Definizioni fondamentali: Amministrazione: soggetto che svolge un’attività rivolta alla soddisfazione di interessi che lo stesso soggetto persegue. Amministrazione in senso oggettivo: amministrazione, regolata da norme giuridiche, che svolge un’attività per soddisfare interessi pubblici. Amministrazione in senso soggettivo: amministrazione di enti pubblici, regolata da norme giuridiche, che svolge un’attività per soddisfare interessi pubblici. Amministrazione comunitaria: è l’amministrazione che si riferisce alle Comunità di Stati, ad esempio alla Comunità europea della quale l’Italia fa parte. L’amministrazione comunitaria europea può essere definita come l’insieme degli organismi e delle istituzioni dell’UE cui è affidato il compito di svolgere attività sostanzialmente amministrativa e di emanare atti amministrativi. Le organizzazioni internazionali sono dotate di una propria struttura amministrativa e sono legate alle amministrazioni degli Stati membri. L’insieme delle normative comunitarie definisce la disciplina detta diritto amministrativo comunitario. Il diritto amministrativo comunitario è particolarmente rilevante per il diritto amministrativo italiano perché esso può trasformarsi in uno strumento di circolazione di modelli giuridici, il nostro ordinamento giuridico disciplina gli atti di amministrazione comunitaria che producono direttamente effetti nei confronti dei soggetti dell’ordinamento italiano. La norma comunitaria può trovare soluzione nel nostro ordinamento giuridico in quanto sia autorizzata dal nostro ordinamento, e il nostro ordinamento la utilizza perché la costituzione attribuisce un ruolo importante alla normativa in rango alle prescrizioni normative di rango comunitario. Non è possibile che una norma comunitaria che contrasti con la nostra costituzione trovi soluzione in Italia. Non esiste una funzione esecutiva comunitaria, per questo l’esecuzione di molte decisione spetta alle amministrazioni nazionali, anche l’attuazione di regolamenti e direttive spetta agli stati membri che agiscono adottando atti legislativi e amministrativi. Quando il diritto comunitario viene mediato dal diritto interno di recepimento, che costituisce il parametro di legittimità dell’attività amministrativa, si parla di diritto amministrativo nazionale. La disciplina europea ha introdotto in Italia un nuovo modello di potere pubblico (le autorità indipendenti)e una nuova funzione (quella regolativa dei mercati) e ha accentuato la rilevanza del mercato e della tutela dei consumatori. Il trattato di Nizza del 21 febbraio 2001 (ratificato dall’Italia con la legge 102/2002) ha costituito la prima fase del procedimento per stipulare i trattati. A Nizza venne anche proclamata la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che riafferma diritti già riconosciuti dalla giurisprudenza comunitaria. La conferenza intergovernativa di Bruxelles del 18 giugno 2004 ha approvato il testo finale della Costituzione europea, che però nel giugno del 2005 è stato arrestato a causa del rifiuto di Francia e Olanda. Il Trattato di Lisbona nel dicembre del 2007, entrato in vigore l’1 dicembre 2009, ha modificato sia il Trattato dell’Unione che il Trattato che istituisce la comunità europea. Il Trattato di Lisbona disegna l’unione europea come un ordinamento unitario, che riconosce l’efficacia della Carta dei diritti fondamentali. La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali è un trattato internazionale redatto dal consiglio d’Europa, firmato a Roma il 4 novembre 1950, entrato in vigore il 3 settembre 1953 e ratificato da tutti i 47 Stati membri il 22 giugno 2007. Tale convenzione ha istituito la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), le cui norme integrano l’art 117 della Costituzione italiana, inoltre ha stabilito che nei casi in cui la norma interna vada in contrasto con una disposizione della CEDU, il giudice comune non può disapplicare la norma interna ma deve sottoporla a scrutinio di costituzionalità per violazione dell’art 117 della Costituzione. Nonostante questo intervento della Corte Costituzionale, alcuni giudici amministrativi hanno continuato a disapplicare il diritto nazionale, riferendosi al trattato di Lisbona in vigore dal 2009 e al suo art. 6 che stabilisce che i diritti riconosciuti dalla CEDU fanno parte del diritto dell’unione in quanto principi generali. Nel 2011 la corte costituzionale ha ribadito che anche dopo il trattato di Lisbona la CEDU svolge un ruolo solo strumentale all’individuazione dei principi generali stabiliti dal diritto dell’Unione e non diviene direttamente operante negli ordinamenti nazionali degli stati membri. Indennizzo o indennità: si concede ad un soggetto privato in cambio della perdita di un suo diritto, si riferisce solo ad attività lecite cioè attività regolamentate da leggi (es. esproprio). Risarcimento: si concede ad un soggetto privato in cambio della perdita di un suo diritto, si riferisce solo ad attività illecite cioè attività non regolamentate da leggi (es. danno arrecato a causa di un incidente). Oggi è ammesso il risarcimento del danno prodotto da un provvedimento amministrativo. Legislazione: complesso di leggi finalizzate a regolamentare un testo Regolamenti: disposizioni giuridiche volte a regolamentare un comportamento, sono atti formalmente amministrativi poiché il soggetto agente è un soggetto pubblico, ma sostanzialmente normativi perché caratterizzati da astrattezza e generalità. Norma giuridica o disposizione giuridica:è volta a regolamentare dei comportamenti, si compone di una parte prescrittiva e una parte con carattere sanzionatorio, che non è obbligatoriamente definito dalla norma. La prima prescrive obblighi, divieti, la seconda stabilisce le conseguenze del mancato rispetto della parte prescrittiva. Sono caratterizzate da astrattezza e generalità. Funzione giurisdizionale: è esercitata dai giudici, che intervengo su controversie tra due soggetti pubblici o privati o tra un soggetto pubblico e uno privato, valutando se essi hanno agito secondo le norme. Nonostante l’attività giurisdizionale sia svolta da organi appartenenti alla pubblica amministrazione, cioè i giudici, essa non appartiene al diritto amministrativo. Funzione legislativa: predispone norme di diritto che servono a regolamentare determinati settori. Tali norme sono caratterizzate da astrattezza (caso generico) e generalità (destinatario generico). Funzione amministrativa: dà attuazione alla funzione legislativa caratterizzandola di concretezza e non generalità, ovvero la riferisce ad un caso specifico e ad un soggetto specifico. Riserva di legge: Ci sono dei settori la cui la disciplina è regolata soltanto dalla legge primaria e non da fonti di tipo secondario. La riserva di legge ha una funzione di garanzia in quanto vuole assicurare che in materie particolarmente delicate, come nel caso dei diritti fondamentali del cittadino, le decisioni vengano prese dall'organo più rappresentativo del potere sovrano ovvero dal parlamento. Esempio: nel settore dell'espropriazione la Costituzione attribuisce un potere all'amministrazione che è quello di espropriare un determinato bene allorché abbia ragioni di pubblica utilità. Però questa espropriazione la si può fare solo seguendo il percorso che da’ la legge, tant'è vero che si dice che è possibile che l'amministrazione provveda ad espropriare nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge. La Costituzione stabilisce che la materia processuale è coperta da Riserva di legge. Si distingue però: riserva di legge relativa che prevede due fonti cioè la legge o il regolamento. La legge disciplina tutte le fasi del processo, il rapporto tra deputato e giudice, il rapporto tra le parti processuali, invece il regolamento interviene dettando delle regole per esempio per la comunicazione degli atti processuali. riserva di legge assoluta prevede un’unica fonte cioè la legge riserva di legge costituzionale ha come fonte una legge costituzionale riserva di legge formale ha come fonte una legge formale riserva di legge sostanziale ha come fonte una legge ordinaria o un atto avente forza di legge riserva di legge formale e sostanziale ha come fonte una legge ordinaria Diritto: complesso di disposizioni giuridiche, normative che dettano delle regole, cioè che non includono soltanto la legge. Quando noi parliamo di diritto dell’urbanistica, dell’edilizia non è costituito solo dalla legge ma fa riferimento ad altre disposizioni normative, per esempio i regolamenti. Si distingue: Diritto privato o codice civile: complesso di disposizioni giuridiche volte a regolamentare i comportamenti tra due soggetti posti sullo stesso piano (due soggetti privati) Diritto pubblico: complesso di disposizioni giuridiche volte a regolamentare i comportamenti tra due soggetti posti su piani diversi (un soggetto privato ed un soggetto pubblico) Diritto amministrativo: complesso di disposizioni giuridiche volte a regolamentare i comportamenti tra la pubblica amministrazione e un soggetto privato. Esso dunque pone disposizioni giuridiche che attribuiscono alla pubblica amministrazione il potere di fare qualcosa e stabiliscono come l’amministrazione debba esercitare tale potere. Lo scopo per cui si attribuisce all’amministrazione tale potere è solamente il perseguimento del bene pubblico, ed essa non può scegliere di abbandonare tale scopo. Si dice infatti che l’attività dell’amministrazione è un’attività funzionalizzata, cioè ha la funzione di garantire il bene pubblico. L’amministrazione si avvale di norme di diritto pubblico (amministrativo), ma ci sono casi in cui si può avvalere di norme di diritto privato, pur perseguendo il bene pubblico. Riportiamo di seguito alcuni esempi per chiarire la questione: Esempio 1 L’amministrazione comunale deve realizzare un’opera pubblica ad esempio una strada, che è stata localizzata dal PRG, la cui localizzazione coincide in parte con il terreno di un privato. L’amministrazione può espropriare questa parte di terreno (art 42 della Costituzione) acquisendo il diritto di proprietà di quel pezzo di terreno e corrispondendo al privato un indennizzo. L’articolo circoscrive però il potere di esproprio solo quando sussistono ragioni pubbliche, l’amministrazione deve dunque seguire le fasi della procedura dettate nelle forme e nei limiti dalla legge. In questo caso l’amministrazione si avvale di norme di diritto pubblico e la sua funzione è detta funzione amministrativa in senso stretto. Esempio 2 Un soggetto privato chiede di locare in un edificio pubblico di proprietà del Comune, che accetta. Tra queste due parti viene stipulato un contratto privato per il quale il soggetto privato dovrà versare al Comune un canone di locazione che verrà impiegato per scopi pubblici. In questo caso l’amministrazione si comporta da soggetto privato e si avvale di norme di diritto privato, non si può parlare di funzione amministrativa poiché non si sta perseguendo un vero bene pubblico, il contratto di locazione ha il solo scopo lucrativo, quindi non vi è attività funzionalizzata. Esempio 3 L’amministrazione comunale deve realizzare un’opera pubblica ad esempio una strada, che è stata localizzata dal PRG, la cui localizzazione coincide in parte con il terreno di un privato. L’amministrazione può procedere con l’esproprio (esempio 1) ma il processo è lungo, quindi se si necessità di maggiore rapidità l’amministrazione può procedere stipulando un contratto di compravendita con il privato. In questo caso i tempi vengono ristretti, il privato riceve dall’amministrazione un versamento che sarà inferiore al valore del terreno, ma maggiore dell’indennizzo che avrebbe ricevuto se l’amministrazione avesse esercitato il potere di esproprio. (Il terreno vale 100, l’amm. lo compra per un valore di 80, ma con l’esproprio il privato avrebbe ricevuto solo 40). In questo caso l’amministrazione si avvale di norme di diritto privato (contratto di compravendita) per la realizzazione di bene pubblico, esercitando una funzione detta funzione amministrativa in senso lato. Al fine di comprendere se si tratta di attività funzionalizzata e quindi di attività amministrativa, vale da discriminante non il diritto di cui l’amministrazione si avvale ma lo scopo che persegue, deve essere solamente il bene pubblico!!! La legge 241/1990 consente inoltre che l’azione amministrativa sia retta da norme di diritto privato e che non soltanto si avvalga di strumenti privatistici. Si distingue quindi tra attività amministrativa retta da diritto amministrativo che ha carattere autoritativo e attvità amministrativa retta da diritto privato che ha carattere non autoritativo. La nascita del diritto amministrativo modernamente inteso è rintracciabile nella rivoluzione francese con successiva diffusione in tutta Europa. In Italia la prima legislazione amministrativa è stata quella piemontese nel 1859. Gli Stati caratterizzati dalla presenza di regole amministrative sono generalmente definiti Stati a regime amministrativo. Formale vs sostanziale: Il diritto formale è quel diritto che non è seguito perché non perseguito o perché desueto(leggi vecchie che sarebbe impossibili violare perché non esistono più quelle fattispecie che il soggetto può violare). Il diritto sostanziale è quello che effettivamente intende la norma, quello che viene seguito perché perseguito. Le fonti del diritto Fonti del diritto: sono atti o fatti produttivi di norme giuridiche. La Costituzione è la fonte principale del nostro ordinamento, tutte le disposizioni normative devono essere conformi alle norme presenti nella Costituzione. Le fonti si distinguono in: fonti scritte: si riferiscono ad atti scritti fonti non scritte: si riferiscono a consuetudini, cioè fatti non scritti che si verificano di frequente e hanno attitudine di norme giuridiche. Esempio la consuetudine del presidente della repubblica di attuare una fase di consultazione prima di conferire l’incarico al primo ministro. fonti atto: si riferiscono ad atti giuridici fonti fatto: si riferiscono a fatti fonti di produzione: sono fonti che producono diritto fonti di cognizione: sono fonti che creano la conoscenza del diritto; mettono in chiaro una materia che non lo era (testi unici) Bisogna distinguere: Fonti Statali 1. Costituzione: può essere : votata: elaborata da un’assemblea costituente ottriata: concessa da qualcuno (es il sovrano) breve: si limita a regolare i rapporti tra i poteri costituzionali lunga: regola i rapporti tra i poteri costituzionali e stabilisce la libertà e i diritti dei cittadini La nostra Costituzione è scritta, votata e lunga, inoltre è modificabile. L’art 138 della Costituzione illustra le modalità di modifica della stessa, l’art 139 stabilisce i limiti di modifica, stabilisce ad esempio che non può essere modificata la forma repubblicana dello Stato e allo stesso modo non possono essere cambiati i principi che sono proiezione della forma repubblicana. Il procedimento di modifica della Costituzione è detto procedimento aggravato, l’iter necessita di una doppia deliberazione delle camere del Parlamento entro 3 mesi, se non si raggiunge il quorum (2/3 del parlamento) si può indire un referendum confermativo, se l’esito del referendum è positivo la modifica può avvenire, in caso contrario non sarà possibile apportare tale modifica. 