CAPITOLO 1 LA NASCITA DELLA TERRA INDICE CAPITOLO 1 • • • • • • • • • • • • • - Storia della Terra……………………………………. “ - Prima della Terra……………………………………. “ - Nascita del Sistema Solare………………………… “ - Nasce la Terra……………………………………….. “ - La sfera di fuoco…………………………………….. “ - Struttura interna della Terra………………………… “ - Crosta continentale ed Oceanica…………………. “ - L’Origine dei pianeti………………………………... “ - Genesi del pianeta Terra……………………………. “ - Il diluvio forma gli oceani………………………….. “ - Sorgono le montagne……………………………….. “ - La marcia dei ghiacciai……………………………... “ - Le Meteoriti………………………………………… “ 003 007 012 013 019 023 024 025 029 041 042 042 044 STORIA DELLA TERRA Nel corso degli ultimi due secoli gli scienziati hanno studiato attentamente le rocce della Terra e recuperato i resti fossili di piante ed animali grazie ai quali hanno potuto ricostruire la storia del nostro pianeta. La terra iniziò la sua esistenza nel Sistema Solare circa 4560 milioni di anni fa, quando era un corpo roccioso dalla temperatura elevatissima. Le prime forme di vita comparvero circa 4000 milioni di anni fa negli oceani, e da allora hanno continuato a diffondersi e a diversificarsi in un processo evolutivo tutt’altro che lineare. Anche gli ambienti naturali hanno subito continui mutamenti indotti dall’attività vulcanica, dall’impatto di meteoriti e da cambiamenti climatici dagli effetti talora catastrofici. La storia evolutiva della Terra è insomma ricchissima di eventi e tale continuerà ad essere anche in futuro. IL PASSATO I geologi ricostruiscono la lunga storia della Terra ed il suo rapporto con l’evoluzione ancora più lunga dell’Universo mediante dati provenienti da fonti diverse. Preziose informazioni sulle prime fasi evolutive del nostro pianeta sono fornite da fonti extra-terrestri, come i meteoriti ed altri corpi che appartengono al Sistema Solare L’analisi della rocce, dei minerali e dei fossili rinvenuti in superficie mettono invece a disposizione dati sulla crosta terrestre e permettono di effettuare ipotesi circa la natura degli strati più profondi, ma forniscono anche informazioni sui mutamenti climatici e atmosferici, gli eventi geologici ( per esempio i movimenti delle placche tettoniche ) e l’evoluzione della vita sul pianeta. TEMPO GEOLOGICO L’Universo si formò circa 13-14 miliardi di anni fa, mentre la storia della Terra corrisponde agli ultimi 4550 milioni di anni. Per fissare dei precisi riferimenti in un arco temporale tanto vasto, i geologi hanno suddiviso la storia della Terra in intervalli di durata variabile organizzati gerarchicamente. Gli intervalli maggiori sono detti “ eoni “ e contano molte centinaia di milioni di anni. L’eone fanerozoico corrisponde all’arco di tempo che va da 543 milioni di anni fa sino ai giorni nostri e comprende tre ere, individuate sulla base di eventi importanti nella storia della vita. Le ere sono a loro volta suddivise in periodi ed i periodi in epoche. Le suddivisioni fra i vari periodi sono ancora oggetto di dibattito e si basano in gran parte sui dati forniti dalle testimonianze fossili. Il confronto fra gli strati di roccia osservati in parti diverse del pianeta risulta tuttavia obbiettivamente difficile, in quanto i sedimenti originari si sono depositati in ambienti e condizioni climatiche diversi e possono quindi contenere fossili di tipo differente, pur risalendo al medesimo periodo geologico. STRATIGRAFIA Spesso le rocce risultano formate da una successione di strati depositatisi gli uni sugli altri per processi naturali, con quelli più giovani in alto e i più antichi in basso. Confrontando gli strati rinvenuti nelle diverse regioni del mondo, in base al tipo di roccia ed ai fossili che vi sono contenuti ( correlazione stratigrafica ), i geologi hanno messo a punto la cosiddetta “ colonna stratigrafica”, una stratificazione che rappresenta l’intera storia della Terra. Il processo è reso complesso dalle discordanze dovute ai movimenti tettonici e ad episodi di mancata sedimentazione. FOSSILI I fossili sono i resti di antichi organismi viventi che si sono conservati all’interno degli strati rocciosi. Variabili per dimensioni (dai granelli di polline agli scheletri dei giganteschi dinosauri o balene), a seconda del tipo di testimonianza che rappresentano si dividono in tracce (orme,piste e gallerie), resti di biomolecole e corpi inalterati (per esempio: gli insetti conservati nell’ambra). I processi di conservazione comportano, quasi sempre, gravi perdite di informazioni circa gli organismi. Grazie alle testimonianze fossili sappiamo comunque che la vita iniziò nei mari 3800 milioni di anno or sono e che a partire da circa 543 milioni di anni fa si diversificò in forme che colonizzarono, in successione, le terre emerse, le acque dolci e l’aria. I fossili in assoluto più numerosi sono quelli di organismi marini dotati di conchiglia o di altre parti dure, ma lo studio dei processi di seppellimento e fossilizzazione ha permesso di individuare fossili più rari nei quali si sono conservate anche parti molli. Gli eccezionali fossili del Cambiano rinvenuti a Burgess, nel Canada occidentale, che prendono il nome di “ Fauna di Burgess”, offrono importanti elementi per comprendere la biodiversità del lontano passato e la sua biologia. SITO DELLA FAUNA DI BURGESS PRIMA DELLA TERRA Per comprendere le origini della Terra dobbiamo risalire all’origine dell’Universo. Secondo la teoria del Big Bang essa si colloca fra 13 e 14 miliardi di anni fa e corrisponde all’inizio della materia, del tempo, dello spazio e dell’energia. L’Universo iniziale era una sorta di atomo di temperatura e densità infinite che dall’esplosione iniziale non ha mai cessato di espandersi e raffreddarsi. Un nanosecondo (un miliardesimo di secondo) dopo misurava già centinaia di milioni di chilometri di diametro ed aveva una temperatura di decine di trilioni di gradi Kelvin. FORMAZIONE DELLE PARTICELLE A questo stadio l’Universo era un “brodo” di particelle subatomiche derivate dall’energia e di un vastissimo numero di fotoni (quanti di energia elettromagnetica). Fra le particelle più numerose vi erano elettroni e quark, ma anche molti altri tipi che oggi non esistono più. Benché ricco di elettroni, l’Universo primordiale non conteneva protoni e neutroni, ovvero le altre particelle costituenti gli atomi. Bastò tuttavia un solo microsecondo (un milionesimo di secondo) perché si raffreddasse a sufficienza da permettere la combinazione di due diversi tipi di quark e la conseguente formazione di grandi quantità di protoni e neutroni I protoni erano in gran parte destinati a diventare i nuclei degli atomi di idrogeno ma, a partire da un secondo circa dopo il Big Bang, dalla collisione fra protoni e neutroni iniziarono a formarsi i nuclei di altri elementi leggeri: elio e minuscole quantità di litio e berillio. Questo processo che prende il nome di “nucleosintesi del Big Bang”, si completò nell’arco di soli tre minuti e portò alla formazione del 98% degli atomi di elio che sono attualmente presenti nell’Universo. Produsse inoltre l’esaurimento di tutti i neutroni. Per alcune centinaia di