Appunti di Antenne C a p i t o l o 8 – A n t e n n e a mi c r o s t r i s c i a Introduzione.......................................................................................................... 1 Metodo della cavità risonante ................................................................................ 2 Radiazione da parte di una antenna a microstriscia............................................... 12 Introduzione L’uso ormai diffusissimo dei circuiti stampati ha portato all’idea di usare questi ultimi per realizzare elementi radianti e linee di trasmissione. Una antenna realizzata tramite uno strato (o percorso o patch) di materiale conduttore depositato su un substrato dielettrico al di sopra di un piano di massa prende il nome di antenna a microstriscia (microstrip antenna): Substrato dielettrico strato metallico piano di massa Lo strato di cui parliamo è tipicamente rettangolare o circolare, con dimensioni dell’ordine di mezza lunghezza d’onda, ma sono comunque usate anche configurazioni alternative (ad esempio patch a forma di rombo). Esistono due possibilità per alimentare una antenna di questo tipo: usare una linea di trasmissione ottenuta a sua volta tramite un circuito stampato (la cosiddetta strip line) oppure un più classico cavo coassiale: Substrato dielettrico strato metallico strip line piano di massa Alimentazione di una antenna a microstriscia tramite una “strip line” Appunti di “Antenne” – Capitolo 8 Substrato dielettrico strato metallico Substrato dielettrico strato metallico piano di massa Linea di trasmissione a cavo coassiale Linea di trasmissione a cavo coassiale Alimentazione di una antenna a microstriscia tramite un cavo coassiale: vista tridimensionale (a sinistra) e vista bidimensionale (a destra) I principali vantaggi delle antenne a microstriscia sono la loro facilità di costruzione , il costo relativamente basso e la compattezza. Tuttavia, ci sono anche dei problemi: nella maggior parte dei casi, il piccolo strato metallico ed il piano di massa si comportano come una cavità risonante con perdite, e la perdita principale dipende dalla dispersione del campo in corrispondenza del contorno aperto, cioè dalla irradiazione di energia all’interno del dielettrico. Inoltre, a causa del fatto che l’altezza h dello strato metallico sul piano di massa è generalmente piccola rispetto alla lunghezza d’onda, anche la potenza irradiata da questo tipo di antenne risulta essere piccola ( 1): di conseguenza, la banda operativa di queste antenne è a sua volta abbastanza stretta, il che costituisce un indubbio svantaggio. Altri svantaggi sono delle caratteristiche tutto sommato povere in termini di radiazione endfire e guadagno complessivamente limitato. Le antenne a microstriscia trovano frequente applicazione nella telemetria, nelle comunicazioni via satellite e in vari apparati radar militari operanti sulle frequenze comprese tra 1 e 10 GHz. Integrando una antenna a microstriscia in un modulo a stato solido ricevente o trasmittente, è possibile realizzare sistemi con schiere di antenne molto estese, con ogni elemento della schiera che diventa attivo e controllabile individualmente (elettronicamente). Noi ci occupiamo solo delle più elementari caratteristiche delle antenne a microstriscia, al fine di evidenziarne i meccanismi di irradiazione. A tal proposito, ci sono diversi possibili approcci per lo studio di queste