GIACOMO LEOPARDI UNA VITA TRASCORSA NELL’INFELICITÀ E NELLA SOFFERENZA MA AFFRONTATE CON DIGNITÀ E FORZA D’ANIMO “Non mi so più dolere, miei cari amici; e la coscienza che ho della grandezza della mia infelicità, non comporta l’uso delle querele. Ho perduto tutto: sono un troco che sente e pena”. Dedica nel 1831 l’edizione fiorentina dei Canti «agli amici suoi di Toscana», “I miei patimenti fisici giornalieri e incurabili sono arrivati con l’età ad un grado tale che non possono più crescere: spero che superata finalmente la piccola resistenza che oppone loro il moribondo mio corpo, mi condurranno all’eterno riposo che invoco caldamente ogni giorno non per eroismo, ma per il rigore delle pene che provo”. Lettera nel maggio del 1837, al padre Monaldo, pochi giorni prima di morire A chi insinuò che il suo pessimismo dipendesse dalla deformità e dalla malattia il Leopardi rispose con sdegno e si deve riconoscere che queste esperienze non rimasero per lui un motivo di lamento individuale, ma divennero uno strumento conoscitivo. Forse anche per la personale cognizione del dolore, cioè, egli seppe guardare a fondo nella realtà che lo circondava e scoprirne aspetti e contraddizioni ad altri ignoti. BIOGRAFIA La formazione nel “borgo natio selvaggio” Giacomo Leopardi nacque a Recanati il 29 giugno 1798 dal conte Monaldo Leopardi e da Adelaide dei marchesi Antici. Recanati era un borgo isolato ed arretrato dello Stato Pontificio. I GENITORI Il padre era un nobile colto, ma di una cultura accademica, e di idee reazionarie ancora legato al dispotismo illuminato, che aveva in parte sperperato il patrimonio costringendo la famiglia ad un regime di austerità economica La madre era una donna severa, avara di affetti, più preoccupata del riassestamento delle finanze domestiche che della formazione e dell’educazione dei figli attraverso un comprensivo rapporto con loro. Leopardi notò che sua madre prendeva come prova della sua fede la malattia dei figli. L’ISOLAMENTO ED IL RIFUGIO NELLO STUDIO Il Leopardi bambino sicuramente sofferse di questa situazione, che escludeva la confidenza fra genitori e figli e che imponeva a tutti i membri della famiglia un decoro ancora legato ai ruoli e al distacco feudale. La sua giovinezza fu contrassegnata dalla solitudine e dall’isolamento. Fu affidato con i fratelli ad un precettore e studiò nella biblioteca paterna. “I SETTE ANNI DI STUDIO DISPERATISSIMO” MATTO E Il Leopardi dal 1808, all’età di 10 anni, fino al 1815 si chiuderà in questa biblioteca e questo comprometterà la sua solute. Approfondì la conoscenza del latino, apprese il greco e l’ebraico, con l’aiuto di una Bibbia poliglotta presente in biblioteca e ciò gli permise di addentrarsi sempre più nello studio dei classici. Rimangono di questi anni giovanili numerose composizioni in prosa e poesia, su argomenti storici, filosofici ed anche scientifici, sia in italiano che in latino DALL’ERUDIZIONE AL BELLO Nel corso del 1816 il Leopardi, muovendo da una conoscenza approfondita dei classici e da numerosi esercizi di traduzione, maturò quello che più tardi avrebbe definito il passaggio “dall’erudizione al bello”, valutò cioè diversamente i valori della poesia e rivalutò anche la produzione in volgare. Allora l’insufficienza della biblioteca