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CAPITOLO 1 - La nascita della Terra

CAPITOLO 1
LA NASCITA DELLA TERRA
INDICE
CAPITOLO 1
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- Storia della Terra……………………………………. “
- Prima della Terra……………………………………. “
- Nascita del Sistema Solare………………………… “
- Nasce la Terra……………………………………….. “
- La sfera di fuoco…………………………………….. “
- Struttura interna della Terra………………………… “
- Crosta continentale ed Oceanica…………………. “
- L’Origine dei pianeti………………………………... “
- Genesi del pianeta Terra……………………………. “
- Il diluvio forma gli oceani………………………….. “
- Sorgono le montagne……………………………….. “
- La marcia dei ghiacciai……………………………... “
- Le Meteoriti………………………………………… “
003
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023
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025
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042
044
STORIA DELLA TERRA
Nel corso degli ultimi due secoli gli scienziati hanno studiato attentamente le
rocce della Terra e recuperato i resti fossili di piante ed animali grazie ai quali
hanno potuto ricostruire la storia del nostro pianeta. La terra iniziò la sua
esistenza nel Sistema Solare circa 4560 milioni di anni fa, quando era un corpo
roccioso dalla temperatura elevatissima. Le prime forme di vita comparvero
circa 4000 milioni di anni fa negli oceani, e da allora hanno continuato a
diffondersi e a diversificarsi in un processo evolutivo tutt’altro che lineare.
Anche gli ambienti naturali hanno subito continui mutamenti indotti dall’attività
vulcanica, dall’impatto di meteoriti e da cambiamenti climatici dagli effetti
talora catastrofici.
La storia evolutiva della Terra è insomma ricchissima di eventi e tale
continuerà ad essere anche in futuro.
IL PASSATO
I geologi ricostruiscono la lunga storia della Terra ed il suo rapporto con
l’evoluzione ancora più lunga dell’Universo mediante dati provenienti da fonti
diverse.
Preziose informazioni sulle prime fasi evolutive del nostro pianeta sono fornite
da fonti extra-terrestri, come i meteoriti ed altri corpi che appartengono al
Sistema Solare
L’analisi della rocce, dei minerali e dei fossili rinvenuti in superficie mettono
invece a disposizione dati sulla crosta terrestre e permettono di effettuare
ipotesi circa la natura degli strati più profondi, ma forniscono anche
informazioni sui mutamenti climatici e atmosferici, gli eventi geologici ( per
esempio i movimenti delle placche tettoniche ) e l’evoluzione della vita sul
pianeta.
TEMPO GEOLOGICO
L’Universo si formò circa 13-14 miliardi di anni fa, mentre la storia della Terra
corrisponde agli ultimi 4550 milioni di anni. Per fissare dei precisi riferimenti in
un arco temporale tanto vasto, i geologi hanno suddiviso la storia della Terra in
intervalli di durata variabile organizzati gerarchicamente. Gli intervalli maggiori
sono detti “ eoni “ e contano molte centinaia di milioni di anni. L’eone
fanerozoico corrisponde all’arco di tempo che va da 543 milioni di anni fa sino
ai giorni nostri e comprende tre ere, individuate sulla base di eventi importanti
nella storia della vita. Le ere sono a loro volta suddivise in periodi ed i periodi
in epoche.
Le suddivisioni fra i vari periodi sono ancora oggetto di dibattito e si basano in
gran parte sui dati forniti dalle testimonianze fossili.
Il confronto fra gli strati di roccia osservati in parti diverse del pianeta risulta
tuttavia obbiettivamente difficile, in quanto i sedimenti originari si sono
depositati in ambienti e condizioni climatiche diversi e possono quindi
contenere fossili di tipo differente, pur risalendo al medesimo periodo
geologico.
STRATIGRAFIA
Spesso le rocce risultano formate da una successione di strati depositatisi gli
uni sugli altri per processi naturali, con quelli più giovani in alto e i più antichi
in basso.
Confrontando gli strati rinvenuti nelle diverse regioni del mondo, in base al tipo
di roccia ed ai fossili che vi sono contenuti ( correlazione stratigrafica ), i
geologi hanno messo a punto la cosiddetta “ colonna stratigrafica”, una
stratificazione che rappresenta l’intera storia della Terra.
Il processo è reso complesso dalle discordanze dovute ai movimenti tettonici e
ad episodi di mancata sedimentazione.
FOSSILI
I fossili sono i resti di antichi organismi viventi che si sono conservati
all’interno degli strati rocciosi. Variabili per dimensioni (dai granelli di polline
agli scheletri dei giganteschi dinosauri o balene), a seconda del tipo di
testimonianza che rappresentano si dividono in tracce (orme,piste e gallerie),
resti di biomolecole e corpi inalterati (per esempio: gli insetti conservati
nell’ambra).
I processi di conservazione comportano, quasi sempre, gravi perdite di
informazioni circa gli organismi.
Grazie alle testimonianze fossili sappiamo comunque che la vita iniziò nei mari
3800 milioni di anno or sono e che a partire da circa 543 milioni di anni fa si
diversificò in forme che colonizzarono, in successione, le terre emerse, le
acque dolci e l’aria.
I fossili in assoluto più numerosi sono quelli di organismi marini dotati di
conchiglia o di altre parti dure, ma lo studio dei processi di seppellimento e
fossilizzazione ha permesso di individuare fossili più rari nei quali si sono
conservate anche parti molli.
Gli eccezionali fossili del Cambiano rinvenuti a Burgess, nel Canada
occidentale, che prendono il nome di “ Fauna di Burgess”, offrono importanti
elementi per comprendere la biodiversità del lontano passato e la sua biologia.
SITO DELLA FAUNA DI BURGESS
PRIMA DELLA TERRA
Per comprendere le origini della Terra dobbiamo
risalire all’origine dell’Universo.
Secondo la teoria del Big Bang essa si colloca fra 13
e 14 miliardi di anni fa e corrisponde all’inizio della
materia, del tempo, dello spazio e dell’energia.
L’Universo iniziale era una sorta di atomo di
temperatura e densità infinite che dall’esplosione
iniziale non ha mai cessato di espandersi e
raffreddarsi. Un nanosecondo (un miliardesimo di
secondo) dopo misurava già centinaia di milioni di
chilometri di diametro ed aveva una temperatura di
decine di trilioni di gradi Kelvin.
FORMAZIONE DELLE PARTICELLE
A questo stadio l’Universo era un “brodo”
di particelle subatomiche derivate
dall’energia e di un vastissimo numero di
fotoni (quanti di energia elettromagnetica).
Fra le particelle più numerose vi erano
elettroni e quark, ma anche molti altri tipi
che oggi non esistono più. Benché ricco
di elettroni, l’Universo primordiale non
conteneva protoni e neutroni, ovvero le
altre particelle costituenti gli atomi. Bastò
tuttavia un solo microsecondo (un
milionesimo di secondo) perché si
raffreddasse a sufficienza da permettere la
combinazione di due diversi tipi di quark e
la conseguente formazione di grandi
quantità di protoni e neutroni
I protoni erano in gran parte destinati a
diventare i nuclei degli atomi di
idrogeno ma, a partire da un secondo
circa dopo il Big Bang, dalla collisione
fra protoni e neutroni iniziarono a
formarsi i nuclei di altri elementi
leggeri: elio e minuscole quantità di
litio e berillio. Questo processo che
prende il nome di “nucleosintesi del
Big Bang”, si completò nell’arco di soli
tre minuti e portò alla formazione del
98% degli atomi di elio che sono
attualmente presenti nell’Universo.
