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Igiene-1-2

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Igiene lezione 1: Igiene e salute
Il termine igiene significa “buona salute”; è una disciplina che ha come obiettivo la
promozione e la conservazione della salute tramite il potenziamento dei fattori intrinseci
(es. sistema immunitario) e l’allontanamento o correzione dei fattori estrinseci, ovvero
quelli responsabili delle malattie (es. la pastorizzazione del latte ove quest’ultimo è il
veicolo della brucella che è una malattia endemica, cioè presente sempre nel tempo in un
determinato territorio, invece, la pandemia è una malattia costantemente presente nel
tempo ma che interessa l’intero pianeta; la brucellosi, anche definita malattia
“professionale”, è una zoonosi quindi causata dagli animali e come detto prima un agente
veicolante può essere il latte, ma si è completamente protetti se il latte viene pastorizzato).
L’oggetto dell’igiene non è l’uomo malato bensì quello “sano”; l’ambito d’intervento
dell’igienista non è considerare solo il singolo individuo ma anche la collettività, e quindi
esteso all’ambiente fisico, biologico, sociale in cui è inserito l’individuo stesso. Il fine
ultimo, dunque, è che ogni persona nasca e si mantenga sana, in salute.
Ma cosa si intende per salute? Il concetto di salute nel corso degli anni si è evoluto:
inizialmente dire “è in buono stato di salute” significava non essere malato, quindi assenza
di malattia (=star bene); attualmente, essendo migliorate le tecniche diagnostiche, le
condizioni di vita, si fa riferimento anche ad un benessere fisico e psichico (=sentirsi
bene). Una vecchia definizione di salute era: “La salute non è semplicemente l’assenza di
malattia, è qualcosa di positivo, un’attitudine felice verso la vita ed una lieta accettazione
delle responsabilità che la vita stessa comporta per l’individuo” (Sigerist). Oggi una
definizione più plausibile di salute è: “La salute è uno stato di completo benessere fisico,
mentale, sociale e non solo assenza di malattia” (OMS,1948). Tuttavia esistono dei fattori
esterni che possono modificare lo stato di salute, definiti determinanti di salute, quali quelli
provenienti dall’ambiente socio-economico, dall’ambiente fisico e dalle caratteristiche
individuali e comportamentali dell’individuo. Questi determinanti si distinguono in due
classi:
1. Non modificabili come il sesso, l’età e il patrimonio genetico;
2. Modificabili come il comportamento singolo e della società, l’ambiente e gli stili di
vita.
Tutti questi concetti rientrano in diversi ambiti dell’igiene quali, l’igiene degli alimenti,
l’igiene della nutrizione e l’igiene ambientale.
Igiene lezione 2: Eziologia delle malattie infettive-I microbi
I microrganismi sono organismi molto piccoli, non visibili ad occhio nudo, dell’ordine di
micron. Si distinguono organismi unicellulari e pluricellulari, che costituiscono il mondo dei
viventi, diviso a sua volta in cinque regni:
1. Monere (unicellulari, procarioti come i batteri);
2. Protisti (unicellulari, eucarioti come i lieviti);
3. Funghi (pluricellulari eucarioti);
4. Piante (
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);
5. Animali (
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).
La differenza principale tra procariote ed eucariote è la complessità cellulare perché i
procarioti sono capaci di vita autonoma ma non presentano la membrana nucleare.
I batteri sono organismi semplici, unicellulari, procarioti, presenti ovunque e tra l’altro
sono stati i primi a comparire sulla terra, mentre le cellule eucariotiche comparvero circa
2.5 miliardi di anni fa. L’uomo sfrutta le potenzialità di questi microrganismi nell’industria
fermentare (es. i lieviti per la produzione di bevande alcoliche), casearia (es. lactobacilli),
panificatrice, in salumifici e anche nella produzione di armi biologiche (es. botulino e
antrace) e di antibiotici (muffe). I microrganismi, grazie alla biologia molecolare vengono
usati dall’uomo per la sintesi di numerose sostanze come aa, vitamine, insulina, vaccini;
inoltre, essi hanno un ruolo importante negli ecosistemi, come decompositori,
trasformando la sostanza organica morta in sostanza inorganica. Infatti, sono definiti
saprofiti, anche detti commensali o simbionti, e sono in grado di produrre vitamine del
gruppo B, vitamine K. Generalmente si fa una distinzione tra simbionti, commensali,
opportunisti e patogeni; questi ultimi sono capaci di provocare nell’ospite delle malattie. Sin
dalla nascita o ancor prima i batteri vivono nel nostro corpo, sulla pelle, sulla bocca o
nell’intestino.
