- 8 / m = da 10- 3 a 10 2 / m = 10+15 / m Legge di Ohm La corrente elettrica (I) che scorre in un conduttore è direttamente proporzionale alla differenza di potenziale elettrico (E) applicata alle sue estremità A e B: E A EB I R Questa relazione è la legge di Ohm. La grandezza R, che è il rapporto fra la corrente ed il voltaggio, è chiamata L’inverso della resistenza è chiamato conduttanza (G): G In un grafico corrente/voltaggio la legge di Ohm è rappresentata da una retta passante per l’origine ed avente pendenza 1/R 1 R resistenza del conduttore. Collegamento di resistenze Resistenze in serie Resistenze in parallelo Divisore di tensione (voltage divider) La tensione di uscita sarà sempre inferiore o al massimo uguale (se R1=0) a quella di ingresso V out = V R 2 in R + R 1 2 Generatore di f.e.m. reale la resistenza interna del generatore deve essere trascurabile rispetto a quella del carico per avere un efficiente trasferimento di energia ! Resistenza interna delle batterie Per quanto riguarda le batterie reali, esse presentano sempre una resistenza interna. In pratica la batteria può essere pensata nel seguente modo in cui si considera anche la resistenza dei fili La tabella mostra alcuni valori di resistenza interna per diversi tipi di batterie reali: A causa della resistenza interna delle batterie, quando si collega una batteria reale con un carico resisitivo, una parte della tensione della batteria non arriva al carico ma si perde sulla resistenza interna. Potenza dissipata e potenza massima Il calcolo della potenza dissipata in un componente è importante in quanto consente di verificare se tale valore può essere tollerato dal componente oppure se rischia di danneggiarlo. Nel caso specifico dei resistori di laboratorio si sa che sono tipicamente usati resistori con potenze standard di 1/8, 1/4, 1/2 o 1 Watt. Questo valore rappresenta la massima potenza che il resistore è in grado di sopportare senza bruciarsi. Per esempio nel circuito dell'esempio precedente, con una batteria da 10 V e un resistore da 100Ω, occorre usare un resistore da 1 W di potenza o superiore, per evitare che esso si bruci. Effetto Joule Un fenomeno importante e noto come effetto Joule è il riscaldamento di un resistore quando viene attraversato da corrente Il riscaldamento ha implicazioni negative poichè causa perdite di energia. Peraltro è alla base del funzionamento di molti dispositivi elettrici tra cui la lampada a incandescenza, l'interruttore magnetotermico, il fusibile, il forno elettrico, l'asciugacapelli, lo scaldabagno elettrico. Calcolo della potenza dissipata Il calore prodotto da una resistenza viene anche detto potenza dissipata, mettendo in tale modo l'accento sul consumo (spreco) di potenza che ne deriva. La potenza dissipata si misura in Watt (simbolo W) e per qualsiasi bipolo si può calcolare con la formula P = VxI watt Raddoppiando la tensione la potenza dissipata quadruplica. Questo fenomeno viene espresso spesso dicendo che la potenza dissipata in un resistore varia col quadrato della tensione applicata. Se le quattro lampadine in figura sono identiche, quale circuito genera più luce? P=I•E=R•I2 I=E/R – + 1.5 V – + 1.5 V Rt=(R1·R2)/(R1+R2)=0.5 I=3 A P=4.5 Watt Rt= R1+R2 = 2 I=0.75 A P=1.125 Watt Legge di Kirchhoff ai nodi • Le due leggi (o principi) di Kirchhoff sono le due leggi più importanti e fondamentali dell'intera elettrotecnica. • La prima legge di Kirchhoff detta anche legge ai nodi o alle correnti, afferma che in ogni nodo di un circuito la somma delle correnti entranti è uguale alla somma delle correnti uscenti dal nodo. Legge di Kirchhoff alle maglie La seconda legge di Kirchhoff detta anche legge alle maglie afferma che in ogni circuito la somma algebrica delle tensioni in una maglia e sempre uguale zero Le regole di Kirchoff La corrente totale che fluisce in un punto deve essere uguale alla corrente che fluisce da quel punto [conservazione della carica] LEGGE DI KIRCHOFF PER LA TENSIONE In un circuito chiuso, la somma di tutte le cadute di potenziale è zero. 1. La corrente viaggia dal potenziale più alto al più basso. 2. Una corrente positiva fluisce dal + al – all’interno di un generatore di voltaggio (batteria). V1 V2 i1 R1 R2 RIEPILOGO •Generatore indipendente di tensione •Generatore indipendente di corrente i i v E •Resistore v E cost v •Induttore i v R v R i V RI i A cost A •Condensatore i v L di 0 dt V 0 (cto cto) v L i v C dv 0 dt I 0 (circuito aperto) i C I1 + Esercizio R1 E1 R3 R4 – I3 R2 I2 In un nodo la somma di tutte le correnti che entrano ed escono da un nodo è zero: I1-I3-I4=0 I2-I3-I4=0 RISPOSTE: In un circuito chiuso la somma di tutte le cadute di potenziale è zero: E1-R1I1-R3I3-R2I2=0 I1 = I2 = 0,013 A I3 = 0,0092 A I4= 0,0042 A I4 Esempi: 3 k 2 k 3/2 k Oppure: Vx 2 k 24 V 5/2 k 1,5 k Oppure: Vx=? I I 4 k 24 V Vx=? 24 V I=2,4 mA Vx =9,6 V 4kΩ 4 24 V 24 V 9,6 V 2 3 1 4kΩ 10 Ix=? 5 k 10 k 1 k 2 k 3 k 4 k 24 V 3 k 5/7 k 6 mA 24 V 2 k 0,5 k 3V Ix =3 V / (5/7 k = 4,1 mA 1,5 k 7 7 mS 5 Ix 6 mA 5 6 mA 4,1 mA 2 2 1 7 mS 5 5 5 TRASFORMAZIONE STELLA-TRIANGOLO A A R A R 0 RC RA A B RB C C RAB RCA R A R0 RBC RAB R B R0 RCA RBC R C R0 B R0 RAB RBC RCA C RAB RA RB G0 RBC RB RC G0 R R R G C A 0 CA Nel caso di tre resistenze uguali sarà: B RBC G0 R RY 3 1 1 1 RA RB RC Esempio: 0,25 k 0,625 k 1 k A 2A 2 k C 4 k Ix 5 k B 1 k 1 1,625 1 1 5,25 1,625 Ix=? A 2A 2 A 1,527 A C 4 k 0,25 k 1,25 k B 1 k Ix=? A 2A 5,25 k Ix=? 1,625 k Il Teorema di Sovrapposizione degli effetti • Il teorema vale per circuiti con generatori che forniscono tensioni di forma qualsiasi e costituiti da soli elementi lineari. • Si dimostra che se un circuito è realizzato con componenti R - L - C a parametri costanti e da generatori ideali la sua risposta è lineare. • La tensione (corrente) in ogni lato è data dalla somma algebrica delle tensioni (correnti) dovute ad ogni singolo generatore agente da solo e passivando gli altri. • Studio con il teorema di sovrapposizione degli effetti I1 I1' I1'' 3.424 0.558 2.866 mA ' '' I 2 I 2 I 2 0.447 1.377 0.930 mA ' '' I I I 3 3 2.978 0.819 3.797 mA 3 Il segno meno per I2 indica semplicemente che la corrente circola nel verso opposto a quello prescelto come positivo. Il risultato è lo stesso di quello ricavato applicando i Principi di Kirchoff TEOREMI DI THEVENIN E NORTON In una rete lineare, comunque complessa, contenente bipoli lineari, le tensioni e le correnti in ciascun lato possono essere determinate sommando i contributi dovuti ai singoli generatori presenti, agenti uno alla volta. (Passivazione dei generatori) TEOREMA DI THEVENIN A A I Req Eeq TEOREMA DI NORTON Aeq V B V Eeq Req I Geq I V B I Aeq GeqV Thevenin & ETh ETh = tensione a vuoto Norton AN AN = corrente in c.to c.to GN RTh RTh = resistenza circuito c.c. A I RTh ETh V B V ETh RTh I GN = conduttanza circuito c.c A I AN GN V B I AN GNV TEOREMA DI MILLMANN A R 1 E1 R 2 E2 Ri R 3 R n E3 Ei E1G1 G1 Gn En B A G i i E G i i B G E G i i VAB i i i i EnGn teorema del massimo trasferimento di potenza a THEVENIN RTH ETH RL b i RL p b ETH p RL i 2 RL RTH RL a pmax 2 RTH RL SI HA LA MASSIMA POTENZA TRASFERITA AL CARICO QUANDO LA RESISTENZA DEL CARICO E’ UGUALE ALLA RESISTENZA DI THEVENIN VISTA DAL CARICO: RL = RTH Dimostrazione: RTH RL 2 2 RL RTH dp 2 VTH 4 dRL R R TH L RL 0 RTH RL 2 RL 0 RL RTH p max VTH2 4 RTH CORRENTE ALTERNATA numeri complessi ------------------------------------------------------------------------------Le sinusoidi: V, I, R, C, L Circuiti RLC serie in corrente alternata RC,RL,RLC Le reti R, L,C elettriche in parallelo RC,RL, RLC I Filtri Numeri complessi Numeri complessi coniugati Somma di numeri complessi Regola del Parallelogramma Asse immaginario 3i z=4+2i 2i z+w=6+i i -2 -1 1 2 3 4 5 6 Asse reale -i w=2-i -2i Le sinusoidi: molto studiate e poco conosciute Per produrre una sinusoide bisogna proiettare su un asse (Y per il seno oppure x per il coseno) un segmento che ruota con velocità costante intorno all'origine. La figura seguente dovrebbe chiarire meglio come viene generata una sinusoide: Le onde sinusoidali sono alla base dei principali segnali fisici (pendolo, luce, suono inoltre è possibile combinando le sinusoidi ottenere qualsiasi segnale fisico (Fourier) di qualsiasi forma Linearità Pertanto un sistema è lineare se il suo modello matematico (le equazioni che lo descrivono) contiene solo le operazioni lineari che sono la somma, la sottrazione, il prodotto per costante e la derivata di qualsiasi ordine. Sono sistemi lineari sistemi che coinvolgono i resistori, i condensatori non sono lineari sistemi che coinvolgono i diodi. Si può dimostrare che i sistemi lineari godono di una proprietà fondamentale: se in ingresso al sistema lineare viene applicato un segnale sinusoidale, l'uscita del sistema a regime sarà ancora sinusoidale e con la stessa frequenza (isofrequenziale) del segnale applicato in ingresso.(Regime sinusoidale permanente) La tensione / correntre alternata I(t) I 0sen 2 ft circuiti resistivo La tensione istantanea V e la corrente I in un circuito puramente resistivo sono in fase: ciò significa che aumentano e diminuiscono di pari passo. eff Ieff R circuito capacitivo In un circuito contenente solo un condensatore, la tensione istantanea e la corrente non sono in fase. Al contrario, la corrente anticipa sulla tensione di un quarto di ciclo, cioè ha uno sfasamento di 90°. La potenza media, e quindi l’energia media, utilizzata da un condensatore in un circuito in corrente alternata è nulla. Circuito induttivo La tensione istantanea e la corrente in un circuito contenente solo un induttore non sono in fase. Infatti la corrente ritarda sulla tensione di un quarto di ciclo, cioè ha uno sfasamento di 90°. La potenza media, e quindi l’energia media, utilizzata da un induttore in un circuito in corrente alternata è nulla. Le reti elettriche in alternata (R-C ; R-L ; R-L-C) Le reti elettriche possono contenere i componenti R, C, L collegati fra di loro in modo qualsiasi ed in quantità qualsiasi. Il loro studio in alternata parte dall’analisi delle reti più semplici e poi passare allo studio di una rete qualsiasi. Le reti più semplici sono costituite da: 1.due componenti R = resistenza e C = condensatori collegati in serie o in parallelo. 2.due componenti R = resistenza e L = induttanza collegati in serie o in parallelo. 3.tre componenti R = resistenza, C = condensatori e L = induttanza collegati in serie o in parallelo. Proseguiremo quindi nell’ordine stabilito adesso, per poi fare il caso generale. Circuiti RLC in corrente alternata Un circuito RLC in serie contiene un resistore, un condensatore e un induttore. (R-C serie) I R Questo circuito si studia applicando la legge di Kirchoff alle tensioni. VR Questa legge stabilisce una relazione energetica tra i componenti presenti nella maglia: la tensione che istante per istante fornisce il generatore si deve distribuire tra la resistenza e il condensatore. VC VG C VG VG VR VC R I XC I I (R XC) 1 la quantit à t ra p arentesi t onda è chiamata IMPEDENZ A Z R VC VR Y XC Z Le reti elettriche in alternata (R-C serie) I due diagrammi vettoriali di solito si disegnano in un unico grafico per determinare anche la tensione VG e l’angolo di fase tra questa tensione e la corrente I che circola nel circuito. Il diagramma si costruisce disegnando per prima il vettore corrente I, poiché è lo stesso per tutti componenti, che sono in serie. Esso può essere disegnato in una posizione . qualsiasi,normalmente orizzontale. Poi rispetto ad esso si disegnano gli altri vettori di tensione VR VC I φ VG Come si calcolano la tensione VG e l’angolo φ ? Disegniamo sul piano di Gauss le tre tensioni e la corrente e successivamente Le reti elettriche in alternata (R-L serie) Questo circuito si studia applicando la legge di Kirchoff alle tensioni. Questa legge stabilisce una relazione energetica tra i componenti presenti nella maglia: la tensione che istante per istante fornisce il generatore si deve distribuire tra la resistenza e il condensatore. VG VR VL I due diagrammi vettoriali di solito si disegnano in un unico grafico per determinare anche la tensione VG e l’angolo di fase tra questa tensione e la corrente I che circola nel circuito. Il diagramma si costruisce disegnando per prima il vettore corrente I, poiché è lo stesso per tutti componenti, che sono in serie. Esso può essere disegnato in una posizione qualsiasi,normalmente orizzontale. Poi rispetto ad esso si disegnano gli altri vettori di tensione. Le reti elettriche in alternata (R-L-C serie) VG VR VC VL Da questa equazione ricaviamo quella dell’impedenza Z del circuito. Dall’ultima relazione si ricava il comportamento del circuito, che può essere classificato in tre modi diversi a seconda dei valori assunti dalle due reattanze: 1.Se XL > XC il circuito si comporta come un R – L (poiché XL-XC > 0); 2.Se XL < XC il circuito si comporta come un R – C (poiché XL-XC < 0); 3.Se XL = XC il circuito si comporta come un circuito puramente ohmico e presenta un fenomeno fisico particolare che si chiama “risonanza”. (poiché XL-XC = 0); Le reti elettriche in alternata (R-L-C serie) Dopo lo studio matematico facciamo i grafici vettoriali molto usati in seguito. 1. XL > XC; quindi == (VL= XL*I) > (VC= XC*I) 2. XL < XC; quindi ==► (VL= XL*I) < (VC= XC*I) 3. XL = XC circuito puramente ohmico; quindi ==► (VL= XL*I)= (VC= XC*I) 1 2 V VL VC L 3 VL V V G L φ I V I R V V φ VR = VG φ =0 I R C VL VC V G V C Equivale ad un R-L Equivale ad un R-C V C Equivale ad un circuito resistivo (R-C parallelo) Le reti elettriche in alternata Questo circuito si studia applicando la legge di Kirchoff alle correnti. Questa legge stabilisce una relazione di conservazione della carica tra i componenti in parallelo: la corrente che istante per istante fornisce il generatore si deve dividere tra la resistenza e il condensatore. Le reti elettriche in alternata (R-L parallelo) Questo circuito si studia applicando la legge di Kirchoff alle correnti. Questa legge stabilisce una relazione di conservazione della carica tra i componenti in parallelo: la corrente che istante per istante fornisce il generatore si deve dividere tra la resistenza e il condensatore. Le reti elettriche in alternata (R-L-C parallelo) VG=VR=VC= VL I IR IC IL Da questa equazione ricaviamo quella dell’impedenza Z del circuito. A differenza del circuito serie si somma tra loro la conduttanza G e le suscettanze BC e BL Le reti elettriche in alternata (R-L-C parallelo) Anche in questo circuito possiamo distinguere tre casi: 1. Se XL > XC la corrente IC > ILquindi il circuito si comporta da R-C; 2. Se XL < XC la corrente IL > ICquindi il circuito si comporta da R-L; 3. Se XL = XC la corrente IC = ILquindi il circuito si comporta da resistivo. Verifichiamo con i diagrammi vettoriali. 3 1 2 I IC IL I I I C C C I φ R VG V I = R I φ =0 G φ I IL R ICIL I I L IL V G I Filtri Il filtro è un circuito che ricevendo in ingresso segnali di frequenze diverse è in grado di trasferire in uscita solo i segnali delle frequenze volute, in pratica seleziona le frequenze che si vogliono. In un filtro la tensione di uscita è sempre inferiore a quella di ingresso, non è infatti un amplificatore, ma la selezione avviene attenuando le frequenze non volute e lasciando inalterate le frequenze volute. Distinguiamo tre tipi fondamentali di filtro: O passa alto – attenuazione di frequenze inferiori alla frequenza di taglio. O passa basso–attenuazione di frequenze superiori alla frequenza di taglio. O passa banda – attenuazione delle frequenze superiori ed inferiori a quelle che vengono fatte passare. O elimina banda – attenuazione di certi intervalli di frequenza, mentre altri vengono fatti passare Filtri attivi e passivi Un filtro attivo è un tipo di filtro analogico, che è contraddistinto dall'uso di uno o più elementi attivi come amplificatori operazionali o buffer. Nei filtri passivi è necessario usare degli induttori, che hanno la proprietà (in questo caso indesiderata) di captare i segnali elettromagnetici circostanti; inoltre sono spesso fisicamente ingombranti Gli induttori bloccano i segnali ad alta frequenza e conducono quelli a bassa frequenza, mentre i condensatori si comportano al contrario: Bloccano le basse frequenze (sono degli interruttori aperti ) e lasciano passare le alte frequenze ( interruttori chiusi) FILTRO PA S S A B A S S O Si dice filtro passa basso un circuito che fa passare in uscita solo le frequenze più basse di un'altra prefissata. La frequenza prefissata, che viene scelta a piacere, viene detta frequenza di taglio e la indichiamo con f t . Un tipico circuito passa basso è il seguente: Possiamo vedere come il condensatore è un componente che conduce molto le alte frequenze mentre attenua e non fa passare le basse frequenze; nel nostro caso, però, il condensatore non è posto in serie tra ingresso e uscita ma in parallelo all'uscita, quindi le altre frequenze vengono messe in corto circuito dal condensatore verso massa, e non le ritroviamo in uscita; mentre in uscita ritroviamo solo le basse frequenze; quindi il filtro si comporta da filtro passa basso. Per calcolare la frequenza di taglio si usa la seguente formula: f t = 1/ 2 𝜋 RC FILTRO PA S S A B A S S O Possiamo vedere come a frequenza zero l'uscita assume il massimo valore, cioè v u = vi; in corrispondenza della frequenza di taglio f t l'uscita assume il valore v u = v i / √ 2 Si dice frequenza di taglio di un filtro quella frequenza alla quale l'attenuazione del filtro, cioè il rapporto tra tensione di uscita e tensionedi ingresso è uguale a 1/√2,cioè V u /V i = 1/ √2 Per frequenze superiori a f t vediamo che la curva scende verso il basso e quindi la tensione in uscita è molto attenuata. FILTRO PA S S A ALTO Si dice filtro passa alto un circuito che fa passare in uscita solo le frequenze più alte della frequenza di taglio f t . Un tipico circuito passa alto è il seguente: Possiamo vedere come il condensatore è un componente che conduce molto le alte frequenze mentre attenua e non fa passare le basse frequenze; nel nostro caso il condensatore è posto in serie tra ingresso e uscita quindi le altre frequenze vengono messe in corto circuito dal condensatore e le ritroviamo in uscita; mentre per le basse frequenze il condensatore si comporta come un circuito aperto, quindi le basse frequenze non riescono a passare; quindi il filtro si comporta da filtro passa alto. FILTRO PA S S A ALTO Per calcolare la frequenza di taglio si usa la seguente formula: f t = 1/ 2𝜋 RC Se indichiamo con v i la tensione di ingresso e con v u la tensione di uscita il diagramma del filtro al variare della frequenza è il seguente: Possiamo vedere come a frequenza zero l'uscita assume il valore zero; per frequenze inferiori a f t la curva si mantiene molto bassa, quindi le basse frequenze non passano. In corrispondenza della frequenza di taglio f t l'uscita assume il valore v u = vi/√2 Per frequenze superiori a f t vediamo che la curva va verso il valore massimo v i . Quindi è uncircuito passa alto. CIRCUITO RLC RISONANTE SERIE Se consideriamo un circuito RLC, come nello schema seguente: e lo alimentiamo con una tensione alternata avente ampiezza fissa ma frequenza variabile, possiamo notare che il valore della impedenza cambia al variare della frequenza. Infatti la formula del vettore Z, studiata in precedenza, era : Z = R + j (w L - 1/w C) e ricordando che w = 2 𝜋 f, si ottiene che al variare di f varia anche w e quindi anche Z. Disegnando, quindi due diagrammi, uno per il modulo di Z cioè Z =√R2 + (w L - 1/w C) 2 e l'altro per lo la sfasamento j, con la formula j = arctg (w L - 1/w C)/ R otteniamo: CIRCUITO RLC RISONANTE SERIE Nel diagramma superiore abbiamo rappresentato il modulo al variare della frequenza, partendo da frequenza zero sino alla massima frequenza, cioè infinito∞; notiamo che a frequenze basse il condensatore si comporta come un circuito aperto, quindi presenta una elevata impedenza e impedisce il passaggio della corrente; contemporaneamente la induttanza si comporta come un corto circuito, mentre il resistore resta costante; il circuito si dice prevalentemente capacitivo. CIRCUITO RLC RISONANTE SERIE Man mano che aumenta la frequenza si arriva ad una particolare frequenza in cui il • condensatore è diventato ormai un corto circuito e l'induttanza inizia a manifestare i suoi effetti; tale frequenza è detta frequenza di risonanza, che indichiamo con f 0 tale frequenza è caratteristica del circuito RLC, infatti in corrispondenza di tale frequenza il circuito si comporta come un semplice resistore R, e l'impedenza raggiunge il valore minimo, cioè Z = R, consentendo il massimo passaggio di corrente. La frequenza di risonanza si calcola con la seguente formula: • f 0 = 1/ 2p √ LC • a tale frequenza si ha che w L = 1/w C, cioè la reattanza del condensatore è uguale alla reattanza della bobina, e poiché le due reattanze X L e X C sono uguali e contrarie, i loro effetti si annullano. CIRCUITO RLC RISONANTE SERIE Per quanto riguarda lo sfasamento possiamo dire che a frequenze basse lo sfasamento parte da - 𝜋 /2, alla frequenza di risonanza lo sfasamento è nullo, e ciò costituisce un pregio, in quanto il circuito lo utilizziamo in prossimità della frequenza di risonanza; per frequenze superiori lo sfasamento tende a + 𝜋 /2. Volendo ora rappresentare l'andamento della corrente possiamo utilizzare la formula I = V/Z. Tenendo costante la tensione e variando la frequenza da 0 a µ il modulo della corrente ha un andamento del tipo: Notiamo che la corrente raggiunge il massimo valore I 0 in corrispondenza di f 0 Prendendo poi sull'asse verticale il punto I 0/√ 2 e tirando una linea orizzontale otteniamo due punti di incontro con il diagramma.; un primo punto in corrispondenza della frequenza f1, ed un secondo punto in corrispondenza della frequenza f2; in corrispondenza di tali frequenze la corrente si è ridotta al valore I 0/√2. CIRCUITO RLC RISONANTE SERIE Tali due frequenze sono quindi delle frequenze di taglio. La prima frequenza f 1 la chiamiamo frequenza di taglio inferiore; la seconda f 2 la chiamiamo frequenza di taglio superiore. Da tale diagramma possiamo concludere che le frequenze che il circuito lascia passare sono quelle comprese tra f 1 ed f2, in pratica il circuito risonante RLC si comporta come un filtro che lascia passare le frequenze comprese tra f 1 ed f2. Si dice banda passante l'insieme delle frequenze comprese tra f 1 ed f2.In formula B = f2 - f1. Elettronica digitale algebra di boole e sistemi di numerazione circuiti combinatori circuiti sequenziali automi Algebra di boole E sistemi di numerazione Algebra di boole E sistemi di numerazione • Algebra Booleana • Sistemi di numerazione • La rappresentazioen dei dati • L’aritmetica degli elaboratori 1 Algebra Booleana • Contempla due costanti 0 e 1 (falso e vero) • Corrispondono a due stati che si escludono a vicenda • Possono descrivere lo stato di apertura o chiusura di un generico contatto o di un circuito a più contatti Si definiscono fondamentali delle operazioni fraivalori L’operazione di AND L’operazione di OR 00 01 10 11 0 0 0 1 00 01 10 11 0 1 1 1 booleani:AND,OR, La negazione NOT 01 10 NOT sono gli operatori Funzioni logiche • Una variabile y è una funzione delle n variabili indipendenti x1, x2,…, xn, y = F(x1,x2,…,xn) • Una rappresentazione esplicita di una funzione è la tabella di verità, in cui si elencano tutte le possibili combinazioni di x1, x2, …, xn, con associato il valore di y Un esempio: lo XOR • La funzione XOR verifica la disuguaglianza di due variabili x1 0 0 1 1 x2 XOR 0 0 1 1 0 1 1 0 L’espressione come somma di prodotti è quindi... XOR = x1x2 + x1x2 Un esercizio • Progettare un circuito per accendere e spegnere una lampada da uno qualsiasi di tre interruttori indipendenti L = 0 Cambia lo stato di un interruttore qualsiasi 0 0 0 1 1 1 A 0 B 0 C 0 L = 1 0 0 0 1 1 1 A 0 B 1 C 0 Scrittura della funzione logica • Dalle otto combinazioni si ottiene la tabella di verità della funzione logica A 0 0 0 0 1 1 1 1 B 0 0 1 1 0 0 1 1 C 0 1 0 1 0 1 0 1 L 0 1 1 0 1 0 0 1 • Si può scrivere la funzione L come somma logica di prodotti logici L ABC ABC ABC ABC Sistemi di numerazione Sistemi di numerazione posizionali • Sistemi di numerazione posizionali: La base del sistema di numerazione Le cifre del sistema di numerazione Il numero è scritto specificando le cifre in ordine ed il suo valore dipende dalla posizione relativa delle cifre Esempio: Il sistema decimale (Base 10) Cifre : 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 5641 5·103 + 6·102 + 4·101 + 1·100 Posizione: 3 2 1 0 Sistemi in base B • La base definisce il numero di cifre diverse nel sistema di numerazione • La cifra di minor valore è sempre lo 0; le altre sono, nell’ordine, 1,2,…,B1; Un numero intero N si rappresenta con la scrittura N = cnBn+cn1Bn1+...+c2B2+c1B1+c0B0 cn è la cifra più significativa, c0 la meno significativa Il sistema binario (B=2) Un numero intero N si rappresenta con la scrittura N = cnBn+cn1Bn1+...+c2B2+c1B1+c0B0 cn è la cifra più significativa, c0 la meno significativa • La base 2 è la più piccola per un sistema di numerazione Cifre: 0 1 bit (binary digit) Forma polinomia Esempi: (101101)2 = 125 + 024 + 123 + 122 + 021 + 120 = 32 + 0 + 8 + 4 + 0 + 1 = (45)10 Da decimale a binario: Numeri interi • Si divide ripetutamente il numero intero decimale per 2 fino ad ottenere un quoziente nullo; le cifre del numero binario sono i resti delle divisioni; la cifra più significativa è l’ultimo resto Esempio: convertire in binario (43)10 43 21 10 5 2 1 : : : : : : 2 2 2 2 2 2 = = = = = = 21 10 5 2 1 0 +1 +1 +0 +1 +0 +1 resti bit più significativo (43)10 = (101011)2 Da binario a decimale • Oltre all’espansione esplicita in potenze del 2 forma polinomia… (101011)2 = 125 + 024 + 123 + 022 + 121 + 120 = 43)10 • …si può operare nel modo seguente: si raddoppia il bit più significativo e si aggiunge al secondo bit; si raddoppia la somma e si aggiunge al terzo bit… si continua fino al bit meno significativo Esempio: convertire in decimale (101011)2 bit più significativo 1 2 5 10 21 x x x x x 2 2 2 2 2 = = = = = 2 + 0 4 + 1 10 + 0 20 + 1 42 + 1 = 43 (101011)2 = (43)10 Sistema esadecimale • La base 16 è molto usata in campo informatico Cifre: 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 A B C D E F La corrispondenza in decimale delle cifre oltre il 9 è A = (10)10 B = (11)10 C = (12)10 D = (13)10 E = (14)10 F = (15)10 Esempio: (3A2F)16 = 3163 + 10162 + 2161 + 15160 = 34096 + 10256 + 216 + 15 = (14895)10 Da binario a esadecimale • Una cifra esadecimale corrisponde a 4 bit 0 corrisponde a 4 bit a 0 0000 0001 0010 0011 0100 0101 0110 0111 0 1 2 3 4 5 6 7 1000 1001 1010 1011 1100 1101 1110 1111 8 9 A B C D E F F corrisponde a 4 bit a 1 • Si possono rappresentare numeri binari lunghi con poche cifre (1/4) • La conversione da binario ad esadecimale è immediata, raggruppando le cifre binarie in gruppi di 4 (da destra) e sostituendole con le cifre esadecimali secondo la tabella precedente Dai bit all’hex • Un numero binario di 4n bit corrisponde a un numero esadecimale di n cifre Esempio: 32 bit corrispondono a 8 cifre esadecimali 1101 1001 0001 1011 0100 0011 0111 1111 D 9 1 B 4 3 7 F (D91B437F)16 Esempio: 16 bit corrispondono a 4 cifre esadecimali 0000 0000 1111 1111 0 0 F F (00FF)16 Da esadecimale a binario • La conversione da esadecimale a binario si ottiene espandendo ciascuna cifra con i 4 bit corrispondenti Esempio: convertire in binario il numero esadecimale 0x0c8f Notazione usata in molti linguaggi di programmazione (es. C e Java) per rappresentare numeri esadecimali 0 0000 c 1100 8 f 1000 1111 Il numero binario ha 4 x 4 16 bit La rappresentazione dei dati e l’aritmetica degli elaboratori Numeri interi positivi • I numeri interi positivi sono rappresentati all’interno dell’elaboratore utilizzando un multiplo del byte (generalmente 4/8 byte) • Se l’intero si rappresenta con un numero di cifre minore, vengono aggiunti zeri nelle cifre più significative Esempio: 12 viene rappresentato in un byte come… 00001100 Numeri con segno • Per rappresentare numeri con segno, occorre utilizzare un bit per definire il segno del numero • Si possono usare tre tecniche di codifica Modulo e segno Complemento a 2 Complemento a 1 I numeri positivi sono rappresentati (come) in modulo e segno I numeri negativi sono rappresentati in complemento a 2 la cifra più significativa ha sempre valore 1 Lo zero è rappresentato come numero positivo (con una sequenza di n zeri) Modulo e segno • Il bit più significativo rappresenta il segno: 0 per i numeri positivi, 1 per quelli negativi • Se si utilizzano n bit si rappresentano tutti i numeri compresi fra (2n11) e 2n11 Esempio: con 4 bit si rappresentano i numeri fra 7 ((231)) e 7 (231) 0000 0001 0010 0011 0100 0101 0110 0111 0 1 2 3 4 5 6 7 positivi 1000 1001 1010 1011 1100 1101 1110 1111 0 1 2 3 4 5 6 7 negativi Complemento a 2 • Il complemento a 2 di un numero binario (N)2 a n cifre è il numero { 2n(N)2 = 10……0(N)2 n • Il complemento a 2 si calcola… Effettuando il complemento a 1 del numero di partenza (negazione di ogni cifra): si trasforma ogni 0 in 1 e ogni 1 in 0 Aggiungendo 1 al numero ottenuto • Oppure: a partire da destra, lasciando invariate tutte le cifre fino al primo 1 compreso, quindi invertendo il valore delle rimanenti 01010111 10101000 10101001 complemento a 1 1 100000000 011111111 01010111 10101000 10101001 28 281 N 281N 281N1 Addizione binaria • Le regole per l’addizione di due bit sono 0 0 1 1 + + + + 0 1 0 1 0 1 1 0 con riporto di 1 Esempio 1 11 1 riporti 01011011+ 01011010 10110101 91+ 90 181 Sottrazione binaria 1 • Le regole per la sottrazione di due bit sono 0 1 1 10 Esempio 0 0 1 1 0 1 0 1 con prestito di 1 dalla cifra precedente a sinistra 0 10 11001 101 10 1 00 25 5 20 • La sottrazione può divenire complicata: quando si ha una richiesta (di un prestito) sulla cifra precedente a sinistra, che è uno 0, l’operazione si propaga a sinistra fino alla prima cifra ad 1 del sottraendo Sottrazione binaria – 2 • Utilizzando la rappresentazione in complemento a 2, addizione e sottrazione sono trattate come un’unica operazione di somma algebrica si trascura il bit n 1 { N1N2 = N1(2nN2)2n complemento a 2 di N2: rappresentazione di (N2) Si calcola il complemento a 2 di N2 Si somma N1 con il complemento a 2 di N2 Si trascura il bit più significativo del risultato Esempio: (010001)2(000101)2 = (17)10(5)10 010001 111011 1001100 (12)10 Moltiplicazione binaria • Le regole per la moltiplicazione di due bit sono 0 0 1 1 0 1 0 1 0 0 0 1 Esempio 1100111 x 101 1100111 0000000 1100111 1000000011 • Moltiplicare per 2n corrisponde ad aggiungere n zeri in coda al moltiplicando 110011 x 10000 1100110000 51 16 24 816 Divisione binaria • La divisione binaria di A per B viene calcolata in modo analogo alla divisione decimale, così da ottenere un quoziente Q ed un resto R, tali che A BQ R • La divisione binaria si compone di una serie di sottrazioni ( ^^ ^ 110110 101 111 1 01 1 00 101 1010 54 510 + 4 • Dividere per 2n equivale a scorrere il numero a destra di n posizioni; le cifre scartate costituiscono il resto 110011 10000 11 con resto 11 51:16 3 con resto 3 L’aritmetica degli elaboratori 1 • L’aritmetica “interna” degli elaboratori differisce notevolmente dall’aritmetica classica • Sebbene le stesse operazioni possano essere realizzate secondo modalità diverse su elaboratori diversi, si riscontrano alcune caratteristiche comuni: Rappresentazione binaria dei numeri Range finito dei numeri rappresentabili Precisione finita dei numeri Operazioni espresse in termini di operazioni più semplici • Range finito dei numeri rappresentabili Qualunque sia la codifica utilizzata, esistono sempre il più grande ed il più piccolo numero rappresentabile I limiti inferiore e superiore del range di rappresentazione dipendono sia dal tipo di codifica, sia dal numero di bit utilizzati Se il risultato di un’operazione non appartiene al range dei numeri rappresentabili, si dice che si è verificato un overflow (un underflow, più precisamente, se il risultato è più piccolo del più piccolo numero rappresentabile) • Operazioni espresse in termini di operazioni più semplici La maggior parte degli elaboratori non possiede circuiti in grado di eseguire direttamente tutte le operazioni: La sottrazione si realizza per mezzo di una complementazione e di un’addizione La moltiplicazione si realizza per mezzo di una successione di addizioni e di shift (traslazioni) La divisione si realizza per mezzo di una successione di shift e sottrazioni Le operazioni più semplici sono eseguite direttamente da appositi circuiti (in hardware); le operazioni più complesse sono realizzate mediante l’esecuzione di successioni di operazioni più semplici, sotto il controllo di programmi appositamente realizzati, e generalmente memorizzati permanentemente (in firmware) Codifica dei caratteri alfabetici – 2 • Oltre ai numeri, molte applicazioni informatiche elaborano caratteri (simboli) • Gli elaboratori elettronici trattano numeri • Si codificano i caratteri e i simboli per mezzo di numeri • Per poter scambiare dati (testi) in modo corretto, occorre definire uno standard di codifica • Quando si scambiano dati, deve essere noto il tipo di codifica utilizzato • La codifica deve prevedere le lettere dell’alfabeto, punteggiatura, i caratteri speciali per certe lingue le cifre numeriche, i simboli, la • Lo standard di codifica più diffuso è il codice ASCII, per American Standard Code for Information Interchange • Codifica ASCII • Definisce una tabella di corrispondenza fra ciascun carattere e un codice a 7 bit (128 caratteri) • I caratteri, in genere, sono rappresentati con 1 byte (8 bit); i caratteri con il bit più significativo a 1 (quelli con codice dal 128 al 255) rappresentano un’estensione della codifica • La tabella comprende sia caratteri di controllo (codici da 0 a 31) che caratteri stampabili • I caratteri alfabetici/numerici hanno codici ordinati secondo l’ordine alfabetico/numerico CIRCUITI COMBINATORI Applicazione dei teoremi dell’algebra booleana Forme canoniche Data una tabella della verità si dice minima la funzione numero possibile di operazioni logiche logica che la realizza col minor Per rappresentare una tabella della verita mediante la prima forma canonica bisogna considerare solo le righe della tabella in corrispondenza delle quali l'uscita vale 1;ognuna di tali righe corrisponde a un prodotto logico AND (detto mintermine) di tutte le variabili. Per la seconda forma canonica bisogna considerare solo le righe della tabella in corrispondenza delle quali l'uscita vale 0; ognuna di tali righe corrisponde a una somma logica OR (detto maxtermine). Ld due forme canoniche sono equivalenti. x3 x2 x1 000 001 010 011 100 101 110 111 z1 0 1 0 1 0 1 1 1 Mintermini: x3x2x1,x3x2x1, x3x2x1, x3x2x1,x3x2x1 Maxtermini: x3x2x1,x 3x 2x1,x3x2x1 Teorema fondamentale dell'algebra booleana Qualsiasi funzione logica comunque complicata) può essere espressa usando solo gli operatori elementari AND, OR e NOT. In altre parole non sono necessarie altre operazioni logiche (oltre alle tre fondamentali) per rappresentare l'intera algebra di Boole. Si pone il problema di ottimizzare i circuiti combinatori. I criteri di ottimizzazione possono essere diversi a seconda dei problemi per esempio, ottimizzazione dei costi, ottimizzazione della funzionalità, o della velocità, o nella maggior parte dei casi si cerca una via ponderata per tutte queste esigenze. In questo contesto la sintesi di un circuito combinatorio o rete combinatoria è l'individuazione, una volta assegnata la specifica funzionale del circuito, del sistema digitale e le interconnessione che realizzano tale specifica. Per analisi di un circuito combinatorio, si intende l'individuazione delle relazioni causaeffetto tra i segnali di ingresso, cioè le variabili booleane in ingresso, e le uscite del circuito. analisi Lo scopo dell'analisi di un circuito logico è ricavare tabella funzionamento logico). di verità che ne descrive il Affinche sia possibile collegare fra di loro più porte logiche, è necessario che queste appartengano alla stessa famiglia logica oppure che abbiano livelli di tensione e corrente compatibili fra loro. Una proprietà interessante delle porte NAND e NOR è il fatto che usando solo NAND oppure solo NOR è possibile realizzare le funzioni fondamentali dell’algebra booleana (AND, OR e NOT). SINTESI Per sintesi di un circuito logico si intende il procedimento che partendo da una descrizione del problema che si vuole risolvere porta prima alla tabella della verità e quindi alla scrittura di una espressione logica e alla realizzazione del circuito logico ANTIFURTO Supponiamo di voler realizzare un circuito logico per il controllo dell'impianto antifurto in una stanza. Nella stanza sono presenti due sensori di intrusione, uno in corrispondenza della porta (P)e l'altro in corrispondenza della finestra (F), i quali forniscono in uscita un livello H per segnalare l'apertura e far scattare l'allarme. Inoltre nella stanza è presente un interruttore (I, presumibilmente nascosto) che consente di interrompere l'allarme antifurto: gli stati dell'interruttore sono L = allarme disattivato, H = allarme attivato. L'uscita U del circuito logico comanda l'allarme antifurto con la seguente convenzione: H accende l'allarme, L lo spegne Controllo delle aperture di porte e finestre in una stanza Una stanza è dotata di una porta di accesso (P) e due finestre (F1 e F2); sia sulla porta che sulle finestre sono installati dei sensori in grado di rilevarne lo stato di apertura (livello logico ALTO) o chiusura (livello logico BASSO) Un segnalatore luminoso di allarme installato presso la portineria dell’edificio% deve segnalar accendendosi (livello logico ALT0 il verificarsi di almeno una delle seguenti situazioni' ● P aperta e F1 aperta; P chiusa e F1 e F2 aperte; P aperta e F1 e F2 aperte Porte banca: Si vuole progettare un sistema per il controllo dell'accesso a una banca. L'ingresso della banca è dotato di due porte: una porta esterna(P1) e una porta interna (P2), sulle quali sono montati due blocchi elettrici (H = porta sbloccata, L = porta bloccata, non si può aprire). C'è inoltre un pulsante esterno P per richiedere lo sblocco di P1 (H = richiesta sblocco) e un sensore di presenza S che segnala la presenza o meno di una persona nello spazio fra le porte (H = presenza di qualcuno L = Nessuna presenza) • uscita utente (esterna bloccata sensore disattivato, interna sbloccata • ingresso utente ( esterna sbloccata sensore attivato, interna bloccata • Utente tra le due porte e uno esterno Apertura /chiusura cancello FTA = 1 cancello in apertura FTC = 1 cancello in chiusura Riempimento /svuotamento Serbatoio La valvola di scarico non può essere azionata durante il riempimento del serbatoio vale a dire se la pompa P in funzione; Quando la pompa P è spenta la valvola di scarico è attiva se il serbatoio è pieno (A=1 e B =1 ) e il suo comando di azionamento è ON; il suo comando di azionamento e OFF se il livello del liquido è sceso al disotto del sensore B (B = 0 superiore) e rimane al di sopra del sensore A (A=1 inferiore) La pompa deve essere accesa se A = 0 e B = 0 - (serbatoio completamente vuoto) OPPURE deve essere mantenuta accesa anche quando è già in funzione ed il livello del liquido è compreso fra A e B (A = 1 e B = 0); PROGETTO DI UN CIRCUITO DI GATING Supponiamo di voler realizzare un circuito logico che consenta il trasferimento dei dati in ingresso sull'uscita solo quando uno (ma non entrambi) di due segnali di ingresso di controllo è a livello H; in caso contrario, l'uscita deve rimanere fissa a livello Diagrammi temporali (cronogrammi: gating) Per studiare il comportamento dinamico di una porta si usano dei grafici, detti diagrammi temporali (o cronogrammi), nei quali il tempo è rappresentato in ascisse, mentre in ordinate sono rappresentati i valori assunti dagli ingressi e dalle uscite della porta. Mappe di Karnaugh Un metodo standard per la ricerca automatica dell'espressione AND-OR minima di una tabella di verità è quello delle mappe di Karnaugh. Per ottenere un’espressione minima • Non si deve scegliere un cubo le cui caselle sono coperte da un cubo di dimensione maggiore • Se esistono più modi di coprire gli 1, bisogna scegliere la copertura con i cubi di massima dimensione • Non si devono scegliere cubi che coprono solo 1 di funzioni già coperti da un insieme di altri cubi già scelti Nei raggruppamenti si considerano le variabili che non mutano lo stato logico Famiglie logiche Una famiglia logica (logic family) è un gruppo diintegrati digitali realizzati con le stesse tecnologie e compatibili elettricamente fra loro. In pratica tutti i componenti appartenenti alla stessa famiglia logica possono essere collegati l'uno con l'altro essendo compatibili fra loro (TTL CMOS) Integrati three-state In elettronica digitale, un circuito logico si dice three state quando la sua uscita può trovarsi in un terzo stato detto di alta impedenza (spesso indicato con il simbolo Z) oltre ai due normali livelli logici L e H. Quando si trova in uno stato di alta impedenza, l'uscita si comporta come se fosse elettricamente disconessa dal resto del circuito. In altre parole sull'uscita non è presente un valore di tensione preciso, ma la tensione dipende dal circuito al quale l'uscita stessa è collegata. Quando C=L il componente viene disabilitato e l'uscita si porta nello stato di alta impedenza(indicato dal simbolo Z in tabella). Quando C=H l'uscita U uguale all'ingresso A. Quando invece C=L 'uscita si porta in uno stato ad alta impedenza. Lo stato Z non corrisponde a un livello logico, ma significa che l’uscita si comporta come se fosse scollegata elettricamente dal componente. Si hanno integrati three-state sia nella famiglia TTL che in quella CMOS. Uscita open collector Alcuni integrati TTL e CMOS presentano uscite OPEN COLLECTOR in cui il segnale di uscita e collegato direttamente al collettore di un BJT che viene lasciato aperto senza alcuna tensione di alimentazione Per poter funzionare l’uscita OPEN COLLECTOR si deve completare con un collegamento ad una resistenza esterna di PULL-UP alla VccL'uscita open-collector presenta il vantaggio che può essere collegata a una tensione Vcc di valore anche diverso rispetto all'alimentazione dell'integrato. In tale modo, per esempio, con un integrato TTL alimentato a 5V è possibile fornire un livello di uscita H differente, es. 10 V. Con questo espediente è possibile anche collegare fra loro integrati di famiglie logiche diverse, che richiedono diversi livelli di tensione. Un altro vantaggio delle uscite open-collector è la possibilità di collegare insieme le uscite di più integrati, realizzando un cosiddetto OR cablato (wired OR). In pratica l'integrato che fornisce un livello H comanda il valore presente sull'uscita comune, mentre il livello logico presente sull'altro è indifferente. Resistenze di Pull-Up e di pull down Per quella di pull-down il calcolo sarà relativo alla tensione VIL. In pratica si può considerare la regola empirica, ma corretta, di utilizzare un pull-up pari a 1/10 della Rinput Calcolo valore resistenza di pull-up /pull dowmn Il calcolo del valore della resistenza di pull-up dipende:, dalla famiglia logica considerata (TTL o CMOS), dai livelli logici alto e basso intensione e in corrente, dal valore della tensione Vcc; e dalla corrente assorbita dal carico. La resistenza del pull-up può essere valutata approssimativamente con la formula RPU < [Vcc (min) - Vih min] / Ii dove -Ii è la corrente di ingresso che il pin assorbe a livello alto. I rimanenti parametri si rilevano dal foglio dati del componente. Circuiti combinatori Nei circuiti logici combinatori le uscite sono funzione unicamente degli ingressi allo stesso istante di tempo. Addizionatore completo (full adder) a due bit Dovendo progettare un addizionatore a una sola cifra (half adder senza riporto) si dovrà realizzare un circuito che effettua la somma fra due bit ( A e B) corrispondenti a due numeri binari. • Nell’Addizionatore completo (full adder) a due bit si deve considerare riporto dalla cifra precedente (Ci = carry). • In uscita l'addizionatore deve produrre un bit di somma S e un riporto in uscita Co. • La tabella di verità seguente chiarisce il funzionamento del circuito: Somma di numeri binari a più cifre Collegando fra loro in cascata (cioè con le uscite dell'uno collegate con gli ingressi dell'altro) più addizionatori a una sola cifra, è possibile realizzare un addizionatore binario a più cifre. è possibile realizzare un addizionatore a 4 bit collegando fra loro 4 blocchi in questo modo: Si noti che il riporto C0 adder (quello che deve sommare i due bit meno significativi del numero binario) è collegato a massa in modo da fornire in ingresso un valore binario zero (fisso). in ingresso al primo full Full adder integratiI full adder sono anche disponibili sotto forma di circuitI integrato. La figura seguente mostra come esempio la piedinatura di un 4008, full adder integrato a 4 bit della famiglia logica CMOS I piedini A0... A3 e B0... B3 servono per inserire le cifre binarie dei due numeri da sommare (la cifra 0 è quella meno significativa). I piedini di uscita S0 e S3 forniscono i bit della somma. Il piedino CARRY IN serve per un eventuale riporto in ingresso, mentre CARRY OUT serve per segnalare un eventuale riporto in uscita: questi due piedini sono molto utili per collegare in cascata due o più integrati 4008 in modo da realizzare facilmente un sommatore a 8 (o più) bit. Sommatore a 8 bit Codificatori(encoder) Un codificatore (o encoder) è un circuito digitale combinatorio dotato di 2n bsegnali di ingresso e di n segnali di uscita. L'attivazione di una delle linee di ingresso produce in uscita il codice corrispondente. Facciamo un esempio considerando un encoder con 8 ingressi e 3 uscite (si parla a 3): Gli ingressi sono numerati da 0 a 7 essendo l'ingresso I0 quello a priorità inferiore e l'ingresso I1 quello a priorità maggiore Se viene attivato l'ingresso I6 (ponendo su tale linea un valore H e lasciando a L tutti gli altri ingressi), l'uscita produrrà il codice binario corrispondente al numero 6, cioè A2=H, A1=H, A0=L ovvero 110. IL problema di questo semplice encoder è che non è in grado di distinguere fra l'attivazione di D0 e l'assenza di ingressi attivati, poiché entrambi i casi producono il medesimo codice 000 in uscita). Codificatori a priorità (priority encoder) Normalmente gli encoder vengono realizzati a priorità (priority encoder), cioè stabilendo un ordine di priorità negli ingressi: se è attivo un qualsiasi ingresso, tutti gli altri ingressi con priorità inferiore non contano nulla. Per esempio, se si attivano contemporaneamente gli ingressi 6, 5 e 2, l'uscita sarà il valore 110, corrispondente all'ingresso di priorità maggiore (il 6). Tenendo conto della priorità, la tabella di verità è la seguente: Il simbolo X in tabella significa indifferenza. In pratica la X sta per qualsiasi valore (0 oppure 1) dell'ingresso corrispondente. L'uso del simbolo di indifferenza è solo un modo pratico per "compattare" la scrittura di una tabella di verità complessa. Infatti per esempio la terza riga: 0 0 0 0 0 1 X X Indica quattro combinazioni diverse precisamente 00000100 00000101 00000110 00000111 esempio di encoder integrato: 74148 della famiglia TTL A proposito di questa piedinatura osserviamo che su tutti i segnali di ingresso e di uscita del circuito è indicato il simbolo della negazione (il "pallino"). Tale simbolo sta a indicare che il segnale corrispondente è attivo basso (active low), cioè in pratica funziona in logica negativa. Per esempio per attivare l'ingresso 3 bisogna mettere un livello L sul piedino 3 e un livello H su tutti gli altri ingressi. Questa situazione è abbastanza comune nei circuiti integrati e viene spesso indicata anche con una linea sopra il nome del corrispondente segnale (es. EO). Molti integrati digitali usano ingressi e uscite attivi bassi, sostanzialmente perché in questo modo viene garantita una migliore immunità al rumore (se un ingresso è inattivo, cioè nello stato H, è più difficile che un rumore o un glitch di tensione lo renda per errore attivo portandolo allo stato L; Viceversa, usando una logica positiva, un ingresso non attivo, in stato L, potrebbe diventare H a causa di fluttuazioni nelle tensioni). Un'altra possibile ragione è legata al fatto che in alcune famiglie logiche (es. TTL) gli ingressi non collegati si portano automaticamente a uno stato H (a causa della realizzazione circuitale interna). Pertanto, se si usano ingressi attivi bassi, eventuali ingressi non collegati si porterebbero in uno stato di disattivazione, evitando in tale modo la possibilità che un ingresso lasciato scollegato si attivi erroneamente Notiamo inoltre la presenza di alcuni segnali aggiuntivi col seguente significato: l'ingresso EI serve per abilitare il funzionamento dell'integrato: se è disabilitato (EI = H), tutte le uscite vengono disabilitate (cioè si portano a livello H... ci si ricordi della logica negativa!). In pratica per far funzionare correttamente l'integrato a livello L (ad esempio collegandolo a massa). l'ingresso EI dev'essere mantenuto Le linee EI, EO e GS vengono spesso usate per espandere l'encoder collegando due o più integrati fra di loro. La figura mostra come sia possibile usare due 74148 collegati insieme per realizzare un encoder :16 a 4 Encoder BCD In commercio sono anche disponibili encoder con 4 uscite e 10 ingressi, detti encoder BCD (BCD =binary Coded Decimal). Questi dispositivi non sfruttano tutte le 24 = 16 combinazioni possibili delle uscite, ma sono particolarmente utili per la codifica in binario di una singola cifra decimale (da0 a 9). Un encoder BCD potrebbe per esempio essere usato per far associare un codice alla pressione di un tasto su un tastierino numerico a dieci tasti. La figura mostra la tabella di verità e la piedinatura di un encoder BCD integrato 74LS147: Decodificatori (decoder) Il decodificatore (o decoder) riceve in ingresso un codice binario su n bit l'uscita corrispondente (fra 2n uscite). La figura seguente mostra la tabella di la realizzazione circuitale di un semplice decoder a 2 ingressi e 4 uscite): piedinatura del 74138, decoder integrato 3 ingressi e 8 uscite Gli ingressi sono A, B, C. Le linee di uscita sono Y0,...,Y7 (tutte attive basse). La tabella di verità completa è la seguente (le X indicano condizioni indifferenti): Gli ingressi G1, G2A e G2B sono ingressi che permettono di abilitare o disabilitare il funzionamento dell'integrato. Essi sono usati per collegare fra loro più decoder ed espandere in questo modo il numero di ingressi e di uscite. e attiva verità e Decodificatori BCD I decodificatori BCD (detti anche BCD to decimal decoder) ricevono in ingresso un codice binario a 4 bit e attivano una fra 10 uscite (corrispondenti ai codici in ingresso da 0000 a 1001). La figura seguente mostra la piedinatura e la tabella di verità di un 74442: Si noti che le uscite sono attive basse e che le combinazioni di ingressi superiori a 1001 (corrispondente a 9 in decimale) non attivano nessuna uscita (non sono utilizzate). collegamento di due decoder 3 a 8 per realizzare un decoder 4 a 16: I decoder si possono usare per realizzare funzioni logiche espresse mediante tabelle di verità con l’aggiunta di una porta OR avente come ingressi le uscite del decoder a livello alto. Il display a sette segmenti è un dispositivo elettronico in grado di visualizzare le 10 cifre numeriche, e in alcuni casi alcune lettere alfabetiche e simboli grafici, attraverso l'accensione di combinazioni di sette segmenti luminosi. I display a sette segmenti sono molto utilizzati in alcuni orologi, in strumenti di misura, nei sistemi di prenotazione usati negli uffici pubblici e in molti altri apparecchi elettronici per mostrare informazioni numeriche. Tipicamente i display a 7 segmenti sono realizzati utilizzando 7 diodi LED disposti in modo da formare una figura simile a un otto. Possono essere inoltre presenti alcuni LED aggiuntivi con la funzione di punto decimale, posizionati a sinistra o a destra del gruppo di segmenti. Ogni LED è specificato mediante una lettera da A a F come indicato in figura Esistono due versioni di display a 7 segmento, che differiscono solo dal verso di polarizzazione dei LED: a catodo comune: tutti i catodi dei LED sono collegati ad un pin, il quale deve essere collegato alla massa del circuito, i LED vengono accesi se il loro anodo viene collegato all'1 logico (tensione); ad anodo comune: al pin comune sono riuniti tutti gli anodi, e questo va collegato all'1 logico; pertanto i LED si accendono se il loro catodo viene collegato allo 0 logico Normalmente i display a 7 segmenti non vengono pilotati direttamente da un circuito logico, ma si usano i cosiddetti decodificatori BCD 7 segmenti (BCD to 7 segments decoder/driver). Si tratta di integrati che ricevono in ingresso un codice binario a 4 bit e sono in grado di pilotare in uscita un display a 7 segmenti. Il termine decodificatore in questo caso è improprio (sebbene largamente usato) perché questi dispositivi dovrebbero essere piuttosto detti convertitori di codici. Spesso questi dispositivi vengono anche detti decoder/driver in quanto, oltre ad effettuare la conversione di codice, forniscono anche la corrente necessaria (talvolta piuttosto elevata) per pilotare il display. La figura seguente mostra l'utilizzo di un 4511 per il pilotaggio di un display a 7 segmenti a catodo comune Multiplexer (MUX) Il multiplexer (spesso abbreviato in MUX) è un circuito digitale combinatorio in grado di selezionare una fra 2n linee di ingresso (linee dati) e di collegare tale linea selezionata su un'unica uscita. A tale scopo in generale un MUX possiede, oltre a 2n ingressi di dato, anche n ingressi di selezione. La figura seguente mostra lo schema di un principio di un MUX con 4 ingressi di dato e 2 ingressi di selezione: Si noti come è stata scritta la colonna dell'uscita U. Se per esempio sugli ingressi di selezione ho 10, vuol dire che è stato selezionato il terzo ingresso dati e dunque U = C. Un MUX può essere facilmente realizzato a partire da un decoder, come mostra lo schema seguente: La figura seguente mostra la piedinatura di un MUX integrato 7451 (si noti che l'uscita è fornita sia diretta che negata): I MUX possono anche essere usati per realizzare funzioni logiche espresse mediante tabelle di verità. Per una tabella di verità con 3 ingressi occorre per esempio un MUX da 8 a 3. Per sintetizzare la tabella di verità basta collegare a 0 oppure a 1 gli ingressi corrispondenti alle diverse righe della tabella. Supponiamo ad esempio di voler realizzare la seguente tabella di verità: demultiplexer Il demultiplexer e un circuito combinatorio che realizza le funzioni opposte al multiplexer. In pratica esso presenta una sola linea di ingresso dati e n linee di selezione: a seconda del codice impostato sulle linee di selezione, l’ingresso dati viene inviato a 1 fra 2^n linee di uscita Non esistono in commercio integrati che realizzano le funzioni del DEMUX, poiché è possibile usare decoder funzionanti come demultiplexer). A tale scopo si usa uno degli ingressi di abilitazione del decoder come ingresso dati del DEMUX. 74138 come DEMUX e DECODER L'unità aritmetico-logica ALU) è un circuito combinatorio realizzato con porte logiche elementari, sommatori, sottrattori multiplexer decoder, ecc.. in grado di eseguire operazioni matematiche sui dati binari Il simbolo circuitale che rappresenta l’esempio è il seguente: Le ALU non sono piu in produzione in quanto sono integrate nella CPU CIRCUITI SEQUENZIALI Latch set- reset Consideriamo il seguente circuito, formato da due porte NOR (o da due NAND) Che presenta le seguenti condizioni: Combinazione SR=00. Essa è nota come combinazione di riposo poiché l’uscita conserva lo stato precedente (Qn+1=Qn). La combinazione degli ingressi S=0 e R=0 non produce nessuna incertezza nello stato delle uscite. Le uscite semplicemente conservano il valore precedente (tale risultato è dovuto alla presenza della retroazione che, in un certo senso, "blocca" il valore degli ingressi delle porte NOR conservando quindi i valori delle uscite). Inoltre con (S=0 e R=0) le uscite conservano lo stato precedente, ovvero mantengono i valori che avevano prima. In un certo senso il latch SR è un dispositivo di memoria elementare, in grado di memorizzare un singolo bit di informazione (si tratta di un solo bit, anche se le uscite sono due, Combinazione SR=01. Ponendo R=1, l’uscita Q si porta dallo stato precedente, l’ azione effettuata sara’ quella di reset. Combinazione SR=10. Ponendo S=1, l’uscita Q si porta dallo stato precedente, l’ azione effettuata sara’ quella di set. a 0 indipendentemente a 1 indipendentemente Combinazione SR=11. Tale combinazione va evitata poiché da un punto di vista logico è una incongruenza: infatti non ha senso comandare il latch per memorizzare lo 0 (R=1) oppure l’1 (S=1). Con porte Nand Questo tipo di circuito funziona in logica invertita ovvero in logica negativa: per attivare un ingresso (per esempio S) bisogna fornire un valore basso (cioè 0 nella nostra tabella); per disattivarlo bisogna invece fornire un valore alto. Il simbolo di negazione rappresentato dal "pallino" sugli ingressi indica che funzionano in logica negativa. Il latch set-reset integrato: 74118 Si noti che, per risparmiare reset è unico per tutti i latch sul numero di piedini, l'ingresso di Circuito anti-rimbalzo Il latch SR viene utilizzato per risolvere un problema legato alle commutazione effettuate tramite interruttori, pulsanti, commutatori meccanici. Il problema nasce dal fatto che in questi apparecchi l’ elemento mobile che deve realizzare il contatto, quando viene spostato da una posizione all’ altra, rimbalza o vibra piu’ volte prima di stabilizzarsi. Il circuito che risolve questo problema e il latch SR che elimina i rimbalzi di commutazione degli interruttori Le due resistenze R sono resistenze di pull-down necessarie per essere sicuri che, quando i pulsanti non sono premuti, sugli ingressi sia presente un livello basso (zero logico).Il latch SR elimina i rimbalzi in quanto la commutazione dell’uscita avviene sulla prima chiusura; in pratica sul primo rimbalzo dell'interruttore. A quel punto, grazie alle funzioni di memoria del latch, lo stato dell'uscita rimane memorizzato (stabile) e non cambia anche in presenza di rimbalzi dell'ingresso. I rimbalzi non creano problemi se si comanda un circuito lento con l'interruttore (come ad esempio una lampadina), mentre possono essere molto dannosi nel caso di circuiti logici, in quanto i rimbalzi dell'interruttore potrebbero essere erroneamente interpretati dal circuito come stati logici alti e bassi validi. Latch SR con abilitazione In molti casi è necessario utilizzare schiere di latch insieme per memorizzare più Normalmente si desidera che tali bit vengano memorizzati tutti contemporaneamente. Ciò può essere fatto aggiungendo un segnale di sincronizzazione al latch SR bit. Il latch D ha un funzionamento è molto semplice in quanto acquisisce il valore quando è abilitato e lo mantiene quando è disabilitato In pratica il latch D costituisce l'elemento più semplice di un dispositivo di memorizzazione, poiché consente di memorizzare un singolo bit. La figura mostra la piedinatura di un 7475, che è un integrato della serie TTL contenente quattro latch D. L'ingresso di abilitazione è denominato G (sta per gating) ed è collegato a una coppia di latch contemporaneamente (per ridurre i piedini necessari): Un'applicazione del latch D4 Si consideri lo schema seguente che usa un encoder BCD collegato con un tastierino numerico con le cifre da 0 a 9. Alla pressione di un tasto viene generato il codice binario corrispondente (da 0000 a 1001) e tale codice viene memorizzato in 4 latch D. I latch vengono abilitati usando una porta OR che ha in ingresso tutte le 9 linee dei tasti (cioè i latch sono abilitati non appena viene premuto qualsiasi tasto). Quando il tasto viene rilasciato, i latch vengono disabilitati e il codice del tasto rimane memorizzato IL circuito presenta un potenziale problema di funzionamento in quanto l’abilitazione del latch D viene fornita dalla pressione di un tasto attraverso la porta OR.Quando il tasto viene rilasciato, l'abilitazione viene tolta e il dato dovrebbe rimanere memorizzato nei latch. Il problema è che, contemporaneamente quando viene rilasciato il tasto, cambia anche l'ingresso dell'encoder e dunque cambia anche il valore presente sugli ingressi D dei latch. Se il valore fornito dall'encoder si modifica prima che venga tolta l'abilitazione, il dato memorizzato non è più valido. E questo dipende dai ritardi di propagazione della porta OR e dell'encoder del segnale Se il ritardo dell'OR è minore di quello dell'encoder, l'enable viene disattivato prima che "scompaia" il dato da memorizzare e la memorizzazione avviene dunque correttamente; viceversa se l'encoder è più veloce dell'OR, il dato memorizzato sui latch potrebbe non essere corretto. Dato che l'encoder è internamente realizzato con un circuito logico comprendente più porte, è probabile che esso sia più lento della porta OR e che dunque la memorizzazione in questo esempio avvenga correttamente. Ritardo di propagazione Si dice ritardo di propagazione (propagation delay) di un circuito logico il tempo che passa fra la commutazione di un ingresso e la corrispondente commutazione dell'uscita. La figura seguente mostra il ritardo di propagazione in una porta NOT: In teoria il ritardo di propagazione dovrebbe essere zero, ma ovviamente così non è, anche se per una singola porta logica i valori sono piuttosto piccoli Un latch D modificato per ridurre la durata dell'intervallo di sincronizzazione Consideriamo il seguente circuito ottenuto modificando un latch D: A causa della presenza della porta NOT sembrerebbe che l'ingresso E del latch non possa mai essere abilitato (livello H): infatti i due ingressi dell'AND non possono essere contemporaneamente a livello H. Come si può notare il segnale di abilitazione E che giunge al latch D ha una durata brevissima, pari in pratica al ritardo di propagazione della porta NOT. Di conseguenza l'intervallo di memorizzazione del latch risulta brevissimo e può sincronizzare con grande precisione. Flip flop set reset Anche il latch SR si può trasformare in un flip flop SR sincronizzato Flip flop JK :Anche il latch SR si può trasformare in un flip flop JK sincronizzato A titolo di esempio mostriamo la piedinatura del 7473, un integrato TTL contenente due ff JK pilotati sul fronte di discesa del clock (si noti l'ingresso asincrono di clear): Flip flop T (toggle) Il flip flop T (toggle) può essere facilmente ottenuto dal ff JK collegando insieme i due ingressi in quanto non è disponibile come circuito integrato Questo flip flop presenta solo due modi di funzionamento: 1. se T=0 il flip flop memorizza lo stato precedente; 2. se T=1 lo stato del flip flip commuta cambiando valore (toggle). Flip flop D pilotato sul fronte di salita IL flip flop D pilotato sul fronte di salita (positive edge triggered D flip flop) e ha il seguente simbolo e tabella di verità: L'ingresso CK è detto clock e il simbolo ↑ sta a indicare un fronte di salita del clock, cioè una commutazione del clock da livello basso L a livello alto H. La tabella di verità dice che il flip flop D memorizza il dato presente sull'ingresso D in corrispondenza del fronte di salita del segnale di clock. Sostituendo la porta AND con una porta NOR si può realizzare un flip flop D pilotato sul fronte di discesa del clock (negative edge triggered D flip flop) Il segnale di clock Il segnale di clock è estremamente importante all'interno di un circuito logico, in quanto consente di sincronizzare fra loro dispositivi logici diversi. Assomiglia al segnale di abilitazione (enable) al quale in un certo senso deriva, ma rispetto a questo consente una sincronizzazione precisa sui fronti (di salita o di discesa), mentre l'abilitazione è attiva per tutta la durata del segnale. Inoltre mentre in un circuito solitamente i segnali di abilitazione sono locali (cioè si riferiscono a pochi integrati collegati fra loro), il clock è un segnale globale, collegato a tutti i dispositivi che devono essere sincronizzati fra loro. La frequenza del segnale di clock è molto importante per valutare le prestazioni di un sistema digitale (per esempio un calcolatore) in quanto da essa dipende la velocità del sistema stesso (frequenza maggiori corrispondono a velocità più elevate). Tastierino numerico con flip flop D Consideriamo di nuovo il circuito di memorizzazione dei codici prodotti da un tastierino numerico, usando però stavolta una serie di flip flop D per la memorizzazione dei codici: Si noti la presenza di due ingressi aggiuntivi, attivi a livello basso, detti preset (PR) e clear (CLR). Si tratta di due ingressi asincroni, cioè il cui effetto è immediato e non è legato al segnale di clock. In particolare, preset manda a livello H l'uscita Q del flip flop, mentre l'ingresso CL resetta (manda a livello L) l'uscita. In questo modo i problemi di sincronizzazione sono stati risolti in quanto la memorizzazione del dato nei fllip flop avviene in corrispondenza del fronte di salita del clock quando un tasto viene premuto. Quando il tasto viene rilasciato invece (fronte di discesa) il dato è ormai memorizzato nei flip flop non viene più modificato. flip flop set-reset master-slave Si consideri il seguente circuito: Esso è realizzato per mezzo di due latch set-reset collegati in cascata, cioè con le uscite del primo latch collegate agli ingressi del secondo latch. Il primo latch (quello più a sinistra) è detto master, mentre il secondo è detto slave. IL segnale di abilitazione E (enable) arriva direttamente al latch master, mentre giunge allo slave dopo essere stato invertito dalla porta NOT. Ciò significa che il master e lo slave non sono mai contemporaneamente abilitati. Registri In elettronica digitale si definisce registro (register) un dispositivo in grado di memorizzare un gruppo di più bit. Nella sua forma più semplice un registro può essere realizzato mettendo insieme un gruppo di flip flop (o più raramente di latch) sincronizzati mediante un ingresso di clock (o di enable) in comune. Su di un registro si possono effettuare in generale operazioni di caricamento, load, scrittura, write, e di memorizzazione ,mantenimento dei dati binari, La figura seguente mostra la piedinatura di un 74273, registro a 8 bit in cui il caricamento dei dati avviene semplicemente fornendo i valori binari sugli ingressi 1D, 2D,..., 8D e inviando un fronte di salita del clock. I dati memorizzati nei flip flop sono immediatamente disponibili sulle uscite 1Q, 2Q,..., 8Q. Registro parallelo (PIPO) Un registro parallelo (detto anche PIPO = Parallel Input Parallel Output) è un registro in cui la scrittura e la lettura dei dati avvengono contemporaneamente per tutti i bit del registro. Per esempio l'integrato 74273 esaminato nella precedente lezione è un semplice registro PIPO. Nel circuito sono presenti 4 flip flip D per la memorizzazione del dato e diverse porte AND usate in modo gating Registro seriale (SISO) Un registro seriale (detto anche SISO = Serial Input Serial Output o Shift Register) è un registro in cui la scrittura e la lettura dei dati avvengono in modo seriale, cioè un bit alla volta. Dopo 4 fronti di salita il primo bit inserito sarà disponibile sull'uscita SO (serial output, coincidente con l'uscita Q3 dell'ultimo flip flip). Occorreranno quindi altre 3 fronti del clock perché tutti e 4 i bit memorizzati "escano" dal registro. La lettura, come si può notare, è in questo caso distruttiva. Per scrivere il dato nel registro (4 bit) occorre abilitare il CLOCK con CKI = H (clock inibit) e quindi fornire i 4 bit uno alla volta sull'ingresso SI. I bit verranno memorizzati nei 4 ff ad ogni fronte di salita del clock. Si osservi che i bit scorrono (da cui il nome di registro a scorrimento o shift register) da sinistra a destra ad ogni fronte del clock. Ritardo di propagazione e tempo di hold Si noti che, affinché il circuito funzioni correttamente, occorre che all'arrivo del fronte del clock il flop flop successivo abbia il tempo di memorizzare il valore in uscita dal flip flop precedente prima che quest'ultimo cambi a sua volta. Ritardo di propagazione del flip flop, E 'il tempo che passa dalla commutazione del segnale di ingresso alla corrispondente commutazione del segnale di uscita. Tempo di hold del flip flop., E' il tempo minimo in cui l'ingresso del flip flop deve rimanere stabile dopo il fronte del clock affinché la lettura del flip flop sia corretta. Nei circuiti digitali reali i tempi di propagazione sono sempre maggiori dei tempi di hold, in modo da garantire che, all'arrivo del fronte del clock, la lettura dei dati avvenga correttamente. SISO con lettura non distruttiva La struttura che segue consente una lettura non distruttiva dei dati: La struttura costituta dalla porta OR e dalle due porte AND realizza un semplice mux a due vie ove SE (serial enable) è l'ingresso di selezione. Se SE=L l'ingresso seriale SI è disabilitato, mentre viene abilitato il ricircolo dell'uscita SO. In questo modo ad ogni fronte del clock i dati in uscita vengono nuovamente copiati in ingresso al registro e la lettura non è distruttiva. SIPO E possibile realizzare registri con ingressi seriali e uscita parallela Lo schema è sostanzialmente identico a quello del registro SISO in Cui si utilizzano le uscite dei singoli FF rimaste inutilizzate nel FF SISO PISO (parallel input serial output); Una possibile realizzazione di un registro PISO, cioè ingresso parallelo e uscita seriale: con Quando LOAD=H il dato viene caricato dagli ingressi paralleli D0, D1 e D2. Quando LOAD=L il dato circola nello shift register da sinistra a destra in sincronia col clock. invece 74194: un registro universale Fra i numerosi registri integrati disponibili circuitalmente, è particolarmente interessante il 74194, detto registro universale in quanto può essere usato come PIPO, SISO, PISO o SIPO e facendo scorrere i bit verso destra o verso sinistra. Si tratta di un registro a 4 bit. La piedinatura del componente è la seguente: Gli ingressi A, B, C e D sono gli ingressi paralleli. SHIFT RIGHT SERIAL INPUT, come suggerisce il nome, è l'ingresso seriale per lo scorrimento verso destra. Analogamente SHIFT LEFT SERIAL INPUT è l'ingresso seriale per lo scorrimento verso sinistra. QA, QB, QC e QD sono le uscite parallele. QA funge anche da uscita seriale per lo scorrimento verso sinistra e QD è anche l'uscita seriale per lo scorrimento verso destra. CLEAR è un ingresso asincrono che permette di resettare tutti i bit del registro. Gli ingressi SO e S1 sono due ingressi di selezione che consentono di selezionare il funzionamento dell'integrato, in base alla seguente tabella di verità: Applicazioni dei registri seriali Un primo semplice vantaggio dei registri seriali rispetto ai registri paralleli è il risparmio nel numero di piedini necessario. Si consideri per esempio il 4557B, un integrato della famiglia CMOS contenente uno shift register a 64 bit: Questo integrato ha solo 16 piedini, mentre per memorizzare 64 bit con una configurazione PIPO occorrerebbero 64 pin di input e 64 pin di output! Un'altra applicazione dei registri seriali consiste nella realizzazione di linee di ritardo, cioè di circuiti in grado di ritardare la trasmissione di un dato segnale digitale. Usando un SISO a n bit infatti il segnale di ingresso viene trasferito in uscita solo dopo n fronti di clock, realizzando in tale modo un ritardo. Trasmissione seriale Per collegare il computer con la stampante occorrono dunque 8 linee di dato (una per ogni bit da trasmettere) più una linea per la massa (necessaria per il corretto riconoscimento dei livelli di tensione), cioè un totale di 8+1=9 collegamenti. Questo tipo di trasmissione, effettuata inviando tutti i bit contemporaneamente, viene detta parallela. Una possibilità alternativa più semplice consiste nel convertire i dati dal formato parallelo al formato seriale mediante un registro PISO all'interno del computer e quindi riconvertire i dati in formato parallelo con un SIPO nella stampante. Contatore digitale (asincroni) IL contatore (counter) è un dispositivo in grado di contare il numero di impulsi di clock, fornendo in uscita una sequenza di valori numerici binari corrispondenti agli impulsi contati. Si hanno contatori in avanti e contatori in indietro, in entrambi i casi alla fine del conteggio ricominceranno da capo Per esempio un contatore a incremento a 3 bit produrrà in uscita la sequenza: 000 → 001 → 010 → 011 → 100 → 101 → 110 → 111 → 000 → 001 → 010 Si dice modulo del contatore il numero di combinazioni binarie (dette anche stati logici) prodotte in uscita. Il contatore a 3 bit dell'esempio precedente ha modulo 8, in quanto produce in uscita 8 diverse combinazioni binarie (da 000 a 111). In generale in un contatore binario il modulo M è legato al numero di bit n dalla formula: M = 2n A titolo di esempio la figura seguente mostra un circuito realizzato con l'integrato 4040B della serie CMOS, in cui il contatore produce l'accensione di 12 LED secondo la sequenza binaria di conteggio: Contatore binario/divisore di frequenza Consideriamo lo schema seguente, realizzato con tre ff T Si osservi che l'ingresso T di tutti i ff è a 1: dunque tutti i ff si trovano in modalità commutazione (toggle). Si noti inoltre che il primo ff riceve il clock, mentre i ff successivi usano come clock l'uscita Q del ff precedente. Infine tutti i ff sono pilotati sul fronte di discesa del clock. il circuito che è un Q0 =f t/2 Q1 = Fq0/2 =Ft/4 Q2 = Fq1/2= Ft/8 contatore di modulo 8 è anche detto divisore di frequenza in quanto Modulo 32 --- 5 flip flop Contatore binario a decremento Lo schema precedente realizza un contatore a incremento (o in avanti o up) . Per fare un contatore a decremento (all'indietro o down) ci sono due possibili soluzioni circuitali. La prima prevede l'uso di flip flop T che commutano sul fronte di salita del clock: Un'altra realizzazione circuitale consiste nel prelevare le uscite del contatore usando le uscite Q dei singoli flip flop, come mostrato in figura: Contatore decimale (BCD/di modulo qualsiasi) Un contatore molto utile è quello decimale (o modulo 10 o BCD), il quale conta da 0000 (zero in base dieci) fino a 1001 (nove in base dieci). Esso può essere realizzato usando 4 flip flop nel seguente modo: Si osservi l’’uso dell’ingresso asincrono di cleat (CLR) attivo sul livello basso e della porta NAND. In assenza del NAND il contatore sarebbe un normale contatore in avanti modulo 16 (da 0000 a 1111). La porta