antenne, tra cui citiamo il modello a linea di trasmissione ed il modello a cavità risonante. Entrambi questi modelli forniscono informazioni sufficienti per un progetto ingegneristico e predicono le prestazioni in modo accettabile. Tuttavia, il modello a linea di trasmissione è limitato a strati metallici di forma rettangolare, mentre il modello a cavità risonante può essere applicato anche a percorsi di altre forme. Per questo motivo, usiamo proprio quest’ultimo modello. Metodo della cavità risonante Il metodo della cavità risonante consiste nello studiare l’accoppiamento elettromagnetico, con l’ambiente esterno, dell’oggetto costituito dal patch metallico, dal piano di massa e dalla porzione di dielettrico compresa tra i due e delimitata da una teorica superficie laterale: 1 Vedremo infatti che i campi irradiati sono direttamente proporzionali ad h Autore: Sandro Petrizzelli 2 Antenna a microstriscia patch Substrato dielettrico h oggetto piano di massa Da notare che i confini laterali dell’oggetto sono per il momento solo immaginari, in quanto non ci sono pareti delimitatrici di sorta. Si suppone inoltre che il substrato dielettrico abbia una permettività ε , che in generale vedremo essere complessa per tener conto delle perdite nel dielettrico stesso. Per ambiente intendiamo invece eventuali sorgenti eccitanti, lo strato dielettrico esterno ai limiti dell’oggetto, lo spazio esterno allo strato del dielettrico (quest’ultimo è lo spazio in cui andremo a valutare i campi irradiati dall’antenna). Ruolo particolare è ovviamente quello svolto dalle sorgenti: si tratta infatti di studiare essenzialmente una cavità risonante con perdite accoppiata a sorgenti di alimentazione. Per semplicità, supponiamo che il patch metallico sia di forma rettangolare, lungo a e largo b. La figura seguente ne propone una vista dall’alto, insieme al sistema di riferimento che utilizzeremo inizialmente: y a b x Ai bordi del rettangolo, abbiamo evidentemente delle superfici di discontinuità metallo-dielettrico. Inizialmente, supporremo che queste superfici si comportino come dei circuiti aperti ideali. Le condizioni al contorno da applicare a queste superfici sono perciò quelle di campo magnetico tangenziale nullo. Il metodo che adotteremo per lo studio di questa struttura è il seguente: 1) supporremo inizialmente che si tratti di una cavità risonante senza perdite completamente chiusa (per cui le superfici delimitanti diventano adesso vere e non più solo geometriche): in particolare, per questioni di semplicità di analisi, potremo considerare una cavità la cui forma geometrica approssimi quella dell’oggetto reale, senza coincidere con esso (ad esempio una forma cilindrica). Per questa cavità ideale, studieremo i modi risonanti (le cosiddette autofunzioni), cioè i modi che risultano avere ampiezza maggiore, e le relative frequenze; 3 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 8 2) successivamente, considereremo l’intervento delle sorgenti che sostengono i campi all’interno della cavità; 3) più avanti, terremo conto delle perdite nel dielettrico; 4) infine, terremo conto del fatto che i campi nella cavità subiscono inevitabilmente una ulteriore dispersione verso l’esterno, a causa della mancanza di pareti fisiche delimitatrici, il che sostanzialmente costituisce una perturbazione dei campi nel caso della cavità ideale. In sostanza, dai modi calcolati al punto 