ECONOMIA DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI CAP. 1 – IL SISTEMA REALE, IL SISTEMA FINANZIARIO E L’INTERMEDIAZIONE ......2 IL SISTEMA REALE E IL SISTEMA FINANZIARIO ..........................................................2 I SALDI FINANZIARI SETTORIALI ...................................................................................4 IL RUOLO DEGLI INTERMEDIARI NEL RACCORDO TRA I FLUSSI ............................ 6 LE SCELTE FINANZIARIE DI FAMIGLIE E IMPRESE .................................................... 7 LE FUNZIONI, LA STRUTTURA E LE COMPONENTI DEL SISTEMA FINANZIARIO . 8 IL RUOLO DEL SISTEMA BANCARIO .............................................................................. 9 L’ORIENTAMENTO DEI SISTEMI FINANZIARI ............................................................. 9 CAP. 2 – LA TEORIA DELL’INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA..................................... 10 PERCHÈ ESISTONO GLI INTERMEDIARI FINANZIARI .............................................. 10 COSTI DI TRANSAZIONE ................................................................................................. 11 L’INCERTEZZA .................................................................................................................. 12 LE ASIMMETRIE INFORMATIVE ................................................................................... 13 COSTI DI AGENZIA ........................................................................................................... 13 LA CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERMEDIARI ............................................................ 14 CLASSIFICAZIONE IN MACRO AREE “FUNZIONALI” .................................................. 15 CAP. 3 – I RISCHI DELL’INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA ......................................... 18 LA CLASSIFICAZIONE DEI RISCHI ................................................................................ 19 RISK MANAGEMENT ...................................................................................................... 23 CAP. 4 – GLI STRUMENTI FINANZIARI ........................................................................... 24 GLI STRUMENTI FINANZIARI ....................................................................................... 24 IL PROFILO ECONOMICO .............................................................................................. 24 CAP. 5 – I MERCATI.............................................................................................................. 27 LE FUNZIONI DEI MERCATI FINANZIARI ................................................................... 28 LA CLASSIFICAZIONE DEI MERCATI ........................................................................... 29 L’EFFICIENZA DEI MERCATI ......................................................................................... 32 CAP. 6 – L’INTERMEDIAZIONE CREDITIZIA ...................................................................33 LE PECULIARITÀ E L’ARTICOLAZIONE DELL’INTERMEDIAZIONE CREDITIZIA ...33 CAP. 7 - L’INTERMEDIAZIONE MOBILIARE .....................................................................35 I SERVIZI DI INVESTIMENTO.........................................................................................35 1) L’ESECUZIONE DI ORDINI PER CONTO DEI CLIENTI E LA NEGOZIAZIONE .. 36 2) LA RICEZIONE E LA TRASMISSIONE DI ORDINE ............................................. 36 3) LA MEDIAZIONE .................................................................................................... 36 1 4) LA NEGOZIAZIONE PER CONTO PROPRIO ........................................................ 36 5) LA GESTIONE DI SISTEMI MULTILATERALI DI NEGOZIAZIONE ................... 37 6) I SERVIZI DI COLLOCAMENTO E UNDERWRITING .......................................... 37 LA PROGETTAZIONE DELL’OPERAZIONE ............................................................... 38 L’ORGANIZZAZIONE DEL SINDACATO DI COLLOCAMENTO ............................... 38 IL PRICING ................................................................................................................... 39 IL COLLOCAMENTO .................................................................................................... 39 FASE SUCCESSIVA ....................................................................................................... 40 I SERVIZI DI CARTOLARIZZAZIONE ......................................................................... 40 7) I SERVIZI DI GESTIONE DEL RISPARMIO .......................................................... 41 8) I SERVIZI DI CONSULENZA IN MATERIA DI INVESTIMENTI ......................... 42 LA GESTIONE COLLETTIVA ........................................................................................... 42 CAP. 8 – L’INTERMEDIAZIONE ASSICURATIVA ............................................................. 42 I PRODOTTI ASSICURATIVI ........................................................................................... 43 L’ASSICURAZIONE VITA ............................................................................................. 43 L’ASSICURAZIONE DANNI ......................................................................................... 43 CAPITOLO 10 – IL CONTROLLO SUL SISTEMA FINANZIARIO ..................................... 43 GLI OBIETTIVI DELLA REGOLAMENTAZIONE E DELLA VIGILANZA ..................... 44 I MODELLI DI VIGILANZA ..............................................................................................45 L’ASSETTO ISTITUZIONALE DELLE AUTORITÀ DI CONTROLLO .............................45 L’EVOLUZIONE DEGLI STRUMENTI DI VIGILANZA ...................................................47 LE AUTORITÀ DI VIGILANZA .........................................................................................47 IL MECCANISMO DI VIGILANZA UNICO ...................................................................... 48 IL MECCANISMO DI RISOLUZIONE UNICO ................................................................ 48 LO SCHEMA UNICO DI GARANZIA DEI DEPOSITI ..................................................... 48 GLOSSARIO .......................................................................................................................... 48 CAP. 1 – IL SISTEMA REALE, IL SISTEMA FINANZIARIO E L’INTERMEDIAZIONE IL SISTEMA REALE E IL SISTEMA FINANZIARIO Il sistema economico è un insieme di soggetti, strumenti, attività e regole strettamente interrelati tra loro per la produzione, lo scambio e il consumo di beni e servizi nel tempo e nello spazio. Le principali categorie nelle quali tutti i soggetti vengono classificati sono: Le famiglie, che prestano un’attività lavorativa e gestiscono il proprio patrimonio al fine di ottenere salari e altri redditi da destinare all’acquisto di beni e servizi; 2 Le imprese, le quali attuano investimenti e, attraverso l’utilizzo di beni reali e forza lavoro, generano il profitto percepito dall’unico imprenditore o dai diversi soci; Il Governo, inteso come insieme di organismi pubblici e istituzioni, il quale possiede un duplice ruolo: o quale produttore di beni e servizi pubblici, stabilisce imposte e tasse per finanziare la spesa pubblica corrente e per investimenti; o quali regolatori del mercato, emanano e gestiscono la quantità di moneta in circolazione per far sì che il complesso degli scambi si svolga in modo ordinato e senza danni per le diverse parti del sistema economico. All’interno del sistema economico, da un lato si scambiano beni, servizi e forza lavoro, dando luogo al circuito reale; dall’altro, in contropartita, si trasferisce la moneta o, in sua sostituzione, altri mezzi di pagamento o strumenti finanziari (titoli rappresentativi di crediti e debiti), la cui complessiva gestione dà luogo al circuito finanziario. Circuito reale e circuito finanziario sono legati da un rapporto di interdipendenza in quanto generati (senza considerare il baratto) da qualunque tipologia di scambio che sempre prevede, da un lato, il trasferimento del bene o la produzione del servizio (aspetto reale) e, dall’altro, la corresponsione del relativo prezzo (aspetto finanziario); ne deriva che i rispettivi movimenti si influenzano reciprocamente e soltanto il loro contemporaneo equilibrio consente di raggiungere, in un dato istante, quello complessivo. La struttura finanziaria dell’economia individua l’insieme dei circuiti diretti (mercati) e indiretti (intermediazione finanziaria) attraverso i quali avviene il trasferimento delle risorse connesse al sistema dei pagamenti e al finanziamento degli investimenti, in funzione delle preferenze e del comportamento degli agenti economici. Il sistema finanziario, ossia la sovrastruttura finanziaria dell’economia, costituisce l’ambito attraverso il quale si svolge l’attività di intermediazione, cioè la produzione e l’offerta di mezzi di pagamento e di servizi e strumenti finanziari. La struttura finanziaria è fondamentale perché, senza di essa, il sistema economico non funzionerebbe: più è efficiente e forte il sistema finanziario, più quello reale ne trae benefici e si sviluppa; al contrario, se il circuito finanziario non funziona adeguatamente o si discosta troppo dall’economia reale, allora il circuito dei beni e dei servizi subisce effetti negativi. Il processo di trasferimento delle risorse, considerabile come ruolo fondamentale degli intermediari, è necessario in quanto nel sistema economico si registra la contemporanea presenza di: Soggetti in avanzo finanziario (in surplus), disposti a scambiare potere d’acquisto attuale contro potere d’acquisto futuro solo in presenza di un vantaggio economico adeguato a un accettabile livello di rischio; Soggetti in disavanzo finanziario (in deficit), che non riescono in autonomia a finanziare gli investimenti programmati e sono costretti a colmare il fabbisogno aggiuntivo rispetto alle effettive disponibilità mediante il reperimento di risorse esterne, purché il loro costo sia inferiore al rendimento atteso dagli investimenti. Pertanto, il sistema finanziario, attraverso il comportamento e le decisioni di tutte le sue componenti, influenza, in termini sia quantitativi sia qualitativi: Le decisioni di distribuzione del reddito fra consumo e risparmio; Le decisioni di investimento delle unità in avanzo; 3 Le decisioni di finanziamento delle unità in disavanzo. I soggetti in surplus e quelli in deficit devono essere messi in condizione di trasferire risorse all’interno del sistema economico, in modo che ciascuno consegua una posizione di equilibrio. Affinché tale trasferimento avvenga, è necessario che vi sia un certo grado di finanziarizzazione dell’economia (financial deepening). Per agevolare gli scambi finanziari occorre generare strumenti finanziari, ossia contratti che rappresentano per il detentore forme di investimento finanziario e per l’utilizzatore forme di raccolta di risorse finanziarie. Tutto ciò deve svolgersi in condizione di efficienza allocativa, perché le forme e i circuiti di trasferimento devono permettere l’identificazione degli impieghi più redditizi per ogni dato livello di rischio. I SALDI FINANZIARI SETTORIALI Il sistema finanziario ha due importanti obiettivi: Favorire gli scambi generando moneta e garantendo le transazioni (sistema dei pagamenti); Contribuire al trasferimento delle risorse finanziarie tra gli operatori economici (trasferimento dei saldi finanziari) rendendolo più efficiente, più sicuro e meno costoso. Gli intermediari motivano la loro azione proprio con la finalità di rispondere alle esigenze della loro variegata e contrapposta clientela. La ricerca di una corretta composizione di quest’ultima costituisce l’obiettivo strategico di lungo periodo degli intermediari. Per comprendere la struttura e il funzionamento dei mercati finanziari è necessario focalizzare l’attenzione sull’oggetto dello scambio e sugli attori degli scambi: le famiglie, da un lato, forniscono all’economia i fattori produttivi lavoro e capitale, dall’altro ricevono in contropartita salari, rendite e profitti che in parte utilizzano per acquistare beni e servizi delle imprese, in parte accumulano; le imprese, a loro volta, da un lato producono e vendono beni di consumo e servizi, dall’altro effettuano investimenti. Questo processo è reso più complesso dalla presenza dello Stato e dalla possibilità di effettuare scambi con controparti di altri Paesi. Schematizzando, il circuito reale di un’economia chiusa determina la seguente uguaglianza: 𝑃𝐼𝐿 = 𝑌 = 𝐶 + 𝐼 = 𝐶 + 𝑆 Dal lato della domanda aggregata 𝑌, il reddito prodotto può essere utilizzato per alimentare i consumi di beni e servizi 𝐶, oppure per accumulare risparmio 𝑆, mentre l’offerta aggregata 𝑃𝐼𝐿 può essere destinata a consumi 𝐶 oppure a investimenti in attività reali 𝐼. In equilibrio, cioè quando la domanda è pari all’offerta, si dovrà necessariamente avere: 𝐼=𝑆 Nel circuito finanziario, invece, i datori dei servizi produttivi ricevono stipendi e rendite finanziarie che trasferiscono alle imprese sotto forma di prezzi pagati per l’acquisto di beni e servizi e utilizzano il loro risparmio sotto forma di credito e partecipazione al capitale d’impresa. Analizzando, in ottica contabile, sia i flussi generati da una singola unità economica, sia gli stock accumulati a fine periodo, si evidenzia che: 4 I flussi includono in entrata sia i ricavi da lavoro sia gli interessi e i dividendi ottenuti in funzione dell’impiego del risparmio nell’attività dell’impresa, mentre i costi comprendono quelli sostenuti per l’acquisto di beni di consumo e servizi necessari a soddisfare i propri bisogni; la differenza tra ricavi percepiti e costi sostenuti rappresenta il risparmio; Gli stock comprendono: o A livello di fonti, il patrimonio, dato dall’insieme del risparmio cumulato nel tempo e l’indebitamento eventualmente acceso; o A livello di impieghi, gli investimenti in attività reali e gli investimenti in attività finanziarie. L’acquisizione di beni di investimento durevoli rappresenta un impiego in attività reali, mentre l’acquisto di strumenti rappresentativi di credito o di proprietà rappresenta un impiego in attività finanziarie. Conseguentemente, l’investimento in attività reali e finanziarie è reso possibile grazie al patrimonio detenuto e all’indebitamento effettuato: ∆𝑅 + ∆𝐹 = 𝑃 + 𝑃𝐹 ∆𝑅=attività reali, ∆𝐹=attività finanziarie, 𝑃=patrimonio, 𝑃𝐹=passività finanziarie. In termini di flussi, gli investimenti aggiuntivi in attività reali e la variazione delle attività finanziarie devono essere coperti dal risparmio aggiuntivo e dalla variazione dell’indebitamento aggiuntivo: 𝐼 + ∆𝐴𝐹 = 𝑆 + ∆𝑃𝐹 𝐼= investimenti aggiuntivi in attività reali, ∆𝐴𝐹= variazione delle attività finanziarie, 𝑆= risparmio aggiuntivo, ∆𝑃𝐹= variazione dell’indebitamento aggiuntivo. Tale espressione può essere così riscritta: 𝑆 − 𝐼 = ∆𝐴𝐹 − ∆𝑃𝐹 = 𝑆𝐹 𝑆𝐹=saldo finanziario. Se a livello di sistema economico nel suo complesso e in situazione di equilibrio vale sempre la condizione 𝐼 = 𝑆, ciò non necessariamente si verifica per le singole unità economiche. Per esempio una famiglia, a fronte del reddito percepito e delle spese sostenute per l’acquisto di beni di consumo, ha a disposizione un avanzo di risorse che potrà in tutto o in parte essere utilizzato per acquistare beni di investimento. Se il risparmio generato è maggiore dell’investimento reale effettuato, il residuo viene definito saldo finanziario, in questo caso positivo. Quindi, per ogni singola unità economica è possibile misurare il saldo finanziario (𝑆 − 𝐼) che, per effetto delle decisioni assunte, può essere positivo (𝑆 > 𝐼), negativo (𝑆 < 𝐼) o nullo (𝑆 = 𝐼). Poiché la relazione tra i movimenti dei flussi reali e finanziari di un’unità economica deve anche considerare la possibilità di compiere disinvestimenti (vendite) delle attività reali o finanziarie o riduzioni (rimborsi) delle passività finanziarie, l’equazione del saldo finanziario si modifica e completa nel seguente modo: 𝐼 + ∆𝐴𝐹 + 𝑟𝑖𝑚𝑏𝑜𝑟𝑠𝑖 (−∆𝑃𝐹) = 𝑆 + ∆𝑃𝐹 + 𝑑𝑖𝑠𝑖𝑛𝑣𝑒𝑠𝑡𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 (−∆𝐴𝐹 − ∆𝐴𝑅) 5 La relazione evidenzia che tra gli impieghi di risorse finanziarie vanno annoverati anche i rimborsi delle passività e, per converso, tra le fonti di risorse finanziarie vanno inserite anche le entrate conseguenti a disinvestimenti di attività reali o finanziarie. Le famiglie sono abitualmente e strutturalmente in una posizione di avanzo finanziario e quindi con risorse da investire; infatti, la quota di reddito non consumata (𝑆) è generalmente maggiore degli investimenti (𝐼): 𝑆 > 𝐼, 𝑆𝐹 > 0; Le imprese sono sistematicamente in condizioni di disavanzo finanziario e, quindi, con propensione all’assunzione di debiti; gli utili (𝑆) non sono sufficienti a finanziare gli investimenti (𝐼): 𝑆 < 𝐼, 𝑆𝐹 < 0; La Pubblica Amministrazione è in condizioni di disavanzo finanziario a seguito della scelta politico-economica di finanziare una spesa pubblica superiore alle risorse disponibili, raccolte in via ordinaria attraverso la tassazione dei redditi e dei consumi: 𝑆 < 𝐼, 𝑆𝐹 < 0; L’estero, o resto del mondo (il saldo delle cui transazioni è rappresentato nella bilancia dei pagamenti) dipende di flussi derivanti da importazioni-esportazioni e dai movimenti dei capitali. Per sottolineare l’importanza delle famiglie nel sistema finanziario, si può osservare come essa sia l’unica operatore in avanzo; tale quantità in surplus viene utilizzata, sotto diverse forme di prestito, da tutti gli altri operatori. Tali somme si muovono attraverso dei canali, la quale denominazione varia a seconda di dove vengono indirizzate: Si parla di canale del tesoro quando i prestiti vengono utilizzati per finanziare il disavanzo pubblico; Di canale interno, invece, quando vengono utilizzati per finanziare il disavanzo delle imprese; E di canale estero, infine, se i prestiti vengano utilizzati per finanziare la bilancia dei pagamenti qualora il suo saldo sia negativo. Nel circuito finanziario si inseriscono con funzione di intermediazione le istituzioni finanziarie, unità economiche professionalmente dedite a raccogliere, trasformare e impiegare, secondo modalità mutevoli nel tempo e nello spazio, le disponibilità finanziarie degli operatori. IL RUOLO DEGLI INTERMEDIARI NEL RACCORDO TRA I FLUSSI Il trasferimento delle risorse può avvenire attraverso differenti modalità: Nello spazio, dando origine alla moneta quale mezzo di pagamento che, insieme a strumenti più complessi, determina la nascita del “sistema dei pagamenti”; Nel tempo, dando origine a operazioni di credito caratterizzate da una cessione di potere d’acquisto oggi, bilanciata da un’operazione di segno opposto distanziata nel tempo. Gli scambi effettuati nell’ambito dell’economia finanziaria, infatti, sono generalmente denominati intertemporali; Tra unità appartenenti al medesimo settore, tipicamente prestiti tra unità famigliari o tra imprese; Tra unità appartenenti a settori diversi, mediante l’emissione di titoli di debito/credito diretti o, più comunemente, attraverso l’intervento di soggetti specializzati, cioè gli intermediari finanziari. 