2. Leggi di revisione costituzionale: legge che modifica la Costituzione tramite il procedimento aggravato 3. Leggi costituzionali: legge che integra la Costituzione intervenendo su ambiti lasciati vuoti dalla Costituzione 4. Leggi ordinarie: vengono disposte dal Governo e approvate dal Parlamento. Il Governo predispone il disegno di legge, vengono costituite delle commissioni selezionandone i membri in base alla materia. Tali commissioni svolgono un’attività istruttoria, cioè studiano il testo del disegno di legge che viene poi mandato al Parlamento per essere votato e deliberato. È necessaria la delibera di entrambe le Camere. Se la legge viene deliberata viene mandata al Presidente della Repubblica per essere promulgata. Quest’ultimo può non promulgarla solo se ci sono errori nell’iter e cioè se è stato ignorato qualche passaggio, perché non può intervenire sulle scelte del Parlamento. Non promulgando la legge il Presidente della Repubblica rimette gli atti al Parlamento, che se non trova nessun errore rimanda la legge al Presidente della Repubblica che è costretto a promulgarla. In fine la legge viene pubblicata nel Gazzettino. 5. Atti aventi forza di legge: sono predisposti dal Governo e non dal Parlamento. Si distinguono in: Decreto legislativo Il Parlamento delega al Governo la funzione legislativa indicando l’ambito d’intervento, le modalità e i tempi da rispettare. Se il Governo non rispetta l’atto di delega viene indagato e l’atto diventa illegittimo per eccesso di delega. Decreto legge (solo in casi eccezionali per i quali occorre rapidità) il Governo predispone il decreto legge che entro 60 giorni deve essere convertito in legge dal Parlamento, se questa conversione non avviene il decreto decade e cioè non diventerà legge e sarà rimasto valido solo per i 60 giorni. 6. Regolamenti: disposizioni giuridiche volte a regolamentare un comportamento, sono atti formalmente amministrativi poiché il soggetto agente è un soggetto pubblico, ma sostanzialmente normativi perché caratterizzati da astrattezza e generalità. Fonti Regionali 1. Legislatura: la funzione legislativa è affidata al Consiglio Regionale che a differenza del Parlamento (bicamerale) è unicamerale 2. Statuti: sono come la Costituzione in piccolo, regolamentano i rapporti tra il Consiglio Regionale e il Presidente della Regione o della Giunta. Non può essere modificato dallo Stato, ma dalla sola Regione. Bisogna distinguere Regioni a Statuto speciale (Sicilia) è legge costituzionale poiché predisposto prima della Carta Costituzionale e quindi successivamente approvato tramite legge costituzionale. Viene modificato tramite legge costituzionale. Regioni a Statuto ordinario le condizioni di autonomia sono stabilite dalla costituzione e lo Statuto viene approvato con legge regionale Statutaria. Fino a qualche tempo fa per predisporli era necessaria una legge adottata dal consiglio regionale più una legge ordinaria dello Stato (non una legge costituzionale quindi), poi c'è stata una modifica della Costituzione con la quale si è detto che è necessaria una normativa che sia esclusivamente della regione, dunque si è stabilito un procedimento analogo al procedimento aggravato, ma a livello regionale non abbiamo due camere di conseguenza questo procedimento non avrò bisogno di una doppia delibera, ma di una sola delibera da parte del consiglio regionale. Regolamenti: si tratta di atti formalmente amministrativi ma nella sostanza sono atti normativi, sono adottati dalla Giunta regionale o dal Consiglio regionale, vale quanto già detto per quelli statali Fonti di enti locali 1. Statuti sono adottati dal consiglio comunale 2. Regolamenti I criteri che le fonti del diritto devono rispettare Criterio cronologico Secondo questo criterio trova applicazione il testo normativo emanato per ultimo, ma vale solo per fonti dello stesso tipo. Quindi se esistono due leggi che intervengono sullo stesso settore di cui una emanata nel 2000 e l’altra emanata nel 2010, nel caso di contrasto tra le due leggi, trova applicazione quella emanata nel 2010. Criterio della competenza Ogni ente ha un proprio ambito di competenza nel quale può intervenire. La funzione legislativa statale e quella regionale sono messe in relazione da regole fissate dall’art 117 della Costituzione, che definisce i rapporti tra gli ambiti in cui interviene lo Stato o la Regione, distinguendo in: Potestà legislativa esclusiva dello Stato Potestà legislativa esclusiva della Regione Potestà legislativa concorrente per la quale concorrono Stato e Regione. Lo Stato predispone la legge quadro che definisce i principi che la legge emanata dalla Regione deve rispettare. L’art 117 in particolare fornisce un elenco degli ambiti della potestà esclusiva dello Stato, in un ulteriore comma fornisce l’elenco degli ambiti della potestà concorrente, ma non contiene un elenco degli ambiti della potestà esclusiva delle Regioni, esso si desume in via residuale, cioè comprende tutti gli ambiti non elencati nell’articolo. In realtà prima della legge costituzionale del 2001 la situazione era del tutto opposta, nel senso che si attribuivano maggiori poteri allo Stato che non alla Regione. La tendenza è cambiata poiché attualmente si tende a dare maggiore rilevanza agli enti più vicini ai cittadini. !!! NON ESISTE NESSUN CRITERIO DI GERARCHIA tra le fonti Statali, Regionali e di enti locali poiché ad esempio una legge Regionale non può essere modificata dallo Stato, ma essa non deve però contrastare la Costituzione. Principi e criteri della funzione amministrativa I principi possono essere di natura costituzionale e di natura comunitaria: Principi di natura comunitaria: provengono dalle norme comunitarie, cioè dalle norme della Comunità al quale lo Stato appartiene. Es l’Italia appartiene alla Comunità europea poiché è membro dell’UE. Le organizzazioni internazionali sono dotate di una propria struttura amministrativa e sono legate alle amministrazioni degli Stati membri. L’UE influenza l’amministrazione italiana attraverso: Direttive: necessitano di un atto di recepimento da parte degli Stati membri. Questo atto viene adottato dal Parlamento e dal Consiglio della comunità per l’assolvimento dei compiti previsti dai trattati, con l’obiettivo di armonizzare le normative degli Stati membri. Regolamenti: atti giuridici vincolanti che hanno portata generale, gli Stati membri hanno l’obbligo di applicarli integralmente. I regolamenti, le norme del trattato e le direttive executing self esplicano effetti immediati negli Stati membri e quindi il diritto comunitario si applica direttamente alle amministrazioni comunali, invece ciò non accade quando il diritto comunitario viene mediato dal diritto interno di recepimento, in questi casi si parla di diritto amministrativo nazionale. L’ordinamento comunitario risulta avere un certo peso anche nel nostro ordinamento nazionale e l’applicazione dei principi comunitari avviene in maniera automatica senza che questi principi siano contenuti in una legge ad oc o nella costituzione. I principi di sussidiarietà, di proporzionalità, precauzione, ragionevolezza sono tutti quanti principi di tutela dell’affidamento e provengono dall’ordinamento comunitario che trova applicazione nel nostro ordinamento in maniera particolare con riferimento all’attività dell’amministrazione. L’art. 1 l 241/1990 dice esplicitamente che nell’ordinamento ci sono dei principi di matrice comunitaria che regolamentano l’azione amministrativa e in maniera particolare il procedimento amministrativo. Principi di natura costituzionale: provengono dalla Costituzione, alcuni sono chiaramente leggibili in essa altri invece sono solo deducibili: + Principio di legalità: (dedotto) la pubblica amministrazione è tenuta e rispettare la legge. Non esiste esplicitamente tale principio perché si presuppone che se l’amministrazione agisce per il perseguimento dell’interesse pubblico, non si può mai pensare che agisca illegittimamente. Il concetto di legalità si è evoluto ha cambiato il suo significato, si parla infatti di legalità distinguendo 3 diverse accezioni: non contraddittorietà: l’amministrazione deve rispettare la legge e non contraddirla, è la prima accezione dal punto di vista storico, ma risulta superata dalle seguenti. conformità formale: oltre a non contraddire la legge l’azione amministrativa deve avere un fondamento legislativo e cioè agire dentro i limiti fissati dalla legge che gli attribuisce il potere. conformità sostanziale: oltre a non contraddire la legge e agire dentro i limiti fissati dalla legge, l’amministrazione deve conformarsi alla disciplina sostanziale della legge. + Principio di imparzialità: (esplicito: art 97 della Costituzione) esprime il dovere dell’amministrazione di non discriminare i soggetti coinvolti con la sua azione nel perseguimento degli interessi affidatigli. È necessario che l’amministrazione garantisca oggettività e aparzialità, predeterminando i criteri e le modalità a cui si deve attenere. Questo principio si riferisce sia all’organizzazione che all’attività dell’amministrazione. Il principio impone il criterio del pubblico concorso per l’accesso ai pubblici uffici. (imparzialità non è da confondere con neutralità, un soggetto neutrale non ha interesse in loco è aldisopra delle parti) + Principio di responsabilità: (esplicito art 28 della Costituzione) i dipendenti dello Stato e gli enti pubblici sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione dei diritti. Il termine responsabilità è spesso utilizzato con un significato diverso da quello dell’art 28, ormai si parla infatti di responsabile per indicare un soggetto che deve rendere conto dell’attività dell’ufficio di cui è a capo, soddisfacendo esigenze di trasparenza e identificabilità. La pubblica amministrazione è ormai responsabile di emanazione di eventuali provvedimenti illeciti e può essere condannata al risarcimento del danno. Vi un’equiparazione tra pubblico e privato sul piano della responsabilità e sulle garanzie processuali. Vedi anche responsabile del provvedimento amministrativo - - + Principio di buon andamento: (esplicito: art 97 della Costituzione) impone che l’amministrazione agisca nel modo più adeguato e conveniente possibile, si riferisce all’ente e non al singolo funzionario, si riferisce oltre che all’organizzazione anche all’attività dell’amministrazione. Una sua applicazione si può trovare nella disciplina del lavoro: nell’esigenza di attribuire al personale un impiego proporzionale alla sua qualifica e alla retribuzione. È collegato al principio di adeguatezza. Il contenuto del principio di buon andamento può esser chiarito attraverso un articolo della 241 del 1990, (legge del procedimento amministrativo) il cui articolo 1 dice che l’amministrazione agendo è obbligata a rispettare alcuni criteri: Criterio di efficienza: (art 1 legge 241/1990): indica il rapporto tra il risultato dell’azione organizzativa e la quantità di risorse impiegate per ottenere quel risultato. Un’azione è efficiente quando consegue il maggior numero di obiettivi con il minore numero di risorse. Esso costituisce la capacità di un’organizzazione di raggiungere i propri obiettivi attraverso una combinazione ottimale dei fattori produttivi. Criterio di efficacia: (art 1 legge 241/1990) indica il rapporto tra il risultato realizzato e il risultato che si sarebbe dovuto realizzare sulla base di un piano o di un programma. Un’azione è efficace quando vengono realizzati il maggior numero di obiettivi prestabiliti Criterio di economicità: (art 1 legge 241/1990) l’azione amministrativa è economica se impiega il minor numero di risorse non solo economiche ma anche organizzative e temporali. + Principio di azionabilità: (esplicito art 103 e 113 della Costituzione) i cittadini possono agire in giudizio delle situazioni giuridiche per la tutela dei propri diritti nei confronti dell’amministrazione: cioè ad esempio un privato chiede un provvedimento all’amministrazione ed essa non lo rilascia, ma emana un provvedimento amministrativo di diniego. Se questo provvedimento amministrativo è stato adottato illegittimamente dalla pubblica amministrazione, il privato ha la possibilità di andare davanti al giudice competente (giudice amministrativo quindi il TAR) per impugnare il provvedimento. In particolare: - l’art 103 dice che si ha la possibilità di contestare i provvedimenti dell’amministrazione che possono essere oggetto di censura davanti al giudice. - l’art 113 individua quelli che sono i giudici dinanzi ai quali questi comportamenti illeciti possono essere oggetto di censura giurisdizionale e stabilisce che anche se la controversia portata davanti al giudice amministrativo coinvolge la pubblica amministrazione questo determini a favore dell’amministrazione delle forme di privilegio. In generale se un privato ha una controversia con una altro privato viene giudicato dal tribunale di primo grado quindi viene emessa la sentenza di primo grado, che non è definitiva perché l’ordinamento prevede la possibilità di rivolgersi al giudice di secondo grado (la corte d’appello) e anche la sentenza della corte d’appello può essere oggetto di ulteriore impugnazione rivolgendosi alla corte di cassazione. Ciò vale anche quando una della due parti coinvolte nella controversia sia una pubblica amministrazione. Questo principio è una conseguenza del principio di legalità, in quanto la pubblica amministrazione è tenuta a rispettare la legge come chiunque altro, se la viola, il soggetto privato che viene pregiudicato da questa violazione potrà andare dal giudice competente per censurare l’attività o il comportamento dell’amministrazione. + Principio di sussidiarietà: (esplicito art 118 della Costituzione) partendo dal presupposto che la funzione amministrativa deve essere attribuita all’ente più vicino al cittadino, il principio stabilisce che nel caso in cui l’ente di governo inferiore non riesce a curare gli interessi affidatagli le funzioni vanno attribuite al livello di governo superiore. Per quanto riguarda l’UE, il principio è stato introdotto nell’ordinamento italiano con la l 59/1997 e costituzionalizzato con la legge costituzionale n 3 del 2001 articolandone due accezioni: • Sussidiarietà in senso orizzontale: Questo principio interviene nell’ambito dei rapporti tra soggetto pubblico e cittadino e l’ultimo comma dell’articolo 118 stabilisce che i comuni, le città metropolitane, le provincie, le regioni e lo stato sono tenuti a favorire l’autonomia di iniziativa dei cittadini per lo svolgimento di attività d’interesse generale, cioè l’attività del soggetto privato, laddove sia posta in essere per perseguire un interesse pubblico o un interesse di carattere generale. Esempio: Il comune è proprietario di un museo che di fatto rimane chiuso perché non si hanno i fondi per poter supportare le spese della gestione di questo museo. C’è però un soggetto privato che ha interesse affinché questo museo sia fruibile e sarebbe pronto investire perché è un estimatore dell’arte e si farebbe carico delle sperse chiedendo in cambio che all’entrata sia affissa una targa che attesta che è lui il mecenate di quel museo. In questo caso il ruolo del soggetto privato è sussidiario a quello del soggetto pubblico perché contribuisce a rendere possibile la fruizione di un bene culturale che diversamente rimarrebbe non fruibile da parte della collettività. • Sussidiarietà in senso