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Produzione e logistica
Gestione aziendale e dei sistemi logistici (6 crediti) (Università degli Studi di Bergamo)
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PRODUZIONE & LOGISTICA
Attraverso la funzione produttiva e logistica, l’azienda industriale pone in essere un insieme d’attività che le consentono
di trasformare materiali, acquistati da altre aziende, in prodotti, in grado di soddisfare le aspettative del proprio mercato.
Queste attività comportano l’impiego di risorse, tecniche, umane e informative che la funzione produzione organizza e
coordina per garantire che quanto richiesto dal mercato possa essere prodotto e consegnato nei quantitativi, nei tempi e
nei luoghi desiderati.
Aspetti essenziali della funzione P&L sono:
 la produzione ha la responsabilità della realizzazione del prodotto utilizzando le risorse stabilmente collegate
all’azienda ed approvvigionando materiali e servizi da terzi;
 la funzione produzione deve pertanto assicurare la predisposizione della necessaria capacità produttiva, sulla
base delle previsioni di sviluppo commerciale e nel quadro delle scelte di pianificazione strategica;
 attraverso i processi produttivi, i materiali vengono progressivamente trasformati in semilavorati e poi in
prodotti finiti, transitando fra diverse locazioni. La logistica aziendale dovrà gestire questo flusso in maniera
tale che sia assicurato un buon livello di servizio al cliente, con bassi livelli di giacenza nei magazzini e nel
corso della lavorazione, a bassi costi di trasporto.
 quindi le funzioni P&L dovranno occuparsi di: studiare i cicli ed i metodi di produzione, scegliere tra produrre
internamente o far produrre all’esterno, pianificare produzione – programmazione - manutenzione di reparti ed
impianti, gestire la qualità dei processi e dei prodotti, analizzare i costi di produzione, individuando soluzioni
produttive di maggior efficienza.
Sviluppi storici della funzione produzione
La produzione ha avuto sviluppi diversi nei vari avvicendamenti storici.
I.
era caratterizzata da:
 una forte domanda di mezzi di locomozione, elettrodomestici, abbigliamento preconfezionato, vale a dire
richiesta di prodotti poco differenziati;
 i livelli medi di reddito dei consumatori erano bassi;
 manodopera e prodotti petroliferi erano a basso costo.
 cicli produttivi di tipo tayloristico, che portavano a realizzare grandi volumi di prodotti, con compressione dei
costi unitari di produzione. L’impiego di maestranze, anche poco qualificate e con limitata necessità
d’addestramento, fu il motivo fondamentale del successo ottenuto da H.Ford nello sviluppo dell’omonima
azienda automobilistica.
Questo modello di sistema produttivo caratterizzò i sistemi aziendali fino ai primi anni ’70. in questo periodo quasi tutte
le aziende industriali di successo avevano in allestimento ulteriori incrementi di capacità produttiva e nelle direzioni di
produzione prevaleva una cultura orientata ad un impiego rigidamente standardizzato e possibilmente ottimizzato delle
risorse. L’attenzione era altresì rivolta alla massima utilizzazione della capacità produttiva e quindi, quando la domanda
era temporaneamente in calo, appariva logico produrre al massimo livello consentito dalla risorse, collocando le
eccedenze in magazzino.
I criteri guida di chi gestiva la funzione produzione erano basati su:
 programmi rigidi,
 lento rinnovo della gamma dei prodotti,
 uso di scorte per fronteggiare gli errori, le anormalità e la variabilità di domanda,
 lotti di produzione grandi abbastanza da ripartire i costi d’attrezzamento.
II.
La situazione è profondamente mutata nel corso degli anni ’70 e ’80.
 La diminuzione del tasso di crescita della domanda;
 la crescita dei livelli medi di reddito;
 la nascita d’esigenze di consumo assai differenziate;
 l’incremento del costo del lavoro;
 il forte sviluppo delle tecnologie utilizzabili per innovare e migliorare prodotti e cicli produttivi;
portarono i prodotti tradizionali ad essere inadeguati a stimolare la domanda, mentre i competitori più aggressivi
incrementavano le quote di mercato offrendo nuovi prodotti di ottima qualità.
L’obbligo di assicurare alti livelli di qualità e di affidabilità dei prodotti, di garantirne una tempestiva consegna al cliente,
fa assumere alla funzione P&L un ruolo nevralgico.