1) passeremo ai cosiddetti modi perturbati (punti 2,3,4), che cioè tengono conto del fatto che la situazione reale è diversa da quella ideale, appunto a causa delle perdite (dovute a diversi fattori). Questo tipo di analisi ci porterà così a conoscere, con sufficiente precisione, il campo elettromagnetico in corrispondenza del patch metallico. Nota questa informazione, potremo ragionare in termini di correnti equivalenti al fine di calcolare i corrispondenti campi irradiati. In realtà, arrivati a questo punto, per semplicità supporremo comunque di poter trascurare le perdite, per cui le correnti equivalenti che calcoleremo saranno basate sui campi nella cavità ideale, cioè sui modi non perturbati. Cominciamo dunque ad individuare la cavità risonante ideale; a tal fine, ci conviene delimitare l’ “oggetto” con una superficie laterale cilindrica con generatrice parallela alla perpendicolare della stratificazione: z z y x oggetto h h Vista frontale (a sinistra) e vista tridimensionale della cavità ideale (di forma cilindrica) che approssima la cavità reale Dato che il campo magnetico tangenziale sul bordo del patch si ritiene nullo, deduciamo che le corrispondenti densità di corrente fluenti lateralmente sul patch stesso devono essere necessariamente tangenziali: r r r r r r J = n × H = a Z × H tan g = 0 → J n = 0 r aZ r H tan g = 0 r Jn = 0 Consideriamo inoltre che, essendo generalmente h<<λ, è lecito trascurare le variazioni del campo elettromagnetico con la direzione z: di conseguenza, se il campo magnetico tangenziale è nullo sul bordo del patch, possiamo ritenere che Autore: Sandro Petrizzelli 4 Antenna a microstriscia esso sia nullo su tutta la superficie laterale cilindrica della cavità. Possiamo perciò avvolgere l’oggetto tramite una superficie magnetica perfetta, cioè appunto con campo magnetico tangenziale nullo. Il secondo passo è quello di individuare i modi che si sviluppano nella cavità appena definita. Riportiamo allora qui un risultato acquisito a priori, in base al quale una cavità siffatta sostiene solo modi trasversi magnetici (TM), nei quali cioè risulti H Z =0 e E=E Z . In particolare, avremo che il campo elettrico (diretto solo lungo z) è dato da r r r E = a ZE Z = a Z ⋅ ∑ E mZ, n (x , y) m, n Abbiamo cioè la classica sommatoria di modi TM. Ciascuno di tali modi, essendo una autofunzione, deve soddisfare la classica equazione ∇ 2 E mZ ,n + k 2 E mZ,n = 0 Del resto, dato che i campi si ritengono approssimativamente costanti con z, l’operatore ∇ 2 coinvolge solo le componenti x ed y (componenti trasversali o normali), per cui riscriviamo l’equazione nella forma ∇ 2t E mZ ,n + k 2 E mZ,n = 0 Adesso, ipotizziamo di poter scomporre la funzione E mZ , n (x , y) nel prodotto di due funzioni, una dipendente solo da x e l’altra solo da y: E mZ,n ( x, y) = X( x ) ⋅ Y( y) L’equazione di prima risulta allora a sua volta separata in due equazioni, indipendenti tra loro e ciascuna dipendente da una sola coordinata: ∂ 2 ∂x 2 X (x ) + k X X ( x ) = 0 ∂ Y( y) + k 2Y Y( y) = 0 ∂y 2 dove naturalmente k 2X + k 2Y = k 2 . Risolvendo quelle due equazioni con i metodi tradizionali, si ottiene, alla fine, che il generico modo è caratterizzato dalla seguente espressione: nπ mπ E mZ, n ( x , y) = C n , m cos x cos y a b In questa espressione, C n,m è una costante in generale complessa. Si definisce inoltre costante modale la seguente quantità: nπ mπ = + a