verticale: Questo principio interviene nella regolamentazione dei rapporti tra enti pubblici e in virtù di quanto dispone l’art. 118 della costituzione, predispone che la funzione amministrativa deve essere attribuita all’ente più vicino al cittadino, poiché si presuppone che conosca meglio i bisogni del cittadino stesso. Quindi sono attribuiti in prima battuta ai comuni, là dove il comune per motivi vari non è in grado di esercitare queste funzioni, allora la funzione amministrativa viene trasferita al livello di governo immediatamente successive quindi le provincie e se nemmeno loro sono in grado, passa alla città metropolitane e se nemmeno loro sono in grado passa alle regioni e nemmeno loro sono in grado in ultima battuta passa allo stato. L’art. 118 della Costituzione coniuga il principio di sussidiarietà con altri due criteri: Criterio di adeguatezza: (l cost n 3 del 2001) se il comune non ha le risorse, gli strumenti, le tecniche quindi non è in grado di svolgere la funzione amministrativa adeguatamente deve devolvere la funzione amministrativa al livello di governo immediatamente successivo, cioè più alto. In altre parole : l’esercizio delle funzioni deve essere attribuito in relazione all’idoneità organizzativa dell’amministrazione ricevente. Criterio della differenziazione: se ci sono delle esigenze che richiedono di esercitare la funzione amministrativa in un modo particolare che giustificano un esercizio della funzione ad un più alto livello, la funzione amministrativa deve essere devoluta da un livello di governo più basso a quello successivo, più alto. Si deve distinguere il precetto di questo principio dal concetto di decentramento, per il quale s’intende la dislocazione dei poteri tra soggetti e organi diversi. Si distingue decentramento burocratico, che implica la responsabilità esclusiva degli organi locali nelle materie di propria competenza, e decentramento autarchico, che implica che la cura di interessi locali sia affidata ad enti esponenziali di collettività locale. + Principio di proporzionalità: l’azione amministrativa quando incide sulla sfera giuridica del destinatario deve essere proporzionata in modo funzionale all’interesse pubblico che deve perseguire. Significa che l’azione amministrativa deve avere un attitudine che è quella di incidere sulla sfera giuridica del destinatario, lo deve fare in maniera che sia proporzionata rispetto alla necessità. Esempio: L’amministrazione ha la necessità di espropriare 1000 mq del un terreno di un privato per realizzare un’opera pubblica. Mettiamo il caso che questo terreno abbia un’estensione complessiva di 5000 mq. Se l’ente espropriante nel procedere all’espropriazione piuttosto che espropriare 1000 decide di espropriarne 3000 non rispetta il principio di proporzionalità, ovvero i mq del terreno espropriato non sono stati proporzionati alla necessità, poiché erano necessari solo 1000 mq e non 3000 mq, quindi l’ente espropriante ha gravato per 3 volte sul terreno del privato. + Principio di precauzione: l’amministrazione ha la consapevolezza che con l’emissione di un dato provvedimento può correre dei rischi: ci sono dei casi in cui l’amministrazione viene chiamata ad intervenire in settori nei quali non c’è certezza sugli effetti che si possono produrre quindi l’amministrazione è tenuta ad agire in maniera precauzionale, cioè tenendo conto dei rischi che esercitando la funzione amministrativa in quel determinato modo si possono produrre. Esempio: La casa farmaceutica ha deciso di realizzare un impianto presso il comune di Siracusa, ma si tratta di un impianto di carattere industriale in cui effettivamente si producono dei fumi di cui però non si riesce a capire quali siano gli effetti, si sa che potrebbero essere dannosi però non si sa in teoria quali sono i rischi che derivano dall’immissione di questi fumi, ovvero non si sa se questi rischi per la salute umana siano tollerabili o no. L’amministrazione nel momento in cui viene chiamata ad autorizzare o no questa attività deve applicare un principio che è quello di precauzione, significa che sa benissimo che ci sono dei rischi e però non sa qual è l’entità del pericolo che deriva dallo svolgimento di questa attività, allora proprio perché non conosce in via precauzionale non autorizza lo svolgimento di quella attività. + Principio di prevenzione: l’amministrazione è incerta sul se si verifica un possibile nocumento però sa la tipologia di pericolo che ne deriverebbe dall’autorizzare una determinata attività. Esempio: se un’industria smaltisce gli scarichi in modo non idoneo c’è il rischio che dallo smaltimento ne deriveranno conseguenze di un certo tipo ovvero danno alla salute umana come la diffusione di un certo tipo di malattia. Mentre nell’ipotesi di prevenzione l’amm. sa a monte che c’è un rischio da considerare e sa anche qual è la tipologia di pericolo che deriverebbe da quel tipo di attività, nel principio di precauzione invece non è in grado né di preventivare il rischio né sa che tipo di conseguenze che dalla messa in pericolo ne deriverebbero. + Principio di ragionevolezza: (desumibile dall’ordinamento giuridico complessivamente inteso)l’amministrazione nell’esercitare la sua funzione deve rispettare le norme di diritto che deve adottare nell’esercizio del suo potere. Su questo procedimento si è soffermata più volte la Corte Costituzionale, è stato coniato sull’esercizio della funzione legislativa tanto è vero che molto spesso la Corte Costituzionale ha sancito l’incostituzionalità delle norme e delle leggi che contestano questo principio. Posto che la funzione legislativa è esercitata dal parlamento nazionale o regionale è possibile che questi soggetti legiferando pongano in essere un norma giuridica che vada in contrasto con un precetto costituzionale. Il ruolo della Corte Costituzionale è quello di sindacare se la norma adottata contrasti con il dettato costituzionale. Un esempio è la Legge 1150/42 dell’urbanistica in cui alcuni articoli sono stati tracciati di incostituzionalità dalla Corte Costituzionale. + Principio di pubblicità: (indicato nell’art 1 legge 241/1990) l’attività amministrativa deve rendere nota ai cittadini atti, direttive, programmi etc. sussiste infatti l’obbligo della loro pubblicazione. Riguarda dunque gli atti, non l’azione. + Principio di trasparenza: (indicato nell’art 1 legge 241/1990) l’amministrazione deve rendere note al cittadino le modalità di svolgimento della sua azione, in ogni aspetto compresi curricula, premi e retribuzioni dei dipendenti. Riguarda l’azione e non gli atti. + Principio del giusto procedimento: (desumibile dalla l 241/90) L’amministrazione prima di adottare il provvedimento deve essere sicura che tutti gli elementi che ha a disposizione le consentono di compiere una decisione che sia il più corretta possibile, deve avere la certezza che ha raccolto tutti gli elementi necessari. Inoltre l’amministrazione deve consentire ai soggetti interessati di introdurre nel processo amministrativo quelli che sono gli interessi diversi dall’interesse pubblico e quindi quello privato, e quindi consentire la partecipazione dei soggetti privati. Attraverso la partecipazione si dà all’amministrazione la possibilità di avere un quadro più completo di quelli che sono gli interessi in gioco. + Principio di semplificazione degli atti amministrativi: (Trova disciplina l 241/1990) prevede la comprensione delle fasi del procedimento amministrativo, favorendone i meccanismi di conclusione. Serve a rendere snello lo svolgimento dell’attività dell’amministrazione evitando le lungaggini. Principio di sindacabilità: (art 113 della Costituzione) ogni atto dell’amministrazione può essere oggetto del sindacato da parte di un giudice, ma riguardo alla funzione giurisdizionale esiste un ambito sottratto al sindacato di giudici ed è il merito. In questo senso si parla di riserva di amministrazione. Principio della finalizzazione: (art 97 della Costituzione)il fine dell’attività dell’amministrazione pubblica è il perseguimento di interessi pubblici, anche quando essa si avvale di norme di diritto privato - - - + Principio di autotutela o tutela dell’affidamento: (desumibile dalla l 241/1990) l’amministrazione è tenuta a garantire e tutelare l’affidamento che il privato ripone sulla legittimità dell’operato dell’amministrazione stessa. È un principio in base al quale la pubblica amministrazione può modificare il modo in cui aveva deciso di agire in precedenza L’autotutela può essere esplicata avvalendosi di due istituti diversi: - l’annullamento d’ufficio del provvedimento amministrativo richiede l’illegittimità del provvedimento amministrativo e l’interesse pubblico alla rimozione dell’atto. Esempio: il comune di Siracusa ha bandito un concorso per l’assunzione di un architetto, ha nominato una commissione giudicatrice e questa, dopo avere esaminato tutti candidati, attribuisce il posto all’architetto 1 e stila una graduatoria. L’architetto 2 si rende conto che la commissione ha sbagliato poiché l’architetto 1 non aveva un requisito richiesto, pone ricorso nei termini per poterlo fare(60 giorni dalla notifica del provvedimento). L’amministrazione comunale si è resa conto anch’essa che la commissione ha illegittimamente dichiarato vincitore l’architetto 1 e che l’architetto 2 ha rispettato i termini per proporre ricorso, quindi ritira l’atto,prima che l’architetto due faccia ricorso e lo vinca. In questo caso i presupposti del principio di autotutela sono rispettati perché il provvedimento è illegittimo. Se invece passano 10 anni dalla notifica e l’amministrazione si rende conto di avere giudicato male i vari concorrenti, non può più annullare d’ufficio perché la L 241/90 dice che questo può avvenire entro un ragionevole lasso di tempo. Nel caso in cui l’architetto 2 decide, invece di porre ricorso, di emette un’istanza in cui dice all’amministrazione che ha commesso un errore e la sollecita a ripensarci, l’amministrazione non ha l’obbligo di ripensarci perché il potere di autotutela è riconducibile ad un potere discrezionale dell’amministrazione. - la revoca del provvedimento amministrativo può avvenire quando sussiste sempre un interesse pubblico alla rimozione dell’atto ma ci siano delle ragioni di inopportunità che inducano l’amministrazione a ritirare un atto che aveva adottato in precedenza. La revoca si attua quando ci si rende conto che è inopportuno lasciare in piedi un provvedimento amministrativo. Il concetto di illegittimità e quello di convenienza rispondo a due domande che hanno matrice diversa, nel caso della convenienza non si risponde a una domanda di carattere giuridico come nel caso dell’illegittimità. Esempio: il sindaco del comune di Siracusa adotta un provvedimento disponendo che non si potrà percorrere una strada comunale fin quando non si risolvono dei problemi di stabilità della strada. Il sindaco quindi adotta il provvedimento per problemi di sicurezza. La strada viene sistemata e quindi il provvedimento risulterebbe inutile e lo si vuole ritirare, perché non si presentano più le condizioni. Quindi l’opportunità o l’inopportunità del provvedimento si determina considerando se sono mutate le condizione di fatto o di diritto che hanno giustificato l’adozione di quel procedimento. La revoca peraltro si differenzia dall’annullamento non solo per la diversità dei presupposti ma anche per gli effetti che produce perché mentre la revoca produce effetti che sono ex-nunc (da ora) l’annullamento produce effetti che sono ex-tunc (da allora). Nel caso dell’annullamento quindi è come se non producesse effetti perché era illegittimo fin dall’inizio solo che me ne sono accorto dopo. Nel caso della revoca il provvedimento inizialmente era opportuno solo successivamente è diventato inopportuno e quindi produce effetti da ora. Esempio: il Comune di Siracusa predispone un piano regolatore generale che prevede che in un’area appartenente al Sig. Tizio sia possibile edificare con un certo indice. Il comune predispone il Piano Attuativo, che rende concrete le prescrizioni contenute nel PRG. Tizio presenta un’istanza per potere edificare e il dirigente dell’ufficio tecnico gli concede il permesso per poter edificare. Dopo 30 giorni dal rilascio del permesso, il dirigente ci ripensa, vuole abbassare l’indice di edificabilità per potere realizzare in parte del terreno un marciapiede per la strada e vorrebbe revocare il permesso. In questo caso non può revocare il provvedimento perché nel caso del permesso edilizio l’amministrazione non gode di discrezionalità, cioè se il PRG indica che la zona è edificabile con un determinato indice il dirigente dell’amministrazione non può effettuare valutazioni dell’opportunità di rilascio o meno, ma deve solo valutare se il soggetto ha tutte le caratteristiche per il rilascio del permesso, se si accorge che quest’ultimo è stato rilasciato illegittimamente allora può annullare il provvedimento. Principio di eguaglianza: (art 3 della Costituzione) Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Principio di democrazia: (art 1 della Costituzione) l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. (art 52 della Costituzione) l’ordinamento delle forze armate e l’amministrazione pubblica devono essere informati dello spirito democratico della Repubblica e concorrere alla realizzazione di una società democratica. Democrazia significa che le maggioranze devono rispettare i diritti delle minoranze. Principio di solidarietà o di buona fede: (art 2 della Costituzione) La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Situazioni giuridiche soggettive La situazione giuridico soggettiva è una facoltà che il soggetto ha di fronte alla pubblica amministrazione, si configura quando l’amministrazione esercita una funzione amministrativa particolare, tipica del nostro ordinamento giuridico, unico in Europa. Le situazioni soggettive sono: diritto soggettivo, interesse legittimo, potere, obbligo e dovere. Quando ci riferiamo al cittadino si possono configurare due tipologie di situazioni giuridiche soggettive: Diritto soggettivo è una situazione giuridica che attribuisce al suo titolare, una serie di facoltà che il soggetto può esercitare indipendentemente dall’intervento della pubblica amministrazione o di un soggetto terzo. Il titolare del diritto soggettivo è altresì titolare di una tutela detta erga omnes, e quindi oltre ad esercitare queste facoltà le può tutelare di fronte a un giudice competente e può esporre l’amministrazione stessa ad eventuali obblighi di tipo risarcitorio. Se l’amministrazione violasse il diritto soggettivo di un soggetto agirebbe illegittimamente,quindi starebbe esercitando un potere che la legge non le ha attribuito. Il diritto soggettivo è attribuito al privato dal legislatore. Nella sostanza è l’ordinamento giuridico che riconosce al soggetto una condizione di diritto soggettivo, escludendo quindi la possibilità che l’amministrazione incida con il suo potere sulla sfera giuridica del soggetto privato. Esempio: il diritto alla vita, o alla salute, attribuisce al titolare una serie di facoltà e per esercitarle non ha bisogno che qualcuno intervenga ad autorizzarlo. Il diritto soggettivo di un soggetto incontra solo un limite: il titolare del diritto non può pretendere che chi è titolare di un diritto analogo venga limitato dalle facoltà connesse al