migliaia di anni, l’Universo continuò il suo percorso di espansione e raffreddamento, ma era ancora troppo carico di energia per consentire la formazione degli atomi. Pur avvicinandosi momentaneamente, elettroni e nuclei atomici venivano immediatamente separati dai fotoni, anch’essi coinvolti in un processo di continua collisione con le particelle. Alla fine, dopo 300.000 anni, quando la temperatura era scesa a circa 3000 °K, i protoni e altri nuclei atomici iniziarono a catturare permanentemente gli elettroni formando così i primi atomi, principalmente di idrogeno ed elio. Nello stesso tempo furono liberati i fotoni che si spostarono liberamente in ogni direzione. In questa fase evolutiva l’Universo divenne trasparente poiché l’iniziale “nebbia” formata dalle particelle e dall’energia si era ormai dissolta. SI FORMANO LE GALASSIE A questo punto gli atomi di gas iniziarono a condensare sotto l’azione della forza di gravità. Per centinaia di milioni di anni si formarono nubi gassose di idrogeno ed elio che si espandevano in sottili strisce. Circa 13.000 milioni di anni fa (o 500 milioni di anni dopo il Big Bang) le strisce iniziarono ad aggregarsi dando origine alle prime galassie. L’ulteriore concentrazione della materia nell’ambito delle galassie portò alla formazione delle prime stelle. Queste iniziarono a produrre energia (ovvero luce e calore) quando i nuclei di idrogeno al loro interno presero a fondersi formando l’elio. SI FORMANO LE GALASSIE A questo punto gli atomi di gas iniziarono a condensare sotto l’azione della forza di gravità. Per centinaia di milioni di anni si formarono nubi gassose di idrogeno ed elio che si espandevano in sottili strisce. Circa 13.000 milioni di anni fa (o 500 milioni di anni dopo il Big Bang) le strisce iniziarono ad aggregarsi dando origine alle prime galassie. L’ulteriore concentrazione della materia nell’ambito delle galassie portò alla formazione delle prime stelle. Queste iniziarono a produrre energia (ovvero luce e calore) quando i nuclei di idrogeno al loro interno presero a fondersi formando l’elio. NASCITA DEL SISTEMA SOLARE Non conosciamo con esattezza l’età della Via Lattea, la nostra galassia, ma sappiamo che probabilmente si formò tra 110 e 11 miliardi di anni fa. Al suo interno circa 4560 milioni di anni fa iniziò a condensarsi la nebulosa (ammasso di gas e polveri) dalla quale prese origine il Sistema Solare. In questa nebulosa la materia si concentrò in una regione centrale più densa (il Protesole) e in regioni periferiche più diffuse. La nebulosa finì con l’assumere la forma di un disco rotante su se stesso, che prende il nome di “disco protoplanetario”, all’interno del quale polveri e ghiaccio entrano in collisione in modo casuale formando particelle più grandi. La materia viene attratta verso l’interno del disco per gravità, e le temperature vi aumentarono al punto che l’idrogeno si fuse formando elio. Nacque così la nostra stella, il Sole. In altre regioni del disco la materia era costituita prevalentemente da particelle solide. Nelle regioni più vicine al Sole ebbero la prevalenza i materiali rocciosi, mentre nelle regioni più distanti e fredde si formarono in prevalenza particelle di ghiaccio. L’aumento dimensionale delle particelle presenti nell’intero disco ne provocò la collisione per gravità. Questo processo definito accrescimento, portò alla formazione di corpi sempre più grandi che prendono il nome di “planetesimali”. Si tratta di corpi delle dimensioni di grandi massi composte da sole rocce oppure di rocce e ghiaccio. Oltre a luce e calore, il Sole, formatosi da poco, emetteva un flusso di particelle energetiche che viene definito “vento solare”. Il vento solare provocò lo spostamento progressivo dei gas volatili dalle regioni interne alle regioni periferiche del disco. Molti planetesimali entrarono in collisione reciproca formando i quattro pianeti rocciosi interni ma anche il nucleo dei pianeti esterni, intorno al quale si raccolsero i gas volatili. Non tutti i planetesimali confluirono nei pianeti. Alcuni “residui” gravitano ancor oggi nel Sistema Solare in forma di asteroidi o di comete. Gli asteroidi orbitano, per la maggior parte, in una fascia collocata fra i pianeti Marte e Giove, ma alcuni seguono l’orbita di Giove, mentre altri seguono percorsi che intercettano l’orbita terrestre. Le comete presero origine dai planetesimali ricchi di ghiaccio situati alla periferia del disco. NASCE LA TERRA Grazie alla tecnologia raggiunta sino ad oggi, gli studiosi sono in grado di dirci, con una buona approssimazione, quello che è successo nella genesi dell’universo ed in particolare sulla nascita della Terra. La nostra Terra ha da sempre affascinato l’uomo che ha avuto il coraggio di cercare di capire non soltanto la realtà della sua bellezza apparente, ma fondamentalmente i tanti misteri che avvolgono il nostro pianeta. Facciamo pertanto un passo indietro per vedere, a grandi linee, il percorso delle sue conquiste nella conoscenza e nell’analisi dei misteri della Terra. Prigioniero delle città d’asfalto, dominato dagli impulsi e dalle proprie necessità, l’uomo di solito ignora il sistema che regola il mondo in cui vive. Soltanto in rari momenti, quando si trova di fronte allo spettacolo del cielo stellato, di fronte alla vastità del mare, o sotto il chiaro di luna che illumina il paesaggio sottostante, egli si ferma a contemplare l’universo che lo circonda e se ne maraviglia. Meravigliarsi fa parte della sua stessa natura. Fu, forse, in cima ad una collina primordiale, quasi mezzo milione di anni or sono, che il primo uomo rivolse gli occhi al cielo e si meravigliò. In quel momento, egli andò al di là di se stesso, si distaccò da tutti gli altri animali viventi. In quel momento era nato lo spirito di ricerca dell’Uomo, la scintilla iniziale della sua filosofia, della religione, della scienza. I suoi primi disegni, lasciati sulle pareti rocciose delle caverne, rivelano ciò che egli conosceva del mistero dell’esistenza. In ciò che la natura aveva di regolare (l’alternarsi del giorno e della notte, delle stagioni) ed in ciò che aveva di irregolare (le improvvise tempeste, le eruzioni dei vulcani,lo scorrere delle acque nei fiumi) vedeva la volontà di esseri soprannaturali. Soltanto ieri (poiché i secoli di storia da noi conosciuti sono lo ieri, paragonati a mezzo milione d’anni) l’Uomo è entrato in possesso della chiave capace di aprirgli i segreti del mondo. Questa chiave è rappresentata dal concetto di casualità, che gli ha suggerito di cercare la spiegazione dei fenomeni naturali nelle cause naturali. Oggi sembra impossibile che l’uomo sia riuscito a penetrare al di là delle apparenze del mondo visibile. Ai suoi occhi la Terra si mostrava piatta. Il suolo sul quale camminava sembrava fermo. In che modo riuscì ad immaginare se stesso avvinghiato alla superficie di una sfera che gira intorno al Sole alla velocità di circa 33Km. al secondo e procede nello spazio, ai limiti della Via Lattea, ad una velocità di circa 275 Km. al secondo, scivolando, tuffandosi tra le stelle, e compiendo altri complessi ed