b 2 k 2 n ,m =k 2 X,n +k 2 Y ,m 5 2 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 8 Sempre relativamente al generico modo, si definisce anche la cosiddetta pulsazione: ω n ,m = k n ,m µε Facciamo adesso qualche semplice considerazione circa il campo elettromagnetico totale. Sappiamo, ad esempio, che, in assenza di cariche elettriche statiche, il campo elettrico ha divergenza nulla in ogni punto: considerando che la divergenza non è altro che la somma delle derivate parziali delle singole componenti e che il campo E Z non dipende da z, deduciamo dunque che risulta ∂E X ∂E Y + =0 ∂x ∂y Questa equazione non lega in alcun modo le componenti E X ed E Y al campo E Z . Se andiamo a calcolare il campo magnetico usando le equazioni di Maxwell, otteniamo r H= = r 1 1 ∇× E = − jωµ 0 − jωµ 0 1 − jωµ 0 r ∂E Z ∂E Y − a X ∂z ∂y r ∂E X ∂E Z r ∂E Y ∂E X + a Y − − + a Z ∂y ∂x ∂z ∂x = r ∂E Z r ∂E Z a X ∂ − a Y ∂ x y In base a questa espressione, il campo magnetico legato ad E X ed E Y : questo ci dice che la soluzione valida per i modi TM nm . Sviluppando allora all’espressione trovata per E Z , otteniamo il campo n,m: dipende solo da E Z , che non è con E X =E Y =0 è una soluzione quella espressione in base magnetico associato al modo r nπ ∂ mπ r mπ ∂ nπ y − a Y cos y cos x = a X cos x cos a ∂ y b b ∂x a C n ,m r nπ mπ mπ r mπ nπ nπ sin y + a Y cos y sin x = = − a X cos x − jωµ 0 a b b b a a r C n ,m H m ,n = − jωµ 0 = C n , m r mπ nπ mπ r nπ mπ nπ aX cos x sin y − a Y cos y sin x jωµ 0 b a a b b a Tenendo conto che ωµ 0 =k 0 Z 0 e ponendo k X =nπ π /a e k Y =mπ π /b, concludiamo dunque che il campo elettromagnetico associato al generico modo TM è E m, n = C n , m cos(k X x ) cos(k X y ) r C r r H m ,n = n , m [a X k Y cos(k X x ) sin (k Y y ) − a Y k X cos(k Y y ) sin (k X x )] jk 0 Z 0 Possiamo subito notare che il campo magnetico presenta componente tangenziale nulla sul contorno del patch: infatti, per x=0 ed x=a e per y=0 e y=b, i vari termini Autore: Sandro Petrizzelli 6 Antenna a microstriscia sinusoidali e cosinusoidali si azzerano alternativamente come richiesto dalle condizioni al contorno specificate all’inizio. A questo punto, il terzo passo è quello di ipotizzare la presenza di sorgenti che eccitano la cavità. Ad esempio, assumiamo che la cavità sia eccitata da una linea coassiale situata in corrispondenza di y=b/2 e x=x 0 . y a b x x0 Come visto in precedenza, l’anima del coassiale è posta in contatto con il patch metallico, tramite una sonda, mentre la calza rimane fissata al piano di massa. Indichiamo con I 0 la corrente totale portata dalla sonda: se la sonda ha raggio r 0 , la densità di corrente sulla superficie della sonda stessa è J 0 =I 0 /2π π r0. r r Indicata genericamente con J ( r ' ) la densità di corrente della sorgente, il campo elettrico nella cavità dovrà soddisfare, in generale, la classica equazione ricavata dalle prime due equazioni di Maxwell: ∇ 2 E Z + k 2 E Z = jωµ 0 J Z La soluzione di questa equazione sarà ancora una volta una combinazione di modi del tipo nπ mπ E mZ, n ( x , y) = C n , m cos x cos y a b Poniamo perciò nπ mπ E Z = ∑ E mZ, n (x , y) = ∑∑ C n , m cos x cos y a b m ,n n m e andiamo a sostituire nell’equazione, al fine di determinare la costante C n,m . Eseguendo la sostituzione e tenendo conto sempre che non c’è dipendenza del campo dalla coordinata z, si giunge facilmente all’espressione ∑∑ C (k n ,m