diritto. l’interesse legittimo è l’interesse che il soggetto ha a affinché l’amministrazione eserciti legittimamente la sua funzione. Esempio: un soggetto privato che presenta un’ istanza per ottenere un permesso edilizio,non ha il diritto di ottenerlo, ma solo l’interesse legittimo che l’amministrazione si accerti del fatto che tale soggetto abbia i requisiti adatti e lo faccia in maniera legittima, conforme alla legge. (interesse = aspirazione dei soggetti verso i beni ritenuti idonei a soddisfare i bisogni) Bisogna fare una distinzione tra interessi legittimi di tipo: Pretensivo Il titolare dell’ i.l. pretensivo pretende che l’amministrazione nell’esercitare la sua funzione lo faccia legittimamente provvedendo su una sua richiesta. Esempio: se il comune di Siracusa indice un concorso pubblico per un posto d’architetto, io non sono titolare di un diritto, ma ho un interesse che l’amministrazione nel verificare i miei titoli lo faccia legittimamente. Oppositivo L’I.L. oppositivo è un interesse, invece, che il privato ha a affinché l’amministrazione non rieserciti la funzione amministrativa. Esempio: un soggetto privato che ottiene un permesso edilizio, che gli viene annullato dall’amministrazione è titolare di un interesse legittimo oppositivo, in quanto era già titolare di questo provvedimento prima che venisse annullato. Esempio: Quando l’amministrazione decide di espropriare il bene appartenente al soggetto privato, che è titolare del diritto di proprietà, il soggetto privato ha interesse legittimo di tipo oppositivo. Mettiamo il caso che l’amministrazione conclude il procedimento, di conseguenza il privato perde il suo diritto di proprietà e se l’amministrazione ha agito nell’interesse pubblico il privato non può far nulla. Poniamo il caso in cui questo provvedimento dell’amministrazione è stato adottato illegittimamente, il soggetto subisce una lesione. Il soggetto privato vede leso il suo interesse legittimo di tipo oppositivo, questa lesione incide anche sul diritto di proprietà. Secondo la giurisprudenza la lesione in questo caso apparentemente sarebbe dell’interesse legittimo di tipo oppositivo, ma concretamente sarebbe una lesione al diritto di proprietà che viene compresso a diritto soggettivo, in quanto l’amministrazione agendo in modo illecito non è autorizzata a intervenire sul diritto di proprietà che quindi diventa diritto soggettivo. Quindi, se il soggetto privato fa ricorso al giudice e quest’ultimo accerta ci sia stato un provvedimento di tipo illegittimo, questo provvedimento viene cancellato dal panorama amministrativo e la situazione, che era stata compressa, si riespande e ritorniamo alla situazione iniziale di lesione del diritto di proprietà (diritto soggettivo). L’amministrazione può incidere solo se esercitasse il suo potere in modo legittimo. Questa distinzione tra diritto soggettivo e interesse legittimo ha avuto un riscontro sul campo della risarcibilità, infatti se l’amministrazione lede un diritto soggettivo, il privato deve essere risarcito. Invece per quanto riguarda un privato leso in una situazione d’interesse legittimo, in precedenza non avrebbe avuto diritto ad alcun risarcimento del danno; attualmente, dopo essersi resi conto che questo ragionamento non era corretto, la giurisprudenza ha ammesso il risarcimento dei soli interessi legittimi di tipo oppositivo,ma non sono stati ammessi i risarcimenti per le lesioni dell’interesse legittimo di tipo pretensivo fino al 1999. I Poteri amministrativi Quando l’amministrazione esercita un potere amministrativo, il destinatario di questo potere richiama il suo interesse legittimo. La posizione di potere-interesse legittimo presuppone un rapporto pubblica amministrazione-cittadino. L’assunzione di queste due posizioni si configura quando l’amministrazione sta esercitando una funzione amministrativa in senso stretto, cioè si sta esprimendo attraverso un provvedimento. Quando invece l’amministrazione si pone in relazione con il soggetto privato in una situazione di diritto privato, l’amministrazione non assume una posizione di potere, le parti contrattuali assumono, a seconda dei casi, una posizione di obbligo e una posizione di diritto di credito. Le parti sono poste sullo stesso piano e la pubblica amministrazione sta assumendo un obbligo o di credito a seconda i casi. Esempio: Se l’amministrazione si obbliga a vendere un terreno ad un soggetto privato in cambio di una somma di denaro, sta utilizzando uno strumento di diritto privato. Non sta esercitando, quindi, nessun potere, dall’altra parte non c’è neanche una situazione di interesse legittimo. Le parti stanno assumendo reciproci diritti e obblighi. La amministrazione si obbliga a trasferire la proprietà del bene e ha il diritto di credito, cioè di ottenere dal soggetto privato un corrispettivo; al contrario il soggetto privato si obbliga a dare il corrispettivo in denaro ma ha il diritto di ricevere in cambio il bene immobile. Mentre nell’ipotesi di diritto soggettivo e interesse legittimo si tratta di situazioni giuridiche soggettive che si configurano in capo al soggetto privato, con riferimento invece al potere amministrativo non c’è dubbio che sia una situazione giuridica soggettiva che si configura esclusivamente in capo alla pubblica amministrazione. Il potere amministrativo risulta sempre proiettato al perseguimento dell’interesse pubblico, non può essere delegato, non può essere trasferito neanche temporaneamente al soggetto privato. Il titolare del potere amministrativo è la pubblica amministrazione, la quale non può decidere né di delegare il potere ad altri né tanto meno di astenersi dal perseguire l’interesse pubblico !!!! Non confondiamo il concetto di obbligo con quello di dovere. Mentre il soggetto che non è titolare dell’obbligo ha la pretesa di ottenere qualcosa, il titolare del dovere deve tenere un certo comportamento senza pretendere alcun ché. Quindi, mentre il rapporto obbligo –diritto fa sorgere una sorta di relazione che presuppone lo scambio, nel caso del dovere questo rapporto di reciprocità di scambio non c’è. Quando parliamo di poteri amministrativi dobbiamo distinguere: Poteri amministrativi che producono effetti favorevoli nella sfera giuridica del destinatario che ampliano la sua sfera giuridica Esempio: i poteri autorizzatori, i poteri concessori poteri che producono effetti sfavorevoli nella sfera giuridica del destinatario che o lo privano del tutto di un suo diritto o lo limitano Esempio: i poteri ablatori e i poteri sanzionatori (potere espropriativo o i vincoli urbanistici) Si è a lungo discusso sulla natura giuridica del permesso edilizio, se è un’autorizzazione o una concessione: Autorizzazione VS concessione edilizia Inizialmente il soggetto per potere edificare doveva richiedere un’autorizzazione, cioè la licenza edilizia (il diritto c’è ma bisogna autorizzarlo), con la l 10/1977 (LEGGE BUCALOSSI) il legislatore dice che chiunque voglia edificare deve ottenere una concessione edilizia (concede un diritto che prima non si aveva).Il legislatore definendo che il titolo debba essere una concessione e non un’autorizzazione ha violato l’articolo 42 della Costituzione, perché ha ipotizzato uno scollamento tra il diritto di proprietà e il diritto di edificare, pertanto la Corte Costituzionale con la SENTENZA 5 del 1980 dichiara l’illegittimità costituzionale della Legge Bucalossi nella parte in cui stabilisce che il privato che deve edificare deve avere una concessione edilizia e ristabilisce che il provvedimento non è una concessione ma ha natura di autorizzazione. Oggi non si parla più né di concessione né di autorizzazione ma di permesso di costruire o di edificare. Vincoli Sappiamo che l’assetto del territorio è affidato alla regolamentazione dei piani urbanistici e in particolare al PRG, che prevede una ripartizione delle varie aree in zone nelle quali è previsto un certo indice di edificabilità. Inoltre sono previste delle zone in cui viene prescritta la realizzazione di opere pubbliche, zone il cui proprietario non ne potrà disporre come meglio crede, perché vincolate. La sentenza 55 nel ‘67 ha chiarito che il vincolo urbanistico deve avere una durata che ha un limite determinato (5 anni) e che nel caso di superamento di questi termini l’amministrazione è tenuta a corrispondere un’indennità. Quindi se l’amministrazione ha interesse a tramutare le prescrizioni contenute nel piano generale lo deve fare tempestivamente avviando il piano attuativo e dunque avviando il procedimento espropriativo; se ciò non avviene il vincolo decade e il proprietario si riapproprierà del diritto che inizialmente gli era stato legittimamente soppresso. L’ipotesi dei vincoli urbanistici non ha niente a che vedere con i vincoli conformativi (es vincoli paesaggistici) per i quali sempre la Corte Costituzionale nel ’57 definisce che il privato titolare di un bene sottoposto a vincolo conformativo non ha diritto né ad un’indennità né a che il vincolo abbia una durata circoscritta nel tempo. La corte sottolinea questa differenza perché nel caso di vincolo urbanistico viene posto un vincolo da uno strumento urbanistico (esterno), il PRG; nel caso di vincolo conformativo, i vincoli dipendono dalle caratteristiche intrinseche del bene (interne). La l 1186/1966 (LEGGE PONTE) ha stabilito che i vincoli urbanistici devono avere una durata limitata e devono far sorgere in capo alla pubblica amministrazione, nel caso di superamento dell’arco temporale, l’obbligo di corrispondere un indennizzo. • • • Nel caso del potere autorizzatorio la pubblica amministrazione rimuove un ostacolo all’esercizio di un diritto che appartiene già al soggetto che chiede l’autorizzazione. Quindi nel caso dell’autorizzazione c’è un ampliamento della sfera giuridica del destinatario perché il soggetto è già titolare di qualcosa, di un diritto, di una facoltà, ma non lo può esercitare e ha bisogno di un provvedimento che rimuova questo ostacolo. L’abilitazione: non è altro che una particolare forma di autorizzazione, il diritto di professione già si ha con la laurea, ma con l’abilitazione si ottiene l’autorizzazione dell’esercizio della professione stessa. L’omologazione: è una forma particolare di autorizzazione, nel caso di un casco si tratta di verificare se questo ha determinate caratteristiche; verrà emanato un provvedimento amministrativo volto a promuoverne l’utilizzo. Nullaosta: la peculiarità in questo caso sta nel fatto che questa autorizzazione viene rilasciata da un amministrazione diversa da quella che dovrà rilasciare il titolo. Dispensa: l’ordinamento vieta o impone un comportamento, ma consente all’amministrazione di non osservare l’obbligo o il divieto Approvazione: è un provvedimento permissivo avente come oggetto non un comportamento ma un atto rilasciato Licenza: oggi è tendenzialmente sostituita dall’autorizzazione. Provvedimento che permette l’esercizio di un’attività Nel caso del potere concessorio il soggetto privato non è titolare di un diritto o di una facoltà, ma ha bisogno di un provvedimento amministrativo di tipo concessorio che gli attribuisca questo diritto o facoltà. Questa concessione ha una duplice natura: - concessione di tipo costitutivo: l’amministrazione attribuisce al soggetto privato una facoltà che neanche lei all’inizio aveva, crea quindi un diritto ex novo Esempio: la concessione del servizio pubblico, l’amministrazione affida ai privati lo svolgimento di alcune attività - concessione di tipo traslativo: l’amministrazione trasferisce un suo diritto al soggetto che ha richiesto la concessione Esempio: la concessione di trasporto: una ditta ha ottenuto una concessione per svolgere un servizio la cui titolarità era di competenza dell’amministrazione. Abbiamo il trasferimento di un servizio dall’amministrazione a un soggetto privato (conc. Traslativa). Nel caso in cui un privato decide di trasferire la proprietà di un bene ad un altro soggetto si fa un contratto di compravendita. Questo trasferimento è un contratto che prevede una trascrizione nei registri immobiliari del bene (albero genealogico del bene). Se viene fatto un ulteriore trasferimento dal nuovo proprietario ad un altro soggetto succede la stessa cosa, il tutto viene registrato. Il trasferimento di questo bene all’altro soggetto è pervenuto a titolo derivativo. Ciò non accade se il bene è trasferito all’amministrazione: l’art. 42 dice che ci sono casi in cui l’amministrazione può acquisire il diritto di proprietà e che questo acquisto avviene a titolo originario, cioè è come se l’amministrazione che diventa proprietaria fosse stata da sempre l’unica proprietaria. • Nel caso del potere ablatorio il soggetto privato vede la limitazione di un suo diritto, impongono obblighi, ne è espressione tipica il provvedimento espropriativo. Altri esempi sono: confisca e sequestri Provvedimento espropriativo Quando l’amministrazione vuole espropriare un bene deve seguire un certo percorso, che comporta che l’amministrazione deve accertare che ci sia la pubblica utilità nell’acquisire quei beni e quindi deve emanare una dichiarazione di pubblica utilità. Successivamente è necessaria la quantificazione dell’indennizzo in base al fatto che sia o meno edificabile e alla fine se ne approprierà a seguito del decreto di esproprio. La dichiarazione di pubblica utilità è il primo tassello è di rilevanza fondamentale ai fini della legittimità del provvedimento espropriativo. Questa dichiarazione oltre a dire quali sono le ragioni che giustificano l’esproprio deve anche indicare quali sono i termini entro i quali deve essere concluso il procedimento espropriativo. Nell’ipotesi di procedimento espropriativo senza l’emanazione del decreto di esproprio, qualora l’amministrazione si catapulti sul terreno del soggetto privato e svolga la sua attività trasformando irreversibilmente la proprietà occupata, si verifica un’ipotesi di occupazione acquisitiva. Se, invece, l’amministrazione si catapulta sulla proprietà senza la preventiva dichiarazione di pubblica utilità, trasformando irreversibilmente la condizione del bene si tratta di occupazione usurpativa, con conseguenze differenti sul fronte del risarcimento. Se un soggetto privato si reca sulla proprietà di un altro privato e ci edifica non diventa proprietaria di ciò che ha edificato; è il proprietario del terreno che diventerà proprietario del manufatto che è stato costruito all’interno: diventa proprietario per accessione. Quando invece l’amministrazione realizza, senza effettuare un procedimento, un’opera pubblica sul terreno di un privato, quest’ultimo non diventerà proprietario dell’opera ma la pubblica amministrazione, con previo rilascio dell’indennità, diventerà proprietaria del terreno del soggetto privato, si ha comunque un acquisto della proprietà per accessione ma funziona in maniera inversa, si parla di accessione invertita. L’accessione invertita è stata elaborata dalla giurisprudenza della corte di cassazione, la quale ha cercato di regolamentare una fattispecie che si verificava con una certa frequenza: molto spesso capitava che la pubblica amministrazione non completasse il procedimento espropriativo e si immettesse sul terreno del soggetto privato trasformandolo irreversibilmente. Questa situazione non è stata avvallata dalla giurisprudenza della corte di giustizia della comunità europea, la quale ha sottolineato che in