6 Il trasferimento di risorse può avvenire: Direttamente, nel senso che lo scambio si realizza senza intermediazione tra unità utilizzatrici finali dei fondi; Indirettamente, attraverso l’intervento di un soggetto, cioè l’intermediario), che raccoglie risorse stipulando un contratto con un’unità in avanzo e le impiega stipulando un altro contratto, dalle caratteristiche diverse, con un’unità in disavanzo. In altre parole, il soddisfacimento delle esigenze di trasferimento può dare origine a due differenti circuiti: Il circuito diretto, che richiede l’esistenza di luoghi di incontro della domanda e dell’offerta, Il circuito indiretto, che richiede l’esistenza di soggetti in grado di soddisfare simultaneamente, ma in modo diverso, le preferenze di unità in deficit e unità in surplus, interponendo il proprio bilancio. In realtà, esiste un terzo circuito, denominato circuito diretto-assistito, in cui i soggetti acquistano direttamente i prodotti finanziari ma vengono assistiti dagli intermediari. Le caratteristiche fondamentali che gli intermediari devono possedere per svolgere in modo efficace la loro funzione sono: Finanziare le imprese, la produzione e la crescita economica utilizzando il risparmio di soggetti che, singolarmente, non lo finalizzerebbero, con la stessa professionalità ed efficacia, agli stessi impieghi; Consentire di colmare il gap di conoscenza che i risparmiatori hanno del mercato, offrendo strumenti finanziari coerenti con le propensioni al rischio e alla redditività richieste dal mercato; Finanziarie i cambiamenti dell’economia reale, allocando le risorse finanziarie verso i settori all’avanguardia. LE SCELTE FINANZIARIE DI FAMIGLIE E IMPRESE L’andamento delle scelte di allocazione del risparmio delle famiglie ha subito negli anni cambiamenti sostanziali, guidati dai mutamenti del contesto sociale, economico e finanziario. Negli anni Cinquanta del secolo scorso, una cultura finanziaria arretrata, unita agli elevati ritmi della ricostruzione economica e sociale hanno reso prevalente l’investimento azionario. Negli anni Ottanta e Novanta, le preferenze sono migrate dai depositi bancari ai Titoli di Stato e, da questi ultimi, ai Fondi comuni di investimento, come conseguenza della ricerca di maggiori rendimenti. Negli ultimi quindici anni è possibile assistere a una riduzione consistente degli investimenti in titoli a medio-lungo termine, e un aumento del 10%, invece, in assicurazioni: questo dato può essere inteso come la prova di un’economia sempre più complessa, anche per via della globalizzazione, e di come, di conseguenza, si cerchi di essere sempre più protetti dagli eventuali rischi del mercato. Per quanto riguarda le passività delle imprese italiane, queste hanno fatto inizialmente ricorso allo Stato “banchiere” e, dagli anni Novanta, soprattutto al debito bancario (per una quota superiore all’80%). Anche in questo caso, l’evoluzione dei profili di convenienza delle 7 varie fonti ne ha modificato la composizione. Gli intermediari specializzati nell’investimento nel capitale di rischio delle imprese sono poco sviluppati in Europa, rispetto ai Paesi anglosassoni (Regno Unito, Stati Uniti e Australia). Il sistema finanziario italiano presenta i seguenti tratti distintivi: Borsa con scarso spessore, tradizionalmente poco presente e poco incisiva nella vita finanziaria delle imprese; Capitalismo famigliare, la cui presenza ha condizionato la realtà produttiva italiana (prevalentemente composta da Pmi, ovvero piccole e medie imprese); il fatto che siano predominanti le imprese famigliari, fa in modo che gli equilibri nel capitale rispecchino gli equilibri all’interno della famiglia; Assenza di Hausbank (banca di fiducia) e la conseguente mancanza di una sinergia banca-impresa che rende i flussi finanziari funzionali alla crescita reale; Specializzazione creditizia, che porta a maggiori flussi verso le banche e meno al mercato; Scarso sviluppo di intermediari, il ché va a discapito delle imprese, che hanno più difficoltà a reperire finanziamenti; Crescita del mercato dei titoli pubblici; la crescita delle esigenze di finanziamenti del Tesoro e la scelta strategica di collocare i titoli direttamente presso le famiglie hanno favorito lo sviluppo dei mercati obbligazionari con effetti positivi sull’articolazione del sistema finanziario e sui comportamenti di famiglie e intermediari; Nascita di altre forme di investimento, che hanno reso depositi bancari e Titoli di Stato meno appetibili stimolando la ricerca di strumenti di investimento alternativi soprattutto nel campo del risparmio gestito, in cui alle banche si sono affiancati altri tipi di intermediari. LE FUNZIONI, LA STRUTTURA E LE COMPONENTI DEL SISTEMA FINANZIARIO Le tre funzioni svolte dal sistema finanziario sono: 1. La funzione monetaria, legata alla creazione e alla circolazione dei mezzi di pagamento, nonché alla gestione del sistema dei pagamenti; si possono distinguere due tipi di moneta: Moneta legale, caratterizzata da un potere liberatorio illimitato, nel senso che vi è la completa fiducia che quella moneta abbia quell’effettivo valore; Moneta bancaria, costituita dai mezzi di pagamento che il sistema bancario mette a disposizione dei depositanti; sono moneta bancaria, i bonifici bancari, gli assegni circolari, gli addebiti diretti, i versamenti mediante carte di credito, di debito o prepagate, le monete elettroniche ecc. La differenza fondamentale tra le due tipologie sta nella fiducia: il sistema bancario finanziario opera con la moneta bancaria; quando la fiducia in essa riposta viene meno, allora il sistema finanziario smette di funzionare in maniera ottimale. La fiducia è talmente importante da essere considerata quale sinonimo di credito. 8 2. La funzione creditizia e di mobilizzazione del risparmio, legata al trasferimento delle risorse tra operatori economici; 3. La funzione di trasmissione della politica monetaria, in quanto il sistema finanziario è il veicolo attraverso il quale si perseguono gli obiettivi della politica monetaria. Gli elementi costitutivi del sistema finanziario sono: Gli strumenti, ovvero l’insieme dei contratti aventi per oggetto diritti e prestazioni di natura finanziaria, la cui varietà aumenta perché le esigenze degli operatori mutano con il mutare delle condizioni ambientali. Gli strumenti finanziari permettono di soddisfare le esigenze di scambio e di allocazione delle risorse; I mercati finanziari, detti anche, collettivamente, mercato dei capitali, costituiscono l’insieme delle operazioni di creazione e di scambio dei contratti nei quali la presenza di strutture organizzative, operatori specializzati, regole di comportamento e istituzioni di controllo agevola l’incontro tra domanda e offerta. I mercati finanziari si classificano solitamente in: o Mercato creditizio, nel quale intermediari specializzati, ricorrendo a operazioni di raccolta ed erogazione di prestiti, riescono a soddisfare, attraverso il proprio bilancio, le divergenti esigenze degli scambisti; o Mercato mobiliare, nel quale trovano esecuzione tutte le operazioni aventi per oggetto titoli destinati a circolare tra gli operatori; o Mercato assicurativo, nel quale gli operatori si coprono dai rischi puri mediante la stipula di polizze con le compagnie di assicurazione; o Mercato dei servizi di pagamento, nel quale gli intermediari specializzati creano mezzi di pagamento standardizzati e dedicati. IL RUOLO DEL SISTEMA BANCARIO Il sistema bancario rappresenta, nella gran parte delle economie, la componente principale del sistema finanziario da un lato non solo quantitativo, ma anche qualitativo fiduciario, in quanto: Rende possibile il trasferimento di fondi dai soggetti in avanzo a quelli in disavanzo (la cosiddetta intermediazione pesante); Svolge attività di negoziazione e collocamento di strumenti finanziari di vecchia e nuova emissione (la cosiddetta intermediazione leggera). L’ORIENTAMENTO DEI SISTEMI FINANZIARI Il sistema finanziario non è statico e opera con modalità diverse nel tempo e nello spazio. Secondo l’analisi del 1997 condotta da Rybczysnki, il sistema finanziario, nella sua evoluzione storica, si è configurato con tre diverse strutture: Sistema banco-centrico, nel quale le imprese finanziano i loro investimenti e le loro necessità a breve, oltre che con il capitale proprio e con il credito commerciale, facendo ampio e prevalente ricorso al credito bancario; Sistema mercato-centrico, nel quale le imprese finanziano i mezzi propri e il debito esterno ricorrendo al mercato dei capitali con emissione di titoli rispettivamente azionari e obbligazionari; Sistema orientato alla securitization. 9 L’Italia è un paese a sistema bancocentrico. Negli ultimi 15 anni, la componente di breve periodo proveniente dalle banche si è ridotto e, nel contempo, la componente di mediolungo periodo è aumentata. Parte di questo fenomeno può essere attribuita alla disintermediazione bancaria, ovvero alla graduale riduzione dei flussi intermediati, che assume maggiore consistenza a seguito dell’esplosione di internet e dei nuovi market places. CAP. 2 – LA FINANZIARIA TEORIA DELL’INTERMEDIAZIONE PERCHÈ ESISTONO GLI INTERMEDIARI FINANZIARI L’attività svolta da mercati e intermediari facilita la mobilità dei capitali poiché incide positivamente su alcuni degli elementi indispensabili per un’efficace ed efficiente attività di scambio: disponibilità di informazioni, liquidità e negoziabilità degli strumenti, possibilità, per tutti gli operatori, di trovare la desiderata combinazione rischio/rendimento. È possibile entrare nello specifico e suddividere il concetto di “scambio”, distinguendone tre tipologie: Scambio diretto e autonomo, nel quale datori e prenditori non ricorrono ad alcun intermediario per concludere lo scambio; Scambio diretto e assistito, nel quale datori e prenditori sono controparti dirette ma sono assistiti da intermediario che svolgono una funzione di mediazione; Scambio indiretto, nel quale il trasferimento di risorse tra datori e prenditori avviene attraverso un soggetto intermedio che svolge una funzione di intermediazione. I primi due tipi di scambio hanno tipicamente per oggetto valori mobiliari (titoli). Il terzo tipo richiede la presenza di un soggetto specializzato, ovvero l’intermediario, che stipula contemporaneamente due scambi incorporati in due distinti contratti, uno con il datore, uno con il prenditore di fondi, aventi caratteristiche differenti. Qualsiasi scambio presuppone prestazioni monetarie di segno opposto e distanziate nel tempo che si caratterizzano per differente grado di incertezza e durata. Nella teoria economica classica gli intermediari sono considerati alla stregua di operatori economici qualsiasi; un sistema economico efficiente (nei mercati perfetti) non dovrebbe avere bisogno di alcun intermediario, in quanto tutti gli scambi dovrebbero concludersi in modo diretto e autonomo senza costi, avendo gli operatori tutte le informazioni necessarie. L’assenza di costi di transazione, ad esempio, permetterebbe agli agenti economici di mettersi in contatto tra loro in maniera efficiente, con un risultato analogo a quello del teorema di Coase. L’incrocio diretto di domanda e offerta di risorse finanziarie risulterebbe perfettamente efficiente consentendo a ciascun prenditore e ciascun datore di fondi di trovare il proprio punto di equilibrio senza l’intervento di intermediari. Dunque, la maggiore efficienza del sistema finanziario sarebbe strettamente collegata alla maggior incidenza dei circuiti diretti, quindi al peso relativo dei mercati rispetto agli intermediari. 10 I successivi approcci teorici attribuiscono un ruolo fondamentale alla presenza di imperfezioni nel funzionamento dei mercati dei capitali; in questo contesto si spiega l’esistenza degli intermediari e la loro essenziale funzione economica. Le suddette imperfezioni sono ascrivibili a: Costi di transazione impliciti; Incertezza e rischi insiti nello scambio creditizio; Asimmetrie informative; Costi di agenzia. COSTI DI TRANSAZIONE L’attività di intermediazione si esprime nella capacità di assorbire tutti o parte dei costi che gravano su una transazione finanziaria in conseguenza dei vincoli nella disponibilità di risorse, della limitata razionalità delle scelte e dell’incertezza. Le determinanti dei costi di transazione sono: I costi di frazionamento: questi sono associati sia all’imperfetta divisibilità degli strumenti finanziari, ritagliati sulle esigenze di finanziamento delle imprese, e per questo non sempre conciliabili con le preferenze di investimento dei risparmiatori, sia all’importo assoluto delle loro disponibilità. L’intervento dell’intermediario riesce a ridurre i costi di smobilizzo, altrimenti particolarmente elevati. La perfetta divisibilità è ostacolata altresì dai costi di promozione che l’emittente dovrebbe sostenere per collocare le proprie passività al crescere del loro frazionamento; I costi di informazione: sono sostenuti per la ricerca e la valutazione delle controparti adatte allo scambio e per la selezione della migliore opportunità (attività di screening), per la verifica (attività di monitoring) e la gestione dello scambio (attività di enforcement). Le attività che comportano i costi di informazioni sono necessarie per assicurarsi che il debitore mantenga fede ai propri impegni e ai termini del contratto; I costi operativi: sono sostenuti per definire le clausole contrattuali dello scambio, predisporre la necessaria documentazione ed effettuare la transazione; vi rientrano inoltre le spese di trasporto sostenute dalle controparti per “trovarsi” e per scambiarsi le informazioni necessarie alla realizzazione della transazione. Sfruttando le economie derivanti da una vera e propria industrializzazione dei processi operativi, tipicamente caratterizzati da costi fissi elevati e difficilmente comprimibili, e quindi da rilevanti economie di scala, l’intermediario riduce i costi delle transazioni facilitandone la crescita. Secondo l’approccio basato sui costi di transazione, l’esistenza di diverse tipologie di intermediari dipende dalla circostanza che ogni singola frazione dei costi può essere internalizzata da soggetti diversi, ossia da differenti tipologie di intermediari: Il broker riduce il costo della ricerca della controparte in cambio di una commissione commisurata al controvalore della transazione; L’investitore istituzionale (tipicamente il fondo comune di investimento), date le sue dimensioni, riesce a ridurre significativamente i costi di negoziazione pagati a soggetti terzi; 11 Le banche, nello svolgimento della loro attività creditizia e mobiliare, riducono i costi di screening; La banca universale, infine, è potenzialmente in grado di internalizzare tutte le tipologie di costi operativi. L’INCERTEZZA L’incertezza è presente in qualsiasi rapporto di scambio e assume nei contratti finanziari un’importanza tale da essere individuata quale elemento di per sé esplicativo dell’attività di intermediazione. Pertanto, i rischi presenti nelle transazioni e l’esigenza di ridurne l’impatto rappresentano congiuntamente la principale giustificazione offerta da questo approccio teorico all’esistenza degli intermediari. Poiché la conclusione delle transazioni è spesso ostacolata dall’incompatibilità, in termini di rischio desiderato, tra creditore e debitore, l’intervento dell’intermediario è volto a comporre tali divergenze sfruttando la propria capacità di trasformazione dei rischi attraverso l’esercizio della funzione creditizia. Facendo leva sulle economie di scala derivanti dal concludere un numero elevato di transazioni, gli intermediari sono in grado di fronteggiare le diverse tipologie di rischio in modo economicamente più conveniente di quanto possa fare il singolo operatore. L’azione degli intermediari si realizza tramite interventi che vanno dalla semplice riduzione del rischio senza assunzione diretta (tipicamente, i fondi comuni di investimento) alla sua acquisizione, trasformazione e assunzione residuale (tipicamente, le banche e le compagnie di assicurazione). L’intermediario tende, di fatto, a sostituire, nei confronti dell’investitore, il proprio grado di rischio a quello dei prenditori di fondi. Inoltre, l’incertezza può essere ridotta anche attraverso la redistribuzione dei rischi tra le parti di un contratto di finanziamento. Le modalità di riduzione dell’incertezza forniscono un’indicazione logica utile per spiegare la differenziazione degli intermediari: in relazione alla loro capacità di affrontare e sopportare rischi tra loro diversi. Quando l’incertezza viene ridotta migliorando il rapporto rischio-rendimento, il ruolo dell’intermediario e la sua capacità di svolgere in maniera professionale le operazioni di acquisto, vendita ed emissione di strumenti finanziari sono analizzate dalla teoria della scelta di portafoglio: il rendimento del portafoglio di attività detenute e le strategie di diversificazione attraverso le quali ridurre i rischi determinano gli aspetti specifici che ne giustificano l’esistenza. La considerazione che i rendimenti delle attività finanziarie sono caratterizzati da andamenti casuali rappresenta una condizione d’incertezza sufficiente perché operatori specializzati possano impegnarsi nella sua riduzione. Questa impostazione basata sull’incertezza non considera però: Le imperfezioni di natura strutturale (normative, fiscali ecc.) che contraddistinguono i sistemi finanziari; L’offerta di strumenti di pagamento e la prestazione di servizi di consulenza da parte di numerosi e variegati operatori; L’esistenza di intermediari con funzione monetaria, i quali consentono di minimizzare costi, tempi e rischi del trasferimento dei saldi monetari. 