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La cultura in sociologia

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ESONERO SOCIOLOGIA DEI PROCESSI CULTURALI 7/11 – libro Sciolla:
Capitolo uno  La cultura:
La cultura è un termine familiare e contiene diversi significati all’interno del linguaggio
comune:
-
Cultura  un attributo della persona colta, che ha cioè seguito un percorso più o meno
lungo di formazione ed educazione individuale;
Cultura  insieme di costumi, procedimenti tecnici e tradizioni ( cultura regionale )
I due concetti sono tra loro in contraddizione, perché la cultura, come elevazione culturale
e dello spirito, non tiene conto dei costumi singolari, locali, condizionati dal contesto storico
e ambientale, in quanto ha pretese universali e vale per l’essere umano in generale.
Allo stesso modo ci si può riferire a culture nazionali oppure con un procedimento
restrittivo, parlare di cultura operaia, di cultura giovanile oppure di cultura afroamericana
(subculture) , guardando ai comportamenti, sili di vita, ai valori specifici di gruppi particolari
all’interno della medesima società.
I diversi significati che si ritrovano nel linguaggio comune, sono il risultato di un lungo
processo storico in cui il termine “cultura” è stato elaborato, subendo cambiamenti di
significato come risposta alle nuove esigenze ed eventi della realtà sociale.
Il concetto di cultura rivela la storia culturale della società occidentale, ed è uno strumento
che nasce in stretta relazione con l’esperienza e con il linguaggio, all’interno di un dato
contesto storico-sociale, con il compito di riuscire a farci comprendere qualcosa di noi e
degli altri.
I due usi del linguaggio comune attuale si riferiscono a due concezioni della cultura che si
sono affermate nel corso del tempo: concezione umanistica o classica e concezione
antropologica o moderna.
Passaggio dalla concezione classica a quella moderna:
Cultura  dal latino, colere (coltivare)  usata dai romani per indicare il lavoro della terra
 utilizzata in senso metaforico da Cicerone ed Orazio per sostenere che con l’educazione
e la filosofia si può agire sull’animo umano educandolo, raffinandolo, trasformandolo da
incolto a colto, ( =così come si fa con i campi, che attraverso il lavoro e la cura, da sterili
diventano fruttuosi). È in questo senso figurato che il termine cultura ha contribuito a formare
la concezione umanistica (humanitas), la quale si diffonde nel XVIII ed arriva fino
all’Illuminismo.
Seguendo l’evoluzione della parola in francese, si evidenzia come l’idea di cultura rispecchia
l’universalismo e l’umanesimo dei filosofi francesi; essa appartiene all’umanità ed è
associata all’idea di progresso e alla fiducia che l’educazione possa migliorare e raffinare
l’animo umano.
In Francia  cultura come civilization  concetto illuminista francese della borghesia
(concezione umanistica).
Nell’800 ancora alcuni intellettuali seguono l’ideale classico, come il letterato inglese
Matthew Arnold  “quanto di meglio è stato pensato e conosciuto (nell’arte, nella
letteratura, nella filosofia”  secondo cui la cultura è un mezzo per rendere più umana la
realtà minacciata dagli effetti negativi dell’industrializzazione  per curare gli aspetti
negativi di essa  propone una terapia basata sull’ideale greco della cura e il
perfezionamento dell’uomo (cultura  tensione verso la perfezione  concezione che
diventa l’essenza della cultura alta).
Col tempo la “cultura alta” comincia ad essere usata in opposizione alla “cultura popolare”,
che sta ad indicare le manifestazioni e le pratiche culturali delle classi sociali meno
privilegiate.
Durante il romanticismo (‘700), alcuni pensatori tedeschi hanno contrapposto
all’universalismo dei Lumi, la particolarità e la varietà della cultura di ogni singolo popolo.
Herder (1774), nella sua polemica contro il razionalismo illuministico, afferma la diversità
tra le culture  sono diverse da popolo a popolo  cultura come spirito di un popolo 
classe media tedesca esalta la peculiarità del suo Paese. Quest’idea di cultura ha favorito
lo sviluppo dei nazionalismi.
Cultura = insieme omogeneo di tradizioni, disposizioni morali e conquiste intellettuali, che
esprimono l’essenza di un determinato popolo (concezione antropologica).
Cultura/Civilizzazione:
Il termine tedesco “kultur” attribuisce importanza alle differenze nazionali e alla particolarità
di ciascuna cultura  si contrappone al termine al termine francese “civilization” del periodo
illuminista, il quale indica una concezione umanistica, universale di cultura.
Norbert Elias, in un’opera pubblicata nel 1936, descrive l’origine sociale della
contrapposizione tra il termine tedesco kultur e quello di civiltà/civilizzazione  spiega
l’evoluzione del significato della nozione di cultura in Germania con il fatto che essa fu
adottata dalla borghesia intellettuale tedesca nella sua opposizione all’aristocrazia di corte.
Gli intellettuali del ceto, esclusi dal potere e dall’attività politica, hanno dato così al concetto
di cultura quei caratteri di autenticità e profondità legati ai valori e alle prestazioni spirituali,
scientifiche e artistiche che costituivano la loro legittimazione specifica di ceto sociale.
Cultura antropologica:
La cultura antropologica si afferma completamente alla fine dell’800, quando inizia ad
imporsi la scienza antropologica.