questa maniera altro non si farebbe che avvallare un comportamento illegittimo dell’amministrazione: l’amministrazione pubblica nel momento di espropriare deve seguire un determinato percorso, però nell’ipotesi in cui questo percorso non viene eseguito all’amministrazione è consentito comunque acquisire la proprietà di un bene appartenente ad un soggetto privato. Per questa ragione la corte di cassazione ha ritenuto opportuno diversificare le ipotesi: Nell’ipotesi di espropriazione, se non si è stato portato a termine correttamente il procedimento espropriativo e l’amministrazione si è impossessata del bene e ne ha determinato una trasformazione irreversibile, il meccanismo dell’accessibilità invertita può operare, fermo restando che l’amministrazione sarà tenuta a corrispondere al soggetto privato un risarcimento del danno, anche perché la procedura non è stata portata a termine correttamente. Nell’ipotesi di occupazione usurpatrice, cioè quando il procedimento espropriativo è stato portato a termine in mancanza della dichiarazione di pubblica utilità, il trasferimento del diritto di proprietà non si realizza perché l’amministrazione non adottando la dichiarazione di pubblica utilità ha esercitato un potere senza che sussistessero le ragioni che giustificano l’esercizio di questo potere e l’amministrazione darà un risarcimento di più elevata entità. Nell’ipotesi dell’occupazione acquisitiva manca il decreto di esproprio, il passaggio della proprietà dal soggetto privato alla pubblica amministrazione avviene quando questa regolarizza la fattispecie emanando l’atto di acquisizione. !!!! L’ipotesi di espropriazione di procedimento ablatorio o ablativo non va confusa con i provvedimenti con il quale si oppone il vincolo: nell’ipotesi di espropriazione abbiamo il trasferimento del diritto di proprietà dal privato all’amministrazione; invecenell’ipotesi di vincolo non abbiamo un trasferimento, il soggetto proprietario di un bene sottoposto a vincolo continua ad essere proprietario del bene, ma non potrà esercitare tutte le proprietà connesse al diritto di proprietà, per cui non potrà ottenere il concesso edilizio per edificare. • Nel caso del potere sanzionatorio l’amministrazione infligge una sanzione quando viene riscontrata un’illegittimità. Per sanzione s’intende la conseguenza sfavorevole di un illecito applicato obbligatoriamente dallo Stato o da un altro ente pubblico. Per illecito s’intende la violazione di un precetto, cioè del comando o del divieto di compiere una determinata azione. Le sanzioni possono essere: • Penali • Civili • Amministrative: misure afflittive non consistenti in una pena criminale o in una sanzione civile (l 689/1981) E ancora: Ripristinatorie: mirano a reintegrare l’interesse pubblico leso Afflittive: si rivolgono direttamente all’autore dell’illecito e si distinguono in pecunarie e interdittive Disciplinari: sono oggetto di contrattazione collettiva es quelle attinenti il rapporto di lavoro Accessorie: es privazione o sospensione di facoltà o diritti derivanti dai provvedimenti della pubblica amministrazione Il Potere di ordinanza: consente all’amministrazione di esercitare il suo potere in situazioni diverse da quelle previste in via ordinaria, cioè nei casi di necessità e urgenza che non possono essere previsti a monte, e di cui quindi non si può stabilire il contenuto dei provvedimenti che l’amministrazione può adottare, in questo caso nascono le ordinanze contingibili e urgenti. L’amministrazione deve motivare in maniera puntuale i provvedimenti emanati dall’ordinanza contingibile e urgente. Se il provvedimento non ha le caratteristiche stabilite dalla legge, l’amministrazione sta agendo illegittimamente. La corte costituzionale ha posto dei limiti a questo potere: - rispetto delle riserve di legge previste dalla costituzione, - rispetto dei principi fissati dall’ordinamento generale, - necessità di dare adeguata motivazione - necessità di efficace pubblicazione, - necessità di efficacia limitativa nel tempo Diverse dalle ordinanze sono i provvedimenti di urgenza, il legislatore definisce le situazioni di urgenza e dice all’amministrazione il contenuto che il provvedimento prevede. • • Nel caso di Potere relativo agli atti è una categorie di potere a se stante, gli atti possono essere ampliativi e restrittivi e si distinguono in: Atti amministrativi a contenuto generale Atti amministrativi a contenuto normativo Atti amministrativi di pianificazione(riconducibili atti amministrativi a contenuto generale) Nell’atto amministrativo a contenuto generale proprio per il suo carattere generale, non è immediatamente individuabile il destinatario, ma per vederlo nel dettaglio è necessaria l’adozione di un atto che prende il nome di provvedimento intermedio. Esempio: un bando è un atto amministrativo a contenuto generale perché si riferisce ad una pluralità di soggetti ma non ne individua uno. Gli atti amministrativi a carattere generale non devono essere confusi con gli atti regolamentari che sono atti normativi in grado di modificare la sfera giuridica,si riferiscono a una pluralità di soggetti. La caratteristica comune è che entrambi si riferiscono ad una pluralità di soggetti generici, la differenza è che mentre gli atti regolamentari sono in grado di modificare la sfera giuridica, gli atti amministrativi non modificano niente. Caratteristiche del potere amministrativo Unilateralità: il potere amministrativo proviene da un unico soggetto e i suoi effetti si producono in via unilaterale, senza bisogno che ci sia un espressa richiesta di volontà da parte del soggetto. Esempio: quando l’amministrazione emana un provvedimento espropriativo, esso produce i suoi effetti indipendentemente dal fatto che chi subisce sia d’accordo o no. Imperatività o autoritatività : il potere amministrativo è in grado di incidere sulla sfera giuridica del destinatario, nel senso che produce degli effetti che possono essere ampliativi o restrittivi della sfera giuridica del destinatario. Nominatività : sottolinea un attitudine del potere amministrativo, in base alla quale il potere deve conseguire esclusivamente l’interesse pubblico per il quale quel potere è stato attribuito dalla legge all’amministrazione. Esempio: la norma attribuisce all’amministrazione il potere espropriativo ( per l’art.42 della costituzione), per consentire all’amministrazione di acquisire la proprietà privata su un bene immobile allorché gli serva per realizzare un opera pubblica. Quindi, il potere dell’esproprio deve essere esercitato per ragioni legate alla pubblica utilità. Se questo potere viene esercitato per scopi diversi ( realizzazione di una piazza per consentire al soggetto privato di affacciarsi al balcone e prendere aria), l’amministrazione sta utilizzando il suo potere per un interesse privato. Ci sono casi in cui dei soggetti privati hanno avuto l’occasione di elaborare delle figure contrattuali che il codice espressamente non prevede. Esempio: il contratto di franchising: Il signor benetton dà la possibilità a chi vuole aprire un negozio benetton di utilizzare il suo marchio, dall’altro lato loro sono tenuti a dare al negozio una stessa impostazione, anche in termine di ambiente. Tipicità : l’amministrazione nell’agire deve utilizzare solo ed esclusivamente le tipologie di potere stabilite dalla legge. L’amministrazione non può elaborare forme provvedimentali diverse da quelle previste dalla legge. Si deve avvalere di poteri e provvedimenti specificamente stabiliti dalla legge. Tipicità significa che l’amministrazione si deve avvalere di schemi provvedimentali stabiliti dalla norma. Esempio: Se l’amministrazione vuole espropriare il bene appartenente al soggetto Tizio deve adottare un provvedimento e stabilire il decreto d’esproprio, che deve ricalcare lo schema previsto dalla legge. Deve contenere, per esempio, i tempi entro i quali l’opera deve essere iniziata e dovrà essere conclusa. Esecutività: è l’attitudine che il provvedimento amministrativo ha di produrre effetti. Nel caso dei provvedimenti recettizi (indirizzati ad un destinatario) produce degli effetti quando il destinatario del provvedimento è a conoscenza del fatto che è stato emanato quel provvedimento amministrativo che lo riguarda; cioè quando ne ha apposita comunicazione, come ad esempio nel caso dei provvedimenti sanzionatori; in altri casi invece il provvedimento amministrativo una volta che viene emanato produce effetti in maniera automatica. Dal momento in cui avviene la comunicazione del provvedimento amministrativo, tramite una notifica, decorrono i termini per proporre ricorso (60 giorni); ma ci sono casi in cui questi termini decorrono da quando il destinatario è venuto a conoscenza dell’esistenza di un provvedimento amministrativo che lo riguarda. Esempio: l’amministrazione emana un provvedimento che riguarda due soggetti, uno dei quali però non ha ricevuto la notifica. Poniamo il caso che uno dei due soggetti sia stato via per 6 mesi. Questo oltre a non aver ricevuto la notifica, prende atto di questo provvedimento tornando a casa tramite l’altro soggetto interessato. Mentre per il soggetto che ha ricevuto la notifica sono decorsi i 60 giorni, per l’altro soggetto i 60 giorni decorrono da quando ha preso conoscenza della mancata notifica e può proporre il ricorso in bianco. Se, invece, si è ricevuta la notifica ma si dichiara il contrario, non è giustificabile. È sempre l’amministrazione a dover dimostrare di aver provveduto alla notifica, perché se ne dà prova, il soggetto non può presentare ricorso. Esecutorietà : è l’attitudine che il provvedimento amministrativo ha di essere portato ad esecuzione senza l’intervento di soggetti terzi. Esempio: Se la pubblica amministrazione accerta che un opera è stata realizzata abusivamente e l’abuso va incontro al processo sanzionatorio, emana un ordinanza di demolizione; l’ordinanza è un provvedimento esecutorio, cioè la pubblica amministrazione per provvedere alla demolizione dell’opera abusiva non ha bisogno dell’autorizzazione del giudice, dell’intervento di un autorità terza che dia esecuzione al provvedimento amministrativo. Al contrario se dei i soggetti privati stipulano un contratto, molto spesso la sua esecuzione richiede l’intervento di terze persone. Esempio: un privato stipula un contratto di locazione di un immobile, in virtù del quale un soggetto locatore si impegna a mettere a disposizione la casa a favore di un altro soggetto che la può utilizzare pagando un corrispettivo. Se questo no paga il corrispettivo, il locatore non può mandarlo via, nell’ipotesi in cui il contratto prevede l’eventuale sfratto per morosità. È necessario avviare un provvedimento giudiziario con il quale il locatore chiede lo sfratto per morosità e quindi può fare valere il suo diritto soltanto coinvolgendo una terza persona: il giudice. Contenuto del potere amministrativo Si è soliti fare una distinzione tra il potere di attività vincolata e potere di attività discrezionale della pubblica amministrazione. Il potere discrezionale si contrappone all’attività vincolante dell’amministrazione per due fattori: • puntualità della norma di disciplinare le modalità di esercizio di quel potere (più puntuale è la norma, minore è il margine di scelta che permane all’amministrazione, meno dettagliata è la norma, più ampie sono le possibilità di scelta dell’amministrazione) • possibilità di effettuare una ponderazione di interessi per scegliere la soluzione da adottare. Attività vincolata L’amministrazione non ha possibilità di scelta perché la norma che gli attribuisce il potere è talmente puntuale nello stabilire come l’amministrazione si deve muovere che l’amministrazione non ha possibilità di operare e di scegliere. Attività discrezionale significa che l’amministrazione può optare tra più scelte possibili, con ciò non è libera di fare ciò che vuole, perché l’attività amministrativa è un’attività funzionalizzata e ogni volta che esercita un potere discrezionale è tenuta a rispettare la legge; nel caso di attività vincolata chiaramente questa possibilità non ce l’ha, nel perseguire l’interesse pubblico deve percorrere una strada. La pubblica amministrazione esercita il potere dove c’è una norma che le attribuisce questo potere, questa norma individua anche le modalità di come questo potere deve essere esercitato. L’ipotesi in cui l’amministrazione può esercitare il potere discrezionale andando aldilà della legge si dice è illegittimo (eccesso di potere). Merito vs attività discrezionale Bisogna distinguere il merito dall’attività discrezionale, perché mentre le scelte discrezionalità possono essere sindacate dalla parte del giudice, cioè il giudice non si può sostituire all’amministrazione nell’effettuare delle scelte discrezionali in caso di controversia però può fare delle puntualizzazione all’amministrazione; la stessa cosa non si può dire con riferimento al merito, che è sindacabile solo in casi stabiliti dalla legge. Esempio: l’amministrazione può decidere di realizzare un opera pubblica (scelta discrezionale) e vuole posizionarla in una zona ben precisa, i terreni individuati appartengono a 5 soggetti (A, B, C, D, E), l’amministrazione deve decidere quale di questi 5 terreni espropriare. Questa scelta deve essere operata per ragioni ben precise ( strade ecc) ed è una scelta di merito. Discrezionalità tecnica vs discrezionalità amministrativa Nel caso della discrezionalità amministrativa, l’amministrazione davanti a varie scelte opta per una di queste soluzioni, il parametro per sindacare la discrezionalità è un carattere giuridico perché l’amministrazione nel decidere può agire in contrasto con la normativa. Nel caso di discrezionalità tecnica il parametro che guida l’amministrazione è un parametro tecnico, la cui applicazione non conduce ad un risultato unico ma conduce a più possibilità all’interno delle quali l’amministrazione è chiamata a fare una scelta. L’amministrazione non effettua alcun tipo di ponderazione degli interessi. Esempio: nel caso di un esame universitario, il docente esercita un discrezionalità tecnica, perché la valutazione è basata su parametri tecnici. Cioè il docente ha stabilito dei criteri tecnici per esaminare la valutazione dello studente, la disposizione tecnica non conduce ad un risultato preciso ma ad una possibilità di scelte. L’opposto della discrezionalità tecnica è l’accertamento tecnico, cioè un accertamento di un dato preciso che conduce ad una soluzione precisa come nel caso delle scienze esatte. Esempio: per calcolare un abuso verifico i metri quadri in più. Fino al 2000 il sindacato sulla discrezionalità tecnica non era possibile perché nel processo amministrativo non era consentita l’introduzione della consulenza tecnica di uffici, conseguentemente non era possibile attribuire al giudice un sindacato sulle questioni di natura tecnica. Con la legge 5 del 2000 la sindacabilità sulla discrezionalità tecnica è stata ammessa ma non dal giudice. PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO Il provvedimento è un atto amministrativo, l’emanazione del provvedimento finale è preceduta da un insieme di fatti, atti e attività che concorrono all’emanazione del provvedimento stesso. Tali fatti confluiscono nel provvedimento amministrativo. La pubblica amministrazione agisce tramite il procedimento amministrativo, esso è dunque la forma