12 LE ASIMMETRIE INFORMATIVE La presenza di asimmetrie informative, di per sé elementi di incertezza, tra le controparti di un contratto, può essere causa di inefficienze nella realizzazione di transazioni di qualsiasi tipo. In particolare, il rapporto creditore-debitore è caratterizzato da un difetto di informazione a danno del primo, con conseguenze negative in termini di efficace selezione dei prenditori di fondi: infatti, l’informazione disponibile non è sufficiente a stabilire una precisa graduatoria di rischio e, quindi, a definire il prezzo del credito; i prezzi tendono così verso un livello medio. La presenza di differenziali informativi tra soggetti determina, tra l’altro, l’incapacità oggettiva degli operatori di giudicare correttamente i progetti di investimento che dovrebbero finanziare. Le difficoltà nel trasferimento dell’informazione, a seconda della relazione temporale con la stipulazione del contratto, possono essere specificate in: Selezione avversa: è l’asimmetria informativa che caratterizza il momento precedente la conclusione del contratto, poiché il prezzo pagato dal prenditore non corrisponde al prezzo che si determinerebbe se il datore di fondi fosse a conoscenza di tutti i fattori di rischio; Rischio morale; è l’asimmetria informativa che caratterizza il contratto finanziario nel corso del suo svolgimento, in quanto il prenditore di fondi può, in base alle informazioni in suo possesso, condizionare a proprio vantaggio l’evoluzione e la conclusione del finanziamento. Poiché l’ampia casistica degli interventi volti a limitare il gap informativo consente di individuare una molteplicità di soggetti che forniscono servizi informativi con diverso grado di sofisticazione, la teoria delle asimmetrie riesce a dare una spiegazione convincente della varietà tipologica degli intermediari le cui funzioni vanno dal semplice accertamento dell’informazione fornita dall’impresa al mercato nell’ambito di un rapporto diretto, alla completa interposizione (funzione creditizia) tra i due soggetti che risolve alla radice i problemi informativi. Alcuni esempi di riduzione del gap informativo a svantaggio di intermediario e investitore sono: I giudizi emessi dalle agenzie di rating; Le informazioni sull’esposizione debitoria dei singoli, fornite dalla Centrale dei Rischi; Il Documento sui rischi che l’intermediario deve consegnare al cliente prima della conclusione del contratto affinché possa procedere alla valutazione del rischio dell’investimento; Il prospetto informativo per il collocamento di nuovi strumenti; La pubblicazione di analisi e previsioni relative ai principali dati economici delle società emittenti titoli. COSTI DI AGENZIA La teoria del rapporto di agenzia comporta una delega da parte di un soggetto (principal o mandante), proprietario di un’attività, a un soggetto (agent o mandatario), gestore dell’attività medesima, nel presupposto che la funzione gestoria venga svolta con maggiore 13 efficienza: il modello del contratto di agenzia, pertanto, si applica essenzialmente per giustificare un processo di specializzazione nella divisione del lavoro. In ambito finanziario, il rapporto di agenzia e i conseguenti conflitti d’interesse che lo accompagnano si ritrova sia tra azionisti/investitori e impresa, sia tra investitori e intermediari, nonché tra intermediari e debitori. La natura del rapporto di mandato determina però il sorgere di problemi connessi al comportamento dei mandatari rispetto agli interessi dei mandanti; in particolare, la presenza di gap informativi che non consentono al principal di osservare il comportamento dell’agent e le divergenti funzioni obiettivo dei due soggetti sono causa di potenziale rischio morale dell’agent, generando i cosiddetti costi di agenzia. Poiché la discrezionalità di cui dispone consente al mandatario, nell’esecuzione del contratto, di anteporre il proprio interesse a quello del mandante, sorge l’esigenza per quest’ultimo di compensare le divergenze, delle quali altrimenti subirebbe l’onere, sia introducendo incentivi che spingano l’agent ad adottare il comportamento desiderato, sia effettuando controlli sul suo operato per limitarne i possibili comportamenti scorretti. È, pertanto, possibile individuare alcune tipologie di costi che è necessario sostenere per avvicinare il comportamento dell’agent a quello ottimale: Spese per il controllo dell’operato del mandatario; Spese per garantire la propria fedeltà d’azione e/o per assicurare al mandante un risarcimento nel caso questa sia mancata; Riduzione di ricchezza subita dal mandante a causa del comportamento dell’agent diverso da quello ideale (residual loss). LA CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERMEDIARI È possibile classificare le molteplici tipologie di intermediari finanziari in base ai loro caratteri distintivi e alle modalità attraverso le quali contribuiscono alla riduzione (parziale) delle imperfezioni. 1) Un primo criterio di distinzione degli intermediari attiene allo svolgimento della funzione monetaria e quindi alla distinzione tra: Intermediari monetari (le banche); Intermediari non monetari (tutti gli altri). Poiché la funzione monetaria si basa sull’offerta di debiti (i depositi bancari) accettati dal pubblico quali mezzi di pagamento alternativi alla moneta legale, le banche da un lato hanno per lungo tempo conservato il monopolio di tale funzione, dall’altro sono state sottoposte a un controllo pubblico più stringente, per gli effetti che l’immissione di moneta bancaria può avere sull’economia reale ai fini della stabilità. Tale distinzione ha nel corso del tempo perso parte del suo significato poiché, oltre alle banche e agli intermediari finanziari, anche gli IMEL (Istituti di Moneta ELettronica) emettono strumenti elettronici di pagamento, mentre gli ISP (IStituti di Pagamento) possono prestare servizi di pagamento. 2) Simile è la distinzione tra: Intermediari bancari; Intermediari non bancari, questi ultimi così definiti in via residuale indipendentemente dall’attività svolta. 14 Tale impostazione presenta due importanti limiti: trascura del tutto i processi di diversificazione degli intermediari ed è strettamente dipendente dalla definizione di banca e di attività bancaria che, in un dato momento storico e/o in un determinato contesto istituzionale, viene fornita dall’ordinamento vigente. 3) In base alle modalità di svolgimento dell’attività e del controllo esercitabile dai datori di fondi, si distinguono: Gli investitori delegati (tra i quali rientrano le banche caratterizzate dall’emissione di passività a valore nominale); Le imprese di investimento (intermediari mobiliari con passività di mercato). La distinzione si basa sul grado di estensione della delega concessa all’intermediario dal datore di fondi, che può essere: Quasi nullo nei servizi a supporto degli scambi diretti, poiché gli intermediari si limitano alla produzione e alla diffusione delle informazioni sulla base delle quali lo scambio può avvenire a migliori condizioni; Medio nella gestione di patrimoni mobiliari per conto degli investitori (negoziazione delegata), poiché gli intermediari svolgono, sfruttando i benefici della diversificazione, una trasformazione del rischio anche se esso continua a ricadere interamente sul cliente; Elevato o totale qualora l’intermediario, tipicamente la banca, attraverso la negoziazione in proprio, si assume la parte residua del rischio isolando completamente il datore dei fondi dai rischi legati all’erogazione dei finanziamenti. Nel circuito indiretto gli intermediari assumono impegni nei confronti dei datori di fondi e posizioni di credito nei confronti dei prenditori di fondi: pertanto, all’attivo patrimoniale figurano gli impieghi, ossia l’insieme degli strumenti graditi ai prenditori in termini di costo, rischio e scadenza (prestiti, mutui, crediti verso imprese, crediti verso consumatori), e al passivo le fonti, ossia l’insieme degli strumenti graditi ai datori in termini di rendimento, rischio e scadenza (depositi, obbligazioni, mutui e prestiti). Nel circuito diretto gli intermediari intervengono quali fornitori di servizi a coloro che domandano fondi (servizi di collocamento e di consulenza) e offrono fondi (servizi di negoziazione, di gestione patrimoniale e di consulenza) senza interporre il proprio bilancio ma limitandosi a percepire commissioni. CLASSIFICAZIONE IN MACRO AREE “FUNZIONALI” È possibile classificare gli intermediari finanziari in cinque macro aree funzionali: Gli intermediari creditizi. La banca svolge un’attività di conferimento di risorse finanziarie a titoli di credito, utilizzando fondi ottenuti da terzi a titolo di debito e, in parte minore, a titolo di capitale proprio. Ciò che distingue le banche dagli intermediari finanziari è la natura delle passività: i clienti possono utilizzare le somme depositate sotto forma di conto corrente per effettuare pagamenti mediante strumenti quali l’assegno, il bonifico o l’utilizzo di carte di debito; alle banche (e agli IMEL – Istituti di Moneta ELettronica) è riservata l’emissione di moneta elettronica. Per l’ordinamento italiano, per aversi attività bancaria, la raccolta presso il pubblico dei risparmiatori e la concessione di prestiti debbono necessariamente svolgersi 15 congiuntamente. Poiché l’esercizio dell’attività bancaria è riservata alle banche e la raccolta del risparmio tra il pubblico è vietata ai soggetti diversi dalle banche, queste ultime costituiscono gli unici intermediari abilitati in via esclusiva all’esercizio dell’attività bancaria, mentre per altre sfere dell’attività finanziaria non si realizza tranne che in alcuni casi espressamente previsti dalla legge, il binomio intermediarioattività. Le banche esercitano, oltre l’attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse e strumentali; questo vuol dire che la combinazione risparmio-esercizio del credito costituisce una combinazione minima e ciascun soggetto può realizzare liberamente, secondo le proprie scelte strategiche, la combinazione produttiva desiderata conseguendo un livello di specializzazione/diversificazione differente. Le uniche aree di attività riservate a soggetti diversi dalle banche sono l’attività assicurativa alle compagnie di assicurazione e la gestione collettiva del risparmio alle SGR (Società di Gestione del Risparmio). Gli intermediari creditizi diversi dalle banche ai quali è concesso di erogare credito in via professionale nei confronti del pubblico devono essere iscritti in un apposito albo e sono sottoposti alla vigilanza della Banca d’Italia con un controllo analogo a quello delle banche (anche se articolato secondo il principio della proporzionalità per tener conto della minore complessità operativa, dimensionale e organizzativa, nonché della natura dell’attività svolta). Questi intermediari prendono il nome di intermediari creditizi non bancari, e a tale categoria appartengono società di leasing, società di factoring e società di credito al consumo alle quali si sono progressivamente affiancati i Confidi, la Cassa Depositi e Prestiti e i veicoli per la cartolarizzazione (SPV, Special Purpose Vehicle). Tali intermediari sono accomunati da una duplice caratteristica: o La raccolta delle risorse necessarie per soddisfare le esigenze dei prenditori di fondi, non potendo essere svolta nei confronti del pubblico attraverso depositi, avviene prevalentemente presso le banche o altri soggetti istituzionali, dando origine a fenomeni di doppia intermediazione; o La concessione di finanziamenti alle imprese e alle famiglie avviene con modalità tali da soddisfare esigenze dei prenditori di fondi di carattere particolare, perché collegate, in particolare per le imprese, all’attivo immobilizzato (leasing) e all’attivo circolante (factoring) e, per le famiglie, alle necessità di consumo (credito al consumo). La società di leasing svolge tipicamente attività di leasing finanziario, ossia acquisto diretto di beni mobili o immobili strumentali all’attività d’impresa e successiva cessione in uso dietro pagamento di canoni periodici. (Il factoring è un contratto con il quale l’impresa cede a una società specializzata i propri crediti esistenti o futuri, al fine di ottenere subito liquidità e una serie di servizi correlati alla gestione del credito ceduto, cioè la loro gestione e la loro amministrazione, l’incasso e l’anticipazione dei crediti prima della loro scadenza.) La società di factoring tipicamente svolge attività di acquisto e gestione di crediti d’impresa con un contenuto prettamente di servizio: assume connotazioni di attività di finanziamento nel momento in cui, a fronte dell’assunzione di crediti esistenti o di futura formazione, l’intermediario ne anticipa parzialmente l’importo con o senza prestazione di garanzia in caso di mancato pagamento da parte del debitore ceduto. 16 I Confidi (Consorzi di garanzia collettiva fidi) sono organizzazioni con struttura cooperativa o consortile che esercitano in forma mutualistica attività di garanzia collettiva dei finanziamenti in favore delle imprese socie o consorziate. Le società veicolo per la cartolarizzazione (SPV – Special Purpose Vehicle) sono società, o altro soggetto giuridico diverso dalla banca, costituite per veicolare attività finanziarie cedute da terzi, in particolare con lo scopo di effettuare una o più cartolarizzazioni. L’attività delle società di credito al consumo consiste nella concessione di prestiti esclusivamente alle famiglie con la forma tecnica del credito personale (senza vincoli di destinazione delle risorse anticipate) o di credito finalizzato (relativo all’acquisto di particolari beni o servizi). La Cassa Depositi e Prestiti, oltre a finanziare opere, impianti e dotazioni destinati alla fornitura di servizi pubblici, concede finanziamenti a favore di Enti pubblici utilizzando quale fonte principale di provvista la raccolta postale. Gli intermediari mobiliari. L’attività di intermediazione mobiliare è strettamente legata al circuito diretto e all’esistenza di mercati organizzati. Attraverso la prestazione dei servizi di investimento, gli intermediari autorizzati consentono agli investitori di impiegare, sotto varie forme, i propri risparmi in strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, titoli di Stato, quote di fondi, contratti, strumenti derivati ecc.). Tali servizi vengono tipicamente svolti dalle imprese di investimento; in Italia le SIM (Società di Intermediazione Mobiliare), ossia imprese, diverse dalle banche e dagli altri intermediari finanziari, sono autorizzate a svolgere per conto proprio e per conto di terzi i servizi di investimento. Le SCF (Società di Consulenza Finanziaria) possono prestare esclusivamente il servizio di consulenza in materia di investimenti senza poter detenere, neanche temporaneamente, disponibilità liquide e strumenti finanziari della clientela e senza assunzione di alcun rischi. Nell’attività di intermediazione mobiliare è usuale l’impiego della locuzione investitori istituzionali, ossia intermediari abilitati a investire un determinato patrimonio per conto di numerose unità in surplus. A questa categoria appartengono i fondi comuni di investimento, le SICAV, i fondi immobiliari, i fondi pensione e le compagnie di assicurazione per il ramo vita. [CAPITOLO 7] Gli intermediari assicurativi e previdenziali. L’impresa di assicurazione gestisce i rischi puri, la cui manifestazione comporta solo effettivi negativi per l’assicurato; se gestiti con riferimento a una collettività omogenea di situazioni/soggetti, tali rischi possono essere previsti e coperti attraverso l’applicazione di un premio la cui determinazione avviene in via anticipata su basi probabilistico-attuariali (ipotesi statistiche) e finanziarie (ipotesi finanziarie). La copertura previdenziale, finalizzata a garantire prestazioni pensionistiche complementari rispetto a quelle erogate dagli Enti pubblici obbligatori, è offerta dalle assicurazioni e dai fondi pensione in forma collettiva. Essi si distinguono in: o Fondi chiusi (o negoziali), che traggono origine da accordi tra le parti sociali e sono destinati principalmente ai lavoratori dipendenti su base collettiva; vengono alimentati da contributi di lavoratori e datori di lavoro e dal TFR (Trattamento di Fine Rapporto); 17 o Fondi aperti, costituiti su iniziativa degli intermediari finanziari, destinati principalmente ai lavoratori autonomi su base individuale o collettiva; vengono alimentati dai contributi dei lavoratori. CAP. 3 – I FINANZIARIA RISCHI DELL’INTERMEDIAZIONE Nello svolgimento di qualsiasi attività umana, il rischio è generalmente associato alle condizioni di incertezza nelle quali vengono prese le decisioni e, conseguentemente, ai risultati (attesi) che da queste derivano. Tale situazione è tipica anche del contesto finanziario, nel quale il rischio deriva sia dalle mutevoli condizioni di aleatorietà presenti nelle variabili che governano gli scambi, sia dalla razionalità limitata di chi li realizza. In generale, è possibile definire il rischio come la quantificazione di un evento caratterizzato da condizioni di incertezza. Le informazioni per perfezionare una transazione finanziaria, con riferimento sia al circuito diretto sia al circuito indiretto, sono necessarie sia al momento della selezione (ex ante), quando è indispensabile valutare le caratteristiche tecniche dell’operazione e l’affidabilità della controparte, sia durante il successivo monitoraggio (ex post), quando è necessario verificare con continuità il rispetto dei termini dell’accordo da parte del debitore. La gestione dei rischi costituisce la base del processo di intermediazione e giustifica, sotto il profilo teorico, l’esistenza dei mercati e degli intermediari. La complessità e l’ampiezza dei fattori che determinano le conseguenze di una decisione rendono uno sforzo di classificazione delle differenti tipologie dei rischi. In finanza una prima suddivisione distingue, in relazione alla loro natura: I rischi sistematici, che traggono origine sia da situazioni relative al contesto generale sia dall’andamento delle variabili di mercato (tassi di interesse e di cambio, prezzi, tasso di inflazione ecc.), a prescindere, dunque, dalla situazione specifica del singolo intermediario; I rischi non sistematici o diversificabili, che traggono origine da fenomeni che, pur di diversa natura (operativi, di business, strategici e reputazionali), dipendono dalle peculiarità della gestione caratteristica di ciascun intermediario. Benché il rischio tenda ad assumere nel lessico corrente una valenza esclusivamente negativa, nella realtà un suo maggior livello sta a indicare la maggiore probabilità di riportare non solo perdite elevate ma anche guadagni elevati: il rischio è, dunque, al tempo stesso un elemento negativo e un’opportunità. Logica conseguenza di quanto affermato è che si possono realizzare rendimenti più elevati solo accettando livelli di rischio crescenti: il rischio è la variabile indipendente e il rendimento la variabile dipendente, ossia il rendimento dipende dal livello del rischio concretamente assunto e non, come spesso viene erroneamente ritenuto, viceversa. Un’altra suddivisione distingue, sulla base dei loro effetti: I rischi puri o assicurativi, la cui eventuale manifestazione comporta solo effetti negativi e la cui gestione è oggetto specifico dell’attività assicurativa, che consiste 18 nella trasformazione dei rischi puri per le unità di domanda (assicurati) in rischi speculativi per le unità di offerta (le compagnie di assicurazione); I rischi finanziari o speculativi, la cui manifestazione comporta effetti che possono essere, con diversa intensità, positivi o negativi e comunque connaturati all’attività finanziaria la quale implica il trasferimento, nel tempo e/o nello spazio, di valori (i mezzi di pagamento e gli strumenti finanziari), mutevoli. LA CLASSIFICAZIONE DEI RISCHI L’individuazione, la misurazione e la gestione dei rischi richiedono, preliminarmente, la definizione delle aree di impatto, ossia degli aggregati, contabili ed extra-contabili, sensibili a uno specifico fattore: Attività e passività finanziarie singolarmente considerate; Portafogli di crediti e di titoli; Posizioni debitorie e capitale. Le principali aree di rischio sono collegate all’erogazione dei finanziamenti (portafoglio prestiti o banking book), soggetto al rischio di interesse e al rischio di credito, e all’attività mobiliare (portafoglio di titoli detenuti per la negoziazione o trading book), soggetta al rischio di prezzo. I principali rischi sono: Rischi di mercato, dovuti alle variazioni avverse e inattese dei tassi di interesse, dei tassi di cambio e delle quotazioni che deteriorano; identificano l’insieme dei fattori esogeni di incertezza derivanti dalla molteplicità dei rapporti che gli intermediari intrattengono con i mercati finanziari attraverso la detenzione e la gestione degli strumenti negoziabili. Tra i rischi di mercato rientrano: o I rischi di tasso o di interesse, legato alla volatilità dei tassi di mercato; il tasso di interesse influenza: L’attività di intermediazione creditizia, sia direttamente per effetto delle variazioni che subiscono il rendimento degli impieghi (prestiti e titoli), il costo della raccolta (depositi e obbligazioni) e il correlato margine di interesse (interessi attivi meno interessi passivi), sia indirettamente per effetto delle variazioni che subiscono i volumi negoziati, in conseguenza dei mutamenti nelle scelte allocative della clientela; Il prezzo degli strumenti finanziari detenuti. La misurazione dell’esposizione al rischio richiede la riclassificazione di tutte le poste di bilancio in base alla loro sensibilità alla variazione dei tassi di interesse identificando le attività e le passività che, nell’intervallo temporale considerato giungono a scadenza (e devono quindi essere rinegoziate ai nuovi tassi di mercato), prevedono la revisione periodica del tasso, sono a vista o a scadenza indeterminata (e sono quindi caratterizzate da un costante processo di allineamento della remunerazione alle condizioni di mercato). La differenza tra attività e passività sensibili alla variazione dei tassi di interesse, nel periodo considerato, esprime il gap, ossia l’aggregato di bilancio sul quale incide il rischio di tasso. 