Produsse inoltre l’esaurimento di tutti i
neutroni.
Per alcune centinaia di migliaia di anni,
l’Universo continuò il suo percorso di
espansione e raffreddamento, ma era
ancora troppo carico di energia per
consentire la formazione degli atomi. Pur
avvicinandosi momentaneamente,
elettroni e nuclei atomici venivano
immediatamente separati dai fotoni,
anch’essi coinvolti in un processo di
continua collisione con le particelle. Alla
fine, dopo 300.000 anni, quando la
temperatura era scesa a circa 3000 °K, i
protoni e altri nuclei atomici iniziarono a
catturare permanentemente gli elettroni
formando così i primi atomi,
principalmente di idrogeno ed elio. Nello
stesso tempo furono liberati i fotoni che si
spostarono liberamente in ogni direzione.
In questa fase evolutiva l’Universo divenne trasparente poiché l’iniziale
“nebbia” formata dalle particelle e dall’energia si era ormai dissolta.
SI FORMANO LE GALASSIE
A questo punto gli atomi di gas iniziarono a condensare sotto l’azione
della forza di gravità. Per centinaia di milioni di anni si formarono nubi
gassose di idrogeno ed elio che si espandevano in sottili strisce. Circa
13.000 milioni di anni fa (o 500 milioni di anni dopo il Big Bang) le
strisce iniziarono ad aggregarsi dando origine alle prime galassie.
L’ulteriore concentrazione della materia nell’ambito delle galassie
portò alla formazione delle prime stelle. Queste iniziarono a produrre
energia (ovvero luce e calore) quando i nuclei di idrogeno al loro
interno presero a fondersi formando l’elio.
SI FORMANO LE GALASSIE
A questo punto gli atomi di gas iniziarono a condensare sotto l’azione
della forza di gravità. Per centinaia di milioni di anni si formarono nubi
gassose di idrogeno ed elio che si espandevano in sottili strisce. Circa
13.000 milioni di anni fa (o 500 milioni di anni dopo il Big Bang) le
strisce iniziarono ad aggregarsi dando origine alle prime galassie.
L’ulteriore concentrazione della materia nell’ambito delle galassie
portò alla formazione delle prime stelle. Queste iniziarono a produrre
energia (ovvero luce e calore) quando i nuclei di idrogeno al loro
interno presero a fondersi formando l’elio.
NASCITA DEL SISTEMA SOLARE
Non conosciamo con esattezza l’età della Via Lattea, la nostra galassia, ma
sappiamo che probabilmente si formò tra 110 e 11 miliardi di anni fa. Al suo interno
circa 4560 milioni di anni fa iniziò a condensarsi la nebulosa (ammasso di gas e
polveri) dalla quale prese origine il Sistema Solare. In questa nebulosa la materia si
concentrò in una regione centrale più densa (il Protesole) e in regioni periferiche più
diffuse. La nebulosa finì con l’assumere la forma di un disco rotante su se stesso,
che prende il nome di “disco protoplanetario”, all’interno del quale polveri e ghiaccio
entrano in collisione in modo casuale formando particelle più grandi. La materia viene
attratta verso l’interno del disco per gravità, e le temperature vi aumentarono al punto
che l’idrogeno si fuse formando elio. Nacque così la nostra stella, il Sole.
In altre regioni del disco la materia era costituita prevalentemente da particelle
solide.
Nelle regioni più vicine al Sole ebbero la prevalenza i materiali rocciosi, mentre nelle
regioni più distanti e fredde si formarono in prevalenza particelle di ghiaccio.
L’aumento dimensionale delle particelle presenti nell’intero disco ne provocò la
collisione per gravità. Questo processo definito accrescimento, portò alla formazione
di corpi sempre più grandi che prendono il nome di “planetesimali”. Si tratta di corpi
delle dimensioni di grandi massi composte da sole rocce oppure di rocce e ghiaccio.
Oltre a luce e calore, il Sole, formatosi da poco, emetteva un flusso di particelle
energetiche che viene definito “vento solare”. Il vento solare provocò lo spostamento
progressivo dei gas volatili dalle regioni interne alle regioni periferiche del disco. Molti
planetesimali entrarono in collisione reciproca formando i quattro pianeti rocciosi
interni ma anche il nucleo dei pianeti esterni, intorno al quale si raccolsero i gas
volatili.
Non tutti i planetesimali confluirono nei pianeti. Alcuni “residui” gravitano ancor oggi
nel Sistema Solare in forma di asteroidi o di comete. Gli asteroidi orbitano, per la
maggior parte, in una fascia collocata fra i pianeti Marte e Giove, ma alcuni seguono
l’orbita di Giove, mentre altri seguono percorsi che intercettano l’orbita terrestre. Le
comete presero origine dai planetesimali ricchi di ghiaccio situati alla periferia del
disco.
NASCE LA TERRA
Grazie alla tecnologia raggiunta sino ad oggi, gli studiosi sono in grado di dirci,
con una buona approssimazione, quello che è successo nella genesi
dell’universo ed in particolare sulla nascita della Terra. La nostra Terra ha da
sempre affascinato l’uomo che ha avuto il coraggio di cercare di capire non
soltanto la realtà della sua bellezza apparente, ma fondamentalmente i tanti
misteri che avvolgono il nostro pianeta.
Facciamo pertanto un passo indietro per vedere, a grandi linee, il percorso
delle sue conquiste nella conoscenza e nell’analisi dei misteri della Terra.
Prigioniero delle città d’asfalto, dominato dagli impulsi e dalle proprie
necessità, l’uomo di solito ignora il sistema che regola il mondo in cui vive.
Soltanto in rari momenti, quando si trova di fronte allo spettacolo del cielo
stellato, di fronte alla vastità del mare, o sotto il chiaro di luna che illumina il
paesaggio sottostante, egli si ferma a contemplare l’universo che lo circonda e
se ne maraviglia.
Meravigliarsi fa parte della sua stessa natura. Fu, forse, in cima ad una collina
primordiale, quasi mezzo milione di anni or sono, che il primo uomo rivolse gli
occhi al cielo e si meravigliò. In quel momento, egli andò al di là di se stesso, si
distaccò da tutti gli altri animali viventi. In quel momento era nato lo spirito di
ricerca dell’Uomo, la scintilla iniziale della sua filosofia, della religione, della
scienza. I suoi primi disegni, lasciati sulle pareti rocciose delle caverne,
rivelano ciò che egli conosceva del mistero dell’esistenza. In ciò che la natura
aveva di regolare (l’alternarsi del giorno e della notte, delle stagioni) ed in ciò
che aveva di irregolare (le improvvise tempeste, le eruzioni dei vulcani,lo
scorrere delle acque nei fiumi) vedeva la volontà di esseri soprannaturali.
Soltanto ieri (poiché i secoli di storia da noi conosciuti sono lo ieri, paragonati
a mezzo milione d’anni) l’Uomo è entrato in possesso della chiave capace di
aprirgli i segreti del mondo. Questa chiave è rappresentata dal concetto di
casualità, che gli ha suggerito di cercare la spiegazione dei fenomeni naturali
nelle cause naturali.
Oggi sembra impossibile che l’uomo sia riuscito a penetrare al di là delle
apparenze del mondo visibile. Ai suoi occhi la Terra si mostrava piatta. Il
suolo sul quale camminava sembrava fermo. In che modo riuscì ad
immaginare se stesso avvinghiato alla superficie di una sfera che gira
intorno al Sole alla velocità di circa 33Km. al secondo e procede nello
spazio, ai limiti della Via Lattea, ad una velocità di circa 275 Km. al
secondo, scivolando, tuffandosi tra le stelle, e compiendo altri complessi ed
eccentrici movimenti?