Essa dovrà, infatti:
a. agire per ingegnerizzare e mettere in produzione in tempi brevi i nuovi prodotti, accorciandone il tempo di
immissione nel mercato (time to market);
b. fornire un buon livello di servizio logistico (mettere rapidamente in produzione e consegnare quanto richiesto);
Una prima fase delle economie industriali
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c.
d.
e.
f.
adeguare velocemente i programmi produttivi in base alle variazioni temporanee o stagionali di volume;
essere flessibili rispetto alle variazioni di mix (adeguare la produzione alle richieste le mercato);
produrre con eccellente qualità (assicurando la qualità dei processi produttivi effettuando interventi di
prevenzione anziché scartare o riparare i prodotti difettosi);
mantenere bassi i costi unitari di produzione, riducendo, per esempio, le scorte di materiali, eliminando ogni
forma di spreco di spazio, tempo e materiali, contenendo i costi di trasporto e movimentazione, impiegando
efficientemente le risorse materiali ed umane, riducendo i fermi macchina, gli interventi riparativi ed i costi di
manutenzione, ecc…….
I Processi dell’Area Funzionale P&L
Per processo intendiamo un insieme di attività interconnesse destinate all’ottenimento di un determinato “obiettivo
comune” o output del processo.
Di solito un processo assume proprio il nome di output, e viene delimitata rispetto agli altri processi in base
all’omogeneità tecnologica e organizzativa delle attività che lo compongono.
I principali processi dell’area funzionale P&L sono:
1. i processi di progettazione e ingenerizzazione;
2. il processo di gestione della distinta di base e delle modifiche del prodotto;
3. il processo degli acquisti;
4. il processo di gestione logistica;
5. i processi di gestione di materiali;
6. il processo di programmazione e controllo della produzione;
7. il processo di assicurazione e controllo della qualità;
8. il processo di manutenzione;
9. i processi di produzione in senso stretto, comprensivi dei processi di trasformazione, movimentazione, controllo e
giacenza.
Tenuto conto che l’organizzazione del sistema produttivo e le attività dei processi (produrre in proprio con progetti
propri, con materiali altrui, su commesse con materiali propri..) incidono fortemente sul tipo e sulle caratteristiche del
sistema produttivo e sui suoi processi.
1. IL SISTEMA DI PRODUZIONE
1.1 Progettare il prodotto:
il più importante input al processo di progettazione è dato dal marketing che interpreta le esigenze e le opportunità del
mercato, individuando le caratteristiche che il nuovo prodotto deve avere per essere competitivo.
Attraverso la progettazione del prodotto se ne determinano le specifiche, s’individuano le soluzioni costruttive e
tecnologiche, se ne verifica l’accettabilità economica.
In questo processo vengono assunte le decisioni relative a quale parte del prodotto creare internamente o all’esterno
(make or buy).
Spetta ai progettisti la realizzazione di elaborati tecnici di fondamentale importanza per le successive fasi: si tratta di
elaborati che specificano come debba essere fatto il prodotto.
Ogni nuovo prodotto richiede l’effettuazione di calcoli, simulazioni prove e verifiche che accertino le prestazioni
funzionali effettive. A questo fine per i prodotti più complessi si costruiscono i prototipi, realizzati in conformità al
progetto, con modalità però da “laboratorio” e non di “produzione”.
Per assicurare che il prodotto corrisponda alle aspettative dei clienti in termini di qualità e di affidabilità vengono definite
le specifiche cui il prodotto stesso dovrà corrispondere e le prove intermedie per valutare tale conformità.
Le scelte di progettazione sono molto importanti per consentire la realizzazione di un prodotto diversificato in modo da
non pregiudicare l’efficienza di impiego delle risorse produttive.
Se la diversificazione del prodotto comportasse un numero eccessivo di componenti e di gruppi funzionali, anche i
processi produttivi sarebbero molto diversificati. Al contrario la progettazione dovrà fare riferimento all’utilizzo di
“componenti standard”, cui aggiungere successivamente “optional” che soddisferanno le diversificate esigenze del
consumatore.
1.2 Progettare il sistema produttivo:
A mano a mano che il nuovo prodotto viene definito e specificato nei documenti di progetto si procede altresì a
determinare le tecnologie e i metodi di produzione, a definire gli impianti le macchine da utilizzare, a progettare i cicli di
fabbricazione e le relative attrezzature.