19 Il gap ha segno positivo quando le attività sensibili sono superiori alle passività sensibili, segno negativo quando le attività sensibili sono inferiori alle passività sensibili oppure segno nullo quando le due grandezze si eguagliano. Il gap consente di stimare l’impatto del rischio sul margine di interesse, ovvero sulla differenza tra volumi attivi (in entrata) e volumi passivi (in uscita). o I rischi di cambio, legati alle variazioni dei tassi di cambio sulle posizioni in valuta estera detenute. Come per i tassi di interesse, l’esposizione al rischio può essere misurata in termini differenziali confrontando attività e passività denominate nella stessa valuta estera. Per ciascuna valuta, la posizione netta, pari alla differenza tra la somma di impieghi in valuta e acquisti a termine e la somma di passività in valuta e vendita a termine, può essere lunga (al rialzo) o corta (al ribasso). L’esistenza di una posizione netta diversa da zero determina minus- o plusvalenze potenziali realizzabili al momento della conversione della valuta estera in quella nazionale. o I rischi di prezzo traggono origine dall’attività di negoziazione in proprio di valori mobiliari; il possesso e la gestione del portafoglio fanno sì che il conto economico e lo stato patrimoniale dell’intermediario subiscano gli effetti della volatilità delle quotazioni dei titoli e, più in generale, dell’instabilità dei mercati. Gli strumenti di misurazione del rischio di prezzo prendono in considerazione il valore di mercato (market value) delle posizioni, la duration per i titoli obbligazionari (che misura l’impatto del rischio di tasso sul valore di mercato), il coefficiente beta per i titoli azionari (che individua la variabilità del prezzo del singolo titolo addebitabile alla variabilità del mercato di appartenenza) e diversi coefficienti specifici, nel loro insieme denominati greeks, per le opzioni. Rischi operativi, causati da disfunzioni di procedure aziendali, dal personale e dai sistemi interni, e dalle conseguenze di eventi esogeni di natura generale (calamità naturali, crisi dei mercati ecc.); Rischi di liquidità, originati dall’incapacità o dall’impossibilità di far fronte, tempestivamente ed economicamente, ai propri impegni di pagamento. La banca è liquida finché ha la capacità di onorare le proprie obbligazioni senza compromettere la propria solvibilità prospettica. Poiché le risorse finanziarie possono derivare, oltre che dalle riserve di liquidità, da nuove operazioni di raccolta e dal parziale smobilizzo di investimenti già effettuati, il rischio di liquidità deriva dalla combinazione dei rischi di provvista, di controparte e di mercato. Per la quantificazione del rischio di liquidità è possibile impiegare ancora una volta l’approccio del gap, contrapponendo attività e passività dopo averle classificate in funzione della loro naturale scadenza e della possibilità di smobilizzo: attività liquide (cassa, attività sull’interbancario, titoli con scadenza nel periodo considerato, titoli negoziabili) – passività (depositi interbancari, componente instabile dei depositi). Altri due indicatori del grado di liquidità sono: o La cash capital position, ottenuta sottraendo dalle attività liquide (o facilmente liquidabili) le passività a vista o a brevissimo termine e gli impieghi irrevocabili a erogare fondi; o Il medium-long term funding ratio, pari al rapporto tra passività e attività rispettivamente a medio e lungo termine, spesso inferiore al 100% per effetto della trasformazione delle scadenze ma il cui progressivo deterioramento è indice di vulnerabilità. 20 Rischi di provvista o di approvvigionamento, correlati alla capacità dell’intermediario di raccogliere continuativamente, presso le diverse controparti, le risorse finanziarie necessarie (depositi dalla clientela al dettaglio, obbligazioni collocate sul mercato, depositi interbancari, capitale proprio dagli azionisti) per quantità e a prezzi compatibili con gli obiettivi di crescita, le scelte di composizione dell’attivo e il rendimento degli investimenti. Le banche sono particolarmente esposte al rischio di provvista (e quindi al rischio di liquidità), poiché il loro passivo è caratterizzato da una rilevante quota di depositi a vista. Un ritiro di depositi improvviso e di dimensioni rilevanti rispetto alla norma (la cosiddetta “corsa agli sportelli”) imporrebbe all’intermediario di reperire velocemente le risorse necessarie per far fronte alle richieste della clientela. Le operazioni sul mercato interbancario dei depositi consentono di stipulare con maggiore facilità operazioni di raccolta/impiego marginali ma determinano un intreccio di relazioni che costituiscono un potenziale veicolo di contagio delle crisi di liquidità aziendali. Rischi di controparte, legati ai rapporti che gli intermediari intrattengono con i soggetti finanziati; per loro natura, esprimono l’esistenza non solo di possibili situazioni di insolvenza/inadempienza, ma anche di condizioni di deterioramento, nel corso del tempo, della loro qualità; i rischi di controparte si dividono a loro volta in: o Rischi di credito, legati all’incapacità del soggetto di far fronte alle obbligazioni assunte nei confronti della banca, con riferimento sia al pagamento degli interessi sia al rimborso della quota capitale. I rischi di credito sono correlati all’attività di banking book, ovvero ai prestiti concessi. Date la complessità degli eventi che lo possono generare e le caratteristiche dell’esposizione dell’intermediario verso le controparti affidate, il rischio di credito assume differenti accezioni in relazione al fattore causale e alla natura della posizione: Rischio di insolvenza della controparte, espresso in termini di perdita pari al prodotto tra l’esposizione effettiva e il tasso di perdita; Rischio di migrazione connesso al mutamento del merito creditizio del debitore (downgrading) che si riflette sui tassi di interesse applicati; Rischio di spread connesso al margine (premio per il rischio) genericamente richiesto dal mercato in termini di differenziale tra i migliori e i peggiori prenditori; Rischio di recupero connesso ai tempi e/o al valore di realizzo delle garanzie in caso di insolvenza; Rischio di pre-regolamento connesso alla sostituzione della posizione in derivati a condizioni contrattuali differenti in seguito a insolvenza della controparte sul mercato OTC (Over The Counter); Rischio Paese connesso a eventi di natura politica o legislativa, esogeni rispetto al comportamento della controparte affidata, ma che incidono sulla sua probabilità di default; a un qualsiasi soggetto privato non può essere assegnato un grado di rischio inferiore a quello del suo Paese di appartenenza (rischio sovrano); Rischio di portafoglio connesso alla composizione complessiva delle esposizioni in essere la cui gestione può da un lato tratte beneficio dall’utilizzo delle tecniche di frazionamento e diversificazione suggerite 21 dalla teoria del regolamento del portafoglio, dall’altro subire le conseguenze negative di una sua errata ripartizione. La quantificazione del rischio di credito richiede di misurare la perdita che la banca potrebbe subire in caso di fallimento del debitore o in presenza di un peggioramento della sua posizione finanziaria in termini di solvibilità. A tal fine si distinguono i concetti di: Perdita attesa (EL, Expected Loss), la quale, determinata al momento della concessione del credito, rappresenta il valore medio della distribuzione delle possibili perdite associate a ogni operazione di finanziamento stimate tenendo conto sia delle sue caratteristiche sia della tipologia della controparte finanziata; Perdita inattesa (UL, Unexpected Loss), la quale rappresenta in termini probabilistici la possibilità che ex post la perdita conseguita sia superiore a quella stimata ex ante. Entrambe le componenti di perdita sono stimate sulla base di tre variabili aleatorie: 1) La probabilità di insolvenza (PD, Probability of Default) del debitore; 2) L’ammontare dell’esposizione al momento del fallimento (EAD, Exposure At Default); 3) Il tasso di perdita in caso di insolvenza (LGD, Loss Given Default), che rappresenta il complemento a 1 dell’ammontare effettivamente recuperabile dall’esposizione in essere al momento del default (RR, Recovery Rate). Il tasso di perdita atteso (ELR, Expected Loss Rate), che rappresenta la perdita associata a una posizione creditizia in funzione della probabilità di insolvenza della controparte e dal tasso di recupero, moltiplicato per l’esposizione, permette di determinare il valore assoluto della perdita attesa: 𝑬𝑳 = 𝑷𝑫 × 𝑳𝑮𝑫 × 𝑬𝑨𝑫 L’analisi del rischio di credito viene svolta dalle singole istituzioni creditizie, le quali, al fine di assicurare una corretta valutazione, compiono le seguenti attività: 1) Istruttoria di fido, il cui giudizio è formalizzato in un rating (fase di risk rating); 2) Approssimazione del costo del rischio (fase di risk costing) che coincide il tasso di perdita atteso, stimato in base alla probabilità di insolvenza della classe di rischio alla quale appartiene il debitore e all’esposizione della banca nei suoi confronti; 3) Determinazione del tasso da applicare al prestito considerando anche i costi operativi, quelli legati alla copertura e all’approvvigionamento delle risorse, nonché il prezzo praticato dalla concorrenza (fase di risk pricing); 22 4) Verifica continua delle condizioni di affidabilità del cliente, con particolare attenzione alle modalità di utilizzo del credito e alla puntualità nel servizio del debito (fase di risk monitoring). o Rischi di regolamentazione, riguardanti gli effetti derivanti sia dall’introduzione di nuove norme che modificano l’operatività degli intermediari (rischio legislativo), sia da inadempienze interne nel rispetto delle regole (rischio di compliance), le quali possono comportare interventi sanzionatori da parte delle Autorità di vigilanza. I rischi di regolamentazione sono legati all’attività di trading book, ovvero alla compravendita di titoli. La categoria dei rischi interni comprende un variegato insieme di aspetti legati alla vita aziendale, potenzialmente in grado di produrre effetti negativi sui risultati economici. Tra di essi, figura il cosiddetto rischio reputazionale, definito dalle Autorità come il rischio attuale o prospettico di flessione degli utili o del capitale derivante da una percezione negativa dell’immagine della banca da parte di clienti, controparti, azionisti, investitori o Autorità di vigilanza. Anche i rischi operativi rientrano nella macro-classe dei rischi interni. Essi sono intrinsecamente connessi allo svolgimento di qualsiasi attività, e considerano gli effetti negativi (perdite inattese) sui risultati economici causati da: Malfunzionamenti o inefficienze di sistemi e processi aziendali; Comportamenti erronei o dolosi dei dipendenti; Cambiamenti di contesto (fiscale, regolamentare, legislativo ecc.); Eventi esterni imprevisti. Per la sua possibile manifestazione solo negativa, il rischio operativo può essere assimilato ai rischi puri: i rischi operativi sono inevitabili. RISK MANAGEMENT Il risk management è il complesso delle metodologie e dei processi volti alla misurazione e al controllo integrato dei rischi; si tratta di una componente rilevante, destinata a incidere sui meccanismi operativi di coordinamento e di controllo interno. Il risk management si articola nelle seguenti fasi: Identificazione e classificazione dei rischi, tramite mappatura e conseguente attribuzione ai processi e alle attività coinvolte; Misurazione del rischio attraverso l’uso di metodi quantitativi e qualitativi, la quale consente di comprendere intensità dell’esposizione, opportunità di forme di gestione e copertura; Monitoraggio dell’andamento dell’effettiva manifestazione degli eventi negativi e analisi degli scostamenti al fine di determinare la necessità di adottare misure correttive; Gestione e mitigazione mediante la definizione delle scelte strategiche e operative ritenute più opportune; Gestione del capitale economico finalizzata alla sua più efficiente allocazione. In termini evolutivi, il risk management nasce per i rischi di mercato per poi estendersi a tutte le tipologie di rischio, progressivamente affiancato da: 23 Credit Risk Management, che si occupa del controllo del rischio di credito e il cui contributo ha sia valenza interna, dato che verifica la fondatezza della politica di gestione del credito e valuta i suoi effetti sul bilancio, sia esterna; ORM, tipicamente caratterizzato da tre dimensioni rilevanti: sociale, tecnicoorganizzativa, interna-esterna. Il contenuto del risk management si è progressivamente ampliato passando dalla semplice misurazione dei rischi al loro controllo, all’utilizzo di misure di performance che tengono conto non solo del rendimento ma anche del rischio effettivamente sopportato per giungere all’allocazione dinamica del capitale. Parallelamente, anche gli obiettivi si sono ampliati potendo includere anche il controllo dell’equilibrio gestionale e il supporto alle politiche sia di pricing sia di allocazione del capitale. CAP. 4 – GLI STRUMENTI FINANZIARI GLI STRUMENTI FINANZIARI Gli strumenti finanziari consentono di soddisfare le esigenze di scambio delle risorse monetarie e di allocazione delle risorse finanziarie: in particolare, i bisogni di trasferimento nello spazio e nel tempo alimentano il circuito diretto (costituito dai mercati) attraverso la circolazione di primary security (in sintesi, azioni e obbligazioni), mentre le esigenze di trasformazione dettate dall’assenza di coerenza tra le preferenze di datori e prenditori di fondi alimentano il circuito indiretto (costituito dagli intermediari) attraverso la formazione di secondary security (tipicamente depositi bancari e prestiti). Lo strumento finanziario è un contratto che prevede uno sfasamento temporale, di durata variabile, tra la prestazione monetaria del datore di fondi e la controprestazione monetaria del prenditore: tale differenza, fonte di rischio, genera l’iscrizione di un’attività finanziaria nell’attivo patrimoniale dell’investitore e di una passività finanziaria nel passivo dell’emittente. IL PROFILO ECONOMICO In termini economici, la classificazione degli strumenti, coerentemente con la necessità di spiegarne l’evoluzione e la capacità di soddisfare le esigenze degli operatori in termini di rendimento/costo e di ripartizione del rischio, si rifà a molteplici elementi. Il più importante elemento di classificazione alla differente natura dei diritti derivanti dal contratto che genera l’attività finanziaria; si distinguono quindi: Strumenti di partecipazione; per via dell’elevato, ma talvolta solo potenziale, coinvolgimento del detentore nella gestione aziendale, comportano la rinuncia a un rendimento certo in termini sia di remunerazione periodica sia di rimborso del capitale a fronte del diritto alla distribuzione eventuale dei risultati periodici (dividendi) e alla restituzione del capitale residuale rispetto al soddisfacimento di tutti gli altri portatori di interesse. Fanno parte di questa categoria le azioni nelle loro molteplici fattispecie; Strumenti di indebitamento; vedono il diritto alla remunerazione garantito a prescindere dai risultati periodici conseguiti dal prenditore, e il diritto alla restituzione del capitale alla scadenza o al momento della liquidazione, sulla base delle risorse esistenti. Gli strumenti di indebitamento sono tipicamente costituiti nel 24 circuito indiretto dalle operazioni di finanziamento delle banche e degli altri intermediari creditizi, nel circuito diretto, invece, dai titoli obbligazionari; Contratti di assicurazione; essi consentono al contraente, dietro pagamento di un premio, di tutelarsi contro l’eventuale manifestazione di un evento avverso attinente alla vita umana o ad altri danni, al cui verificarsi matura il diritto a incassare un indennizzo. La manifestazione economica del rischio viene così trasferita a un agente economico, ovvero la compagnia di assicurazioni) il quale, grazie all’elevato numero di contratti stipulati con datori di fondi aventi le medesime caratteristiche socio-economiche, riesce a ripartire il costo della manifestazione dell’evento aleatorio tra tutti i sottoscritti e a ridurre il costo della copertura, conseguendo un profitto; Strumenti derivati; incorporano diritti o obblighi che insistono su elementi tipici di altri strumenti finanziari ai quali si riferiscono (underlying) per effetto del manifestarsi di eventi contingenti (contingent claim). Tale tipologia di strumenti è nata con l’intento di neutralizzare i movimenti avversi relativi allo strumento sottostante. Tutte le categorie di strumenti derivati sono riconducibili a due tipologie di base, i contratti a termine e le opzioni; Strumenti composti; essi nascono dalla combinazione di strumenti di base per soddisfare le varie e mutevoli esigenze dei datori e dei prenditori di fondi. In riferimento alla scadenza o durata contrattuale, si distinguono: Strumenti a scadenza indeterminata, se le condizioni del rimborso si verificano in conseguenza di un evento successivo alla sottoscrizione, ovvero quando la durata effettiva dell’investimento dipende dalle condizioni oggettive e soggettive del prenditore di fondi (titoli azionari) o dalla discrezionalità concessa al datore di fondi (depositi bancari, i quali non sono giuridicamente considerati strumenti finanziari); Strumenti a scadenza determinata (titoli di Stato, obbligazioni, operazioni di prestito), che prevedono la definizione del momento del rimborso del capitale all’atto della sottoscrizione e che, a loro volta, sono convenzionalmente distinti in: o Strumenti a breve termine (fino a 12 mesi); o Strumenti a medio termine (tra 1 e 5 anni); o Strumenti a lungo termine (oltre 5 anni); Strumenti a scadenza condizionata, la cui data di rimborso, determinata sulla base di un’apposita clausola, può subire modifiche nel corso del tempo per la presenza di facoltà a favore del datore di fondi o a favore del prenditore. Le modalità di remunerazione e di rimborso del capitale contribuiscono a determinare livello e caratteristiche del rendimento/costo, che può essere: Nullo, laddove gli strumenti o le attività finanziarie non riconoscano al sottoscrittore alcuna remunerazione (tipicamente, la moneta e i mezzi di pagamento); Di mercato, qualora gli strumenti abbiano finalità di investimento o finanziamento. In quest’ultimo caso, è possibile distinguere ulteriormente componenti di: o Rendimento certo, in cui il rischio legato a livello e variabilità della remunerazione è praticamente nullo; o Rendimento incerto, in relazione all’indeterminatezza di alcuni elementi che definiscono la remunerazione periodica e/o la restituzione del capitale; o Rendimento aleatorio, nel senso che la remunerazione è incerta anche nel suo eventuale manifestarsi. 