L’Uomo non ha potuto fare altro che congetture, in ogni epoca. Gli antichi
egizi immaginavano l’Universo come una enorme stanza: la terra ne era il
pavimento, il cielo il soffitto, sostenuto da quatti grandi colonne e
tappezzato di notte, per opera degli Dei, dalle lampade delle stelle.
Durante la meravigliosa fioritura della civiltà greca alcuni uomini di grande
ingegno si avvicinarono, in qualche modo, a molte delle risposte esatte.
Pitagora, vissuto intorno al 530 a.C., affermò che la Terra è una sfera.
Aristarco di Samo (310-230°a.C.) sostenne che essa g ira intorno al Sole.
Eratostene, direttore della biblioteca di Alessandria (276-195 a.C.), ne
calcolò la circonferenza con un errore di soli 360 Km.
Ma per ironia della storia queste scoperte sono rimaste misconosciute
durante 15 secoli di guerre e di altre cose futili. Bisognò infatti attendere la
grande età di Copernico, di Galileo e di Newton perché la scienza
cominciasse a riscoprire le antiche verità e ad accettare l’umiltà della nostra
situazione nell’Universo.
Tuttavia, con la consapevolezza dei nostri limiti, abbiamo acquistato anche
la convinzione di trovarci in una situazione unica. La nostra Terra appare,
sotto molti aspetti, del tutto singolare. Gli elementi solidi, di cui è composta,
sono rari. Infatti il 99% di tutta la materia dell’Universo è costituito dai due
elementi più leggeri, l’idrogeno e l’elio. Tutti gli altri elementi messi assieme
formano solo l’1% dell’intera sostanza.
Poiché la temperatura cosmica va da alcuni milioni di gradi centigradi
dell’interno delle stelle allo zero assoluto (.273°C.) degli spazi siderali, è
logico pensare che l’Universo materiale sia composto quasi interamente di
gas altamente ionizzati ed allo stato instabile. Solo in poche zone temperate
dello spazio, come la nostra orbita, la materia può liquefarsi in modo da
formare cose rare come l’acqua, gli animali e le piante.
Appunto per l’apparente singolarità e solitudine del nostro pianeta in un
universo ostile sorgono le domande più profonde: come fu creata la Terra?
Quando cominciò la sua vita? Qual è il suo destino?
Il concetto di un universo che esiste per caso e che non abbia un’origine né
un destino non può essere accettato dall’Uomo, che vive nella dimensione
del tempo. L’Uomo ha sempre postulato una creazione e la Genesi ne parla
con accenti universali nella sua frase iniziale:” Nel principio Iddio creò il
Cielo e la Terra. E la Terra era una cosa deserta e vuota, e le tenebre erano
sopra la faccia dell’abisso….”.
Nell’affrontare queste domande estreme, la moderna cosmologia penetra in
quello che un tempo fu il regno della religione. Ogni mistero, che la scienza
risolve, rivela l’esistenza di un nuovo mistero al di là di esso.
Egocentrico com’è, l’Uomo ha ritenuto, per gran parte della sua
breve storia, che il proprio pianeta fosse di poco più anziano di lui, e
spesso non ha tenuto abbastanza conto degli indizi che
periodicamente venivano alla luce: resti fossili sulle rocce, forme
definite di vita diverse da quelle contemporanee o stranamente fuori
posto. Nel 450 a.C. Erodono, dalla presenza di scheletri fossilizzati
di pesci rinvenuti nel cuore del deserto del Libano, dedusse
giustamente che un tempo il Mediterraneo doveva estendersi su una
superficie molto più vasta di quella odierna. Duemila anni dopo,
Leonardo da Vinci scoprì analoghi resti anche in Italia e giunse alla
medesima conclusione. Nel 1654 l’arcivescovo irlandese Ussher
annunciò con sicurezza che il suo studio delle Sacre Scritture lo
aveva portato a concludere che la creazione aveva avuto luogo
nell’anno 4004 a,C., il 26 ottobre, alle 9 del mattino. Per più di un
secolo questa data conservò un carattere ufficiale, al punto che
veniva considerata eresia supporre che la Terra fosse nata in un
periodo antecedente. Le scoperte di fossili venivano deprecate
come espedienti del demonio per trarre l’Uomo in inganno e, poiché
esse diventavano sempre più frequenti, si arrivò alla conclusione
che si trattasse dei “resti della razza perita durante il Diluvio”.
All’inizio del secolo XIX pochi pionieri fecero compiere i primi passi a
una nuova scienza: la geologia.
Scavando lungo i fianchi delle colline e nelle vallate dove le correnti
avevano aperto gole profonde, essi portarono alla luce antichi strati
di rocce e non tardarono ad accorgersi che esisteva una relazione
tra i diversi strati ed i fossili in essi contenuti. I resti delle piante e
degli animali erano caratteristici per ciascun livello e differivano da
uno strato all’altro. Così, a poco a poco, seppure in maniera ancora
nebulosa, si incominciò ad intravedere nel tempo secondo un’ampia
prospettiva nella quale prendevano rilievo profondi cambiamenti di
clima, di topografia, di vita. Non si sarebbe potuto spiegare in
maniera diversa la presenza di ossa di balene sulle colline del
Vermount, i depositi marini nelle pianure del Kansas e le tracce di
un’età glaciale in Australia e nel Brasile.
Nel 1858 il lavoro di Darwin, non solo rivelò che la vita terrestre è
stata soggetta a un’evoluzione irreversibile, ma fornì una cronologia
secondo un sistema coerente. Così il calendario dei fossili ha fatto
retrocedere il tempo della creazione di milioni di anni. La lettura
delle rocce restava, tuttavia, un compito molto arduo. La
registrazione del passato, incisa sulla faccia accidentata,
profondamente segnata della Terra, spesso era stata resa incerta o
addirittura cancellata dallo scorrere dei ghiacci, dall’erompere della
lava vulcanica, dall’erosione provocata dalle piogge e dal gelo.
Fu solo con la scoperta della radioattività, avvenuta intorno al 1900,
che l’età della Terra potè essere stabilita con un’approssimativa
precisione. Infatti gli elementi radioattivi come l’Uranio, il Torio e il
Radio, perdono le loro caratteristiche entro periodi fissi, che sono
indipendenti dalla temperatura, dalla pressione e da ogni altra
influenza esterna. Ognuno di questi elementi, in un determinato
periodo di tempo, perde una quantità di atomi definita ed è pertanto
soggetto a una lunga serie di trasformazioni che si svolgono
secondo un ritmo fisso, a noi ben noto, e si concludono con la
trasformazione in atomi di piombo.
Accurate analisi, condotte sulle rocce radioattive in tutte le parti del
mondo, hanno portato a stabilire che le più antiche di esse , situate
nel Sud Africa, risalgono a due miliardi e mezzo di anni or sono.
La conclusione che ne è stata tratta è che la crosta della Terra si
solidificò circa tre miliardi di anni fa.