Progettare il sistema produttivo significa ingegnerizzarlo, per predisporre il sistema di produzione per la fabbricazione
dei nuovi prodotti con le migliori caratteristiche di economicità e qualità.
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Per giungere a ciò, importanti sono le scelte relative alla disposizione fisica di reparti ed impianti in rapporto alle
sequenze di operazioni richieste dal processo produttivo (layout degli impianti).
I principali modelli di layout sono:
 per processo, dove gli impianti sono raggruppati per tecnologie omogenee: stampaggio, montaggio, per es.
trova applicazione per effettuare lavorazioni molto diversificate in piccoli o medi lotti. Si usano macchine molto
versatili a passare da un ciclo di lavoro all’altro con pochi oneri di riattrezzamento e messa a punto. Per contro, con
questo tipo di layout, risultano elevati i livelli di immobilizzo dei semilavorati e molto intensi i trasporti interni,
aumentando così i tempi di attraversamento.
 per prodotto, dove impianti e postazioni di lavoro sono posti secondo la sequenza di operazioni previste dal ciclo
di fabbricazione.
Tale layout è utile per effettuare lavorazioni in grandi volumi a flusso continuo o in serie. Potranno anche essere
differenziati, purché non comportino elevate messe a punto. I tempi di attraversamento sono minimi e gli
immobilizzi in semilavorati assai bassi. E’ necessario però far sì che ogni postazione abbia assegnato un insieme di
operazioni elementari di uguale durata (tempo ciclo), per evitare “dissaturazioni” dell’impiego di risorse. Nel caso in
cui i tempi effettivi di lavoro siano soggetti a variabilità rispetto ad un valor medio, la presenza di magazzini
interoperazionali consentirà di mantenere la linea “bilanciata”.
Non di rado si usano le preserie per accertare che i nuovi prodotti possano essere realizzati dagli impianti con la qualità e
i costi previsti.
1.3 Progettare prodotto e sistema produttivo:
Poiché la rapidità con cui un nuovo prodotto può esser immesso sul mercato (time to market), è un importante fattore di
vantaggio competitivo, occorre che i processi di progettazione e ingegnerizzazione dei prodotti si svolgano in tempo
brevi e che l’avvio dei processi produttivi avvenga senza ritardi.
In passato il time to market era più lungo, poiché ciascuna funzione era focalizzata sugli aspetti di specifica competenza:
in altri termini un lavoro in rigida sequenza che non solo comportava tempi più lunghi ma anche elevati rischi di dover
reiterare intere fasi al verificarsi di problemi percepiti tardivamente.
Per superare tutto ciò è necessario che ci sia, come già più volte sottolineato, un coordinamento fra le diverse unità
organizzative, per un processo integrato: in tal modo attività che in passato erano effettuate in rigida sequenza, possono
essere anticipate, accelerate e svolte in parallelo. Parliamo di “concurrent engineering o simultaneus engineering”.
L’efficacia di questo modello organizzativo è ulteriormente accresciuta dall’impiego di tecnologie quali CAD, CAM,
CAE.
1.4 Studio dei metodi ed analisi del lavoro:
Un particolare aspetto dell’ingegnerizzazione dei processi produttivi è rappresentato dallo studio del lavoro. Attraverso
questa metodologia, ogni fase del processo produttivo viene sottoposta ad un’analisi rigorosa allo scopo di trovare il
modo più conveniente per eseguire le operazioni effettivamente necessarie eliminando ogni possibile spreco. Si
determinano i mezzi strumentali da impiegare, i procedimenti operativi, si analizzano le condizioni di lavoro,
individuandone metodi ottimali.
Per rendere il lavoro meno faticoso e più sicuro, si studierà come facilitare l’interazione uomo-macchina nelle attività di
guida e controllo. Infine si valuterà come integrare i compiti esecutivi con attività di controllo qualitativo, con attività di
piccola manutenzione, sollecitando anche la partecipazione degli operai alla ricerca di miglioramenti da apportare ai
processi produttivi  total productive maintenance.
1.5 Acquisto e gestione dei rapporti di fornitura:
è una fase molto importante, poiché dall’acquisto e dalla gestione degli approvvigionamenti dipenderanno:
 il contenimento dei costi di produzione,
 la qualità dei prodotti,
 il livello delle prestazioni logistiche del sistema produttivo.