NAND fornisce un impulso di clear quando (CLR=L) quando Q1=H e Q3=H. Tale condizione si verifica quando nella sequenza di conteggio compare la combinazione HLHL corrispondente a 1010 cioè al numero dieci in decimale. Glitch In realtà l'impulso di clear non ha durata zero. La sua durata effettiva dipende dai ritardi di propagazione dei flip flop e della porta NAND ed è comunque molto piccola. Nella figura seguente è mostrata una porzione ingrandita del diagramma temporale, in cui viene messo in evidenza l'impulso di azzeramento in corrispondenza della combinazione 1010: Si osservi il piccolo impulso spurio presente sull’uscita Q1 Tale breve impulso (detto glitch) non dovrebbe in teoria essere presente sulle uscite del contatore e corrisponde alla combinazione di reset 1010. La presenza di glitch in un circuito elettronico è in alcuni casi trascurabile, mentre in altri può dare luogo a malfunzionamenti. Se il contatore è collegato a un dispositivo "veloce", legge la sequenza spuria prima che essa scompaia dalle uscite. Limiti dei contatori asincroni I contatori studiati finora sono detti asincroni. Il nome deriva dal fatto che i diversi ff che costituiscono il contatore non commutano tutti contemporaneamente, in perfetta sincronia con il fronte del clock. Infatti il clock arriva direttamente al primo ff (corrispondente al bit meno significativo), mentre i ff successivi prendono ciascuno il clock dal ff precedente. Ciò significa che ogni ff commuterà un po' dopo rispetto al ff precedent La figura mostra un diagramma temporale di un contatore modulo 8 in cui sono stati messi in evidenza i tempi di propagazione Si noti l'effetto cumulativo del ritardo di propagazione: l'ultimo flip flop commuta in generale dopo un tempo pari a n x Tp, dove n è il numero di bit e Tp è il ritardo di propagazione di un singolo flip flop. Se il numero dei flip flop collegati in cascata aumenta tale tempo di ritardo cresce di conseguenza. Ciò può creare dei problemi, in particolare quando la frequenza f del segnale di clock è elevata, ovvero quando il suo periodo T=1/f è piccolo. Infatti potrebbe accadere che il primo ff della serie commuti prima che l'ultimo abbia fatto in tempo a sua volta a commutare. Il problema si verifica se il periodo del clock è più breve della somma dei ritardi e cioè se: TCLK < n x Tp In tali condizioni il funzionamento del contatore asincrono non è più garantito, in quanto le combinazioni binarie presenti in uscita potrebbero non essere più corrette. Contatore sincrono modulo 2n Si consideri adesso lo schema seguente: Osserviamo che il primo flip flop T commuta sempre, ad ogni fronte di salita del clock. Il secondo flip flop commuta solo quando l'uscita del primo è a 1, mentre il terzo commuta quando le uscite dei primi due sono a 1. A differenza dei contatori asincroni, in questo caso il segnale di clock arriva contemporaneamente a tutti i flip flop, i quali commutano insieme. Questo tipo di contatore si dice appunto sincrono e risolve i problemi di ritardo che avevamo evidenziato nei contatori asincroni Per realizzare un contatore sincrono modulo 16 occorre aggiungere un ff e una porta AND. Il flip flop aggiunto deve commutare quando tutte le uscite dei flip flop precedenti sono a livello alto e dunque lo schema è il seguente: Contatore sincrono all'indietro (down) Un contatore sincrono a decremento (down) può essere realizzato molto semplicemente con gli stessi schemi precedenti, ma considerando le uscite Q negata dei singoli FF Contatore sincrono decimale (BCD) La progettazione di un contatore sincrono decimale potrebbe essere fatta partendo da un contatore modulo 16 e usando quindi gli ingressi asincroni di CLEAR per resettare i ff all'arrivo della combinazione 1010, come visto per i contatori asincroni. Questa soluzione presenta però il problema dei glitch e non è certo il modo migliore per sfruttare pienamente le potenzialità dei contatori sincroni. Una soluzione migliore consiste nel riprogettare il contatore tenendo conto del suo funzionamento e in particolare di quando devono avvenire le commutazioni. Consideriamo infatti la sequenza di conteggio da 0000 a 1010 Contatori sincroni: modulo libero: con modulo diverso da 2n: Modulo: 6; Codifica Binaria Naturale; Tabella delle transizioni e delle Bistabile utilizzato: T eccitazioni per M= 6 Nota: le equazioni derivano dalla sintesi delle tre funzioni combinatorie T0, T1 e T2 realizzate con la mappa di Karnaught T2=Q1*Q0 + Q2*Q0 T1=Q2’*Q0 T0=1 Modulo: 10; Codice: A numero minimo bit; Codifica: Binaria Naturale (Contatore BCD o Decadico); Bistabile utilizzato: T Per aumentare la capacita di conteggio contatori in cascata dei contatori in cascata si possono collegare piu Il contatore più a destra (CONT0) riceve direttamente un segnale di clock con frequenza 1 Hz e periodo un secondo e serve per contare i secondi. La cifra più significativa in uscita a CONT0 è collegata col clock di CONT1, che conta le decine di secondi. Quando CONT0 si azzera (perché arrivato a fine conteggio), il contatore CONT1 riceve un impulso di clock che incrementa le decine di secondi. Allo stesso modo ogni contatore riceve il clock dal contatore precedente e dunque si incrementa ogni volta che il contatore precedente si azzera • • • • • • • • AUTOMI classificazione dei sistemi automi a stati finiti caratteristiche di un sistema sistemi a stati finiti ( automi ) modelli di rappresentazione dei sistemi a stati finiti diagramma di transizione degli stati esempi CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI SISTEMI CONTINUI Si tratta di sistemi caratterizzati da variabili continue. Esempio: Circuito elettrico ohmico - capacitivo Le variabili evolvono con continuità (Sistemi continui) e sono continuamente osservate, cioè il tempo è rappresentato da una semiretta continua (a tempo continuo). esempio: Circuito elettrico ohmico - capacitivo Le variabili sono continue (Sistemi continui), ma i loro valori non sono rilevati con continuità, bensì a intervalli di tempo (a tempo discreto). NB: Rientrano in questa classe tutti i sistemi continui controllati mediante controllori digitali. SISTEMI DISCRETI Sono sistemi caratterizzati da variabili discrete. Esempio: Circuito elettrico ‘Interrotta’ Le variabili interruttore e lampada possono assumere solo due configurazioni (alto/basso, on/off, aperto/chiuso, acceso/spento) (Sistema discreto). Le loro configurazioni sono rilevate con continuità nel tempo (a tempo continuo). esempio: Circuito elettrico ‘Interrotta’ Le variabili interruttore e lampada sono discrete (Sistema discreto). Le loro configurazioni sono rilevate a intervalli di tempo (a tempo discreto). NB: La classificazione del sistema come sistema discreto e quindi dei componenti Interruttore e Lampada come componenti discreti risponde alle necessità di chi realizza o utilizza il sistema. Ma per l’industria che costruisce gli interruttori e le lampade, questi non sono affatto componenti discreti. La transizione da uno stato all’altro non è istantanea, ma è caratterizzata da una progressione continua di cui tener conto in sede di costruzione del componente. I sistemi discreti a tempo discreto si dividono in due classi: COMBINATORI Sistemi in cui le uscite dipendono dal valore attuale degli ingressi. SEQUENZIALI Sistemi in cui le uscite dipendono dal valore attuale degli ingressi e dello stato. Esempio: Comando con pulsanti di Marcia/Arresto di un motore Sono rappresentati mediante tavole di verità I1 I2 L A A OFF A C OFF C A OFF C C ON NB: sono sistemi in cui non vi è memoria della configurazione degli ingressi negli istanti precedenti quello attuale. I sistemi discreti a tempo discreto sequenziali vengono chiamati anche SISTEMI A STATI FINITI. AUTOMA A STATI FINITI L’automa a stati finiti è un sistema digitale, con un numero finito di ingressi ed uscite digitali e con un numero finito di stati che, essendo numerabili, possono essere rappresentati con una variabile ancora digitale. Ricordiamo che: a) L’informazione associata ad una grandezza elettrica digitale non è legata al valore della tensione ma a codici numerici binari costruiti con segnali elettrici del tipo ON/OFF a) L’ingresso costituisce una sollecitazione che il sistema subisce dall’ambiente esterno c) L’uscita costituisce la risposta che il sistema dà all’ambiente esterno quando è stato sollecitato da uno o più ingressi d) Lo stato è la condizione in cui si trova il sistema in un determinato istante e alla quale è pervenuto in seguito alla sequenza di sollecitazioni subite negli istanti precedenti: questo implica un effetto “memoria” dal quale non si può prescindere. Per un sistema, essere in uno stato piuttosto che in un altro vuol dire dare risposte diverse per lo stesso ingresso. Caratteristiche di un automa Ingressi, uscite e stati l’attività di un automa si esplica come successione di azioni, secondo una gamma fissa preregistrata (automa stupido ma utile) oppure in risposta a sollecitazioni esterne (automa intelligente). Le azioni si susseguono in sequenza, il sistema evolve da una fase operativa alla successiva; pertanto l’automa è prima di tutto un sistema dinamico o sequenziale, ovvero un sistema che modifica il proprio stato con l’avanzare del tempo. Le azioni non hanno luogo con continuità bensì a scatti; dopo una breve fase di transito da uno stato al successivo, segue una fase di mantenimento di durata maggiore. Le azioni sono cioè separate da intervalli di tempo finiti, perciò l’automa è anche un sistema discreto. Nel compiere il suo ciclo di lavoro l’automa transita attraverso diverse situazioni interne, dette stati. Nel corso di un ciclo si verifica una successione di stati e il passaggio da uno stato all’altro è imposto sia dalla logica operativa intrinseca della macchina, sia da eventuali sollecitazioni esterne che condizionano il flusso operativo. Per poter descrivere il funzionamento di un automa in modo preciso e rigoroso, non è sufficiente ricorrere all’approccio descrittivo con il quale abbiamo esordito, è necessario rappresentare simbolicamente gli elementi che ne identificano il comportamento e descrivere le relazioni che li correlano. Gli elementi fondamentali sono l’insieme degli ingressi, che influenzano l’evoluzione del sistema, l’insieme degli stati, che originano le sequenze operative e l’insieme delle uscite, che sono gli elementi utili. Un insieme di elementi prende il nome di alfabeto. Gli elementi di questi insiemi vengono de finiti variabili. Per economia di scrittura, spesso ci si riferisce a un insieme di variabili con un solo simbolo, anzi ché enumerarle a una a una. I simboli compatti sono: insieme variabili di ingresso: I(t) insieme variabili di uscita: U(t) insieme variabili di stato: X(t) L’evidenziazione di ingressi e uscite non è sufficiente per rappresentare l’automa in quanto mancano gli stati e le relative transizioni A tale scopo un automa si puo cosi rappresentare: sezione di memoria: memorizza lo stato attuale; •sezione logica: prepara lo stato futuro. •sezione di temporizzazione (clock): sincronizza l’evoluzione. Per poter avanzare attraverso la sequenza dei propri stati, una macchina automatica sequenziale deve ricordare lo stato nel quale si trova (per esempio un orologio ricorda l’ora indicata) e avere una logica, una intelligenza, che le permetta di costruire, a partire dalla conoscenza dello stato attuale, lo stato futuro, cioè quello successivo. La macchina genera allora le uscite (output) in base alle sollecitazioni di ingresso (input) e allo stato interno, registrato nella propria memoria. Affinché il meccanismo sia cadenzato, è necessario poi un segnale che disciplini l’emissione delle sequenze, cioè blocchi il sistema nel proprio stato per un dato intervallo di tempo, dopodiché dia via libera alla transizione allo stato successivo. Il segnale di clock svolge il ruolo di temporizzazione, chiudendo e aprendo il circuito, quindi bloccando o rilasciando il processo di avanzamento degli stati. esempio: Orologio digitale L’orologio può essere senz’altro classificato come automa. È un sistema dinamico, dato che evolve nel tempo; è discreto perché compie il passaggio da una condizione a quella successiva a intervalli regolari distanziati da intervalli di tempo finiti. Consideriamo per semplicità un orologio costituito solo dalle cifre dei minuti, rappresentate simbolicamente DM = Decine dei Minuti UM = Unità dei Minuti DM e UM sono in questo caso le variabili di uscita. L’orologio potrebbe poi disporre di due pulsanti, con stampigliate le sigle: AVM: avanzamento veloce minuti ALM: avanzamento lento minuti Queste sono le variabili di ingresso. A queste indicazioni corrisponde allora il blocco mostrato a fianco come: Esempio: Apertura a combinazione Si consideri una cassaforte con apertura a combinazione a 4 cifre. La sequenza numerica vie ne immessa facendo ruotare alternativamente a destra e a sinistra, in corrispondenza delle tacche numeriche, la manopola che comanda il congegno di apertura, introducendo una sequenza numerica prefissata. Supponendo che la combinazione prefissata sia 1357 per essere sicuri di non scordarsi la combinazione, ci si può limitare a memorizzare solo il primo numero della sequenza e affidarsi, per la ricostruzione della sequenza, allo schema logico consistente nel sommare ogni volta 2 alla cifra precedente. La funzione di memoria è strettamente correlata con lo stato. È la memoria del sistema a conservare lo stato, la condizione attuale. La successione passata degli stati rappresenta la “storia” del sistema; in base a questa storia si costruiscono gli stati futuri. Gli stati si indicano simbolicamente con la lettera maiuscola S seguita da un indice numerico progressivo, ovvero S0, S1, S2 ... Lo stato presente viene chiamato stato attuale e indicato come S(t), lo stato al passo successivo viene chiamato stato futuro e indicato come S(t + 1). Si noti che si è parlato di passo e non di istante di tempo in qaunto Il funzionamento di un automa è indipendente dall’entità del passo «clock» stati S1, S2, S3, S4 ----- : 1 ➞ 3 ➞ 5 ➞ 7. Esempio: Automa che genera la sequenza dei numeri naturali Questo esempio dovrebbe fare luce su quanto detto ora. Un sistema, per generare automaticamente la sequenza 0, 1, 2, 3 …, deve possedere una memoria (per conoscere il numero appena generato) e una logica (per costruire il numero successivo in base al numero appena generato). In questo caso la logica è molto semplice e consiste nel sommare 1 al numero appena generato. La tabella descrive sinteticamente questo processo. Conteggio pezzi Un sistema per imballaggio conta tramite fotocellula delle lattine, prima di confezionarle. Ogni tre lattine deve terminare il ciclo di conteggio e iniziare quello di imballaggio. Il conteggio avviene alla rovescia partendo da 3.Rappresentare la sequenza degli stati del ciclo di conteggio. la numerazione S3, S2, S1, S0 della sequenza degli stati è convenzionale, ma viene fatta coincidere con il conteggio per linearità di ragionamento Esempio: Serbatoio Il sistema è costituito da: a) un serbatoio d’acqua b) un sensore SH per segnalare il raggiungimento del livello massimo c) un sensore SL per segnalare il raggiungimento del livello minimo d) una elettrovalvola di carico VC e) una valvola di scarico VS f) un automa per la gestione delle operazioni secondo le modalità di seguito indicate Funzionamento: Fase di scarico: partendo dalla condizione di serbatoio pieno, la valvola di carico VC è chiusa, bloccando l’afflusso di acqua nel serbatoio, fino a quando il livello non scende al di sotto del valore minimo per effetto del deflusso ottenuto manovrando la valvola di scarico VS. Fase di carico: quando il livello minimo è stato raggiunto, la valvola VC viene aperta e resta aperta fino a quando il serbatoio non si riempie raggiungendo il livello massimo, dopodiché si riparte con la fase di scarico. Nota: è abbastanza intuitivo che, per un buon funzionamento, la portata associata alla valvola di carico VC sia maggiore di quella associata alla valvola di scarico VS. Osservazione Quando il livello dell’acqua è compreso tra quello massimo e quello minimo, i sensori generano per l’automa lo stesso ingresso, sia durante la fase di carico che durante quella di scarico. E’ importante quindi che il sistema di controllo (automa) abbia una memoria che gli ricordi in quale fase si trova, consentendogli di reagire con la giusta uscita (apertura o chiusura della valvola VC). SERBATOIO Un modo semplice per illustrare il comportamento del sistema di controllo è quello di utilizzare un diagramma di stato come quello rappresentato nella Fig. 9. SISTEMI A STATI FINITI ( AUTOMI ) • Gli automi a stati finiti sono sistemi dinamici, stazionari, con ingressi, stato, uscite e tempo • discreti • Sono dinamici i sistemi dotati di memoria (Es: flip-flop JK). • La memoria è costituita dallo stato del sistema. • Definizione: lo stato rappresenta una situazione in cui il sistema si trova per effetto delle configurazioni degli ingressi negli istanti precedente • Sono stazionari i sistemi i cui parametri restano costanti nel tempo. • NB: i sistemi a stati finiti sono una classe di sistemi molto importante in cui rientrano la logica di controllo delle macchine utensili, • il funzionamento di un sistema operativo per PC • Il funzionamento di una lavatrice • …………………………………….. AUTOMA DI MEALY Nel modello di Mealy l’uscita dipende dalla elaborazione, da parte di una rete combinatoria, degli ingressi e dello stato attuale. Le uscite commutano durante la transizione dallo stato attuale allo stato futuro (sia per i sistemi sincroni che asincroni). AUTOMA DI MOORE Nel modello di Moore l’uscita dipende dalla elaborazione,da parte di una rete combinatoria, del solo stato attuale. MODELLO DI HUFFMAN E un modello generale per rappresentare un automa: un unico sottosistema combinatorio retroazionato con elementi di memoria. Gli elementi di memoria sono dei flip flop (sincroni o asincroni): uno per ogni variabile di stato. CONFRONTO tra l’automa di Mealy e l’automa di Moore La sintesi di un sistema a stati finiti può essere realizzata sia con il modello di Mealy che con quello di Moore. Tuttavia cambiano la complessità e le prestazioni del sistema costruito. Automi di Mealy •Sono più veloci, gli ingressi giungono direttamente sul circuito delle uscite. • Hanno un minor numero di stati, potendo associare le uscite alle transizioni Sono possibili uscite spurie transitorie dovute a percorsi diversi, con differenti ritardi di propagazione, cui gli ingressi sono soggetti. Automi di Moore •Sono meno veloci, gli ingressi causano direttamente solo il cambiamento dello stato; le uscite si aggiornano dopo che il nuovo stato si è stabilizzato. •Hanno un maggior numero di stati, dovendo associare le uscite agli stati •Si ottiene un maggior controllo sull’evoluzione della macchina, grazie all’aggiornamento delle uscite subordinato al raggiungimento del nuovo stato . •Sono più facilmente testabili MODELLI DI RAPPRESENTAZIONE DEI SISTEMI A STATI FINITI Il funzionamento di un automa può essere illustrato (descritto) mediante: • TABELLA di transizione degli stati e TABELLA delle uscite • DIAGRAMMI di transizione degli stati ESEMPIO: riconoscitore di sequenza per sblocco meccanismo Descrizione: il sistema deve riportarsi allo stato iniziale ogni volta che riceve in ingresso un carattere non valido. Configurazioni valide per l’ingresso: {A, B, C, D, E, F} Configurazioni previste per l’uscita: {blocco, sblocco} Sequenza valida: BDA La corrispondenza della logica di controllo (sistema) al modello di Mealy oppure di Moore è spesso una scelta del progettista. AUTOMA DI MEALY La tabella di transizione degli stati descrive l’evoluzione dello stato del sistema in funzione dello stato attuale e dell’ingresso: Poiché le uscite dipendono oltre che dallo stato, anche dagli ingressi, per la loro indicazione si deve costruire la tabella delle uscite: AUTOMA DI MOORE Poiché le uscite sono definite in corrispondenza degli stati, esse sono indicate nelle stesse celle degli stati futuri. DIAGRAMMA DI TRANSIZIONE DEGLI STATI Il funzionamento di un automa può essere descritto anche con i diagrammi di transizione degli stati (o grafi). •A ogni nodo è associato uno stato ( x ) • A ogni arco è associato un ingresso, la freccia indica la direzione della transizione di stato causata dall’ingresso specificato •Autoanello: transizione che parte e giunge sullo stesso stato • Lo stato iniziale doppio cerchio. viene rappresentato con un Esercizio precedente: PASSI (Algoritmo) PER LO STUDIO DEGLI AUTOMI Descrizione del sistema: • Definizione degli ingressi, degli stati e delle uscite (attribuzione dei configurazioni possibili) simboli e esame delle • Individuazione di uno stato iniziale da cui cominciare la costruzione diagramma della tabella o del • Costruzione della tabella o del diagramma. NB: si può cominciare da uno stato iniziale qualsiasi, normalmente si sceglie quello più comodo. Il sistema di controllo, descritto mediante diagramma di transizione degli stati o mediante tabelle di transizione, può essere implementato (realizzato) con • hardware cablato per la specifica applicazione • hardware programmabile, scrivendo uno specifico software di controllo. • Il linguaggio di programmazione è il C ANSI, con compilatore Dev-C++. ESEMPIO Comando di marcia / arresto di un motore Descrizione del sistema Il sistema di controllo è molto semplice: mediante due pulsanti si comanda la marcia e l’arresto di un motore. NB: occorrerebbe prevedere un terzo pulsante che ponga termine al controllo. Definizione degli ingressi Gli ingressi sono due pulsanti normalmente aperti (Marcia, Arresto), che possono assumere solo due configurazioni (P: premuto, R: a riposo). Definizione degli stati Lo stato del sistema può essere rappresentato dal contatto di potenza oppure dalla condizione del motore: F = fermo, M = in marcia. Definizione delle uscite L’uscita è rappresentata dal comando (COM) che si vuole esercitare sul motore. E’ un segnale a due livelli (avvio motore, arresto motore). Può essere associato allo stato: uscite = stato. Di conseguenza: modello di Moore. Individuazione stato iniziale Si deve decidere se cominciare con il motore fermo o in marcia. Ipotesi: motore fermo. Scrivere il software di controllo. Schema generale Descrizione della logica di controllo mediante: diagramma di transizioni degli stati. Automa di Moore. Il software di controllo presenta fondamentalmente due sezioni: • sezione di inizializzazione: in cui scrivere il codice da eseguire una sola volta, all’inizio • sezione sotto scansione ciclica: in cui si scrive il codice di controllo, la cui esecuzione è ripetuta ciclicamente. Esempio di software di controllo: ESEMPIO: COMANDO PUNTO LUCE: MEDIANTE RELE’ INTERRUTTORE Descrizione del sistema Il sistema è costituito da due pulsanti, un relè interruttore (con due posizioni di lavoro), una lampada. Premendo indifferentemente uno dei due pulsanti lo stato dei contatti del relè interruttore commuta, e di conseguenza commuta anche lo stato della lampada. Definizione degli ingressi Gli ingressi sono due pulsanti normalmente aperti (S1, S2), che possono assumere solo due configurazioni (P: premuto, R: a riposo). (su scheda Velleman: Rilasciato = lettura 0) Definizione degli stati Lo stato del sistema può essere rappresentato dal contatto del relè oppure dallo stato della lampada: contatto aperto = Lampada spenta, contatto chiuso = Lampada accesa. Simbolo L = (ON, OFF). Definizione delle uscite L’uscita della logica di controllo è rappresentata da un comando impulsivo COM, che fa commutare il relè. Individuazione stato iniziale Si deve decidere se cominciare con il contatto aperto o chiuso. Ipotesi: contatto aperto. Schema generale Soluzione Costruzione del diagramma di transizione degli stati Occorre scegliere quale rappresentazione utilizzare: Mealy o Moore? Il sistema è molto semplice; l’uscita (il contatto di potenza) può essere fatta corrispondere allo stato. In questo caso la rappresentazione è quello di Moore. ESEMPIO: CONTROLLO TRAPANO AUTOMATICO Descrizione del sistema Premendo il pulsante S0 si alimenta il motore M1. Il carrello porta utensile scende alla velocità v1. L’attivazione del finecorsa S2 modifica la velocità di discesa del carrello v2 < v1 e attiva il motore M2. L’attivazione del finecorsa S3 disattiva il motore M2 a fa salire alla velocità v1 il carrello. L’attivazione del finecorsa S1 arresta il motore M1. Schema generale Definizione degli ingressi Gli ingressi sono costituiti dal pulsante S0 e dai finecorsa S1, S2, S3. Si tratta di segnali che possono assumere solo due configurazioni: Pulsante: S0 = Rilasciato, Premuto (su scheda Velleman: Rilasciato = lettura 0) Finecorsa: S1, S2, S3= Rilasciato, Premuto soluzione: Diagramma di transizione degli stati NB: si dovrebbero assumere opportune precauzioni per evitare l’invio di comandi contraddittori (interblocco) ESEMPIO: MISCELATORE Descrizione del sistema Il sistema miscela due liquidi. Componenti: •pulsanti S1, S2 normalmente aperti •elettrovalvole M1, M2, M3 normalmente chiuse •sensori di livello B0, B1, B2 normalmente aperti (asciutti), si chiudono in presenza del liquido • motore M0 Premendo S1 si avvia il ciclo, previa verifica di serbatoio vuoto (altrimenti provvedere allo svuotamento). Fasi del ciclo: •con serbatoio vuoto (B0, B1, B2 asciutti) , elettrovalvole M2 e M3 chiuse, motore fermo: si fa entrare il 1° liquido aprendo l’elettrovalvola M1; • durante il riempimento si attiva B0: nessun intervento del controllo •attivazione di B1: chiusura di M1, apertura di M2 (entrata del 2° liquido) e avvio del motore • attivazione di B2: chiusura di M2 e apertura di M3 (inizio scarico) • disattivazione di B2: nessun intervento di controllo • disattivazione di B1: arresto motore M0 • disattivazione di B0: chiusura M3 e ripetizione del ciclo. NB: con serbatoio vuoto, premendo S2 il sistema si porta allo stato iniziale di riposo. Definizione degli ingressi Gli ingressi sono rappresentati dal pulsante S1 normalmente aperto e i tre sensori di livello normalmente aperti. Definizione degli stati L’identificazione degli stati dipende dal modello: • Moore: ad ogni uscita diversa occorre associare uno stato • Mealy: possibile accorpare più stati Definizione delle uscite Le uscite rappresentano i comandi che il sistema di controllo deve emettere: il motore e le tre elettrovalvole. Individuazione stato iniziale Si deve prevedere uno stato di attesa, da cui uscire con l’attivazione del pulsante S1. Soluzione: modello di Moore Soluzione: modello di Mealy Esempio di software di controllo: MISCELATORE: MOORE Soluzione : modello di Mealy Esempio di software di controllo: MISCELATORE: MEALY ESEMPI0: Distributore di bibite Costo della bibita: 40 €cent Monete utilizzabili: 10 €cent , 20 €cent Il sistema, oltre alla parte che gestisce l’automa, prevede: a) una gettoniera che generi un codice numerico binario per ognuna delle due monete e per la condizione di riposo (nessuna moneta) b) un dispositivo che, su comando dell’automa, sganci la bibita c) un dispositivo che, su comando dell’automa, sganci il resto Si noti che per l’ingresso occorrono due bit, perché sono da codificare 3 condizioni diverse, e quindi due linee (X1 e X0). I comandi per lo sgancio, invece, richiedono un bit ciascuno perché ognuno di loro prevede solo due condizioni (sganciare o non sganciare): necessita quindi una sola linea per ogni comando (B e R). In situazioni diverse, dove ci siano più tipi di monete oppure più tipi di bibite oppure più possibilità di resto, cresce il numero di condizioni da considerare e quindi cresce anche il numero di bit e con esso il numero di linee. Formalizziamo le variabili utilizzate. Ingressi X1 X0 (binari): Nessuna moneta (00); Moneta da 10 €cent (01); Moneta da 20 €cent (10). Totale: 2 linee di ingresso (2 bit). Uscite (binarie): Comando per lo sgancio della bibita B (0/1); Comando per lo sgancio del resto R (0/1). Totale: 2 linee di uscita (2 bit), una per il sottosistema di sgancio della bibita ed una per il sottosistema di sgancio del resto. Come per gli ingressi, è possibile fondere insieme le due uscite utilizzando una sola variabile a 2 bit. ( Es.: BR = 00 né bibita né resto; 01 non ammesso; 10 solo bibita, 11 bibita + resto ). Stati: Gli stati corrispondono alla somma di volta in volta accumulata con l’introduzione delle monete. Risultano 5 stati: 0 €cent, 10 €cent, 20 €cent, 30 €cent. In questo caso non servono variabili ma una locazione di memoria Diagramma degli stati Per descrivere le evoluzioni nel tempo del sistema, ovvero come esso passi da uno stato all’altro quando viene sottoposto alle sollecitazioni degli ingressi esterni, vengono utilizzati i diagrammi di stato. La rappresentazione viene fatta utilizzando per ogni stato un cerchio (nodo) che porta indicato al proprio interno il nome dello stato (S0 , S1 , …. oppure A, B, ….), e collegando i vari nodi con degli archi orientati che indicano l’evoluzione da uno stato all’altro. Per completare i diagrammi, vengono aggiunte le indicazioni sugli ingressi che generano l’evoluzione da uno stato all’altro e sulle uscite corrispondenti a tale evoluzione. Modello di Mealy: in tale modello, nello stato terminale di una evoluzione non è possibile conoscere l’uscita se non si conosce contemporaneamente anche l’ingresso che ha portato l’automa in quello stato (uno stesso stato possibilità di più uscite). Per tale motivo, accanto agli archi orientati corrispondenti alle evoluzioni generate dagli ingressi, vengono indicati sia gli ingressi stessi che le uscite (separati da una barra). Modello di Moore: in tale modello, noto lo stato raggiunto, è nota l’uscita corrispondente (uno stato una uscita). Per tale motivo gli ingressi vengono indicati accanto agli archi orientati corrispondenti alle evoluzioni che essi generano, mentre l’uscita viene indicata accanto al nome dello stato, all’interno del cerchio rappresentativo dello stato stesso. Per meglio comprendere la differenza tra modello di Mealy e modello di Moore, scegliamo di utilizzare inizialmente il primo tipo; successivamente, con qualche piccola modifica al diagramma ottenuto, passeremo all’altro tipo. Scopriremo che il modello di Moore, pur avendo di norma più stati, consente una semplificazione del software. La Fig. 6 illustra una prima stesura del diagramma di stato (automa di Mealy); una seconda stesura si otterrà per passare al modello di Moore (Fig. 7); una terza ed ultima stesura (Fig. 8) si renderà necessaria per risolvere alcuni problemi legati all’implementazione fisica dell’automa. 1) automa di Mealy) Prima di procedere con la descrizione del diagramma di figura, occorre chiarire che lo schema rappresentato indica tutte le possibili situazioni che possono presentarsi nella realtà. Ad esempio, con una sequenza costituita da una moneta da 20c seguita da un’altra moneta da 20c, la macchina, partendo dallo stato di riposo “0c” passa prima allo stato “20c” e poi da questo salta allo stato di riposo “0c”, dopo aver dato la bibita senza resto (Uscita “1/0c”). Ancora, con una sequenza costituita da una moneta da 20c seguita da un’altra da 10c e ancora da un’altra da 20c la macchina, partendo dallo stato di riposo “0c” passa prima allo stato “20c”, poi allo stato “30c” e infine allo stato di riposo “0c”, dando la bibita con un resto di 10c (Uscita “1/10c”). E così via. Ovviamente, se non viene raggiunto o superato il valore della bibita, l’automa resta in uno stato intermedio con le uscite bloccate a “0/0c”. a) Lo stato “0c” è lo stato di riposo; quello cioè in cui si trova la macchina quando è in attesa di un nuovo ciclo per l’acquisto della bibita. L’uscita è “0/0c” perché non devono essere dati né la bibita né il resto. Con 10c si passa allo stato “10c”, mentre se la moneta introdotta è da 20c si passa allo stato “20c”. Quando l’ingresso è “0c” (nessuna moneta introdotta), la macchina rimane sullo stesso stato. Da notare che i nomi degli stati rappresentano anche l’ammontare di moneta introdotta. Per tutti gli ingressi fin qui citati non devono essere dati né la bibita né il resto, non avendo raggiunto una somma pari al valore della bibita (Uscita 0/0c). b)Quando la macchina è nello stato “10c” l’introduzione di una moneta da 10c la porta nello stato “20c”, già visto; se la moneta , invece, è da 20c la macchina va nello stato “30c”. Ancora una volta, non essendo stato raggiunto il valore della bibita, la macchina non deve dare niente in uscita (Uscita 0/0). Quando l’ingresso è “0c” (nessuna moneta introdotta), la macchina rimane sullo stesso stato. C) Nello stato “20c” l’introduzione di una moneta da 10c fa passare la macchina nello stato “30c”, senza alcuna conseguenza sull’uscita, mentre l’introduzione di una moneta da 20c la fa tornare nello stato “0c”. In quest’ultimo caso, avendo raggiunto il valore della bibita, la stessa viene sganciata senza alcun resto (Uscita “1/0c”). Quando l’ingresso è “0c” (nessuna moneta introdotta), la macchina rimane sullo stesso stato. d) Nello stato “30c” l’introduzione di una moneta o da 10c o da 20c fa tornare la macchina nello stato di riposo “0c”: nel primo caso viene raggiunto esattamente il valore della bibita, per cui viene sganciata la stessa senza resto (Uscita 1/0c); nel secondo caso, invece, viene superato il valore della bibita, per cui vengono sganciati bibita e resto da 10c (Uscita 1/10c). Quando l’ingresso è “0c” (nessuna moneta introdotta), la macchina rimane sullo stesso stato. Tabelle di transizione di stato e di trasformazione di uscita Tali tabelle hanno entrambe come indicatori di riga lo stato attuale e come l’ingresso. Al loro interno riportano, rispettivamente, lo stato futuro e l’uscita. indicatore di colonna Nella Tab. a) è possibile conoscere lo stato futuro incrociando stato attuale ed ingresso. Analoga cosa vale per la Tab. b), con riferimento all’uscita. Come si può controllare anche dal diagramma degli stati, quando, ad esempio, se lo stato attuale è “30c” e viene introdotta una moneta da 10c, la macchina si porta nello stato di riposo “0c” (stato futuro) e dà come uscita “1/0c” (bibita senza resto). Queste tabelle sono fondamentali per il progetto dell’automa in logica cablata, mentre in logica programmata possono essere utilizzate o meno, a seconda della soluzione scelta. all’automa di Moore, Rispetto all’automa di Mealy, l’uscita è legata solo allo stato cui fa riferimento, per cui essa viene direttamente indicata nel cerchietto rappresentativo dello stato stesso. Per garantire questa condizione per tutti gli stati, è stato necessario aggiungere qualche stato in più. La situazione cambia nel modo seguente: a) Lo stato “0c” è lo stato di riposo; quello cioè in cui si trova la macchina quando è in attesa di un nuovo ciclo per l’acquisto della bibita. L’uscita è “0/0c” perché non devono essere dati né la bibita né il resto. Con 10c si passa allo stato “10c”, mentre se la moneta introdotta è da 20c si passa allo stato “20c”. Quando l’ingresso è “0c” (nessuna moneta introdotta), la macchina rimane sullo stesso stato. Per tutti gli stati fin qui citati non devono essere dati né la bibita né il resto, non avendo raggiunto una somma pari al valore della bibita (Uscita 0/0c). Quando la macchina è nello stato “10c” l’introduzione di una moneta da 10c la porta nello stato “20c”, già visto; se la moneta , invece, è da 20c la macchina va nello stato “30c”. Ancora una volta, non essendo stato raggiunto il valore della bibita, la macchina non deve dare niente in uscita (Uscita 0/0c). Quando l’ingresso è “0c” (nessuna moneta introdotta), la macchina rimane sullo stesso stato. b)Nello stato “20c” l’introduzione di una moneta da 10c fa passare la macchina nello stato “30c”, mentre l’introduzione di una moneta da 20c la fa passare nello stato “40c”. In quest’ultimo caso, avendo raggiunto il valore della bibita, la stessa viene sganciata senza alcun resto (Uscita “1/0c”). Quando l’ingresso è “0c” (nessuna moneta introdotta), la macchina rimane sullo stesso stato. c) Nello stato “30c” l’introduzione di una moneta da 10c fa passare la macchina nello stato “40c”, mentre l’introduzione di una moneta da 20c la fa passare nello stato “50c”.In entrambi i casi viene quindi raggiunto o superato il valore della bibita: nel primo caso viene sganciata la sola bibita (Uscita 1/0c); nel secondo vengono sganciati bibita e resto da 10c (Uscita 1/10c). Quando l’ingresso è “0c” (nessuna moneta introdotta), la macchina rimane sullo stesso stato. d)Gli stati “40c” e “50c” sono di chiusura per il ciclo di acquisizione della bibita. Nel primo viene rilasciata solo la bibita, nel secondo la bibita e il resto di 10c. In entrambi i casi, essendosi chiuso il ciclo per l’acquisizione del prodotto, il sistema si riporta nello stato di riposo. Si noti che gli ingressi 10c e 20c non avranno mai la possibilità di presentarsi in questi due stati finali, perché il ritorno a zero dei segnali provenienti dalla gettoniera, dopo il passaggio dell’ultima moneta (Ingresso “0c”), avrà già resettato la macchina portandola nello Stato “0c”. In ultima analisi, nei due stati finali, gli ingressi 10c e 20c rappresentano condizioni di indifferenza (don’t care) e questo giustifica la X sulle evoluzioni finali che portano allo stato di riposo. Tabelle di transizione di stato e di trasformazione di uscita In questo caso, trattandosi di un automa di Moore per il quale l’uscita è legata solo allo stato, la tabella di trasformazione di uscita non ha l’ingresso come indicatore di colonna (tabella ad una sola dimensione). STATO FUTURO STATO ATTUALE INGRESSO USCITA 0c 10c 20c 0c 0c 10c 20c 0c 0/0c 10c 10c 20c 30c 10c 0/0c 20c 20c 30c 40c 20c 0/0c 30c 30c 40c 50c 30c 0/0c 40c 0c 0c 0c 40c 1/0c 50c 0c 0c 0c 50c 1/10c Tab. c) Transizione di stato Tab. d) Trasformazione di uscita Come si può controllare anche dal diagramma degli stati, quando, ad esempio, lo stato attuale è “30c” e viene introdotta una moneta da 10c, la macchina si porta nello stato “40c” (stato futuro) e dà come uscita “1/0c” (bibita senza resto). Per concludere, occorre ribadire che se si vuole rendere esecutivo il progetto bisogna curare attentamente l’interfaccia con l’hardware, per cui può essere necessario in certi casi apportare qualche correttivo al diagramma degli stati, che non ne cambia la struttura logica ma semplicemente corregge certe situazioni prodotte dalla suddetta necessità di interfacciare l’hardware. E’ questo il caso degli “Stati trappola”. L’aggiunta di questi stati al diagramma si rende necessaria quando accade che un ingresso che porta in uno stato fa anche uscire da quello stato. Il più delle volte succede che il ciclo di acquisizione del microprocessore legga l’ingresso migliaia di volte per lo stesso stato, innescando una deriva che porta il sistema ad evolvere velocemente da uno stato all’altro, come impazzito. Il problema si risolve inserendo tra due stati un terzo stato che blocchi l’evoluzione tra i primi due finché l’ingresso non si è di nuovo azzerato: questo è il motivo per cui tale stato aggiunto è stato qui definito “trappola”. La Fig. 8 riporta il diagramma di stato del distributore di bibite modificato a questo scopo Con riferimento alla Fig. 8, si veda ad esempio quello che succede nello stato “20c” con un ingresso 10c: il sistema si porta nello stato “30 bis” e lì rimane bloccato finché l’ingresso non si azzera; azzeratosi l’ingresso, l’automa evolve verso lo stato “30c”. Si noti che i due stati di chiusura “40c” e “50c” non sono preceduti da stati trappola perché essi stessi fungono da trappola; bisogna solo stare attenti a sganciare bibita e/o resto una sola volta. Le nuove tabelle di transizione di stato e di trasformazione di uscita diventano: STATO ATTUALE INGRESSO 0c 10c 20c 0 0 10b 20b 10b 10 20b 20 30b 30 40 50 10 10 20 20 30 30 0 0 10b 20b 20b 30b 30b 40 40 50 10b 30b 20b 40 30b 50 40 50 STATO FUTURO USCITA 0 10b 10 20b 20 30b 30 40 50 0/0c 0/0c 0/0c 0/0c 0/0c 0/0c 0/0c 1/0c 1/10c L'HARDWARE REGOLE DI PROGRAMMAZIONE USCITE / INGRESSI DIGITALI USCITE / INGRESSI ANALOGICI CICLI CON ARRAY E STRINGHE FOR, CASE, WHILE, DO FUNZIONI INTERRUPT OPERAZIONI MATEMATICHE /TRIGONOMETRICHE /BYTE APPLICAZIONI MATEMATICHE ESERCIZI APPLICATIVI MICROCONTROLLORE I Microcontrollori (MCU: MicroController Unit) sono dispositivi integrati su un singolo chip, che interagiscono direttamente col mondo esterno, grazie a un programma residente. Normalmente i microcontrollori hanno una struttura interna diversa da quella del personal computer: L’Arduino il microntrollore Arduino è una piattaforma hardware e software open-source con cui realizzare dispositivi digitali in grado di interagire con il mondo esterno attraverso sensori (ad esempio una fotocellula) e attuatori (ad esempio un motore). L'hardware è basato su un semplice microcontrollore Atmel montato su una scheda con ingressi e uscite sia digitali che analogici a cui collegare sensori e attuatori. La scheda Arduino può essere collegata a un PC tramite la porta USB per trasferire i programmi dal PC o per stabilire una comunicazione seriale. Si consiglia una tensione tra 7 e 12V. Che viene poi ridotta ai 5V e a 3,3 da un regolatore presente sulla scheda Se utilizziamo un alimentatore esterno, sul pin Vin si troverà la tensione di alimentazione vera e propria senza regolazione. Arduino seleziona automaticamente la sorgente di alimentazione. SCHEDA ARDUINO La scheda Arduino è realizzata con microcontrollori ATmel, secondo l’architettura Harvard. Ruolo delle diverse memorie: FLASH memory (memoria non volatile): dove Arduino salva il programma (Sketch) In caso di superamento della memoria FLASH, l’IDE genera un messaggio di errore e il programma non viene eseguito. EEPROM (memoria non volatile): memoria in cui i programmatori possono archiviare informazioni a lungo termine RAM (SRAM, memoria volatile): memoria dove il programma (sketch) in esecuzione memorizza e manipola le variabili (NB: meno se ne introducono e più memoria si risparmia) void 1b unsigned int 2B string – char array nB boolean char unsigned char byte int 1b 1B 1B 1B 2B word long unisgned long float double 2B 4B 4B 4B 4B String – object array nB nB In caso di superamento della RAM (anche a causa delle variabili dichiarate nelle librerie utilizzate), cioè di overflow, non viene fornito alcun messaggio di errore da parte dell’IDE, nonostante la comparsa di seri problemi di funzionamento del programma: • interruzione dell’esecuzione, oppure • sovrascrittura delle variabili con conseguenti errori di esecuzione. A l i m e n t a z i o n e abatteria Dimensionamento della batteria Il dimensionamento della batteria è un aspetto fondamentale di un progetto. Arduino One, Mega e 2009, grazie al connettore esterno, permettono di alimentare il sistema per mezzo di batterie… ma quali usare? La batteria da utilizzare dipende da: 1. Tempo d’uso 2. Corrente richiesta dal sistema 3. Tensione richiesta dal sistema 4. Dimensione massima (in cm) della batteria Se per esempio abbiamo un circuito che necessità 3,3V, consuma 150mA e vogliamo che la batteria duri almeno 8 ore, dovremo scegliere un batteria con tensione maggiore di 3,3V (il circuito avrà un regolatore, come Arduino) e una ‘capacità’ di almeno 150mA*8*1,2 = 1440mAh 1,2 è un fattore di correzione per assicurarsi la durata voluta. COMUNICAZIONI SERIALI (USB) L’IDE di Arduino permette una comunicazione seriale USB per visualizzare su PC i valori delle variabili di interesse. L’apertura del Monitor seriale attiva il collegamento USB. I pin 0 e 1 non sono utilizzabili come I/O quando il Monitor seriale è attivo. Sul Monitor seriale occorre impostare la stessa velocità impostata nello sketch. Procedura: • Caricare lo sketch in Arduino • Aprire il Monitor seriale SOFTWARE La scheda ARDUINO si programma con un linguaggio che ha la sintassi del C. I produttori della scheda pongono a disposizione un ambiente di sviluppo (IDE) liberamente scaricabile dal sito: http://arduino.cc/en/Main/Software Il programma, una volta scritto, è facilmente caricabile nel microcontrollore. Ciò grazie al bootlaoder, un software presente sulla scheda che controlla la presenza di codice sulla porta USB e lo trascrive nel microcontrollore. I programmi scritti con l’IDE di sono chiamati sketch. Arduino Comunicazione seriale La maggior parte dei microcontrollori operano in stand-alone, ovvero non necessitano di lavorare connessi ad altri computer. Per caricare il programma nel µC occorre solitamente collegarlo alla porta seriale di un computer. Nelle comunicazioni seriali i dati vengono spediti un bit alla volta. I cavi seriali utilizzati presentano un conduttore di trasmissione (TX) e uno di ricezione (RX). Questo consente di ottenere una comunicazione bidirezionale nella quale i dati vengono inviati e ricevuti contemporaneamente. I pin 0 (RX) e 1 (TX) del connettore DIGITAL della scheda consentono la comunicazione seriale fra il microcontrollore e il PC attraverso il convertitore seriale- USB. Grazie a queste linee il programma scritto sul pc viene inviato al µC e dati dal µC possono essere inviati al pc. Per la comunicazione dal µC PC sono necessarie queste istruzioni: •Serial.begin(speed) ; impostando in speed la velocità di trasmissione (9600bps) •Serial.println(data); per inviare I dati da visualizzare sul monitor nell’apposita finestra Serial Monitor dell’interfaccia grafica. La trasmissione dal PC µC sono gestite dalle istruzioni: Val=Serial.available(); fornisce Il numero di byte presenti nel buffer della porta seriale in attesa di essere letti. Se il buffer è vuoto val=0; Val=Serial.read(); legge il primo byte disponibile nel buffer e lo assegna a val Baud Rate, Velocità di trasmissione tra computer e microcontrollore. Valore tipico 9600 bits/s (baud). Bit di start Serve ad “avvisare” il ricevitore che la trasmissione dei dati sta per iniziare. Data bits Il dato che deve essere inviato. Ad esempio la lettera H in binario è 01001000 (ASCII 72). Bits di stop Servono a indicare al ricevitore che la trasmissione è finita. L’AMBIENTE DI SVILUPPO *IDE* La figura seguente mostra la finestra del programma Arduino: 1. 2. 3. 4. 5. 6. editor di testo area messaggi console di testo barra degli strumenti barra dei menu barra di stato L'editor occupa gran parte della finestra e permette di lavorare con piu file usando DELLE TAB L'area messaggi mostra quale operazione sta eseguendo l'IDE mentre la console di testo visualizza in maniera più dettagliata il risultato di queste operazioni, evidenziando errori o altre informazioni. La barra di stato mostra il nome della scheda Arduino e della porta seriale utilizzata. Dalla barra dei menu mostra è possibile accedere a tutte le funzionalità dell'IDE; la fondamentali, in particolare: ▪ ▪ useremo per poche operazioni impostare il tipo di scheda e la porta seriale utilizzate (menu Strumenti); nel nostro caso sceglieremo “Arduino Uno” e una delle porte COM impostare la posizione della cartella degli sketch che conterrà tutti i nostri programmi (File|Preferenze); nel nostro caso una cartella nell'unità di rete Z: La barra degli strumenti contiene sei icone che corrispondono ai comandi più utilizzati. La funzione svolta da ognuno di loro è: ▪ ▪ ▪ ▪ ▪ ▪ Verifica: controlla se ci sono errori nel programma Carica: compila il programma - cioè traduce il testo in un file eseguibile - e lo carica sulla scheda Arduino Nuovo: crea un nuovo sketch Apri: mostra un menu con tutti gli sketch (i nostri e quelli di esempio) Salva: salva lo sketch Monitor seriale: apre la finestra del monitor seriale che visualizza i dati inviati dalla scheda Arduino al PC È necessario selezionare la porta seriale e il tipo di scheda utilizzata se la scheda Arduino “non risponde" Qual è la mia porta seriale? Scrivere un programma con l'editor Il codice sorgente dei programmi - che in Arduino sono chiamati sketch - è un semplice file di testo con estensione .ino. L'editor dell'ambiente di sviluppo, oltre alle solite funzioni presenti in tutti editor, ha delle caratteristiche particolari che facilitano la scrittura dei programmi, in particolare: ▪ il syntax highlighting, cioè la capacità di evidenziare il testo con colori diversi in base alle regole del linguaggio di programmazione utilizzato (ad esempio i commenti sono in grigio, le parole chiave in arancione, costanti in azzurro, ecc.) ▪ l'auto-indentazione (l'indentazione consiste nell'aumentare il rientro del testo per dare struttura al codice; non è necessaria - viene ignorata in fase di compilazione - ma aumenta notevolmente la leggibilità del codice e ne facilita la comprensione); l'editor provvede ad indentare correttamente il codice mentre lo si digita (ad esempio aumentando di due spazi il rientro del blocco di codice di una funzione) ▪ la guida di riferimento (Reference) del linguaggio di programmazione che può essere consultata dal menu Aiuto o richiamando una voce in particolare selezionando una parola chiave nel testo e utilizzando il menu contestuale ▪ NB: il linguaggio è case-sensitive, cioè le lettere maiuscole sono diverse dalle minuscole (ad esempio le variabili led e Led sono diverse e IF non è interpretata come l'istruzione if). Il linguaggio di programmazione Il linguaggio di programmazione usato in Arduino è una versione semplificata del linguaggio C con in più delle funzioni per gestire in maniera semplice le interfacce di input/output della scheda. I programmi vengono scritti al PC utilizzando il software Arduino - un IDE o ambiente di sviluppo integrato - e trasmessi via USB alla scheda Arduino, dove vengono eseguiti. lL codice sorgente di un programma per Arduino si chiama sketch. SOFTWARE - Comunicare con gli altri Arduino può utilizzare lo stesso cavo USB utilizzato per la programmazione per comunicare con i computer. Serial.begin(); – predispone i parametri della seriale USB (RS232 fittizia) Serial.print(); – per inviare dei dati al computer (USB) Serial.write(); – per inviare dei dati in codice ASCII al computer (USB) Serial.read(); - per leggere i dati inviati dal computer (USB) La funzione “Serial.print();” trasferisce (stampa) i dati sulla porta seriale RS232 virtuale (USB reale). La funzione “Serial.println();”. È simile alla precedente con l’aggiunta di un ritorno automatico a capo e avanzamento di riga. Per configurare la porta seriale RS232 e impostare il baud rate (velocità di trasmissione dei caratteri) si utilizza dentro il setup() la funzione Serial.begin(9600);”. Il valore tipico di trasmissione e ricezione per comunicare con il computer è di 9600 baud con 1-bit di Start, 8-bit di Data 0/1-bit parità e 1-bit di Stop. Velocità maggiori sono supportate 19200, 38400, 115200. int test = 33; // valore numerico coincide con carattere “!” Serial.print(test); // stampa i caratteri ascii “33”. Di default è il valore DECIMALE Serial.write(test); // stampa il carattere ASCII “!”. Serial.print(test, DEC); // stampa i caratteri “33”. Serial.print(test, HEX); // stampa i caratteri “21”. Valore in esadecimale (base 16) Serial.print(test, OCT); // stampa i caratteri “41”. Valore in ottale (base 8); Serial.print(test, BIN); // stampa i caratteri “100001”. Valore in binario (base 2) Stesse modalità con la funzione “Serial.println()” con il cursore che salta su una nuova riga a capo. Le funzioni piùusate pinMode (3,OUTPUT) ; configura il pin 3come OUTPUT digitalWrite(3,LOW); porta il pin3 al livello LOW (HIGH) Val=digitalRead(3); legge il pin 3 e assegna alla variabile val il valore LOW o HIGH analogWrite( 3,127); genera un’onda quadra con dc del 50 % Val= analogRead(3); legge il valore (0÷1023 ) sul pin 3 (A3)e lo assegna a val Delay(ms); genera un ritardi di ms millisecondi delayMicrosecond(µs); genera un ritardo espresso in µs in microsecondi Val=millis(); pone in val il numero di millisecondi trascorsi dall’inizio dello sketch. Val=pulseIn(3,HIGH); pone nella variabile val la durata in µ della parte alta (HIGH) dell’impulso che si presenta sul pin di ingresso 3 Tone(3,frq,duration); genera sul pin 3 un tono di frequenza in Hz e durata in ms specificate noTone(3); interrompe la generazione del tono sul pin 3 Serial.begin(speed); imposta la velocità di trasmissione della porta seriale Serial.println(data); trasmetti dati tramite laporta seriale Val= Serial.available(); indica il numero di byte in attesa di essere letti nel buffer della porta seriale Val=Serial.read(); legge il primo byte del buffer della porta seriale shiftOut(dataPin,clockPin,bitOrder,value); Viene usata per espandere le uscite della scheda tramite uno shift register SIPO (serial input parallel output) collegato con l’ingresso dati seriale e con il clock a 2 dei pin digitali (dataPin e clockPin). bitOrder (LSBFIRST o MSBFIRST) speciica l’ordine con cui escono i bit e con value il byte da inviareCOSTANTI Oltre alle costanti numeriche const int buttonPin = 2; alle stringhe o caratteri chiusi tra apici , Arduino usa le costanti HIGH/LOW, INPUT/OUTPUT, true/false. Const char x[5]=“Ciao” REGOLE DI PROGRAMMAZIONE UN programma e’ normalmente composto da tre parti /* prima parte, per la dichiarazione delle librerie, delle variabili, delle costanti e per la codifica delle routine e cioe’ parti di codice che vengono eseguite solo quando sono richiamate da una specifica istruzione*/ /* -----( note esplicative sulle finalita’ e sul funzionamento del programma ) -----*/ /*-----( dichiarazione delle eventuali librerie utilizzate dal programma )-----*/ /*--( dichiarazione degli oggetti utilizzati, ad esempio display a cristalli liquidi o servomotori )---*/ /*-----( dichiarazione delle costanti )-----*/ /*-----( dichiarazione delle variabili )-----*/ /*-----( codifica di eventuali routine )-----*/ void setup() /* seconda parte o parte di setup, eseguita solo all’avvio del programma*/ { /* ----( dichiarazione delle porte di input e di output )----*/ /* ----( eventuali istruzioni da eseguire all’avvio del programma )----*/ } void loop() /*terza parte o parte di loop, parte principale del programma, che viene eseguita e ripetuta fino al termine dell’alimentazione o fino alla pressione del pulsante reset*/ { /* ----( istruzioni di programma )-----*/ } Ogni istruzione termina con un “;” Le parentesi tonde e quadre delimitano gli operatori di un’istruzione mentre le parentesi graffe delimitano una serie di istruzioni riferibili ad una condizione, a una routine o a una parte di programma. Se da un’istruzione dipende l’esecuzione di altre istruzioni, le istruzioni “subordinate” sono di norma racchiuse tra parentesi graffe; Ad ogni parentesi aperta deve corrispondere una parentesi chiusa. L’assenza di una parentesi di chiusura o di apertura qualche volta impedisce la compilazione (e quindi l’esecuzione) del programma ed in ogni caso ne rende imprevedibile i funzionamento; La combinazione di caratteri /* indica l’inizio di una zona di note, che puo’ estendersi su piu’ righe e che deve necessariamente essere chiusa dalla combinazione */ La combinazione // indica l’inizio di una zona di note che si protrae fino alla fine della riga; Le indentazioni, non obbligatorie, sono comunque utili per rendere piu’ facilmente comprensibile un programma. Nella sezione “strumenti” dell’IDE esiste la funzione “formattazione automatica”, utile appunto per ottenere l’indentazione automatica del codice; Le variabili e le costanti devono essere dichiarate prima (in termini di posizione fisica nel programma) del loro utilizzo. Per questo motivo e’ buona norma concentrare la loro definizione in testa al programma, prima del setup e delle eventuali routine ricordarsi ▪ ▪ che maiuscole e minuscole non sono uguali la differenza tra =(assegnazione) e == (confronto) “Linguaggio C” per ArduinoUno Il linguaggio è “C standard” (più facile rispetto al C++) possiede moltissime funzioni utili già implementate: pinMode() - impostare un pin come ingresso o uscita digitalWrite() - impostare un pin output digitale a livello alto / basso digitalRead() - leggi lo stato di un pin definito come input digitale analogRead() - legge e converte la tensione di un pin analogico in un valore numerico (10-bit) analogWrite() - scrive un valore "analogico" con PWM (8-bit) delay() - aspetta un periodo di tempo (espresso in millisecondi) millis() – si ottiene il tempo da quando la scheda è stata accesa. E molte altre funzioni, comprese le “librerie” (raccolta di funzioni necessarie per colloquiare con i dispositivi di input / output). Utilizzo della funzione digitalRead() e pinMode() In setup() utilizzare pinMode(numero_pin, INPUT); numero_pin = fornire il numero del pin da utilizzare come input oppure come output es.: pinMode(7, INPUT); // definisci il pin 7 come input pinMode(8, OUTPUT); // definisci il pin 8 come output In loop() utilizzare digitalRead(numero_pin); per ottenere il livello logico acquisito sull’input (pulsante, interruttore, ecc.) se necessario il valore letto può essere memorizzato in una variabile. es.: leggi_pulsante = digitalRead(7); // leggi il valore dall’input collegato al pin7 (i valori sono “0” oppure “1”) e memorizzalo nella variabile denominata «leggi_pulsante» USCITE / Ingressi digitali USCITE DIGITALI: Accensione dei led con Arduino Ogni pin è in grado di fornire circa 40 mA (15mA Arduino DUE) di corrente, questa corrente è sufficiente per lavorare con un diodo LED (max. 20 mA). Valori assorbiti o erogati che sono superiori ai 40 mA o tensioni superiori a 5V (3,3V Arduino DUE) su qualsiasi pin possono danneggiare il microcontrollore o il dispositivo collegato. /* Accendere 2 LED alternativamente per 250 msec. */ void setup() // funzione di configurazione dei Input/Output { // inizializza il pin 7 e 6 come output, perche' sono collegati ai pinMode(7, OUTPUT); pinMode(6, OUTPUT); } void loop() // p(main) --> ciclo infinito (loop) { digitalWrite(7, HIGH); // accendi il LED1 forzando un livello ALTO pin 7 digitalWrite(6, LOW); // spegni il LED2 forzando un livello BASSO pin 6 delay(250); // aspetta 0,25 secondi digitalWrite(7, LOW); // spegni il LED1 forzando un livello BASSO pin 7 digitalWrite(6, HIGH); // accendi il LED2 forzando un livello ALTO pin 6 delay(250); // aspetta 0,25 secondi } LED sul sul sul sul Uscite digitali: controllo di 2 LED Ingressi digitali La maggior parte degli ingressi (digital input) che si usano sono interruttori, pulsanti, contatti di fine corsa, ecc. Gli interruttori consentono di interrompere o abilitare il passaggio della corrente Unipolare = un solo cavo viene controllato Doppio polo = due cavi vengono controllati in una sola volta L'interruttore e il pulsante si definiscono chiusi (resistenza tra i suoi due terminali < 1 ohm = cortocircuito), quando consentono il passaggio di corrente, invece se il passaggio è interdetto si definiscono aperti (resistenza > 10 Mohm) L’interruttore, deviatore o il pulsante permettono il passaggio l’interruzione della corrente. Ma Arduino ha bisogno di “leggere” una tensione: 1) Un livello logico 2) Un livello logico Collegamento dei pulsanti N.A. (normalmente aperti) Circuito con resistenza di pull-up per collegare un pulsante di tipo N.O. (normaly open) a un pin del microcontrollore. Pulsante premuto livello logico in uscita 0 Pulsante rilasciato livello logico in uscita 1 Circuito con resistenza di pull-down per collegare un pulsante di tipo N.O. (normaly open) a un pin del microcontrollore. Pulsante premuto livello logico in uscita 1 Pulsante rilasciato livello logico in uscita 0 Collegamento dei pulsanti N.C. (normalmente chiusi) • Circuito con resistenza di pull-up per collegare un pulsante di tipo (normaly close) a un pin del microcontrollore. • Pulsante premuto livello logico in uscita 1 (aperto) • Pulsante rilasciato livello logico in uscita 0 (chiuso) Circuito con resistenza di pull-down per collegare un pulsante di tipo N.C. (normaly close) a un pin del microcontrollore. Pulsante premuto livello logico in uscita 0 Pulsante rilasciato livello logico in uscita 1 N Arduino Uno con l’input / output digitale Come INPUT è possibile collegare e configurare qualsiasi pulsante o interruttore tra i pin 2 e 12 della scheda [sono da escludere i pin 0 (RX), 1 (TX) e 13 (led interno)] Come OUTPUT è possibile collegare e configurare qualsiasi led tra i pin 2 e 13 della scheda [sono da escludere i pin 0 (RX), 1 (TX)] // CONSIDERANO LA RESISTENZA DI PULLUP INTERNA int pulsante = 7; void setup() { pinMode(pulsante , INPUT); // inizializza il pin 13 come INPUT digitalWrite(pulsante, HIGH); //attiva sul pin 7 la resistenza da 10 Kohm di pullup } void loop() { } OPPURE void setup() { pinMode(2, INPUT_PULLUP); pinMode(13, OUTPUT); Serial.begin(9600); R DOWN, R UP: IMPEDISC0NO IL C.C. QUANDO SI PREME IL PULSANTE R- DOWN INTERNA NON PREVISTA A LIVELLO DI ISTRUZIONE if.. else… Permette di prendere delle decisioni. If (..condizione..) { ..codice da eseguire se la condizione e’ vera..; } else { ..codice da eseguire se la condizione e’ falsa..; } …. codice che verra’ eseguito in ogni caso…. E’ possibile usare l’istruzione if anche senza la parola chiave else. In quest’ultimo caso se la condizione e’ vera verranno eseguite le istruzioni racchiuse tra le parentesi graffe che seguono la if, se invece e’ falsa e si passera’ direttamente alle istruzioni successive alla parentesi graffa di chiusura. Struttura: E S E M P I C O N S TRUTTURE DI CONTROLLO: IF……….. ELSE Esempio: if (val==1) // se la variabile “val” contiene il valore “1” { digitalWrite(3, HIGH); // pone in stato “HIGH” (e cioe’ attiva) la componente di OUTPUT che in fase di inizializzazione del programma e’ stata associata alla porta 3 (ad esempio un led) } else { digitalWrite (3, LOW); // se invece “val” contiene un valore diverso da “1” pone in stato di LOW” (disattiva) la componente di OUTPUT associata alla porta 3 } scrittura di un dato digitale in modo ripetitivo /* lettura di un input digitale con stampa del livello logico sulla porta seriale*/ void setup () // { pinMode(7, INPUT); // inizializza il pin 7 come INPUT (PULSANTE) digitalWrite(7, HIGH); // settaggio per la r interna di pull-up da 10Kohm pinMode(13, OUTPUT); // inizializza il pin 13 come OUTPUT (LED) Serial.begin (9600); } void loop () { int pulsante = digitalRead(7); // acquisisci il valore dell'input pin 7 nella variabile "pulsante" if (pulsante == 0) // verifica se il pulsante è premuto (condizione VERA = pulsante n.a. PREMUTO) { Serial.print("Pulsante PREMUTO collegato al pin 7 --> Livello:"); Serial.println(pulsante, DEC); // stampa sulla seriale il valore dell'input collegato al pulsante (pin 7) digitalWrite(13, HIGH); // accendi il LED forzando un livello ALTO sul pin 13 } else // (condizione FALSA = pulsante n.a. NON PREMUTO) { Serial.print("Pulsante NON PREMUTO collegato al pin 7 --> Livello: "); // stampa sulla seriale Serial.println(pulsante, DEC); // stampa sulla seriale il valore dell'input collegato al pulsante (pin 7) digitalWrite(13, LOW); // spegni il LED forzando un BASSO sul pin 13 } } //PULSANTE PREMUTO 1 NON PREMUTO O #define SI 2 int flag=1; // SI "pulsante" void setup () { Serial.begin (9600); pinMode(SI, INPUT); } void loop () { int var; var=digitalRead(SI); // SCRITTURA VALORE DECIMALE 0 if(!var && flag){ // pulsante non premuto Serial.println(var,DEC); flag=0; } // SCRITTURA VALORE DECIMALE 1 if(var && !flag){ //pulsante premuto Serial.println(var,DEC); flag=1; } delay(10); } SOLO ISTRUZIONE IF STESSO PROGRAMMA SENZA DEFINE || INDICA OR LOGICO //&& = INDICA AND ! NOT int flag=1; void setup () { Serial.begin (9600); pinMode(2, INPUT); } void loop () { int var; var=digitalRead(2); if(not var and flag){ Serial.println(var,DEC); flag=0; } if(var and not flag){ Serial.println(var,DEC); flag=1; } delay(10); } ESEMPIO.Controllo dell’accensione del LED mediante gli interruttori S0 e S1 S0 S1 LED A A OFF A C ON C A ON C C ON Il LED va controllato con uscita analogica. I pin 0 - 13 possono lavorare anche come uscite PWM (8 bit, cioè 256 livelli di tensione selezionabili: 0 - 255). Range di tensione fornita: 0 - 5 V. Risoluzione: 5/255 = 19.6 mV. Non ha senso inviare livelli superiori a 255. Esempio: 258 corrisponde a 258 – 255 = 3. Lo sketch legge continuamente S0: •finché S0 è LOW sul pin 7 viene inviata una tensione che aumenta progressivamente; quando S0 è HIGH, al pin 7 è inviata una tensione pari a 0; al ritorno di S0 LOW al pin 7 si ripresenta il valore di tensione e riprende il suo aumento progressivo, fino a 255 (5 V). USCITE / Ingressi analogici Ingressi Analogici: Arduino ha 6 ingressi analogici (A0…A5) ognuno dei quali ha una risoluzione a 10 bit (cioè è in grado di di riconoscere 2^10 = 1024 intervalli di tensione LETTURA DEGLI INGRESSI «analogRead(3)» permette di acquisire una tensione analogica presente sul PIN A2 compresa tra 0 e 5V In un formato digitale a 10 bit questo comporta che l’intervallo di 5V sarà diviso in 1024 intervalli : 5/1024 = 0,00488 v 0 v = 00000..0; 00048 v = 00..01; 0,0048x2 = 00..010 ecc………0,0048x1022 = 111….1110 0,0048x1024 = 11..11 E presente il PIN AREF, col quale per mezzo di una apposita funzione si può fissare il valore un riferimento minore di 5v (3,3 v) LETTURA DELLE USCITE analogWrite( X,valore) ; uscita dalla scheda Arduino è disponibile solo sui pin digitali: 3, 5, 6, 9, 10 e 11. In uscita il dato viene fornito in forma digitale a 8 bit a cui corrispondono 255 livelli (2^8 = 255) Le seguenti istruzioni analogWrite( 3,127) ; genera sul pin 3 un’onda quadra con D.C. del 50% (2,5, v) analogWrite( 5,63);genera sul pin 5 un’onda quadra con D.C. del 25% (1,25 v) analogWrite( 3,191); genera sul pin 3 un’onda quadra con D.C. del 75% (3, 75 v) const int potenziometro = 0; //imposta l’ingresso A0 del potenziometro const int motore = 9; //imposta il pin che verrà collegato alla base del transistor int velocita; //variabile di supporto per scrivere il valore letto dal potenziometro void setup() { pinMode(motore, OUTPUT); //inizializza il motore come output } void loop() { velocita = map(analogRead(potenziometro),0,1023,0,255); //il motore gira con velocità proporzionale alla rotazione del potenziometro analogWrite(motore, velocita); } #define potenziometro 0 // potenziometro #define motore 9 // motore void setup() { // inizializza il motore come output pinMode(motore, OUTPUT); Serial.begin(9600); } void loop(){ int valore = map(analogRead(potenziometro),0,1023,0,255); // il valore letto in ingresso del potenZiometro a 10 bit viene convertito in un valore a8 bit analogWrite(motore,valore); if(valore >100){ Serial.println("lento"); }else{ Serial.println("veloce"); } } Tabelle delle variabili utilizzate con Arduino Una variabile rappresenta un dato che può cambiare il proprio valore durante l’esecuzione del programma.Una costante rappresenta un dato che non può cambiare di valore nel corso dell’esecuzione. La dichiarazione di una costante associa ad un identificatore (nome della costante) un valore (espresso eventualmente mediante altra costante). La dichiarazione di una variabile e di una costante è un passaggio obbligatorio nel linguaggio C e richiede di definire un identificatore (nome della variabile), un tipo (esempio: int, char, etc) e eventualmente le dimensioni (solo per gli "array" e le "stringhe") prima che venga utilizzata nel programma. Una variabile globale è visibile in ogni funzione del programma. Qualsiasi variabile dichiarata fuori da una funzione (per es. setup(), loop(), etc.) è una variabile globale. Le variabili locali sono visibili soltanto all'interno della funzione nella quale esse sono dichiarate. Le variabili locali sono un modo utile per assicurare che soltanto all'interno di quella funzione si ha accesso alle proprie variabili. Questo previene errori di programmazione quando una funzione inavvertitamente modifica variabili usate da un'altra funzione. È anche possibile dichiarare e inizializzare una variabile all'interno di un ciclo. Questo crea una variabile accessibile solo all'interno del ciclo. Esempio: for ( int k=0; k<10; k++) { ..... } La variabile Static viene utilizzata per creare una variabile che è visibile solo da una funzione. la variabile volatile indica al compilatore di caricare la variabile dalla memoria RAM, e non dalla memoria register. int inputVariable = 0; // si dichiara una variabile a cui è assegnato il valore 0 inputVariable = analogRead(2); // imposta la variabile al valore presente sul pin analogico 2 if (inputVariable < 100) // verifica se la variabile è minore di 100 { inputVariable = 100; // se vero viene assegnato 100 } delay(inputVariable); // usa la variabile per impostare il ritardo void setup() { } int valore; //variabile visibile ad ogni funzione void loop( ){ int k=0; for(int i=0; i<100;i++){ //'i' è visibile solamente all'interno del ciclo for «statica» k++; //questa variabile esterna al ciclo for ma visibile solo nel ciclo loop. float f=analogRead(15); // f è una variabile locale che non è¨ disponibile all'esterno del ciclo loop } } Cicli con array e stringhe for, case, if, while, do Istruzione for(int x = 0; x < 10; x++) { // blocco di codice da ripetere Serial.print(x, HEX); } È una istruzione di ripetizione particolarmente adatta per realizzare un numero predefinito di cicli tramite un contatore. La prima espressione è di inizializzazione (x=0;) viene eseguita una volta sola, prima di entrare nel ciclo. La seconda espressione (x<10;) rappresenta la condizione di permanenza nel ciclo (viene valutata all'inizio di ogni iterazione). La terza espressione (x++) rappresenta l’incremento o il decremento (x--) unitario per il passaggio al ciclo successivo (valutata alla fine di ogni iterazione). Per forzare l’uscita da un ciclo “for" si utilizza l'istruzione "break“. void setup() { Serial.begin(9600); } int flag=0; void loop() { if(flag==0){ int i,a,j; for (i=1;i<=2;i++) { for (j=1;j<=10;j++) { (a=i*j); Serial.println(a); flag=1; } } Lampeggio tre led con ciclo for int timer = 100; // Più alto è il numero, più lenta è la tempistica void setup() {// inizializza ciascun pin come uscita: for (int Pinuno = 2; Pinuno < 5; Pinuno ++) { pinMode(Pinuno , OUTPUT); } } void loop() { for (int Pinuno = 2; Pinuno < 5; Pinuno ++) { // accensione in avanti digitalWrite(Pinuno, HIGH); delay(timer); digitalWrite(Pinuno, LOW); } } } } Le stringhe Una stringa è una sequenza di caratteri delimitata da virgolette (testo in ASCII) esempio: "ciao!" "Hello" In C le stringhe sono semplici sequenze di caratteri di cui l’ultimo, sempre presente in modo implicito, è «\0» (carattere di fine della stringa) /* Il carattere "\0" e' corrispondente alla fine della stringa*/ char testo1[6] = {'C', 'i', 'a', 'o', '1', '\0'}; // stringa con terminazione char testo2[] = "Ciao2"; // stringa senza terminazione,si puo scrivere piu di 6 ch char testo3[6] = "Ciao3"; // stringa senza terminazione (viene chiusa in automatico dal programma) char testo4[] = {67, 105, 97, 111, 52, 0}; // stringa con terminazione (valori decimali) byte testo5[] = { 'C', 'i', 'a', 'o', '5', '\0'}; // stringa con terminazione void setup() // funzione di configurazione dei Input/Output { Serial.begin(9600); } void loop() // programma principale (main) --> ciclo infinito (loop) { Serial.write(testo1); Serial.println(); Serial.print(testo1); Serial.println(); Serial.write(testo2); Serial.println(); Serial.write(testo3); Serial.println(); Serial.write(testo4); Serial.println(); for(int x=0; x<5; x++) // ciclo con il { Serial.write(testo5[x]); } for(int x=0; x<5; x++) // ciclo con il { Serial.print(testo5[x]); } while (1);} } numero di caratteri da stampare // stampa del singolo carattere byte numero di caratteri da stampare // stampa del singolo carattere ASCII array Array: ’ un elenco di variabili accessibili tramite un indice. Un array e’ una variabile di tipo int o char seguita da una parentesi quadra aperta, un valore numerico (il numero di elementi) ed una parentesi quadra chiusa. Si utilizza la parola chiave int l’array conterra’ dei numeri interi di valore compreso tra -32768 e 32767 se si utilizza la parola chiave char conterra’ dei caratteri. E possibile definire preventivamente i valori di ogni elemento della tabella, facendo seguire alle parole chiave int o char le parentesi quadre con il numero di elementi, il segno di uguale ed i valori, separati da una virgola e racchiusi tra parentesi graffe. Esempi: char saluto [ ] = "ciao"; // la variabile di tipo string denominata “saluto” contiene la parola “ciao” ed occupa 4 caratteri di testo + il carattere NULL e quindi 5 caratteri int mieiNumeri[6]; // dichiarazione di un array senza inizializzazione int mieiPin[ ]= {2,4,8,3,6}; // dichiarazione di un array senza definirne a dimensione. Il compilatore //conta gli elementi e crea un array avente dimensione adatta. int valoriSensori[6]={2,4,8,3,2,5}; // dichiarazione e inizializzazione di un array char messaggio[5]= “ciao”; // Dichiarazione ed inizializzazione di un array di char. Occorre un //carattere in più per definire il valore che determina la fine dell'array di caratteri. Accesso agli elementi di un array di int Gli indici degli array partono dallo 0, cioè il primo elemento occupa la posizione 0. In un array avente 10 elementi, l'indice 9 rappresenta l'ultimo della lista. Sintassi per leggere un valore in un array tipo var = mioArray[ n] ; var indica la variabile di lettura o di accesso; mioArray[n ] nome dell'array di cui si vuole accedere agli elementi n indica la posizione occupata. esempio int numeri[10]={3,4,6,8,5,12,15,7,9,13}; // definizione e inizializzazione dell'array chiamato numeri [ ] avente 10 elementi int x ; // inizializzazione della variabile x di tipo int x = numeri[0]; // x=3 x = numeri[9]; // x=13 x = numeri[10] ; // richiesta non valida. Contiene un numero casuale (altro indirizzo di memoria) Array di char Un array è un insieme di elementi tutti dello stesso tipo. Nel caso specifico, in un oggetto di tipo String, gli elementi dello stesso tipo sono char. Sintassi per dichiarare stringhe di caratteri char Str1[15]; // definisce un array di char lungo 15 caratter senza nessuna assegnazione char Str2[8]={'a','r','d','u','i','n',o'}; // i caratteri sono 7, la lunghezza dell'array definito è 8, durante la compilazione viene accodato un carattere nullo per arrivare alla lunghezza di 8 char Str3[8]={'a','r','d','u','i','n',o','/0'}; // esplicitamente viene aggiunto il carattere null (/0). char Str4[ ]= “arduino”; // in questo caso la sezione dell' array sarà definita dopo che il compilatore avrà fatto riempito l'array cioè fino al valore null della stringa char Str5[8]= “arduino”; // inizializza l'array con esplicita sezione estringa costante char Str6[15]= “arduino”; // inizializza l'array con lunghezza 15 lasciando uno spazio extra dopo la stringa di inizializzazione. array int Array[6]={2,4,8,3,2,5}; float ris; void setup() { Serial.begin(9600); } int flag=0; void loop() { if(flag==0){ for(int i=1; i<6; i++){ ris= Array[i-1]*Array[i]; Serial.println(ris); flag=1; } } } char* myStrings[]={"This is string 1", "This is string 2", "This is string 3", "This is string 4", "This is string 5","This is string 6"}; void setup(){ Serial.begin(9600); } void loop(){ for (int i = 0; i < 6; i++){ Serial.println(myStrings[i]); delay(500); } while (1); } // inizializzo le variabili necessarie per la compilazione del programma int value = 5; int tagArray[4]; int totale = 0; int i = 0; int OK = 10; int WARNING = 11; void setup() { pinMode(value,INPUT); //Imposto la variabile come ingresso Serial.begin(9600); } void loop() { Serial.print("Valori tabella: "); //Ogni 10ms memorizza il valore letto in un array (vettore) di numero i for (i=0; i<4; i++) { analogRead(value); tagArray[i]=value; Serial.print(tagArray[i]); Serial.print(" "); totale += tagArray[i]; delay(10); int media = totale/i; //Si esegue la media dei valori Serial.println(""); Serial.println("Media dei valori: "); Serial.print(media); if(media<409) { Serial.println("Tutto OK"); //Se la media ricavata è minore di 2v, non vi è errore OK = HIGH; WARNING = LOW; } else { Serial.println("WARNING!"); //Se la media ricavata è maggiore di 2v, c'è un pericolo WARNING = HIGH; OK = LOW; } delay(10); } } • Istruzione: Switch… case Il controllo switch si comporta come più if in cascata. È utilizzato per quei casi in cui la variabile può assumere più valori che devono essere controllati tutti (es. Che tasto ho premuto?) switch (variabile) { case 1: // istruzioni da eseguire quando la variabile assume valore 1 break; case 2: // istruzioni da eseguire quando la variabile assume valore 2 break; default: // istruzioni da eseguire quando la variabile non assume nessuno dei valori previsti } Consente di selezionare l’esecuzione tra gli N blocchi di istruzioni componenti, in base al valore di una espressione (solo con variabili intere, cioè senza virgola). Per terminare ogni "case" si utilizza l'istruzione "break" (che provoca l'uscita forzata dallo switch). È possibile specificare un’etichetta "default". Essa viene eseguita per qualunque valore diverso dai valori specificati in precedenza nei vari "case". Case acquisizione caratteri da tastiera P.S. utilizzare il "Serial Monitor" settato a 9600 baud e digitare il carattere seguito da INVIO oppure effettuando un clic sul pulsante denominato "Send". Si ricorda che il PC invia sulla seriale fittizia solo codici ASCII, quindi il carattere maiuscolo "A" verra' trasmesso sulla seriale viene ricevuto dal codice presente sulla scheda Arduino come un codice 0x41 (valore espresso in esadecimale per il linguaggio C) che corrisponde al valore decimale 65. void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { // if (Serial.available() > 0) { int dato = Serial.read(); // a seconda del carattere "a =97" 'b' = 98», si da una risposta diversa switch (dato) { case 'a': digitalWrite(2, HIGH); break; case 'b': digitalWrite(3, HIGH); break; case 'c': digitalWrite(4, HIGH); break; case 'd': digitalWrite(5, HIGH); break; case 'e': digitalWrite(6, HIGH); break; } } // } // comando da tastiera // variabili per il ciclo if int sensore1 = A1; int stato1 = 0; // variabii per lampeggio int led2 = 2; // variabili necessarie per la determinazione minimo int value = A3; // ingresso analogico int tagArray[3]; int min; char tastiera; void setup() { Serial.begin(9600); pinMode ( sensore1, INPUT); pinMode(value,INPUT); pinMode (1, OUTPUT); pinMode(led2, OUTPUT); } void loop() { ciclo if tastiera = Serial.read(); switch(tastiera) { case 'a': stato1 = analogRead ( sensore1 ); if ( stato1 > 410) { digitalWrite ( 04, HIGH); Serial.println("Attivo il riscaldamento"); } break; // variabii per lampeggio case 'b': digitalWrite(led2, 1); delay(1000); digitalWrite(led2, 0); delay(1000); break; // variabili necessarie per la determinazione minimo case 'c': // memorizzazione dati for (int i=0; i<2; i++) { value = analogRead(value); tagArray[i]=value; Serial.print(tagArray[i]); Serial.print(" "); delay(10); // determinazioen del minimo min= tagArray[0]; for(int i=1; i<2; i++){ if(tagArray[i]<min) min= tagArray[i]; } Serial.print("IL MINIMO E: "); Serial.println(min); break; default: // caso relativo alla ricezione diverso da un CARATTERE valido Serial.print(" nessuna attivazione "); break; } // fine switch while(1) ; } } int value = 5; int tagArray[4]; int totale = 0; int i = 0; int OK = 10; int WARNING = 11; // inizializzo le variabili necessarie per la compilazione del programma void setup() { pinMode(value,INPUT); //Imposto la variabile come ingresso Serial.begin(9600); } void loop() { Serial.print("Valori tabella: "); value= analogRead(A1); for (i=0; i<4; i++) { value = analogRead(A1); tagArray[i]=value; Serial.print(tagArray[i]); Serial.print(" "); totale += tagArray[i]; delay(5000); } //Ogni 10ms memorizza il valore letto in un array (vettore) di numero i int media = totale/i; //Si esegue la media dei valori Serial.println(""); Serial.println("Media dei valori: "); Serial.print(media); if(media<409) { Serial.println("Tutto OK"); //Se la media ricavata è minore di 2v, non vi è errore OK = HIGH; WARNING = LOW; } else { Serial.println("WARNING!"); //Se la media ricavata è maggiore di 2v, c'è un pericolo WARNING = HIGH; OK = LOW; } delay(5000); } int value = 5; int tagArray[4]; int min = 0; int i = 0; // inizializzo le variabili per la compilazione void setup() { pinMode(value,INPUT); //Imposto la variabile come Serial.begin(9600); } void loop() { Serial.print("Valori tabella: "); value= analogRead(A1); for (i=0; i<4; i++) { value = analogRead(A1); tagArray[i]=value; Serial.print(tagArray[i]); Serial.print(" "); //totale += tagArray[i]; delay(5000); } //Ogni 10ms memorizza il valore letto in un array (vettore) di numero i // determinazioen del minimo min= tagArray[0]; for( i=1; i<4; i++){ if(tagArray[i]<min) min= tagArray[i]; } Serial.print("IL MINIMO E: "); Serial.println(min); delay(5000); } int value = 5; int tagArray[4]; int mas = 0; int i = 0; // inizializzo le variabili per la compilazione void setup() { pinMode(value,INPUT); //Imposto la variabile come Serial.begin(9600); } void loop() { Serial.print("Valori tabella: "); value= analogRead(A1); for (i=0; i<4; i++) { value = analogRead(A1); tagArray[i]=value; Serial.print(tagArray[i]); Serial.print(" "); //totale += tagArray[i]; delay(5000); } //Ogni 10ms memorizza il valore letto in un array (vettore) di numero i // determinazioen del minimo mas= tagArray[0]; for( i=1; i<4; i++){ if(tagArray[i]>mas) mas= tagArray[i]; } Serial.print("IL mas E: "); Serial.println(mas); delay(5000); } Istruzione while() while(x < 10) { blocco di codice da ripetere x = x + 1; } L’espressione presente all'interno della parentesi tonda (condizione di ripetizione) viene valutata all’inizio di ogni ciclo. Se la condizione risulta VERA si eseguono tutte le istruzioni presenti tra le parentesi graffe. Se la condizione risulta FALSA (cioè se è uguale a zero) il programma salta all'esecuzione della prima istruzione dopo la parentesi graffa chiusa. Se inizialmente la condizione ha valore zero, il corpo del ciclo non viene mai eseguito. int led = 13; // definizione della variabile "led" utilizzata per scrivere sul pin 13 int pulsante = 7; // definizione della variabile "pulsante" utilizzata per leggere sul pin 7 void setup() // funzione di inizializzazione dei INPUT/OUTPUT { pinMode(led, OUTPUT); // inizializza il pin 13 come OUTPUT collegato al led pinMode(pulsante, INPUT); // inizializza il pin 7 come INPUT collegato al pulsante n.a. digitalWrite(pulsante, HIGH); // utilizza la R=10K di pull-up interna al microcontrollore } void loop() // programma principale (main) --> ciclo infinito (loop) { while(digitalRead(pulsante) == 1) // acquisisci il valore del pulsante pin 7 se il pulsante { // NON E' PREMUTO si avra' un livello ALTO quindi si deve spegnere il led digitalWrite(led, LOW); // spegni il LED collegato al pin 13 della scheda Arduino } digitalWrite(led, HIGH); // accendi il LED collegato al pin 13 della scheda Arduino } while void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { int j = 1 ; while (j<=10) { // inizia il loop Serial.println(j); // scrivi j j=j+1; // incrementa di 1 } // fine del ciclo while(1); } int int int rossoacceso =1000; // tempo di accensione rossospento =500; // tempo di spegnimemnto limite =4; void setup() { Serial.begin(9600); pinMode(2 ,OUTPUT); } void loop() { int j=1; while (j<=limite) { Serial.print(" in fase di lampeggio #: "); Serial.println(j); digitalWrite(2,HIGH); delay(rossoacceso); digitalWrite(2,LOW); delay(rossospento); j=j+1; } } Istruzione do … while() Il controllo della condizione di ripetizione viene verificata alla fine di ogni ciclo Le istruzioni presenti tra le parentesi graffe vengono sempre eseguite almeno una volta. È come il ciclo while con la differenza che la condizione è controllata alla fine. Do { x = readSensors(); // controlla il sensore } while (x < 100); /* Descrizione: calcola e stampa il fattoriale con l'istruzione do .... while */ void setup() // funzione di inizializzazione della seriale RS232 { Serial.begin(9600); } void loop() // programma principale (main) --> ciclo infinito (loop) { int fattoriale = 1; /* inizializzazione del fattoriale*/ int numero = 4; // valore massimo del fattoriale da calcolare int i=0; /* inizializzazione del contatore*/ do { // calcolo del numero fattoriale (ad esempio per il num. 4 si avra' 1*2*3*4 = 24 fattoriale = (i + 1) * fattoriale; i = i + 1; } while (i < numero); Serial.print("Il fattoriale del numero "); Serial.print(numero, DEC); Serial.print(" e' il valore "); Serial.print(fattoriale, DEC); while (1); // blocca il programma (loop infinito) } int valore; void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { int flag=0; if(flag==0){ Serial.println("dammi un numero"); delay(5000); if (Serial.available() > 0) { valore = Serial.parseInt(); Serial.flush(); int fattoriale = 1; int numero = valore ; int i=0; do { fattoriale = (i + 1) * fattoriale; i = i + 1; } while (i < numero); Serial.print("Il fattoriale del numero "); Serial.print(valore, DEC); Serial.print(" e' il valore "); Serial.println(fattoriale, DEC); flag = 0; delay(5000); //while (1); } } } DO While Acquisizione numero esterno Per operazioni sui numeri utilizzare if (Serial.available() > 0) { valore = Serial.parseInt(); fUNZIONI Una funzione è un blocco di codice che ha un nome ben definito che viene eseguito quando la funzione viene chiamata. A questo punto il programma esegue le istruzioni della routine e, al termine, ritorna al normale iter eseguendo le istruzioni immediatamente successive all’istruzione di lancio della routine Le funzioni sono utilizzate per eseguire operazioni ripetitive in modo da ridurre il codice programma ed evitare quindi confusione nel programma stesso. Le funzioni sono dichiarate all’inizio del programma e specificate dal tipo di funzione. La struttura della funzione è la seguente: Dichiarazione di funzione Sintassi: funzione divisione, somma, ecc… tipo nome Funzione(parametro1, parametro2, …) oppure nome funzione, (parametro n ) { istruzioni da eseguire; Le funzioni hanno principalmente tre funzioni: - Permettere una maggiore leggibilità del codice, - Evitare di riscrivere lo stesso codice, - Possibilità di costruire librerie da poter utilizzare in differenti progetti Arduino permette sia l’utilizzo di funzioni da librerie, sia la creazione di nuove funzioni. Alcune funzioni quando vengono eseguite restituiscono un risultato (ad esempio la funzione sqrt() che calcola la radice quadrata di un numero), altre invece non restituiscono alcun risultato (ad esempio le funzioni setup() e loop()). Il tipo di una funzione è il tipo di dati del risultato che viene restituito e può essere: ▪ ▪ ▪ ▪ ▪ uno dei tipi usati anche per le variabili float divisione(variabili), int somma(variabili) il tipo void per le funzioni che non restituiscono risultato void differenza() Quando una funzione viene chiamata potrebbe essere necessario passare dei parametri alla funzione. I parametri servono a fornire i dati necessari all'esecuzione della funzione; ad esempio per calcolare la radice quadrata del numero 4 è necessario passare il parametro “4” alla funzione in questo modo: sqrt(4). I parametri possono essere valori o variabili e vanno indicati tra le indicate, anche quando non ci sono parametri da passare parentesi (NB le parentesi vanno sempre /* utilizzo di due funzioni che effettuano la divisione e la moltiplicazione di due valori con parametri in ingresso e in uscita*/ void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { float i =3; // prima variabile con virgola float j = 2; //seconda variabile float k; // variabile che contiene il risultato float m; k = divisione(i, j); // la variabile k contiene il risultato m = moltiplicazione(i,j); Serial.println(k); // stampa Serial.println(m); // stampa } /* funzione che effettua la divisione e restituisce il risultato. Il primo parametro «i» viene passato alla funzione con la variabile --> "float x". il secondo parametro «j» viene passato alla funzione con la variabile --> "float y«’ terzo parametro (r1sultato della divis1one) viene restituito dalla funzione tramite la variabile float divisione (float x, float y) { float risultato; // variabile che contiene il valore calcolato risultato = x / y; // calcolo della divisione e memorizzazione del risultato return risultato; // restituisce risultato } float moltiplicazione (float x, float y) { float risultato1; // variabile che contiene il valore calcolato risultato1 = x *y; // calcolo della divisione e memorizzazione del risultato return risultato1; // restituisce risultato } risultato «K, m» (anch'essa float) */ int x = 3; /*VARIABILE GLOBALE, viene vista e modificata all'interno di qualsiasi funzione presente nel software */ int y = 7; /*VARIABILE GLOBALE, viene vista e modificata all'interno di qualsiasi funzione presente nel software*/ void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { scambio_valore(); Serial.println(x); // stampa Serial.println(y); // stampa } void scambio_valore() { int temp; // VARIABILE LOCALE, viene vista e considerata solo all'interno della funzione denominata cambio_valore(); temp = x; // poni il primo valore nella memoria di una terza variabile locale x = y; // memorizza il secondo valore nella prima variabile y = temp; // memorizza la variabile temporanea nel secondo valore } int int int int int int int int sensore_T=A0; //inizializzo il sens di temperatura sensore_livello=6; //inizializzo il sens digit di livello m1=7; //inizializzo il motore m_LM293=11; //inizializzo la pompa dell'acqua i; somma=0; media; Tm=50; //imposto i limiti di temperatura void setup() { Serial.begin(9600); //comunincazione seriale pinMode(sensore_livello, INPUT); pinMode(m1, OUTPUT); pinMode(m_LM293, OUTPUT); } void loop() { for(i=0; i<=12; i++) { int sensore=analogRead(sensore_T); //funzione che permette di fare la media delay(2000); somma=somma+sensore; Serial.println("Sensore "); Serial.println(sensore); if(i==12) { media=somma/i; i=0; somma=0; Serial.println("media "); Serial.println(media); } } AZIONAMENTO MOTORI SEMPLIFICATO if(media=Tm) //se media è uguale a Tm tutto chiuse { caso3(); } if(media<Tm) //se media è minore avviamento motore { caso1(); } if(media>Tm) //se media è maggiore avviamento pomps caso2(); } void caso1() { digitalWrite(m1, HIGH); delay(2000); digitalWrite(m_LM293, LOW); } void caso2() { digitalWrite(m_LM293, HIGH); digitalWrite(m1, HIGH); } void caso3() { digitalWrite(m_LM293, LOW); digitalWrite(m1, LOW); } int sensore_T=A0; //inizializzo il sens di temperatura int sensore_livello=6; //inizializzo il sens digit di livello int m1=7; int m2=8; int m3=9; int m4=10; //inizializzo i motori int m_LM293=11; int m_LM293_2=12; int i; int somma=0; int media; //inizializzo la pompa dell'acqua int Tm=50; int TM=63; int TM2=55; //imposto i limiti di temperatura void setup() { Serial.begin(9600); //comunincazione seriale pinMode(sensore_livello, INPUT); pinMode(m1, OUTPUT); pinMode(m2, OUTPUT); pinMode(m3, OUTPUT); pinMode(m4, OUTPUT); pinMode(m_LM293, OUTPUT); pinMode(m_LM293_2, OUTPUT); } void loop() { sensore_digitale(); //funzione che permette di cambiare verso di spinta della pompa in base al sensore di livello for(i=0; i<=12; i++) { int sensore=analogRead(sensore_T); //funzione che permette di fare la media delay(2000); somma=somma+sensore; Serial.println("Sensore "); Serial.println(sensore); if(i==12) { media=somma/i; i=0; somma=0; Serial.println("media "); Serial.println(media); } } if(media<=Tm) //se media è minore di Tm tutte le valvole sono chiuse { digitalWrite(m1, LOW); digitalWrite(m2, LOW); digitalWrite(m3, LOW); digitalWrite(m4, LOW); digitalWrite(m_LM293, LOW); } if(Tm<media<=TM2) caso1(); if(TM2<media<=TM)//se è verificata tale condizione le valvole si attivano per i tempi aumentati del 30% caso2(); if(media>TM) //se è verificata tale condizione le valvole si attivano per i tempi aumentati del 50% caso3(); } void caso1() { digitalWrite(m_LM293, HIGH); digitalWrite(m1, HIGH); delay(2000); digitalWrite(m1, LOW); digitalWrite(m2, HIGH); delay(3000); digitalWrite(m2, LOW); digitalWrite(m3, HIGH); delay(3000); digitalWrite(m3, LOW); digitalWrite(m4, HIGH); delay(4000); digitalWrite(m4, LOW); } void caso2() { digitalWrite(m_LM293, HIGH); digitalWrite(m1, HIGH); delay(2600); digitalWrite(m1, LOW); digitalWrite(m2, HIGH); delay(3900); digitalWrite(m2, LOW); digitalWrite(m3, HIGH); delay(3900); digitalWrite(m3, LOW); digitalWrite(m4, HIGH); delay(5200); digitalWrite(m4, LOW); } void caso3() { digitalWrite(m_LM293, HIGH); digitalWrite(m1, HIGH); delay(3000); digitalWrite(m1, LOW); digitalWrite(m2, HIGH); delay(4500); digitalWrite(m2, LOW); digitalWrite(m3, HIGH); delay(4500); digitalWrite(m3, LOW); digitalWrite(m4, HIGH); delay(6000); digitalWrite(m4, LOW); } void sensore_digitale() { if(sensore_livello==HIGH) { digitalWrite(m_LM293, HIGH); digitalWrite(m_LM293, LOW); } else { digitalWrite(m_LM293, LOW); digitalWrite(m_LM293_2, HIGH); } } FUNZIONE INTERRUPT (INTERRUZIONI ESTERNE HARDWARE) Con il termine interrupt (interruzione) si intende un segnale asincrono che indica la necessità di “attenzione” da parte di una periferica collegata ad Arduino. L’interrupt viene generato quando si verifica una variazione di stato su uno dei piedini di Arduino. Normalmente il microcontrollore esegue all’interno del loop() in modo sequenziale e ripetitivo le istruzioni in esso inserite, ma quando si verifica un interrupt viene interrotto il flusso delle istruzioni all’interno del loop() . ed invocate altre routine (create dall’utente). Quando le routine terminano il flusso del programma prosegue normalmente. L’utilizzo dell’interrupt è particolarmente utile quando abbiamo la necessità di eseguire istantaneamente un’operazione nel caso si manifesti un evento asincrono esterno. L'ATMEGA328 gestione 26 differenti sorgenti dell'interrupt. Due interrupt sono generati da un segnale esterno mentre i rimanenti 24 interrupt supportano in modo efficiente le periferiche disponibili all’interno del chip del microcontrollore. La scheda Arduino UNO gestisce 2 differenti interrupt esterni: INT0 collegato al pin 2 digitale della scheda Arduino e INT1 collegato al pin 3 (digitale della scheda Arduino). La funzione attachInterrupt(interrupt, function, mode) è utilizzata per collegare il pin hardware alla gestione del software di interrupt. I tre argomenti della funzione devono essere configurati nel seguente modo: . function à specifica il nome della routine di gestione dell'interrupt. Questa funzione non deve avere parametri e non deve restituire alcun valore.. mode à specifica quale tipo di attività deve essere valutata quando si verifica l'evento che genera l'interrupt. I valori che può assumere sono i seguenti: LOW: genera un interrupt quando il pin è a livello basso. CHANGE: genera un interrupt quando il pin passa da un livello all'altro, cioè quando si passa da HIGH a LOW e viceversa. RISING: genera un interrupt solo quando il pin passa dal livello LOW al livello HIGH. FALLING: genera un interrupt solo quando il pin passa dal livello HIGH al livello LOW L’interrupt viene gestito dal pulsante sul pin 3 int pin = 8; // COMANDO LED DA INTERRUPT volatile int state = LOW; void setup() { pinMode(pin, OUTPUT); //definisco il pin8 come uscita LED digitalWrite(pin, LOW); //inizializzo l'uscita a livelo basso attachInterrupt(1, GestInt, LOW); //Creo un gestore di interrupt sul pin 3 con modalita LOWe lo associo al pin3 } void loop() { //fai qualcosa delay(10); } void GestInt() // OGNI VOLTA CHE SI CHIAMA GESTINT SI CAMBIA LO STATO DEL LED { state = !state; //inverti lo stato digitalWrite(pin, state); //scrivi lo stato del LED } int pin = 13; volatile int state = LOW; void blink() { /* variabile usata nella funzioneall'interno di attachInterrupt */ // la funzione blink() esegue la funzione NOT di "state" cioè state = !state; } void setup() { pinMode(pin, OUTPUT); // definiamo pin output attachInterrupt(0, blink, CHANGE); // l'interrupt 0 è associato al pin digitale 2 // attachInterrupt chiamerà la funzione collegata blink // la rilevazione del cambiamento di stato sarà di tipo: CHANGE // cioè l'interrupt viene eseguito quando avviene un qualsiasi cambiamento di stato sul pin 2 //Sia nel passaggio sa alto basso che viveversa } void loop() { digitalWrite(pin, state); // il pin digitale 13 viene impostato a "state« che può essere LOW o HIGH } Collegare 3 LED di diverso colore con lo scopo di far lampeggiare alternatamente i due led rosso e verde con una frequenza di 300 millisecondi tra l’uno e l’altro. Alla pressione del pulsante si accende il led giallo e resta accesso fino a quando la funzione loop() non ha eseguito i suoi 10 cicli. Collegando il pulsante al pin 2, che sarà l’interrupt 0 (1 se fosse stato il pin 3), alla pressione del pulsante il valore letto sul pin 2 sarà HIGH in quanto la pressione dl pulsante mette in contatto il pin 2 di arduino con il polo positivo +5V. L’interrupt viene gestito dal pulsante sul in 2} //Dichiarazione della variabili I O int ledRed=8; int ledGreen=7; int ledYellow=12; int Count=0; void setup() { pinMode(ledRed, OUTPUT); pinMode(ledGreen, OUTPUT); pinMode(ledYellow, OUTPUT); digitalWrite(ledRed, LOW); digitalWrite(ledGreen, LOW); digitalWrite(ledYellow, LOW); attachInterrupt(0, interruptGiallo, RISING); //funzione di interrupt sul pin 2 con modalità RISING DA ALTO A BASSO } void loop() { Count++; //incrementa il contatore digitalWrite(ledRed, HIGH); digitalWrite(ledGreen, LOW); delay(300); digitalWrite(ledRed, LOW); digitalWrite(ledGreen, HIGH); delay(300); if ( Count == 10 ) //controlla se il contatore arrivato a 10 { Count = 0; //reset del contatore digitalWrite(ledYellow, LOW); } } void interruptGiallo() //funzione da richiamare in interrupt { digitalWrite(ledYellow, HIGH); } operazioni matematiche Operatori di assegnazione Operatori di confronto x == y // x è uguale a y x != y // x è diverso da y x < y, >,<=,>= // x è minore di…………………….. Y Operatori d matematici +, -, /, *, = per le add, sot, div, mol, assegnazione: Sintassi: result = valore1+valore2; “%“ restituisce il resto di una divisione. Sintassi: result = valore1%valore2; x++; x-- // è uguale a x = x +/- 1, incrementa/decrementa la variabile x di 1 x += y; x -= y; //corrisponde x = x + /- y, incr./decr. x di y x *= y; x /= y; // è uguale a x = x * / y, moltiplica /divide Se scrivo: value++, -- a +/-= 2 si può scrivere x per y prima valuta la variabile value e poi la incre/decre di 1. Se invece scrivo: ++, -- value, prima incre/decr di 1 e poi valuta. a = a +/- 2 FUNZIONI MATEMATICHE il linguaggio include funzioni matematiche alcune delle quali sono qui’ rappresentate. L’elenco completo delle istruzioni e delle funzioni e’ reperibile nella sezione “aiuto” dell’ambiente di sviluppo. gamma = min (alfa,beta); inserisce in gamma il valore minore tra i due valori contenuti nelle variabili alfa e beta val = max(x,y); // inserisce in val il valore maggiore tra i valori contenuti in x e y val = abs(x); // inserisce in val il valore assoluto di x (toglie il segno a x) val = constrain(x,a,b); // x e’ un valore variabile; a e’ il minimo valore accettabile e b e’ il massimo valore accettabile. inserisce in val il valore x se x e’ compreso tra a e b; inserisce in val il valore a se x è minore di a; inserisce in val il valore b se x è maggiore di b. val = pow(base,esponente); // calcola una potenza e cioe’ inserisce in val la base elevata all’esponente. Attenzione: val deve essere una variabile di tipo double val = sqrt(x); // calcola la radice quadrata di x. Attenzione, val deve essere una variabile di tipo double. val = random (max) // inserisce in val un numero a caso compreso tra 0 ed il valore contenuto in max Poiche’ i numeri generati sono in realta’ pseudo casuali (fanno cioe’ parte di una enorme sequenza predefinita), per evitare di ripetere la medesima sequenza di numeri ad ogni avvio del programma e’ opportuno inizializzare il generatore di numeri a caso utilizzando l’istruzione: randomSeed(seme); // inizializza il generatore di numeri a caso Inserendo in seme un numero sempre diverso e quindi derivato, ad esempio, da una funzione di tempo applicata ad un’azione umana (come il tempo intercorso tra l’avvio del programma e la pressione di un pulsante) ad ogni avvio dell’istruzione random () il sistema restituira’ numeri a caso in sequenze sempre diverse. Trigonometria Calcola il seno di un angolo espresso in radianti. Il risultato sarà compreso tra -1 e 1. Sintassi double valore=sin(rad); valore è il risultato della funzione sin; rad rappresenta l'angolo in radianti di tipo float; La funzione restituisce il seno dell'angolo in formato double. Calcola il coseno di un angolo espresso in radianti. Il risultato sarà compreso tra -1 e 1. Sintassi double valore=cos(rad); valore è il risultato della funzione cos; rad: angolo in radianti di tipo float La funzione restituisce il coseno dell'angolo in formato double. Calcola la tangente di un angolo espresso n radianti. Il risultato sarà compreso tra meno infinito e più infinito. Sintassi double valore=tan(rad); valore è il risultato della funzione tan; rad è l'angolo espresso in radianti di tipo float La funzione restituisce la tangente dell'angolo espresso in double. APPLICAZIONI MATEMATICHE / BYTE int Var = 10; int Result = 0; void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { //il valore Result sarà uguale a 50 Var = 50; Result = constrain(Var, 10, 100); // Restituisce x : se x è // compreso tra a e b // a se x è minore di a // b se x è maggiore di b Serial.println(Result); //il valore Result uguale a 10 Var = 5; Result = constrain(Var, 10, 100); Serial.println(Result); //il valore Result uguale a 100 Var = 500; Result = constrain(Var, 10, 100); Serial.println(Result); } float num1, ris; void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { Serial.println("Inserisci un numero: "); delay(5000); if(Serial.available()>0) num1 =Serial.parseInt(); num1 = Serial.read (); Serial.flush(); ris =sqrt(num1); Serial.println("il risuiltato e: "); Serial.println(ris); while(true); } int Var1 = 10; int Var2 = 50; int Result = 0; void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { Result = min(Var1, Var2); Serial.print(Result); while(true); } OPERAZIONI CON NUMERI DA TASTIERA float num1, num2, ris; int scelta=0; void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { Serial.println("Inserisci un numero: "); delay(5000); if(Serial.available()>0) num1 =Serial.parseInt();//riceve in input un numero intero(da tastiera) Serial.flush(); Serial.println("Inserisci un altro numero: "); delay(5000); if(Serial.available()>0) num2 =Serial.parseInt();//riceve in input un numero intero(da tastiera) Serial.flush(); if(num1>=num2) Serial.println("Numero 1 è maggiore di numero 2"); else Serial.println("Numero 1 minore di numero 2"); ris=(num1+num2); Serial.print("IL RISULTATO E: "); // stampa Serial.println(ris); // stampa il risultato Serial.print("IL RISULTATO E: delay(5000); } "); // stampa // tempo di ritardo 5000 msec. = 5 sec. float num1, num2 ris; int scelta=0; void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { Serial.println("Inserisci la base: "); delay(5000); if(Serial.available()>0) num1 =Serial.parseInt(); Serial.flush(); Serial.println("Inserisci l'esponente: "); delay(5000); if(Serial.available()>0) num2 =Serial.parseInt(); Serial.flush(); ris = 1; for(int i=0; i<num2; i++){ ris = ris * num1; } Serial.print("IL RISULTATO E: "); Serial.println(ris); } OPERAZIONI CON NUMERI DA TASTIERA void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { Serial.println("dammi un numero"); delay(5000); if (Serial.available() > 0) { int valore = Serial.parseInt(); Serial.flush(); int fattoriale = 1; int numero = valore ; int i=0; do { fattoriale = (i + 1) * fattoriale; i = i + 1; } while (i < numero); Serial.print("Il fattoriale del numero "); Serial.print(valore, DEC); Serial.print(" e' il valore "); Serial.println(fattoriale, DEC); while (1); } } float num1, num2, num3, Array[5], ris; int scelta=0; void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { Serial.println("Inserisci un numero: "); delay(5000); if(Serial.available()>0) Array[0] =Serial.parseInt(); Serial.flush(); Serial.println("Inserisci un altro numero: "); delay(5000); if(Serial.available()>0) Array[1] =Serial.parseInt();//riceve in input da tastiera Serial.flush(); Serial.println("Inserisci un altro numero: "); delay(5000); if(Serial.available()>0) Array[2] =Serial.parseInt();//riceve in input da tastiera Serial.flush(); Serial.println("Inserisci un altro numero: "); delay(5000); if(Serial.available()>0) Array[3] =Serial.parseInt();//riceve in input da tastiera) Serial.flush(); Serial.println("Inserisci un altro numero: "); delay(5000); OPERAZIONI CON NUMERI DA TASTIERA CON MEMORIZZAZIONE IN ARRAY if(Serial.available()>0) Array[4] =Serial.parseInt(); //riceve in input un numero da tastiera) Serial.flush(); ris= Array[0]; for(int i=1; i<5; i++){ if(Array[i]<ris) ris= Array[i]; } Serial.print("IL MINIMO E: "); Serial.println(ris); } OPERATORI TRA: Bits and Bytes OR composto ( |= ) L'operatore composto di OR tra bit (|=) è spesso usato che setta (mette a 1) particolari bit in una variabile. x |= y ; // equivalente a x = x | y; Il parametro x è una variabile di tipo char, int long y invece una costante di tipo integer o char, int, o long Operatore logico Operatore tra bit && indica AND logico & indica AND tra bit || indica OR logico | indica OR tra bit ! indica il NOR logico ~ indica il NOR tra bit tra una variabile e una costante byte byteValore = 1; unsigned int intValore = 1 ; unsigned long longValore = 1; void setup() { Serial. begin (9600 ); void loop() { } byteValore = -byteValore; // bitwise della logica NOT su una variabile a 8 bit intValore = -intValore; // bitwise della logica NOT su una variabile a 16 bit longValore = -longValore; // bitwise della logica NOT su UNa variabile a 32 bit Serial.println(5, BIN) ; //stampa in binario 00000101 " 00000011 --> 00000110 "); ); "); Serial.print("Logica NOT con variabile tipo 'BYTE = l' --> -byteValore (8 bit) uguale Serial.println (byteValore, BIN); //stampa il risultato in binario Serial.print("Logica NOT con variabile tipo INT = l ' --> -intValore (16 bit) uguale " Serial.println(intValore, BIN) ; //stampa il risultato in binario Serial.print("Logica NOT con variabile tipo 'LONG = l' --> - intValore (32 bit) uguale Serial. println (longValore, BIN); //stampa il risultato in binario while (1); } byte num1,num2; int scelta=0; byte valore = 10; // variabile a 8 bit con il numero da controllare se pari o dispari byte valore1; void faiand (){ Serial.println("Inserisci primo bit: "); delay(5000); if(Serial.available()>0) num1 =Serial.parseInt();//rende l'input un intero Serial.flush(); Serial.println("Inserisci secondo bit: "); delay(5000); if(Serial.available()>0) num2 =Serial.parseInt(); // Serial.flush();/non dare errori di lettura dal bufffer if(num1==1 && num2==1) Serial.println("1"); else Serial.println("0"); } void faior (){ Serial.println("Inserisci primo bit: "); delay(5000); if(Serial.available()>0) num1 =Serial.parseInt();//rende l'input un intero Serial.flush(); Serial.println("Inserisci secondo bit: "); delay(5000); if(Serial.available()>0) num2 =Serial.parseInt(); Serial.flush(); if(num1==0 && num2==0) Serial.println("0"); else Serial.println("1"); } void fainot (){ Serial.println("Inserisci primo bit: "); delay(5000); if(Serial.available()>0) num1 =Serial.parseInt();//rende l'input un intero Serial.flush(); if(num1==0) Serial.println("1"); else Serial.println("0"); } /* la condizione viene verificata se e' uguale a 0, ma prima viene effettuata l'AND (&) con la variabile "valore", cioe' si avra' 10 & 1 che vale in binario "00001010" & "00000001« diventa, effettuando la logica AND su ogni singolo bit "00000000" che corrisponde a 0.*/ void pardispar( ) { { Serial.println("Inserisci un numero: "); delay(5000); if(Serial.available()>0) valore1 = Serial.read(); Serial.flush(); if ((valore1 & 1) == 0) { // se il confronto vale 0 // si e' in presenza di un numero PARI Serial.print("Il numero "); Serial.print(valore1, DEC); Serial.print(" e' PARI."); } else { // altrimenti il numero e' DISPARI Serial.print("Il numero "); Serial.print(valore1, DEC); Serial.print(" e' DISPARI."); } } void input(){ while(scelta<=0 || scelta>=4){ if(Serial.available()>0){ scelta=Serial.parseInt();//riceve un numero intero(da tast) } } } void operazioni(){ switch(scelta){ case 1: faiand(); break; case 2: faior(); break; case 3: fainot(); break; case 4: pardispar(); break; case 5: default: break; scelta=0; } delay(5000); } void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { Serial.println("Scegliere l'operazione da svolgere premendo:"); Serial.println("[1] per la and"); Serial.println("[2] per la or"); Serial.println("[3] per la not"); Serial.println("[4] pardispar"); input(); operazioni(); } ESERCIZI APPLICATIVI ESERCIZI int Pin1=9; int Pin2=10; int Pin3=11; int Pausa=1000; void setup () { pinMode (Pin1,OUTPUT); pinMode (Pin2,OUTPUT); pinMode (Pin3,OUTPUT); } // accendo il primo led, aspetto 1 sec e poi lo spengo void loop() { digitalWrite (Pin1,HIGH); delay (Pausa); digitalWrite (Pin1,LOW); delay (Pausa); digitalWrite (Pin2,HIGH); delay (Pausa); digitalWrite (Pin2,LOW); delay (Pausa); delay (Pausa); } digitalWrite (Pin3,HIGH); delay (Pausa); digitalWrite (Pin3,LOW); } int sensore1 = A1; int stato1 = 410; int led2 = 2; void setup() { Serial.begin(9600); pinMode ( sensore1, INPUT); pinMode(led2, OUTPUT); } void loop() { stato1 = analogRead ( sensore1 ); if ( stato1 > 410) { digitalWrite ( 04, HIGH); Serial.println("Attivo il riscaldamento"); } else if (stato1<410) { digitalWrite ( 04, LOW); Serial.println("SPEGNE il riscaldamento"); } } int value = 5; int tagArray[4]; int mas = 0; int i = 0; // inizializzo le variabili per la compilazione void setup() { pinMode(value,INPUT); //Imposto la variabile come } Serial.begin(9600); void loop() { Serial.print("Valori tabella: "); value= analogRead(A1); for (i=0; i<4; i++) { value = analogRead(A1); tagArray[i]=value; Serial.print(tagArray[i]); Serial.print(" "); //totale += tagArray[i]; delay(5000); } //Ogni 10ms memorizza il valore letto in un array (vettore) di numero i // determinazioen del minimo mas= tagArray[0]; for( i=1; i<4; i++){ if(tagArray[i]>mas) mas= tagArray[i]; } "); Serial.print("IL mas E: Serial.println(mas); delay(5000); } float i =3; float j = 2; float divisione, moltiplicazione, somma, sottrazione ; void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { // if (Serial.available() > 0) { int dato = Serial.read(); switch (dato) { case 'a': moltiplicazione = i*j; Serial.println(moltiplicazione); break; case 'b': divisione=i/j; Serial.println(divisione); break; case 'c': somma= i+j; Serial.println(somma); break; case 'd': sottrazione=i-j; Serial.println(sottrazione); break; case 'e': default: break; } } float i =3; float j = 2; float k = 5; float m; float media (float x, float y, float z) { float risultato; // variabile che contiene il valore calcolato risultato = (x+y+k) / 3; return risultato; // restituisce risultato } void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { m = media(i, j,k); Serial.println(m); } void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { float i =3; float j = 2; float k; float m; k = divisione(i, j); m = moltiplicazione(i,j); Serial.println(k); // stampa Serial.println(m); // stampa } float divisione (float x, float y) { float risultato; risultato = x / y; return risultato;} float moltiplicazione (float x, float y) { float risultato1; risultato1 = x *y; return risultato1; } float i =3; float j = 2; float k = 5; float m; float media (float x, float y, float z) { float risultato; // variabile che contiene il valore calcolato risultato = (x+y+k) / 3; // calcolo della divisione e memorizzazione del risultato return risultato; // restituisce risultato } void setup() { Serial.begin(9600); } void loop() { m = media(i, j,k); Serial.println(m); } int sensore1 = A0; int stato1 = 410; int led2 = 2; int led1 = 3; void setup() { Serial.begin(9600); pinMode ( sensore1, INPUT); pinMode(led2, OUTPUT); pinMode(led1, OUTPUT); } void loop() { stato1 = analogRead ( sensore1 ); if ( stato1 > 410) { avviospento(); Serial.println("Attivo il riscaldamento"); } else if (stato1<410) { spentoavvio(); Serial.println("SPEGNE il riscaldamento"); }} void avviospento() { digitalWrite(led2, HIGH); digitalWrite(led1, LOW); } void spentoavvio() { digitalWrite(led1, HIGH); digitalWrite(led2, LOW); } La gestione tramite automatismo del processo di riempimento, controllo e chiusura delle bottiglie può essere affidata ad un microp. Il motore che muove il nastro viene avviato premendo un pulsante (di start), può essere fermato in qualsiasi istante premendo un ulteriore pulsante (di stop). Si suppone inoltre che le bottiglie vengano posizionate automaticamente sul nastro e ad intervalli di tempo tali da garantire, per ciascuna bottiglia, il completamento del ciclo prima che venga depositata una nuova bottiglia; al termine del percorso le bottiglie escono dal nastro. Di seguito si ha , in modo sintetico, il funzionamento del sistema facendo riferimento al ciclo di lavorazione di una bottiglia. Avviamento - il ciclo di lavorazione ha inizio premendo il pulsante di start e stop - avviamento - FC1 sensore di posizione posizionamento bottiglia, FC2 livello di riempimento Controllo livello Espulsione - FC3 sensore di posizione bottiglia in movimento, FC4 sensore raggiungimento livello Fase di chiusura - FC5 sensore di posizione arresto nastro il nastro - si eccita l’elettrovalvola YV3 che determina l’uscita di un pistone che esce, inserisce il tappo e rientra quando ha raggiunto il finecorsa SQ2 - il nastro riparte, la bottiglia esce dal nastro Avviamento - il ciclo di lavorazione ha inizio premendo il pulsante di start - contemporaneamente una bottiglia viene deposta sul nastro ed avanza fino a raggiungere il sensore di posizione che avverte la presenza della medesima il nastro si ferma per la prima volta in modo da consentire il riempimento della bottiglia Fase di riempimento - l’elettrovalvola si eccita e comanda il riempimento della bottiglia - il sensore rileva il livello di fine riempimento e diseccita l’elettrovalvola - il nastro riparte e la bottiglia prosegue il suo percorso Fase di controllo livello ed espulsione - il nastro si ferma se la bottiglia incontra il sensore di posizione e se, contemporaneamente, il segnale prodotto dal sensore di non segnala il raggiungimento del livello alto del liquido - il nastro continua invece il suo movimento se la bottiglia incontra il sensore di posizione e se, contemporaneamente, il segnale prodotto dal sensore FC4 segnala il raggiungimento del livello alto del liquido - nel primo caso (di livello non raggiunto per un precedente difetto di funzionamento dell’automatismo causato ad esempio dalla formazione di schiuma) si eccita l’elettrovalvol (con funzionamento monostabile) che determina l’uscita di un pistone che espelle la bottiglia difettosa e rientra quando ha raggiunto il fine corsa SQ1 il nastro continua invece il suo movimento se la bottiglia incontra il sensore di posizione e se, contemporaneamente, il segnale prodotto dal sensore FC4 segnala il raggiungimento del livello alto del liquido - nel primo caso (di livello non raggiunto per un precedente difetto di funzionamento dell’automatismo causato ad esempio dalla formazione di schiuma) si eccita l’elettrovalvol (con funzionamento monostabile) che determina l’uscita di un pistone che espelle la bottiglia difettosa e rientra quando ha raggiunto il fine corsa SQ1 Fase di chiusura - - il nastro si ferma quando le bottiglie non difettose raggiungono il sensore di posizione, - - si eccita l’elettrovalvola YV3 che determina l’uscita di un pistone che esce, inserisce il tappo e rientra quando ha raggiunto il finecorsa - - il nastro riparte e la bottiglia esce dal nastro parziale: due metodI int start; //pulsante di avvio int startLED = 2; //luce semaforo avvio int finish; //pulsante di stop int stopLED = 3; //luce semaforo di stop int elet1; //pulsante di riempimento int riempLED = 4; //luce semaforo riempimento void setup() { pinMode(start, INPUT); //pulsanti impostati come input pinMode(finish, INPUT); pinMode(elet1, INPUT); pinMode(startLED, OUTPUT); //luci semaforo impostati come output pinMode(stopLED, OUTPUT); pinMode(riempLED, OUTPUT); } void loop() { start = digitalRead(10); finish = digitalRead(11); //lettura digitale sui pin dedicati ai pulsanti elet1 = digitalRead(12); if(start == 1){ digitalWrite(startLED, HIGH);} //avvio nastro if(elet1 == 1){ //riempimento bottiglia digitalWrite(startLED, LOW); digitalWrite(riempLED, HIGH); delay(3000); digitalWrite(riempLED, LOW); digitalWrite(startLED, HIGH); } if(finish == 1){ digitalWrite(startLED, LOW); //arresto del nastro digitalWrite(stopLED, HIGH); delay(5000); digitalWrite(stopLED, LOW); } } int stato_ON = 8; int stato_OFF = 7; int LED_ON = 10; int LED_pistone = 11; int FC1 = 2; int FC2 = 3; int FC3 = 4; int FC4 = 5; int FC5 = 6; void setup() { pinMode (10, OUTPUT); pinMode (11, OUTPUT); pinMode (7, INPUT); pinMode (6, INPUT); pinMode (5, INPUT); pinMode (4, INPUT); pinMode (3, INPUT); pinMode (2, INPUT); } void loop() { while( stato_ON == 1 ) { digitalWrite( LED_ON,HIGH); if(FC1 == 1) { digitalWrite( LED_ON,LOW); stato_ON = 0; } if(FC5 == 1) { digitalWrite( LED_ON,LOW); stato_ON = 0; } } if(FC4 == 1) { stato_ON = 1; } if (FC5 == 1) { digitalWrite( LED_pistone,HIGH); delay (1000); digitalWrite( LED_pistone,LOW); stato_ON = 1; } } int int int int int int int int int int int int int int int S1 = 0; S2 = 0; Stop1 = 0; M1 = 0; M2 = 0; M3 = 0; M4 = 0; M5 = 0; Riavvio = 0; Start = 2; FC1 = 3; FC2 = 4; FC3 = 5; FC4 = 6; FC5 = 7; int SQ1 = 8; int SQ2 = 9; int Stop = 10; int E1 = 11; int E2 = 12; int E3 = 13; int NastroON = 14; void setup() { pinMode(2, INPUT); pinMode(3, INPUT); pinMode(4, INPUT); pinMode(5, INPUT); pinMode(6, INPUT); pinMode(7, INPUT); pinMode(8, INPUT); pinMode(9, INPUT); pinMode(10, INPUT); Serial.begin(9600); pinMode(11, OUTPUT); pinMode(12, OUTPUT); pinMode(13, OUTPUT); } void loop() { Serial.print("Start: "); Serial.println(M1); delay(300); Serial.print("Riempimento: "); Serial.println(E1); delay(300); Serial.print("Stop1: "); Serial.println(Stop1); delay(300); Serial.print("Scarto: "); Serial.println(E2); delay(300); Serial.print("Chiusura: "); Serial.println(E3); delay(300); Serial.print("NastroON: "); Serial.println(NastroON); delay(300); //START & STOP if (digitalRead(Start)==HIGH || Riavvio==1 && Stop1==0){ M1=1; Riavvio=0; } if(M1==1 && Stop1==0) { digitalWrite(NastroON, HIGH); } else{ digitalWrite(NastroON, LOW); } 1.1COMPLETO 1.2 COMPLETO if (digitalRead(Stop)==HIGH){ Stop1=1; digitalWrite(E1, LOW); digitalWrite(E2, LOW); digitalWrite(E3, LOW); } if(Stop1==1 && digitalRead(Start)==HIGH){ Stop1=0; Riavvio=1; } //RIEMPIMENTO if (M1==1 && digitalRead(FC1)==HIGH && Stop1==0){ digitalWrite(E1, HIGH); S1=1; } if(S1==1 && digitalRead(FC2)==HIGH && Stop1==0){ digitalWrite(E1, LOW); digitalWrite(NastroON, HIGH); M1=0; M5=1; S1=0; } //CONTROLLO LIVELLO if(M5==1 && digitalRead(FC3)==HIGH && Stop1==0){ S2=1; } if(S2==1 && digitalRead(FC4)==HIGH && Stop1==0){ M5=0; M3=1; S2=0; } if(S2==1 && digitalRead(FC4)==LOW && Stop1==0){ M5=0; M2=1; S2=0; } //DIFETTO if(M2==1 && Stop1==0){ digitalWrite(E2, HIGH); } if(M2==1 && digitalRead(SQ1)==HIGH && Stop1==0) { digitalWrite(E2, LOW); M2=0; Riavvio=1; } //CHIUSURA if(M3==1 && digitalRead(FC5)==HIGH && Stop1==0){ M4=1; M3=0; } if(M4==1 && Stop1==0){ digitalWrite(E3, HIGH); } if(M4==1 && digitalRead(SQ2)==HIGH && Stop1==0){ digitalWrite(E3, LOW); M4=0; Riavvio=1;} } QUARTA Sistemi Trifase Macchine laboratorio Sistemi trifase Sistemi Trifase I e V concatenate Terne di correnti equilibrate Tensioni concatenate e tensioni di fase Carichi regolari a stella e a triangolo Stella non equlibrata Potenza nei sistemi simmetrici ed equilibrati Potenza nei sistemi generici Rifasamento di un carico trifase LABORATORIO Sistemi trifase • Il trasporto e la distribuzione di energia elettrica avvengono in trifase prevalenza per mezzo di linee • Un sistema trifase è alimentato mediante generatori a tre terminali generatori sinusoidali isofrequenziali • Il collegamento tre i generatori e gli utilizzatori è realizzato mediante linee di collegamento a tre fili rappresentabili mediante terne di • Correnti di linea • Correnti nei tre conduttori della linea • In ogni istante la LKI richiede che sia i1(t) i 2 (t) i3 (t) 0 I1 I 2 I 3 0 • Tensioni concatenate • Tensioni tra i conduttori in una generica sezione della linea • Se l’impedenza della linea è trascurabile le tensioni concatenate non dipendono dalla sezione considerata • In ogni istante la LKV richiede che sia v12 (t) v23 (t) v31(t) 0 V12 V23 V31 0 Correnti di linea e tensioni concatenate • Nel piano complesso, i fasori delle correnti di linea e delle tensioni concatenate possono essere rappresentati da tre vettori disposti a triangolo ( • somma vettoriale nulla) • Una terna di tensioni trifase si dice simmetrica se • le tensioni hanno uguale ampiezza • la loro somma è nulla in ogni istante • Ciò richiede che lo sfasamento tra due tensioni consecutive sia di 120 C Terne di correnti equilibrate • Una terna di correnti trifase si dice equilibrata se • le correnti hanno uguale ampiezza • • la loro somma è nulla in ogni istante • • Per le terne di correnti equilibrate valgono considerazioni analoghe a quelle fatte per le terne di tensioni simmetriche Lo sfasamento tre due correnti consecutive di una terna equilibrata può essere -360/3 (terna diretta) o +360/3 (terna inversa) Note: Nello studio dei sistemi trifase, si utilizzeranno esclusivamente fasori il cui modulo coincide con il valore efficace (non con il valore massimo) delle tensioni e delle correnti • i valori efficaci delle tensioni e correnti saranno indicati con le lettere maiuscole V, E, I • Le stesse terne di tensioni concatenate e di correnti di linea possono essere interpretate come dirette o inverse a seconda di come sono numerati i conduttori • In seguito, se non indicato esplicitamente, si considereranno sempre terne dirette • data l’arbitrarietà della numerazione dei conduttori, questo non comporta perdita di generalità Generatori trifase: Schema di principio • Parte mobile (rotore) • schematizzata con un magnete permanente che ruota con velocità angolare w • Parte fissa (statore) • tre avvolgimenti identici (rappresentati con una spira) • ruotati l’uno rispetto all’altro di 120° • I flussi di induzione magnetica concatenati con gli avvolgimenti sono funzioni periodiche con periodo T = 6.28/w • In ciascun avvolgimento viene indotta una f.e.m. periodica • Dimensionando opportunamente il sistema è possibile ottenere f.e.m. sinusoidali • I tre avvolgimenti (fasi del generatore) equivalgono a tre generatori sinusoidali con tensioni sfasate tra loro di 360/3 • Gli avvolgimenti vengono collegati a stella o a triangolo Tensioni concatenate e tensioni di fase • Nel piano complesso, i fasori delle tensioni concatenate possono essere rappresentati da tre vettori disposti in modo da formare un triangolo equilatero • I fasori delle tensioni stellate possono essere rappresentati da vettori che uniscono i vertici del triangolo ad un punto O (centro delle tensioni di fase) • Le tensioni stellate soddisfano la relazione EG1 EG2 EG3 0 EG2 EG3 EG1 • Quindi Il punto O coincide con il baricentro del triangolo (= punto di intersezione delle mediane) • I sistemi con neutro sono utilizzati nella distribuzione di energia a bassa tensione • In Italia il valore normalizzato delle tensioni di fase per la distribuzione a bassa tensione è di 230 V efficaci, corrispondenti a tensioni concatenate di 400 V efficaci (fino al 2003 i valori erano 220 V e 380 V) • Le tensioni di fase sono utilizzate per alimentare carichi monofasi indipendenti (es. utenze domestiche) • normalmente il carico risulta squilibrato • Le tensioni concatenate sono utilizzate per carichi trifase o per carichi monofase che richiedono potenze più elevate Potenza nei sistemi simmetrici ed equilibrati Nel caso di un carico a stella equilibrato le tensioni sulle impedenze coincidono con le tensioni di fase in questo caso ρ rappresenta l’argomento delle impedenze EIO = V IMPEDENZE E31 = E30 - E10 = 1,73°10 Il = if Nel caso di un carico a traingolo equilibrato le tensioni concatenate coincidono le tensioni sulle impedenze coincidono con le tensioni di fase in questo caso ρ rappresenta l’argomento delle impedenze V31 = V IMPEDENZE Il = 1,73 If I1= I21 –I31 = 173* I12 Pcarico = 3Vf*If cos ρ Qcarico = 3Vf*If sen ρ Acarico = 3Vf*If Pcarico = 3Vl*If cos ρ Qcarico = 3Vl*If sen ρ Acarico = 3Vl*If Pcarico = 1,73Vl*If cos ρ Qcarico = 1,73Vl*Il sen ρ Acarico = 1,73Vl*Il Pcarico = 1,73Vl*Il cos ρ Qcarico = 1,73Vl*Il sen ρ Acarico = 1,73Vl*Il • POTENZA NEI SISTEMI TRIFASE generici In un sistema trifase la potenza istantanea assorbita è uguale alla somma algebrica delle potenze istantanee in ciascuna fase. p= ν10* i1 + ν 20 *i2 + ν 30 *i3 dove le tensioni ν 10, ν 20, ν 30 sono le tensioni istantanee fra i vari conduttori del sistema trifase e un punto qualsiasi assunto come riferimento. Il valore della potenza totale “p” è del tutto indipendente dal punto scelto come riferimento ; difatti se come riferimento si prende il punto 0 la potenza istantanea risulta : p = ν10 i1 + ν 20 i2 + ν 30 i3 se il riferimento viene spostato in 0’ l’ espressione della potenza diventa : • p’= ν 10’ x i1 + ν 20’ x i2 + ν 30 ’x i3 Ovviamente fra 0 e 0’ esisterà una d.d.p. pari a ν 00’ • Se osserviamola seguente figura ν 10’ = ν 10 + ν 00’ ν 20’ = V20 + ν 00’ ν 30’ = ν 30 + ν 00’ e pertanto la potenza assume le seguente espressione : p’ = ν 10’i1 + ν 20’ i2 + ν 30’ i3 = (ν 10 + ν 00’) i1 + (ν 20 + ν 00’) i2 (ν 30 + ν 00’) i3 quindi facendo delle semplici sostituzioni nella formula della potenza si viene ad avere : p’ = ν 10 i1 + ν 20 i2 + ν 30 i3 + ν 00’ (i1 + i2 + i3) ma per il primo principio di Kirchhoff la somma delle correnti (i1 + i2 + i3 ) è uguale a zero e quindi la formula ritorna uguale a quella di partenza: p = p’ · N.B. scegliendo un punto di riferimento cambiano i singoli termini della addizione nella formula della potenza senza influenzare minimamente la potenza totale del sistema trifase. Questo permette di effettuare di volta in volta la scelta più opportuna del punto diriferimento in modo da facilitare i calcoli e le misure delle potenze totali di un sistematrifase . Molto spesso il punto di riferimento viene fatto coincidere con uno dei fili : ilneutro se esiste o un filo di linea .Il filo prescelto come riferimento da contributo nullo alla somma delle potenze riducendo così il numero di termini da calcolare o da misurare. Analogamente a quanto visto per i sistemi monofasi definiamo ora la potenza attiva, reattiva ed apparente. La potenza attiva è data dalla somma : Pt= P1 + P2 + P3 = V1 I1 cosj1 + V2 I2 cosj2 + V3 I3 cosj3 dove I rappresenta il valore efficace della corrente che attraversa la fase dove V rappresenta il valore efficace della tensione ai capi del carico dove j lo sfasamento tra questa tensione e questa corrente. Per quanto riguarda la potenza reattiva si suppone per convenzione pari alla somma algebrica delle potenze reattive delle singole fasi. In verità per carichi squilibrati la cosa è abbastanza arbitraria perchè si arriva all’ assurdo che una potenza reattiva induttiva assorbita da una fase può essere compensata da una ugual potenza reattiva capacitiva assorbita da un altra. Comunque, ritenuta valida questa ipotesi si avrà : Qt= Q1 + Q2 + Q3 Qt = V1 I1 senj1 + V2 I2 senj2 + V3 I3 senj3 dove I rappresenta il valore efficace della corrente che attraversa la fase dove V rappresenta il valore efficace della tensione ai capi del carico dove j lo sfasamento tra questa tensione e questa corrente. Analogamente la potenza apparente totale è data dall’ espressione Se si varia il punto di riferimento varieranno i singoli valori di P1, P2, P3, e Q1, Q2, Q3, ma non viene minimamente influenzato il valore totale di Pt, e Qt, e quindi anche di St. Anche per il sistema trifase si definisce il fattore di potenza totale come rapporto fra la potenza attiva totale e quella apparente totale Esso coincide con il cosj= R/Z nel caso in cui il carico è equilibrato ed ha senso parlare di un unico sfasamento delle impedenze. Negli altri casi non coincide con nessuno dei cosj delle impedenze e pertanto verrà chiamato cosF convenzionale. fp= cos F = Pt/St Esercizio: trovare potenza attiva, reattiva, apparente e fattore di potenza convenzionale del seguente circuito: Z=7+j3 Z12 = 9 – j 2 svolgimento: I12 =220/Z12 = 220/9,22= = 23,9 A P = 3 R I^2 = 3 x 7 x 16,72 = 5.857 W = 5,86 kW Q = 3 X I^2 = 3 x 3 x 16,72 =2.510 VAR = 2,5 kVAR ( induttiva ) P12 = R12 *I12^2= 9 x 23,9^2 = 5.141 W Q12 = X12 * I12^2 = 2 x 23,9^2 =1.142 Var = ( capacitiva ) Quindi Pt = P1 + P12 = 5.857 + 5.141 = 10.998 W = 11 kW Qt = Q – Q12 = 2.510 – 1.142 = 1.368 VAR ( indutt.) Rifasamento di un carico trifase Gli enti distributori dell’energia elettrica penalizzano gli utilizzatori che assorbono potenza a basso cosϕ (il valore minimo è cosϕ = 0,9). Nel caso dei carichi induttivi, quali ad esempio motori asincroni, lampade a scarica, etc., occorre procedere al rifasamento mediante l’inserzione in parallelo al carico, di batterie di condensatori di rifasamento. • Carico trifase equilibrato che assorbe una potenza attiva P • Si vuole elevare il fattore di potenza e quindi ridurre lo sfasamento Si impiegano tre bipoli reattivi uguali collegati a stella o a triangolo tali da assorbire la potenza reattiva • • • ρ sfasamento iniziale ρ ‘ sfasamento finale relazione è di fondamentale importanza che consente di calcolare la potenza della batteria di rifasamento da inserire in parallelo al carico. Se i condensatori sono connessi a stella (quindi ogni condensatore è sottoposto alla tensione di fase Vf), la potenza reattiva assorbita dalla batteria sarà pari al triplo della potenza assorbita da ciascun condensatore e quindi (Vf valore efficace) Se i condensatori sono connessi a triangolo (quindi ogni condensatore è sottoposto alla tensione concatenata V), vale la seguente relazione: • Nel caso del collegamento a stella la capacità è 3 volte maggiore, mentre la tensione sui condensatori è inferiore di un fattore 3 • Dato che il costo di un condensatore aumenta sia con la capacità che con la massima tensione di funzionamento, la scelta del tipo di collegamento dipende dal fattore che incide in misura maggiore • • • • Principali vantaggi dei sistemi trifase In un sistema simmetrico ed equilibrato la potenza istantanea è costante • L’energia elettrica è ottenuta convertendo l’energia meccanica fornita al rotore • In un sistema monofase la potenza istantanea è variabile e, se il carico non è puramente resistivo in alcuni istanti è anche negativa •Dato che w deve essere costante è necessario applicare al rotore una coppia variabile • In un sistema trifase simmetrico ed equilibrato è richiesta una coppia costante A parità di condizioni, in un sistema trifase le perdite nelle linee di trasporto dell’energia elettrica sono inferiori Un sistema di correnti trifase può essere utilizzato per generare un campo magnetico rotante, su cui si basa il funzionamento delle macchine elettriche rotanti in corrente alternata Trasmissione dell’energia elettrica • Confronto tra • linea in corrente continua • linea in corrente alternata monofase • linea in corrente alternata trifase • l lunghezza della linea • P potenza assorbita dal carico in correntecontinua potenza attiva assorbita dal carico in corrente alternata • V tensione sul carico in corrente continua valore efficace della tensione sul carico monofase valore efficace delle tensioni concatenate della linea trifase Correnti nella linea • Corrente della linea in corrente continua (si assume che i fattori di potenza del carico monofase e del carico trifase siano uguali) Potenza dissipata nella linea • Potenza dissipata nella linea • n numero di conduttori • R resistenza di un conduttore • l lunghezza della linea • S sezione di un conduttore • resistività • volume totale dei conduttori nlS • I (nei tre casi) ICC, ICAM, ICAT Confronto LABORATORIO • strumentazione di laboratorio • Misure di resistenze • Metodo voltamperometrico • Ponte di wheastone • Misure di potenza • Carico ohmico • Carico ohmico induttivo • Inserzione Aron • Inserzione Righi STRUMENTAZIONE ANALOGICA Gli strumenti analogici non riescono ad effettuare una misura analogica senza che essa sia viziata da errori di lettura. . Per prima cosa dobbiamo evitare l'errore di parallasse (errori di sovrastima o di sottostima) dovuto allo sperimentatore per la sua posizione non corretta. Per passare alla lettura direttamente sulla strumentazione si deve stabilire innanzi a tutto la Portata (fondo scala), e il numero di divisioni dello strumento. . E possibile ricavare la costante dello strumento K dal k=P/ndFs (incertezza dello misura) (es. Per un amperometro pratico di uno amperometro con portata 5 A ed il numero divisione uguale a 100 basta fare 5:100=0,05 A, ottenendo cosi Ka=0,05 A La corrente misurata in corrispondenza di una lettura di 40 divisioni sarà: I=Ka*nd I=0,05*40=2 A conoscendo la classe di precisione»Cp» dello strumento si può calcolare anche l'errore assoluto Ea Ea=(Cp*P)/100 Ea=(0,5*5)/100=0,025 Fra i due tipi di errore si considera come rferimento quello piu piccolo (0,025) Classe di precisione degli strumenti degli apparecchi elettrici (0.05. 0.1, 0.2,0.3,0.5, 1,1.5,2,3,5) . . Misura di corrente ---> amperometri. --- resistenza interna deve essere piccola --- si ha un autoconsumo molto ridotto ---- non si alterano le condizioni di funzionamento del circuito Misura nei circuiti in corrente continua E' fondamentale inserirli rispettando le polarità dello entrante nel morsetto contrassegnato positivamente. strumento: la corrente continua deve essere Nel caso in cui la portata dello strumento superi la corrente da misurarsi si effettua l'inserzione diretta. La caduta di tensione e l'autoconsumo nello strumento valgono Va = Ra*Im, Pa = Ra*Im^2 Nel caso in cui la corrente nel circuito superi la portata dello strumento si deve ricorrere all'inserzione tramite uno shunt (derivatore di corrente). Lo shunt è una resistenza RS che, inserita in parallelo all'amperometro, deriverà una parte IS della corrente I del circuito, così che la parte Im che attraverserà l'amperometro sarà inferiore alla portata dello stesso. Im = I*Rs/(Rs + Ra) Im = Ks*I Ks =( Ra+Rs)/Rs La caduta di tensione e l'autoconsumo valgono: VAS = RA·Im= RS·IS= (RA//RS)·I [V] , PAS = RA·Im2 + RS·IS2 = (RA//RS)·I2 [W] Se si desidera aumentare la portata di un fattore KS, si dovrà porre in parallelo uno shunt di resistenza: Misura nei circuiti in corrente alternata Nel caso in cui la portata dello strumento sia inferiore alla corrente nel circuito, si dovrà inserire l'amperometro tramite un trasformatore di misura amperometrico (TA). In corrente alternata non è lecito usare derivatori di corrente in quanto se così si facesse si produrrebbero delle deformazioni nella forma d'onda sinusoidale delle grandezze elettriche Misura di tensione Vengono impiegati i voltmetri. Caratteristica generale di questa categoria di strumenti è l'inserzione in parallelo (derivazione) nel circuito da misurare, da ciò consegue che la loro resistenza interna deve essere grande rispetto a quella del circuito sul quale sono inseriti (in tal modo si ha un autoconsumo molto ridotto e non si alterano le condizioni di funzionamento del circuito). Misura nei circuiti in corrente continua . E' fondamentale inserirli rispettando le polarità dello strumento: la tensione continua deve essere applicata con la polarità positiva al morsetto dello strumento contrassegnato positivamente. KV costante voltmetrica = vp / dfs Vmisurata = KV*d (divisioni lette) La corrente assorbita e l'autoconsumo nello strumento valgono Nel caso in cui la tensione nel circuito superi la portata dello strumento si deve ricorrere all'inserzione tramite uno partitore di tensione. Vm = V *Rv/(Rv+Rp) Kp = (Rv + Rp)/Rv L'inserzione col voltmetro a monte si utilizza nel caso di misura di resistenze grandi. Il valore della resistenza incognita è Rx = Vx/Ix , l'indicazione dell'amperometro vale Im = IX l'indicazione del voltmetro varrà Vm = VX + VA [V] ne segue Rm = Vm/Im = (Vx +Va)/Ix rSi osserva che è Rm > RX. Per potere calcolare la vera resistenza incognita bisogna eseguire: Rx = Vx/Ix = Vm – Va/ Im = Vm – Ra*Im/Im La differenza (Rm - RX) > 0 è un errore di tipo sistematico dovuto all'autoconsumo dell'amperometro. Tale errore risulta trascurabile solo se VA << VX, ma perché ciò accada deve essere RA << RX Indipendentemente dall'errore sistematico d'autoconsumo e dal tipo di inserzione, il grado di approssimazione che il metodo voltamperometrico consente di conseguire dipende dall'entità degli errori che si commettono nella misura della tensione e della corrente. Se eV% ed eA% rappresentano il valore degli errori percentuali relativi a queste misure, nel calcolo della resistenza incognita si commette un errore: eR% = eV% + eA% L'errore assoluto sarà: ∆Rx = er%*Rx/100 il valore vero varrà: Rxv = Rx +/- ∆Rx Per tale motivo in queste misure è sempre necessario impiegare strumenti di buona classe. La corrente assorbita e l'autoconsumo valgono: Se si desidera aumentare la portata di un fattore KP, si dovrà porre in serie un partitore di resistenza [ Rp di valore Rp = Rv(Kp-1) Naturalmente la portata in corrente del partitore dovrà essere adeguata alla corrente che attraverserà (di solito piccolissima). lo Misura nei circuiti in corrente alternata Nel caso in cui la portata dello strumento sia inferiore alla tensione nel circuito, si dovrà inserire il voltmetro tramite un trasformatore di misura voltmetrico (TV). In corrente alternata non è lecito usare partitori di tensione in quanto se così si facesse si produrrebbero delle deformazioni nella forma d'onda sinusoidale delle grandezze elettriche. Misura di resistenza in corrente continua Si definiscono resistenze piccole quelle inferiori a 1 [W] (piccolissime se < 0,01 [W]); resistenze medie quelle comprese tra 1 e 100.000 [W]; resistenze grandi quelle superiori a 100.000 [W]. Metodo voltamperometrico Il circuito di misura può essere col voltmetro a valle (commutatore T2 posizionato su N) oppure col voltmetro a monte (commutatore T2 posizionato su M) dell'amperometro: L'inserzione col voltmetro a valle si utilizza nel caso di misura di resistenze piccole. Il valore della resistenza incognita vale sicuramente [W]. Mentre l'indicazione del voltmetro vale Vm = VX [V], l'indicazione dell'amperometro sarà pari a Im = IX + IV [A] dove IV è la corrente derivata dal voltmetro. Se si mettono a rapporto i valori misurati di tensione e corrente si ha: Rm = Vm/Im = Vx/Ix+ Iv Si osserva che è Rm < RX. Per potere calcolare la vera resistenza incognita bisogna eseguire: Rx = Vx/Ix = Vm/(Im-Iv) = Vm/(Im – Vm/Rv) La differenza (Rm - RX) < 0 [W] è un errore di tipo sistematico dovuto all'autoconsumo del voltmetro. Tale errore risulta trascurabile solo se IV << IX, ma perché ciò accada deve essere RX << RV Ponte di Wheatstone Si tratta di un circuito di misura a sei lati e quattro nodi adatto alla misura di precisione delle resistenze medie. Dei sei lati, uno è costituito dalla resistenza incognita RX, tre da altrettante resistenze di precisione tarate, di cui almeno una variabile, mentre gli altri due sono rappresentati rispettivamente da un galvanometro magnetoelettrico (sulla diagonale di rivelazione) e da un generatore costituito da una pila o da un accumulatore (sulla diagonale di alimentazione). Con riferimento alle notazioni indicate in figura, quando è realizzata la condizione di equilibrio del ponte valgono le relazioni seguenti: IG = 0 ; I1 = I4 ; I2 = I3 ; VB = VD Il procedimento per la misura della resistenza incognita si riduce pertanto a variare almeno una delle altre tre resistenze fino a realizzare la condizione di equilibrio del ponte, la quale è raggiunta quando si osserva che aprendo e chiudendo il tasto TG del galvanometro, questo rimane immobile. Le due resistenze R1 ed R2 di cui interessa sostanzialmente il solo rapporto vengono indicate col nome di lati di proporzione del ponte, mentre la resistenza R3 viene considerata come lato di paragone. Misura di potenza reale: wattmetro Per la legge di Joule P = V·I [W]. Per il calcolo della potenza E sufficiente realizzare una conto dell'autoconsumo dello strumento voltmetro a valle: P = Vm *Im - Vm^2/R v Amperometro a valle : P = Vm*Im - Im^2*Ra inserzione voltamperometrica e tenere dove Vm [V], Im [A] sono i valori misurati di tensione e corrente, mentre RV [W], RA [W] resistenze interne del voltmetro e dell'amperometro sono le Nel caso di circuiti in corrente alternata per ottenere la potenza reale bisogna moltiplicare anche per il fattore di potenza cosf P = V*I*cosf Per questo motivo la potenza reale nei circuiti in corrente alternata viene determinata attraverso un unico strumento denominato con wattmetro (di tipo elettromeccanico, o elettrodinamico): . Ai morsetti amperometrici fa capo l'equipaggio amperometrico fisso, ai morsetti voltmetrici fa capo l'equipaggio voltmetrico mobile, inoltre per ciascuna delle due coppie il morsetto d'ingresso è opportunamente contrassegnato. nell'esempio a fianco l'equipaggio amperometrico è inserito a valle rispetto quello voltmetrico I dati caratteristici più significativi dello strumento sono la classe di precisione Cl che determina nella misura della potenza un errore strumentale, un errore d'angolo e [rad] che determina nella misura della potenza un errore di fase massima frequenza di impiego. La portata in corrente Pa e in tensione Pv , la resistenza interna amperometrica Raw e voltmetrica RvW , portata in potenza del wattmetro, PW = PA·PV· cosjW [W], ) cosjW del wattmetro, divisioni di fondo scala dFS. , costante strumentale . Il wattmetro deve sempre essere inserito accompagnandolo con un voltmetro ed un amperometro, questo per assicurarsi di rispettare le portate dell'equipaggio voltmetrico e dell'equipaggio amperometrico. Con l'esclusione dei wattmetri per basso cosj, quasi sempre l'equipaggio voltmetrico sopporta sovraccarichi del 50% mentre l'equipaggio amperometrico del 100%, in ogni caso è bene verificare controllando le caratteristiche dello strumento che si sta impiegando. Per valutare l’errore strumentale occorre distinguere tra i due possibili schemi di inserzione noti come inserzione con le voltmetriche a monte ed inserzione con le voltmetriche a valle. Inserzione con le voltmetriche a monte Con questa inserzione la corrente nel wattmetro è la stessa del carico, mentre la tensione che agisce sui circuiti voltmetrici Vm è diversa dalla tensione V applicata al carico. P = V*I*cosf Pm = P + Rat*I^2 autoconsumo amperometrico P= Pm – Rat*I^2 RAT = RA + RAW [W] è la resistenza serie totale degli equipaggi amperometrici Conseguentemente, se si assumesse Pm come potenza al carico, si commetterebbe un errore sistematico pari a : L'errore è tanto più grande quanto più piccolo è la caduta di tensione del carico. Inserzione con le voltmetriche a valle Con questa inserzione la tensione che agisce sui circuiti voltmetrici è la stessa applicata al carico, mentre la corrente nei circuiti amperometrici Im differisce da quella I del carico. Tale inserzione è preferita essendola resistenza interna degli equipaggi voltmetrici nota con più precisione di quella degli equipaggi amperometrici La potenza attiva assorbita dal carico vale : P = V*I*cosf La potenza misurata dal wattmetro vale: Pm = V*Im*cosfm = P + Ppav Pav = V^2/Rvt : Se si assumesse Pm come potenza al carico, si commetterebbe un errore sistematico pari a : L'errore è tanto più grande tanto più è grande la tensione sul carico carico. Misura di potenza reattiva, apparente e del fattore di potenza Le condizioni di funzionamento di un impianto o di una macchina in corrente alternata vengono precisate indicandone, oltre la potenza attiva P [W], anche la potenza reattiva Q [VAR] e la potenza apparente S [VA] : Nella pratica tecnica la potenza reattiva può essere misurata con misure dirette impiegando un varmetro, oppure con misure indirette impiegando un wattmetro, un voltmetro ed un amperometro. Criteri analoghi valgono per la misura del fattore di potenza, nel caso di misura diretta si dovrà impiegare un fasometro. Di solito si adotta l'inserzione con le voltmetriche a valle, i calcoli da effettuarsi dopo le letture Vm [V], Im [A], Pm [W] degli strumenti sono i seguenti : Per quanto riguarda la potenza attiva sarà invece bene tenere conto dell'errore di così che si avrà P = Pm -PAV [W]. autoconsumo, Il metodo di misura indiretto non permette in nessun caso di determinare il segno della potenza reattiva, deve perciò essere nota a priori la natura induttiva o capacitiva del carico. PROVA: carico ohmico PROVA: carico ohmico/induttivo Sistemi trifasi: inserzione Aron L'indicazione dei due wattmetri, per un sistema simmetrico nelle tensioni ed equilibrato nel carico, vale: essendo α e β gli sfasamenti interni dei due wattmetri rispettivamente pari a α = φ - 30° , β = φ + 30° , facendo riferimento al caso di un carico di natura Ohmico-induttiva (correnti di linea in ritardo dell'angolo j rispetto alle corrispondenti tensioni stellate) la somma delle indicazioni dei due wattmetri consente di determinare P = WA+WB = 1,73 VI cosj Q = 1,73 ( P13 - P23) PROVA: sistema trifase Misura di potenza reattiva, inserzione Righi Nei sistemi simmetrici ma squilibrati è necessario l'impiego di tre wattmetri, i primi due inseriti secondo Aron ed il terzo inserito in quadratura sul filo rimasto libero. Ciascun wattmetro indica: Per il primo principio di Kirchhoff deve essere nulla la somma dei tre vettori rappresentanti le correnti di linea, quindi sarà pure nulla la somma delle proiezioni dei vettori stessi su una generica direzione,ad esempio la direzione r del vettore rappresentante V12 . L'inserzione Righi permetta di misurare la potenza reattiva impegnata dal carico in un sistema simmetrico ma squilibrato. Ovviamente facendo la somma dei due wattmetri in Aron si ha pure la potenza attiva assorbita dal carico. Osservazione: se il carico è equilibrato si ha WA - WB = WC. macchine motori asincroni motore in corrente continua trasformatore Motori asincroni 1.Generalità 2.Definizioni 3. Circuiti equivalente Prova a vuoto Prova in corto circuito Caratteristica meccanica Metodi di avviamento Freno Pasqualini Motore in cc Trasformatore Generalità Le svariate, numerosissime applicazioni della macchina asincrona sono conseguenti alla semplicità costruttiva, alla robustezza e all’attuale possibilità di regolazione di velocità e impiego in automazione. La macchina asincrona deriva il nome dal fatto che la parte rotante non riesce a raggiungere autonomamente la cosiddetta velocità di "sincronismo" data dalla relazione: in cui f = frequenza della tensione di rete p = paia di poli definito dall’avvolgimento induttore La macchina è reversibile poiché - quando riceve energia elettrica dalla rete di alimentazione, la converte in meccanica e diventa motore; - se opportunamente eccitata e riceve energia meccanica sull’albero la converte in elettrica e diventa un generatore. Il principio di elettromagnetica. funzionamento della macchina è sempre basato sul fenomeno dell’induzione La corrente indotta in ciascuna fase rotorica crea a sua volta un campo magnetico rotante con senso opposto a quello dello statore; se il polo del rotore e quello dello statore sono dello stesso tipo, essi si respingono e il rotore si mette in moto. Il rotore non può, comunque, ruotare alla ruota alla stessa velocità dello statore ma è sempre più lento, a causa del carico, e degli attriti meccanici cui va incontro col suo movimento 2 Definizioni Se l’avvolgimento di statore è stato disposto in modo da produrre un campo magnetico rotante con una sola coppia di poli (p = 1) alla frequenza fissa f della tensione di rete, corrisponde una velocità di sincronismo del campo induttore rotante pari a 2.1 Scorrimento Si indica con n1 – n2 = N la velocità di scorrimento tra campo rotante e rotore (il numero di giri che il rotore perde ad ogni minuto primo rispetto al campo rotante) Si definisce scorrimento il rapporto rappresenta la parte di giro che il rotore perde per ogni giro del campo rotante 2.2 Frequenza delle correnti rotoriche Le correnti indotte sul rotore sono dovute alla velocità di taglio relativa N del campo rotante rispetto al rotore. Pertanto la loro frequenza, ricordando le relazioni precedenti vale N velocita di scorrimento = n1 – n2 2.3 F.E.M. statoriche e rotoriche Il motore viene studiato attraverso un analogia elettromagnetica con il trasformatore. Le variazioni del flusso che interessano gli avvolgimenti di statore e di rotore inducono delle f.e.m. che, in analogia ai risultati ottenuti con il trasformatore, sono espresse da relazioni in cui si evidenziano proporzionalità col flusso, con il numero di spire e con la frequenza. La f.e.m.i. in una fase dello statore dalla variazione del flusso prodotto dal campo magnetico rotante è: in cui ·E1 = valore efficace della f.e.m. indotta in una fase statorica; ·K1 = coefficiente di Kapp, che dipende dalla collocazione dei conduttori dell’avvolgimento nelle cave e dal fattore di forma .f1 = frequenza della tensione dialimentazione; ·Φ = valore efficace del flusso utile che si concatena con gli avvolgimenti di statore e di rotore; N1 = numero delle spire in una fase dell’avvolgimento In modo analogo per la f.e.m.i. in una fase del rotore, tenendo conto però che il numero delle cave di rotore è diverso da quello di statore (ad esempio per evitare o ridurre impuntamenti) e che quindi è diverso il fattore di Kapp, e ricordando ancora che la frequenza di rotore è f2 = f1.s, si ha E2(s) = K2.f2.