La cellula procariotica è molto semplice, non ha il nucleo e quindi il materiale genetico è
disperso nel citosol, ma soprattutto presenta una parete cellulare e più all’esterno c’è una
capsula.
La membrana citoplasmatica è costituita da lipidi (40%) e proteine (60%), carboidrati (piccole
quantità); ha uno spessore di 80 Angstrom ed è formata da un doppio strato fosfolipidico;
ha la funzione di garantire non solo gli scambi metabolici tra citosol e ambiente esterno
tramite diffusione facilitata (secondo gradiente di concentrazione) o trasporto attivo (contro
gradiente e quindi occorrono le famose proteine carrier), ma a livello della membrana
avviene anche la sintesi del peptidoglicano e di ATP (fosforilazione ossidativa).
La parete cellulare (o sacculo) ha una struttura piuttosto complessa, è formata da un
particolare polimero ossia il peptidoglicano e in base al suo spessore si è soliti dividere i
batteri in Gram positivi e Gram negativi; tale polimero consiste in due molecole unite da un
legame glicosidico beta 1-4 e sono l’N-acetilglucosammina e l’acido N-acetilmuramico, al
quale sono legati quattro aa di cui solo due sono fissi, il primo (lisina) e il quarto (Dalanina); tali aa contribuiscono alla formazione attraverso un legame peptidico di una fitta
maglia di catene che, appunto, forma la parete cellulare.
La capsula è un involucro mucoso amorfo e proviene dalla secrezione di materiali di alta
viscosità che sono adesi alla superficie esterna; ciò consente una maggiore adesione
delle cellule batteriche alle mucose, quindi di colonizzare, nel senso che ha una proprietà
antifagocitaria.
Le appendici (o estroflessioni) comprendono i flagelli, che servono per la locomozione,
sono di natura proteica (unità di flagellina che si ripetono), possono trovarsi ad un polo o
ad entrambi oppure su tutta la superficie (=monotrichi, lofotrichi, peritrichi); le fimbrie sono
delle appendici proteiche filamentose e sono organi di ancoraggio che danno inizio al
processo infettivo; infine, i pili, sottoclasse delle fimbrie, hanno un ruolo importante nella
riproduzione, soprattutto nella coniugazione in quanto consentono il contatto cellula-cellula
per il trasferimento del materiale genetico.
In base alla forma e all’aggregazione i batteri si dividono in cocchi, spirilli, spirochete
(responsabile della sifilide), vibrioni e bastoncelli; in particolare i cocchi possono
assemblarsi e si hanno il diplococco, lo streptococco e lo stafilococco.
In base alla temperatura si distinguono: psicrofili (si sviluppano a temp. di refrigerazione e
cioè tra 0 e 5 gradi), mesofili (20-45 gradi) e termofili (45-70 gradi). La temperatura può
influenzare lo sviluppo di un determinato ceppo batterico ed esistono ad una temperatura
minima (al di sotto di essa le cellule sono quiescenti), ottimale (massima velocità di
crescita) e massima (al di sopra di essa la riproduzione cellulare si annulla perché si ha
una denaturazione delle proteine).
In base all’accettore finale di elettroni, ovvero l’agente ossidante, si distinguono: aerobi
obbligati (ossigeno come accettore finale), aerobi facoltativi e anaerobi obbligati. Qui occorre
introdurre il concetto di metabolismo, che è un insieme di reazioni biochimiche che
avvengono in un organismo al fine di produrre energia, la quale serve per costruire quelle
strutture cellulari utili a vivere e nel caso della cellula batterica, per affrontare la divisione
cellulare; tale energia viene ricavata dall’idrolisi dell’ATP (circa 8 kcal), e a sua volta
quest’ATP proviene dall’esterno, pertanto si parla di organismi fotosintetici (sfruttano
l’energia solare) e chemiosintetici (ricavano l’energia dalla materia organica esterna);
questi però vengono divisi in autotrofi ed eterotrofi, e i batteri sono classificati come
chemiosintetici- eterotrofi perché usano come carbonio organico il glucosio. Tutto questo
un batterio può farlo o tramite la fermentazione o la respirazione, quindi c’è un substrato
che deve essere ossidato ed uno che si riduce, come l’ossigeno, però può succedere che
si formino delle forme reattive dell’ossigeno quale lo ione superossido il quale viene
demolito da un particolare enzima, la superossido dismutasi che lo trasforma in perossido
di idrogeno, il quale essendo anch’esso tossico viene convertito ad acqua ed ossigeno da
un altro enzima, la catalasi. Diversamente nei batteri anaerobi sono accettori finali di
elettroni zolfo, solfati, nitrati etc.
