Scrivi un commento sull’articolo di Nadia Urbinati Quei popoli senza Stato In un’era come la nostra in cui tutto è influenzato dai mass-media, in cui le masse sono convinte nella loro democratica vita di avere una parola decisiva sull’andamento di piccoli problemi ingigantiti dai grandi leader e dai loro portavoce, che intanto mascherano patti e alleanze oscure sotto il ringhio di conflitti che sembrano eterni, in cui le notizie sono nei top per qualche giorno ma poi passano di moda, perdono il loro fascino, devono essere sostituite da altre più accattivanti, perché si deve vendere, in un’era come la nostra un conflitto di origini secolari, attuale come quello dei curdi sembra essere visto quasi come una notizia di periferia: ci si concentra poco umanamente non tanto sulla risoluzione, su una modalità efficace di migliorare la situazione della popolazione curda, in questo stesso attimo sofferente e distrutta dalla guerra in corso, quanto sulla riflessione circa aspetti politici in questo momento di poco conto, se non per fare da velo al vero fulcro della situazione: un popolo, quello dei curdi, che rischia di essere eliminato davanti agli occhi di tutti gli Stati moderni che, uniti in chissà quante organizzazioni e unioni, a partire dall’ONU fino all’UE e altre, si limitano ad osservare e a parlare (e in alcuni casi anche a istigare quando una parte, quando l’altra per i propri vantaggi economici e politici...). Insomma, i Paesi moderni tendono a giocare le proprie carte sulle spese degli altri Stati, di cui se ne sono approfittati non poco in passato, violando apertamente “il diritto di avere diritti” di ogni essere che è nato su questa Terra. Perché nel momento in cui un essere vive, per il semplice fatto di esistere, ha il diritto di avere diritti, di avere un luogo dove vivere, le condizioni necessarie per farlo nel migliore dei modi. Ma ci sarà sempre quel momento in cui un altro essere, nella propria prepotenza e arroganza, si riterrà superiore; e allora comincerà a deriderlo, a minimizzarlo, ad accantonarlo e a discriminarlo, calpesterà il suo animo, i suoi sogni, proverà ad annullarlo come essere; e in casi estremi questa forma di attacco astratto, comportamentale, assumerà un’altra forma, materiale: il prepotente vorrà quindi prendere con furbizia o violenza ciò in possesso del primo, andrà volutamente contro la sua libertà, contro i suoi diritti e il suo diritto universale ad avere diritti, tenterà di sopprimerlo, non sempre con successo, ma ci proverà comunque. E il problema di tutto ciò sta nel fare confusione, nel confondere e sovrapporre due termini come politico e umano. Essere politico significa essere umano (proprio dal punto di vista di essere umano, non sempre dal punto di vista morale che dovrebbe però essere presente in ogni un umano), ma essere umano non vuol dire essere politico. Essere umano vuol dire vivere in una collettività, vivere in una collettività non vuol dire essere politico. Perché: umano agg. [dal lat. humanus, der. di homo «uomo»]. – 1. Dell’uomo, che è proprio degli uomini (in quanto distinti rispetto agli altri esseri animati o inanimati). polìtica s. f. [femm. sostantivato dell’agg. politico (sottint. arte); cfr. gr. πολιτική (τέχνη)]. – 1. a. La scienza e l’arte di governare, cioè la teoria e la pratica che hanno per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica. Umano e politico NON sono sinonimi. Usarli come tali porta a una manipolazione e alla conseguente distruzione della società stessa. Dire che essere umano vuol dire essere politico significa offrire su una tavolozza d’argento quel potere quanto basta alla politica, quella scienza che si è presa il potere di dichiarare pace e guerra, di invadere anche quelli aspetti umani della collettività come i diritti che devono rimanere puri, non violati da concetti tanto ipocriti, variabili e astratti come quelli della politica. I diritti sono diritti umani, a prescindere dalla lingua che si parla, dalle fedi professate, dal territorio che si abita, e la politica non ha il diritto di intromettersene, perché la politica ha il solo dovere di dirigere e basta. Altrimenti diventa mafia, altrimenti diventa abuso, altrimenti diventa violazione dei diritti e può assai facilmente tramutare in conflitto, di qualsiasi tipo esso sia. Tutti pretendiamo di essere umani, ma ai nostri tempi l’umanità non è altro che una parola che ha perso il suo significato, il suo senso, il suo potere. Umano è solo quello in grado di accettare e rispettare il diritto altrui a una casa, al pezzo di terra che gli spetta dalla nascita, al pezzo di pane con cui è venuto al mondo. Altrimenti umano non è. FONTI: • Quei popoli senza Stato di Nadia Urbinati • http://www.treccani.it/vocabolario/ Roma, 21/10/2019 Isabella Tokos, III A