Φ.N2 = K2 . f1 . s . Φ . N2 All’avviamento con s = 1 si ha E2(1) = K2*f1*N2 E2(s) = E2(1)*s ; 3. Circuito elettrico equivalente In analogia con il trasformatore e adottando pertanto la stessa simbologia, si può attribuire al motore asincrono il seguente schema elettrico completo in cui essendo la struttura del motore sempre simmetrica, indipendentemente , dal numero di fasi, sarà sufficiente studiarne una sola, per ottenere delle informazioni complessive sulla macchina. In cui: - R1 e X1 = resistenza di una fase dell’avvolgimento e reattanza di dispersione statorica; - Ra = - Xμ = tiene conto delle perdite nel ferro di statore; giustifica la corrente di magnetizzazione necessaria a produrre il - I1(s) = - Io flusso dell’accoppiamento mutuo; corrente totale assorbita da una fase dello statore; = corrente assorbita a vuoto; - I’1(s) = corrente di reazione statorica necessaria a controbilanciare la f.m.m. secondaria e tale che K1*N1*I’1(s) = - K2*N2*I2(s); - E1 = f.e.m.i. di statore; - E2(s) = f.e.m.i. di rotore, variabile in funzione dello scorrimento s; - I2(s) = corrente in una fase dell’avvolgimento rotorico; - X2(s) = reattanza dei flussi dispersi, funzione dello scorrimento; - R2 = resistenza di una fase dell’avvolgimento rotorico. - Ru = carico variabile del motore può solo essere considerato di tipo resistivo - R2 è la resistenza propria della fase rotorica mentre R2*(1-s)/s può essere vista come una resistenza fittizia che rappresenta il carico meccanico. La potenza meccanica che viene trasferita quasi tutta sull’albero e utilizzata nelle varie condizioni di carico richieste al motore, Per ogni condizione di carico cambia la velocità di rotazione del rotore: quasi uguale a quella di sincronismo nel funzionamento a vuoto, minore quanto maggiore sarà la richiesta di carico, per cui Ru, come la corrente I2(s), dipenderanno dalla velocità e quindi dallo scorrimento s . Stessa sorte toccherà alla corrente assorbita dallo statore, funzione anch’essa del carico applicato all’albero. - con s = 0 si ha Ru = ∞ e lo schema corrisponde al funzionamento vuoto (circuito di rotore aperto); - con s = 1 si ha Ru = 0 e lo schema è quello del funzionamento in c.c. B ILANCIO DELLE POTENZ E Potenza assorbita Le perdite nel ferro valgono ma da cui Perdite nel ferro (trascurabili nel funzionamento a carico) Perdite nel rame statoriche Perdite addizionali statoriche Potenza trasmessa al rotore (ricordarsi che Si nota che ) (importante) Potenza meccanica a cui si deve ulteriormente sottrarre PAV, cioè le perdite per attrito e ventilazione. M ACCHINA ASINCRONA PR OVA A VUOTO Il motore funziona a vuoto quando non vi è carico meccanico collegato all'albero. L'avvolgimento statorico è alimentato con tensione V1 e assorbe una I0 di intensità ridotta rispetto alla I1nominale. In pratica la corrente assorbita I1=I0. Le fasi rotoriche sono in circuito aperto, come nel trasformatore in cui il secondario a vuoto è aperto. Questo perchè a vuoto s=0; idealmente n0=n1 . Al movimento del rotore si oppongono solo gli attriti e manca la coppia resistente del carico. La velocità del motore è prossima a quella di sincronismo. In queste condizioni: Nel caso ideale: quindi: essendo le perdite addizionali PADD sono quatificabili come il 5% della P0. M ACCHINA ASINCRONA FUN Z I ON A M E N T O A ROTORE BLOCCATO ( FERMO ) Si ha quando il rotore è fermo, la velocità è nulla e s=1. In pratica si verifica all'istante iniziale dell'avviamento. E' anche indicato come funzionamento di corto circuito (locuzione ambigua,dato che le fasi rotoriche sono collegate in corto anche durante il funzionamento normale). Si ha: Corrente rotorica di corto circuito Nel trascurare l'ammettenza Y0 cui effetti sono irrillevanti E usando una proprietà importante del trasformatore: Riportiamo le grandezze dal secondario al primario: che è il circuito equivalente statorico a rotore bloccato. Corrente di avviamento o corrente di spunto dato che il rotore è bloccato. perdite nel rame statoriche MACCHINA ASINCRONA : CIRCUITO EQUIVALENTE SEMPLIFICATO: al circuito semplificato in precedenza è sufficiente aggingere il carico « R’m» e l’ammettenza Yo (perdite nel ferro e magnetiche) Prova a vuoto del motore asincrono Serve per la determinazione delle perdite costanti, oltre che della corrente assorbita a vuoto (col relativo fattore di potenza). Inoltre permette di determinare i parametri trasversali del circuito equivalente semplificato. Viene condotta alimentando il motore con frequenza nominale ed i risultati vanno riferiti alla tensione nominale, infatti le perdite nel ferro dipendono sia dalla tensione che dalla frequenza e le perdite meccaniche dipendono dalla velocità e, quindi, dalla frequenza. Il circuito di misura consigliato è il seguente: Per gli strumenti di misura, la tensione di alimentazione, l’inserzione considerazioni viste per i trasformatori. degli strumenti valgono le stesse Inoltre, siccome il f.d.p. per un motore a vuoto è tipicamente < 0,5 , ci si deve attendere un'indicazione negativa dal secondo wattmetro. Sempre per lo stesso motivo, se si dispone di tre wattmetri a basso cosf , si hanno risultati più accurati inserendo tali wattmetri su di un centro stella artificiale al posto dei due in Aron. Per separare le perdite nel ferro da quelle meccaniche si utilizza il metodo della interpolazione grafica che richiede di condurre diverse prove a vuoto a frequenza nominale e con tensioni decrescenti a partire da un valore V 1,1·Vn fino ad un valore Vmin tale per cui non avvenga un rallentamento apprezzabile del motore. Per ciascuna delle prove si determineranno: V [V] direttamente indicata dal voltmetro. Io= ( A1 + A2 + A3)/3 (PFe + Pm) = W1 + W2 - (2·RWA·Io2 + 3·RA·Io2) - 3·RSYt·Io2 [W] essendo RWA [ ] la resistenza interna amperometrica di ciascun wattmetro (uguale per entrambi), RA [ ] è la resistenza interna degli amperometri (uguale per tutti e tre) e 3·RSYt·Io2 [W] la potenza che la corrente a vuoto dissipa negli avvolgimenti statorici avendo supposto equilibrato il comportamento del circuito. Grazie ai valori sopra calcolati, si possono determinare le seguenti caratteristiche a vuoto: a) corrente assorbita in funzione della tensione applicata: La caratteristica corrisponde a quella di magnetizzazione del nucleo della macchina. Se si prova a ridurre al di sotto di Vmin la tensione applicata si osserva che, a causa del presentarsi dello scorrimento, la corrente assorbita tende ad aumentare. In corrispondenza della tensione nominale Vn si leggerà la corrente a vuoto nominale Ion. b) perdite nel ferro e meccaniche in funzione della tensione applicata (Pfe + Pm)n dalle quali, si ricavano PFen , Pm ,. mento parabolico perché le perdite nel ferro, a parità di frequenza, dipendono dal quadrato dell'induzione e, quindi, della tensione applicata. c) fattore di potenza a vuoto in funzione della tensione applicata: L'andamento è crescente al diminuire della tensione applicata. Dalle caratteristiche tracciate si determinano le seguenti grandezze riferite alla tensione e frequenza nominali Pm [W] , PFen [W] , (Pm + PFe)n [W]: Si possono poi determinare i parametritrasversali del circuito elettrico semplificato (reattanza magnetica, resistenza perdite nel ferro) equivalente Osservazioni: a)per avviare il motore, al fine di evitare il danneggiamento del circuito amperometrico di misura causato da una eccessiva corrente nel medesimo, si dovrà procedere ad un avviamento a tensione ridotta mediante l'autotrasformatore. b)le portate amperometriche e voltmetriche degli strumenti di misura andranno definite con riferimento ai dati di targa ed ai dati riportati sulle tabelle dei costruttori. c)i valori di Ro, Xo , Io, cos fo d non corrispondono esattamente a quelli che calcolati in teoria. Infatti le perdite meccaniche, facendo parte della potenza che da elettrica si trasforma in meccanica, dovrebbero essere interpretate dalla resistenza fittizia RM’(s) =R2 (1-s)/s che rappresenta il carico meccanico e non da Ro come noi invece abbiamo fatto. d)Tali valori andranno confrontati con quelli forniti dalle tabelle dei costruttori al fine di valutare la bontà del comportamento a rotore bloccato del motore provato. Prova a rotore bloccato del motore asincrono Serve per la determinazione delle perdite sotto carico, oltre che della corrente di avviamento (col relativo fattore di potenza). Inoltre permette di determinare i parametri longitudinali del circuito equivalente semplificato. Viene condotta alimentando il motore con frequenza nominale e tensione ridotta (tensione di cortocircuito) così che il motore assorba la corrente nominale, infatti le perdite nel rame dipendono dalla corrente mentre la reattanza di dispersione dipende dalla frequenza. Questa prova viene anche chiamata prova di cortocircuito a causa dell'analogia col trasformatore in corto (infatti, a rotore bloccato s = 1 e la resistenza fittizia di rotore vale zero). Il circuito di misura consigliato è il seguente: Per quanto riguarda l’inserzione degli strumenti valgono le stesse considerazioni delle prove precedenti si faranno tante prove a partire da una corrente di circa I = 1,1·In [A] per poi arrivare a tensione applicata nulla. E' preferibile procedere riducendo le correnti al fine di favorire un migliore raffreddamento degli avvolgimenti e poter così considerare tale temperatura costante e pari a quella ambientale. Per ciascuna delle prove si determineranno: t [°C] direttamente indicata dal termometro. VCCt [V] direttamente indicata dal voltmetro. I [A] direttamente indicata dall'amperometro . dove RWV [W] la resistenza interna voltmetrica di ciascun wattmetro, RV [W]è la resistenza interna voltmetro, PFe[W] sono le perdite nel ferro che n sono presenti sia nello statore che nel rotore a) tensione di cortocircuito in funzione della corrente assorbita: La caratteristica ha andamento pressoché rettilineo in quanto la tensione applicata risulta essere direttamente proporzionale alla corrente assorbita VCCt = 1,732·Ze'·I . b) potenza di cortocircuito in funzione della corrente: L'andamento è tipicamente parabolico in quanto le perdite per effetto Joule negli avvolgimenti dipendono dal quadrato della corrente. del c) fattore di potenza di cortocircuito in funzione della corrente: L'andamento è pressoché rettilineo orizzontale, infatti se sono costanti Re' ed Xe' , sarà costante pure il fattore di potenza. a)Osservazioni: b)bisogna tenere presente che, specialmente nel caso di rotore avvolto, spostando di poco il rotore la corrente assorbita oscilla tra un massimo ed un minimo: il primo si verifica in tutte quelle posizioni in cui i denti di statore e rotore si trovano prevalentemente sfalsati (reattanza di dispersione minima), il secondo invece nelle posizioni in cui i denti di statore e rotore si trovano prevalentemente affacciati (reattanza di dispersione massima). Nell'esecuzione della prova si bloccherà il rotore in una posizione per la quale, a parità di tensione, l'assorbimento di corrente è intermedio tra i due. c)dopo le tre prove appena descritte, è possibile determinare la coppia di avviamento del motore a tensione e frequenza nominali. Infatti la potenza trasmessa agli avvolgimenti rotorici all'avviamento risulta essere: PTAV = PAAV - PJSAV - PFES - PFER - Padd [W] dove PAAV = 1,732·Vn·IAV·cosjCC [W] è la potenza assorbita all'avviamento, PJSAV = 3·R1·IAV [W] sono le perdite all'avviamento negli avvolgimenti statorici, PFES = PFER [W] sono uguali alle perdite nel ferro misurate nella prova a vuoto, PAdd=, 0,005·PAAV [W] sono le perdite addizionali nell'ipotesi che esse all'avviamento sianouguali nel rotore e nello statore. Ricordando che tutta la potenza trasmessa all'avviamento è dissipata negli avvolgimenti rotorici (essendo nulle le perdite meccaniche e la potenza erogata) e che la coppia elettromagnetica generata dipende dalla potenza trasmessa e dalla velocità angolare del campo rotante, si ha infine: C A R A T T E R I S T I C A MECCANICA DI UNA MACCHINA ASINCRONA Bisogna ricordarsi la formula fra coppia, potenza e velocità angolare: C = P/w; CT (coppia elettromagnetica trasmessa). Si ha un massimo in sCR (scorrimento critico) All'aumentare della resistenza rotorica, aumenta lo scorrimento critico mentre diminuisce la velocità critica. Per no> n>ncr si è in condizioni di equilibrio meccanico stabile, dato che ad un rallentamento corrisponde un aumento della coppia motrice. Per n <ncR si ha equilibrio meccanico instabile. A VVIAMENTO allo spunto (avviamento) All'aumentare della velocità, lo scorrimento si riduce , la resistenza equivalente del rotore R2/s aumenta e la corrente assorbita dal motore diminuisce. Affinché un motore possa avviarsi e sviluppare una certa accelerazione angolare iniziale la coppia di avviamento del motore deve essere maggiore della coppia resistente di avviamento del carico meccanico. Come si nota nel primo caso: CA<CRA (coppia resistente all'avvio) : il motore non si avvia. Nel secondo: CA>CRA il motore si avvia e il funzionamento si stabilizza in P. 5. Metodi di avviamento Le due condizioni critiche all’avviamento del motore asincrono sono: -la elevata corrente assorbita, -la modesta coppia naturale di spunto, che potrebbe non essere sufficiente per la partenza sotto carico L’avviamento diretto, che si ha applicando allo statore la tensione di targa, si adotta, in generale, per motori di piccola potenza, che raggiungono dopo breve la velocità di regime. Per ridurre la corrente di avviamento, con frequenza di rete costante, si hanno i metodi che intervengono: - sulla diminuzione della tensione di alimentazione dello statore - con interventi sul rotore - con avviamento con frequenza e/o ampiezza della tensione di rete variabili, a. Avviamenti con variazione della tensione di alimentazione 1. Avviamento con resistenze o reattanze statoriche 2. Avviamento stella-triangolo 3. Avviamento con autotrasformatore 4. Avviamento per riduzione del valore efficace mediante triac b. Avviamenti con interventi sul rotore 1. Motore con rotore avvolto o ad anelli 2. Motore a doppia gabbia (o di Dobrowsky-Boucherot) c. Metodi di Variazione della frequenza e/o ampiezza della tensione di rete variabile Il sistema legato più specificamente alla regolazione di velocità consente di superare brillantemente anche la fase di avviamento. L’elettronica ha contribuito a rendere il motore asincrono molto attuale nelle regolazioni di velocità, consentendo l’utilizzo di una macchina costruttivamente semplice e robusta nei confronti della macchina a corrente continua, ritenuta fino a non molti anni fa insostituibile nel campo delle regolazioni e dei controlli è possibile variare : - la della frequenza e l’ampiezza della tensione di statore - la frequenza con tensione costante - il controllo vettoriale, ad orientamento di campo per controllare la corrente assorbita dallo statore Ha lo scopo di rilevare tutte le caratteristiche, elettriche e meccaniche, durante l'effettivo funzionamento della macchina. Ovviamente deve essere disponibile in laboratorio un dispositivo di caricamento del motore che, nel nostro caso, è un freno Pasqualini: Si tratta di un freno elettromagnetico. L'estremità dell'albero del motore in prova viene rigidamente accoppiata, mediante un giunto, ad uno spesso disco di rame la cui periferia è attraversata dal flusso uscente dai poli di due o più elettromagneti (eccitati in corrente continua perché, a parità di corrente e quindi di campo prodotto, è richiesta l'applicazione di una minore tensione e perché il campo magnetico costante non determina perdite nel ferro del giogo della carcassa oscillante). Il circuito magnetico di ciascun elettromagnete è chiuso attraverso un giogo di ferro che è montato e può oscillare su due coltelli d'acciaio come il giogo di una bilancia; al giogo è solidale un'asta graduata ed una bolla di livella (il tutto costituisce la carcassa oscillante del freno). Mediante la regolazione di un opportuno contrappeso di equilibratura g ,0. il sistema oscillante viene preventivamente equilibrato in modo da portarne il baricentro appena sotto l'asse di rotazione determinato dai coltelli:1. in queste condizioni il peso mobile (romano) G deve trovarsi sullo zero della scala graduata sull'asta orizzontale che costituisce il braccio della bilancia e la bolla di livella deve essere sul centro. Mettendo successivamente in rotazione il motore in prova, ed eccitando gli elettromagneti del freno, per effetto delle correnti che vengono indotte nel disco si genera fra questo ed i poli degli elettromagneti una coppia frenante 2. che frena il moto del disco e tende, per reazione, a inclinare l'intera carcassa oscillante del freno nel verso stesso del moto. 3. La misura della coppia si compie riportando la carcassa a livello mediante lo spostamento del romano G [kg]. Se il braccio per il quale si ha il riequilibrio vale b [m], la coppia resa dal motore sarà C = 9,81·G·b [N·m]. Per misurare la velocitàdi rotazione n2 [g/1'] del motore a carico si potrà impiegare un tachimetro (meccanico od elettronico). Una volta note la coppia e la velocità risulta immediato calcolare la potenza meccanica erogata dal motore con la relazione P =C*6,28n2/60 [W]. Per quanto riguarda le grandezze elettriche applicate al motore, per misurarle basterà predisporre sull'alimentazione un amperometro, un voltmetro, un frequenzimetro e due wattmetri in Aron. Al fine di avere dei risultati riferibili alla temperatura convenzionale di riferimento del motore in prova, è necessario lasciare sotto carico in condizioni nominali il motore per un tempo sufficientemente lungo (almeno cinque volte la sua costante di tempo termica) prima di effettuare la misura; durante tale tempo, siccome non interessa rilevare la coppia, il sistema oscillante può essere tenuto bloccato. Se si intende rilevare le sole caratteristiche riferite alla condizione nominale di carico, si condizione quando la tensione, la frequenza e la corrente assorbita sono ai valori nominali. dovrà ritenere tale la Il freno Pasqualini viene costruito per potenze fino a 20 [kW]. E' da osservare che l'intera potenza meccanica erogata dal motore in prova viene dissipata per effetto Joule dalle correnti indotte nel disco, il quale pertanto si riscalda vistosamente. ESECUZIONE DELLA PROVA 0) rilevare dati di targa Strumenti e apparecchiature adoperate 1) TARATURA FRENO: Dopo aver montato il circuito e alimentato il motore il freno non eccitato viene trascinato dal motore. In queste condizioni di funzionamento si fissa il peso di misura sulla tacca zero della barra graduata e si sposta il peso di taratura fino a che l’asse non è orizzontale 2) esecuzione prova: Variare la corrente di eccitazione gradualmente resistente (carico = Braccio x peso) per riequilibrare il freno rilevando al coppia La Potenza nominale si ha per Bn = 0 .188 m 3) Si ipotizza che le perdite meccaniche Pm siano trascurabili per cui la coppia meccanica e quella resa si possono ritenere uguali Cm =Cr=Cu Dalla conoscenza della distanza L del peso P dalla tacca di riferimento si valuta la coppia utile tramite la seguente relazione: C = 9,81 P L [Nm] dove P è espresso in chilogrammi ed L in metri. Il fattore di potenza del motore è: La potenza utile all'albero è: Il rendimento del motore Condizioni di carico N [giri ] Pu= C è = cos = Pi/3Vf*I 2 n /60) [W] Pu/pi L P [m] [kg] Vf [V] Pu [W] Iec Pi [A] [W] cos C [Nm] I II RISULTATI DI MISURA III IV V VI VII c Motori in corrente continua 1. Introduzione 2. Parti principali 3. Modello matematico: indipendente/parallelo 4. F.e.m. 5. Funzionamento a vuoto 6. Funzionamento a carico 7. Eccitazione serie 8. Dati i di targa 9. Controllo dei motori a magneti permanenti 10.Dinamo tachimetrica LABORATORIO: PROVE SULLA MACCHINA A C. C. 1. Introduzione Nel motore a corrente continua si distinguono un sistema di eccitazione o sistema induttore che è fisicamente collocato nella parte fissa (statore ) del motore a realizzare i poli magnetici di eccitazione, e un sistema indotto coincidente con la parte rotante (rotore ). Il sistema indotto prende anche il nome di armatura. Il motore a cc è usato prevalentemente negli azionamenti elettrici dove sia necessario un controllo e una regolazione della velocità di rotazione. Esso è del tipo ad eccitazione indipendente in quanto il sistema di eccitazione è elettricamente separato (quindi indipendente) dal sistema indotto . Possiamo distinguere questi motori ad eccitazione indipendente in due famiglie: a) motori a magneti permanenti b) motori a eccitazione separata a campo avvolto. I primi sono motori di piccola potenza; in essi il campo magnetico induttore è generato da una coppia di poli magnetici realizzati mediante due magneti permanenti di opposta polarità. I secondi possono raggiungere potenze fino al centinaio di kW; in essi il campo magnetico induttore è generato da appositi avvolgimenti ( avvolgimenti di campo )disposti intorno alle espansioni polari dello statore e sono percorsi da corrente continua ( corrente di eccitazione) in modo tale da formare due poli di nome opposto, o quatto o sei poli ecc.. alternativamente N-S-N-S….. In funzione delle diverse connessioni tra circuito statorico di eccitazione e avvolgimenti frequentemente usate dei motori in corrente continua sono: rotorici di armatura, le tipologie più Motori a magneti permanenti Eccitazione indipendente/parallelo Motori eccitati in parallelo Motori eccitati in serie I motori a magneti permanenti sono molto usati nelle applicazioni di bassa potenza (piccoli elettrodomestici) e la loro coppia massima è comunemente limitata al 150% della coppia nominale, per impedire la smagnetizzazione dei magneti permanenti. I motori ad eccitazione parallelo/ indipendente sono quelli più usati negli azionamenti a velocità variabile per la ottima regolazione di velocità ottenibile e la facilità di invertire sia velocità che coppia. L’unica differenza tra i due tipi di eccitazione è nel fatto che il circuito di eccitazione del motore con eccitazione indipendente, può essere fatto funzionare a una tensione differente da quella di alimentazione del circuito d’indotto e, quindi, può essere alimentato con una sorgente indi- pendente da quella che serve per l’alimentazione principale; nel motore con eccitazione in derivazione, il cui schema viene rappresentato in figura 1, invece, sia il circuito d’eccitazione che quello d’indotto, sono alimentati dalla stessa sorgente di tensione. I motori ad eccitazione in serie sono adatti per azionamenti che richiedono alte coppie di spunto e frequenti sovraccarichi e in cui però la coppia resistente non scende mai a valori così bassi da determinare velocità eccessive (trazione elettrica e impianti di sollevamento di carichi pesanti). Motori a eccitazione composta In ultimo l’eccitazione composta, di cui un possibile schema viene proposto in figura 8, è utilizzata in quei casi in cui si vuole riunire le caratteristiche positive dei due precedenti tipi di eccitazione. Una tipica applicazione di tale motore è l’azionamento di impianti di laminazione. Il motore con eccitazione composta trova diverse applicazioni soprattutto nell’azionamento di grosse macchine operatrici munite di volani come gli impianti di laminazione, le presse, le trance ecc. Parti principali Sono costituiti principalmente da uno STATORE, che è la parte fissa della macchina e ha il compito di produrre il FLUSSO MAGNETICO necessario al suo funzionamento. È realizzato in materiale ferromagnetico (ferro, ghisa, acciaio), ed è dotato di opportune ESPANSIONI POLARI ove viene prodotto il campo magnetico. Il numero di coppie polari viene definito con la lettera p. Quindi una macchina con una coppia polare avrà due poli, con due coppie polari quattro poli ecc. L’asse neutro individua il piano che taglia longitudinalmente la macchina e in cui si ha induzione magnetica nulla. Viene detta passo polare τ la distanza angolare tra i poli della macchina Il ROTORE è costituito da un cilindro di materiale ferromagnetico posizionato all’interno dello statore, ed è libero di ruotare intorno al proprio asse. Sul rotore sono allocati, in apposite cave gli avvolgimenti di armatura, detti anche avvolgimento di indotto, ai capi dei quali, con rotore in movimento, si genera una forza elettromotrice. La parte in aria tra statore e rotore viene definita TRAFERRO, in questa zona il campo magnetico ha la maggiore intensità. Montato sullo stesso albero del rotore si ha il COLLETTORE Questo ha lo scopo di fornire agli avvolgimenti la tensione di alimentazione e fare si che la coppia generata dalla corrente che il attraversa sia costante o quantomeno unidirezionale. Il collettore è costituito da lamelle in rame, disposte a formare un cilindro, in collegamento elettrico con i conduttori che costituiscono gli avvolgimenti di armatura. Le lamelle sono isolate tra loro mediante un dielettrico, solitamente mica. Le spazzole strisciano sul collettore sul collettore e lo collegano elettricamente ai terminali esterni della macchina. Sono realizzate in materiale conduttore più tenero del collettore, solitamente grafite, in modo che col tempo siano queste ad usurarsi in quanto la loro sostituzione risulta più semplice ed economica che un intervento sul collettore. Modello ed equazioni fondamentali: eccitazione indipendente/derivata Il simbolo con la M indica appunto un motore in corrente continua, i due rettangoli simboleggiano le spazzole Ai capi dell’avvolgimento di rotore, detto anche di armatura, si genera una f.e.m. indotta proporzionale alla velocità di rotazione del rotore stesso. C = Ke*φ*w La Ra rappresenta la resistenza associata agli avvolgimenti di armatura mentre la La è l’induttanza associata allo stesso avvolgimento (in generale ha influenza solo quando ci sono variazioni di corrente nel circuito, ad esempio all’avvio) Il circuito di eccitazione, ha il compito di produrre il flusso magnetico necessario al funzionamento del rotore Re ed Le rappresentano rispettivamente la resistenza e l’induttanza degli avvolgimenti di statore. Quando il rotore viene alimentato con una tensione Va viene percorso da una corrente Ia. Applicando il 2°principio di Kirchhoff si ottiene: va – E = Ra*i+ La*(di(t)/dt In funzionamento a l'equazione diviene regime su La non vi è caduta di tensione, essendo Va continua e Va – E = RaIa Con motore in rotazione e senza carico la caduta di tensione su Ra è piccola, sicché E raggiunge quasi il valore di Va. Viceversa all'avviamento E= O e la corrente di armatura la, unicamente limitata da Ra, raggiunge valori molto elevati (anche 10 volte quelli di regime). La coppia motrice Cm sviluppata dal motore dipende dalla corrente di armatura secondo la relazione Cm = Kt*Ia = Ke*φ*Ia Dove: - Kt, è espressa in Nm/A è detta costante di coppia. - Ke costante che comprende tutti gli elementi costruttivi della macchina Φ è il flusso di eccitazione (costante nei motori a magneti permanenti) I è la corrente di armatura, ossia quella che percorre gli avvolgimenti di rotore mentre l’equazione di equilibrio meccanico è la seguente : Cm –Cr = B*w + J*(di(t)/dt w = accelerazione angolare B = coefficiente di attrito viscoso J = momento di inerzia Pr = w*Cm Dimensionalmente: - riferendosi al Sistema Internazionale le due grandezze Ke= Kt, - Usando invece unità di misura tecniche le due costanti sono legate da un coefficiente di proporzionalità Forza Elettromotrice indotta Quando il rotore è in movimento in conduttori sono sottoposti ad un flusso magnetico che varia nel tempo. In base alla legge di Faraday-Neumann-Lenz si genera ai loro capi una forza elettromotrice. Con una serie di passaggi si può giungere alla seguente espressione che permette di determinare la tensione ai capi degli avvolgimenti di rotore : E = Ke*φ*w dove: Ke è analoga a quanto detto precedentemente per Ka, hanno addirittura lo stesso valore se si trascurano le perdite nel ferro Φ è il flusso di eccitazione (costante nei motori a magneti permanenti) ω è la velocità angolare del rotore Caratteristica coppia velocità Ipotizzando di essere a regime, cioè con tutte le grandezze elettriche e meccaniche costanti si ha: Per determinare la relazione tra coppia e velocità Km =Ke* φ : Va – Km*w = Ra*Ia Ia = Va/Ra - (Km/Ra)*w Sostituendo l’espressione della corrente di armatura si ha C = Km*(Va/Ra –(Km/ra)w) = Km*Va/Ra - (K m^2/Ra)w La relazione tra coppia e velocità e l’espressione di una retta dove Y=C m = Km^2/Ra q = Lm*Va/Ra Le intersezioni con gli assi w= =0 C = Km*Va/Ra C=0 w = Va/km Il punto di funzionamento del motore dipende dalla retta di carico data dalla coppia resistente Cr Si può notare come le intersezioni della caratteristica coppiavelocità dipendano entrambe da Va, quindi al variare di quest’ultima la retta trasli parallelamente a se stessa Si capisce quindi come, a parità di coppia resistente, si possa far variare la velocità di rotazione semplicemente agendo sulla tensione di armatura. La Caratteristica coppia-velocità chiarisce il legame fra le grandezze caratteristiche del motore; sull'asse delle ordinate è riportata la velocità di rotazione e su quello delle ascisse la coppia meccanica sviluppata. Come si vede dalla caratteristica a tensione di armatura costante, si ha una coppia motrice linearmente crescente al diminuire della velocità(la pendenza è però minima e, quindi, la velocità è quasi costante). A parità di tensione di armatura Va il numero dei giri diminuisce linearmente con l'aumentare della coppia prodotta dal motore. Il numero di giri è massimo per coppia teoricamente nulla mentre è nullo allo spunto, allorché la coppia raggiunge il suo valore massimo (coppia di spunto). A parità di coppia si nota inoltre che la velocità aumenta con la tensione di armatura applicata. Eg = K*φ*Cm Si vede anche che, a coppia costante, la velocità cresce al crescere della tensione. Si osservi inoltre che, per ogni retta caratteristica, sull’asse y viene individuata una massima velocità di rotazione, in corrispondenza di una coppia motrice nulla, ovvero in assenza di carico meccanico (in pratica esiste una coppia motrice minima necessaria per vincere la coppia resistente dovuta agli attriti). La retta di carico indica la coppia resistente, supposta per semplicità costante: a equilibrio dinamico raggiunto, risulta Cm = Cr e la la velocità del motore raggiunge un ben definito valore (nell’esempio 2800 giri/min.). La curva tratteggiata delimita l’area di funzionamento sicuro in modo continuativo(SOAC: Safe Operating Area Continuous). Operando all’interno di quest’area, la potenzadissipata dal motore assume valori non dannosi per la macchina stessa. La potenza meccanica resa all’albero risulta: Pr = w*Cm La potenza resa all'albero è dunque proporzionale al prodotto fra la velocità di rotazione e la coppia motrice. Poiché però la potenza resa all’albero viene in parte persa per attriti e ventilazione, l’effettiva potenza resa al carico o potenza utile Pu risulta inferiore a Pr. Tenuto conto anche della potenza PJ persa per effetto Joule negli avvolgimenti, e dette Pa la potenza assorbita e Pm la potenza meccanica persa per attriti e ventilazione, La potenza dissipata nel motore provoca, com'è ovvio, un riscaldamento, che contenuto in limiti tollerabili. il rendimento complessivo del motore risulta: PA=Potenza assorbita PU=Potenza utile u = Pu/Pa Pm=Perdite meccaniche Pe=Perdite elettriche (RI2) deve essere FUNZIONAMENTO A VUOTO Allo spunto (all'avvio): la macchina è ferma ( ω=0)→E=0 nel circuito circola la detta anche corrente di spunto. corrente Is = V/R Ovviamente si avrà anche una coppia allo spunto: Cs = Kt*Is = Kt*(V/R) A causa di questa coppia, il motore accelera e ruota sempre più velocemente, viene, dunque generata la forza Controelettromotrice E = Ke*w con corrente circolante: I =(V – Ke*w)/R alla fine il motore raggiungerà la velocità di regime che in assenza di carico è : V = E V = Ke*wo wo =V/Ke velocità a vuoto FUNZIONAMENTO SOTTO C ARICO Durante il funzionamento a vuoto la macchina ruota con corrente e coppia nulle, non c'è scambio di potenza fra la macchina e l'esterno. Applicando una coppia resistente Cr il rotore rallenta con E e circola una corrente: I = (V- Ke)/R che produce una coppia motrice Cm=Cr. Il motore si stabilizza a quella velocità che gli permette di generare una coppia motrice esattamente uguale ed opposta a Cr. A regime dunque è Cm=Cr. I = Cr/Kt E = V – RI = V – R*(Cr/KT) w = wo – RCr/KT^2 ponendo ma H = R/K^2 w = E/Ke si ha per cui w = wo – H*C H costante motore Motori con eccitazione in serie Nel motore in corrente continua ad eccitazione in serie, gli avvolgimenti di campo (eccitazione statorica) e di armatura rotorica vengono percorsi dalle medesime correnti. Analogamente a quanto visto nel paragrafo precedente si ah 𝑪 = 𝒌∅ ∗ 𝑰a𝟐 In condizioni di regime, le relazioni precedenti costituiscono un sistema lineare dal quale è possibile ricavare la velocità ω di funzionamento del motore 𝝎 = 𝑽𝒂 − 𝑹𝒂𝑰𝒂/ 𝒌∅𝑰𝒂 il legame fra la coppia prodotta dal motore e la sua velocità di rotazione C = K ∅ *Vecc^2/(wK ∅ + Ra)^2 dati di targa Potenza nominale Pn è la potenza meccanica sviluppata dal motore in condizioni nominali Corrente nominale In è la corrente assorbita dal motore in condizioni nominali Tensione nominale Vn è la tensione che si deve fornire al circuito di armatura. Velocità nominale nn è la velocità di rotazione del motore in condizioni di funzionamento nominali. Può essere espressa in giri al minuto (rpm in inglese) oppure come velocità angolare in rad/sec. Tra le due sussistono le seguenti relazioni: W = 6.28*n/60 dove n indica i giri al minuto e ω la velocità angolare. Rendimento nominale ηn È il rendimento del motore in condizioni di funzionamento nominale. In funzione di questo è possibile calcolare la potenza elettrica assorbita nominale Pa = Pu/re tipo di collegamento del circuito di eccitazione (indipendente, in serie, in derivazione) Classe di isolamento Grado di protezione (contro la penetrazione di solidi e liquidi) Tipo di servizio 4. Controllo del motore in continua a magnete permanente Dal punto di vista elettrico, il motore può essere assimilato al seguente circuito Definendo con: Ke costante di velocita, R resistenza di armatura, L induttanza di armatura E = Ke*w(t) va= R*i+ L*(di(t)/dt)+ E Trasformando nel dominio di Laplace e ipotizzando I(0)=0 si ottiene V(s) = Ke*wm(s) + (R +L*s)*i(s) per un motore in corrente continua possiamo scrivere C = coppia del motore = Kt *i(t) Kt costante di coppia del motore Es = Ke*w Per la parte meccanica, supponendo che la trasmissione del moto venga effettuata mediante un albero ed un giunto di tipo rigido, in modo che la velocità dell'asse lato-motore e lato-carico sia la stessa, la coppia generata Cm dal motore dovrà essere uguale alla somma della coppia resistente Cr applicata all'albero del motore e della coppia inerziale (inerzia dovuta alla parte meccanica e al carico, trascurando la coppia di attrito) Cm –Cr = Cj = J*(dw/dt) w = (1/Js)*(Cm – Cr) d θ(t)/dt =w(t) θ = (1/s)*w Schema a blocchi del senza carico ) motore comprensivo del controllo del moto controllo di posizione carico (che coincide, nel caso in esame, con quello Funzione di trasferimento. Per lo studio della funzione di trasferimento, si deve tenere presente che la coppia resistente Cr, che la coppia motoria Cm deve vincere, èsomma di più termini: Detto J il momento di inerzia complessivo del motore e del carico, At il coefficientedi attrito viscoso complessivo del motore e del carico, e Cu la coppia resistente del carico, si può quindi scrivere: In questo schema a blocchi sono considerate come entrate la tensione di armatura e la coppia resistente del carico, e come uscita la velocità angolare: si tratta di un sistema a retroazione negativa, pertanto il motore tende ad autocompensarsi, ovvero a mantenere costante la sua velocità (con Va costante). Se si suppone che siano trascurabili gli attriti, la funzione di trasferimento del motore,valutata rispetto alla tensione di alimentazione, risulta: Si tratta di una funzione di trasferimento con due poli; questo motore è quindi un sistema del secondo ordine. I poli si ricavano dalle radici del denominatore: poli possono risultare reali negativi (distinti o coincidenti), o complessi coniugati a parte reale negativa. In ogni caso, quindi, il sistema è asintoticamente stabile; in presenza di una sollecitazione a gradino della tensione di ingresso, se i poli sono reali la velocità del motore raggiunge il valore a regime in modo aperiodico, mentre con poli complessila raggiunge tramite un’oscillazione smorzata. Due parametri caratteristici del motore sono la costante di tempo elettrica e e la costante di tempo meccanica m Si potrebbe facilmente dimostrare che, qualora risulti Tm >= 4Te, i poli risultano reali (risposta aperiodica); in particolare qualora risulti Tm >= 10T e i due poli coincidono, a meno del segno, con l’inverso delle due costanti di tempo e, ovviamente, esiste un polo dominante determinato da Tm Da queste premesse può proseguire lo studio calcolando la f.d.t equivalente al comportamento desiderato della macchina e del sistema (a vuoto, oppure quando viene impressa una variazione brusca della coppia resistente). Si studiano successivamente le risposte ai vari segnali d’ingresso, determinandone le condizioni di stabilità tenendo presente che Il motore in continua è caratterizzato da due parametri particolarmente importanti, la costante di tempo elettrica τe= La/Ra la costante meccanica τm = Ra*J /KeKt, dove j è il momemto di inerzia complessivo del motore collegato al carico. Se, come normalmente succede, τm>>τe la funzione di trasferimento del motore F (s) = w (s)/Va(s), che lega la velocità di rotazione alla tensione di armatura, espresse mediante la trasformata di Laplace, viene a presentare due poli distinti, in valore assoluto sostanzialmente coincidenti con l'inverso delle costanti di tempo. La frequenza di taglio del sistema viene pertanto ad essere determinata dal polo corrispondente alla costante meccanica del motore Si potrebbe facilmente dimostrare che, qualora risulti Tm >= 4Te, i poli risultano reali (risposta aperiodica); in particolare qualora risulti Tm >= 10T e i due poli coincidono, a meno del segno, con l’inverso delle due costanti di tempo e, ovviamente, esiste un polo dominante determinato da Tm 5. Dinamo tachimetrica I motori in corrente continua sono delle macchine dal funzionamento reversibile, ovvero, ponendo in rotazione la macchina, è possibile prelevare una tensione di armatura. La macchina, in questo modo, si comporta da generatore in continua e viene detta dinamo. In particolare, per la la forza elettromotrice di armatura risulta direttamente proporzionale alla velocità: se tra i terminali dell’avvolgimento non viene applicato un carico significativo, ovvero la tensione Va viene prelevata praticamente a vuoto, risultando trascurabile la c.d.t. su Ra, per cui si può considerare Va =E Una macchina di questo tipo, strutturalmente equivalente a un piccolo motore in DC a magnete permanente, viene detta dinamo tachimetrica e viene usata come trasduttore di velocità angolare, calettandola su un asse di rotazione di cui si vuole va-lutare la velocità di rotazione. Le dinamo tachimetriche devono presentare come caratteristiche peculiari una limitata inerzia e poche perdite meccaniche, in modo da non alterare le caratteristiche del carico meccanico applicato all’asse di rotazione. Mediamente, queste dinamo presentano una sensibilità di 0,1÷1 V per 100 giri/min. Vediamo alcuni limiti di questi trasduttori: la tensione di uscita presenta una certa ondulazione residua: La presenza del collettore permette poi di prelevare un segnale raddrizzato a onda intera. Per ridurre l’ondulazione, si deve aumentare il numero dei settori del collettore (fig. 3); ◗ la linearità è abbastanza limitata (difficilmente l’errore di linearità è inferiore al 10%); ◗ l’inerzia meccanica e l’attrito non sono sempre totalmente trascurabili; ◗ presentano una limitata velocità massima, a causa delle vibrazioni delle spazzole; ◗ le spazzole sono soggette a usura. Operando a flusso costante, per variare la velocità si agisce sulla tensione di armatura e si opera, come d’altronde nei motori a magnete permanente, a coppia motrice costante. Infatti, per la , o per la , al variare di Va varia anche E e, quindi, la differenza rimane costante e tale risulta anche la Ia e, per la o la , la Cm. Al variare della velocità, a flusso costante, essendo Ia costante, la potenza assorbita dall’armatura cresce linearmente con la Va. Facendo ancora riferimento alla figura , quando la velocità del motore supera il valore nominale, se non si vuole sovraccaricare lo stesso in modo eccessivo, non è più possibile aumentare la velocità agendo sulla tensione di armatura. Mantenendo costante la tensione di armatura, si può variare la velocità agendo sul flusso. In questo modo, però, per aumentare la velocità si deve ridurre il flusso; infatti per la , se si suppone E Va, si vede che la velocità è inversamente proporzionale al flusso. Riducendo il flusso, si vede che, per la , diminuisce la coppia motrice; in conseguenza deve ridursi anche la coppia resistente e tende a risultare costante la Pa. Per lo studio della funzione di trasferimento, se si opera a flusso costante, rimane valido quanto esposto per i motori a magnete permanente. Si osservi, infine, che in questo tipo di motore, per invertire il verso di rotazione, è possibile agire sia sul verso della tensione di armatura che su quella di eccitazione PROVE SULLA MACCHINA A C. C. 1. Misure di resistenza 2. Prova a vuoto di un motore in cc MISURA DI RESISTENZA DEGLI AVVOLGIMENTI Nella macchina a corrente continua sono presenti l'avvolgimento di eccitazione, l'avvolgimento di armaturae per le macchine provviste di poli ausiliari l'avvolgimento ausiliario. • L a misura delle resistenze elettriche di questi avvolgimenti è effettuata a freddo, facendo circolare una corrente continua molto inferiore a quella nominale, in modo da limitare il riscaldamento dei conduttori. Le resistenze, misurate a temperatura ambiente di prova, vanno riportate alla temperatura convenzionale di regime. P e r la misura della resistenza del circuito di eccitazione si usano i normali metodi di misura, come il metodo volt- amperometrico o quello del ponte di Wheatstone. Per le macchine provviste di avvolgimenti ausiliari occorre effettuare la misura della resistenza elettrica anche di questi ultimi. • N e l caso di macchine con eccitazione separata, l'avvolgimento di eccitazione va isolato dal resto della macchina e lo schema generale della misura volt- amperometrica si presenta come nella figura. Avvolgimento di armatura • L a resistenza dell'avvolgimento d’indotto è normalmente di piccolo valore, per cui viene frequentemente usato il metodo del doppio ponte di Thomson, oltre a quello volt-amperometrico. • L a difficoltà maggiore consiste nel collegare il circuito ai punti di misura, dato che l'avvolgimento d’indotto non ha terminali, ma è connesso alle lamelle del collettore. Per evitare di misurare anche la resistenza di contatto tra spazzole e collettore vengono isolate le spazzole e si realizza il contatto mediante morsetti a pressione, posti su lamelle diametralmente opposte del collettore, a macchina ferma. È opportuno ripetere la prova alcune volte, facendo ruotare i punti di contatto rispetto al collettore. Prova a vuoto di un motore in cc Per il motore il funzionamento a vuoto si ha quando la macchina, alimentata dalla rete a corrente continua e con il circuito di eccitazione attivo, non eroga potenza meccanica, essendo il carico scollegato dall'asse del motore. In questo caso la prova a vuoto si esegue secondo lo schema di figura relativo a un motore con eccitazione separata, e serve solo per la determinazione delle perdite nel ferro e meccaniche, dato che la caratteristica di magnetizzazione si ricava nella prova a vuoto da generatore. Chiudendo l'interruttore di macchina si avvia il motore e si regola la tensione a un valore di poco superiore a quello nominale, mediante il reostato di avviamento Ra oppure usando un alimentatore regolabile si regola anche l'eccitazione, mediante il reostato Re, in modo da ottenere la velocità nominale. Si diminuisce poi gradualmente la tensione, agendo contemporaneamente sull'eccitazione in modo da non far variare la velocità, e si eseguono le varie misure con tensione decrescente. Per ogni prova la potenza Pi, è data dal prodotto Pi= V10 tra la tensione di alimentazione e 1a corrente assorbita a vuoto, misurate con il voltmetro e l'amperometro inseriti sul circuito di armatura. Riportando sul piano cartesiano le coppie di valori (P, I) si ottiene la curva della potenza, analoga a quella di figura La potenza assorbita a vuoto dal circuito d'indolto, tenuto conto che è nulla la potenza resa e sono trascurabili le perdite addizionali. è data da: Po = Pf + Pme + Pcu rotore « indotto» Pcu = RiIo^2 'Poiché la corrente a vuoto è una piccola frazione di quella a carico queste perdite sono trascurabili la relazione [diventa: Po = Pf + Pme Per separare le perdite meccaniche da quelle nel ferro basta prolungare la curva fino all'asse delle ordinate, dato che per V= O si ha P0 = Pav. In corrispondenza della tensione nominale Vn si ricavano i valori nominali della potenza vuotoe delle perdile nel ferro (Pfe,) e meccaniche Trasformatore 1. Nozioni di base 2. Efficienza 3Funzionamento Prova a vuoto Funzionamento a carico Funzionamento in cc 4 Autotrasformatore 5 Trasformatore di I 6. Trasformatore trifase NOZIONI DI BASE Le tensioni e le correnti in CA si possono facilmente generare, trasformare e quindi distribuire in tutto il paese utilizzando un rete nazionale di tralicci e cavi su distanze molto lunghe. Le tensioni per trasportarle vengono trasformate ad un livello molto più elevato in quanto a parità di potenza si hanno minori correnti lungo la rete di cavi. Durante l'utilizzo vengono ridotte ad un livello di tensione molto più basso , più sicuro e che può essere utilizzato per alimentare apparecchiature elettriche nelle nostre case e luoghi di lavoro. Un tipico trasformatore di tensione Il trasformatore di tensione è una semplice macchina statica che funziona sul principio della Legge di Faraday convertendo l'energia elettrica da un valore ad un altro (Faraday: se in un intervallo di tempo Dt si ha una variazione DF(B) del flusso di campo magnetico B concatenato con un circuito, nel circuito è indotta una forza elettromotrice f (un voltaggio) che genera una corrente I che si oppone alla variazione di flusso che l’ha generata”.) Un trasformatore opera sui principi della "induzione elettromagnetica", sotto forma di mutua induzione che è il processo mediante il quale una bobina di filo induce magneticamente una tensione in un'altra bobina posta in prossimità di esso. I Trasformatori sono in grado di aumentare o diminuire la tensione e la corrente senza modificare la frequenza o la quantità di energia elettrica che si deve trasferire da un avvolgimento all'altro attraverso il circuito magnetico. Un trasformatore costituito essenzialmente da due bobine elettriche di filo, una chiamata con "Avvolgimento primario " l'altra chiamata con"Avvolgimenti secondario«,il lato "primario" del trasformatore di solito prende potenza, il "secondario" di solito offre potenza. Questi due bobine non sono in contatto elettrico tra loro, ma sono invece avvolte insieme in un circuito magnetico chiuso chiamato con "core". Questo nucleo di ferro dolce non è solido ma è fatto di singoli lamierini collegati tra loro per contribuire a ridurre le perdite del nucleo. I due avvolgimenti sono isolati elettricamente l'uno dall'altro, ma sono magneticamente legati attraverso il nucleo comune che consente il trasferimento di potenza elettrica da una bobina all'altra. Quando una corrente elettrica passa attraverso l'avvolgimento primario si sviluppa un campo magnetico Generalmente, l'avvolgimento primario di un trasformato e è collegato all’alimentazione di ingresso e converte o trasforma l’energia elettrica in un campo magnetico. Mentre il processo dell'avvolgimento secondario è quello di convertire questo campo magnetico alternato in energia elettrica che produce la tensione di uscita richiesta. Costruzione (monofase) Dove: V P - è la tensione primaria V S - è la tensione secondaria N P - è il numero di avvolgimenti primari N S - è il numero di avvolgimenti secondari Φ (phi) - è il flusso Linkage Si noti che i due avvolgimenti non sono collegati elettricamente, ma sono legati solo magneticamente. Un trasformatore monofase può operare per aumentare o diminuire la tensione applicata all'avvolgimento primario. Quando un trasformatore è usato per "aumentare" la tensione sul suo avvolgimento secondario rispetto al primario, è chiamato un trasformatore elevatore .Quando è usato per "diminuire" la tensione sull'avvolgimento secondario rispetto al primario è chiamato un trasformatore abbassatore . Esiste una terza condizione in cui un trasformatore produce la stessa tensione sul suo secondario "= primario" Questo tipo di trasformatore è principalmente utilizzato per l'adattamento di impedenza o l'isolamento dei circuiti elettrici adiacenti. La differenza di tensione tra primario e gli avvolgimenti secondari è ottenuta modificando il numero di spire della bobina del primario ( N P ) rispetto al numero di spire della bobina dell'avvolgimento secondario ( N S ). Il trasformatore è fondamentalmente un dispositivo lineare, il rapporto esistente tra il numero di spire della bobina primaria diviso per il numero di spire della bobina secondaria si definisce con rapporto di trasformazione, o"rapporto spire". il valore del rapporto determina il funzionamento del trasformatore e la corrispondente tensione disponibile sull'avvolgimento secondario legame fra rapporto spire e rapporto tensioni Se la tensione di uscita sul secondario deve essere maggiore alla tensione di ingresso ci devono essere più spire sul secondario viceversa se è necessario che la tensione secondaria sia inferiore al primario. Funzionamento Quando una tensione alternata ( V P ) viene applicato alla bobina primaria, la corrente che scorre attraverso la bobina crea un campo magnetico intorno alla bobina. L'intensità del campo magnetico "B" varierà da zero a un valore massimo le linee magnetiche di forza di questo elettromagnete si espandono verso l'esterno della bobina formando un percorso in cui si concentra il flusso magnetico. Questo flusso magnetico collega le spire dei due avvolgimenti . La forza del campo magnetico indotto nel nucleo dipende dalla quantità di corrente e dal numero di spire nell'avvolgimento. Quando le linee magnetiche di flusso intorno al nucleo, passano attraverso le spire dell'avvolgimento secondario si induce una tensione nella bobina secondaria. La quantità di tensione indotta sarà determinata dallae legge di Faraday e sara deteminata da N.dΦ / dt (legge di Faraday), dove N è il numero di spire Questa tensione indotta ha la stessa frequenza della tensionedell'avvolgimento primario. La tensione indotta in ogni avvolgimento è direttamente proporzionale al numero di spire di tale avvolgimento. Tuttavia, l'ampiezza di picco della tensione presente sull'avvolgimento secondario si riduce se le perdite magnetiche nel nucleo sono elevate. Se vogliamo che la bobina primaria produca un campo magnetico più forte per superare le perdite magnetiche, possiamo aumentare corrente attraverso la bobina o aumentare il numero di spire della bobina ( N P ). Poiché il flusso magnetico varia sinusoidalmente, Φ = Φ max sinωt il rapporto di base tra forza elettromotrice indotta, ( E ) e il numero di spire è dato da: Dove: ƒ - è la frequenza del flusso in Hertz, = ω / 2π Ν - è il numero di avvolgimenti della bobina. Φ - è la densità di flusso in webers Se un primario di un trasformatore viene collegato ad una alimentazione DC, la reattanza induttiva dell'avvolgimento assume un valore pari a zero; l'impedenza effettivo dell'avvolgimento sarà quindi molto bassa e corrisponderà con la resistenza del rame. In questo caso l'avvolgimento richiederà una corrente molto elevata causando un surriscaldamento con bruciatura degli avvolgimenti Efficienza I trasformatori soffrono di tipi di perdite chiamate con " perdite di rame" e sono piuttosto piccole. "perdite di ferro" che in generale Le Perdite nel rame rappresentano la potenza elettrica che si perde in calore a causa della circolazione delle correnti negli avvolgimenti dei trasformatori Le Perdite nel rame rappresentano la più grande perdita nel funzionamento di un trasformatore e si ottengono moltiplicando la resistenza in ohm dell'avvolgimento per il quadrato della corrente Le perdite nel ferro, noti anche come isteresi sono il ritardo delle molecole magnetiche all'interno del nucleo, a orientarsi "invertirsi" nella direzione del campo. Questo ritardo (o fuori fase) è riconducibile alla forza insufficiente del flusso La loro inversione si traduce in attrito, e l'attrito produce calore nel nucleo che potenza. è una forma di perdita di L'Isteresi all'interno del trasformatore può essere ridotta costruendo il nucleo con acciai speciali. L'intensità della perdita di potenza in un trasformatore determina la sua efficacia. l'efficienza di un trasformatore è uguale al rapporto tra la potenza di uscita dell'avvolgimento secondario, P S e quella all'ingresso d dell'avvolgimento primario, P P . Un trasformatore ideale è efficiente al 100%, perché fornisce tutta l'energia che riceve, l'efficienza di un trasformatore reale è tra il 94% al 96% TRASFORMATORE VUOTO / SOTTO CARICO Un trasformatore si dice che funziona a"vuoto" quando il suo lato secondario è aperto ; una piccola corrente circolerà attraverso la bobina avvolgimento primario a causa della presenza della tensione di alimentazione primaria. condizione a vuoto Questa corrente primaria a vuoto è costituito da due componenti: Una corrente in fase, I alla E che alimenta le perdite nel nucleo (correnti parassite ed isteresi). Una piccola I sfasata di 90 rispetto alla tensione che imposta il flusso magnetico. Serve per la determinazione delle perdite nel ferro, oltre che della corrente assorbita a vuoto (col relativo fattore di potenza). Inoltre permette di determinare i parametri trasversali del circuito equivalente semplificato. Viene condotta alimentando il trasformatore con frequenza nominale ed i risultati vanno riferiti alla tensione nominale, infatti le perdite nel ferro dipendono sia dalla tensione che dalla frequenza. Per il trasformatore monofase il circuito di misura consigliato è il seguente: Tutti gli strumenti di misura impiegati devono essere per corrente alternata e frequenza pari a quella di prova, inoltre la loro classe di precisione deve essere pari a 0,5 o migliore, così che si possano trascurare gli errori sistematici strumentali e si possa tenere conto unicamente degli errori sistematici d'autoconsumo (che andranno corretti in relazione al tipo d'inserzione impiegato nella prova). L'alimentazione del circuito deve essere in alternata con forma d'onda sinusoidale. La regolazione del valore della tensione deve essere effettuata in modo tale da non introdurre deformazioni nella forma dell'onda. Ad esempio può essere utilizzato (come mostra lo schema) un autotrasformatore con rapporto di trasformazione variabile. E' lecito anche l'impiego di trasformatori a rapporto di trasformazione variabile, di regolatori ad induzione oppure di gruppi di generazione autonomi (motore ed alternatore) nel qual caso, oltre alla tensione, potrà essere variata anche la frequenza. Non si possono invece impiegare reostati di regolazione perché le eventuali deformazioni della corrente magnetizzante assorbita dalla macchina produrrebbero inevitabilmente delle deformazioni nelle c.d.t. sui reostati e, quindi, nella tensione applicata al circuito. Il frequenzimetro, inserito a monte del variatore di tensione perché per un corretto funzionamento necessita di una tensione applicata sufficientemente grande, verifica che la frequenza sia quella nominale (dalla frequenza dipendono le perdite nel ferro). Il voltmetro, inserito tra due fili di linea per misurare il valore della tensione applicata. L' amperometro serve a misurare la corrente assorbita a vuoto. Il wattmetro serve a misurare la potenza assorbita dal trasformatore. Siccome il f.d.p. per un trasformatore a vuoto è tipicamente molto basso, è consigliato l'impiego di un wattmetro a basso cosj , si hanno così risultati più accurati. L'inserzione adottata è del tipo con le voltmetriche a monte, questo perché il trasformatore a vuoto è assimilabile ad un'impedenza di grande valore e tale inserzione favorisce errori d'autoconsumo più piccoli (in ogni caso tali errori verranno corretti). Il trasformatore deve essere alimentato dal lato di bassa tensione (lato secondario). Questo perché la corrente assorbita a vuoto è pochi percento della nominale e, per avere valori circolanti rilevabili con maggiore precisione, risulta conveniente scegliere il lato di bassa tensione nel quale la corrente nominale è più alta. Se si desidera unicamente determinare il valore delle grandezze sopra elencate si può fare un'unica prova con tensione e frequenza nominali. Se invece si vogliono tracciare le caratteristiche a vuoto è necessario fare diversi rilievi, tutti alla frequenza nominale, a partire da una tensione applicata leggermente superiore alla nominale, ad esempio 1,1·V2n [V], e procedere riducendo la tensione fino a zero. Per ciascuna delle prove si determineranno: V2 [V] direttamente indicata dal voltmetro. I20 [A] direttamente indicata dall'amperometro. 2 P0 = W - RWA·I202 - RA·I20 [W] essendo RWA [W] la resistenza interna amperometrica del wattmetro e RA [W] la resistenza interna dell'amperometro. La potenza così calcolata è quella assorbita dal trasformatore a vuoto che coincide (a meno delle perdite provocate dalla corrente a vuoto nel rame dell'avvolgimento di bt che si possono ritenere trascurabili visto il basso valore della corrente) con le perdite nel ferro. che rappresenta il f.d.p. a vuoto del trasformatore. Grazie ai valori sopra calcolati, si possono determinare le seguenti caratteristiche a vuoto: a) corrente assorbita in funzione della tensione applicata I20 = f(V2). La caratteristica corrisponde a quella di magnetizzazione del nucleo della macchina, infatti la tensione applicata è proporzionale al flusso e quindi all'induzione e la corrente assorbita (per gran parte magnetizzante) è proporzionale al campo magnetico. Considerando che il circuito magnetico ha traferri molto limitati, la caratteristica è abbastanza incurvata. Il punto di funzionamento nominale, se il trasformatore è bene dimensionato, si situa nella zona iniziale del ginocchio. Questo permette di contenere sia i fenomeni di non linearità propri del mezzo ferromagnetico che le perdite nel ferro (legate ai valori dell'induzione). In corrispondenza della tensione secondaria nominale V20n [V] si leggerà sul diagramma secondaria a vuoto I20n [A]. la corrente b) perdite nel ferro in funzione della tensione applicata P0 = f(V2). Le perdite nel ferro, a frequenza costante, dipendono pressoché dal quadrato dell'induzione massima e, quindi, dal quadrato della tensione applicata. Per tale motivo questa caratteristica ha andamento parabolico. In corrispondenza della tensione secondaria nominale V20n [V] si leggeranno sul diagramma le corrispondenti perdite nel ferro P0n [W]. c) fattore di potenza a vuoto in funzione della tensione applicata cosj0 = f(V2). Il valore del fattore di potenza a vuoto si mantiene parecchio al di sotto del valore uno. La sua limitata variazione al variare della tensione applicata è dovuta al variare del rapporto tra la potenza attiva e la potenza reattiva assorbite ed è legata anche ai fenomeni di non linearità propri del mezzo ferromagnetico. Dalle caratteristiche tracciate si determinano le seguenti grandezze riferite alla tensione e frequenza nominali: Tali valori andranno confrontati con quelli forniti dalle tabelle dei costruttori al fine di valutare la bontà del comportamento a vuoto del trasformatore provato. Si possono poi determinare semplificato: i parametri trasversali del circuito elettrico equivalente Osservazione: le portate amperometriche e voltmetriche degli strumenti di misura riferimento ai dati di targa ed ai dati riportati sulle tabelle dei costruttori. andranno definite con Per il trasformatore trifase il circuito di misura consigliato è il seguente: Lo schema sopra disegnato impiegante l'inserzione Aron è utilizzabile senz'altro nel caso di trasformatore trifase con nucleo corazzato (detto anche a mantello). Infatti per tale tipo il comportamento a vuoto (dove la corrente magnetizzante è prevalente) è di tipo equilibrato (riluttanza uguale nelle tre colonne) e, quindi, si può utilizzare tale inserzione pure per calcolare il fattore di potenza. Se il nucleo è a colonne bisogna tenere conto dello squilibrio della corrente magnetizzante nelle tre fasi (riluttanza diversa nelle tre colonne) e di conseguenza bisogna ricorrere ad un diverso schema, ad esempio si possono impiegare tre wattmetri uguali inseriti su un centro stella equilibrato: Tale inserzione è pure consigliabile nel caso di nucleo corazzato, infatti diventa possibile usare tre wattmetri a basso cosj ed in tal modo si possono ridurre significativamente gli errori strumentali (si ricordi che il f.d.p. a vuoto è bassissimo, inferiore di 0,5 in ritardo, ed impiegando l'inserzione Aron si avrebbe il secondo wattmetro con indicazione negativa. Di conseguenza la potenza attiva andrebbe calcolata come differenza aritmetica tra il primo ed il secondo wattmetro con la conseguente propagazione di un grave errore sul risultato). Sempre riguardo al circuito di misura bisogna aggiungere che l'alimentazione deve essere costituita da una terna simmetrica di tensioni sinusoidali e che si pongono tre amperometri per controllare che le correnti nelle tre fasi siano pressoché uguali (differenze significative starebbero ad indicare un cattivo funzionamento ed in tal caso si dovrebbe sospendere la misura). Valgono inoltre tutte le altre considerazioni già fatte per il circuito relativo al trasformatore monofase. Se non si desidera tracciare le caratteristiche a vuoto è possibile fare un'unica misura con tensione e frequenza nominali. Con ovvio significato dei simboli, le espressioni con le quali elaborare i risultati sperimentali sono le seguenti: SV20n [V] direttamente indicata dal voltmetro. I20n = (A1 + A2 + A3) / 3 [A] purché le indicazioni dei tre amperometri non differiscano sensibilmente. P0n = WA + WB - 2·RWA·I20n2 - 3·RA·I20n2 [W] essendo RWA [W] la resistenza interna amperometrica dei wattmetri (supposti uguali) e RA [W] la resistenza interna degli amperometri (supposti uguali). La potenza così calcolata è quella assorbita dal trasformatore a vuoto che coincide (a meno delle perdite provocate dalla corrente a vuoto nel rame degli avvolgimenti di bt che si possono ritenere trascurabili visto il basso valore della corrente) con le perdite nel ferro. Se si fosse utilizzata l'inserzione coi tre wattmetri sul centro stella artificiale si sarebbe calcolato: P0n = W1 + W2 + W3 - 3·RWA·I20n2 - 3·RA·I20n2 [W] che rappresenta il f.d.p. a vuoto del trasformatore. Le formule per il calcolo dei valori percentuali e dei parametri trasversali del circuito equivalente semplificato sono esattamente le stesse del trasformatore monofase. Condizione sotto carico" Quando un carico elettrico è collegato al secondario di un trasformatore una nell'avvolgimento secondario Questa corrente secondaria è dovuto alla tensione secondaria nel nucleo della corrente primaria. indotta dal corrente fluisce flusso magnetico generato La corrente secondaria, IS che è determinata dalle caratteristiche del carico, crea un campo magnetico secondario autoindotto, ΦS nel nucleo del trasformatore che scorre nella direzione opposta al campo primario principale , Φ P . Sappiamo che la potenza di uscita e la potenza di ingresso di un trasformatore sono uguali per cui Dove: N P / N S = V P / V S - rappresenta il rapporto di tensione N P / N S = I S / I P - rappresenta il rapporto attuale La corrente totale assorbita dalla rete dal primario è data dalla somma vettoriale della corrente a vuoto, Io e della corrente di alimentazione a carico I 1 note I1 e Io siamo in grado di calcolare la IP con il seguente metodo. Gli avvolgimenti dei trasformatori hanno impedenze costituite da X L e R . Queste impedenze devono essere prese in considerazione al momento di elaborare i diagrammi di fase in quanto provocano cadute di tensione A volte, può essere più conveniente spostare le impedenze sullo stesso lato del trasformatore per semplificare i calcoli Per spostare una resistenza da un lato del trasformatore all'altro, dobbiamo moltiplicarla per il quadrato del rapporto spire; Così, per esempio, per spostare una resistenza di 2Ω da un lato all'altro di un trasformatore che ha un rapporto spire di 8: 1 il nuovo valore resistivo sara: 2 x 8^2 = 128Ω di . Si noti che se si sposta la resistenza dal lato più alto di tensione il nuovo valore di resistenza aumenterà, se si sposta la resistenza dal lato inferiore di tensione il suo nuovo valore diminuirà. variazione di tensione La regolazione della tensione di un trasformatore è definita come la variazione di tensione secondaria nel passaggio da vuoto a pieno carico la Regolazione della tensione è espressa in percentuale della tensione a vuoto. Così, per esempio se un trasformatore fornisce 100 volt a vuoto e la tensione scende a 95 volt a pieno carico la variazione di tensione è del 5%. Prova in corto circuito del trasformatore Serve per la determinazione delle perdite negli avvolgimenti, oltre che della tensione di cortocircuito (col relativo fattore di potenza). Inoltre permette di determinare i parametri longitudinali del circuito equivalente semplificato. Per quanto riguarda le perdite negli avvolgimenti esse sono di due tipi: a)perdite Ohmiche che dipendono dalla resistenza Ohmica misurata in corrente continua, dalla corrente al quadrato ed aumentano all'aumentare della temperatura. b)perdite addizionali che si aggiungono a quelle Ohmiche quando l'avvolgimento è in corrente alternata. Queste perdite dipendono dalla frequenza, dal quadrato della corrente e diminuiscono all'aumentare della temperatura. Viene condotta alimentando il trasformatore con frequenza nominale e tensione ridotta (tensione di cortocircuito) così che il trasformatore abbia negli avvolgimenti le correnti nominali, infatti entrambe le perdite nel rame dipendono dalla corrente e la reattanza di dispersione e le perdite addizionali dipendono dalla frequenza. Per il trasformatore monofase il circuito di misura consigliato è il seguente: Tutti gli strumenti di misura impiegati devono essere per corrente alternata e frequenza pari a quella di prova, inoltre la loro classe di precisione deve essere pari a 0,5 o migliore, così che si possano trascurare gli errori sistematici strumentali e si possa tenere conto unicamente degli errori sistematici d'autoconsumo (che andranno corretti in relazione al tipo d'inserzione impiegato nella prova). L'alimentazione del circuito di misura deve avere forma d'onda sinusoidale. La regolazione del valore della tensione deve essere effettuata in modo tale da non introdurre deformazioni nella forma dell'onda. Ad esempio può essere utilizzato (come mostra lo schema) un autotrasformatore con rapporto di trasformazione variabile. E' lecito anche l'impiego di trasformatori a rapporto di trasformazione variabile, di regolatori ad induzione oppure di gruppi di generazione autonomi (motore ed alternatore) nel qual caso, oltre alla tensione, potrà essere variata anche la frequenza. Non si possono invece impiegare reostati di regolazione perché le eventuali deformazioni della corrente magnetizzante assorbita dalla macchina produrrebbero inevitabilmente delle deformazioni nelle c.d.t. sui reostati e, quindi, nella tensione applicata al circuito. Il frequenzimetro, inserito a monte del variatore di tensione perché per un corretto funzionamento necessita di una tensione applicata sufficientemente grande, verifica che la frequenza sia quella nominale. Il voltmetro verifica il valore della tensione di cortocircuito. L' amperometro serve a verificare che la corrente assorbita sia quella nominale. Il wattmetro serve a misurare la potenza assorbita dal trasformatore. Siccome il f.d.p. per un trasformatore in corto è tipicamente basso, è consigliato l'impiego di un wattmetro a basso cosj , si hanno così risultati più accurati. Il termometro serve a misurare la temperatura degli avvolgimenti t [°C] (praticamente uguale a quella ambientale se la macchina è stata a riposo per un tempo sufficiente). Se la prova ha una durata contenuta nel tempo ed è condotta con i necessari accorgimenti si potrà ritenere tale temperatura costante durante il suo svolgimento. L'inserzione adottata è del tipo con le voltmetriche a valle, questo perché il trasformatore in corto è assimilabile ad un'impedenza di piccolo valore e tale inserzione favorisce errori d'autoconsumo più piccoli (in ogni caso tali errori verranno corretti). Il trasformatore deve essere alimentato dal lato di alta tensione (lato primario). Questo perché la tensione di cortocircuito è pochi percento della nominale e, per avere valori rilevabili con maggiore precisione, risulta conveniente scegliere il lato di alta tensione. Se si desidera determinare il valore delle grandezze sopra elencate si può fare un'unica prova con applicata la tensione ridotta necessaria a fare circolare le correnti nominali, la frequenza deve essere la nominale. Se invece si vogliono tracciare le caratteristiche di cortocircuito è necessario fare diversi rilievi, tutti alla frequenza nominale, a partire da una tensione applicata sufficiente a fare circolare una corrente leggermente superiore alla nominale, ad esempio 1,1·I1n [A], e continuare riducendo la tensione fino a zero. E' importante procedere riducendo le correnti circolanti, questo per facilitare il raffreddamento degli avvolgimenti durante la prova così da potere ritenere la temperatura degli stessi costante e pari al valore t [°C] che essi avevano prima di cominciare la prova. Per ciascuna delle prove si determineranno: t [°C] direttamente indicata dal termometro e costante. V1CCt [V] direttamente indicata dal voltmetro. I1 [A] direttamente indicata dall'amperometro. essendo RWV [W] la resistenza interna voltmetrica del wattmetro e RV [W] la resistenza interna del voltmetro. La potenza così calcolata è quella assorbita dal trasformatore in corto che coincide (a meno delle perdite nel ferro che si possono ritenere trascurabili visto il basso valore della tensione) con le perdite negli avvolgimenti. che rappresenta il f.d.p. in corto del trasformatore. Grazie ai valori sopra calcolati, si possono disegnare le caratteristiche di cortocircuito: a) tensione applicata in funzione della corrente assorbita V1CCt = f(I1). Se durante la prova la temperatura è rimasta costante e così pure la frequenza, saranno rimaste costanti la resistenza e la reattanza di dispersione degli avvolgimenti. Per tale motivo la caratteristica avrà un andamento rettilineo essendo la tensione proporzionale alla corrente attraverso l'impedenza equivalente (costante per quanto sopra esposto). In corrispondenza della corrente primaria nominale I1n [A] si leggerà sul diagramma la tensione primaria nominale di cortocircuito V1CCtn [V] riferita alla temperatura di misura t [°C]. b) perdite negli avvolgimenti in funzione della corrente assorbita PCCt = f(I1). La curva ha un andamento pressoché parabolico dato che le perdite negli avvolgimenti variano con il quadrato della corrente e, per le ragioni dette prima, la resistenza degli stessi si può ritenere costante. In corrispondenza della corrente primaria nominale I1n [A] si leggeranno sul diagramma corrispondenti perdite negli avvolgimenti PCCtn [W] alla temperatura di misura t [°C]. le c) fattore di potenza in corto in funzione della corrente assorbita cosjCCt = f(I1). Tale curva ha un andamento quasi orizzontale dato che il f.d.p. si ricava dal rapporto tra la resistenza e l'impedenza che si possono ritenere costanti per le ragioni sopra esposte. Dalle caratteristiche tracciate si determinano le seguenti grandezze riferite alla corrente nominale I1n [A] , alla frequenza nominale ed alla temperatura di misura t [°C]: V1CCtn [V] , PCCtn [W] Si tratta ora di riportare i risultati dalla temperatura di misura t [°C] alla temperatura convenzionale di riferimento T [°C] che, dipende dalla classe d'isolamento del trasformatore. Per fare questa operazione è necessario separare le perdite Ohmiche dalle perdite addizionali (per correnti parassite) perché le prime aumentano con la temperatura mentre le seconde diminuiscono all'aumentare della temperatura. Si procede come segue. Per prima cosa si calcolano le perdite Ohmiche impiegando le resistenze Ohmiche R1t [W], R2t [W] rilevate con una misura in corrente continua : PWtn = R1t·I1n2 + R2t·I2n2 [W] Quindi si confrontano le perdite Ohmiche PWtn [W] con quelle misurate in corrente alternata nella prova di cortocircuito PCCtn [W]. Deve sempre essere PCCtn > PWtn in quanto passando dalla corrente continua alla corrente alternata accade che alle perdite Ohmiche si aggiungono quelle addizionali. Ecco allora che si è in grado di separare le perdite addizionali alla temperatura di misura: PADtn = PCCtn - PWtn [W] Dopo avere separato le perdite si possono riportare le stesse dalla temperatura di misura t [°C] alla temperatura convenzionale T [°C] (che vale 75 [°C] per isolamenti in classe A, E, B e 115 [°C] per isolamenti in classe F, H). Allo scopo si deve calcolare il coefficiente di trasporto, che per il rame vale: Osservazione: le perdite addizionali, pur sempre presenti, assumono valori significativi solo nei trasformatori aventi avvolgimenti di sezione elevata (avvolgimenti per alte correnti e basse tensioni). Diversamente esse sono molto piccole e può accadere che a causa degli inevitabili errori di misura (sistematici ed accidentali) risulti essere PCCtn = PWtn la qual cosa è un assurdo fisico. Se si verifica questo caso bisogna porre PADtn = 0 [W] ed assumere PCCTn = PCCtn·Kt [W]. Quindi si può procedere alla determinazione dei parametri longitudinali del circuito semplificato. equivalente I