In particolar modo, il concetto scientifico di cultura, le cui radici risalgono al romanticismo
tedesco della fine del 700, ha inizio quando (tra 800 e 900  periodo di viaggi e conquiste
coloniali) le varie scienze sociali si diffondono e creano un nuovo modo di guardare all’uomo
e alla società; ciò che caratterizza la nuova idea di cultura è la diversità dei costumi e
delle abitudini. La cultura, di conseguenza, non si applica più all’individuo, ma riguarda una
collettività, né rappresenta più un ideale normativo, ma il suo significato diviene descrittivo.
Prima definizione scientifica del concetto di cultura come antropologica  Tylor (1871) =
all’insieme complesso che include sapere, credenze, tradizioni, arte, morale, ... e ogni altra
competenza o abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro di una società.
Dal pensiero di Tylor, si riconosce l’esistenza di una cultura primitiva, ignorata
dall’Illuminismo. Per lui il problema era quello di rendere comprensibili fenomeni nuovi che,
agli occhi degli occidentali civilizzati dell’epoca, potevano sembrare comportamenti
irrazionali e credenze ingenue. Da questa prima definizione tayloriana, di tipo descrittivo, si
possono individuare alcune componenti della cultura e alcuni suoi caratteri fondamentali.
La definizione comprende tre componenti principali:
- la cultura come ciò che l’uomo pensa (in base alla nostra cultura noi pensiamo, pensando
esprimiamo giudizi, ma pensiamo solo grazie alla cultura a cui apparteniamo). La religione,
la morale e il diritto ovvero complessi di norme e di credenze esplicite. L’antropologia
riconosce, dunque, che la cultura è appresa.
- la cultura come ciò che l’uomo fa (le sue abitudini). I costumi e le abitudini acquisite
dall’essere umano in quanto membro di una data comunità.
- la cultura come ciò che l’uomo produce (Marx diceva che l’uomo era in grado di trasformare
la natura per produrre), ovvero il prodotto dell’azione. Gli artefatti, ossia I prodotti oggettivati
del lavoro umano (oggetti di culto e di uso quotidiano, non solo opere d’arte).
Definizione di Arnold  prescrittiva, in quanto dà giudizio  rinvio all’esperienza accumulata
nel tempo, un pensare che porta ad un fare
Definizione Tylor  descrittiva, poiché non giudica ma si limita a descrivere  rinvio
all’esperienza nel concetto di abitudine
La cultura presenta tre caratteri principali:
-La cultura è appresa Tutto ciò che non riguarda la dimensione biologica dell’esistenza
umana (che non è un bisogno biologico) appartiene alla cultura. Non è il bisogno di nutrirsi
o di coprirsi che costituisce la cultura ma il modo in cui i popoli diversi soddisfano tali bisogni
(la cultura non è riducibile all’eredità biologica ma è il risultato di un lungo e complesso
processo di apprendimento sociale)  risulta essere qualcosa di umano, che lo distingue
dagli altri animali (uomo  animale culturale  acquisisce la cultura  ne ha bisogno per
dare senso alla realtà).
All’inizio gli studiosi ritengono che la cultura sia un fatto esclusivamente e specificatamente
umano e propongono una distinzione tra natura e cultura (necessaria per distinguere l’uomo
dagli animali per quanto riguarda la variabilità dei suoi costumi)  recentemente alcuni
antropologi hanno spostato la linea di demarcazione cultura/natura individuandola non nella
capacità di apprendere, ma nella specifica capacità di apprendere a livello simbolico =
solo gli esseri umani hanno la capacità di utilizzare una comunicazione simbolica, un
linguaggio che produce un significato anche in assenza del referente (*Geertz,
antropologo).
Definizione di cultura di *Geertz  “Insieme di significati incarnati in simboli che vengono
ereditati e trasmetti” = l’essere umano è un essere simbolico, in quanto non ha un rapporto
immediato con la realtà, ma è mediato dai simboli. La cultura fa da intermediario tra l’uomo
e il mondo. L’uomo ha la capacità di riflettere sul mondo, oltre che osservarlo, ed è anche
autoriflessivo, in quanto riflette su sé stesso  questo nostro interrogarci sul mondo non
sarebbe possibile senza la cultura, che ci fornisce i concetti e i linguaggi tramite il quale
riusciamo a formulare pensieri.
Esiste una dimensione simbolica dell’agire individuale, cioè l’agire sociale = l’agire sociale
nasconde un agire simbolico  rapporto cultura/società. Prima di Geertz la cultura era
qualcosa che corrispondeva alla società, cioè un sistema esterno all’uomo coerente con la
totalità. I sociologi mettono in discussione ciò: affermano che la società è una realtà su più
livelli, un insieme di interazioni faccia a faccia che possono produrre nel tempo istituzioni
(modelli di comportamento)  società insieme di interazioni sociali tra uomini e insieme
delle istituzioni prodotte da queste interazioni.
Geertz si oppone all’antropologia precedente = cultura non ente astratto esterno all’uomo
(critica Taylor)  prima si pensava che un segno avesse solo un significato; con il tempo è
mutato il modo di concepire i significati.
Ma anche questa distinzione sul piano della capacità simbolica è stata contrastata dalla tesi
di Levi-Strauss, secondo cui la differenza tra noi e gli animali non sia di qualità, ma di
complessità e di grado di organizzazione.
-La cultura è un tutto integrato  rappresenta la totalità dell’ambiente sociale e fisico
che è opera dell’uomo. Nel concetto di cultura rientra tutto ciò che l’uomo apprende e crea
insieme ai membri della propria comunità (istituzioni come la famiglia o il sistema
economico), andando così a coincidere anche con il concetto di società.
-Cultura come condivisione  un fenomeno debba essere condiviso da un gruppo per
poter essere definito culturale  cultura sia uniformemente distribuita all’interno della
società.
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