LA SFERA DI FUOCO
Se alla domanda quando si passa a chiedersi come nacque la
Terra, la scienza si inoltra in acque ancora più profonde. Lo studio
delle origini deve sempre cominciare da una conoscenza dello stato
attuale: ma il paradosso della geofisica è che i più grandi misteri che
essa si trova ad affrontare giacciono proprio sotto i nostri piedi. La
nostra conoscenza del sottosuolo si spinge a pochi chilometri di
profondità: il pozzo più profondo che l’uomo sia riuscito a scavare
nella terra raggiunge al massimo una ventina di chilometri scarsi. E’
questa una delle ragioni per cui la geofisica è attualmente la scienza
meno sicura di se stessa, molto spesso basata su interpretazioni
contrastanti delle testimonianze che vengono alla luce. Non c’è da
stupirsi, perciò, se il concetto che l’uomo s’è fatto del centro della
Terra ha assunto spesso forme fantastiche e paurose.
L’astronomo inglese Valley, avanzò l’ipotesi che la Terra fosse una
gigantesca caverna, abitata da esseri sotterranei. Gli stessi
fenomeni dei vulcani, dei terremoti e dei geyser suggeriscono
immagini spaventose su ciò che avviene al di sotto della superficie
della terra. In tutte le epoche il mondo sotterraneo è stato dipinto
come la destinazione dei dannati e spesso come il dominio assoluto
del fuoco.
• Oggi questa opinione è confermata: l’interno della Terra non è
popolato ma è estremamente caldo.
• Le misurazioni del calore rilevate all’interno delle miniere e gli
scandagli nella crosta terrestre indicano che la temperatura
aumenta di circa 1°C. ogni 33 metri. A poco più di t re chilometri di
profondità si raggiunge il punto di ebollizione dell’acqua e a circa 50
chilometri il punto di fusione delle rocce. E’ a questa profondità che
di solito si formano le lave dei vulcani, le quali prorompono alla
superficie passando attraverso le fessure esistenti negli strati solidi
superiori. Naturalmente l’aumento della temperatura non è
progressivo, a mano a mano che ci si addentra verso il centro della
Terra. Recenti esperienze dimostrano che gran parte del calore
degli strati superiori è prodotto dagli elementi radioattivi, che sono
concentrati in depositi nei pressi della superficie. Verso il centro
della Terra la temperatura si acuisce, fino a raggiungere i 6000°
circa, quasi la temperatura della superficie del Sole.
• Il quadro generale accettato dai geofisici considera il nostro pianeta
composto di tre principali sfere concentriche. La Terra non può
essere formata all’interno dalla stessa specie di rocce che vediamo
alla superficie, poiché in questo caso la sua massa dovrebbe essere
meno della metà di quella accertata.(circa 6.600 milioni di milioni di
milioni di tonnellate). Si è pertanto potuto stabilire che la sua densità
aumenta a mano a mano che si progredisce verso i centro.
Tutte le congetture portano a concludere che il nucleo della Terra sia
costituito da una gigantesca sfera di ferro fuso(probabilmente con l’aggiunta
di nichel e di qualche altro elemento pesante) del diametro di circa 6500
chilometri, ossia all’incirca della grandezza del pianeta Marte. Anche le
proprietà fisiche di questa enorme sfera sono sconosciute, ma si ritiene che
la straordinaria pressione esistente al centro schiacci le molecole fino a
formare un “liquido –solido” ma diverso da qualsiasi altro liquido che
vediamo o che possiamo immaginare.
Intorno a questa sfera centrale si estende l’intelaiatura interna della Terra,
dello spessore di circa 3000 chilometri, che viene definita “il mantello” e
raggiunge quasi la superficie. Ancora una volta, in questo caso, la
sismologia e le altre scienze che studiano la Terra si trovano di fronte alla
necessità di stabilire quale sia l’elemento che compone questa intelaiatura.
Il minerale che maggiormente risponde alle qualità richieste è l’Olivina, una
roccia pesante di colore verde oliva, composta di silicati di magnesio e
ferro. Essa ha la proprietà di presentarsi sia sotto forma rigida sia plastica.
Al di sopra del mantello è posta la sottile crosta del mondo dell’Uomo,
divisa a sua volta in due strati. Quello inferiore, o basamento, ricopre il
fondo degli oceani e sostiene il nostro suolo: sembra essere costituito da
un’ossatura di basalto (una roccia nera che si può rintracciare spesso nelle
lave), il cui spessore va dai 15 ai 30 chilometri. Su questo strato si levano i
continenti di granito sui quali viviamo noi.
Questi strati, essendo l’uno più leggero di quello sottostante, vengono
descritti come “galleggianti”.
IL MOTORE DELLA TERRA
STRUTTURA INTERNA DELLA TERRA
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La struttura profonda della Terra
comprende parecchi gusci concentrici,
il cui spessore è stato determinato con
metodi geofisici e la cui composizione
è approssimativamente nota sul
confronto di quella delle meteoriti.
La parte di Terra che più interessa la
geologia e la mineralogia è la più
esterna, da – 650 Km (discontinuità di
Conrad) fino alla superficie.
Essa comprende una porzione di
transizione del mantello, tutto il
mantello superiore inclusa una zona
caratterizzata dalla bassa velocità delle
onde sismiche detta ASTENOSFERA, e
soprattutto la crosta, soprastante il
mantello e separata da questo dalla
discontinuità di Mohorovicic (Moho)
La crosta presenta sostanziali
differenze secondo che corrisponda
alle aree continentali oppure a quelle
oceaniche.
CROSTA CONTINENTALE ED OCEANICA
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La crosta terrestre è differente per struttura,
chimismo e composizione secondo che
sottostia ai continenti od agli oceani.
La crosta oceanica è sottile e sotto i 5 Km
d’acqua, che in media la coprono, non
comprende più di altri 5 Km di rocce
sedimentarie e basaltiche prima di arrivare
al Moho.
Sotto il Moho, il mantello comprende una
strato ultrafemico differenziato in una parte
superiore di Harzburgite (Olivina +
Ortopirosseno) ed una inferiore di Iherzolite
(Olivina + Clinopirosseno + Ortopirosseno +
Spinello).
La crosta continentale è molto più spessa,
circa 35 Km di rocce sedimentarie,
metamorfiche e anatettiche (Granitoidi
calco-alcalini), prima di giungere al Moho.
Il mantello ha una parte superiore
ultrabasica molto profonda ma piuttosto
eterogenea: nella Peridotite prevalente
(Olivina + Clinopirosseno + Spinello) sono
sparse concentrazioni di magmi basici, per
lo più solidificate a dare Eclogiti (Granato +
Clinopirosseno + Quarzo).
Alle maggiori profondità il mantello è, in
entrambi i casi, costituito da Pirolite, un
termine coniato dall’australiano Ringwood
per definire una composizione virtuale
equivalente a quella del mantello fertile.
L’ORIGINE DEI PIANETI
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Pur differendo nei particolari, tutte le teorie sull’origine della Terra seguono due
linee fondamentali di pensiero, ciascuna delle quali ha una sua lunga tradizione.
Nel 1749 il naturalista francese BUFFON, avanzò l’ipotersi che una cometa si
fosse scontrata col Sole, precipitandovi dentro e provocando enormi spruzzi di
gas solare, che poi si condensarono nei pianeti. Nelle più recenti evoluzioni di
questa teoria, la cometa è divenuta una stella e la collisione una semi-collisione,
nel senso che il Sole e l’altra stella sarebbero venuti a trovarsi ad una distanza
così ravvicinata che la forza d’attrazione esercitata dalla stella di passaggio
avrebbe sollevato le onde di gigantesche maree nel corpo del Sole. Al momento
del ravvicinamento estremo le creste di queste onde si sarebbero staccate,
allontanandosi nello spazio e raffreddandosi poi fino a formare i pianeti: una
metà di essi avrebbe seguito l’invasore, mentre l’altra metà sarebbe rimasta con
la stella materna, il Sole.