eccentrici movimenti? L’Uomo non ha potuto fare altro che congetture, in ogni epoca. Gli antichi egizi immaginavano l’Universo come una enorme stanza: la terra ne era il pavimento, il cielo il soffitto, sostenuto da quatti grandi colonne e tappezzato di notte, per opera degli Dei, dalle lampade delle stelle. Durante la meravigliosa fioritura della civiltà greca alcuni uomini di grande ingegno si avvicinarono, in qualche modo, a molte delle risposte esatte. Pitagora, vissuto intorno al 530 a.C., affermò che la Terra è una sfera. Aristarco di Samo (310-230°a.C.) sostenne che essa g ira intorno al Sole. Eratostene, direttore della biblioteca di Alessandria (276-195 a.C.), ne calcolò la circonferenza con un errore di soli 360 Km. Ma per ironia della storia queste scoperte sono rimaste misconosciute durante 15 secoli di guerre e di altre cose futili. Bisognò infatti attendere la grande età di Copernico, di Galileo e di Newton perché la scienza cominciasse a riscoprire le antiche verità e ad accettare l’umiltà della nostra situazione nell’Universo. Tuttavia, con la consapevolezza dei nostri limiti, abbiamo acquistato anche la convinzione di trovarci in una situazione unica. La nostra Terra appare, sotto molti aspetti, del tutto singolare. Gli elementi solidi, di cui è composta, sono rari. Infatti il 99% di tutta la materia dell’Universo è costituito dai due elementi più leggeri, l’idrogeno e l’elio. Tutti gli altri elementi messi assieme formano solo l’1% dell’intera sostanza. Poiché la temperatura cosmica va da alcuni milioni di gradi centigradi dell’interno delle stelle allo zero assoluto (.273°C.) degli spazi siderali, è logico pensare che l’Universo materiale sia composto quasi interamente di gas altamente ionizzati ed allo stato instabile. Solo in poche zone temperate dello spazio, come la nostra orbita, la materia può liquefarsi in modo da formare cose rare come l’acqua, gli animali e le piante. Appunto per l’apparente singolarità e solitudine del nostro pianeta in un universo ostile sorgono le domande più profonde: come fu creata la Terra? Quando cominciò la sua vita? Qual è il suo destino? Il concetto di un universo che esiste per caso e che non abbia un’origine né un destino non può essere accettato dall’Uomo, che vive nella dimensione del tempo. L’Uomo ha sempre postulato una creazione e la Genesi ne parla con accenti universali nella sua frase iniziale:” Nel principio Iddio creò il Cielo e la Terra. E la Terra era una cosa deserta e vuota, e le tenebre erano sopra la faccia dell’abisso….”. Nell’affrontare queste domande estreme, la moderna cosmologia penetra in quello che un tempo fu il regno della religione. Ogni mistero, che la scienza risolve, rivela l’esistenza di un nuovo mistero al di là di esso. Egocentrico com’è, l’Uomo ha ritenuto, per gran parte della sua breve storia, che il proprio pianeta fosse di poco più anziano di lui, e spesso non ha tenuto abbastanza conto degli indizi che periodicamente venivano alla luce: resti fossili sulle rocce, forme definite di vita diverse da quelle contemporanee o stranamente fuori posto. Nel 450 a.C. Erodono, dalla presenza di scheletri fossilizzati di pesci rinvenuti nel cuore del deserto del Libano, dedusse giustamente che un tempo il Mediterraneo doveva estendersi su una superficie molto più vasta di quella odierna. Duemila anni dopo, Leonardo da Vinci scoprì analoghi resti anche in Italia e giunse alla medesima conclusione. Nel 1654 l’arcivescovo irlandese Ussher annunciò con sicurezza che il suo studio delle Sacre Scritture lo aveva portato a concludere che la creazione aveva avuto luogo nell’anno 4004 a,C., il 26 ottobre, alle 9 del mattino. Per più di un secolo questa data conservò un carattere ufficiale, al punto che veniva considerata eresia supporre che la Terra fosse nata in un periodo antecedente. Le scoperte di fossili venivano deprecate come espedienti del demonio per trarre l’Uomo in inganno e, poiché esse diventavano sempre più frequenti, si arrivò alla conclusione che si trattasse dei “resti della razza perita durante il Diluvio”. All’inizio del secolo XIX pochi pionieri fecero compiere i primi passi a una nuova scienza: la geologia. Scavando lungo i fianchi delle colline e nelle vallate dove le correnti avevano aperto gole profonde, essi portarono alla luce antichi strati di rocce e non tardarono ad accorgersi che esisteva una relazione tra i diversi strati ed i fossili in essi contenuti. I resti delle piante e degli animali erano caratteristici per ciascun livello e differivano da uno strato all’altro. Così, a poco a poco, seppure in maniera ancora nebulosa, si incominciò ad intravedere nel tempo secondo un’ampia prospettiva nella quale prendevano rilievo profondi cambiamenti di clima, di topografia, di vita. Non si sarebbe potuto spiegare in maniera diversa la presenza di ossa di balene sulle colline del Vermount, i depositi marini nelle pianure del Kansas e le tracce di un’età glaciale in Australia e nel Brasile. Nel 1858 il lavoro di Darwin, non solo rivelò che la vita terrestre è stata soggetta a un’evoluzione irreversibile, ma fornì una cronologia secondo un sistema coerente. Così il calendario dei fossili ha fatto retrocedere il tempo della creazione di milioni di anni. La lettura delle rocce restava, tuttavia, un compito molto arduo. La registrazione del passato, incisa sulla faccia accidentata, profondamente segnata della Terra, spesso era stata resa incerta o addirittura cancellata dallo scorrere dei ghiacci, dall’erompere della lava vulcanica, dall’erosione provocata dalle piogge e dal gelo. Fu solo con la scoperta della radioattività, avvenuta intorno al 1900, che l’età della Terra potè essere stabilita con un’approssimativa precisione. Infatti gli elementi radioattivi come l’Uranio, il Torio e il Radio, perdono le loro caratteristiche entro periodi fissi, che sono indipendenti dalla temperatura, dalla pressione e da ogni altra influenza esterna. Ognuno di questi elementi, in un determinato periodo di tempo, perde una quantità di atomi definita ed è pertanto soggetto a una lunga serie di trasformazioni che si svolgono secondo un ritmo fisso, a noi ben noto, e si concludono con la trasformazione in atomi di piombo. Accurate analisi, condotte sulle rocce radioattive in tutte le parti del mondo, hanno portato a stabilire che le più antiche di esse , situate nel Sud Africa, risalgono a due miliardi e mezzo di anni or sono. La conclusione che ne è stata tratta è che la crosta della Terra si solidificò circa tre miliardi di anni fa. LA SFERA DI FUOCO Se alla domanda quando si passa a chiedersi come nacque la Terra, la scienza si inoltra in acque ancora più profonde. Lo studio delle origini deve sempre cominciare da una conoscenza dello stato attuale: ma il paradosso della geofisica è che i più grandi misteri che essa si trova ad affrontare giacciono proprio sotto i nostri piedi. La nostra conoscenza del sottosuolo si spinge a pochi chilometri di profondità: il pozzo più profondo che l’uomo sia riuscito a scavare nella terra raggiunge al massimo una ventina di chilometri scarsi. E’ questa una delle