25 La remunerazione può essere rappresentata da: Interessi, i quali possono essere: o Fissi e predeterminati per tutta la durata; o Indicizzati all’andamento di parametri di riferimento di natura reale, finanziaria, valutaria; o Variabili, in funzione di determinate clausole per i finanziamenti a titolo di debito; Dividendi per i finanziamenti a titolo di capitale; Guadagni/perdite in conto capitale, legati alle variazioni dei prezzi di mercato. La restituzione del capitale può invece avvenire in: Un’unica soluzione alla scadenza; Mediante piani di rimborso, i piani di ammortamento, che si differenziano sia per frequenza, sia per importi. La natura del soggetto emittente, e in particolare il suo grado di solvibilità, cioè la sua attitudine ad assolvere agli impegni assunti in relazione al servizio del debito, consente di classificare gli strumenti finanziari in funzione del livello atteso del rischio di credito, tipicamente stimato mediante il rating, la cui assegnazione si basa su algoritmi predefiniti e onnicomprensivi di tutte le caratteristiche del settore dell’emittente e del titolo; particolarmente rilevante è la suddivisione tra titoli/emittenti: Investment grade; Speculative grade. Il trattamento fiscale concorre a determinare la misura del rendimento netto mediante: Imposizione indiretta, quando l’imponibile è legato al controvalore della transazione; Imposizione diretta, quando si “colpiscono” i redditi, cioè gli interessi e i dividendi originati per effetto della detenzione dello strumento. Si possono suddividere gli strumenti finanziari anche in base alla loro trasferibilità, ovvero alle modalità, disciplinate dalla legge o da un contratto specifico, mediante le quali essi possono circolare tra soggetti indipendenti; si possono così individuare: Titoli al portatore, trasferibili mediante la semplice consegna del titolo; Titoli nominativi, la cui intestazione deve risultare, oltre che dal titolo, anche da un apposito registro tenuto dalla società emittente (il libro dei soci) e per il cui trasferimento è necessario il mutamento della doppia intestazione sul titolo e sul libro dei soci. Nel sistema attuale, le azioni sono sempre nominative, a eccezione delle azioni di risparmio e delle azioni emesse dalle SICAV (Società di Investimento a CApitale Variabile). Indipendentemente dalla capacità del prenditore di assolvere all’obbligazione di rimborso o di pagamento, la liquidità è definita, in termini generali, come l’attitudine di un’attività finanziaria a essere scambiata contro moneta a vista o senza perdite (cioè i costi di transazione), ed è quindi una caratteristica che si possiede oppure no, senza posizioni intermedie. La teoria economica ha però esteso gradualmente questo concetto per 26 comprendere anche situazioni intermedie: in alternativa, si usa quindi il concetto di liquidabilità, inteso come grado di scambiabilità tra le attività finanziarie (negoziabilità), distinguendo tra: Mezzi di pagamento; Strumenti negoziabili a vista; Strumenti negoziabili sul mercato. Poiché la liquidabilità dipende congiuntamente dalle caratteristiche intrinseche dello strumento e da elementi esterni, si parla, rispettivamente, di liquidità naturale e di liquidità artificiale. I bisogni delle unità in avanzo e disavanzo soddisfatti da un singolo contratto possono essere distinti tra: Investimento; il bisogno di investimento nasce dall’esigenza di impiegare somme non immediatamente necessarie per acquisire beni e servizi (eccesso di disponibilità monetarie); tali impieghi, potendo riguardare orizzonti temporali diversi e non sempre identificabili, oltre che l’assunzione di differenti gradi di incertezza, corrono l’alea che la remunerazione effettivamente ottenuta si discosti da quella attesa per la presenza di molteplici fattori di rischio; Finanziamento; il bisogno di finanziamento nasce dalla necessità di reperire le risorse monetarie per l’acquisto di beni e servizi in eccesso rispetto alle proprie capacità di spesa con orizzonti temporali e per importi non sempre definibili anticipatamente, garantendosi una possibilità di rimborso scadenzata su tempi più o meno lunghi, pagando un costo proporzionato alla durata del debito e al rischio sopportato dal creditore; Copertura dei rischi finanziari o speculativi; il bisogno di copertura dei rischi finanziari nasce dalla possibilità che gli operatori si trovino a detenere posizioni aperte esposte alle conseguenze, negative o positive, dell’andamento dei prezzi, dei tassi, dei cambi. Una posizione è aperta quando esiste uno squilibrio tra crediti e debiti di un determinato tipo: se i crediti sono superiori ai debiti si parla di posizione lunga (long); se i crediti sono inferiori ai debiti si parla di posizione corta (short). È possibile chiudere la posizione trovando uno strumento finanziario (tipicamente, un derivato) che produca effetti speculari rispetto ai guadagni o alle perdite prodotte dalla posizione aperta e al verificarsi di determinati eventi nel mercato in un orizzonte temporale definito; Copertura dei rischi assicurativi o puri; il bisogno di copertura dai rischi assicurativi nasce dalla necessità di tutelarsi contro gli effetti negativi di un evento dannoso (sinistro), il cui verificarsi è aleatorio per il singolo ma non per una collettività di individui. Le conseguenze economiche dell’evento possono essere affrontate in diversi modi: accumulazione di risparmio, prevenzione e assicurazione, stipula di contratti ad hoc nei confronti di soggetti specializzati; Gestione dei pagamenti; il bisogno di gestione dei pagamenti è legato a molteplici esigenze. CAP. 5 – I MERCATI Il mercato finanziario può essere definito come lo spazio economico in cui domanda e offerta di strumenti e servizi finanziari si incontrano. Gli obiettivi dei diversi attori 27 economici che operano nel sistema finanziario possono, infatti, trovare realizzazione nel mercato finanziario. LE FUNZIONI DEI MERCATI FINANZIARI Le importanti funzioni che il mercato finanziario svolge nell’ambito del sistema finanziario sono le seguenti: Trasferimento delle risorse finanziarie. La teoria dei saldi finanziari individua due categorie principali di operatori economici: unità in situazione di surplus finanziario e unità in situazione di deficit finanziario. Il fattore discriminante di tale distinzione è rappresentato dal differenziale tra risparmio e investimento di ciascuna unità. Nel mercato finanziario entrambe le specie di unità possono soddisfare i propri obiettivi, grazie all’incontro con soggetti in situazione finanziaria opposto alla propria; Semplificazione degli scambi. La ricerca di una controparte nelle operazioni di scambio finanziario può risultare non sempre agevole per le diverse unità economiche. Ciò appare tanto più difficile quanto più le funzioni obiettivo dei soggetti presentano profili di diversificazione e articolazione particolarmente complessi. Il ricorso al mercato finanziario può limitare tale elemento di criticità, grazie alla numerosità delle parti che vi operano; Contenimento dei costi di transazione. Il ricorso al mercato finanziario può limitare tali costi in quanto consente di ridurre il tempo necessario alla ricerca di una controparte: nel mercato, infatti, sono presenti numerosi operatori le cui funzioni obiettivo potrebbero essere tali da soddisfare le esigenze di più unita economiche; ciò aumenta la probabilità di realizzare una doppia coincidenza di bisogni tra le controparti e, quindi, riduce i tempi necessari per la conclusione delle operazioni; Formazione dei prezzi. Il meccanismo dell’incontro della domanda e dell’offerta nel mercato finanziario consente di ovviare alla difficoltà che le controparti incontrano nello stabilire un apposito corrispettivo economico all’interno di un’operazione di scambio finanziario; Informazione su strumenti e operazioni finanziari. Il mercato finanziario recita un importante ruolo in termini di produzione e diffusione delle informazioni: ciò ha un impatto positivo sulla trasparenza delle transazioni e aumenta il livello di sicurezza e fiducia con cui gli operatori percepiscono di poter realizzare i propri obiettivi; Trasferimento dei rischi. Il ricorso al mercato finanziario può essere dettato dal desiderio di un soggetto economico di modificare il profilo di rischio relativo alla propria posizione. Tale esigenza può essere soddisfatta effettuando apposite operazioni con controparti che presentino posizioni di rischio e, quindi, intenzioni di tipo speculare alle proprie. La ricerca di protezione dal rischio o di opportunità di assunzione di rischio in ottica di diversificazione delle proprie posizioni o di realizzazione di risultati economici può realizzarsi nel mercato finanziario, in quanto in esso tali divergenti aspettative possono incontrarsi. Il funzionamento dei mercati finanziari e, quindi, il perseguimento delle suddette finalità, si scontra con le difficoltà dovute ad alcuni fattori di imperfezione dei mercati stessi: si tratta di quelle situazioni che le teorie dell’intermediazione finanziaria definiscono fallimenti di mercato, ovvero dei noti fenomeni di asimmetria informativa come la selezione avversa 28 e il rischio morale. Le possibili soluzioni individuate dalla dottrina per tali problematiche si riferiscono all’introduzione di soggetti intermediari degli scambi e all’organizzazione e regolamentazione dei mercati finanziari. LA CLASSIFICAZIONE DEI MERCATI La classificazione più importante e maggiormente utilizzata per la classificazione dei mercati finanziari distingue tra: Mercato creditizio, nel quale intermediari specializzati (denominati appunto creditizi), ricorrendo a operazioni di raccolta ed erogazione di prestiti, riescono a soddisfare, attraverso il proprio bilancio, le divergenti esigenze degli scambisti; Mercato mobiliare, nel quale trovano esecuzioni tutte le operazioni aventi per oggetto titoli (valori mobiliari) destinati a circolare tra gli operatori; in tale mercato, dotato di elevata mobilità e trasferibilità, agiscono intermediari il cui compito principale è agevolare l’emissione e la successiva negoziazione di strumenti finanziari, oltre che fornire servizi di consulenza a favore di emittenti e sottoscrittori; Mercato assicurativo, nel quale gli operatori si coprono dai rischi puri trasferendoli mediante la stipula di appositi contratti (le polizze) con operatori specializzati (le compagnie di assicurazione); Mercato dei servizi di pagamento, in cui gli operatori possono regolare i corrispettivi delle transazioni effettuate, avvalendosi di strumenti e procedure dedicati. In base agli strumenti finanziari trattati, i mercati mobiliari si distinguono ulteriormente in: Mercato monetario, inteso come contesto di tutte le operazioni a breve termine dovute all’esigenza da parte degli operatori di ottimizzare la gestione dei flussi finanziari, in corrispondenza di un determinato livello delle riserve di liquidita. Il ruolo delle banche quali garanti della liquidità del sistema economico nel suo complesso è di primaria importanza. Storicamente, il mercato monetario si è sviluppato a cominciare dalle operazioni che coinvolgevano le banche e la banca centrale quando quest’ultima si attivava per fornire base monetaria al sistema, oppure per assorbirne le eccedenze. Oggi il mercato monetario coinvolge più soggetti e categorie istituzionali di operatori accomunati dall’esigenza di regolare, per importi rilevanti, l’ammontare delle rispettive riserve di liquidità. Gli strumenti finanziari scambiati nel mercato monetario possiedono le seguenti caratteristiche: o Appartengono alla categoria di strumenti di debito (obbligazioni e altre attività/passività con scadenza inferiore a un anno); o Sono a breve e brevissimo termine (la durata non supera i 12 mesi); o Sono altamente negoziabili, liquidi e, quindi, molto prossimi al concetto di denaro contante; o Il rischio di insolvenza di chi li emette è molto basso; o Le loro negoziazioni si realizzano per importi unitari molto elevati. Mercato obbligazionario, il quale consente di realizzare transazioni che hanno per oggetto titoli di debito emessi da imprese (corporate bond), intermediari finanziari ed emittenti sovrani (titoli di Stato). Il mercato è costituito strutturalmente dalla fase di collocamento (mercato primario) e dalla fase di successiva negoziazione degli stessi strumenti (mercato secondario). 29 Occorre distinguere la tipologia di strumenti finanziari in funzione del soggetto emittente: le modalità di emissione, infatti, differiscono a seconda che l’emittente sia un soggetto privato oppure lo Stato o un altro ente appartenente alla Pubblica Amministrazione. Più precisamente, nel caso di titoli obbligazionari governativi, nei Paesi dove il sistema finanziario è sviluppato si sono ormai da tempo affermate procedure di collocamento basate sui meccanismi d’asta. Per quanto riguarda i titoli obbligazionari emessi dallo Stato, essi possono essere distinti in relazione alle modalità tecniche di collocamento sul mercato primario, che possono differire in funzione della durata e delle caratteristiche dei titoli. In Italia, i BOT, titoli a breve, vengono emessi attraverso un’asta di tipo competitivo, mentre tutti gli altri titoli vengono collocati attraverso il meccanismo detto di “asta marginale”. Tutte le aste di collocamento dei titoli di Stato italiani sono gestite dalla Banca d’Italia in presenza di un funzionario del Ministero dell’Economia in veste di garante della regolarità dell’asta. Possono partecipare alle aste solo i soggetti abilitati in base a caratteristiche prestabilite (banche italiane, ma non la Banca d’Italia, e comunitarie, società di intermediazione mobiliare e imprese di investimento). Persone fisiche e imprese possono acquistare i titoli pubblici solo nel mercato secondario. Le fasi previste per tutte le tipologie di aste di collocamento dei titoli di Stato sono: 1. Offerta dei titoli al mercato da parte dell’emittente e contestuale comunicazione delle informazioni concernenti le caratteristiche dei titoli, che avviene mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di un apposito decreto ministeriale; 2. Raccolta delle domande formulate dagli investitori autorizzati; 3. Aggiudicazione dei titoli e determinazione del prezzo. Il Ministero dell’Economia, in Italia, utilizza due differenti modalità di emissione mediante asta: Le aste competitive, utilizzate per il collocamento dei BOT. Nell’asta competitiva il prezzo di aggiudicazione dei titoli corrisponde, per ogni operatore, al prezzo indicato nel momento dell’ultima formulazione della domanda. Le domande vengono soddisfatte a partire da quelle formulate al prezzo più alto, procedendo poi ad aggiudicare secondo un ordine decrescente di prezzo fino al completo esaurimento della quantità offerta. Le aste marginali, impiegati per i titoli a medio e lungo termine. L’asta marginale prevede che i richiedenti aggiudicatari paghino tutti lo stesso prezzo, detto prezzo marginale. Il prezzo marinale viene determinando soddisfacendo le offerte a partire da quelle presentate al prezzo più alto fino a quando la quantità domandata non è pari a quella offerta. Il prezzo dell’ultima domanda determina il prezzo marginale. Mercato azionario, nel quale le transazioni hanno a oggetto azioni e altri strumenti rappresentativi di partecipazione al capitale delle imprese. I titoli azionari si connotano per l’estrema facilità di trasferimento. In Italia, il mercato secondario dei titoli azionari è gestito da Borsa Italiana SPA. I titoli azionari possono essere scambiati su diversi mercati a seconda delle caratteristiche dei titoli, degli operatori e degli orari di negoziazione. I mercati azionari gestiti da Borsa Italiana SPA sono: o MTA (Mercato Telematico Azionario), all’interno del quale si negoziano azioni, obbligazioni convertibili, diritti di opzione e warrant. L’ammissione a 30 quotazione su MTA è disposta da Borsa Italiana sulla base di requisiti sia sostanziali: Chiara visione strategica; Buon posizionamento competitivo; Sostenibilità finanziaria; Autonomia