passaggi necessari sono di seguito esposti. Per la reattanza di dispersione equivalente riportata al primario, ricordando che essa è indipendente dalla temperatura, si ha: Dalla teoria è noto che i parametri riportati al secondario si determinano da quelli al primario dividendo per il quadrato del rapporto di trasformazione nominale a vuoto: Noti i parametri del circuito equivalente si determinano la tensione di cortocircuito secondaria ed il fattore di potenza di cortocircuito: Infine si calcolano i valori percentuali delle perdite e della tensione di cortocircuito per poterli confrontare con quelli forniti dai costruttori e così giudicare sulla buona progettazione e realizzazione della macchina in prova: Per il trasformatore trifase il circuito di misura consigliato è il seguente: Essendo il TR trifase in cortocircuito un sistema essenzialmente equilibrato qualunque sia il tipo di nucleo (questo perché, a causa del valore ridotto della tensione applicata, la corrente di magnetizzazione è del tutto trascurabile), è lecito adottare l'inserzione ARON anche per determinare il fattore di potenza. Sempre riguardo al circuito di misura bisogna aggiungere che l'alimentazione deve essere costituita da una terna simmetrica di tensioni sinusoidali. Valgono inoltre tutte le altre considerazioni già fatte per il circuito relativo al trasformatore monofase. Se non si desidera tracciare le caratteristiche di cortocircuito è possibile fare un'unica misura con applicata la tensione ridotta tale da far circolare negli avvolgimenti le correnti nominali, con frequenza nominale. Con ovvio significato dei simboli, le espressioni con le quali elaborare i risultati sperimentali sono le seguenti: t [°C] direttamente indicata dal termometro. V1CCtn [V] I1n [A] direttamente indicata dal voltmetro. direttamente indicata dall'amperometro. essendo RWV [W] la resistenza interna voltmetrica dei wattmetri (supposti uguali) e RV [W] la resistenza interna del voltmetro. La potenza così calcolata è quella assorbita dal trasformatore in corto che coincide (a meno delle perdite nel ferro che si possono ritenere trascurabili visto il basso valore della tensione) con le perdite negli avvolgimenti. Si tratta ora di riportare i risultati dalla temperatura di misura t [°C] alla temperatura convenzionale di riferimento T [°C] che, dipende dalla classe d'isolamento del trasformatore. Si procede come per il trasformatore monofase, ovviamente si deve tenere conto del fatto che le tensioni sono quelle concatenate, le correnti sono quelle di linea, le perdite sono quelle complessive nelle tre fasi ed i parametri sono riferiti al trasformatore Yy. AUTOTRASFORMATORE l' autotrasformatore ha il nucleo magnetico con un solo avvolgimento che è comune ad entrambi i circuiti primario e secondario, ha l'inconveniente che il primario e secondario non sono isolati la corrente primaria I P scorre attraverso il singolo avvolgimento nella direzione della freccia, la corrente secondaria, I S , scorre nella direzione opposta. Pertanto, nella porzione dell'avvolgimento che genera la tensione secondaria, V S la corrente che scorre fuori dell'avvolgimento è la differenza = Ip - Is TRASFORMATORE DI CORRENTE Il trasformatore di corrente è progettato per produrre una corrente alternata nel suo avvolgimento secondario che è proporzionale alla corrente primaria. I Trasformatori di corrente riducono le correnti ad alta tensione ad un valore molto più basso in modo di controllare la corrente elettrica che passa in una linea di trasmissione elettrica Il principio di funzionamento di un trasformatore di corrente è diverso da quello di un trasformatore normale. Tipico trasformatore di corrente A differenza del trasformatore di tensione il trasformatore di corrente è costituito da una sola o poche spirsul suo avvolgimento primario. Questo avvolgimento primario può essereuna bobina di filo pesante avvolta attorno al nucleo o solo una barra conduttrice inserita in un foro centrale. A causa di questo tipo di disposizione, il trasformatore di corrente è spesso indicato come "trasformatore serie" in quanto è disposto in serie con il conduttore percorso da corrente. L'avvolgimento secondario può avere un grande numero dispire avvolte su un nucleo laminato di materiale magnetico a bassa perdita con una sezione trasversale elevata in modo che la densità di flusso magnetico sia bassa sono utilizzati nelle applicazioni di misurazione ad esempio come wattmetro, come misuratori del fattore di potenza, relè di protezione, come bobine negli interruttori magnetici. Aumentando il numero di avvolgimenti secondari, N2 , la corrente secondaria può essere reso molto più piccola dellacorrente primaria perché all'aumentare di N2 I2 scende di una quantità proporzionale. In altre parole, il numero di spire e la corrente negli avvolgenti primario e secondario sono collegati da una proporzione inversa. Rapporto giri TRASFORMATORE TRIFASE I trasformatori di tensione possono essere costruiti per connessioni ad una singola fase, per due fasi, tre fasi, sei fasi e combinazioni persino elaborate fino a 24 fasi (trasformatori di rettifica DC) Se prendiamo tre trasformatori monofase e colleghiamo i loro avvolgimenti primari tra loro ed i loro avvolgimenti secondari tra loro in una configurazione fissa, possiamo usare i trasformatori su una rete trifase. Quando si considerano i trasformatori trifase abbiamo a che fare con tre tensioni alternate e correnti sfasate di 120 gradi Dove: VL è la tensione di linea a linea e VP è la tensione fase-neutro. Ci sono quattro modi diversi in cui tre trasformatori monofase possono essere collegati tra loro Queste quattro configurazioni sono dette Delta-Delta (Dd), Star-Star (YY), Star-Delta (yd), e Delta-Star (Dy). il rapporto tra le tensioni di linea e di fase e le correnti in un sistema trifase può essere riassunto come: Connessione ove: Fase di tensione Tensione di linea corrente di fase corrente di linea Stella V P = V L ÷ √3 V L = √ 3 × VP IP =IL IL =IP Delta VP =VL VL =VP IP =IL ÷√3 IL =√3 ×IP n è "rapporto spire" , V L è la tensione da linea a VP è la tensione tra fase-neutro. quinta GLI AZIONAMENTI 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. ADC /DAC L’AZIONAMENTO ELEMENTI DI PROGETTO DEI CIRCUITI DI POTENZA APPROFONDIMENTO SULLE ARMONICHE COMPONENTI ELETTRONICI DI POTENZA CONVERTITORI CLASSIFICAZIONE DEGLI AZIONAMENTI DINAMICA DEL MOTO ADC /DAC • Rappresentazione digitale di grandezze analogiche • Conversione A/D: campionamento, quantizzazione, codifica) • Parametri fonfdamentali • Sample/Hold • Configurazione base • Interfacciamento con il microprocessore • Tipi di ADC ADC: Flash (o parallelo), approsimazioni successive. • Conversione D/A • Filtro di ricostruzione • Tipi di DAC:a resistori pesati, a rete a scala Rappresentazione digitale di grandezze analogiche Vi sono molti casi in cui, per ragioni tecnologiche o pratiche, si vuole trattare o rappresentare una grandezza analogica, come se fosse digitale. La digitalizzazione di una grandezza analogica è indispensabile quando si vuole elaborare la grandezza per mezzo di un calcolatore. I computer infatti sono in grado di elaborare valori numerici, ma non grandezze analogiche. La conversione di una grandezza analogica in digitale prende conversione analogico-digitale. Viceversa accade spesso che si voglia controllare per mezzo di un computer l'andamento di una grandezza analogica. In questo secondo caso sarà necessario trasformare i dati numerici del computer in valori analogici e si parla di conversione digitale analogica Nel caso di un ADC l’ingresso e un valore analogico e l’'uscita (OUT) è di solito un valore binario a più bit. Viceversa nel caso del DAC, l'ingresso è un valore numerico binario, mentre l'uscita è una tensione analogica (o, in alcuni casi, una corrente). Conversione analogico-digitale I segnali digitali godono di alcuni importanti pregi nei confronti di quelli analogici: - maggiore immunità ai disturbi - si possono elaborare piu facilmente - si possono registrare in modo piu fedele e stabile La sequenza di valori numerici prodotta in uscita dal convertitore analogico-digitale è generalmente una sequenza di numeri binari, direttamente utilizzabili da un elaboratore elettronico. Per effettuare correttamente la conversione da una grandezza analogica (es. una tensione) a un valore numerico digitale è necessario stabilire: 1. con quale frequenza (tempo) si vuole campionare il valore della grandezza analogica (campionamento: trasformazione della grandezza analogica in una grandezza discretizzata) 2. con quanti livelli (precisione) si vuole suddividere i valori assunti dalla grandezza analogica (quantizzazione) 3. Con quale modo si vuole trasformare i valori campionati in valori numerici (codifica) Il convertitore analogico-digitale esegue le tre operazioni in sequenza: partendo da un segnale analogico continuo, lo trasforma dapprima in un segnale sempre analogico ma campionato nel tempo; il segnale campionato viene quindi suddiviso in livelli e infine i livelli di tensione vengono convertiti in valori numerici. Il campionamento serve per discretizzare le variazioni nel tempo della grandezza analogica, cioè per trasformarla in una grandezza che varia solo in corrispondenza di determinati istanti di tempo. Campionare una grandezza analogica significa trasformarla in un'altra grandezza, la quale però non varia più con continuità nel tempo, ma solo in corrispondenza di determinati istanti prefissati. Si definisce periodo di campionamento (Tcamp) il tempo che passa fra l'acquisizione di un campione e l'altro. La frequenza di campionamento è semplicemente il reciproco del periodo di campionamento (fcamp = 1/Tcamp). Più breve sarà il periodo frequenza di campionamento) originale. di campionamento (e più elevata, di conseguenza, la più il segnale campionato assomiglierà al segnale La scelta del periodo di campionamento dovrà dunque essere in generale un compromesso fra la necessità di riprodurre il più fedelmente possibile il segnale e i problemi tecnologici derivanti dal numero eccessivo di campioni da trattare e dalla rapidità del campionamento stesso. In generale il campionamento di una grandezza analogica è ottimale se non comporta perdita di informazioni, ovvero se è possibile ricostruire perfettamente la grandezza analogica originaria a partire dai suoi campioni. In generale è possibile campionare e ricostruire fedelmente u n se gn a le a partire da campioni, solo se lo stesso con un numero limitato di armoniche che cadono entro una determinata banda di frequenze ( il segnale di partenza deve avere ha una banda limitata) Teorema del campionamento (di Nyquist- Shannon) applicato a una sinusoide • Il teorema del campionamento (o teorema di Nyquist-Shannon) afferma che, per campionare correttamente (senza perdita di informazioni) un segnale a banda limitata, è sufficiente campionarlo con una frequenza di campionamento pari almeno al doppio della massima frequenza del segnale detta anche con frequenza di Nysquits • Nel caso di un campionamento ideale effettuato con l’impulso delta di Dirac lo spettro alle basse frequenze (fmax = 500 Hz) è identico allo spettro del segnale originario del segnale campionato. • Nella pratica non è possibile campionare un segnale in questo modo, ma bisogna sempre usare impulsi di campionamento aventi una certa durata. La figura seguente mostra le differenze fra il campionamento ideale e i campionamenti reali di un segnale: In questo caso lo spettro del segnale campionato cambia rispetto al caso ideale, per il fatto che le diverse repliche dello spettro del segnale originario hanno via via un'ampiezza decrescente all'aumentare della frequenza In base allo spettro del segnale campionato, sarà possibile ricostruire perfettamente il segnale originario utilizzando un filtro passa-basso, in grado di filtrare le armoniche fino a 500 Hz , eliminando tutte le armoniche a frequenza superiore (che sono state prodotte dal campionamento). • Dimostrazione del Teorema del Campionamento • Il filtro deve avere una banda passante con guadagno costante fino a fmax (massima frequenza del segnale) e deve avere una banda oscura (con guadagno zero) sopra a fcamp-fmax (2000-1500 = 500 Hz, nel nostro caso). • La condizione precedente può essere verificata solo se fcamp-fmax≥ fmax, cioè se fcamp≥ 2fmax, che è la condizione espressa dal teorema di Shannon. • Il teorema di Shannon è puramente teorico in quanto occorrerebbe un filtro passa-basso ideale (cioè a pendenza infinita) per ricostruire esattamente il segnali inoltre i segnali reali non hanno una banda limitata e perciò non è generalmente possibile individuare nel loro spettro una frequenza massima. • Ne consegue: • 1. per ricostruire fedelmente un segnale campionato occorre un filtro passa-basso in grado di estrarre le componenti spettrali a bassa-frequenza (che corrispondono allo spettro del segnale originale), eliminando completamente le componenti spurie (cioè indesiderate) prodotte dal campionamento. Per questa ragione il campionamento non viene mai fatto alla frequenza di Nyquist, ma sempre usando frequenze convenientemente superiori, in modo da aumentare la separazione fra le due parti dello spettro del segnale campionato. (4.5 volte la fmax). In questo modo, anche usando un filtro reale (non a pendenza infinita), è possibile separare la parte utile dello spettro da quella che deve essere eliminata. 2. I segnali reali non hanno una banda limitata. Per esempio un'onda quadra ha uno spettro composto da infinite armoniche e dunque non è possibile individuare in esso una frequenza massima. Poiche l’ampiezza delle armoniche del segnale diminuisce all’aumentare della frequenza dell’armonica secondo la legge 1/n (n ordine dell’armonica). E possibile considerare solo le armoniche significative (fino alla 5, 7 armonica) in quanto quelle che si trascurano non influenzano la forma del segnale 3. Aliasing il campionamento di un segnale produce un segnale campionato il cui spettro è composto da diverse repliche del segnale originale, repliche collocate a frequenze multiple della frequenza di campionamento. Se la banda non è limitata le frequenze alte delle repliche si sovrappongono interferendo fra di loto impedendo la ricostruziione corretta del segnale Filtro anti aliasing: L’aliasing si elimina filtrando il segnale prima del campionamento con un fitro passa basso detto di anti-alising con frequenza di taglio pari a 5 Khz ( onda quadra con frequenza di 50 hz; si considerano le prime 100 armoniche) che trasforma il segnale in uno a banda limitata Quantizzazione La grandezza campionata, a partire dal segnale originario, è ancora una grandezza analogica, che può assumere infiniti valori che si possono delimitare all'interno di un certo intervallo di dimensioni non troppo grandi. In questo modo si limitano il numero di valori che la grandezza può assumere. Questa operazione introduce naturalmente un errore, che sarà però tanto più piccolo quanto maggiori saranno i valori usati nella quantizzazione La quantizzazione, a differenza del processo di campionamento teorico, introduce sempre un'approssimazione e dunque un errore sul segnale In pratica l'intervallo di valori viene suddiviso in un numero quantizzazione) tutti di ampiezza uguale a un quanto. N di intervalli uguali (detti intervalli o livelli di Per ridurre l’errore di quantizzazione esistono due tipi di quantizzazione: non silenziata che prevede che il campo sia suddiviso in un numero pari di intervalli di uguale ampiezza dei quali una coppia (quella centrale) abbia come estremo comune lo zero. - silenziata, in cui la distribuzione degli intervalli è in questo caso asimmetrica, dal momento che il numero di intervalli negativi è superiore a quello degli intervalli positivi. Che richiedono codici diversi segnali unipolari o bipolari (binari, complemento a due, modulo e segno, Gray, BCD) a seconda che si utilizzino A tale scopo Si definisce con quanto il rapporto fra Voltage Full Scale Range (intervallo di tensione di fondo scala: se tensione analogica varia fra -2 e +10V, il VFSR sarà pari a 12V) e il numero N di valori di quantizzazione Q = VFSR/N Si ha un un errore di quantizzazione all’ADC se la tensione analogica ricostruita dal DAC e diversa da quella che si ha in ingresso Si definisce con errore massimo di quantizzazione come il massimo errore di approssimazione ; tale errore, scegliendo di approssimare i valori con il punto centrale di ogni intervallo è pari alla meta del quanto Emaxquantizzazione = Q/2 Unendo le formule del Quanto Q con L’errore di quantizzazione si ottiene VFSR/2N = Q/2 La formula evidenzia che per ridurre l'errore di quantizzazione è possibile aumentare il numero di livelli N ridurre l'intervallo di tensione di fondo scala VFSR : agire in due modi: Quanto e numero di bit L = 2 ^M Poichè l'ampiezza dei singoli intervalli (quanto) è legata al numero di intervalli N e alla tensione di fondo scala VFSR dalla relazione Risoluzione = Delta V= Q = VFSR/N = VFSR/2n dove n è ll numero di bit Emax = ∆V/2 Emaxquantizzazione = Q/2 =VFSR/2n+1 Come si può osservare l'errore di quantizzazione, che può essere considerato come un rumore casuale che si sovrappone al segnale utile, diminuisce all'aumentare del numero di bit n del convertitore. Spesso l'errore di quantizzazione viene espresso come percentuale della VFSR, nel seguente modo: • Emax = VFSR /2^(n+1) EMAX% = 100/2^(n+1) L'errore di quantizzazione può essere assimilato a una var iabile Vefficacerumore = Q/ 𝟏𝟐 casuale a valor medio nullo e con valore efficace: Veffsegnale = VFSR/ 𝟐 𝟐 E possibile definire il rapporto segnale rumore espresso in dB SNFR = 20log(Vefs/Vefr) = 1,76 + 6,02 N = SNR ≈ 6 * N numero di bit Esempio 1 Range compreso tra 0 e 10 volt (VFSR = 10V) Risoluzione dell'ADC di 12 bit: 212 = 4096 livelli di quantizzazione Quanto = 10 V / 4096 = 0,00244 V = 2,44 mV Errore di quantizzazione = Q/2 = 1,22 mV Errore di quantizzazione percentuale = 100/213 = 0,012% Codifica binaria di una tensione quantizzata Per terminare il processo di conversione da analogico a digitale l’intervallo di quantizzazione si deve trasformare in un numero. Il passaggio da intervallo di quantizzazione a valore numerico viene detto codifica. Per ragioni pratiche, dovute all'uso di dispositivi elettronici e di calcolatori, la codifica numerica avviene sempre in codice binario, cioè usando le sole cifre 0 e 1 (bit). In pratica ad ogni intervallo di quantizzazione viene associata una combinazione di cifre binarie in base alla codifica utilizzata. • La codifica comunemente usata per i segnali unipolari, cioè quelli sempre positivi è il codice binario naturale che consiste nel far corrispondere ad ogni intervallo di quantizzazione un numero binario progressivo, si hanno poi codifiche per segnali bipolario, BCD, Gray ecc.. Parametri fondamentali I parametri piu importanti che caratterizzano il funzionamento di un convertitore AD reale sono: il numero di bit (risoluzione) Il tempo di conversione In un convertitore analogico-digitale, la risoluzione è la minima variazione di tensione che il convertitore è in grado di convertire. Essa dunque coincide con quello che abbiamo definito quanto di conversione (Q). Un altro termine usato spesso nei manuali tecnici e la sigla LSB (bit meno significativo: quello che ha peso minore) e la sigla MSB (bit piu significativ; l’LSB è un modo equivalente per definire il quanto di conversione. In generale dunque si avrà: LSB = Q = VFSR/2n Equantizzazione = LSB/2 Un altro parametro fondamentale per valutare le prestazione di un convertitore ADC è il suo tempo di conversione (conversion time). In pratica il tempo di conversione è una misura di quanto tempo impiega il convertitore per effettuare una singola conversione. • Tale tempo è molto variabile a seconda del tipo di convertitore utilizzato (e del suo prezzo!). Nella pratica si va da convertitori "lenti", con tempo di conversione intorno a qualche millesimo di secondo, a convertitori ultra veloci che arrivano ad alcuni nanosecondi di tempo di conversione. • Il tempo di conversione di un ADC è importante poiché il suo valore limita la massima frequenza di campionamento che è possibile usare con quel dato convertitore. • Infatti il Tcampionamento =1/fcampionamento deve conversione del convertitore: • Tcampionamento • essere necessariamente maggiore del tempo di < Tconversione con un tempo mimimo di conversione pari a un micros • Fmaxcampionamento = 1/Tconversione = 1 MH • Per eseguire correttamente una conversione A/D la tensione d’ingresso non deve cambiare valore durante la conversione; il problema si verifica quando il segnale da convertire cambia con una velocità maggiore del tempo impiegato dal convertitore per convertirlo. • La conversione avviene senza un errore apprezzabile a condizione che ci siano piccole variazioni del segnale di ingresso durante la conversione e che il segnale sia lento per poter essere "misurato" con la precisione richiesta durante il tempo di conversione • Sample and hold Quando il convertitore è troppo lento rispetto alla variazione del segnale da convertire, ovvero quando la seguente diseguaglianza non e verificata fmax <= 1/2n *Tc*n • Si inserisce un circuito Sample and Hold (campionamento e e mantenimento) che "congela" la tensione da convertire per tutta la durata del periodo di campionamento, in modo tale che l 'ADC abbia il tempo di effettuare una conversione corretta. Ovviamente la frequenza di campionamento del S&H coincide con la frequenza di campionamento dell'ADC. Durante la fase di sample l'interruttore viene chiuso (on) e il condensatore si carica a un valore di tensione uguale a V1. Durante la fase di hold l'interruttore è aperto (off) e il condensatore mantiene una tensione costante che, attraverso il secondo buffer, viene riportata sull'uscita V2. Il tempo di apertura del S&H limita la massima frequenza di segnale fmax che può essere convertito, secondo la stessa formula che abbiamo visto prima (dove ora al posto di Tcampionamento abbiamo Tapertura): fmax = 1/2n *Ta*n I circuiti di sample and hold commerciali possono comunemente avere tempi di apertura inferiori al nanosecondo. Configurazione base: A seconda dei casi il filtro anti-alias e/o il blocco di sample and hold potranno essere assenti. In altri casi invece l'ADC potrebbe integrare al proprio interno anche tali funzioni • In ogni caso nei convertitori AD è sempre presente: un campionatore un quantizzatore un codificatore Multiplexing: allo scopo di convertire più segnali analogici per mezzo di un solo convertitore ADC è possibile usare un multiplexer analogico (AMUX) a più ingressi collegato a monte del convertitore stesso. La logica di controllo seleziona ciclicamente uno degli ingressi analogici (in figura V1, V2, V3 e V4) connettendolo all'ingresso del S&H e quindi all'ADC. Ovviamente il convertitore dev'essere abbastanza veloce da poter eseguire la conversione di tutti i segnali in sequenza. In alcuni ADC il multiplexer analogico è già contenuto all'interno dell'integrato del convertitore. ll modo più semplice per usare un convertitore AD è il cosiddetto free running mode che consiste nel collegare direttamente l'uscita di fine conversione (EOC) con l'ingresso di inizio conversione (SOC) del convertitore; in questo modo al temine di ogni conversione viene avviata una nuova automaticamente GLI ingressi CS e RD, attivi bassi, sono collegati a massa in modo da attivare sempre l'integrato e abilitarne le uscite. L'ingresso di inizio conversione (denominato WR) è collegato direttamente con l'uscita di fine conversione (INTR), di modo che ogni conversione terminata ne avvi un'altra. L'interruttore in ingresso serve per avviare la prima conversione (è necessario, altrimenti la sequenza di conversioni non inizierebbe mai). Questa soluzione è semplice, ma presenta l'inconveniente di non poter modificare il periodo di campionamento. Inoltre il periodo di campionamento non viene temporizzato in modo preciso, poichè dipende essenzialmente dai ritardi interni all'ADC. Interfacciamento con un microprocessore. Il µP si occupa di avviare ciascuna conversione e di leggere i valori presenti sui pin di uscita al termine di ogni conversione. Il periodo di campionamento viene in questo caso gestito dal µP stesso (temporizzazione software) oppure tramite hardware esterno (temporizzazione hardware). Gestione dello start of conversion Allo scadere di ogni periodo di campionamento, il µP avvia la conversione inviando all’ADC un segnale impulsivo di start of conversion «SOC» attraverso l’esecuzione di un istruzione generica inviata dal micro all’indirizzo del converitore con lo scopo di attivare l’indirizzo dell’ADC. La lettura del dato convertito non può avvenire dunque immediatamente dopo l’impulso di SOC, ma occorre prima attendere che l’ADC abbia completato la conversione. Il modo più semplice per risolvere il problema consiste nel far eseguire al µP un ciclo di ritardo di durata opportuna fra l’avvio della conversione e la lettura del dato convertito, Una seconda possibilita consiste nell’interrogare ciclicamente in polling, attraverso il microprocessore la linea EOC del convertitore un ultima alternativsaconsiste nel generare un segnale di interrupt al µP ogni volta che è terminata una acquisizione. PIN principali Tenendo presente che i convertitori commerciali hanno un numero maggiore di segnali di ingresso/uscita che tali segnali sono spesso in logica negata (cioè sono attivi sul livello basso invece che sul livello alto) e che i nomi usati sono standard si ha: • - Vin è il segnale analogico da convertire - digital outputs sono le uscite digitali - SOC (start of conversion) - EOC (end of conversion) - CS (chip select) è un segnale logico che abilita il funzionamento dell'integrato; - - RD è un segnale logico che abilita le uscite digitali (digital inputs) – in alcuni convertitoti viene chiamato Output Enable (OE). Vref+ e Vref- servono per regolare la tensione clock è un segnale logico di clock che serve in interne; alcuni convertitori per temporizzare le operazioni Vcc e -Vcc sono rispettivamente la doppia alimentazione, positiva e negativa. In alcuni ADC è presente una singola alimentazione e un pin di massa (GROUND). Tipi di ADC . ADC Flash (o parallelo) . L'ADC flash è il convertitore analogico-digitale più veloce in assoluto, capace di tempi di conversione dell'ordine del nanosecondo. Il circuito è composto da 9 resistenze, 7 comparatori e un encoder con 7 ingressi e 3 uscite Vr è la tensione di riferimento e Vi è la tensione analogica da convertire. La tensione Vi è collegata sull'ingresso non invertente di tutti i comparatori. L'ingresso invertente di ogni comparatore è collegato invece a un diverso nodo della rete resistiva * Vi = Vr*((R/2)/∑R)*Vr = (1/16)*Vr Le uscita dei comparatori sono collegate a un encoder a priorità (priority encoder),il cui scopo è quello di trasformare la sequenza di bit prodotta dai comparatori in un numero binario vero a 3 bit. La codifica prodotta dall'encoder tabella di fianco. è mostrata nella Poiche la velocita di conversione è limitata dalla velocità di comparazione degli operazionali e dall’encoder e poiche un elevato numero di bit richiederebbe un numero elevato di resistenze con una realizzazione di conseguenza complessa e costosa il loro utilizzo è limitato risoluzioni non troppo elevate (max 10-12 bit). ADC ad approssimazioni successive Nell'ADC adapprossimazioni successive la logica di controllo è costituita da un registro ad approsimazioni successive (SAR) Come negli ADC a conteggio, la conversione avviene confrontando l'uscita di un convertitore DA con la tensione analogica da convertire. Il funzionamento è: L'inizio della conversione viene attivato inviando al S.A.R. il segnale SOC. In questo modo nel SAR viene caricata una parola nella quale il solo bit più significativo (MSB) è posto a 1 (tutti gli altri bit sono a zero). L'uscita del DAC, pertanto, assume il valore corrispondente al suddetto codice. Se Vin > VD il S.A.R. mantiene MSB a 1 e carica un altro 1 nel bit immediatamente successivo (cioè pone un 1 anche nel bit n-1). Se, invece Vin > VD il S.A.R. pone MSB a 0 e carica un 1 nel bit immediatamente successivo (cioè nel bit n-1). I passi precedenti vengono ripetuti allo stesso modo per i bit successivi. Il tempo di conversione dell’ADC approssimazioni successive è costante qualunque sia il valore del campione bit Vin. Indicando con TCK il periodo del CLOCK e con n bit il numero di Bit del convertitore, il tempo di conversione Tconv è: Tconv = n * TCK Il tempo di conversione non dipende dal valore del campione Vin. Al crescere della risoluzione dell'ADC il tempo di conversione aumenta. Tale incremento, però, può essere compensato dalla diminuzione di TCK, cioè dall'aumento della frequenza del CLOCK. Ciò consente di ottenere tempidi conversione costanti e ragionevolmente contenuti. Per queste ragioni gli ADC ad approssimazioni successive sono le soluzioni circuitali maggiormente considerate dai costruttori Convertitore digitale-analogico (DAC) Il convertitore digitale-analogico (digital analog converter o DAC) è un dispositivo in grado di convertire un valore in una grandezza analogica. La grandezza analogica può essere, a seconda dei casi, una tensione o una corrente. In teoria collegando un cascata un ADC con un DAC si dovrebbe avere la stessa Tensione d’ingresso; in realtà ciò non avviene, poichè il convertitore ADC introduce sempre un errore di quantizzazione sulla tensione analogica di ingresso. Tale errore di quantizzazione (pari al massimo a mezzo quanto) si ritrova nella tensione prodotta in uscita dal DAC, che non potrà dunque essere in generale uguale alla tensione analogica originaria. La tensione in uscita al DAC si può in generale calcolare moltiplicando il valore numerico digitale in ingresso per l'ampiezza del quanto di conversione Q (5 0101): Q = VFSR/N = 12/16 = 0,75 V Vuscita= Nintervallo * Q Per una quantizzazione silenziata il DAC riconverte il valore digitale in una tensione analogica corrispondente al punto centrale dell'intervallo di quantizzazione e genera in uscita un segnale che ha l'aspetto di un segnale campionato con impulsi di durata uguale al periodo di campionamento Filtro di ricostruzione Lo spettro del segnale prodotto in uscita dal DAC è il tipico spettro di un segnale campionato, cioè è costituito da infinite repliche dello spettro del segnale originario traslate in frequenza in corrispondenza dei multipli interi della frequenza di campionamento. Per ricostruire il segnale originario occorre un filtro passa- basso, il quale faccia passare solo le armoniche del segnale e filtri le armoniche a frequenza più alta introdotte dal DAC. Tale filtro, che va collegato in uscita al DAC, deve avere una frequenza di taglio compresa fra la massima frequenza del segnale fmax e fcamp - fmax, frequenza della prima armonica introdotta dal campionamento. Piedinatura semplificata di un DAC digital inputs ingressi digitali, Vref+ e Vref- servono per impostare la tensione superiore e la tensione inferiore di fondo scala; Vcc e -Vcc doppia alimentazione, positiva e negativa. In alcuni ADC è presente una singola alimentazione e un pin di massa (GROUND). Vout è la tensione analogica in uscita; a seconda dei convertitori l'uscita prodotta potrebbe essere una corrente (Iout). LE (Latch Enable) è un segnale logico presente in alcuni DAC e che serve per congelare (latchare) i segnali digitali di ingresso: in pratica quando LE è attivo, il DAC legge il valore digitale in ingresso; disattivando LE, l'ultimo codice digitale rimane memorizzato nel DAC.: L’assenza di segnali di temporizzazione indica che le conversioni sono attivate binari in ingresso che avviene con una frequenza pari alla frequenza di campionamento dal cambiamento dei valori DAC con uscita in corrente . Se il DAC ha uscita in corrente, normalmente tale corrente dev'essere convertita in una tensione. Per ottenere ciò può essere sufficiente una resistenza di conversione collegata in uscita oppure utilizzare l’uscita come convertitore corrente tensione Principali parametri di un DAC I principali parametri di un DAC sono i seguenti resolution (risoluzione): come nel caso dell'ADC, rappresenta il numero di bit del convertitore. settling time (tempo di assestamento): è in pratica il tempo impiegato dal DAC per effettuare una conversione; viene misurato in base al tempo trascorso, dopo la variazione del codice di ingresso, prima che l'uscita analogica si stabilizzi sul valore finale. Tale tempo pone un limite alla massima frequenza di campionamento che può essere usata con quel dato convertitore. I valori tipici vanno da alcuni nanosecondi fino ad alcuni microsecondi. full scale range (intervallo di fondo scala): massimo intervallo di valori per la grandezza analogica in uscita al DAC (a seconda dei casi può essere una tensione oppure una corrente). codifica: è il tipo di codice usato • Glitch • Quando vi è una variazione del dato binario in ingresso al DAC, si dovrebbe avere il cambiamento simultaneo di uno o più bit d’ingresso; poiche nei casi reali non è possibile la commutazione contemporanea dei bit durante la transizione si generano delle combinazioni binarie non desiderate (spurie) che il DAC traduce in impulsi di tensione (detti glitch) di breve durata. Tali impulsi producono andamenti non desiderati nella tensione di uscita al DAC. Il problema dei glitch può essere risolto collegando in uscita al DAC un blocco di Sample & Hold il quale "congela" la tensione analogica fra una commutazione e l'altra dei codici di ingresso: in pratica la tensione di uscita viene acquisita dal S&H solo dopo che gli eventuali glitch (che hanno sempre breve durata) si sono esauriti. Tipi di DAC DAC a resistori pesati Essendo tutte le resistenze uguali, l'uscita è data semplicemente dalla somma (invertita di segno) delle tre tensioni applicate in ingresso Vout = -R/R*V1 -R/R*V2 - R/R*V3 = -R/R (V1 + V2 + V3) = - (V1 + V2 + V3) Con valori diversi di resistenza: Vout = -R/2R*V1 -R/4R*V2 - R/8R*V3 = - R/R (V1/2 + V2/4 + V3/8) = - (V1/2 + V2/4 + V3/8) Questo tipo di somma viene detta "pesata" in quanto ogni ingresso viene moltiplicato (pesato) per un coefficiente (peso) diverso. I valori dei pesi non sono stati scelti a caso, ma corrispondono al peso di ogni bit in un numero binario a tre bit. L'uscita Vout risulta in questo modo proporzionale al numero binario impostato tramite i tre deviatori. Si realizza in questo modo un convertitore DA a resistenze pesate a 3 bit. Il circuito può essere facilmente esteso a un numero di bit qualsiasi (con n bit occorreranno n deviatori e n resistenze con valori R/2, R/4, R/8,... fino a R/2n). Si osserva che la massima tensione prodotta in uscita dal DAC non raggiunge la VFSR (che in questo caso è 10 V) ma rimane al di sotto di essa di una quantità pari al valore del quanto (1,25V nel nostro caso). • Il DAC a resistori pesati è poco usato nella pratica perchè: • - non è semplice realizzare resistenze con valori differenti e perfettamente calibrati che si dovrebbero mantenere costanti al variare dei parametri di funzionamento (temperatura) • Se il numero dei bit e elevato la resistenza piu grande puo assumere valori molto elevati e viceversa (con n = 12 la resistenza maggiore 2^12 cioe 4096 volte della resistenza minore ) • La resistenza d’ingresso è differente per cui su ciascun degli ingressi digitali e questo puo comportare problemi nel funzionamento • Problemi dovuti sostanzialmente all'uso nel circuito di resistori con valori ohmici molto differenti fra di loro. • DAC a scala R-2R (R-2R Ladder) la quale fa uso di due soli tipi di resistori, di valori appunto pari a R e a 2R : la Vout vale Vout = -1/2*B2*Vref -1/4*B1*Vref - 1/8*B0*Vref Rispetto al DAC a resistori pesati, quello a scala R-2R presenta il vantaggio di utilizzare solo due valori resistivi. Pertanto risulta più facilmente realizzabile con la tecnologia dei circuiti integrati L’AZIONAMENTO 1. ELEMENTI INTRODUTTIVI 2. L'AZIONAMENTO NEI DETTAGLI 3. GLI ATTUATORI 4. TIPI DI ATTUATORI 5. TIPI DI MOTORI ROTANTI 6. MOTORI LINEARI 7. SCELTA DEL MOTORE ELETTRICO 8. CIRCUITO DI POTENZA 9. TIPI DI CONVERTITORI 10. DISPOSITIVI DI CONTROLLO 11. SCELTA DEL CONVERTITORE 12. ESEMPI APPLICATIVI 1. Elementi introduttivi Secondo La CEI 301 -1 si definisce con azionamento (PDS: power drive system) un sistema che converte l’energia elettrica in meccanica con l’uso di apparecchiature elettroniche di potenza. L’A.E. risulta per ciò individuato da tre elementi fondamentali: - IL CONVERTITORE STATICO DI POTENZA - IL DISPOSITIVO DI CONTROLLO - L’ALIMENTATORE (IL MOTORE ELETTRICO, MACCHINA AZIONATA: sono componenti esterni) L’alimentazione rappresenta l’insieme delle apparecchiature che creano l’accoppiamento tra la sorgente di alimentazione e il convertitore Il motore (macchina elettrica) é l'elemento che deve essere controllato attraverso schede digitali che analizzano e elaborano i segnali provenienti dai sensori. La parte di potenza dell'azionamento (elettronica di potenza) si occupa di l'energia elettrica al motore nel modo opportuno. Le caratteristiche dell'azionamento dall'utilizzatore (la meccanica). devono soddisfare le esigenze erogare richieste Gli azionamenti si dividono in: - AE per motori DC a magneti permanenti alimentati da un convertitore ac-dc con commutazione naturale a frequenza di linea se la rete di distribuzione è a corrente alternata o da un convertitore dc-dc se l’alimentazione è in dc; sono in riduzione per l’alto costo in quanto si preferiscono quelli in AC che non hanno il problema collettore-spazzole - AE per motori senza spazzole «Brusless» alimentati con convertitori a transistor con commutazione in funzione dell’angolo di rotazione del motore; hanno buone prestazioni e costo contenuto - AE per motori a induzione alimentati in c.a. Da un convertitore dc–ac se la rete di alimentazione è in continua, se è in alternata si usa un raddrizzatore ac - dc con a valle un dc- ac; attualmente rappresentano lo standard industriale piu diffuso - AE per motori sincroni a magneti permanenti, hanno il rotore costituito da poli con magneti permanenti, sono alimentati in alternata e la loro velocità è legata alla frequenza di alimentazione; si utilizzano gli stessi convertitori dei M.A. E anche se più costosi sono a bbastanza diffusi per la loro flessibilità di utilizzo - AE per motori a passo, utilizzati per azionamenti si utilizzano gli stessi convertitori dei di piccola potenza motori senza spazzole e sono Tutte le problematiche legate all'emissione elettromagnetica e all'immunità ai disturbi (EMC: compatibilità elettromagnetica) devono essere trattate negli azionamenti con molta cura per ottemperare le normative di macchina. I moderni azionamenti elettrici costruiti per essere impiegati nell'automazione ad alte prestazioni sono dei sofisticati dispositivi elettronici basati sulla integrazione di un sistema di controllo a microprocessore con una parte elettromeccanica di trasformazione della potenza elettrica in potenza meccanica con un massiccio impiego di reti dedicate (comunicazioni) che consentono di gestire l’azionamento con elevata flessibilità 2 L’azionamento nei dettagli La struttura generale di un azionamento può essere suddivisa in 4 parti cosi interfacciate: La prima consiste in un organo attuatore (motore elettrico), che é l'elemento fisico che realizza effettivamente la conversione dell'energia elettrica in meccanica, detto servomotore se costruito appositamente per gli azionamenti, in quanto integra un sensore di posizione; il motore é l'elemento che condiziona la struttura dell'azionamento e che influenza il tipo di controllo. La seconda parte é costituita da una sezione elettronica di potenza (convertitore statico) che si occupa di prelevare l'energia elettrica da una sorgente (sezione di alimentazione) e di trasformarla nella forma adatta per alimentare il motore utilizzato (convertitore di potenza): la struttura della parte di Potenza è quindi strettamente correlata al tipo di motore Il modulo di conversione e controllo à costituito: - dalla sezione di potenza e di conversione - dalla sezione di controllo che ha il compito di controllare il comportamento statico e dinamico del motore - dagli ausiliari comprendono le apparecchiature necessarie per un corretto funzionamento dell’azionamento La terza comprende i sensori che generano il feed back necessario per il corretto fumzionamento del controllo, le grandezze che vengono misurate sono soprattutto le correnti, con delle semplici resistenze per sistemi a bassa tensione e bassa corrente, o con dei sensori ad effetto Hall; per sistemi ad alta tensione o correnti elevate e per controlli piu sofisticati puo essere necessario la misura della velocita (dinamo tachimetrica) o addirittura anche la posizione tramite encoder incrementale (o assoluto) o resolver; La quarta parte é costituita dalla sezione di controllo, il cuore del sistema, la quale in base al comando esterno (set-point) che può essere di velocità o di coppia, e alle misure effettuate dai sensori sul motore, si occupa di comandare la sezione di potenza e di gestire le funzioni di regolazione, protezione ed interfaccia del sistema con il mondo esterno. 3.0 Gli attuatori Si considerano attuatori quei dispositivi elettromeccanici che, soggetti a una sollecitazione di tipo elettrico, forniscono una risposta di tipo meccanico. Gli azionamenti I circuiti di pilotaggio degli attuatori che rispondono all’esigenza di amplificare in potenza i segnali di comando sono normalmente detti azionamenti Spesso si rende necessario prelevare energia elettrica in una certa forma (per esempio da un sistema trifase in corrente alternata) ed eseguire la conversione in una forma che sia compatibile con il tipo di motore da utilizzare (ad esempio in corrente continuaper i motori di questa sezione). L’efficienza della conversione gioca un ruolo di fondamentale importanza, soprattutto nel caso che le potenze in gioco siano di notevole entità. In questi casi l’uso di soluzioni elettroniche di tipo lineare (amplificazione mediante dispositivi che operano in regione lineare) non permette di ottenere l’efficienza necessaria. Pertanto gli azionamenti per potenze elevate utilizzano dispositivi elettronici in funzionamento on-off dove (teoricamente) la loro dissipazione è nulla. I dispositivi elettronici attualmente più utilizzati sono i transistor di potenza BJT eMOS e soprattutto gli IGBT; questi ultimi hanno ormai soppiantato,per applicazioni anche fino a 1000 kW, i tradizionali SCR che restano ancora validiin settori di elevatissima potenza oppure come ricambi in azionamenti già esistenti. La reversibilità delle macchine elettriche permette loro di poter funzionare sia comemotori (conversione di potenzaelettrica in potenza meccanica) che come generatori(conversione di potenza meccanica in potenza elettrica). In relazione alla potenza meccanica trattata dalla macchina elettrica si può scrivere: Pm = Cm * w in cui Cm è la coppia meccanica (o momento torcente) e w è la velocità angolare dell’albero del motore. Si può rappresentare il comportamento meccanico della macchina elettrica su un piano Cm, w come indicato in figura. In questa figura è possibile distinguere quattro quadranti di funzionamento in ognuno dei quali è indicatala relativa modalità di funzionamento della macchina elettrica. Assumendo come riferimento l’albero del motore si possono individuare le seguenti condizioni di funzionamento della macchina: ◗ eroga energia meccanica (e assorbe energia elettrica) = motore (quadranti 1 e 3); ◗ assorbe energia meccanica (e eroga energia elettrica) = freno (quadranti 2 e 4). Un esempio di frenatura in avanti è quello della trazione elettrica: per rallentare la velocità si utilizza il motore come generatore (riducendo la tensione di alimentazione la f.e.m. ne risulta superiore e il motore diviene generatore erogando corrente) e quindi l’inversione del verso della corrente inverte il segno della coppia meccanica che tende a opporsi al moto. Un esempio di frenatura indietro si ha nel montacarichi durante la discesa: in questa circostanza il funzionamento come generatore in fase di frenatura avviene con un’inversione del verso di rotazione, rispetto al funzionamento da motore durante la risalita, e quindi il momento torcente ha sempre lo stesso segno in modo da opporsi al moto. Non tutto il piano Cm, w è disponibile per il funzionamento del mote ma sono consentite solo opportune regioni dello stesso. Un limite è stabilito dalla massima potenza meccanica PMAX che la macchina è in grado di trasmettere o ricevere. Questa potenza esprime un legame tra la coppia e la velocità di tipo iperbolico (una iperbole equilatera nel piano Cm, w) che definisce un confine nel piano cartesiano. Due ulteriori limiti al funzionamento nel piano cartesiano sono la coppia massima CmMAX e la velocità di rotazione massima wMAX. La zona di effettivo funzionamento della macchina elettrica è allora quella indicata in figura b. Si noti che la coppia massima non coincide con la coppia nominale del motore e può essere anche 4-5 volte maggiore di essa. 3.1 Tipi si attuatori Le macchine elettriche vengono tradizionalmente divise in due grandi gruppi: macchine statiche e macchine rotanti. - Le macchine statiche, così dette perché prive di parti in movimento, modificano il valore della corrente o della tensione alternata forniti in ingresso mantenendo pressoché inalterato il valore della potenza: il trasformatore. - Le macchine rotanti, nelle quali è presente una parte che ruota attorno ad un asse, appartengono a tre tipi fondamentali: il tipo sincrono, che opera in regime sinusoidale e con velocità di rotazione costante; il tipo asincrono, che funziona sempre in regime sinusoidale con una velocità di rotazione dipendente dal campo magnetico interno alla macchina e variabile con il carico; il tipo a corrente continua, che opera in regime stazionario, poiché l’energia viene fornita o prodotta in corrente continua. 3.2 Principio di funzionamento dei motori elettrici. Il motore è l'elemento centrale dell'azionamento, quello che effettua la conversione dell'energia: Il motore elettrico è il dispositivo maggiormente utilizzato per la generazione del moto nei sistemi meccanici che compongono la base dei sistemi automatici di produzione. I motori elettrici utilizzati negli azionamenti sono di due tipi: rotanti e lineari. il principio di funzionamento dei due motori è lo stesso. I primi, più usuali, rendono disponibile il moto come rotazione attorno ad un asse (asse del “rotore” del motore); il movimento può essere di tipo continuo o di tipo incrementale I secondi, invece, producono un movimento “movente” del motore). in direzione lineare (direzione di spostamento del 3.2 Struttura di un motore elettrico Dal punto di vista strutturale il motore elettrico può essere suddiviso in due parti strettamente interagenti tra loro: una parte fissa detta statore, ed una parte mobile detta rotore (nel caso di moto rotatorio) o movente (nel caso lineare). Le parti fissa e mobile di un motore interagiscono tramite il campo elettromagnetico prodotto dalla alimentazione del motore. Quest’interazione si traduce in una coppia (coppia elettromagnetica) disponibile all’asse del rotore o in una forza (forza elettromagnetica) lungo la direzione del movente, rispettivamente per motori rotanti e lineari. Ai fini del progetto del convertitore statico e del dispositivo di controllo, il motore elettrico può essere rappresentato mediante due blocchi funzionali: -La parte elettromagnetica, che rappresenta il comportamento degli avvolgimenti di statore e rotore (nel seguito, per comodità, si farà riferimento ai soli motori rotanti, fermo restando che per i motori lineari valgono analoghe considerazioni) della macchina elettrica, cioè la formazione delle correnti, dei campi magnetici e della coppia elettromagnetica -la parte meccanica che rappresenta il comportamento meccanico per quanto attiene alla parte mobile del motore comprende l’inerzia delle masse rotanti e le coppie resistenti interne alla macchina La parte meccanica e quella elettromagnetica interagiscono tra loro in modo diretto mediante la coppia elettromagnetica ed in modo retroattivo mediante la velocità di rotazione ω, che influenza i circuiti elettrici del motore (a livello di tensioni indotte). 4 Tipi di motori rotanti I motori elettrici utilizzati nella m ovimentazione autom atica si possono suddividere in quattro grandi famiglie: motori a collettore, motori sincroni, motori asincroni, motori, passo passo, servo motori a) Motori a collettore. Sono caratterizzati dalla presenza del collettore-spazzole che svolge le funzioni di un convertitore di potenza, possono essere suddivisi in motori in c.c. con avvolgimento di eccitazione, motori in c.c. a magneti permanenti, motori Brushless e motori universali - Motori c.c. con avvolgimento di eccitazione, questi motori sono ancora usati nelle medie ed alte potenze, da qualche Kw in su, quando occorre un controllo di elevate prestazioni. - Motori c.c . a magneti permanenti, erano i motori usati maggiormente azionamenti fino a qualche anno fa per la semplicità del circuito di controllo e pilotaggio negli - Motori universali, Sono dei motori a collettore con eccitazione serie che possono essere alimentati sia in corrente continua che in corrente alternata. Hanno un ripple di coppia rilevante, e non hanno prestazioni elevate dato per questo motivo non sono usati in automazione ad alte prestazioni - MOTORI BRUSHLESS, in questi motori il commutatore meccanico a collettore, facilmente soggetto a usura, è sostituito da un commutatore elettronico (senza spazzole). Dono presenti 3 poli anziché due e vanno alimentati a coppie per dare corrente agli avvolgimenti del motore. Sarà compito di un regolatore sincronizzare la tensione corrente con la posizione del rotore per assicurare il funzionamento corretto. Dal punto di vista funzionale i motori brushless possono essere considerati motori c.c. a magneti permanenti con commutatore elettronico (inverter). Non avendo le spazzole, i motori brushless sprecano meno potenza rispetto ai motori cc, quindi a parità di batterie e spiraggio erogano una potenza maggiore a tutti i regimi. Inoltre, il fatto che l'accensione degli avvolgimenti sia gestita dal regolatore e non da un dispositivo meccanico (spazzole), fa sì che il funzionamento di questi motori sia controllabile sotto diversi parametri, consentendo di ottimizzarne il funzionamento in base al tipo di utilizzo. Per contro, proprio per lo stesso motivo, i regolatori brushless devono essere molto più complessi di quelli per motori a spazzole, in quanto oltre a regolare la tensione erogata al motore, devono anche sapere quali poli attivare in base alla posizione del rotore, e ad alti regimi questo compito è molto impegnativo. Il motore brushless, essendo trifase, non è possibile alimentarlo con una normale linea in tensione continua come per in normali motori DC. Per la commutazione della tensione da mandare agli avvolgimenti dello statore ci si deve affidare ad un circuito elettronico apposito che si chiama ESC (Electronic Speed Control), che ha lo scopo di variare la velocità di un motore elettrico. Oltre ai due fili dell’alimentazione dalla batteria, l’ESC è dotato di un connettore a tre fili che va collegato opportunamente (Negativo, Positivo:, Controllo); al controllo va collegato ad un opportuno segnale PWM. Struttura. • Statore: avvolgimenti (tre fasi A, B, C, ognuna sfasata di 120 gradi rispetto alle altre); • rotore: magnete permanente; • commutatore elettronico: • sensore ottico o magnetico di posizione, • logica di commutazione, • interruttori elettronici. Funzionamento. 1. Il commutatore legge la posizione. 2. Il commutatore attiva la fase che può generare il campo perpendicolare al rotore. Un grande vantaggio risiede nel fatto che gli avvolgimenti non ruotano, quindi non servono dispositivi in movimento per alimentarli. b. Motori sincroni Sono motori alimentati con una tensione alternata e la velocità di rotazione è rigidamente legata alla frequenza della tensione di alimentazione. Si suddividono in motori sincroni con avvolgimento di eccitazione e magneti permanenti (Brushless) (sinusoidali e trapezoidali). in motori sincroni a b.1 - M otori sincron i con avvolgim e n to di eccitazion e, questi motori sono simili dal punto di vista del principio di funzionamento ai motori C.C. con avvolgimento di eccitazione, solo che in questo caso tale avvolgimento invece di essere nello statore si trova nel rotore. A differenza del motore in C.C, che richiedono delle spazzole per alimentare gli avvolgimenti nel rotore, sono sufficienti degli anelli al posto del collettore, in quanto la funzione di commutazione è fatta direttamente sugli avvolgimenti di statore. b.2 - Motori sincroni a magneti permanenti sinusoidali, in questi motori il flusso generato dai magneti sul rotore s i concatena con gli avvolgimenti variando in modo sinusoidale in funzione della posizione, ne segue che la f.c.e.m. è sinusoidale. o trapezoidale Non avendo spazzole vengono chiamati BRUSHLESS SINUSOIDALI Essendo privi di avvolgimenti nel rotore, all'interno di esso non vi sono perdite per effetto Joule, quindi il calore viene generato principalmente nello statore, dove viene più facilmente smaltito. I magneti utilizzati permettono di avere un rotore di ridotte dimensioni ridotta) ed un'elevata densità di potenza. (inerzia rotorica Sono stati impiegati largamente quando gli azionamenti erano analogici, dato che permettevano una realizzazione molto più semplice, ma l'uso di encoder o resolver, per la rilevazione della posizione ed il controllo della velocità, e di microprocessori più potenti (DSP) ne hanno ridotto il loro uso. c. Motori asincroni Questi motori sono alimentati con una tensione alternata. Il flusso sul rotore viene indotto, e questo avviene perchè esiste una differenza fra la velocità di rotazione della corrente che induce il flusso sul rotore ed il rotore stesso, cioè vi è uno scorrimento, per questo motivo vengono detti asincroni, si dividono in: c.1 Motori asincroni monofase usati per potenze piccole < 1 Kw .hanno un bassissimo rendimento e non sono usati per la movimentazione automatica (non sono facilmente controllabili) c.2 Motori asincroni trifase, usati, soprattutto quelli a gabbia di scoiattolo, che oltre ad essere robusti hanno un basso costo. Negli azionamenti a velocità variabile ciò non succede, quindi per avere elevate prestazioni (coppia, velocità), occorre usare dei motori asincroni progettati per gli inverter. Occorre che la resistenza rotorica sia la più bassa possibile in quanto il calore prodotto all'interno del rotore per effetto Joule è difficile da smaltire, questo limita la coppia nominale, inoltre i motori per inverter devono avere bassa capacità parassita infatti la presenza del convertitore a commutazione crea delle alte variazioni di tensione dV/dt che possono bucare lo strato d'isolante, per questo motivo di solito si usano a doppio strato d'isolamento. d. Motori passo passo I motori passo-passo, spesso chiamati anche step o stepper, sono caratterizzati nel panorama dei motori elettrici da una serie di particolarità che ne fanno la scelta (quasi) ideale per tutte quelle applicazioni che richiedono precisione nello spostamento angolare e nella velocità di rotazione, quali la robotica ed i servomeccanismi in genere. I vantaggi dei motori passo passo: E' possibile realizzare azionamenti di precisione controllati da computer in catena aperta, cioè senza utilizzare sensori di posizione o di velocità. Sono quindi utilizzabili con relativa semplicità e senza richiedere particolare potenza di calcolo Hanno un'elevata robustezza meccanica ed elettrica: infatti non esistono contatti elettrici striscianti e, se necessario, possono essere realizzati anche in esecuzione completamente stagna. E' facile far compiere all'albero piccole rotazioni angolari bloccarlo in una determinata posizione. arbitrarie in ambedue i versi versi e La velocità di rotazione può essere molto bassa anche senza l'uso di riduttori meccanici. i difetti: Richiedono sempre circuiti elettronici per il pilotaggio, in genere di tipo digitale. Hanno un funzionano a scatti e con forti vibrazioni, soprattutto ai bassi regimi e se si adottano le tecniche di pilotaggio più semplici. Il loro rendimento energetico è basso e, in genere, la potenza meccanica è piccola. Hanno un costo elevato, relativamente ad altri tipi di motore con analoghe prestazioni. Difficilmente raggiungono velocità di rotazione elevate. Il principio di funzionamento La figura mostra una rappresentazione semplificata di un motore passo passo a magneti permanenti. Il motore e' costituito da due parti principali. Il rotore che consiste in una serie di magneti permanenti distribuiti radialmente sull'albero di rotazione. Lo statore costituito da elettromagneti in modo che, opportunamente alimentati, possano generare campi magnetici orientati come da figura. La rotazione dell'albero avviene poiche' i magneti permanenti che lo costituiscono tendono ad allinearsi al campo magnetico generato dagli elettromagneti dello statore. In base all'avvolgimento statorico che viene percorso da corrente ed in base al verso di percorrenza della corrente e' possibile creare un campo magnetico statorico che puo' assumere (in questa semplificazione) 4 orientamenti spaziali che potremmo individuare come : ALTO, DESTRA, BASSO, SINISTRA,... . Il rotore nell'allinearsi al campo magnetico statorico compie una rotazione. I motori passo-passo sono motori che, a differenza di tutti gli altri, hanno come scopo quello di mantenere fermo l'albero in una posizione di equilibrio: se alimentati si limitano infatti a bloccarsi in una ben precisa posizione angolare Solo indirettamente è possibile ottenerne la rotazione: occorre inviare al motore una serie di impulsi di corrente, secondo un'opportuna sequenza, in modo tale da far spostare, per scatti successivi, la posizione di equilibrio. E' così possibile far ruotare l'albero nella posizione e alla velocità voluta semplicemente contando gli impulsi ed impostando la loro frequenza, visto che le posizioni di equilibrio dell'albero sono determinate meccanicamente con estrema precisione. Gli avvolgimenti essere avvolte secondo due schemi: Sono presenti duesoli avvolgimenti (avvolti su più espansioni polari) e quindi all'esterno arrivano due sole coppie di fili: in questo caso si parla di motori bipolari in quanto la corrente dovrà percorrere le fasi nei due versi al fine di creare gli opportuni campi magnetici. Sono presenti quattro avvolgimenti avvolti a coppie, in antiparallelo, sulle espansioni all'esterno arrivano almeno cinque fili (spesso sono infatti presenti connessioni interne al motore tra le varie fasi). polari; delle Si parla in questo caso di motori unipolari in quanto la corrente nella singola fase ha sempre lo stesso verso. E' possibile creare due campi magnetici opposti semplicemente scegliendo in quale dei fili debba passare la corrente. Per distinguere i due tipi di motore, per i quali sono richieste tecniche di pilotaggio molto diverse,basta contare i fili uscenti: se sono 4 abbiamo un motore bipolare, se sono 5 un unipolare, se sono 6 8 possiamo scegliere il tipo di pilotaggio più opportuno Tecniche di pilotaggio Al fine di fornire alle quattro fasi A, B, C, D del motore passo-passo la corretta sequenza diimpulsi è necessario utilizzare circuiti logici pilotati da un generatore di clock, eventualmente variabile al fine di controllarne la velocità. E’ possibile sfruttare un generatore di clock basato ad esempio su diun oscillatore astabile a 555 seguito da un divisore e da una rete logica che ricavi i segnali necessari. Questi segnali non potranno però essere utilizzati direttamente per il pilotaggio del motore, ma richiederanno un’amplificazione della corrente ed un’eventuale innalzamento della tensione, a seconda del tipo di motore utilizzato. Lo schema a blocchi generico è quello mostrato in figura E’ ovvio comunque che è possibile realizzare tutte le necessarie funzioni richieste per la generazione dei segnali tramite un microcontroller, il quale necessita solo del driver di potenza per ilpilotaggio del motore. In commercio sono comunque disponibili circuiti di controllo specifici, cherichiedono solo pochi componenti esterni ed eventualmente il solo driver di potenza. Nella scelta o nella progettazione dei vari tipi possibili di circuiti di pilotaggio, l’unica variabile che è necessario predeterminare è il tipo di motore da controllare, che condiziona la tipologia del driver di potenza. Infatti, a seconda che il motore prescelto sia unipolare o bipolare, il circuito driverdeve essere adeguato. Nel caso di motore unipolare, il driver deve unicamente assorbire corrente daciascuna fase verso massa, mentre se il motore è bipolare, il driver deve sia assorbire che erogarecorrente, proprio per invertire il senso della corrente. I corrispondenti schemi di principio sono quelliriportati in figura Chiarito il principio di funzionamento, non è difficile dedurre gli schemi reali dello stadio driver, che nel caso del pilotaggio di un motore passo-passo di tipo unipolare si presenta come in figura 11, dove i transistor bipolari possono all’occorrenza essere sostituiti da Mosfet o Igbt, anche se in realtà non esistono problemi di velocità di commutazione, in quanto la velocità massima di rotazione del motore è limitata, e quindi la massima frequenza di commutazione dei transistor rimane alla portata di qualunque tipo di transistor. Va precisato che si rende necessario proteggere ciascun transistor dai picchi di tensione indotti dalle commutazioni sugli avvolgimenti del motore, che provoca – ad ogni spegnimento della corrente – una f.e.m. indotta che si somma alla VM. Per tale motivo in antiparallelo ad ogni avvolgimento va collegato un diodo (possibilmente veloce) di “ricircolo” della corrente, con l’obiettivo di sopprimere l’inversione di polarità su ciascun avvolgimento Per quanto riguarda i motori bipolari, i quattro deviatori di vengono realizzati con otto transistor, sfruttando la tipica configurazione “a ponte ad H”, riportata in figura Si noti che in questo schema sono riportati i componenti necessari al pilotaggio delle sole fasi A e B, mentre lo schema completo deve comprendere anche un’analoga configurazione per le altre due fasi C e D, per cui diviene decisamente più complesso che nel caso unipolare. Lo schema è progettato in modo che il circuito di controllo fornisce un’onda quadra nelle cui fasi a livello alto vengono mandati in conduzione i transistor T1 e T4, in modo che la corrente possa fluire attraverso l’avvolgimento A-B del motore da sinistra a destra. Durante le fasi a livello basso vengono bloccati T1 e T2 ed entrano in conduzione T3 e T4, in modo da invertire la corrente nell’avvolgimento. Occorre anche garantire che i transistor dello stesso ramo (T1 e T2 da un lato e T3 e T4 dall’altro) non si trovino a condurre simultaneamente, al fine di non provocare il corto fra VM e massa. Sebbene possa sembrare che ciò non possa avvenire, si ricordi che la “coda” della corrente di ciascun transistor può sovrapporsi all’inizio della conduzione di quello adiacente. e - Servomotori I motori servo, sono attuatori speciali muniti di un sistema di feedback che permette di controllarne la posizione angolare. In altre parole, sono un tipo particolare di motori, che generalmente non ruotano in modo continuo (sebbene esistano alcuni modelli capaci di ruotare di 360°), e che è possibile controllare in modo da ruotarli in una posizione specifica e mantenerla fino a che lo si desidera. Contengono tutta l’elettronica che serve per comandarli: sistema di feedback, logica e stadio di potenza. Possono ruotare in entrambi i sensi, e l’elettronica che li comanda è in grado di variarne la velocità in modo efficiente per garantire una buona precisione nel posizionamento. La maggior parte dei servomotori può ruotare di 180°, ma esistono modelli da 45°, 90° ed anche 360°. Ne esistono di tutte le taglie, dai micro servocomandi per modellismo a servo industriali capaci di spostare un camion. Componenti: Motore DC Un potenziometro Elettronica di controllo (sistema retroazionato) Motor driver (stadio di potenza) Un set di ingranaggi e un meccanismo di demoltiplica Il potenziometro è collegato all’albero di uscita così da ottenere un valore resistivo proporzionale all’angolo della posizione attuale. L’elettronica di controllo utilizza il valore resistivo per decidere la direzione di rotazione e fermarla quando raggiunge la posizione desiderata. Sempre questo sistema è responsabile della scelta della velocità, che è proporzionale alla distanza da percorrere. Lo stadio di potenza è una parte di elettronica che si occupa di alimentare il motore in modo corretto a seconda della direzione, ed è in grado di fornire e dissipare tutta la potenza necessaria all’operazione. Il set di ingranaggi e il meccanismo di demoltiplica servono ad aumentare la precisione, ridurre l’inerzia ed aumentare la coppia. Grazie a questa meccanica integrata i servomotori sono in grado di esercitare forze considerevoli utilizzando un motore poco potente e mantenendo i consumi bassi. L’elettronica di controllo viene pilotata da un apposito segnale che descriverò nel prossimo paragrafo. Il segnale di controllo Il segnale di controllo è tutto quello che abbiamo a disposizione per comandare il servocomando ed ottenere il comportamento che vogliamo. Si tratta di un segnale PWM a 50Hz con impulsi lunghi da un minimo di 1mS ad un massimo di 2mS dove 1mS corrisponde a 0° e 2mS a 180°. Il segnale di controllo deve essere mantenuto almeno fino a quando il motore è completamente in posizione. Al contrario, interrompere gli impulsi inmodo prematuro comporterà un posizionamento non accurato e la possibilità che l’albero possa ruotare per forze esterne. 5. Motori lineari elettrici I motori lineari sono particolari attuatori elettrici in grado di produrre il moto direttamente in forma lineare. Si può pensare di ottenere un motore rotativo lineare da una qualsiasi macchina rotativa mantenendo lo stesso principio di funzionamento, ma disponendo in modo opportuno le superficie di accoppiamento magnetico in modo che la distribuzione dei campi sia disposta lungo un asse piuttosto che su una circonferenza. Il primario dove sono alloggiati gli avvolgimenti può, a seconda dell’applicazione, rimanere fermo e far scorrere il secondario magnetico oppure viceversa con lo slider fisso ed il carrello in movimento. I magneti disposti in maniera sequenziale Nord-Sud permettono al sistema di misura, alloggiato sullo statore, di verificare la posizione reciproca. Il pilotaggio di tali motori è reso possibile attraverso comuni convertitori per tradizionali motori brushless che pilotano le correnti nel primario al fine di ottenere uno sfasamento di 90° elettrici rispetto ai poli magnetici così da massimizzare la spinta. L'attuazione diretta del moto in forma lineare consente di eliminare la trasmissione meccanica che si ha fra il motore rotativo e il carico, eliminando quindi tutte le limitazioni introdotte da tali cinematismi (usura, vibrazioni, qualità posizionamento, rendimento e dinamica dell’intero azionamento) ; tutto questo migliora la_stabilità generale del sistema e riduce gli interventi di manutenzione. Inoltre, grazie alle minori inerzie che vantano i motori lineari, la realizzazione particolarmente semplice il tutto a favore di dinamiche più elevate. del moto risulta Principio di funzionamento dei motori lineari Supponiamo di avere un magnete in grado di muoversi in moto rettilineo senza componente di moto rotatorio. nessuna Posizioniamo questo magnete sopra altri due magneti fissi, in modo che sia in concordanza di polarità con uno dei due e in alternanza con l'altro. Per effetto delle forze di attrazione e di repulsione, il magnete mobile si muoverà allontanandosi dal magnete fisso con cui è in concordanza di polarità, per avvicinarsi a quello con cui è in alternanza. Se la polarità del magnete mobile si inverte, esso ritornerà indietro secondo lo stesso percorso; e abbiamo visto che è possibile invertire la polarità di un magnete se esso è ottenuto con un avvolgimento percorso da corrente elettrica. Il motore lineare sfrutta questo fenomeno, infatti esso è formato da una slitta sulla quale sono collocati numerosi denti di materiale ferroso con avvolte delle spire, per formare degli elettromagneti. La slitta corre su una banda magnetica che altro non è se non una serie di magneti permanenti; la lunghezza della banda magnetica determina, a meno della lunghezza della slitta, la corsa dell'attuatore lineare così ottenuto. La corrente fatta circolare negli avvolgimenti deve essere controllata (in ampiezza e fase) in modo opportuno così da regolare in modo ottimale la spinta del motore lineare;in questo modo il motore è dotato, in modo intrinseco, di un sistema di variazione della velocità. Quando il motore viene alimentato con la corrente elettrica trifase, il flusso magnetico sinusoidale generato dagli avvolgimenti andrà a interagire con il flusso magnetico positivo e negativo creato dai magneti permanenti, questi due flussi vanno a ingranarsi l'uno nell'altro, creando una vera e propria "cremagliera elettromagnetica" che determina il moto rettilineo della slitta e quindi il movimento dell'attuatore. Al fine di ottenere la massima efficienza da questa "cremagliera elettromagnetica", il campo magnetico prodotto dagli avvolgimenti dovrà essere sempre in quadratura rispetto al campo dei magneti permanenti. Questo è uno degli obiettivi primari che si pongono le moderne tecniche di controllo dei motori Brushless. I motori lineare sono in commercio nelle seguenti configurazioni progettuali gli ironcore, gli ironless “piatti” e i motori tubolari aventi le seguenti caratteristiche: Le parti principali che compongono il motore lineare sono lo statore (primario) dove sono alloggiati gli avvolgimenti ed il sensore di temperatura e lo slider (secondario) dove sono inseriti i magneti permanenti. A completare il sistema troviamo un trasduttore un encoder di posizione removibile, connettori per applicazioni lineari, un sistema di dissipazione di calore I motori lineari che hanno trovato posto nel mercato sono i passo-passo, gli asincroni e i sincroni, mentre quelli a corrente continua non sono riusciti a ritagliarsi uno spazio consistente a causa del loro costo elevato e di problemi inerenti allo scintillio delle spazzole, agli attriti e alle limitate prestazioni sia in termini dinamici che di spinta. Vantaggi e Svantaggi Velocità Alta: la velocità massima di un motore lineare è limitato solo dalla tensione del bus e la velocità dell'elettronica di controllo. Velocità tipiche per motori lineari sono 3 metri al secondo con risoluzione di 1 micron e oltre 5 metri al secondo, alta precisione: La, accuratezza risoluzione, e ripetibilità di un motore lineare azionato dispositivo è controllato dal dispositivo di feed back. Con la vasta gamma di retroazione lineare dispositivi disponibili, la risoluzione e la precisione sono principalmente limitati a bilancio e il controllo Sistema di banda. Risposta veloce: Il tasso di risposta di un dispositivo motore lineare guidato può essere superiore a 100 volte quella di una trasmissione meccanica. Questo significa accelerazioni piu veloci e con relativi assestamenti Rigidità: L'eccellente rigidità dinamica dei motori lineari può migliorare immediatamente le caratteristiche del ciclo di movimento della macchina. Funzionamento libero di manutenzione: Dato che i motori lineari di oggi non hanno contatto con parti non vi è usura. L'aspetto negativo, nonostante i miglioramenti, riguarda il consumo di energia che è fino a cinque volte superiore a quello degli attuatori cremagliera e pignone. Il fabbisogno energetico superiore può significare, oltre al diretto costo energetico maggiore, maggiori investimenti in infrastrutture per le linee ad alta potenza, trasformatori e azionamenti elettrici. Inoltre i motori lineari generano molto calore e spesso hanno bisogno di un sistema secondario di raffreddamento, che aggiunge costi e complessità e peggiora ulteriormente l'efficienza complessiva 6. - Scelta dei m otore elettrico La scelta del tipo di motore è legata a: - coppia e velocità (Pn = Cn*wn) - prestazioni dinamiche che dipendono dall'inerzia rotorica e dalla accelerazione naturale - caratteristiche della tensione di alimentazione (continua o alternata) - dalla coppia di spunto e la corrispondente corrente I di spunto Con riferimento alla caratteristica meccanica di un motore asincrono si individuano tre coppie che influenzano il comportamento del motore (1) è la coppia in servizio continuo, (2) è la coppia di picco (3) il limite di coppia dovuto alla massima tensione. a. Coppia di servizio La curva di coppia in servizio continuo (1) è la coppia che il motore riesce ad erogare in modo continuativo, mantenendo la temperatura entro valori accettabili senza che lo stesso si danneggi. Il rischio di una temperatura elevata sono il degrado dell'isolamento fra gli avvolgimenti e la smagnetizzazione, se presente del materiale magnetico. Questa curva non è costante ma all'aumentare della velocità angolare decresce, per questo motivo normalmente il costruttore indica la coppia a rotore bloccato. Ne segue che la coppia in servizio continuo viene fissata oltre che dalle caratteristiche elettriche del motore, anche da quelle termiche Affinchè il dato fornito dal costruttore sia quantificabile occorre conoscere le condizioni nelle quali è stata calcolata la coppia, normalmente il costruttore di tale prova riporta la differenza fra la temperatura dell’avvolgimento del motore (θavv) e quella dell’ambiente circostante (θamb). Da notare che non c'è con cui viene misurata la coppia. uniformità, da parte dei produttori, sulle condizioni Dato che la coppia in servizio continuo, è quel valore di coppia che mantiene la temperatura del motore entro valori accettabili, essa dipende dalla possibilità che ha il motore di smaltire calore. Può capitare di dover utilizzare il motore in condizioni più sfavorevoli rispetto a quelle per cui è stata definita la coppia a servizio continuo, in questo caso occorre declassare il motore, utilizzando la seguente formula Cd^2 = (Δtd/Δtn)*Cn^2 Δtd e Cd sono la differenza di temperatura dell'avvolgimento rispetto a quella dell'ambiente e la coppia del motore declassato - Δtn e Cn sono i valori nominali Se aumenta la temperatura dell'ambiente, diminuirà la differenza di temperatura Δtd che si ha a disposizione senza che il motore superi le temperature critiche e quindi diminuirà secondo la relazione vista la coppia a servizio continuo Td che il motore potrà erogare b - La coppia di picco è la massima coppia che può erogare il motore senza problemi, normalmente è 2 + 5 volte la coppia in servizio continuo. Il tempo massimo di utilizzo di Tp, dipende dal tempo necessario per raggiungere la sovratemperatura critica Nel caso in cui si richiede al motore di erogare una coppia superiore alla coppia in servizio continuo, la temperatura raggiunge più velocemente il valore della temperatura critica tendendo a superarlo se non si limita la coppia. Di solito la massima coppia di picco erogabile dal motore non viene mai utilizzata completamente per non sovradimensionare il DRIVER (scheda di gestione dello stato del motore) c. Limite di coppia dovuto alla massima tensione di alimentazione I motori asincroni alimentati da un convertitore elettronico hanno lo stesso comportamento di quello motori in C.C. Nella figura sottostante è rappresentato il campo di lavoro di un motore asincrono alimentato da un convertitore (inverter) che lo alimenta a frequenza variabile, con una tensione proporzionale ad f fino alla frequenza nominale fn di funzionamento del motore (50 Hz), e successivamente con tensione costante La tensione nominale che si ottiene in corrispondenza della frequenza nominale, per problemi d’isolamento, non verrà più aumentata e di conseguenza la coppia, essendo proporzionale al quadrato della tensione di alimentazione verrà limitata da Vmax La frequenza invece potrà continuare ad aumentare con conseguente diminuzione del flusso e quindi della coppia, in questo secondo tratto della caratteristica il motore funzionerà a potenza costante Ogni motore così come prescrivono le norme CEI, deve essere munito di una targa che indichi i valori nominali delle grandezze elettriche (Inominale,Pn, Vn, rendimento, classe di isolamento, grado di protezione, ecc) e meccaniche (velocità di rotazione, potenza meccanica, frequenza, fattore di potenza, ecc..) essenziali per la specificazione della macchina stessa. 