Contro questa “teoria della marea” sta la non meno antica “ipotesi nebulare”
suggerita da Kant nel 1755 ed elaborata dal matematico francese LAPLACE nel
1796. Secondo questa teroria, il Sole fu circondato un tempo da una nebulosa
rotante, un involucro di gas e pulviscolo cosmico, probabilmente residuo di una
esplosione stellare. La forza centrifuga costrinse la nebulosa a curvarsi
all’equatore e a scagliare all’esterno una serie di anelli che si raffreddarono e
formarono “oggetti separati del sistema solare”.
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Generazioni di astronomi hanno lavorato intorno a queste due idee
fondamentali, rivedendone alcuni principi e scartandone altri.La teoria che ora
illustreremo fu formulata nel 1951 dall’astronomo Gerard P. KUIPER
dell’osservatorio di Yerkes, dell’Università di Chicago.
La maggioranza degli astronomi è oggi concorde nel ritenere che tutte le stelle
siano nate da nubi primordiali di gas e di pulviscolo cosmico, vaganti a caso
nello spazio. Per effetto della gravitazione, esse si ammassarono, si
contrassero, cominciarono a ruotare. Le pressioni interne aumentarono e le
temperature si elevarono, finche raggiunsero lo stadio finale del bianco
incandescente: allora divennero stelle ed incominciarono ad irradiare luce.
Girando vorticosamente intorno ai loro poli, molte di loro si spezzarono in due e
divennero stelle binarie (doppie): esse costituiscono più della metà della
popolazione stellare. Altre si divisero in tre o anche, come la nostra Stella
Polare, in cinque unità che però appaiono alla vista come una sola.
Tuttavia, in certi casi (forse l’1%) si verificarono eventi diversi. ( E’ qui che la
teoria di Kuiper si differenzia da quella che presuppongono fenomeni rari e
accidentali, come un’esplosione stellare una semi-collisione: in base alle sue
congetture è invece possibile che esistano circa un miliardo di sistemi analoghi
al nostro all’interno della Via Lattea). In questi casi la distribuzione della materia
e l’equilibrio della forze erano tali che, invece di dividersi, alcune nubi formarono
singoli nuclei. Uno fu il nostro Sole, una stella giovane ed incandescente, in fase
di sviluppo, posta al centro di un disco rotante di materia informe del diametro
del nostro sistema solare.
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Mentre questo disco girava, l’effetto della gravità creava all’interno numerose spirali di
materia più densa. Le spirali vennero in collisione tra loro, si unirono, raccolsero sempre
più larghe masse di materia in aggregati sempre più vasti. Col tempo (forse ci vollero 100
milioni di anni) le spirali maggiori si condensarono in pianeti e le minori in pianetini, in
satelliti e, ai margini del disco, nelle stupefacenti comete.
All’interno della sperale dalla quale si congelò la Terra se ne coagulò una più piccola, che
formò la Luna.
APPAIONI I CONTINENTI
Nel mattino del tempo, la Terra fu una sfera informe di materia che si inoltrava nel
corridoio polveroso della propria orbita. Alcuni teorici sono dell’opinione che la sostanza
della quale era formata fosse fredda ed umida. I più, invece, concordano nel sostenere
che, sviluppandosi, essa dovette riscaldarsi sino a divenire incandescente, sia per effetto
della compressione dovuta alla gravitazione, sia a causa dell’attrito prodotto dal suo
passaggio attraverso la nuvola solare.
Mentre la Terra era allo stato liquido, gli elementi più pesanti affondarono verso il centro
ed i più leggeri affiorarono alla superficie.
Grandi getti di vapore acqueo e di anidride carbonica, prima trattenuta all’interno,
eruppero e si sollevarono fino a formare la prima atmosfera. Lentamente la crosta si
raffreddò. Circa un milione di anni passò prima che le rocce della superficie si
raffreddassero.
La prima cristallizzazione di materia, probabilmente, ebbe luogo all’interno: il “mantello”
d’olivina si indurì prima della crosta terrestre esterna e suggellò nel centro del globo il
calore Originario, che da quel giorno è rimasto invariato sino ai nostri tempi.
• Fu in questo periodo che i primi
continenti presero forma tra le
più apocalittiche scene del
tempo geologico. Sulla faccia
della Terra, che si andava
sempre più raffreddando,
emergevano incessantemente
fumo e fiamme e violente
eruzioni che stendevano nuovi
strati di lava.
• Qua e là masse di granito
incominciarono ad espandersi
come icebergs sul basalto
sottostante dando la prima
forma embrionale a quelli che
sarebbero poi stati i continenti.
• Questo processo è tuttora in
corso, tanto è vero che
ammassi di materia continuano
a sollevarsi dalla fornace posta
all’interno, specialmente nella
zona dei fondali marini.
COME DOVEVA VEROSIMILMENTE
APPARIRE LA TERRA NEI PRIMI
CENTINAIA DI MILIONI DI ANNI DI
VITA
GENESI DEL PIANETA TERRA
• La composizione del nostro pianeta e soprattutto lo stato in cui si trova
la materia sotto la crosta terrestre, sono ancora quasi un mistero.
• L'uomo ha esplorato lo spazio per qualche centinaio di migliaia di
chilometri, ha analizzato la superficie della luna, ma all'interno del
pianeta su cui vive, ha analizzato campioni solamente per dodiciquindici chilometri di profondità.
• Estendere, con molta prudenza, fino a trenta-quaranta chilometri al di
sotto della superficie, i caratteri mineralogici e petrografici delle rocce
superficiali è consentito dall'estrapolazione dei dati che i geologi hanno
raccolto con gli studi di geochimica, nei quali si analizzano i
comportamenti che un elemento ha, nella sua attitudine naturale, a
concentrarsi preferibilmente in determinati minerali od in determinate
rocce, cioè in determinati processi minerogenetici e petrogenetici
piuttosto che in altri.
• Si può cosi ottimisticamente dire di conoscere la composizione del 5-8%
della terra per osservazione diretta; il restante 92-95% è rimasto mistero
assoluto fintanto che la fisica terrestre non ha fornito i criteri necessari
per tentare di costruire dei modelli di struttura e composizione interna
della Terra che giustificassero i dati delle misure fisiche, geofisiche ed
astronomiche ottenute negli ultimi decenni.
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Fra tutti questi, i fondamentali sono:
la misura dell'accelerazione di gravità alla superficie e della costante
gravitazionale, che permettono di determinare la densità della terra;
il modo di propagarsi delle onde sismiche nell'interno della Terra, che indica la
presenza di discontinuità interna ossia di cambiamenti delle caratteristiche dei
materiali attraversati;
la velocità di propagazione delle onde, che dà informazioni sui moduli elastici
dei materiali da esse attraversati.
Fra le grandezze astronomiche misurate, particolare importanza rivestono:
la costante di precessione degli equinozi, dalla quale si calcola il momento di
inerzia della Terra; da quest'ultimo si ottengono poi importanti indicazioni sulla
distribuzione della densità all'interno della Terra.
la composizione chimica e mineralogica dei vari tipi di meteoriti che cadono
sulla Terra. Goldschmidt aveva osservato che i meteoriti caduti sulla Terra
potevano essere distinti in:
sideriti - costituite da leghe di ferro-nichel - che sono una porzione relativamente
modesta della massa di quelli precipitati sulla Terra;
sideroliti - costituite in parti uguali da una massa spugnosa di ferro-nichel e
silicati del tipo dell'olivina;
aeroliti - dette anche meteoriti litoidi o pietre meteoritiche, costituite quasi
esclusivamente da silicati: fra di esse si notano più frequentemente quelle
denominate Condriti, composte da sferule di olivina e pirosseno. Goldschmidt
formulò l'ipotesi che questi frammenti appartenessero ad un pianeta solare
andato in frantumi all'inizio dell'evoluzione del sistema planetario. Questo
ipotetico pianeta gli fornì un modello sul quale immaginare struttura e
composizione interna della Terra.