In base alla colorazione si distinguono batteri Gram positivi e Gram negativi, dal nome dello
scopritore; esistono due tipi di colorazioni: semplice (usa come colorante il cristal-violetto,
la fucsina o il blu di metilene) e differenziale (usa più coloranti). Colorazione Gram:
dapprima avviene la fissazione su vetrino di uno striscio del batterio attraverso la fiamma o
lo si fa asciugare all’aria; dopodiché si passa alla colorazione dove il primo colorante che
si usa è il cristal-violetto, poi si utilizza un mordenzante che normalmente è una soluzione
di ioduro o di tipo lugol, questo per far fissare il colorante, successivamente si passa alla
decolorazione con alcol etilico e si osserva che alcune cellule hanno totalmente perso la
colorazione mentre le altre appaiono colorate, il che fa capire, in quest’ultimo caso, che la
parete cellulare è piuttosto spessa (si tratta dei gram positivi che si colorano di viola);
usando infine un secondo colorante (la safranina) si coloreranno anche i gram negativi
(aventi una parete più sottile) assumendo un colore rosso. I gram negativi presentano in
più una membrana esterna, formata da proteine, lipidi e presenta due foglietti, uno interno di
natura fosfolipidica ed uno esterno, arricchito di una molecola lipopolisaccaridica ripetuta,
il cosiddetto LPS (o lipopolisaccaride), noto anche come endotossina, importante nei
meccanismi d’azione patogena di tali batteri; un esempio è il botulino causato da
“clostridium botulinum”, di cui non ci si ammala semplicemente se viene ingerito un
“cucchiaio” di questi batteri poiché in molti agenti eziologici non è importante il numero di
germi ma l’evento morboso si scatena in seguito alla produzione di sostanze tossiche, e
nel caso del botulino viene prodotta la tossina botulinica; si può contrarre il botulino
quando si fa uso di conserve fatte in casa perché tale clostridio è uno sporigeno e in
condizione di anaerobiosi passa allo stato vegetativo, non solo ma a temperatura ottimale
(circa 25 gradi) comincia a produrre la tossina e quindi ingerendo l’alimento ci si può
ammalare, invece, se si ingerisce un cucchiaio di botulino non si rimane infettati perché il
germe arrivando nell’intestino non sarà in grado di produrre la tossina a causa della
temperatura corporea che è di 37 gradi ed esso è attivo a 25 gradi. La permeabilità degli
involucri dei gram negativi è maggiore rispetto a quelli dei gram positivi, quindi i gram
negativi crescono più velocemente ma subiscono maggiormente l’effetto dei disinfettanti
(per disinfezione s’intende l’eliminazione solo di specie unicellulari patogene, invece, la
sterilizzazione è l’eliminazione di unicellulari e pluricellulari, comprese le spore). I batteri si
riproducono per gemmazione o per scissione binaria, il che significa che il materiale
genetico si duplica fino alla formazione del setto e alla determinazione di due cellule figlie
identiche alla cellula madre. Alcuni batteri vanno incontro ad un processo di sporulazione,
ovvero si formano le spore, questo soprattutto in caso di carenza di nutrienti o in condizioni
ambientali sfavorevoli e risultano essere molto resistenti a raggi UV, congelamento,
elevate temperature e agenti battericidi; una volta che si forma la spora, la cellula entra in
quiescenza (criptobiosi), ossia si ha un blocco delle funzioni metaboliche e rimane tale
anche per decenni fin quando una delle condizioni favorevoli viene ripristinata e si ha il
processo inverso, la germinazione, quindi ritorna allo stato vegetativo; pertanto la spora
non rimarrà mai vitale per sempre poiché si andranno a disgregare le strutture che
costituiscono la spora, quindi automaticamente va incontro a germinazione. Una spora ha
origine dalla cellula madre, definita sporangio; sono batteri sporigeni “clostridium
botulinum”, “clostridium tetani” (la causa della malattia, il tetano, è una neurotossina; tale
saprofita generalmente alberga nell’intestino dei cavalli; spesso ci si può infettare in caso
di ferite profonde e si può ovviare al problema con l’antitetanica; però occorre sapere che
il vaccino è una prevenzione e può durare per tutta la vita, mentre il siero è un insieme di
anticorpi contro una particolare tossina e crea un’immunità che dura un periodo più breve;
si distinguono il siero terapeutico che viene usato quando ci si ferisce, e il siero profilattico
che è usato per prevenire), “clostridium perfringens”, “bacillus cereus”, “bacillus anthracis”.