Il processo di acquisto deve quindi essere orientato a stabilire un rapporto di proficua collaborazione con il fornitore.
Intendendo con proficua non si deve intendere solo “economica”, ma anche “responsabile”.
Metodologie come l’analisi del valore ed il codesign, per esempio, possono permettere di ottenere riduzioni di costo,
senza penalizzare le prestazioni del prodotto, consentendo pure al fornitore di realizzare un margine di profitto adeguato.
Il presupposto di quest’approccio è rappresentato certamente dal lavoro in team tra specialisti di varie funzioni
dell’azienda e specialisti con analoghe competenze del fornitore.
Le economie che il fornitore riesce realizzare possono anche derivare da un diverso modo di produrre, che pur
traducendosi in riduzioni dei costi d’acquisto per l’impresa, non sacrificano né le prestazioni funzionali della seconda né
i profitti del primo.
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2. IL SISTEMA LOGISTICO AZIENDALE
Un tempo la logistica era intesa come l’insieme delle attività di trasporto e di immagazzinamento che consentivano di
distribuire il prodotto alla rete di vendita. L’obiettivo era il prodotto giusto, nel posto giusto, al tempo giusto.
Era l a produzione a decidere cosa produrre, quanto e dove, in modo da ottimizzare l’impiego delle risorse e minimizzare
i costi totali di produzione e scorta, indipendentemente dagli ordini effettivi, cioè dalla richiesta del mercato. Queste
ultime svolgevano un ruolo essenziale di regolazione automatica dei flussi produttivi ed erano quindi funzionali alla
programmazione dei processi produttivi.
La logistica si occupava quindi di effettuare i trasporti in modo ottimale, ottimizzando i percorsi e minimizzando i ritmi a
vuoto.
La necessità di orientare al mercato tutte le politiche aziendali e in particolare anche quelle di produzione, ha reso
inadeguato questo modello di logistica e di programmazione della produzione.
Oggi compito della logistica è di mettere in sintonia la produzione con le vendite, in modo da assicurare la consegna dei
prodotti nei tempi e nei quantitativi richiesti (efficacia), mantenendo al più basso livello possibile i costi delle scorte, dei
trasporti, della gestione informativa dei flussi di produzione (efficienza).
Il problema di fondo è che le strategie competitive richiedono di offrire una gamma di prodotti diversificati e
frequentemente rinnovati. Succede cioè che, di mese in mese, cambi il mix di quanto occorre consegnare. Ciò avviene in
modo poco prevedibile, mentre per ottenere la massima efficienza di produzione occorrerebbero programmi stabiliti nel
tempo, per fabbricare grandi quantità di prodotti poco differenziati.
Il sistema logistico aziendale deve consentire di realizzare il coordinamento dinamico tra vendite e produzione, facendo
in modo di fornire un elevato “livello di servizio” al cliente a bassi costi logistici, realizzabile attraverso la gestione dei
flussi fisici di materiali in armonia con la domanda del mercato.
Questa gestione si realizza attraverso un sistema informativo logistico che, a partire dalla domanda del mercato,
provvede a determinare:
 i piani di produzione;
 i programmi di approvvigionamento;
 la programmazione di dettaglio delle linee e dei reparti produttivi;
 i programmi di movimentazione e trasporto dei materiali e dei semilavorati.
Il modello prospettato prevede che il tempo impiegato dal sistema produttivo per eseguire gli ordini sia pari od inferiore
al tempo che il mercato è disposto ad attendere tra il momento dell’emissione degli ordini e quello del ricevimento dei
prodotti. Semmai il ciclo di fabbricazione fosse più lungo, alcune attività iniziali dovranno essere basate su previsioni,
con il rischio che un’imprevista variazione di domanda provochi un disservizio logistico. Alternativamente, bisognerà
riorganizzare il ciclo di fabbricazione, in modo da renderlo più breve.
Un’ulteriore difficoltà può nascere dal fatto che la capacità produttiva aziendale, nel breve e medio termine, sia
essenzialmente rigida, a fronte di una domanda ricca di elevate oscillazioni. In tale situazione, se si disporrà di ordini con
sufficiente anticipo, si può utilizzare il magazzino prodotti finiti come polmone; se si disponesse di sole previsioni, sarà
allora necessario assegnare le lavorazioni a terzi, sfruttare il lavoro straordinario, variare turni lavorativi e ferie, ricorrere
temporaneamente alla cassa integrazione.