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Il modello terrestre che nel 1922 egli concepì da questa fusione di dati
prevedeva:
un nucleo, detto SIDEROSFERA, composto, analogamente alle meteoriti
metalliche o sideriti, da una lega metallica di Fe-Ni;
un involucro, attorno al nucleo, detto CALCOSFERA, composto da solfuri, nella
parte più interna, e da minerali simili alle rocce eclogitiche, nella parte più
esterna; la composizione sarebbe dunque simile a quella dei meteoriti litoidi
(con prevalenza di olivina e pirosseni);
- un involucro esterno, superficiale, composto da silicati comuni, detto
CROSTA o LITOSFERA.
Altri modelli furono proposti, sulla traccia indicata da Goldschmidt, da
Washington (1924), Niggli (1928), Daly (1933), Kuhun e Rittmann (1941),
Buddington (1943), Bullen (1953).
Il nostro pianeta si è formato molto probabilmente nella nebulosa solare per
accrescimento da una iniziale nube fredda di polvere, ghiaccioli e gas; la
composizione chimica di tale polvere primordiale è stata stimata dalle
concentrazioni degli elementi nel Sole e nelle meteoriti condritiche carbonacee
di tipo I. Questo particolare tipo di meteoriti mostra una composizione chimica
più primitiva di quella delle altre meteoriti condritiche, essendo infatti più
ossidata e ricca di gas: proprio quello che ci si aspetterebbe per la
composizione della polvere primordiale. Il Ferro, per esempio, in tale polvere
primordiale doveva trovarsi allo stato ossidato e non metallico ed erano
presenti, probabilmente, metano, idruri di ammonio e ghiaccio.
• Figura 1. Illustrazione
schematica dell’ipotesi della
nebulosa.
• a) Una nebulosa diffusa,
grossolanamente sferica,
dotata di un lento moto di
rotazione, inizia a contrarsi.
• Come conseguenza della
rotazione e della
contrazione, si origina un
disco piatto ed in rapido
movimento rotatorio, nel cui
centro si addensa la materia.
• La contrazione continua, si
forma il protosole, mentre si
distaccano anelli di materia.
• d) Il materiale costituente
gli anelli condensa,
originando i pianeti che
ruotano in orbita intorno al
sole.
• Queste ipotesi sono da ritenersi attendibili a fronte di tre
considerazioni:
• le concentrazioni di elementi nell'attuale atmosfera solare
devono riflettere la composizione della nebulosa solare
primitiva;
• lo studio delle meteoriti condritiche carbonacee suggerì a
Urey (1953) l'origine primitiva di questi materiali che
custodivano concentrazioni primordiali di elementi;
• l'importanza di queste condriti salì ulteriormente quando fu
scoperto che la loro composizione era in perfetto accordo
con le concentrazioni primordiali teoriche degli elementi nel
Sole, stimate basandosi sulla Teoria delle NUCLEOSINTESI
(che interpreta la formazione dell'attuale spettro delle
masse dei nuclei a partire dall'idrogeno come elemento
progenitore).
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La Terra si sarebbe pertanto formata da un pulviscolo avente la composizione delle
condriti carbonacee di tipo I.
Ci si domanda ora come sia derivata la struttura attuale della Terra dalla composizione
della polvere primordiale. E' una questione ancora controversa ma, con le conoscenze
attuali, si può ragionevolmente riconoscere al fattore della "volatilità selettiva delle
sostanze" di aver avuto un ruolo importante nella perdita dei gas: metano, acqua,
ammoniaca ed altri. Il materiale primitivo è stato certamente soggetto ad un'azione
riducente per effetto dell'alta temperatura che si è andata sviluppando con la
condensazione della polvere; un risultato di questo processo complicato è stato il
passaggio di Fe, Ni e Si da fasi ossidate a fasi metalliche e ne è seguita la perdita di
sostanze volatili. Se ne deduce altresì che la somiglianza chimica tra la Terra e la
polvere primordiale è più evidente per quegli elementi che sono poco volatili anche ad
alta temperatura in ambiente riducente. Cercheremo ora di delineare le varie
modificazioni che la Terra ha subito per trasformarsi da un corpo inizialmente
omogeneo in un pianeta differenziato, vale a dire in un pianeta il cui interno è diviso in
zone o involucri concentrici, ciascuno con caratteristiche chimiche e mineralogiche
proprie. Prima dell'inizio dei tempi geologici, il pianeta Terra era costituito da un
ammasso indifferenziato, formato soprattutto da composti di silicio, da ossidi di ferro e
magnesio e da piccole quantità di altri elementi chimici naturali. Sebbene le particelle in
aggregazione fossero inizialmente piuttosto fredde, il sistema in accrescimento iniziò
subito a riscaldarsi.
Ogni piccolo frammento che accresceva, essendo dotato di energia cinetica, durante
l'impatto generava calore; parte veniva irradiato nello spazio e parte veniva incamerato
nell'ammasso.
Altra temperatura era apportata dal fenomeno di compressione: le parti interne del
pianeta venivano compresse dal peso del materiale esterno che andava via via
accumulandosi. Essendo le rocce cattivi conduttori di calore, le dispersioni risultavano
praticamente nulle e il risultato era un aumento di temperatura nella parte interna del
pianeta.
RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA DEI TRE MECCANISMI CHE
AVREBBERO POTUTO DETERMINARE L’INIZIALE RISCALDAMENTO
DELLA TERRA
a)
b)
c)
Accrezione: corpi meteoritici
bombardano la terra e la loro
energia cinetica si trasforma
in calore.
Compressione gravitazionale
della terra in un volume
minore: questo fenomeno
produce un riscaldamento
all’interno della terra.
La disintegrazione degli
elementi radioattivi libera
particelle e radiazioni che
vengono assorbite dalle rocce
circostanti, con conseguente
riscaldamento di queste
ultime.
•
•
Studiosi che si sono occupati di questo problema ritengono che i fenomeni di
aggregazione e compressione possano aver prodotto una temperatura media di circa
1.000 gradi centigradi all'interno del pianeta che si stava organizzando.
Altro fenomeno che ha concorso, e continua ad essere attivo, è dovuto alla
disintegrazione radioattiva di elementi pesanti quali Uranio e Torio che, sebbene non
molto abbondanti sulla Terra, hanno svolto un ruolo importante nell’evoluzione della
Terra ed innescato il processo il processo dell’evoluzione del pianeta.
Figura 3. Temperatura dell’interno della Terra in diversi momenti
della sua vita.
• Dall'analisi di questi fenomeni è possibile fare ipotesi attendibili riferite
alla temperatura iniziale ed alla radiazione terrestre ed elaborare
modelli delle variazioni termiche verificatesi negli anni successivi.
•
Il Ferro è il più pesante degli elementi comunemente diffusi nella
Terra; per questo motivo quando iniziò a fondere migrò verso l'interno,
spostando i materiali più leggeri verso l'alto (crosta superficiale). E'
molto abbondante: rappresenta infatti 1/3 della massa terrestre. La
fusione e lo sprofondamento del ferro che portò alla formazione di un
nucleo liquido, rappresentarono un evento di proporzioni catastrofiche.