gestionale; Aspetti che concorrono ad aumentare la capacità delle società di creare valore per gli azionisti. Sia formali: Capitalizzazione minima di 40 milioni di euro; Flottante minimo del 25%; Libera trasferibilità dei titoli. o AIM Italia (Alternative Investment Market Italia) è il mercato di Borsa Italiana dedicato alle piccole e medie imprese italiane ad alto potenziale di crescita: l’intento è quello di consentire a quest’ultime l’accesso ai mercati finanziari senza dover sostenere gli elevati costi connessi al processo di quotazione. Il requisito principale che una società deve soddisfare per l’ammissione su AIM Italia è quello di dotarsi di un nomad (nominated avisor), un intermediario finanziario il cui scopo è quello di affiancare la società, sia nella fase precedente l’ammissione sia durante il periodo di negoziazione del mercato, al fine di assicurare l’adempimento di quanto previsto dal regolamento. Mercato degli strumenti derivati, dove sono trattate le differenti tipologie di strumenti derivati. In base al criterio che fa riferimento al momento dello scambio, i mercati mobiliari sono a loro volta distinti in: Mercato primario, che individua il complesso di operazioni attraverso le quali i risparmiatori sottoscrivono strumenti finanziari di nuova emissione, fornendo fondi agli emittenti; Mercato secondario, il quale rappresenta, invece, l’insieme degli scambi aventi a oggetto titoli già in circolazione: domanda e offerta sono quindi espressione della volontà di negoziazione di due diverse tipologie di investitori che hanno interesse, da un lato, ad acquistare al fine di riaggiustare il proprio portafoglio con l’inserimento di un nuovo titolo, dall’altro a vendere al fine di riaggiustare il proprio portafoglio con la dismissione del titolo. Sotto il profilo della natura istituzionale, i mercati mobiliari possono essere: Mercati pubblici; Mercati privati. Secondo il criterio di classificazione dell’ordinamento, invece, si distingue tra: Mercati regolamentati, caratterizzati dalla presenza di una specifica disciplina per quanto riguarda condizioni di accesso di emittenti e intermediari, obblighi di trasparenza, meccanismi di pricing ecc.; 31 Mercati non regolamentati, detti anche OTC (Over The Counter), caratterizzati, invece, dall’assenza di norme e procedure standardizzate, ma non di meccanismi di auto-regolamentazione. In relazione alla dimensione geografica, i mercati mobiliari possono essere: Mercati domestici, ovvero nazionali; Mercati internazionali. La differenziazione dei mercati in base alla dimensione unitaria (“taglio”) degli scambi, determina la separazione tra: Mercati all’ingrosso (wholesale); Mercati al dettaglio (retail). La tempistica prevista per il regolamento delle transazioni consente di distinguere tra: Mercati a pronti; Mercati a termine. Secondo la struttura logistica utilizzata per la conclusione degli scambi, infine, si individuano: Mercati fisici; Mercati telematici, favoriti anche dal progresso tecnologico che ha reso possibile l’esecuzione più rapida ed efficiente di un numero sempre crescente di transazioni, riducendo il costo di negoziazione a vantaggio anche degli investitori finali. L’EFFICIENZA DEI MERCATI I benefici apportati dal ricorso ai mercati finanziari devono essere valutati in termini di efficienza economica. Alle diverse funzioni proprie dei mercati finanziari corrispondono anche definizioni differenti di efficienza. L’efficienza allocativo-funzionale si realizza quando i fabbisogni delle unità che effettuano gli scambi risultano soddisfatti e non si e non si ritiene necessario procedere a un’ulteriore ridistribuzione delle risorse finanziarie. In tal caso, il mercato finanziario avrà consentito agli operatori di perseguire in maniera ottimale i propri obiettivi di finanziamento e di impiego. L’efficienza informativa di un mercato finanziario è funzione della capacità del mercato stesso di raccogliere, produrre e diffondere informazioni rilevanti per lo scambio. La teoria finanziaria assume i prezzi come informazioni rilevanti e calibra su di essi la definizione stessa di efficienza informativa. Si individuano tre diversi livelli di intensità di efficienza informativa in relazione alla capacità del sistema dei prezzi di sintetizzare le informazioni: Efficienza debole, in cui i prezzi incorporano soltanto informazioni di tipo storico; Efficienza semi-forte, in cui i prezzi sintetizzano tutte le informazioni di dominio pubblico; Efficienza forte, in cui i prezzi sono la risultante di tutte le informazioni disponibili, di tipo storico, prospettico, di dominio pubblico e privato. Esiste, dunque, una relazione diretta tra portata informativa dei prezzi ed efficienza informativa: all’aumentare del valore segnaletico del prezzo corrisponde un livello di 32 efficienza informativa maggiore per il mercato. L’ipotesi di efficienza forte rappresenta una condizione ideale cui i mercati dovrebbero tendere ma, di fatto, difficilmente perseguibile negli scambi, caratterizzati da una distribuzione asimmetrica delle informazioni di varia natura tra le controparti. L’efficienza tecnico-operativa esprime la capacità di un mercato finanziario di realizzare la funzione di contenimento dei costi di transazione e, più in generale, di agevolare gli scambi finanziari. I concetti di efficienza informativa e tecnico-operativa sono strettamente correlati: informazioni complete e diffuse sono in grado di migliorare il funzionamento del mercato in termini operativi; la condizione di efficienza tecnico-operativa promuove, a sua volta, la formazione di prezzi significativi. Questo agevola, infine, l’efficiente allocazione delle risorse sul mercato. CAP. 6 – L’INTERMEDIAZIONE CREDITIZIA LE PECULIARITÀ E L’ARTICOLAZIONE DELL’INTERMEDIAZIONE CREDITIZIA L’intermediazione creditizia rappresenta, insieme a quella mobiliare e a quella assicurativa, uno dei tre tipi di intermediazione a cui si fa riferimento quando vengono esaminati i sistemi finanziari. L’intermediazione creditizia favorisce, al pari di quella mobiliare, il trasferimento di risorse finanziarie nello spazio e nel tempo ma, a differenza di quella, ciò avviene attraverso il cosiddetto circuito indiretto. Tale trasferimento può avvenire con il concorso di uno o più intermediari. Nel partecipare al circuito indiretto, i soggetti che svolgono intermediazione creditizia interpongono il proprio stato patrimoniale tra datori e prenditori di risorse finanziarie. Essi infatti assumono impegni nei confronti dei datori di fondi e posizioni di credito nei confronti dei prenditori di fondi: pertanto, all’attivo figurano gli impieghi, ossia l’insieme degli strumenti graditi ai prenditori di fondi in termini di costo, rischio e scadenza, e al passivo le fonti, ossia l’insieme degli strumenti graditi ai datori di fondi in termini di rendimento, rischio e scadenza. L’intermediazione creditizia comporta, per soddisfare fabbisogni divergenti, un’attività di trasformazione della scadenza, del rischio e della liquidità. I contratti, seppur riconducibili a schemi negoziali comuni, possono essere sempre adattabili ai mutevoli e vari bisogni della domanda e dell’offerta di risorse finanziarie; inoltre, la ricerca della controparte è tipicamente condotta su base individuale. Ciò significa che i contratti stipulati sono fortemente personalizzati. Essi si fondano su informazioni specifiche circa la qualità dei contraenti. Lo svolgimento dell’attività di intermediazione creditizia contribuisce a limitare le asimmetrie informative presenti tra datori e prenditori nel circuito diretto e il moral hazard che su tali asimmetrie si poggia. Ciò non esclude il fatto che asimmetrie e moral hazard siano presenti anche negli scambi in cui si svolge l’attività di intermediazione creditizia: non a caso, tali attività sono oggetto di molteplici tipi di intervento da parte delle Autorità di vigilanza. 33 Oltre alle informazioni relative a potenziali ed effettivi debitori e creditori, spesso riservate in quanto in esclusivo possesso dell’intermediario, la fiducia è l’altro elemento centrale negli scambi creditizi. Tale fiducia dev’essere reciproca, basata sui concetti di solvibilità e liquidità, oltre che sull’efficacia e sulla trasparenza dei processi di valutazione del merito di credito e sulla capacità di tutelare depositanti, obbligazionisti e azionisti. La massima responsabilità della creazione di tale fiducia sta in capo agli organi di governo e al management delle banche e degli altri intermediari impegnati in attività di intermediazione creditizia. Dalla personalizzazione dei contratti, dalla natura delle informazioni e dalla fiducia discende anche il concetto di relazione (relationship banking), centrale nelle attività di intermediazione creditizia. In una prospettiva evolutiva, il relationship banking, caratterizzato dalla non trasferibilità degli strumenti utilizzati, è stato affiancato e in parte ha ceduto e continuerà a cedere spazio al transaction banking, basato sulla trasformazione degli attivi rappresentati da prestiti, attraverso diversi meccanismi, in strumenti finanziari negoziabili sui mercati. Il transaction banking viene impiegato tipicamente per moltiplicare l’offerta di credito a sostegno di rapidi ampliamenti dello spazio economico internazionale. I soggetti impegnati nell’intermediazione creditizia non svolgono solo questa funzione: tipico esempio è la banca, che nell’ordinamento europeo vigente può svolgere ogni attività, oltre alla combinazione minima, richiesta per definire banca un intermediario, di raccolta da clientela attraverso depositi e concessione di prestiti. All’intermediazione creditizia, nel caso della banca, è legato lo svolgimento della funzione monetaria: ciò rende questo intermediario speciale rispetto agli altri intermediari creditizi, che non raccolgono risorse dal pubblico attraverso strumenti, i depositi, che svolgono tale funzione. Gli intermediari creditizi diversi dalle banche sono costituiti nell’ordinamento italiano da società di leasing, società di factoring e società di credito al consumo, alle quali si sono progressivamente affiancati i Confidi, la Cassa Depositi e Prestiti e i veicoli per la cartolarizzazione (SPV, Special Purpose Vehicle). Tali intermediari sono accomunati da una duplice caratteristica: o La raccolta delle risorse necessarie per soddisfare le esigenze dei prenditori di fondi, non potendo essere svolta nei confronti del pubblico attraverso depositi, avviene prevalentemente presso le banche o altri soggetti istituzionali, dando origine a fenomeni di doppia intermediazione; o La concessione di finanziamenti alle imprese e alle famiglie avviene con modalità tali da soddisfare esigenze dei prenditori di fondi di carattere particolare, perché collegate, in particolare per le imprese, all’attivo immobilizzato (leasing) e all’attivo circolante (factoring) e, per le famiglie, alle necessità di consumo (credito al consumo). L’intermediazione creditizia può essere svolta con ampiezza diversa. Accanto a intermediari maggiormente diversificati, ve ne sono altri che si specializzano nella concessione di finanziamenti di differente tipo e a destinatari differenti. La diversificazione può rimanere nell’ambito dell’intermediazione creditizia, oppure ampliarsi oltre essa, includendo forme di intermediazione mobiliare. In particolare, la banca, intermediario creditizio tipico, può essere compresa all’interno delle IFM (Istituzioni Finanziarie Monetarie), il che comporta una serie di conseguenze sulla sua gestione che altri 34 intermediari creditizi non hanno, specificamente con riferimento alla gestione della liquidità. CAP. 7 - L’INTERMEDIAZIONE MOBILIARE L’intervento delle istituzioni finanziarie nell’intermediazione mobiliare è disciplinato dal TUF (Testo Unico della Finanza) e dai suoi Regolamenti attuativi. Il TUF dispone che gli intermediari possano presta, previa autorizzazione (concessa, a seconda dei casi, da Banca d’Italia o CONSOB), un’ampia gamma di servizi a favore della propria clientela, suddivisa in: Servizi di investimento; Servizi di gestione collettiva del risparmio. I SERVIZI DI INVESTIMENTO I servizi di investimento possono avere a oggetto solo strumenti finanziari, ovvero azioni, obbligazioni, titoli di Stato, quote di fondi comuni e derivati): 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) Esecuzioni di ordini per conto dei clienti; Ricezioni e trasmissioni di ordini; Mediazione; Negoziazione per conto proprio; Gestione di sistemi multilaterali di negoziazione; Collocamento e underwriting; Gestione individuale di portafogli; Consulenza in materia di investimenti. Tali servizi vengono tipicamente svolti dalle imprese di investimento; in Italia le SIM (Società di Intermediazione Mobiliare), ossia imprese, diverse dalle banche e dagli altri intermediari finanziari, sono autorizzate a svolgere per conto proprio e per conto di terzi i servizi di investimento. L’esercizio professionale abituale, protratto nel tempo e rivolto al mercato, nei confronti del pubblico di servizi di investimento è attività sottoposta a riserva, accordata a: Imprese di investimento e banche, che possono essere autorizzate a offrire tutti i servizi nel catalogo (1-8); Intermediari finanziari iscritti nell’albo previsto, i quali possono essere abilitati all’esecuzione di ordini per conto dei clienti (1) e alla negoziazione per conto proprio (4), ma solo su strumenti derivati, nonché al servizio di collocamento e underwriting (6), su qualsiasi strumento finanziario; SGMR (Società di Gestione di Mercati regolamentati), i quali possono esercitare, sempre previa autorizzazione, servizi di gestione di sistemi multilaterali di negoziazione (5); SGR (Società di Gestione del Risparmio) possono essere autorizzate a svolgere servizi di gestione individuale (7) e di consulenza in materia di investimenti (8). 35 1) L’ESECUZIONE DI ORDINI PER CONTO DEI CLIENTI E LA NEGOZIAZIONE Un investitore interessato all’acquisto di strumenti finanziari sul mercato secondario può rivolgersi a un intermediario finanziario, al quale conferire un ordine contenente informazioni sul tipo di operazione (acquisto o vendita), sullo strumento finanziario e sulla quantità di titoli a cui è interessato, può inoltre prevedere limiti di prezzo o vincoli di durata. Ricevuto l’ordine, l’istituto si incarica della ricerca della controparte. La ricerca può avvenire sia per conto che in nome del cliente: agli intermediari è concesso agire in nome proprio solo previo consenso; una volta ottenuto, essi devono immediatamente intestare gli strumenti all’investitore. L’intermediario che si occupa di combinare compratori e venditori di strumenti finanziari sul mercato secondario è detto broker; per tale incarico egli percepisce una commissione (fee), di importo fisso o in base al controvalore della transazione a seconda di quale siano stati li accordi presi. Il servizio prestato dal broker è detto di negoziazione per conto terzi qualora il compito dell’intermediario sia di promuovere con la massima diligenza la chiusura dell’ordine. Il broker vincola alla chiusura della transazione l’incasso della commissione, che può esigere solo a compravendita avvenuta. Se l’ordine non si chiude, nulla è dovuto, a eccezione del canone periodico talvolta richiesto per accedere al servizio. 2) LA RICEZIONE E LA TRASMISSIONE DI ORDINE Se il broker si limita solo a ricevere e trasmettere al negoziatore ordini di acquisto o di vendita provenienti dalla clientela il servizio prestato si dice di ricezione e trasmissione di ordini, attraverso cui il cliente delega la scelta dell’intermediario che dovrà eseguire l’ordine. Sarà dunque il trasmettitore a dover individuare il negoziatore capace di spuntare le condizioni migliori. 3) LA MEDIAZIONE L’autorizzazione a prestare servizi di ricezione abilita automaticamente alla prestazione di servizi di mediazione (o brokeraggio puro). Si tratta di mettere in contratto due o più investitori interessati a una transazione. In caso di mediazione, per incassare la commissione è sufficiente che gli investitori stipulino un contratto preliminare, senza darvi seguito firmando la compravendita. 4) LA NEGOZIAZIONE PER CONTO PROPRIO Ricevuto l’ordine, l’intermediario può scegliere di proporsi direttamente come controparte, dichiarandosi disponibile a vendere il titolo a cui l’investitore è interessato. L’attività di acquisto e di vendita di strumenti finanziari sul mercato secondario, in contropartita diretta e in relazione a ordine dei clienti, è nota come negoziazione per conto proprio o dealing; dealer è l’intermediario che se ne occupa. Il dealer, per l’esercizio sulla sua attività, detiene titoli in giacenza, che di volta in volta acquista dagli emittenti, dai clienti o da altri intermediari, e che spera di rivendere realizzando un margine. A differenza del broker, il dealer non percepisce una commissione sul servizio reso, ma basa i suoi guadagni sullo scarto tra il prezzo denaro (bid price), ovvero quanto paga i titoli presenti nel portafoglio di proprietà, e il prezzo lettera (ask price), ossia quanto riceve dalla vendita. Sui mercati regolamentati, le transazioni 36 avvengono esclusivamente attraverso i broker, poiché se l’investitore volesse vendere i propri strumenti finanziari, il dealer vorrebbe chiudere a un prezzo più basso rispetto a quello praticato in media. La negoziazione per conto proprio promette profitti generosi, ma espone ad alti rischi (detti “di prezzo”), legati alle oscillazioni dei prezzi dei titoli in giacenza. Oltre al dealer, presta servizi di negoziazione per conto proprio il market maker; anch’egli si propone come controparte in transazioni che hanno a oggetto strumenti finanziari. Ma mentre il dealer decide, di volta in volta e su sollecitazione del cliente, se proporsi e le condizioni alle quali è disposto a effettuare la transazione, il market maker si impegna in via continuativa a negoziare determinati titoli, a condizioni definite, sia in acquisto sia in vendita, in contropartita diretta di chiunque (nei mercati secondari) si dichiari disponibile a chiudere l’operazione. Le condizioni sono comunicate preventivamente, segnalando puntualmente: I titoli su cui si è disposti a operare; La quantità massima tratta; Il prezzo denaro; Il prezzo lettera. Anche il market maker basa i suoi guadagni sullo scarto tra prezzo bid e prezzo ask. Un market maker favorisce gli scambi in quanto offre agli operatori sempre un’alternativa: la possibilità di concludere subito e a condizioni certe transazioni in acquisto o in vendita. 