n m 2 ) nπ mπ − k 2n ,m cos x cos y = jk 0 Z 0 J Z a b A ben guardare, questa equazione può essere riarrangiata assomigliare allo sviluppo in serie di Fourier della funzione J Z : 7 in modo da Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 8 J Z = ∑∑ n m C n ,m jk 0 Z 0 (k 2 nπ mπ y − k 2n , m cos x cos a b ) Di conseguenza, possiamo proprio sfruttare le nostre conoscenze sulle serie di Fourier per esplicitare C n,m : infatti, sfruttando l’ortogonalità della funzioni Coseno, possiamo moltiplicare ambo i membri dell’uguaglianza per la funzione n π m π cos 1 x cos 1 y e poi integrare sulla superficie del patch; sulla base proprio a b dell’ortogonalità, l’integrale che compare a secondo membro assume un valore non nullo solo quando n 1 =n ed m 1 =m, per cui, con qualche ulteriore semplice passaggio, deduciamo che C n ,m = ε 0n ε 0m ab b a jk 0 Z 0 J Z nπ mπ y dxdy cos x cos 2 2 − k n ,m a b ∫∫ k 0 0 dove si è posto n=0 n>0 1 ε0n = 2 1 ε0m = 2 m=0 m>0 Naturalmente, l’integrazione è qui considerata su tutto il patch, ma in realtà dipende da dove sono localizzate le correnti di eccitazione. Ad esempio, nel caso del cavo coassiale con sonda prima considerato, la funzione J Z vale I 0 /2πr 0 all’interno di una circonferenza centrata in x=x 0 e y=b/2 e di raggio r 0 , per cui questa diventerà la regione di integrazione. Ad ogni modo, nell’espressione ricavata per C n,m , notiamo subito la presenza del termine k 2 − k 2n ,m a denominatore; questo termine contribuisce sostanzialmente a ( ) “pesare” il contributo dei vari modi, in quanto aumenta o diminuisce il valore di C n,m a seconda che k 2n , m risulti, rispettivamente, vicino o lontano da k 2 = ω 2 µε . Possiamo perciò affermare che, in base alla soluzione trovata, solo il modo corrispondente a k≅ ≅ k n,m viene eccitato con una ampiezza rilevante. Ovviamente, nπ mπ = + a b 2 dato che k 2 n ,m 2 dipende dalla geometria del patch, è ovvio che la condizione k≅k n,m viene “fornita” dalla frequenza dell’eccitazione: in altre parole, fissata ω e fissata la geometria del patch, esiste un solo modo la cui costante modale k n,m soddisfa la condizione k n,m≅k; questo sarà il modo eccitato con sufficiente ampiezza, mentre gli altri saranno trascurabili. In realtà, però, un simile comportamento è solo teorico (è cioè caratteristico di un risonatore ideale), in quanto bisogna sempre tener conto delle perdite. Infatti, se ottenessimo esattamente la condizione k n,m =k, C n,m risulterebbe di valore infinito, cosa non realistica. Per tener conto delle perdite nel dielettrico (dovute al fatto che σ≠0 in tale materiale), dobbiamo ipotizzare che la costante dielettrica sia ε=ε’-jε’’ Con questa posizione, la frequenza di risonanza senza perdite ωnm (reale) del modo nm viene sostituita da una frequenza complessa di risonanza così definita: Autore: Sandro Petrizzelli 8 Antenna a microstriscia ω' n ,m = dove Q d = k n ,m µε = k n ,m µ(ε'− jε' ') = k n ,m ε' ' µε' 1 − j ε' = k n ,m 1 µε' 1 − j Qd ε' è il fattore di qualità del risonatore dovuto solo alle perdite nel ε' ' dielettrico. Generalmente, risulta Q d >>1, ossia ε’’<<ε’, nel qual caso possiamo approssimare ω' n ,m = Dato che ω n ,m = k n ,m µε' k n ,m 1 µε' ⋅ 1 − j Qd = k n ,m 1 µε' 1 1 + j 2Q d in base a quanto visto prima, concludiamo perciò che 1 ω' n , m = ωn , m 1 + j 2Q d Fatta questa sostituzione, si può procedere esattamente come fatto prima, calcolando