In base alla posizione che la spora assume nella cellula si distinguono: battridio, clostridio e
plettridio; una spora non può essere osservata al microscopio perché non si colora ed ha
una corteccia fatta di acido dipicolinico e atomi di ione calcio; internamente una spora è
costituita da citoplasma, materiale nucleare, un abbozzo di membrana citoplasmatica e poi
seguono una serie di involucri, ovvero una corteccia, una membrana esterna ed una
interna, e infine l’esosporio; quest’ultimo a temperature di 60-80 gradi inizia a
destabilizzarsi, inducendo così la germinazione. Le spore possono essere eliminate solo
attraverso la sterilizzazione, la quale può essere a calore umido (121 gradi per 15-20
minuti) o a calore secco (160 gradi per 2 ore); il rapporto tra gradi e tempo, soprattutto nel
caso dell’autoclave (calore umido) sta nel fatto che l’acqua è un buon conduttore a
differenza dell’aria.
I virus non sono cellule, sono meglio conosciuti come parassiti, non hanno vita autonoma
e quindi ha necessità di sfruttare una cellula ospite; è di piccole dimensioni, dell’ordine dei
nanometri, quindi visibile solo al microscopio elettronico; possono essere o a DNA o a
RNA. Il virus è stato scoperto da un ricercatore olandese che stava studiando una
particolare malattia nella pianta di tabacco; egli estrasse del liquido dalla pianta infetta, lo
filtrò e fece in modo che quest’estratto venisse assorbito da una pianta sana, la quale si
ammalava, quindi ipotizzò che tale malattia non era causata da un batterio perché
altrimenti sarebbe stata trattenuta dal filtro, ma era dovuta ad un agente eziologico di
dimensioni più piccole e da qui il virus. Strutturalmente un virus è dotato di un capside che
accoglie il materiale genetico ed è formato da monomeri proteici che possono formare
intorno all’acido nucleico una struttura elicoidale oppure icosaedrica; inoltre si distinguono
un core che rappresenta il materiale nucleare e in alcuni vi è anche un ulteriore strato
esterno definito envelop, una membrana che il virus si trascina dietro dal momento in cui
fuoriesce dalla cellula ospite, la quale lisa; tale strato è importante perché va a
condizionare la colonizzazione di un’altra cellula ospite, infatti, i virus non dotati di envelop
penetrano nella cellula ospite e il capside viene idrolizzato dagli enzimi idrolitici dell’ospite
stesso e quindi nella cellula viene inoculato solo l’acido nucleico; invece nei virus che
hanno l’envelop la “decapsidazione” avviene nella cellula ospite permettendo la fusione
con la membrana di quest’ultima e quindi si ha la penetrazione del capside con il core (il
capside è idrolizzato dagli enzimi presenti all’interno della cellula e non sulla superficie
esterna). Sono esempi di virus veicolati dall’aria quello dell’influenza, del raffreddore; altri
virus come quelli erpetici sono in grado di rimanere silenti per un lungo periodo
nell’organismo ospite e poi quando si ripristinano delle condizioni rivengono fuori, tipo
l’herpes labiale; in alcuni casi c’è anche un virus che può colonizzare determinate cellule
che poi degenerano in cellule tumorali, ad esempio il “papilloma virus” che colonizza le
cellule della cervice uterina, divenendo cancro.
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