5) LA GESTIONE NEGOZIAZIONE DI SISTEMI MULTILATERALI DI Le operazioni di compravendita di strumenti finanziari possono avvenire su: Mercati regolamentati: essi sono gestiti, secondo l’ordinamento italiano, da società dette SGMR appositamente autorizzate dalla CONSOB, secondo regole dalla stessa approvate; Sistemi di negoziazioni alternativi, i quali possono essere: o Di tipo bilaterale, se vi è la contropartita diretta dell’intermediario con il cliente (internalizzazione di ordini); o Di tipo multilaterale (sistemi multilaterali di negoziazione, MTF). La gestione di sistemi multilaterali di negoziazioni è un servizio di investimento che consente di far incontrare proposte di acquisto e di vendita provenienti da una pluralità di operatori. Tali sistemi svolgono funzioni di coordinamento degli interessi di acquisto e di vendita in modo da dare luogo a contratti, ma contrariamente a questi ultimi ammettono agli scambi sia strumenti già negoziati su mercati regolamentati, sia strumenti non quotati. 6) I SERVIZI DI COLLOCAMENTO E UNDERWRITING Quando si desidera offrire sul mercato, per importi considerevoli, strumenti finanziari di nuova emissione (offerta di sottoscrizione) o già esistenti (offerta di vendita), è necessario: Definire le condizioni di offerta (profilo tecnico dello strumento da proporre, quantità di titoli da distribuire, prezzo da richiedere); 37 Decidere se indirizzare la proposta a un pubblico indistinto (offerta pubblica) o interpellare una ristretta cerchia di investitori (offerta privata), di norma istituzionali (banche, fondi pensione, imprese di assicurazione); Scegliere il periodo durante il quale gli interessati possono trasmettere le richieste di adesione all’offerta. È molto probabile che, data la mole di titoli da trasferire, l’emittente o l’offerente siano un’impresa. L’offerta pubblica, rispetto a quella privata, consente di attrarre un numero maggiore di investitori e migliora la liquidità del titolo sul secondario. Contemporaneamente, essendo in grado di sollecitare il piccolo risparmio, di solito richiede il rispetto di procedure rigide e prevede obblighi informativi onerosi. Sono diverse le ragioni che possono spingere un’impresa a impegnarsi in un’importante offerta di titoli. All’origine di un’offerta di sottoscrizione può esistere il bisogno di raccogliere fondi per sostenere nuovi piani di investimento, oppure l’interesse a promuovere la quotazione dei propri titoli in un mercato regolamentato: possono, infatti, essere inseriti nei listini di Borsa solo strumenti finanziari a proprietà diffusa, e una distribuzione sostanziosa consente di soddisfare tale requisito. LA PROGETTAZIONE DELL’OPERAZIONE Le imprese si rivolgono agli intermediari per l’individuazione: Del più appropriato profilo tecnico dello strumento finanziario da proporre; Della quantità di titoli da distribuire; Del prezzo da richiedere; Degli investitori a cui rivolgersi. Il servizio è remunerato con una commissione. L’ORGANIZZAZIONE DEL SINDACATO DI COLLOCAMENTO Per raccogliere le adesioni degli investitori, emittenti e offerenti si avvalgono di solito della collaborazione di più intermediari finanziari, organizzati in sindacati (o consorzi) di collocamento. Il lead manager (detto anche capofila) riceve mandato direttamente dall’emittente (od offerente) per comporre sindacato di collocamento, eventualmente assistito da uno più intermediari (management group). L’intermediario incaricato di organizzare il sindacato, in genere, è lo stesso advisor coinvolto nella progettazione dell’operazione. La richiesta formale di partecipazione al sindacato avviene trasmettendo una lettera d’invito, documento che descrive le caratteristiche dell’offerta, segnala il compenso, dichiara la quota approssimativa di titoli di cui l’intermediario sarà responsabile, precisa eventuali categorie di investitori o aree territoriali da servire. Accertate le reazioni, il capofila concorda eventuali aggiustamenti, per poi formalizzare i rapporti con gli intermediari nel cosiddetto patto consortile. Gli obblighi reciproci tra consorzio ed emittente sono, invece, regolati dalla lettera d’impegno, che stabilisce le modalità di realizzazione e promozione del collocamento, i tempi di offerta, i termini di trasferimento dei fondi raccolti, nonché la commissione spettante al consorzio per il servizio reso (gross spread). Quanto maggiori sono lo standing dell’emittente e il controvalore dell’offerta, e migliore è la congiuntura, 38 tanto minore è il gross spread riconosciuto. Di solito non sono previsti aggravi di commissioni o spese a carico degli investitori aderenti. Le emissioni di maggiori dimensioni (per esempio quella internazionali) richiedono la partecipazione di più sindacati, ciascuno responsabile per differenti aree territoriali o segmenti di investitori. Il coordinamento dei sindacati è affidato al global coordinator, che assume il ruolo di lead manager in almeno uno dei consorzi. Il global coordinator (se presente) e i capofila sono le sole istituzioni a intrattenere rapporti diretti con l’impresa cliente. Contestualmente all’organizzazione del sindacato, i lead manager assistono l’impresa nel delicato compito di ottemperare agli obblighi normativi, particolarmente stringenti in caso di sollecitazione del pubblico risparmio. IL PRICING Al capofila spetta un ulteriore impegnativo compito: supportare l’emittente (od offerente) nella definizione del prezzo di offerta. Un prezzo troppo basso accresce oltre misura il rendimento dello strumento finanziario, comportando un costo della raccolta inutilmente elevato ed eccessive richieste di sottoscrizione o di acquisto, con pregiudizio per l’emittente. Un prezzo troppo alto, d’altro canto, deprime il rendimento e rende il titolo non così appetibile; danneggia anche l’emittente, che perde credibilità di fronte agli investitori, i cui interessi sono lesi da una bassa remunerazione; per di più, i fondi raccolti possono risultare insufficienti, date le esigue vendite. La scelta del prezzo presenta differenti gradi di difficoltà a seconda della natura dello strumento finanziario. Più complesso, di solito, è il pricing delle azioni, specialmente in caso di IPO (Initial Public Offering). Si tratta della prima offerta (di sottoscrizione o di vendita) di titoli, pubblica e indirizzata alla quotazione, quando ancora l’emittente è pressoché sconosciuto alla grande platea degli investitori. L’assenza di prezzi di scambio ufficiali e la diffidenza degli investitori alimentano il timore che il mercato smentisca le valutazioni dei capofila. Per ovviare a questo, spesso si fa uso di una tecnica d’asta imperfetta, detta book building. I capofila organizzano dei road show, ovvero dei cicli d’incontri con investitori istituzionali, durante i quali l’impresa descrive la propria attività, i risultati finanziari e le previsioni per il futuro. Terminato l’incontro, vengono prospettati diversi prezzi di collocamento, invitando gli investitori a rivelare quanti titoli sarebbero disposti a sottoscrivere o acquistare. Trasmesse ai lead manager, queste indicazioni vengono impiegate per la definizione del prezzo, consentendo un pricing più preciso e affidabile. In casi di particolari difficoltà a comprendere le potenzialità dell’impresa emittente, è prassi fissare per il collocamento non un unico prezzo, ma una forchetta di prezzi valida per tutta la durata dell’offerta, al cui interno sarà selezionato, a conclusione dell’operazione, il prezzo definitivo pagato dagli investitori. Anche scegliere il momento in cui realizzare il collocamento risulta un compito tutt’altro che agevole, di cui si occupano i capofila: ritardare o anticipare il periodo in cui possono essere trasmesse le richieste di adesione può avere sensibili effetti sulle manifestazioni di interesse delle controparti, soprattutto in caso di elevata volatilità delle contrattazioni. IL COLLOCAMENTO Fissato il prezzo (o la forchetta di prezzi) si apre il collocamento vero e proprio, durante il quale gli interessati possono trasmettere le richieste di sottoscrizione o di acquisto al selling 39 group. L’adesione alla sollecitazione è effettuata mediante la sottoscrizione, anche telematica, di un modulo predisposto dall’offerente, contenente gli elementi di identificazione dell’operazione. Il periodo di offerta generalmente non supera i quindi giorni, al termine dei quali, se le richieste eccedono i titoli da collocare (oversubscription), i capofila procedono al riparto, di solito tramite estrazione. Qualora, invece, le richieste non coprano l’offerta (undersubscription), il sindacato procede alla sottoscrizione o all’acquisto dei titoli residui, sempre che sia prevista la clausola di accollo dell’invenduto. Diversamente, i lead manager si limitano a comunicare all’emittente (od offerente) l’ammontare degli strumenti finanziari distribuiti. FASE SUCCESSIVA Chiuso il collocamento, il consorzio si scioglie. Nonostante ciò, ai capofila è di solito chiesto di intervenire nei mesi successivi quali market maker per favorire la liquidità del titolo sul secondario e la stabilizzazione dei corsi. Quanto più il titolo è considerato liquido, tanto più è appetibile. I SERVIZI DI CARTOLARIZZAZIONE La cartolarizzazione è una tecnica finanziaria che consente di trasferire un insieme di crediti appositamente selezionati dal soggetto originariamente titolare a un’altra entità economico-giuridica specializzata, che provvede a trasformare tali attività in titoli negoziabili. Per questa ragione, la fattispecie in questione è alternativamente definita securitization o titolarizzazione. La specificità di tale tecnica attengono a: I soggetti coinvolti; L’oggetto dell’operazione; Gli effetti dell’operazione. I soggetti principali che intervengono in una cartolarizzazione sono: La società cedente (originator), cioè l’originario titolare dell’attività oggetto di cessione; La società cessionaria, cioè l’entità esterna alla quale vengono trasferite le attività da parte del soggetto cedente. Essa assume la particolare denominazione di SPV (Special Purpose Vehicle), o società veicolo, e provvede a trasformare le attività acquistate dall’originator in titoli di debito negoziabili, le cosiddette ABS (Asset Backed Securities); Gli investitori, cioè il pubblico di potenziali destinatari delle emissioni di titoli da parte della SPV. L’oggetto delle operazioni di cartolarizzazione può essere rappresentato da qualsiasi attività idonea alla produzione di flussi di cassa prevedibili. Il portafoglio sottostante l’operazione di cartolarizzazione è generalmente costituito da: mutui, crediti commerciali, crediti al consumo, crediti originati da operazioni di leasing, crediti di natura fiscale e previdenziali. In ogni caso, gli attivi da cartolarizzare devono soddisfare appositi requisiti. Relativamente agli effetti prodotto, le operazioni di cartolarizzazione consentono al soggetto cedente (originator) di modificare la struttura del proprio attivo patrimoniale: trasferendo attività alle società veicolo, il cedente ha l’opportunità di ottenere immediatamente liquidità e soddisfare i propri fabbisogni finanziari. In tal senso, la cartolarizzazione costituisce una 40 forma di finanziamento alternativa all’indebitamento e ai mezzi propri. Essa permette, inoltre, di realizzare una gestione più dinamica dell’attivo da parte del cedente, che avrà la possibilità di destinare le risorse così liberate a impieghi ritenuti più remunerativi. Il complesso di attività cedute confluirà nell’attivo patrimoniale della società veicolo, che a sua volta finanzierà lo stesso acquisto mediante l’emissione di ABS. 7) I SERVIZI DI GESTIONE DEL RISPARMIO Con il termine gestione di portafoglio si intendono l’investimento e l’amministrazione di disponibilità finanziarie con il fine di realizzare una combinazione di attività coerente con il profilo del titolare dei fondi. Sono attività i titoli, i crediti e i beni immobili, i quali promettono introiti attraverso il semplice possesso o la vendita. Il valore della promessa dipende da diversi fattori: caratteristiche tecniche dello strumento, dallo standing dell’emittente, dal posizionamento dell’immobile. Una loro accorta combinazione consente di confezionare un portafoglio, cioè un insieme di attività, rispondente agli impegni del titolare dei fondi, alle sue preferenze in materia di rischio, ai suoi obiettivi di investimento quali: L’intenzione di cautelarsi dall’eventualità di dover sostenere spese impreviste; L’esigenza di perequare le possibilità di spesa nel corso della propria vita; Il desiderio di accumulare denaro per abbattere una richiesta di mutuo prima di procedere all’acquisto di un’immobile; La volontà di realizzare, in futuro, spese di importo elevato. Per confezionare un portafoglio, è necessario: Definire i pesi da assegnare alle diverse categorie di attività (o asset class) e alle valute disponibili (asset allocation). I tipi di asset più comuni sono: liquidità e strumenti assimilati (depositi in conto corrente e a risparmio, titoli di Stato a breve termine), obbligazioni, azioni, immobili, valute, risorse naturali, metalli preziosi. Individuare gli strumenti finanziari, i crediti o i beni immobili che devono comporre le asset class (cherry picking); Scegliere il momento più opportuno per procedere all’investimento delle disponibilità (market timing); Provvedere all’acquisto degli asset, o se utile, alla loro vendita (esecuzione); Monitorare periodicamente l’evoluzione dei mercati e il profilo del titolare dei fondi , al fine di ricomporre opportunamente il patrimonio in gestione. Gli intermediari finanziari sono particolarmente attivi nella gestione dei patrimoni. Per gestione individuale si intende la gestione di disponibilità finanziarie di un singolo investitore. La gestione collettiva, invece, consiste nella gestione di un patrimonio formato con il contributo di più clienti. Il TUF definisce fondo comune di investimento il patrimonio autonomo di pertinenza di una pluralità di partecipanti, raccolto mediante una o più emissioni di quote di partecipazione e gestito in monte. 41 8) I SERVIZI DI CONSULENZA IN MATERIA DI INVESTIMENTI Il TUF definisce consulenza in materia di investimenti il fornire a un cliente raccomandazioni personalizzate (cioè adatta all’investitore o basata sulla considerazione delle sue caratteristiche) su di uno specifico strumento finanziario. Un aspetto importante della consulenza è il rapporto che lega l’intermediario alla società che emette i titoli oggetto delle sue raccomandazioni. Può accadere, infatti, che il consulente sia emittente di strumenti finanziari, o che lo siano altre società con le quali intrattiene stretti rapporti; in una simile circostanza si delineano ipotesi di conflitto di interessi delle quali il consulente è tenuto a informare il cliente. LA GESTIONE COLLETTIVA A differenza dei servizi di investimento, la gestione collettiva può avere a oggetto non solo strumenti finanziari, ma anche crediti o altri beni mobili o immobili. Il catalogo tassativo per i servizi di gestione collettiva è il seguente: Istituzione e organizzazione di fondi comuni di investimento e amministrazione dei rapporti con i partecipanti; Gestione del patrimonio di fondi comuni, SICAV (Società di Investimento a CApitale Variabile) e SICAF (Società di Investimento a CApitale Fisso), di propria o altrui istituzione; Commercializzazione di quote o azioni di OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio, ovvero fondi comuni di investimento, SICAV e SICAF) proprie o di terzi. CAP. 8 – L’INTERMEDIAZIONE ASSICURATIVA L’attività assicurativa consiste nella gestione dei rischi puri e, in particolare, nella trasformazione di rischi individuali in frazioni di rischio collettivo (cosiddetto risk pooling). L’assicurazione, come definita dall’articolo 1882 del Codice Civile, è il contratto col quale l’assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno a esso prodotto da un sinistro, oppure a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana. Dalla definizione codicistica si ricava la fondamentale distinzione tra contratti assicurativi del ramo danni, a copertura dei rischi puri (danni a cose, soggetti e patrimoni) e contratti assicurativi del ramo vita, a copertura dei cosiddetti rischi demografici (decesso o sopravvivenza a una certa data). L’esercizio dell’attività assicurativa è una prerogativa esclusiva delle compagnie di assicurazione: solo questi soggetti, tra gli intermediari finanziari, sono in possesso delle caratteristiche necessarie per poter assumere sul proprio bilancio le conseguenze della manifestazione dei rischi puri e demografici. Le imprese assicurative sono caratterizzate da inversione del ciclo produttivo, per cui i ricavi, costituiti dai premi, vengono incassati prima del sostenimento dei costi, rappresentati dagli indennizzi pagati agli assicurati. La riscossione anticipata dei premi fa sì che le imprese di assicurazione dispongano di un’ingente massa di risorse finanziarie che possono essere investite sul mercato per intervalli di tempo coerenti con gli impegni assunti nei confronti 42 degli assicurati. Pertanto le assicurazioni, in qualità di intermediari finanziari, non solo svolgono una funzione di gestione e copertura dei rischi, ma anche di allocazione delle risorse, ovvero del finanziamento delle unità in deficit. I PRODOTTI ASSICURATIVI L’ASSICURAZIONE VITA L’assicurazione vita risponde all’esigenza di coprire le conseguenze economiche derivanti da eventi legati alla vita umana, ovvero i rischi demografici. In particolare è possibile distinguere: Il rischio di premorienza, rispetto al quale l’assicurato intende garantire l’equivalente del suo reddito futuro non realizzato, per proteggere il tenore di vita dei familiari; Il rischio di sopravvivenza, rispetto al quale l’assicurato intende garantire il suo stesso sostentamento, per il periodo vissuto dopo il termine dell’attività lavorativa. L’ASSICURAZIONE DANNI La principale funzione dell’assicurazione danni è quella di trasformare i rischi puri in un costo certo, rappresentato dal premio corrisposto alla compagnia. CAPITOLO 10 FINANZIARIO – IL CONTROLLO SUL SISTEMA Gli scambi finanziari, e i relativi contratti, sono caratterizzati da un forte grado di aleatorietà, in quanto prevedono un trasferimento di ricchezza immediato a fronte di una prestazione futura incerta. Ne deriva una situazione di strutturale asimmetria informativa a danno del datore di risorse, spesso aggravata dalla sua incapacità di utilizzare al meglio le informazioni, comunque incomplete, in suo possesso. La regolamentazione può allora intervenire per aumentare l’informazione disponibile e disciplinare il comportamento degli intermediari finanziari per facilitare l’incontro tra datori e prenditori di risorse. Si pone, inoltre, l’esigenza di assicurare particolari tutele ai piccoli investitori, riconosciuti come contraenti deboli, per proteggere il loro risparmio ed evitare che un crollo di fiducia possa compromettere il corretto funzionamento del sistema finanziario e la realizzazione del trasferimento di risorse da