ragioni per cui la geofisica è attualmente la scienza meno sicura di se stessa, molto spesso basata su interpretazioni contrastanti delle testimonianze che vengono alla luce. Non c’è da stupirsi, perciò, se il concetto che l’uomo s’è fatto del centro della Terra ha assunto spesso forme fantastiche e paurose. L’astronomo inglese Valley, avanzò l’ipotesi che la Terra fosse una gigantesca caverna, abitata da esseri sotterranei. Gli stessi fenomeni dei vulcani, dei terremoti e dei geyser suggeriscono immagini spaventose su ciò che avviene al di sotto della superficie della terra. In tutte le epoche il mondo sotterraneo è stato dipinto come la destinazione dei dannati e spesso come il dominio assoluto del fuoco. • Oggi questa opinione è confermata: l’interno della Terra non è popolato ma è estremamente caldo. • Le misurazioni del calore rilevate all’interno delle miniere e gli scandagli nella crosta terrestre indicano che la temperatura aumenta di circa 1°C. ogni 33 metri. A poco più di t re chilometri di profondità si raggiunge il punto di ebollizione dell’acqua e a circa 50 chilometri il punto di fusione delle rocce. E’ a questa profondità che di solito si formano le lave dei vulcani, le quali prorompono alla superficie passando attraverso le fessure esistenti negli strati solidi superiori. Naturalmente l’aumento della temperatura non è progressivo, a mano a mano che ci si addentra verso il centro della Terra. Recenti esperienze dimostrano che gran parte del calore degli strati superiori è prodotto dagli elementi radioattivi, che sono concentrati in depositi nei pressi della superficie. Verso il centro della Terra la temperatura si acuisce, fino a raggiungere i 6000° circa, quasi la temperatura della superficie del Sole. • Il quadro generale accettato dai geofisici considera il nostro pianeta composto di tre principali sfere concentriche. La Terra non può essere formata all’interno dalla stessa specie di rocce che vediamo alla superficie, poiché in questo caso la sua massa dovrebbe essere meno della metà di quella accertata.(circa 6.600 milioni di milioni di milioni di tonnellate). Si è pertanto potuto stabilire che la sua densità aumenta a mano a mano che si progredisce verso i centro. Tutte le congetture portano a concludere che il nucleo della Terra sia costituito da una gigantesca sfera di ferro fuso(probabilmente con l’aggiunta di nichel e di qualche altro elemento pesante) del diametro di circa 6500 chilometri, ossia all’incirca della grandezza del pianeta Marte. Anche le proprietà fisiche di questa enorme sfera sono sconosciute, ma si ritiene che la straordinaria pressione esistente al centro schiacci le molecole fino a formare un “liquido –solido” ma diverso da qualsiasi altro liquido che vediamo o che possiamo immaginare. Intorno a questa sfera centrale si estende l’intelaiatura interna della Terra, dello spessore di circa 3000 chilometri, che viene definita “il mantello” e raggiunge quasi la superficie. Ancora una volta, in questo caso, la sismologia e le altre scienze che studiano la Terra si trovano di fronte alla necessità di stabilire quale sia l’elemento che compone questa intelaiatura. Il minerale che maggiormente risponde alle qualità richieste è l’Olivina, una roccia pesante di colore verde oliva, composta di silicati di magnesio e ferro. Essa ha la proprietà di presentarsi sia sotto forma rigida sia plastica. Al di sopra del mantello è posta la sottile crosta del mondo dell’Uomo, divisa a sua volta in due strati. Quello inferiore, o basamento, ricopre il fondo degli oceani e sostiene il nostro suolo: sembra essere costituito da un’ossatura di basalto (una roccia nera che si può rintracciare spesso nelle lave), il cui spessore va dai 15 ai 30 chilometri. Su questo strato si levano i continenti di granito sui quali viviamo noi. Questi strati, essendo l’uno più leggero di quello sottostante, vengono descritti come “galleggianti”. IL MOTORE DELLA TERRA STRUTTURA INTERNA DELLA TERRA • • • • La struttura profonda della Terra comprende parecchi gusci concentrici, il cui spessore è stato determinato con metodi geofisici e la cui composizione è approssimativamente nota sul confronto di quella delle meteoriti. La parte di Terra che più interessa la geologia e la mineralogia è la più esterna, da – 650 Km (discontinuità di Conrad) fino alla superficie. Essa comprende una porzione di transizione del mantello, tutto il mantello superiore inclusa una zona caratterizzata dalla bassa velocità delle onde sismiche detta ASTENOSFERA, e soprattutto la crosta, soprastante il mantello e separata da questo dalla discontinuità di Mohorovicic (Moho) La crosta presenta sostanziali differenze secondo che corrisponda alle aree continentali oppure a quelle oceaniche. CROSTA CONTINENTALE ED OCEANICA • • • • • • La crosta terrestre è differente per struttura, chimismo e composizione secondo che sottostia ai continenti od agli oceani. La crosta oceanica è sottile e sotto i 5 Km d’acqua, che in media la coprono, non comprende più di altri 5 Km di rocce sedimentarie e basaltiche prima di arrivare al Moho. Sotto il Moho, il mantello comprende una strato ultrafemico differenziato in una parte superiore di Harzburgite (Olivina + Ortopirosseno) ed una inferiore di Iherzolite (Olivina + Clinopirosseno + Ortopirosseno + Spinello). La crosta continentale è molto più spessa, circa 35 Km di rocce sedimentarie, metamorfiche e anatettiche (Granitoidi calco-alcalini), prima di giungere al Moho. Il mantello ha una parte superiore ultrabasica molto profonda ma piuttosto eterogenea: nella Peridotite prevalente (Olivina + Clinopirosseno + Spinello) sono sparse concentrazioni di magmi basici, per lo più solidificate a dare Eclogiti (Granato + Clinopirosseno + Quarzo). Alle maggiori profondità il mantello è, in entrambi i casi, costituito da Pirolite, un termine coniato dall’australiano Ringwood per definire una composizione virtuale equivalente a quella del mantello fertile. L’ORIGINE DEI PIANETI • • Pur differendo nei particolari, tutte le teorie sull’origine della Terra seguono due linee fondamentali di pensiero, ciascuna delle quali ha una sua lunga tradizione. Nel 1749 il naturalista francese BUFFON, avanzò l’ipotersi che una cometa si fosse scontrata col Sole, precipitandovi dentro e provocando enormi spruzzi di gas solare, che poi si condensarono nei pianeti. Nelle più recenti evoluzioni di questa teoria, la cometa è divenuta una stella e la collisione una semi-collisione, nel senso che il Sole e l’altra stella sarebbero venuti a trovarsi ad una distanza così ravvicinata che la forza d’attrazione esercitata dalla stella di passaggio avrebbe sollevato le onde di gigantesche maree nel corpo del Sole. Al momento del ravvicinamento estremo le creste di queste onde si sarebbero staccate, allontanandosi nello spazio e raffreddandosi poi fino a formare i pianeti: una metà di essi avrebbe seguito l’invasore, mentre l’altra metà sarebbe rimasta con la stella materna, il Sole. Contro questa “teoria della marea” sta la non meno antica “ipotesi nebulare” suggerita da Kant nel 1755 ed elaborata dal matematico