Durante la sua caduta verso il centro, avrebbe liberato ingenti quantità
di energia gravitazionale che si sarebbe trasformata in calore. Al calore
così generatosi si sarebbe poi sommato quello derivante dalla
formazione del nucleo ferroso, che avrebbe prodotto un aumento della
temperatura media di circa 2.000 gradi centigradi provocando la fusione
di un'ampia porzione della Terra. Circa 1/3 del materiale costituente il
pianeta primitivo sprofondò verso il centro ed in questo processo gran
parte del corpo fu convertito allo stato fuso. Il materiale, più leggero di
quello iniziale dal quale si era separato, migrò verso l'alto e,
raffreddandosi, dette origine ad una crosta primitiva. La formazione del
nucleo rappresentò lo stadio iniziale del processo di differenziazione,
tramite il quale la Terra fu trasformata da un corpo omogeneo in uno ad
involucri concentrici, con un nucleo di ferro più denso, una crosta
superficiale composta da materiali più leggeri e con punto di fusione più
basso, ed un mantello interposto tra i due precedenti.
• Figura 4. Probabilmente la
terra primitiva era:
• a) un corpo omogeneo senza
continenti e oceani.
• b) durante il processo di
differenziazione il ferro si è
spostato verso il centro,
mentre i materiali più leggeri
sono migrati in superficie a
formare la crosta.
• c) di conseguenza la terra si
è trasformata in un pianeta
zonato, con un nucleo di ferro
ad alta densità, una crosta
superficiale costituita da
rocce leggere ed un mantello
residuo interposto tra queste
due zone.
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La differenziazione è forse l'evento più significativo della storia della Terra: portò alla
formazione della crosta ed infine alla nascita dei continenti; è probabile inoltre che da
essa abbia preso avvio la liberazione di gas dall'interno e quindi la formazione
dell'atmosfera e degli oceani.
Le stime più attendibili fanno risalire questi eventi fra i 3,7 e i 4,5 miliardi di anni fa; le
rocce più antiche che sono state trovate e stimate, risalgono a circa 4 miliardi di anni fa.
Nella figura 5 sono elencati gli otto elementi più abbondanti, in peso, sulla Terra: essi
rappresentano più del 99% dell'intera massa terrestre.
Il 90% della Terra è costituito da quattro elementi: ossigeno, silicio, magnesio e ferro.
Come già rilevato, il ferro è l'elemento più abbondante se si considera la Terra nel suo
insieme ed, essendo più pesante, è concentrato nel nucleo; se consideriamo invece la
crosta terrestre, il ferro risulta al quarto posto. Altri elementi come alluminio, potassio,
sodio e calcio, essendo più leggeri, si sono concentrati in maggioranza nella crosta
terrestre.
Questa ineguale distribuzione di elementi nella Terra viene indicata come
ZONIZZAZIONE CHIMICA.
Il mantello, situato tra crosta e nucleo, è diventato presumibilmente il serbatoio per i
silicati di ferro e magnesio che fondono a temperature più alte e sono più pesanti dei
feldspati molto comuni sulla crosta.
Quanto detto rappresenta un'ipotesi basata su meccanismi fisicamente plausibili e sulla
estrapolazione di dati sperimentali. Dobbiamo ammettere che quanto presentato è
solamente uno dei molti schemi possibili per spiegare coerentemente l'evoluzione del
nostra pianeta. Esistono discordanze di opinioni circa la natura di ogni singolo stadio; non
ne esistono, invece, riguardo il corso generale degli eventi.
IL DILUVIO FORMA GLI OCEANI
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Una volta che la Terra si fu consolidata, nacquero i mari.
Mentre le rocce lentamente indurivano, il vapore acqueo ed altri gas si liberarono
dall’interno del pianeta, attraverso un processo di cristallizzazione e salirono
nell’atmosfera più fredda, dove si raccolsero in enormi ammassi di nuvole, che stesero
sulla Terra una perenne oscurità.
Di tanto in tanto, dagli strati superiori della volta delle nuvole, cadeva la pioggia: ma
naturalmente bolliva appena toccava il suolo e ridiventava di nuovo vapore. Forse per
millenni la luce solare non attraversò mai questa densa e continuamente rinnovatesi
cortina di tenebre.
Una situazione del genere deve essere durata almeno per tutto il periodo in cui la crosta
della Terra passò gradualmente dalla temperatura di fusione delle rocce a quello di
ebollizione dell’acqua (100°C.). Infine venne il g iorno in cui la pioggia cadde e non bollì.
Non evaporò: le piogge cadute affrettarono il processo di raffreddamento e stimolarono di
conseguenza, un condensamento delle nuvole. Ne scaturì il più grande diluvio di tutti i
tempi. Non si sa quanto durò, ma quando,alla fine, le nuvole si assottigliarono, gli oceani
primordiali apparvero ai primi raggi del nuovo Sole. L’interno della crosta terrestre,
continuando a raffreddarsi, ad un certo punto si contrasse, costringendo anche la parte
esterna a contrarsi allo stesso modo. Così, la crosta della Terra si coprì di rughe: erano
nate le prime montagne. Altre sorsero per il sollevamento del mantello, altre si formarono
per l’eruzione dei vulcani. Probabilmente, in questo periodo della loro infanzia, le prime
montagne presentavano una superficie relativamente liscia. Non ci volle molto perché
questi profili fossero sfigurati dall’azione dell’acqua e del vento, che iniziarono la loro
opera di scultura della faccia della Terra. L’atmosfera primordiale, composta di gas
corrosivi, cominciò a disgregare la superficie delle rocce indebolendola e rendendola
meno resistente nel momento in cui sarebbero state sottoposte all’urto delle acque e
all’azione delle correnti. Infine venne il giorno in cui la pioggia cadde e non bollì.
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Non evaporò: le piogge cadute affrettarono il processo di raffreddamento e stimolarono di
conseguenza, un condensamento delle nuvole. Ne scaturì il più grande diluvio di tutti i
tempi. Non si sa quanto durò, ma quando,alla fine, le nuvole si assottigliarono, gli oceani
primordiali apparvero ai primi raggi del nuovo Sole.
Molto tempo dovette trascorrere prima che i bacini diventassero come sono ora.
Da quel tempo, il livello delle acque della Terra si è abbassato ed innalzato parecchie
volte, le coste sono cambiate, i mari hanno invaso le terre e si sono ritirati, il profilo dei
continenti è mutato a più riprese.
SORGONO LE MONTAGNE
Più di un milione di anni or sono si ebbe un periodo di prodigiosi sollevamenti, che i
geologi americani chiamano “Rivoluzione Laurenziana”, poiché le radici di alcune grandi
montagne che sorsero allora sono ancora oggi visibili tra i monti Laurenziani, nel Canada
orientale. Tutta la crosta della Terra si agitò violentemente e si incurvò verso l’alto e
verso il basso, formando le profondità oceaniche e vaste catene di montagne. Dappertutto
il processo di sollevamento fu accompagnato da terremoti e da eruzioni vulcaniche. Tutte
le maggiori catene montuose che esistono oggi sulla Terra ( le Montagne Rocciose, le
Alpi, l’Himalaya, ed altre..) sorsero entro gli ultimi 200 milioni di anni. Il fenomeno della
crescita delle montagne non è ancora cessato.