soggetti in surplus a soggetti in deficit, fondamentale per il finanziamento degli investimenti e la crescita economica. Assume particolare importanza l’insieme dei controlli attuati sulle banche, unici intermediari finanziari le cui passività sono universalmente accettate come mezzo di pagamento. Poiché i depositi bancari rappresentano una quota molto rilevante dell’offerta complessiva di moneta, centrale è il ruolo delle banche nella trasmissione degli impulsi di politica monetaria e nel sistema dei pagamenti. L’eventuale crisi di un intermediario, e in particolare di una banca, potrebbe facilmente produrre conseguenze negative (cosiddette “esternalità”) che, attraverso un effetto domino, investono l’intero sistema finanziario. Tale effetto a catena è aggravato dall’esistenza di fitti rapporti interbancari che rendono possibile il contagio di altre istituzioni creditizie. Il fallimento di una banca è diverso da quello di una qualsiasi altra impresa. Innanzitutto perché tra i principali creditori di una banca vi sono i suoi stessi clienti/depositanti, mentre 43 nelle imprese non finanziarie il capitale di debito è detenuto per lo più da investitori professionali. Anche le public company sono finanziate principalmente da piccoli risparmiatori, ma il debito di queste non è accettato come mezzo di pagamento, a differenza di quello delle banche. L’eventuale stato di insolvenza delle imprese non finanziarie non rischia di compromettere il buon funzionamento dell’intero del sistema dei pagamenti, al contrario di quello che avviene con la moneta bancaria (depositi in conto corrente), la cui circolazione si basa su un meccanismo fiduciario, cioè sulla convinzione che le banche siano sempre in grado di onorare le proprie obbligazioni. La crisi di una banca, quindi, genera problemi ben al di là della tutela del singolo investitore: non solo lo stato di insolvenza può danneggiare le controparti dei rapporti interbancari, ma il crollo di fiducia che ne deriva può coinvolgere tutto il sistema finanziario, provocando veri e propri fenomeni di panico e di corsa agli sportelli. GLI OBIETTIVI DELLA REGOLAMENTAZIONE E DELLA VIGILANZA L’impianto dei controlli pubblici sul sistema finanziario può essere suddiviso nella gestione della politica monetaria e nell’esercizio dei poteri di regolamentazione e vigilanza. La politica monetaria si esplica nel controllo della quantità di moneta e del livello dei tassi di interesse per raggiungere gli obiettivi della politica economica, in particolare la stabilità dei prezzi. La regolamentazione e la vigilanza riguardano da un lato la fissazione delle regole che governano il funzionamento dell’industria dei servizi finanziari per il raggiungimento degli obiettivi, dall’altro l’organizzazione e le modalità di svolgimento dei controlli al fine di verificarne rispetto, efficacia ed efficienza. Sebbene i due termini siano spesso utilizzati come sinonimi, il loro significato è diverso: per regolamentazione si intende l’insieme delle norme che disciplinano l’attività e il funzionamento dei mercati, per vigilanza si intende l’attività di controllo svolta da Autorità dedicate per accertare l’effettiva applicazione delle suddette norme. Gli obiettivi della regolamentazione e della vigilanza sul sistema finanziario sono: Stabilità, che può essere intesa in un’accezione sia micro- sia macroeconomica, con riferimento: o Ai singoli intermediari, cercando di garantire il raggiungimento di uno stabile equilibrio di gestione da parte di questi, con particolare attenzione al costante mantenimento di condizioni di liquidità e solvibilità, nonché al rispetto di limiti all’assunzione di rischi (“sana e prudente gestione); la micro-stabilità è rilevante non solo a tutela di quanti intrattengono rapporti con i singoli intermediari, ma anche per evitare situazioni di crisi che potrebbero produrre un effetto a catena contagiando l’intero sistema; o Al sistema finanziario nel suo complesso, predisponendo meccanismi di prevenzione delle situazioni patologiche, con particolare attenzione a rischi diffusi e tra loro correlati in grado di generare crisi sistemiche. Efficienza, distinguibile in: o Efficienza allocativa, intesa come capacità di destinare le risorse finanziarie ai progetti d’investimento più meritevoli dal punto di vista della combinazione rischio-rendimento; o Efficienza tecnico-operativa, intesa come abilità gestionale nel combinare i fattori produttivi per minimizzare il costo dell’output o, in modo equivalente, per massimizzare l’output a parità di costo. 44 Il perseguimento dell’obiettivo dell’efficienza appare strettamente influenzato dal grado di concorrenza nel settore. Una maggiore competizione tra gli operatori costituisce un forte incentivo alla ricerca di migliori performance, attraverso un’attenta selezione delle attività in cui investire e un costante impegno al contenimento dei costi operativi. Al tempo stesso, però, un ambiente fortemente competitivo può portare alla crisi di alcuni intermediari, compromettendo la stabilità del sistema. Gli obiettivi di stabilità ed efficienza possono quindi essere considerati incompatibili, almeno nel breve periodo. Per esempio, l’esistenza di controlli all’entrata, l’imposizione di vincoli di specializzazione funzionale e temporale o la limitazione all’apertura di nuovi sportelli possono portare alla riduzione delle pressioni competitive, scoraggiando l’ingresso di nuovi entranti e consentendo la sopravvivenza anche di intermediari con un basso livello di performance. L’assenza di libera concorrenza può contribuire a rendere il settore stabile, ma con ricadute fortemente negative sull’efficienza degli operatori e, quindi, sulla corretta destinazione delle risorse finanziarie e sull’onerosità dei servizi offerti alla clientela. In un’ottica di lungo periodo, il trade-off tra stabilità ed efficienza appare meno netto, tanto che i due obiettivi possono essere considerati persino complementari. L’efficienza, infatti, funge da fattore di successo perché consente all’intermediario di competere anche in presenza di significativi mutamenti dello scenario di riferimento, evitando situazioni di crisi che potrebbero compromettere la stabilità micro- e macroeconomica. I MODELLI DI VIGILANZA La regolamentazione e l’esercizio della vigilanza hanno un assetto mutevole nel tempo e nello spazio (tra i diversi Paesi) in relazione al mutevole contesto economico, istituzionale e politico. L’approccio di regolamentazione e vigilanza può essere: Fondato sulle regole (rule-based); in questo caso l’Autorità fissa in modo estremamente dettagliato le regole che l’intermediario è chiamato a rispettare; Basato sui principi (principle-based); una regolamentazione basata su principi di carattere generale implica l’esercizio parzialmente discrezionale dell’attività di vigilanza, che può consentire la valutazione, caso per caso, delle specifiche modalità di esercizio dell’autonomia imprenditoriale degli intermediari, anche se ciò influisce in misura significativa sull’attività di supervisione e controllo. I soggetti vigilati, dal canto loro, sono posti di fronte a un obbligo, cioè il rispetto del principio, nei confronti del quale essi non sono ex ante certi di valutare con precisione il grado di compliance (conformità a una legge) del loro effettivo comportamento. L’ASSETTO ISTITUZIONALE DELLE AUTORITÀ DI CONTROLLO In tutti i moderni ordinamenti, l’esercizio della funzione di vigilanza è affidato a specifiche Autorità amministrative e autonome, la cui istituzione e definizione dei poteri sono stabilite dalla normativa primaria (legittimazione); la loro autorevolezza è rafforzata dall’indipendenza nei confronti del potere politico, dalla quale deriva la piena responsabilità per il proprio operato. Al fine di svolgere al meglio il proprio compito, le Autorità di Vigilanza devono essere dotate di risorse sufficienti e adeguate, soprattutto in termini di competenza, per poter individuare 45 le soluzioni tecniche più idonee e ridurre al minimo il rischio di interventi distortivi. Alle Autorità di Vigilanza spetta generalmente anche il potere di emanare norme di livello secondario nelle materie di propria responsabilità: ciò rende, spesso, difficile una precisa distinzione tra attività di regolamentazione e di vigilanza sugli intermediari. Una delle principali criticità relative all’esercizio della funzione di vigilanza risiede nella necessità di adottare opportuni criteri per la ripartizione dei poteri e dei compiti tra le diverse Autorità. L’approccio più tradizionale è quella della vigilanza istituzionale: distinte Autorità si occupano rispettivamente di intermediari bancari, mobiliari e assicurativi. Un simile assetto presenta l’indubbio vantaggio di definire chiaramente la suddivisione dei compiti e di facilitare l’esercizio dei controlli, favorendo una visione unitaria del soggetto vigilato, dal momento del suo ingresso sul mercato, attraverso un monitoraggio continuo dell’attività svolta, fino all’eventuale uscita, sia per situazioni di crisi che di realizzazione di operazioni di fusione e acquisizione. Il modello si rivela inadeguato di fronte alla tendenza all’integrazione e alla diversificazione, comune a tutti i sistemi finanziari evoluti. In tale contesto, una vigilanza di tipo istituzionale può determinare l’applicazione di norme non uniformi con riferimento alla stessa attività, solo perché svolta da soggetti diversi. Questo può produrre distorsioni nella concorrenza e creare incentivi all’arbitraggio regolamentare, cioè alla scelta della forma giuridico-organizzativa a cui siano collegati i controlli meno stringenti. L’esigenza di garantire parità concorrenziale può suggerire di organizzare la vigilanza per attività, affinché queste siano disciplinate in modo uniforme indipendentemente dalla natura istituzionale del soggetto che le esercita. Questo approccio consente una notevole specializzazione delle Autorità ma può condurre a un’eccessiva frammentazione dei controlli, impedendo una visione unitaria della posizione complessiva del soggetto e rendendo difficile l’identificazione di possibili situazioni di crisi. Nella vigilanza per finalità, a ogni Autorità è affidato il perseguimento di uno specifico obiettivo: la stabilità, la trasparenza e la correttezza dei comportamenti, la tutela della concorrenza. Tali obiettivi vengono presidiati in modo trasversale rispetto alle diverse categorie di intermediari, garantendo parità concorrenziale anche in mercati caratterizzati dalla presenza di soggetti diversificati. Il principale problema di questo approccio è costituito dal pericolo che l’assegnazione delle competenze alle singole Autorità non sia univoca e onnicomprensiva. Diversi son gli ambiti nei quali opera la vigilanza: Vigilanza macro-prudenziale: si individuano i fattori di rischio e di vulnerabilità che potrebbero costituire una minaccia per la stabilità del sistema finanziario, allo scopo di prevenirne, o limitarne, gli effetti sull’economia reale; Vigilanza micro-prudenziale: si presta maggiore attenzione ai singoli intermediari, al fine di ottenere una sana e prudente gestione dei singoli intermediari: la crisi di un intermediario con rilevanza sistemica o con un ruolo cruciale nei sistemi di pagamento e di regolamento può dare origine a fenomeni di contagio; shock aggregati di natura reale e/o finanziaria possono ripercuotersi sull’interno sistema e avere effetti sulla stabilità dei singoli intermediari; 46 Vigilanza strutturale: i controlli sono finalizzati a incidere direttamente sulla struttura del settore in termini di numero degli operatori, concentrazione delle quote di mercato, condizioni di entrata e uscita, attività esercitabili e grado di differenziazione dei prodotti e servizi offerti. Tali operazioni sono necessarie al fine di rimuovere o imporre barriere, all’ingresso e/o in uscita, intervenendo sui prezzi e sui prodotti finanziari scambiati; Vigilanza prudenziale: i controlli di tale natura sono rivolti a verificare il rispetto di corretti principi di gestione con l’obiettivo di limitare i rischi assunti dagli intermediari, garantendo il mantenimento di condizioni di solvibilità e liquidità; Vigilanza informativa: ovvero l’attività conoscitiva posta in essere dalle Autorità nei confronti dei soggetti vigilati. I flussi di comunicazione, riguardanti la condizione economica, patrimoniale e finanziaria, l’assetto proprietario, la struttura organizzativa ecc., possono avere carattere regolare o essere richiesti in via episodica per consentire all’Autorità di approfondire alcuni aspetti con riferimento a un particolare intermediario o gruppo; Vigilanza ispettiva: consiste nelle verifiche condotte direttamente presso l’intermediario per valutarne anche gli aspetti qualitativi, difficili da cogliere mediante una comunicazione di tipo documentale. Vigilanza protettiva: svolta per prevenire le situazioni di crisi degli intermediari finanziari (interventi ex ante) e per limitarne le conseguenze (interventi ex post). L’EVOLUZIONE DEGLI STRUMENTI DI VIGILANZA Gli strumenti di vigilanza utilizzati hanno conosciuto una profonda evoluzione, soprattutto nel corso degli ultimi vent’anni. Si è passati dalla prevalenza dei controlli strutturali a tutela della stabilità alla prevalenza dei controlli prudenziali al fine di assicurare la concorrenza, l’efficienza e la trasparenza del sistema. LE AUTORITÀ DI VIGILANZA Le autorità vigilanti presenti in Italia sono la Banca d’Italia e la CONSOB ma, trovandosi il nostro Paese in un contesto innanzitutto europeo, volto alla sempre maggiore internazionalizzazione, il sistema finanziario è sottoposto a regole armonizzate sia di caratura continentali che extra continentali. Il risultato è che, in Italia, agisce tutta una serie di Autorità di Vigilanza. Nell’ambito della vigilanza micro-prudenziale, sono tre le Autorità di supervisione (agenzie indipendenti, dotate di personalità giuridica): EBA (European Banking Authority) per il settore bancario; ESMA (European Securities and Markets Authority) per i servizi e i mercati mobiliari e per le agenzie di rating; EIOPA (European Insurance and Occupational Pension Authority) per le assicurazioni e le pensioni aziendali e professionali. È in gran parte conclusa la realizzazione dell’Unione Bancaria; tale progetto ha come obiettivo il trasferimento nel campo della vigilanza sulle banche dalle autorità nazionali ad autorità europee. L’Unione Bancaria si articola in tre pilastri: Single Supervisory Mechanism (SSM), ovvero un sistema centralizzato di supervisione sulle banche; 47 Single Resolution Mechanism (SRM), consistente in autorità e procedura unica di risoluzione delle crisi; Deposit Guarantee Scheme (DGS), cioè una procedura unitaria dei sistemi di garanzia dei depositi. Entro il 2019 si realizzerà il CMU (Mercato Unico dei Capitali – Capital Market Union), con l’obiettivo prioritario di riequilibrare il sistema finanziario nell’Unione Europea attraverso il potenziamento delle fonti di finanziamento delle PMI alternative al tradizionale canale bancario. IL MECCANISMO DI VIGILANZA UNICO Con l’istituzione del Meccanismo di Vigilanza Unico è stata attuata la decisione politica di accentrare l’esercizio dell’attività di controllo conferendo alla BCE anche i poteri di vigilanza micro-prudenziale su tutte le banche aventi sede negli Stati membri dell’area euro, seppure questo sia in contrasto con considerazioni di natura teorica che sottolineano la palese esistenza di un rischio di conflitti di interesse nello svolgimento dei due compiti. Il sistema si compone della BCE e delle Autorità nazionali di Vigilanza ma, per non creare asimmetrie con un potenziale impatto negativo sul funzionamento dell’intero mercato unico, la BCE può instaurare una stretta cooperazione con gli Stati membri che, pur non avendo adottato la moneta unica, intendano partecipare. In questo meccanismo rientra anche il backstop pubblico di ultima istanza, che si innesta quando si presenta uno Stato di crisi e si rende necessario immettere liquidità nel sistema attingendo dal Fondo Salva Stati. IL MECCANISMO DI RISOLUZIONE UNICO Il sistema di risoluzione è complementare al sistema di vigilanza, perseguendo il medesimo obiettivo di preservare la stabilità finanziaria, e definisce le procedure e gli strumenti di gestione centralizzata delle risoluzioni, superando così i problemi determinati dalla frammentazione delle procedure su base nazionale. Il sistema è formato dalle Autorità nazionali di risoluzione e dal Comitato di risoluzione unico, al quale sono affidate le decisioni sulla gestione del procedimento di risoluzione e sull’eventuale uso delle risorse derivanti da un fondo a esso collegato. Questi due organi ricorrono a misure preparatorie e interventi precoci, sino a culminare nella risoluzione (che può consistere o nella vendita o nella chiusura dell’attività dell’intermediario). LO SCHEMA UNICO DI GARANZIA DEI DEPOSITI Il terzo pilastro dell’Unione Bancaria è costituito dal Single Deposit Guarantee Scheme, e si trova ancora in una fase di sviluppo. Il fine è quello di creare un sistema unico che garantisca i depositi di correntisti in caso di fallimento della banca. Per questo meccanismo non esiste un unico strumento o un unico soggetto che vigila, in quanto ciascun sistema ha il suo metodo di valutazione dei rischi, la propria capacità di reperire fondi e il fatto che operino in contesti finanziari molto diversi tra loro. GLOSSARIO Advisor: consulente altamente specializzato che offre i suoi servizi nelle operazioni di finanza straordinaria; nelle operazioni sul mercato dei capitali studia la soluzione più appropriata per garantire all’impresa le risorse finanziarie necessarie (aumento di capitale, 48 emissione di obbligazioni, vendita di asset non strategici ecc.); nel debutto in borsa assiste la società nella fase di scelta dei soggetti che intervengono nell’operazione e ne gestisce il lavoro durante il processo che porta al collocamento dei titoli. Cartolarizzare: tramutare una attività finanziaria indivisa – per esempio, un credito – in una attività divisa e vendibile, cioè a dire in titoli ("carta"). Flottante: numero di azioni circolanti, emesse da una società, non rappresentative della parte di capitale che costituisce partecipazione di controllo, disponibili per la negoziazione in Borsa. Perequare: Ripartire equamente, distribuire con maggiore equità, in modo da eliminare disparità. Selling group: si occupa di garantire la distribuzione e la vendita al dettaglio dei titoli, senza impegni di acquisto. Smobilizzare: convertire in breve tempo in denaro liquido il capitale immobilizzato o investito in titoli, in scorte, in impianti, ecc. Standing: posizione finanziaria di un’impresa; reputazione di un soggetto o di un’azienda per quanto riguarda la solvibilità finanziaria. 49