francese LAPLACE nel 1796. Secondo questa teroria, il Sole fu circondato un tempo da una nebulosa rotante, un involucro di gas e pulviscolo cosmico, probabilmente residuo di una esplosione stellare. La forza centrifuga costrinse la nebulosa a curvarsi all’equatore e a scagliare all’esterno una serie di anelli che si raffreddarono e formarono “oggetti separati del sistema solare”. • • • Generazioni di astronomi hanno lavorato intorno a queste due idee fondamentali, rivedendone alcuni principi e scartandone altri.La teoria che ora illustreremo fu formulata nel 1951 dall’astronomo Gerard P. KUIPER dell’osservatorio di Yerkes, dell’Università di Chicago. La maggioranza degli astronomi è oggi concorde nel ritenere che tutte le stelle siano nate da nubi primordiali di gas e di pulviscolo cosmico, vaganti a caso nello spazio. Per effetto della gravitazione, esse si ammassarono, si contrassero, cominciarono a ruotare. Le pressioni interne aumentarono e le temperature si elevarono, finche raggiunsero lo stadio finale del bianco incandescente: allora divennero stelle ed incominciarono ad irradiare luce. Girando vorticosamente intorno ai loro poli, molte di loro si spezzarono in due e divennero stelle binarie (doppie): esse costituiscono più della metà della popolazione stellare. Altre si divisero in tre o anche, come la nostra Stella Polare, in cinque unità che però appaiono alla vista come una sola. Tuttavia, in certi casi (forse l’1%) si verificarono eventi diversi. ( E’ qui che la teoria di Kuiper si differenzia da quella che presuppongono fenomeni rari e accidentali, come un’esplosione stellare una semi-collisione: in base alle sue congetture è invece possibile che esistano circa un miliardo di sistemi analoghi al nostro all’interno della Via Lattea). In questi casi la distribuzione della materia e l’equilibrio della forze erano tali che, invece di dividersi, alcune nubi formarono singoli nuclei. Uno fu il nostro Sole, una stella giovane ed incandescente, in fase di sviluppo, posta al centro di un disco rotante di materia informe del diametro del nostro sistema solare. • • • • • • • Mentre questo disco girava, l’effetto della gravità creava all’interno numerose spirali di materia più densa. Le spirali vennero in collisione tra loro, si unirono, raccolsero sempre più larghe masse di materia in aggregati sempre più vasti. Col tempo (forse ci vollero 100 milioni di anni) le spirali maggiori si condensarono in pianeti e le minori in pianetini, in satelliti e, ai margini del disco, nelle stupefacenti comete. All’interno della sperale dalla quale si congelò la Terra se ne coagulò una più piccola, che formò la Luna. APPAIONI I CONTINENTI Nel mattino del tempo, la Terra fu una sfera informe di materia che si inoltrava nel corridoio polveroso della propria orbita. Alcuni teorici sono dell’opinione che la sostanza della quale era formata fosse fredda ed umida. I più, invece, concordano nel sostenere che, sviluppandosi, essa dovette riscaldarsi sino a divenire incandescente, sia per effetto della compressione dovuta alla gravitazione, sia a causa dell’attrito prodotto dal suo passaggio attraverso la nuvola solare. Mentre la Terra era allo stato liquido, gli elementi più pesanti affondarono verso il centro ed i più leggeri affiorarono alla superficie. Grandi getti di vapore acqueo e di anidride carbonica, prima trattenuta all’interno, eruppero e si sollevarono fino a formare la prima atmosfera. Lentamente la crosta si raffreddò. Circa un milione di anni passò prima che le rocce della superficie si raffreddassero. La prima cristallizzazione di materia, probabilmente, ebbe luogo all’interno: il “mantello” d’olivina si indurì prima della crosta terrestre esterna e suggellò nel centro del globo il calore Originario, che da quel giorno è rimasto invariato sino ai nostri tempi. • Fu in questo periodo che i primi continenti presero forma tra le più apocalittiche scene del tempo geologico. Sulla faccia della Terra, che si andava sempre più raffreddando, emergevano incessantemente fumo e fiamme e violente eruzioni che stendevano nuovi strati di lava. • Qua e là masse di granito incominciarono ad espandersi come icebergs sul basalto sottostante dando la prima forma embrionale a quelli che sarebbero poi stati i continenti. • Questo processo è tuttora in corso, tanto è vero che ammassi di materia continuano a sollevarsi dalla fornace posta all’interno, specialmente nella zona dei fondali marini. COME DOVEVA VEROSIMILMENTE APPARIRE LA TERRA NEI PRIMI CENTINAIA DI MILIONI DI ANNI DI VITA GENESI DEL PIANETA TERRA • La composizione del nostro pianeta e soprattutto lo stato in cui si trova la materia sotto la crosta terrestre, sono ancora quasi un mistero. • L'uomo ha esplorato lo spazio per qualche centinaio di migliaia di chilometri, ha analizzato la superficie della luna, ma all'interno del pianeta su cui vive, ha analizzato campioni solamente per dodiciquindici chilometri di profondità. • Estendere, con molta prudenza, fino a trenta-quaranta chilometri al di sotto della superficie, i caratteri mineralogici e petrografici delle rocce superficiali è consentito dall'estrapolazione dei dati che i geologi hanno raccolto con gli studi di geochimica, nei quali si analizzano i comportamenti che un elemento ha, nella sua attitudine naturale, a concentrarsi preferibilmente in determinati minerali od in determinate rocce, cioè in determinati processi minerogenetici e petrogenetici piuttosto che in altri. • Si può cosi ottimisticamente dire di conoscere la composizione del 5-8% della terra per osservazione diretta; il restante 92-95% è rimasto mistero assoluto fintanto che la fisica terrestre non ha fornito i criteri necessari per tentare di costruire dei modelli di struttura e composizione interna della Terra che giustificassero i dati delle misure fisiche, geofisiche ed astronomiche ottenute negli ultimi decenni. • • • • • • • • • • Fra tutti questi, i fondamentali sono: la misura dell'accelerazione di gravità alla superficie e della costante gravitazionale, che permettono di determinare la densità della terra; il modo di propagarsi delle onde sismiche nell'interno della Terra, che indica la presenza di discontinuità interna ossia di cambiamenti delle caratteristiche dei materiali attraversati; la velocità di propagazione delle onde, che dà informazioni sui moduli elastici dei materiali da esse attraversati. Fra le grandezze astronomiche misurate, particolare importanza rivestono: la costante di precessione degli equinozi, dalla quale si calcola il momento di inerzia della Terra; da quest'ultimo si ottengono poi importanti indicazioni sulla distribuzione della densità all'interno della Terra. la composizione chimica e mineralogica dei vari tipi di meteoriti che cadono sulla Terra. Goldschmidt aveva osservato che i meteoriti caduti sulla Terra potevano essere distinti in: sideriti - costituite da leghe di ferro-nichel - che sono una porzione relativamente modesta della massa di quelli precipitati sulla Terra; sideroliti - costituite in parti uguali da una massa spugnosa di ferro-nichel e silicati del tipo