2.1 I piani di produzione
Il piano principale di produzione è lo strumento che definisce sul “medio termine” i programmi produttivi
dell’azienda.esso è normalmente espresso per famiglie di prodotti e viene riaggiornato periodicamente. I quantitativi di
produzione per i mesi più prossimi sono basati su ordini mentre quelli più lontani su previsioni. Questo piano può essere
utilizzato per effettuare il suddetto, il bilanciamento tra capacità produttiva e carico di lavoro e per impostare gli
approvvigionamento.
2.2 I programmi di approvvigionamento
La gestione dei materiali rappresenta un momento essenziale del processo logistico.
I principali modelli di gestione sono
a. a scorta:
Ogni codice di materiale viene tenuto a magazzino e se ne controlla il livello. Quando, a seguito di prelievi
effettuati dalla produzione, il limite scende al di sotto del cosiddetto “livello di riordino”, si provvede a
riordinarne una certa quantità, creando il “lotto di approvvigionamento”. Ovviamente il livello di riordino deve
essere fissato in modo tale da non inferiore rispetto al prelievo di magazzino previsto durante il tempo
intercorrente fra emissione dell’ordine e consegna del fornitore.
Per determinare il lotto di approvvigionamento (lotto economico di acquisto), si ricorre alla formula di Wilson
che, utilizzata sotto certe ipotesi, rende minimi i costi totali di approvvigionamento e di mantenimento a scorta:
Q=2aD/ic (tutto sotto radice quadrata)
dove:
Q: quantità del lotto economico;
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a: costo di un ordine, compreso trasporto e movimentazione;
D: consumo annuale del materiale;
i: tasso di costo annuo del capitale immobilizzato.
Analogamente si procederà per stabilire quanto e quando produrre internamente.
A questo punto, la programmazione della produzione si occuperà di stabilire le modalità di esecuzione degli
ordini. La dimensione ottimale dei lotti di produzione verrà stabilita minimizzando il costo degli attrezzamenti e
quello delle giacenze dei semilavorati realizzati in anticipo rispetto alla vendita. Con quest’approccio il
principio ispiratore della programmazione della produzione è l’ottimizzazione di impiego delle risorse, mentre
possono penalizzati i livelli di scorta, i tempi di attraversamento, e il livello di servizio logistico.
Nella realtà del mercato questo metodo è utilizzato per materiali di basso costo unitario o per materiali a
consumo uniforme, non assicurando buone prestazioni logistiche.
b. a fabbisogno (Material Requirement Planning):
parte dalla determinazione della domanda, per un certo periodo, di prodotti finiti (domanda indipendente). Si
scompone successivamente il prodotto nelle sue componenti, secondo quanto previsto dalla distinta di base,
stabilendo quante componenti servano per realizzare il prodotto finito entro una certa data (domanda
dipendente tempificata).
La distinta di base è un documento tecnico strutturato gerarchicamente ad albero: essa analizza il prodotto a più
livelli (il primo individua i moduli di cui il prodotto è composto, il secondo indica di quali gruppi è composto
ogni modulo, il terzo di quali parti è composto ogni gruppo). Per ogni elemento, la distinta può indicare il lead
time, ossia il tempo intercorrente dal momento dell’ordine di produzione, a quello di effettiva disponibilità per
la sua immissione nell’elemento superiore (in altre parole tanti elementi insieme, detti figli, si riuniscono per
dare origine ad un elemento superiore del prodotto, detto padre).
X: denominazione della parte (prodotto,
componente..);
n: quantità d’impiego espressa nella opportuna
unità di misura;
m: lead time (espresso in unità di tempo predefinita).
X
n
m
Dalla domanda indipendente tempificata è dunque possibile determinare la domanda dipendete di parti
componenti e materiali e quindi, in base ai lead time d’ogni elemento, è possibile stabilire quando dovranno
essere emessi gli ordini da approvvigionamento o di produzione.