della funzione amministrativa. !!!!!Attenzione a non confondere il procedimento amministrativo con l’atto amministrativo poiché solo il procedimento è in grado di incidere sulla sfera giuridica del destinatario. Necessità che motivano l’esistenza del procedimento: dare evidenza alle modalità di scelta effettuate dalla pubblica amministrazione per ottenere il pubblico interesse rendere pubblici i passaggi che conducono alla determinazione conclusiva (così il giudice amministrativo può sindacare) esistenza di norme giuridiche che regolano l’attività della pubblica amministrazione consentire che sia possibile la scelta discrezionale della pubblica amministrazione La legge 241del 1990 (legge della trasparenza)è la legge che regolamenta lo svolgimento del procedimento amministrativo, cioè il percorso che l’amministrazione procedente deve fare prima di effettuare il provvedimento finale. Breve storia della legge 241/1990 Il parlamento nazionale ha elaborato questa legge dopo una serie di passaggi: già negli anni ‘70 era stata proposta questa variazione di legge ma solo nel novanta è stata elaborata, è stata poi oggetto di successive ed ulteriori modifiche, integrandone il contenuto. Nella sua impostazione originaria si occupava esclusivamente del procedimento amministrativo, poi con le modifiche, intervenute soprattutto a partire dal 2005, ha racchiuso anche disposizioni che riguardano anche modi di disciplinare il provvedimento amministrativo (atto conclusivo del procedimento). Ogni fonte normativa interviene in un dato settore. Questa legge contiene una serie di norme, principi e disposizioni che si riferiscono alle amministrazioni statali. Ogni regione quindi può elaborare leggi in materia di procedimento amministrativo, che regolamenteranno il settore regionale, che non possono comunque discostarsi da quella nazionale di riferimento. Art 1 L 241/1990 Nel primo comma sono indicati i principi che regolamento l’attività amministrativa (efficacia, efficienza, trasparenza, economicità, pubblicità) ai quali l’amministrazione, svolgendo la sua attività procedimentale, deve conformarsi, conformandosi anche ai principi del diritto comunitario. Questi principi devono essere rispettati anche dai soggetti privati quando svolgono un certo tipo di attività. Vi è il divieto di aggravare il procedimento amministrativo laddove non sussiste la necessità (economicità). Il procedimento amministrativo si compone di 4 fasi deducibili dalla legge 241/1990 (quindi non esplicite), si parla infatti di attività procedimentalizzata, se l’amministrazione salta una delle fasi del procedimento amministrativo conduce un’attività illecita. Art 1 bis L 241/90 : la pubblica amministrazione nell’adozione di atti di natura non autoritativa agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente. I soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei principi, dei criteri di cui al comma 1, con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni in forza delle disposizioni di cui alla presente legge. Quando il soggetto privato assume in essere un’iniziativa che lo porta a svolgere un’attività per motivi riconducibili all’interesse generale non svolge una funzione amministrativa, perché l’esercizio della funzione amministrativa non è delegabile da parte del soggetto pubblico. Schema del procedimento amministrativo 1 FASE INIZIATIVA 2 FASE ISTRUTTORIA Da corso al procedimento amm. Acquisizione degli interessi e degli atti necessari per consentire all’amm. procedente di emanare il provvedimento finale - D’ufficio Su istanza di parte - Nomina del RESPONDABILE del PROCEDIMENTO Comunicazione di AVVIO del PROCEDIMENTO (che spetta al responsabile) - Partecipazione al procedimento Pareri Valutazioni tecniche Conferma dei servizi istruttoria 3 FASE COSTITUTIVA O DECISORIA 4 FASE INTEGRATIVA DELL’EFFICACIA L’amm. procedente emana il provvedimento finale Vengono effettuati i controlli sul provvedimento amm. e si ha la comunicazione degli atti - - Provvedimento Accordi privati e P.A. (sostitutivi del provvedimento) Silenzio (DIA/SCIA) Conferma dei servizi decisoria Si può concludere con: Provvedimento espresso (conclusione solita) Conferenza dei servizi decisoria Accordo sostitutivo di provvedimento tra pubblica amministrazione e soggetto privato Inerzia dell’amministrazione detta silenzio di inadempimento o silenzio significativo (rimanendo inerte non ha adempito alla conclusione del provvedimento amministrativo) - Controlli Pubblicità 1° FASE: INIZIATIVA Questa fase può essere avviata in due modi: D’ufficio: se è avviato dalla pubblica amministrazione procedente che emanerà il provvedimento finale Su iniziativa di parte: se è avviato da un soggetto privato o pubblico diverso dall’amministrazione, l’istanza consiste in un atto amministrativo chiamato richiesta o proposta. L’amministrazione però non è obbligata ad avviare un provvedimento se l’istanza è inconsistente. Art 2 L 241/1990 L’amministrazione ha l’obbligo di concludere il procedimento amministrativo con l’adozione di un provvedimento espresso entro i termini stabiliti a monte dalla legge o dai regolamenti d’amministrazione (30 giorni o 90 giorni, max 180giorni). L’inizio del procedimento avviato d’ufficio si ha quando inizia il procedimento, se è avviato su istanza di parte si ha dal ricevimento della domanda del soggetto che ha posto istanza. La modifica dell’Art 2 della L 241/1990 dice che in caso di inerzia, cioè quando il procedimento non viene concluso nei termini fissati, l’amministrazione avrà delle conseguenze sul fronte della responsabilità. In questo caso la stessa amministrazione individuerà un soggetto competente ad intervenire in via sostitutiva, la cui attribuzione di mansioni e incarichi maggiori comporta un aumento dell’indennità, cioè oltre allo stipendio base ha diritto ad un’indennità di risultato; perciò le conseguenze in caso contrario sono più pesanti (rimozione dall’incarico). Il soggetto competente all’interno dell’amministrazione pubblica che emette un provvedimento finale, senza ragioni che giustificano l’adozione del provvedimento fuori termine o la mancata emanazione, va incontro a due forme di responsabilità con conseguenze sia sul piano esterno all’amministrazione sia su quello interno. Sul piano esterno la negligenza determina conseguenze negative sul soggetto privato, a causa del ritardo dell’amministrazione. Per questo la legge 241/90 prevede che i cittadini, che hanno subito il ritardo, possono agire davanti al giudice preposto, chiedendo il risarcimento del danno (art.2 bis) Sul piano interno questo comportamento sarà tenuto in considerazione ai fini dell’accertamento della responsabilità dirigenziali e ai fini della valutazione della performance del soggetto (riforma Brunetta); il quale può non avere riconfermato l’incarico o addirittura ne può essere rimosso. Nel caso in cui il soggetto privato richiede un’istanza di parte e ottiene un responso negativo fuori dai termini previsti dalla legge, per il comma 1ter dell’art.1 della legge 241/90 in teoria, sarebbe tenuto a chiedere risarcimento; ma il consiglio di stato con una adunanza plenaria nel 2007 decide che il soggetto privato non ha diritto ad ottenere risarcimento del danno se la lesione dell’interesse legittimo non è correlata alla lesione del bene della vita. Art 10 bis L 241/1990 Il procedimento può essere interrotto o sospeso temporaneamente per prendere atti o documenti non contenuti tra quelli già posseduti. Il procedimento può essere sospeso una sola volta e per un periodo non superiore a 30 giorni. Nel procedimento con riferimento per istanza di parte se viene interrotto , l’amministrazione deve comunicare agli istanti i motivi che ostacolano l’accoglimento della domanda prima della formale adozione di un provvedimento negativo, superata l’interruzione i termini per la conclusione del procedimento amministrativo continuano. Se la pubblica amministrazione emana in ritardo un qualunque atto, agisce in modo illegittimo con conseguenze di responsabilità sia della pubblica amministrazione che del singolo dipendente. Questa prima fase si compone di due fasi: Nomina del responsabile del procedimento Emanazione della comunicazione di avvio del procedimento Nomina del responsabile del procedimento Art 4 L 241/1990 Stabilisce che le pubbliche amministrazioni sono tenute a determinare l’unità organizzativa responsabile. Art 5 L 241/1990 Il dirigente di ciascuna unità organizzativa deve provvedere a nominare il responsabile che sarà la guida del procedimento. Può anche nominare se stesso e se non attribuisce questo incarico sarà implicitamente assegnato a se stesso. La figura del responsabile del procedimento è proiezione del principio della trasparenza, perché costituisce il punto di riferimento per l’amministrazione e per il cittadino. Art 6 L 241/1990 Compiti del responsabile: 1. Curare e coordinare la fase istruttoria del procedimento amministrativo, raccogliendo gli atti e valutandoli prima di emanare il procedimento 2. Può indire una conferenza dei servizi istruttoria, per raccogliere e contestualizzare gli interessi delle figure coinvolte in modo da snellire l’attività procedimentale dell’amministrazione. 3. verifica la regolarità dell’istanza presentata, chiedendo l’integrazione della documentazione se è carente 4. Emanare la comunicazione d’avvio del procedimento 5. Se il responsabile coincide con il dirigente deve emanare il provvedimento amministrativo 6. Alla fine della fase istruttoria formula una proposta di provvedimento finale che verrà poi adottato dal dirigente che deve tener conto della fase istruttoria anche se può discostarsi da essa motivandone le ragioni Comunicazione d’avvio del procedimento Art 7 L 241/1990 Comunicazione d’avvio di procedimento Uno degli adempimenti della pubblica amministrazione e del responsabile al procedimento amministrativo è quello di procedere alla comunicazione d’avvio del procedimento amministrativo mediante notifica, se la comunicazione non viene fatta il procedimento è illegittimo. I soggetti interessati al procedimento amministrativo o più che altro al provvedimento finale, vengono informati circa l’esistenza del procedimento amministrativo attraverso la comunicazione di avvio di procedimento. Ci sono delle norme nelle quali viene prescritta che la comunicazione deve essere fatta entro precisi termini, invece la legge 241 non prevede dei termini circa la comunicazione però stabilisce che debba essere fatta tempestivamente. I soggetti destinatari della comunicazione di avvio vengono individuati dall’Art 7 legge 241 del 1990, tali soggetti sono: I soggetti destinatari del provvedimento amministrativo, che hanno diritto ad ottenere la comunicazione di avvio del procedimento. I soggetti contro interessati: sono soggetti che pur non essendo diretti destinatari del provvedimento amministrativo, subirebbero un effetto negativo dall’emanazione del provvedimento. Questi soggetti sono destinatari della comunicazione di avvio del procedimento se sono individuati già al momento in cui il procedimento amministrativo prende avvio o se sono facilmente individuabili. I soggetti pubblici o privati che sono chiamati per legge in qualche modo ad intervenire al procedimento amministrativo. Siccome la norma sulla comunicazione d’avvio del procedimento amministrativo si intreccia con le altre norme previste in materia di partecipazione, possono partecipare al procedimento amministrativo dei soggetti che pur non essendo destinatari della comunicazione comunque possono dare il loro apporto collaborativo al procedimento. Per capire le ragioni per cui in determinati casi la comunicazione d’avvio del procedimento amministrativo è esclusa o è rinviata ad un secondo momento dobbiamo preliminarmente stabilire qual è la funzione della comunicazione di avvio del procedimento amministrativo perché questo ci consente di capire anche la funzione della partecipazione al procedimento. Art 8 L 241/1990 Contenuto della comunicazione di avvio: Deve contenere l’esatta indicazione, denominazione di quella che è l’amministrazione procedente Deve indicare il nome del responsabile del procedimento amministrativo. I soggetti destinatari apprendono qual è il responsabile del procedimento amministrativo perché è lo stesso responsabile del procedimento che inserisce il proprio nome all’interno della comunicazione. Deve contenere l’oggetto del procedimento prima e del provvedimento Deve indicare qual è l’ufficio presso il quale è possibile prendere visione degli atti quindi esercitare il diritto di accesso Deve contenere il termine entro cui il procedimento amministrativo deve essere concluso Deve contenere rimedi in caso di inerzia dell’amministrazione I destinatari di questa comunicazione, allo scopo di verificare se l’amministrazione stia agendo o non agendo nei termini, vengono a conoscenza dell’arco temporale entro il quale deve concludersi il procedimento amministrativo in questione, proprio dalla comunicazione di avvio del procedimento amministrativo. Casi in cui la comunicazione di avvio non è necessaria (praticamente non sono previsti) Si sono posti dei problemi con riferimento all’ obbligo di comunicazione di avvio, perché aldilà delle ipotesi in cui la comunicazione di avvio non è necessaria perché è la stessa legge che esclude l’obbligo di questa comunicazione, quindi aldilà delle deroghe che sono appositamente stabilite dalla legge, ci sono dei casi in cui la comunicazione di avvio del provvedimento amministrativo non è obbligatoria. Se un cittadino presenta un’istanza per ottenere un provvedimento (procedimento avviato su iniziativa di parte) l’amministrazione deve comunque fare la comunicazione esplicita al destinatario del provvedimento, perché anche se il soggetto che ha presentato l’istanza è già a conoscenza del fatto che potrebbe esserci un provvedimento amministrativo che lo riguarda, con la comunicazione di avvio del procedimento, esso viene a conoscenza di informazioni che non aveva ancora (responsabile, ufficio, tempistiche ecc) La comunicazione di avvio del procedimento deve essere fatta anche quando il procedimento è il risultato di un’attività vincolata perché anche se nel caso di attività vincolata l’amministrazione non ha possibilità di compiere delle scelte e non ha senso fare la comunicazione di avvio di procedimento amministrativo, perché indipendentemente da quello che ha da dire il soggetto privato o il destinatario della comunicazione il contenuto del provvedimento amministrativo non può che essere quello, la partecipazione del soggetto privato potrebbe indurre l’amministrazione ad adottare sempre lo stesso tipo di provvedimento, ma magari indicando una condizione particolare, una clausola diversa del provvedimento. La legge 241 non fa tutte queste distinzioni, tra attività vincolata, attività discrezionale, procedimento amministrativo avviato su istanza di parte o meno, perché ritiene che la comunicazione di avvio di procedimento amministrativo debba essere fatta tanto con riferimento a i procedimenti avviati su istanza di parte, quanto con quelli avviati d’ufficio, tanto con riferimento ai provvedimenti che sono il risultato di attività discrezionale, quanto per quelli che hanno alla base un’attività vincolata dell’amministrazione. Art 21 octies L 241/1990 annullabilità del provvedimento: Prevede che se l’amministrazione