dell'olivina; aeroliti - dette anche meteoriti litoidi o pietre meteoritiche, costituite quasi esclusivamente da silicati: fra di esse si notano più frequentemente quelle denominate Condriti, composte da sferule di olivina e pirosseno. Goldschmidt formulò l'ipotesi che questi frammenti appartenessero ad un pianeta solare andato in frantumi all'inizio dell'evoluzione del sistema planetario. Questo ipotetico pianeta gli fornì un modello sul quale immaginare struttura e composizione interna della Terra. • • • • • • Il modello terrestre che nel 1922 egli concepì da questa fusione di dati prevedeva: un nucleo, detto SIDEROSFERA, composto, analogamente alle meteoriti metalliche o sideriti, da una lega metallica di Fe-Ni; un involucro, attorno al nucleo, detto CALCOSFERA, composto da solfuri, nella parte più interna, e da minerali simili alle rocce eclogitiche, nella parte più esterna; la composizione sarebbe dunque simile a quella dei meteoriti litoidi (con prevalenza di olivina e pirosseni); - un involucro esterno, superficiale, composto da silicati comuni, detto CROSTA o LITOSFERA. Altri modelli furono proposti, sulla traccia indicata da Goldschmidt, da Washington (1924), Niggli (1928), Daly (1933), Kuhun e Rittmann (1941), Buddington (1943), Bullen (1953). Il nostro pianeta si è formato molto probabilmente nella nebulosa solare per accrescimento da una iniziale nube fredda di polvere, ghiaccioli e gas; la composizione chimica di tale polvere primordiale è stata stimata dalle concentrazioni degli elementi nel Sole e nelle meteoriti condritiche carbonacee di tipo I. Questo particolare tipo di meteoriti mostra una composizione chimica più primitiva di quella delle altre meteoriti condritiche, essendo infatti più ossidata e ricca di gas: proprio quello che ci si aspetterebbe per la composizione della polvere primordiale. Il Ferro, per esempio, in tale polvere primordiale doveva trovarsi allo stato ossidato e non metallico ed erano presenti, probabilmente, metano, idruri di ammonio e ghiaccio. • Figura 1. Illustrazione schematica dell’ipotesi della nebulosa. • a) Una nebulosa diffusa, grossolanamente sferica, dotata di un lento moto di rotazione, inizia a contrarsi. • Come conseguenza della rotazione e della contrazione, si origina un disco piatto ed in rapido movimento rotatorio, nel cui centro si addensa la materia. • La contrazione continua, si forma il protosole, mentre si distaccano anelli di materia. • d) Il materiale costituente gli anelli condensa, originando i pianeti che ruotano in orbita intorno al sole. • Queste ipotesi sono da ritenersi attendibili a fronte di tre considerazioni: • le concentrazioni di elementi nell'attuale atmosfera solare devono riflettere la composizione della nebulosa solare primitiva; • lo studio delle meteoriti condritiche carbonacee suggerì a Urey (1953) l'origine primitiva di questi materiali che custodivano concentrazioni primordiali di elementi; • l'importanza di queste condriti salì ulteriormente quando fu scoperto che la loro composizione era in perfetto accordo con le concentrazioni primordiali teoriche degli elementi nel Sole, stimate basandosi sulla Teoria delle NUCLEOSINTESI (che interpreta la formazione dell'attuale spettro delle masse dei nuclei a partire dall'idrogeno come elemento progenitore). • • • • La Terra si sarebbe pertanto formata da un pulviscolo avente la composizione delle condriti carbonacee di tipo I. Ci si domanda ora come sia derivata la struttura attuale della Terra dalla composizione della polvere primordiale. E' una questione ancora controversa ma, con le conoscenze attuali, si può ragionevolmente riconoscere al fattore della "volatilità selettiva delle sostanze" di aver avuto un ruolo importante nella perdita dei gas: metano, acqua, ammoniaca ed altri. Il materiale primitivo è stato certamente soggetto ad un'azione riducente per effetto dell'alta temperatura che si è andata sviluppando con la condensazione della polvere; un risultato di questo processo complicato è stato il passaggio di Fe, Ni e Si da fasi ossidate a fasi metalliche e ne è seguita la perdita di sostanze volatili. Se ne deduce altresì che la somiglianza chimica tra la Terra e la polvere primordiale è più evidente per quegli elementi che sono poco volatili anche ad alta temperatura in ambiente riducente. Cercheremo ora di delineare le varie modificazioni che la Terra ha subito per trasformarsi da un corpo inizialmente omogeneo in un pianeta differenziato, vale a dire in un pianeta il cui interno è diviso in zone o involucri concentrici, ciascuno con caratteristiche chimiche e mineralogiche proprie. Prima dell'inizio dei tempi geologici, il pianeta Terra era costituito da un ammasso indifferenziato, formato soprattutto da composti di silicio, da ossidi di ferro e magnesio e da piccole quantità di altri elementi chimici naturali. Sebbene le particelle in aggregazione fossero inizialmente piuttosto fredde, il sistema in accrescimento iniziò subito a riscaldarsi. Ogni piccolo frammento che accresceva, essendo dotato di energia cinetica, durante l'impatto generava calore; parte veniva irradiato nello spazio e parte veniva incamerato nell'ammasso. Altra temperatura era apportata dal fenomeno di compressione: le parti interne del pianeta venivano compresse dal peso del materiale esterno che andava via via accumulandosi. Essendo le rocce cattivi conduttori di calore, le dispersioni risultavano praticamente nulle e il risultato era un aumento di temperatura nella parte interna del pianeta. RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA DEI TRE MECCANISMI CHE AVREBBERO POTUTO DETERMINARE L’INIZIALE RISCALDAMENTO DELLA TERRA a) b) c) Accrezione: corpi meteoritici bombardano la terra e la loro energia cinetica si trasforma in calore. Compressione gravitazionale della terra in un volume minore: questo fenomeno produce un riscaldamento all’interno della terra. La disintegrazione degli elementi radioattivi libera particelle e radiazioni che vengono assorbite dalle rocce circostanti, con conseguente riscaldamento di queste ultime. • • Studiosi che si sono occupati di questo problema ritengono che i fenomeni di aggregazione e compressione possano aver prodotto una temperatura media di circa 1.000 gradi centigradi all'interno del pianeta che si stava organizzando. Altro fenomeno che ha concorso, e continua ad essere attivo, è dovuto alla disintegrazione radioattiva di elementi pesanti quali Uranio e Torio che, sebbene non molto abbondanti sulla Terra, hanno svolto un ruolo importante nell’evoluzione della Terra ed innescato il processo il processo dell’evoluzione del pianeta. Figura 3. Temperatura dell’interno della Terra in diversi momenti della sua vita. • Dall'analisi di questi fenomeni è possibile fare ipotesi attendibili riferite alla temperatura iniziale ed alla radiazione terrestre ed elaborare modelli delle variazioni termiche verificatesi negli anni successivi. • Il Ferro è il più pesante degli elementi comunemente diffusi nella Terra; per questo motivo quando iniziò a fondere migrò verso l'interno, spostando i materiali più leggeri verso