paterna, l’impossibilità di confrontarsi con persone del suo stesso livello, il desiderio di gloria e il bisogno di socializzazione gli resero l’isolamento del “natio borgo selvaggio” insopportabilmente doloroso. IL 1816 Nasce l’amicizia, inizialmente solo epistolare, di Giacomo con il letterato Pietro Giordani, che per primo riconobbe nel giovine il futuro genio. La cultura laica ed illuminista del Giordani si contrapponeva a quella antiquata del conte Monaldo. Partecipa al dibattito fra classicisti e romantici. Dalla filologia →passa alla produzione poetica (traduce in poesia le sue emozioni) LO ZIBALDONE Nel 1817 inizia un’opera in prosa la cui stesura occuperà gran parte della sua vita. Questo lavoro, cui diede titolo di “Zibaldone”, è la più alta espressione del vastissimo pensiero leopardiano, un acuto studio di sentimenti umani, un esame approfondito dei più vari argomenti. Ignorato per lunghi anni, lo “Zibaldone” fu pubblicato per la prima volta dal Carducci nel 1898. L’impossibilità di lasciare Recanati, anche per ragioni prettamente economiche, e il bisogno sempre più forte di evadere da un ambiente limitato e restrittivo, portarono Leopardi, nonostante gli ammonimenti del Giordani, a idealizzare quel mondo lontano di cui non aveva ancora fatto esperienza. LA CRISI DEL 1819, DAL BELLO AL VERO Nel 1819, dopo una visita del Giordani a Recanati, tentò la fuga, che però venne scoperta accidentalmente e quindi sventata. Il 1819, per l’esasperazione conseguente al fallito tentativo di evasione e per un sensibile peggioramento delle sue condizioni fisiche (una malattia agli occhi lo costrinse ad una lunga inattività), fu un anno di grave crisi e di cupe e dolorose meditazioni sulla condizione propria e dell’uomo in generale Scrive ad esempio al Giordani “Sono così stordito dal niente che mi circonda, che non so come io abbia forza di prender la penna per rispondere […]. Non ho più lena di concepire nessun desiderio, neanche della morte, non perch’io la tema in nessun conto, ma non vedo più divario tra la morte e questa mia vita”. NUOVA VISIONE DELLA CONCRETIZZARONO IN REALTÀ SI NUMEROSE RIFLESSIONI AFFIDATE ALLE PAGINE DELLO ZIBALDONE E IN PARTICOLARE A QUELLA TEORIA DEL PIACERE CHE, ESPOSTA PER LA PRIMA VOLTA NEL CORSO DEL 1820, EGLI AVREBBE POI RIELABORATO E APPROFONDITO PER TUTTA LA VITA. E’ IN SOSTANZA L’INIZIO DI QUELLA CHE POI EGLI DEFINIRÀ CONVERSIONE DAL BELLO AL VERO, DALLE LETTERE ALLA FILOSOFIA MODERNI NON FOSSE PIÙ CONCESSA UNA POESIA D’IMMAGINAZIONE COME QUELLA DEGLI ANTICHI: AI MODERNI ERA POSSIBILE SOLO UNA POESIA SENTIMENTALE E FILOSOFICA. → PARZIALE ACCOSTAMENTO ALLE IDEE DEI ROMANTICI. ↓ LEOPARDI NON CONDIVIDE CON I R. ALCUNI PRESUPPOSTI (AD ESEMPIO LA POPOLARITÀ DELLA POESIA, LA SCELTA DELLA PROSA NARRATIVA E DEL ROMANZO) E ALCUNI INDIRIZZI DEL GUSTO (IL ROMANZESCO ED IL PATETICO, LA PROPENSIONE ALLE TENEBROSE FANTASIE MEDIEVALEGGIANTI, ECC.), MA DI CUI SOPRATTUTTO NON CONDIVISE MAI LA RELIGIOSITÀ E LO SPIRITUALISMO. LA DELUSIONE NON INFLUISCE SULLA SUA PRODUZIONE LETTERARIA, ANZI IN QUEL PERIODO COMPOSE NUMEROSI IDILLI E CANZONI, CITIAMO “AD ANGELO MAI”, “LA SERA DEL DÌ DI FESTA”, “LA VITA SOLITARIA”, “IL SOGNO”, “NELLE NOZZE DELLA SORELLA PAOLINA”, “AD UN VINCITORE DEL PALLONE”, “ALLA