Lungo il Pacifico, dall’Alaska alle Indie, i vulcani, nel fondo dell’oceano, formano come un
cerchio di fuoco. Ci sono riscontri che l’Himalaya ed altre montagne sono tuttora ancora in
fase di sviluppo.
LA MARCIA DEI GHIACCIAI
Noi viviamo, oggi, in un’epoca glaciale. Dove esistono alte montagne, esistono nevi e
ghiacci.
Le catene di montagne impediscono il flusso dell’aria e gli immensi ponti di terra che
sorsero nei periodi di formazione dei continenti allontanarono le correnti calde degli
oceani, producendo localmente fenomeni climatici estremi.
UN GHIACCIAIO VALLIVO
Le cause delle periodiche età glaciali della
Terra costituiscono uno dei più profondi
enigmi della geo-storia. Alcuni geologi le
hanno spiegate in base a fattori atmosferici,
con i cambiamenti avvenuti nella
composizione chimica dell’aria o con le nubi
di ceneri vulcaniche che, nei periodi di
maggiore inquietudine della crosta terrestre,
possono aver impedito per un certo tempo il
passaggio dei raggi solari. Altri hanno
suggerito cause astronomiche, come le
fluttuazioni d’intensità nelle radiazioni solari
o i mutamenti avvenuti nella Terra rispetto al
Sole. L’ellisse dell’orbita della Terra si
allunga e si contrae alternativamente e
l’asse terrestre assume un’inclinazione a
volte maggiore a volte minore. Tuttavia è
probabile che nessuno di questi fattori sia
bastato da solo: piuttosto è da supporre che
essi abbiano agito congiuntamente.
L’ultima e probabilmente più grande età del
ghiacci ebbe inizio un milione di anni fa, al
tempo in cui l’Uomo iniziava a muovere i sui
primi passi eretti.
I ghiacci a quel tempo ricoprivano più di un
quarto del nostro pianeta, avanzando e
ritirandosi per almeno quattro volte nel
corso del tempo.
Oggi stiamo uscendo dall’ultima grande
avanzata dei ghiacci, che raggiunse il suo
culmine circa 20.000 anni fa. Attualmente,
quasi un decimo della superficie terrestre è
permanentemente ricoperto da ghiaccio.
LE METEORITI
L’Origine extraterrestre delle meteoriti fu universalmente riconosciuta solo nel
secolo XIX, infatti solo negli ultimi anni del settecento, il tedesco E. F. Chladni
sostenne che le meteoriti sono frammenti di corpi celesti, prodotti da fenomeni
esplosivi o da urti reciproci. Queste idee si affermarono gradualmente, e ancor
oggi costituiscono il fondo comune della maggior parte delle diverse teorie che
sono state formulate sull’origine delle meteoriti, i cui dettagli si fondano sovente
su argomenti scarsamente sostenuti da dati obiettivi.
Le meteoriti, pur nella loro diversità di composizione, formano una serie
continua, nella quale i tipi principali sono collegati da termini intermedi. Ciò parla
in favore di una loro origine comune da un solo corpo celeste di cui esse
rappresentano differenti parti, ovvero da pochi corpi celesti a composizione
analoga.
Questi corpi appartenevano probabilmente al sistema solare, poiché le poche
orbite calcolate di meteoriti sono ellittiche; per di più, la curvatura più lontana di
queste orbite è situata nella zona degli asteroidi. Da queste ed altre
considerazioni si può desumere la probabilità che le meteoriti siano piccoli
asteroidi con orbita eccentrica che, venuti a trovarsi in prossimità della Terra, ne
sono stati attratti.
Disponendo le meteoriti in ordine, si ottiene una serie che inizia con le sideriti
(densità circa 7,5) e, attraverso le sideroliti (densità intorno a 5), arrivare alle
aeroliti (densità circa 3,5).
Se si postulasse un parallelismo di analogia di
composizione e struttura interna tra la Terra ed i
corpi planetari dalla cui disgregazione si sono
formati gli asteroidi e quindi con ogni probabilità le
meteoriti, esso può essere ritenuto possibile,
poiché il processo di formazione e l’evoluzione dei
diversi corpi planetari furono verosimilmente
analoghi, e avvennero, secondo le ipotesi
prevalenti, per distacco e raffreddamento
progressivo di nuclei di materia solare da una
nebulosa rotante, oppure per aggregazione di
materia in origine dispersa e a bassa temperatura,
e successivo riscaldamento dell’interno dei corpi
così formati, avvenuto in seguito alla compressione
dovuta alla loro progressiva contrazione o per
fenomeni di radioattività.
METEORITE di WILLAMETTE
Secondo la maggioranza di queste teorie, il nucleo terrestre è
attualmente composto da ferro e nichelio (come le sideriti), il
mantello da una miscela di ferro-nichelio e di silicati, con quantità
crescenti di questi ultimi a distanze maggiori dal centro, fino ad
essere costituito pressoché unicamente da silicati nei livelli
sottostanti la crosta terrestre.
Le SIDERITI (o ferri meteoritici) sono meteoriti composte in
assoluta prevalenza dalle due forme mineralogiche della lega ferronichelio, la camacite e la tenite. I minerali accessori delle sideriti
sono principalmente solfuri, fosfuri e carburi metallici, oltre a
grafite e cromite. A seconda della loro composizione mineralogica
e chimica, e soprattutto della loro struttura, queste meteoriti di
dividono in tre gruppi: le esaedriti, le ottaedrici e le atassiti; le
ottaedrici sono il tipo di gran lunga oiù comuni tra le sideriti.
Le Esaedriti sono composte quasi unicamente da camacite, e
pertanto la loro composizione chimica è notevolmente costante: il
ferro ammonta in media al 93% ed il nichelio tra il 4 e 5,5%
TECTITE - TAILANDIA
Quando in una meteorite il nichelio supera il 5,5% queste
prendono il nome di Ottaedriti: La struttura che le
caratterizza si manifesta con le caratteristiche figure di
Widmanstatten, le quali compaiono dopo attacco acido, su
una superficie lucidata.
Quando il tenore di nichelio supera il 12-14%, tra i due
composti, camacite e tenite, non si presentano più con la
regolare disposizione presente nelle ottaedrici, ma sono
intimamente commisti e senza ordine evidente: si hanno
così le Atassiti.
Le SIDEROLITI, costituiscono un gruppo poco numeroso.
Sono formate da leghe ferro-nichelio e da silicati,
prevalentemente di magnesio, in proporzioni pressoché
equivalenti. Si dividono in due gruppi principali: le Pallasiti
(in cui il silicato è l’Olivina) e le Mesosideriti, nelle quali tra i
silicati prevalgono i Pirosseni accompagnati spesso da un
plagioclasio.
Sezione sottile di una METEORITE varietà PALLASITE
Le AEROLITI sono meteoriti composte esclusivamente o in
assoluta prevalenza da silicati: le leghe ferro-nichelio e gli
altri minerali metallici sono presenti in quantità insignificanti.
Sono il gruppo di meteoriti più rappresentato, nel quale si
possono distinguere due classi: le Condriti e le Acondriti, a
seconda che siano presenti i condurli, corpuscoli sferoidali
costituiti da minerali femici, sovente uniti a sostanza
vetrosa.
Le TECTITI sono costituite da una sostanza vetrosa ad alto
contenuto di silice. Vengono rinvenute per lo più nel suolo
superficiale, ma non di rado sono contenute in depositi
sedimentari del Quaternario e del Terziario.
La natura meteoritica delle tectiti non è ancora stata
dimostrata in modo sicuro e non sono presenti in qualsiasi
regione della Terra, ma solo in alcune aree ben delimitate.