7. Circuito di potenza. La parte di potenza è quella parte che deve convertire l'energia elettrica proveniente dalla sorgente nella forma adatta per poter alimentare in modo opportuno il motore elettrico. L'amplificatore di potenza si può considerare diviso in tre sezioni: sezione di alimentazione - circuito di frenatura - convertitore di Potenza - Circuito di potenza non reversible reversibile Il convertitore di potenza ha i l compito di alimentare i l motore e quindi conversione DC/AC o DC/DC, la sua struttura dipendo dal motore stesso. effettuare una La sorgente di alimentazione primaria è in genere la rete in correte alternata (trifase per azionamenti di potenza superiore a qualche kW, monofase per potenze inferiori ad 1-2 kW); in casi particolari può trattarsi di una rete elettrica in corrente continua (azionamenti per trazione su rotaia) oppure batterie di accumulatori (trazione su ruote). La sezione di alimentazione dipende dalla sorgente di alimentazione che è normalmente monofase o trifase, i l suo compito è quello di effettuare la trasformazione da tensione alternata in continua o viceversa in modo da produrre le caratteristiche di moto richieste con le prestazioni desiderate. Questo può essere fatto tramite un convertitore non controllato che non è reversibile, in quanto la corrente può fluire solo da sinistra verso destra, oppure tramite un convertitore controllato, in questo caso durante lo frenature del motore, la corrente generata dallo stesso può essere fornita alla sorgente di alimentazione. Per evitare che durante la frenatura la tensione ai capi del convertitore superi valori elevati, si introduce un circuito di frenatura che ha il compito di scaricare su una resistenza (detta di frenatura) l'energia in eccesso. Se il flusso d’energia fluisce dalla sorgente, attraverso il convertitore, al motore elettrico e quindi alla macchina azionata la macchina elettrica funziona da “motore” viceversa funziona da generatore (riceve energia meccanica dalla macchina azionata che si trasforma in energia elettrica (le macchine elettriche sono reversibili, cioè possono funzionare sia da “motore” che da “generatore ”). Per un azionamento a velocità variabile anche l’alimentazione dovrà essere particolare: variabile, in - per un motore in c.c. sarà necessario alimentare con una tensione continua di ampiezza variabile. - per un motore in c.a., sarà ampiezza ed in frequenza necessario alimentare con una tensione alternata variabile in 8.Tipi di convertitori Dal punto di vista funzionale si hanno le seguenti tipologie di convertitori: CONVERTITORE AC/DC non controllato, noto come raddrizzatore, fornisce in uscita una tensione continua di ampiezza costante a partire dalla rete alternata (di ampiezza e frequenza costante) - CONVERTITORE AC/DC controllato , noto come raddrizzatore controllato fornisce in uscita una tensione continua di ampiezza variabile mediante un opportuno comando a partire dalla rete alternata - CONVERTITORE DC/DC, noto come chopper, fornisce in uscita una tensione continua di ampiezza variabile a partire da una sorgente in continua a tensione costante. - CONVERTITORE DC/AC, noto come inverter, fornisce in uscita una tensione alternata di ampiezza e frequenza variabili a partire da un ingresso in continua in ampiezza. - CONVERTITORE AC/AC, noto come convertitore di frequenza, fornisce in uscita una tensione alternata di ampiezza e frequenza variabili dalla rete alternata (di ampiezza e frequenza costanti). In genere i convertitori per l’alimentazione di motori a velocita variabile sono realizzati impiegando uno o più di questi circuiti, in funzione della sorgente primaria di alimentazione che si ha a disposizione e del tipo di motore che occorre azionare. La tendenza attuale è la ricerca di dispositivi in grado di commutare a frequenze alte con minori perdite, Tensione e correnti più elevate Pesi e ingombri ridotti Per la realizzazione dei convertitori si utilizzano oltre ai transistor SCR, IGBT, GTO anche , componenti di tecnologia recente quali IEGT «transistor a comando di gate» HVIGBT (transistor bipolari a isolamento ad alta tensione) , HVIPM (High Power Voltage Intelligent Power Module) , GCT in sostituzione dei GT0 , ETO che è un tiristore che utilizza un MOSFET per accendere e spegnere le cui caratteristiche sono evidenziate nella tabella che segue Questa variazione deve avvenire con poche perdite e con segnali di controllo a basso livello di potenza. Questa esigenza si ottiene con i convertitori statici, composti da dispositivi elettronici a semiconduttore collegati in modo da realizzare strutture di conversione secondo diversi tipi di schemi circuitali (Il termine convertitore “statico” fa riferimento al fatto che, che negli attuali convertitori non sono presenti organi in rotazione). Protezione del convertitore Ogni convertitore statico è provvisto di un opportuno sistema di protezione, il quale assicura che non accadano condizioni operative tali da danneggiare in modo irreparabile i semiconduttori di potenza. Fra le protezioni, quella di massima corrente riveste un ruolo particolarmente rilevante, in quanto deve disinserire rapidamente l’alimentazione quando avvengono gravi disturbi quali corto-circuiti o surriscaldamenti Nei moderni convertitori la protezione e i sensori, che indicano la condizione di guasto, sono parte integrante dello stesso convertitore. 8 Dispositivo di controllo E` l’elemento che determina, istante per istante, il valore delle grandezze di comando del convertitore statico in base alla modalità ed alla strategia di controllo adottate per lo specifico azionamento. Per quanto concerne la modalità di controllo occorre distinguere tra controllo in catena aperta e controllo in catena chiusa (o in “contro-reazione”) a. Controllo a catena aperta Tale modalità è caratterizzata dal fatto che la grandezza da controllare y (in uscita) non viene misurata, ma viene individuata, in modo univoco, dalla grandezza di riferimento yR (di comando) L’assenza di una misura della grandezza da controllare non assicura che, a regime, questa eguagli il valore di riferimento: lo scostamento dipende dalla presenza di disturbi che intervengono sul sistema controllato, e precisamente: - la caratteristica dei carichi (statici e dinamici) della macchina azionata; - le cadute di tensione nel convertitore; - le variazioni parametriche nel sistema controllato. Con lo schema di controllo in catena aperta questi effetti possono essere, se noti, compensati a livello della legge di controllo, ma se si vuole assicurare uno scostamento nullo bisogna ricorrere al controllo in catena chiusa. b. Controllo a catena chiusa Con questa modalità la grandezza da controllare è misurata attraverso un opportuno sensore o trasduttore ed è confrontata nel nodo comparatore con la grandezza di riferimento. La loro differenza (“errore” o “scarto” di regolazione) diventa l’ingresso del blocco di controllo in catena diretta. Il controllo in catena chiusa è adottato quando con un azionamento in catena possono assicurare le prestazioni desiderate nelle regolazioni, in particolare: aperta non si - si vuole che l’errore a regime sia nullo indipendentemente dalle caratteristiche statiche del sistema controllato, dalle escursioni della coppia resistente e dalle variazioni dei parametri del motore; - si desidera che le prestazioni dinamiche (rapidità del seguire le variazioni del riferimento con andamento prefissabile) siano ottimali Gli azionamenti di elevate prestazioni sono del tipo a catena chiusa, e vengono indicati come servo-azionamenti Il dispositivo di controllo può includere diversi blocchi funzionali (anche in modalità di controllo adottata): funzione della - Un generatore di riferimento, avente il compito di fissare in ogni istante il valore delle grandezze di comando dell’azionamento, - Una legge di controllo, avente il compito di tradurre il valore di riferimento nella grandezza di comando del convertitore statico. - un unità di ingresso/uscita (I/O), con in ingresso dei segnali provenienti dai trasduttori e dai sensori (necessari al controllo in contro-reazione) ed di uscita per il comando del convertitore. Nei moderni azionamenti il dispositivo di controllo è realizzato mediante microprocessori dedicati al controllo dei motori elettrici, ossi disponibili sul mercato in forma di microcontrollori o processori di segnale digitale (DSP, Digital Signal Processors). Lo schema a blocchi di un azionamento elettrico con controllo in catena chiusa è illustrato nella figura seguente: Le frecce trattecciate indicano i fenomeni di controreazione tra la macchina azionata ed il motore (dovuti alla caratteristica statica e dinamica del carico o al collegamento tramite albero elastico. La retroazione del motore sul convertitore (caduta di tensione) e di questo sulla sorgente primaria (disturbi elettromagnetici sulla rete elettrica) Il flusso di potenza della sorgente attraverso il convertitore al motore ed alla macchina azionata è indicato con frecce larghe I segnali di controllo (bassa potenza) a tratto continuo, quelli di protezione con tratto-tratto 9. Scelta dei convertitori per azionamenti La scelta dell’azionamento dipende dal tipo di motore che si deve controllare, dal tipo di utilizzo dello stesso e viene effettuata sulla base delle specifiche tecniche forniti dai cataloghi tecnici dei costruttori ( tensione di alimentazione del motore, corrente del convertitore «taglia», corrente di picco, velocità nominale, coppie ecc.) La tabella che segue evidenzia altri elementi che si considerano nella scelta degli azionamenti Tracking: gestione elettronica del movimento continua e intermittente che consente di aumentare il rendimento e diminuire le dimensioni del motore 10. Esempi applicativi 10.1 Controllo lineare Un semplice schema di amplificatore in funzionamento lineare adatto controllare la velocità di un motore è quello illustrato in figura a Nello stato ON del BJT sul motore viene applicata una tensione di armatura pari a Va= Vcc - VcE(sat) che ne provoca la rotazione, mentre nello stato OFF la corrente viene interrotta ed il motore cessa di essere alimentato. Il diodo di libera circolazione posto in antiparallelo al motore riduce le pericolose sovratensioni ai capi del BJT, provocate nella commutazione ON- OFF dalla componente induttiva del motore. Con questa tecnica non è però possibile né regolare né controllare la velocità di rotazione del motore. La configurazione è quella ad inseguitore di emettitore; la tensione di ingresso Vi regolata tramite il potenziometro,viene trasferita, a meno della VBE del BJT, sull'armatura del motore, controllandone così la velocità. L'ingresso deve solo fornire la corrente di base, mentre la corrente di armatura, ben più elevata, viene erogata attraverso il BJT dall'alimentazione. Per ridurre il valore della corrente di base, spesso al semplice BJT si sostituisce una configurazione Darlington. 10.2 Controllo in PWM Un inconveniente del controllo di velocità lineare consiste nel fatto che il transistore che pilota il motore è chiamato a dissipare una notevole potenza, specie alle basse velocità, abbassando così il rendimento del sistema, inteso come rapporto fra la potenza fornita al motore e la potenza erogata dall'alimentazione. Questo inconveniente viene superato facendo lavorare il transistore in regime impulsivo, ossia in commutazione. In questo caso infatti la dissipazione di potenza è di molto inferiore, poiché si verifica o nella fase in cui il transistore è in saturazione, e quindi con bassa tensione ai suoi capi, o nella fase di commutazione, normalmente molto breve. In particolare la tecnica di controllo basata sulla modulazione a larghezza dì impulsi (PWM: pulse width modulation) consente un efficace controllo della velocità del motore Quest'ultimo viene alimentato con una tensione di armatura va che, anziché continua, a un andamento rettangolare o impulsivo, con ampiezza vam periodo T costante e ciclo dì utilizzo (duty cycle) variabile. La frequenza della tensione di alimentazione viene scelta da qualche kHz in su, preferibilmente intorno ai 20 kHz o più, onde evitare la generazione e la diffusione, attraverso i conduttori di alimentazione e la carcassa del motore, di rumore nella gamma delle frequenze udibili. Tenendo presente che il polo dominante e quindi la frequenza di taglio della funzione di trasferimento del motore dipendono sostanzialmente dalla costante di tempo meccanica (|p|= 1/τm) e che la frequenza della tensione di armatura è normalmente di molto superiore alla frequenza di taglio, si comprende come soltanto la componente continua Vam produca effetto sul numero di giri, mentre le armoniche vengano in pratica tagliate. Lo stesso discorso è valido anche per la corrente di armatura, anche se in questo caso la frequenza dì taglio dipende dalla costante elettrica τe ed è pertanto più elevata. In altre parole il motore, sia per la velocità che per la coppia resa, sente sostanzialmente il valore medio Vam della tensione di armatura, che a sua volta dipende dal duty cycle secondo la relazione Vam = (ton/T)Vam Pertanto, riferendosi alla grafico del duty cycle è come se al motore venissero applicate tensioni di armatura continue rispettivamente pari a 0,5 Vam 0,75 Vam e 0,25 Vam 10.3 Regolatore di velocita Un circuito di regolazione della velocità in PWM può essere quello in figura Un comparatore confronta la tensione di regolazione in ingresso Vi con una tensione Vos a denti di sega di frequenza costante, generata da un oscillatore. L'uscita Vo del comparatore è allora un'onda rettangolare di frequenza costante e duty cycle variabile con Vi Un aumento di vi produce così un aumento del duty cycle di Vo e quindi un aumento del valore medio della. tensione di armatura del motore, che si traduce a sua volta in un aumento della velocità L'effetto opposto viene prodotto da una diminuzione di Vi 10.4 Controllo di velocità ad anello chiuso. Il circuito esaminato essendo ad anello aperto, non consente un'autoregolazione della velocità; questa importante caratteristica è invece presentata dal circuito ad anello chiuso in figura Un amplificatore dì errore sente la differenza fra una tensione di riferimento Vi e la tensione di reazione Vf generata da un tachimetro collegato al motore, producendo in uscita una tensione di errore Ve Se, per un aumento della coppia di carico applicata al motore o una diminuzione della tensione di alimentazione, diminuisce la velocità del motore, cala anchela tensione Vf prodotta dal tachimetro, cresce di conseguenza Ve e quindi aumenta il duty cycle dell'uscita Vo del comparatore. L'aumento conseguente del valore medio della tensione dì armatura tende così a contrastare la diminuzione iniziale di velocità. L'inverso succederebbe se la velocità del motore tendesse ad aumentare. Questo circuito riporta un circuito, in linea di principio, che permette il controllo di velocità in PWM, con anello di retroazione per la stabilizzazione della stessa. Questo circuito permette di variare, tramite il valore di VI, la tensione media del motore e, quindi, la sua velocità. La presenza della dinamo tachimetrica garantisce la stabilizzazione della velocità, prefissata tramite il valore di VI. Tra gli integrati appositamente previsti per il controllo in PWM dei motori in DC, si ricorda in particolare lo L292 della ST Microelectronics, che è capace di lavorare con tensioni tra 18 e 36 V, con una corrente massima di 2 A (senza aggiunta di dispositivi di potenza esterni). Lo schema applicativo base con anello di retroazione, riportato in figura sottostante ricalca fedelmente l’impostazione circuitale del controllo lineare di Solo che in questo caso l’operazionale non è di potenza e, quindi, deve essere seguito dall’integrato L292, che, operando in switch mode, fornisce al motore una corrente direttamente proporzionale alla tensione al suo ingresso: Im = G*V1 dove G è la transconduttanza dell’IC, il cui valore tipico è di 220 mA/V. Supponendo che il motore funzioni senza carico, si può ritenere Im= 0 e, quindi, anche V1 = 0. In queste condizioni, essendo l’ingresso dell’OP-AMP una massa virtuale, non esiste differenza di potenziale su Rf e questa resistenza non è attraversata da corrente. In queste condizioni, procedendo: Per avere piccole variazioni di velocità, ovvero una buona stabilizzazione della stessa, è utile che Rf sia grande rispetto a R2. è anche possibile esprimere il legame tra la variazione di velocità e la variazione di corrente nel motore: L’anello di reazione viene ottenuto tramite una dinamo tachimetrica (o altro trasduttore di velocità), che converte la velocità di rotazione del motore in una tensione a essa direttamente proporzionale. Qualora, per esempio, la velocità del motore tenda ad aumentare, tende a crescere anche la tensione in uscita alla dinamo; quindi, poiché l’ingresso attivo dell’operazionale è quello invertente, la tensione alla sua uscita diminuisce, compensando la variazione di velocità. Il valore di velocità è regolabile in modo continuo tramite il potenziometro P1 (per il quale può andare bene il valore di 1 kohm). Per lo studio analitico di questo circuito, si tenga presente che la resistenza da 1 ohm posta tra gli ingressi dell’operazionale, non è attraversata da corrente se si suppone, come al solito, nulla la tensione tra questi terminali dell’operazionale; dette VI la vtensione prelevata dal cursore di P1 e VD quella prelevata in uscita alla dinamo tachimetrica T, si può quindi porre: 10.5 Anello chiuso: configurazione ad inseguitore ad emettitore Un esempio di controllo lineare di velocità più complesso del precedente ma molto più preciso grazie all'impiego di un anello di reazione, è illustrato in figura Il motore, alimentato dal BJT di potenza in configurazione ad inseguitore di emettitore, ruotando mette in moto un trasduttore tachimetrico, che a sua volta genera una tensione Vf = K*En proporzionale alla velocità del motore. Questa tensione di reazione viene confrontata in un amplificatore d'errore con la tensione di ingresso Vi la differenza Vi- Vf , amplificata, produce la tensione di errore Ve adatta a pilotare l'amplificatore di potenza finale. Se come deve essere, il guadagno dell'amplificatore d'errore è molto elevato, la tensione Vi - Vf , al suo ingresso è molto piccola e Vi = Vf = Kn. Pertanto la velocità di rotazione n risulta legata linearmente alla tensione v; dalla relazione n=~ Vi/Ke I sistemi di controllo ad anello chiuso come questo, essendo reazionati negativamente, stabilizzano la velocità del motore nei confronti delle variazioni del carico e dell'alimentazione. Supponiamo ad esempio che, per un aumento della coppia di carico, la velocità tenda a diminuire. Diminuisce allora Vf e quindi cresce Ve= A (Vi - Vf ). Aumenta pertanto la tensione sul motore, contrastando così l'iniziale diminuzione della velocità. 10.6. Ponti Per invertire il senso di rotazione di un motore in continua a magneti permanenti occorre invertire la polarità della tensione di armatura. Semiponte. Uno schema frequentemente usato è quello di figura a , detto a o a T, che necessita di doppia alimentazione semiponte Con T 1 ON e T2 OFF la corrente scorre attraverso T1nel verso indicato a tratto pieno ed il motore gira in un certo verso. Portando invece T2 in OFF e T2 in ON, la corrente, non indicata in figura, scorre nel motore in verso opposto, facendolo ruotare nella direzione contraria a prima. I diodi D 1 e D2 servono a proteggere i transistori dalle sovratensioni dovute alla componente induttiva del motore, durante la commutazione ON-OFF dei BJT. Supponiamo infatti di considerare la condizione illustrata in figura, con la corrente I che scorre attraverso T1. Allorché Tl commuta in OFF, il motore tende a mantenere il flusso di corrente, che, se non trovasse un percorso attraverso D2 e l'alimentazione negativa (linea tratteggiata) provocherebbe una sovratensione pericolosa per i transistori. Ponte intero o a H: rigenerativo Il convertitore che fornisce l’alimentazione al motore è di solito a ponte di Graetz trifase, a controllo totale mediante tiristori, oppure è un invertitore a ponte o a mezzo ponte con transistori. La tensione di alimentazione deve comunque essere variata come ampiezza e come polarità. Per consentire l’inversione dell’energia e quindi la frenatura a recupero è necessario che si possa lavorare in tutti e quattro i quadranti e il convertitore deve essere bidirezionale e rigenerativo Per funzionamento unidirezionale e rigenerativo si intende che il convertitore consente un solo verso alla corrente, ma con possibilità di ricevere e restituire alla rete in corrente alternata l’energia. La bidirezionalità si riferisce alla possibilità di consentire l’inversione della corrente. Le inversioni di coppia e del senso di rotazione si possono controllare efficacemente e con elevati cambi di velocità nei quattro quadranti mediante una alimentazione ad esempio costituita da due convertitori distinti, a controllo totale, che rendono possibile lo scambio di energia lato c.a. <--> lato c.c. (. Si sfrutta il fatto che . e ritardi d’innesco compresi fra 0° e 90° il valore medio della tensione decresce dal valor con carico induttivo massimo positivo a valore nullo; per angoli d’innesco da 90° a 180° il valore medio ricresce per valori negativi I convertitori C1 e C 2 vengono abilitati separatamente, a seconda del senso di rotazione che deve possedere il motore. Il segnale di errore ε, prodotto dal confronto fra il segnale di riferimento di velocità e la velocità effettiva del motore, rilevata dalla dinamo tachimetrica DT, viene amplificato dal controllore A, che impone a sua volta, al generatore di impulsi G.I. dei gate degli SCR, la scelta del convertitore in base al senso di rotazione voluto. Il sistema consente anche la frenatura a recupero e quindi vi è la bidirezionalità offerta dai quattro quadranti, tutti sfruttabili. Le brusche variazioni di velocità ottenibili portano allo scambio di energia fra la linea trifase in c.a. e l’alimentazione in c.c. L’elevata costante di tempo del circuito d’eccitazione rende meno usuale la regolazione della corrente stessa e l’impiego del controllo che agisce esclusivamente sul flusso, a meno che sia richiesta la variazione di velocità a potenza disponibile costante La presenza delle induttanze L1 e L2 ostacola sia le eventuali brusche variazioni della corrente conseguente a rapide variazioni della tensione, sia le variazioni della corrente circolante e della coppia, conseguenti alle deformazioni della forma d’onda create dai convertitori impiegati (sensibile è la presenza di armoniche di disturbo). regolazione puoi essere di tipo: 1. a coppia costante 2. a potenza costante 3. mista Il funzionamento può avvenire su uno, due o 4 quadranti a seconda del tipo di convertitore utilizzato e precisamente: - Su un quadrante: ponte trifase semicontrollato - Su due quadranti: ponte totalmente controllato - Su quattro quadranti: usando due convertitori totalmente controllati La regolazione completa effettuata agendo sulla tensione di armatura e sulla corrente di eccitazione si ottiene alimentando il circuito di eccitazione con un raddrizzatore controllato in modo da variare la tensione Vf e di conseguente la corrente Ie secondo lo schema Un altro metodo per l’azionamento di un motore in cc è quello di alimentarlo tramite un convertitore dc dc a ponte con tensione a onda quadra realizzata con transistor IGBT 10.7. Caso pratico di un azionamento in c.c. Nei sistemi a catena chiusa in ogni istante le grandezze di controllo del convertitore vengono calcolate in base a quelle di riferimento dell'azionamento e alle grandezze meccaniche trasdotte. Il trasduttore di velocità o di posizione rende possibile il confronto fra il segnale di riferimento e quello di reazione. La loro differenza (segnale di errore) comanda il sistema in modo da ristabilire la situazione imposta col riferimento. E’ compito del regolatore, appartenente al dispositivo di controllo, far sì che il sistema risponda alle prescrizioni statiche e dinamiche. Per l'ottenimento di un profilo di moto assegnato occorre variare e controllare la posizione, la velocità e l'accelerazione, legate dalle leggi della dinamica del moto; sono interessate anche le coppie motrici e resistenti e le inerzie dei componenti. La figura mostra lo schema funzionale di un azionamento nel caso più generale in cui siano previsti anelli di controllo per tutte le grandezze che definiscono una traiettoria di moto: coppia, velocità, posizione. Dal momento che una traiettoria di moto descrive le modalità con cui l'organo controllato deve spostarsi da una posizione ad un'altra, è evidente che l'anello di controllo di posizione angolare q è il più esterno. L'anello è governato dal riferimento di posizione Rp e impiega un opportuno trasduttore di posizione Tp. L'errore ep, elaborato ed amplificato dall'amplificatore regolatore Ap, comanda gli stadi successivi. In teoria, se l'obiettivo dell'azionamento è il controllo della posizione angolare q dell'albero del motore, l'anello di controllo di posizione dovrebbe essere sufficiente per comandare l'intero azionamento. In pratica però, internamente all'anello di posizione, si trova normalmente anche la catena di controllo della velocità angolare W. Questo secondo anello di controllo, il cui segnale di riferimento Rv è prodotto dall'amplificatore regolatore di posizione Ap, ha la funzione di impedire che, in presenza di elevati valori dell'errore di posizione ep, la velocità angolare possa crescere oltre la velocità nominale del motore. A tal fine è sufficiente limitare opportunamente il valore del riferimento di velocità Rv . Naturalmente, se l'obiettivo dell'azionamento è invece il controllo della velocità del motore, l'anello di posizione non viene realizzato. Il trasduttore Tp e il regolatore Ap non ci sono, e l'ingresso del sistema diviene il segnale di riferimento di velocità Rv. Restano solo gli anelli di controllo della velocità e della coppia (o della corrente), e l'anello di controllo di velocità diventa quello principale. Internamente al controllo di velocità di figura normalmente presente un anello di controllo di coppia o, più comunemente, di corrente. Il controllo di corrente produce infatti effetti analoghi al controllo di coppia, stante il fatto che solitamente la coppia T prodotta all'albero del motore è proporzionale alla corrente I, da esso assorbita, secondo la relazione T = KT I Il controllo di corrente viene tuttavia preferito, perché il trasduttore di corrente TI risulta assai più semplice ed economico del trasduttore di coppia. Inoltre è normalmente necessario limitare la corrente assorbita dal motore entro opportuni valori e ciò risulta assai semplice qualora sia presente un controllo di corrente: è infatti sufficiente limitare l'escursione del riferimento di corrente RI. Nell'anello di controllo di corrente, il segnale di riferimento RI è prodotto dal regolatore di velocità AV ed è confrontato con il segnale di controreazione generato dal trasduttore di corrente TI. Il segnale di errore di corrente eI viene quindi elaborato dal regolatore AI e determina il segnale di riferimento UC per la tensione del convertitore. Infine il circuito di comando del convertitore provvede a controllare gli "interruttori" del convertitore stesso, in modo che la sua tensione d'uscita U segua, amplificandolo, il riferimento UC. Lo schema è completato dal motore, alimentato dal convertitore, al cui albero sono trasduttori di posizione, di velocità e naturalmente il carico. connessi i La coppia T prodotta dal motore è in generale proporzionale alla corrente I e si può scomporre in due termini: la coppia resistente Tu, determinata dal carico e dagli attriti del sistema meccanico, e la coppia d'inerzia Tj, data dalla relazione Tj = J a dove J è il momento d'inerzia del sistema meccanico e a rappresenta l'accelerazione angolare. La coppia resistente Tu è in generale funzione del tempo, della posizione, della velocità ed agisce come un disturbo nel sistema di controllo dell'azionamento. Vale naturalmente la relazione Tj = T - Tu I regolatori di posizione, velocità e coppia Ap, Av e AI debbono garantire la stabilità del sistema e le desiderate prestazioni in termini di precisione e velocità di risposta L’AZIONAMENTO Elementi di progetto dei circuiti di potenza Parametri di qualità di una rete elettrica Compensazione delle armoniche 1. Parametri prestazionali e progettuali Nell’analisi e progettazione di un circuito di potenza del progetto i seguenti parametri: si ritengono rilevanti per la competitività 1. Distorsione 1.a in ingresso corrente 1.b in uscita tensione 2. rendimento energetico; 3. fattore di potenza; 4. guadagno: ha senso se il convertitore non è controllato e dovrà avere valore tale da garantire la linearità del rapporto tra ingresso e uscita. 5. resistenza d’uscita: ha senso solo se l’uscita è in tensione e dovrà garantire il massimo trasferimento di potenza in uscita 6. costi 1. Distorsione Le caratteristiche dei componenti attivi non sono lineari. Per piccoli segnali non è un problema; per grandi segnali, invece, ciò genera conseguenze notevoli poiché il punto di lavoro normalmente effettua spostamenti notevoli lungo la caratteristica “retta di carico”. Questo genera distorsione in uscita, dovuta alla non linearità del rapporto tra ingresso e uscita. Si definisce con distorsione armonica totale , o THD il rapporto fra il valore efficace di tutte le armoniche, esclusa la fondamentale e il valore efficace della fondamentale THD è utilizzato per caratterizzare la linearità di sistemi audio e la qualità della potenza di sistemi elettrici (per segnali continui è nulla). 2. Rendimento Un circuito di potenza controlla il trasferimento della potenza dall’alimentazione al carico. Si può valutare quanta potenza viene destinata all’uscita del sistema di potenza, a fronte dell’energia totale spesa in ingresso ηe = Pout/Pin rendimento energetico Quando l’uscita deve ricevere una sola componente utile con una certa frequenza (ad esempio quella fondamentale), è interessante valutare quanta potenza utile viaggia su questa frequenza rispetto alla potenza totale in ingresso, cioè la capacità di convertire la potenza dell’alimentazione in potenza alternata sul carico: ηC = Pl/Pcc rendimento di conversione Pcc = potenza alimentazione Pl = potenza sul carico I rendimenti stanno tra loro in rapporto: 0 < ηC < ηE < 1 Pl< Pout 3. Fattore di potenza (PF= Power fattor) Se il circuito contiene uno o più carichi non-lineari (generalmente circuiti elettronici) si osserva anche una distorsione della forma d'onda della corrente ovvero una variazione della frequenza: alla frequenza generata dalla tensione, definita frequenza fondamentale (ad esempio 50 Hz in Europa) si aggiungono correnti con frequenze multiple della fondamentale dette di armonica superiore (ad esempio di terza armonica: 150 Hz, di quinta armonica: 250 Hz, di settima armonica: 350 Hz e così via). In assenza di armoniche il fattore di potenza «cosφ», è dato dalla relazione: cosφ= P1 (fondamentale)/ S 1(fondamentale) • P: potenza attiva = Ve*Ie*cosφ • Q: potenza reattiva; • S = P + jQ = Ve · Ie : potenza complessa (apparente). In presenza di armoniche il power factor Fattore di potenza: PF = Pmedia/Ve · Ie «PF» è dato dalla relazione 0 <= PF <=1 Per avere una trasmissione efficiente dell’energia bisogna avere una potenza media elevata e un valore efficace di V e I basso con un fattore di Potenza che variA in funzione del tipo di carico PF e cosφ sono uguali solo in caso di assenza di armoniche. Fra THD, PF, cosfi esiste il seguente legame • Il fattore di potenza cos(φ) di carichi lineari aventi un basso fattore di potenza (come ad es. i motori a induzione) può venire corretto attraverso una rete passiva di capacità in modo da avere un valore il più possibile prossimo a "1", il che indica che tutta l'energia fornita dalla sorgente è consumata dal carico. I carichi non lineari (come ad es. i rettificatori) distorcono la corrente assorbita dal sistema. In tali casi, si può usare una correzione attiva o passiva del fattore di potenza per contrastare la distorsione ed aumentare il fattore di potenza in questione. Si può pensare di fornire energia reattiva di segno opposto, aggiungendo ad es. condensatori che cancellano gli effetti induttivi o capacitivi del carico. I dispositivi per la correzione del fattore di potenza possono essere concentrati in una postazione centralizzata dell'impianto elettrico o sparsi lungo di esso, se non addirittura inseriti all'interno dei singoli carichi induttivi Parametri di qualità di una rete elettrica Generalmente, i parametri di maggior interesse, riguardo alla quantità dell’energia elettrica utilizzata, sono: 1. livello e frequenza della tensione di stato stazionario; 2. abbassamenti di tensione; 3. messa a terra; 4. armoniche; 5. variazioni del livello di tensione, rumore; 6. transitori. a. Livello e frequenza della tensione di stato stazionario «a transitorio esaurito». In molti paesi la frequenza varia tra 0,25Hz e 0,5Hz, talvolta l’intervallo aumenta fino a variazioni tra 1Hz e 2Hz. Ciò provoca cambiamenti di velocita nel moto di orologi e motori, fino ad alcuni giri al minuto, causando un danno tutto sommato minimo. La tensione, al contrario, di norma rientra in una tolleranza di ±10% e i suoi scostamenti hanno effetti molto più rilevanti rispetto a quelli della frequenza: • tensioni superiori al 10% in più causano perdita di tempo di vita utile degli utilizzatori, in alcuni casi anche la rottura immediata; • tensioni inferiori al 10% in meno provocano eccessive richieste di corrente, quindi un ancora maggiore calo di tensione oltre all’aumento della temperatura nei conduttori; il tutto si riscontra, poi, in errori di funzionamento b. Abbassamenti di tensione. Si parla di abbassamenti di tensione quando la caduta supera il 15 ÷ 20% del valore nominale. Solitamente sono causati da: • messa a terra impropria; • guasti che provocano conseguenze sulla rete. I guasti possono verificarsi ovunque, ma sono più evidenti nei sistemi di distribuzione degli utilizzatori, perchè gli utenti in bassa tensione sono più esposti alle cause di corto circuito. c. Messa a terra. I problemi legati alla messa a terra sono suddivisibili in tre grandi famiglie. • Ground loop (anello di terra): è il caso di segnali di potenza e di controllo originati in luoghi diversi, ma che si riferiscono alla stessa terra di riferimento. I transitori indotti in un punto possono propagarsi attraverso la terra e danneggiare quel che trovano lungo il percorso. • Connessioni improprie tra neutro e terra: creano un riferimento di terra affetto da rumore, che interferisce con i segnali di controllo a bassa tensione. • Eccessiva tensione tra neutro e terra: può danneggiare gli utilizzatori non isolati a sufficienza, oppure dotati di alimentatori economici. d. Armoniche. Le armoniche sono prodotte da: • convertitori switching (per la relazione non lineare tra V e I); • alimentatori e generatori; • motori a induzione; • trasformatori; • lampade fluorescenti con stabilizzatore magnetico; • forni elettrici (in AC). Tutti questi utilizzatori provocano armoniche di corrente, alcuni anche armoniche di tensione. Le armoniche di corrente, prodotte da carichi elettronici di potenza, provocano cadute di tensione sull’impedenza dell’alimentazione alle frequenze in cui si trovano distorcendo la tensione di tutto il circuito alimentato. e. Variazioni del livello di tensione, rumore. Generalmente solo i seguenti utilizzatori sono problematici, in quanto creano ampie variazioni di tensione a bassissima frequenza (minore di 30Hz): • grandi forni (in DC) e saldatrici; • compensatori di energia reattiva (rifasamento); • cicloconvertitori. f. transitori I transitori di tensione sono dovuti buchi di tensione, interruzioni brevi e lunghe e sovratensioni transitorie e temporanee. Per ogni tipologia sono fissati il numero degli eventi in un anno: - buchi di tensione. da qualche decina "fino ad un migliaio"; - interruzioni brevi, da qualche decina a parecchie centinaia (la durata di circa il 70% delle interruzioni brevi può essere inferiore a 1 s); - interruzioni lunghe, da meno di 10 o fino a 50, a seconda della zona. Per eliminare i transitori si possono adottare i seguenti provvedimenti: • corretta scelta e installazione dei conduttori di segnale (cavi schermati, vie di posa separate rispetto ai conduttori di potenza poste ad adeguata distanza, particolare cura nella realizzazione dei collegamenti verso terra degli schermi e delle apparecchiature); • alimentazione degli azionamenti a velocità variabile da trasformatori dedicati. Compensazione delle armoniche Sono soprattutto le armoniche di tensione ad alimentare in modo scorretto i carichi La maggior parte della corrente è trasportata dall’armonica fondamentale per questo, spesso l’uso di carichi non lineari non causa problemi significativi di distorsione. Questo non avviene se è presente una risonanza parallela di alimentazione; le risonanze, serie oppure parallelo, esistono in ogni rete che contiene condensatori e induttori con il seguente comportamento: •una risonanza serie si comporta come cortocircuito alla frequenza di risonanza (circuito LC serie) • una risonanza parallelo si comporta come un circuito aperto alla frequenza di risonanza (circuito LC parallelo) Nei carichi che producono armoniche in corrispondenza delle frequenze di risonanza (di tipo parallelo) dell’alimentazione correnti anche piccole a tale frequenze possono causare sovratensioni. Il problema è risolvibile con una risonanza serie che compensa quella parallela con un effetto contrario. Esistono filtri per eliminare e selezionare le armoniche di variegate forme e dimensioni, generalmente sono di tipo serie (forniscono cortocircuiti a una o più frequenze d’armonica) e si inseriscono in parallelo all’alimentazione (shunt ). Gli shunt sono più economici dei filtri da porre in serie, perchè non devono essere tarati per una corrente massima che li attraversa, ma solo rispetto a una quota della tensione. Si possono distinguere tre tipi di filtri : 1.a singola frequenza; 2. a frequenza multipla (solitamente doppia); 3.Damped (ammortizzati) del I, II, III ordine: funzionano in una banda di frequenze, di solito compresa tra una coppia di armoniche di ordine elevato (es. tra l’11a e la 13a). Non sono utilizzati per basse frequenze a causa dell’alta resistenza interna che causa perdite di filtraggio troppo elevate (trascurabili ad alta frequenza). Approfondimento sulle armoniche Analisi armonica Principali disturbi creati dalle armoniche Possibili rimedi e azioni correttivi APPROFONDIMENTI SULLE ARMONICHE la presenza di armoniche in rete è indice di deformazione della corrente o della tensione e indica che la distribuzione dell’energia elettrica avviene con qualità non ottimale. In tal caso le utenze più sensibili possono essere soggette a malfunzionamenti e l’intero impianto puo essere chiamato a sollecitazioni aggiuntive. A seconda del tipo di rete (1. trifase con conduttore di neutro, 2. trifase senza conduttore neutro con carico a stella, 3. trifase senza conduttore neutro con carico triangolo) e del tipo di carico (bilanciato , non bilanciato) si hanno condizioni diverse per quanto riguarda le correnti di linea e di neutro (presenza di armoniche multiple della terza, presenza di qualsiasi armonica, presenza delle componenti continue, assenza di armoniche) che possono generare i problemi di diverso tipo (corrente nel neutro che supera la portata del conduttore, rottura dei condensatori di rifasamento per l’incremento significativo dei valori efficaci di I, inquinamento degli impianti elettrici del terziario e del civile cc..) Negli impianti TN-C (sistema di distribuzione dell'energia elettrica alle utenze dotate di propria cabina di trasformazione in cui Il neutro è collegato direttamente terra, le masse sono connesse allo stesso impianto di terra del neutro e le funzioni del neutro e PE «conduttore di protezione» sono svolte da un unico conduttore denominato con PEN le armoniche possono anche causare malfunzionamenti ad apparecchiature elettroniche sensibili ( componenti sensibili alle scariche elettromagnetiche) Generalità sulle grandezze periodiche non sinusoidali E’ noto dal teorema di Fourier che una grandezza periodica di periodo T e di pulsazione ω= 2π /T , avente forma d’onda qualunque, è sempre scomponibile nella somma di un termine costante e di un numero infinito di termini sinusoidali aventi ognuno ampiezza, fase e frequenza diverse. Negli infiniti termini della serie di Fourier vi e uno cha ha la stessa pulsazione (o frequenza) del fenomeno dato: tale termine prende il nome di fondamentale mentre gli altri (detti armoniche) sono caratterizzati dal fatto di avere una pulsazione multipla positiva pari e/o dispari del valore della pulsazione della fondamentale. Il valore costante eventualmente presente (definibile anche termine a pulsazione zero) rappresenta il valore medio della grandezza, termine nullo quando la grandezza risulta alternativa. Analisi armonica e parametri caratteristici Eseguire l’analisi armonica di una grandezza y come sopra descritta consiste nel l’ampiezza e la fase di ciascun termine armonico. determinare Ad esempio, eseguendol’analisi armonica sulla funzione tensione v(t) di un impianto, la fondamentale avrà frequenza pari a 50 Hz, l’armonica di ordine due avrà una frequenza di 100 Hz e così via. Un segnale deformato può quindi essere considerato come di armoniche. la somma di un insieme I principali parametri caratteristici delle grandezze periodiche non sinusoidali sono i seguenti: - il valore efficace il residuo di armoniche, il quale esprime il valore efficace delle sole armoniche: le potenze attive, reattive e apparenti di ogni armonica (PF e cosfi) Il fattore di cresta k è il rapporto tra il valore di cresta ed il valore efficace; ad esempio per una corrente si ha: K = Imax/Ieff Il fattore di cresta puo assumere in caso di segnali distorti Il valore di K per un segnale sinusoidale. valori inferiori o superiori a 1,41 che è Il calcolo del fattore di cresta è importante quando le armoniche presenti portano ad una forma d’onda particolarmente lontana dalla sinusoide; in casi particolari, può assumere valori anche superiori a 5. Nel caso degli utilizzatori se il fattore di cresta è molto elevato significa che l’utenza è chiamata a sopportare un sovraccarico istantaneo ad ogni semionda e ciò potrebbe dare origine anche ad interventi intempestivi degli organi di protezione. Nel vaso dei generatori è necessario un declassamento degli stessi se la corrente assorbita dal carico ha un fattore di cresta k elevato in quanto gli alternatori possono avere problemi a fornire correnti con elevato fattore di cresta. Ad esempio le utenze di tipo informatico sono caratterizzate da correnti assorbite che presentano un fattore di cresta anche pari a 5. - THD fattore di distorsione totale Nel caso delle forme d’onda di tensione il valore di THD che caratterizza la deformazione delle forme d’onda individua i seguenti interventi: a. se l’ indice ha valore è inferiore al 5% quanto l valore da considerarsi normale non è necessario prendere alcun provvedimento il b. e l’indice è compreso tra il 5 e l’8%, significa che l’impianto è caratterizzato da una armonicità e con molta probabilità vi sono dei malfunzionamenti, nell’impianto. forte c. se il valore supera l’8%, è necessario prendere provvedimenti (sistemi di compensazione) per evitare malfunzionamenti Per quanto la deformazione della forma d’onda della CORRENTE il valore del fattore di distorsione individua i seguenti interventi: a. se il valore del THD è inferiore al 10% si è nell’ambito della normalità; b. se è compreso tra il 10 e il 50% significa che si è in presenza di un impianto con una sensibile armonicità che potrebbe causare surriscaldamenti: può rendersi necessario il sovradimensionamento dei conduttori. c. Se il THD in corrente è maggiore del 50% siamo in presenza di un impianto fortemente perturbato che può avere malfunzionamenti significativi: è necessario procedere ad un’analisi dell’impianto per realizzare le opportune contromisure. L’indicazione della deformazione del segnale (corrente ottimale dallo spettro in frequenza. e/o tensione) viene visualizzata in modo Principali disturbi provocati da armoniche di tensione e di corrente Le armoniche di tensione e di corrente sovrapposte alla fondamentale hanno effetti combinati sugli equipaggiamenti e dispositivi allacciati alla rete elettrica che si manifestano in tempi diversi: 1.A effetti istantanei Le armoniche di tensione possono disturbare gli apparati di controllo usate nei sistemi elettronici, si pensi agli errori indotti dallo spostamento dello zero, «origine delle tensioni e corrente: spostamento del centro terra reale da quello ideale» oppure ai disturbi su dispositivi di controllo che utilizzano frequenze prossime a quelle delle componenti armoniche. Le forze elettrodinamiche prodotte dalle correnti istantanee contenenti armoniche causano vibrazioni e disturbi acustici, specialmente nei dispositivi elettromagnetici (trasformatori, reattori etc.); la presenza di armoniche nei campi rotanti può produrre vibrazioni nelle macchine rotanti, a causa di coppie pulsanti «coppie che generano movimenti irregolari». Si possono inoltre osservare disturbi nei dispositivi di comunicazioni o controllo qualora corrano parallelamente a circuiti di distribuzione di potenza in questo caso bisogna quindi tenere in considerazione la lunghezza dei percorsi paralleli, la distanza dei circuiti e l’ordine delle armoniche (l’accoppiamento aumenta con la frequenza). 1.b) Effetti a lungo termine Nel lungo perodo si èpossono manifestare i seguenti effetti: Riscaldamento nei condensatori: le perdite da riscaldamento sono approssimativamente proporzionali al quadrato del valore efficace della corrente: essi sono particolarmente sensibili ai sovraccarichi, dovuti sia alle tensioni più elevate che alla presenza di armoniche; il calore prodotto può portare alla scarica del dielettrico. Riscaldamento dovuto a perdite addizionali nelle macchine: sono presenti perdite supplementari nelle macchine rotanti e nei trasformatori dovute all’effetto pelle (distribuzione della corrente nei conduttori in modo non uniforme), all’isteresi e alle correnti parassite (sono denominate perdite nel ferro perché presenti nei pacchi di lamierini di materiale ferromagnetico con cui si realizzano le macchine; le perdite per isteresi sono causate da fenomeni d'attrito nella struttura cristallina del materiale ferromagnetico mentre le perdite per correnti parassite sono dovute a correnti che circolano nei lamierini; queste perdite generano condizioni di sovraccarico, vibrazioni e invecchiamento precoce. Riscaldamento nei cavi e negli equipaggiamenti elettrici: le perdite nei cavi sono incrementate qualora circolino correnti ad elevato contenuto armonico, portando ad un aumento di temperatura, e quindi ad una diminuzione della durata di vita dell’isolante e al sovraccarico nel conduttore di neutro (nel quale circola la somma delle correnti di terza armonica). Gli utilizzatori che danno luogo a questi tipi di perdite sono; Le lampade a scarica sono un classico esempio di generatori di armoniche di corrente; in certi casi l’ampiezza della terza armonica di corrente può raggiungere valori elevati ( es.: tipi di moderne lampade fluorescenti compatte). In tal caso è importante ricordare che il conduttore neutro è caricato dalla somma delle terze armoniche, e pertanto si può danneggiare a causa eccessivo riscaldamento se non viene adeguatamente dimensionato I forni ad arco sono utilizzati nell’industria dell’acciaio: essi possono essere di tipo : AC – l’arco non è lineare (relazione fra tensione e corrente non lineare), asimmetrico ( corrente dell’arco non simmetrica) e instabile e genera un spettro « insieme delle ampiezze max delle armoniche nel campo delle frequenze che include armoniche sia di ordine pari che dispari; lo spettro dipende dal tipo di forno, dalla sua potenza e dal tipo di trattamento termico; DC – l’arco è alimentato da un convertitore AC/DC ed è più stabile che nel caso precedente; l’analisi spettrale della corrente è simile a quella di un raddrizzatore, dando luogo ad uno spettro più contenuto del caso AC. Gli alternatori che alimentano carichi non lineari devono essere declassati a causa delle perdite supplementari causate dalle correnti armoniche. Tale declassamento è nell’ordine del 10% se il 30% del carico totale è costituito da utenze non lineari; di qui la necessità di un sovradimensionamento Gruppi statici : dispositivi informatici hanno assorbimento di corrente caratterizzata da un elevato fattore di cresta, che può tradursi in un sovraccarico per i gruppi statici, se non opportunamente declassati Per quanto riguarda l’alimentazione è opportuno, prescindendo da considerazioni di carattere economico. che: a. i carichi inquinanti siano collegati in prossimità ridurrà le perdite aggiuntive nei cavi. dell’alimentazione, un tale collegamento b. è bene raggruppare i carichi inquinanti (ad esempio prevedendo un sistema di sbarre dedicato per la loro alimentazione); ciò è vantaggioso in quanto aumentala possibilità che le armoniche prodotte dai diversi apparecchi inquinanti si elidano reciprocamente. Corretto collegamento dei carichi inquinanti c. Alimentazioni dedicate : un ulteriore miglioramento può essere ottenuto sdoppiando l’alimentazione, dedicando cioè un trasformatore (o più di uno) ai carichi inquinanti; tale opzione comporta dei costi impiantistici più elevati ma - in taluni casi - è quasi una scelta obbligata. d. È anche possibile utilizzare trasformazioni con particolari gruppi orari (modalità di collegamento degli avvolgimenti che puo essere a stella , con neutro accessibile o meno, a triangolo o a zig-zag) che consentono di definire lo sfasamento fra tensioni secondarie e primarie eliminando determinate armoniche senza ricorrere ad altri sistemi di compensazione, ad esempio: Il gruppo orario Dyd Il gruppo Dy arresta Il gruppo orario DZ arresta le armoniche di ordine 5 e 7 le armoniche di ordine 3 arresta le armoniche di ordine 5 5 Nella figura seguente si vede l’utilizzo di un trasformatore a tre avvolgimenti realizzato con appositi gruppi orari in grado di arrestare le armoniche di ordine 5 e 7. e. Con l’inserzione di induttanze in linea si limitano i problemi dovuti alle armoniche in particolare permettono di limitare l’influenza delle armoniche aumentando l’impedenza globale dell’impianto; inoltre si utilizzano induttanze per evitare l’assorbimento di elevate correnti, da parte dei trasformatori quando vi sono armoniche di ordine elevati Possibili rimedi e azioni correttive Filtri Passivi: i filtri passivi sono dei circuiti LC dimensionati per offrire un’impedenza quasi nulla nei confronti dell’armonica di corrente che si vuole eliminare: in questo modo essa circolerà integralmente nel filtro e non più nell’impianto. Si utilizzano nei seguenti casi: per ridurre il THD in tensione e/o in corrente; per impianti che hanno utenze inquinanti con potenze totali rilevanti (nell’ordine dei 200 kVA o superiori) . per impianti che hanno sia la necessità di limitare le armoniche che di effettuare compensazione dell’energia reattiva «rifasamento» Nel caso si vogliano eliminare diverse armoniche, è necessario installare diversi filtri in parallelo. I filtri passivi sono vantaggiosi quando, oltre alla necessità di una compensazione armonica, vi è quella di compensare l’energia reattiva dell’impianto. Permettono una compensazione molto precisa, tuttavia la potenza che sono in grado di fornire è limitata: nel caso di impianti con potenze rilevanti i costi diventano molto elevati. Filtri Attivi Sono dei dispositivi elettronici di potenza installati in serie o in parallelo al carico inquinante. Tali dispositivi sono in grado di valutare le correnti armoniche generate dall’utenza controllata e iniettare nell’impianto correnti uguali e opposte che le eliminano. Il dispositivo controlla la corrente di linea in tempo reale ed elabora le armoniche misurate come segnali digitali in un DSP (Digital Sign Processor: processore di segnali digitali); l'uscita del DSP controlla i moduli di potenza PWM (Pulse Width Modulated) che, attraverso reattanze di linea, iniettano correnti armoniche di fase opposte a quelle che devono essere filtrate. La corrente armonica Iar, generata dal carico non lineare, verrà quindi annullata dal compensatore attivo mediante iniezione di una corrente Iact uguale e contraria: in questo modo la corrente di impianto Is risulta perfettamente sinusoidale. La flessibilità e la precisione dei filtri attivi sono dovute a un sistema di chiuso che include un ulteriore microprocessore oltre al DSP principale. controllo ad anello La programmazione può essere effettuata tramite una porta seriale RS232 utilizzando il computer e il software fornito insieme all’apparecchiatura. Tale sistema di filtraggio viene utilizzato per impianti con utenze inquinanti limitata. di potenza totale Filtri Ibridi: sono una via di mezzo dei due sistemi precedenti; il sistema di compensazione è costituito da una parte passiva, accordata sull’armonica piu rilevante, e da una parte attiva che permette di adeguare la compensazione alle diverse situazioni di funzionamento dell’impianto. La presenza della componente passiva permette un dimensionamento economicamente piu leggero della parte attiva Questo sistema si utilizza in caso si voglia realizzare un sistema di compensazione molto preciso anche in presenza di carichi inquinanti con potenza installata rilevante. I filtri ibridi riuniscono i vantaggi di entrambe le soluzioni. L’AZIONAMENTO Componenti elettronici di potenza Classificazione Componenti di potenza Pilotaggio dei dispositivi a semiconduttore Amplificatori di potenza Classiificazione degli amplificatori di potenza Principio di funzionamento IGBT, esempio Componenti elettronici di potenza: classificazione Gli interruttori a semiconduttore usati per la protezione delle sovracorrenti e delle sovratensioni sia dirette che inverse presentano vantaggi e svantaggi diversi e vengono utilizzati in funzione del tipo di applicazione che si deve usufruire; si realizzano attraverso combinazioni integrate di BJT o MOS con diodi collegati in serie o in parallelo. I componenti di potenza a semiconduttori attualmente disponibili si possono così classificare: •Diodi: accensione e spegnimento controllati dal circuito esterno di potenza (diodo, diodo Schottky ). •Tiristori: accensione controllata da un segnale esterno, spegnimento controllato da un circuito esterno di potenza (SCR,TRIAC, ASCR). •Interruttori controllati: accensione e spegnimento controllati da un segnale esterno (Bipolar Junction Transistor (BJT), Metal-Oxide- Semiconductors Field Effect Transistor (MOSFET), Gate Turn Off (GTO) Thyristor, Insulated Gate Bipolar Transistor (IGBT), Mos Controlled Thyristor (MCT). Componenti di potenza BJT di potenza Mentre fino a non molto tempo fa il campo del funzionamento ON-OFF di potenza era riservato quasi esclusivamente ai tiristori, attualmente anche i transistor, sia BJT che MOS, vengono concepiti per lavorare in commutazione, con potenze dissipabili superiori a kW e potenze controllate dell'ordine del centinaio di kW. Nelle applicazioni di potenza con BJT i parametri che occorre prendere in particolare considerazione sono la corrente massima (lcmax arriva anche di 500A) le tensioni massime (VCE e varie tensioni di rottura), la potenza dissipabile (PDmax) e l'area operativa di sicurezza SOA (safe operating area che dipende dalle modalita di funzionamento (in regime continuo o in commutazione ) i tempi di commutazione che devono essere i piu brevi possibili per ridurre la potenza dissipata Nel BJT si possono definire tre modalità di funzionamento: interdizione, saturazione e attiva. In queste tre zone di funzionamento, le due giunzioni risultano così polarizzate: Il BJT può essere collegato con connessione a emettitore comune o a base comune. Nel caso di sistemi di potenza si usa la connessione a emettitore comune. Il componente rimane in conduzione solo se si mantiene una corrente di base; per lo spegnimento è sufficiente un picco di corrente di base negativo e quindi non sono richiesti circuiti esterni per la commutazione forzata. Lavorando in switching mode, il BJT passa dalla zona di interdizione alla zona disaturazione. Possono commutare ad elevata frequenza (10 kHz), ma non resistono alle tensioni inverse e le applicazioni sono perciò limitate ad inverter e chopper alimentati in corrente continua MOS di potenza I MOS di potenza sono attualmente in grado di portare una seria concorrenza ai BJT. Si è riusciti a superare per la tensione di rottura il valore di 1 k V e per la corrente il valore di qualche centinaio di ampere. I MOS presentano rispetto ai BJT alcuni vantaggi: tempi di commutazione più brevi e frequenze di lavoro più elevate; controllo di potenze elevate (si arriva ai 150 kW) mediante potenze di pilotaggio trascurabili; facilità di interfacciamento con logiche TTL e CMOS; assenza dei fenomeni di fuga termica ( quando la potenza da dissipare sulla giunzione di drain è maggiore di quella che il dispositivo riesce effettivamente a dissipare, caso che si verifica per i BJT). Per contro essi presentano attualmente una disponibilità di tipi più limitata dei BJT I parametri elettrici da considerare sono Rds(0n) resistenza statica drain source, Vgs tensioni di soglia in corrispondenza della quale si ha una corrente significativa, tempi di commutazione, l’area operativa di sicurezza (SOA) Nella struttura è compreso un diodo in antiparallelo (quindi il componente non possiede una caratteristica di interdizione inversa). Ne esistono di diversi tipi (VDMOS, VVMOS, …) con la prerogativa fondamentale di essere controllati in tensione. I MOSFET arrivano fino a tensioni massime di 1000 V, con basse correnti, mentre per tensioni più ridotte possono sopportare anche 100 A. Il circuito di gate ha una soglia tipica di 2-4 V sotto la quale la corrente diretta è piccolissima. Si possono evidenziare due zone; la prima a Ron costante, la seconda a corrente costante. La Ron cresce con la taglia del componente e questo è un grosso svantaggio (0.1÷1 ohm ) hanno p e r ò bassissime perdite di commutazione Il tempo di commutazione risulta dell’ordine dei 100 nsec per cui il componente è velocissimo (centinaia di kHz). Dato che il MOS è un dispositivo a portatori maggioritari, la Rdson “ resistenza nella regione lineare” ha un coefficiente di temperatura positivo che rende facile parallelizzare ”MOS in parallelo” per aumentare le correnti sostenibili. La Safe Operating Area (SOA: zona di funzionamento sicuro) nella modalità in commutazione è grande (rettangolare) per cui nella delle situazione di sovrariscaldamento non servono circuiti di snubber di assorbimento dell’energia (circuiti RL, RC CL) IGBT (Insulated Gate Bipolar Transistor) Gli IGBT (insulated gate bipolar transistor) o transistori bipolari a gate isolato sono dispositivi di potenza relativamente recenti, che abbinano al pregio dell'alta impedenza di ingresso propria dei MOS quello della bassa tensione di saturazione caratteristica dei BJT. Il MOS di ingresso, di ridotta potenza, ha il compito di pilotare il BJT di uscita, di elevata potenza Dal momento che il MOS risulta interessato solo dalla bassa corrente di base del BJT, anche l'area del chip, che nei MOS di potenza è piuttosto estesa, risulta ridotta, con conseguente minor costo del componente. Questi componenti vengono utilizzati sia in funzionamento lineare, ad esempio nei finali audio, sia in commutazione per il controllo di potenze industriali. Strutturalmente puo essere considerato come un BJT con base isolata, tale da non assorbire corrente oppure puo essere visto come un MOS che pilota un BJT NPN, unendo i vantaggi dei due dispositivi (assorbimento nullo di corrente in base/gate, amplificazione di corrente tra collettore ed emettitore). E uno dei componenti più usati in quanto offre alcuni vantaggi dei MOSFET, BJT e GTO combinati in particolare - Come il MOSFET è controllato in tensione, ha elevata impedenza di Gate, quindi piccole perdite per il controllo. - Come il BJT ha piccole cadute in conduzione (2÷5V). - Come il GTO può resistere a tensioni inverse. - tempi di commutazione sono dell’ordine di 1 Microsec (componente - veloce, fino a 30 kHz) - le correnti sopportabili in conduzione sono dell’ordine dei 3- 4Ka - I limiti attuali sono 2500 V Per contro è piu lento dei MOS e le CDT sui diodi sono piu elevate 2-4 volt Il passaggio da una caratteristica all’altra della zona attiva è determinata dal valore assunto dalla tensione Vge tra gate ed emettitore Sono evidenziate due aree: •In verde la zona di conduzione, in corrispondenza di VGE = 15 V. Il legame tra I e V è una retta non passante per l’origine, quasi un interruttore chiuso. •In giallo la zona in cui la corrente è nulla, quindi l’IGBT si comporta come un interruttore aperto. VGE deve essere piccola, meglio se 0 V (il valore più piccolo indicato è 7 V). Per portare l’IGBT in condizioni si applica in modo continuo una tensione positiva superiore alla tensione di soglia che è dell’ordine di 5- 6v; per spegnerlo si porta Vge al di sotto della tensione di soglia. Sono utilizzati nella costruzione dei convertitori di potenza (trazione elettrica, impianti fotovoltaici, gruppi di continuità) Tirisistori I tiristori sono dispositivi a semiconduttore caratterizzati da una struttura PNPN e da un funzionamento in commutazione di larghissima diffusione utilizzati in particolar modo nei settori industriali attinenti il controllo delle altissime correnti e delle altissime tensioni ma anche in applicazione per potenze medie e basse Sono classificati con: - SCR (silicon controlled rectifier), se sono utilizzati per il controllo di correnti di qualche migliaio di ampere e tensioni di qualche kV, - triac , il cui funzionamento è bidirezionale, GTO (gate turn-off), in grado di essere spento mediante un impulso negativo, Diac e l'UJT (unijunction transistor), se i dispositivi vengono impiegati normalmente per l'innesco dei tiristori dei potenza. «SCR» SCR Quando è polarizzato inversamente si comporta come diodo polarizzato inversamente «non conduce mai», quando polarizzato direttamente ha un comportamento che dipende dal valore della corrente di gate. In particolare, non conduce fino all’arrivo di un impulso di corrente di gate, dopo di ché rimane in conduzione, fino alla polarizzazione inversa. Può dunque essere posto in conduzione mediante controllo della corrente di gate ma non può . spento allo stesso modo L’impulso di corrente di Gate consente il cambio di stato in una sola direzione Si possono identificare due classi di SCR: - periferiche a controllo di fase che controllano la potenza in circuiti AC a bassa frequenza, e che sono quindi sono progettati per ottimizzare le perdite interne; - gli inverter , che richiedono una commutazione molto veloce. Non si possono utilizzare per elevatissime frequenze di commutazione ma consentono il passaggio di elevate correnti (3.5÷4 kA) e di conseguenza possono gestire grandi potenze. Per velocizzare l’entrata in conduzione è opportuno che il fronte di salita dell’impulso di gate sia molto ripido. Questo è importante ad elevate frequenze di commutazione. Solitamente non si da un unico impulso ma un treno di impulsi, per evitare elevate perdite e possibili spegnimenti involontari La corrente di holding ih è la minima corrente diretta che mantiene il tirisistore in conduzione al di sotto di tale valore il componente si porta nella condizione di blocco diretto Vi sono vari meccanismi che possono innescare evitare: - elevati valori di tensione diretta - elevaste derivate di tensione diretta, - elevata temperatura di giunzione, - Impulso di corrente sul gate (IG > 0). accidentalmente un tirisitore e che sono da Per evitare commutazioni indesiderate si inseriscono reti RLC (rete snubber) in cui l’induttanza in serie si oppone alla variazione di corrente limitando la variazione di tensione caratteristica statica / punto di funzionamento L’SCR ( e anche il triac) può essere interdetto solamente riducendo momentaneamente a zero la sua corrente anodica, o comunque al di sotto del valore minimo di aggancio o di tenuta. Nei circuiti in alternata, lo spegnimento interviene automaticamente ogni volta che la sinusoide di rete attraversa lo zero, nei circuiti n corrente continua si rende necessario l’uso di circuiti di spegnimento aggiuntivi che raggiungono lo scopo forzando la polarizzazione inversa del componente, solitamente mediante condensatori che rendono la Vak negativa polarizzando inversamente l’SCR Per ottenere lo spegnimento del tirisistore la tensione inversa ai suoi capi dovrà mantenersi per un tempo adeguato detto tempo di spegnimento o di ripristino In conclusione si possono effettuare le seguenti osservazioni sulle condizioni di funzionamento dell’SCR: -la corrente in un diodo SCR non può assumere valori intermedi: o passa o non passa - il diodo SCR, una volta portato in conduzione, non è più comandabile dall'elettrodo di controllo: continua a condurre anche rimuovendo la tensione dal GATE. GTO (Gate Turn-Off Thyristor) I GTO sono tirisistori a spegnimento controllato nel senso che vengono portati in conduzione tramite impulsi sul gate come gli SCR ma a differenza di questi possono essere interdetti tramite l’elettrodo di controllo invertendo la polarità di Vg (- 5 – 10V) e facendo circolare una corrente di controllo negativa. Questa corrente deve avere una valore molto elevato e deve circolare per pochissimi microsecondi. I GTO sono per cui degli interruttori totalmente controllati sia all’accensione che allo spegnimento con conseguente riduzione del tempo di spegnimento Esistono due versioni di GTO che differiscono nella caratteristica inversa di blocco 1. )Il GTO Simmetrico, ha una caratteristica inversa di blocco uguale a quella del tirisistore 2. Il GTO Asimmetrico con anodo-emettitore corto circuitato, con ridotta capacità di blocco alla tensione inversa. Vengono utilizzati quando à necessario controllare elevate correnti nel campo della trazione elettrica ; attualmente sono sostituiti dagli IGBT per: 1. Velocità di commutazione inferiore 2. Caduta di tensione nella fase di conduzione elevata con conseguente perdita di potenza 3. Necessità di inserire circuiti di protezione «snubber» per interrompere correnti di natura induttiva I G.T.O. sono costruiti per tensioni fino a 6÷7 kV e correnti fino a 4÷5 kA e possono arrivare a frequenze di commutazione di 10 kHz. - Presenta piccole cadute in conduzione (3÷4V); . - come il tiristore è adatto per gestire grandi potenze. Per contro sono lenti, difficili da pilotare e da parallelizzare MCT (MOS Controlled Thyristor) E un SCR controllato da un Mosfet per cui la corrente di lavoro è quella anodo-catodo del tirisistore mentre il segnale di controllo è quello sulla porta G2 DEL MOS E’ un componente nuovo che ha molte caratteristiche del GTO: •piccole cadute; •rimane in conduzione anche senza segnale di gate. Rispetto al GTO: • è più semplice da pilotare in quanto è controllato in tensione; • richiede minima potenza per il controllo; • commuta più velocemente; • per ora, disponibile solo per potenze minori. Si raggiungono i 2500 V con 300 A. Il funzionamento del MCT è simile a quello del GTO; l’impulso di tensione di Gate consente il cambio di stato nelle due direzioni. TRIAC Possiede le caratteristiche di due tirisistori in antiparallelo col vantaggio di essere un componente unico, compatto, su un solo chip di silicio. La caratteristica statica è antisimmetrica ed è funzione della corrente di gate che può avere segno positivo o negativo comandando l’accensione di uno o dell’altro tirisitore Il comando permette l’accensione di uno dei due tiristori, ma non lo spegnimento, che avviene solo mediante polarizzazione inversa. I TRIAC raggiungono tensioni di blocco di 1500 V con correnti di 100 A I limiti sono: • bassissima frequenza di commutazione; • difficoltà di funzionamentocon basso fattore di potenza. Sono utilizzati come variatori di tensione nell’illuminazione Pilotaggio dei dispositivi a semiconduttore in commutazione Blanking time Nei circuiti di comando con dispositivi antagonisti “ interruttori” se accesi contemporaneamente si spreca tanta energia a seguito di una commutazione,. L’uso di un blanking time, tecnica che invia il segnale di innesco su un interruttore che giunga in ritardo rispetto a quello di spegnimento, può impedire questa situazione Per realizzarla è sufficiente un comparatore a doppia soglia (si imposta una soglia per la commutazione in salita e un’altra per la discesa). Circuiti di snubber e soft switching L’accensione e lo spegnimento di un dispositivo elettronico non è mai ideale: la presenza di fenomeni parassiti (recovery di diodi interni “capacità del diodo di generare impulsi brevi”, induttanze parassite) causano picchi di vario tipo su tensione e corrente. I circuiti di snubber fungono da limitatori per implementare commutazioni smorzate (soft switching) per smorzare eventuali fenomeni elettrici critici che sono conseguenza della commutazione del circuito e possono mettere a repentaglio gli elementi del circuito stesso. Tipicamente, gli snubber operano come: • limitatori di sovracorrente all’accensione; • limitatori di sovratensione allo spegnimento; • limitatori di stress durante il funzionamento (per impedire che V e I siano contemporaneamente elevate, e quindi la potenza sia alta). • Snubber RC. Protegge diodi e tiristori: limita la sovratensione • Snubber RC con condensatore polarizzato. Modifica le forme d’onda ammorbidendole favorendo lo spegnimento degli interruttori. Mantiene le tensioni applicate ai dispositivi a livelli di sicurezza, limitando anche la variazione di tensione allo spegnimento. Snubber LR. Modifica le forme d’onda all’accensione degli interruttori,limitando i picchi di corrente Snubber LC risonanti. Riducono lo stress di potenza: per le armoniche che hanno la frequenza di risonanza dello snubber si comporta come un circuito aperto (V = 0) o come un cortocircuito (I = 0) annullando la potenza P = V · I Amplificatori di potenza 1. Introduzione Con amplificatore di potenza si intende un amplificatore con potenza in uscita maggiore di un watt; per stadio di uscita di un amplificatore e lo stadio finale che presenta una bassa resistenza in uscita in modo che tutta la Vout si trasferisca sul carico. L’amplificatore di potenza è interessato ad ampi segnali e deve in ogni sempre garantire la linearità di funzionamento. Guadagno: rapporto tra l’ampiezza del segnale d’uscita e il segnale d’ingresso G= Xout/Xin dove G, a seconda della natura di Xout e di Xing può essere guadagno in V, I, P Efficienza: rapporto percentuale tra la potenza al carico e la potenza erogata dall’alimentazione η= (PL/PS )% • dove PL è proprio la potenza trasferita al carico e PS è la potenza assorbita dall’alimentazione. La differenza tra la potenza di alimentazione e quella trasferita al carico è definita potenza dissipata Pd (Da questa definizione si evince che tanto più è maggiore la potenza dissipata sul transistore, tanto più bassa sarà l’efficienza dell’amplificatore.) Distorsione: un sistema distorcente genera in uscita componenti non presenti nel segnale d’ingresso, la distorsione è misurata da un fattore di qualità noto come distorsione armonica totale THD (Total Harmonic Distorsion). Ai sistemi non distorcenti è associato il concetto di risposta in frequenza, la classe che meglio si comporta fra le diverse in commercio (A, B, AB, ecc.) è senza dubbio la classe A in quanto ha una risposta in frequenza costante su un ampio intervallo di frequenze. • L’estensione della banda passante, detta banda intermedia, è fissata dalle due frequenze fL e fH. Queste sono le frequenze per cui il guadagno scende di 3dB sotto il valore assunto nella banda intermedia. E’ possibile definire la larghezza di banda di un amplificatore come: • Bw = fs – fi Qualità un amplificatore: capacità di trasferire il segnale in uscita viene misurata da dalla cifra di merito Fm definita come Fm = Pdmax/Plmax indica quanti Watt deve dissipare il dispositivo per ogni Watt di potenza che finisce sul carico 2. Classificazione degli amplificatori di Potenza La classe di funzionamento di un amplificatore è definita in funzione dell’angolo di circolazione della corrente nel circuito di uscita del componente attivo (δc). A: δc = 360 (la corrente di uscita scorre per tutto il