Per evitare il formarsi di scorte indesiderate, ai “fabbisogni lordi” (ossia alla domanda di parti componenti )
vengono sottratte le eventuali scorte, in modo da avere “fabbisogni netti tempificati”. Il metodo in questione,
che si basa sull’utilizzo di programmi E.D.P, dovrebbe dunque creare una catena efficientissima per cui
all’emissione d’ordini di produzione dovrebbe far seguito l’immediata consegna di materiali, che dovrebbero
giungere in tempo con l’avvio delle lavorazioni interne, che a loro volta dovrebbero risultare terminate per
quando si dovrà procedere al montaggio. Il montaggio dovrebbe quindi avvenire in tempo per garantire la
consegna al Cliente.
L’MRP, molto complesso nella sua struttura, risulterà valido solo se la domanda indipendente sarà affidabile e
tempestiva, tanto quanto i fornitori, nei termini dei lead time concordati.
c.
PRODUZIONE JUST IN TIME
Si tratta di un modello di gestione logistica nato e sviluppatosi in Giappone, che negli anni 80 si è diffuso in
Europa ed America.
Il principio ispiratore di questo modello è di produrre solo quanto richiesto dal mercato, adeguando i programmi
di rifornimento e di produzione sulla base di ciò che il mercato ha assorbito. Il vantaggio è di assicurare un
ottimo livello di servizio, con scorte tendenti allo zero. È chiaro che l’applicazione pura di questo modello può
richiedere un grado di reattività non compatibile con i vincoli tecnici e organizzativi di un sistema produttivo.
Come nel MPR è la domanda finale che pilota a ritroso la domanda delle parti e dei materiali, ma l’MPR si basa
su un piano di produzione esteso orizzonte temporale la cui ampiezza è pari o superiore ai lead time delle fasi
più anticipate, mentre nel just in time ogni fase rifornisce o produce quanto richiesto dalla fase successiva.
Con questo metodo le anomalie e le varianze determinano l’andamento immediato (e automatico) dei
programmi.
Una particolare tecnica di programmazione di tale produzione è la Kanban.
Con le schede Kanban viene richiesto ai propri fornitori “a monte” ciò che è stato consumato per soddisfare la
domanda dello stato “a valle”. Ad ogni scheda corrisponderà l’invio di un’unità di carico (contenitori, cassoni,
…), mentre si dispone però ancora di una scorta che deve bastare fino all’arrivo del rifornimento richiesto.
Nel modello di produzione just in time si deve :
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I. produrre con la massima flessibilità  i lotti devono essere piccolissimi. Tuttavia occorre studiare nuove
soluzioni tecniche ed organizzative per rendere bassi i costi di attrezzaggio e ridurre al minimo gli arresti di
produzione, in accordo col principio di produrre solo ciò che è necessario, quando è necessario;
II. avere la multifunzionalità degli operatori e degli impianti;
III. evitare ogni tipo di spreco;
IV. tendere a far scomparire le scorte di ogni tipo, in modo da indurre a prevenire la difettosità dei prodotti;
V. effettuare le forniture in autocertificazione, cioè la qualità della fornitura è garantita dai fornitori sulla base
di accordi contrattuali (si richiede ai fornitori sempre più frequentemente la certificazione ISO 9000)
VI. far sì che gli operatori si sentano coinvolti nel processo, contribuendo con proposte individuali a prevenire
le criticità e a migliorare le prestazioni.
LA QUALITA’ TOTALE
Negli ultimi anni la sfida competitiva, in alcuni settori, è diventata più forte, a seguito della crescente globalizzazione. In
tali settori è stato necessario rivedere i modelli organizzativi della funzione produttiva per realizzare ulteriori
miglioramenti nelle prestazioni di economicità, di qualità e servizio logistico ai clienti.
Le chiavi di questo miglioramento sono state individuate nell’adozione di nuove tecnologie, in un contesto di
valorizzazione delle risorse umane e di qualità totale.
Per qualità totale si può intendere un modello organizzativo ove tutto il personale di un’azienda opera con elevato grado
di interazione ed integrazione, per corrispondere alle aspettative dei propri clienti, esterni o interni che siano. In tal
modo ciascuno dovrà alternativamente essere eccellente fornitore dei propri clienti ma anche cliente interno soddisfatto
di quanto ha ricevuto dai propri fornitori che si ispirano al medesimo modello.
La qualità totale ha trovato negli ultimi anni uno sviluppo attraverso un modello organizzativo di FABBRICA
INTEGRATA (detto anche PRODUZIONE SNELLA),che costituisce uno sviluppo ed un affinamento di quello della qualità
totale.