l'alto (crosta superficiale). E' molto abbondante: rappresenta infatti 1/3 della massa terrestre. La fusione e lo sprofondamento del ferro che portò alla formazione di un nucleo liquido, rappresentarono un evento di proporzioni catastrofiche. Durante la sua caduta verso il centro, avrebbe liberato ingenti quantità di energia gravitazionale che si sarebbe trasformata in calore. Al calore così generatosi si sarebbe poi sommato quello derivante dalla formazione del nucleo ferroso, che avrebbe prodotto un aumento della temperatura media di circa 2.000 gradi centigradi provocando la fusione di un'ampia porzione della Terra. Circa 1/3 del materiale costituente il pianeta primitivo sprofondò verso il centro ed in questo processo gran parte del corpo fu convertito allo stato fuso. Il materiale, più leggero di quello iniziale dal quale si era separato, migrò verso l'alto e, raffreddandosi, dette origine ad una crosta primitiva. La formazione del nucleo rappresentò lo stadio iniziale del processo di differenziazione, tramite il quale la Terra fu trasformata da un corpo omogeneo in uno ad involucri concentrici, con un nucleo di ferro più denso, una crosta superficiale composta da materiali più leggeri e con punto di fusione più basso, ed un mantello interposto tra i due precedenti. • Figura 4. Probabilmente la terra primitiva era: • a) un corpo omogeneo senza continenti e oceani. • b) durante il processo di differenziazione il ferro si è spostato verso il centro, mentre i materiali più leggeri sono migrati in superficie a formare la crosta. • c) di conseguenza la terra si è trasformata in un pianeta zonato, con un nucleo di ferro ad alta densità, una crosta superficiale costituita da rocce leggere ed un mantello residuo interposto tra queste due zone. • • • • • • • • La differenziazione è forse l'evento più significativo della storia della Terra: portò alla formazione della crosta ed infine alla nascita dei continenti; è probabile inoltre che da essa abbia preso avvio la liberazione di gas dall'interno e quindi la formazione dell'atmosfera e degli oceani. Le stime più attendibili fanno risalire questi eventi fra i 3,7 e i 4,5 miliardi di anni fa; le rocce più antiche che sono state trovate e stimate, risalgono a circa 4 miliardi di anni fa. Nella figura 5 sono elencati gli otto elementi più abbondanti, in peso, sulla Terra: essi rappresentano più del 99% dell'intera massa terrestre. Il 90% della Terra è costituito da quattro elementi: ossigeno, silicio, magnesio e ferro. Come già rilevato, il ferro è l'elemento più abbondante se si considera la Terra nel suo insieme ed, essendo più pesante, è concentrato nel nucleo; se consideriamo invece la crosta terrestre, il ferro risulta al quarto posto. Altri elementi come alluminio, potassio, sodio e calcio, essendo più leggeri, si sono concentrati in maggioranza nella crosta terrestre. Questa ineguale distribuzione di elementi nella Terra viene indicata come ZONIZZAZIONE CHIMICA. Il mantello, situato tra crosta e nucleo, è diventato presumibilmente il serbatoio per i silicati di ferro e magnesio che fondono a temperature più alte e sono più pesanti dei feldspati molto comuni sulla crosta. Quanto detto rappresenta un'ipotesi basata su meccanismi fisicamente plausibili e sulla estrapolazione di dati sperimentali. Dobbiamo ammettere che quanto presentato è solamente uno dei molti schemi possibili per spiegare coerentemente l'evoluzione del nostra pianeta. Esistono discordanze di opinioni circa la natura di ogni singolo stadio; non ne esistono, invece, riguardo il corso generale degli eventi. IL DILUVIO FORMA GLI OCEANI • • • • Una volta che la Terra si fu consolidata, nacquero i mari. Mentre le rocce lentamente indurivano, il vapore acqueo ed altri gas si liberarono dall’interno del pianeta, attraverso un processo di cristallizzazione e salirono nell’atmosfera più fredda, dove si raccolsero in enormi ammassi di nuvole, che stesero sulla Terra una perenne oscurità. Di tanto in tanto, dagli strati superiori della volta delle nuvole, cadeva la pioggia: ma naturalmente bolliva appena toccava il suolo e ridiventava di nuovo vapore. Forse per millenni la luce solare non attraversò mai questa densa e continuamente rinnovatesi cortina di tenebre. Una situazione del genere deve essere durata almeno per tutto il periodo in cui la crosta della Terra passò gradualmente dalla temperatura di fusione delle rocce a quello di ebollizione dell’acqua (100°C.). Infine venne il g iorno in cui la pioggia cadde e non bollì. Non evaporò: le piogge cadute affrettarono il processo di raffreddamento e stimolarono di conseguenza, un condensamento delle nuvole. Ne scaturì il più grande diluvio di tutti i tempi. Non si sa quanto durò, ma quando,alla fine, le nuvole si assottigliarono, gli oceani primordiali apparvero ai primi raggi del nuovo Sole. L’interno della crosta terrestre, continuando a raffreddarsi, ad un certo punto si contrasse, costringendo anche la parte esterna a contrarsi allo stesso modo. Così, la crosta della Terra si coprì di rughe: erano nate le prime montagne. Altre sorsero per il sollevamento del mantello, altre si formarono per l’eruzione dei vulcani. Probabilmente, in questo periodo della loro infanzia, le prime montagne presentavano una superficie relativamente liscia. Non ci volle molto perché questi profili fossero sfigurati dall’azione dell’acqua e del vento, che iniziarono la loro opera di scultura della faccia della Terra. L’atmosfera primordiale, composta di gas corrosivi, cominciò a disgregare la superficie delle rocce indebolendola e rendendola meno resistente nel momento in cui sarebbero state sottoposte all’urto delle acque e all’azione delle correnti. Infine venne il giorno in cui la pioggia cadde e non bollì. • • • • • • • • Non evaporò: le piogge cadute affrettarono il processo di raffreddamento e stimolarono di conseguenza, un condensamento delle nuvole. Ne scaturì il più grande diluvio di tutti i tempi. Non si sa quanto durò, ma quando,alla fine, le nuvole si assottigliarono, gli oceani primordiali apparvero ai primi raggi del nuovo Sole. Molto tempo dovette trascorrere prima che i bacini diventassero come sono ora. Da quel tempo, il livello delle acque della Terra si è abbassato ed innalzato parecchie volte, le coste sono cambiate, i mari hanno invaso le terre e si sono ritirati, il profilo dei continenti è mutato a più riprese. SORGONO LE MONTAGNE Più di un milione di anni or sono si ebbe un periodo di prodigiosi sollevamenti, che i geologi americani chiamano “Rivoluzione Laurenziana”, poiché le radici di alcune grandi montagne che sorsero allora sono ancora oggi visibili tra i monti Laurenziani, nel Canada orientale. Tutta la crosta della Terra si agitò violentemente e si incurvò verso l’alto e verso il basso, formando le profondità oceaniche e vaste catene di montagne. Dappertutto il processo di sollevamento fu accompagnato da terremoti e da eruzioni vulcaniche. Tutte le maggiori catene montuose che esistono oggi sulla Terra ( le Montagne Rocciose, le Alpi, l’Himalaya, ed altre..) sorsero entro gli ultimi 200 milioni di anni. Il