prima il campo elettrico e poi il campo magnetico. In realtà, ci sono ulteriori perdite da considerare: in primo luogo, le perdite nel patch metallico e nel piano di massa, data la loro conduttività non infinita; in secondo luogo, le perdite per irradiazione nel dielettrico stesso. In questa nostra analisi, però, trascuriamo le perdite nei metalli. Rimandiamo inoltre l’analisi delle perdite dovute all’irradiazione. Dobbiamo invece occuparci di trasportare le considerazioni appena fatte al caso specificato di una antenna a microstriscia. Infatti, per una antenna a microstriscia il modo desiderato è solo il TM 10 (n=1 e m=0) : bisogna perciò scegliere le dimensioni geometriche del patch e la frequenza di lavoro in modo tale da soddisfare la condizione k≅ ≅ k 10 . In base alle formule prima ricavate, l’ampiezza del modo TM 10 risulta essere C10 = ≅ ε 0n ε 0 m ab b a jk 0 Z 0 J Z 2 ⋅1 jk 0 Z 0 J Z nπ mπ π cos x cos y dxdy = cos x dxdy = 2 2 ∫0 ∫0 k 2 − k 2n ,m a b ∫ ∫ ab 0 0 k − k 10 a b a 2 jk 0 Z 0 I 0 π cos x 0 2 2 ab k − k 10 a dove ovviamente abbiamo tenuto conto che la sorgente è praticamente puntiforme, per cui abbiamo approssimato l’integrale con il valore della funzione integranda nel punto. Facendo in modo che risulti ω=ω10 , risulta che l’ampiezza del modo TM 10 è C10 ≅ − 2 k 0 Z0 I 0 ε' π Q d cos x 0 2 ab k 10 ε a 9 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 8 Questa ampiezza risulta evidentemente tanto maggiore quanto maggiore è Q d , ossia quanto minori sono le perdite (rappresentate da ε’’). A questo punto, riagganciandoci a quanto detto in precedenza, sottolineiamo che il discorso fatto vale solo per una cavità con condizioni al contorno ideali di circuito aperto. Nella realtà, invece, c’è una perdita di potenza dovuta alla radiazione del campo nel dielettrico, che si propaga secondo determinati modi. In generale, questo tipo di perdite risultano piccole se anche lo spessore del dielettrico è piccolo: se κ= ε' è la costante dielettrica di tale mezzo, deve risultare ε0 h < 0.1 ⋅ λ ⋅ κ Un comodo modello per valutare l’effetto di perdita di energia per irradiazione al di fuori della cavità consiste nel ritenere che le pareti laterali della cavità stessa abbiano una ammettenza complessa finita Y W e non più nulla come supposto fino ad ora: così facendo, le condizioni al contorno diventano r r r H = YW n × E r dove n è la normale a ciascuna parete laterale e Y w appunto l’ammettenza di parete, misurata in siemens. Nel caso più generale possibile, Y w ha valori diversi sulle pareti lungo x e lungo y. Allora, considerando le condizioni al contorno appena citate, andiamo ad ottenere una soluzione per il campo elettromagnetico perturbato. Consideriamo, in particolare, sempre il modo TM 10 . Per comodità, andiamo a modificare il nostro sistema di riferimento, ponendo l’origine in corrispondenza del centro del patch metallico: y a/2 x b/2 Con questo riferimento, si trova che E Z ( x, y) = C10 sin (k X x ) cos(k Y y ) In questa espressione, i valori di k X e k Y dovrebbero essere rispettivamente π /a e 0 visto che stiamo considerando n=1 e m=0. In realtà, per tener conto delle perdite dovute all’irradiazione all’esterno della cavità, dobbiamo considerare una perturbazione sui modi, ritenendo che k X ≅π/a e k Y ≅0. Analiticamente, possiamo perciò porre Autore: Sandro Petrizzelli 10 Antenna a microstriscia π + ∆X a kY = 0 + ∆Y kX = Queste sono due le espressioni da considerare come argomenti dei Coseni. Si tratta di determinare i valori di ∆ X e ∆ Y , ovviamente imponendo le condizioni al contorno. Per fare questo, dobbiamo innanzitutto calcolare il campo magnetico: r H= r 1 r 1 ∇×E = [a X k Y sin (k X x )sin (k Y y) + ar Y k X cos(k X x )cos(k Y y)] − jωµ 0 jωµ 0 Andiamo quindi ad applicare le condizioni al contorno sintetizzate prima dalla r r r relazione H = YW n × E . Ad esempio, in corrispondenza di x=a/2 (parete laterale a destra), risulta segue: H Y = − YWX E Z . Imponendo questa condizione, otteniamo quanto a E Z = C10 sin k X 2 cos(k Y y ) kX a x=a/2 → → tan k X = − jωµ 0 YWX 2 H = C10 k cos k a cos(k y ) Y X X Y jωµ 0 2 Procedendo in modo analogo, in corrispondenza di y=b/2 (parete laterale superiore), risulta H X = YWY E Z . Imponendo questa condizione, otteniamo quanto segue: b E Z = C10 sin (k X x ) cos k Y 2 kY b y=b/2 → → cot an k Y = 2 jωµ 0 YWY H = C10 k sin (k x ) sin k b X Y X Y jωµ 0 2 Abbiamo così ottenuto due equazioni (entrambe trascendenti) da cui ricavare i valori di k X e k Y : senza scendere nei dettagli analitici, segnaliamo solo che, tramite una procedura approssimata, si ottiene kX = 2π ⋅ jk 0 Z 0 YWX 2π ⋅ jk 0 Z 0 YWX π + 2 → ∆ X = 2 2 2 a π − ( jk 0 Z 0 YWX a ) π − ( jk 0 Z 0 YWX a ) kY = 0 Quindi, la perturbazione è tale per cui rimane k Y =0 e k X assume l’espressione appena riportata, dipendente da Y WX . Concentriamoci allora proprio su k X . Osservando che si tratta di una quantità complessa, possiamo porre k X = k ' X + jk ' ' X e definire un fattore di qualità dovuto solo alle perdite da irradiazione: Qr = k'X k' 'X 11 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 8 In questo modo, il fattore di qualità totale della cavità è esprimibile come Q TOT 1 1 = + Q Q d 10 −1 dove segnaliamo che Q 10 ingloba sia il Q d corrispondente alle perdite nel dielettrico sia, eventualmente, il fattore di qualità Qm dovuto alle perdite nei metalli, ossia 1 1 Q10 = + Q Q d m −1 Con questa nuova posizione, possiamo nuovamente andare a valutare i campi all’interno della cavità. Radiazione da parte di una antenna a microstriscia L’ultimo passo della nostra analisi consiste nel valutare i campi irradiati da una antenna a microstriscia. Facendo l’ipotesi che lo spessore del substrato dielettrico sia molto piccolo, possiamo ritenere che il dielettrico stesso abbia una minima influenza sulla cavità e quindi, in prima approssimazione, possiamo considerare, nella cavità appunto, solo i campi corrispondenti alle condizioni al contorno di circuiti aperti ideali: nπ mπ E Z = ∑ E mZ, n (x , y) = ∑∑ C n , m cos x cos y a b m ,n n m r H= dove C n ,m ε ε = 0n 0m ab b a r 1 ∇×E − jωµ 0 jk 0 Z 0 J Z nπ mπ cos x cos y dxdy 2 2 − k n ,m a b ∫∫ k 0 0 Possiamo allora ragionare in termini di correnti equivalenti che scorrono sulle pareti laterali della cavità: punto per punto di tali pareti, si ha che r r r r r r r J ms = −n × E = − n × E Z a Z = a Z × n ⋅ E Z r r J es = n × H = 0 r dove n è la normale uscente dalla superficie considerata di volta in volta. r Le correnti elettriche equivalenti sono nulle in quanto risulta n × H = 0 sulle pareti laterali, essendo il campo tangenziale nullo a sua volta su tali pareti: Autore: Sandro Petrizzelli 12 Antenna a microstriscia y x Restano dunque ad irradiare le correnti magnetiche. Dato che lo spessore h su cui scorrono tali