PRIMAVERA”, “ULTIMO CANTO DI SAFFO”. SONO DI QUEL TEMPO ANCHE LE SUE PRIME OPERETTE SATIRICHE. LA CRISI DEL 1823 Nel 1822 poté finalmente recarsi a Roma, con l’autorizzazione del padre, dove si fermò qualche mese ospite dello zio Carlo Antici. L’esperienza tanto desiderata della grande città e degli ambienti letterari romani, legati ad una cultura arcadica ed arretrata, costituì per lui una delusione ulteriore: il mondo fuori Recanati gli si mostrò assai più meschino dell’immaginato. TORNANDO VOLENTIERI A RECANATI NEL 1823 INFITTÌ LE RIFLESSIONI SULLO ZIBALDONE E SENTÌ INARIDIRSI LA VENA POETICA. LE CONCLUSIONI CUI GIUNSE LA SUA MEDITAZIONE PARVERO IMPORGLI L’ABBANDONO DELLA FORMA POETICA PER LA PROSA, DAL 1823 AL 1825 INIZIA A RECANATI LA STESURA DELLE OPERETTE MORALI. ↓ OPERA DI ALTO CONTENUTO FILOSOFICO, SEGNARONO IL MOMENTO CULMINANTE DELLA SVOLTA NELLA CONCEZIONE DELLA NATURA, CHE ORA GLI APPARVE LA PRINCIPALE COLPEVOLE DELL’INFELICITÀ UMANA. PESSIMISMO COSMICO IL RITORNO ALLA POESIA Negli anni successivi il Leopardi intensificò gli sforzi per abbandonare definitivamente Recanati: Nel 1825 si recò a Bologna dove fu bene accolto dalla società letteraria; poi proseguì per Milano e qui ebbe modo di instaurare un rapporto di lavoro con l’editore Stella che gli garantì un assegno mensile, che ne limitava la dipendenza dalle finanze paterne. A Bologna vi soggiornò fino all’autunno del 1826, qui rivide il Giordani e strinse alcune amicizie, fra l’altro con il conte Carlo Pepoli, cui dedicò una “Epistola” in versi. FIRENZE A Firenze frequenta il Gabinetto Vieusseux, circolo letterario dove si incontravano i più notevoli esponenti della cultura contemporanea. Qui conosce fra gli altri Alessandro Manzoni (in un primo momento L. è felice di aver incontrato l’autore dei Promessi Sposi, pone però delle riserve sul genere scelto, lui non apprezza il romanzo) e l’esule napoletano Antonio Ranieri con il quale in seguito strinse una forte amicizia. PISA Desideroso di trascorrere l’inverno in un clima più mite, il poeta si trasferisce a Pisa dove rimarrà poco meno di un anno, finalmente rasserenato perché entusiasta della città e ancor più dell’accoglienza a lui riservata dai pisani. Nei mesi qui trascorsi sente risorgere il bisogno di fare versi e vedono la luce opere importanti, fra cui lo “Scherzo”,“Il risorgimento” e “A Silvia”. Ma a giugno deve lasciare Pisa per tornare a Firenze e vi si ferma qualche mese all’inutile ricerca di un impiego. “I SEDICI MESI DI NOTTE ORRIBILE” Le sue condizioni di salute nel frattempo si sono aggravate: non riesce più a lavorare e ha sempre più spesso bisogno di qualcuno che legga e scriva per lui. Malvolentieri ritorna a Recanati, e questo significa per lui una sconfitta ed uno sprofondare in una cupa disperazione, in una “notte orribile”, che dura sedici lunghi mesi. Tuttavia i mesi che passa a Recanati sono fecondi di opere: egli compone “Il passero solitario”, “Le ricordanze”, “La quiete dopo la tempesta”, il “Canto notturno” ed “Il sabato del villaggio”. GLI ULTIMI ANNI Costretto ad accettare l’offerta fattagli, attraverso il Generale Colletta, da alcuni amici toscani; essi gli garantivano un prestito annuale da restituire con la pubblicazione di future opere. Leopardi poté così lasciare