omette la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, non si determina l’annullabilità del provvedimento amministrativo adottato, se l’amministrazione riesce a dimostrare in giudizio che il contenuto del provvedimento non poteva che essere quello, anche se avesse fatto la comunicazione. Il problema non si pone se il soggetto, che è destinatario della comunicazione di avvio che non è stata fatta, abbia comunque in qualche modo saputo del procedimento amministrativo e abbia partecipato. In questo caso la violazione della norma anche se prevede l’obbligo della comunicazione di avvio, non ha comportato per lui nessun tipo di pregiudizio perché ha partecipato comunque. Quindi la mancata comunicazione di avvio non determina l’annullabilità del provvedimento, perché il provvedimento amministrativo così adottato non è annullabile, ma può essere illegittimo, questo vuol dire che il soggetto privato laddove dimostri che dalla omissione della comunicazione di avvio ne siano conseguiti dei danni ha la possibilità di chiedere il risarcimento del danno. Esistono anche dei casi in cui la comunicazione è obbligatoria, ma l’obbligo di comunicazione fa un passo indietro quando ci sono dei casi in cui bisogna adottare un provvedimento amministrativo o le misure cautelari, ovvero delle misure urgenti, in questo caso la comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo può essere fatta in un secondo momento. • 2° FASE ISTRUTTORIA In questa fase vengono raccolti tutti gli elementi necessari che l’amministrazione deve tenere conto prima di arrivare al provvedimento finale, è condotta dal responsabile del procedimento. All’interno della fase istruttoria si ha: Partecipazione al procedimento amministrativo Pareri Valutazioni tecniche Conferenza dei servizi istruttoria, da non confondere con la conferenza dei servizi decisoria che è un modo per concludere il procedimento amministrativo. Art 9 L 241/1990 Partecipazione La funzione della partecipazione è quella di consentire l’ingresso nel procedimento amministrativo di interessi e di fatti di cui l’amministrazione non avrebbe la possibilità di rendersi conto se non ci fosse qualcuno che li introducesse all’interno del procedimento. Da qui la conseguenza è che la funzione della partecipazione non è difensiva ma collaborativa perché attraverso la partecipazione al procedimento amministrativo i soggetti che vi partecipano non difendo un loro interesse, ma introducono all’interno del procedimento amministrativo un loro interesse, allo scopo di consentire all’amministrazione procedente (che è poi anche quella competente ad adottare un provvedimento finale) di rendersi conto che deve adottare un certo provvedimento amministrativo per il perseguimento di un certo interesse pubblico tenendo conto di tutti gli interessi che tocca esercitando la funzione amministrativa, anche quelli dei soggetti privati. Esempio: Se un soggetto privato presenta un’istanza per ottenere un permesso edilizio l’amministrazione pubblica dà corso al procedimento amministrativo nominando il responsabile del procedimento amministrativo che deve acquisire tutti gli elementi che poi consento al dirigente dell’ufficio tecnico di decidere se deve rilasciare o meno questo permesso edilizio. Il dirigente dell’ufficio tecnico nel momento in cui accoglie o rigetta l’stanza del soggetto privato tiene in considerazione un certo interesse pubblico. Questo interesse pubblico primario che tiene in considerazione è quello di garantire che comunque il rilascio del premesso edilizio non pregiudichi l’ordinato assetto del territorio. Nel perseguire l’interesse pubblico l’amministrazione tiene conto dell’interesse di tizio, che è un interesse privato di ottenere l’autorizzazione e deve tener conto anche di eventuali interessi di altri soggetti come ad esempio l’interesse del vicino di casa di tizio a non fare costruire tizio. La comunicazione di avvio del procedimento amministrativo dovrà essere fatta a chi ha presentato l’istanza, cioè a tizio, al vicino di casa e eventualmente anche a soggetti pubblici che potrebbero intervenire in questo procedimento come la soprintendenza dei beni culturali che deve col suo intervento introdurre nell’ambito del procedimento amministrativo l’interesse pubblico che è quello di tutelare e garantire la protezione dei beni culturali. Quindi attraverso la comunicazione e quindi la partecipazione, perché poi i destinati della comunicazione partecipano al procedimento amministrativo se vogliono, si introducono all’interno del procedimento amministrativo diversi tipi di interesse: - l’interesse del soggetto istante; - l’interesse del soggetto contro interessato; - l’interesse pubblico di tutela e di protezione dei beni culturali (per questo esempio) Un destinatario della comunicazione di avvio o un portatore di interesse collettivo, concretamente può introdurre questi interessi all’interno del procedimento amministrativo seguendo due strade: 1. presentando documenti o memorie, per cui formula delle osservazioni per iscritto e esprime la sua posizione. 2. Attraverso il diritto di accesso al procedimento amministrativo, chiedendo di partecipare al procedimento e prendendo visione o estraendo copia degli atti che hanno a che fare con quel procedimento amministrativo. I soggetti che non hanno l’obbligo, ma la facoltà di partecipare al procedimento amministrativo sono i destinatari del procedimento amministrativo, indicati nell’ art. 7 della legge 241 del 1990. Ci sono dei soggetti che pur non essendo destinatari della comunicazione di avvio al procedimento amministrativo possono partecipare ugualmente al procedimento amministrativo e sono i soggetti indicati nell’art 9 della legge 241 del 1990 (intervento al procedimento). Questi soggetti sono qualunque soggetto portatore di interessi pubblici o privati, nonché portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni e comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento. Casi in cui non è prevista la partecipazione al procedimento amministrativo Nell’art 13 legge 241/1990 (ambito di applicazione delle norme sulla partecipazione) ritroviamo i casi in cui non è prevista la partecipazione e quindi non è obbligatoria la comunicazione di avvio del procedimento, poiché la partecipazione viene regolamentata da norme diverse che disciplinano i procedimenti di formazione di questo tipo di atto. Tali casi sono: gli atti amministrativi a contenuto generale gli atti normativi Esempio: Quando il parlamento trasforma un disegno di legge non chiede la partecipazione dei cittadini prima di approvare la legge, però una forma in qualche modo partecipativa è assicurata in una fase precedente, tanto è vero che ad esempio l’iniziativa legislativa può spettare ai cittadini. Un gruppo consistente di cittadini può fare una proposta di legge, oltretutto i portatori degli interessi dei cittadini dovrebbero essere gli stessi parlamentari. gli atti di pianificazione Esempio: Una delle ipotesi in cui è esclusa l’applicazione delle disposizioni sulla partecipazione è relativa agli atti di pianificazione, per i quali l’istituto della partecipazione è assicurato attraverso l’impiego di strumenti diversi tanto è vero che quando si procede alla formazione del piano regolatore generale i cittadini partecipano al procedimento di formazione attraverso la presentazione di osservazioni. • • • Art 16 L 241/1990 Pareri Il parere è un atto amministrativo (non un provvedimento) che produce effetti all’interno del procedimento stesso ed è il risultato di un’attività consultiva esercitata da un’amministrazione diversa da quella che dovrà concludere il procedimento amministrativo ed adottare il provvedimento finale, che valuta il materiale istruttorio. In generale il parere non è in grado di incidere sulla sfera giuridica del destinatario, tranne nel caso in cui esso è obbligatorio e vincolante. La fase che produce questi pareri è detta fase consultiva ed è una sorta di sub-procedimento che si innesta nel procedimento principale e che comporta un allungamento dei termini per la conclusione del procedimento amministrativo. Distinzione dei pareri: Da una parte Pareri facoltativi: quando l’amministrazione procedente è libera di scegliere se richiedere il parere o non richiederlo, deve rispettare il principio dell’economicità quindi deve sempre tenere in considerazione che deve trattarsi di un parere attinente alla vicenda e che non aggravi inutilmente la durata del procedimento stesso. Pareri obbligatori: quando l’amministrazione procedente ha l’obbligo, perché disposto dalla legge, di chiedere il parere all’amministrazione che esercita l’attività consultiva. Se non lo chiede il provvedimento diventa illegittimo, anche se questo parere viene richiesto in un secondo momento. Dall’altra Pareri vincolanti l’amministrazione procedente sarà tenuta a conformarsi al parere reso dall’amministrazione consultiva Pareri non vincolanti o conformi l’amministrazione procedente è libera di conformarsi o no al parere reso Pareri semi vincolanti l’amministrazione procedente deve attenersi al parere, ma ha la possibilità di discostarsi da esso avvallando un’altra amministrazione, cioè chiedendo ad un’altra amministrazione l’autorizzazione per potersi discostare Sia nell’ipotesi in cui il parere è facoltativo sia nell’ipotesi in cui il parere è obbligatorio l’amministrazione che è chiamata a svolgere questa attività consultiva dovrà rendere il parere entro il termine stabilito dalla legge di settore, se questa specifica non sussiste il termine è 20 giorni. Se l’amministrazione consultiva non rispetta la tempistica l’amministrazione procede indipendentemente. Se l’amministrazione consultiva ha bisogno di maggiore tempo rispetto a quello stabilito per acquisire i documenti necessari a fornire il parere, deve informare l’amministrazione procedente specificando le motivazioni, quest’ultima procederà all’interruzione dei termini per un periodi di 15 giorni, questa interruzione può avvenire una sola volta. Questo meccanismo che conferisce all’amministrazione procedente di andare avanti indipendentemente dall’acquisizione del parere, non si applica quando ci troviamo in determinati settori dell’ordinamento particolarmente sensibili, specificati dalla L 241/1990: Tutela ambientale Paesaggistica Territoriale Salute dei cittadini Art 17 L 241/1990 Valutazioni tecniche Se l’amministrazione ha bisogno di una valutazione tecnica da un’altra amministrazione specifica, questa deve rendere la valutazione nei termini stabiliti dalla legge di settore, se non sono specificati la L 241/1990 prevede un termine di 90 giorni. Se l’amministrazione competente non rende la valutazione entro i tempi stabiliti, l’amministrazione procedente non può procedere indipendentemente e quindi dovrà chiedere la valutazione tecnica ad un’altra amministrazione. Se l’amministrazione consultiva ha bisogno di maggiore tempo rispetto a quello stabilito deve informare l’amministrazione procedente specificando le motivazioni, quest’ultima procederà all’interruzione dei termini che può avvenire una sola volta. Nel caso dei pareri l’amministrazione consultiva è quella individuata per legge, nel caso delle valutazioni tecniche l’amministrazione è quella che ha delle particolari conoscenze in quel determinato campo. Esempio: La valutazione tecnica può provenire da un istituto universitario, dalla facoltà di architettura perché c’è un dipartimento che si occupa dello studio di profili sismici. In questo caso la valutazione è una valutazione che non si identifica in un mero parere, ma è una valutazione che presuppone una conoscenza tecnica specialistica in quel dato settore. Art 14 L 241/1990 Conferenza dei sevizi istruttoria L’amministrazione procedente indice una conferenza dei servizi, che punta alla semplificazione e allo snellimento dell’attività amministrativa, quando si devono acquisire una molteplicità di interessi che riguardano il procedimento o i provvedimenti connessi al procedimento in corso. La conferenza è regolata dal responsabile ed è una sorta di riunione contestuale con le amministrazioni procedenti dove vengono acquisite tutte le informazioni che sono connesse al provvedimento in un’unica soluzione. 3° FASE DECISORIA O COSTITUTIVA È la fase in cui si conclude il procedimento amministrativo e l’amministrazione procedente emana il provvedimento finale. In questa fase il responsabile del procedimento amministrativo raccoglie tutti gli elementi necessari sulla base delle risultanze dell’istruttoria, in alcuni casi formula una proposta di provvedimento, e rimette gli atti al soggetto competente ad adottare il provvedimento finale che sarebbe il soggetto posto a capo dell’unità organizzativa competente che in linea di massima è il dirigente. Art 10 bis Con riferimento ai procedimenti avviati su istanza di parte, se l’amministrazione sulla base degli elementi raccolti si rende conto che la richiesta non può essere accolta deve comunicare il preavviso di rigetto dell’istanza, attribuendo al soggetto che ha presentato istanza il termine massimo di 10 giorni per presentare delle memorie ovvero dei documenti per convincere l’amministrazione a cambiare idea. Questa fase si compone di: Provvedimento espresso o decisione Conferenza dei servizi decisoria Accordo tra pubblica amministrazione e soggetto privato (ex art 11 L 241/1990 Inerzia dell’amministrazione: silenzio Soffermiamoci sugli elementi che deve possedere il provvedimento amministrativo. Nel provvedimento devono essere indicati: 1. l’autorità competente che lo ha emesso; 2. i presupposti di fatto, deve contenere cioè una sorta di preambolo con i presupposti che hanno giustificato l’adozione di quel provvedimento; 3. la motivazione, data, luogo e firma di chi lo ha emesso. Come già sappiamo, il provvedimento amministrativo è il risultato di un procedimento amministrativo. Per dire che siamo di fronte ad un provvedimento amministrativo dobbiamo aver chiaro che esso deve essere emanato da un’autorità amministrativa, cioè da un soggetto pubblico, quindi nei casi in cui i soggetti privati svolgono attività per il perseguimento di un interesse pubblico, l’atto che essi pongono in essere non è un provvedimento amministrativo. Non tutti gli atti adottati dal soggetto pubblico sono provvedimenti amministrativi, perché ci sono atti che sono il risultato di un’attività pubblicistica e non di un’attività amministrativa. L’art. 3 della l. 241/90 motivazione dice che tutti i provvedimenti amministrativi, compresi quelli che attengono alle procedure concorsuali, devono essere motivati, nel caso in cui la motivazione non è stata espressa il provvedimento è illegittimo e può essere impugnato dal destinatario, si dice che il provvedimento è viziato sotto il profilo della violazione di legge; se la motivazione è insufficiente o incoerente, incongrua il provvedimento è illegittimo ed è detto viziato sotto il profilo dell’eccesso di potere. La motivazione è una raccolta di elementi di fatto e di diritto, che hanno giustificato l’adozione di quel provvedimento. L’amministrazione, allorché adotta un provvedimento, nel fornire le motivazioni oltre ad indicare i presupposti di fatto e le ragioni di diritto, deve spiegare quali sono gli elementi che collegano l’adozione del provvedimento alle risultanze dell’istruttoria, perché allorché il provvedimento adottato