periodo). Il componente lavora in zona attiva. amplifica il 100% del segnale. Tutti i comuni amplificatori di segnale sono in classe A. Non è molto usata per via del basso rendimento di conversione (25%: su 100 watt se ne convertono B: δc = 180 (si sposta il punto di funzionamento sull’interdizione; iB e iC scorrono per mezzo periodo). Si amplifica il segnale del 50% . Poichè viene tagliata la semionda negativa, si genera un’elevata distorsione. Bisogna ricostruire il segnale: per amplificarlo si usano due amplificatori, in controfase AB: 180 < δc < 360 : si amplifica il segnale tra il 50 e il 100% . Una porzione di segnale è amplificata da entrambi i dispositivi attivi, così da ridurre la distorsione di cross-over. Ha un rendimento che supera il 50% C: δc < 180 °C amplifica meno del 50% del segnale. Lavora in alta frequenza ed è ottimo per singoli toni sinusoidali «sinusoidi fornite da oscillatori» produce un impulso di corrente (più o meno ampio e breve). Un carico risonante ricostruisce l’onda. Ha un rendimento molto elevato (tra il 70 e il 90%) D (switching): amplifica segnali digitali. Il segnale è trasformato in un treno d’impulsi. Il rendimento è molto vicino al 100%. E (switching): amplifica i segnali con alto livello di efficienza (potenza dissipata quasi nulla) ; classe ottima per applicazioni a RF Modelli di studio Come modello di studio per gli amplificatori di potenza si considera una configurazione a source comune (tradizionale amplificatore di tensione ma non sarebbe diverso utilizzare una configurazione ad emettitore comune Perchè l’amplificatore sia di potenza bisogna erogare al carico una potenza, quindi tensione e corrente; la scelta del carico deve avvenire per adattamento, cioè quello che massimizza il trasferimento di potenza. Basandosi sul circuito equivalente di figura (c) si può scrivere: IS = ES /(ZS + ZL) VL = ZL · I S= ES ·ZL/(ZS + ZL) P = VL*IS/2 il massimo della potenza “ dP/dXL = 0 “ rispetto alla variabile XL si ha perX L = -Xs ; il massimo della potenza“ dP/dRL = 0“ rispetto alla variabile RL si ha per RL = RS In questa condizione, la potenza disponibile è : Pdisp = (RS *IS^2)/8 Amplificatori di potenza in classe A Lo schema di principio di un amplificatore di classe A con il carico percorso dalla corrente di riposo Il punto di riposo Q è circa a metà della retta di carico, quindi il segnale in uscita può avere la massima escursione possibile (pari all’alimentazione). Il carico RL è direttamente connesso al collettore ed è percorso dalla corrente di riposo ICQ. Nella semionda positiva il punto di riposo può arrivare fino a Icmax (Vcc/RL), approsimazione si ritiene = 0 (VCESAT =~ 0); Nella semionda negativa il punto di riposo può arrivare fino a Vcc se VCE in prima in cui VCE = VCC. A riposo è erogata ICQ. La potenza derivante dall’alimentazione è PCC = VCC*ICQ (rettangolo azzurro + rettangolo giallo). La potenza dissipata sul BJT è PD = VCEQ*ICQ ( area gialla). La differenza tra le due potenze (rettangolo area azzurra) : PRO= PCC − PD = ICQ(VCC − VCEQ) = RL*ICQ^2 è la potenza dissipata in continua, sul carico. A regime, fornito il segnale vs d’ingresso, il punto di funzionamento Q si sposta generando sinusoidi di ampiezza VceMAX e IceMAX , che si sovrappongono ai segnali di riposo. iC = ICQ + icsinusoidale quindi il valor medio della potenza erogata non cambia: la corrente che la genera è sempre ICQ. Sul carico è dissipata la potenza PL = VceMAX *IcMAX/2 (area gialla/2). Il rendimento dell’amplificatore con le seguenti condizioni: 1) VCESAT = 0 1) L’escursione massima del segnale vale VceMAX = VCEQ =VCC/2; IcMAX = ICQ = VCC/2RL PLMAX = Vcemax*Icmax/2 = ((VCC/2)*ICQ)/2 = VCC*ICQ/4 ηcMAX = PLMAX/PCC = 0, 25 Per migliorare il rendimento di conversione si deve eliminare la componente continua sul carico Una soluzione consiste nell’accoppiare il carico al collettore mediante un primario pilotato dal collettore, la resistenza di carico vista è: Rc = (n)^2 *Rcarico trasformatore: col ----- Vce = n^2*Rc in continua il trasformatore è praticamente in corto circuito per cui VCEQ = VCC e quindi poiche Plmax = Vcc*Icq/2 il rendimento massimo può arrivare a ηcMAX = PLMAX/PCC = (Vcc*Icq/2) /(Vcc*Icq) = = 0,5 3.2. Amplificatori in classe B • • Negli amplificatori in classe B, il transistore è polarizzato con una corrente di collettore continua nulla ed è in regione di conduzione solo per un semiperiodo del segnale d’ingresso; quindi l’angolo di conduzione è pari a 180°. Un esempio di amplificatore in classe B è l’amplificatore PushPull a simmetria complementare . Questo tipo di amplificatore è formato da due stadi emitter follower che operano in controfaseattraverso l’impiego di una coppia di BJT, uno npn e l’altro pnp Il BJT conduce solo per una semionda, quindi bisogna ricostruire il segnale. Con la tecnica push-pull si utilizzano due BJT in controfase nella configurazione ad emettitore comune ognuno dei quali lavora per un semiperiodo. - nella semionda positiva: T1 ON e T2 - nella semionda negativa: T1 OFF e T2 OFF ON determinano vout = vs determinano vout = -vs Il punto di lavoro si muove lungo l’asse delle ascisse per cui vout varia da +Vcc −Vcc. La potenza massima dissipata sul carico vale: Plmax = VCM*ICM /2 (v,i lati triangol 0) VCM, ICM valori massimi di tensione e corrente applicati al carico a potenza massima fornita dai due alimentatori per mezzo periodo di conduzione vale: VM = VCC - Icm = ICM/ π = Vcc/RL Icm valore medio di una semisinusoide PCC= 2*Pccmax= 2* VM*Icm = Il rendimento vale con ampiezza ICM 2*VM *ICM/ π = 2*Vcc*ICM/ π ηc = PLMAX/PCC =( VCM*ICM) /2 / = 2*Vcc*ICM/ π = π /4 = 78,5% Distorsione di cross-over. I BJT sono polarizzati all’interdizione (VBE = 0) sul carico non può scorrere corrente finchè non si ha VBE > V: ne segue che la corrente sul carico non è perfettamente sinusoidale, ma ha degli intervalli in cui rimane nulla (nei dintorni dello zero). Una soluzione consiste nel polarizzare preventivamente le basi dei BJT con una piccola corrente, a scapito della dissipazione di potenza e, quindi, del rendimento. Tale soluzione è implementata amplificatori di classe AB dagli Amplificatori in classe AB In un amplificatore in classe AB, gli angoli di conduzione sono a metà strada tra la classe A (360 C) e la classe B (180 C), così come i livelli di efficienza. Con un opportuno resistore di carico (leggermente inferiore come valore a quello ipotizzato per la classe A) si può perfino ottenere: PoutAB > PoutA Il funzionamento in classe AB si può ottenere partendo da uno schema classe B inserendo due diodi tra le basi dei BJT e l’ingresso del segnale Applicando un segnale i diodi conducono, il segnale viene riportato anche alle basi dei BJT. Durante la semionda positiva aumenta la conduzione di Q1 (Q2 OFF), mentre durante la semionda negativa aumenta la conduzione di Q2 (Q1 OFF) In questo modo viene in sostanza compensata la tensione di soglia dei transistor Lo svantaggio, non trascurabile, riguarda la dissipazione di potenza a riposo su diodi e BJT. Amplificatori in classe C La classe C è molto utilizzata per amplificare segnali a banda stretta nei casi nei quali non è richiesta linearità tra ingresso e uscita. L’amplificatore in classe C si risulta spento per oltre metà periodo del segnale in ingresso. Poiché l’angolo di circolazione deve essere minore di 180, la base del BJT deve essere polarizzata con una tensione inferiore alla soglia Vs (ad esempio con −VBB o con un circuito clamper che sovrappone alla componente alternata una componente continua) Per un corretto funzionamento C1 si deve scaricare molto poco e, quindi, la costante di tempo C1R1 deve essere molto più grande del periodo. il carico del BJT è costituito da un circuito risonante parallelo accordato sulla frequenza di vin Durante l’intervallo di conduzione, il circuito di carico (risonante) è eccitato da un impulso della corrente di collettore iC e risponde in maniera selettiva: se la frequenza di risonanza coincide con la frequenza del segnale, il carico risponde con un’onda di pari frequenza e ampiezza piccopicco che può arrivare a 2VCC, con l’attenuazione di tutte le armoniche. Amplificatori in classe D (source comune) Gli amplificatori digitali in classe D si sono affermati nelle applicazioni audio principalmente per l’elevata efficienza che può teoricamente arrivare al 100% anche se in genere il 90% è alla portata di tutti i costruttori. In pratica sono amplificatori a commutazione che si occupano solo di impulsi e pertanto in questo utilizzo devono essere sempre preceduti da uno stadio di conversione analogico/digitale e seguiti da un convertitore digitale/analogico. Lo stadio di conversione comprende A/D comprende insieme a un sistema di filtraggio un ADC o un PWM necessari per trasformare il segnale audio analogico d’ingresso in un treno di impulsi PCM (Pulse Code Modulation) i quali si susseguono più o meno densamente nel tempo in modo tale da generare un valore medio proporzionale all’andamento del segnale originale. All’uscita il treno con gli impulsi amplificati viene riconvertito da un DAC nella forma analogica adatta per la riproduzione agli altoparlanti. Le prestazioni di questo sistema dipendono essenzialmente dalla risoluzione con cui il segnale analogico viene campionato e dalla velocità con cui viene convertito in impulsi dato che la riconversione finale è oggi una fase generalmente considerata a elevata precisione. Principio di funzionamento dei dispositivi IGBT, vantaggi e svantaggi in rapporto alle caratteristiche dei MOSFET e BJT; esempio di possibile applicazione nell’ambito del controllo di velocità dei motori. La sigla IGBT significa Insulate Gate Bipolar Transistor. E’ un componente che nasce dall’idea di raccogliere in se le migliori proprietà di due componenti separati, il BJT (che ha una buona caratteristica di conduzione) e il MOSFET (che ha delle buone caratteristiche in termini di velocità di commutazione e di pilotaggio). Lo scopo viene raggiunto mediante la realizzazione di una struttura a transistor BJT di tipo PNP in configurazione Darlington in cui il transistor pilota viene sostituito da un MOSFET a canale N; lo stadio d’ingresso è in definitiva costituito da un MOSFET, lo stadio d’uscita da un BJT. La sua caratteristica è un ibrido tra quelle dei componenti da cui deriva. Le caratteristiche d'uscita sono uguali a quelle di un transistore bipolare, però è controllato in tensione come il MOSFET. Schema equivalente, simbolo grafico e caratteristica vengono riportate in figura. Quanto la tensione è applicata tra gate ed emettitore, la capacità equivalente d'ingresso si carica attraverso il resistore di gate fino a una tensione di soglia che fa accendere l'IGBT; viceversa, quando la capacità tra gate ed emettitore si scarica, l'IGBT torna nello stato di off. Essendo l’IGBT un dispositivo a tensione controllata richiede solo una piccola tensione sul gate per mantenere la conduzione attraverso il dispositivo a differenza dei BJT che richiedono che la corrente di base sia continuamente alimentata in quantità sufficiente a mantenere la saturazione. L’IGBT è un dispositivo unidirezionale a differenza dei MOSFET che hanno capacità di commutazione di corrente in maniera bidirezionale; la corrente circola in una sola direzione, dal collettore verso l’emettitore. La struttura tecnologica di un IGBT viene riportata in figura. Rispetto al MOSFET la differenza sostanziale è l'aggiunta di un substrato P al di sotto di quello N. Alcune proprietà caratteristiche dell’IGBT dipendono dal condensatore d’ingresso e dal resistore di gate. Il tempo di carica e scarica del condensatore d'ingresso è il fattore che limita la velocità di switch del dispositivo; più il resistore di gate è piccolo, più veloce è il tempo i carica e scarica del condensatore e quindi minore è il tempo di switching dell'IGBT. L’impiego degli IGBT è legato in particolare al controllo dei motori a velocità variabile, al controllo di trazione, agli schemi per inverter e alimentatori. Esempio applicativo Un esempio applicativo tipico degli IGBT è nei convertitori di frequenza utilizzati per regolare la velocità dei motori asincroni trifase. Lo schema tipico viene riportato in figura. Nel raddrizzatore la corrente alternata è convertita in corrente continua pulsante tramite un ponte trifase non controllato; la corrente viene livellata dal condensatore posto tra raddrizzatore e inverter; l’inverter regola la tensione e la frequenza d'uscita. I componenti principali dell’inverter sono sei IGBT suddivisi in coppie disposte su tre rami; gli IGBT controllano la tensione regolata in uscita dal circuito intermedio tramite PWM. Gli IGBT sono alimentati e controllati dai driver integrati nel circuito di potenza. Il convertitore statico Raddrizzatori AC/DC L’AZIONAMENTO Raddrizzatori monofasi e trifasi Raddrizzatori con carico RL e RC Raddrizzatori semicontrollati con carico R Raddrizzattori Controllati a semi-onda (R) Raddrizzattore controllato ad onda intera (R) monofase e trifase Convertitori CC - CC "chopper« Convertitori CC-CA "inverter« Regolatori switching Tecniche Pwm Inverter VSI six-step Inverter VSI-PWM Inverter CSI a commutazione di carico Convertitori CA CA Armoniche Compatibilità elettromagnetica Scelta del convertitore Scelta del motore asincrono Azionamenti per motori DC Conclusioni Il convertitore statico La produzione industriale dell'energia elettrica viene fatta, come è noto, quasi esclusivamente sotto forma di corrente alternata trifase. L'impiego della corrente alternata (c.a) consente, tramite i trasformatori, un agevole adattamento dei livelli di tensione ai valori che risultano di volta in volta più opportuni. La scelta del sistema trifase deriva invece dalla sua maggiore economicità rispetto ad altre soluzioni. Esistono però: - una serie di importanti applicazioni, sia industriali che civili, che richiedono alimentazioni a corrente continua (c.c) o frequenza diversa da quella di rete, (casi di applicazioni elettrochimiche, delle linee di trasmissione a c.c., dei forni a induzione , dei sistemi di carica degli accumulatori). - quando è richiesta una rapida regolazione dell'ampiezza o della frequenza della corrente erogata al carico (caso di molti alimentatori regolabili e degli azionamenti a velocità variabile di motori a corrente continua o a corrente alternata) - quando l’alimentazione deve essere garantita anche in caso di guasto della rete di distribuzione (alimentazioni a continuità assoluta:. sale operatorie, centri di calcolo, ecc.), in cui si ha l'esigenza di operare una conversione dell'ampiezza della frequenza della tensione di rete; a tale scopo e si chiamano convertitori (converters) i dispositivi capaci di operare questa conversione I convertitori rotanti «accoppiamenti fra macchine rotanti) che si utilizzavano in passato e che trovano ancora oggi impiego in alcune particolari applicazioni sono stati sostituiti dai convertitori statici, basati sull'impiego di interruttori elettronici allo stato solido startici (diodi, transistori, tiristori, IGBT), che derivano il loro nome dal fatto di non includere alcun organo di movimento. I convertitori statici includono sempre uno o più interruttori le cui aperture e chiusure vengono controllate in modo da operare la conversione desiderata. Le forme d'onda di corrente e di tensione che ne risultano sono spesso ricche di componenti armoniche indesiderate, sicchè spesso i convertitori impiegano anche induttori o condensatori in funzione di filtri. L'alimentazione del convertitore può essere continua o alternata e la sua uscita può essere ancora continua o alternata, a frequenza ed ampiezza fisse o variabili. I legami tra tipo di energia in ingresso ed uscita dei diversi tipi di convertitore sono indicati della seguente tabella riassuntiva: Raddrizzatori AC DC I raddrizzatori più comuni sono quelli a ponte in versione monofase o trifase; questi ultimi, pur essendo più costosi, sono più diffusi in quanto presentano ondulazione di tensione e contenuto armonico di corrente molto più piccoli. Essi possono essere costituiti: da soli diodi (raddrizzatori non controllati), da diodi e SCR (raddrizzatori semicontrollati), sono semplici e poco costosi ma possono operare in un solo quadrante poiché non consentono l'inversione né della tensione né della corrente (casi tipici di utilizzazione si hanno negli azionamenti per ventilatori e per pompe), o da soli SCR (raddrizzatori totalcontrollati), sono più complessi e costosi ma possono funzionare in due quadranti in quanto consentono l'inversione della tensione. Per ottenere il funzionamento in tutti e quattro i quadranti si devono utilizzare due raddrizzatori totalcontrollati connessi in antiparallelo. Nei raddrizzatori a ponte trifasi ad ogni istante solo due dei sei elementi (diodi o SCR) conducono: uno del gruppo inferiore ed uno del gruppo superiore, purché non appartenenti allo stesso ramo Se è costituito da diodi l'elemento conducente del gruppo superiore é quello connesso alla tensione di alimentazione più positiva (gruppo inferiorenegativa), se è costituito da SCR la conduzione avviene solo dopo che é stato inviato un impulso di accensione al suo gate, In un periodo si verificano quindi sei commutazioni alternativamente nella parte superiore e in quella inferiore del ponte. Nei seguenti casi 1. separare le terre tra ingresso e uscita (motivi di sicurezza); 2. ridurre lo stress provocato da tensione e corrente, quando sono richieste grandi conversioni (si sfrutta il rapporto di partizione); 3. ottenere uscite multiple. e necessario isolare ingresso e uscita di un convertitore con un trasformatore. Il controllo della corrente e della tensione in uscita avviene variando l’angolo di innesco attraverso circuiti integrati in grado di comandare la fase di accensione Raddrizzatori monofasi a frequenza di rete Il valore medio e quello efficace della tensione raddrizzata si calcolano così: Vom =VM/π Voeff=VM / √2 La tensione raddrizzata, pur presentando una componente continua, varia sensibilmente nel tempo e non è adatta ad alimentare carichi che richiedono una tensione continua. Immaginando di scomporre la tensione in una componente continua sovrapposta ad una alternata si può quantificare l'ondulazione della tensione raddrizzata con il fattore di ripple (o di ondulazione) definito così: r=Voceff/Vom dove Voceff è il valore efficace della sola componente alternata della tensione Un buon raddrizzatore deve avere un basso fattore di ripple; nel caso del raddrizzatore a semionda r vale 1,21 (121% in forma percentuale).\ Si definisce con rendimento di conversione il rapporto fra la potenza continua fornita al carico e la potenza erogata dal generatore Raddfrizzatore a onda intera (monofase) alimentazione con presa centrale a ponte di Graetz IL raddrizzatore più utilizzato è quello a onda intera, in particolare quello a ponte di Graetz Il ponte, che contiene quattro diodi che conducono a coppie alternativamente, produce in uscita la tensione . Il valore medio e quello efficace della tensione raddrizzata valgono: Vm =2VM/π Veff=VM/1.41 Lato carico: • aumento valor medio • riduzione contenuto armonico • Lato rete: miglioramento forma d’onda dove la tensione di picco VM corrisponde a quella di ingresso diminuita della cdt sui due diodi (2VD). E' facile constatare che il raddrizzatore a onda intera è migliore di quello a semionda, infatti: •il valore medio è doppio •l'ondulazione presenta frequenza doppia •il fattore di ripple è migliore e vale 48% Inoltre il ponte è facile da utilizzare perché disponibile in forma integrata. Raddrizzatore trifase Vengono utilizzati per potenze maggiori consentono di migliorare le forme d’onda di tensione e corrente sia dal lato rete (corrente più prossima ad una sinusoide), sia dal lato carico (tensione più costante); le configurazioni possono essere a semi e a doppia onda .Raddrizzatore a semi-onda Sono presenti tre diodi che conducono alternativamente quando la fase a cui sono collegati presenta un valore di tensione superiore alle altre due. La tensione raddrizzata, rappresentata in figura coincide in ogni momento con la tensione più elevata delle tre tensioni stellate e presenta caratteristiche migliori rispetto al caso monofase Intervallo di conduzione = 2/3 π = 120 ° Vm=(3√3/2π)(VSM) = 0.828VM r=17,7% Ogni diodo conduce per un terzo del periodo della sinusoide quindi il suo valore medio è 1/3 della corrente erogata sul carico, le correnti nelle fasi del secondario del trasformatore sono uguali a quelle dei diodi Raddrizzatore trifase a ponte (a onda intera) La conduzione della corrente avviene sempre tramite il diodo con l’anodo a tensione maggiore con quello della terna inferiore a tensione minore (per la coppia di diodi collegati ai morsetti di rete che presentano la maggior differenza di potenziale, ovvero, la maggior tensione concatenata) La corrente nel carico è sempre unidirezionale Ogni diodo conduce per un terzo del periodo della sinusoide quindi il suo valore medio è 1/3 della corrente erogata sul carico; le correnti nelle fasi del secondario del trasformatore non sono uguali a quelle dei diodi (ogni fase è interessata per 120 gradi Raddrizzatori RL Nella pratica è frequente il caso in cui il carico presenta anche una componente induttiva, come nel caso degli elettromagneti o dei motori in continua. Questo tipo di carichi peggiora le prestazioni del raddrizzatore perché a causa dello sfasamento introdotto dall'induttanza - e quindi del ritardo della corrente rispetto alla tensione - il diodo continua a condurre anche con tensioni in ingresso negative. Questo determina una diminuzione del valore medio della tensione raddrizzata Il problema può essere risolto inserendo un diodo di libera circolazione in antiparallelo al carico che entra in conduzione quando la tensione di uscita è negativa annullandola. B angolo di ritardo dello spegnimento dell’onda Raddrizzatore a semi-onda (R e C) Negli alimentatori la tensione continua viene ottenuta livellando la tensione raddrizzata con un filtro capacitivo. La soluzione più semplice è quella di mettere un condensatore in parallelo al carico. Senza il carico R il circuito si comporta come un rivelatore di picco: il condensatore si carica al valore massimo della tensione vi e non potendo scaricarsi a causa del diodo, mantiene ai suoi capi il valore di picco della tensione di ingresso. In presenza del carico il condensatore si scarica su RL con costante di tempo τ=RLC. Scegliendo opportunamente i valori di RL e C è possibile ottenere una scarica molto lenta e di conseguenza ridurre notevolmente l'ondulazione della tensione Osserviamo che: •per ottenere un buon risultato la costante di tempo deve essere molto maggiore del periodo di vs •la tensione livellata presenta ancora una ondulazione, anche se molto contenuta, intorno al valore di picco di vo •l'andamento della tensione livellata è approssimabile a un'onda triangolare asimmetrica con un breve tratto crescente (carica del condensatore) e un lungo tratto quasi orizzontale (scarica) IL Valore medio della corrente sul diodo è uguale a quello sul carico R Circuiti semicontrollati monofase trifase Il comportamento è simile a quello del ponte monofase e trifase a diodi con la differenza la conduzione delle coppie di diodi avviene in corrispondenza dell’impulso di innesco che Raddrizzattori Controllati a semi-onda (R) I • • • Diodi sono sostituiti da SCR viene controllato (ritardandolo) l’istante di innesco lo spegnimento avviene come per i Diodi (“naturale”) il valor medio della tensione lato DC può essere solo abbassato (rispetto al caso di raddrizzatore non controllato a Diodi) e varia in funzione dell’angolo di innesco Raddrizzattore controllato ad onda intera (R) monofase è possibile invertire il verso della corrente collegando due ponti Totalmente controllati in antiparallelo; questa possibilita dipende dalle caratteristiche del carico e dalla possibilità di inviare corrente in rete Raddrizzatore controllato ad onda intera (R) trifase Derivano direttamente dai corrispondenti non controllati sostituendo tutti i diodi con SCR • trifase a semi-onda (mezzo ponte) • trifase ad onda intera (ponte completo) Anche in questo caso si possono considerare soluzioni “ibride” con Diodi ed SCR. Il ponte trifase totalmente controllato puo lavorare anche sulle semionde tensioni sinusoidali a seconda della posizione dell’angolo di innesco negative delle - Per α < 90 la tensione media e positiva (raddrizzatore) - Per α = 90 la tensione media è uguale a 0 - Per α > 90 la tensione media è negativa (inverter) Per α = 0 si ha la massima tensione in uscita Raddrizzatori utilizzati nei motori elettrici DC per potenze fino a 150 KW La successione degli SCR in conduzione « completa » può essere: T1T6 - T1T2 - T3T2 - T3T4 - T5T4- T5T6 - T1T6 oppure: T1T6 – T5T6 – T5T4 - T3T4 – T3T2 – T1T2 - T1T6 . Chopper. I raddrizzatori controllati, cioè i convertitori statici a commutazione naturale, non sono utilizzabili nel caso in cui la rete di alimentazione disponibile sia in corrente continua (azionamenti per ferrovie, metropolitane, tranvie, veicoli a batteria), e quando (con alimentazione in corrente alternata) si desidera realizzare un azionamento ad alta dinamica (robot, azionamenti per macchine utensili, ecc.). In tali casi si devono necessariamente utilizzare convertitori a commutazione forzata, cioè chopper a transistori o a tiristori. I chopper a transistori consentono elevate frequenze di commutazione (5-20 kHz), ottima risposta dinamica del sistema e limitato declassamento del motore. Tali chopper sono largamente utilizzati nella struttura a ponte per gli azionamenti di potenza medio-piccola funzionanti in tutti e quattro i quadranti del piano C-w I chopper a tiristori consentono elevate potenze di commutazione con complicazioni nel circuito di potenza e in quello di controllo a basse frequenze di commutazione (0,1-1 kHz). Il principio di funzionamento si basa sull’interruzione del collegamento tra l’alimentazione e il carico elettrico in modo che l’energia venga inviata al carico non con continuità ma attraverso una sequenza di onde rettangolari controllando la durata delle quali è possibile variare la tensione media sul carico In relazione fra rapporto fra la Vout e la Vin si possono avere chopper elevatori (step-up) quando Vout > Vin e chopper abbassatori (step down) quando Vout < Vin A seconda di come si realizza il controllo degli intervalli classificati nelle tre seguenti categorie: Ton, Toff i chopper i possono essere - A tempo di conduzione variabile: T rimane costante e si variano Ton e Toff; la tensione in uscita dipende linearmente dal duty-cycle - A frequenza variabile: rimane costante il tempo di conduzione «Ton» ma varia il periodo di commutazione «T»; la tensione in uscita e data dalla seguente espressione Vdc = Vi*f *Ton (per frequenze elevate si hanno problemi di commutazione e problemi di filtraggio del ripple) - A frequenza e tempo di conduzione variabile: si possono controllare sia ll tempo di conduzione che il periodo: consente di ottenere una maggiore variazione della tensione a scapito di una maggiore complessità dei circuiti di pilotaggio Le più semplici topologie di chopper a transistori sono: Buck converter (a. convertitore riduttore): La tensione di uscita presenta una ondulazione alla frequenza di commutazione che si sovrappone alla componente continua; la corrente in ingresso pulsa tra un valore massimo e zero. La variazione brusca dell'energia di ingresso comporta problemi di compatibilità elettromagnetica e richiede quindi la presenza di un filtro in ingresso, ciò costituisce un limite all'aumento della frequenza di commutazione per convertitori di alta potenza; in quanto i filtri di ingresso sono ingombranti e costosi. Boost converter (b. convertitore elevatore): Un suo difetto è la notevole ondulazione della corrente in uscita, dovuta al fatto che durante il tempo di carica dell'induttore tutta la corrente di uscita è fornita dalla capacità. Buck-Boost converter (c): Consente di elevare o ridurre la tensione di uscita rispetto a quella di ingresso; comporta però l'introduzione di correnti pulsanti in ingresso e in uscita. Cuk converter (d): È essenzialmente un convertitore boost seguito da un convertitore buck con un condensatore per accoppiare l'energia. I vantaggi di questa configurazione sono: -capacità intrinseca di funzionare con correnti e tensioni costanti sia in ingresso che in uscita; -non necessita di filtri di ingresso addizionali per i problemi legati all'EMI in quanto le correnti di ingresso non sono pulsanti; -rendimento molto più elevato; -circuiteria di comando non complessa in quanto è presente un solo commutatore; -pesi e dimensioni ridotte Nella figura che segue è riportata una rappresentazione semplificata di un chopper a ponte a transistori, la cui tensione di ingresso è fornita da una rete trifase tramite un raddrizzatore a ponte trifase non controllato e la cui tensione di uscita è applicata al circuito di armatura di un motore a corrente continua a eccitazione indipendente Braking: frenatura C: filtro di spianamento del ripple ( passa basso del secondo ordine) Dei quattro interruttori del chopper, ognuno costituito da un transistore con un diodo in antiparallelo, solo due sono attivi contemporaneamente: T1T1’ oppure T2T2’. I due transistori di ogni lato del ponte hanno un funzionamento complementare, se attivati allo stesso istante potrebbero trovarsi entrambi per un breve periodo nello stato di conduzione, con conseguente corto circuito. Per evitare ciò è previsto un piccolo ritardo temporale (tempo morto) tra l'istante in cui avviene il passaggio dallo stato di conduzione a quello di interdizione di un transistore e l'istante in cui avviene il passaggio inverso dell'altro transistore presente sulla stessa gamba del ponte Il tempo di ritardo viene introdotto attraverso una porta NOT inserita sulla base di uno dei due transistor di cui si deve provocare la commutazione Modulando contemporaneamente i transistori T1 e T1’ (regolandone cioè i tempi di apertura e di chiusura) e in modo complementare i transistori T2 e T2’, si può regolare il valore medio della tensione di uscita in modo tale da ottenere un controllo del moto in tutti e 4 i quadranti del piano C-Ω, conferendo al sistema alte prestazioni dinamiche con un ondulazione di corrente che risulta però piuttosto elevata alle basse velocità. Modulando invece un solo transistore per volta (ad esempio T1) e in modo complementare l'altro transistore della stessa gamba (T2) l'ondulazione di corrente risulta minore, ma il controllo è limitato ad un solo quadrante e l'arresto del motore avviene secondo le caratteristiche inerziali del carico applicato Con la conduzione di T1 e T1’ si ha un funzionamento come motore (funzionamento nel primo quadrante), con la conduzione di T2 e T2’ la macchina funziona come freno (Va > E: funzionamento nel quarto quadrante). Nel secondo e terzo hanno verso opposto quadrante il funzionamento e simile con la differenza che la tensione la corrente Regolatori di switching Nei convertitori in cui la la tensione di uscita non è controllata si ha la necessità di stabilizzarla al variare della tensione di ingresso e del carico. Esistono in commercio circuiti, chiamati regolatori switching, che sentono la tensione di uscita ed agiscono sul duty cycle dell'interruttore in modo da stabilizzare Vout La struttura base di un regolatore a commutazione è illustrata nella seguente figura Una frazione della tensione di uscita di un convertitore DC/DC viene confrontata da un amplificatore di errore con una tensione fissa e costante di riferimento Vref La tensione di errore Ve viene a sua volta confrontata in un comparatore PWM con la tensione triangolare Vos a frequenza fissa generata da un oscillatore. La tensione Vc. all'uscita del modulatore è pertanto un'onda quadra di frequenza fissa, normalmente compresa fra 20 kHz e 200 kHz, il cui duty cycle varia in dipendenza di Ve . L'anello di reazione agisce in modo da stabilizzare la tensione di uscita. Ad esempio se per un aumento di Vi anche Vo tende ad aumentare, Vc diminuisce, riducendo così il duty cycle dell'interruttore. La riduzione di ton produce, come si è visto, una diminuzione di vo, che contrasta in questo modo la tendenza iniziale. Una caratteristica negativa dei convertitori a commutazione è quella di rispondere con una certa lentezza al cambiamento delle condizioni di lavoro. Sono state per cui sviluppate nei regolatori switching integrati particolari tecniche che correggono questo inconveniente anche a prezzo di una notevole complessità circuitale; sono presenti inoltre circuiti di protezione quali il thermal shutdown, il limitatore di corrente, ecc. Un circuito specifico è il cosiddetto circuito di partenza morbida (sofft start). Questo dispositivo impedisce che nel transitorio di accensione, quando la tensione di uscita non si è ancora stabilizzata sul suo valore definitivo, che il duty cycle troppo elevato provochi picchi eccessivi della corrente che attraversa il dispositivo interruttore, danneggiandolo. Convertitore CC-CA Inverter Il controllo del moto dei motori in corrente alternata trifasi (asincroni, sincroni, brushless) avviene generalmente utilizzando convertitori statici di frequenza a due stadi che operano una duplice conversione passando per uno stadio intermedio a tensione/corrente continua. Il convertitore lato rete (raddrizzatore) ha il compito di raddrizzare ed eventualmente regolare la tensione o la corrente della rete di alimentazione, quello lato motore (inverter) ha invece il compito di invertirle regolando la frequenza ed eventualmente l'ampiezza della fondamentale della tensione/corrente alternata in uscita. Il convertitore lato rete è un raddrizzatore che può essere ti tipo a ponte trifase non controllato o a ponte trifase controllato, gli inverter totalmente differenti nel loro comportamento sono di tipo CSI «corrente impressa» o VSI «tensione impressa» Nel 1° caso all’ingresso del convertitore vi è un condensatore in derivazione per sostenere la tensione costante, nel 2° caso un induttore in serie per sostenere la corrente costante Il controllo puo essere ad onda quadra in cui la tensione alternata in uscita presenta ampiezza costante, in stretta relazione con l’ampiezza della tensione di ingresso ed è quindi ad ampiezza non controllabile, oppure può essere di tipo PWM in cui la tensione alternata in uscita è ad ampiezza variabile in relazione all’ampiezza di un segnale di controllo applicabile al convertitore L’inverter a corrente impressa (CSI: current source inverter), in cui l’ingresso D.C dell’inverter è assimilabile a un generatore di corrente continua (costante), è adatto per potenze dell'ordine dei MW e utilizza in genere SCR a commutazione forzata con i relativi circuiti di spegnimento ( anche GTO, IGCT o MCT). E utilizzato con tecniche di controllo PWM o a onda quadra (six-step) ed è particolarmente adatto per azionamenti di grande potenza funzionanti su quattro quadranti, che non richiedono elevate prestazioni dinamiche ma il recupero dell'energia durante le fasi di frenatura. E' costoso e comporta elevate ondulazioni di coppia a causa della forma d'onda praticamente rettangolare della corrente che causano problemi di riscaldamento, coppie pulsanti e disturbi elettromagnetici. Il convertitore è progettato infine con un picco di potenza limitato che può essere sostanzialmente inferiore a quello della macchina Inverter a tensione impressa (VSI: voltage source inverter), in cui l’ingresso D.C dell’inverter è assimilabile a un generatore di tensione continua «costante», è adatto per potenze che vanno dal kW alle centinaia di kW e utilizzano in genere come dispositivi di potenza i transistor bipolari, transistor ad effetto di campo (MOSFET) e anche IGBT Tutti gli inverter VSI sono dotati di una resistenza di frenatura in serie ad un transistor, disposta nello stadio intermedio tra raddrizzatore e inverter in parallelo al condensatore di spianamento. Per l’inverter a tensione impressa, la strategia di controllo è del tipo PWM. Sia l’inverter CSI sia l’inverter VSI permettono alla potenza e alla corrente di circolare in due direzioni; l’inversione della rotazione dell’azionamento non presenta alcun problema in quanto il cambiamento nella rotazione delle fasi è semplicemente ottenuto cambiando la sequenza di commutazione degli interruttori statici nell’inverter. La scelta fra questi due metodi influenza il comportamento e le caratteristiche dell’azionamento in modo fondamentale. Inverter VSI six-step o ad onda quadra. L'inverter VSI six-step è costituito da: - un raddrizzatore a ponte trifase totalcontrollato ad SCR lato rete che raddrizza la tensione e ne regola il valore medio; - un filtro L-C nel circuito intermedio, con una batteria di condensatori di elevata capacità per livellare la tensione raddrizzata e fornire una via per le correnti rapidamente variabili prelevate dall'inverter; - un inverter lato motore, costituito da tre lati in ognuna delle quali sono disposti due interruttori funzionanti in modo complementare, che fornisce una terna simmetrica di tensioni concatenate in onda quadra Il funzionamento di tale inverter consiste nel mantenere in stato di conduzione per metà periodo uno dei due interruttori di un lato e per l'altra metà l'altro interruttore; in modo analogo ma sfasati nel tempo sono fatti funzionare gli interruttori dei altre due lati. Dalla scomposizione in serie di Fourier della tensione concatenata ai morsetti di uscita dell'inverter si rileva che sono presenti tutte le armoniche di tensione di ordine 6n (+-) 1 dove n è il numero di impulsi A causa dell'elevata ampiezza delle armoniche negli inverter six-step é opportuno utilizzare motori ad alta induttanza di dispersione per limitare le corrispondenti armoniche di corrente e quindi le perdite per effetto Joule, il declassamento del motore e gli stress meccanici causati dalle pulsazioni di coppia alle basse velocità. Altri inconvenienti connessi all'uso degli inverter six-step sono: - non elevate prestazioni dinamiche a causa della presenza di due convertitori controllati e di un grosso filtro capacitivo (C = 2.000-20.000 F), - basso fattore di potenza in ingresso in corrispondenza delle basse tensioni di uscita, (tale inconveniente può essere eliminato e le dimensioni del filtro possono essere ridotte utilizzando un ponte a diodi seguito da un chopper al posto del raddrizzatore controllato), -valore minimo della velocità pari a circa il 10% della velocità nominale, in relazione al sovrariscaldamento determinato dall'elevato contenuto armonico alle basse velocità -complicazioni circuitali, nel caso di funzionamento su quattro quadranti e frenatura a recupero Inverter VSI-PWM E' il tipo di inverter attualmente più diffuso é costituito da un raddrizzatore a ponte trifase non controllato, da un filtro L-C con una batteria di condensatori di bassa capacità per livellare la tensione, da un inverter lato motore con tre interruttori attivi che regolano sia la frequenza che l'ampiezza della fondamentale della tensione Per evitare il corto circuito della sorgente continua in ingresso, il comando dei due interruttori di ramo deve essere di tipo complementare, come indicato in Figura Negli interruttori reali (tempi di apertura e chiusura non nulli) è previsto un tempo morto ("dead time”) per garantire che ciascun interruttore di ramo sia effettivamente aperto quando l'altro chiude. Le tensioni concatenate di alimentazione dell’inverter sono costituite da una successione di impulsi (positivi e negativi) di ampiezza uguale alla tensione continua di ingresso e di larghezza variabile. Modulando opportunamente la durata di ciascun impulso si regola l'ampiezza della fondamentale di tensione ( e si spostano nel contempo le armoniche verso frequenze molto più alte, ottenendo così, grazie alla più energica azione di filtraggio dell'induttanza di dispersione del motore, una corrente pressoché sinusoidale rispetto al caso di inverter six-step. Pertanto, gli azionamenti con inverter PWM presentano, rispetto a quelli con inverter six-step, molteplici vantaggi (che dipendono dal numero e dalla posizione delle commutazioni, cioè dal tipo di componenti usati e dalla tecnica di modulazione scelta) tra cui: - migliori prestazioni dinamiche; - funzionamento alle basse velocità dolce, praticamente senza ondulazioni di coppia; - fattore di potenza praticamente unitario e indipendente dalla velocità; - minore inquinamento in rete; - filtro del circuito intermedio più piccolo; - maggiore rendimento e quindi minore declassamento del motore; - semplificazione e minore costo della sezione di potenza. Tali vantaggi sono ottenuti a spese di un circuito di controllo più complesso, di più alte perdite di commutazione e di un maggior rumore acustico (che può essere eliminato spostando la frequenza di commutazione nella zona non udibile >16 kH Inoltre l'elevata frequenza di lavoro degli elementi di potenza pone dei limiti alla potenza dell'azionamento Inverter CSI a commutazione di carico Negli invertiter a corrente impressa , la grandezza imposta sul carico è la corrente, di una certa forma d’onda e frequenza, mentre la tensione ne rappresenta la grandezza derivata. Lo schema del circuito è ancora uno schema affinché il carico venga alimentato da una alternata ( tensione o corrente che sia ) è pilotare alternativamente le coppie T1 ,T2 e a ponte e, grandezza necessario T3 ,T4 . L’induttanza di ingresso Lg ha la funzione di trasformare la sorgente di tensione costante V in una sorgente di corrente costante I ; se infatti il valore di Lg è sufficientemente elevato, essa tende a mantenere costante la corrente. Il carico complessivo inserito tra i punti A e B è costituito dalla serie di una resistenza e di una induttanza, che rappresenta il carico vero e proprio, con una capacità in parallelo, che invece è un elemento aggiuntivo necessario per il corretto funzionamento del circuito. La serie RL generalmente non rappresenta il modello di un motore in corrente alternata ; infatti gli invertitore a corrente impressa non vengono utilizzati per azionare motori in c.a. bensì trovano un diffusa applicazione in ambito industriale, nei forni ad induzione. L’impedenza RL , rappresenta per cui il materiale da riscaldare nel forno ed è soggetta a variazioni a seconda del tipo di materiale ; questa variazione di carico comporta la revisione del valore della capacità che soddisfi alle nuove condizioni; si utilizzano a tal scopo delle batterie di condensatori opportunamente collegati tra loro che consentono di ottenere diversi valori di capacità. La capacita C viene dimensionata in modo che il carico sia di natura prevalentemente capacitiva, affinché la tensione v0 sia in ritardo rispetto alla corrente i0 , in quanto ciò è una condizione essenziale per il funzionamento del circuito. In alternativa si può agire sulla pulsazione , questo è consentito in quanto questo tipo di invertitore non è utilizzato nell’alimentazione dei motori in c.a., nei quali una variazione di comporta una variazione di velocità del motore. Per regolare è necessario variare in modo opportuno i tempi di conduzione dei T ; il vantaggio è rappresentato dalla maggiore praticità e minor costo che quest’ultima soluzione comporta. Tecniche PWM Tra le tecniche PWM basate sull'elaborazione di segnali analogici la più impiegata é quella della sottooscillazione sinusoidale Lo scopo della modulazione a sottooscillazione è quello di ottenere una tensione che pur variando fra - UDC/2 e – UDC/2 ha uno spettro alle basse frequenze identico, a parte l’ampiezza, a quello della modulante Con questo metodo le commutazioni delle tensioni di fase di un inverter sono fatte coincidere con le intersezioni di due terne di segnali di frequenza diversa. La terna a frequenza minore è detta modulante e ha un ampiezza proporzionale all'armonica fondamentale delle tensioni fornite dall'inverter con la stessa frequenza , mentre quella a frequenza maggiore è detta portante (ha un ampiezza costante e una frequenza costante multipla di quella dell'onda fondamentale) Il rapporto ottimale tra le frequenze delle due tensioni consente di minimizzare l'effetto delle armoniche sul funzionamento del motore migliorandone il rendimento e riducendo le perdite per commutazione Altre tecniche di sottoscillazione sono: a) sovramodulazione: per aumentare l'ampiezza della componente fondamentale; b)PWM random: per attenuare il rumore acustico; c)PWM vettoriale: per trattare l'inverter nella sua globalità, invece di trattare ciascuna delle tre fasi. separatamente Vi sono poi tecniche PWM impieganti microprocessori che sulla base della scelta degli istanti di commutazione consentono o di eliminare determinate armoniche o di ottimizzare il contenuto armonico. Nel caso di azionamenti che richiedono ampi campi di variazione della velocità, si utilizza la modulazione PWM fino alla velocità nominale; mentre al di sopra della velocità nominale il motore é così filtrante che potrebbe convenire far passare l'inverter dal funzionamento PWM a quello in onda quadra e quindi il motore dal funzionamento a coppia costante a quello a potenza costante. Convertitori ca/ca. I convertitori statici che eseguono la conversione diretta alternata-alternata senza stadio intermedio in corrente continua appartengono a due tipologie: - parzializzatori di tensione che modificano solo l'ampiezza della fondamentale della tensione di uscita; - Cicloconvertito che modificano sia l'ampiezza che la frequenza della fondamentale della tensione di uscita. Parzializzatori di tensione. Un modo semplice ed economico per il controllo continuo della velocità di un motore asincrono trifase consiste nell'inserire tra rete e motore un convertitore ca/ca, costituito da due SCR in antiparallelo per ciascuna fase del motore. Agendo sui ritardi di innesco degli SCR é possibile parzializzare più o meno la tensione di alimentazione e quindi variare il valore efficace della componente fondamentale della tensione di alimentazione Un tale dispositivo viene anche utilizzato per limitare la corrente durante l'avviamento di grossi motori; dopo l'avviamento in genere gli SCR vengono cortocircuitati da un interruttore elettromeccanico per eliminare le perdite nei semiconduttori di potenza. Tale sistema di regolazione é particolarmente adatto per ottenere piccole variazioni della velocità di pompe e ventilatori entro limiti del 10% in meno della velocità a pieno carico e consente di limitare la corrente di spunto. Presenta però i seguenti inconvenienti: rendimento, fattore di potenza e coppia di spunto ridotti, notevole inquinamento della rete di alimentazione e sensibili stress termici e meccanici del motore. Cicloconvertitori. I cicloconvertitori sono convertitori bastati su ponti a tiristori, che per le loro caratteristiche intrinseche possono essere vantaggiosamente utilizzati per alimentare, in un campo di frequenze più basse (< 1/3) di quella della rete di alimentazione, motori asincroni o sincroni in applicazioni di elevatissima potenza (5-20 MW) con forti coppie e basse velocità, quali ad esempio laminatoi o mulini per cementifici. Ogni fase del cicloconvertitore è costituita da un convertitore bidirezionale in tensione e corrente ottenuto in pratica da due raddrizzatori totalcontrollati montati in antiparallelo. Mediante una opportuna successione di impulsi di accensione ripetuta ciclicamente si riesce a variare nel tempo il “valor medio della tensione raddrizzata”, approssimando una forma d'onda sinusoidale di ampiezza e frequenza voluta. La determinazione degli istanti di accensione degli SCR dei due ponti può essere effettuata per via analogica ( attraverso la comparazione di due tensioni sinusoidali di riferimento (di uguale ampiezza e frequenza e sfasate di 180°), Pregi dei cicloconvertitori: -reversibilità in tensione e corrente; -elevato rendimento e robustezza; -ripple di coppia abbastanza contenuti Difetti: - basse frequenze in uscita rispetto alla frequenza di alimentazione; - elevato numero di componenti richiesti ; - complessità del circuito di controllo derivante dal numero di SCR; - basso fattore di potenza ed elevato contenuto armonico Armoniche. Per proteggere gli utenti dagli effetti delle armoniche causate dai carichi non lineari, le aziende distributrici hanno stabilito che ogni utilizzatore deve, mediante l'adozione di idonei dispositivi, ridurre le armoniche ad un livello tale da non superare determinati valori del fattore di distorsione totale THD, che per i sistemi a bassa tensione è l'8%. Si devono adottare alcune delle seguenti strategie per ridurre il livello di contenuto armonico della corrente. 1) Utilizzare dove possibile raddrizzatori trifasi, che comportano correnti con un contenuto armonico minore (circa il 30%) di quello dei monofasi di pari potenza. 2) Inserire induttanze addizionali in serie all'ingresso di un azionamento. 3) Utilizzare raddrizzatori con un numero di impulsi il più alto pari ad N la più bassa armonica presente è la (N-1) 4) possibile; con numero di impulsi Utilizzare filtri armonici passivi costituiti da più rami LC connessi in parallelo al carico da filtrare. 5) Utilizzare filtri armonici attivi, cioè dispositivi che praticamente annullano la distorsione nel nodo a cui sono collegati iniettando nella rete correnti armoniche uguali ma di fase opposta alle correnti da filtrare 6) Sostituire al raddrizzatore a ponte a diodi o ad SCR uno stadio di ingresso attivo con inverter a IGBT Le armoniche di corrente dipendono dalla configurazione dell'azionamento, le armoniche di tensione equivalgono alle armoniche di corrente moltiplicate per le impedenze di alimentazione Compatibilità elettromagnetica Il problema delle armoniche rientra in quello più ampio della compatibilità elettromagnetica, cioè quell'insieme di regole che stabiliscono i limiti di emissione dei disturbi e il livello di immunità ai disturbi stessi, in modo che più apparecchi elettrici alimentati dalla stessa rete possano funzionare correttamente. Dal 1996 tutti gli apparecchi elettrici per poter essere immessi nel mercato Europeo devono soddisfare le norme previste dalla direttiva europea 89/336/CEE, devono cioè essere elettromagneticamente compatibili o brevemente EMC Le norme della direttiva suddividono i disturbi in due grandi categorie: -disturbi condotti: a questa categoria appartengono tutti quei disturbi che si propagano lungo i cavi e il campo di frequenza previsto per questi disturbi va da 150 kHz a 30 MHz; -disturbi radiati; a questa categoria appartengono tutti quei disturbi che utilizzano l’etere per propagarsi e il campo di frequenza previsto per questi disturbi va da 30 MHz a 1 GHz Scelta del convertitore di frequenza (inverter) Gli azionamenti statici per la regolazione della velocità dei motori asincroni trifasi provvedono, in primo luogo, a raddrizzare la tensione di rete, quindi a trasformarla di nuovo in alternata trifase a frequenza e ampiezza variabile tramite un convertitore La prima operazione viene in genere attuata mediante un ponte raddrizzatore trifase a diodi o, in alcune tipologie, mediante SCR; mentre la conversione DC/AC può essere realizzata con diverse tecniche di cui le più utilizzate sono: • a controllo di corrente (corrente impressa); • a controllo di tensione (tensione impressa). Negli inverter a corrente impressa la regolazione viene eseguita direttamente sulla corrente del motore, in funzione della coppia richiesta dal carico. Questa tecnica di regolazione comporta, alle basse velocità, un forte assorbimento di corrente, potenza reattiva e quindi un basso cosϕ ; non viene consentito, inoltre, il comando di più motori anche quando la potenza complessiva non supera quella di targa del convertitore. Nei controlli di velocità il tipo di inverter più adatto è senz’altro quello a tensione impressa con tecnica di modulazione PWM, che consente di ottenere in uscita una tensione con andamento medio praticamente sinusoidale ed una forte riduzione delle armoniche superiori; inoltre vengono eliminati i circuiti di spegnimento usati con i tiristori. La scelta dell’azionamento dipende dal tipo di motore che si deve controllare, dal tipo di utilizzo dello stesso e viene effettuata sulla base delle specifiche tecniche forniti dai cataloghi tecnici dei costruttori ( tensione di alimentazione del motore, corrente del convertitore «taglia», corrente di picco, velocità nominale, coppie ecc. ecc.) La tabella che segue evidenzia altri elementi che si considerano nella scelta degli azionamenti tracking: gestione elettronica del movimento continua e diraumentare il rendimento e diminuire le dimensioni del motore intermittente che consente Criteri di Scelta dei Motori Asincroni La macchina elettrica, destinata ad essere collegata con una macchina operatrice che esegue di norma una movimentazione ciclica, deve essere scelta con cura nell’intento di ottimizzare il motore in coppia e in potenza sia in regime permanente che in transitorio. Con riferimento al motore asincrono trifase (MAT) i dati necessari per la selezione dal catalogo sono: potenza nominale, tensione, frequenza, velocità nominale, tipo di chiusura protettiva (IP) tipo di costruzione B3, B5, temperatura massima del mezzo refrigerante (aria 40°C), tipo di servizio, quota di installazione (convenzionalmente ≤1000 𝑚 𝑠.𝑙.𝑚. , classe di isolamento. Sono significativi inoltre coppia e velocità (C, w, P), le prestazioni dinamiche che dipendono dall'inerzia rotorica Jr e dalla accelerazione naturale Cn/Jr infine la l coppia di spunto Cs (di avviamento) e la corrispondente corrente Is Vi sono poi indicazioni per ambienti speciali, come luoghi ad alto pericolo di incendio che richiedono costruzioni a prova di esplosione. Restando in ambienti cosiddetti “normali” e costruzioni standard rimane pur necessario conoscere il diagramma coppia-velocità dell’azionamento. (1)In funzione del tipo di servizio previsto per il motore (norme CEI 2-3: continuo, limitato, intermittente ecc..) deve essere garantito il funzionamento anche in condizioni di sovraccarico termico di breve durata e di conseguenza le condizioni di utilizzo della coppia in servizio continuo, della coppia di picco e del limite di coppia dovuto alla massima tensione. (vedere sezione 2: azionamento) Un primo dato facilmente riscontrabile sul catalogo dei motori è il rapporto: Coppia massima/Coppia nominale, indichiamo tale rapporto con 𝜆=𝐶𝑀𝑇/CN Tenendo presente che la coppia di sovraccarico non può per evidenti ragioni essere superiore alla coppia massima (pena, il brusco rallentamento fino all’arresto all’aumentare della coppia resistente), occorre applicare un fattore di riduzione 𝐾<1 per determinare l’indice di sovraccarico meccanico ammissibile: Sov =𝐾∙𝜆 Nelle condizioni più sfavorevoli la tensione ai morsetti si porta a 0,86 𝑉nom cui corrisponde una coppia effettiva massima di 0,66 𝐶nom . In definitiva si ha una riduzione complessiva della coppia massima teorica sostenibile del 34%. L’indice di sovraccaricabilità può essere applicato anche alle rispettive potenze 𝑃ammissibile = 𝑃𝑁 *0,66 La potenza in sovraccarico effettivamente applicata 𝑃𝐸 dovrà essere minore o uguale alla potenza ammissibile. 𝑃𝐸≤𝑃𝑀𝐴 Per ogni tipo di servizio è possibile calcolare l’ indice di sovraccarico termico 𝜆tℎ Esiste un limite termico 𝜆𝐴𝑡 e un limite meccanico 𝜆𝐴𝑀 che non devono essere superati. Il sovraccarico effettivo che si potrà applicare dovrà essere minore o uguale al più piccolo di entrambi i valori. • Controllo della velocità in ac • La retroazione della velocità, chè simile a quello dei motori cc, viene effettuata mediante una dinamo tachimetrica BR (trasduttore di velocità) e relativo condizionatore di segnale quando il controllo è di tipo analogico; oppure, per l’interfacciamento con controlli di tipo digitale, si ricorre ad un encoder incrementale il cui segnale d’uscita (digitale) viene elaborato direttamente. Nei motori in c. a. la coppia è proporzionale al quadrato della tensione di alimentazione Se il circuito di controllo prevede anche l’anello di corrente il suo segnale viene prelevato direttamente sulla linea alternata di alimentazione mediante un trasformatore di corrente e portato al nodo di confronto interponendo un idoneo condizionatore di segnale. Il segnale di controllo Uc verrà inviato all’inverter il cui circuito di controllo provvederà, regolando tensione e frequenza, alla correzione della velocità di rotazione del motore. I regolatori più usati in questo tipo di controllo sono di tipo P e P.I. • Con l’impiego degli inverter si può realizzare una variazione continua della velocità a coppia costante, da pochi giri al secondo fino alla velocità nominale del motore, velocità che può essere anche superata se l’inverter mette a disposizioni frequenze di uscita più elevate della frequenza nominale di funzionamento dei motori asincroni (50 hz). La logica di controllo dell’inverter, gestita dal microprocessore, provvederà ad aumentare la tensione d’uscita in modo proporzionale alla frequenza fornita al motore fra zero e la frequenza nominale. In questo tratto il motore funzionerà a coppia massima disponibile costante e l’andamento della tensione al variare della frequenza, se si trascura la compensazione introdotta alle basse velocità, è praticamente una retta. La tensione nominale che si ottiene in corrispondenza della frequenza nominale, per problemi d’isolamento, non verrà più aumentata; la frequenza invece potrà continuare ad aumentare con conseguente diminuzione del flusso e quindi della coppia, in questo secondo tratto della caratteristica il motore funzionerà a potenza costante. La sezione frenatura, presente anche nei convertitori cc cc, interviene durante la fase di frenatura del motore, in questa circostanza il motore si comporta infatti come un generatore e restituisce l’energia accumulata che verrà immagazzinata dal condensatore C. Questo comporta un aumento della tensione disponibile sul condensatore poiché il ponte di diodi non consente di restituire l’energia alla linea di alimentazione. L’aumento della tensione porterebbe alla distruzione dei dispositivi da essa alimentati se non intervenisse un elemento in grado di scaricare il condensatore; questa funzione viene svolta dal transistor che inserisce in circuito la resistenza R che svolge quindi il compito della frenatura dinamica del motore. Si devono sempre rispettate le condizioni per il buon funzionamento del motore: -La corrente assorbita non deve superare il valore nominale per evitare aumento delle perdite nel rame e surriscaldamenti eccessivi; - la tensione non deve superare il valore nominale per il quale è dimensionato l'isolamento; - la corrente a vuoto I0 e quindi il flusso polare al traferro e l'induzione massima nel ferro non devono superare i rispettivi valori nominali per non saturare il circuito magnetico ed evitare l l'aumento di perdite nel ferro con conseguente surriscaldamento. Azionamenti con motori DC La regolazione puo essere di tipo a coppia costante, a potenza costante, mista, di seguito esaminiamo la regolazione a coppia costante con uno schema di massima del tipo ad anello chiuso. Il funzionamento può avvenire su uno, due o 4 quadranti a seconda del tipo di convertitore utilizzato e precisamente: - Su un quadrante: ponte trifase semicontrollato - Su due quadranti: ponte totalmente controllato - Su quattro quadranti: si usano due convertitori totalmente controllati collegati secondo lo schema che segue La tensione di armatura prodotta da un raddrizzatore trifase controllato Può essere regolata dal sistema di controllo; la tensione di alimentazione del circuito di eccitazione prodotta da un raddrizzatore a diodi non può essere variata pertanto il motore funziona con eccitazione costante Poiche i = I1-I2 si puo avere una corrente positiva o negativa agendo sugli angoli di innesco dei tirisistori La regolazione completa effettuata agendo sulla tensione di armatura e sulla corrente di eccitazione si ottiene alimentando il circuito di eccitazione con un raddrizzatore controllato in modo da variare la tensione Ve e di conseguenza la corrente Ie secondo lo schema Conclusioni Per mezzo delle diverse combinazioni degli interruttori statici e delle variazioni nelle modalità di commutazione, è possibile convertire sia CA in CC, che CC in CA con le seguenti caratteristiche: i controllare l’ampiezza delle tensioni in uscita nei circuiti in CA e in CC. ii. i convertitori non contengono nessun elemento a conservazione d’energia. iii. I convertitori funzionano con rendimento elevato. Negli interruttori statici ideali non ci sono perdite di potenza, (in pratica le perdite variano da 1 al 5%). iv. Le modalità di commutazione nel convertitore generano armoniche di tensione non presenti nell’alimentazione. Le corrispondenti armoniche di corrente sono presenti sia nel carico (il motore che si aziona) sia nell’alimentazione. vi. Alcuni metodi di controllo conducono anche ad uno sfasamento della componente fondamentale della tensione d’uscita, e conseguentemente della corrente del carico, rispetto alla tensione d’alimentazione; ciò influenza il fattore di potenza. CLASSIFICAZIONE DEGLI AZIONAMENTI Classificazione degli azionamenti - In base alle applicazioni - in base alle modalita di controllo - in base alle caratteritiche funzionali - il futuro degli azionamenti • Gli azionamenti industriali • La caratterizzazione di un azionamento può essere effettuata prendendo in considerazione elementi diversi, fra loro interagenti, ad esempio: le applicazioni, le prestazioni da garantire, le modalità di controllo, il tipo di componenti impiegati. Quadro di alimentazione: Alimentazione dei circuiti di potenza e di controllo: contiene le apparecchiature di protezione Convertitore: quasi sempre di tipo statico, trasforma grandezze elettriche con caratteristiche fisse (ad esempio in CA a tensione di frequenza costanti) in un tipo d alimentazione diversa e soprattutto regolabile Motore elettrico: Conversione elettromeccanica dell'energia Sistema di trasmissione: movimento desiderate ottenimento di modalità di Dispositivo di controllo: governo dell'azionamento Specifiche di un sistema di controllo: Potenza: Dato importante, condiziona la scelta dei componenti elettronici e quindi configurazione del convertitore Tipo di carico: Individuato attraverso la sua caratteristica statica (legame coppia-velocità), ma anche dal comportamento in condizioni dinamiche la Tipo di alimentazìone: Nella maggior parte dei casi la connessione è con la rete in CA; a volte, tuttavia , la sorgente primaria è in CC: questo può influire sulla scelta del tipo di Convertitore Campo di regolazione (di velocita): Condiziona la scelta del convertitore, particolarmente negli azionamenti di grande potenza, A volte il campo di regolazione della velocità viene definito a potenza costante, specialmente quando vi è una consistente differenza tra le coppie richieste a bassa e alta velocità. questo consente l'impiego di convertitori di potenza più limitata Frenatura e recupero: Per alcune applicazioni è indispensabile; in altri casi, pur essendo possibile, viene evitata, per limitare il costo e la complessità dell'azionamento Prestazioni dinamiche: Caratteristiche importanti, che spesso costituiscono un elemento di distinzione fra i diversi gruppi di applicazione Classificazione degli azionamenti in basi alle applicazioni Di seguito sono riportate sinteticamente le categorie e applicazione degli azionamenti elettrici, le cui caratteristiche sono descritte piu avanti 1. Azionamenti 2. Azionamenti 3. Azionamenti 4. Azionamenti stampa) 5. Azionamenti per il trattamento di fluidi (o simili) per trazione normali per macchine operatrici speciali per macchine operatrici (assi, mandrini, laminatoi, macchine da per moto incrementale Azionamenti per il trattamento di fluidi (o simili) L'elemento caratterizzante è la caratteristica meccanica del carico, fortemente crescente con la velocità. Le applicazioni industriali richiedono potenze con prese fra qualche decina di kW e alcuni MW. Fra le applicazioni assimilabili ci sono gli azionamenti per propulsione navale. Le condizioni ambiente richiedono spesso particolari protezioni del motore: questo è usualmente del tipo asincrono oppure, per le potenze più elevate, di tipo sincrono. Usualmente ìl campo di regolazione della velocità ècontenuto (1-3, 1-5) e le esigenze di tipo dinamico sono modeste. Azionamenti per trazione È una categoria di azionamenti molto composita, sia per l'esteso campo di potenze che per i diversi tipi di alimentazione ( alimentazione in CA O in CC da rete; alimentazione da batterie). Le applicazioni riguardano la trazione su rotaia e su strada, il trasporto di carrelli, gli impianti a fune. Le caratteristiche di carico sono simili a quelle del caso precedente vi sono spesso estesi campi di regolazione a potenza costante. Il campo di velocità è molto ampio e frequentemente è prevista la Frenatura a recupero Azionamenti normali per macchine operatrici Si considerano appartenenti a questa categoria gli azìonamenti per macchine operatrici aventi caratteristiche ordinarie, con specifiche tecniche non di tipo particolare. La prestazione richiesta è, usualmente, del tipo a coppia costante, con campi di regolazione della velocità dell'ordine di 1-10, con modeste esigenze di dinamica Le applicazioni sono le seguenti: • macchine per stampa; • lavorazione delle materie plastiche; • lavorazioni metallurgiche ( cesoie, lavorazione delle vergelle); • sistemi di trasporto interno. Le potenze non sono particolarmente elevate ( da alcuni a qualche centinaio di kW). I motori impiegati sono quelli in CC e quelli a induzione. Azionamenti speciali per macchine operatrici (assi, mandrini, laminatoi, macchine da stampa) Sono azionamenti con specifiche tecniche particolari, in relazione a uno dei seguenti elementi: • notevole variazione di velocità (1-100, 1-1000 e oltre); • prestazioni dinamiche particolari (brevi tempi avviamento-arresto, rapida risposta alla. presa di carico, precisione nel· posizionamento anche in fase transitoria). In questa categoria rientrano le macchine utensili a controllo numerico. Questi tipi di azionamento si distinguono in due famiglie principali, dette azionamenti per assi e azionamenti per mandrino Azionamenti per moto incrementale Sono soprattutto utilizzati in tutte quelle applicazioni nelle quali la funzione principale è quella di realizzare posizionamenti, in corrispondenza di un certo numero di posizioni in un giro. • È tipica, per queste applicazioni l'adozione di motori passo passo, in alternativa a motori corrente continua attrezzati con dispositivi per il controllo lo di posizione (encoder). • La potenza è usualmente molto bassa ( da frazioni di applicazioni più diffuse sono le le seguenti: watt a qualche decina di W). Le • • sistemi di posizionamento per stampanti; • • sistemi indicatori; • • robot di piccole dimensioni; • • azionamenti per assi di macchine utensili, con modeste esigenze dinamiche • Classificazione in base alle modalita di controllo • In relazione alle specifiche di funzionamento si deve soddisfare l'azionamento e alle caratteristiche intrinseche dei componenti impiegati, si possono adottare configurazioni diverse per il sistema di controllo. • Compito per il sistema di controllo è di agire sulle grandezze di governo dell'azionamento, in modo da realizzare i previsti cicli di lavoro con il livello adeguato di precisione e di velocità risposta. • In pratica il sistema di controllo opera sul funzionamento del convertitore per modificare nel senso opportuno le grandezze elettriche in uscita: esso si comporta perciò, come un amplificatore di potenza, rappresentando una rete di alimentazione flessibile ai morsetti del motore. • A sua volta il motore, grazie alla alimentazione regolata, può funzionare in un esteso campo del piano coppia velocità: questo lo distingue dal corrispondente motore normale di serie, avente una caratteristica meccanica di forma rigida e progettato per una specifica condizione di funzionamento . • Infatti, motori per azionamenti debbono soddisfare particolari esigenze, riassunte di seguito • - Adeguato grado di sovraccaricabilità in potenza e in coppia • - Basso momento di inerzia • - Sistema di raffreddamento separato • - Bassa rumorosità, anche con alimentazione da convertitore con forme d'onda deformate • Per questa ragione il motore elettrico per azionamento viene spesso chiamato servomotore: • il suo campo di funzionamento sul piano coppia-velocità si distingue in una zona di possibile funzionamento continuativo e in una zona di sovraccarico tipica dell'impiego in condizioni dinamiche La scelta della strategia di controllo ha come scopo l'ottenimento delle prestazioni volute nel moto dei dispositivi meccanici costituenti il carico dell’azionamento senza dover sovradimensionare il motore e/o Il convertitore. Si possono applicare tre diverse modalità di controllo: - Azionamento con catena aperta - Azionamento con catena chiusa - Azionamento con ·catena chiusa e catena di azione diretta Azionamento con catena aperta Questa modalità viene adottata quando le caratteristiche statiche coppia-velocità del sistema convertitore-motore sono compatibili con quelle del carico e intrinsecamente stabili. Questo consente il collegamento in cascata dei singoli componenti dell'azionamento: tale modalità viene detta a catena aperta perché il valore della grandezza di comando del convertitore è univocamente legata al valore delle grandezze di controllo dell'azionamento. Gli azionamenti a catena aperta hanno il vantaggio di non richiedere l'utilizzo di una strumentazione per la misura di posizione o di velocità. La precisione ottenibile in regime permanente, cioè lo scostamento fra valore desiderato e valore effettivo della grandezza di controllo dell'azionamento (posizione e/o velocità) dipende dalla pendenza delle caratteristiche statiche. La struttura schematica di un azionamento a catena aperta è rappresentata dal seguente schema a schema a blocchi Questa struttura dell'azionamento viene adottata quando le prestazioni desiderate non sono particolarmente sofisticate, sia dal punto di vista stazionario che dinamico. Le principali cause di imprecisione del controllo a catena aperta dell'azionamento sono le seguenti: • una qualsiasi perturbazione agente all'asse del motore modifica la velocità di rotazione; • • la precisione ottenibile è limitata dall'incertezza sulle caratteristiche di coppia, incertezza dovuta al fatto che parametri caratteristici della macchina e della rete di alimentazione non sono rigorosamente costanti nel tempo • Azionamento con catena chiusa • Gli azionamenti con catena chiusa ( detti anche con retroazione o a controreazione) hanno una struttura riconducibile allo schema a blocchi che segue. • Essi sono caratterizzati dal fatto che la grandezza di controllo dell'azionamento (posizione e/o velocità) viene misurata attraverso opportuni trasduttori, in modo da servire per un più preciso controllo dell'azionamento • Si ha perciò: • • la generazione di un segnale proporzionale al valore della grandezza di uscita e dello stesso tipo del segnale di ingresso; • • il confronto comparativo del segnale dì ingresso con quello proveniente dal trasduttore di misura; • • il governo del sistema con il segnale differenza dei due precedenti Gli azionamenti a catena chiusa presentano un comportamento molto buono a regime permanente e, usualmente, soddisfacente anche in condizioni dinamiche. Per migliorare ulteriormente il comportamento in dinamiça è necessario che le grandezze di comando del convertitore siano asservite non solo al segnale differenza fra il segnale proporzionale all'uscita e quello di riferimento, ma anche direttamente allo stesso segnale di riferimento. Azionamento con ·catena chiusa e catena di azione diretta In questo caso, oltre alla catena di controreazione, si ha anche una catena di azione diretta, che collega la variabile di uscita del generatore di riferimento a quella di ingresso del convertitore statico. Al fine di ottemperare a specifiche più spinte, in luogo del generatore di riferimento conviene prevedere l'utilizzo di un dispositivo per la elaborazione in linea della legge del moto: in tal modo si può realizzare un migliore coordinamento nella definizione delle grandezze di comando dell'azionamento, tenendo presenti i limiti di coppia e di velocità del sistema convertitore-motore e la rigidezza della struttura meccanica. Da ciò consegue il seguente lo schema a blocchi Indipendentemente dalla presenza o meno di uno o più anelli di retroazione, il convertitore è sempre dotato di un sistema di protezioni che limita la corrente entro valori non pericolosi per l'integrità dei semiconduttori, elementi particolarmente sensibili ai sovraccarichi perché di scarsa inerzia termica. • In questo modo, senza sacrificare le prestazioni dinamiche dell'azionamento, si possono utilizzare motori e convertitori con potenze nominali di poco superiori a quella valutata in base · alle variazioni della velocità e delle coppie (resistente, di attrito e inerziale del carico). Qualora in un azionamento con catena chiusa, oltre che ottenere buone prestazioni dinamiche e a regime, si voglia migliorare anche il rendimento del motore, è necessario il controllo su due grandezze, quali il flusso e la coppia, o la coppia e la velocità. Questa modalità di controllo implica che le grandezze di comando del convertitore siano tali da realizzare, in tempo reale, le leggi di moto volute, sempre nelle condizioni di funzionamento ottimali. • Scelta della strategia di controllo • Qualunque sia la modalità scelta nella realizzazione dell'azionamento (con catena aperta o chiusa), è necessario individuare la più adatta strategia di controllo, D'altra parte tale strategia è strettamente legata al tipo di carico da azionare e alle sue modalità di moto: dunque la strategia di controllo è connessa alle caratteristiche dinamiche richieste: • - Azionamenti stazionari • -- Azionamenti a dinamica lenta • - Azionamenti a dinamica veloce - Azionamenti a dinamica molto veloce - Si deve inoltre tenere presente che, a parità di motori e di convertitore, si possono realizzare azionamenti con comportamento molto diverso, a seconda della strategia di controllo adottata. • Strategia di controllo per azionamenti stazionari • In regime stazionario o quasi stazionario, la modalità di controllo più semplice è con catena aperta, dal momento che le variazioni di velocità e di coppia si verificano in modo da rendere trascurabili le coppie inerziali e i transitori elettromagnetici nel motore. Se si desidera ottenere maggiori precisioni nel funzionamento a regime permanente, è però più