Recanati e questa volta definitivamente. Più tardi sarà il padre sesso a concedergli un piccolo sussidio. LA CONSAPEVOLEZZA Sempre più minato nel fisico, sempre più proiettato anche sentimentalmente verso una morte liberatrice, il Leopardi di questi ultimi anni esce però con animo deciso dalla disperazione dell’ultimo soggiorno recanatese: «è un Leopardi nuovo che ha un suo messaggio da consegnare all’umanità, una sua verità sconsolata e virile da esporre e difendere» (Sapegno), un Leopardi consapevole della propria grandezza, disposto a combattere per le proprie idee e più attivamente interessato ai problemi sociali e politici del proprio tempo. L’AMORE NON CORRISPOSTO La tranquillità economica gli permise di ritornare a Firenze dove ebbe modo di conoscere e frequentare la bella Fanny Targioni Tozzetti (nobildonna fiorentina sensibile e brillante). Lei si intratterrà volentieri col poeta ma solo per piacevoli conversazioni, per coltivare un’amicizia fra ingegni e probabilmente anche per civetteria. Questo amore incorrisposto sarà l’ispiratore del “Ciclo di Aspasia”, un vero e proprio poema del cuore distrutto, costituito da i canti “Il pensiero dominante”, “Amore e morte”, “Consalvo” , “A se stesso”,” Aspasia”. RISPOSTE ALLE ACCUSE E AMICIZIA CON RANIERI Nel 1831 esce l’edizione fiorentina dei Canti. L’anno successivo scrive le due ultime Operette Morali, fra cui il Dialogo di Tristano e di un amico nel quale esplicitamente polemizza con quanti attribuiscono alla sua malattia la sua concezione pessimistica del mondo e in genere con la cultura del proprio secolo. In questo soggiorno fiorentino Leopardi incontra nuovamente Antonio Ranieri e di comune accordo nel 1833 essi decidono di unire le poche risorse economiche di cui dispongono per trasferirsi insieme a Napoli NAPOLI Questa città attrae Giacomo per il clima più favorevole alla sua precaria salute e per la vivacità culturale che la distingue. Negli ultimi anni trascorsi a Napoli in una sempre più ansiosa attesa della morte, quale definitiva liberazione dalle proprie sofferenze, Leopardi compone in poesia alcune opere satiriche, fra cui la “Palinodia al marchese Gino Capponi” ed i “Paralipomeni della Batracomiomachia”, Vengono nuovamente pubblicati i “Canti” e le “Operette morali”. LA GINESTRA Nel 1836 per sfuggire all’epidemia del colera il Ranieri si trasferisce con Giacomo a Torre del Greco nella villa di un parente ed ivi forse il poeta scrive due canti sepolcrali “Il tramonto della luna”e “La ginestra”; La ginestra costituisce la summa della sua riflessione degli ultimi anni, in cui il radicale pessimismo si coniuga con il nuovo slancio utopistico, nell’appello a tutti gli uomini a consociarsi contro il nemico comune, la natura, e in cui trova la suprema consacrazione la nuova poetica, non più idilliaca, non più orientata verso un linguaggio indefinito e vago. LA MORTE Tornato a Napoli stanco e sofferente, non può realizzare il nuovo desiderio di un ritorno a casa perché le sue condizioni di salute peggiorano. Assistito dal Ranieri e dalla sorella di questi Paolina, Giacomo Leopardi si spegne a Napoli il 14 giugno del 1837 “DATEMI LE VOSTRE NUOVE E DE’ VOSTRI, E VOGLIATEMI BENE. ADDIO, ADDIO. IL VOSTRO LEOPARDI” LETTERA AD ANTONIETTA TOMMASINI, 15 MAGGIO 1837