In questo modello si procede a:
1. ridurre i livelli gerarchici nelle catene di comando interne alla funzione;
2. cooptare l’operaio nel sistema decisione/gestione del processo;
3. organizzare il lavoro in team, responsabilizzandolo maggiormente;
4. selezionare risorse umane polifunzionali;
5. ridurre i tempi di attraversamento da materia prima a prodotto finito;
6. ridurre i livelli di giacenza di materiali;
7. coinvolgere i livelli operativi nei progetti di miglioramento , anche dei processi di comunicazione interna;
8. sviluppare competenze professionali in tutti i ruoli..
Nella fabbrica integrata si assegnano ai livelli esecutivi le principali decisioni di regolazione dei processi operativi e si
accresce la capacità del sistema di reagire agli stimoli esterni e ai problemi interni.
METODOLOGIE PER MIGLIORARE LE PRESTAZIONI NEI PROCESSI PRODUTTIVI
Il modello di fabbrica integrata non potrebbe raggiungere i suoi obiettivi se non venisse associato all’introduzione e alla
diffusione di nuove metodologie di gestione dei processi produttivi che coinvolgono e impegnano non solo i quadri
intermedi ma direttamente i livelli operai.
Tra queste metodologie ricordiamo:
 Controllo Statistico dei Processi :
È una metodologia finalizzata ad assicurare che i processi produttivi siano in grado di realizzare soltanto i prodotti
conformi alle specifiche. La qualità viene gestita all’origine. Con l’impiego di semplici statistiche, ci si assicura in
primo luogo che la variabilità naturale del processo sia compatibile con i limiti di variabilità ammessi dalle
specifiche di progetto: le tolleranze dei parametri di progettoanalisi della capability di processo.
Nel caso di esito negativo dell’analisi, bisogna introdurre modifiche alla macchina o all’impianto , per ottenere la
capability desiderata.
A questo punto si può avviare il processo produttivo, assicurandosi che i processi siano conformi alle specifiche.
Vari fattori (es. conduzione delle macchine, usura di parti meccaniche) possono comportare il degrado dei processi.
In questi casi i valori effettivi delle caratteristiche del prodotto tenderanno a discostarsi dai valori indicati
progressivamente.
Uno strumento per verificare dunque la qualità dei processi è la carta di controllo, usata dagli stessi operatori, con la
quale si può verificare se si stiano manifestando derive (progressivi scostamenti) al processo.
In caso di derive il conduttore arresta il processo, individuandone gli interventi correttivi.
 Problem Solving :
consente di affrontare anomalie, difetti, guasti attraverso un procedimento razionale, semplice ed efficace.
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

Si basa su più fasi, che partendo dalla definizione del problema e dall’analisi dello stesso, sviluppano ipotesi sulle
possibili cause su cui agire, individuando le possibili soluzioni; scelta quella più plausibile, la sperimentano,
giungendo poi a monitorarla.
Tale metodologia viene impiegata da gruppi di progetto, costituiti da personale a vari livelli, permettendo così di
affrontare in successione i molti problemi cronici presenti in ogni realtà aziendale.
Gestione a Vista :
consiste nel mettere a disposizione negli ambienti di lavoro supporti visivi per la comunicazione tempestiva di
informazioni relative alla programmazione e all’andamento delle attività produttive (tipo monitor,….).
Total Productive Maintenance :
è una metodologia rivolta a modificare il tradizionale sistema di gestione degli impianti e macchinari, al fine di
migliorarne l’efficienza, la produttività e la qualità nei processi.
Consiste nel coinvolgimento diretto dei conduttori d’impianto in attività di manutenzione, senza il bisogno di
attribuire ciò a figure professionali specialistiche, che saranno invece impiegate a risolvere gravi problemi o a
studiare nuove soluzioni produttive.
Nella fabbrica integrata assume importanza la manutenzione autonoma, che ha lo scopo di far sì che l’addetto alla
macchina consideri come proprio il mezzo a lui affidato, sviluppando abilità d’ispezione e di realizzazione di piccoli
interventi di manutenzione.
I benefici che ne derivano sono rinvenibili in:
 un aumento dell’efficienza e della produttività;
 una diminuzione delle fermate degli impianti;
 un miglioramento dell’ambiente di lavoro;
 una diminuzione d’interventi specialistici, grazie a forme di manutenzione autonome, da parte del conduttore.
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