opportuno adottare strategie di controllo con catena chiusa con misura della velocità o della posizione); con tale scelta si riesce anche a migliorare il comportamento dinamico dell'azionamento. Strategie di controllo per azionamenti a dinamica lenta Nel funzionamento a dinamica lenta le variazioni di velocità non sono più trascurabili, ma consentono di valutare il comportamento del sistema convertitore motore ancora sulla base delle caratteristiche statiche La strategia di controllo va definita in modo tale che ottenimento delle prestazioni volute sia compatibile durante i transitori elettromagnetici del motori con il mantenimento delle correnti entro i limiti imposti dai dispositivi di protezione del convertitore: l’impiego di un anello esterno di controreazione in velocità o posizione migliora la precisione a regime ma il comportamento in transitorio rimane condizionto dalla limitazione in corrente Strategie di controllo per azionamenti a dinamica veloce In questo tipo di azionamenti le variazioni di velocità sono tali da rendere significative le coppie inerziali: il transitorio meccanico ha quindi una sensibile influenza su quello elettromagnetico. Senza un'adeguata scelta della strategia di controllo, la protezione di massima corrente del convertitore non consentirebbe questa modalità di funzionamento, a meno di un oneroso sovradimensionamento del convertitore stesso. Per ovviare a questo inconveniente è necessario adottare strategie di controllo che prevedono di limitare la corrente assorbita dal motore durante i transitori meccanici. A tal fine, la corrente può essere direttamente misurata {ad esempio nel motore in CC), oppure stimata indirettamente (come per il motore a induzione): nel primo caso la misura della corrente viene utilizzata per attivare un ciclo di controreazione interna; nel secondo caso viene attivato un ciclo di compensazione. L'azionamento, dunque, assume una struttura con due anelli di controreazione: quello esterno (relativo allaposizione o alla velocità), connesso fra l'uscita meccanica e il blocco che definisce la egge del moto; quello interno (relativo alla corrente), connesso fra l'uscita del convertitore statico e il medesimo blocco di definizione della legge del moto. Perciò tale blocco, preposto al controllo del convertitore, è asservito contemporaneamente al generatore di riferimento ed alle due retroazioni di anello. La precisione ottenibile in dinamica è limitata dalla necessità di non saturare il circuito magnetico del motore. La strategia di controllo più semplice è quella che consente di considerare non interagenti l'anello di controreazione esterno e l'anello interno di controreazione o di compensazione: con l'anello esterno si impongono le prestazioni in regime permanente, mentre con l'anello interno si impone che la corrente erogata dal convertitore non superi i limiti massimi. La presenza di un anello interno di corrente migliora il comportamento in dinamica, ma permane il condizionamento legato ai limiti in corrente del convertitore. Strategie di controllo per azionamenti a dinamica molto veloce Nel funzionamento a dinamica molto veloce le coppie inerziali sono nettamente prevalenti e il transitorio meccanico richiesto può essere ottenuto solamente imponendo anche il transitorio elettrico, attraverso una adeguata strategia di controllo. Ciò richiede la presenza degli anelli esterno e interno già considerati (la misura della corrente deve essere di tipo diretto), e di un ulteriore anello interno di controreazione, basato sulla stima del valore istantaneo del flusso del motore. Tale stima, di non semplice esecuzione, richiede una serie di elaborazioni più sofisticata rispetto a quelle relative ai segnali di tensione, corrente e velocità; l'elevata precisione ottenibile in regime transitorio garantisce anche una ottima precisione in regime permanente. Considerato il livello di sofisticazione, l'adozione di questa strategia a livello di produzione industriale è attualmente limitata ad applicazioni con dinamiche particolarmente spinte Classificazione in base alle caratteristiche strutturali Strutture per azionamenti a bassa dinamica In questo tipo di azionamenti le prestazioni desiderate si limitano alla definizione di adatte caratteristiche stazionarie coppia-velocità, usualmente con la possibilità di regolazione della velocità, talvolta della coppia. Questi azionamenti vengono usualmente detti azionamenti a velocità variabile. Non sono necessarie particolari prestazioni dinamiche, come pure non è importante limitare la fluttuazione di coppia, conseguente alla alimentazione deformata da convertitore. Una certa attenzione viene invece dedicata all'aspetto energetico, soprattutto quando siano in gioco potenze rilevanti. Analogamente, viene presa in considerazione l'influenza dell'azionamento sulla rete di alimentazione. Vengono utilizzati sia i motori in CC, alimentati da convertitori CA-CC, sia i motori in CA (sincroni ed asincroni). Per quanto riguarda gli azionamenti con motori in CA, si riscontra una grande varietà di strutture; dato il livello notevole della potenza, i convertitori sono quasi sempre a diodi o a tiristori, questi ultimi corredati di adatti circuiti di spegnimento forzato. In figura sono rappresentate in sintesi le diverse soluzioni strutturali relative all'insieme convertitore-motore: è indicato il nome dell'azionamento; i quadranti di possibile funzionamento sul piano coppia-velocità; lo schema della struttura; il campo di variazione della frequenza; il campo di variazione della velocità; il campo di potenze nel quale si impiega il tipo considerato di azionamento. Strutture per azionamenti ad alta dinamica Le prestazioni dinamiche desiderate si riassumono così: • ottenimento di alte accelerazioni; • larga banda di frequenza dell'azionamento. La realizzazione di elevate accelerazioni corrisponde sovraccaricabilità. a un adeguato livello di Una larga banda di frequenza corrisponde ad una buona velocità di risposta da parte dell'anello di velocità ( o di posizione). Questo comporta: • una discreta insensibilità al transitorio di presa di carico; • una certa riduzione della fluttuazione di velocità, dovuta alla fluttuazione di coppia del motore. L'esigenza di avere una bassa fluttuazione della coppia, legata alla qualità del ciclo di lavorazione da effettuare, impone la struttura del controllo, del tipo ad anello di coppia, con controreazione di posizione e di velocità. In passato per questi azionamenti veniva usato quasi esclusivamente il motore in CC, alimentato prima da convertitori CA-CC, successivamente da convertitori CC CC da transistor Con l’uso di tale motore l'anello di coppia si riduce semplicemente a un anello di corrente di armatura ( a eccitazione costante)-: La disponibilità di transistor di potenza (bipolari e a effetto di campo) con caratteristiche sempre più spinte ha condotto all'impiego di macchine in CA, con un livello di controllabilità paragonabile a quello del motore in CC, senza i ben noti inconvenienti del collettore a lamelle. Nelle applicazioni dove non è previsto il controllo del flusso si impiegano usualmente motori sincroni a magneti permanenti (brushless ); dove invece è opportuno regolare il flusso viene di norma impiegato il motore ad induzione. Si intravede, peraltro, la possibilità di impiego dei motori sincroni a riluttanza, aventi caratteristiche di maggiore efficienza. La riduzione di flusso può essere effettuata quando non occorra disporre di coppie elevate ad alta velocità (è il caso degli azionamenti tipo mandrino ): tale tecnica ha il vantaggio di contenere la potenza di dimensionamento del convertitore. Nelle macchine in Ca la tecnica di controllo dell'anello di coppia è di tipo vettoriale, applicata alle correnti statoriche. La struttura del convertitore è del tipo CC-CA, precisamente un inverter a tensione modulata, retroazionato in corrente. AZIONAMENTI INTELLIGENTI Il controllo del movimento industriale copre una vasta gamma di applicazioni, che vanno dal controllo di ventole o pompe a inverter, all'automazione industriale con più complessi controlli di azionamento in ca, fino ad applicazioni di automazione avanzate come la robotica con sofisticati servocomandi. Le prestazioni dei sistemi di azionamento sono definite da più elementi, come le architetture di controllo, la progettazione del motore, il circuito di alimentazione, i sensori di retroazione e il processore di controllo. Le architetture di controllo sono in continua evoluzione di fronte alle crescenti esigenze in termini di prestazioni, flessibilità e costi del convertitore e ai progressi dei componenti di controllo elettronico analogico e digitale. Il controllo dei servo basato su circuito analogico tradizionale è stato sostituito dal controllo digitale tramite processori integrati ( il segnale di comando della velocità che in precedenza era un segnale analogico) viene otrasmesso come un pacchetto di dati su una rete industriale in tempo reale . l moderno sistema di servoazionamento comprendono insieme ai circuiti di controllo e di alimentazione. per cui un'interfaccia di comunicazione Nella progettazione di circuiti nei sistemi di azionamento si deve provvedere a isolare in sicurezza i circuiti di alimentazione ad alta tensione dai circuiti di controllo e comunicazione collegati all'utente. Questi sistemi richiedono il rilevamento e la retroazione di un numero di variabili, come la corrente o la tensione di avvolgimento del motore, la posizione del rotore e la velocità, la selezione delle variabili e la precisione della misurazione richiesta dipendono dalle esigenze dell'applicazione finale, dall'architettura del sistema, dal costo del sistema di destinazione o dalla complessità del sistema. Le realizzazioni della catena del segnale di controllo motore differiscono per scelta del sensore, requisiti di isolamento galvanico, scelta del convertitore analogico-digitale (ADC), integrazione del sistema, alimentazione del sistema . Le applicazioni di controllo motore possono variare da semplici inverter a servoazionamenti complessi, ma tutti includono sistemi di controllo motore con uno stadio di potenza, un processore che pilota un blocco modulatore di ampiezza dell'impulso (PWM) con diversi livelli di rilevamento e feedback. Si parte da semplici controlli di sistemi come pompe, ventilatori e compressori che possono essere implementati senza precisione con feedback usando un semplice microprocessore a complessi sistemi di controllo che richiedono risposte di precisione e interfacce di comunicazione veloci. All'estremità più alta dello complessità si trovano servoazionamenti utilizzati in applicazioni quali robotica, macchine utensili multiasse in cui Il rilevamento e il feedback delle variabili diventa più critico man mano che il sistema diventa più complesso. Una catena di segnali di controllo motore generico è mostrata in Figura Aspetti critici sono i requisiti di isolamento, che di solito hanno un'influenza significativa sulla topologia e sull'architettura del circuito risultante in particolare i sistemi saranno generalmente progettati con lo stadio di potenza isolato dallo stadio di controllo. Integrazione intelligente di sistemi analogici e digitali Integrazione intelligente di componenti analogici ad alte prestazioni (amplificatori, ADC, DAC, riferimenti di tensione, sensori di temperatura, ricetrasmettitori wireless, core di processore a 32 bit con le giuste periferiche digitali) possono indirizzare gli obiettivi a soluzioni mirate E necessario a tale scopo lo scambio di conoscenze fra il produttore del sistema e il produttore di semiconduttori che unendo l'esperienza di entrambi consente di arrivare ad un prodotto unico ottimizzato. Fra le molteplici applicazioni che utilizzano l’integrazione intelligente tra cui il rilevamento della temperatura, rilevamento della pressione, rilevamento gas, inverter solari, controllo motore, monitoraggio dei segni vitali sanitari, sistemi di monitoraggio automobilistico e gas / acqua / contatori elettrici ec.. esistono due aree applicative in cui l'integrazione della componentistica ottimizzata per fornire a porta a significativi vantaggi in termini di costi, potenza, dimensioni e prestazioni: 1. Inverter per sistemi solari fotovoltaici (PV) con obiettivi di maggiore efficienza, riduzione dei costi della distinta base e supportare l'interfacciamento alla rete intelligente. 2.Controllo del motore, con l'obiettivo di migliorare l'efficienza per i benefici ambientali e la riduzione dei costi. Si noti che questi dispositivi (a segnale misto: digitali e analogici) sono ottimizzati per particolari applicazioni finali, e possono anche funzionare bene per numerose applicazioni con requisiti funzionali simili all'applicazione di destinazione principale. ESEMPIO: gestire il ciclo di funzionamento di un motore asincrono trifase a 4 poli e funzionante alla frequenza di rete con le seguenti modalità. L’avviamento avviene mediante un pulsante di start, la velocità del motore aumenta in modo graduale fino a raggiungere il suo valore massimo dopo 15 secondi e tale velocità va mantenuta per 30 secondi, dopodiché il motore comincia a decelerare fino ad arrestarsi completamente dopo 15 secondi. Si discuta le problematiche relative alla fase di avviamento del motore e proponga le modalità di gestione del suddetto ciclo di funzionamento. Fase di avviamento Nella fase che segue l’avviamento gli avvolgimenti di un motore sono sottoposti a tensione ma la velocità è ancora nulla. In questa fase, detta di cortocircuito, il motore assorbe un’elevata corrente di spunto; l’energia assorbita, non potendo ancora convertirsi in energia meccanica, é quasi totalmente convertita in calore per effetto Joule. Con l’avviamento del rotore la corrente si riduce fino ad assumere il valore nominale in corrispondenza di una velocità vicina a quella massima. La situazione é illustrata nel grafico seguente che mostra l’andamento della corrente, espressa come multiplo della corrente nominale (rapporto I/In), in funzione del tempo t. La corrente del motore ha un transitorio iniziale di pochi ms dovuto alla bassa impedenza apparente nell’istante di avviamento. In questo breve intervallo la corrente istantanea può giungere ad un valore venti volte superiore a quello nominale. I ritardi di funzionamento delle protezioni devono essere tali da non provocare il loro intervento e da fare in modo che il transitorio si esaurisca senza danni. Superata tale fase la corrente di spunto può assumere valori che vanno generalmente dalle sei alle otto volte il valore della corrente nominale. Per la protezione si possono utilizzare due dispositivi distinti, il fusibile e il relè termico, che proteggono rispettivamente contro cortocircuiti e sovraccarico termico. Per un corretto coordinamento delle protezioni occorre confrontare le curve di intervento dei dispositivi con le correnti di spunto in modo da scongiurare un intervento indesiderato durante la fase di avviamento. La figura mostra la caratteristica di avviamento del motore insieme alle curve di intervento del fusibile e del relè termico. La curva di intervento del relè termico si rivela adatta per la protezione del motore alle basse correnti. Oltre un certo limite il relè termico rischia la distruzione e subentra quindi il fusibile, il cui campo di protezione può spingersi a correnti superiori per giungere fino a quella di cortocircuito senza preoccuparsi dei rischi di distruzione, che in questo caso rappresenta invece proprio la modalità con cui viene attuata l’interruzione richiesta. Per evitare l’interruzione del circuito in fase di avviamento occorre che le caratteristiche delle due curve siano esterne a quella di avviamento del motore. Ciclo di funzionamento I tipi di servizio delle macchine contraddistinti dalla sigle da S1 a S9 vengono stabiliti dalla Norma CEI 2-3. Il ciclo descritto e riportato in figura appartiene alla tipologia S5. Viene denominato dalla normativa stessa servizio intermittente periodico con frenatura elettrica e definito come una sequenza di cicli di funzionamento identici, ciascuno comprendente una fase di avviamento, un periodo di funzionamento a carico costante, una fase di frenatura elettrica rapida e un periodo di riposo. La variazione di velocità in un motore asincrono trifase si può ottenere modificando lo scorrimento o il numero delle coppie polari o la frequenza. Attualmente il metodo più utilizzato è quello della variazione di frequenza che si attua utilizzando un dispositivo denominato inverter o convertitore statico di frequenza; in realtà l’inverter è soltanto il dispositivo elettronico atto a trasformare una corrente continua in corrente alternata di forma sinusoidale o pseudo sinusoidale; nel regolatore è compreso anche un blocco raddrizzatore che trasforma l’alternata di rete in una continua a tensione variabile (vedere figura). Il valore della frequenza in uscita può essere scelto dall’operatore in relazione alla velocità di funzionamento che si vuole far raggiungere al motore. Se si varia la frequenza con cui si alimenta il motore al fine di modificare la velocità si ha come conseguenza un aumento del flusso magnetico (per valori inferiori a 50 Hz) o una diminuzione (per valori superiori). Per mantenere inalterate le caratteristiche meccaniche nominali del motore come la coppia è però necessario garantire un flusso magnetico il più possibile costante e vicino al valore stabilito dal costruttore; questa condizione si ottiene mantenendo il più costante possibile il rapporto V/f tra la tensione che alimenta il motore (che influisce sulla coppia) e la frequenza stessa; per esempio per ottenere da un motore standard da 5,5 kW a 2 poli velocità di campo rotante differenti dal valore nominale senza interferire sul comportamento della coppia lo si dovrà alimentare con i valori di frequenza e tensione riportati nella tabella seguente. L’inverter regola in modo proporzionale frequenza e tensione sulla base del comando esterno impartito dall’utilizzatore del sistema che in pratica è il comando della velocità richiesta. I grafici riportati in figura mostrano l’andamento della coppia e della potenza in funzione della frequenza di alimentazione di un motore asincrono trifase accoppiato con un carico meccanico che, a 50 Hz, assorbe la potenza nominale. La zona oltre la frequenza nominale viene denominata zona a potenza costante per distinguerla dalla zona a coppia costante prima della frequenza nominale. Con l’inverter è possibile ottenere velocità maggiori rispetto a quella di targa generando frequenze maggiori di 50 Hz ma da tale punto in poi, non essendo più possibile aumentare la tensione, si ha come conseguenza un progressiva diminuzione della coppia motrice. I variatori, come evidenziato in figura, vengono disposti a valle dell’interruttore automatico magnetico e del contattore; la protezione dal sovraccarico viene assolta dal variatore. variatore deve essere programmato in modo tale che i tempi di accelerazione e decelerazione siano pari a 15 s (vedere figura). 4. Espressione della coppia trasmessa /caratteristica meccanica La coppia trasmessa, che è legata alla potenza che si trasferisce da statore a rotore alla velocità di sincronismo Ω1, viene detta anche coppia sincrona Ts. Se ne ricava ora l’espressione che consentirà lo studio della caratteristica meccanica Ts(Ω), fondamentale per conoscere il comportamento della macchina nelle applicazioni. La coppia complessivamente generata dal motore è legata alla potenza sincrona, che si trasmette da statore a rotore, alla velocità di sincronismo del campo magnetico rotante. L’AZIONAMENTO DINAMICA DEL SISTEMA MOTORE CARICO AZIONAMENTI REVERSIBILI TIPI DI CARICO CONDIZIONI DI CARICO PRESCRIZIONI PUNTO DI LAVORO TRASMISSIONE MECCANICA "CENNI« ELASTICITÀ TORSIONALE CARATTERISTICA MECCANICA DI UN SISTEMA COMPLETO TEORIA DEL CONTROLLO TIPI DI CONTROLLORI (P, PI, PID) CONTROLLORI ADATTIVI CRITERI DI SCELTA DEL CONTROLLORE CONTROLLO DEL MOTORE CC DINAMO TACHIMETRICA MOTORE A ECCITAZIONE INDIPENDENTE Dinamica del sistema motore-carico Supponiamo di dover agire, in un sistema di controllo idraulico o pneumatico, sull'apertura di una valvola per regolare la portata di un liquido o di un gas. L'elemento preposto a tale funzione, ossia l'attuatore, è, in genere, un motore elettrico che fornisce la potenza meccanica necessaria all'operazione di apertura o chiusura della valvola di regolazione. Per ogni tipo di motore è molto importante la caratteristica meccanica che indica come varia la coppia resa C dal motore al variare del numero di giri al minuto n. In sintesi: Caratteristica meccanica: C(n) = Cm – C att n puo essere espressa in rad/sec (w) oppure in giri/min (n) Diremo che un motore è in condizioni statiche quando la sua velocità non varia nell'intervallo di tempo desiderato, viceversa il motore funziona in condizioni dinamiche quando la sua velocità varia nell'intervallo di tempo considerato. Nel caso di movimento rotatorio, che rappresenta il caso più comune nel campo degli azionamenti elettrici, il motore ed il relativo carico azionato possono essere rappresentati come un sistema di masse rotanti secondo la schematizzata indicata in figura Supponendo che la trasmissione del moto venga effettuata mediante un albero ed un giunto di tipo rigido, in modo che la velocità dell'asse lato-motore e lato-carico sia la stessa si avrà che la differenza fra la coppia generata Cm dal motore e la coppia resistente Cr applicata all'albero del motore coinciderà con la somma fra coppia inerziale Cj e la coppia Ca di attrito e di ventilazione si ha: Dove: Cm - Cr = Cj + Ca= d(J*w)/dt = J(dw/dt) + w(dJ/dt) - Cm coppia motrice, è la coppia elettromagnetica sviluppata dal motore elettrico espressa in [Nm]; La coppia Cm ha una dipendenza abbastanza complessa dalla velocità angolare w, nei casi in cui è possibile supporla proporzionale a w si ha Cm = Km*w - Cr coppia resistente, rappresenta l'opposizione offerta dal carico espressa in [Nm] - Cj + Ca = d(J*w)/dt coppie che si oppongono alla rotazione presenti solo nel funzionamento transitorio quando la velocità dell'azionamento varia, cioè si è in fase di accelerazione (se la velocità aumenta) o di decelerazione (se diminuisce) . - J momento d'inerzia del corpo rispetto all'asse di rotazione (inerzia capacità del corpo a resistere alle variazioni del proprio stato di quiete); supposta trascurabile l'inerzia del giunto, ed indicata con Jm l’inerzia del motore e J c l 'inerzia del carico, si avrà: J =Jm +Jc - w è la velocità di rotazione, espressa in [rad/ s] - il termine w*(dj/dt) compare nelle tipologie di carico ad inerzia variabile, come le centrifughe, le bobinatrici (industria tessile e della carta) oppure nei robot industriali dove la geometria del carico varia col tempo. Nella maggior parte delle applicazioni l’inerzia si può assumere costante da cui l’equazione meccanica si riduce inglobando nella coppia resistente tutti gli attriti, alla: Cm - Cr = J(dw/dt) w[rad/ s] = ( 2*π/60)*n giri/min o rpm in inglese Cm – Cr = J*(2*π/60)*(dn/dt) CM > Cr accelerazione Cm = Cr regime stazionario Cm<Cr decelerazione A z io n a m e n ti re v e rs ib ili Un azionamento si dice reversibile quando consente di funzionare in tutti quattro i quadranti del piano coppia-velocità Se si considerano la potenza meccanica all'albero di trasmissione, data dal [watt] prodotto della coppia per la velocità: Pm = C*w si possono definire le seguenti zone cli funzionamento: - nel I e I I I quadrante si ha Pm= > O la potenza fluisce dalla macchina elettrica verso i l carico, il funzionamento della macchina elettrica è da motore - II e IV quadrante si ha Pm< O, la potenza fluisce dalla macchina azionata verso la macchina elettrica, la quale da generatore o freno funziona Per Pm < O, l'energia meccanica restituita dal carico è l’energia cinetica delle masse rotanti. Ec =( ½)*K*w Joule In queste condizioni i l convertitore è chiamato a mettere in atto la dissipazione o i l recupero di tale energia Gli Azionamenti possono essere: a. Un quadrante (1 o 3) b. due quadranti (1,2 o 3,4) c. quattro quadranti (1,2,3,4) - Motore (1 o 3 quadrante) coppia concorda con la velocita - freno (2 ,4 quadrante) coppia opposta alla velocita - a quattro quadranti (1,2,3,4) ascensore La frenatura puo essere di tipo a.Dissipativa, energia prelevata dal carico viene dissipata in calore b.Rigenerativa, viene inviata alla rete La coppia utile è motrice quando agisce nello stesso verso di rotazione del motore ed è frenante ne caso contrario - Pm = C x w > O Motore - Pm = C x w < O Freno -Se la velocità di rotazione viene espressa in giri al minuto w = 6.28 N/60 n = 60 w /6.28 a 1000 giri w è pari a 104,7 radianti al secondo Tipi di carico: c o p p i e attive e passiv i I carichi di un azionamento elettrico sono classificabili in base all'andamento della . caratteristica coppia/velocità, relativamente al funzionamento a regime, come carichi attivi e passivi C o p p i e a t t i v e : Le coppie di carico di tipo attivo sono dirette sem pre in modo da opporsi al moto di salita o compressione. Appartengono a questa categoria i carichi dovuti alla presenza di forze gravitazionali (forzapeso) o forze di deformazione elastica, ricollegabili ad energie potenziali I carichi attivi hanno caratteristiche in cui il verso della coppia è indipendente dal verso del moto. Coppie passive: Le coppie di carico di tipo passivo sono dirette sempre in modo da opporsi al moto. Appartengono a questa categoria i carichi dovuti alla presenza di forze di attrito e taglio o forze di deformazione in corpi rigidi non elastici, cioè forze di tipo dissipativo. . il verso I carichi passivi hanno caratteristiche in cui il verso della coppia cambia con del moto. Condizioni di carico all’albero di un motore La potenza richiesta da una macchina dipende dal ciclo di lavoro, è funzione dell’angolo di rotazione, del percorso, del tempo. Di seguito sono rappresentate alcune caratteristiche ideali tipiche di alcuni casi di funzionamento con alcune condizioni specifiche di carico con i relativi grafici coppia-potenza in funzione della velocità angolare dell’albero, con tutte le grandezze riferite al valore nominale caratteristiche ideali tipiche La curva di coppia di un azionamento è in genere costante fino ad una certa velocità e modo da essere a potenza costante P=C*w poi decresce in Condizioni specifiche di carico Il dimensionamento e la scelta del motore di trascinamento viene effettuata in funzione delle caratteristiche del carico. La potenza richiesta da una macchina dipende per cui dal ciclo di lavoro, è funzione di rotazione, del percorso e del tempo Il motore deve inoltre vincere la "coppia di distacco", in conseguenza del distacco. dell’angolo maggiore attrito al Si esaminano di seguito alcune condizioni specifiche di carico, con i relativi grafici coppia-potenza in funzione della velocità angolare dell’albero, con tutte le grandezze riferite al valore nominale. 1) Macchine avvolgitrici per carta, lamiere, fili: sono richiesti un diametro di avvolgimento crescente, velocità periferica costante e uno sforzo di trazione sul filo F = costante. Analogamente, per alcune lavorazioni al tornio, con diametro di tornitura variabile, si richiede una velocità di taglio costante e uno sforzo di asportazione costante, con T coppia =k/Ω=k’·r e P=F·v=cost. 2) Per il lavoro di sollevamento, di attrito o di deformazione la coppia resistente è costante e non dipende dalla velocità; nel caso di ascensori, paranchi, argani, viene richiesta una coppia costante con F = peso coppia T=F·D/2=costante; P=T·Ω, quindi con la coppia indipendente dal numero di giri al minuto e diametro «D» sono costanti la coppia è costante. se la massa "m = F/g" Questo vale anche per i laminatoi e per tutte macchine utensili con sforzo di taglio costante e diametro costante (torni paralleli, piallatrici ecc..) 3) Nel caso di macchine che offrono una resistenza d’attrito proporzionale a "n" con coppia di carico proporzionale alla velocità in giri al minuto ( calandre per la lavorazione di materiali tessili, carta, plastica, fogli di gomma ecc.. con generazione di attrito viscoso) si ha T=k·Ω ; P=T·Ω= k·Ω2 4) – Nel caso di ventilatori, pompe centrifughe, sbattitori, centrifughe, con T=k·Ω2 ; P=T·Ω=k·Ω3 ESEMPIO: attrito volvente Si calcoli la potenza meccanica di un motore asincrono trifase installato nell’argano, supponendo che il peso dei pezzi da sollevare non superi i 20 kg, che i pesi della fune e dell’elettromagnete siano trascurabili, che al motore sia collegato un riduttore avente rapporto 1:20 e rendimento 0.5 e sul cui albero di uscita sia montata una puleggia del diametro 100 mm.; P = 20 Kg V = 1200 g/s Braccio = d/2 = 100/2 = 50 mm 0.05 m Momento torcente M = F*b = 20*0.05 = 1 Kgm w = 2*π *n /60 = 6.28* 1200/ 60 = 125,6 rad/s ∙ Pr = M*w =1 * 125,6 = 1500 kgm*rad/s (moto traslatorio Pr = F x v) Pmecc =Pr* η * ρ= 125,6* 0.5* 20 = 1.256 watt ( moto rotazionale) Esempio 2 (attrito radente) Si calcoli la potenza meccanica che deve essere applicata all’albero del rullo di traino che comanda il nastro trasportatore considerando che: a.il nastro trasportatore orizzontale avanza alla velocità costante di 300 mm/sec; b.i rulli di traino e di rinvio hanno diametro pari a 50 mm; c. il coefficiente di attrito tra tappeto e piano di trasporto è pari a 0.3; d.il peso totale trasportato dal nastro è pari a 150 N. Si considera una massa complessiva (massa nastro + massa peso portata consentita di 150 N che rappresenta il peso totale che si scarica sui rulli ------------------------------------------------------------------------Per prima cosa si determina la forza di trazione F F=coeff. attr.*massa totale*g=0.3*150=45 N Si calcola la velocità angolare w w=v/r=300/0.025=7,5 rad/s la coppia minima per muovere il nastro C=p*r= 150N*0.025m= 3,75 Nm la potenza minima richiesta dal motore sarà P= C * w = 3,75 * 7,5 rad/s = 29,06 kW Prescrizioni Gli azionamenti devono garantire a. Tipologie di lavorazioni: • Processi discontinui (es. posizionamento, confezionatrici) • Processi continui (es. laminatoi , cartiere) b. Alte prestazioni dinamiche (controllo della velocità) b.1 - la velocità angolare del motore deve seguire il più fedelmente possibile, istante per istante il set point di velocità. b.2 - a fronte di un disturbo a gradino della coppia resistente Cr l a v e l o c i t à a n g o l a r e deve variare il meno possibile. c. Qualità del moto. Bassa ondulazione di coppia (ripple): esiste una componente alternativa indesiderata, sovrapposta alla coppia voluta e dovuta fondamentalmente a: 1.Fattoricostruttivi del motore 2.Imperfezioni schema di controllo 3.Interfaccia digitale (possibilità di tarare e controllare facilmente l’azionamento le ondulazioni di coppia si ripercuotono sul controllo di velocità e quindi sulla posizione d. C o p p i a e velocità Le grandezze che ci interessa controllare sono la coppia e la velocità. Normalmente devono poter essere entrambe positive, negative o di segno discorde (Azionamenti a quattro quadranti.) Punto di lavoro e campo di operatività Si consideri un azionamento funzionante con velocità angolare w variabile nel tempo; la coppia C sviluppata dal motore deve uguagliare in ogni istante la coppia resistente Cr del carico meccanico collegato all’asse ( utilizzatore e organi di trasmissione meccanici) e la coppia d’inerzia proporzionale alla velocità angolare C = Cr +J*dw/dt Dove J è il momento d’inerzia totale della parte rotante Dal confronto fra le caratteristica meccanica del motore e quella del carico si ricava il punto di lavoro (intersezione fra le due caratteristiche: coppia motrice = coppia resistente) Si definisce con campo di operatività la regione del piano (w, C) in cui l’attuatore può operare (range si spostamento del punto di lavoro): - in modo continuo durante il quale il motore non supera la temperatura di regime - In modo transitorio quando il motore puo superare per brevi periodi i limiti di sovratemperatura ---------------------------------.-----------------------------------Coppia e momento di una coppia: un sistema costituito da due forze parallele, discordi e di uguale intensità F, applicate ad un corpo rigido prende il nome di coppia. Si definisce braccio b della coppia la distanza tra le rette d’azione delle due forze e momento Tm (nel seguito indicato con il termine coppia), il prodotto m = F*b. La forza F si misura in N (newton), il braccio in m (metri); il momento è quindi espresso in N ⋅ m. Potenza motrice o coppia motrice: la coppia, applicata al corpo rigido, produce la rotazione del corpo stesso attorno al punto corrispondente alla metà del braccio b. Tale rotazione avviene con velocità angolare ω rad/s (radianti al secondo).La potenza trasmessa mediante il movimento vale: Pm = Cm ⋅ ω [W]. La rotazione può essere espressa anche come giri al minuto N; il legame tra la velocità angolare ω e i giri al minuto N è: N =ω * 60/6,28 [giri al minuto] e, inversamente: ω = N*6,28/ 60 [rad/s] Coppie inerziali: comprendono gli effetti d’inerzia delle masse poste in rotazione dal motore; queste sono: la massa del rotore e quella del carico. Le coppie inerziali sono legate alla velocità angolare ω dalla relazione differenziale: C(t) = J(dw(t)/dt) Il termine J rappresenta il momento d’inerzia complessivo (somma dei momenti d’inerzia delle masse rotanti). Si ricordi che il momento d’inerzia di una massa rotante m che presenta un raggio medio r rispetto al centro di rotazione, vale: J = mr ^2/2 [kg ⋅ m^2 ] TRASMISSIONE MECCANICA: accoppiamento motore carico In un azionamento elettrico un motore aziona un carico meccanico. Capita molto spesso che il carico meccanico sia caratterizzato da una alta coppia e una bassa velocità, mentre i normali motori elettrici forniscono invece buone prestazioni ad alta velocità, cui corrisponde una bassa coppia . In queste situazioni non è possibile un accoppiamento diretto tra carico meccanico e motore. Si rende necessaria l'interposizione di una trasmissione meccanica per adattare i valori di coppia e velocità. NB: In questi anni L’industria costruttrice di motori elettrici sta sviluppando un nuovo tipo di motore:il motore coppia, in grado di lavorare a basse velocità e con alte coppie, in modo da eliminare la presenza della trasmissione meccanica. La trasmissione meccanica può essere realizzata mediante: • Cinghia e catena (piatta , trapezoidale, dentata) • Riduttore di giri ( a vite senza fine, a ingranaggi, epicicloide, armonico) • Conversione del moto rotatorio in traslatorio • Sistema pignone e cremagliera (vite e mdrevite) •vite senza fine e a ricircolo di sfere CINGHIA Cinghia dentata RIDUTTORE DI GIRI - Vite madrevite: il moto rotatorio fa girare la vite che a sua fa avanzare la madrevite A seconda del tipo di trasmissione, attraverso il calcolo del momento d’inerzia complessivo, è possibile calcolare la coppia motrice e quindi dimensionare il motore Per rappresentare a livello matematico un sistema meccanico (modello matematico: carico+sistema di trasmissione) e risalire quindi al momento d’inerzia complessivo si può far riferimento a 3 blocchi elementari: 1. Blocco inerziale: rappresenta la capacità di un corpo di opporsi alle variazioni di velocità ; si fonda sul rapporto causa effetto: per corpi che traslano la causa è una forza l’effetto è una velocità lineare v; per corpi che ruotano la causa è una coppia C, l’effetto è una velocità angolare ω: (f = m*(dv/dt), C = J(dw/dt)) 2. Blocco elastico: rappresenta la capacità potenziale: (f = K(x1-x2), C = Kt(θ1- θ2)) di un corpo di deformarsi accumulando energia f e la forza che rappresenta la reazione di tipo elastico della molla C è la coppia elastica di una molla torsionale Kt è il cofficiente di rigidità torsionale. 3. Blocco attrito viscoso: tiene conto degli effetti dissipativi che si hanno ogni volta che un corpo si muove in un fluido: (f = B’(v1-v2), C = B(w1-w2)) con B coefficiente di attrito viscoso. Elasticita torsionale La presenza di elasticità torsionali negli accoppiamenti meccanici dovute al fatto che l’albero non è rigido ( due coppie di momento uguale e contrario agenti alle estremità, su piani perpendicolari all’asse geometrico) può alterare il modello meccanico utilizzato per lo studio del sistema. Tali elasticità possono presentarsi sia tra motore e carico che tra motore e tachimetro, queste ultime sono dannosissime in quanto producono un errore di misura della grandezza su cui si basa il controllo in retroazione, la velocità, e per questo l'accoppiamento tachimetrico risulta essere il più critico. Per diminuire l'effetto delle elasticità torsionali dovute all'accoppiamento motore tachimetro il metodo migliore è ridurne l'entità delle torsioni attraverso: - il montaggio del tachimetro direttamente sull'albero motore piuttosto che tramite dei giunti (riduzione della costante elastica); - riducendo l'inerzia del sensore (usando sensori leggeri tipo encoder); - il montaggio ravvicinato del tachimetro, all'interno del motore, fatto direttamente dal costruttore. - Introducendo un filtro elimina banda “notch” che riduca i problemi legati all'elasticità. L'accoppiamento elastico fra motore e carico produce un grande picco nel modulo della funzione di trasferimento della velocità in catena aperta; Il picco è trascurabile nell’accoppiamento diretto fra albero e motore mentre è rilevante nell'accoppiamento elastico fra carico e motore con pulegge e cinghie di trasmissione Per evitare grandi oscillazioni sul carico occorre tenere basso il guadagno proporzionale Kp, ma soprattutto evitare il più possibile qualsiasi accoppiamento elastico, in quanto riduce notevolmente le prestazioni del sistema (banda) C o m p o r t a m e n t o d i u n s i s t e m a m e c ca n ico co m p leto Il sistema meccanico, nella sua espressione più generale, è ottenuto considerando insieme l'equazione dell' equilibrio dinamico (legame coppia velocità angolare) e la relazione tra la velocità e la posizione, dalle quali si ricava il seguente sistema di equazioni differenziali del I ordine in cuyinon si considera la coppia di attrito: ( Cm – Cr) = Cj = J *dw/dt d θ(t)/dt = w(t) Nel dominio delle s controllo di moto controllo di posizione w(s) = (Cm(s) – Cr(s))/J*s Θ(s) = w(s) /s Le due equazion i evidenziano che il sistem a m eccanico h a u n comportamento integrale infatti per Laplace moltiplicare una variabile per 1/s equivale a farne l’integrale nel dominio del tempo La risposta ad un segnale d’ingresso a gradino «coppia d’inerzia» di comportamento puram ente integrale è una rampa. un sistema a ( Cm – Cr) = Cj = J *dw/dt Nel caso particolare la velocità (uscita) cresce linearmente finchè la coppia di inerzia Cj = Cm –Cr è diversa da 0 Si individuano pertanto - in transitorio (velocità variabile - a regime (velocità costante Maggiore l'accelerazione le zone di funzionamento: nel tempo); cioè la pendenza della rampa minore è il tempo di salita. La risposta ad un segnale d’ingresso a rampa di velocità (wp) di un sistema a comportamento puram ente integrale è una parabola d θ(t)/dt = w(t) Θ(s) / w(s) = (1/s) In questo caso lo spostamento avviene con la dovuta gradualità sia in fase di partenza che di arrivo (posizione rispettivamente min e max dove la velocità è nulla). Traiettorie tipiche del controllo di m o t o Supponiamo di avere, per semplicità, una coppia resistente nulla (CR=O), cioè un carico semplicemente inerziale (Cm = CJ) In questo caso specifico nelle due tipiche sequenze di lavoro: figure che seguono sono indicati gli andamenti di - avviamento ed arresto - avviamento, inversione di velocità ed arresto È interessante puntualizzare che: per una determinata inerzia totale J del sistema meccanico la pendenza della rampa (cioè l'accelerazione o la decelerazione) dipende unicamente dalla coppia. Il limite, cioè la coppia massima erogabile, dipende, negli attuatori elettrici, dalla massima corrente che il motore elettrico può erogare. Nei transitori, si deve considerare la corrente di picco. In base al suo valore si dovrà fissare un limite di corrente nel dispositivo di azionamento Traiettorie tipich e del controllo di posizione (integrale) In questo caso, con riferimento al profilo di velocità, si distinguono due tipiche traiettorie: 1.spostamento con profilo di velocità triangolare 2. spostamento con profilo di velocità a trapezio Sempre supponendo carico inerziale (CR = O) si ha spostamento con profilo di velocità triangolare S p o s t a m e n t o c o n profilo di velocità trapezio Questo tipo di traiettoria deve essere applicata quando la velocità di picco wp che si otterrebbe in uno spostamento con profilo di velocità triangolare è superiore al limite massimo imposto wMAX, che può dipendere dall'applicazione o dall'azionamento Per un azionamento reversibile si distinguono le seguenti zone e punti di funzionamento (Cr =0) TEORIA DEL CONTROLLO Un sistema di controllo ad anello chiuso deve soddisfare le specifiche assegnate nel dominio della frequenza e quelle assegnate nel do-minio del tempo. Queste ultime si suddividono in specifiche del comportamento a regime (errore a regime, sensibilità ai disturbi additivi e para-metrici) e in specifiche del comportamento in regime transitorio ( tempo di salita, sovraelongazione, tempo di assestamento, velocità della rispo-sta). Le specifiche definite nel dominio della frequenza sono la banda passante, la stabilità, il margine di fase e il margine di guadagno. In particolare se il sistema non è stabile, o se il suo margine di fase e il suo margine di guadagno non corrispondono a quelli richesti, è necessario intervenire sul sistema, modificarlo in modo che risponda ai requisiti richiesti senza alterare, nei limiti del possibile, le altre caratteristiche quali la velocità della risposta e la precisione. La stabilizzazione, ad esempio, di un sistema instabile mediante la riduzione del guadagno di anello è consigliabile solo in casi particolarmente semplici perché tale tecnica provoca, come si è visto, l'aumento dell'errore a regime. Nei casi più . complessi, quando cioè il progettista deve soddisfare le specifiche assegnate, è necessario modificare la configurazione del sistema introducendo, in punti opportuni della catena, reti elettriche di tipo passivo o di tipo attivo al fine di migliorare le prestazioni statiche e dinamiche del sistema. UTILIZZO Se si desidera stabilizzare il sistema senza diminuire il guadagno del sistema e allora possibile usare una rete ritardatrice. Infatti essa si comporta come un attenuatore, avendo un modulo sempre inferiore all’unita, ma presenta un guadagno statico unitario, dunque non influenza la precisione a regime del sistema retroazionato La rete ritardatrice comporta una diminuzione del guadagno alle alte frequenze senza influire sulla costante di guadagno, cioe sulla precisione, ne sulle fasi alle alte frequenze, che restano invariate. Nei sistemi di tipo uno o superiore, ossia con uno o piu poli nell’origine in anello aperto, la stabilizzazione non e ottenibile con una rete ritardatrice, poiche la fase e troppo bassa a tutte le frequenze di interesse. E invece vantaggioso introdurre un anticipo, che tenda a sollevare il diagramma delle fasi e quindi a stabilizzare il sistema. Cio e realizzato proprio dalla rete anticipatrice che, pur lasciando invariato il guadagno statico, ossia non influendo sulla robustezza e precisione, introduce una amplificazione in alta frequenza, ossia produce un aumento della larghezza di banda. Mentre la compensazione con una rete ritardatrice e basata sull’attenuazione introdotta alle frequenze di interesse, l’intervento di una rete anticipatrice si basa sull’anticipo di fase che, inserito a pulsazioni opportune, puo aumentare il margine di fase. D’altro canto, in molti sistemi di tipo 1 e di tipo superiore, la compensazione non e ottenibile con una rete ritardatrice, poiche la fase della funzione di risposta armonica da compensare e troppo bassa a tutte le frequenze di interesse. E invece vantaggioso introdurre un anticipo di fase in grado di stabilizzare il sistema. La rete ritardo-anticipo, infatti, permette di sfruttare i pregi di entrambe le reti correttrici: consente di stabilizzare sistemi assolutamente instabili (ovvero sistemiche, se chiusi in retroazione con un semplice regolatore proporzionale, sono instabili in anello chiuso per qualsiasi valore del guadagno), senza un eccessivo aumento della larghezza di banda. Inoltre, poiche la rete ritardo-anticipo ha guadagno statico unitario, non varia la precisione a regime. d. Controllori I controllori, in base alle informazioni ricevute dall'organo di riferimento (o dal regolatore dell'anello immediatamente più esterno) e dall'organo di misura «segnale retroazionato», forniscono dei segnali utili a correggere qualsiasi allontanamento, causato da variazioni funzionali del sistema o da variazioni delle variabile di processo dal loro valore di riferimento. Il loro scopo è infatti fare in modo cioè che la variabile di processo segua più strettamente possibile il valore di riferimento indipendentemente dalla presenza o meno di disturbi. garantendo in questo modo la stabilità I controllori standard largamente utilizzati in campo industriale sono caratterizzati da una rete di retroazione che ha una struttura fissa (di tipo P, I, PI, PD, PID) e da parametri che, dimensionati per una certa condizione di lavoro, restano fissi durante il funzionamento La regolazione è dunque relativa ad una determinata condizione di funzionamento; pertanto se ci si allontana sensibilmente da tale condizione si possono verificare smorzamenti non più soddisfacenti e anche instabilità. In questi casi può essere opportuno ricorrere a controllori adattativi, in cui o i parametri o la struttura della rete di retroazione sono variabili in relazione alle condizioni di funzionamento del sistema controllato, in modo che il circuito di regolazione risulti sempre stabilizzato in maniera ottimale e. Configurazione standard dei regolatori e.1. Controllore P (proporzionale). f.d.t(s) =Vout/Vrif-Vmis = - R1/Rr = k - Retroazione negativa - Sommatore con Rm e Rr uguali Questo controllore fornisce una risposta rapida e permette un controllo fine della variabile di processo poiché la sua uscita varia proporzionalmente allo scarto di ingresso. Esso però non è in grado di mantenere nullo il segnale di errore (può solo ridurlo aumentando il guadagno), in quando lo scarto di ingresso si annulla la sua uscita si azzera e ciò causa l'allontanamento della variabile di processo dal riferimento desiderato Quindi il sistema non si stabilizza mai, ma fluttua attorno al riferimento. Un aumento del guadagno proporzionale comporta una diminuzione del tempo di salita, ma anche più elevate sovra elongazioni. e.2. Controllore integrale Il circuito di retroazione é costituito da un condensatore C1 ; generale che segue si deduce la seguente f.d.t.: pertanto dalla configurazione f.d.t(s) = - 1/(sRrC1) = 1/s*τi Questo controllore ha il compito di ridurre l'errore statico a regime e di mantenerlo nullo in presenza di disturbi costanti sulla variabile d'uscita, in quanto, essendo la rapidità di variazione del segnale di uscita proporzionale al segnale di ingresso, quando l'ingresso si annulla l'uscita mantiene il valore che aveva all'istante di annullamento del segnale di ingresso (tiene conto cioè della ''storia passata'' del sistema). dSu/dt = K Si ----Si = 0 ---- Su non varia Dal punto di vista dinamico l'azione integrale porta ad un peggioramento dei margini di stabilità in quanto per w 0 il modulo della f.d.t tende all’infinito rendendo il regolatore fortemente instabile (lavora in saturazione) E raramente usato da solo a causa della sua scadente velocità di risposta, è molto usato in unione con un controllore P. e.3. Controllore derivativo (D). Nei casi in cui il sistema, in relazione alla sua inerzia, risponda lentamente, il controllore deve sviluppare un segnale correttivo elevato, che se rimane elevato sovracompensa l'errore e porta il sistema in oscillazione. Serve quindi nei confronti dei bruschi disturbi un'azione correttiva inizialmente elevata che diminuisce nel tempo, ottenibile con un controllore derivativo, la cui uscita è proporzionale alla velocità di variazione del suo ingresso. L'azione derivativa migliora i margini di stabilità in quanto introduce un anticipo 3.14/2 e fornisce una correzione che anticipa l'andamento dell'errore nel tempo. di fase pari a L’inconveniente è che risponde solo a variazioni del segnale errore, per cui se il sistema presenta un errore a regime non interviene. Inoltre l'aumento della banda passante porta ad amplificare i segnali con contenuto armonico a frequenze elevate (come il rumore sovrapposto al segnale utile). Per tali motivi negli azionamenti elettrici, il controllore derivativo non viene impiegato e si utilizzano quasi esclusivamente regolatori di tipo PI. e.4 . Controllore PI. In questo controllore, in cui si completano le caratteristiche di risposta rapida del controllore P e di errore nullo a regime del controllore I, il circuito di retroazione è costituito da un condensatore C1 in serie ad una resistenza R1 , si ha pertanto Z1(s) = R1+1/Sc1 e quindi f.d.t.(s) = Vu/Vr = [(1+sR1C1)/sRrC1] = = (1+s*τn)/s*τi Per il dimensionamento del regolatore PI - si determinano i valori delle costanti di tempo Tn e Ti , che devono essere tali da assicurare che il circuito di regolazione sia stabile e ben smorzato; - si scelgono poi i valori di R e Rr (10-100 kohm), tenendo conto del carico organi di misura - dalle costanti di tempo si ricavano i valori di R1 e C1 ammissibile per gli e.5 - Controllore proporzionale - derivativo (PD). Nelle applicazioni industriali più diffuse, anche l’azione derivativa viene associata all’azione proporzionale così da creare i cosiddetti controllori PD i quali possono essere utilizzati nei sistemi in cui si hanno improvvise variazioni di carico. Alcune tipologie di tali impianti possono essere sistemi di controllo per servomotori, oppure sistemi che non presentano problemi di stabilità e di prestazioni statiche ma che, invece, richiedono una buona velocità di risposta o un allargamento della banda passante Con questo regolatore l’azione con cui è modificata la variabile manipolata è proporzionale alla velocità di cambiamento dell’errore. Controllori PID Consideriamo un regolatore che esercita un’azione di controllo dipendente dall’errore attraverso la seguente legge: La legge di controllo è quindi composta da: • un’azione proporzionale all’errore; • un’azione Integrale sull’errore; • un’azione Derivativa sull’errore. Questo tipo di regolatori prende quindi il nome di PID. I tre guadagni che compaiono nella legge di controllo vengono chiamati: KP : guadagno proporzionale; KI : guadagno integrale; KD : guadagno derivativo. Tra le ragioni del vastissimo utilizzo dei regolatori PID nella pratica dell’automazione industriale (i PID sono anche detti regolatori industriali), ricordiamo: • semplicità di realizzazione in diverse tecnologie (elettronica, idraulica, pneumatica); • efficacia per la regolazione di un’ampia gamma di processi industriali; • standardizzazione con i relativi vantaggi in termini di affidabilità e economicità; semplicità di taratura dei parametri; • possibilità di taratura automatica dei parametri, per mezzo di semplici esperimenti. Il controllore PID può essere messo a punto empiricamente variando uno o più valori dei guadagni e osservando come si modifica la risposta del sistema. Si pongono uguali a zero i guadagni integrale e derivativo e si aumenta il guadagno proporzionale fino a che il sistema risponde bene a variazioni del punto di regolazione senza eccessive sovraelongazioni. Scelto un ragionevole valore del guadagno proporzionale si aumenta quindi guadagno integrale per forzare a zero l'errore del sistema. lentamente il Nella maggior parte dei casi è richiesto un piccolo valore del guadagno integrale, in quanto se abbastanza grande, può sopraffare l'azione del termine proporzionale, rallentare la risposta globale e far oscillare il sistema attorno al punto di regolazione. In tale caso il problema si risolve usualmente riducendo il guadagno integrale ed aumentando il guadagno proporzionale. Nel controllo dei motori normalmente il guadagno derivativo del controllore PID è mantenuto nullo (il termine derivativo viene infatti implementato solo nel caso di carichi con inerzia molto elevata). Schema di un controllo PID ideale Schema di un controllore PID REALE il componente attivo è l’amplificatore operazionale IC1 connesso nella configurazione invertente. La rete composta da R4, R5, R6 e P1 costituisce una resistenza equivalente Req che varia tra 11MΩ e 231MΩ. Questa rete è stata adottata per poter avere valori così grande di resistenza usando resistenze di valore normalmente reperibili in commercio. L’azione proporzionale svolta dal controllore è realizzata tramite le resistenze R1 e Req: variando il valore di P1, si aumenta il guadagno e di conseguenza diminuisce l’errore. Però se un guadagno maggiore migliora le prestazioni di precisione e di velocità, comporta anche un minore margine di stabilità. La parte integrale del controllore viene svolta dalle resistenze R1 e R7 e dai condensatori C4, C5 e C6. I tre condensatori possono essere inseriti singolarmente o in combinazione tra loro permettendo ampi margini di regolazione: infatti variando la capacità varia la costante di tempo del regolatore integrale. Integrando il segnale di ingresso (errore) varia la propria uscita fino a quando il segnale di errore non è nullo. La parte derivativa del controllore è formata dalle resistenze R2 e Req e dai condensatori C1, C2 e C3. Anche in questo caso i condensatori possono essere utilizzati singolarmente o in combinazione tra loro consentendo ampi margini di regolazione. L’azione derivativa ha il grosso problema di dare uscita nulla in presenza di errore costante e diverso da zero: per questo motivo non viene mai usata da sola ma sempre affiancata dal controllo integrale o da quello proporzionale o da una loro combinazione. Viene però usata perché il suo effetto è positivo per il margine di stabilità: infatti può rendere stabile un sistema divenuto instabile a causa dell’adozione di guadagni troppo elevati o azioni integratrici troppo grandi Controllori adattativi. Le caratteristiche funzionali dei controllori standard sono determinate dalla struttura del loro circuito di retroazione e dai valori assunti delle relative resistenze e capacità. Nel caso di sensibili variazioni delle condizioni di funzionamento ipotizzate nella fase di progettazione del controllore dell'azionamento e qualora si richiedono al sistema controllato prestazioni elevate, é necessario fare ricorso a controllori adattativi Questi sono essenzialmente di due tipi: - a struttura fissa e parametri variabili; - a parametri fissi e struttura variabile. I controllori adattativi a struttura fissa e parametri variabili si ottengono inserendo nel loro circuito di retroazione uno o più moltiplicatori mentre quelli a parametri fissi e struttura variabile consentono di passare da una struttura proporzionale-integrativa ad una struttura proporzionale grazie all’inserimento di elementi attivi (mosfet, diodi) Considerazioni sulla scelta e sul dimensionamento del controllore. Negli azionamenti elettrici il sistema elettromeccanico da regolare, anche se ordine elevato, presenta un comportamento dinamico simile a quello di un sistema del secondo ordine;. Esso possiede infatti normalmente: due costanti di tempo dominanti (meccanica τm e elettrica τa), che rallentano la dinamica del sistema, e una serie di piccole costanti di tempo τpk (e/o di piccoli ritardi) prodotti da organi di comando, filtri e circuiti ausiliari di regolazione, il cui effetto si estingue rapidamente La loro f.d.t é quindi del tipo: f.d.t= K / (1+s*τm) (1+s*τa) *(1+s*τp) ) con K guadagno statico τp= piccola costante di tempo equivalente a tutti i ritardi del sistema E' pertanto necessario utilizzare uno o più controllori in cascata, al fine di compensare le costanti di tempo dominanti del sistema da regolare e inserire un polo nell'origine, la cui assenza comporta un errore a regime nella risposta a gradino. Con scelte adeguate delle costanti di tempo del controllore il sistema si rende stabile e la rapidità di regolazione non dipende piú dalle caratteristiche del motore o della macchina azionata ma solo dalla piccola costante di tempo equivalente τp Esercizi Potenza pompa Potenza ventilatore Coppia e momento d'inerzia Bilancio potenze Pompa centrifuga Motore asincrono Motore in corrente continua SCR Motore in corrente continua Motore in corrente continua Potenza di un motore per l’azionamento di una pompa essendo - "h" la prevalenza, intesa come dislivello tra il punto di presa e quello di arrivo, comprensivo dell’altezza di aspirazione, di mandata, delle perdite di carico complessive e del dislivello equivalente dinamico che mantiene una certa velocità del fluido nella condotta. - "δ" la densità (massa volumica) del liquido; "g" l’accelerazione di gravità. - "η" il rendimento totale della pompa e dell’eventuale trasmissione motore- pompa. - (per pompe a pistoni h = 0,8¸ 0,9; per il tipo centrifugo h = 0,5¸ 0,8 e per pompe a bassa pressione h = 0,3¸ 0,6). Potenza di un motore per ventilatore essendo "Q" la portata del fluido e "p" il valore di pressione, che può variare ventilatori assiali fino a 4000 Pa e più per ventilatori centrifughi ad alta pressione. da 50 Pa per piccoli Potenza da un corso d’acqua Se per 6 mesi all’anno (4320 ore) un corso d’acqua fornisce una portata derivabile Q di 0,4 m3/s con un salto di 8m e se il generatore elettrico ha un rendimento complessivo h = 0,75, la sua potenza sarà con una fornitura di energia con pressione idrostatica alla base che vale essendo per l’acqua δ=1000kg/m3. Coppia e momento d’inerzia riportati all’albero motore Ritenendo unitario il rendimento dell’accoppiamento si ha potenza costante, (velocità periferica e spostamento lineare costante, forza impressa costante) e quindi si ricavano le relazioni in cui p.e. il rapporto di riduzione richiesto è irid = 8:1 Trascurando l’inerzia del riduttore e considerando solamente quella totale del motore e quella della macchina trascinata, nel riporto all’asse del motore si ha Tenendo conto del rendimento della trasmissione (ηtr=0,95 per ingranaggi cilindrici e ηtr=0,6÷0,85 per coppia vite-corona senza fine) si ha In modo analogo, per il momento d’inerzia si divide Jo per il rendimento. Se l’azionamento possiede masse rotanti a diversa velocità oppure se ci sono moti rotatori e rettilinei, si calcola un unico momento d’inerzia, che deve tener conto di tutte le masse e si perviene ad un’unica velocità, ritenendo costante l’energia cinetica Si ha il massimo adattamento fra motore e carico (max. trasferimento di potenza), con massima accelerazione, se si verifica la condizione Si può seguente ricavare l’accelerazione a relativa pervenendo al carico in tali condizioni alla relazione finale Bilancio delle potenze nel motore e nella dinamo In figura è indicato il bilancio delle potenze del motore, il quale assorbe dalla rete la Pass; sono indicate successivamente le perdite che bisogna detrarre per ottenere la potenza E.Ii che si trasforma in meccanica nell’indotto. A questa si detraggono ancora le perdite nel ferro della parte rotante e delle scarpe polari e quelle meccaniche di attrito. Si ricorda che U=E+Ri Ii . Per la dinamo lo schema a blocchi del motore viene rovesciato, perché la macchina generatrice assorbe dal motore di trascinamento la potenza meccanica, si detraggono le perdite a vuoto e la restante E·Ii rappresenta la potenza che si trasforma in elettrica nell’indotto della dinamo. Ad essa si detraggono ancora la potenza persa nelle resistenze del circuito di eccitazione Pecc quella nl rame d’indotto Ri·I 2 nelle spazzole di grafite di grafite (valutate dalle Norme come 2·Ii [W]) e infine quelle addizionali,valutate anch’esse convenzionalmente come lo 0,5%, ma della potenza resa. Alle spazzole e al carico è infine disponibile la potenza elettrica generata dalla dinamo: la potenza resa o utile U ·Ii, essendo U=E-Ri Ii . Schema a blocchi delle potenze del motore esercizi Si deve prosciugare una vasca contenente un liquido di massa volumica d = m/V=1200kg/m3 mediante una pompa centrifuga con rendimento totale hPompa=0,6, comandata da un motore coassiale a c.c. e una tubazione che presenta, alla portata Q=0,03 m3/s, un rendimento hcond = 0,98. La prevalenza manometrica vale h=18,5m . Il motore a corrente continua con eccitazione in derivazione, di cui è noto il rendimento hMot = 0,84, è alimentato a 220V e a regime possiede la velocità n=1440 giri/min. Sono note, inoltre, la resistenza d’indotto Ri=0,293W e quella del circuito d’eccitazione Re=100W . Determinare la coppia sviluppata dal motore e la corrente assorbita. Soluzione La potenza richiesta per sollevare il liquido all’altezza "h" vale La potenza resa (all’albero) dal motore, che deve tener conto del rendimento della pompa e della condotta vale dunque La potenza assorbita dal motore è La corrente totale Ia assorbita dalla rete da parte del motore con eccitazione derivata e la corrente d’indotto valgono rispettivamente Ritenendo che le spazzole di carbone diano luogo alla c.d.t. la f.e.m. che si oppone al verso della corrente assume il valore Pertanto la coppia prodotta dal motore si calcola dalla potenza elettrica trasformata in meccanica e la coppia resa all’albero risulta e quindi si può calcolare la costante kΦ=E/W=201/150,8=1,33V· s/rad esercizi Un motore asincrono trifase, alimentato alla tensione di 380V, aziona un dispositivo di sollevamento formato da un tamburo di avvolgimento della fune e da un freno elettromagnetico. Si deve sollevare un corpo di massa m=500kg alla velocità v=0,38 m/s e l’argano ha il tamburo con diametro Do=25cm. Il candidato definisca le caratteristiche del motore e ne discuta un metodo d’avviamento, tenendo presente che il motore deve partire sotto carico. Soluzione Per ridurre la velocità sul tamburo di sollevamento è necessario inserire un rapporto di riduzione verrà determinato successivamente. Ipotizzando un rendimento complessivo motore-riduttore_argano il motore assorbirà dalla rete la potenza complessiva essendo Psollevam.=1864W riduttore di velocità, il cui Dal manuale si sceglie un motore a gabbia di scoiattolo, 4 poli, con i dati di targa Pu=3kW; U=380V; n=1445 giri/min; collegamento a triangolo; hM=0,85; cos jM=0,80 e con le seguenti caratteristiche aggiuntive: Scelto il collegamento a triangolo per la tensione di 380V, la corrente nominale assorbita dal motore, con i dati di targa sopra stabiliti, risulta Essendo la velocità angolare si deduce la coppia resa nominale Dai dati aggiuntivi (2) si possono dunque dedurre: Tavv=2,5 x 19,83=49,6Nm; Iavv=5,2 x 6,70=34,8A (3) Figura 1) Tenendo conto che il motore deve fornire all’albero una potenza che è quella richiesta dal sollevamento Psollev , ma che deve comprendere anche le perdite del gruppo riduttore-argano, dalla (1) si ricava: per cui la potenza resa richiesta sull’albero del motore vale La coppia effettiva richiesta all’avviamento risulta Tale valore di coppia può essere fornito dal motore scelto, anche se si adotta un avviamento stellatriangolo. Dalla teoria si sa infatti che nell’avviamento a stella la coppia e la corrente assorbita si riducono di 3 volte rispetto ai corrispondenti valori che si avrebbero con collegamento diretto a triangolo. La coppia di 16,1 Nm, che deve vincere il motore allo spunto, è minore rispetto ai dati forniti dalle (3), secondo cui infatti TavvY=49,6/3=16,5Nm, per cui il motore riuscirà ad avviarsi sotto carico, con l’avvolgimento statorico collegato a stella. La corrente assorbita all’avviamento del motore, con carico effettivo presunto già stabilito hM=0,85 sarebbe, per la seconda delle (3): all’albero di 2437W e il rendimento Con l’avviamento a stella, a 380V, la corrente si ridurrà a 1/3 del valore ora calcolato, per cui superiore al valore nominale corrispondente ai dati di targa, ma sicuramente accettabile. Cessata la fase di spunto, il motore assorbirà, nel passaggio al collegamento a triangolo, la corrente di 5,45A, che compete al carico e che risulta anche inferiore al valore nominale. In base ai dati del problema, essendo la velocità angolare del tamburo e quella del motore il rapporto di riduzione scelto è Il solenoide di eccitazione del freno elettromagnetico è alimentato alla tensione di rete. Quando si dovesse interrompere l’alimentazione, cesserebbe anche la corrente di eccitazione e interverrebbe la pressione di una molla a produrre la frenatura di sicurezza. N.B.: analoga impostazione potrebbe essere seguita per la scelta di un motore a corrente continua ad eccitazione separata o in derivazione. Per l’avviamento del motore si può utilizzare un reostato, oppure una tensione variabile prodotta da un convertitore. Il controllo deve essere a coppia disponibile costante, secondo le modalità discusse nel §2 e nel §8 del motore a corrente continua. Esercizio N° 3 Un autobus è comandato da un motore a corrente continua mediante un riduttore con rapporto i=8:1. Il diametro della ruota è di 0,9m. La tensione di armatura può variare da 0 a 400V. Si trascurino tutte le perdite e si determinino: a) il valore di kΦ necessario a fornire al veicolo la velocità di 10 m/s alla tensione di 400V; b) la corrente di armatura che assorbe il motore per produrre una spinta sul veicolo di 5kN, con il valore di appena calcolato nelle condizioni a); c) il nuovo valore di kΦ, alla tensione costante di 400V, necessario per portare agendo sulla diminuzione di flusso. la velocità a 20 m/s Soluzione a) Con riferimento alla figura 1) precedente, intendendo che il pedice "o" sia riferito al carico di uscita (con il diametro Do=0,9m per la ruota del bus) e il pedice "m" alla parte relativa al motore, indicando con "i = 8" il rapporto di riduzione, si possono scrivere le relazioni seguenti, già note: con i valori rispettivi avendo ricavato b) Si calcola la corrente che assorbe il motore per produrre la coppia che corrisponde alla spinta di 5kN: c) Intervenendo sul flusso si calcola la nuova costante di coppia, richiesta per raggiungere la velocità di 20m/s (72km/h): - Esercizio N° 4 Un autobus di massa complessiva m = 10 000 kg è dotato di un motore elettrico alimentato, tramite trolley, da una linea in continua a tensione regolabile, il cui valore massimo è 650V e la cui potenza massima erogabile è di 90kW. Viene richiesta al bus una variazione massima di velocità, in un secondo, di 1,2m/s . Tra motore e asse delle ruote è interposto un riduttore di velocità. Trascurando le cadute interne e le perdite del motore, si determinino: 1. la velocità massima a cui è consentito mantenere l’accelerazione massima costante di 1,2m/s2; 2. il valore minimo della costante di coppia kΦ, richiesto affinché si raggiunga la velocità di 60km/h con 4500 giri al minuto; 3. il valore massimo della costante kΦ con la massima corrente di eccitazione; 4. la tensione d’armatura richiesta per raggiungere la velocità v1=12km/h. Soluzione 1) La massima spinta richiesta F=m·a=10000 ·1,2=12kN consente una velocità 2) Con massimo numero di giri al minuto n si ha una corrispondente velocità angolare ΩMax=2πnMax/60=471,24rad/s Trascurando le cadute interne di tensione dovute alla resistenza complessiva d’armatura, vale la proporzionalità U= kΦΩMax, a cui corrisponde kΦ=U/ΩMax=1,379Vs/rad; alla velocità di 60km/h corrispondono 60/3,6=16,67m/s . 3) In base alla relazione di proporzionalità diretta fra velocità angolare e lineare si ricava con relativa costante kΦMax=U/Ωo=3,065Vs/rad 4) Alla velocità di 12km/h, con i dati del punto 2), si ottiene La tensione necessaria per raggiungere la citata velocità porta al valore U’= kΦMax Ωo=3,065 · 94,24=289V. Esercizio N° 5 Un motore a corrente continua, di potenza nominale Pn = 20 kW a 300 V, con eccitazione indipendente mantenuta costante, è alimentato da un convertitore trifase a ponte di Graetz total-controllato, la cui tensione alternata concatenata è di 230 V, 50 Hz. Analogo ponte alimenta il circuito d’eccitazione, alla stessa tensione. La resistenza d’armatura del motore vale 0,18 W , mentre quella di eccitazione è di 160 W . Il flusso è prodotto dalla corrente di eccitazione massima (angolo d’innesco nullo per gli SCR) e in tale situazione è noto K F = 2,02V.s/rad. . Il carico agisce sull’albero richiedendo una coppia di 100 Nm a 1 000 giri/min Trascurando l’attrito e ritenendo le induttanze del circuito così elevate da rendere prive di ondulazione le correnti di armatura e di eccitazione, si determinino: 1) l’angolo d’innesco degli SCR del convertitore d’armatura per vincere il carico richiesto; 2) la velocità del motore nel caso di massimo flusso d’eccitazione, carico di 100 Nm e ritardo nullo d’innesco (ai =0). Soluzione 1) Il valore efficace della tensione di fase del sistema trifase di alimentazione corrispondente valor massimo sono, rispettivamente: e il Per ai = 0° e per i due ponti in esame (v. Tab. 1) il massimo valore di tensione di uscita è a cui corrisponde la massima corrente di eccitazione La corrente che assorbe il motore nelle condizioni di carico note è La f.e.m. che ostacola la corrente assorbita è dunque per cui la tensione richiesta alle spazzole deve valere Dalla relazione di tabella, per il ponte in esame, si ottiene l’angolo d’innesco seguente: 2) A parità di coppia e di corrente assorbita (si lavora a coppia costante), e con angolo nullo d’innesco anche per il ponte che fornisce la tensione alle spazzole del motore, si procede al calcolo della nuova velocità che corrisponde alla piena tensione di alimentazione Ua=Ue=310,6V, calcolata con la relazione (1): Esercizio N° 6 Un motore a corrente continua con eccitazione separata ha i seguenti dati di targa: Un=120V; In=30A; nn=1200giri/min ottenuta alla piena eccitazione. Inoltre la resistenza d’armatura è Ri=0,31W . Dovendo alimentare la macchina alla tensione U1=110V, si calcolino: a) la resistenza del reostato d’avviamento necessaria per limitare la corrente di spunto a un valore di 2,5 volte la corrente nominale. b) Se il motore trascina un carico avente una coppia resistente proporzionale alla velocità angolare Tr=0,4·W e se la tensione di alimentazione è ancora di 110V, con piena eccitazione, si chiede di determinare il valore di resistenza da inserire in serie all’indotto per ridurre la velocità a 700 giri/min. c) Il motore viene avviato, con piena eccitazione, alla tensione nominale di 120V; successivamente si riduce la corrente di eccitazione, finché non si raggiunge la velocità a vuoto no di 1700 giri/min. Trascurando le perdite meccaniche, si chiede di determinare la coppia che il motore può produrre quando assorbe la corrente nominale e quale sarà, in questa condizione, la velocità di rotazione. Soluzione a) Per ridurre la corrente assorbita all’avviamento al valore richiesto Iavv=2,5·In=2,5·30=75A occorre una resistenza massima del reostato pari a b) Si calcola ora la costante di flusso kΦ che corrisponde al funzionamento con dati nominali di targa. Alla velocità nominale di 1200 giri/min corrisponde una velocità angolare Ωn=2·3,14·1200/60=125,66rad/s Si ricava En = Un – Ri·In=120 - 0,31·30=110,7V KΦ= En/ Ωn=0,881 Alla velocità richiesta di 700giri/min corrisponde Ω1=2·3,14·700/60=73,3rad/s Possedendo il carico una coppia proporzionale alla velocità, si determina la coppia resistente T=0,4· Ω1=0,4·73,3=29,32Nm Dalla relazione generale della coppia (rel.5 §2), esplicitando rispetto alla velocità angolare, si ricava Ancora da questa si ottiene c) Alla velocità a vuoto no = 1700 giri/min corrisponde Ωo=2·3,14·1700/60=178rad/s Per poter ottenere la suddetta velocità (intersezione della caratteristica meccanica con l’asse delle ascisse) occorre la seguente costante di flusso KΦo= Un / Ωo=0,674 Per la condizione richiesta dal punto c) (tensione e corrente assorbita nominali), corrispondono la coppia e la velocità seguenti: T1 = KΦo· In = 0,674·30 = 20,22 Nm esercizio N° 7 Un motore a corrente continua, con eccitazione indipendente, alimentato alla tensione nominale di 220V assorbe una corrente d’indotto In=25A a pieno carico. A vuoto la corrente assorbita è di 1,2A e la velocità corrispondente è no=1500 giri/min. Sono ancora note, alla temperatura di regime, la resistenza totale d’indotto Ri=0,3Ω (compresa la resistenza delle spazzole di grafite) e la resistenza del circuito d’eccitazione Re=100Ω, con relativa tensione di eccitazione Ue=220V. Si devono determinare: 1) la velocità a pieno carico del motore e la sua variazione percentuale riferita al funzionamento a vuoto; 2) la potenza assorbita, le perdite e il rendimento convenzionale a pieno carico; 3) la coppia generata e quella utile; 4) la prevalenza manometrica della pompa, comandata dal motore nella condizione di pieno carico, conoscendo la portata della pompa Q=30 litri/s e il rendimento complessivo pompa-tubazione ηp-t=0,62. Soluzione 1) La costante di flusso si determina dai dati riferiti al funzionamento a vuoto, ritenendo che no sia la velocità a vuoto ideale, senza assorbimento di corrente da parte del motore, velocità a cui si controbilanciano U ed E. Pertanto si scrive mentre la velocità nominale si determina dall’espressione seguente: Dal rapporto fra le due velocità indicate sopra si ottiene e, dopo qualche passaggio, si determina l’utile relazione che fornisce la variazione percentuale di velocità nel passaggio vuoto-carico, in funzione della c.d.t. interna riferita alla tensione impressa: 2) per la macchina in esame a eccitazione separata, si ottengono: 2 2 Pecc= Ue / Re=220 /100=484W ; Pass=Un·In+ Pecc = 220ּ25+484=5,984kW Padd=0,5/100 ּ Pass=29,92W; 2 2 PJi=RiּIi = 0,3ּ25 =187,5W Pspazz= 2ּIi=50W Dalla prova a vuoto (trascurando le perdite joule, le addizionali e quelle dovute alle spazzole, perché tutte legate al modesto valore della corrente a vuoto), si possono valutare le perdite meccaniche e nel ferro Po=Pmecc+ PFe= UnּIo=220ּ1,2=264W Si ricorda che con motore ad eccitazione separata la potenza Pecc persa nel circuito di eccitazione deve essere misurata separatamente e quindi non fa parte della Po sopra calcolata. La sommatoria delle perdite è dunque Σp=padd+Pecc+Pji+Pspazz+pmecc+PFe=1,015kW La potenza resa all’albero è dunque Pr=Pass- Σp=5,984-1,015=4,969kW 3) La coppia generata dalla potenza elettrica E·Ii convertita in meccanica vale Tn = k Φ ·In=1,401 · 25 = 35,02Nm, mentre la coppia resa all’albero alla velocità Ωn è Tu = Pr / Ωn = 4969/151,7 = 32,75Nm 4) L’altezza a cui viene sollevata l’acqua è valutata dalla relazione già nota in cui Q=30litri/s e δ=1kg/dm3. Si ottiene la prevalenza manometrica