contrasta con le risultanze dell’istruttoria è un provvedimento illegittimo, sotto un particolare profilo che prende il nome di eccesso di potere. La motivazione è importante sicuramente molto di più per il cittadino che per l’amministrazione. Non soltanto è una garanzia nei confronti del destinatario del provvedimento amministrativo ma anche nei confronti dei soggetti che possono essere pregiudicati dall’adozione del provvedimento amministrativo. Esempio: se io avanzo un’istanza all’amministrazione per il rilascio di una concessione e l’amministrazione nega la mia richiesta, il provvedimento di diniego deve contenere in se la motivazione, deve spiegare le ragioni che hanno indotto l’amministrazione a non concedermi la concessione. In questo caso la motivazione è posta a garanzia del soggetto che ha proposto istanza che di fatto coincide col destinatario del provvedimento amministrativo, il quale sulla base delle motivazioni indicate dall’amministrazione potrà impugnare il provvedimento. Se il procedimento amministrativo si è già concluso con l’adozione di un provvedimento dotato di una motivazione insufficiente o addirittura privo di motivazione e sia stato avviato un processo volto all’impugnazione di quel provvedimento, la giurisprudenza è ormai univocamente orientata nel senso che in corso di giudizio la motivazione non può essere in alcun modo integrata, perché deve contenere un legame con le risultanze dell’attività istruttoria; dunque se l’amministrazione volesse in qualche modo “aggiustare” il provvedimento non può farlo in corso di giudizio perché sarebbe come non tener conto delle risultanze dell’attività istruttoria Motivazione per relationem Se la motivazione del provvedimento non è contenuta nello stesso provvedimento ma è contenuta in un altro provvedimento, il provvedimento si considera legittimamente formato. In questo caso l’obbligo motivazionale si considera soddisfatto solo se l’amministrazione indica gli estremi (data dell’adozione, num del provv., locazione del documento) del provvedimento che contiene la motivazione. Art.3 della 241/1990 comma 2 deroga alla motivazione La motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale, in quanto riferiti ad una pluralità di soggetti, non sono destinati ad incidere direttamente sulla sfera giuridica dei soggetti ai quali si rivolgono, proprio perché la legge, come abbiamo già detto, ha una portata generale ed astratta. Quindi questo tipo di atti non ha la necessità di essere motivato proprio perché non si rivolge ad un soggetto preciso ed individuabile. Atti normativi Esempio: la legge non reca in se una motivazione perché la legge proviene dal Parlamento, dalle Camere, che sono in un certo qual modo libere nel fine da raggiungere. Per cui riflettendoci è vero che non troviamo nella legge la motivazione della stessa però le ragioni che hanno indotto il Parlamento ad adottare quell’atto normativo si possono rinvenire nella relazione che accompagna il disegno di legge prima della votazione, relazione che deve spiegare il percorso che ha giustificato l’adozione di quel disegno di legge e che giustificherebbe anche la trasformazione di questo disegno di legge in legge. Atti amministrativi a contenuto generale sono atti amministrativi che si riferiscono ad una pluralità di soggetti che per essere individuati è necessario che venga adottato un provvedimento. Esempio: Il PRG prevede la localizzazione di una scuola pubblica nel terreno di Tizio. Trattandosi però di un atto amministrativo a contenuto generale, affinché la prescrizione del piano si concretizzi è necessaria l’adozione di un altro atto che sarà il provvedimento espropriativo. Una volta che il soggetto posto a capo dell’unità dirigenziale adotta il provvedimento (fase costitutiva) il provvedimento deve passare attraverso un ulteriore fase. 4° FASE INTEGRATIVA DELL’EFFICACIA Adottato il provvedimento amministrativo per avere effetto deve essere sottoposto a controllo per la legittimità degli atti, quindi si passa alla fase integrativa dell’efficacia. Effettuata la fase di controllo il provvedimento amministrativo viene sottoposto alla pubblicità degli atti attraverso la notifica che può avvenire tramite pubblicazione su albi, gazzette, raccomandata, ufficiale giudiziario, messo notificatore. La pubblicità è importante ai fini dell’impugnazione, perché dalla notifica decorrono i termini di decadenza per l’impugnazione. In ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine e l'autorità cui è possibile ricorrere,la mancata indicazione di questa espressione non determina alcuna forma di illegittimità ma di irregolarità. ATTENZIONE: ci sono degli atti, i cosiddetti atti recettizi, che producono effetti soltanto quando vengono portati a conoscenza del destinatario. Esempio: il provvedimento è stato impugnato di fronte al giudice di pace, però si trattava di un’ipotesi particolare di cui l’amministrazione non mi avevo messo al corrente. Il giudice di pace, se riscontra che il mio errore non è voluto ma è stato indotto dalla mancanza di quell’espressione, potrà riconoscere il mio errore come scusabile e darmi la possibilità, seppur trascorsi i termini di riproporre il ricorso amministrativo davanti al prefetto. ALTRI CASI DI CONCLUSIONE DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO (riconducibili alla 3°fase) Abbiamo visto come dovrebbe concludersi in via ordinaria il procedimento amministrativo, però ci sono dei casi in cui il procedimento non si conclude con il provvedimento amministrativo ma si conclude in maniera diversa. 1.SILENZIO AMMINISTRATIVO Quando l’amministrazione, nonostante abbia dato avvio ad un procedimento amministrativo, non lo conclude, ma rimane inerte. L’inerzia dell’amministrazione può sfociare in due tipi di silenzio: Silenzio inadempimento o rifiuto: l’amministrazione è rimasta inadempiente perché aveva l’obbligo di portare a termine il procedimento, non l’ha fatto. L’amministrazione che è rimasta inadempiente potrebbe aver causato dei danni a privati, in questo caso il privato può rivolgersi al giudice e chiedergli di obbligare l’amministrazione a provvedere ed in alcuni casi a chiedere un risarcimento se dall’inadempienza dell’amministrazione ne sono derivate delle conseguenze di pregiudizio economico. (Silenzio inadempimento Violazione dell’art.2 della 241/90) Silenzio significativo: il legislatore vuole velocizzare l’attività amministrativa. Si distinguono: Silenzio assenso art 20 L 241/1990 Con riferimento ai procedimenti avviati su istanza di parte il silenzio dell’amministrazione equivale ad assenso. Se io presento un’istanza per ottenere un certo tipo di provvedimento è l’amministrazione non mi risponde vuol dire che la mia istanza è stata accolta. Per talune materie (indicate nell’art.20, come per esempio la salute, la salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio ecc.) il silenzio dell'amministrazione in riferimento a procedimenti avviati su istanza di parte NON equivale ad assenso, ma si configura come silenzio inadempimento. Silenzio diniego Con riferimento ai procedimenti amministrativi avviati d’ufficio o su istanza di parte solo nei casi specificati dalla legge, all’eventuale inerzia dell’amministrazione possiamo attribuire un significato di diniego. Il diniego è quindi disposto per legge. Silenzio rigetto Mentre quando parliamo di assenso e diniego siamo nell’ambito del procedimento amministrativo, quando parliamo di silenzio rigetto siamo nell’ambito dei ricorsi amministrativi. Se presento un ricorso ad un’autorità amministrativa e la autorità non risponde espressamente entro i termini stabiliti dalla legge, significa che l’amministrazione rigetta il mio ricorso. L’elemento che ci consente di distinguere se ci troviamo di fronte ad un silenzio inadempimento o ad un silenzio significativo è la previsione normativa. Nell’ipotesi di silenzio assenso non c’è provvedimento amministrativo e quindi non c’è neanche la motivazione o il rendiconto della motivazione istruttoria espletata. Il controinteressato può di fatto andare davanti al giudice e impugnare il silenzio assenso ma il problema è che non è semplice rendersi conto se l’amministrazione abbia agito o meno legittimamente nell’accoglimento di quell’istanza in assenza della motivazione. Nell’ipotesi di silenzio diniego il destinatario del diniego, che sa che se l’amministrazione è rimasta inerte, non potrà svolgere nessun tipo di attività per la quale chiedeva il provvedimento. In questo caso il privato, destinatario del diniego, potrà impugnare il diniego ma anche in questo caso non è agevolato in quanto, l’assenza della motivazione, non gli consente di capire se il diniego è legittimo o meno. Quindi spesso lo snellimento dell’attività non va di pari passo con le garanzie del destinatario del provvedimento o dei soggetti controinteressati. Dunque la conclusione del procedimento amministrativo in termini alternativi all’adozione del provvedimento si ha soltanto nell’ipotesi di silenzio significativo perché in questi casi è vero che il procedimento non è sfociato nell’emanazione di un provvedimento espresso però è anche vero che il procedimento comunque si è concluso. Nell’ipotesi di silenzio inadempimento invece il procedimento amministrativo non si è concluso. Nelle ipotesi di silenzio inadempimento e diniego, l'obbligo dell'amministrazione di presentare una comunicazione di preavviso di rigetto verrebbe violato perché, nel caso di silenzio inadempimento, l’amministrazione resta inerte, non provvede in alcun modo; mentre nell’ipotesi di silenzio diniego, il silenzio è sostitutivo di un provvedimento di diniego e la pubblica amministrazione non ne effettua la comunicazione. Quindi abbiamo da un lato lo snellimento dell’azione amministrativa e dall’altro la mancanza di garanzie per i destinatari di questa attività.h SCIA (SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITA’, ex DIA) La SCIA è uno strumento che permette al soggetto privato di svolgere la sua attività con una semplice certificazione (SCIA). Il soggetto dichiara di avere i requisiti per svolgere l’attività, si assume le conseguenze di eventuali dichiarazioni mendaci, dichiara che può svolgere quel tipo di attività perché è conforme a quello che prevede la legge. La certificazione consente al soggetto di svolgere immediatamente l’attività, ma non esonera l’amministrazione di svolgere dei controlli in un secondo momento. L’amministrazione non avvia nessun tipo di procedimento. DIA (DICHIARAZIONE DI INIZIO ATTIVITA’) ante-riforma L 241/1990 Tra il momento della dichiarazione e il momento in cui si svolgeva l’attività intercorrevano 30 giorni, durante i quali l’amministrazione si accertava che il dichiarante possedesse i requisiti adatti per svolgere l’attività. 2.GLI ACCORDI TRA PRIVATI E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE L’art. 11 della L 241/1990 disciplina gli accordi tra privati e pubblica amministrazione distinguendo: Accordi sostitutivi del provvedimento amministrativo il soggetto pubblico e quello privato concludono un accordo che è di tipo sostitutivo, in quanto sostituisce il provvedimento amministrativo. Nella legge 241/90 ante-riforma l’accordo sostitutivo non poteva essere sempre stipulato, poteva essere stipulato soltanto nei casi stabiliti dalla legge. Oggi non è più così, l’accordo sostitutivo può essere stipulato sempre anche se poi concretamente le ipotesi in cui la pubblica amministrazione ed il soggetto privato stipulano un accordo di questo tipo sono molto rare. Accordi integrativi del contenuto del provvedimento amministrativo il soggetto pubblico e quello privato stipulano un contratto negoziale, che va ad integrare il provvedimento che adotta l’amministrazione procedente quindi contribuisce a determinare il provvedimento. In entrambi i casi gli accordi devono avere forma scritta, in caso contrario l’accordo è nullo. La L.241/90 prevede che queste tipologie di accordo devono essere disciplinate dalle norme di diritto privato e segnatamente delle norme contenute nel codice civile ma qualora dovessero sorgere delle controversie tra privato e pubblica amministrazione, in merito al contenuto dell’accordo, la risoluzione delle stesse sarà affidata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, perché egli usufruisce di poteri analoghi a quelli del giudice civile. Art.11 comma 4: una volta stipulato l’accordo, l’amministrazione può recedere dall’accordo unilateralmente (senza l’assenso del soggetto privato) ma può farlo solo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse (ovviamente l'amministrazione stipulerà un accordo nel caso in cui alla base ci sia un interesse pubblico da perseguire) e dovrà corrispondere un indennizzo qualora l’azione abbia generato pregiudizi in danno del soggetto privato. 3.LA CONFERENZA DEI SERVIZI DECISORIA È uno strumento di snellimento dell’attività amministrativa L’amministrazione deve decidere che provvedimento adottare quindi ha bisogno di acquisire nullaosta, concetti, assensi da parte di altre e più amministrazioni piuttosto che acquisirle singolarmente viene indetta la conferenza dei servizi. PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI DI SECONDO GRADO (principio di tutela dell’affidamento) Se l’amministrazione ha adottato un provvedimento, ma si accorge di aver agito in maniera sbagliata, può intervenire su quel provvedimento riavviando un nuovo procedimento amministrativo, entro termini ragionevoli, che si concluderà con l’emanazione di un provvedimento di rimozione del primo provvedimento. Si distinguono: Annullamento d’ufficio solo se: Il provvedimento amministrativo è illegittimo C’è l’interesse pubblico alla rimozione dell’atto Revoca solo se: c’è l’interesse pubblico alla rimozione dell’atto sono mutate condizioni delle situazioni o sono errata valutazione dei fatti ART 28 COSTITUZIONE RESPONSABILITÀ DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO ILLEGITTIMO: responsabilità di tipo contrattuale quando la pubblica amministrazione stipula un contratto con un soggetto privato di compra-vendita e non rende il corrispettivo dell’indennità al soggetto privato. Si è verificato un impedimento contrattuale a carico dell’amministrazione, quindi la responsabilità che si configura in questo caso è una responsabilità di tipo contrattuale. Responsabilità di tipo extracontrattuale Quando l’amministrazione arreca un danno ad un soggetto privato perché si pone in una posizione di superiorità in quanto sta esercitando il potere amministrativo. Sussiste una sorta di estraneità tra il danneggiato e il danneggiante. L’amministrazione deve risarcire un danno quando sussistono tutte queste condizioni: Ha un comportamento antigiuridico, cioè quando viola una norma o un precetto normativo. In conseguenza della violazione della norma arreca un danno ingiusto. Ci sono casi in cui la limitazione di un diritto di un privato è riconducibile a un comportamento lecito dell’amministrazione, in questo caso il danno è detto giusto e il privato non ha diritto al risarcimento ( esempio esproprio: no risarcimento, ma indennizzo) Vi è un nesso di causalità tra comportamento antigiuridico e danno ingiusto: ovvero che il danno ingiusto deve essere conseguenza della violazione della norma. Vi è l’elemento soggettivo, colpa, di chi ha posto in essere il danneggiamento, volontà di arrecare un danno.