fenomeno della crescita delle montagne non è ancora cessato. Lungo il Pacifico, dall’Alaska alle Indie, i vulcani, nel fondo dell’oceano, formano come un cerchio di fuoco. Ci sono riscontri che l’Himalaya ed altre montagne sono tuttora ancora in fase di sviluppo. LA MARCIA DEI GHIACCIAI Noi viviamo, oggi, in un’epoca glaciale. Dove esistono alte montagne, esistono nevi e ghiacci. Le catene di montagne impediscono il flusso dell’aria e gli immensi ponti di terra che sorsero nei periodi di formazione dei continenti allontanarono le correnti calde degli oceani, producendo localmente fenomeni climatici estremi. UN GHIACCIAIO VALLIVO Le cause delle periodiche età glaciali della Terra costituiscono uno dei più profondi enigmi della geo-storia. Alcuni geologi le hanno spiegate in base a fattori atmosferici, con i cambiamenti avvenuti nella composizione chimica dell’aria o con le nubi di ceneri vulcaniche che, nei periodi di maggiore inquietudine della crosta terrestre, possono aver impedito per un certo tempo il passaggio dei raggi solari. Altri hanno suggerito cause astronomiche, come le fluttuazioni d’intensità nelle radiazioni solari o i mutamenti avvenuti nella Terra rispetto al Sole. L’ellisse dell’orbita della Terra si allunga e si contrae alternativamente e l’asse terrestre assume un’inclinazione a volte maggiore a volte minore. Tuttavia è probabile che nessuno di questi fattori sia bastato da solo: piuttosto è da supporre che essi abbiano agito congiuntamente. L’ultima e probabilmente più grande età del ghiacci ebbe inizio un milione di anni fa, al tempo in cui l’Uomo iniziava a muovere i sui primi passi eretti. I ghiacci a quel tempo ricoprivano più di un quarto del nostro pianeta, avanzando e ritirandosi per almeno quattro volte nel corso del tempo. Oggi stiamo uscendo dall’ultima grande avanzata dei ghiacci, che raggiunse il suo culmine circa 20.000 anni fa. Attualmente, quasi un decimo della superficie terrestre è permanentemente ricoperto da ghiaccio. LE METEORITI L’Origine extraterrestre delle meteoriti fu universalmente riconosciuta solo nel secolo XIX, infatti solo negli ultimi anni del settecento, il tedesco E. F. Chladni sostenne che le meteoriti sono frammenti di corpi celesti, prodotti da fenomeni esplosivi o da urti reciproci. Queste idee si affermarono gradualmente, e ancor oggi costituiscono il fondo comune della maggior parte delle diverse teorie che sono state formulate sull’origine delle meteoriti, i cui dettagli si fondano sovente su argomenti scarsamente sostenuti da dati obiettivi. Le meteoriti, pur nella loro diversità di composizione, formano una serie continua, nella quale i tipi principali sono collegati da termini intermedi. Ciò parla in favore di una loro origine comune da un solo corpo celeste di cui esse rappresentano differenti parti, ovvero da pochi corpi celesti a composizione analoga. Questi corpi appartenevano probabilmente al sistema solare, poiché le poche orbite calcolate di meteoriti sono ellittiche; per di più, la curvatura più lontana di queste orbite è situata nella zona degli asteroidi. Da queste ed altre considerazioni si può desumere la probabilità che le meteoriti siano piccoli asteroidi con orbita eccentrica che, venuti a trovarsi in prossimità della Terra, ne sono stati attratti. Disponendo le meteoriti in ordine, si ottiene una serie che inizia con le sideriti (densità circa 7,5) e, attraverso le sideroliti (densità intorno a 5), arrivare alle aeroliti (densità circa 3,5). Se si postulasse un parallelismo di analogia di composizione e struttura interna tra la Terra ed i corpi planetari dalla cui disgregazione si sono formati gli asteroidi e quindi con ogni probabilità le meteoriti, esso può essere ritenuto possibile, poiché il processo di formazione e l’evoluzione dei diversi corpi planetari furono verosimilmente analoghi, e avvennero, secondo le ipotesi prevalenti, per distacco e raffreddamento progressivo di nuclei di materia solare da una nebulosa rotante, oppure per aggregazione di materia in origine dispersa e a bassa temperatura, e successivo riscaldamento dell’interno dei corpi così formati, avvenuto in seguito alla compressione dovuta alla loro progressiva contrazione o per fenomeni di radioattività. METEORITE di WILLAMETTE Secondo la maggioranza di queste teorie, il nucleo terrestre è attualmente composto da ferro e nichelio (come le sideriti), il mantello da una miscela di ferro-nichelio e di silicati, con quantità crescenti di questi ultimi a distanze maggiori dal centro, fino ad essere costituito pressoché unicamente da silicati nei livelli sottostanti la crosta terrestre. Le SIDERITI (o ferri meteoritici) sono meteoriti composte in assoluta prevalenza dalle due forme mineralogiche della lega ferronichelio, la camacite e la tenite. I minerali accessori delle sideriti sono principalmente solfuri, fosfuri e carburi metallici, oltre a grafite e cromite. A seconda della loro composizione mineralogica e chimica, e soprattutto della loro struttura, queste meteoriti di dividono in tre gruppi: le esaedriti, le ottaedrici e le atassiti; le ottaedrici sono il tipo di gran lunga oiù comuni tra le sideriti. Le Esaedriti sono composte quasi unicamente da camacite, e pertanto la loro composizione chimica è notevolmente costante: il ferro ammonta in media al 93% ed il nichelio tra il 4 e 5,5% TECTITE - TAILANDIA Quando in una meteorite il nichelio supera il 5,5% queste prendono il nome di Ottaedriti: La struttura che le caratterizza si manifesta con le caratteristiche figure di Widmanstatten, le quali compaiono dopo attacco acido, su una superficie lucidata. Quando il tenore di nichelio supera il 12-14%, tra i due composti, camacite e tenite, non si presentano più con la regolare disposizione presente nelle ottaedrici, ma sono intimamente commisti e senza ordine evidente: si hanno così le Atassiti. Le SIDEROLITI, costituiscono un gruppo poco numeroso. Sono formate da leghe ferro-nichelio e da silicati, prevalentemente di magnesio, in proporzioni pressoché equivalenti. Si dividono in due gruppi principali: le Pallasiti (in cui il silicato è l’Olivina) e le Mesosideriti, nelle quali tra i silicati prevalgono i Pirosseni accompagnati spesso da un plagioclasio. Sezione sottile di una METEORITE varietà PALLASITE Le AEROLITI sono meteoriti composte esclusivamente o in assoluta prevalenza da silicati: le leghe ferro-nichelio e gli altri minerali metallici sono presenti in quantità insignificanti. Sono il gruppo di meteoriti più rappresentato, nel quale si possono distinguere due classi: le Condriti e le Acondriti, a seconda che siano presenti i condurli, corpuscoli sferoidali costituiti da minerali femici, sovente uniti a sostanza vetrosa. Le TECTITI sono costituite da una sostanza vetrosa ad alto contenuto di silice. Vengono rinvenute per lo più nel suolo superficiale, ma non di rado sono contenute in depositi sedimentari del Quaternario e del Terziario. La natura meteoritica delle tectiti non è ancora stata dimostrata in modo sicuro e non sono presenti in qualsiasi regione della Terra, ma solo in alcune aree ben delimitate.