correnti è molto piccolo, possiamo ritenere che la corrente magnetica totale sia hJ ms e sia concentrata su una linea giusto al di sopra del piano di massa. In tal modo, possiamo applicare il principio delle immagini, in modo da rimuovere il piano di massa e raddoppiare le sorgenti, che adesso irradiano in spazio libero e quindi sono suscettibili dell’analisi classica appunto in spazio libero. Se facciamo riferimento al solo modo TM 10 , il campo elettromagnetico nella cavità risulta essere π E Z = C10 cos x a r H= con C10 ≅ − ε' π 2 k 0 Z0 I 0 Q d cos x 0 2 ε ab k 10 a r 1 ∇×E − jωµ 0 Andiamo allora a valutare le linee di corrente magnetica equivalente, tramite la r r r r formula Ims = h ⋅ J ms = 2 ⋅ h ⋅ a Z × n ⋅ E Z , ricordandoci del fattore 2 derivante dal principio delle immagini: • lungo la parete x=0 (normale orizzontale verso destra), il campo si riduce semplicemente a C 10 (in modulo), mentre il verso è quello delle y negative (per cui ci vuole un segno -): quindi r r x=0 → Ims = 2 ⋅ h ⋅ (−a Y ) ⋅ C10 • identico risultato si ha lungo la parete x=a (normale orizzontale verso sinistra): r r x=a → Ims = 2 ⋅ h ⋅ (−a Y ) ⋅ C10 • lungo la parete y=0 (normale verticale verso il basso), il campo varia come π cos x e quindi cambia segno passando dalla prima metà (0≤x<a/2) alla a seconda metà (a/2<x≤a) del percorso; questo genera correnti opposte sulle due metà; identico discorso anche per la parete y=b (normale verticale verso l’alto). Possiamo dunque riepilogare come segue: 13 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 8 − 2 ⋅ h ⋅ C 10 π I m = 2 ⋅ h ⋅ C10 cos x a π − 2 ⋅ h ⋅ C10 cos x a lungo x = 0 e x = a lungo y = 0 lungo y = b Le due linee di corrente lungo y=0 e y=b, come detto, sono dirette in verso opposto e quindi, in base a questa simmetria, i rispettivi campi irradiati si annullano sull’asse z, mentre invece generano campi comunque piccoli nelle altre direzioni. Invece, i campi prodotti dalle correnti lungo x=0 e x=a si sommano in fase nella direzione broadside (cioè nella direzione z ortogonale al patch): z y Ims Ims x Usiamo una notazione leggermente diversa da quella usata in passato: scegliamo infatti y come asse polare, per cui l’angolo ψ è l’angolo polare (formato dal raggio vettore che individua il generico punto di misura P rispetto all’asse y) mentre invece φ è l’angolo azimuthale nel piano xz (cioè l’angolo formato dall’asse z con la proiezione di P sul piano xz): y ψ r Eφ Hψ x φ z Con queste posizioni, si trova che il potenziale vettore magnetico generato dalle correnti equivalenti prima descritte è il seguente: A mY (r, ψ, φ) = − Autore: Sandro Petrizzelli b ε 0 e − jk 0 r 1 + e jk 0 a sin ψ sin φ ⋅ 2hC10 ⋅ ∫ e jk 0 y cos ψ dy 4π r 0 ( ) 14 Antenna a microstriscia In pratica, si è qui considerato che la struttura in esame è equivalente ad una schiera broadside di due elementi, il cui fattore di schiera corrisponde al termine tra parentesi tonde nell’espressione riportata. Passando dal potenziale vettore al campo irradiato in zona lontana, si trova che H ψ = jω sin ψ ⋅ A mY Eφ = − jωZ0 sin ψ ⋅ A mY In generale, dato che a e b sono tipicamente dell’ordine di λ/2, il pattern di radiazione è largo e senza lobi secondari nello spazio del visibile. Autore: Sandro Petrizzelli e-mail: [email protected] sito personale: http://users.iol.it/sandry succursale: http://digilander.iol.it/sandry1 15 Autore: Sandro Petrizzelli